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~ SAGGI BLU
CARLO EMILIO GADDA

I viaggi la morte

GARZANTI
Nella collezione « Saggi blu »
Prima edizione: dicembre 1977

A Emilio Cecchi

© Aldo Garzanti Editore, 1958


Printed in Italy
PARTE PRIMA


COME LAVORO

Come non lavoro. Che dà egual frutto, a momenti, nella


vicenda oscillante d'uno spirito fugitivo e aleatorio, chiamato
dall'improbabile altrettanto e forse più che dal probabile: da
una puerizia atterrita e dal dolore e dalla disciplina militare e di
scuola delabante poi verso il nulla, col suo tesoro d'oscurità e
d'incertezze. Una confessione circa i problemi d'officina, o le
angosce o i ragnateli d'officina, comporta di necessità dei riferi-
menti a una vita, a una biografia interna ed esterna, si ingrana
in una gnoseologia e in un'etica, nel mio caso molto più pove-
ramente e meno felicemente che in altri in una esigua e fram-
mentaria poetica: che il deflusso parallelo della mia vita e non
vita ha reliquato, sì sì reliquato, frusaglia più o meno inutile, alle
sponde del tempo consunto. Pazienterete degli accenni: dovrò
stare in sugli schemi. Dovrò, biografando, sorvolare pruni, spini,
certe ombre più grevi. Non tutto il dolore è dicibile, non tutto il
male e l'orrore: e il Walallà aspetta (che aspetti pure!) un bel
busto di stucco. Non voglio deludere i bidelli del Walalla:
avanti, dunque, con quella mezza dozzina di verità e con quelle
due dozzine di mezze bl!.gie che mi son rimaste, incomestibili
briciole, nel mio tascapane di soldato, di ferito.
Il male non deve esistere, no, per i lettori seri, per le stupende
lettrici. Deve comunque ritrarsi: rifuggire da sotto i polpastrelli
del linotipista: come si cela dietro tamerici allorché privo di
tegumenti un irsuto, al Cinquale, ove sopravvengano educande,
orfanelli, dealbate cuffie con cerei volti di monache.
L'imagine tradizionale e ab aeterno romantica dello scritto-
re-creatore, dell'ingegnoso demiurgo che cava di sé liberamente
la libera splendidezza dell'opera e nei liberi modi d'un suo stile
ne propaga foca alle genti, porgendo in una e rara occasione
d'esercizio al tartufare aguto dei critici e novo incentivo a sven-
tolare a tutte le bandiere della patria, e de' turriti municipi, è
imagine in sul nascere viziata. Non meno di quell'altra, del dover

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essere quello che gli altri si attendono: fabulatori vani da mira- volta ad annientarle, nobili costellazioni d'agganciamenti in-
colar le genti aspettanti, e lasciarle sazie eoefatte: al suono di terni, dovuti all'operosità nativa dello spirito. Fatti fisici , urti e
quelle concupitissime parole che le son più loro che nostre: anzi strappi, lacerazioni del sentire, violenze e pressioni dal « di fuo-
soltanto loro, e non nostre. ri» , ingiurie e sturbi dal caso, dagli « altri », coartazioni del
Oh, miseria! oh, dovizia! Parole e parole. Dovergliele buttare costume, inibizioni ragionevoli e irragionevoli, estetiche ed eti-
di piena mano come a ' polli, grandine di picchiettanti scemenze che, dal mondo non nostro, eppure divenute nostre come per
di che sopra ogni mangime le appetiscon~: quali buttò il Co- contagio, voi vedete, . pesano siffattamente sull'animo, sull'in-
lombo le perline vetro a' Caràibi in uno sgomento d'eclisse: che telletto, che l'uscire indenni dal sabba non ci è dato. Non mi è
dalla reverenza loro attendeva oro, il Colombo, festuche d'oro, dato affermare. La limpidità naturale dell'affermazione più
pepite d 'oro, patate d'oro. nostra, più vera, è devertita ed è imbrattata in sul nascere. Una
Non sono, ahimè, scrittore colombaccio. Non cerco polli, da mano ignota, come di ferro, si sovrappone alla nostra mano
dovergli buttare perle false. Non ispero pepite, non patate. Non bambina, regge senza averne delega il calamo: lo conduce ad
ho sottomano Caràibi. Non ne voglio avere. ' astinenti lettere e pagine; e quasi alle menzogne salvatrici.
Le teorie fisiche, cioè fisico-matematiche, biofisiche, psicolo- Contrasta, alla mia debilità di bimbo, l'adulta vostra legge:
giche, psichiatriche recenti, hanno profluito contro l'idolo io, che lo scrittore, di sé medesimo, abbia a cavare l'eroe: nonché il
questo palo: torbida e straripante conluvie sono pressoché per- confessore in graticola della propria verità. Après vous, mes-
venute a sommergere, col di vin permesso, la coglionissima capa. sieurs, je vous en prie. A me il rogo, agli altri le nozze! Le si
Hanno inespiabilmente corrotto l'imagine-feticcio d'un io che struggano, le genti, d'avere il suo santo ad altare: il suo martire:
persiste, che resiste, immanente al tempo (di sua storia), trion- da farlo pitturare a 'i Castagno: quello che le riscatti, ignudato, e
fante (nel giorno di gloria). Altra è la maniera dei vent'anni, trafitto, della loro vestitissima bestialità: e vogliono mettermi
altro è lo scrittore a cinquanta. E i pianeti pure si rivolvono, le me, proprio me, a quest'ufficio: che odora bruciaticcio da un
mode, l'esperienza, le necessità espressive degli umani. miglio, o sente saettoni alla colonna. Après vous, mes amis.
Vigile (quando non è addormentata) e perennemente suspi- Rabbia di mozzicatq da un cane, lacrime di sangue e di cenere
cante sopra i motivi e sopra i fini, la mia cognitiva più cognita non deterse negli anni. Sputi in faccia, al '19, fino a sentirmi
mi va susurrando di tralasciare addietro questa ipotiposi bam- dire, nel '40: « S'io fossi un uomo, sarei già partito volontario. »
bolesca (dello scrittore-palo), di renunziarla, con animo benigno No, non sono partito volontario a quarantasette anni per la bella
ed invitto, al ciarpame stanco d'un repertorio non mio. guerra · del « Se avanzo seguitemi ». Sono partito volontario e
Ognun di noi mi appare essere un groppo, o nodo, o groviglio, rivolontario a ventidue, nel giugno del '15; e poi nel maggio del
di rapporti fisici e metafisici: (la distinzione ha valore d'espe- '16, nel luglio '1 7. Leggete i miei testi meno sporchi, ove davvero
diente). Ogni rapporto è sospeso, è tenuto in equilibrio nel desideriate documenti: il che non credo.
«campo» che gli è proprio: da una tensione polare. La quale, è L'atto critico, l'atto espressivo, non è concepibile per sé, come
chiaro, può variare d'intensità nel tempo, e talora di segno: può una emanazione funzionale del bamberottolo io, come polla che
spengersi. Accade che tanto l'operazione conoscitiva, cioè lo ci si ostini a ritenere indipendente, mentre che il monte, del suo
stabilirsi del suddetto rapporto, quanto gli impulsi (espressivi) secreto, le sovviene di continuo. L'atto espressivo è il resultato, o
che ne vengano liberati alla pagina, siano perturbati dal sistema meglio il sintomo, di quella polarizzazione che ho detto: quella
storico (e gnoseologico) ambiente, da accadimenti del tutto che si determina fra l'io giudicante e la cosa giudicata: fra l'io
es1lerni al processo analitico-sintetico che costruisce il testo, che rappresentatore e la rappresentata. L 'io giudicante non preesiste
intesse il tessuto del testo. In parole povere: i fatti registrabili da in una attesa logica, o in una incubazione partenogenetica, alla
una biografia esterna e, in modo più lato, da una storiografia cosa giudicata, narrata. L 'io ha veste di modo, di strumento
dell'« ambiente», sovvertono in misura orrenda, fino qualche potenziale del giudizio: e nel giudizio soltanto si manifesta,

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come termine polare della tensione fra lui e la cosa, che è l'altro buttassi con artificio meditato, o come un farfallone briaco sulla
termine. La cosa giudicata (rappresentata) è istanza, è solleci- lampada, alla riva opposta, alla opposta condizione: che è
tazione apparentemente occasionale: in realtà inserita in una quella d'un io vagotonico, oppure soccombente per partito preso
consecuzione, in una totalità di eventi che infinitamente si arti- cioè per deliberata poetica a una storia bugiarda. Rotonde spe-
cola : ottiene dall'io critico, dall'io rappresentatore, una risposta ranze, temibili vociferazioni dei veggenti. Lo scrittore si intona,
immancabile. Così la Pizia, la delfica, risponde (more suo, ma si schiarisce l'ugola. Si tratta, bene spesso, di vocalizzi d'aper-
risponde) a chi le ha rivolto una domanda. Sant'Antonio a tura: certa bravura di laringe: emettendo certi suoni molto
Padova, del pari, esaudisce a una preghiera, a una richiesta di attesi, te ne viene plauso e corona.
miracolante intervento. Sant'Antonio bello, molto logicamente,
non fa nessuna grazia a chi non l'ha richieduto di fargnene. Contrariamente a una tradizione agiografica di timbro
L'attore del giudizio e la cosà giudicata, lo scrittore e la «edificante», e al di fuori, per l'altro verso, d'ogni prurigine e
scritta, il narratore e la narrata, e' stanno fra loro come com- d'ogni abbandono decadentistico, lo scrittore ha più di dieci
battenti in duello, di cui l'uno si creda aver sospinto al muro denti, in realtà: ma è spesso un debole, o almeno un fragile.
(acculé au mur) il su' rivale. Il giudizio, la rappresentazione,' la « Fragile! Attenzione! » È una tremula fiammella che fatica a
Vorstellung (il duello) non può celebrarsi, è ovvio, senza il rimaner accesa nel vento: uno di quei fiori-pelurie (pappi, si
coesistere e il convenire dei due. dimandano ), sfere di lanùgine, che appena soffiarci su, te ne
Mentre si concede all'io (alla umana vanagloria dell'io) rico- rimane a mano lo stecco. Pappi, non papi. I papi, anzi, resistono
noscere in sé medesimo il duellante migliore, che ha inchiodato ai peggiori soffi.
al muro e alla disperazione il proprio antagonista, cioè la cosa Secondo la tradizione di cui sopra, lo scrittore chiuderebbe in
giudicata, è bene spesso la cosa giudicata, viceversa, che ha sé, comparativamente al comune uomo, il cosiddetto normale,
inchiodato al muro lo scrittore, il critico. Lo ha risospinto ai un soprappiù d'energia critica e di chiaroveggente ragione. Può
giudizi disperati, donde non può uscire a salvezza. Sono i giudizi darsi che ... il... soprappiù, in qualche caso, ci sia. La chiaroveg-
d'obbligo, talora, e tal'altra gli errori. Anche gli errori sono genza, o per più esatto dire nebuloveggenza verbosa d'alcuni tipi
giudizi d'obbligo, nell'articolazione combinatoria del mondo. di scrittore, guidò l'idolatria umana, che d'un idolo, come del
Exemplum: quante volte l'imponente guazzabuglio di tutta una suo priapo, non può vacare un istante, a foggiarsi il figurino del
fenomenologia storica non ha inchiodato al muro, delle rappre- « vate ». L 'appellativo di profeta, cioè vate, ebbe largo spaccio
sentazioni più « opportune », delle frasi di rito, e magari delle dal 1840 all'80, e dà noi fino al '15: mille novecento quindici.
involontarie o volontarie menzogne, il suo poco ponderato e Anzi: fino al '45: quarantacinque! ventotto aprile, quella volta.
dimolto insulso storiografo. Ambitissimo anche da chi doveva rivolgerlo a un altro. Coloro
L'io rappresentatore-creatore veduto nella sua saldezza, e che ne venivano insigniti andavano assai fieri dell'aggiudica-
nella fissità centrica che è propria di quel cavicchio ch'egli è, zione: non meno che delle patenti di cavaliere ( della Corona
circonfuso d'un tempo stolido e inerte, a versar luce nella tene- d'Italia) un onesto funzionario delle regie poste mazziniano
bra come riflettore nelle paure della notte, è idolo tarmato, per rientrato. E, fieri, si studiavano avvalorarne la legittimità nella
me. Codesto bambolotto della credulità tolemaica, in ogni mo- opinione cittadina con atteggiamento e cipiglio vateschi, cioè
do, non ha nulla di comune con la mia identità di ferito, di appropriati alla qualifica : con abito e copricapo d'insueta fog-
smarrito, di povero, di « dissociato noètico ». D'intorno a me, gia, ma adattata a veggenza. Procuravano altresì di ricorrere,
d'intorno a noi, il mareggiare degli eventi mortiferi, il dolore, il alle prestazioni del loro desolato parrucchiere, il più raramente
lento strazio degli anni. Il concetto di volere si abolisce, nel lento possibile: e, comunque, a solo scopo di manutenzione del capil-
impossibile. L'oceano della stupidità. lizio e di larghe fluenze dal medesimo o dalla zona pilifera
Né raggiungerei, penso, alcuna autenticità di scrittura, ove mi subzigomatica: non mai a scopo recisorio. La stirpe dei poeti-

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profeti e degli scrittori capelluti non si è consunta col consunto contraria profezia, tenne dietro tutta una catena d'eventi che ci
ottocento: checché! Ancor oggi le stn:1,de, i caffè, le accademie permettono, oggi, di stupire della esattezza di quelle: alla pro-
della patria sono illustri per ammirevoli cesarie, barbifluenze fezia della pace, del novo sole, e dell'amore tra i popoli, omici-
eccitantissime: tanto da lasciarmi credere che l'antica desigha- diali guerre da cannibali, stragi da tigri, condotte dalla ferocia
zione « capelluta » (cornata) sia discesa dalla Gallia·, all'Italia. stessa dei popoli, visto che i popoli erano unanimi col capo: Ein
Certo è che un vate ottocentesco non avrebbe osato affrontare iI Volk, ein Reich, ein Fuhrer. Te sei me, me a son te, ce stava
pubblico, in nessuna circostanza, coi capelli all'americana o scritto su l'anello. Sì: dentro l'anello.
circumrapati alla tedesca, come lj esigo io dal recalcitrante mio Altre volte, i vati, profetavano mediante profezie geminate, e
figaro. leggermente décalées nel tempo (sfasate), avvenimenti contrad-
Era attribuito, al vate, volo d'aquila sopra le miserie degli dittori tra loro e però alternamente impossibili: per esempio: il
uomini: più ràramente di falco. Cigno era di diritto, per nascita. trionfo di Belzebù e poi quello di Maria Santissima. Molte volte,
Talvolta era salutato leone. Le stesse qualità morali, vere o infine, la parola del vate riguardava, o addirittura prediceva,
supposte, dello scrittore-leone venivano orchestrate da un bio- avvenimenti trascorsi : e alcune volte li ignorava totalmente.
grafismo solerte, così felicemente cieco le più volte, che il SUQ zeio Nessun vate profetò, né prima né dopo il fatto, Magenta. Il
riusciva ad accreditare l'esistenza, nel leone, d'una particolare generale Cley e il generale D'Espinasse, che pure ignoravano
quadratura, magnanimità di senso, fermezza di proposito, e l'esistenza del Naviglio,2 morirono inchiodati secchi a Magenta
incoercibile tendenza a sacrificar la pelle alla patria. (4 giugno 1859) con tre palle nello stomaco ciascuno. Un giorno
Prendeva pàga il 27, era paragonato a un combattente: la vita io vorrò rivivere, con un raccontino, Magentà. Tà tà tà. A
a una battaglia. Non si sapeva bene contro chi avesse combat- Solferino4000 ( quattromila) ci lasciarono in poco più di due ore
tuto: magari contro il Papa, a parole, e stando di casa, beninteso, e in sette assalti la pelle, e 900 (novecento) a San Martino alcuni
fuori degli Stati del Papa : magari contro un qualche povero chilometri più là, come bere un bicchier d'acqua: 24 giugno.
diavolo che scriveva frasi a sua volta, giuppersù dello stesso peso Nutro, come vedete, il più profondo interesse per i vaticini:
delle sue, o dei versi, non molto più enfatici né molto più min- reverisco i vati: non lavoro come i vati: lavoro come i non vati.
chioni dei suoi stessi. Il combattente non aveva mai preso parte a Ho lavorato qua e là. Non istarò a ridir dove.
un combattimento di quelli dove fischiavano le cosiddette palle. 1 Le accensioni mistiche poco o nulla mi accendono: diciamo
S'era limitato a leticare una cattedra a un alt,ro combattente un nulla, che è parlare più esplicito. Rappresentano, alla corta mia
po' meno cattedrabile di lui: o aveva sostenuto, con dispregio vista, un tentativo d'evadere precisi compiti noètici, o pratici,
infinito per l'avversario, una« tesi » storica o filosofica o politica responsabilità conoscitive definite. Una « fuga mistica » si con-
o morale, che susseguenti indagini accertarono, dipoi, essere chiude, per me, in un titillamento dei precordi nostri che ci
totalmente priva di fondamento, non meno che la tesi avversa- venga usato da carminanti fantasime; le quali si sostituiscono,
ria. come per oppio o magia, alla impagabile razione di calci nel
L'energia profetica si manifestava tuttodì, per quinari o per sedere che il dolce mondo ci serba. Quando non si tratti d'alcuna
giambi, nell'auspicare incremento alla patria: nel deprecare le mélode bugiarda, verbosa delizia e soave riempitivo della conca
guerre: nel volerne una sola, e postrema, da chiappar Trieste: (dell'orecchio), mai sazia di suono : o di truculenta enfiatura e
nel vilipendere la generalaglia del Re, non molto padrona della consecutivo pepperepè-pè-pè della nostra piva smargiassa, e di
su' tastiera, per vero: nell'augurare alla venerata effigie di teatrati atteggiamenti, non patiti nella verità intensa dell'anima
.M azzini prosperità e vita eterna, e mala cr~pagione alla carcassa e men che meno fatti pragma, cioè gestiti nella operosità reale
vecchia di Cecco, detto il Beppe. del volere.
Alle profezie isolate, non suscettive di smentita da parte della 2 Il Naviglio Grande, che scorre per alcun tratto parallelo alla fossa del Ticino, fu
1 Eine Kugel kam geflogen - Gilt 's mir oder gilt es dir? ostacolo impreveduto per il 2° corpo, che attaccava frontalmente dal ponte di Boffalora.

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« Lo spmto vince la materia! » sosteneva Pirgopolinice, il ha un peperoncino fra le gambe. Du' pisellini pure, si spera.
mistico. Ciò non accadde nell'autolettiga dei reali. 3 Prestando Lamenta, il cantore di Loretta, che Amore non osservi fair play:
ad altro il suo genio, si pensò, il nostro Pirgo, lo rotolassero lui è armato e te inerme, sicché ti scocca dove la va la va la su'
diffilato al muro al flik-flik. Non proferì parola. Con decisione saetta.
fulminea, « degna di Napoleone », evacuò se stesso, il meglio di Una tale consecuzione d'immagini non è certamente barocca,
se stesso, nella coartata capienza delle disportive brachettine: oh! no!: e tanto meno son barocchi loro, i poeti. O come po-
fàttosi, il misericorde volume della crocerossa in fuga, repenti- trebbero esser barocchi, dal momento che sono stilnovisti? Una
namente fragrante. La mistica materia, in quella contingenza, contraddizione in termini, non è chi non veda: e don Ferrante è
vinse lo spirito, nonché lo stomaco dei carabinieri. là, che sorride. Barocco è il Gadda. Loro sono mero oro, oro
La retorica dei buoni sentimenti, che è l'erba fine che induce zecchino d'i'ttrecento. Sognano di sognare una ... donna: e gli
la nostra lingua in salive e mena per pagina le penne, mi appare appare in sogno un pistòla: che gli dice però gran bene della ...
essere non altro, a me, se non il relitto, il guscio voto, d'una storia donna: difatti. Codesto bene l'annotano. Ne viene lode a ma-
bugiarda: quando non addirittura d'una storia mancata. Mi donna. È comparata a un'angelella. L'angelella non ha sesso.
aduggia, codesta luce falsa d'una commozione d'obbligo, code- Tanto varrebbe un angelello. Dove si discerne tutto il platoni-
sta « beauté de l'ame » di terza mano, che vorrebbe recuperare smo degli annotatori, e tutta la birberia di codesto mànfano,
la disciplina mia poca, e la nulla mia contrizione, ai paradisi di vah, d'un Cupidone buggerone.
scempiaggine. Codesto falso faro mi dirotta, nonché salvarmi: e Disparito, fuggito per dannato e digrignando i denti il ba-
risospinge me verso la risacca e la dissolutezza del mare, a un rocco, bofonchiando biàstime, come a un segno croce ne' suoi
cinismo che non era affatto in programma. Il che accade a molti, solfi eterni il demonio. Tutto che rimane è gentilezza, freschez-
d'altronde. È un cinismo da reazione e da crisi, non originario za, peschi in fiore: tutto un a fresco. Fresconissimo.
nell'anima. In circostanza, in ambienza elementare, lo spirito Talché talvolta, nel mio rococò, mi sorprendo a rimuginare
dello scrittore può manifestarsi come elementare purezza, affi- seco me: « O invece di sognar lui, che gli dice tante belle cose di
darsi, per il suo lavoro, ad un vergine segno. In ambienza bu- lei, non facevano più presto a sognar lei addirittura? invece di
giarda, in circostanza corrotta, lo spirito dello scrittore è preso Amore un'Amora? Sì, una bella mora, guàh! » 4
da un'angoscia, da un'unica: col suo segno, duro segno, reagire Il sentimento, per vero, ha questa caratteristica prima: non è
alla scioccaggine. La falsità frusta o melensa d'alcuni ideo- coartabile: non è fingibile, non si può mentirlo quando non
grammi regolamentari mi astringe a tentar d'inscriverne altri esiste nel cuore. Quando non è mia la cìtara e sia pur quella di
sulle pareti dello speco, più adeguati a conoscenza: tali, almeno, Apollo, invano mi domanderete di grattare. Non posso farmi
che non appaiano menzogna in sul nascere. Appariranno falsi a aedo d'un Atride se Atridi non conosco, né d'un Pelide che sta
lor volta, un giorno, allorché tutto sarà vero e sarà certo nella ingurgitando maccheroni.
stagione di chiarezza, sotto l'arcobaleno della gloria. Più vitalmente connaturata al mestiere (al mio mestiere) che
Da ciò discende, altresì, quello che mi viene imputato a di- non sia la bravura a mentire è tutt'all'opposto certa sagacia di
fetto, con gentilezza che d'altronde supera, molto caritatevol- governo: la quale indulga ai divergenti impulsi parodistici, e
mente, i miei troppi demeriti: il barocco. La diafana esilità degli possa a un tempo infrenarli. La parola convocata sotto penna
stilnovisti repudia, nemmeno anzi concepisce, il barocco. Nati
4 Il sogno è credibile, è una ipotiposi dell'inconscio. Viviamo in presenza della
all'aprile della storia, elati da platonica ala e prescienza, gli donna, ma in presenza altresì dell 'ostacolo che, a volte, ci divide da lei: massimo la
appare Amore nel sonno, ed è ignudo. Crude! ministro d'ogni proibizione del rivale, o la severità del caso e del costume, o la ragione economica. Donde
bàttito, li sbigottisce: li comanda a patire. un'ansia, nell'uomo e nel poeta, o la disperata rinuncia. Amore, il crudele ministrello, è
incaricato di rappresentare questa legge: il divieto, la lèsina: è delegato veramente dalla
Amore è alato. Amore è bendato. Amore è faretrato. Amore morte. Non è escluso che Amore (nel caso infelice) sia l'angelo della morte. (Addoppia-
3 Carabinieri. mento del simbolo, assai frequente nella ambivalenza del sogno.)

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non è vergine mai, anche se in una ipostasi titillatoria, e narcis- c1s10ne, ricrean~e uso del popolo non pm e non meno che la
sica (e nei momenti di più accesa bischeraggine), lo scrittore può preziosit~ meditata dei barocchi, ha tolto a mano bandiera:
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tener sé aliato, al creare, dal soffio di una purità primigenia: e fiamme in chiesa, diavolo al convento: s'è sfondato il setaccid.
sognare che la sua parola la discenda, come diafana ala di Non è immanente ai millenni, il vocabolo: non è querce, è una
libellula, dal disopra ogni azzurro: cioè dall'invisibile increato. muffa: è un prurito dei millenni.
Le parole nostre, pazienterete, ma le son parole di tutti, pub- Mi studio di evitare, per altro, ogni slittamento verso inno-
blicatissime: che popoli e dottrine ci rimandano. Sono un col- vazioni meramente narcisistiche. Alla qual bisogna può. sovve-
lutorio comune di che più o meno bravamente ci gargarizziamo, nire l'ironia, l'auto-ironia. Un tono teso di qualità narcisistica
risputandone ognuno in bocca all'altro e finalmente tutti in un l'ho in uggia, se pure vi possa essere incorso nolente, per difetto
guazzo, come in quella scodella di noce cocco del Salgari dove d'inibizione estetica: o morale. Per inconsideratezza pecchiamo.
scaracchiavano a circolo i cresputi maggiorenti dei Cèp-Cèp con « Lo fren dell'arte » non ci governa a ogni istante.
anelli d'oro in nel naso e cerebottana tra i ginocchi: e, poi, la Ho incredibilmente sofferto, indelebili ìngiurie ho patito,
porgevano bere al missionario, in segno d'onore. nella vita, da« criminali narcisisti »,dai« pavoni delinquenti »,
Le frasi nostre, le nostre parole, sono dei momenti-pause (dei ,. come li chiamo nel mio linguaggio interno. A parte il fatto che in
pianerottoli di sosta) d'una fluenza (o d'una ascensione) cono- ogni uomo (in ogni maschio) si nasconde un pavone, un male-
scitiva-espressiva. Durano quel che durano: un decennio, un detto pavone, non si può negare a priori l'esistenza, chi ben
cinquantennio, due secoli, otto secoli. Mutano di significato col consideri ogni fatto, d'una certa pavoneria femminile. Ma la
costume, col variare delle lune, con il lento o con il rapido vanità non è femmina, è maschio.
consumarsi del tempo: e mutano talora di valore, di peso. La Una carica narcissica a dimensioni ragionevoli è. contenuta e
loro storia, che è la pazza istoria degli uomini, ci illustra i agisce, più o·meno estrinsecandosi al pragma, in ognuno di noi: e
significati di ognuna: quattro, o dodici, o ventitré: le sfumature, ci predispone e ci arma all'assalto: allo stantufante assalto del-
le minime variazioni di valore: in altri termini il loro differen- l'amore, quanto all'altro, anche più bestiale, dello strugglefor !ife.
ziale semàntico. Buon gusto, impegno o necessità narrativa, ci Devo quindi prender nota con orrore che una c;arica narcissica
inducono a rivivere parodisticamente i ventitré, uno dei ventitré, « esiste e opera in me »: me inconsapevole, talvolta mi viene
uno alla volta: o invece a rifuggire dalla parodia conferendo un attribuita, come q\lando si rivolgevano a guardarmi, in Avenida
significato nuovo al vocabolo, per un arbitrio inventivo che de Mayo, uomini donne e cani: per un impermeabile che avevo,
resulterà poi, alla pagina, più o meno saggio e felice. e che non sapevo, per così dire, d'avere. Di proiezioni narcisisti-
Sfocia talora, presso taluno, codesto arbitrio, ad orribili tor- che non andò esente la vita. La mia scrittura non ne va esente di
sioni: a contaminazioni intollerabili. (Procedo però guardingo: certo. .
sulle parole mi si consuma l'ora e tutta la vigilia, più che labile Ho dovuto costruire la mia personalità, se persona è, con gli
moccolo.) La frase e il vocabolo, sotto più esperta mano e più sciàveri d'una tradizione genetica non pura venuti via dalla
sottilmente operante, si spogliano delle tonalità loro parodisti- querce e dal pino, germanico o gallica: nel duro carcere d'un
che: venute in carta al cri-cri lieve della penna, si libera, ognuna, educatoio borr~meiano-tridentino, dove gli antidoti laicali re-
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a un tono novo, a un timbro perverso. Si demanda loro novo sultarono, a volte, non meno tòssici della disciplina catechistica.
incarico. La nova utilizzazione le strazia: la lor figura 'si defor- Alla via delle Gallie, nelle rosse, perdute sere di Padania, si
ma, comparativamente all'usato, come d'un elastico teso. Ora- aprivano i miei sogni di bambino.
zio, nell'epistola« Humano capiti», ha indicato esser pensabile, Caduto preda, ahi!, delle donne-educatrici, poca voce di ba-
attuabile un siffatto impiego della parola già nota: lo « spa- ritono d'attorno la mia puerile indigenza. La mia timidezza di
smo» , « l'impiego spastico », può comportare una dissoluzio- 5 de' Cruscanti.
ne-rinnovazione del valore. L'impreciso ma, nella stessa impre- 6 Laicali, catechistica: in senso molto lato, per sineddoche.

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viola mammola le eccitava a salive, dementi bassaridi, e alle Mi sorprendo ancora, a volte, in questo rimasuglio degli anni,
vivisezioni crudeli. La loro psiche imitativa la bisognava d'un a ragionare come ... una mia educatrice: non dirò come una
modello, non meno di quanto la loro ... femminilità ... bisognasse donna isterica, ideale irraggiungibile, per verità. E non sono
d'un ... ragionevole conforto, ossia d'una ... guida: che non c'era. Il quelli, credetelo, i miei momenti peggiori. Le leggi mendeliane,
modello c'era: ed era la perentoria voce del costume dettato dai in ogni modo, - di cui un mio poco profittevole« adattamento
maschi, famosi baritoni a dettare, quand'anche meno eminenti all'ambiente » non è valso a obliterare ogni effetto - risplen-
e meno diligenti a osservare, loro stessi, il dettato proprio e dono di tutta la loro validità combinatoria in una caratterizza-
bischerrimo. Il tono crudo e asseverativo dell'epoca, nonché zione ibridata, di tipo barbarico, che fa di me l'erede (squattri-
della gente, il naso del Santo,7 conferirono al pedagogismo delle natissimo) delle genti infinite, e del mio misero vestito la tunica
educatrici la categoricità inespiabile d'un elenco tariffario. « El di tutti i mali-: e di tutti i rattoppi.
polàster el paga dazzi ! » Non sono, non riesco ad essere, un lavoratore normale, uno
Mi deliziavano, al di là degli epifonèmi del dressage, le mise- scrittore« equilibrato »: e tanto meno uno scrittore su misura. Il
ricordi sfumature d'ogni gentilezza, e del sottile pensiero. Per- cosiddetto « uomo normale » è un groppo, o gomitolo o groviglio
duto nei sogni dell'infanzia: o dissanguato dalla noia o dimen- o garbuglio, di indecifrate (da lui medesimo) nevrosi, talmente
ticato dallo sguardo di Dio: inetto a vivere, nonché a compren- incavestrate (enchevetrées ), talmente inscatolate (emboitées) le
dere, la piattitudine del rituale cotidiano: a fronteggiare « la une dentro l'altre, da dar coàgulo finalmente d'un ciottolo, d'un
millenaria malizia ». Dallo spettacolo d'una edilità pacchiana, cervello infrangibile: sasso-cervello o sasso-idolo: documento
curùle o plebea, rifuggivo con le mie speranze alle querci, ai pini. probante, il migliore si possa avere, dell'esistenza della norma-
Le querci responsali dell'antica gente druidica: i pini! il di cui lità: da fornire a' miei babbioni ottimisti, idolatri della norma,
susurro lento, nel vento del monte, mi regalava il batticuore. tutte le conferme e tutte le consolazioni di cui vanno in cerca,
Batticuore d'amore. Il mio spirito, il groppo di rapporti di cui non una tralasciata. Tra queste, l'idea-madre che quel sasso, o
ero il nodo, pio nodo, pio non ostante tutto, sentiva che del cervello normale, sia una formazione cristallina elementare, una
popolo alto dei pini era la mia genitura e la mia gente, l'antica: testa d'angelo di pittore preraffaellita: mentre è, molto più pro-
ed era pervenuto a credere che le fortune della gente presente, babilmente, un testicolo fossilizzato.
razzolante, fossero eguali ed equiparabili alle fortune delle selve, In realtà, la differenza tra il normale e lo anormale è questa
dei pini, al numero dei pini che tuttavia la terra ospitasse. Ma gli qui: questa sola: che il normale non ha coscienza, non ha nem-
alberi sacri erano spenti: erano stati recisi: perché desse albergo, meno il sospetto metafisico, de' suoi stati nevrotici o paranevro-
la terra, alla nanificata prole degli umani. C'erano lettere, tetre tici, gli uni su gli altri così mirabilmente agguainati da essersi
lettere, sulle poche alture della terra, in luogo dello spirito degli inturgiditi a bulbo, a cipolla: non ha dunque, né può avere,
alberi venuto dal profondo: e manifesti, e cartelloni gialli sui coscienza veruna del contenuto (fessissimo) delle sue nevrosi: le
muri. 8 « La propaganda vive, nelle sue lettere, in vece nostra: e sue bambinesche certezze lo immunizzano dal mortifero peri-
propaga sé medesima. » Beveva delle gazzose, la gente. colo d'ogni incertezza: da ogni conato d'evasione, da ogni ten-
tazione d'apertura di rapporti con la tenebra, con l'ignoto infi-
nito: mentreché lo anomalo raggiunge, qualche volta, una di-
7 Carlo Borromeo, l'eponimo della parenèsi lombarda, il supervisore del Catechismo
Romano. Il di lui naso fu major Nerva: più « timone di cacciatorpediniere ,, di quello di
scretamente chiara intelligenza degli atti: e delle cause, origini,
Nerva. Iconografia unanime là-dessus: Tintoretto in testa. (pretorio), e delle pubblicazioni di matrimonio sull'usciolo di parrocchia: e compàrale
8 Certa nota fascinosa di certe vecchie situazioni architettoniche, paesistiche, di cui con l'imbratto di oggi. Die Wande ist das Buch der Schande. Se Corot, se il Giovanbel-
la tela è documento, promana pure da totale mancanza di lettere, cioè di occasionale lino fossero ad opera oggi, e' dovrebbono pitturare, tra le loro querci e castella, i letteroni
propaganda, sui muri de' castelli, delle case o casipole, delle chiese, o sulle incannucciate cubitali: Panettone Ratta; Collutorio Bibì; Per Taddeo Minchioni - votate! Nell'Alle-
a' capanni. La nostra vita e il « paese " nostro, al contrario, e' son tutti imbrattati di goria del Purgatorio, lì agli Uffizi, te tu leggeresti: Purgativa Battistelli! Acqua! Prova-
lettere turpissime. Fai mente, se credi , all'antica esiguità dell'epigrafe e a quella dell'albo tela! Non ismetterete più!

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forma prima, sviluppo, sclerotizzazione postrema, e cessazione contessa », molto convinto della cosa. Della vittoria era certo.
con la sua propria morte delle sue proprie nevrosi. « Vinceremo! », s'era fatto pirografare sul didietro, èmulo delle
Ho conosciuto e ho dovuto frequentare un signore, anni sono, cartoline postali. Quando in saccoccia l'ebbimo, disse: « Ab-
in Oltre Po Pavese, un brav'uomo: uomo normale normalissi- biamo vinto! » Nello stesso modo che dopo Stalingrado l'Adol-
mo: gentiluomo campagnardo: registrato, nel mio journal, come fo. Era un normale, il tipo del normale: dirimpetto a me, anò-
« normale produttore d'acido urico, addoppiato d'un normale malo. Amava ardentemente, per quanto normalmente, la pa-
collezionista di idee fisse ». S'era formato, nella Germania gu- tria: la cara patria: sì. Aveva perciò imparato diciannove frasi a
glielmina, a commesso e a produttore d'affari. Amore alla sua memoria, battendo, nellarecitazionedelle quali, i più patriottardi
terra, alle fatiche operose della campagna: Cerere e Pale: caccia: pappagalli. Si appisolava sui boliettini di vittoria, dopo desinare
costosissimi fucili, di cui uno inglese, uno tedesco: e uno belga a (gli alpini dopo non-desinare crepavano, in Albania). Al tocco
tre canne: cavallette sui frumenti: siccità: grandine: gelo ad emmezzo il suo spirito vinceva la materia, tramontava: dal tocco
aprile: due allodole all'anno, un fringuello: requisizione forzosa emmezzo alle diciotto, infilato in letto, se la dormiva alla salute
del prodotto, del grano, del granoturco: i prezzi venivann im- della patria e alla facciazza del Pirgo, Paflagone Energetico.
posti dalla legge, d'imperio: alla maggior gloria del Batrace. Educava asparagi. Li raggiungeva a centimetri diciotto entro
« Non ho fiducia nei titoli azionari. » Ha fiducia nel Thaon de terra, nell'orto, con un suo strumento a ciò fatto, a collo d'o-
Revel. Non nella moneta-oro, che è la moneta del passato, ma ca-zeta, a gradino, terminato in una forcola tagliente. Penetrava
nella moneta-lavoro, che è la moneta dd---futuro. Tutti, a buon la terra, codesta forcola, ricingeva lo stelo dell'asparago, lo reci-
conto, comprano catenine oro e marenghi, li sotterrano alla deva e lo strappava alla radice. A quello strappo lui, che s'era
svelta: o se li nascondono in qualche cavità organica delle più messo in tiro con ghette color tortora, andava gambe all'aria col
recondite. Beveva bitter. La parola bitter ( = amaro) gli piaceva su' ferro in mano: con ghette color tortora. Ma l'evizione lo
enormemente. Più, anche, il rito di assunzione .del bitter, il fiero aveva acceso al tripudio. Sotto l'apparenza ca.m pagnarda e
ordine con alcuna mancia al barista, con esibiiio~e del mignolo georgòfila - primizie elate de suo fondo alla dea, Dea Bona o
nel sollevare il calice, e simili. Un figl~oletto gli ebbe a morire Maia, castrati i lattonzoli, approntati all'ara i maiali, ricolte,
d'otto anni. Epidemia difterica, tardato arrivo del siero nella dalla pubere dazione della terra, le tenere fave primaticce -
clinica principe della città natale amatissima. La madre del sotto l'apparenza georgòfila, nella normalità bella dell'anima
ragazzo morì di consunzione psichica, la seconda moglie del- così serenamente incravattata, si celava e agiva la plurimillena-
l'ex-vedovo morì di noia. , Fu allora che il bisvedovo prese a ria nevrosi: quella che ci intride l'anima, forse, dalle ceneri
fumare sigarette Fumag col bocchino d'oro, polpute, costosissi- dell'alba: quando nel primo gelo del pleistocene si levava pri-
me. La sua normalità gli emanava normalmente dalla faccia mamente, ad azzannare con trentadue denti il futuro, la specie:
come un raro ectoplasma, nella immanenza d'un tempo serio, l'ex-quadrumane, promosso a bipede, si teneva eretto nel sole:
normale, eguale, non tumultuato da parolacce, da « scatti ner- uomo: homo sapiens! Perepepepè!
vosi », da imprecazioni. Lui, seduto in poltroncina, composto, È la nevrosi crudele: che ci impelle a mutilare l'avversario.
ghette color tortora, avrebbe magari anche emesso un alalà L'asparago, poerino, era l'obietto d'una trasposizione o transfer.
periodico in onore del Ritratto, del grande Ritratto, quasi in un Era di vetta bianca, amaro. Lo lodava, fastidita, la mia cauta
soprassalto della normalità o in una repentina riaccensione da menzogna. Lo repudiava, nonché Maia, il maiale.
cascaggine. Ma gli sarebbe costato fatica da non dire, nella 1949
imbambolazione perpetua in cui il suo spirito di coltivatore
diretto era venuto a rapprendersi, con quelle ghette. Fumava
sigarette Fumag col bocchino d'oro, massicce. Idolatrava il Pir-
go, e i figli e la figlia grande del Pirgo, che soleva chiamare « la

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MEDITAZIONE BREVE CIRCA IL DIRE E IL FARE Dove la locuzione mediatrice « sparar calci » accede alla
maggiore e alla minore con due dissimili sensi: ché in maggiore
significa di fatto prendere a calci un pallone di cuoio: in minore
sostiene solo ch'io mi riduco molesto, co' miei sofismi, a tutte
persone di cervello riposato.
Ed è poi sofisma il dire che la espressione influisce nel giudi-
zio, e però nell'atto, quando avviene sicuramente il reciproco: il
giudizio cattivo influisce nella espressione, la deturpa ... Il docu-
Quando scriverò la Poetica, dovrà, ognuno che si proponga mento falso ci induce ad asserir cose false ... « I tuoi sono ripro-
intenderla, rifarsi dal leggere l'Etica: e anzi la Poetica sarà poco vevoli sofismi. »
più che un capitolo dell'Etica: e questa deriverà dalla Metafisi- Però ... però ... Se dall'esempio di libro noi trapassiamo a poter
ca. leggere nel libro della vita, vi conosciamo le quante volte que-
Ma non temete di nulla, per ora: ché solo voglio proporvi un st'arte del dire ha deformato il sentire: con i bei risultamenti
mio tema assai scabro; e fatto anche più alpestro sì dalla mia delle sue parole obbligative ha reso pregiudizio grave tanto al
rozza indisciplina, sì dal poco limite in che devo costringerlo. pensare che al fare. Siamo cioè condotti allo studio d'un rap-
Esso apparirà il primo, per numerazione, di una serie di porto inverso a quello che costituisce ordinario obietto d'osserva-
temùncoli un poco fastidiosi e zanzare, che potranno costituir zione. Ché per solito si ama disquisire dai savi come e quanto il
quasi il nòcciolo o il grumo centrale di una Estetica empirica, da pensiero e, direi, l'interno calore dell'anima informi o accenda la
praticone, e frettolosamente scritta: la quale, in difetto del gran tua parola, o parlata, o scritta: nomina sunt consequentia rerum: io
libro dell'Etica, potrà significare a un dicirca la mia idea. no: io voglio, in questo tema e nelle sue variazioni, farne ridesti a
Dacché sento i giorni mi passano e la Margniffà è in galoppo. un pericolo che sapete benissimo e pur siete adusati a mettere,
E se la mi arriva ch'io non abbi finito di considerare e di per una cagione o per l'altra, in non cale: la parlata falsa ne
scrivere, almeno questo approssimativo segno rimanga (ai ne- falsifica l'animo e quasi pone in un tremito la mano che regge, di
poti degli altri) del mio intuir nelle cose. E temo che forse non ogniduno di noi, la barra del suo governacolo contro all'onda
perverrò nemmanco ai figlioli, non che ai nepoti. traversata del destino. Tartana e bragozzo si abbandonano di
bordo all'onda e conoscono l'ora del naufragio.
Questo primo tema ch'io dico, da costituir vincolo e testimo-
nio, quasi, di medesimezza tra l'operazione dell'.esprimere sé e E se dico parlata falsa, dovete intendere parlata in accezione
quella del fabbricare o costituir sé in dignitosa persona o ente, latissima, cioè non lingua minutamente o soltanto parola, ma
mi pare possa così formularsi: tutto quanto il caos o il cosmo delle immagini e de' giudizi, dei
« Considerate che un vizio della espressione influisce nei modi e delle favole, in che si aggroviglia il vivente polipaio della
giudizi e però negli atti d'un uomo o d'un collegio di uomi- umana comunicativa. È, insomma, la parlata del genere umano;
ni. .. » o d'una terra, o d'una provincia, o d'una città, o d'un quartiere o
Dirà taluno: « La cosa è vecchissima: e il viziato sillogismo borgo. O di un ceto, o di una stagione.
che si denuncia ne' loici come ,quaterna di termini>, dove cioè il La qual nasce nell'animo individuo, come pure si genera
medio termine è preso in significato diverso nell'una e nell'altra nell'animo della collettività o d'una parte: e il contagio dall'uno
delle due premesse, ascrivesi appunto a questo caso che tu di- ad alcuni si moltiplica nei contagi da codesti alcuni ad altri, ai
c1. .. » più. E tutto un va e vieni di nomi e di modi si diparte, liberato,
Esempio: Lo sparar calci ne procura la gloria del lunedì - Io dall'uno, e gli ritorna, quasi per eco, dai molti: o come stridìo
sparo calci - Dunque mi procuro la gloria del lunedì. di rondini, che riconduca alla disciplina dello stormo com-

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patto, con quel richiamo, l'ala bizzarra e per sé sola fuggitiva. In altra bugia o romanzo (Plato identifica le due brutture) tu
Le bugie hanno le gambe corte: mc1r le somministrazioni che fabbrichi un tuo simile come te glabro : e più che lucertola. Le di
esse comportano le hanno più corte ancora: e ti arrivano prima cui cosce e braccia e ginocchia ad ogni più giov~nile diporto
ancora del conoscer quelle: avanti cioè che tu possa constatare, o siffattamente consentono, che gli è a · lui di portarsi come al
freschetto, quanto sia velenosa la bella serpe, che t'ha bindolato tenore di schiarir l'ugola a mattutino per alcuni vocalizzi di
la mano. grazia, se una buccia l'adugg'ia; dico l'ugola.
E sono, taluni, bugiardi senza volere : cioè bugiardi ignari (o Egli salta, come le bimbette, la corda: egli rema, egli nuota, è
inconsci) della bugia nel tempo stesso che la proferiscono: per rimbalza le palle; poi scala i monti, poi spara ai piccioni; e mai
proprio errore di parlata e di lettura, per aver rifatto clamorosi non falla: né allo sparo, né al rimbalzo, né al salto. Vince
gridi degli altri, come bamboli raggirati nella sicinnide: così le nell'animo delle femmine i più crudi e i piu feroci de' giovini ai
moltitudini di quei barbari, e peggio, le quali vituperano il quali lo antepongono il suo saltabeccare e sparare. E mai non
nome italiano: ch'è splendidissimo. ebbe uno sabaglione, ma vive solo che di mero succo d'arancia.
Dunque non soltanto e minuziosamente parola: ma tutto un Questo romanzo, da una ventina d'anni a questa parte, ha
caos od un cosmo. fatto fare ad un Sarzanese amico mio tanta ginnastica da ca-
Eleggi tu, secondo credi, qual de' duo nomi ti piaccia, come mera, quanta una donna che voglia arrivare a smagrire: e os-
consentaneo con gli umori tuoi propri. servar poi dei digiuni, che nemmeno San Carlo Borromeo.
Giovano esempi: tra i moltissimi che ne soccorrono, alcuni, se Ma il risibile non viene dalla ginnastica sempiterna e dalla
pur miseri, ne suggeriva questa notte il mio santo patrono, i sempiterna vacanza del gentiluomo d'oltre Magra sì dal fatto
quali fosse conveniente di assegnare per chiarimento del terna. che tu gli presti un discernimento ai negozi e un interesse nelle
« Tu fai un romanzo, o favolone che sia, nel quale ti fabbrichi discipline economistiche, i quali non panno venir d'accordo,
un eroe diritto che piace molto alle femmine e le contenta molto: manco in sogno, con la inanità de' suoi pantaloni di flanella.
e una poi la deruba, e, àrsole il pagliericcio, ne va in Cencionia a Come arrivar filosofo e direttore di banca quando uno ha così
cacciar coccodrilli, asserendo che volontà di vita lo sospinge al di tenacemente obdurato nella cura del sole?
là dell'amore per detta femmina ... » E in un bugìone grandissimo di teatro conobbi le parole
Questo romanzo è fatto per rincuorare nella dimestichezza «vita» e « tempio marmoreo» e « andare verso la vita» e
delle parole futili e della geografia immaginaria quei disoperati « potenziare la vita » e « ritmo » e « industrie fumanti » e
in provincia i quali suppongono che lo sparare ai coccodrilli « macchine freIT\enti »: .e l'eroe voleva da prima inferirsi uno
comporti assai merito: e volontà di vita sia quella particolar sparo nella testa, ch'era forse la soluzione più pratica: ma una
sorta di acredine o di prurigine dell'animo nostro, che ci bisbi- femmina con lunghissimi bracci e silenzi e sitibonde guardate e
glia di pizzicare all'amata un foglio da cento ogniqualvolta: e morsicamenti (detti alla romanesca « m6zzichi ») a cui lo scrit-
tutto il gruzzolo, poi, una volta per sempre. tore del bugìone marmoreo aveva dato incarico di simboleggiare
Nel tempo medesimo, e non nel ~omanzo, un povero cristo la Vita, tirò l'eroe, così , dapprincipio neghittoso, a venir dalla
autentico se ne discende, carico d'un baule giallo, all'imbarco sua: e gli fe' dimettere quella gran tentazione della pistola. Fece
del porto : si rivolge poi, di sul ponte, alla vecchia Lanterna che questo eroe una fabbrica di macchine d'elettricità in pochi mesi,
s'allontana e dice addio alla terra, alla terra più cara. Venuti ché l'autore del brodo tutto gli par fattibile avanti il sipario;
alla riva del Plata, deve sciogliere le scarpe e sfilar quelle e le dacché tutto, in parole, è fattibile .
calze, per tragittare dalla ondulante scialuppa alla terra ferma il Alcuni giovini amarono ;issai questo teatrone di vita in parole,
suo baule in sugli òmeri, con il rischio che quelle miserevoli e commisto di lampade votive e di macchine per elettrico mosse, e,
tignose corde, che legano quel baule, lo lascino vomitar le robbe fatti uomini, plaudono all'eroe inesistente dei loro begli anni.
nell'acqua. E non ha avuto poema: ed era la più reale realtà. Uno s'imboscò: in tutte le guerre che abbiamo fatte o patite:

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altri abbandonarono il liceo: e i rimanenti non conoscono di moniare che ogni impegno di vita, in guerra e in pace, abolisce
certo che sia la disciplina dell'ingegnere e lo stare lunghi anni ipso-facto il vaniloquio, ogni vaniloquio: e che il vaniloquio
incurvi alle tavole dove accudiscono, divenendo miopi e poi ingenera la non-vita, in chi vi si presta, cioè l'errore e la tenebra.
gobbi, i detti ingegneri. Devo notare che parole vane sono ancora quelle, per quanto
Ma il futuro e le macchine e l'occhio pieno di avvenire e brutte, di chi si crede scansarle con lo scrivere male e con mal-
l'angoscia delle macchine e le lucenti macchine e altre futilità trattare l'idioma. E quelle di chi non ha nulla da dire: e fabbrica
macchinali hanno deliziato le loro anime di gente che non ha pagine e pagine sopra i disegni della tappezzeria, dandosi a
mai lavorato: e onninamente riempito i lor timpani di sciocco- credere di aver importato il Tolstoewski e magari il Prott in
loni, anche e precisamente negli anni difficili che le industrie Italia: o lucubrando sistemi falansterici nei quali invesca, dopo
licenziavano i loro operai e arebbono alienato le loro macchine, che se stesso, altri facitori e venditori di parole.
potendo, a dieci centesimi il chilo. Il male che questo « vizio della espressione », questa « parlata
Un riverbero di questa imbecillità macchinistica si ha nei falsa » ne ingenera, lascerò a voi di scoprire, quando non ve lo
tentativi, presso che ogni volta abortiti, di combinare dei film vediate già come blatta in minestra: dirò solo e in passaggio che
edificanti sul lavoro, sull'industria, sull'operaio, sul tecnico, né il vate marmoreo né l'economista usano roboare per nulla. E
sull'ingegnere, eccetera, eccetera: contraddistinti da una risibile chi paga, paga.
semplicità e da un ottimismo di cattiva lega, degno della mo-
gliuncola analfabeta d'un funzionario di quattordicesima cate- Le frasi destituite di senso hanno grande effetto su taluni
goria o addirittura avventizio. giovani, i quali chiedono alla vita una sola cosa: fare, con il
Non alludo ai documentari, che assai ne giovano e piacciono; cervello, la minor fatica possibile. In subordine, avere un po' di
alludo ai gratuiti, ai facili. quattrini in tasca.
Questi film ti presentano certi laboratori pieni di strumenti Le femmine gareggiano talora coi ragazzi coi moraleggiatori
fasulli e di ampolle e di storte in ebollizione, certi chimici e certi coi penalisti coi predicatori a stacco fisso nella ripròduzione
ingegneri che aggrottano i sopraccigli, e scrutano le ribollenti delle più adusate sonorità musicali d'una lingua o di una sta-
minestre e manovrano i finti ingegni dei finti apparati, e fanno gione linguistica, e in una sorta di felice mìmesi o di ecolalìa ( =
gesti da scimie tropicali ove sia dato loro tra mano uno specchio: parlare come sentono parlare in casa dagli altri: è vocabolo degli
mentre è notorio che né l'ingegnere, né il chimico, né l'operaio, psichiatrì), la qual promuove grandemente il gettito a ripeti-
all'ora del lavoro, possono permettersi gesto veruno. zione delle frasi inani, ch'esse abbiano ricolto dalla truculenza
Io sono ingegnere: e, per mia disgrazia, ho dovuto lavorar dei maschi: e son quelle che più amano.
molto e penosamente: e mai, quando lavoravo, ho potuto « as- Guidate dal loro sviluppatissimo senso economico a procu-
sumere degli atteggiamenti ». Spesso ho tremato con l'animo rarsi il massimo effetto con il minimo dispendio, le care donne
davanti al pericolo, senza darlo a divedere, augurandomi che ridicono (ma non sempre: ché talune mettono il sale, e financo il
una simile vita finisse. Tutti gli ottimi operai e tecnici ed inge- pepe, sulla coda dei passeri) ridicono, come fa in Amazzoni il
gneri che ho conosciuto in Italia e fuori erano immobili al tavolo pappagallo crisòtide, quel sentito pifferare dai maschi che più
o sulla macchina e pensierosi del lavoro: e negli uffici dove si facilme~te le suàdono al giudizio: ritessendo musicalmente, e
lavora e nelle banche affollate e nei mercati dove daddovero si cioè da veri grammofoni, tutto un contesto di frasi fatte. Allora
compera, come alla Borsa in Milano, ivi i gesti sono assoluta- tu senti il vacuo che si sviluppa dal vuoto, il vuoto dal buco, e il
mente sconosciuti. buco dal vento, e il vento dal vacuo con un'armonia ed una
Anche i soldati si astengono dalla fatuità del gesto filmistico e facilità incantative, secondo una consecuzione cìclica, o fuga
si attediano della parola dell'uomo di penna o comunque ro- riallacciata per da capo al suo principio, a mo' di ritorno o
boante in parole: e la mia e la comune esperienza sono a testi- rondò.

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Questa fuga le vuota onninamente d'ogni ulterior ciarla o pov) si sia impadronita di cotali frasi, oh! più non le molla, mai
desiderio di ciarla e « appaga pienamente », come dicono, « le no! fissata a rattenere con le unghie disperatamente e coi denti
loro aspirazioni intellettuali ». . quel caro bene che soltanto le serve da potersi perdere. L'isterìa
Frasi, frasi, frasi (prive di contenuto), parole, parole, parole se ne veste: e anzi si travasa in quelle. Una parola che sia
entrano così « nella vita delle famiglie », si propagano da una piaciuta un giorno ad una giovinetta in bollar di sangue, go-
famiglia all'altra, investono i celibi amici; e tutto procede come verna poi per settantacinque anni gli spropositi di quella cara
olio per i suoi vasi e docce, nel tramite della banalità consueta. creatura, anche quand'ella~ diventata un'Epifania: e la parola
La pigrizia vestita di superficiale energia, la dabbenaggine ad- un guscio, senza più il lumacone di dentro. Si direbbe che, in
dobbata di sopraccigli, la ottusità gocciolante di buoni .senti- certi casi, la persona umana « si fissa » in un caramello di modi
menti, il desiderio di non faticare con il cervello entrano poi dì dire, che divengono modi di essere, o addirittura l'essere.
rapidamente nel gioco: ed ecco il contesto delle ragioni false è Poi subentrano al gioco la stanchezza, la pigrizia, la vec-
divenuto patrimonio sacro, intangibile. chiezza, l'accomodamento delle cluni disseccate sul raggiunto
Frasi, frasi: i maschi le buttano talora in cielo come corian- scranno, e comunque il desiderio di non più faticare coi bulbi
doli, che il Signore non vegga: e non possa discernere il consu- (ed ogni ricerca è fatica, ogni creazione è dolore!): la pace in
marsi delle fornicazioni. Frasi e parole « scolpite nei cuori ». Si famiglia esige invece che si digeriscano i rospi, i bei rosponi di
fissano come costellazioni nell'eros caparbio di certe femmine e due chili l'uno. E così sia. Si potrebbe scrivere, di molti casi dei
le più rare oche portano in dote una dozzina almeno di cotali secoli, una storia « sui generis », riferendo i fatti alle modalità
ideqgrammi. I quali assumono valore di paradigma etico, di espressive dell'epoca dove occorsero: e si vedrebbe come la stor-
canone pratico: e come il nulla genera il nulla, così quelle celesti tura, cioè la inutilità prava, del fatto, accompagna assai volte la
musiche generano le musiche tragiche, gli atti spropositati, gli stortura della espressione: o almeno è aggravata, dilatata, pro-
atti inutili, e lo sperpero delle fortune e dei destini: piegano lungata, catastrofizzatct da quella.
talora verso l'ombra il destino dei figli, per una parola! per u'n a
parola ch'era bella da dire, da sentir dire! E accumulano la Dei molti scrittori italiani che percepirono la vanità e l'iniquo
bestialità sopra la bestialità, come uno strato di sterco sopra a di certe consecuzioni parolaie, citerò solo (per grossi esempi) il
quello dei predecessori. Boccaccio, il Dante, il Galileo, il Manzoni. Levano talora l'edi-
I maschi, vanitosi e roboanti, o astuti, o cinici, e comunque ficio del giudizio sopra una sola frase o parola accattata sagace-
prestanti di più fantasia e di più « spirito d'iniziativa », creano mente e poi diabolicamente inserita nel testo, a dileggio ed a
primamente queste sonorità, sopraffattrici delle sonorità 'con- confusione de' frodatori. Il « velen dell'argomento » è loro fa-
correnti entro il cuore delle femmine nella lotta sessuale, e sui migliare. Il loro scherno e la loro polemica, in questi casi, hanno
timpani de' loro sopraffatti giudici, ne' rimanenti agoni della una radice che si potrebbe dir filologica: ed è radice diritta. La
vita. frode si rivela dal suo nome, come il ladro dal marchio che gli è
Essi credono aver procacciato il suo bene e preparano invece il stato impresso a fuoco sulla fronte: ed essi, per denunciare la
· malanno: perché, a mano a mano che i più vi consentono, frode, ne danno a conoscere il nome.
finiscono essi stessi con prendere per buona la loro cattiva Le polemiche politiche, le arringhe forensi e tanti altri ludi del
espressione, ch'è quella della vanità e della frode, e di una mondo ebbero necessariamente a combattere l'espressione del-
smodata concupiscenza: e ci edificano sopra la vita falsa, ope- l'avversario (avvistatane la debolezza) prima ancora che !'av-
rando come il cattivo ingegnere allorché fonda il pilastro, versari@. O, almeno, l'uno e l'altra si identificavano.
dimentico del dover primo, sul volto d'una dimenticata ca- In tempi eroicamente moderni cioè pervasi da una brama di
verna. approfondita o rinnovata conoscenza, gli scrittori operarono
E ove l'isterìa delle donne (e degli uomini provveduti di ìJcJTe- appunto in quella volontà, e con quell'acume libero (da preco-

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stituiti ancoraggi) che fu a volta a volta designato come spirito insufflati, da parole demoniache, da dèmoni divenuti parole,
rinascimentale, illuministico, libertino o liberale, scientistico: e dopo che sentimenti o impulsi.
attribuito, di quando in quando, al demonio. Il demonio, in Come la magìa e la negromanzia conobbero il valore ossessivo
realtà, si vale anche della nostra apatica inesperienza, cioè sem- o ricreativo della parola, così questa, anche nella società illumi-
plicità e somaraggine, per occupare le nostre anime e portarle a nata, serba il suo contenuto magico. Sta a noi di riscattarla
spalla (devono pesar parecchio: vedi pittori del Giudizio) alle dall'ossessione della frode e di ricreare la magìa della verità.
avvampate e fiammeggianti graticole della sua rosticceria. Dirò, per conchiudere, un ultimo esempio.
Questo spirito e questa ricerca « scientistica » vengono incrimi- Il generale, in sua favella, continuava a dire « o sfondare, o
nati d'empiria, cioè d'esser pratica da praticoni, disancorata dai spararsi », e questa sua certezza è titolo primo della sua gloria.
lemmi sistematici e quasi smemorata de' principi. In realtà la Ma si, era talmente eccitato con le parole « sfondamento »,
chimica moderna, la medicina moderna, la biologia e la storia « sfonderemo», le quali hanno risonanze indubbie nell'incon-
biologica, la geologia e la storia della terra, più tardi la batte- scio del sesso, che aveva comunicato il suo entusiasmo al vi-
I' riologia, la psicologia, la psicopatologia, la psichiatria, l'igiene ce-capo, suo collega nella strategia. E tutti e due insieme ave-
stessa, e da ultimo l'endocrinologia, non potettero e non possono vano ammassato alcune divisioni di cavalleria, da lasciarle ir-
ogni volta operare su prerogate petizioni di principio dacché il rompere nella breccia della dimane, come raffica per un'aperta
petente non sapeva e non sa nemmen lui che principio petere: finestra. Quei due generali avevano avuto una certa nozione del
Don Ferrante sapeva, Pasteur non sapeva: come l'esploratore, il nemico, che combattevano da lunghi mesi: ma le parole pote-
pioniere non possono darci un « sistema precostituito », la rono più che ogni documentazione di cifre: più che ogni tragica
mappa già disegnata degli accidenti (oro-idrografici) che in- documentazione di fatti: « allez-y »: alcune tabelle, redatte da-
contreranno, e che ancora non sanno. Marco Polo e Livingstone gli appositi servizi dei loro stati maggiori, assegnavano come
e Stanley furono forzatamente degli empirici, oltre che degli tuttavia probabile che le artiglierie nemiche fossero il doppio di
eroi. L'empirico e l'esploratore, procur:andoci nozioni adeguate, quelle dell'esercito sfondante. E l'esercito sfondrà sapeva pure
smontano le terminologie e i sistemi fraseologici inadeguati. servirsene! Non importa: domani si sfonderebbe.
Nella ricerca, quand'anche non legata a precostituite basi di Mossero adunque la macchina della « loro» offensiva: e con-
partenza e di obbligativo ritorno, un lento rito s'è celebrato: un quistarono un agro arato, e da che vomere! largo un qualche
approfondimento nozionale e dialettico, un arricchimento e, cosa come sei chilometri e profondo un chilometro e mezzo.
quel che più importa, un affinamento espressivo e terminologico Dove alcune decine di migliaia di valorosissimi giovini si erano
della nostra conoscenza. follemente sospinti, in adempimento degli ordini ricevuti: e, in
Lo scrittore (per tornare a lui) ha « preso nozione », nozione buon numero, vi erano anche rimasti.
critica, dei limiti di validità, cioè del campo di applicabilità del Quella guerra fu poi vinta con mezzi ingenti, che superarono
suo segno espressivo. Galileo del suo: Molière del suo: Flaubert di fatto i mezzi di cui disponeva l'avversario: e con il pieno
del suo: Dostoewski del suo. Lo scrittore (il drammaturgo) in- concorso di forze che non provenivano dall'ebbrezza di una
terpreta l'animo dei personaggi, ma vàluta in una precedenza terminologia qualsivoglia, per esempio dalla terminologia me-
operativa il senso e il peso, o il non-senso e il non-peso, delle dico-legale o dalla terminologia militare dell'epoca.
parole con cui li muove, nell'opera, e li travolge all'inferno. Sono In un mio libro, del resto, ho mostrato quanto sia pericolosa,
le parole stesse ch'egli « mette sulla loro bocca», sulla bocca in guerra, l'espressione « testa di ponte »: perché induce la testa
degli indemoniati, o dei semplici o dei Simplìci, semplificati dello stratega a gettare un sol ponte, quando prudenza vorrebbe
dalla storia e dalla condizione umana. E quelli, i personaggi, se ne fossero gettati una dozzina.
patiscono o agiscono, comunque si buttano: e si urtano ed erra-
no e peccano e vanno al diavolo quasi comandati, cioè inspirati,

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Moraluzza: PSICANALISI E LETTERATURA

« È bene rimettere alle parole e alle favole un mandato prov-


visorio e, direi, una limitata procura: non ubriacarsi di suoni:
non credere che la noce sia sempre sana: addosso alle noci, usare
lo schiaccianoci: incastonar le parole nella necessità del mo-
mento, sì con un certo senso del limite loro, e del pudor nostro: e
della credibilità de' fatti: e del ,dolore del mondo>, sto frescone,
e delle contrastanti possibilità. Ogni atto o fatto del mondo è Un'affermazione più volte ripetuta ( o anche solo affiorante
finito, anche se noi lo possiamo desiderare infinito. Solo infinito nei nostri discorsi) tende a respingere i metodi di ricerca e i
è Colui che non dobbiamo nominare vanamente. Lo stomaco si risultati della psicanalisi al di là dei confini del mondo e del
sazia d'un fagiano , e l'animo non si sazierà d'una tromba, o d'un pensiero cosiddetto latino. Secondo questa affermazione, l'insi-
poema, o d'un bugìone grosso, in teatro? » stere con torbida e riprovevole curiosità sui più reconditi movi-
1936 menti della attività organica, del meccanismo psicologico (o
addirittura biologico), il riconoscere supposti nessi tra la vita
degli istinti (dei più« bassi» istinti) e la disciplina luminosa dei
giardini accademici sarebbe motivo estrinseco ed esoterico al'la
coltura latina, fumo e ghirigoro ultramontano o addirittura ex-
traeuropeo, pratica mostruosa, repugnante alla chiarezza, alla
purezza, alla eleganza, al decoro dell'anima e della mente latina.
Gli autori primi, i santi padri della psicanalisi, a non dire i
patriarchi, ebbero « in facto » dei nomi esotici, che nella più
facile ipotesi dovremmo ritenere tedeschi, inglesi, e via dicendo:
no, non si chiamavano Berlacchi: e men che meno Raspagnotti.
Senonché alberga nel nostro petto una alquanto crepuscolare
osservanza dei decreti altrui: e questo crepuscolo ci induce a
dubitare dell'affermazione, o, per lo meno, a sperarla certificata
dai documenti: dalle opere, cioè, di un paio di millenni (non
allarmatevi!). Sarebbe forse profittevole indagine lo scartabel-
lare, qua e là, magari a caso, l'immenso volume del testimoniale:
ma una mezz'ora, di certo, non basta a tanto. Dovremo conten-
tarci di qualche pallida reminiscenza, di qualche affrettata ci-
tazione.
Quanto al decoro, fatto e nome tipicamente latino-greco, e, in
genere, arcaico o, almeno, arcaicizzante, esso è un fotomontage
di pregevoli atteggiamenti dello spirito, della prrsona e del lin-
guaggio che sempre ci affascina ogniqualvolta lo sentiamo
istintiyo e liberatore: là dove allontana e scancella i relitti della
fatica, della pena, della grossezza, e determina e crea la pura
forma dell'essere, il felice paradigma del vivere. Voi che avete la

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fortuna e l'orgoglio di appartenere alla più rigorosamente ele- specie, pur senza citare Saint-Hylaire a ogni volger di pagine, o
gante urbanità d'Italia, e però d'Europa, e partecipate della Lamarck, o Darwin. »
bellezza di una gente in antico affinatasi fra gli antichissimi fiori
della terra, potete certo insegnare a me rozzo barbaro, che cosa Consumandosi il ventennio della magnanima accademia, la
sia questo ingenito decoro della persona, del tratto, dell'animo, psicanalisi fu duramente repudiata, e press'a poco come un
della parlata. ritrovato arbitrario, denigrante l'umana gentilezza, nonché be-
Ma ove per decoro si celebri quella tarda pavidità della ninteso il decoro latino e la stabilità del meridiano di Monte
mente, o quella mora esosa del pensiero che ci vieta di scorrer la Mario. Di questo decoro il figlio del fabbro schiccherone, e
pagina o di guardare il fiore, nella tema di riconoscervi troppo padre di non m'importa chi, s'era autopromosso zelatore per-
espliciti i simboli della vita universa, il decoro allora si fa inane petuo: e indefesso, indefessissimo tutore. Certa minuta fattispe-
ritrosia, stucchevole accademia. Un simile decoro allega a non cie del nostro vivere eterno recava ombra ai cavalieri della
leggere, a non guardare, a non vedere, le ragioni della incolu- patria, della purezza, della famiglia, della sapienza latina e
mità morale della gente: paventa il finimondo a ogni bottiglia maltònica: la logorrea ufficiale dell'epoca recalcitrava a ogni
che si stappi. La paura del finimondo, questo neo-millenarismo accenno psicanalitico: come un cavallo ombroso a una foglia
tra pedagoghesco e bambinesco, non è riferibile alle scoperte spersa, e travolta nel vento. Non recalcitrava alle soavi tenta-
della cosiddetta scienza, ma piuttosto all'oscuramento della no- zioni latine la privata e magari clandestina incongruenza dei
stra, della comune ragione, che riesce a fare, di quei ritrovati, il sermoneggiatori, dei moralizzatori. Per tal modo « l'itala gente
più pernicioso uso. La paura può remorare, ostacolare le acqui- da le molte vite», guidata dal suo psicopompo, fu condotta
sizioni dell'analisi, non può tuttavia distruggere la validità dei psicopompieristicamente all'inferno: sì: in tanta malòrsega. Il
reperti. L'accademia li ha talora combattuti, questi strani re- flauto dello psicagogo, o per meglio dire il piffero, spifferava le
perti, tal'altra disdegnosamente respinti: poi, credendosi pur- ragioni della incolumità della patria, della stirpe, della famiglia,
garli di lor veleno, ha purgato se stessa, ingerendoli. Meglio tardi dei balilla, delle giovani italiane: e chi più ne sa, più ne dica. Le
che mai. Un caso, tra i molti: Darwin. Un altro: la teoria delle giovani italiane un bel giorno si trovarono i marocchini tra i
localizzazioni cerebrali affacciata da Galle copiosamente derisa piedi. Quelli non è stato Freud a regalarceli.
(una punta è già nel Manzoni!). Ma le tragiche esperienze, le La psicanalisi, in verità, può concorrere allo smontaggio di
risultanze neurologiche di due guerre ne hanno riconferma1:o la un'idea-sintesi che noi ci formiamo di noi stessi, come un'offi-
sostanziale veridicità. La buona idea si avviluppa di incon- cina di riparazioni può smontare un'automobile. Anche un pu-
gruenze, talora di fantasie, di incertezze, o di sovrastrutture pazzo può essere smontato dalla psicanalisi. Questo non significa
d'ogni genere: che non ne infirmano l'energia nucleale, tuttavia, che la società umana corra pericolo perché il pupazzo è stato
così come il mallo ed il guscio non tolgono pregio al gheriglio. psicanalizzato: la società è infelice perché il pupazzo è ripieno di
L'idea dell'evoluzione organica informa oggi la embriologia e le segatura. Ricordo la recensione di un manualetto di psicanalisi
discipline biologiche: la stessa morfogenesi degli organi è de- fatta da un illustre filologo e professore, oggi dolorosamente
scritta come storia, e nori potrebbe avvenire altrimenti di una mancato alla filologia e alla patria, nonché alla scuola. Il ma-
« genesi » quale sia. Per ciò domando ogni volta ai dottori, ai nualetto era chiaro, se pure tascabile: e aveva pregio di unicità, o
medici, decorosissime e latinissime persone: « Vorreste dirmi ... a almeno di singolarità, in un mondo da cui ogni suo simile stava
che punto siete ... con la psicanalisi? La digerite o la restituite alla per essere così romanamente sbandito,« polizeitlich verboten ».
luce, anzi, direi quasi, alla tenebra? ... » Rispondono, ·pressoché Contro la timida paranzella psicanalitica il potente incrociatore
unanimi: « Diamo per sottintesi i più ovvi reperti della psica- latino, anzi neolatino, brandeggiò in batteria i suoi otto pezzi da
nalisi, pur senza citare i santi padri a ogni piè sospinto. Diamo duecentodieci: e le scaraventò in coperta l'intera bordata di
per sottintesa l'evoluzione organica, la filogenesi, la storia della un'articolessa di tre colonne: tre colonne d'un autorevole e dif-

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fuso quotidiano che rifiutava, per solito, ai suoi collaboratori, la tirasassi è una incomoda appendice della nascente personalità.
colonna e tre quarti. Incomoda per i bersagliati vicini. Altrettanto direi dell'istinto di
Tra i propositi che avevano messo a sdegno il filologo, e possesso, della grana infernale che il piccolo Luciano o il piccolo
recensore, c'erano quelli riguardanti il meccanismo (vero o con- Marcello vi piantano se appena provate a levargli di mano la
getturato) dellc;t psiche infantile. È questo uno dei momenti più trombetta: la loro deliziosa trombetta. Talora è la schematicità
ardui e più arditamente problematici dell'analisi: dacché si della procedura infantile a proporci qualche esempio di divina
tratta di ricostrui:re la vicenda psicologica infantile su vestigia, innocenza: come quella d'un mio compagno, bimbo quattrenne,
su indizi premnemonici e però extratestimoniali: esplorando a che impietositosi d'un passerotto intirizzito, a gennaio, lo rico-
ritroso non soltanto quella parte del libro di memoria « dinanzi verò nella stufa: donde poco dopo, sopraggiunta la mamma, lo
alla quale poco si potrebbe leggere », ma anche appunto gli estrasse sciaguratamente carbonizzato: e nemmeno si capacita-
scancellati relitti di un testo manchevole. Un dolcissimo slogan va dell'esito ... del suo provvedimento. Al provvedimento di
costituisce l'enunciato-base 'delle nostre deduz,i oni verbali sul- questo bimbo assomigliano, è vero, molti provvedimenti degli
I~ l'argomento; ed è: « la divina innocenza dei nostri fanciulli ». A uomini maturi: dacché (sempre secondo Freud) in noi soprav-
codesta postulata innocenza Freud contrappone sgarbatamente vivono all'età prima e perennemente si manifestano, e talora a
un suo solforoso teorema: « Il bambino è il perverso polimorfo. » nostra insaputa, gli istinti, i modi e le apprensioni germinali,
E si studia di dipanare il groviglio dei rapporti psichici tra il nucleali, della nostra psiche infantile. Tra questi certa brillante
bambino e la madre, tra il bambino e la balia. E sostiene che i schematicità e non meno brillante categoricità del cervello.
suoi labbruzzi siano incitati a suggere non soltanto da un sano e Ma l'argomento principe che il filologo adibiva alla demoli-
romanamente acquisitivo appetito, ma anche da una tal quale zione del teorema, erano Raffaello e Virgilio: che della divina
alessandrina voluttà. E, poi, è un perverso, ed è tale in più innocenza ci hanno latinamente offerto così stupenda espres-
direzioni. Nel prendere e nel restituire. sione nella tela del Cardellino o della Seggiola o nella chiusura
Poveri e cari lattanti! Il motto oltremontano li diffama. È cer- della quarta ecldga, la cosiddetta messianica. (Vorremmo tra-
to, per altro, che dove tuttavia non sussiste coscienza intelletti- scurare la lunetta della Farnesina, di piccole dimensioni, invero,
va, sussiste possibilità d'errore, incertezza di condotta : dove un e situata in alto, molto in alto, in Olimpo, dove nessuno può
criterio etico (il super-io di Freud) non presiede ancora alla vita, percepirne le sfumature psicologiche e sofisticare al riguardo.)
gli istinti soli sembrano regolarne il fuggevole battito. Legati al- Dell'ecloga virgiliana erano riportati due versi in chiusura,
la incompiuta e immediata esperienza delle carni, più che alla quart'ultimo, terz'ultimo: non il penultimo e non l'ultimo,
nulla esperienza di un'anima in formazione, questi saranno via poiché la zappa sui piedi fa male a tutti, anche a chi adoperi
via l'istinto fagico e appropriatore, poi l'istinto aggressivo e Virgilio per far contento un trombone. I due versi citati erano
crudele (sfogato fortunatamente sulle lucertole), l'istinto egola- questi:
tra e narcissico, l'istinto del piacere - termometro ad ogni « Comincia, o bambino, a riconoscere la mamma al sorriso,
adempimento-, l'istinto della menzogna utile, della frode, del col sorriso: alla mamma dieci mesi hanno recato lunghe soffe-
gioco : il senso del caso e della fortuna, che ciecamente premia, e renze.»
ciecamente disereda. Lo psicologo non ha forse tutti i torti: ha Senonché a questo soave incitamento pediatrico, anzi nipio-
raggiunto, forse, le radici dell'equazione: poteva essere più ac- logico, fanno seguito i due versi taciuti:
comodante a parole, lo ammetto. Una indigestione di susine « Comincia, o bambino: quello a cui i genitori non han saputo
acerbe è senza dubbio ascrivibile a divina innocenza: e, nel sorridere - Né un dio lo degnò della sua mensa, né una dea lo
medesimo tempo, a esiziale inesperienza nell'uso dei propri in- degnò del suo talamo. »
testini. La congeniale crudeltà di certi istinti si manifesta nel Comunque debba interpretarsi l'allusione mitologica, che da
morso, nell'impiego delle unghie a battaglia, nella caccia: il taluni - non da tutti - è riferita a Vulcano, e alla sua defor-

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mità e alle sue sfortune maritali, sta di fatto che il poeta am- negli anni proprio del Rubicone e della guerra e che sia stato
mette: coscritto nelle leve ordinate da Cesare in Italia, a rinsanguare le
1) che ci siano dei genitori i quali non sorridono ai figli; legioni: è pure probabile ch'egli abbia avuto parte nelle crociere
2) che la grazia e la venustà della persona, la luce del sorriso, navali comandate in Adriatico da Antonio, nell'inverno-prima-
degli occhi, conquistano, a chi ne ha sortito da natura, la sim- vera del 49-48, prima della risoluzione di Farsalo. Conobbe,
patia dei genitori e però del prossimo, il favore dei potenti: e certo, i rigori della disciplina militare e navale: quei suoi versi
dischiudono al fortunato le dolci vie dell'amore. Neanisco, e giovanili ce lo testimoniano. Il linguaggio delle ciurme, la dura
biondo, riceve il noto incarico d'attorno la mensa presieduta da osservanza della necessità bellica, della fatica (a lui alquanto
Giove; Anchise ed efebo accede ai penetrali di Venere, e al delicato di salute) e, più tardi, gli anni della meditazione e del
talamo che ne costituisce il principale « ornamento ». raccoglimento, lo studio di Lucrezio e degli epicurei, i raduni del
I rapporti tra i genitori e i figli non sono sempre, non sono per « giardino napoletano », ch'era la scuola filosofica di Sirone e di
tutti così idillici, come certa edificazione semplificante vorrebbe Filodemo di Gadara, tutte queste prossimità dello spirito e
darci a pur bere: e non sono tali perché il sentimento, il senti- queste aiole del linguaggio furono piuttosto motivo di affina-
mento vero, non si fonda sulla retorica dei buoni sentimenti, ma mento e di approfondimento psicanalitico, che di pompa reto-
su quell'aggrovigliato complesso di cause e concause biologiche rica. Noi conosciamo, per l'esperienza stessa dei nostri orecchi,
e mentali che Freud ha tentato appunto di sgrovigliare, di por- che il linguaggio del popolo è largamente intriso di libertà ...
tare sulla tavola e sotto il riflettore spietato dell'analisi. Virgilio psicanalitica: più duramente esperto del bene e del male, il
che ebbe, sembra, qualche contrasto col padre, doveva averne popolo trascende più facilmente dei retori a chiamar pane il
intuito qualcosa: ed Eros, d'altronde, dominerà le fortune del pane e vino il vino, un po' come Freud se pure al di qua di una
fanciullo. Nessuna proposizione poteva essere più freudiana- terminologia clinica o di una sintassi metodologica. Virgilio
mente virgiliana di questa. La voce di Virgilio non è la voce amò e frequentò a suo modo il popolo, e ne fu riamato, non dirò
pecorina della semplicità, sembra piuttosto insorgere da sacrali frequentato. Dice di lui, attingendo a Probo e a Servio, a Sve-
misteri, da una collocuzione con gli agnati e con gl'inferi, da un tonio attraverso Donato e San Girolamo, il buon Carducci:
profondo sacerdozio della tenebra (di quella che agli altri è « ... aveva serbato della prima vita e della abitudine dei campi il
tenebra), e spaziare sopra al fruscio delle serpi e sopra il guizzo colorito bruno e abbronzato, e una cert'aria al primo incontro
dei ramarri nel silenzio alto dei monti, o nella limpidità serena disadatta e impacciata. E pure, una delle rare volte che dal
della notte. Essa celebra, attraverso l'angoscia e l'amore delle segreto recesso di Campania o di Sicilia venne a Roma, entran-
anime, gli adempimenti delle ore di luce, gli splendidi o i tragici do in un teatro, co' suoi capelli lunghi di campagnolo, col suo
riti della necessità o del costume; nell'agro assolato, nella pol- rossore di vergine, tutto il popolo levato in piedi salutò con
vere delle battaglie, nelle tempeste del mare. Ma è la voce di chi lunghe acclamazioni il poeta. »
sa, di chi conosce quali siano le radici dell'evento. Il poeta di
Eurialo e di Palinuro e di Giuturna, colui che ha dato così Gli stati d'animo, gli inconsci o consci appetiti, le crisi del-
intensa espressione ai trasporti della fraternità o alla devozione l'infanzia, le manifestazioni della « sensiblerie » o dello spirito
marinara, o al senso del dovere verso la gente, o al sacrificio in profetico o della chiaroveggenza infantile, hanno dato motivo a
guerra, non era un ignaro celebratore della contingenza: il suo innumeri scritture, già in era pre-freudiana, hanno recato ai
sentimento promana da una fonte ignota agli stuccatori, nonché nostri giorni un dubbio: il dubbio che Freud non abbia scoperto
ai piloti di terraferma: e questa fonte è insieme lo sgomento e la nulla di interamente nuovo, ma soltanto ordinato, schematiz-
panica delizia del vivere, del conoscere. zato, sistemato, ridotto in termini un materiale probante già
Si ritiene d'altronde (alla lettura del 13° Catalepton di Virgi- noto da secoli. I più disparati documenti ce lo attestano, ce lo
lio stesso) che egli abbia durato il servizio militare nel 49-48: confermano magari occasionalmente, e in certo modo a spizzico:

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cronache, miti, romanzi, confessioni e lettere e autobiografie indicibile a spese delle sue proprie vittime: i topi. Così « i,l
d'ogni epoca. ragazzo era cresciuto senz'alcuna riconoscenza », si esprimeva
A proposito di crudeltà e di istinti crudeli, mi sovviene di una Grigori: « un p~ccolo selvaggio rannicchiato nel proprio angolo.
osservazione del Verri, Pietro Vetri, lo storico illuminista e ta- Fanciullo, provava gran piacere ad impiccare i gatti, e poi a
lora illuminato della mia città. Egli scriveva molto prima di sotterrarli in pompa magna». Alla operazione diabolica, si ag-
Flaubert e di Freud, quando non era stato per anca varato, e giunge, nel gioco, lo spirito imitativo della età: « Per far ciò, si
men che meno diffuso, quel brutto vocabolo che esprime il buttava sulle spalle un lenzuolo a mo' di pianeta, e principiava a
contenuto ingenito di crudeltà, nella psiche umana e ferina. cantar l'uffizio, roteando sul gatto morto un qualunque oggetto,
Questo vocabolo, come è noto, deriva dal nome (nobiliare) di un a guisa di tmibolo. »
discendente di Laura, che seppe i cachots della Bastiglia e di Nello sviluppo della psiche verso le forme più adulte, o tali in
Vincennes e non per motivi politici: Flaubert lo ammirava, apparenza, gli istinti crudeli manifesti nelia puerizia, si ritrag-
come psicologo e come prosatore francese. Ebbene: Pietro Verri gono per dir così nell'interno della personalità; si associano
è ben conscio che la crudeltà si palesi, già inizialmente, nell'a- talvolta agli schemi formali del raziocinio, si nascondono, tal
nimo del bimbo: che le sue manifestazioni siano legate a una altra, dietro causali etiche o psèud0etiche. Il pretesto etico, tra-
fase infantile e crudamente giovanile dello sviluppo. Di Gio- dotto subito in pretesto punitivo, non è che un tramite infame a
vanni Maria Visconti, il primogenito del cosiddetto Conte di raggiungere la pur bramata sevizie. Per tal modo certi educatori
Virtù, e quattordicenne duca di Milano alla morte del padre il 3 o cosiddetti tali si macchiano del delitto di crudeltà. A questo
settembre 1402, egli rammenta le efferatezze, e annota : « La delitto non vedrei altro correttivo se non quello del rivolgere
crudeltà, in lui, sembra che nascesse non da vendetta né da contro di loro i loro metodi di educazione-correzione-punizione.
impetuose passioni, ma piuttosto da mancanza di riflessione » (è Ma ci vorrebbe un diavolaccio dimolto brutto, che purtroppo
questa una esp~essione non adeguata di tipo razionalistico-illu- non abbiamo sottomano. Non ci rimane che sperare, con tutto il
ministico) « come si vede ne' fanciulli, che atrocemente incru- fervore che ci distingue, nella correzione infernale.
deliscono contro i più deboli e timidi animali ... » E allega An- Educazione è, in questo caso, un turpe vocabolo, e designa un
drea Biglia e il Cario, del quale ultimo riporta un 'atroce pagina: più turpe atto, o una serie di 'a tti, anzi Ia recidiva nel delitto.
quella in cui è scritta la fine di Giovannino Pusterla, ragazzo Una tale mistura di crudeltà e di schematismo fanatico, cioè di
dodicenne che il duca tentò di fare sbranare da' suoi cani, « uno puerilità crudele e di demenza, è l'anima di certi tipi che si
ferocissimo cane chiamato il Guerzo », e « una crudelissima credono magari investiti d'una missione, non comprendo se
cagna per nome Sibillina». Rifiutandosi i cani di adempiere al celeste o terrena o decumana. Dell'uomo adulto o della donna
loro ufficio, il ragazzo, implorante pietà, fu finito d a un sicario. adulta essi vestono, è pur vero, i pantaloni o la gonna, ma la loro
Nei Karamazow di Dostoewski ci è palesata, se pure di sfug- psiche è la psiche del cinquenne. Si vede ciò nell'Adolfo, la belva
gita, la crudeltà ragazzesca di Smerdjakov, il figlio spurio di ebefrenica mozzicatrice di tappeti, e jugulatrice, ahimè! di uo-
Fiodor Pavlovich (Fiodor Pavlovich è, come ricorderete, padre mini: e nella combutta de' suoi sgherri inferociti. Al cinquenne e
ai tre, anzi ai quattro fratelli). Una triste e terribile congiuntura belluino Adolfo la retorica dei saldi princìpi e degli esempi da
di motivi fra cui l'epilessia, l'eredità ebefrenica, il senso d'invidia iq'litare conferì persino una moglie, una deliziosa mogliettina:
e d'inferiorità nel confronto dei nati legittimi, fanno di lui un un po' più difficile sarebbe stato attribuirgli una prole, ma se
anomalo, un parricida, un suicida. Ma è n otevole che Dostoew- non interveniva il falò, si sarebbe arrivati anche a questo: poiché .
ski indichi proprio nell'efferatezza, più o meno inconscia, i buoni princìpi, a dispetto della cattiva psicanalisi, possono
la fase caratteristicamente puerile dell'anoma lia del personag- arrivare anche a questo: far generare dei figli all'Adolfo.
gio. E l'efferatezza di Smerdjakov si esercita su ll 'animale che più Il guaio è che a somiglianza del!' Adolfo si comportano (o si
la suggerisce, in quanto ce ne porge a sua volta un campionario rotolano sui tappeti) molti altri, grandi e piccini; quando di una

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loro condizione di dolore, legata al solo fatto d 'esser venuti al a una ricostruzione esemplare di edificanti vicende dello spiri-
mondo, magari, o magari all'eredità epilettica, o peggio, se la to ... che la crudeltà non gli abbia conceduto di conoscere. A dieci
rifanno con me. Che c'entro io? Ma lei è un milanese! Be', non anni (lui dice otto) le fustigazioni della signorina Lambercier, la
tutti possiamo essere nati a Barlà. Ma il padre del tale era un sua gentile pedagoghessa, gli procuravano una specie di amoro-
maniscalco! Lo credo bene. Ma non aveva cavalli a ferrare! Mi sa accensione. Tanto che la di lei perspicacia scrutatrice dovette
dispiace di non essere un cavallo. Ma un giorno o l'altro ti intuire lo ... stato d 'animo del suo pupillo: e la punizione corpo-
metteremo al muro! Pazienza. (Intanto toccherò ferro di caval- rale fu tralasciata, o somministrata da altri. Quella così frutti-
lo.) fera pedagogia si arrese, dopo i primi successi, alle mute, im-
Le attitudini moralizzatrici le si esercitano a preferenza sugli prevedute reazioni del corrigendo. Il recupero mnemonico, in
altri, più raramente su noi stessi. Il lupo incolpa l'agnello di aver Rousseau, come in Goethe, è sottile e cosciente: « En remontant
sparlato di lui ... prima di nascere. Lo zelo incriminatore palesa, de cette sorte aux premières traces de mon ètre sensible .. . »: le
qualche volta, il desiderio di eliminar dalla scena un concorrente medesime parole di Dante, a un dipresso: appoggiate piuttosto
biologico, più che la sollecitudine sincera del bene o del comune alla memoria organica, a una tal quale memoria biologica,
vantaggio. Sentiamo talora che ci vengono mosse, e in tono anziché alla memoria dialettica ... E già in atto una ricostruzione .
grave, delle imputazioni di nessun momento, al solo scopo di freudiana, proustiana. Altrettanto chiara, in Gian Giacomo, la
farci perder la bussola e di assestarci più agevolmente il buon nozione del carattere amoroso, associativo, e direi persistente
colpo. Gli è che la scarsa autorevolezza della nostra persona, in della rappresentazione infantile. A quella rappresentazione si
quel punto, in quella congiuntura, autorizza l'insolenza aggres- associa di fatto , con intensità indelebile, la immagine punitiva e
siva del moralizzatore, in realtà del concorrente. Con poveri deliziosa della donna: e perdura negli anni, e lo accompagna
mezzi, noi cerchiamo di fronteggiare l'inclemenza di chi inter- nella vita. Amore e castigo, per non dire amore e frustate, an-
viene nella nostra vita per redimerci, per migliorarci, in realtà dranno avanti di pari passo. « Chi potrebbe credere, » egli si
per romperci l'anima. domanda, « che una siffatta punizione, ricevuta a otto anni dal
Così, se l'educazione può in qualche caso incrudelire sulle sue nerbo di una signorina di trenta, abbia deciso per sempre dei
vittime, non è men vero ... che un nuovo assetto della psiche miei gusti, dei miei desideri, delle mie passioni, di me? E ciò in
permette a queste d i sopportarne i vantaggi. Uno spostamento una direzione opposta a quella che doveva naturalmente pro-
algolagnico, altre volte uno spostamento crudele, che è il con- cederne? ... » Sì: perché il bello è questo: che le energiche appli-
trario, accoglie i più severi correttivi. Lo spostamento algola- cazioni della Lambercier lo hanno sottratto, in definitiva, a tutti
gnico è una prima, e timida, rassegnazione, che può divenire gli inconvenienti dell'amore dissoluto : dapprima hanno provo-
compiacenza. Fatta la legge, trovato l'inganno. La natura stessa, cato il coagulo del desiderio sull'idea, anzi sull'ideale della fru-
direi, porge ai miseri il salvagente di un sentimento spostato, sta, cioè della donna armata (di un bel frustane): poi lo hanno
quando si spostano in misura abnorme le condizioni alle quali reso timido con le donne, perché non osava confessare ... il suo
essi devono accettare di vivere ... o di morire ... modo di vedere, o meglio di sentire. « Quando alfine il progresso
Non credo che lo stato d'animo del topo, nelle grinfie del degli anni m'ebbe fatto uomo, avvenne ancora il medesimo: ciò
gatto, sia così compiaciutamente algolagnico. E tuttavia ... che doveva perdermi, fu proprio quello, invece, che mi salvò ... »:
Rousseau, nelle sue Confessioni, valica (se pure con molto gar- e più avanti: « Ho passato la mia vita a bruciare in silenzio, cioè
bo) il limite imposto alla penna dalla retorica dei buoni senti- a desiderare e a star zitto, di fronte alle persone che più amavo. »
menti e della fanciullesca innocenza. Egli si abbandona, vuole Era, infatti, un po' difficile spiegarsi. La pedagogia della frusta
abbandonarsi, a una rappresentazione che potremmo chiamare ha dunque raggiunto, e nel modo più brillante, tutti i suoi
naturale dell 'evento, del fenomeno; rinuncia di proposito a una obiettivi. La pagina che segue è un capolavoro di psicanalisi, per
rimemorazione verbale di meriti che non ha avuto, come anche quanto razionalizzata, se così posso esprimermi: è soprattutto,

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un documento della sincerità e del coraggio di Gian Giacomo. istinti punitivi e repressivi che sono di fatto, e che l'autore
Questa pagina non è stata scritta da Freud. E nemmeno le interpreta, come istinti malvagi: rancore, gelosia, crudeltà. La
pagine umanissime, di Butler, che non posso omettere di ricor- umanità popolare di un cocchiere, con immediato senso di fra-
darvi. I rapporti tra pedagogia e pupilli ci inducono a rimasticar tellanza, interviene e si frammette tra la punizione e il ragazzo.
nell'anima, è inevitabile, quell'antico verso di Seneca: che col In chiave ottocentesca, ma siamo nel dominio della analisi. II
decorrer del tempo è divenuto una citazione obbligatoria, e padre è il Veto, il Teobaldo, in quanto reprime senz'avvedersene
alquanto trita. « Quis custodiet ipsos custodes? » Nel caso no- le insorgenze affettive del figliolo. È la Proibizione divenuta
stro: chi educherà gli educatori? Chi conferirà ad essi l'autorità persona. Egli ritoglie ad Ernesto, il figlio, la vita che gli ha dato:
di educarci? I rapporti tra educatori ed educandi sono appunto perché ne annichila, col terrore del castigo, il sentimento natu-
l'argomento, piuttosto amaro del libro di Butler, Samuel Butler, . rale. La domestica è il prossimo; in quanto donna è anche
intitolato: The way of allflesh (Questa è la strada di tutti). Erne- l'apparizione dell'amore, se non l'amore possibile, raggiungibi-
sto, il figlioletto di un pastore anglicano, Teobaldo, incontra sul le. Il cocchiere è la salvezza, l'insperato ausilio della coscienza
suo cammino umano, per prima cosa, il temibile incidente del comune, della fraternità. La madre dell'Ernesto non è se non
padre: e, per riverbero, della ma,d re. II padre è la tenace espres- l'ombra del padre, la sua servile appendice: la sommessa mo-
sione della categoria (di tipo biblico, per giunta), e degli ineso- gliuncola che, accalappiato il tipo, ha poi alienato la sua perso-
rabili atteggiamenti. Egli « ha sempre ragione»; quel che è nalità di donna nelle mani del padrone. Della tetra pedagogia di
peggio, è sicuro di averla: la sicurezza pestifera dei rompi-ani- Teobaldo ella è complice. Per lei, in figura di Teobaldo, Adamo
ma. II libro, sotto specie narrativa, è un atto di accusa de' più ha recuperato la sua costola: ne è rientrato in possesso. La sua
mordaci contro gli interventi in causa di chi non abbia facoltà anima, adeguatamente rimpiccinita, si annida dentro il dogma
d'educare, in quanto non ha educato (prima) se stesso: in quanto Teobaldo. Freud, e forse Darwin, con le sue osservazioni su certe
non ha« formato » se stesso. Ecco allora: una sequenza di molte famiglie di pitechi, ci aiutano a intendere. Non posso indugiar-
anglicane e famigliari vicende, e la parallela vicenda ddle rea- mi nel commento. Vi tradurrò alla meglio, come mi vien fatto,
zioni morali dell'Ernesto. « II libro non è stato scritto da un un passaggio:
latino! »: già: ma da uno che aveva capito il latino: il che solleva « <Vieni, vieni, Ernesto, povero i:l mi' bambino, così pallido,
a dignità latina anche un barbaro. Non vi ha gran parte l'amore: così abbattuto!> cominciò con la voce più tenera, più melodiosa:
dimolta, invece, una delicata sensibilità morale, che ne tiene <Vieni a sederti vicino a me, qui,' qui, vicino alla tu ' mamma:
quasi sempre le veci', quando ogni possibile obiettivo dell'amore così potremo ragionare un momento, tutt'e due con calma,
venga allontanato. II racconto è vero, ha un andamento di tipo potremo farci le nostre confidenze. Lo vuoi?, Egli, allora, si
razionale: e la psicanalisi, tuttavia, è già in pelle in pelle. Un atto diresse macchinalmente verso il canapè. Ogni volta che sua
di gentilezza e di bontà dell'Ernesto, per una cameriera ingiu- madre voleva avere, con lui, ciò ch'ella chiamava una conver-
stamente licenziata: un rimorso, quasi, per il contegno di suo sazione confidenziale, sceglieva sempre quel divano come il ter-
padre : l'offerta di un risarcimento, del suo proprio orologio. (Ma reno più propizio ... all'apertura delle ostilità. È forse quelk> che
l'orologio, come la vita, come tutto, gli è stato regalato dal fanno un po' sempre, un po' tutte, le mamme. Nel caso consi-
padre.) Per cui quell'atto così spontaneo, inciampa, dapprima, derato, il canapè era particolarmente adatto allo scopo, cioè alle
nei gachis di timidezza, urta da ultimo nelle prevenzioni morali intenzioni strategiche della signora: perché era un canapè al-
e crudeli. Siamo già sul terreno della psicanalisi: in quanto il l'antica, con uno schienale molto alto, dei braccioli molto alti,
padre, che si ritiene autorizzato a punire, incrimina nel figlio la . delle molle molto soffici: una volta che uno c'era sprofondato,
gentilezza, che, rivolta a una donna, a una giovane, equivale era come sulla poltrona del dentista: non gli era facile rilevarsi in
sicuramente l'amore. Crede, il Teobaldo, di liberare su Ernesto piedi. E poi, sul canapè, le riusciva agevole di prendere per un
le provvidenziali sanzioni e unicamente libera, invece, i suoi orecchio il ragazzo, e di scoterlo un tantinello, magari, se lo

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avesse ritenuto opportuno. O invece, se si delineava l'urgenza Il Baudelaire, come tutti', ha incontrato nella madre l'imma-
delle lacrime, poteva nasconder la faccia in un cuscino, e ab- gine prima della donna: ma questa donna lo ha profondamente
bandonarsi, tra i singhiozzi, a quel parossismo di disperazione deluso. Ragazzo, di otto o nove anni, egli ha già conosciuto in se
che non mancava mai di produrre i suoi effetti. La poltrona stesso i morsi della gelosia: per il di lei secondo marito, il cate-
vicino al caminetto non si prestava altrettanto bene alle sue gorico Giacomo Aupick, un maggiore che doveva diventare
manovre favorite. Ernesto capì subito, dal tono di voce della generale. Il complesso edipico di Carlo dà, in partenza, reazione
mamma, che quanto lo attendeva era precisamente una con- violentemente positiva: non posso addentrarmi nel labirinto,
versazione di canapè. Alle prime parole di lei andò dunque a devo limitarmi a un accenno.
sedervisi, con la mansuetudine di un agnello, precedendola sul Quel che più importa è il riscontrare e nella vita e nell'opera
campo di battaglia. » di Carlo il motivo dominante della delusione edipica; questa
Il riferimento al padre, nell'Ernesto di Butler, dà reazione delusione, come un disperato grido, si ripercuote lungo tutta la
vivacemente negativa. In minor misura il riferimento alla ma- fuga degli anni nella vuota angoscia di una vita. Permettetemi
dre, negativo tuttavia. Negativo in diversa forma, e con distinte di citare dal « Baudelaire » di uno studioso italiano:
o addirittura singolari tonalità, lo riscontriamo nella vita se non « ... In quel piacere della elegan'za femminile è implicita una
nell'opera di due grandi poeti, il Leopardi e Rimbaud. Si tratta, confessione. Dopo la morte del padre, il bimbo sentì di averne
nell'uno e nell'altro, di una reazione infantile, poi giovanile e preso il posto nel cuore materno e di essere, per la madre, il
virile; al contegno e, più, all'indole e, forse, all'intrinseca strut- vivente testimone del defunto marito. Ma un sentimento di
tura mentale e « qualità » della madre. Nell'uno e nell'altro la delusione filiale, e quello di un tradimento compiuto verso la
separazione, l'allontanamento. In Rimbaud « il viaggio», « le memoria del padre da parte della donna, si insinuerà nell'animo
voyage »: la perduta rotta della nave, che non è più guidata del bimbo, permarrà nell'animo dell'adolescente e dell'uomo
lungo le alzaie dei canali di Francia e dei fiumi impassibili. La dopo ch'ella si sarà risposata.
tenerezza materna, l'intima e profonda, sembra aver disertato le « Di quel tempo primo, quando il bimbo era unicamente caro
due infanzie: nel caso del Leopardi, potremmo credere a alla madre, rimase all'uomo sempre, sino al termine della vita,
un'impazienza, a una insofferenza fisiologica della contessa un ricordo commosso, un rimpianto e una nostalgia, che trove-
Adelaide nei confronti di Giacomo, ma anche (stando a quel che ranno nelle sue lettere espressioni tragiche. E più d'una volta
Giacomo annota) a una carenza affettiva più generale, verso nell'opera si può riconoscere la traccia lasciata nell'animo della
tutti i suoi figli. carezza materna: così nelle riflessioni dedicate a Marceline
Un'analisi di tipo psichiatrico sarebbe stata interessante, più Valmore, si accenna, come a un pregio delle liriche della poe-
forse un'indagine anamnetica, con qualche curiosità gentilizia, tessa, a quel calore di covata materna di cui taluni tra i figli della
ambientale. Il fenomeno (di una certa ritenutezza verso i figli) è donna, meno ingrati degli altri, han serbato il delizioso ricordo.
men raro di quanto ci diamo l'aria di credere nelle nostre con- Tra coloro che conservano il ricordo del bacio e quasi del caldo
siderazioni natalizie, tanto più nel caso di una delusione narci- seno materno, è certamente lo stesso Baudelaire: né fa meravi-
sistica dei genitori, al riscontrare la qualità impropria o la forma glia il ritrovare nelle sue pagine critiche una teoria circa l'im-
difettiva della prole: al riconoscere che i figli non li onorano, portanza delle impressioni infantili per la intera vita, dell'uomo:
secondo la carne, quanto son tenuti a onorarli in ispirito. Certo è e per la valutazione di un'opera poetica. Nelle pagine dedicate
che i versi di Virgilio ci sono richiamati con ripetizione ossessiva alla narrazione dell'infanzia del De Quincey annota espressioni
dalla sventura di.Giacomo: le verità dolorose ch'essi enunciano e sentimenti, che furono probabilmente suoi propri. Ecco: l'uo-
per tutti quelli « a cui i genitori non hanno potuto sordtlere » mo che fin dal principio è stato lunghe ore avvolto dalla molle
divengono, a lui, oroscopo tragico: atmosfera della donna, dall'odore delle sue mani, dal profumo
« Nec deus hunc mensa, dea nec dignata cubiliest. » della sua persona, dei suoi ginocchi, della sua capigliatura, delle

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sue vesti ondeggianti e pieghevoli, dolce bagno perfuso de' più anzi applaudire alla lucidità e alla consapevolezza, notando .che
soavi profumi, dulce balneum suavis - unguentatum odoribus, la Peppa sembra essere il primo di lui amore, l'amore essenziale.
vi ha contratto quella delicatezza dell'epidermide e quell'a di- La madre di Umberto, a un certo punto, non può nonjalouser
stinzione d'accento, senza le quali persino il genio più maschio e le nat~rali fortune della balia: nella lirica« Partenza e ritomo »,
più aspro rimane, relativamente alla perfezione nell'arte, un a pag. 487 del Canzoniere, si leggono per l'appunto q:uesti non
essere incompiuto. » ermetici versi: degli endecasillabi, e di undici sillabe cadauno.
Non so se mi spiego. E alle ginocchia della madre o di una
Disse
ideai sorella Elettra, che per l'abbandono edipico della prima
Mia madre un giorno: « Se mandassi Umberto
infanzia tenga le veci della madre, ritorna, bimbo, in pensiero, Da zia Stellina e dall'Elvira? Forse
nella penultima lassa del Voyage, il dolo.roso poema che chiude il Al suo ritorno, alfine m'amerà.
suo volume, quando con minor pietà tuttavia e in meno fidente Forse, lontano restando, la Peppa,
abbandono, di quanto la canzone alla Vergine, alla Madre, L'eterna Peppa, dimenticherà. »
chiude, dopo i dolci e tristi « sospiri », le petrarchesche rime.
Il Baudelaire si ritrovò, si collocò, di fronte alla madre, in una Dove il ritratto della donna, della signora, della madre che
posizione analoga a quella del giovane personaggio di un ro- non allatta, si coagula con indicibile efficacia sulle tonalità
manzo di Moravia (Agostino): l'interesse nettamente psicanaliti- familiari e settentrionali di quell'aggettivo« eterna». L'amoro-
co del qual romanzo è tutto appoggiato sullo sviluppo del sen- so trasporto del bimbo per la cara nutrice, come il suo reciproco
timento d'amore (della luhido, direbbe Freud) come derivazio- d'altronde, anziché attenuarsi o addirittura spengersi nella se-
ne dal rapporto edipico. L'apparente levità del racconto più o parazione, si alimentò del rimpianto. Il provvedimento di-
meno balneario, più o meno viareggino, non deve trarci in sgiuntore non ottenne, a quanto pare, l'effetto sperato. Il bam-
inganno sul suo significato reale. (L'inganno, l'abbaglio, è tut- bino è finalmente ricondotto alla balia.
t'ahro che impensabile.)
Oh Bert9, oh Berto esclamava felice
Non conosco, se non quanto resultano dai testi, le commozioni A me versando il caffelatte .. .
edipiche di Saba. Appare dai poetici testi ch'egli abbia trasferi-
to, ch'egli abbia concentrato sulla sua balia, la Peppa, tutta la Quel caffelatte, sostengono gli psicanalisti, non è che un suc-
intensità iniziale (la lubido, se permettete) del suo animo, della cedaneo, un Ersatz (ma loro dicono un transfer) delle erogazioni
sua psiche di fanciullo. Nella raccolta « Il piccolo Berto », com- naturali della Peppa, e delle dolci commozioni che le accompa-
presa nel Canzoniere, l'uomo, ormai adulto, si proietta sullo gnavano. Il senso caratteristicamente oblativo della donna che
schermo lontano dell'infanzia: e rivede e risogna la florida e allatta, discenderebbe, in tal modo, a una inconscia industria-
dolce donna, il di lei tepido seno, il di lei materno sorriso. La lizzazione di se stesso: non potendo più porgere i seni, al latton-
immagine della Peppa, ritorna nelle più belle liriche, come un zolo che ha messo i denti, ella gli versa di cuccuma.
insistito richiamo. L'Umberto adulto, dedito al piramidone ed
agli endecasillabi, ma anche ai settenari d'altronde, non si può L'ora è consunta, l'ora, dico, della vostra paziente indulgenza.
separare da quell'immagine, che è il segno luminoso e certissimo E devo tralasciare altri e forse non vani richiami, anche su
dell'inizio della sua storia, della sua vita. Il rapporto ba- questo particolare capitolo della psicanalisi. Voi avete certa-
lia-bambino sostituisce a volte, in realtà, o almeno addoppia il mente 'letto o state per leggere Proust. Il bacio materno, e le
rapporto naturale mamma-bambino. E accade egualmente ciei angosce dell'attesa di questo bacio, nella rimemorazione della
reciproci. La gelosia della madre forzatamente inadempiente, Ricerca, divengono addirittura elegia. Ma il rapporto edipico in
nei confronti della balia trionfante, è motivo non ignoto alla Marcello Proust, si estende alla nonna: alla nonna materna. La
comune esperienza. Non intendo mancar di riguardo al Poeta, nonna rappresenta a lui veramente il senso eterno della mater-

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nità: così come nella nostra pittura la successione e direi la TECNICA E POESIA
discesa delle madri e delle vite : che giuocando su tre termini
s'inizia con Sant'Anna e si estingue nel Cristo.
La figura della madre si dilata ascendendo e si spiritualizza
nella figura della nonna: come il manto e il volto della Madon-
na, se ascendiamo con la nostra attenzione, si ricreano in quello
di Sant'Anna: idealmente, maternità nella maternità.
Alla nonna sono dedicate, nella Ricerca, dolcissime pagine: e di
poi tragiche e dolorose, in occasione della morte, o dei di lei L'opera suol. essere motivo di incantagione per i « non addetti
spirituali ritorni: nel Du c6té de chez Swann, nei Guermantes, in al lavoro ». Un trepestio grande, la repentina lividura de' suoi
Sodarne et Gomorrhe. Le prime ci offrono, oltre tutto, un florilegio fuochi interni, dai boccaforni; come lingue del cane demoniaco.
di idee pedagogiche, o addirittura una breve pragmatica ri- E gran fumo, poi, se ne disprigiona. Cade, il maglio peso, ad-
guardante l'educazione del fanciullo, i suoi rapporti coi « gran- dosso la compattezza del massello rovente, e quel prisma defor-
di ». Essa potrebbe venir intitolata « La pedagogia intelligen- mabile azzancato così alla lontana dai fucinatori neri - pesta e
te », o « La pedagogia della nonna» o, meglio, « L'amorosa ripesta - quella cotta, gnucca pasta a furia di rovinarle giù
pedagogia ». sopra il collo di momento in momento te la stira lunga in un
1946 albero, o ne sbozza il fucinato d'un pignone. Altrove, non ap-
pena varcata una soglia, ecco un fiume sonoro ti si riversa dentro
l'animo, intasandolo subitamente, come d'uno strano tedio.
Le batterie in terminate dei fusi, esercito di trottole semoventi;
paradiso di conocchie e d'aspi governato dall'elettrico, accudito
da donne in grembiule. Ivi il senso d'ordine e d'allineatura: in
una socialità di suoni vittoriosa d'ogni disposizione singolare. Ivi
ogni dedàleo grido del demone individuo si spegnerebbe nelle
fughe prospettiche delle bancate, nel clamore collettivo degli
eguali.
Telai ritmati, a mano anch'essi alle donne, talora: e il proietto
esatto della navetta da un lato all'altro: e i sussulti dei pettini,
risorgenti scatti l'uno dopo l'altro alla rivendicata preminenza:
ognuno un attimo, in un'alternazione della rabbia vitale. Il viso
della fanciulla, cinta d'un povero fazzoletto la fronte e i capelii,
si china su l'opera assordata: otto ore. « Che tu intessa la tela »
(O Tècne) « e che tu impartisca disposizioni alle ancelle. »
Quando la nave si stacca dalla banchina stipata d'una folla, e
un lungo fremito, come in un maggese, incorre nel nero dei
rimasti, di mani salutanti, di fazzoletti-farfalle, la poppa allora
ha due cartelli: e cuochi bianchi, ridacchiasi, in ciabatte, aggo-
mitati al parapetto: e vi ammonisce dalle sue scritte: « attenti
alle eliche! - cuidado con los hélices! »Mail temuto subbuglio
non si verifica. Rimorchi strascinano via, lento, il galleggiatore

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pitturato. Solo contro lo sciabordare aperto dell'onda, doppiate duta stante il lavoro. « E comandò suo moto a ciascheduno. » E
tutte le rifioriture dei moli, solo dov'è l'aperto verde si sfilerà un già lo vediamo a sudare e a battere sopra lo scudo, una meravi-
tremito nella carena fuggitiva; battito che viene dal profondo. glia! ràme e argento, oro e stagno, con seminagioni e ricolti
All'ufficiale di macchina i contagiri denunciano i giri unti degli d'ogni geriere, e intorno l'oceano, che manco il Cellini avrebbe
alberi, dentro le buie cave: mentre su, di coperta, la Lanterna saputo combinare l'eguale.
rimpicciolisce. Fabbro, e dio dei fuochi sotterranei e però anche celesti (vul-
Verso non vedute casematte ululàvano, sfiammando per canici): Efesto in Grecia e Volcanus o Vulcanus in Italia, Vel-
mezzo la notte in minaccia dietro carovane di muli tenebrosi, kans, forse, presso gli Etruschi, era, nel collegio di tutti i numi,
dietro di noi-ombre, le volate arse dei pezzi. Adunghiati dall'e- non certo dei primi e più urgentemente invocati, però nemmeno
strattore dopo ogni rinculo e ricupero i bòssoli ricadevano a degli ultimi e trascuratissimi. A Roma, ai 23 di agosto, si cele-
terra, con un tintinnio di giocattoli. bravano in suo onore i Volcanalia o Vulcanalia: tra le più
antiche feste romane di che ci sia pervenuto il ricordo: con
L 'opera suol essere cagione d'un incanto. sacrifici a Ops opifera, alle Ninfe, a Quirino, alla dolce Juturna,
E quelli che annotano, dietro Fortuna, le visioni degli uomini, sorella del re vinto e ucciso, prima infermiera d'Italia e soccor-
e descrivono i loro costumi ç il loro strazio po~tando circa le ritrice dei combattenti, ninfa della fonte salutare che da lei si
nobili opere della pace o della guerra, sopra le vendemmie o chiamò: Juturna ajuvando.
l'Achille, non hanno disdegnato di riguardare, talora, al sudore C'è in questo elenco, mi pare, uno schietto senso dopolavori-
dei fabbri, degli artieri; e han dedicato anche, sia all'incudine stico. E d'altronde, ricordate?, nella sagra delle Calende di
che al mantice, un certo loro spiritato interesse, non privo di Maggio il sacerdote officiante era il flamen volcanalis, che of-
conseguenze, d'altronde. Che sarebbero i loro stessi carmi, in- friva a Maja, la Bona Dea, la terra generante e frugifera, un
nanzi tutto: e poi pitture, istorie, favole, romanzi d'ogni manie- sacrificio piuttosto lauto: degno di lei. In quest'altro culto, e
ra, esegesi dei romanzi, altorilievi, e balletti. Il ballo Excelsior!, ovunque, Volcano personifica la energia affocata, la fiamma
sul palcoscenico della Scala 1902-1904, si tecnicizzò - squar- fabbrile incurvatrice dei metalli e del ferro: del quale ultimo si
ciatasi a un tratto la nuvolaglia delle stupende gambe - d'un fanno gli stromenti dei campi, la marra e il vomere, che sogliono
trionfo di due tram elettrici, di cartone giallo naturalmente (il aprire negli auspici il grembo germinativo della terra.
colore dei tram di Milano era allora un bel giallo uovo), che si E il 23 maggio, ricordate?, sotto il patronato di Volcano si
venivano incontro pian piano, traballando: ed emettendo dai accudiva al tubilustrium cioè alla lustrazione ossia purificazione
rispettivi trolley adeguate scintille, un po' troppo bluastrn, forse, delle tube o trombe del culto (e d'altri arnesi sacri, del resto)
al mio stupore di bambino. · fabbricate dalla corporativa de' suoi fabbri, pure di suono.
Omero accompagna Teti, la divina genitrice di Achille, fino Ovidio, nei Fasti, v, 725, rammemora:
agli alberghi del dio Efesto, « stellati, eterni, rilucenti alberghi »,
Proxima Volcani lux est, Tubilustria dicunt:
stando alla versione del Monti. Piange sue sventure antiche, la
lustrantur purae, quas facit ille, tubae.
dea dal piede di argento, e il breve fato del figlio: e implora da
quel brachischèlico artiere nuove armi, ch'egli possa fucinare, e Ai Volcanali di agosto, piccoli pesci erano venduti presso le
un nuovo scudo all'eroe: poiché l'altre, indossate da Patròclo, are del dio. Il popolino, con devoto cuore, con poveri nummi,
sono andate preda ad Ettore domatore di cavalli, che il giorno soleva farne acquisto e sacrificio, ad aver salva la vita da ogni
prima aveva ucciso Patròclo. Il zoppicante mostro è ben lieto di pericolo: arando li buttava nei bracieri. E il denaro per tal modo
rendere un tanto servigio alla sua antica soccorritrice e poi ricavato dall'offerta espiatoria si raccoglieva « in aream Volca-
caritatevole tutrice. Tantoché, rivenuto alla sua fucina, impar- ni » e veniva serbato e poi devoluto a organizzare i ludi pisca-
titi ai garzoni i martellanti ordini della bisogna, organizza se- torii, cioè la sagra dei pescatori e dei fiumaroli, che aveva luogo

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nel giugno seguente, ai dì 8. La notizia è ricavabile dalla Epito- dico il romanzo naturale de' minatori. E un altro e minimissimo
me di Festo, alla voce Piscatorii (Ludi). Zoluzzo di Lombardia s'è voluto inabissare fra tenebre liburni-
Le Efestie (Efestìai) dei Greci si celebravano, pare, il ventot- che o plioceniche, nei pozzi dell'Arsa o di sotto Spoleto, a rac-
tesimo giorno di Pianepsione, come un'ottobrata dunque: agoni cattarvi una briciola della sua verità propria, un « capitolo »
musicali d'uomini e di fanciulli, sacrifici, processioni, corse con della sua civile speranza.
fiaccole (lampadodromie ). L'Atene delle guerre peloponnesia- La Bibbia stessa non ignora la tecnica: nessuna storia, nessuna
che era una città fabbrile e metallurgica: non forse quanto la tradizione può ignorare l'ambiente e cioè il costume dal cui
Essen o la Newcastle-on-Tyne di oggi: ma di certo quanto la laberinto essa medesima si districa, magari a trascenderlo: con le
Milano trecentesca sul suo naviglio, al Molino delle Armi: di cui macchinose ali dell'utopia, col filo tenace di una volontà. La
si portò via 1500 forniture complete l'Arrigo di Lucimburgo, tecnica vista dal p_odio della categoria di causa è, ad un egual
sacro imperator settimo, nonché idolo di Dante. Gratis, benin- momento, effetto e causa di storia. E gli illustratori della Bibbia,
teso. Oltre a centomila fiorini d'oro, per lui; e diecimila per nel disegnar le fiancate o le costole all'Arca (le ordinate, come
l'imperatrice. Dante ci offre lui pure una qualche battuta tec- oggi si chiamano), sorrette ancora dai puntoni sopra il piano
nicistica: non molte, se ben ricordo: e valga per tutte il bat- inclinato dello scalo, hanno avuto ricorso, necessariamente, alla
ti-batti mirabile dell'arzanà de' Vinigiani (Chi ribatte da proda contemplazione dei cantieri navali. Tutt'attorno uno sfruconare
e chi da poppa) e il bollire che vi fa, d'inverno, la tenace pece, d'insetti, di farfalloni, di calabroni, di colombi, un belar di
nei calderoni de' calafati. La pece degli armatori veneziani! pecore e pecoroni; un parco di tartarughe, di bisonti-campione,
ottimo, ottimo termine di paragone per la spessa pègola di e di polli e d'elefanti in attesa dell'imbarco: da non averne
Malebolge, uno sguazzo, ve lo raccomando. Oh! piuttosto at- un'idea.
taccaticcio: a una temperatura che supera (evidentemente) il I Vangeli, particolarmente i sinottici, nella divina limpidezza
punto di fusione del catrame e degli idrocarburi di fondo. E ci della parabola, ci riportano alla verità del mondo morale, quasi
manda a impiastrarcisi dentro fino al naso, sotto le roncigliate di incedendo verso la luce, sempre! e talora in un'allusiva di ger-
Draghignazzo e di Libicocco, e a bollire allesso per tutta l'eter- minazione tecnologica.
nità dei secoli, certo esimio fabbriciere della reverenda fabbrica La tecnica non è servita al Cristo se non come spunto e direi
di Santa Zita, o per dir più esplicito anziano del comune (di appoggio o supporto momentaneo dell'insegnamento morale.
Lucca): e credo anche, del resto, tant'altra gente non nominata, Da mihi animas, coetera lolle! Immagini, ad esempio, riflettenti la
« toschi o lombardi, io ne farò venire », a cui deve voler un bene comune attività dei pescatori. « Sarà più facile che un cammello
tutto speciale, come sa voler lui, quando ci si mette. passi per la cruna di un ago, prima che un ricco entri nel regno
E Benozzo Gòzzoli, là, fuori al prato, al Camposanto nuovo di dei cieli. » Dove è pensabile che il cammello della Vulgata e del
Pisa, farà una vendemmia buonissima della sua terra, con tini, e greco possa derivare da un « cànapo » aramàico dei Logia. I
vigna, e corbe, e pàmpani, e cagnoletti codinzolanti tra le gambe rozzi pescatori del lago di Tiberìade a cui il Divino Annunzia-
de' vendemmiatori, e fanciulle a piè nudi, e garzoni che pigiano: tore si rivolge con questa negazione iperbolica avevano dime-
e tutto in onore di Noè; poi appresso farà la estruzione della stichezza certa, per cagione del mestier loro, di canapi, e d'aghi,
torre di Babele, ma in verità torre e cupola del suo paese, e e di refe.
signori e maestri della sua gente: quale in tocco e zimarrone Nei commentari di Cesare, tanto per dare a Cesare quel che
architettare scarlatto, con in pugno il rotolo di tutte le geometrie gli spetta, la tecnica (fortificazioni, strade, ponti, accampamen-
dell'edificio; quale operaio umile d'attorno le malte; quale in sui ti, costruzioni e armamenti navali), ha ovviamente un luogo
ponti, maestro, a murare, a voltare: e i garzoni sbracati a portar importantissimo. Gli ufficiali superiori del genio (magistrifabrum)
malte e pietre, sulle scale di pioli. e i genieri (fabri) sono spesso citati all'ordine della pagina: e la
Emilio Zola discende nella miniera, a poter scrivere più veri- . meravigliosa prosa del proconsole me la tracanno giù a garga-

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nella, bruciante, vivificante liquore dentro l'anima anemizzata fratta», cioè una corazzata di prima classe. A ogni nuova strofe
nel padule. I ponti sul Reno, l'anello doppio intorno ad Alesia, del bellissimo elenco un nuovo attributo gli compete, al Cri-
l'armamento della flotta per la guerra contro i Veneti: (di Bre- seotàrso, scelto nel modo più acconcio dal guardaroba della sua
tagna). E Durazzo, e Fàrsalo. E castra e castella. incredibile versatilità di dio-omnibus: dio delle industrie, dei
« Nel nostro occidente » ancora una volta è poesia, e poi commerci, delle arti, delle bugie, dei ludi, dei ladri, delle folle,
filosofia, e poi tutt'e due insieme, a volerci rammemorare la degli avvocati, delle piazze o agorài: e pastore ultimo e definiti-
potestà superumana della macchina. E anche la balestra, la vo al gregge delle anime, quando le guida verso l'Erebo ch'è
prora, il dardo scagliato; e già prima la mongolfiera e, strappate popolato di ombre.
via di mano al Tonante, le folgori: e il trionfo dell'elettricità. Vengono passati in rivista, a mano a mano, i più ingegnosi
Non parliamo i diplomi delle scuole industriali e i certificati ritrovati, i più significativi aspetti della tecnica, dell'industria e
azionari delle più quotate società distributrici d'energia elettri- del motorizzato costume d'oggigiorno. Stazioni radiotrasmit-
ca, d'un delizioso color albicocca o giallo canarino, su carta tenti e radioriceventi: « commessa al silenzio dell'Etra - la
filigranata di Fabriano di puri stracci. lvi un bravo giovane (una parola attinge i confini - remoti », orchestre sinfoniche e pas-
specie di falegname alla visita di leva), raffigurante il Genio saggi a livello, e telai « della li dia Aracne », e scardassatrici, e
dell'elettricità, leva alta nell'ètere una sua teda, o tirso, da cui macchine agitatrici per fare il burro, « . •. il latte agita nel sec-
sprizzano via in ogni direzione i più energici chilowattora; come chio»: violoncelli e rubinetti di comando, continenti colombia-
li avesse generati lui stesso, il falegname-rana, in un colossale ni e costellazioni australi, il telefono e in particolare il micròfo-
esperimento galvanico. no, la locomotiva a vapore, le trasmissioni, gli ingranaggi, le
E i lettori di Nietzsche? Un caso anche loro. Fra mille. cinghie: « i lunghi cuoi serpentini ». Il mirabile catalogo assurge
Così Gabriele d'Annunzio, nella sua Laude prima - (ch'è, a inno epinicio dell'ingegno dedàleo: e si elunga, e riluce tutto,
come ben sapete, il poema di Maja o Laus Vitae) - scioglie un nello splendore d'una terminologia ellenizzante che il vertigi-
inno ad Hermes Macchinatore, scongiurandolo voler discendere noso senso idiomatico del poeta arriva ad assimilare ai nostri
dal « fulcro quadrato », cioè dal plinto su cui una tanto mera- modi, come non altri potrebbe.
vigliosa fattura di Praxitele è stata collocata nel museo d'Olim- Procede per temi insorgenti, introdotti e sviluppati di pari
pia. « Temprato dal limpido gelo » (di una nuotatina nell'Alfeo) passo con gli impulsi immaginifici che ne vengono suggeriti dai
il poeta muove pensoso « ai dissepolti simulacri - che il triste mutevoli appellativi, dalle cangianti disposizioni del dio: il
ricovero chiude. » Il triste ricovero è per l'appunto il musco. quale, oltreché Macchinatore, Enagonio, Criseotarso, come s'è
Scenda il dio giovine« assunto alla forma perfetta », scenda dal detto, è invocato anche, man mano, come l' Agoréo, l'Infatica-
suo archeologico piedistallo: e, lasciato quel dormitorio d'anti- bile, l'Egemonio, precipite Nunzio, alto Messaggero celeste, dio
caglie, quella clinica di piedi in libertà, se ne venga via « amico Viale, Citaredo primo, Maestro dei sogni, Padre d'Ermafrodito,
degli uomini », fra gli uomini perpetuamente industri e più • che e finalmente Psicagogo, ossia psicopompo, cioè conduttore delle
mai occupati nelle opere. « O figlio di Maja, pregai. » E lo anime (all 'lnferno).
conforta - e di tutto ragiona per incuriosirlo - a prender D'un grande poeta de' giorni nostri, il Montale, non direi che
conoscenza de' nuovi ingegni, e degli usi e costumi che vi con- le macchine siano al centro della sua inspirazione. In lui ho
seguono. « Udrai e vedrai meraviglie! » Veda: strumenti e incontrato tuttavia un affaticato battello, che lancia, al rientro,
macchine sembrano aver moltiplicato all'infinito le possibilità il segnale roco, disperato, ignoto alla gloria: è « il fischio del
della terra. rimorchiatore - che, dalle brume, approda al golfo ».
L'Enagonio, eterno ed immoto nel suo fulgore, ascolta pa-
zientemente Gabriele d'Annunzio che gli enumera - e talora Ho vissuto fra gli uomini delle macchine. Operai, capi tecnici,
descrive - queste meraviglie: fra cui il varo d'una « nave cata- ingegneri. Al paragone d'alcuno di essi e in alcuna occasione ero

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un inesperto. Tutto non si può raggiungere nella breve vita: e tra Verso là, là, dove il rosso-blu d'un cencio bagnato sta per
fatica e percosse. Esistono limiti. La cognizione e la confessione raggiungere quel susino nero, che implora, ca' suoi neri bracci
dei propri limiti è un dovere: ed è un motivo essenziale della poco più alto dell'acque: un riferimento per la battaglia! Appe-
verità. L'usuale concetto biologico (e però sociologico) etichet- santitasi in uno sciabordìo senza scampo la marcia delle colonne
tato « distribuzione del lavoro » comporta appunto questa os- infangate, mute. Coi granatieri intorno, che sciaguattano i gi-
servanza del limite, di nostra più conveniente applicabilità. nocchi stanchi nell'acqua. Nuvolette rotonde disegnano una
Ho conosciuto operai che avevano trent'anni di lavoro dentro ghirlanda sulla tenue emersione di Jemmapes, tuoni., come
le mani: dai quindici ai quarantacinque. E io rimpetto a loro, biòccoli. Tra le colonne i sibili, o lo schianto furente. Gli stra-
pensoso, con addosso quel po' po' di politecnico, una zimarra mazza fulminato il cavallo e lui addosso, col tricorno sul naso, e
infilata a furia, nel buio degli anni: molta matematica è vero, del c'è una scheggia anche per lui, per la sua gamba di generale che
disegno, del buon senso, e, lasso me! poca pratica. E anche quella va avanti. Così la morte lo adesca, la ghiotta, cÒme ogni soldato,
tiritera d'un discorso di piazza Cavour (il Politecnico di Milano la puttana: gli annusa avida il codino della parrucca, gli ha già
era allogato a piazza Cavour) tagliato in due dai quattro anni di leccato il tricorno.
penna (alpina), come un serpente brutto che abbia preso una In quel grigio mattino del suo onore, nel novembre macchi-
tortorata a metà striscio. E chi mi stava innanzi, trent'anni! noso della sua vita, il vecchio intrepido avanza ancora, a piedi,
officina, montaggio: montaggio, officina: il tornio e il raschino, e nell'acqua, alla testa de' suoi battaglioni, tra feroci latrati, verso
le pinze, e la limetta, e lo scarpella: come frullar l'ava; un istinto, l'altura con nuvolette rotonde. È l'ora della lucidità e del co-
oramai; i bicipiti, i fasci muscolari, i flessi dell'avambraccio e raggio, l'ora più bella. Ogni trama, ogni carteggio vapora via dai
della mano e di tutti i diti parevano ultimarsi dentro la virtù confini dell'anima: solo i reggimenti, oggi. Procedono col loro
dell'utensile: questo si era fatto l'organo di una lor prassi istin- generale alla testa.
tiva. Avrebbero lavorato nel sonno. Il fermo volere smista e indirizza le colonne di attacco, sor-
Ricordo: nel Belgio: il novembre-pantano di Jemmapes: regge la trama degli ordini, sovviene con i rincalzi alle unità già
quando un treno mi portava alla fabbrica traverso il buio del impegnate: si sposta egli con redivivo quadrupede da un luogo
mattino. Ricordo la landa impelagata dalle piogge sotto il cielo all'altro del fronte accerchiante, da una fase all'altra della bat-
basso, di cenere; qualche alberello emergeva solitario dall'ac- taglia che deflagra dalle acque. I collegamenti, al solito, dopo
qua, uno scheletro nero, scontortq: memoria del mondo vege- dieci minuti se ne vanno a farsi fottere. Il duca di Chartres
tante. Mi pareva, a ogni gita, quasi nella reminiscenza, in una attacca per battaglioni massicci il pendìo lento, nel centro; lenti,
insospettata, allucinata memoria, credevo rivedere l'antica paiono, all'ardore del comando: branchi di. ànatre finalmente
mattina: del 6, di quello smarrito novembre! alle otto, che il approdati all'asciutto. Drouet cade. Dampierre, appiedato lui
vecchio Dumouriez senza telefoni spiccava per cavalleggeri pure, è èomandato verso destra al soccorso di Beurnonville (un
piumati gli ordini di attacco a Ferrand e a Beurnonville: e carnaio), coi reggimenti vecchi di Parigi e di Fiandra impavidi
l'armata del duca Alberto gli attendeva tutti al con¼egno trin- sotto le falciate, non rinsanguati dall'agosto. Ma il duca di
cerato di Jemmapes, arroccata di là dalle acque, come in un'i- Chartres è pervenuto a metter piede nelle trincee, Ferrand, da
sola. Clerfayt gli attendeva. Poco avevano a cavallare, in quel sinistra, è entrato a Jemmapes. Dumouriez sciaguatta, scia-
pelago, i bei porta-ordini. E lui avanti a tutti, il vecchio, a guatta, a sovvenire Beurnonville e Dampierre dirige personal-
cavallo, sotto il tetro soffitto delle nuvole, abbandonate le arti- mente l'attacco di Cuesnes. E Cuesnes è preso. Un canto sotto le
glierie nella melma. Procede ca' suoi granatieri traverso melma e nuvole basse, roco, dietro bandiere senza gigli: « Andiamo, ra-
pantano, al centro della linea di attacco. Nella landa che pare gazzi della patria»: un canto che tutti sanno.
lago e s'increspa in una luce di piombo, all'àlito molle e stra- E la landa, adesso, era acqua ed acqua sotto le nuvole: senza
pazzone soffiàtole, come uno scirocco stanco, dal mare. più fumo né battaglioni né battaglia. Tutte le armate avevano

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raggiunto il loro lontano orizzonte. Per me l'alba grigia. E Ter- piccolo rebus, che lui aveva già risolto in ant1c1po. La mano
tre era proprio un tertre: 1 due metri di sopralivello compatti ed espertissirha, dita a càlice 1 reggeva e preservava nella luce del-
asciutti sublimavano quel luogo in uno spiazzo di gran pregio; l'attenzione, indi,v :iduandolo come frutto bacato, il pezzo, o
tra melme e torbiere un'isola virtuosa, profumatamente pagata. l'aggeggio, su cui si doveva ragionare.
E vi erano approdati mattoni, ruote grandi, enormi casse, ma Era nato a Sesto Fiorentino.
non di biscotto, lamiere, vergella: e vi vedevo cumuli di mate- S'era formato, ragazzo, nelle officine meccaniche della Fon-
riale d'ogni genere, travi in acciaio, legname accatastato, assi, deria del Pignone, quelle di là d'Arno dai camini e dai muri
cilindri del macchinario gigante: sparsi un po' dovunque, come affumati oggi disparite. Aveva montato, maestro, torri da 305
rocchi di colonne corinzie in certe marine di De Chirico 1931, tra sulle nostre navi da battaglia, di allora. ABa Spezia. Assumendo
l'erbe, di sotto al radente migrare de' piovaschi: un volo basso, il lavoro per còttimo. A còttimo, « a forfait», egli ci lavorava di
greve. Baracche di legno per i pezzi più delicati, per i sacch i del preferenza: come vecchio italiano e artigiano del buon ceppo,
cemento, i registri, i magazzinieri (occhialuti vecchietti): e pali che sa, sa, com'è fatta, oh, sì, di dentro, la sottigliezza limpidis-
con terne di fili maltirati, neri, a raggiungere motori provvisori. sima del cervello: davanti Madonne dei Della Robbia in sul
Qualche fucina da campo, alla meglio, brace di coke intenso canto, col lume rosso, lui Efesto e battiferro 'mirabile alla bottega
verso i geli imminenti. Incudini sotto le nuvole fuggitive; come del passetto, allo sdrùcciolo. E gli piace più così : perché tanto e
paracarri. Poi, poco a poco, dalla campagna-irragione tutto fu felicemente lavora, e tanto e bravamente guadagna. E del dia-
racimolato come per mano di spigolatrice misteriosa; per co- volo non ha paura.
mando di un fattore invisibile; tutto fu ritrovato, computato, E il resultato del suo lavoro veniva tale, che un bel giorno la
elencato, a suo luogo disposto. direzione di uno stabilimento, fondandosi su quel resultato,
L'intrinseca perfettibilità dell'opera, silentemente, agiva negli aveva creduto di poter ribassare le tariffe di certi còttimi: pro-
esecutori e nel tempo: radunò le cose disperdute nei mille mo- curandogli - sùbita conseguenza - l'odio implacato dei com-
menti e dispositivi dell'impianto, coordinò questi in una strut- pagni meno volonterosi, o meno capaci. Sicché non era bastato il
tura totale. Quel disordine primo si sciolse e poi si rapprese in vocabolario (della lingua parlata, beninteso, porta alla Croce e
forme sempre più valide, secondo validissime direttrici di cri- porta a San Frediano che fos,se) a esprimere e a definire que-
stallizzazione. Il caos, mesi e mesi, generò l'organismo: « Fab- st'odio.
brica per il fissaggio dell'azoto atmosferico in sali fertilizzanti. Nel genere compressori, poi, aveva la stessa competenza che
Idrogeno dalla coccheria. » Dalla brughiera gasometri, e torri di ha una balia ad allattare e governare il bambino: voglio dire una
lavaggio, e colonne; e le allineate dei tetti e dei vetri; e, dentro, i cosa naturale, disposizione che pareggia l'attitudine d'un senso,.
compressori, le pompe; e, più là, muri di laterizio, le casse d'un organo appòsito: esperienza lontana tradottasi in una fa-
parallele dei forni a coke. E tubi d'ogni maniera, sfiati, spurghi, coltà biologica. Tra scheltri d'acciaio· delle incastellature e
ciminiere metalliche: nella landa che fumerà solfo, vapori: tetra. pezzi di macchine sublimati da un gru, tra galloni d'olio e
Ancora mi risuonano negli orecchi quelle parole, in lingua ferrame a terra in aspettativa_ del montaggio, con gli operai sul
nostra, tra il batti e ciaffa demoniaco de' martelli e,de' cianfrini lavoro tutt'attorno, guai a doyerci magari discutere; se appena
pneumatici, che veniva, di su, d'addosso le lamiere delle torri, la questione era da disputarsi in contraddittorio, allora, fatto
dal ricucire le lamiere dei gasometri. « Lei, signor ingegnere, la pallido, pareva la cattiveria in persona, sputava breve e diritto,
mi ha addire ecc. ecc. » Vedo la tuta azzurra, bisunta, il berret- quasi un intercalare. E certi suoi sputi lancinanti erano come le
tino bigio come di ciclista, il naso affilato del mio capo-operaio: definizioni viperine della sua lingua di tosco, uomini e cose.
mi sottoponeva per cagione di mera formalità un qualche suo Altro che signor ingegnere! Potete immaginare quali amicizie si
1 Tertre, nome della località, significa elevazione del terreno , a superficie pianeg- fosse messo da parte in tutta una vita, per quanto operosa la
giante: piattaforma elevata. fosse andata: in un tempo teso, e limpido sopra il lavoro, sì, però

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con quella lingua di pepe e senape, con quel naso tagliente, basilica. Berciava stridulo in quel suo francese Sesto Fiorenti-
affilato, sotto l'eterno berrettino da ciclista. Le mie ramanzine no-Porta a Pisa: « Le ponte, le ponte! mais si vous è dite de
gli facevano l'effetto d'un tamarindo. Pepe il pepe alla faccia di tirerissì le ponte rollante! diohàne! » Venne, correndo sui
tutti: e porta a Prato non c'è per nulla, a sto mondo. matronèi alti delle travate, il ponte; e il viso del manovratore
Una volta, di prima prova d'un compressore, il quale sem- interrogava, appressandosi, d'entro la finestretta della cabina di
brava « sforzasse » un po' più del solito - (lungo le guide, coi comando. Carletti voleva già predisporre il montaggio delle
pattini della testa a croce) - Carletti prende a dondolar il capo valvole, degli scudi, o non so che altro.
con quel berrettino, come a dire « la un va, la un va »: e ferma la Sempre quel suo naso affilato sotto il berrettino meditava due
macchina. E lo vedo che tira dalla tutta un suo scartoccetto serie di provvedimenti alla volta. Una serie il lavoro che aveva
come chi dicesse zucchero o caramelle: e ne raccoglie invece uno sottomano: e in quello era attentissimo, sicurissimo. Direi anzi
spizzico, non più che una presa di tabacco, d'una certa cipria infallibile. L'altra serie era predisporre, premeditare il lavoro di
nerastra, finissima: ma era smeriglio, Dio bono! e non te lo poi, di domani: per sé, per gli altri.
sfarina sulla guida? sul tratto libero, voglio dire? così, stropic- Questa seconda serie, meramente intellettiva, aleggiava la sua
ciaodo indice contro pollice, come a mettere il sale sull'ova sode. applicazione esatta sopra il pezzo - raschino o lima, mazza o
Poi, con ogni accortezza, servendosi d'una peretta di gomma, ne ,. punta, o scarpello - di armoniche un po' fantasiose, quasi un
insuffla anche la controguida rovescia, che sta sopra: la parte canto accompagnatorio, indistinto ancora, nella regione del so-
nuda, s'intende. « L'atto classico del sabotaggio, » mi dicevo: gno: poi però a mano a mano precìpite verso il coàgulo di una
ma intanto era già palese la ragione. Non mi riuscì di pronun- recidente sicurezza, di un'acuità senza scarti, senza sbavature.
ziare né a né ba che lui aveva riavviato l'alternatore. Un cervello Così mentre la macchina andava la sua prova fuor di pericolo,
estroso, pensai, un Benvenuto in meccanica anziché in orefice- battendo il suo sciaguatto unto a ogni colpo, egli si rifiutava di
ria. E, nonostante tutto, m'era passato un brivido nel filone della starla a guardare senza costrutto, come imbambolato garzone le
schiena. Il macchinone intanto, dopo un qualche barrito de' sirene del carosello.
suoi, pareva avviato benignamente: a raggiungere la sua difficile
stagionatura. Grugnì e mugolò alquanto, in sulle prime, e soffiò I miei quaderni di studio per un « romanzo sul lavoro italia-
aria e ruggine fuor da tutti i buchi de' cilindri lasciati aperti allo no», 1922-1924, son pieni di improvvisi, note di getto, di strap-
spurgo, a ogni colpo, come un bùfalo che abbia preso il raffred- po, tutte trafugate dall'opera, dal cantiere, specie dagli impianti
dore del fieno: ma poi, poco a poco, si degnò di mettersi final- e dai lavori idroelettrici di montagna: venute al mio quaderno
mente in carreggiata, ch'era una bellezza a vederlo. Andava, senza speranza tra il sudore degli anni e degli uomini poveri,
andava che pareva un olio. E anche i pattini, evidentemente, operosi.
s'erano abituati all'idea. Con quello spizzico! Il montaggio, la messa in marcia, l'esercizio e la manutenzio-
[Il I nostri ospiti si guardavano tacendo. Commentavano quella ne delle centrali, come di tutto il macchinario pesante - per le
strana magia, avevano i nasi in sui termometri. Piaffat~ d'olio tecnologie chimiche, o meccaniche, od elettriche - richiedono
~elmoso, di cui erano incuranti, schizzavano fuori dal bastito di spesso, oltre che disciplina mentale e morale, e preparazione e
corsa (della testa a croce), aperto tuttavia sul fianco. « Ma che studio e pratica di lunga data, anche robustezza e sanità fisica
cosa avete combinato signor Carletti? Ha salato la coda al pàs- d'eccezione, e talvolta il coraggio, la prontezza dello spirito, o
sero ! » Si era sentito barrire il rinoceronte, a quel primo va -e addirittura il« valor civile ».
vieni, come se uno più carogna di lui lo tenesse per il corno. Gli ingegneri che demarcano sul terreno la percorrenza d'una
Adesso era una bambinaia a passeggio con la carrozzella. Car- condotta, nei tratti a strapiombo devono farsi calare in cordata.
letti si allontanò senza rispondere. Chiamava già il ponte, si In cordata si fanno al posto loro, ogni mattina, i montatori degli
spicciassero, quegli altri là in fondo! dal fondo remoto della amarraggi e della tubazione. Sopra il vuoto, ecco, dei bilancini

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pensili: e discendonò, discendono, insieme con gli uom1m, 1 LE BELLE LETTERE E I CONTRIBUTI ESPRESSIVI DELLE TECNICHE
canapi, i tubi dei martelli pneumatici, e tutte le funi e i cavi tesi,
che annullano col loro sforzo il potere catastrofico del 9 e 81, la
chiamata abissale della gravità. ·
Così durante un qualche temporale di quelli che fan p1ù
fracassi, la cabina, la centrale elettrica - specie negli impianti
vecchi, inadeguati, o sovraccarichi - può diventare di punto in
bianco una ben brutta canònica. E Belzebù cornuto in ~gura di
saetta, sto cane d'un caprone bestia, vi impazza sibilando e È possibile dimenticare, per una mezz'ora una volta tanto, le
sparando, stianta e sfiamma da una terna all'altra ad arrostire quaranta parole di cui risulta il macinato medio della gran
gli isolatori, che vengon giù morti come tanti tordi carbonizzati, macina critica, per occuparsi invece d'alcuni fatti minuti e po-
a fondere il rame delle barre, da parere il cerogeno d'una can- tremmo dire modesti, i quali hanno pur tanta parte nel concreto
dela. Che poi, passata la furia, tutto rimane lì brustolito, morto; coagularsi d'un'opera verso la sua struttura definitiva? È possi-
con gli stabilimenti fermi in attesa del riprìstino, e i telefoni che bile con una certa galileiana sottigliezza andar entrando, alme-
chiamano, chiamano. no una volta, nel cantiere primo del nostro lavoro, lasciate un
L'apertura di un interruttore in olio a 130.000 Volta, sotto attimo le questioni teologiche eccelse?
carico di 20.000 kilowatt, non è un colpetto che lasci del tutto Risponda ognuno quello che vuole.
tranquilli. Moderni dispositivi di sicurezza fronteggiano le Nella luce chiara dell'ufficio tecnico il ruminante ingegnere
eventualità pericolose: e sarebbe lungo il dirne. Ma, così a un non è solo, con il suo regolo dietro la catasta degli abbachi e de'
dipresso, potete considerare questi mastodontici calderoni come prontuari: ma disegnatori e lucidatori vi respirano, intenti a
delle bombe domate la settimana scorsa. versar il pensato nei concreti segni dell'inchiostro, e non versar
La « fuga » di una turbina idraulica, per quanto resa impro- però questo sopra le tavole. E così non basta l'architetto a far
babile dagli organi di regolazione automatica, è « paventosa case: c'è una bravura del muratore, perché sian belle case.
cosa», come diceva Benvenuto. Sono magari trentamila chilo- La tecnica d'uno scrittore tallisce in certa misura da uno
watt, cioè quarantamila cavalli, piroettanti verso lo sfacelo: sfondo preindividuale che è la comune adozione del linguaggio
verso la demolizione della centrale. Fermarla! Del sangue fred- vale a dire il consuntivo semantico (signiferatore) d'una sto-
do. ria-esperienza che sia stata raggiunta e consolidata: e se ne
1940 forma e si congegna per accettazione o per antitesi, per arric-
chimento o per denegazione di determinati modi espressivi.
L'adozione del linguaggio è riferibile a un lavoro collettivo,
storicamente capitalizzato in una massa idiomatica, storica-
mente consequenziato in uno sviluppo, o, più generalmente, in
una deformazione; questa esperienza insomma travalica i con-
fini della personalità e ci dà modo di pensare a una storia della
poesia in senso collettivo. ·
Insisto sul concetto di lavoro collettivo e di sviluppo storico in
che esso si manifesta: lo scrittore ha davanti a sé delle realtà
storiche, esterne, come il cavatore ha dei cubi di granito da
rimuovere. È impossibile dimenticare una così povera e spesso
dimenticata verità. Lo scrittore a sua posta rimove e coordina

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queste realtà date (storiche, esterne), o le ricrea, o, meglio, con- di tutti e sull'acume particolare di ben più provetti analisti, ch'io
ferisce ad esse quel supersignificato che è il suo modo d'espedirsi. sia, chiamerò « intangibili dall'artista » queste realtà (è una
Tali realtà costituiscono il linguaggio: e ciò nel senso più lato: intangibilità attuale e relativa, come vedremo) - da poi che esse
e ciò riferendomi sempre e artatamente alla tecnica e omettendo segnano come il limite inferiore di pertinenza della attività
(per ora) considerazioni di contenuto. elaboratrice (meglio « coordinatrice » ). Esse sono nel campo
Il termine « linguaggio », o « esperienza », o « tradizione lin- prammatico dell'artista in lavoro quello che fu ai fisici l'atomo,
guistica » è tuttavia così vasta designazione, da potersi disgiun- che oggi è l'elettrone o che altro: questo l'ultimo termine toccato
gere in esso, come fibre in un tronco, motivi e fatti per lor natura dalla coordinazione conoscitiva, quelle l'ultimo termine toccato
distinti, e talvolta disparatissimi: dai più oscuri processi della dalla elaborazione estetica.
conoscenza individuale e collettiva, dalle più fini caratteristiche I fisici, quando ragionarono, il che non sempre loro accadde,
d'una stirpe o d'una coltura o d'un ambiente o, infine, d'un capirono che è un controsenso seguitare a distinguer atomi nel-
uomo - insino agli ultimi fatterelli della nomenclatura e della l'atomo: o almeno si decisero a chiamar atomo l'infimo e intan-
terminologia, alle definizioncelle d'un dizionario tecnico e d'un gibile nucleo che gli venne fatto di reperire nello indefinito
quadro murale per classi d'artigianato. Si va insomma da una procedere di una « logica » sminuzzatrice onde si studiavano
gnoseologia alla « questione della lingua ». giustificare l'esperienza. Così esiste certa esperienza o realtà
Certo è che le mille direzioni della esperienza esterna chia- esterna cui lo scrittore in pratica accetta, necessariamente ac-
mano, per così dire, provocano lo scrittore a una fatica di ade- cetta, senza preoccuparsi di ricrearla. Come il muratore accetta
guazione al dato linguistico preesistente e poi di rielaborazione il già da altri concretato e formato e ben cotto mattone, e segue a
(meglio « coordinazione ») che solo taluni ottimisti possono ri- dar forma al « suo » muro. Perfino i futuristi Son costretti a
tenere « il fatto più naturale del mondo » - e che è invece chiamar rotaie le rotaie e storia la storia.
continuo e arduo dibattito fra l'impulso coordinatore-espressore Le direzioni dell'esperienza preesistente, insomma li aspetti di
proprio e originale d'ogni singolo e la necessità di adoperare, per queste posizioni intangibili ( attualmente intangibili, relativa-
la comunicazione, un materiale espressivo già definito in termi- mente intangibili) sono, come già volli notare, molteplici. Ve-
ni, già concreto in figurazioni comuni. Da poi che accade con diamone alcuni. Vediamo, per certa nostra manìa, i più semplici
questo verbo « coordinare » ciò che con tutti i transitivi: non si prima, i più banali, quelli che potrebbero procurarci dei sorri-
può coordinare se non ... un qualche cosa. E ogni scrittore è un setti, così, ammesso che alcuno ci legga e ci riserbi dei sorrisetti.
predicato verbale (coordina) che manovra un complemento og- Uno, degno giusto di figurare a muro su d'un cartellone, in
getto (il dato linguistico). E questo complemento oggetto relut- un'aula di scuola serale per allievi stipettai, uno dico di questi
ta, come un serpentesco dragone, al dominio e alli artigli del aspetti della esperienza è la fantasmagorica serie delle notazioni
predicato. tecniche: e stavolta, come ognuno capisce, la parola « tecniche »
Ci piacerà di precisare, di elencare che possa intendersi per la adopero in senso non letterario, cioè proprio nel senso delle
preesistente o dato (esperienza estetica, cumulo di fatti lingui- arti e mestieri. In modo più lato voglio accennare alla questione
stici) offrentesi allo scrittore - in quanto molti dubbi,e spino- de' materiali, cioè delle figure espressive, che le diverse tecniche
sissimi equivoci possono insorgere, cupi o motteggianti folletti, apportano spaventosamente al magazzino del povero diavolo:
d'attorno una simile presa di posizione. Il metodo più semplice, dello scrittore: come se al buio botteghino d'un allampanato
se non in teoria il preferibile, ci parrà quello appunto di inda- « bouquiniste » arrivassero a un tratto quaranta furgoni di
gare via via circa le diverse realtà esterne, o almeno circa talune, Gondrand carichi d'ogni montagna di casse e di cubi, da non
su che l'artista è chiamato a imprimere il suo suggello imperiale saper più dove incantonarli.
(o granducale). Questa prima e ben modesta questione, che al principio dissi
Per dire in fretta e facendo largo assegnamento sul buon senso costituire un problema estetico particolare, io la impianterei

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come segue, nella forma più facile, se pure antipaticuccia, della nei singoli ambienti per modo che sia raggiunta una tal quale
ricerca d'un·cànone. Domanda: « Deve lo scrittore preoccuparsi socialità espressiva, estesa a tutto l'ambiente e imposta per ne-
dei ,precedenti> espressivi, offerti alla sintesi, da ogni tecnica cessit;)t. pratiche agli ambienti esterni. Le parole tecnich~ « at-
singola? Può invece omettere di curarsene, può sorvolare sui traccare», « ipe>teca », « rot ore » sono accett.;tte hon da molti:
risultati che già si siano raggiunti neH'ambito di quella partic0- da tutti. Ne viene che i resultati di questa elaborazione sono
lare tecnica, può, quel che più dice, ignorarli? »' Controdoman- segni o simboli ricevuti oltre che trasmessi nel modo più lato.
da: « Ma perché chiedete questo? Forse che qualche scrittore ha Sono libri a fortissima, a universale tiratura.
trascurato l'obbligo suo? Forse che taluno, in taluna occasione, è Terzo. - L'elaborazione espressiva, nell'ambito proprio d'una
stato impreciso, generico, falso, sbagliato relativamente a certo tecnica determinata, morde « in corpore veritatis » - e cioè
ramo dello scibile, mentre il tecnico di questo ramo è stato lavor~ sui fatti, sugli atti, sulle cose, sulle relazioni, sulla espe-
esatto, vivido, giusto, implacabile, nelPelaborare il suo senso? » rienza insomma, che .vengono vivamente, immediatamente
Non mi occupo, com'è ovvio, del problema, se non in modo proposti agli occhi e al cervelld di tutti: e si aggruma in cogni-
generale e in un intento che chiamerò pio e poi costruttivo, senza zioni ferme, sistemate in una intelligenza, in una abilità, in una
vokrmi riferire a casi tipici, antichi o medioevali o moderni o maestria, o almeno in una pratica, in un'abitudine: al che certo
contemporanei. Mi preoccuperò piuttosto d'eliminare una se- non perviene un rielabpratore lontano. Con fiancheggiamento
conda obiezione, che ci lascerà forse in qualche imbarazzo; ed è: d'ogni circospezione crìtica da parte d'ognuno e della necessità
« Ma se la precisione espre~siva dovesse tener dietro alle tecniche medesima; con avanguardia degli sforzi euristici verso il nuovo,
meticolose (a parte tutte le conseguenze di pedanteria, di spro- il più esatto, il più proprio, il più rapido, il più conveniente.
porzione, di luci false, di che poi vorrete pur notare qualcosa) Quarto. - Gli operatori ed elaboratori del materiale estetico,
ogni scrittore diverrebbe l'Enciclopedia. La vostra domanda, se nel chiuso de' singoli ambienti, sono un po' tutti, tutte le respi-
chiede l'affermativa, è gravida d'un mostruoso parto: lo scrittore ranti foglie del faggio, le fibre innumeri della collettività: agri-
Larousse. » coltori, avvocati, operai, preti, ingegneri, laçlri, puttane, maestri,
Rispondo: « Vi sono assai grato di volere, con sì vivace ipoti- nottambuli, monache, bancarottieri, marinai, madri, ex-aman-
posi, rappresentarmi anticipatamente qual è la deviazione o ti, marchese, politicanti, vecchi danarosi, fattucchiere, malati,
deforma21ione possibile del mio pensiero, quando, per quella mia no'tai, soldati. Tutti, tutti; ' ciascuno il suo: e ciascuno nell'am-
prima domanda, sia chiesta l'affermativa. Ma c'è un fondo di bito suo e neUa sua espressione potente, perché interessato, certo,
giusto nel mio modesto pensiero. » perché vincolato a un riferimento pragmatico'; come è certa e
Accennato così, per battute, a una possibile intabulazione del recisa l'ingiuria nella rissa o il comando nella battaglia, dove son
problema nelle forme piu gaie, seguirò a dire certe mie « opi- certe e definite l'ira e le parti, o il pericolo e la volontà.
nioni », eh.e ritengo siano d'altronde le opinioni di molti. Il lontano rielaboratore è spesso ignaro delle armoniche, cioè
Primo. - L'elaborazione del materiale espressivo si compie ne' riferimenti profondi cui ogni notazione trascina seéo, e riesce a
diversi ambienti tecnici (officine, esercito, marineria, arti e rne- parere arbitrario, scialbo, agn,o stico, generi,co, distratt6, disutile.
stieri, commercio, bollettini ufficiali, scienze, moda, malavita, I 'suoi interessi son altri. La sua corsa e il passo verso altro
medicina e cliniche e manicomi, borsa, affari, abbigliaIT}ento, diverge.
giornalismo, polizia, amministrazione, diritto, agricoltura, ma- Quinto. - Ogni elaborazione è storia, come tutti m'insegnano,
rioleria, con apporto che è la somma di tutte le forze de' singoli, e storia, « bella trovata! », è il linguaggio. Che è thesaurum
in un determinato ambiente operanti: essa elaborazione risulta d'una civiltà, d'una coltura, d'una tradizione espressiva legata a
perciò intensissima, per 'quantità di sforzi convergenti ad un innumeri fatti: « ma bene! » Ora, anche a voler osservare il
punto. concretarsi, il distendersi di questa elaborazione nel tempo, no-
Secondo. - L'elabdrazione del materiale espressivo si effettua tiamo quanto la specializzazione delle singole tecniche proceda

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svelta e diritta, al confronto del confusionismo in che incorrono atti altri d'ogni occasione e maniera, vengono paragrafati con
gli incerti e i generici: dove ogni fatto estetico si muove torpido e una così diligente e felice esattezza, con una così appassionata
bruto, per deviazioni e ritorni a ogni momento, o fra larghi cura, che la lor lettera ne risfolgora viva e diabolica, quanto
intervalli di anestesia, e di non-espressione. Così, all'aver da- avviene resulti invece imprecisa, e a stagnare poltigliosa, pecio-
vanti i siti e le ville, il nostro passo da sé si districa e cammina: na, o girovagante e generica ed evasiva la prosa di certi flàmini
ma dovessimo disegnarne a memoria la topografia, questo dise- del dio Atramentatore.
gno verrà una miseria, e soprattutto, un errore. Gli uni, danarosi ed unghiuti, come l'alipede dio de' furfanti
Se ora, giunti a metà strada, si fosse a conchiudere e tirar le aguzza loro miracolosamente il cervello, così gli sospinge pure
somme, vede ognuno che cosa ci rimarrebbe da dire. Ma ci ad una formidabile prosa: disegnano rapido e giusto, sanno
proponiamo di riuscire così diligenti e garbati (o pedanteschi) l'impiego delle luci nette e le smorzature de' toni, conoscono le
discettatori, che ci piace vedere un po' ... oh!, una cosa molto possibilità spastiche ed astrattive della espressione, insistono e
facile! ... Il rovescio della medaglia. sfuggono, incidono e sfumano: hanno la faccia di bronzo de' più
Diciamo frattanto, a conchiusione parziale di questa prima gigliati impostori e il « clin d'oeil » de' fauni. Gli altri sbagliano
parte, e tirando le cose un po' al paradosso: che nascono tante magari prospettiva, colore, contorno, toni, tutto: ma fa lo stesso.
buone prose, tante espressioni accettabili, se pur circoscritte a Ho avuto recentemente sott'occhio una lettera d'uno spedi-
prima vista da una loro cruda nitidezza, quante le tecniche: e zioniere di Genova, un vero modello, un « exemplum » da col-
ciascuno dice nel suo campo (se sa usare del suo calamaio, lezionare per il mio futuro trattato di retorica. La lettera recava
s'intende) proposizioni vivide, esatte, ben congegnate, e tirate notizia e registro di avvenimenti complicatissimi relativi a tre
certe volte in graduazioni di toni così accettabili, che uno scrit- casse, ottantotto valvole, di cui quaranta di vecchio e quaran-
tore bravo esclamerebbe: « toh! » e un mediocre ci vorrebbe totto di modello intermedio tra il nuovo e il vecchio: un dimen-
aggiungere addirittura la sua firma. Si vengono con ciò ad ticato imbarco d'una delle tre casse camuffato da provvidenziale
accogliere come « intangibili » quelle proposizioni, o pause recupero per mezzo d'una speciosa gualdrappa di ragioni esco-
espressive. Il limite della intangibilità è arbitrario e si sposta gitate là per là: un piroscafo fuori orario della Royal Mail, che
secondo persona: e, in una medesima persona, secondo mo- pioveva proprio dal cielo e offriva i suoi meglio servigi per un
menti. Chi lo pone o crede di porlo a sé più presso, più qua: chi esiguo numero di sterline in più; una tempesta infuriante al
più là: chi ha la fisima addirittura che non esista: e, in questa largo di Gibilterra, la quale stava malmenando il primo piro-
fisima, crede di far tutto da sé. E forse, non dico, potrà anche scafo, il « Semiramide »; una stiva allagata; delle polizze di
darsi gli venga fatto . assicurazione; dei permessi di importazione della Rappresen-
Ma una cosa è certa: avviene talora che lo scrivere de' notai, tanza Commerciale Sovietica; degli avvisi di spedizione in qua-
de' tecnici, degli avvocati e, quello che impressiona, degli spe- druplice copia; nuove valvole, di nuovissimo modello, maturate
dizionieri e de' ragionieri, sia più che comparabile con quello di nel frattempo, per merito e insieme per colpa de' mittenti; nuove
certi scrittori. Ciascuno manovra nel suo campo feroce e diritto angosce, trasfigurate in accuse verso terzi, per la cassa dimenti-
e, ciò che importa, secondo un'idea: e riesce a scriW!re come cata, ma recuperata, e per quelle altre, spedite ma avariate,
vuole l'idea: e non è il girovagare prolisso dello pseudo-scrittore, assicurate ma scompagnate. E poi la documentata puntualità
che pare l'onda lunga di cert'uggia oceanica: uggia dello infini- dello spedizioniere e i saluti più distinti; ma non più sciropposi
to, dell'informe. del consueto, oh no.
Talune lettere tecniche, o contratti di cessione di terreni, o Tutto questo Ramayana di casse e di valvole, questo inde-
d'ipoteche, o di forniture d'energia elettrica, o stipulazioni stricabile groviglio doganale - portuario - ferroviario - assicura-
commerciali, o atti statutari di enti e di società, o stesure di tivo - meteorologico con pòlizze, avvisi, uragani, lire-oro, agenti
sentenze de' tribunali d'appello o del tribunale di cassazione, o d'assicurazione, funzionari sovietici e folgori su Gibilterra, da

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che poi fioriva infine il giglio della più mattutina innocenza, non: Cicerone! Quando impenitente legittimista, nella repubblica
so, certi scrittori, come se la sarebbero cavata. che fu già di Silla, di Claudio, di Catilina, di Verre, e che sarà di
Quel genovese invece, con la caravella d'una sua prosa legge- Antonio,. di Ottaviano, sostiene aver Cesare commesso anche il
ra, ma solida, insinuante ma irreprensibile, navigò sotto i cumuli delitto non necessario per mera libidine.
delle più nere tempeste, per mezzo l'arcipelago delle casse e delle E motivi e forme non letterari soltanto hanno la curiale e pur
valvole e per entro i meandri della sua innocenza e delle altrui meravigliosa prosa di Cesare, presso di cui leggiamo pagine
colpe, abbronzato da una tale spigliatezza e sfrontata serenità, shakespeariane e anche dostoiewskiane inquadrate nell'impal-
che ci rimasi, dissero gli astanti, perplesso, invero stup~fatto e catura imperatoria del bollettino ufficiale; e lo psicologismo e
ammirato, a mordermi un poco poco le labbra. contenuto verismo di certi rapporti d'ambasciatori veneti o fio-
Non è possibile qui e da me non arriverei certo a riandare, rentini; e la prosa di Cartesio e quella del Galilei. Tutta l'ag-
neppure con citazione d'esempi sparsi, le mille vie onde le tec- grovigliata storia del dire è un seminario intricato ove conflui-
niche han recato alla espressione contributi essenziali, non sol- scono da mille zone della pratica i vivaci apporti degli interes-
tanto con apporto di forme, di materiali già concreti ( = intan- sati. Un recente film, rappresentante non ricordo che fughe o
gibili) nell'edizione migliore, ma più anche in ciò che esse furono rovesciamenti d'espressi e di direttissimi, era munito di dida-
la cagione pratica e storica e poi la disciplina e la scuola del- scalie redatte nei termini medesimi che i telegrammi d'ufficio
l'arte, e all'arte han conferito un motivo di ricerca e un indirizzo dell'esercito ferroviario: « Alla fermata di Granite Pass il merci
di costruzione. numero 18-B darà via libera all'espresso del Colorado. » Uno
Si sente in certuni il' giurista, in cert'altri il matematico, in scrittore di polso dell'epoca umbertina avrebbe cominciato for-
altri ancora il vindice, il confessore, l'apòstata, o il politico se: « Sibilando e sbuffando ... »: con che non si vuol dire che
militante o il mistico: dove disgiunzione o esattezza o enfasi o ira neppur lui avesse torto.
o dolore o malvagio volere sono essi proprio motivo e senso Negli anni della guerra europea, certa prosa di gusto « lette-
dell'arte. È sciocco ch'io rivanghi gli innumeri esempi e i più rario » tutti l'abbiamo potuta gustare: impiantata sulla base
vieti: le forme prime del teatro, le forme prime della poesia che della debolezza spirituale di chi, da tener buona la gente, rite-
dicono didascalica (poi si va fino alla Commedia), e il quadro neva si dovesse mentire a tutti i costi: una retorica balorda,
d'ahare in che si dibatte quasi esclusivamente l'esordio della • sconclusionata, sbagliata era sul dramma eroico il dileggio, e
composizione pittorica. In mille casi è un motivo tecnico che dà sulle vergogne il cataplasma inutile e sconcio. Quanto preferi-
la stura a tutto un processo: nel senso che quel processo si è bile la prosa tecnica dei rapporti d'ufficio, da reggimento a
disviluppato come un« a sé » estetico da quel primo spunto che brigata, da corpo ad armata! Lì il sangue era sangue, e non
non era affatto un« a sé ». Così da intenti elogiastici può nascere unguentata perifrasi! Lo spunto estetico che la guerra libica a
la storia: e da intenti polemici e apologetici può la politica: e tutto un popolo offerse divenne un « refrain » da caffè-concerto:
dalla statica l'architettura. « Naviga o corazzata: benigno è il vento e dolce la stagion. »
Ma quanto fascino serba, pur dopo che il processo della le- Cioè facciamo la guerra libica perché la stagione è dell'uva e dei
ziosaggine (lasciatemi dir così) è cosa fatta, quanto ar\:lore di fichi. Capisco anch'io che è difficile mettere in musica da man-
verità e quale imperioso dominio sull'animo nostro manifesta dolino gli assalti del Cengia e del Podgora. Sicché quel ritornello
quel nucleo primo, prammatico, esclusivamente tecnico, pale- ha una sua bellezza scimunita e beota, atta a rapire nel vortice
semente interessato, da che poi verranno fuori il « disinteresse » della vita eroica il parrucchiere mandolinofilo che si goda il suo
e l'indugio dell'arte. permesso di otto giorni in Beozia, sacrificando all'ottobre e alle
Bellezza e nobiltà del ponte romano, della totre lombardesca, Muse.
degli alti sostegni de' viadotti, de' tralicci delle condutture elet- Non meno ricca d'imprevisti che sia questa tesi, cui ho cercato
triche per grandi potenze, e financo della stizza postuma di delineare, si delinea l'antitesi. Il parrucchiere ce ne offre lo

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spunto. Da poi che all'artista, come ognun sa, è sempre lecito chiede un'idea o, spunto direzionale per la ricreazione, cui per
gridare: « in casa mia il padrone sono io »; da poi che il suo gioco dire in fretta chiamerò programma ricostruttivo, anche se è un
è suo, lo schilleriano gioco, ov'egli assume quella stessa parte che programma sentito d 'istinto.
nell'universo il Creatore. Il dilettante di scacchi afferma che Obbietterà taluno: « Ma che diavolo dite? Questo ricreare
quella è « la sua » partita, ed egli di fatto così con perfetta non è precisamente il compito primo dell'arte? Quali scoperte
sincerità la governa, se pure le tecniche occhiute de' maestri state facendo? » Prego questo distratto di ben seguirmi. Il creare,
annòdino su di lui condanne implacabili. Il parrucchiere può secondo una visuale o modo o tecnica che dir si voglia, è appunto
sempre cavarsela con l'evadere che:« Naviga o corazzata» è« la euresi o arte. Ma esiste, ripeto, un limite infimo di pertinenza
sua » poesia, quella ch'ei « sente » e ch'ei predilige sopra ogni della rielaborazione, e questo limite è segnato dal già fatto, dal
poesia, quella proprio che ci vuole per lui. I bollettini ufficiali già concreto, dal già accettato. Dissi che il verbo coordinare
non li capisce, non gli toccano il cuore. Le perorazioni de' cele- vuole il suo complemento oggetto: che si coordina, almeno,« un
bratori e incitatori magniloquenti ancor meno. Ma « dolce è la qualche cosa ». Un cotale complemento oggetto o limite infimo
stagione » lo trascinerebbe addirittura in Libia, volontario di o prima materia, ebbene, ora sto accennando ad una disgrega-
guerra. Né« l'elmo di Scipio » di che la testa in altri anni si cinse zione possibile anche di questo. Dalla tesi risulta una simile
la nostra cara e neoclassica e insieme romantica Italia, è del resto disgregazione e la ricreazione successiva esser lavoro vano, inu-
meno discutibile di queste corazzate col vento in poppa. tile, perché precorso dalla specializzazione delle tecniche.
Qui il discorso potrebbe deviare ad altri propositi, e cioè verso Ma l'antitesi insiste: « No. Può essere che vi sia chi supera il
il tema dibattuto e un po' stracco dell'arte per tutti o per pochi, tecnico, chi inventa (invenit, proprio invenit) un processo
per questi o per quelli, folkloristica o culturale. Non è l'indagine espressivo nuovo e migliore anche nell'ambito dell'espressione
che mi son prefisso, come tutti vedono. Lo sviluppo del mio raggiunta da una tecnica singola. » Se ciò possa avvenire o no è,
discorso è invece il seguente: appunto dal fatto accennato che il in fondo, questione oziosa. Mi preme solo di fiancheggiare l'af-
limite di intangibilità, la guarentigia di accettazione, di che fermazione dell 'antitesi con un ... suggerimento ... che si ricon-
possono venir chiamati ad usufruire gli apporti espressivi delle nette a mie idee qui mal richiamabili (se pur affacciate poc'an-
singole tradizioni tecniche, resultano arbitrari e removibili: ap- zi): « la disgregazione e la successiva e nuova integrazione del
punto per ciò lo scrittore può respingere tutti o alcuni di tali materiale primo sia motivata».
apporti, ricreando « ab imo » la pausa espressiva che già essi han Così, nel modo più lato e più spiccio, le dico tutte. E dico cioè
raggiunta. che non si può trascurare l'apporto d'una tecnica per motivi di
Per riadoperare (un po' a fantasia) la similitudine del mura- pigrizia, di ignoranza, col dire: « è difficile, io non ci ho vo-
tore, diciamo che egli può tritare il mattone offertogli e poi glia! »,masi può bene assumere posizione estetica volutamente,
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"' rimpastarlo e rifarlo a suo modo mattone, e poi seguitare alla consciamente evasiva rispetto a quella medesima tecnica, posi-
fabbrica del « suo » muro, che è la « sua opera». (Similitudine zione che o ne riemendi i risultati, o li riassuma nello scorcio
assurda, si dirà dai meticolosi, ché ragioni chimiche deneganp la della prospettiva, o li releghi nell'indistinto, o loro deneghi va-
possibilità del nuovo impasto.) In altre parole l'artista può ri- lidità nell'affermazione di contrastanti valori. Uno xilografo che
creare la materia delle tecniche (materia come pesantezza con- rappresenti una locomotiva, non la disegnerà certo chiodo per
creta di situazioni espressive già definite e accettate, epperò in chiodo, quale è consegnata nelle tre proiezioni ortogonali dentro
senso platonico e forse un tantino bergson1ano) annichilandola e l'archivio dell'ufficio tecnico, presso la casa costruttrice. Potrà lo
rifacendola per conto suo. xilografo non vedervi le ruote, ma un'omerica nebula, preso
Ciò, com'è ovvio, implica fatiche indicibili (sarebbe il meno), com'è nell'impeto del raffigurare la corsa trasvolante. Non potrà
e lo espone al pericolo di incorrere appunto in quelle condizioni però munire quella trionfante macchina di ruote quadrate.
di inferiorità che la tesi ha determinate. Ciò, soprattutto, ri- Ora, quel che accade talvolta a chi troppo ometta di docu-

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mentarsi circa la perizia espressiva raggiunta dalle singole tec- coordinarsi in nuovi organismi espressivi: il « far vela » doventa
niche, è appunto questo malanno del fare i circoli troppo qua- « aprire l'ammissione» (delle valvole de' condotti di vapore).
drati. Un po' quadrati va bene, siamo degli artisti, corpo di E come ciò accade alle tecniche nell'ordine loro, può sempre
Bacco!, e ci incombe l'obbligo di vedere « a nostro modo » le accadere al prepotente poeta, che renega un simbolo o un valore
cose: ma troppo poi no! già adottato o già presunto da altri, e lo sovverte, ed altro ne
In parole povere:. sussistono esempi di espressioni « sbaglia- forma. Ma in ciò il poeta ha da comandare e saper comandare,
te»; sussistono grottesche e fracassose contraddizioni consegna- non obbedire e dover obbedire. « A chi obbedire? » « Oh! a una
te nei confini stessi d'un metodo: così se il Tiepolo facesse, ne' fisima, a un partito preso per boria. »
suoi cieli e nelle sue nuvole, un volo di starnazzanti gallinacei. È A conforto dell'antitesi, poi, si vogliono tener presenti le op-
ovvio dunque, e con questo finirò, che vi possono essere motivi portunità, cui accennai, di evasione e di scorcio: quando volu-
teoretici e motivi pratici ·i quali ne spingano a volutamente tamente devesi dimenticate una tecnica, come accade per ne-
disgregare la materia infima già offerta alla elaborazione per- cessità di cose a chi tratta questa tecnica quale un momento
sonale; fino a dissolverla, a renegarla, a svuotarla d'ogni acqui- attualmente esterno alla conoscenza: così le fronde e le foglie,
sita realtà. Avviene spesso al filosofo, e anche semplicemente al imagini visive particolari, si sommano e fondono lontanamente
sociologo e più semplicemente ancora allo storico, di trovar nel color cupo ed unito d'una foresta lontana. Ché, com'è ovvio,
prive di realtà certe espressioni posticce, insicure, certe « trova- sarebbe pedanteria, disarmonia e squilibrio e falsità tonale l'in-
te», certi ragionamenti donferranteschi, o certi « clichés » falsi sistere in una linea di sì-minuta perizia, ove sia questi_o ne sol-
del pensiero comune o di quello degli avversari. Ebbene: ecco tanto d'abbozzo e d'accenno.
allora che il compito del disintegrare e del ricostruire l'espres- Credo d'aver dato una certa forma alla bizzarra e poco lette-
sione emana dalla funzione stessa della conoscenza: è euresi, è raria e poco ortodossa questione, che m'è piaciuto proporre.
attività connaturata alla costruzione gnoseologica. Dubbio reprimendo e malvagità d'eretico è invero, nella chiesa
Altrove sono interessi pratici quelli che contro una tecnica di Dio, il pensare che i lumi de' presuli e de' prelati siano talvolta
dominatrice ci spingono a dir « no, questo non è »: e a voler men lucidi che queUi del gregge. Eppure, come in ogni umana
rifare dalle fondamenta posizioni accettate e consolidate, ma- faccenda, come nell'esercito e nella chiesa e nell'insegnamento e
gari da secoli. Così come quando introduciamo a bella posta un negli affari e dovunque, che accade incontrare alcuni degli in-
·nuovo ed energico cànone, di natura elementare, di grido pos- scritti men degno di altri non registrati ne' libri, così anche nella
sente, nel groviglio de' temi stanchi e degli uggiosi ritorni con- nostra musogònica repubblica. Il mondo bisogna pur guardarlo,
trappuntistici dentro cui l'avversario tentava di invilupparci. Le ' per poterlo rappresentare: e così guardandolo avviene di rilevare
rivoluzioni storiche sono presagite, con maggiore o minore an- che esso, in certa misura, ha già rappresentato se medesimo: e
ticipo, se.guite con maggiore o minor fondatezza, da rivoluzioni già il soldato, prima del poeta, ha parlato della battaglia, e il
estetiche. marinaio del mare e del suo parto la puerpera. E questi « prati-
Del resto, ciò si verifica anche ne' confini delle singole tecni- ci », vivendo lor vita, le danno pur luce e colore: quel colore che
che, quando si trapassi da un momento della perizia verso il suo è cosa povera davanti l'eternità, ma tanto cara ai nostri occhi di
successivo. Quando la nave a vela disparisce e dà passo ai v;:i.pori, poveri diavoli: quello di cui forse non ha bisogno il filosofo, ma
quando la diligenza e i postiglioni e le sonagliere si fanno treno e certamente il poeta.
conduttore e sibilo ai dischi, « el negher » ( detto nella parlata Tutta la questione è una questione di particolari, di minuz-
lombarda del macchinista) non poteva certp essere il gallonato e zoli: ma anche di vita: poiché la vita è il differenziarsi e il
incodinato postiglione della vecchia posta teresiana o giuseppi- rifrangersi de' motivi per entro i motivi, in situazioni infinite e
na. Le posizioni di tutto un aggruppamento simbolistico ven- nucleate ciascuna in un attimo, in un caldo attimo, in una·
gono così risolvendosi, e simboli altri vengono a delinearsi, a colorita pausa, in una permanenza caparbia e malvagia del

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particolare e del singolo, in una sua reluttanza a smarrirsi verso LINGUA LETTERARIA E LINGUA DELL'USO
il buio indistinto. Tutta la questione d 'altronde, come da qual-
che accenno s'è visto, si riconnette e subordina ad altre e diverse
e prima forse ad una, ch'è grama quant'altre: se l'attività este-
tica sia realmente prescissa, come da taluni nobilmente è stato
affermato, dai momenti che sogliamo chiamare prammatici
dell'esser nostro o se nel fondo cupo d'ogni rappresentazione sia
ritrovabile ancora quello stesso germine euristico che è la sintesi
operatrice del reale. A mio avviso, può, chi scrive, discettare con una tal quale
1929 curiosità, se pure con incerto profitto, intorno ai problemi del-
l'idioma: è bene che la materia dell'arte sia conosciuta e analiz-
zata (oltreché tentata, sperimentata) da chi se ne vale ad espri-
mersi. Il legno dal falegname, la lega ferrosa dal siderurgista.
Nego, in ogni modo, che la materia dell'arte sia cosa trascu-
rabile : e che l'espressione, le più volte, pervenga a costituire
verità e bellezza per sé, identica soltanto a se stessa, prescinden-
do l'artefice dalla materia. Opino tuttavia che il profitto nor-
mativo di uno studio estrinseco (dei problemi idiomatici) non
sarà grande, ai fini delle opere, per questo: le facoltà che dal-
l'arte si esercitano sulla propria materia sono piuttosto istintive e
i mezzi e i processi alquanto surgivi e reconditi, piuttosto che
non razionali o dialettici o apertamente raddrizzabili con ma-
nifestata ortopedia. Una felice espressione o dizione (in senso
lato, p. e. un capitolo di storiografia) si raggiunge, a quanto
sembra, più veramente lungo i misteriosi cammini -di una sintesi ·
inconscia, che non per grammaticali o lessicologiche delibera-
zioni. Certe inimitabili pagine del Cellini, che cozzano a piene
corna, stupendamente, contro ogni preventivo. Non è per filo-
logicale senatoconsulto che possono venir fatti al poeta i due
vers1.
Questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.

Non tanto il dibattito estetico o filologico (in senso stretto)


può venirci al soccorso, quanto un amoroso praticare l'idioma,
per lettura e per discorso: e per esercizio d'inchiostri. Sì, eserci-
zio. E mandare molti versi a memoria, il Dante, poi, non par-
liamone.
Ciò posto, mi richiamo (da dilettante, da praticone, da trec-
cone) ai problemi sfiorati o dibattuti nella perspicua no.t a di

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Bruno Migliarini, ai quali han già portato i contributi della loro formato, onde riesce a inzeppare lo spazio del bagagliaio, a
analisi e della loro scienza studiosi come Giacomo Devoto e colmare i suoi vuoti. L'Omero è pieno di zeppe monosillabiche,
Gianfranco Contini. se non esclusivamente ascritte a ragioni di misura. E in lìngua
È ovvio, per me, che la lingua d'uso non può tener da sola il nostra, che la parola si può stirare, contrarre e metastatare
campo della umana conversazione. Bello, bello da rimanerci, è (palude, padule: femminile e maschile) secondo libidine, come
udire il mi' lattaio fiorentino a djscorrere: e talora lo sto ad la fosse una pasticca tra i denti, ecco qua: si potrebb'essere
ascoltare irtcantato: e mi dico: « impara, impara, o ciuco ». Ma Omero senza le zeppe. Dò palla bianca a una collazione e a un
una nazione non può ridursi al brio ancheggiante delle sue fanti uso ragionevole di tutte le varianti ortoepiche: non voglio mol-
chiantine, o all'estasi delle madonnine di Valdarno: per quanto lare né palude né padule, né il femminile né il maschile: e mi
vividamente, stupendamente, o miracolosamente parlanti. riserbo di usare d'entrambe le forme (lessicali).
Nemmeno può ridursi agli stenti iperborei di certi suoi lucumoni Che lingua letteraria e lingua d'uso si scostino di qualche
o druidi, che asineggiano sopra scolaresche di zucche. poco, e talora d'una pertica buona, poco mi ci struggo: ma
È superstizione romantica (pervenutaci dal romanticismo) il davvero: e non sarà la fin del mondo. Anche le gonne d'una
darci a credere che la lingua nasca o debba nascere soltanto dal marchesa diversificano a chiare note da quelle della Marianna,
popolo. Nasce dal popolo come nasce anche dai cavalli, che col pur essendo catalogabili entro i termini dell'idea « gonne » le
loro verso ci hanno suggerito il verbo nitrire, e i cani guaiolare e une e le altre.
uggiolare. La lingua, specchio del totale essere, e del totale Il Migliarini, con gli esempi « discrezionale », « cambiario »,
pensiero, viene da una cospirazione di forze, intellettive o spon- « coalizione », e con le note storiche relative (pag. 224), accenna
tanee, razionali o istintive, che promanano da tutta la universa al fatto per cui un vocabolo di mencia statura o di origine
vita della società, e dai generali.e talora urgenti e angosciosi moti barbara piovuto appena tra i galantuomini, poco di poi si af-
e interessi della società. Può darsi che il monello di porta a Pisa faccia per una finestruola della locanda al gran Foro della lin-
l'abbi più pronta la botta in cima della lingua: non per questo gua. Indi siffatti meteci ottengono cittadinanza: e si insinuano
dovremo tappar la bocca ad Antonio Rosmini. È più facile come scherzare nella lista dei padri e coscritti. Qui dovrebbe
notare un descensus dalla lingua colta all'uso, che non il pro- valere il criterio: se insostituibili, si accolgano, vincendo la ri-
cesso mverso.
pugnanza: se c'è già il corrispettivo paesano, si respingano. Ma
in pratica un tal criterio non vale, o non arriva a poter sempre
I doppioni li voglio, tutti, per mania di possesso e per cupidi- valere. Ritrovalo tu codesto caro paesano, che si nasconde col
gia di ricchezze: e voglio anche i triplani, e i · quadruploni, suo vincastro e le pecora in cima alla montagna del Casentino.
sebbene il Re Cattolico non li abbia ancora monetati: e tutti i Io sto per essere deversato dal mio tram in via Tommaso Grossi.
sinonimi, usati nelle loro variegate accezioni e sfumature, d'uso Arrivederci domani.
corrente, o d'uso raro rarissimo. Sicché dò palla nera alla pro- E certi, strapazzoni, allora, ti camuffano lo straniero, o il
posta del sommo e venerato Alessandro, che vorrebbe nientedi- gobbo dal piè di cavallo: lì per lì: te lo rivestono da italiota
meno potare, ecc. ecc.: per unificare e codificare: « d'entro le aborigenato, alla meno peggio, e con un buon calcio di dietro te
leggi, trassi il troppo e 'l vano ». Non esistono il troppo né il lo sparano giù, dalla sua locanda, nel fondaco matto delle bel-
vano, per una lingua. lurie e della disinvoltura cittadina. Ne nasce quella tipica lingua
Le variazioni lessicali (sinonimi) e le varianti ortoepiche (rie- da parrucchiere per signore, a cui tutti dovremmo abbrancarci
scire e riuscire; adacquare e dacquare, in aferesi) mi vengono disperatamente, come a un salvagente, per non essere sommersi
buone secondo collocazione per varare al meglio o per varare dal flutto. Dal mare dell'anticaglia e dello stile togato.
all'ottimo la clausola prosodica. Fra l'altro. Così al vetturino e al Talora il vocabolo è caduto in desuetudine in questa soltanto,
cavallante vengon buoni i dimolti fagotti e baligie di vario o in quell'altra parte del bel paese: che Appennino parte, ohimè,

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e non mai così duramente lo parte come in fatto di partiture lare disciplina della notazione (giure, scienze fisiche, scienze
lessicali. O presso una categoria di persone, non presso un'altra. mediche, storiografia, ecc.) e immettono nel gran fiume della
Certo è che l'ultima delle sguattere d'una trattoria pistoiese lingua da un lato il frasario gergale de' pratici, che a poco a poco
parla un meglio italiano che non la prima delle marchese di si deposita in una moda normativa, di largo uso: dall'altro il
porta Ticinese. frasario di lontana o rinnovata discendenza illustre, che coglie
Con tutto ciò, il popolo non deve essere idolatrato: e nemme- l'etimo alla sua viva (per quanto illustre) ed antica radice:
no la lingua del popolo. Amato sì. E ammirato e seguito là dov'e' italiana classica, latina, greca e neo-greca scientifica. E allora
ci assegna la misura, la bellezza, la grazia, la esattezza, la pun- vocabolari speciali, trattatistica, repertori delle arti.
tuale esattezza! la forza: il che avviene, ahi noi!, dimolto ma Ogni praticante, ogni maestro ha cooperato a provvedere
dimolto più spesso uno scrittore tronfio non creda. Altrove non d'un idioma la società delle anime. Ogni sommo lucumone
può il popolo, e nemmeno il toscano, fornirci lume del suo, dato dell'idioma potrebbe chiedere al corpo vivo della sua gente di
che la intrinseca ragione e direi il meccanismo del pensiero, aprirgli le anime: « da mihi animas, coetera tolle » . Così la
fatto, o da farsi, è al di là della sua cognitiva, sopravvanza Bestia raggiunge la dignità di un linguaggio.
l'avventato e l'improvvido, e richiede una disciplina allungata e I filosofi, i giuristi, hanno definito concetti e creato vocaboli,
pertinace, un corso di perfezionamento, di hautes études. usando a volta in particolare accezione i vocaboli del comune
Devo rimandare ad altra sede alcuni appunti sulle questioni discorso. Noi non possiamo ripudiare il suggerimento e il soc-
laterali: 1) Vita storica del vocabolo e del modo espressivo. corso de' maggiori, i doni e gli apporti. Valga dunque Aristotele
Impossibilità di astrarre da un riferimento storico della lingua come Ulpiano, ognuno pel suo.
parlata e scritta. 2) I dialetti. Il diritto di alcuni modi più ricchi,
o più vigorosi, de' dialetti stessi ... a entrare nell'elenco dei padri e Un altro ordine d'osservazioni: e mi avvicino alla chiusura.
coscritti. Dò palla bianca ai meteci e inserisco in una mia prosa il Non sempre si parla o si scrive dassenno, e talora benanco, la Dio
ligure galuppare (per sciroppare, francese bouffer) e il romane- mercé, tu dimetti la tua grinta categorizzante per una gentile
sco gargarozzo. Giungo persino a fare qualche scandalosa con- bautta, o per un testone col naso peperonata. L'umore, l'alle- ·
cessione alle due grandi lingue sorelle, francese e spagnola. 3) La grezza, la stizza, l'imbroglio, la menzogna, la frode , movono gli
lingua scritta (il Devoto giustamente vi insiste) dà tempo e modo omini ad abusare della lingua e della penna: abuso morale, ma
per architettarla e forbirla (polirla, direbbe Gabriele): non così pieno uso idiomatico. D'altro lato, i peccatori e i pupilli finirono
quattro battute spicce licenziate in qualche modo davanti il per istuccarsi con l'andar dei secoli di certe bugie o tiritere de'
treno che parte. 4) L'uso specioso che talora si fa della lingua e precettori e de' maestri: e vi furon genti e persone individue che
della sua sintassi in poesia, l'accezione « spastica » della parola, . seppero benissimo irridere alle fole con il linguaggio delle fole
suggerita da Orazio nell'arte poetica e praticata da tutte le medesime. Altri vollero semplicemente ridere. Figurano, tra
scuole un po', fino ai dì nostri. 5) Il vario stato cultùrale e questi, gli scrittori satirici, i comici, i maccheronici, i « licenzio-
l'indole e la disposizione de' parlanti comporta varie gradazioni si ». Allora le filosofie lunghe, le troppo dilatate teologie si sen-
di colore, toni specifici, toni preferenziali nella scelta istintiva tono rifare il verso in teatro: e così l'epos pallonaro, o l'umanità o
del vocabolo, nella pratica del linguaggio. la sofistica buggerona.
Sono d'accordo con Migliarini sullo schema di pag. 226 (zone Rifare il verso! quali sottili misure si dimandano per una
di soprapposizione e zone di esclusiva delle « diver~e » lingue). cotanta operazione! Dire dassenno le proprie magre opinioni
Per mia parte, bracconiere di frodo, voglio libera la bandita in sulla piantatura del rabarbaro può essere pratica d'ordinario
j,, tutte quante le zone, secondo opportunità. Circa gli apporti mestiere. Ma lavorare ai sottili e congegnati equilibri cervantini
espressivi delle tecniche ebbi a scrivere molt'anni fa in « Sola- vi par sapienza di nulla? Ora in codesti giochi e burle ch'io dico,
ria » e dirò in altra sede. Avvezzano lo scrivente a una partico- la lingua illustre è talora adibita a predisporre l'orditura mede-

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sima della burla. È il valido liccio di fondo a cui si appoggerà FATTO PERSONALE ... O QUASI
l'opera: dico il disegno del simulare, o del mordere.
La lingua dell'uso piccolo-borghese, puntuale, miseramente
apodittica, stenta, scolorata, tetra, eguale, come piccoletto
grembiule casalingo da rigovernare le stoviglie, va bene, conce-
do, è lei pure una lingua: un « modo » dell'essere. Ma non può
doventare la legge, l'unica legge. Ripudio un tale obbligo e una
siffatta legge, quando è dettata dall'ortodossia degli inesperti o
dei malati di pauperismo. Anni sono il Contini ha rilevato, nel corso d\ma caritatevole
Può darsi che la manìa dell'ordine astringa taluni a potare la perizia, ha sorpreso nell'atto della ingredienza ad opera -q uel
pianta di tutte le rame capricciose della liberalità e del lusso. tanto di macaronico cioè di deformante il simbolo idiomatico, o
Dichiaro, per altro, di non appartenere ad alcuna confraternita deforme con esso, di che la mia scrittura s'intride: e con lei la mia
potativa. La mia penna è al servizio della mia anima, e non è anima. D'un così chiaro e giusto giudizio, che si restringeva,
fante o domestica alla signora Cesira e al signor Zebedia, che suppongo, a determinate modulazioni e a determinati passaggi e
vogliono suggere dal loro breviario « la lingua dell'uso », del loro del testo e dell'anima, germinò poi una fogliolina e cioè la
uso di pitta-unghie o di fabbricanti di bretelle. schedula della quale mi trovo oggimai etichettato nel casellario
Le genti le dimandano con ogni ragione delle buone e intelli- dell'opinione, in misura troppo rudemente collocativa. S'hanno
gibili scritture: legittima cosa, che il fratello attenda dal fratello a purgare i peccati: esibire ignudi al Giudice le deformità: quelle
una parola fraterna. Ma questa prepotenza del voler canoniz- di cui giorni e tempi hanno attoscato e contorto uno stelo ignotp
zare l'uso-Cesira scopre di troppo il desiderio, e quasi l'intento, ed inutile contro il cielo di dolore, l'esile fustolo che già si
della Cesira medesima: il desiderio d'aver tutti inginocchiati al adacquava per Battesimo. La bozza macaronica, dunque, la tu-
livello della sua zucca. mescenza barocca. La gromma fescennina.
1942 Se il macarone è stato servito a tavola ad onor mio, e attende
nel piatto, vorrei non v'aveste a credere, amici, ch'io fossi il solo
ad alimentarmene: che una tal quale specie di maccheronea (di
timbro conscio o incoscio) la non sia un po' un'erba d'ogni
fosso, e dove pecora di passo vi bruca. L'erba macaronica la s'è .
largamente abbarbicata alle cagioni e del pensare e del dire: la
viene a rigoglio nell'impeto parlativo della polemica, della irri-
sione, della beffa: e nel semplice e comune giudizio le dimolte
volte e nel . ragionamento corrente: se ne cibarono intorno ,a
Roma o avverso Roma le genti galliche e barbare, ma molto
avanti ancora le atellane e sabelliche, e tusche ed osche. Le
liguri. Le venete. Quell'erba s'accompagna a l'imagine nel suo
sorgere, nel suo rampollare a parola. Vive e prospera: nell'in-
' dole, nell'umore, nella voglia, nel costume di ' tutti: all'atto del
,,I concepire, e del definire il concetto, del metterne sui labbri il
disegno. Per difesa ed offesa, per gioco, per celia, per invidia
d'un'alta luce latina, per derisione de' sciocchi, per disdegno o
bile contro gli usurpatori, o i coglioni in cattedra, o gli argo-

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mentanti dottori e Dulcamari d'ogni medicina, d'ogni farma- un pullulare di giochi e di calambouretti - se li soffiano di
cologia, d'ogni teologia. La maccheronea polverizza e dissolve bocca in orecchio, matita sul blocco tuttavia per le Valdarno, le
nel nulla ogni abuso che d'ogni modo e forma e del ragionare e Breda - da credere a una perpetua fioritura di papaveri in fra le
del dire venga fatto, per entro le parole della frode. Tanto messi, in un bel campo di grano. In que' cervelli dov'è pur così
dunque, l'aborrono, i gran lucumoni del nulla: i zelatori d'ogni viva inquantoché toccata di minuto in minuto l'extrafrottolesca
simulato entusiasmo. È questa una funzione etica e gnoseologi- imagine del fatto economico. Gli è che i dialetti lombardi si
ca: la maccheronea costituisce limite, e siepe, e rete, che ricinge e prestano dimolto bene a dimolti giochi di parole.
assiepa e delimita l'imbecillità del concetto, e con lei quella di I luterani e' vogliono pregar Dio in lingua loro: talché mac-
chi ridice, nell'ecolalia d'un ebefrenico, vane glomerazioni di cheronizzano o per ispregio o per dileggio il buon latino del
parole. Le più volte è gioco; gioco definitore o disgiuntore: è Papa. Dante maccheronizza a Nimrod sive Nembrot 1 la su'
burla utile, qualche volta: ma anche inutile, sciocca, tediosa. Il parlata semitica: al progettista della torre di confusione, re gi-
popolo, al ragionar che fa nelle su' piazze e ne' broli e nelle gante« per lo cui mal coto - pur un linguaggio nel mondo non
bettole, secerne continuamente la su' maccheronea, come un s'usa». Rablesio maccheronizza in Livre Second (Pantagruel,
perpetuo sudore. Ne dicano gli uomini: e meno i giovini: e poco roi des Dipsodes, eccetera), capitolo primo, certe allures di certe
poco le donne: ne dicano i medici ai lor malati, gli speziali a' genealogie bibliche,2 paleo e neo-testamentarie, o prosapie gen-
barbieri: alle domestiche i macellari, quando in seconda matti- tilizie signorili o regali, oitaniche od occitaniche. L'irreverenza
na le sono a spendere: gli agenti in borsa, col taccuino loro o per del francescano umanista (a Fontenay - le - Comte, nel basso
denaro o per lettera; i preti a mensa dopo messa, rubizzi, dopo la Poitou, poi umanista benedettino a Maillezais) sembra mac-
cantatona del Corpus Domini. cheronicamente preludere le fatiche e le angosce di certa filolo-
Ne dicevano gli alpini sullo spalto erto del monte, i granatieri gia protestantistica, la quale muore dalla voglia di arrivar fi-
al Cengia o al Timavo, pur conoscendo, conoscendo dove la nalmente ad espungere dal testo di Matteo, come apocrifa e
sarebbe andata a parare, quella gloria. Ne dice e dicano il interpolata, la grande anamnesi del Capo I, da Adamo a Giu-
vecchio vetturino al cavallo, muratori sul ponte, macchinisti, seppe: e quell'altra similmente in Luca, Capo III, più pignola
mugnai. Ne baciano le mezze-teppe in istrada: e ne iscrivan su' della prima. « Car je voy que touts bons historiographes ainsi
muri per tentazione delle ragazze. ont traicté leurs chronicques, non seullement les Arabes, barba-
L'idea che tutti, e sempre, gli uomini e le lor degne signore, e' res, les Latins ethniques et les Grégeois gentils, qui furent bu-
parlino e faccino per parolette ammodo e purgate e lisce lisce, l'è veurs eternels, mais aussi les auteurs de la Sainte Escripture,
un'idea certo. Bona. Di qualche estravagante bizza o parola, camme monseigneur sainct Luc mesmement, et sainct Matt-
tuttavia, corre da state averno il disdiscevole fremito, sul santo hieu. »
groppone della terra. Ed è in chel punto che le persone serie al I fumi della maccheronea non hanno mai adombrato né of-
mènomo sitìo di maccheronea, fatti i fatti loro, le storcono il fuscato il volto splendido della libertà. I suoi lazzi non hanno
grifo. mai offeso gli orecchi né invilito l'anima dei forti e dei liberi. I
A proposito di borse: il Mascellone che proibiva tutto a tutti, e pavidi, i vili, gli enfiati, i Paflagoni sui loro troni di parole, i
gli rinvennero sterline d'oro nell'astinente borsa littoria, a Don- zelanti scaccini di tutte le triste chiesole della terra, costoro se ne
go quando da ultimo gli dissero finalmente le ragioni, be' lui adontano: se ne sgomentano: chiamano a soccorso la pudicizia,
aveva un odio inestinguibile alla borsa a Milano: primo, perché l'incolumità della stirpe, l'onore della bandiera, i fratelli Bran-
la gli cantava il verso a dispetto, unica a dirgnene, co' suoi ca; le ragioni di poesia o di filosofia, come loro le intendano.
numeri, in fra tutti i violini e violoni dell'orchestra (il giudizio di Plauto inscena il suo Miles nell'invernata del 205-204 a nem-
valore non può mentire a negozio): poi perché da denaro a 1 Genesi, X, 8-10; XI, 1-9. Comedia, Inferno: XXI, 67-68.
lettera, da Cucirini a Montecatini, da un bercio al venente, l'era 2 Genesi, x e XI; Matteo, I, 1-16; Luca, m, 24-38.

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meno tre anni dalla carneficina ristoratrice del Metauro (21 delle genti, atellane o padane che lé fossero, delle anime. Il Cocai
giugno 207, a mattino già inoltrato): inscena il Plauto, inscena: eguaglia e talvolta supera in una stupefacente sintassi descritti-
tra il Metauro e Zama. Il legionario vulnerato al Metauro ap- va l'Ariosto minore: a certi momenti potrebbe richiamare il
plaude la scarica di legnate che si deversa sul groppone di Mantegna. Le discipline obedienziali della penna conoscono
Pirgopoli.r;iice. Il maccherone fottuto di Predappio avrebbe fatto molte vie. Racconta il Sacchetti che il popolo fiorentino leggeva
fucilare Plauto, « per offesa alle forze armate della nazione in « porta delle miserie » dov'era scritto sopra il portale del carcere

guerra ». Merlino rammenta d'esser ito chierico allo Studio a (dei debitori) « oportet misereri ». E in novella undecima a
Bologna: Siena raffigura e muove di maestra mano uno sciocco, ch'era
pure balbuziente, poarino, che lo inquisitore chiama ad episco-
Cum sociis multis ivit studiare Bolognam
Et philosophastri baias sentire Peretti. pio ad essere interrogato da misser lo piscopo. Messer Guccio
(Baldus, XXII, 122-123) Tolomei lo fa invitare da burla, perché il temibile magistrato
della fede « gli opponessi alcuna cosa di resìa » ( aferetico per
Né si dà pena di troppo venerare la cabala di scuola, i com- eresìa).
menti al Maestro d'ogni sapere: « ... dice il vescovo: ,Sai tu il Paternostro?> Dice Alberto:
Dum Pomponazzus legit ergo Perettus, et omnes ,Messer sì.> ,Dillo tosto,> disse lo inquisitore. Alberto cominciò;
Voltat Aristotelis magnos sotosora librazzos, e non accordando l'aggettivo col sustantivo giunse balbettando
Carmina Merlinus secum macaronica pensat ... a uno scuro passo, là dove dice da nobis hodie; e di quello non ne
(Baldus, XXII, 129-131) potea uscire. Di che lo inquisitore udendolo, disse: <Alberto, io
scena descritta in un esametro, quel di mezzo, con meravigliosa t'ho inteso; ché chi è paterino, non puote dire le cose sante, ... »
evidenza. Al venirsene, incocca lÒ spaurato Alberto messer Guccio To-
Dire per maccheronea è dunque, talvolta, un adeguarsi al lomei, che, di sicuro, si stava dietro un cantone ad attenderlo.
comune modo e gusto, un rivendicare e un risolvere le istanze « , . .. Alberto, la cosa dee stare bene, quando tu torni.> Disse
profonde contro i piati stanchi, un immergersi nella comunità Alberto: ,Gnàffe! non istà; però che dice che io sono paterino, e
vivente delle anime, un prevenirne o un secondarne in pagina che io torni a lui domattina, e ancora non mancò per quella
l'ingenito impulso a descrivere, la volontà definitrice del reale, puttana di donna Bisodia che è scritta nel Paternostro, che non
per allegri segni. Tenui sfumature, sottili vincoli o precipitati mi facesse morire allotta allotta., »
trapassi, dalla satira alla maccheronea. Dalla malinconia alla Il dì dopo ci rivà: « ... ed elli con gran timore tornandovi, gli
maccheronea. In un sènso ampio ed alto, resultano macchero- diede lo inquisitore ad intendere, che se non fosse messer Guccio,
nici dopo che lirici i grandi lombardi contro l'apparato rinasci- l'averebbe arso; e ben lo meritava, però che di nuovo avea inteso
mentale:. il Fossano, il Foppa, il Moretto, l'allucinante violenza ancora peggio, che d'una santa donna, cioè di donna Bisodia,
del Caravaggio: i Fiamminghi della descrizione, del catalogo: sanza la quale non si puote cantare messa, avea detto essere una
l'animismo folle d 'un Bosch. puttana .. . »
Dire per maccheronea è più tosto un deferire che un reluttare, Qui la maccheronea è mezzo, e motivo, a darci il mondo e il
al sentimento dei molti: è interpretare e vivere anzi che rompere moto interiore di quel povero spaurato. Il... bis-hodie doventa
anziché dimenticare il meccanismo della fluente conoscenza, addirittura madonna Bisodia, dentro i' cervellone d'Alberto,
della descrizione e catalogazione dell'evento. Maccheronea non una matrona che deve presenziare e cantar lei, di persona, la
è, in quel punto, un esercizio barocco d'una prezioseggiante messa: una puttana che l'aveva tirato nei pasticci.
stramberia, ma desiderio e gioia del dipingere al di là della Motivato appiglio a maccheronea (urgenze vitali d'un popo-
forma accettata e canonizzata dai bovi: è gioia dell'attingere lano, soprastrutture del macchinone sociale) in Promessi Sposi,
agli strati autonomi della rappresentazione, all'umore pratico capitolo secondo.

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« Sapete voi quanti sono gl'impedimenti dirimenti? » INTERVISTA AL MICROFONO
« Che vuol ch'io sappia d'impedimenti? »
« Errar, conditio, votum, cognatio, crimen, cultus disparitas, vis, ardo,
'ljgamen, honestas, si sis ajfinis .. , » cominciava Don Abbondio,
contando sulla punta delle dita.
« Si piglia gioco di me? » interruppe il giovine. « Che vuol
ch'io faccia del suo latinorum? » Renzo s'era presentato al curato
« con la lieta furia d'un uomo di vent'anni, che deve in quel
giorno sposare quella che ama. » Dice: furia, e non premura. La prima domanda che vorremmofarle ha s(retta attinenza al suo lavoro.
Dice: uomo, e non ragazzo. Dice: vent'anni, e non ... so se mi C,è chi afferma che, difronte al« vecchio » Gadda (quello, per intenderci,
spiego. « Impedimenti dirimenti, » gorgogliava Don Abbondio. del Castello di Udine e della Madonna dei filosofi) si stia formando
Questo termine del giure canonico si barocchizza, si macchero- un « altro » Gadda, con interessi prevalentemente narrativi (Quer pa-
nizza dentro la rabbia contadina del deluso: che decede da lieta sticciaccio brutto, ad esempio, e alcuni racconti dell'Adalgisa). Come
furia, di colpo, al più mortificato controvapore. Talché la bat- vede lei, se la vede, questa distinzione?
tuta a rimbecco « che vuol ch'io sappia, eccetera » la rintrona La narrazione è certamente uno de' miei obiettivi. Esso non è
nella nostra arrière pensée di lettori per eco biologico-sessuolo- l'unico, non è stato l'unico, durante il corso degli anni e il
gica, eco ben distinta. No, da parte di lui, del filatore ventenne, tirocinio continµo della mia fatica o, se volete latinamente
non ci sarebbero stati impedimenti, è chiaro. Resegone o no, per chiamarla, del mio ozio. I primi impulsi verso la scrittura, in me,
un filatore ventenne tutte le liete furie finiscono in gloria ga- ebbero un movente lirico e descrittivo, e insieme narrativo: poi
rantita. Il diritto naturale anzi la vitalità naturale del giovine venne anche il saggio, la sognata memoria filosofica da leggere
insorge contro le formulazioni del « diritto » impedimentario: all'Istituto di Scienze Lettere e Arti, da inviare ai concorsi ac-
l'impeto vivo contro il morto imbroglio: del quale è simbolo cademici, dove si è premiati d'una medaglia di bronzo. Ho, in
grottesco, in quel momento, un ignorato latino. casa, dei pacchi, anzi nu cuòfeno 'e « meditazioni filosofiche»,
La buona penna di Don Alessandro ci riporta diffilato al non. totalmente spregevoli, d'altronde. Sono scritte in ottima
Sigmondo: in tale « foret de symboles » capì subito, il berga- prosa. La descrizione, il desiderio di conoscere e di approfondire,
mascotto, che l'adorata contadinella gli era per evaporar dal si estese per gradi, specie con la guerra (1915-1918), all'indole e
saccone, per quella notte di certo, ma Dio solo sapeva per ai tipi e al destino degli umani, ai rapporti fra le creature: la vita
quant'altre. Una posizione maccheronizzante, voce di popolo: militare e il servizio in guerra sono una trama continua di
urgenza biologica di filatore d'organzini lecchese d'anni venti: e rapporti, sull'ordito combinatorio del destino: il sibilo che sten-
lo sdegno di Lorenzo o, come dicevan tutti, Renzo, è bell'e de a terra, vicino a me, il mio compagno non può lasciarmi
ricondotto al suo motivo elementare, nucleare, all'angoscia della indifferente alla contemplazione della morte, alla mortale pro-
castrazione (complesso di castrazione passivo): da poì che il babilità di essere suo commilitone anche nel regno delle ombre.
ritardo enigmaticamente frappostosi alle nozze, aruspice il cu- Così la mia scrittura, dapprima nei diari e nelle lettere (che i
rato latinista, la equivaleva in facto. destinatari hanno sistematicamente distrutte), veniva a investire
1947 la vicenda umana, la storia delle anime. Poi ci fu l'immersione
dentro il lavoro: fra le tensioni spirituali che gli interessi del
lavoro e dell'industria necessariamente vengono a determinare
in chi ne è investito. Il forte senso della mia personalità (forte,
cioè intenso: non è un merito: è un fatto della psiche) mi traeva a
riuscire un lirico, piuttosto, o un satirico: la volontà di com-

92 93
prendere i miei simili e me stesso mi sospingeva all'indagine e a Così non sarò più lo scrittore bizzoso e vendicativo che ero in
quella « registrazione di eventi » che forma, in definitiva, il vita: non sarò più l'inchiostratore maligno e pettegolo che avevo
racconto. Capii che dovevo stringere entro più severi limiti la l'obbligo di essere per essere un narratore che si rispetti: non sarò
descrizione e l'invettiva, e far posto nelle mie note alla imma- più il maniaco dei tecnicismi, dei motti popolareschi, dei modi
tricolazione dei « tipi » umani, dei « personaggi )) , umani o mi- eruditi, degli archi a spiombo e delle piramidi sintattiche, dei
tici o bestiali., e delle loro impagabili vicende. periodi a cavaturacciolo, che mi vengono così giustamente rim-
La materia difettava tuttavia alla mia scarsa esperienza: i gesti proverati dal buon gusto e dal buon senso delle mie vittime. Ho
e le opinioni degli altri non mi eccitavano all'inchiostro: o, per pronunciato la parola « pettegolo ll. Credo realmente che un
più esatto dire, l'esperienza non sempre lieta che avevo fatto bravo narratore debba possedere e debba esercitare non soltanto
degli esseri umani pareva respingere da sé la mia penna. Così un quello spirito di osservazione che, forse, non mi difetta, ma
pittore si volge senza speciale vocazione, anzi con certa repu- anche quel gusto del conoscere i fatti (i fatti altrui), quella
gnanza, a un modello particolarmente ignobile, o squallente, o voracità inquisitiva che mi è le più volte mancata e tuttodì mi
privo di « segni » della personalità, cioè « insignificante ». (È manca, checché ne dicano i mordaci miei amici. Temperamento
vero che il puro colore lo chiama, e la pittura è arrivata oggi a piuttosto incline a solitudine, inetto a cicalare con brio, alieno
penetrare indi a ritrarre voluttuosamente i suoi mostri.) dalla mondanità, io avvicino e frequento i miei simili con una
· Nella mia vita di « umiliato e offeso » la narrazione mi è certa fatica e una certa titubanza, con più titubanza e con più
apparsa, talvolta, lo strumento che mi avrebbe consentito di fatica i più virtuosi di essi. Davanti a chiunque rivivo gli attimi
ristabilire la « mia )) verità, il « mio )) modo di vedere, cioè: lo di uno scolaro all'esame. Mi diletto invece di chiare algebre alle
strumento della rivendicazione contro gli oltraggi del destino e ore di « loisir ll. Che nori ti snervano quanto una conversazione
de' suoi umani proietti: lo strumento, in assoluto, del riscatto e di salotto; ove, a me, m'incorre l'obbligo di fingermi spiritoso e
della vendetta. Sicché il mio narrare palesa, molte volte, il tono intelligente, non avendo né l'una né l'altra qualità.
risentito di chi dice rattenendo l'ira, lo sdegno. Di ciò doman- Ecco dunque il mio punto debole, per riuscire narratore:
derei perdono a Dio, e magari alle creature, se Dio e le creature manco di appetito, manco della cupidità di conoscere i fatti
potessero garentirmi di non ripetere, in avvenire, gli scherzucci altrui, quella che tre grandi « pettegoli » possedettero in misura
del passato. Domanderei e domando comunque perdono, poiché eminente: Dante, Saint-Simon, Balzac.
se gravi sono state le offese immeritamente patite, gravi sono Spero tuttavia di arrivare a narrare ancora qualche cosa,
stati anche gli errori dipoi commessi. Molti errori ho commesso: qualche fatterello un po' piccante: voi tutti vorrete perdonarmi
dopo e in conseguenza dei turbamenti che le offese avevano gene- questa caparbia insistenza: i miei racconti, in definitiva, se non
rato in me: tanto da rendere accettabile a mio vantaggio quella vi garbano, potete tralasciar di leggerli, al contrario di quel che
sublime osservazione del Manzoni, quando giudica di Don Ro- accade per la musica che, quando la suonano, bisogna udirla per
drigo, e di Renzo in furie: « chi fa il male è responsabile non forza. E dirò anch'io, nella mia piccolezza, ·quel che disse nella
soltanto del male che ha fatto, ma dei turbamenti nei quali sua grandezza il mio concittadino: « ... che se invece fossimo
induce l'animo degli offesi. » riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta. »
La mia scrittura si è dunque volta a narrare, al puro narrare: Se io fossi un carducciano ( ma lei sa che non lo sono), mi divertirei a
come la mia anima si avvicina alla serenità e alla obiettività domandarle per quale caso (o « fato ») lei si sia incontrato (o « scontra-
· giudiziosa della morte. Il giorno che s'ha le braccia in croce sul to ») con Carducci.
petto, siamo tutti molto giudiziosi, siamo tutti angeli. Il Carducci, prosatore e poeta, è stata la mia lettura per molti
Anch'io sarò un angelo, quel giorno: tutti i miei peccati sa- anni dell'adolescenza, dopo il Manzoni e prima del D'Annun-
ranno evaporati fuori dalla mia santa. compostezza, dalla im- zio. I tre nomi stanno fra loro come tre schegge d'una bomba, lo
mobilità e dalla impossibilità di peccare. so: e tuttavia le cose andarono così.

94 95 .
Noi non scegliamo mai i nostri padri e raramente i maestri. IL PASTICCIACCIO
Dove il destino ci ha deposto, nello spazio e nel tempo e nel
costume, ivi principiamo a vagire. Al Carducci devo gratitudine
e rispetto anche se oggi lo sento, per più d'un motivo, alquanto
lontano da me. Egli fu comunque un maestro: e io non sono e
non sarò mai neppure uno scolaro.
Perfinire, vorrebbe dirci a che cosa sta ora lavorando?
Come il cane da pastore, che azzanna ora una ora l'altra delle
sue pecore non appena le sbandano dal gregge, così io devo Il giallo di cui Garzanti ha intrapreso e condotto a termine la
mandare avanti le pecore del gregge d'inchiostro, dalla cui poca non facile stampa era uscito per una parte nella rivista fiorenti-
lana ricevo il mio sostento: articoli, giornali e riviste, la gentile na « Letteratura » (non ne dirò le lodi che potrebbero apparire
Radio Italiana: e poi le ore di lettura; e poi qualche lavoro di più interessate) creata e diretta da Alessandro Bonsanti. Questa
lunga lena le cui scarabocchiatissime cartelle vi apparirebbero parte vide la luce, ossia gli occhi dei lettori ne delibarono per
come un cantiere che langue. Permettetemi di non darvi dei cinque puntate, nei cinque numeri di « Letteratura » dal 26 al
titoli. Sono superstizioso. Non voglio vendere la pelle dell'orso 31, saltato il 30: dal fascicolo gennaio-febbraio 1946 al fascicolo
prima di averlo ammazzato. novembre-dicembre 1946. lo abitavo allora a Firenze, via Em-
1950 manuele Repetti 11. Per la edizione Garzanti il giallo del 1946 è
stato riveduto nella stesura, corretto nelle accessioni dialettali
romanesche e nelle napoletane mediante ricorso ad ausiliatori
qualificati, e in più punti o locupletato d'infarti o sminuito
d'anticipazioni che mi parvero anacroniche in rapporto alla
necessità base del racconto, la salvaguardia del suspense. L'e-
spunto più notevole è quello dell'intero capitolo quarto della
edizione fiorentina a puntate ( « Letteratura » 29: pagine da 27 a
54 comprese): come i critici potranno constatare a colpo d'oc-
chio, o un disgraziato laureando in lettere acclarare mediante
raffronto, ove crudeltà del fato cioè del professore lo condanni a
una tesi sul Gadda. Tra gli espunti che la parte « bene » cioè
naturalmente signorile del mio essere avrebbe voluto operare
non figurano ahimè le « parolacce »: i modi e gli stilemi sgarbati
o illeciti (onde magari alludo ad azioni illecite di terzi e di
quarti), vocaboli e stilemi di cui chiedo umilmente venia non
tanto agli uomini, ai concittadini risfolgoranti di idee morali,
quanto alle stupende lettrici: se mai avvenga che il loro lumi-
nosissimo occhio abbia a posare sulle mie notazioni aberranti.
Vogliano indulgere, vogliano compatire alla pena, alla fatica,
alla umiliazione, alla fame, di che ho dovuto tacitare gli anni, gli
interminabili anni, a ottenere di lor grinfie lo scampo, la fuga
« verso gli evi liberi ». L'obolo che pagherò a Caronte si chiama
dolore.

96 97
Oltre al testo del giallo, per Garzanti Editore 1957 riveduto e amare i carciofini all'olio: e di essere malinconico e celibe come
corretto, infarcito e sfrondato come sopra, e decurtato del quarto Nostro Signore e come l'apostolo e profeta Mazzini (esule anti-
capitolo, figurarono in « Letteratura» certe note, come nell'A- co, al ciel mite e severo - leva ora il volto che giammai non rise).
dalgisa, ossia ne« I sogni e la folgore ». Tali note, nel mio intento, Tenete presente l'anno, 1946, in cui il Pasticciaccio è nato, e la
o ad onore del vero in una sorta di incontenibile ed esplosiva sopradescritta urgenza esplosiva. Vale per me, come per altri più
urgenza del mio animo 19,45-1946, orchestravano di significa- generosi di me , ia battuta di Tacito: « per silentium ad sene~-
zioni e di motivazioni laterali, marginali, il referto schematico, tutem pervenere ». E dei sacrificati si deve scrivere « ad mor-
per quanto minutamente scenografato, del giallo. Di codeste tem ». Non ho potuto esprimere se non i'.ina parte del mio senti-
not,e quella che concerne il caso (storico) del vagheggiatore di- re, la parte ovviamente « agnostica», o almeno quella che non
gitante che « dameggiava in allora una sua dama anzichenò avrebbe offuscato la faccia alla « gnosi » degli anni che vapora-
butirrosa comeché stagionatuzza » ( « L,e tter;atura » 28, pagg. rono via dalla vita, fra il '24 e il '45. « Letteratura )>, la rivista di
40-41) è stata ' fusa nel tes,t o dell'edizione Garzanti (pagine Bonsanti, non ha mai stampato un nome, né ha mai percepito le
108-110) in quanto i fatti in essa narrati costituisconq motivo, o gesta che di quel nome si etichettarono. Al primo numero un
pretesto, per il fermo, non pl;msibile secondo legale procedura, egn~gio e intelligente funzionario di Palazzo Balestra I.a titolò di
del commendator Angeloni, lo integerrimo se pure un tantino « astratta». Quel funzionario, evidentemente, intese mettere in
malinconico funzionario statale che appare ghiotto a carciofini guardia Bonsanti senza piantar grane, senza formulare la mi-
sott'olio, a tartufini, olt,reché peregrino, all'or di notte, verso il naccia della soppressione al secondo numero.
« gentile elefante » di Piazza Santa Maria sopra Minerva, che il Non si udiva ·ancora il cannone, a Firenze, nel marzo del '44.
popolo romano suol chiamare « er purcin de la Miner.va »: e La sua voce si sarebbe approssimata a grado a grado più tardi,
periodico visitatore, im. ora chiara, della cappella Contarelli a ogni notte un poco più, nel giugno. I bombardamenti a tappeto,
San Luigi de' Francesi a la Scrofa, dove le tre tele del Caravaggio tappetini lungo la ferrovia, avevano mezzo diroccato certe, case,
sembrano vivere in un tempo sospeso, in un attimo eterno. Se mi polverizzato altre, nei dintorni immediati di via Repetti. Il mio
è permessa una battuta auto-esegetica dirò che codesto fermo di misero terzo piano tre locali, pieno di libri e di polvere, con le
un ghiottone solitario, celibe e malinconico, soggetto à crisi di piastrelle già bili.canti da sempre sotto i passi, era stato rintro-
ipotimia ciclica, codesto fermo rispondé pienamente, in misura nato a dovere: il tetto reso a crivello dai sassi, dalle schegge. Una
un po' caricata, è vero, al clima eroic;o dell'epoca sitibonda di scheggia di ventidue chili di ferro tutta sfrangiata, e tutta arric-
prole: epoca ove il celibe era schedato a spregio, fosse pure Gesù ciolata la frangia dalla diruzione esplosiva, s'era posata sul letto
Cristo, Michel'angelo, Beethoven o Mazzini Giuseppe: e pagava ove avrei dovuto esser io, se non avessi preso il due di coppe dopo
una speciale tassa, quasi una multa infamante, come se la con- la prima volta, voglio dire dopo il primo di codesti scherzi (23
dizione di celibato costituisse - dopo che frode continuata nei settembre 1943). Avevo, nel marzo '44, avevo cinquant'anni
riguardi del santo numero (ql.Jarantaquattro milioni, allora) ,- sonati: ventisei di più di quanti ne aveva lo sposo novello Giosuè
anche una fonte di reddito. In un mondo in' cui bisognava Carducci nel marzo del 1859: di quanti ne avevo avuto io stesso
« credere » per forza era proibito essere malinconici. Talché il nel Carso, o in riva dell'Isonzo, durante la villeggiatura del 1917.
ritrattino del commendatore prosciuttòfilo ridonda anche a uno Uscivo di villa ch'erano le sette: cercavo nella solitudine paurosa
scherno, da parte mia, di quell'entusiasmo alquanto"verbale e della campagna, in direzione di Ponte a Ema, di Badia a Ripoli,
fittizio, di quel buonumore fresconcello, di quel dinamismo o verso il cimitero dell'Antella, uno scampo al pericolo sempre
scenico e meramente teatrale, di che lo zelo clamoroso dei com- incombente (tutti i giorni, alle undici, Liberatori nel cielo; di-
mossi, o degli pseudo commossi, in ogni stagione della patria, s'è ciotto, o trentasei, o settantadue) nonché a quell'altra minaccia,
fatto vanga e zappa da tirar l'acqua al molinuccio. E poi, e poi: di certe facce. Male affagottato in un vecchio soprabito, denu-
nessuna legge umana o divina inibisce a un cittadino italiano di trito, esausto, dopo pochi chilometri posavo su di un rialzo del

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terreno in cui si affossava la strada o la stradiccia: respiravo nel subito, ma un po' delusa nel tentativo di esegesi: « e' l'è un
sole, quasi implorandone alcuna medicina alla fame, al gelo ca-àllo. ») La tela di Paolo e del ca-àllo, a Santa Maria del
della persona e delle ossa. Mi pareva che Dio, dopo aver visto Popolo, no, non può considerarsi priva di una tal quale accen-
fucilare i miei fratelli, dopo avermi concesso di udire, atterrito, il sione romantica, o di significazione drammatica. Sull'altare,
crepitio delle scariche, gridasse dall'alto: « dove vai, imbecille? » certo, non è possibile collocarla, dopo i suggerimenti o dopo i
L'Annona del Comune, a onore del vero, mi largiva un ovo veti del Concilio. La Bestia immobile, insenziente, davanti al
fradicio ogni due mesi, l'unico mezzo di cui il Comune dispo- fulgurare della Luce: il negoziante di tappeti sbattuto a terra,
neva per farmi rivomitare, con un po' di succhi verdastri, quel sulla strada che lo dilungava dal Verbo: che lo portava all'em-
nulla di cui durante due mesi di funzionamento della carta porio, a Damasco: richiamato nella direzione opposta, la giusta.
annonaria, mi aveva oppilato lo stomaco. Nella rabbia, nella Dopo la primavera del '47 non potei attendere al romanzo se
disperazione, sognavo tartufini: pollo in gelatina sognavo. non con applicazione discontinua. I fascicoli 30 e 31 di « Lette-
Macché! Dalle mie scarpe rotte, dalle stanche, lente, acciabat- ratura», non ingannino le date ufficiali a stampa, uscirono con
tate fughe di all9ra, è nato forse a contrasto il pezzo dei sandali e qualche ritardo: il 31, forse, dopo il febbraio del '47. Seguitai a
degli alluci apostolici nel giallo pasticcio dell'edizione in volu- lavorare al mio pasticcio con qualche perplessità, con intermit-
me. E poi un problema estetico, ed etico, mi ha sempre scavato tenze, e ad ora ad ora con lena, nei primi mesi del '4 7. Ebbi
l'anima: a me, sì, che venni imputato di calligrafismo, di ba- ulteriori soprassalti applicativi nel '48 e nel '49. Altro lavoro mi
rocchismo. Qual è il grado di adesione interna, di accensione impegnò. Le mie condizioni economiche si aggravarono a poco a
intima nei confronti del tema, che induce ad opera l'artista, che poco fino alla disperazione. Nell'autunno del '50 l'amichevole
gli guida la mano sulla tela? Sì: la mano e il pennello? Crede, e intervento di G.B. Angioletti mi ottenne un incarico redazionale
spera, nella Madonna, il fabbricante di madonne? Il problema si retribuito, a Roma, presso un istituto di cultura. I doveri di
riconnette, grosso modo, a certi canoni dell'estetica romantica: ufficio « mi assorbirono », .a poco a poco, fino a togliermi la
ha radici multiple, e radici complesse. Taddeo di Bartolo e possibilità, se non il vago e velleitario desire di riprendere, un
Bartolo di Taddeo ne fabbricarono in serie, di madonne in trono giorno, a rimestare la mia polta.
col bambino: quale col collo torto verso destrfl,, quale verso Un giorno: quando? Dall'imbratto della qual polta, a certi
sinistra: le dita sempre più affusolate, sempre più lunghe. Tad- giorni, mi pareva d'essere stato zavorrato in misura inespiabile:
deo I pensò: « Le belle donne hanno le dita lunghe. La Madonna soprattutto per ciò che riguarda il pane. « E chi nun magna nun
è la più bella di tutte. Mio padre ha fatto faville, cioè fama e guadagna. » (Ascanio: pag. 317.) Livio Garzanti, nel luglio del
quattrini, con dei diti di dieci centimetri. Io li farò di undici, e '53, mi propose di « dare alle stampe » il Pasticciaccio. Insistette
sfavillerò più di lui. » E il nipote di dodici, e il pronipote di con la generosa cordialità che gli è propria, e con argomenti non
tredici. Finché i diti di madonna, all'officina bartolo-taddea, giù del tutto inefficaci anche per un'anima eletta, com'è la mia,
giù di padre in figlio si sono allungati a ventidue: come dei diti anima insediata, per ora, in un corpo nutricando a pane. Ar-
trampoli, o degli uncinetti pel golf. Vero è che il racconto non è rancai un anno e mezzo, prima di potermi rimettere in carreg-
tutto, forse non è nulla, per la sapienza orchestrante i toni, i giata: gli impegni contratti, i doveri d'ufficio mi tenevano.
colori. I pittori adducono a loro giustificazione d'aver inteso Verso la fine del '54 una lettera a ciclostile, carta grama e
dipingere: ma insomma la Nunziata è pur sempre la Nunziata e pelosetta, mi preammonì che nel corso del '55 sarei stato di-
non è un cavallo. (A Santa Maria del Popolo, 1952, due sposini messo: per raggiunti o addirittura superati limiti di età. Nel cielo
in viaggio nuziale: Paolo atterrato dalla folgore: raccorciato, di un migliore domani brillava, per me, il sole poltiglioso del mio
nanificato a terra dalle leggi inesorabili della prospettiva. Tutto rammollimento. Chiesi, nei dovuti modi, di andarmene, così da
il quadro occupato dalla Bestia. Scartabellamento della guida poter essere sostituito con vantaggio, suppongo, da elementi più
del Touring. Con voce soave la sposina: « Icché l'è?»: indi giovani e meglio retribuiti di me. Varie malattie mi attanaglia-

100 101
rono, mi rubarono il mio tempo, mi inibirono il lavoro, Uno PARTE SECONDA
stolido mito, frattanto, mi gridava milionario, miliardario.
Nella primavera del '55, indi nell'aut~mno del '56 e nella
primavera del '57 «presi» (e ripresi) «contatto» con Mario
Dell'Arco, che conoscevo poeta e filologo: Antonio Baldini,
giudice benignamente severo del mio pessimo romanesco
( « Letteratura »: 26-31) me lo aveva nominato come pensabile e
qualificato raddrizzatore del romanesco medesimo. Dell'Arco
mi assisté prontamente, generosamente: con una lucidità, una
pazienza, di cui sento tutto il raro valore. Rivedemmo due volte
l'intero testo del volume. Frasi e battute romanesche: altre con-
taminate, fra italiano e romanesco. Per il napoletano mi soccorse
Onofrio Galdieri, figlio del nobile poeta Rocco Galdieri. Qual-
che imbeccata ebbi anche da Alberto Mario Cirese, il giovane e
valoroso dialettologo molisano, figlio di Eugenio, il poeta. La
risciacquatura de' miei cenci è stata una fatica da non dire. La
correzione delle bozze, primavera del '5 7, ci ha intricato in un tal
forteto, in un tale marrucheto, davederne fiorir per tutto, con le
spine e il sangue, il fiore attossicato della disperazione, della
rinuncia.« Ho dato alle stampe»: sì,« ho dato alle stampe». Se
avessi un tantiM di giudizio, mi dovrei davvero preparare a quel
ristagno definitivo della lingua, voglio dire della penna, che è
nell'ardore de' miei voti: a quel silenzio, che farà la migliore
delle opere.
1957

102
IL TERRORE DEL DÀTTILO

« Il nostro dialetto, nei cordiali e schietti suoni del quale si


palesa tanta parte della nostra indole, più sincera che insinuan-
te, porta impresse le vestigia della nostra istoria: le origini celti-
che si manifestano indelebilmente nei suoni : le romane nel di-
zionario: qualche solco, lasciato dalla infeconda età longobar-
dica, a gran pena si discerne: mentre vi giaciono (sic) inesplorate
ancora le tracce di qualche cosa che fu più antico e più nativo dei
romani e forse dei celti. » È il Cattaneo, nella sua mirabile sinossi
Lombardia antica e moderna. Più sincera che insinuante, cioè più
tesa a un'affermazione veridica e magari all'atto risolutore e al
contrasto pragmatico, che non inviluppata nei sofismi della
suasione capziosa. Quanto alla componente longobardica, essa è
stata certam~nte infeconda per ciò che riguarda il lessico in
senso stretto: il dialetto lombardo poggia su un fondo semantico
prettamente latino (neolatino) e i temi e i vocaboli di origine
germanica o altra vi cadono in minor numero che nella lingua.
Non infecondi, invece, il sangue e la discendenza longobarda, la
mens germanica, affiorante nell'attitudine espressiva: per cui le
labbra paiono spiccare l'enunciato da una commozione logica
nativa, portata originalmente nel sangue, più che dai paralogi-
smi venuti o dalle scuole o dal foro, tolti comunque a prestito da
una fluenza verbale momentaneamente obbligativa.
La componentè longobardica è percepibile, a volte, nella
« qualità » e nella forma del conoscere, del dire, dell'agire: in
quel senso continuamente reprobante-probante che ha l'aria di
respingere le argomentazioni stoltissime del propretore o del
proconsole e di risarcirsi della frode, o consolare o pretoria, nei
baleni illuminatori di un ciclo eterno (longobardo): in quel
senso che giudica l'azione dal fine, che saggia indi all'azione e
commisura ad essa il valore dell'idea dacché soltanto l'idea è
valida in quanto elabori pragmaticamente una realtà, tramu-
tandone il dispositivo dalla fase C alla fase D. Quel senso,

105
dunque, per cui al milanese è meno facile che al toscano e ... Quei forti che tengono il campo,
all'italico il referto o racconto puro, il « racontar » che non sia Che ai vostri tiranni precludon lo scampo,
intriso nel giudizio e nel sentimento di chi riferisce, di chi narra, Son giunti da lunge, per aspri sentier...
che non si incorpori in un sistema etico vigente nella discen-
denza e nel sangue. L'idea teorica pura, quella che si colloca al di
A torme, di terra passarono in terra
là del dolore e della storia, scevra d'un fine applicativo, si di- Cantando giulive canzoni di guerra ..".
rebbe estranea e quasi acerba al costume, più che all'indole,
della generalità dei lombardi, quali almeno ci appaiono in uno (Possiamo riferire ai Longobardi queste note che il poeta
scorcio della fuggitiva eternità, il presente e incombente, ove i dedica ai Franchi.) Vero è, d'altro lato, che il conio de' vecchioni
decreti del Padre. ci hanno scaraventato a soffiar l'anima. E non gravi e silenti (in cui la nostra semplicità smaniosa di venerare
chiamo idee teoriche (pure) i convulsivi matèmi che discendono gli archetipi riesce a scorgere dei profeti imbambolati per eccesso
anche in recipienti lombardi dalle discipline regolamentari o di consapevolezza) è un po' di tutti i popoli, di tutte le schiatte,
comunque inevitabili, come quelle che predispongono a lauree, anche delle più garrule e avvocatesche, e perfino di certi branchi
diplomi, e simili. Alludo all'intrinseca disposizione della mia di piche. La lunga barba e l'occhio pacato del nonagenario non
gente, nel suo aspetto attuale. Codeste affermative genericiz- sono una prerogativa lombarda.
zanti sono poi da accogliersi con riserva di casi e di meravigliose Quanto alla tonalità celtica del dia,l etto milanese, il Cattaneo
eccezioni, e dunque di probabilità confortatrici. non poteva essere più acuto, più felicemente accorto. L'erosione
I Longobardi, allo spiccarsi dalle lor sedi e stanze, non erano patita all'incontro della nasalità gallica dal chiaro e sonoro cioè
forse la meno rude di tutte le schiatte germaniche: (Svevi, Sàs- eminentemente vocàlico vocabolo di origine latina, la contra-
soni, Franchi avevano forse meglio panni da vestire e •meglio zione del dittongo e, più, del gruppo bisillabico (co da caput ),
ragioni da raccontare.) · l'accento sintatti,c o enfatizzante riversato in chiusura di frase, il
La lotta per il trasferimento e la conquista non li ingentilì. ripudio della clausola dattilica (dòdlem), la predilezione per la
Accettarono di poi a poco a poco e i costumi e la parlata dei clausola giàmbica e per l'anapèstica (ma va! mì' me fa!) sono
vinti, adeguarono all'acclimatazione fisica l'acclimatazione lin- altrettante manifestazioni di quell'andamento prevalentemente
guistica. Ma la fara seguitò a ragionare da par sua, ottenendo ossitono vale a dire sincopato del tono espressivo, di che ci viene
·all'anima « 'l ombarda » e all'onesto volger d'occhi di Sordello il fatto dagli italici, consorziati nella tutela della coruune lor fa-
motivato elogio di Dante, che non àmò peraltro il Visconte vella, ~osì giusto e amichevole addebito. La nasalizzazione mi-
(Galeazzo figlio di Matteo) e si adontò delle resistenze milanesi lanese è oggi ben distinguibile dalla francese, ma le si apparenta
al diletto Barbarossa. A codesta pittura dantesca, al tardo volger in misura manifesta: dal francese marmiton (sguattero) al mi-
d'occhi del trovatore di Gòito, è riferibile certo aspetto grave e lanese marmoton (infingardo, pigrone, ciccione melenso) corre
pensoso di alcuni maturi esemplari della gente di Alboino, di fuor d'ogni dubbio un divario, un « divario di parentela » tut-
Teodolinda e di Ròtari. Quella movibilità dardeggiata degli tavia, quello che nella storia biologica, per organi o tessuti di
occhietti lustri, così propria alle bertucce incuriosite da un non- comune origine che si sono poi separati e distinti nella funzione,
nulla, si direbbe ignota in atto e in potenza a chi estrae da sé il si suol chiamare divergenza. II francese è squillante nell'appoggio
suo pensiero e ha un poco in uggia i dialettici, i saltimbanchi e i vocalico e serba o aperta, con una enne assai arretrata nelle canne,
sofisti. Il consensus gentium non è indispensabile al pilastro: che che a momenti scivola nel retrobocca: il milanese emette un o
sta in piedi da solo. Tanto meno agli armati che si sono aperti molto più stretto, un o quasi u, e l'enne gli gocciola giù dalle narici
una via tra le genti, a nuovi monti :vedere, nuove schiere af- ime, parto esclusivo del naso: marmotun. Dobbiamo aggiungere
frontare, a prendere nuove terre e sedi, nuovo ridente paese: che il dialetto milanese tende, meglio, potrebbe tendere, e in ciò
opera per afèresi e apòcope, al limite del monosillabo: ossia

106 107
ad accentrare la carica fonica e semàntica della parola (di ori- buono anche per il maschio, cioè), mentre che l'interiezione
gine latina) in una vocale unica, la vocale accentata, smemo- « ciòsca! », interiezione-starnuto, ha un che di elevato e di raro,
randosi, .quasi, delle rimanenti: lasciandole cadere come super- in quanto parossitona con a debole: essa intercorre talvolta a
flue: simile al francese e in qualche caso all'inglese (verbi mono- significare meraviglia, equivale tal'altra un « beninteso! » (bien
sillabici). entendu, selbstverstiindlich).
È implicito, forse, in codesto atteggiamento, un calcolo di Ai dialetti lombardi, al milanese in ispecie, paiono essere
natura economica: risparmiare tempo, risparmiare saliva: il rimasti ignoti, anche lessicalmente, paiono essere « sfuggiti » i
calcolo è inconscio o inavvertito nel dialetto: è consapevole nomi e gli aggettivi trisillabi proparossitoni della lingua latina,
quando il francese arriverà a dire métro, accu, bus, taxi per da cui pure esso dialetto discende con i viciniori e coevi. E ciò per
métropolitain, accumulateur, autobus, taxi-mètre. una sorta di invincibile genio, di persistente reluttanza dell'ani-
Il milanese potrebbe tendere al limite del monosillabo. Le mo e dell'os barbarico (gallico, indi forse longobardo) a confor-
eccezioni, ovvero gli esempi in contrasto, sono tuttavia nume- marsi con la dizione dei vincitori latini, e più tardi dei vinti
rosi, frequenti. Basterebbero q1,1ei versi così « italiani » del Por- (gallo-romani). Vergine, labile, docile, simile, duttile, fragile e
ta: « italiani » cioè con prevalenze dattilico-spondaiche pur così pure vortice, codice, calice, pollice, rettile, pugile si sareb-
nelle strette del senario giàmbico, ove il tono sincopato riappare bero cercate invano in un ideale vocabolario del dialetto. Oggi a
per altro negli alterni: caso vi si ritrovano, in quanto il dialetto cittadino ha patito nel
L'eva la Lilla ona cagna maltesa italico settantennio e nelle accessioni pubbliche, una mutazione pro-
Tuta pél, tuta gos e tuta lard: lombardo fonda, riuscendo ad essere un sempre più pedestre e slavato e
E in ca' Travasa, dopo la marchesa, italico generico italiano ritradotto. La rozza, ingenua, e magari diver-
L'eva la bestia de magior reguard: lombardo titamente balorda, fraseologia d'un tempo che non torna è an-
data a poco a poco smarrendosi nel tumulto dei segni rinnovati e
Monosillabico lo stupendo settenario de La chiamata del diavolo importati, come il fil d'acqua dello uèbi nell'ardore delle sabbie
(El striozz, di Carlo Porta): sòmale, o sirtiche. Altri modi e forme e disposizioni conoscitive
sono potuti insorgere, nuovi atteggiamenti gergali per nuove
La ghe fa sii sett pett. occorrenze espressive: la rivoluzione meccanica: una precipitosa
trasformazione del costume: il pandemonio della stoltezza
Della tendenza al monosillabo, dell'andamento ossitono cioè smargiassa: la verbosità epimetèica nel mare delle sciagure.
sincopato del discorso, le frasi: « quan' pioev got' i tecc », « gh'oo Per riprendere il filo del ragionamento, ancora quand'io ero
de scapà a cà », « desvérges on poo de per tì », « eh, mi me fa se ragazzo sarebbe riuscito poco probabile far dire, a un contadino
1i.i el gh 'a di tt te set indrée on car de rèf », « sen tel ancamò adèss della campagna milanese: « È difficile rimuovere quella lapi-
che l'è drée a sternudà », « e tì daghen on tàj de marmognà », de. » Il poveraccio sarebbe rovinato al suolo come corpo morto,
« li.i l'è pusée crapòn de tì, car' el me fioeu », « el primm porscèll fulminato da trombosi. O avrebbe scansato la trombosi aggi-
l'è li.i» (un verso di Delio Tessa),« li.i l'ha finì i danée e lée la gh'a rando i tre inespugnabili dàttili con una schiera di anape-
ditt ciao bell », possono venir citate ad esempio: e l'altra pure: sti-giambi: « A l'è on bri.itt mestée de trapanà scià quel sass. »
« lée che la vaga avanti drizz ancamò on tochèll », in forma « Come sei pallido! » si diceva,« come te se smort! »: « impalli-
cruschevole: « lei che vaghi avanti drizzo ancamò un tochello ». dire», « vegnì smort ». Oggi, forse, potrete udire: « come te se
E appoggiano ancora la nostra affermazione gli intercalari palit. » L'aggettivo « facile », veniva espresso per lo più con la
squisiti (e predominanti): « soja mi! » (che ne so io) accompa- modulazione perifrastica:« a l'è si.ibet fàa » (contado milanese):
gnato da levata di spalle, « mi me fa! » (che me ne importa) l'aggettivo« difficile » con l'altra, non meno circonlocutoria: « a
accompagnato idem idem, e il cara-tì (cara-te, indeclinabile, l'è on catiffa »,«è un cattivo fare».

108 109
I
Un garzone dell'impresa Garbagnati e Pirovano vedendo uno strabico, conceduto o conferito il diritto latino dei tributi,
piazzato e oramai fermo, dopo oscillazioni paurose, un altissimo dellà coscrizione obbligativa, delle leggi alle vecchie stirpi con-
traliccio (una mezza torre Eiffel) che eravamo riusciti a sollevare federate dei galli insubri dai bargigli scarlatti, dalla lunga per-
e ad erigere col sussidio solo d'una capra, d'un paranco, e di tre o sona dinocchiata, dai capelli rossi, dal naso di cane. A quelle
quattro « venti », mi bisbigliò pensosamente ad orecchio: « gh'e stirpi le cui urla avevano risonato all'Allia all'assalto, e si erano
'ndà post i oss »: frase dialettale, certamente, e pure apprezza- spente a Telamone, a Casteggio e al Meta uro. È probabile che le
bile da tutti i maestri del dire che impiegano otto pagine per non sdrucciole trisillabe degli accusativi militari latini siano state
dir nulla. udite le prime volte a Telamone e a Casteggio, al Chiese, nella
Reluttanza al dàttilo. Noi udiamo invece il toscano serbare polvere e nel tumulto feroce della battaglia, o nella primaverà
con amico animo e cogliere agevolmente le sdrucciole, tesoreg- del 222 ad Acerrae, a Milano: militem, consulem, ordinem, cardinem:
giarle nella glottid~, liberarle serenamente all'àere quando op- che allo sgomento della occupazione militare e alla consegna
portunità ne richieda: opportunità ... cioè un finissimo senso delle intextae (i liberi vessilli della clamorosa libertà) si sia unito
musicale, nella dizione spontanea. Il toscano non le disdegna, per sempre l'orrore di un comando dattilico, impartito nel si-
anzi a tutt'oggi ne crea, e ne immette via via di nuove nel lenzio da chi era solitamente muto alla testa della muta legione.
magma fonetico, allorché gli sembra che la lega (o impasto, o Questo che oggi qualunque cicaletta chiamerebbe « il comples-
miscela) del discorso, fatto di tronche-piane-sdrucciole vada so celtico di inferiorità » nel confronto con la parlata e con la
troppo impoverendosi cli codeste ultime o delle « figure proso'- prevalenza latina, è stato forse il motivo segreto e remoto d, un
diche » che le contengono. Egli dirà pertanto o preferirà dire recuperarsi delle tonalità galliche, delle cadenze ossitone, dentro
mùtolo, ràgnolo, formìcola, conìgliolo, e accanto a macro e la cittadella inespugnata del linguaggio: di un linguaggio di
magro userà màghero il popolino: e storcerà verso un fittizio popolo. Il contenuto semantico della parola e del discorso ha
neutro plurale di terza declinazione latina i sostantivi di secon- dovuto disciplinarsi a un'osservanza .collettiva e pubblica, uffi-
da, foggiando sui modelli còrpora e tèmpora del calendario ciale e curùle. Il tono, l'impeto, il flatus è rimasto libero patri-
liturgico gli erronei e tuttavia deliziosi pràtora, càmpora e luò- monio dei liberi.
gora, antico lòcora: per prata, campos, locos. « Mi voeuri pensà con la mia testa. » « Mi son vun che biso-
Si è accennato a una disconformazione dell'os barbarico gna lasà bui in del so broeud. » « I mè danée me piasen a mi. »
(gallico) nel confronto con l'esito latino del vocabolo. Non è 1953
escluso che la causa o almeno la motivazione di una generale
riluttanza al dàttilo, di un endemico « terrore del dàttilo » o
« ribrezzo del dàttilo », abbia radici più profonde, abbarbicate
alla zona psicologica della persona, della gente, anziché alla sola
zona glottologica. Il barbaro, venuto o costretto al paragone con
la favella romana (oggi con la fiorentina), al riscontrare l'im-
possibilità della imitazione esatta, del rifacimento immediato
(fonetico, lessicale, sintattico) di codesta favella, « entra » in uno
stato di rivendicazione della propria entità e libertà (etnica e
linguistica): si domanda, in altri termini, perché la favella di
Roma debba essergli imposta, perché gli dei o l'Eterno· Giove
abbiano concesso codesto privilegio agli uomini pallidi che
hanno trasgredito oggi il Po, che hanno testé dedotto colonie
latini nominis a Cremona e poi a Lodi, che hanno, per decreto di

110 111
JE MEURS DE SEUF AU PRÈS DE LA FONTAINE Marcel Schwob, « erano infestate di armati. La guerra aveva
disorganizzato la società francese. Alla fine del trecento princi-
pio del quattro alcune delle grandi bande s'erano già costitui-
te. » Tenevano il paese per qualche anno, poi si dissolvevano,
sparivano, altre sorgevano come funghi dopo l'acquata di set-
tembre. Tassavano i municipi, col pretesto o con la ragione
dell'ex-combattentismo: vivevano di contribuzioni imposte agli
abbienti, di derrate estorte ai contadini: taglieggiavano i. com-
Uscita dalla guerra dei cent'anni la Francia vedeva dissiparsi mercianti, i mercanti. In Norman_d ia la banda delle Facce-False
dal territorio il fumo degli incendi e la polvere delle battaglie, se (des Faux-Visages): così denominata dalle maschere, che i suoi
non l'orrore dei guasti che la lunga e terribile contesa vi aveva affiliati solevano regolarmente portare quando andavano a giro
accumulato. Calais, Tournai, Quesnes rimanevano pegni nelle col mitra a far giustizia. Nell'est, dopo la battaglia di Saint
mani del nemico. Carlo d'Orléans - il nipote del re Carlo VI e Jacques, la compagnia militare detta degli Scorticatori si era
padre del futuro Luigi XII - caduto prigioniero degli Inglesi sciolta: e i suoi uomini correvano strada e campagna nel paese di
nella battaglia di Azincourt, si restituiva alfine al suo castello di Digione, in quello di Ma.con. Vecchi partigiani che avevano
Blois, sulle rive della Loira, auspicando la franchigia ( ora di- praticato la guerriglia: stranieri, magari: scozzesi, lombardi.
remmo la« indipendenza») della patria salva: Le città, i municipi li temevano: i « bourgeois » chiudevano
loro le porte; e poi le chiudevano, per tema d'essere ingannati da
priant à Dieu, qu'avant qu'aye vieillesse, un travestimento, alle forze regolari del Re, dei Duchi. Ai
le temps de paix partout puist avenir,
« traìneurs de sables », ai soldati senza reggimento, si univano
comme de cceur j'en aie la désirance:
et que voye tous tes maulx brief finir, elementi non meno impuri: tutto l'accattonaggio professionale
treschrestien, frane royaulme de France. dei « chemins », delle « routes »: mendicanti di mestiere, falsi
« clerici » ossia studenti fasulli, disertori autentici, ladri in fuga,
... e ch'io veda tutti i tuoi mali in breve tempo finire, delinquenti in cerca di pane e di scampo e di femmine. Una
moltocristiano, franco regno di Francia. grande associazione criminale si formò in tal modo verso il 1453,
tenne la campagna e la città di Digione fino al '61: la cosiddetta
Tra i dolorosi relitti della guerra, alla metà del secolo, non « Compagnie de la Coquille », la compagnia della Conchiglia: i
difettavano sul « plat-pays » francese, e nelle strade e nelle città suoi affiliati, i Coquillarts, raggiunsero in alcuni momenti il
francesi, le sparute frotte dei dispersi, degli affamati, dei migliaio.
non-congedabili: come lembi laceri strappati dalla battaglia a Non c'è dubbio, oggi, che François Villon abbia avuto rap-
una gloriosa bandiera, e travolti dal vento, codeste torme senza porti coi Coquillarts, prima e dopo la sua fuga da Parigi: (verso
più paga né pane si affidavano a una sorta di disperato vaga- la fine del '56). Tra le ballate in gergo che di lui ci rimangono,
bondaggio, di oziosa schermaglia con la propria inespiabile due sono indirizzate a dei Coquillarts, comunemente detti « les
stanchezza o con la nullità del destino. Si organizzavano, talora, compagnons de la Coquille »: Régnier de Montigny e Colin de
in pericolose consorterie; si avvicinavano e si appoggiavano alla Cailleux: e il gergo è quello della banda. Coquillarts furono i tre
malavita «normale» dei maggiori centri come alla base di bravi giovanotti compagni di Montigny e complici di Villon nel
operazioni più ovvia; arrivarono, in qualche caso, a costituire furto notturno al Collegio di Navarra, dicembre 1456. È estre-
delle vere e proprie bande, delle associazioni a delinquere. mamente probabile che Montigny abbia provveduto Villon di
I nuclei di polizia cittadina, i « guets », le fronteggiavano a buone commendatizie... all'atto della sua partenza... per la
stento. « Le grandi strade di comunicazione, les routes, » osserva campagna ...

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A Digione, i capi, o alrrieno i grossi profittatori ~ sostenitori nato, di timido. La sua figura sembrava disegnarsi nella fatica e
della banda: « .. . bien vestuz et habillez, bien garnis d'or et nella pena: la lenta, la inutile pena del vivere.
d 'argent .. . » « Nel 1457 doveva già essere molto stanco, » osserva lo
Là i convegni dell'organizzazione: certi ritrovi equivoci, le Schwob: « dopo il '63 non fu più in grado di firmare, di tener la
d,onne, le taverne, il giuoco, il,vino. « Estoffe! oujefaugeray! - penna. » (Nel '62 gli era nato finalmente il figliolo, il maschio: il
La mia pa,r te, o vi denuncerò! » C'era le Roi de la Coquille, il futuro Luigi XII.) Ancora nel '56, al Consiglio del Re, proponeva
capo della banda. Gascàtres, nel gergo, erano i novellini, i nuovi una crociata. La sua corte di Blois fu brillante, gaia, nonostante
inscritti: les lo'ngs (i lunghi) erano gli specialisti: « bien.subtils en la tristezza de' suoi ricordi, e il peso de' suoi malanni. Una
toutes les sciences, ou en aucune d'icdles »: le scienze, beninteso, piccola società raffinata, a Blois, un circolo di gente come si
del grimalde'llo, del conio falso, della« piperie », cioè del bar.a re: deve, di poeti ohe sapevano stare a tavola. Nelle ricorrenze
al giuoco dei dadi. Si chiamava baladeur colui che entravi in festive, dei dolci, dei vini, dei menestrelli. Ogni settimana, di
relazione con la gente del contado, con vecchi preti di campagna venerdì, il Duca-poeta soleva convitare tredici mendicanti: e li
desiderosi d'un calice o d'un ostensorìo, per piazzare anelli, · serviva a pranzo lui stesso. Derideva le nuove mode, i giustacuori
arredi d'oro falso·: « le confermeur de la balade » s'incaricava poi a pezze, sfrangiati, gli scarpini dalla lunga punta rilevata. Oggi,
di legittimare - a chiacchiere - la: provenienza della merce, o forse, deriderebbe il tifo dei giovani « sportivi », la camicia we-
di garantirne la qualità: oro a diciotto carati! Gli ufficiali di stern color pomodoro ed erba ruta a quadretti di fuori dai
polizia, les sergents du Guet, venivano designati col termine di pahtaloni dei centauri, il loro cocò micromotorizzato, inguai-
« gaffres »: il grimaldello era« le roi David », il,re Davide. « Les nato nel fondo dei blue-jeans. Bandiva dei concorsi, dei tornei di
blans coulons », cioè i piccioni bianchi, andavano a dormire alla poesia: e gli piaceva raccogliere in volume gli autografi dei
locanda', negli stanzoni a più letti. Mentre i mercanti loro « vi- concorrenti: ballate, lài, e rondò. Il territorio utòpico del suo
cini di ·letto » ronfavano supini col velopèndolo ,nei sette cieli sogno, il suo ideale ducato, era « ce demaine de Nonchaloir »,
sognando affaroni, gli amabili colompi li derubavano coscien- cioè quel demanio o dominio o ducato di Noncuranza che le
ziosamente: gettavano il bottino dalla finestra al ,compare che tragiche vicende della guerra e deila prigionia e del doloroso
fischiettava nella ruelle, nel buio vicolino. Poi, in idea, deruba- ritorno avevano negato al suo valore di combattente, nel '15, e
vano se stessi: la mattinà si lamentavano ·coi mercanti d'essere dipoi alla sua nobile tristezza.
stati derubati da loro. Ci sono dei motivi per credere ch'egli abbia serbato una
Si ignora dove si sia propriamente nascosto e come abbia buona accogiienza a François Villon, il « maìtre ès arts », cioè
vissuto François Villori tra il gennaio del '56 e la fine del '5 7, professore di lettere, oltreché poeta. Poeta dalla doppia vita: che
girando mezza Francia dal Delfinato all'Angiò.' Cento scudi gli avrà quasi c.e rtamente nascosto la metà meno raccomanda-
d'oro erano stati la sua parte di bottino al Collegio di Navarra : bile del proprio cuore e del proprio stato di servizio.
potevano bastare a far discreta vita un par d'anni. Verso la fine La figlia del Duca, nel dicembre '57, è battezzata col nome di
del '57, l'amorosa ricerca de' suoi biografi lo raggiunge con un Maria. Villon compose per lei un « dit », cioè una lirica d'au-
documento sulle rive della Loira, alla corte di Carlo d'Orléans. gurio, che i più quotati critici hanno giudicata insignificante e
Il ,Duca-poeta, che nelle lunghe stazioni della prigionra aveva pomposa, e servilmente occasionale: e forse non è tale del tutto:
composto versi in inglese, era precocemente invecchiato: il che versetti biblici, richiami dal Nuovo Testamento, dalla quarta
non gli aveva impedito di prender moglie al rimpatrio, e di egloga virgiliana:
ottenere dalla Divina Misericordia, addì 14 dicembre 145 7, una De.I Salmista io riprendo le parole
figlia femmina. La sua persona allampanata, dalla gran bocca « Delectasti me, Domine,
amara, dal naso a tagliamare, così affilato e prominente, pale- In factura tua » : così è.
sava, quanto al c~rattere, un che di severo, di austero, di star- Nobile creatura, in felice ora nata,

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Destinata a letizia, l'intimo dissidio del poeta, la difficoltà ch'egli incontra in se
Manna del Signore, dono celeste, stesso a risolvere i suoi problemi: gli angosciosi problemi del
D'ogni pregio rivestita, sentire, dell'agire, del giudicare, del vivere:
Verace perdono dei nostri mali ...
Muoio di sete e son vicino alla fontana:
Ho il fuoco nello stomaco e batto i denti dal freddo:
La « ballata della Fortuna » sembra nascere a sua volta nel- Nel mio stesso paese - mi par d'essere in terra lontana:
l'ambiente di Blois, sotto l'influsso stilistico (più o meno vago) di Presso il braciere - io rabbrividisco ardendo.
Charles d'Orléans. La Fortuna, rivolgendosi a Villon, si difende Nudo come un verme - vado vestito da presidente:
dalle accuse che gli umani le muovono. Rido nel pianto, spero - privo di speranza.
Ogni strofe si riconduce al ritornello: Mi dò agli svaghi - e non ne cavo piacere.
Possente mi tengo - senza forza e senza potere:
Par mon conseil prens tout en gré, Villon! Bene accolto da tutti, liquidato da ciascuno ...

«Fortuna» i savi da lungo tempo mi chiamano Allude forse, con ciò, a una brusca intimazione, o forse a un
E tu, Francesco, osi levar la voce - e chiamarmi assassina! tacito licenziamento da parte del Duca d'Orléans? È un presa-
Tu, Francesco, un poveruomo senz'alcuna briscola a mano! gio, questo? o è l'espressione incoercibile del suo senso di colpa?
Guarda: dei molto meglio di te li fo tribolare alle fornaci
La battuta « Rido nel pianto», « Je riz en pleurs » è stata
Come dannati, o s·cava_re col piccone alle miniere.
Se tu vivi miseramente, non hai dunque ragione di lamentarti: assunta a motto critico, a etichetta della poesia di Villon (ce lo
Non sei solo a patire: non compiangere te stesso! rammenta Ferdinando Neri nella sua ottima esègesi). Una me-
Guardati addietro, considera le mie gesta d'ogni tempo: ravigliosa capacità di sghignazzare fra le lacrime, la risata che si
Quanti, tanto più in gamba di te, li ho lasciati là morti stecchiti! alterna alla preghiera, alla pietà filiale: la voce più vera del
E tu al loro confronto non sei neppure uno sguattero. dolore, la desolata contemplazione del proprio destino. La in-
Calmati, dunque, e falla finita una buona volta. vocazione alla Madonna, nella celebre ballata del « Testa-
Segui il mio consiglio, accetta il tuo destino di buon grado, Villon! ment »: e subito dopo la beffa dell'avara meretrice, che non ha
Contro grandi re mi sono pure accanita. corrisposto l'amore. Questa ineguagliata attitudine a cangiar di
Nel tempo che è trascorso - da oggi andando addietro: tono da una strofe all'altra, da un verso all'altro - questa
Ho ucciso Priamo con tutto il suo esercito: mescolanza - così drammaticamente iridata - di pathos e di
Né gli è valsa torre, né mastio, né muraglia.
scherno avvicina François Villon a due grandi poeti: Catullo e
E Annibale, forse? Mi son forse dimenticata di lui?
In Cartagine lo arrivò la mala morte. Shakespeare. François è poi l'eguale di Catullo nella disperata
E feci estinguere Scipione l'Africano. confessione. C'è, in lui, e in più di Catullo, il senso tutto cristiano
Giulio Cesare l'ho venduto al Senato, del pentimento, e però del misericorde perdono di Dio: della
E in Egitto ho fatto tagliar la testa a Pompeo. grazia possibile e del riscatto. A volte una dolorosa umiltà. E la
E nel mare ho annegato Giasone in un gorgo. « ballata del concorso » prosegue:
E una volta, a Canne, ho sommerso Roma e gli ardimentosi Romani!
Segui il mio consiglio, accetta il tuo destino di buon grado, Villon! Nulla mi è sicuro se non la cosa incerta,
Né oscuro se non l'evidenza ...
La « ballata del concorso di Blois » si svolge sul tema proposto
dal Duca con il verso di apertura: « Je meurs de seuf au près de Rien ne m'est seur que la chose incertaine
la fontaine »: e rappresenta, con incredibile vivezza di accenti, Obscur, fors ce qui est tout évident ...
con la martellante ricaduta del pensiero sulla clausola tematica,

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Ricordate Baudelaire? « Insatiablement avide / De l'obscur e repentino mutamento della stima pubblica. Forse una lettera,
de l'incertain. » un avviso. Quando le informazioni della questura parigina ar-
rivano, al Protettore, il protetto se la squaglia.
Dubbio non sollevo se non in causa che è certa: La « ballata della Requeste » è comunque assai briosa nella
Mia scienza tengo da un'océasione impreveduta: libertà degli enunciati:
Ho soffiato il banco e son qui a tasche vuote:
Alla prima punta del giorno vi griderò la buona sera:
Denaro non mi si attacca, né a gilé né a cintura ...
Sdraiato supino ho gran paura di cadere:
Ho di che vivere, .e non ho un quattrino in saccoccia:
Aspetto un làscito, e non sono l'erede di alcuno, Mollatemi dunque, 'monsignor Duca, quei quattro soldarelli
Bene accolto da tutti, liquidato da ciascuno. che potrebbero voler dire, per me, la salvezza.

Che è il ritornello della ballata: Voi non ci perderete altro che gli interessi di mora.

Bien receuilly, débouté de chascun, Questo, appunto, il ritornello:


Bien receuilly, débouté de chascun.
Vous n 'y perdrez seulement que l'attente ...
Si crede, da taluni, che il nobile signore abbia preso rapida- Vous n'y perdrez seulement que l'attente ...
mente in uggia questo mariolo giròvago, questo pseudoclerico e
delinquente autentico, già schedato per più delitti dalla polizia Che era chiusa rituale nei casi di ritardato pagamento. Villon
parigina. Forse, il duca, ebbe qualche sentore della doppia vita possiede l'arte di adibire al caso singolo, al suo caso personale, gli
di Francesco: che la voce pubblica indicava ladro e omicida, stilèmi e le formule generali del linguaggio, quelli che potremmo
quale era in realtà. chiamare gli « standards » del linguaggio d'uso. E voi com-
Il fatto sta che Villon, a un certo punto, lascia la corte di Blois prendete bene quale partito tragga, da quest'arte, la poesia di
e si riconduce nel Bourbonnais presso Giovanni II. Al duca lui, la poesia di qualunque poeta. Inserendo nel discorso poetico
Giovanni II è indirizzata la « Requeste » à Monseigneur de la formula d'uso, la frase tecnica di repertorio, Villon opera
Bourbon: una richiesta di sussidi. Il poeta-ladro ha scialacquato . d'istinto, nella gioia di un vivificante à propos. Inevitabile come
da tempo i 100 scudi d'oro del furto al Collegio di Navarra, e si una calamita, la frase di repertorio lo attira: né lui, né noi stessi,
ritrova senza un baiocco: allora, al solito, batte il ciaraffo con il l'avremm,o potuta evitare. In Villon, come in Dante, la battuta
nuovo protettore. d'uso, cioè il sottinteso proverbiante, è meravigliosamente
Ma non rimane a lungo neppure dal Borbone. Talché adattata all'occasione: e si satura di un rigore logico, d'una
bellezza, d'un pathos, d'un mordente, che nessun figurino d'in-
Le mien seigneur et prince redoubté
venzione avrebbe potuto raggiungere. A queste formulazioni
Fleuron de Lys, royalle geniture ...
« rituali » il poeta si abbandona con la libera gioia d'un ragazzo.

Fioron di Giglio e reale genitura, Ne germina, per noi, l'allusione inattesa: ne rampollano a
grappoli i doppi sensi, i morsi repentini e continui, come d'un
è piantato in asso a sua volta, per gl'insicuri itinerari del vaga- cane impazzato nel suo gioco. Il Lais, il Testament, sono com-
bondaggio, della mendicità. O forse è lui, il Duca, che ha la- binati così. Una tiritera che sembra dover procedere a caso, per
sciato capir qualcosa al poeta.:. Si ha il sospetto che a un certo accostamenti verbali im:preveduti, piena di incidenze, di pa-
p p nto Villon se la svigni alla cheticheHa: dall'Orléans come dal rentesi, di subiti « divertissements ».
~ orbone. Queste continue fughe si direbbero provocate da un Ma Villon è di nuovo sulle strade, dopo il '57. Un biografo, il

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Lognon, lo ritrova (o lo sospetta) nel Delfinato. Nell'estate del Ti ringrazio, Signore: e tu ringraziane Thibault
'61 è in carcere a Meung-sur-Loire, nelle terribili prigioni del Che tant'acqua gelata mi ha fatto bere!
Vescovo di Orléans, Thibault d'Aussigny. È probabile che i Mi ha messo giù in basso loco, non certo in alto ...
Coquillarts, e Villon con loro, ne avessero combinata qualcuna
delle solite, forse anche più sporca del solito: a Montpipeau, si Con questo non gli auguro alcun male
ritiene, dal momento che Villon (in una ballata) consiglia i Né a lui, né al suo luogotenente,
E neanche al suo secondo ufficiale
ragazzi perduti a tenersi lontani da Montpipeau. Un affare
Che è tanto piacente e avvenente ...
serio, comunque. A Meung-sur-Loire Villon fu rinchiuso in una
di quelle prigioni-tomba dove « si dimenticavano » i carcerati,
(Il secondo ufficiale si chiamava Plaisance: e sembra di poter
in una « oubliette ». Era ai ferri, il più spesso, a pane e acq\,la
dedurre da queste ... lodi ... che avesse al suo signore particolari
ogm g10rno.
compiacenze.)
Nel « Testament » egli lamenta che il carcere atroce fosse
stato troppo più di quanto il suo delitto comportava. E della Degli altri non so proprio che farmene.
disumana sepoltura si appella, contro il vescovo Thibault, alla Salvo che del buon Robertino:
giustizia di Dio. Gli accenti di Villon hanno una veridicità Li amo tutti quanti ad un modo,
disperata: la legge cristiana del perdono non ha poteri ad estin- Come Dio suole amare un Lombardo.
guere in lui l'odio, lo sdegno. Jacques Thibault è chiamato
Tacque Thibault, dal nome (Tacque) di un losco favorito del (Dove« Lombardo » sta per usuraio, cioè prestatore di dena-
Duca di Berry. Ecco nel « Testament »: ro.) E in apertura del poema, con un procedimento contrario a
quello consu(:to della dediça, aveva richiamato ad infamia il
Je congnais approcher ma seuf: nome del suo carceriere:
Je crache, blanc comme coton,
Jacoppins gros comme ung estoef. ... lo ... né del tutto savio né del tutto pazzo,
Non ostante le infinite pene sofferte,
Vedo che si avvicina la mia sete (cioè la mia fine : è la sitio, Le quali ho tutte ricevute, credetelo,
la passio dei crocefissi). Sotto la mano di Thibault d'Assigny:
Guardate: sputo bianco come cotone, Se vescovo egli è, quando benedice per via,
Degli scaracchi grossi come una palla ... Che possa essere il mio, di vescovo, no, questo lo nego.

Era, quasi certamente, malato: forse già tisico: No: non è il mio signore né il mio vescovo,
Non dipendo da lui, se non in quanto ho battuto la campagna:
Che vi posso dire? Che la Giovanna Fede non gli devo, né reverenza insieme alla fede.
Non mi ha più per suo damo e valletto, Non sono il suo cervo, né la sua cerva.
Ma per un inutile e frusto veterano.
Del vecchio ho la voce e l'aspetto, (Gioco di parole tra servo e cervo: Je ne suis son serf ne sa
Mentre non sono che un pollo ... biche: cioè non vado a nanna con lui, nè da mignon nè da
mignonne. Con riferimento a Plaisance e ai gusti del prelato.)
E tutto ciò è una conseguenza della dura prigione: Mi ha alimentato di piccola pagnotta
E di gelida acqua per tutta un'estate.
Largo o stretto che sia, con me è stato migragnoso .
Tale Iddio possa essergli - quale egli è stato verso di me.

120 121
Per fortuna di Villon, Carlo VII era venuto a morte, il 22 luglio regolari, a Parigi. Nel periodo universitario era principiata la
1461. Il nuovo re, Luigi XI, largì salendo al trono le consuete bohème, una brutta bohème. Le condizioni degli studenti, dopo
amnistie: in pratica si trattava di lettere d'indulto, rilasciate alle la guerra, attraversavano un periodo difficile: economicamente
autorità cittadine, in occasione del suo passaggio (a cavallo) per assai duro. L'Università lottava per i suoi privilegi, per le sue
le diverse città. A Meung-sur-Loire ci passò il 22 ottobre: Villon franchigie. Una serie di scorril:;>ande tumultuarie, di scontri, con
beneficiò immediatamente della grazia. La sua gioia esplode, i gli agenti del Guet. E poi le donne, il gioco: è quello che accade
suoi ringraziamenti schizzano fino al trono celeste, non diciamo un po' per tutto, dopo ' ogni guerra. Gioventù bruciacchiata, se
poi al terrestre, ai gigli d'oro: non bruciata, gli studenti, ch'erano spesso tra i poveri, cercavano
di trarsi d'impaccio senza troppo guardare pel sottile. Rubare ai
Gesù sia ,lodato, e Nostra Donna! negozianti, macellai e fornai, per procurarsi da mangiare a buon
E Luigi, il valoroso re di Francia! mercato: barare ai dadi, avvicinare certi elementi della malavi-
ta: necessità non sempre evitabili: bravate piuttosto che delitti.
I critici sogliono collocare nei seguenti anni la redazione del Les « franches repues », i « francs diners » (noi diremmo le
« Testament ». Lo Schwob ritiene che il poema sia stato scritto franche strippate, i pranzi a sbafo) venivano organizzati me-
dopo la scarcerazione, ma prima che François fosse rientrato a diante il furto dei viveri, o per contribuzioni imposte di « dirit"
Parigi. to » ai negozianti: a guisa, quasi, di tassa: o di taglia. E i più lesti
Il buon cappellano di Saint-Benolt le Bétourné, Guillaume alla corsa ghermivano un pane dalla cesta del fornaio, e .via.
Villon, colui che lo aveva accolto ragazzo, che gli aveva dato il Staccavano un crochet (un rampino) con due chili di filetto
proprio nome, che con l'affetto e le cure di un padre lo aveva dallo sporto d'un macellaio: e s'affidavano alle gambe. Il grosso
tenuto agli studi, lo dovette ricevere come il figliol prodigo. boulanger, il sanguigno boucher, non potevano rincorrerli.
François rivide la sua camera, pianse. Ma la prigione dello 1951
Chatelet lo attendeva, per il vecchio furto al Collegio di N avar-
ra. Vi entrò il 2 novembre, ne uscì il 7, sempre per virtù dell'in-
dulto. S'impegnò a restituire, in 120 scudi d'oro, la sua parte del
bottino. Non era finito l'anno che rientrava allo Chatelet: in
seguito a rissa, questa volta. I giudici, stufi; lo condannarono alla
forca. Interpose appello. L'appello fu accolto. Il 5 gennaio 1463
la Corte gli commutava la pena in un bando di dieci anni dalla
città e dal territorio di Parigi. Dopo tale data non si hanno più
notizie di lui. Il Neri, al contrario dello Schwob, opina che il
« Testament » fosse ultimato dopo il bando.
Il primo delitto di Villon era stato un omicidio: la sera del 5
giugno 1455 in una rissa, pur provocato, egli aveva ferito a morte
l'avversario con un colpo di daga al basso ventre. Poi, era venuto
il « colpo » del Collegio di Navarra: un furto notturno (scalata
ed effrazione) portato a termine con estrema bravura, con l'au-
silio di complici, di uno specialista del grimaldello. Poi, tutto il
resto.
La sua giovinezza di ragazzo povero era stata sovvenuta dalla
bontà di Guillaume Villon. Il ragazzo aveva percorso degli studi

122 123
RAPPRESENTARE LA «CELESTINA»? Ma l'autore uno-bino della Celestina ha ben dimestico Plauto
(Sosia è il nome del servo nell'Amphitruo) e frequenta letteral-
mente il genio latino-spagnolo di certi argentei: per quel modo
cosiddetto cinico, invero stupendamente disancorato, del ri-
trarre; per la tensione icastica a momenti epigrammatica
(Marziale): per certo aspetto moraleggiante alquanto cupo, e
pure vivido, caldamente colorato, spagnolettesco: che si libra a
mezz'aria e a metà cammino fra Seneca e il Petrarca intimista
Nata, si opina, fra il 1484 e il 1492, la Tragicomedia de Calisto _y del Secretum e delle Familiari: il Petrarca appassionato lettore
Melibea fu messa a stampa in Burgos nel 1499 (sedici atti), indi a delle Corifessioni agostiniane. Nel · testo rivive il tono di certa
Siviglia nel 1501; e ancora a Siviglia nel 1502 (ventun atti). parenèsi discettante del De remediis utriusque fortunae, da cui non
L'aggiunta o meglio interpolazione sivigliana di quattro atti infrequenti nel testo o imitazioni o traduzioni o parafrasi.
interi e due pezzi si inserisce nell'ex-14° atto, che venne pertanto Se la italianizzata Celestina venne a mano allo autore della
a sdoppiarsi nel capo del nuovo 14° e nella coda del nuovo 19°. Il Mandragola, e a quelli della Cortigiana e del Candelaio, una tradu-
testo ampliato non palesa discontinuità gravi o di maniera o di zione inglese (già esistente verso il 1530) dové cader sott'occhio
tono, tali cioè da rompere l'unità morale e stilistica e la sostan- anche al Marlowe e allo Shakespeare. Direi che il lungo mono-
ziale coerenza drammatica del lavoro. Il titolo abbreviato (Ce- logo di Calisto angosciato e quasi impazzito (atto XIV, scena 8a)
lestina) gli provenne dalla traduzione italiana del 1506. include l'embrione tecnico di quello di Amleto. Anche nel mo-
Coeva della guerra di Granata ( 1482-1492) e, in senso lato, tivo tipicamente amletico-clinico-sintomatologico dell' « esauri-
della prima spedizione colombiana (1492-1493) la Celestina è mento nervoso ». Se pure vi sono dominanti ragioni e preoccu-
opera mutuatrice di idee, di temi, di immagini, di modi dal- pazioni giuridiche (per la casata, per il punto di onore: e contro
l'antico mondo e costume al nuovo e perenne. Risente di in- la ingiustizia della giustizia) che lo Shakespeare trascende ma
fluenze spagnole prossime e comporta le possibilità di una rap- non dimentica (the law's delay, the insolence of office: le more
presentazione mobile, scenicamente elastica, quale potevano della legge, i soprusi della burocrazia).
darle certe bojigangas o farandulas o compaftias degli anni di Da configurazioni più prossime a Plauto (servi birbi, ragazze,
Isabella e Fernando, sulla piazza di un pueblo valenciano o in la mezzana) questa tragicomedia si differenzia per quel tanto di
un improvvisato teatrino manchego. Il personaggio principale ascetico, di doloroso, di ferale, per ·quell'aspro senso dell'ethos e
deriva un po' dalla Trota-con~entos di Juan Ruiz arciprete di ,, quel disperato senso della contingenza che la immettono piut-
Hita (vivo nel 1415?) libero traduttore dell'Ovidio erotico, in- tosto nel clima surrealisticamente orfico e denegatore dei Trionfi
terprete della Bibbia nella linea quasi grottesca di una pram- petrarcheschi: una tecnica trasçorrente, fuggente; verso le livi-
matica erotica, divoto alla tradizione dei testi ghiotti, infaticato dure della morte e il buio del nulla. L'amore non ~ che una
lavorante del « mester de clerecia ». parentesi di follia nel precipitare delle cose. E poi le note fon-
Il lavoro tutto porge, forse, al lirismo di Lope de Vega il tipo o damentali del costume spagnolo: ragazza nobile (Melibea) sor-
almeno l'abbozzo del « gracioso » (attor giovine): e a Tirso de yegliata e quasi reclusa; dedizione e soggezione (quasi araba)
Molina avalla invece quella franchezza viva della pittura e della della donna all'amante riamato.
battuta, quella trascrizione obiettiva e impersonale d'una pe- Si accosta a Plauto, invece, per la vivezza talora salace e
renne crisi del costume: onde si apparenta anche per noi all' A- fescennina della battuta, per la tendenza a « tipicizzare » il
riosto minore e in certa misura al Folengo; e prelude · a certe personaggio. Ma il lenone plautino si evolve qui verso il « tipo »
posizioni più raffinate di La Fontaine e, più schematiche, del soprapotenziato della mediatrice immortale. Nuovi strati dico-
racconto di Voltaire. lore, nuovi apporti etici arricchiscono la Celestina. Ecco: la feli-

124 125
cità e l'orgoglio e il compiacimento con cui ella si butta al to, e ai modi espediti del teatro nostro. La traduzione di Corrado
mestiere sono già le note del romanzo moderno: ella è persuasa Alvaro - [La Celestina - di Fernando De Rojas - A cura di -
di far del bene all'umanità: la sua expertise di recuperatrice è Corrado Alvaro. Bompiani - Collezione universale] - è fatica
« necessaria » ai prigionieri tutti, uomini e donne, del fanciullo delle più nobili, delle più utili: ci consente una lettura delle più
faretrato e bendato. In lei la chiar~veggenza infallibile e l'orgo- felici: fedele al testo, non è sufficientemente articolata da regger
glio della mammana. Si sente da più che un prete o che un la scena. La trascrizione per la scena dovrebbe appoggiarsi a un
medico. Nel suo discorrere trapassa di continuo dall'entusiasmo ben definito tipo di parlata corrente ( della piccola borghesia
della macchinazione e da una spregiudicata ripresa del « dato » romana, o fiorentina sciolta, o della borghesia del nord). Even-
di costume, a certa capziosità edificante, a certa dialettica un- tuali inflessioni regionali o addirittura dialettali per alcuni
tuosa e per dir così gesuitesca, onde accomoda la lente della personaggi. Vedrei divertendomi una Celestina molisana, o mo-
furberia e del profitto alla morale dell'inevitabile. lisano-romanesca. La frase va spezzata, e articolata su moduli
E poi Celestina ammannisce le decozioni e i filtri, serba le reali.
lingue di vipera e le code di pipistrello, ama e -loda il vino, le L'aggruppamento della materia in cinque atti e una netta
corroboranti sorsate, e la taverna e l'arrosto e il perfetto disegno divisione in scene mi paiono indispensabili.
de' corpi giovani, maschili e femminili: è maga, lavandaia, Grave difficoltà da risolvere è q'uella della scena trasferita,
merciaia, venditrice di profumi e lozioni per capelli, con che della « scena che rincorre i personaggi », accettabile alle faran-
ottiene ingresso a' tuguri e a' palazzi: beona senza parerlo, dulas e bojigangas del teatro cinquecentesco che recitavano
astuta sempre: tenitrice di una lavanderia suburbana (in realtà magari sotto gli olmi « pidiendo limosnas en el sombrero »: non
casina da convegni). Invoca il diavolo che le soccorra, e lo certo al teatro nostro di oggi, dov'è postulata la stabilità topica
vitupera sottovoce quando non funziona a dovere, chiama a della scena e, forse, dell'intero atto.
testimone Dio e « il signor San Michele Arcangelo »: e poi La nostra scena fatica troppo a rincorrere Celestina e Sem-
brontola e biascia giaculatorie eretiche e maledizioni oscene tra pronio e le ragazze da un luogo all'altro: e a dar loro il fiato da
le gengive sdentate. monologare e leticare strada facendo.
Finisce accoltellata da Sempronio dopo un diverbio circa la Il suicidio di Melibea è narrato e refertato, non sceneggiato.
spartizione de' profitti. Il diverbio avvampa a un tratto, come Come ridurre nella unità scenica le concomitanze multiple del-
fuoco indomabile. Questa prima risoluzione tragica è mirabil- l'azione, e le dislocazioni divergenti? la torre, le scale, il pa_;dre in
mente raggiunta e strettamente giustificata dall'azione e dai giardino, lei in camera, il ·volo dalla finestra?
caratteri. Più manierate e medioevalesche ma pur sempre red- E poi, con mano casta e robusta, sfrondare la tragicommedia
ditizie risultano invece e la seconda e la terza (morte dei due di troppa sentenziosità e parenèsi, di certo proverbiante buon
servi 'g iustiziati, morte dei due amanti per accidente e suicidio). senso (un po' all'italiana: e parecchio uggioso, a volte).
La chiave interpretativa della prima è la realistica: la chiave Infine, le soluzioni pensabili mi paion dué. O mantenere alla
della seconda e terza è la surrealistica. Celestina il suo carattere e la sua ambientazione iberica, pre-
Rappresentare la Celestina sul teatro moderno comporta an- servandone anche il tono cavalleresco-spagnolesco-morali-
zitutto sfrondare la lungaggine del testo e stringere in più rac- stico-ascetico, al che si richiederebbe una verve e una disciplina
colto gomitolo (in più sobrie architetture) quella matassa di ricreativa di qualità filologico-romantica: per non cadere in un
andirivieni e di visite che infoltisce la trama di tutte l'erbacce surrealismo deteriore, da melodramma scaduto. O estrarre la
dell'espediente (se pur valido): la Celestina è la commedia delle gemma del dramma (con le sue figure centrali) dal castone
visite e delle controvisite, oltreché degli incontri e dei convegni storico e avvalorarne una Celestina ammodernata o almeno ot-
d'amore. (Incontri fra servi e ragazze e bravi, convegni fra i due tocentesca, senza tuttavia perdere per istrada la speciosa mate-
amanti.) Poi bisogna ridurre la trascrizione a un italiano parla- ria magico-diavolesca, nonché la chirurgico-pr.ofumieresca,

126 127
tanto congeniali alla di lei persona. Entrambe le soluzioni di- « AMLETO » AL TEATRO VALLE
mandano impegno e fatica: perizia linguistica e cognizione di
una prammatica e di un ambiente che non è facile scrutare a·
fondo, chi non li pratichi per cagioni di mestiere.
1945

Impersonato da Vittorio Gassman e da Luigi Squarzina, il


Teatro d 'Arte Italiano ha iniziato la sua vita con l'Amleto. Al
Valle prova generale il 26, « prima di gala » il 28. La scelta del
dramma inaugurale ha un significato evidente, esprime il co-
raggio, la deliberatezza: la motivata speranza e la volontà di
cimentarsi con l'assoluto. Amleto ha avuto interpreti, critici,
traduttori, lodatori, falsificatori innumerevoli: qualche deni-
gratore, anche: ogni epoca del gusto, della sensibilità, del co-
stume, ogni trentennio od ogni decennio del pensiero (o della
moda) vi ha cercato e vi ha trovato quello che voleva, quello che
piaceva di cercarvi, di trovarvi. I successivi atteggiamenti della
sensibilità e della critica hanno dato alle scene i molti Amletiche
la storia del teatro ricorda: e le schematizzazioni e le sforzature
non mancano. Quasi ogni volta il personaggio era solo nella sua
grandezza, tragicamente monologante o perfino delirante
(poiché c'è stata anche una « pazzia » di Amleto) di fronte alle
schiere dei mediocri, degli informi, da cui appena emergeva il
pallido fiore preraffaellita della Ofelia. Certo l'anima del prin-
cipe di Danimarca giganteggia sopra la normale statura degli
umani, la sua consapevolezza morale si manifesta nel giudizio
spietatamente crudo ed esatto ond'egli investe, come di un fascio
di luce repentina, il verminaio della corte e della politica (direi
che in Amleto è percepibile anche la componente « antima-
chiavellica » dell'anglicismo del puritanesimo e della riforma).
La sua condotta tutta imperniata sulla necessità morale dell 'a-
zione, che sola può riscattare il nostro destino e motivarlo di
fronte alla vergogna e alla colpa, affratella Amleto ai romantici
del periodo alto; in Amleto essi hanno avuto il loro uomo. In lui
non si contorce il dubbio, chi mai ha inventato questa scemen-
za? Si palesa invece un dibattito: il ritardante, lacerante con-
trasto fra le promissioni della vita consueta, del mondo com'è,
degli usi civili, ossia regali, e diplomatici, della menzogna ac-

128 129

I
quiescente, del patto ignominioso datore di salute fisica e di pace la libertà, la ;;alvezz,l. Egli « pr·()l i 1t:t » di 1111 111 :i l p:i r,so d<·II.,
fisica, e il senso invece dell'incarico· e del conseguente adempi- diplomazia di Polonio a cui la inge nua crea i ura s\': pres tala
mento •cui siamo astretti dalle ragioni profonde del « cuore », senza intendere, e la allontana da sé. Le sconce frasi non gli sono
cioè dall'imperio etico d'una ràgione sopraindividuale: la co- a bituali: egli le gioca in un accesso di umore, per ritorcere contro
scienza etica dell 'eternità. . Polonio l'offesa che gli è stata fatta, e per allontanare da sé la
ll dubbio, semmai, non è altro che lo scrupolo procedurale (di fanciulla.
timbro anglosassone): e lo scrupolo procedurale fa parte delle
acquisizioni etiche dello spirito umano. Amleto, prima di agire, La « prova » del consumato delitto sarà il pallore, il turba-
angosciato di dover agire, vuole ottenere la prova di ciò che ha mento, l'affanno della madre colpevole e dello zio quando i
oscuramente intuito dai fatti: oscena celerità delle seconde noz- comici avranno rievocato per finzione la scena del delitto: sarà
ze di sua madre, loro carattere incestuoso (vietato, o almeno ·l'ordine regale di intermettere la « rappresentazione », intolle-
riprovato, dalle leggi o dalla consuetudine il matrimonio fra rabile ai due. Quei comici che il re usurpatore ed assassino aveva
cognati: si pensi alla grana di Enrico vm). E poi quel presagio o consentito fossero accolti a palazzo, perché distraessero Amleto
quel sospetto già circolante nella coscienza collettiva, che è dalla tetraggine, e dalla cupezza della sua ritenuta follia -
teatralmente reso con le apparizioni del re padre. Lo spettro è, in teatro, versi recitati, parole - quei comici, essi proprio, vengono
certo modo, il simbolo o almeno il coagulo di una nozione storica da Amleto adoperati a raggiungere il fine della procedura: cioè
non documentata, ma solo registrata nella verisimiglianza, nella la prova. In questo, è chiaro, il genio dialettico e metafisico dello
probabilità, riel risentimento profondo dei cuori. Shakespeare sembra indicare una suprema funzione del teatro e
Donde avviene che le parole« prova »e« azione » sono quelle dell'arte in genere, contro l'opinione frivola che l'arte costituisca
che più ritornano sulle labbra di Amleto, che fanno di lui senza uno svago, un semplice « divertissement. »: il teatro, e l'opera
dubbio l'Elettra-Oreste dei romantici, quando per eroe roman- d'arte in generale, può essere e perciò deve essere l'indefettibile
tico si debba intendere l'uomo invasato dalla missione ricosti- strumento per la scoperta e la enunciazione della verità. Il teatro
tutrice (d'una realtà morale del mondo), l'uomo chiamato, pre- ci rende consapevoli del bene e del male detergendo dal suo
destinato ad agire moralmente. Egli incontra e supera i contrasti belietto il volto della menzogna, smascherando la vita. Non è
e le more che la debilità del corpo, l'istinto fisico della conser- questo il solo senso comportato dall'inserzione, tutta shake-
vazione, l'ambiente, la diplomazia, l'etichetta, i rispetti umani, speariana e diabolica, della scena nella scena. Altre battute,
le tradizionali osservanze, la tentazione del compromesso, ecce- altre idee, riguardanti il teatro e gli attori e la loro fatica e la loro
tera eccetera, frappongono a una disperata volontà. felicità enunciativa possiamo estrarre sicuramente dall'Amleto
per l'edificazione di una poetica dello Shakespeare. E ci sono
Si noti che la missione di Amleto, come quella di Oreste - (da tocchi leggieri e satirico-umorali, allegramente fuggenti, frig-
ciò le deriva il carattere e il significato tragico) - è missione genti, sulla vita degli attori. Il pubblico, per solito, neppure li
forzatamente negativa; punisce e cancella il male e l'obbrobrio, avverte.
riaprendo al futuro la sua possibilità, la sua verginità. Amleto Incredibile dovizia di motivi e di mezzi rendono l'Amleto
non arriva alla speranza, alla riedificazione del regno: la quale si una sfaccettatura interminata, e gli esegeti e i critici, ne' lor
colloca al di là della punizione, cioè della così chiamata « ven- volumi, hanno dovuto spendervi le centinaia di pagine. Ecco:
detta». Amleto sente il carattere annichilitore della propria l'espediente escogitato dal malvagio si ritorce come inasprita
azione, sa di dover cadere lui stesso, nell'atto di operare il cau- serpe contro il malvagio. La scaltrezza e la bassezza del diplo-
terio estremo del male, della vergogna e della colpa. matico segnano la fine della diplomazia. Le trovate di Polonio,
Ed è questa, forse, la ragione oscura e profonda per cui egli caricatura (ma non tanto, poi) del consigliere « aulico ,, e mini-
respinge da sé quella che lo ama riamata, volendo ridonarle, con stro machiavelleggiante, le misere astuzie di Polonio tornano

130 131
tutte ad effetto contro di lui. Dietro tendaggi ascolta: e Amleto e nel consapevole procedere. Neppure l'ombra, del dubbio: che
lo trafiggerà vibrando stoccate (intenzionali) nei tendaggi, che non c'è. Non la oscurata immagine dell'uomo che potrebbe
sono, al suo furore, il simbolo del raggiro e dell'inganno. I con- derivare dalla follia, che non c'è nemmeno quella. Amleto non è
sigli che susurra in un orecchio alla figlia promuovono, come un folle: ma un « loico » di grado superiore. Le sue stravaganze
catalitici nefasti, la rovina della figlia. Così il veleno, cosi la a lla Giunio Bruto si risolvono in affermazioni precisamente a l-
spada avvelenata di Laerte, messi in azione dall'usurpatore e lusive, d'una lucidità terrificante. La follia gli è attribuita per un
dalla sua femmina, uccideranno, riassunto da diverse labbra il errore di apprezzamento dai cosiddetti furbi (Polonio), dagli
veleno, o ripresa la spada dalla mano di Amleto, uccideranno ignari (Ofelia), e dai delinquenti angosciati (l'usurpatore e la
Laerte, l'usurpatore, la regina. regina). Nevrosi, dunque, non psicosi. Amleto, e Gassman in lui,
è deliberato e lucido, pronto e cosciente nelle sue azioni e rea-
E la parola dello spettro (atto r, scena rv) non è se non l'epi- zioni dal pr incipio alla fine e per tutto l'arco sinta ttico della
tome del contrasto suddetto, fra il mondo esistente della vergo- tragedia, dalla percezione del delitto fino all'adempimento della
gna e della ignavia e il rinnovato mondo della ragione: fra il punizione risanatrice impostagli dalla « voce » del padre. Se
delitto consumato e la purità da ridare ai cuori: e Amleto allora trattiene il pugnale, lo fa soltanto per non mandare in Paradiso
dirà: l'assassino che è in ginocchio, nell'atto di pregare il Signore: e
From the table of my memory perché lui, Amleto, non ha ancora ottenuto la« prova».
I'll wipe away ali triviai fond record ... Elena Zareschi ha tenuto la scena con una femminilità, con
una « maternità » che trascendono, forse, il limite delle inter-
« ... Dalla tavola della mia memoria spazzerò via t utta la pretazioni d'uso. Ella ha creduto di dover vivere l'amore (al
scioccaggine dei ricordi, tutte le figure dei libri, le forme dei vieti figlio): amore che deve invece risultar mentito, in Gertrude, o
insegnamenti, le paure ossessive della puerizia, tutte le imagini a lmeno patito a contrasto con la cupidità carnale che l'ha in-
vane che la giovinezza vi ha registrato imitando ... il tuo solo dotta nello sporco letto del suo drudo:
comandamento dovrà vivere nel mio cervello ... » E a lla fine
dell'atto: « Il secolo è storpio: maledetto destino, il mio, d'esser in the rank sweat ofan enseamed bed.
natò per raddrizzarlo!. .. » E nel monologo famoso, atto III, scena
r, detto da Gassman con sobrio senso della verità, di quella La Zareschi è stata una Gertrude più italianamente patetica
profonda e cupa verità che lo inspira, il non essere è adattarsi alla del consueto: e non forse la donna delinquente per libidine che il
vita e alla turpe contingenza del mondo, l'essere è agire, adem- testo shakespeariano suggerisce. La sua femminilità, potremmo
piere al proprio incarico (alla propria missione) andando, sia credere, si è ribellata alla parte, al gioco mostruoso, anche o più
pure, incontro alla morte. Le causali psicologiche della esita- che mai nel colloquio col figlio: atto terzo, scene finali. Al qual
zione (respect) sono richiamate agli ascoltatori. Ma questo colloquio, alle parole della madre soprattutto, la regìa ha voluto
umano rispetto è ciò che d obbiamo superare: a ltrimenti « il conferire l'andamento sconturbato d 'una oscillazione edipica,
colorito naturale della risolutezza ... stinge a lla pallida ombra del mentre la dialettica del dramma non lo concede: inquantoché la
pensiero: le imprese nobili e necessarie smarriscono la loro via, donna che consente al suo drudo l'assassinio del marito ha per
perdono il nome di azione ... » Il dubbio ... non c'entra per nulla. ciò stesso abbandonato cioè disamato il figlio: che è figlio suo e
Amleto indaga ed esprime il meccanismo della nozione che del marito. D 'altronde Amleto implacabile dirà spietatamente
diventa pragma, ragione pragmatica, non senza strazio del alla madre:
cuore sacrificato ...
e non spargete il letame sulle gramaglie:
Gassman ci ha dato un Amleto convincente nella sua asprezza and dont spread the compost on the weeds:

132 133
e più oltre: controparte dialettica epperò drammatica con quelle così amare
e così lucide, così spietatamente allusive del prin~ipe, sono le
... Ma non andate al letto di mio zio:
battute della obstupescenza innocente o meglio della innocenza
simulate una virtù, se non l'avete.
istupidita dall'educandato. Ella è sopraffatta dalla tempesta
... but go not to ~JI uncle's bed: come un pallido fiore: è travolta nel buio della notte, nel buio
assume a virtue, ifyou have it not. del non sentire e del non essere, etico e fisico. Impazzisce, la
misera: ma ancor prima d'impazzire è già scema per conto suo,
Battute che escludono ogni pensabile impianto della scena in nell'ambito della sua delicata pubertà. È la fanciulla pura ed
chiave edipica abbandonata, melensa. La madre ha già paura ignara che ama e reverisce il padre, il papà: per lei, il padreterno.
del figlio. Sente che la propria pelle è in pericolo. Quando il padre, il papà, che suole origliare dietro i tendaggi da
Anna Proclemer, nella difficile e ancora interpretanda parte quel barbuto e decor.a tivo Machiavelli ch'egli è, si aggiudica la
di Ofelia, ci è parsa volonterosa ed acuta, e tuttavia meno stoccata affatto impreveduta di Amleto, Ofelia, forse, non capi-
esplicita del necessario. Checché si dica o si desideri o si speri, sce ancora. Per lei, veramente, Amleto è pazzo: è il ma-
Ofelia è l'ingenuità, la purezza, l'infanzia dell'amore e del sesso, schio-mostro, dalle parole e dalle azioni incomprensibili. Val-
che la terribile violenza del destino, e del dramma a lei oscuro gano, per quel che concerne questa pura, questa sublime ocag-
nei moventi, e ,però nella catastrofe orribilmente inatteso (ucci- gine della pura e misera Ofelia, valgano le battute di atto terzo,
sione del padre a opera del fidanzato) sconvolge fino alla pazzia, seconda scena, dove la parola nothing (nulla) esala dalle labbra di
pazzia reale questa volta, e induce poi al suicidio. Ofelia ed è raccolta e ribattuta con sarcasmo dal dispregio e
Non è da escludere che la vena drammatica, la cognitiva etica dalla concitazione interna del principe: e divien quasi il simbo-
e il genio dialettico dello Shakespeare, l'attenzione ai fatti del lo, il bianco vessillo, della di lei primaverile e floreale innocenza.
costume e della storia, il suo intuito di biologo e delatore (dei,viz'ì Non escludo che l'antica regìa del dramma consentisse ad Am-
mentali degli umani) - non è escluso che tutto il suo spirito leto di •rifare il verso alla ragazza (anche foneticamente) come si
« approfitti » della condizione di Ofelia, di Ofelia l'adolescente, usa coi bambini:
di Ofelia la pura, di Ofelia la ignara, di Ofelia figlia di Polonio: AMLETO Pensate ch'io intendessi dir villania?
che ne « approfitti » per una rappresentazione derisoria e a certi OFELIA Io non penso nulla (nothing), signore.
momenti pressoché satirica dello stato di innocenza (d'ogni AMLETO È un pensiero ammodo, da stare fra le gambe delle ragazze.
giovanetta) quale per natura si manifesta, quale era ed è, ahi!, OFELIA Quale pensiero, signore?
vagheggiato e praticato, ahi!, dalla reclusione €ducatoria. Ofelia AMLETO Nulla (nothing).
non sa nulla, non sospetta di nulla: non capisce nulla. È l'oca
celestiale, martire cioè testimone imbambolato della sua stessa Le reparties di Amleto sono difficilmente interpretabili, se
stupidità. Non è preparata all'amore, che pure è il fatto domi- non in chiave di un'ira e direi di una ferocia derisoria (l'inter-
nante la vita d'una fanciulla, anche d'una fanciulla cresciuta a pretazione pacchiana è ch'egli seguiti fingersi pazzo, e voglia
corte. E il fidanzamento de~la figlia del primo ministro ma- atterrire Ofelia: a che pro? in realtà egli odia, in Ofelia, la
chiavellone col principe a cui è poi morto il padre per veleno, ha figliola di Polonio). Tradotte in lingua povera, e nel tono con-
tutta l'aria d'essere un fidanzamento combinato: un intrigo del citato-ritenuto che Amleto arriva a imprimer loro, codeste
furbo arrivista, che è stato tanto furbo da non prevedere l'avve- reparties voglion dire: « ma non capisci proprio niente? » Esse
lenamento del re, né le stoccate che lo sbuzzeranno lui stesso, ad deridono altresì la ecolalìa (pappagallesimo fonetico) da cui la
origliare dietro le cortine di velluto. Ofelia non intuisce le terri- poverina è inguaribilmente affetta dopo l'educazione ricevuta a
bili ragioni del «fidanzato», stravolto dalla lucidità inespiabile corte e i suggerimenti, da lei accettati, del papà-padreterno:
del proprio intuito. Le battute di Ofelia, a contrasto cioè in papà complice, perché consenziente a cose fatte, del re criminale ·

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e della regina troja. L'età mentale di Ofelia è quella di una ARTE DEL BELLI
bambina di cinque anni. Ella è un tenero fiore, ma un fiore
fisico, un fiore-polpetta nella fioritura di pubertà: la sua anima e
il suo labbro, come l'anima e il labbro di tutti gli« inesperti », di
tutti gli angeli, son fatti per accettare il sentito dire, per lasciarsi
incantare dai paragrafi e dalle rubrìche del libro di magìa (l'e-
ducazione « interessata» del padre) che non significa nulla:
nothing: proprio nulla: e, se mai, il contrario di quello che
dovrebbe significare. Costruire, definire le proprie modalità espressive: raggiungere
Gianni Cavalieri teatralmente efficace nella figura di Polonio, lo stile necessario: è il dramma di chi da prima ignora, poi
forse un po' agitato, carente forse di quella dignità pomposa che percepisce, poi rompe i vincoli che avevano legato la sua « for-
si addice alla fasullaggine del tipo, del ministro, del « consigliere ma » insorgente. Le premesse esterne della edificazione e della
aulico ». Polonio è un cretino d'alto rango: e i cretini d'alto abitudine: il grande sistema del mondo, la dottrina che si super-
rango, anche alla corte di Danimarca, si astengono dalle corse- ordina all'io: la tradizione, la conservazione: la cascata delle
relle, dai passettini precipitati di don Bartolo. Il Bosic è apparso idee e dei modi da un presupposto centrale che è a sua volta
un Fortebraccio splendente: vale a dire muscoloso e ben pian- silloge ed epitome di un coacervo di dati d'ogni origine, e talora
tato. Il Vannucchi un elegante e veemente Laerte: Carlo D'An- contradditori. E, da dentro, lo irrompere degli impulsi immagi-
gelo un gentile Orazio: ottimo Mario Feliciani nelle vesti di nifici, rivendicatori d'una autonomia del discernere. Le intime
Claudio, l'usurpatore omicida. Forse un po' troppo folta di sollecitazioni di una gnosi propria.
giovani e un po' troppo corta e nevrotizzata la scena. Mario Il Belli si affaccia dal disagio e dal travaglio della sua fan-
Chiari ci ha dato una strapiombante prospettiva di colonne: che ciullezza e della prima sua vita ai destini civili della contem-
si presta, con qualche fatica degli attori, a essere di volta in volta plazione, del disegno e del giudizio. La invasione francese lo
castello, sala, cimitero, cripta, sulla base di convenzioni che vede bimbo settenne (1798) in fuga verso Napoli: come lo avesse
possono apparire accettabili, collaudate dalla pratica spettaco- rapito di casa la sua mamma in terrori. Un servo ladro deruba
lare degli scorsi giorni. La traduzione fedele e pressoché integra d'ogni lor cosa i due profughi, che la carità dei congiunti napo-
dello Squarzina ha contribuito, con la sua nobile fluidezza, al litani raccoglie, riveste. Il popolino accusa la signora Belli d'aver
successo. tradito, col generale Valentini già suo ospite a Roma, la causa e
1952 le armi del Regno. Salvi a stento in un monastero: davanti le
minacce, il tumulto. A Roma, il padre è dichiarato nemico della
repubblica, gli vengono « sigillati gli arredi ».
Così il bimbo « entra » nel mondo.
La vividezza de' motivi etici in uno spirito pensoso, malinco-
nioso: a ordire il contesto di que' motivi hanno operato bontà e
veridicità naturali, durezza pedagogistica del padre: nonché la
intelligenza delle immagini e del loro delirare fuggitivo, custo-
ditagli come a nepote dai numi topici, discesagli come ad erede.
Queste le forze, o la disciplina, che lo predispongono al compito.
Un dolorante apprendimento. Già, forse, quella inavvertita
elaborazione del dato nello spirito di una fantasiosa ricostitu-
zione dei nessi conoscitivi. Ma questa urgenza dello intelletto e

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del senso incontra la lenta tradizione dell'endecasillabo di buo- terposta struttura ordinatrice: canto, cantica, girone. Antonio
na scuola, s'incanala nel tirocinio di una emulazione reveren- Baldini, nel suo recentissimo florilegio,1 ha voluto sapientemente
ziale, qua e là petrarcheggiante, cesarottiana altrove; arriva rapprendere le occasioni belliane in figure di repertorio, ma per
perfino a una imitativa leopardesca ( 1825 ): ragioni meramente pratiche: di rinvenimento, di apparenta-
Oh patria! o dolce e sfortunato ·nome mento de' temi fra loro, di più facile giudizio estetico nostro.
Esula in realtà dall'opera del Belli quel problema strutturale
Per vanità s'atterra ch'è inane ne' più casi: e specie nel suo, di luce repentina dopo
L'umana razza, e per le altrui contese; latenza: in cui l'io sembra reintegrarsi a un tratto di fronte alle
esterne impostazioni della dipintura e della « sintassi » tradi-
esibisce ne' tardi raduni accademici la politura di una magna- zionali.
nimità stentorea, il querulo o magari generoso moralismo d'un Esiste un lauto Zibaldone del Belli. Pari a quello del recanatese
« pilastro della società ». Tirteo Lacedomonio (si noti) viene non ha che il titolo. Intento e contenuto la « volgarizzazione
accolto nella Accademia degli Elleni. Sulle rovine di questa, il scientifica »; destino, al figlio Ciro. Dunque il movente senti-
medesimo ex-Tirteo e alcuni coaccademici fondano là Tiberi- mentale-pedagogistico dell'amor paterno: più probabile quello
na; che protrarrà la sua vita fino al 1934-1935: anni infausti alle della esibizione paterna. Materiale disparatissimo: sunti e note.
accademie de' fiumi, e non soltanto a quelle. Un secondo, o anzi un primo zibaldoae scientifico-letterario
Tutt'attorno, l'assetto principesco-chiericale d'una città sappiamo essere stata la sua mente. Egli è persona colta, talora
mondo - eine Welt zwar bis du, o Rom - la patetica, sopravvi- anche un pedante; qualche volta un maniaco.
vente grandezza delle Ruinen und Saulen. Riverberi di luce vol- Questa laboriosa collazione dalla enciclopedia mi commuove:
tairiana, dopo la rapina profanatrice, sembrano mordere, come io vedo in essa una libera, una bruciante autodisciplina: indi un
granchi lasciati dietro dal riflusso, l'alluce petroso dei Santi qualcosa di eroico, pur nella povertà dei momenti, pur nell'ap-
consunti: più che mai vivi nella divozione, o nella cordiale o 1 G.G. Belli: Er Commedione. Sonetti scelti e commentati da Antonio Baldini. (Voi. XII
disperata bestemmia delle genti. Queste genti urbane la di cui dei Classici dell'Umorismo. Colombo editore, Roma, 1944, pp. 496.)
parlata Egli giudicherà da ultimo con certo tono di ravveduta Una scelta di sonetti romaneschi del Belli operata da Baldini. Quasi cinquecento
sonetti, cioè « mezza chiliade », per dirla col Poeta. Sui 2283 che oggi si conoscono, ivi
severità, se non di dispregio: a volergli menar per sincero il comprendendo i 121 che costituirono, nell'ultimo decennio del secolo, il felice e amoroso
giudizio ufficiale espresso nella lettera del 15 gennaio 1861 ritrovamento di Pio Spezi. Tra le carte del Belli già a mano di Monsignor Vincenzo
( « sémo a lo sgòmmero » ), diretta al principe Placido Gabrielli: Tizzani, dei Canonici Regolari Lateranensi, lo Spezi rinvenne, come è noto, quella
preziosa non dirò giunta al poema, anzi parte costitutiva di esso.
« Favella non di Roma, ma del rozzo e spropositato suo volgo. »
Baldini sceglie. Trasceglie e ordina con l'intelletto di chi conosce, col gusto di chi
Quel « volgo » e quella « favella » che sono il protagonista e il valuta e pregia. Un'antinomia tutta tormentata di scrupoli (estetici): tra il lascia e il
mezzo espressivo del poema. prendi: un desiderio contenuto e un ritegno evinto: le due operazioni perfezionate con la
elegante facilità che gli è propria. Facilità, chi guardi, grato e lieto, ai soli resultati del
Il sonetto del Belli sgorga di vena e si chiude di necessità, in lavoro.
quanto misura natural,mente opportuna a comportare un defi- Er Commedione belliano-baldiniano comporta una ordinazione dei sonetti clie è suc-
nito groppo di immagini; come la sua « fujetta » è natural cessoria, analogica quanto agli argomenti, anziché cronologica; un raggruppamento per
temi, quasi una proposta, quasi un modo di suggerire le prossimità. Idea pratica,
misura di quel quantum di vino frascatano che costituisce la quand'anche scomponga, a faci litare la ricerca e il ritrovamento d'una immagine, quel
bevuta sana di un qualunque sor Alfre' o sor Peppi'. La violenza carattere di avvicendata casualità che è proprio del poema belliano. « I sonetti qui
icastica, il « quanto » di energia espressiva del Belli, richiede ed raccolti vanno dal 1830 a l 1847. » E ancora: « Il titolo della raccolta, preso in prestito
dallo stesso Belli, ha suggerito la dantesca divisione in tre Cantiche. » E ci ricorda anche
empie la capacità del sonetto, si versa e si configura tutta nel il balzachiano de La comédie humaine. « Ma qui, al contrario della Commedia, si procede dal
« luogo » del sonetto. Così avviene che la figura geometrica è il Paradiso della Roma vaticana » - ah! Baldini, Baldini! - « all 'Inferno della Roma più
« luogo » dei punti espressivi d'una determinata proprietà. E il crugantina, e cciorcinata,. » « Tale ordinamento ... va naturalmente accolto con qualche
discrezione ... » Lo credo bene. « Qualche lettore vorrà apprezzare, si spera, l'industria
sonetto è l'elemento dell'opera, senza mediazione d'alcuna in- del raccoglitore di fare, sempreché possibile, uscire un sonetto dall'altro. »

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parente, meccanizzato squallore della fatica diuturna: e delle vessilli del movimento. Gli svizzeri, gli inglesi, i concittadini di
inchiostrazioni che ne costituiscono il relitto. Brentano e di Achim van Arnim, i Lieder più o meno genuini del
Né meno utile al gran « resultato », al mirabile « realizzo » di cui Wunderhom paiono in qualche momento preludere a certi
positivo, sembrami essere stato il tirocinio poetico in lingua, che liberati canti del Teli schilleriano.
chiamerò accademico tanto per intenderci, e non già negativo. Il Belli conobbe i lavori del Porta. E il Porta si muove nella
L'altissima coscienza estetica rivelataci dai Sonetti presuppone linea felicemente romantica d'una partecipata e rivissuta co-
un magistero, dunque una « scuola »: per lo meno una scuola in gnizione e rappresentazione di popolo. Se il Cappellan discende
proprio. E forse una analisi circostanziata di alcuni de' frutti di dal Maggi e dal Parini e fluisce parallelo al Manzoni, la Ninetta
codesta scuola o classe accademica li paleserebbe meno insipidi a nticipa lo Zola.
dell'opinione .che ci lasciano. Ora il Belli aveva in sé forze originali da eguagliare o superare
L'assiduità enciclopedistica e le frequentazioni classiche por- il milanese. Ma non sembra possibile escludere - sulla base dei
tano l'alto intelletto a disparati incontri: i quali finiscono tut- dati cronici - che i due volumetti di Carlo Porta (Edizione
tavia per creargli un sisterna di riferimento: che non è la mon- Italia, 1826) da lui acquistati a Milano per 96 bajocchi il 17
tatura intellettualistica o il nebbiume di una moda parolaia, o il settembre 1827 abbiano agito almeno come suggerimento, come
formalizzato programma di un'accolita di minori (poema eroi- a mmonimento, come esempio del cammino da prendere. Come
co, tragedia, romanzo storico, ecc.), ma il vasto, il soccorrevole catalitico all'accendersi della grande reazione. Dall'amico mi-
sistema della cultura positiva, l'umano e casalingo preesistere lanese architetto Gioacchino Moraglia, il Belli ebbe avvìo a
della« varia umanità ». Dopo il matrimonio con l'agiata signo- intendere e a leggere il dialetto del Porta. A recitarne (come avrà
ra Maria Conti, vedova del conte Pichi, e d'alcuni anni più potuto) qualche partitura. Osserva Domenico Gnoli nella sua
attempata di lui Belli venticinquenne e secondo marito - biografia (la fondamentale) del Belli: « Nel 30 e nel 31 un
(nozze provvisoriamente segrete il 12 settembre 1816) - cure grandissimo numero de' suoi sonetti sono sconci, sconcissimi, e
amministrative lo traggono di tempo in tempo a Terni. Di là, nella forma e nella sostanza: pecca »(sic)« comune a quasi tutti
poi, il paese, i viaggi. Certe osservazioni e annotazioni: registra- i poeti in dialetto. Fra que' sonetti, alcuni sono imitati e quasi
te, anche. E allora un po' . alla Cattaneo. Non mi scandalizzo tradotti dal Porta; così imitava il sonetto di lui Sura Catterinin;
davanti ai pesi e misure. Il poeta, e tanto più il pupillo della riduceva in un sonetto le quartine Semm d'accord; imitava l'altro
Suburra, ha bisogno di cose, di immagini. Di provarsi alle cose, Sent, Teresin, in un sonetto Senteme, Teta, rimasto vivo nella tra-
alle immagini. dizione; e infine, quasi tutto quel che è di sconcio del Porta egli
Tra i meno accademici incontri, o rinvenimenti, il trans-Po, il portò nel romanesco, aggiungendovi poi di suo tanto da non
« ramanticismo », i romantici lombardi, il Porta. Noi forse oggi dirsi. »2
sottovalutiamo quella che poté essere l'azione del fermento ro- Ora, i primi due sonetti della « gran vena » sono spediti il 29
mantico, e del suo teleologismo filologico, in uno spirito ricco di dicembre di quel suddetto anno 1827 da Roma a Milano, cioè
possibilità creative, che si protende verso la ricerca da balaustre dal Belli stesso al prefato Moraglia, per nozze d'una di lui
papali del primo ottocento. Nel 1838 il Belli mostrava già (Zi- cognata Teresa Turpini con il comune amico Giuseppe Longhi :
baldone) di aborrire la « scuola » e la « corrente » innovatrice.
Essa gli aveva pur dato, a non volervi includere il Rousseau, la Coll'occasione, sora Teta mia,
lettura dei Promessi Sposi (Edizione Pomba, Torino, 1827), oltre a D'arrilegramme che ve fate sposa,
quella dello Scotte del primissimo Hugo. Lasciamo del dabben Drento all'orecchio v'ho da dì una cosa
Pe' regalo de Pasqua Befanìa.
notaio di Bellano e de' suoi crociati lombardi.
Non occorre ch'io ricordi come i canti popolari, il folklore, la
lingua del popolo, i costumi della« nazione », fossero altrettanti 2 Domenico Gnoli: Il poeta romanesco G. G. Belli.

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Due o tre sonetti romaneschi preesistono isolati alle date del parlata tresteverina o mont1crana. La evidenza, la « realizza-
1827 di cui sopra: alcune ottave bernerianeggianti del 1817, zione » è, in lui, la silloge pressoché spontanea delle istanze più
quasi una « prova » dialettale, un tentativo ancora piuttosto fonde dell'essere e del conoscere: è felicità e ricchezza che
«illustre» (nell'esito, non forse nell'intento). adempiono, come viva linfa il secchio estratto dal pozzo, così elle
La questione è per me interessante in quanto mi denuncia il gioco apparentemente espedito della rappresentazione. Que-
similarità di impulsi e di processi in due grandi testimoni del sta nòn è ripetuta da una dialessi elementare, ma da un intrico,
costume e grandi confessori della verità. A proposito d ella quale da una soprapposizione, da un « arricchimento » dialettico,
confessione dice magnificamente Giorgio Vigolo: 3 « Nel caso del sorgiva di potente livello. Che cosa v'ha di men veritiero e di più
Belli, non può sorgere dubbio ch'egli nega e deride senza remis- vero che certe verisimili incantagioni cervantine?
sione tutto il falso, il convenzionale, l'insincero di un'epoca e di L'asserzione di Giuseppe Gioacchino è la dogliosa poesia di
una società. Il sarcasmo è in lui il virus antiretorico per ecel- un conterraneo e contemporaneo di Bartolomeo Pinelli. Questi
lenza che agisce in profondità, rendendo impossibile una presa rompe sui disegni di foglietto (inediti) il filo neoclassico, se-
del falso sull'animo: è una ,regola> spirituale che il Belli si dà ed gnante il contorno voluto della figura nei Costumi Romani, nelle
è l'analogo perfetto, in sede psicologica, dell'altra regola che si Usanze romane: a darci con quegli appunti più rude testimonian-
era imposta nel linguaggio, escludendone ogni forma o modo za della città e delle genti, a presentarci nel dato l'ostessa e il
che non fossero schiettamente di popolo. Alla nettissima posi- mendic·o, il rivendugliolo e il fratellone della Bona Morte. Nel
zione linguistica corrisponde esattamente la posizione etica e Pinelli edito la disciplina davidiana e il pathos nativo sembrano
psicologica che incenerisce nel ridicolo tutto ciò che non resista a contemperarsi in poetico equilibrio. Nel Belli il dissidio è troppo
una tale prova del fuoco, per intimo grado e calore di verità. vivo, troppo è palese la frattura e insanabile: tra la grammatica
Questa considerazione ci sembra metta in luce e in particolare del Collegio Romano con la retorica d'una giustificazione cu-
valore l'uso del volgare romanesco adottato dal Belli: poiché in rialesca della propria biografia, da un lato, e dall'opposto la
esso prendeva corpo e realtà espressiva quel moto di rivolta umanità (liceo) del formicolante mercatino o mercatone d'at-
contro il falso che era insorto nel suo animo come sentimento torno la fontana della Ritonna.
morale. ' Gli enunciati di fondo non ponno più rivestirsi, per lui, delle
« Il linguaggio rude ed estremo, attinto al sostrato più fondo vesti di che si addobbano i manichini, i burattini. Tali enunciati
della sua terra, diveniva così, per lui, il passo obbligato della irrompono dunque alla vita in una sorta di miserante o mor-
verità, della persuasione contro la retorica: e lo metteva al punto dente strafottenza, o nella pensosa, delicata, adempiuta parte-
di riferire costantemente la sua intuizione della vita e del mondo cipazione al dolore, o nelle immagini alterate e scontorte d'una
non già a momentanee infatuazioni ideologiche o culturali - coscienza-ignoranza propria del personaggio, o nelle denega-
ma a qualche cosa di eterno nell'uomo ... » Il dramma della zioni polemiche, nelle creazioni miteggianti, nella bestemmia o
espressione è nel Belli, come è nel Manzoni. Dall'uno all'altro nella turpitudine farsesca o nella beffa rivendicante di che si
disparatamente necessitato, difformemente risolto. Il fine è il qualifica l'atteggiamento plebeo. 4 La parlata di popolo - e più
massimo avvicinamento possibile a quanto la propria consape- 4 Personalmente, avrei gradito il maggior obbrobrio d'alcune più conclamate
volezza certifica per vero, in eventuale opposizione ai rimandi « sconcezze »: a chiamar tali le molte incidenze erotiche o coprolà liche di questa grande
pigri d'ogni verbale conformità. mimesi del linguaggio plebeo. Il centro barico dell'opera dista, in facto, da quella zona
un po' meno di quanto il libro non conceda. Lodo il Baldini per averci serbato, dei
La « verità » del Belli non è per altro delle povere e semplici, profferti sonetti, il testo integro, senza vuoti o puntolini o, peggio, addomesticature
se pure si trasfonde in una evidenza pittorica tanto esauriente e denicotinate ad usum puellarum. « Vuol dire che le oneste giovinette si sceglieranno
altre letture. »
risolutiva: che ha per mezzo della pittura e della risoluzione la
Beninteso. Dacché le« parolacèe », come le chiama il Trascrittore, sono sacre (filolo-
3 Giorgio Vigolo: Il sentimento morale e religioso nei« Sonetti romaneschi». Studio inserito gicamente) : non meno di qualunque altra parola o virgola o accento del testo: e
nel volume: Giuseppe Gioacchino Belli. (Arti Grafiche Fratelli Palombi, Roma, 1942.) l'espungerle o il mimetizzarle riescirebbe, e riuscì sempre difatti , a intollerabile profa-

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che mai nel Belli - segna l'affiorare di uno spostamento spa- (Nei due stupendi sonetti: Er pupo.) Madama Letizzia, la
stico della conoscenza dal tritume delle correnti obbligative: è spilorcia ex-madre imperiale, « dice uì e nepà, sputa e se spec-
egualmente lontana dal documento illuminatore del Progresso chia»:
(scientifico, storiografico) come dalla imposizione degli interessi
e delle consociazioni, costituiti o costituende. Attinge ai limiti E ha più carne sto gatto in d'un'orecchia,
egualmente dolorosi ed ugualmente fecondi d'un conato di ri- Che tutta quella che lei porta addosso. 8
vendicazione gnoseologica e d'un dissolvimento della inanità
nella maccheronea. 5 Gestore di quest'epos è il popolo: il servi- Il diavolo è in agguato, a metter bastoni nelle ruote agli
tore, la puttana, il cocchiere, la padrona e il « berzitello » gar- umani: e dove il Signore ha creato i Sette Sacramenti, lui subito
zone di bottega, le casigliane in finestra. ci combina di' rimpetto i sette peccati capitali:
Da codesti sostrati immaginifici la dissonanza insistente - cupo
pedale, dice il Vigolo - tra la carcerata voce dell'io e il dorato Pe' ffà che fossi contrasto de venti.
coagulo del supersistema: aulico, accademico, instituzionale. La
miseria plebea. Talora del Goya: un senso di « De profundis », E le memorie persistono su tutte le pietre e i gradoni delle
talora, come fumèa che vapori su dai domin'ì dello stento. Que- chiese o delle piazze, o tra piranesiane rovine: e l'afflato greve
sto non solo quanto al contenuto, ma quanto al tono, al modo. d'una tradizione sembra lambire le soglie del secolo commosso.
Il popolano del Belli ride: per lo più amaro: si sbronza, com- E vivono, oltre Bassville, oltre Berthier, oltre Madama Letizzia,
patisce, ingiuria ( « la fregnaccia che te scanni! »), minaccia, le Madonne e i Santi: le chiese si aprono e gli archi, e gli
accoltella. I bimbi affamati piangono, la madre dolora di lor architetti e gli archeologi studiano e frugano e discutono a
pena nel buio del crepuscolo: Campo Vaccino (il Foro Romano, adibito, prima degli scavi, a
foro boario). E l'arco « de Settimio s'è vero, - Ché po' èsse che
Oh Vergine der Pianto addolorata, sii 'na buggiarata », ti viene incontro nero nero sotto ai piova-
Provvedeteme voi che lo potete. 6 schi, sotto a un cielo di piombo.
Le comari cianciano di finestra in finestra. L'uomo farnetica o E il Papa visita gli scavi di Campo Vaccino: e il sarcasmo del
straparla. La giovine si studia chetare la « cratura » che le Belli gli fa dire alcune reverite scemenze: storditezza o imba-
svuota la poppa: razzo dell'Uomo preso là per là, in una tal cerchia di dotti, fra
una tal confusione di popolo: ch'io per me, con quel cappello in
Lo vedete? Mo' adesso me s'attacca, testa, avrei fatto e detto ben peggio. E il popolo, ne' suoi com-
E me la tira inzin che nun è un straccio.' menti, ancora più scemo del Sovrano. Dalle selci archeologiz-
nazione. Massime, poi, nel caso del Belli, che rifà il verso al suo popolo; e « rifacenno » zate della Roma di Papa Cappellari, sotto al bel latino grego-
quel verso, non può mettersi in quinci e quindi sul palco. riano o sistino delle lapidi e delle basi d'ogni obelisco, esce a un
5 Rimpiango qualche cocchiere o « zervitor-de-piazza » de' più ferrati in « archio- tratto, come sgorgata da uno strano sogno o delirio del mondo,
logia », qualche ciceronica «deformazione,, sul tipo della
Sbi/onga cupa la figura immortale di Papa Cappellari, di « Papa Grigorio ».
Ch 'aveva per cognome er Lubiga/e;
Perché Rromolo e Rrémo/o in la quale Sai che dice sta perzica-durace? 9
S'allattorno per mano d'una lupa.
Che avrebbe documentato con la fattispecie belliana il carattere necessario e sponta-
neo, e direi l'inconscio germinare, di ogni maccheronizzazione popolaresca: e avrebbe Dove non par possibile rendere con più valida battuta quel
arricchito di qualche buon disegno i molti e stupendi di Aria de Roma o d'Art'e mestieri. senso di montanina e direi caparbia vitalità che doveva emanare
(Sono i titoli di due « gruppi» della terza cantica, la infernale dunque.)
6 Pag. 459. 8 Pag. 169
7 Pag. 285. 9 Pag. 63.

144 145
dalla vecchiezza del bellunese. Uomo di formidabile appetito e nel poema: e non solamente come antitesi, cioè da farne bersa-
neppur disdegnoso, a quanto sembra, di un.a qualche santissima glio d'una possibile o d'una effettuale satira: anzi lo colora e lo
promuove a materia epica, cara all'animo nostro pur nella irri-
fiasca:
dente amarezza delle luci o nel sarcasmo , del motteggio cor-
.. . ~r morto diede a Vianzo 1,ma taffiata, rompitore. Col Belli, non meno che col Piranesi e col Pinelli, si
10
Da çojonà li morti e più li vivi. finisce per amare la totalità di quest'epos, « se le mura di Roma
Piove a Roma, « sto sor mosCif;l,rellaro der bell'uno )) : viene a diventeranno quelle d'un sodalizio morale, d'una abitudine di
Roma alle pratiche (e bisogna sentire il poeta a definirne la pensieri ». 13
modalità), vie' a Roma a sollecitare i prelati: · A :inateria epica è parimente promosso il linguaggio.
« Era, da una parte, l'eredità d'una fede spontaneamente
e je zompeno in 't esta tre corone!
11
condivisa nella gremita ricchezza delle sue tradizioni umaniz-
zate e carnose, e, di fronte, lo sfacelo d'una società che riduceva
Nel qual sonetto tutta la bizza e l'inv;idia del romano nei la sua liturgia a modulo vano, lo spirito alla lettera: era fatale lo
confronti d'un papa « foresto », invidia 'e bizza che abbiamo scontro. » « ... Il contrasto non resta a uno stadio intellettuale -
anche di recente sperimentata. quella tensione dal reale all'ideale, un vago moralismo, insom-
Il surrealistico ritratto dei vegliardo bellunese, già frate e già ma la comune considerazione della satira castigante - ma
Procuratore Generale dei Benedettini di Camaldoli, è tra le più diviene drammatico proprio per l'inseparabilità delle due facce,
stupende e vitali pitture che i lunghi secoli abbiano mai dedi- per quella comunione mostruosa ... » 14 Così Mazzocchi Aleman-
cato a U:Q, sovrano: batte Catullo (de Caesare), e batte Saint Si-
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ni. E prima: '« Da un lato questo riverbero affettuoso e soprat-
~on (de Aloisio). Raggiunge momenti zoliani: il Papa, in car- tutto spontaneo della <dottrina,, dall'altro la povertà di un
rozza, confabula alla faccia di due cardinali che gli sono a sedere tempo vissuto. » E più avanti: «' L'inclina,a;ione avida alle cose,
di rimpetto: si sente che la carrozza procede: l'ansia rappresentativa della natura belliana trovava necessa-
riamente all'atto stesso del suo affermarsi l'intimo contrappas-
La gente intanto strillava a tempesta; 11 so. » « ... L'intima e drammatica coerenza dell'opera è (se pure
E lui de qua e dellà dar carrozzone compaia esplicita in momenti particolari) questo senso di scop-
'Na benedizzionaccia lesta lesta. piante Carnovale la cui posta, la cui stessa spinta è l'agguato
d'una quaresima perenne .. » 15
Poi ritornava co' le su' manone
J?al poema del Belli il tempo e il costume vengono consacrati
A gistì ~ quelli; e quelli co' la testa
PaFeva che je dàssino ~aggione.
12 in una accezione di patimento, per un'acre ò comunque dram-
matizzata immistione del personaggio nello incredibile fluire
Ottenuto-il gesto, quasi di pupazzi, è rimossa nella lontananza delle cose. E dal costume e dal tempo sgorga e incombe sul
e nel damore della turba l'argomentazione papale. In più, l'iro- mondo, tra scoppi di irridenti risa e il serpere delle tentazioni e lo
nia di quel « pareva »: come se il dar ragione al Papa costasse ai stagnare del peccato, dondola sul mondo la forma cupa del
cardinali uno sforzo straordinario o un simulato assentimento. dolore. Vero ed assurdo come un incubo del Goya.
E il sonetto del Belli è parlato. « La vena più riconoscibile del
La verità, la dialessi del Belli, comprende o comporta il mito poema dialettale è il continuo riscaldo della voce all'atto della
plebeo della città e de' suoi modi e delle sue genti: lo incorpora visione, questo potere fantastico sempre appoggiato a un'esatta

10 Pag. 64. 13-14-15 Citazione dello stesso articolo. Muzio Mazzocchi Alemanni: Unità dei« So-
11 Pag. 68. netti». Nel citato volume edito dai Fratelli Palombi: pagg. 145-154.
12 Pag. 77 nel Commedione.

146 147
plaga. »16 Quanti autori comici potrebbero invidiargli la battu- I VIAGGI LA MORTE
ta! E il« parlare » del suo personaggio si conchiude senza residui
nella definizione complessa di un « carattere », o, altrove, d'un
« momento espressivo »,d'un« capriccio ». E ricrea quasi in un
magico attimo, omessa ogni didascalia ritardatrice, l'ambiente e
la scena.
Il dialogo (che è sempre un monologo) erompe nell'aura della
Roma « curiale e barocca». Il Belli compie il raro miracolo
d'essere pittor d'ambiente e scenografo solo all'essere caratteri- Da Le voyage di Charles Baudelaire
sta: e caratterista, e quale!, all'aprir bocca appena il suo ciar- a Bateau ivre di Arthur Rimbaud.
lante personaggio. Si legga Er fattorino imbriaco. Ivi l'aspetto, il
contegno del « berzitello » che non trova equilibrio e tenta però
« de svortà la torta » è reso nella obiurgazione sola della invi- Il rapporto che avvince gli eccipienti primi della nostra atti-
perita padrona: vità estetica, spazio tempo, sembra graduarne la dignità: mentre
è possibile riferirsi ad un io vivido nel buio tempo, poiché gli
Ah, puro me ce brontoli, eh vassallo? 17 affioramenti del mondo morale ci consentono di immaginare
una vita e un pensiero non spaziali, riesce più arduo riferirsi a
Questo è anche del Porta, è dei grandi dialettali in genere, è di una plaga di spazi cui l'io prepotente e legatore non convalidi,
Dante drammaturgo: poiché il dialetto, non meno di certo dia- archiviandoli in una successione temporale. La prora taglia
logo di Dante, è prima parlato o vissuto che non ponzato o l'oceano: « io » trapasso il decimo meridiano. « Io registro nel
scritto. E chi parla e vive, parla e vive necessariamente legato da tempo» il decimo meridiano, poi l'undecimo.
un complesso di relazioni ambientali e sceniche che lo avvilup- Ebbene: chi pensa che il tempo fluisca, che la vita si compia e
pano nella totalità delle loro determinazioni: mentre il relatore vanisca nel tempo, al leggere l'Ariosto od il Salgari?
di pensiero riferisce talvolta i suoi pensamenti come litaniando Il Corsaro Nero può indifferentemente seguire o precedere i
dalla segregazione di un eremo. Così il dialetto può raggiungere Misteri della Jungla Nera. La fuga di Angelica può indifferente-
più decisi, più concreti resultati che molte volte una lingua mente seguire o precedere la tempesta che getta Olimpia e il suo
piovutane in penna da una tradizione stenta, da una scuola amante nell'isola sola. Basta che Medoro compia i diciotto anni,
uggiosa: e, per certi disgraziati, nemmen da quelle. che una lieve peluria gli fiorisca il labbro e la gota. Il campo a
1945 Parigi e la battaglia sono necessari perché Zerbino lo possa
inseguire poi e ferire, ma la data di tale battaglia non è arioste-
scamente memorabile.
Il sogno sottrae i suoi eventi alle riprove categoriche della
realtà. Nel non essere del sogno ci è consentito dimenticare i
vincoli onde la realtà grava ogni singolo fatto: per infiniti rife-
rimenti essa gli assegna invece una posizione unica, e, diremmo,
una figura individua.
La distruzione di questi vincoli fa che l'inesorabile imperio del
tempo venga nel sogno eluso e come dimenticato a sua volta: la
capitalizzazione degli sviluppi, operata dalla storia, non ci ri-
16 Vedi note di pagina precedente.
17 Pag. 407 nel Commedione. guarda. Nei nostri meravigliosi sogni di bimbi andavamo forse

148 149
inferendo che la luce arridenteci era in parte dovuta alla fredda Il Corneille fantasioso,3 ve lo immaginate? Per il gelido e
tomba dello Spielberg? sublime scolaro dei Gesuiti, Roma vince Alba in quanto l'idea
Il meccanismo segreto della conseguenza era non soltanto « dovere » è nell'Orazio tersissima e ferma , nel Curiazio una

ignoto, ma volutamente ignorato. voce sommessa le sorge a lato: l'amore. (La simmetria delle
Si direbbe che la fantasia pura operi ciò che è altrimenti posizioni drammatiche è guida alla interpretazione.)
impossibile alla ragione: separi lo spazio dal tempo. In questo Il Curiazio ancora è legato a vincolo alcuno del sentimento,
dileguare verso i fuochi misteriosi del sogno è smarrito il senso di ad alcuna mollezza di affetti: le sue radici morali bevono ancora
un io centrale coordinatore a cui sia riferibile ogni parte della alcun succo dall 'humus di um,:;_nità. L'Orazio è un nucleo di
realtà nota. volontà pura, astratto al di là di ogni premessa umana nel
Ma l'affioramento del mondo morale, ma ogni fenomenali - mondo della pura finalità. 4
smo morale è esprimibile soltanto se l'io coordinatore venga Toccò al Corneille la sorte di essere lodato per il calore spa-
pensato come attività, se cioè venga intensamente pensato nel gnolesco del Cid: come descrive bene la Spagna, oh che Spagna !·
tempo. La Spagna del Corneille potrebbe essere, salvo il risalto del
Così dicevo che una maggiore dignità sembra conferita a sentimento cavalleresco, Turchia o Abbiategrasso. Ma Oraz io,
questo eccipiente più comprensivo dell'aisthesis, al tempo. Così A ugusto, Poliuto del Corneille non possono essere scambiati con
sembrano essere i sognatori alquanto discosti dalla vita etica: alcuno.
parliamo di gente che scrive, in quanto scrive: l'Ariosto era un Una tendenza che per far presto chiamerò spaziale accompa-
bravissimo uomo. gna li spiriti inquieti dei viaggiatori nel mondo fantastico - li
Il modo stesso per cui si inoltrano nell'astrazione, il meccani- spiriti « insouciants » dei simbolisti francesi nel mondo lettera-
smo attuante la fantasia li induce a non veder più il contenuto rio: e forse non in questo soltanto.
della vita interpretata come successione temporale, quindi come Certo è che il viaggio, rivissuto o immaginato come fine a se
attività, quindi come attività storicamente consequenziata e stesso, conferisce alla vita una tonalità ariostesca o disetica, così
legata ad effetti, quindi come dovere. come fa nei riguardi della poesia la « migrazione estetica » del
Essi anelano a dissolvere nell'irreale i vincoli tutti della realtà: simbolista, insofferente di ogni adagiamento realistico dell 'e-
teoretici ed etici. spressione.
lo credo si tratti di un fenomeno tecnico, effetto 1 e causa ad un Viaggiatori e simbolisti 5 amano adibire l'esperienza a catalo-
tempo, oltre che delle solite e complesse vicende spirituali ed go per la serie indefinita delle differenziazioni spaziali: e poi che,
ambientali. Poi, nel lavoro, tutto si somma e s'imbroglia: e così praticando, la loro aisthesis si rivolge con preferenza a questa
l'intrico inganna e irretisce ogni analista. serie spaziale, essi ne accentuano intensamente il motivo lirico
più alto, cioè la sua sognata infinità.
Gli scrittori che traggono il loro avviamento da un forte Essi vorrebbero rifiutarsi di credere che, come ci è dato vivere
spunto fantastico più difficilmente possono farsi efficaci rap- un breve tempo (scongiuri ), così ci è dato percorrere un tenue
presentatori di una totalità morale: ciò non significa, beninteso, spazio: auspicano perciò al loro protagonista una sorta di im-
che essi siano inetti a narrare d 'una sentinella che fa il suo fantasia, il tema etico preoccupa nte domina interam ente la situazione: e la tona lità
espressiva è sempre logica e realistica, a nche se screziata di ironia o d i dolore (castello
dovere, d 'una ragazza che resiste alle tentazioni. dell'Innominato, passo d ei lanzichenecchi, Fed erigo, monaca di Monza, ecc. ecc.).
Per contro i « morali » sono talora scarsamente fantast.ici, 3 Il Corneille raggiunge una sorta di fantasticità etica nel suo mera viglioso Polyeucte:
quando poi non facciano dormire in piedi. 2 l'a ttitudine morale degli eroi e dei martiri è quivi espressa con poten za transuma na .
4 È il gesuitico Perinde ac cadaver di origine indubb iamente classica : probabilmente
1 Effetto di un dato psicologico, causa di una predilezione tona le ed espressiva. stoica. Notevole questo dirigersi della moralità gesuitico-cornelia na verso alcuni canoni
2 Un esempio accettabile della prima affermazione, non del dormire in piedi, sono i di Kant (vedasi ad esempio la Pedagogia) .
Promessi Sposi: anche là dove la m a teria avrebbe potuto offrir motivo a i voli d ella 5 Si pa rla di simbolisti puri, in qua nto ta li.

150 151
mortalità spaziale, un al di là topografico ove abbia corso la Non è facile sempre distinguere se open m ciò la raffinata
esperienza ulteriore, infinita. perizia dell'artista o l'angoscia umana del perduto: probabil-
Prevale per contro nei sedenti 6 la meditazione dei problemi mente l'acutezza del tecnico sente qual è la linea dominante del
etici, una cura prammatica. I sedenti sono più pratici, più fidi tema, la incide, la « valorizza », strappandola come lucidità
alla realtà, più giusti, più puri. Sognano sognando, ma vivendo acre al tormento dell'uomo: al modo certi antiquari innamora-
vivono. Zappano almeno la terra, emarginano almeno le prati- ti che sanno quale sia il pregio d'un quadro, anche per venderlo
che del quotidiano dovere. Gli altri sognano vivendo e così non bene.
vivono. La loro vita si dissolve nella illusione di poter conoscere Certo è che il Baudelaire introduce nel suo dramma l'idea:
tutto; - ma l'io morale è un feroce inibitore, un meticoloso nelle forme più ossedenti del presagio, della paura, del rimorso,
limitatore, un accanito e formidabile negatore: chi vuol « pro- servendosi di quanto materiale espressivo gli venga offerto dalla
vare tutto », finisce col non provare il più importante, chè è la storia degli uomini, non rifiutando i simboli del cattolicesimo. In
«sua» vita. Une mar~yre, la donna si spoglia: un ritratto languido, la solitu-
dine strana della camera rivelano
Se è poeta, dovrà necessariamente vivere e scrivere: Le bateau
zvre. ... un amour ténébreux,
I sedenti sognano anch'essi, onestamente, con l'animo puro Une coupable joie et des fètes étranges
Pleines de baisers infernaux
del giovane che guarda agli occidui fuochi del sogno e pensa al
Dont se réjouissait l'essaim des mauvais anges
lavoro di domani. Di là dal monte la rosea nube scolora. Essi
Nageant dans !es plis des rideaux.
costruiranno pacatamente solidi manufatti : le case, gli argini , le
ferrovie. Essi, con fresco animo, vogliono riabbracciare gli amici I baci infernali, di cui si ringalluzziscono gli angeli catt1v1,
che tornano dai paesi lontani - che tanto più sanno e conosco- nascosti nelle pieghe delle tendine! Nel sonetto La Destruction, il
no! Ma una delusione li attende: i reduci hanno sperimentato la demone della sensualità artificiale:
desolata vanità del mondo spaziale: deserto orrendo è la terra a Sous de spécieux prétextes de cafard
chi non possieda il secreto interiore dell'essere: un fine « mora- Accoutume mes lèvres à des philtres infames.
le ».
I viaggi, che sembravano via via poter appagare un desiderio L'aggettivazione etica non è limitata a questo spécieux, a que-
inestinguibile, hanno rivelato la gelida uniformità degli oceani e sto infames. Ecco:
dei continenti.
È merito certo del Bauddaire, che ha tanti altri meriti, l'a- . ... un désir éternel et coupable
verci dato una vivida drammatizzazione di questa dialisi degli
umani in sedenti e migranti - nelle forme d'un canto amebeo. che ricorda les « coupables joies »; e il verso stupendo:
È qui opportuno annotare che Baudelaire non può conside-
rarsi un puro spaziale, in quanto si avverte in lui un orgasmo di Il me conduit ainsi, loin du regard de Dieu .
origine etica, presagio spaventoso della sanzione che verrà per-
seguendo l'eslege, se anche come urto d'un Dio esteriore,7 d'un Lontano dallo sguardo di Dio, cioè al di là di ogni limite pen-
Dio giudicante. sabile di miseria e di abiezione.
Questa espressione, più che un simbolo della vita sentimen-
tale, è lo schema di un profondo pensiero. Siamo già al di là della
6 Preghiera di una interpretazione corretta: sono sedenti coloro che non fanno del
viaggio un fine a sé.
tecnica espressiva, siamo alle soglie di una chiarezza filosofica di
7 La nota biblica di Dio giustiziere ricorre insistentemente nel Baudelaire. cui non mancano accenni nel poeta di Correspondances.

152 153
Si rileggano, fra le pièces condamnées dal tribunale della Senna spunt0 iniziale che mette in moto il manìaco dei vi<l;ggi: viene
le meravigliose quartine di Femmes damnées, meravigliose non nettamente riconosciuto che les vrais voyageurs sont ceux-là seuls qui
certo per la geremiade finale « descendez, descendez, lamentables partent pour partir - cioè dei simbolisti puri, 8 degli astratti dalla
victimes, etc. », che è una via di mezzo fra il coro tragico e, forse, realtà etica:
Bossuet - ma per le intuizioni etiche della stupenda Hippolyte. , Ceux-là dont les désirs ont la forme des nues
Irrompono nell'orrore della cupa sensualità, come lampi lividi Et qui revent, ainsi qu'un conscrit le canon,
fra i cumuli d'una tempesta. De vastes voluptés, changeantes, inconnues,
Et dont l'esprit humain n'a jamais su le nom !
Je sens s'élargir dans mon etre
Un abìme béant ... Il carattere astratto del sogno è lucidamente affermato: con
sicura chiarezza, con acume psicologico: con vigore rappresen-
In tutta la forsennata poesia l'idea etica è richiamata tragi- tativo degno del poeta.
camente, è paurosamente sottintesa. Il graduale dissolvimento Non mancano tocchi espressionistici di rara potenza, come ad
della volontà-fine (morte etica) conferisce appunto al dramma esemp10:
la sua infernale pateticità. ils s'enivrent
Le V~yage chiude il libro del poeta, e, del libro, il capitolo D'espace et de lumière et de cieux embrasés. ,
ultimo, titolato La Mort.
Queste strofe sembrano recuperare, davanti alla buia eternità, Acuto, secondo me, l'aver principiato dal fanciullo, la cui vita
ciò che sarebbe stato sogno gioioso al ragazzo, quando avesse psichica rappresenta appunto il momento della pura esteticità
potuto lasciare la patria nello sviluppo ontogenetico. D'altronde in questo polittico del
V~yage c'è un po' lo schema di certi polittici fiorentini o senesi -
les yeux fixés au large et !es cheveux au vent, • le età dell'uomo, il corso della vita e simili - cosicché è giusto
cominciare dall'infanzia.
ciò che è divenuto nell'uomo una desolata follia: l'avidità del Nella seconda ripresa il tema è contrappuntato per alcuni
nuovo, nel senso spazialmente corrotto onde la interpreta il facili sviluppi pseudo-ironici: commento del fattaccio in tono di
ricercatore dimentico d'ogni finalità con una intenzione, direi facile filosofia: il viaggiatore è un sognatore inguaribile, ridicolo,
con una posa, esclusivamente estetica. Il rimpianto di un motivo talora donchisciottesco ( Capoue-taudis); concettose dialettizza-
etico che intessa la trama della vita è tuttavia manifesto, se pur zioni francesi come
non espresso, nella forma talora spleenitica, talora cinica, talora
desolata della composizione. pour trouver le repos court toujours camme un fou,
C'è poi da notare che, per effetto di quella calda ed intensa
umanità tutt'affatto baudelairiana, i folli cercatori d'ogni nuova di gusto a noi alieno. Non manca un richiamo mitologico pre-
vedibile: Icaro. 9
fortuna s'imbattono nella posizione lirica degli amici immobili;
si celebra così la stupita freschezza di questi, la loro bontà Importante è l'affermazione del destino umano di questi mi-
granti e della sua vanità etica:
rimasta ancora un po' ingenua, la loro fede nella vita, non per
anca alterata dagli urti della falsa esperienza spaziale. Il poe- Singulière fortune où le but se déplace
metto merita troppo una breve esposizione. Et, n'étant nulle part, peut etre n'importe où.
Nella prima ripresa, a tinte logico-espositive tipicamente 8 Il bimbo che imita sbuffando il treno in partenza è un simbolista-animista.
francesi (il ragionare in versi però si fa anche da altri e in modo 9 Icaro è per altro in un piano leggermente diverso. Ha comune con i simbolisti lo
assai più pedestre, come ben sappiamo) viene analizzato lo scambio fine-mezzo. Il discorso sarebbe lungo anche qui: Odisseo dantesco, ecc.

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Ancora, incidentalmente: Baudelaire e per tanti altri meno poeti di lui, si tratta di un'e-
strema verità - di uno spostamento patologico, che il dolore ha
... L'Imagination qui dresse son orgie. creato, dalle normali acquiescenze alla vita. Quello che più
angustia il folle poeta è la noia, la spaventevole noia - ne
Orgia è dunque il puro sogno, come la sbornia, come l'estasi circondi l'orrore, purché sia rotto il cerchio implacabile della
procurata dagli oppiacei. noia. 11
Nella terza ripresa irrompe, vivida e chiara, la calda dolcezza Occorre avere il coraggio ben chiaro della onestà: questo
baudelairiana. Una musicalità improvvisa e fluente sgorga dal trouver du nouveau ad ogni costo è un principio di dissoluzione.
cuore proprio del poeta, dopo i sobbalzi critici delle precedenti Trouver du nouveau - quindi la tensione simbolistica - quindi il
riprese; una stupenda espressione ci trascina . viaggio senza meta - quindi l'oppio e lo haschisch.
Gli spiriti intatti degli immobili, con ingenuo e fraterno e La realtà etica di un padre che fa sacrifici per mantenere i figli
passionato trasporto, chiedono ai viaggiatori di svelare i mondi al ginnasio, prega Dio che Carluccio non isciupi il dizionario,
misteriosi, a loro per anche celati. I rimasti si volgono ai reduci così poi servirà per Pieruccio: questa realtà è aborrita dai so-
come a dei fratelli maggiori, che possano farsi maestri d'accor- gnatori ad ogni patto. Ma è realtà, realtà buona, non demenza.
gimenti e di verità, narratori di fantasiose fortune: il racconto
potrà concedere, come un sogno, l'esaudimento che non concede Nella quinta e sesta ripresa si compie il canto amebeo, con
la vita: accenti di profonda verità umana (le peuple amoureux ... ) di atroce
sarcasmo (la femme, esclave... ) di ritenuto dolore (le mar~yr qui
Etonnants voyageurs! quelles nobles histoires· sanglote). Acuta l'annotazione del contenuto retorico della sto-
Nous lisons dans vos yeux profonds comme !es mers! 10 ria, 12 di quella specie di fede virtuale che è guida agli umani e che
trascina gli spiriti anche quando non è se non trama di mere
Si noti l'aggettivazione originalissima, in particolare quel parole (L 'Humanité bavarde... )
« nobles ». Bello il grand troupeau, se pure abusato dai filosofi faciloni e dai
Con brutale ruvidità rispondono i migranti, quasi lieti di romanzieri spleenitici. Finale oppiaceo, che intende forse recare
spezzare ogni fede nell'esperienza spaziale, di negare ogni gioia ad un'ultima e logica illazione l'illogicità degli spaziali (Già che
al sogno comune, di cui ora sentono l'orrida vanità. La quarta abbiam fatto trenta, facciamo trentuno - sembrano dire gli
ripresa si svolge potentemente come antistrofe della terza, e astratti) - e in cui comunque il poeta è un po' Cicero pro domo
chiude con intensi tocchi descrittivi de' paesi lontani, de' paesi sua.
« fantastici ». Nella settima ripresa, tetre constatazioni, tormentose do-
Affiora la « posa » baudelairiana del trovar interessante sol- mande, gioco di abbandono e d'irrequietudine. Poi una tristezza
tanto ciò che è tragedia, una sorta di spasmofilia estetica: raccolta, che si tramuta nel gioioso presagio della libertà! Acco-
rati rimpianti divengono richiami dell'oltre vita.
... malgré bien des chocs et d'imprévus désastres Si riaffaccia, non più come accenno ma come espressa deter-
Nous nous sommes souvent ennuyés, comme ici, minazione, il motivo dell'orrore preferibile al tedio. Il mondo

dove il nucleo snobistico del concetto è costituito da quel malgré. Une oasis d'horreur dans un désert d'ennui.
Però, però questa supposta posa, fin dove è posa? Forse, per il
11 Circa l'ennui baudelairiano si legga il finale della Préface nelle Fleurs du mal stesse. -
10 Si noti il ritmo « marittimo » di questi versi, che sembrano rappresentare anche Il Leopardi non supera in questa direzione il concetto di« noia», donde in esso Leopardi
musicalmente il continuo sobbalzo della prua, il tangage della nave, all'incontro d ell'onda una più arida, una più stupenda, una più disperata desolazione.
12 La storia ha anche un contenuto retorico.
oceanica.

156 157
Al leggerne i primi versi, si è tentati a credere che la trasposi-
Le due quartine dell'irrequietudine (Faut il partir? Gomme le zione in simboli si operi qui per semplice e volgare allegoria. Ma
Juif) sono del tipo logico e disquisitivo che occorre nella prima e non è agevole definire dove, ad un punto, lo spostamento dal
nella seconda ripresa, mentre le seguenti hanno carattere di mondo storico e fisico al mondo fantastico divenga artificio.
commozione più dolce ed intensa - un po' dalla mitologia; che In alcune posizioni espressive c'è ancora purezza e ingenuità:
per altro consente simboli e trapassi più rapidi e di comune il simbolista vive realmente e lirizza il fenomenalismo attraverso
accez10ne. la deformazione simbolica. Il bimbo così s'impaurisce se il muso
Elettra, e i fratelli ci chiamano: andiamo a raggiungerli. del cavallo gli vien troppo accosto (muso simbolo), si rallegra se
Questo tratto, molto sentito e patetico, è in contrasto con la tesi la nostra mano saluta (mano simbolo), teme la maschera truce,
direttiva dello snob spaziale, ma le sorge di contro appunto come sorride per lo zucchero dolce. Così « vive » sognando, quando ha
una v~lida antitesi, germinata dal sentimento. Nell'ottava .ri- tra mani il battello, la locomotiva, i soldati.
presa, brevissima, la morte liberatrice, forse quella stessa Elettra Ma il simbolista, da questo stato liricamente encomiabile,
che ci ha indicato il « dovere », viene invocata con accento assai esteticamente casto, travalica troppo facilmente nel metafori-
dissimile dal rimpianto petrarchesco: « i dì miei più correnti che smo voluto, nell'allegoria levata a sistema: è quando comincia-
saetta - fra miserie e peccati - sonsen andati - e sol morte mo a sentire un sottile cerchio alla testa, come dicono romanzieri
n'aspetta », il quale è edonistico e religioso ad un tempo. Viene allorché l'eroina si complica.
invocata nelle spoglie di un capitano di lungo corso (Le V(!yage!) Bateau iure come già Le Voyage segue nel complesso lo schema di
sì che il nostro cervello un po' ingenuo, un po' fanciullesco, atto una ricapitolazione autobiografica. 14 Catarsi non è la morte
quindi a certi guazzabugli, finisce per fare una rozza sintesi _di fisica, invocata come società esercente la più bella linea di na-
teschio, scheletro, falce, lenzuolo e Caròn dimonio. L'allegoria, vigazione - sì il riconoscimento della propria stanchezza e
in fondo, e dato quel cervello, non ci sembra del tutto sgraziata. nullità morale dentro i termini d'una sopravvivenza fisiologica.
Più anche ci piace l'off, son stiiff finale, detto con semplicità: In ciò sembra raggiunto il fondo più cupo dell'irreale - ad
Ce pays nous ennuie, 6 Mort! Appareillons! opera proprio di chi verso questo irreale tendeva come verso la
luminosa bellezza del mondo, ad opera dì chi avrebbe voluto
Il grido Verse nous ton poison ricorda il shakespeariano poison e trasfondere il suo empito di vita in un sogno fantasmagorico,
par quasi esprimere un intendimento antitetico nei confronti di appartandosi infinitamente da tutte le realtà veristiche e dal
esso: il cercatore del nuovo non respinge, ma chiede anzi gli si loro odore troppo vero di basse cuisine.
15

porga il farmaco ultimo: quello che dischiude le soglie dell'i- In tutta la composizione è percepibile, dietro la trama caotica
gnoto. del sogno - lo sgomento della dissoluzione che lo accompagna:
Con qualche·sospetto, ma riconoscendolo saldamente avvinto questo fin nella tonalità della strofe e del verso, che è quasi
allo schema logico della composizione, leggiamo poi l'ultimo sempre o tetra o accorata, anche ove più la luce risfolgori, che si
verso. svolge con un presentimento di pausa il quale raffigura musi-
calmente l'abisso. 16
I richiami marinareschi del grande antecessore non sembrano Non forse in primissimo piano, ma di là dal risalto dei fanta-
estranei alla figurazione fantastica nella quale si effuse il tema smi più lineati, sembra dunque acquisito al dramma che il puro
autobiografico di Bateau ivre.'3 Ma un'esperienza diretta fa, come
14 È un'autobiografia in anticipo , beninteso: una divinazione: il poeta non aveva
sempre accade, la potenza espressiva di questo lavoro di Arthur
allora 18 anni.
Rimbaud. 15 Verlaine - Art poétique:
« Fuis du plus loin la pointe assassine » ecc. ecc. - Questo plus loin è l'interpretaz-i one
13 Opin ione condivisa da altri. Cfr. Marce! Coulon, Au ca,ur de Verlaine et de Rimbaud: logica della realtà, la integrazione filosofica degli aspetti fenomenici .
Paris, Soc. Ed. « Le livre » - pag 149: « On n'a pas assez dit que Rimbaud doit énormément à 16 La tecnica della cesura è recata in Bateau iure a un estremo grado di perizia.
Baudelaire. Dans uneforte mesure, Bateau iure se trouue orchestré en marge de Voyage. »
159
158
sogno, la corsa nello spazio puro, ci consegnano ad un tragico estremamente brillante: contro l'implacabile mediocrità degli
nulla. Il dramma che nell'Ariosto brav'uomo non c'è, perché è educatori offrirà scampo e rifugio la fresca latrina: il terribile
portato all'infuori de' casi d i sua vita, che nel Furioso non c'è, ragazzo si ricorda:
17
perché è portato lungi alla materia e alla tecnica del poema; ... enteté
18
che c'è nella vita d'una . nazione, nella storia d'un popolo; il À se renfermer dans la frakheur des latrines.
dramma, nel caso studiato, inerisce alla persona storica del
poeta. Ma, sopra tutto, il sogno di una fuggente tempesta:
Sognare, sognare! Non è vivere.
E, come dentro di noi una voce comanda, che si abbia a ... couché sur des pièces de toile
Écrue, et pressentant violemment la voile.
vivere, così chi vuole soltanto sognare (ove altri non vivano per
lui) avrà cenere soltanto e sgomento. 19 Per tornare a Bateau ivre, questi haleurs, che tirano come giu-
L'allevamento e la costrizione educat~va (sic!), i primi im- menti la nave sognante, sono bersagliati dagli striduli pellirosse
pacci procurati dagli haleurs, cioè dai bardotti che traggono la del Salgari 20 ( diciamo Salgari tanto per in tenderci). - le cui
nave lungo le piatte alzaie, vengono a un tratto a cessare: grida giungono al fanciullo solitario come la prima voce della
Je ne me sentis plus guidé ... libertà, 21 fantasioso presentimento transoceanico.
Il ragazzo si allontana quindi dagli équipages cioè da tutte le
I Jleuves impassibles sono il monotono scorrere della vita bor- confraternite della realtà. Non può arrendersi a questa realtà, a
ghese, la banale educazione borghese, la insopportabile santità nessuna sua forma: ed essa finisce per lasciarlo descendre (sic) oùje
della famiglia: circondano di grigiore l'adolescenza del poeta, voulais.
affidata ad « institutori » troppo impreparati al loro compito, L'analisi della trasposizione simbolica in Bateau ivre mi con-
inetti comunque a seguire e a confortare nel tragico suo sviluppo dusse a un esame interessante, ma troppo lungo per essere qui
un'anima di eccezione. Si veda, a questo riguardo, Les poètes de compendiato. Basti un accenno.
sept ans che anticipa l'esegesi di Bateau ivre. Rimbaud ricorda con La potenza del simbolo Jleuves risiede, oltre che nella imma-
certo sarcasmo sua madre: gine in sé (corrente regolare, tra due rive sagge, lungo la quale i
Et la Mère, fermant le livre du devoir, carichi di cotone e di grano si inoltrano felicemente a destino,
S'en allait satisfaite et très fière, sans voir, contrapposta alla disordinata libertà oceanica), risiede nella
Dans les yeux bleus et sous le front plein d'éminences, premessa concettuale di questa immagine: una sorgente lonta-
L'ame de son enfant livrées aux répugnances. na, un ente primigenio cui il « dissoluto » ancora si sente av-
vinto. Anche qui, la tecnica espressiva è avvalorata da una
La sciocca inanità dei metodi educativi correnti, praticati a intuizione di ordine filosofico. 22
un tanto il chilo, vuoti d'un amore sollecito e vigile, non po- Profondamente, forse involontariamente espresso, questo
trebbe essere più ferocemente rappresentata: Sans voir!
Il risultato di siffatta perizia pedagogica nei confronti d'un 20 Iljournal des Voyages, il Tour du monde e altri Tomes de Mr. Figuier illustrés - Coulon,
soggetto d'eccezione, e per di più livré aux répugnances, è poi pag. 139 del citato volume.
21 In Les poètes de sept ans: « Forets, soleils, rives, savanes! Il s'aidait dejournaux illustrés... » ,
17 Benedetto Croce: La materia per l'armonia - L'attuazione dell'armonia - in / e in Bateau ivre stesso, più avanti : «]'ai heurté, savez-vous, d'incroyables Florides .. . »: è la
Ariosto - Ed. Laterza, Bari. · cosiddetta vena esotica di Rimbaud. Si veda anche la plaquette del Coulon, pagina 136:
18 Troppo lungo sarebbe il discorso: edizione definitiva del Furioso 1532; sacco di « . .. lvre de départ, ivre d'inconnu, ivre de liberté n 'import e où et le plus loin possible de la détestable

Roma 1527. (sic) réalité que lui seri l'existence quotidienne. »


19 Preghiera di interpretare saggiamente: il poeta sogna per sé e per il suo popolo, che 22 Il Rimbaud sembra derivare dall'intimo della sua personalità anche una co-
vive. Se pretende di svellersi dalla vita per darsi allo snob d ella eccezione, cade in una scienza genetica; vedasi ad es. il primo capoverso di Mauvais Sang nella Saison en Enfer:
sorta di miseria, in un abisso di stupidità. « ]'ai de mes ancètres gaulois l'a:il bleu blanc, la cerve/le étroite, et la maladresse dans la tutte. »

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oscuro legame di colui che tra poco sarà un « muchacho perdi- non cammina, e non cammina in avanti. Il verso del Betti:
do » nel senso borghese delle parole, alla verità biologica e sto-
rica della sua gente, all'origine e quasi direi alla disciplina della Nell'acqua fonda calano i morti
stirpe, alla realtà etnica, la quale impone doveri. Buttati giù dalle tempeste 23
Il simbolo, coi misteriosi processi dell'analogia e con l'eccitare
« a latere » gli schemi logici del nostro spirito, affretta per più più accorato, più umano, manca di questa audacia espressiva
rapidi tocchi queste complesse determinazioni. quanto alla determinazione dell'immagine.
La composizione si svolge poi con un carattere strettamente Dei mostruosi serpenti è detto:
unitario, cioè come episodio unico fatto d'una serie spaziale.
Doviziosa la germinazione simbolica: la virtuosità espressiva ... les serpents géants dévorés des punaises,
raggiunge dei massimi : finisce poi per saziare., come ogni mezzo Choient, des arbres tordus, avec de noirs parfums .
del quale si abusi (produzione imposta nel campo economico -
tesi imposta e tecnica imposta nel dominio dell'arte). Nel secondo verso la tecnica è espressionistica,, nel pnmo
Talora il simbolo prende addirittura il sopravvento: lie- veristica.
to dell'invenzione, il poeta si indugia a delinearlo e lo reca a un Verista, ma stupendamente verista e quasi fotografico è il
tale risalto, da farci dimentichi dello sviluppo tematico del verso (dei gabbiani):
poema.
Il simbolista diviene allora un espressionista, talvolta un Et les fientes d'oiseaux clabaudeurs aux yeux blonds.
semplice descrittore: espressionista e descrittore, beninteso, in
quanto si prescinda dal contenuto simbolico della composizione, Un esempio interessante di relatività cinematica ed estetica è
momentaneamente dimenticato. offerto da quelle audacissime péninsules démarrées che subiscono
Versi di tipo espressionistico ve n'è fin che si vuole; si può un trionfale tohu-bohu.
citare a occhi chiusi: Chi ha visto un film preso da nave capisce subito: nel 1871 lo
schermo ancora non esisteva e il poeta raggiunge questa imma-
Et des taches de vins bleus et des vomissures gine con un'originalissima evocazione, senza il favore della ri-
Me lava ... conferma illuminante.
Ci chiediamo se questi eccessi tecnici non siano causa, per
dove l'attitudine espressionistica si accentua in quel violento avventura, di una menomazione della intensità lirica; se non
« lava», detto dell'ondata tempestosa, che spazza dal ponte siano gli « individui » prevalenti sulla tonalità.
ogni cianfrusaglia e ogni porcheria. Anche: Il canone beethoveniano richiamato a didascalia per l'an-
dante della sinfonia in fa maggiore: « Mehr Ausdruck der
!es azurs verts; où, flottaison bleme Empfindung als Malerei », e che, in certa misura, i simbolisti
Et ravie, un noyé pensif, parfois, descend; avrebbero potuto far loro, almeno quanto alle buone intenzioni,
li riconduce, per una troppo sollecita ricerca dell'Ausdruck, per
e il susseguente: una abusiva compiacenza verso l'espressione - a ricadere nella
Malerei.
Des noyés descendaient dormir, à reculons Essi vogliono staccarsi dalla tecnica realistica, dalla logica
positivistica, da Zola insomma: si valgono della sensazione e
esprimenti la tragica e lenta discesa negli abissi marini o nel
sottoponte immerso, contraddistinta dal fatto che l'annegato 23 Il Re Pensieroso - I Palazzi di smeraldo.

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dell'analogia per ottenere la Ausdruck der Empfindung - ma Si voglia rileggere, nella ,q uarta, libro quarto dei Carmina
poi dimenticano, come accennai, il punto di partenza; presi stessi, i versi:
dalla passione del metodo, si danno alla caccia e all'allevamento
forzato del simbolo; il simbolo-mezzo diviene fine: e talune Quid debeas, o Roma, Neronibus
composizioni, veri vivai di simboli, sono tutte pittura e niente Testis Metaurum flumen et Hasdrubal
espressione, intendendo quest'ultima parola nel senso più alto e
più comprensivo. eccetera, eccetera, fino alla chiusa. Anche qui una beethovenia-
Con quanto maggior vigore e quanto più fortunatamente il na espressione di sentimento raggiunta simbolisticamente.
sinfonista mantiene mezzo il mezzo e fine il fine! Egli realmente Duri e tozzi, ruvidi e certi i pilastri simbolici: meglio così,
esprime l'inesprimibile: e i cenni descrittivi sono in lui soltanto vecchio poeta, così più vivido ed alto è il trapasso all'al di là
pretesti per raggiungere e dire il mistero. misterioso della conoscenza.
Ma nella musica: che scoperta! « Oh! » potrebbe ammonirci l'autore del De arte poetica liber,
Certi accostamenti, si dirà, sono i punti deboli della critica. « non è questione soltanto di scelta de' mezzi, di misura nel
Ebbene: c'era una volta un poeta, poniamo si chiamasse servirmene. Dentro le forme del mio simbolismo c'è una realtà
Quinto Orazio Fiacco, che faceva del simbolismo. Ma, come la morale: quella che ha di sé plasmato l'arte gesuitica del gelido e
misura dell'arco romano è perfetta, così perfetta e impeccabile è sublime Corneille, quella che ha dato il suo pane a Livio, ,che
la sua tecnica simbolistica. Ci si perdoni la povertà ginnasiale non erra,; la realtà dell'arco e del ponte, della strada e della
delle citazioni: si voglia rileggere, se non la si sa a memoria, la fossa, del Metauro e delle Gallie.
nona, libro primo, dei Carmina: Vides ut alta. « Questa realtà non fu una corsa traverso lo spazio, ma una
Si vedrà che una potente e beethoveniana espressione di sen- costruzione ,storica, e uno sviluppo nel tempo.
timento è raggiunta dal poeta proprio per mezzo di analogie « Se abbiamo camminato e navigato, non era a cercare im-
simboliche: solché esse si mantengono mezzo, voce sommessa magini e sogni, ma per mettere in ordine il mondo.
intesa a una sublime armonizzazione. Il simbolo mai non uccide « Per raggiungere le risonanze terribili del testis Metaurum mi
la poesia. occorse non la poetica solo, ma il console Claudio Nerone: la
Della pace, della sicurezza che succede alle tempeste dell'a- volontà lucida, la celere marcia, l'assalto delle sfolgoranti coorti.
dolescenza per una legge a noi superiore e che segna il trapasso al Mi occorse che i primipili cadessero ventenni nella furibonda
raccoglimento supremo, è detto: battaglia: atroce sangue sui giovani visi: e allora tolsi i miei
simboli da quella realtà, ascolta1 allora gli epici suoni della
... nec cupress1 vita. »
Nec veteres agitantur orni . Non sapremmo che rispondere al vecchio. Egli, pacato, c'in-
viterebbe a depromere più benignamente un altro boccale dalla
Questa interpretazione simbolistica credo non sia troppo diota sabina, ma di quel quadrimum.
fantasiosa, anche tenendo conto che in latino cupressus e ornus so:·i
femmine. Tant'è vero che il Carducci riprende in Mors lo spunto Ho prima notato che Bateau ivre raggiunge di fatto, se non
oraziano; valendosi, anche se per esprimere un più tragico stato, intenzionalmente, la percezione e l'espressione del dissolvimento
dei medesimi simboli: morale: così già Le V~yage; così, con più cosciente messa in tema,
Femmes damnées.
Tale degli alti pioppi, se luglio il turbine addensa, Il folle volo è rotto ad un punto da improvvisi tocchi nostal-
Non corre un fremito per le virenti cime. gici, il cui richiamo deve esser pervenuto anche al poeta di Paris
se repeuple durante le sue peregrinazioni equatoriali:

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Je regrette l'Europe aux anciens parapets! mento di quanto ci interessa notare: la sensibilità morale vige
sotto il velo dell'astrazione estetica.
Sono le balaustrate del Luxembourg, dolci e malinconiche in Il problema dell'espressione non sembra potersi disgiungere
un mattino d'ottobre, e quelle che simmetrizzano le terrazze e i da un riferimento alla totalità. La poesia-vita non può essere
jets d'eau di Versailles, e quelle, fastigi marmorei, dei ponti: avulsa dalla totalità: perduta, episodica.
sotto cui passa il buon fiume borghese della vecchia patria, della Se paia talora trasfondersi in forme astratte o allucinatorie,
patria reale e storica; che non si può dimenticare, che non si astratto e irreale è solo l'eccipiente fantastico, cui misteriosi
dimentica mai, nemmeno da Alcide Bava24 - fino a quando richiami di vita percorrono, con celata intensità.
alcunché d'umano vige nell'animo nostro. La poesia non è una esercitazione logica o paralogica, non una
Poi il pianto e la stanchezza del fanciullo smarrito, il quale, da dissertazione spaziale, non una figurazione nominale. Esercita-
certi aspetti, ci pare il martire di una bieca fatalità psicologica. zioni logiche « pure » sono il giuoco degli scacchi e certi sviluppi
non applicativi dell'analisi matematica; figurazioni estetiche
... j'ai trop pleuré ... pure sono i disegni del caleidoscopio, la decorazione dei tappeti
L'acre amour m'a gonflé de torpeurs enivrantes. presa a sé, e i motivi ornamentali in uso nei biscottifici.
La poesia in quanto epitome purificatrice della conoscenza,
Egli rivede se medesimo solo nel mondo, che ha negato: si nella estensione più ampia di questa, non può cancellare dal
specchia in una imagine straziante: mondo le realtà etiche. Quando voglia prescindere « in absolu-
to » da un qualunque motivo della realtà complessa, rinnegarne
Si je désire une eau d'Europe, c'est la flache
un qualunque vincolo, si trasforma in arzigogolato ricamo, in
Noire et froide où vers le crépuscule embaumé
« imaginosa finzione », nel senso più dilettantesco della parola.
Un enfant accroupi plein de tristesse, làche
Un bateau frele comme un papillon de mai. Come la tesi, piccina e gretta, promana il tanfo di una chiusa
miseria, suscita il prepotente bisogno di spalancar le finestre:
Eppure il mondo continua a faticare sua vita: ma il poeta se vien voglia di prendere il sicuro assertore e di strascinarlo per
ne sente avulso, straniato: il suo sguardo sul mondo è spettrale. Il una corsa pazza nel mondo, che veda: che rinunci a stillare i
traffico segue: la sistemazione bismarckiana si adempie con teoremi della meschinità; la negazione così di un fine possibile,
volontà lucida e vigile. Affaccendati, i battelli « porteurs de blés di uno sviluppo possibile, di una norma o di una legge o di una
flamands ou de cotons anglais » tagliano gli uni agli altri la coordinazione possibile inaridisce le fonti stesse della espressio-
rotta: vittoriose fiamme e pavesi sono ali nel vento della marina. ne. Così si ottengono i frantumi del campanile minato, caro
Vigono nella notte, ai pontili, gli occhi implacabili dei falots - cimelio per i raccoglitori di rarità.
indicatori alle navi dabbene della giusta, della saggia, della
necessaria rotta.
Rimbaud poté rivedere la Francia, rivide sua madre. Mpren- L'ultimo viaggio, l'ultima partenza non sono un monopolio
do nell'ospedale della Conception a Marsiglia disse delh,, ·,s ua lirico dei simbolisti: questo motivo è stato pizzicato un po' da
vita: « ... C'était mal! » tutti, è stato talora orchestrato con tromboni, non di rado con
Non c'importa di accalappiare, per nessun fine edificante, pifferi.
questa confessione atroce: questa che a un umano è costata tanto I simbolisti, contrappuntandolo mediante i sottintensi del
dolore e sì tragica esperienza dell'essere. Non abbiamo titoli loro destino tragicamente spaziale e gli incisi delle loro espe-
all'ufficio « de propaganda virtute ». Abbiamo citato a chiari- rienze in libertà, hanno reso più acre il senso dell'analogia fra la
partenza e la morte: il migrare dei simbolisti è un determinare
24 È lo pseudonimo giovanile del cinismo rimbaudiano.
nuove fortune spaziali, nuove conoscenze e nuove sensazioni

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E nell'accenno dell 'ode seguente:
astratte dall'impulso coordinante dell'io, è un perdersi nella
casualità oceanica; il morire è un accedere a più vasta dissolu- Quid foret Iliae
zione, a più sconfinata casualità, ove ogni impaccio sia tolto dei Mavortisque puer, si taciturnitas
obstaret meritis invida Ramuli?
vincoli d'ogni teleologia.
Filosoficamente questo anelito verso il caos adirezionale rap- Soltanto il potente poeta attuerà, contro la tenebra soprav-
presenta un regresso alla potenza primigenia dell'inizio, ancora veniente, la consacrazione degli eroi.
privo di determinazioni etiche: una ricaduta nell 'infanzia del- Il che concorda con la tesi foscoliana dei Sepolcri, la quale
l'essere, se così sia lecito dire. pone, al di là della morte, il nulla teorico ed etico ed è, nell'ac-
lo credo che nella persona umana esso appalesi la rivolta della cezione comune della parola, nettamente materialistica. La
materia paziente contro l'insopportabile tirannide della finalità. consapevolezza etica si propaga tuttavia attraverso la discen-
Anche la finalità eccede ed erra e viene in questo errore a denza mediante gli impulsi suscitati. nella nazione dalla memo-
negarsi: la materia è incaricata di rappresentarle i vincoli logici ria coordinatrice: 2 5 per la quale memoria vengono buone le urne
del mondo, le premesse proprie di essa finalità: la materia è la nella decorazione classicheggiante o, secondo il classico, la
memoria logica, la « premessa logica» su cui lavora ogni im- espressione dei potenti poeti:
pulso finalistico, ogni « forma » attuante se stessa (chiara idea
... lingua potentium vatum ...
platonica rielaborata dagli evoluzionisti e poi da Bergson) . Così
... dignum laude virum
nella economia di ogni evoluzione possibile non è lecito di- Musa vetat mori.
struggere il meccanismo proprio, il sopporto della evoluzione.
È strano che le acute dottrine trascurino i fatti del sentimento, I poeti, gli espressori sono, in generale, i potenziatori della vita
il quale costituisce l'indice della funzionalità teleologica. Se il dello spirito lungo la discendenza della stirpe.
sentimento è rivolta, ciò significa che il dio operante ha sba- Povero Baudelaire! Della stirpe per entro le cui fonde latebre,
gliato. ove si attuano misteriose germinazioni, anche il suo canto andrà
permeando alla luce: approderà un giorno alle rive della luce:
Fantasticamente il non essere viene concepito dai due poeti
... afin que si mon nom
come l'al di là dello spazio noto; essi accettano fantasticamente Aborde heureusement aux époques lointaines,
l'idea d'una immortalità teoretica, ammettendo che la serie Et fait rèver un soir !es cervelles humaines,
delle esperienze spaziali possa celebrarsi oltre i termini della vita Vaisseau favorisé par un grand aquilon .. .
storica. A questo perviene la già commentata chiusa del Vo_yage e,
a lor modo, perverrebbero i versi di Bateau ivre: Lo Shakespeare, in Amleto, interpreta la migrazione verso
l'assoluto come un cessare dell'attività finalistica: dall'essere del
« Est-ce en ces nuits sans fonds que tu dors et t'exile,
monologo al non essere pratico ed etico.
Millions d'oiseaux d'or, o future Vigueur? » Per meravigliòse risonanze sentimentali il non essere (morire,
se le parole « future » e « Vigueur » non riportassero in giu . ço dormire, forse sognare - to die, to sleep; - to sleepl perchance to
l'idea temporale dello sviluppo, l'idea della energia operante. dream/) appare, allo spirito esausto dal veleno della vita attuata,
come un nposo:
L 'oltre vita è nichilisticamente intuito nella settima, libro
The potent poison quite 26 o'er-crows my spirit.
quarto, dei Carmina:
nos, ubi decidimus 25 Quella ta l memoria, che talora si offusca, come tutti sappiamo.
26 M entre lo S. accudisce alle nota te significazioni, sorgono in taluni delle grandi
quo pater Aeneas, quo dives Tullus et Ancus perplessità ; troppi sono i morti: e se il veleno è belladonna, giusquia mo .o cicuta : e come
pulvis et umbra sumus.
169
168
Il compagno di gioventù (antistrofe affettiva nella economia campo dell'impossibile); 28 la quale opera è per l'esecutore ben
del dramma) comprende e quasi con superiore chiarezza am- più desolatamente grave che non il sacrificio incontrato per un
mette il fato, consente alla morte. Non piange, non urla, non fine « creativo » ( costruzione del bene, armoniosa preparazione
secerne untuosi conforti: solo proferisce le parole della puerile delle époques lointaines ).
bontà:
Con simboli classici il Goethe (Elegien, I-VII), con goethiana
Good night, sweet prince, serenità il Carducci (Roma) présagiscono il proprio distacco dalla
And flights of angels sing thee to thy rest! sede pragmatica della vita. Immagina il grande alemanno che la
eterna Ebe latina abbia sorriso a lui peripatetico nella suburra e
« E voli di angeli cantino per il tuo riposo. »
lo abbia introdotto presso la maestà terribile di Giove capitoli-
La morte individuale è qui poi elemento di una ulteriore no. Egli implora il perdono del nume: il quale, verisimilmente,
significazione: immagina il poeta che una feroce. fanfara, la aveva commesso alla dea di condurgli un eroe (Hast du ihr einen
volontà luminosa di giovinezza, sopravvenga al mostruoso dis- Heroen herauf zu fuhren geboten?), non un poetastro.
solversi di una stirpe, uccisa da neri veleni. Un'altra stirpe, pura Indulga il Nume al fedele della bellezza: non erra forse an-
e più forte, continuerà la vita. Fortebraccio reggerà la trama ch'essa sua figlia, la crudele Fortuna, al sovvenire de' suoi favori
dell'essere: gli umani?
Accolga il Nume lo spirito del poeta in questo suo Olimpo
He has my dying voice.
latino, sulla rupe del Campidoglio immortale (der hohe Capitoli-
nische Berg); lo Psicagogo poi guiderà verso la pace serena del-
« Egli ha il mio voto di morente. »
l'Erebo l'anima che ha compiuto il ciclo poetico, il ciclo eroico.
Il poeta vuole figurare che la ricostituzione morale operata da Con dolce spunto romano ricorda il monumento funerario di
Amleto costa a lui e alla sua schiatta la rinuncia alla vita. Cajo Cestio, quasi vigilante presso il cimitero dagli alti pini,
L'eccesso contro la vita è espiato così. Ad un'altra progenie è dagli alti cipressi: ivi è la porta e corrono ivi le mura che guar-
commesso di perpetuare l'attività finale dell'essere. dano verso l'Appia, la Latina e l'Ostiense. Rosse di antico mat-
Ci preme di notare come nella compiutezza cosmica dello tone, paiono, nel sole morente, il limitare d'una eternità serena.
« Sopportami, o Giove, presso di te: ed Hermes più tardi mi
Shakespeare la serie spaziale passi in secondo e terzo piano,
luminoso o nero sfondo, rispetto alla serie temporale degli svi- guidi, oltre il monumento di Cestio, giù dolcemente all'Orco. »
luppi. Notiamo ancora: lo spasimo tragico proviene ad Amleto Questo potrebbe dire ogni legionario di Claudio.
non dalla mancata funzione finalistica (il che accade iri. Femmes Ma per accedere così puri, così sereni, alle soglie dell'Appia,
damnées, Le V~yage, Bateau ivre), non dall'ossessione dell'abisso bisogna saper cadere ventenni al Metauro, primipili della prima
morale aprentesi d'attorno al puro esteta; sì dalle angosce cru- coorte: bisogna aver lavorato impavidi alla costruzione co-
cianti onde l'attività finalistica lacera le deboli fibre della crea- sciente del proprio fine.
tura umana. Il fine 27 strazia la materia. .·1 Non importano i favori della rinomanza meretrice (l'ora su-
Un soprappiù di intensità tragica è poi reso al dramma dal prema calando con tacita ala mi sfiori la fronte e ignoto io
fatto che Amleto si propone un fine « negativo » di giustizia passi ...) purché un fine morale ci sia: sia esso la patria di Horace
riparatrice (negazione del male e qu_asi rigetto di questo nel o la fede di Pauline, sia esso la « volontà buona » di Kant.
Il Carducci parafrasa e diluisce la rapida e perfetta espressio-
il poeta , di solito così bravo, si dia tanto pensiern per la successione al regno di Dani- ne goethiana nel noto finale di Roma.
marca: una vera quisquilia!
27 Un discorso circa la creduta abulìa amletica, circa il determinismo e l'asserito 28 Se pensiamo, è questo l'oscuro senso di ogni ripresa etica: ricostruire la realtà
agnosticismo del dramma sarebbe qui fuor di luogo. È un discorso complicato però. giusta, dimostrando l'impossibilità feno1™Wale delle posizioni disetiche.

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Dopo essersi imbizzito anche una volta contro i reggitori del UNA MOSTRA DI ENSOR

Regno - celie allobroghe del « vinattiere di Stradella», fili di


ragno del « tessitor di Biella »29 - dopo aver coesortato gli
aspetti della patria a un epitalamio immortale - egli si rivolge
alla Madre:
O nave, che attingi con la poppa l'alto infinito,
Varca a' mister'iosi lidi l'anima mia.
Egli affretta alla sua pace un al di là teoretico ed etico popo- Gentili visitatrici e visitatori,
lato non già dai freddi « paradeigmata » di Platone, ma dagli davanti a queste incisioni di Ensor mi è data la parola: me ne
spiriti assenzienti de' padri, vigili sopra i destini ed i compiti rincresce per voi: credo che i direttori della mostra abbiano
della discendenza. Essi accoglieranno la sua anima pura XlXT' voluto saggiare, nel mio dire, le reazioni del primo che passa, con
aacpooeÌ\.611 Ànµwva, lungo le rive del fiume sacro a sua gente, la la stessa tecnica del « colpire a caso », dell' « estrarre a sorte »,
Flaminia dipartendosi verso le genti ed il mondo infinito. usata in certe indagini statistiche oltreché davanti ai gradini del
Egli ributta, come Rimbaud, la realtà misera e tetra: ma non Duomo da quei due giovani fotografi che vi bersagliano senza
rifugge verso l'al di là spaziale e ipologico della fantasia pura, premeditazione speciale, come elementi di una folla. Nessun
della aisthesis pura: rinnova invece alla stirpe il presagio d'un al titolo, cioè nessuna competenza e nessuna autorità io mi rico-
di là morale sopra la bassezza e l'angoscia. nosco, da poter interloquire in quistioni di pittura, o di disegno,
Onesto e buono, fervido e incuorante, egli ripudia la grettezza o d'acque forti o punte secche o zinchi o rami che siano. Il mio
degli spiriti involuti nelle mode o negli intrichi del giorno: a ciò cervello, in questa materia, come in tante altre del resto, è così
non sospinto da una dissociante mania estetica, ma da una squisitamente disabitato, ch'io mi ritrovo in grado di dar ragio-
perenne trepidazione morale. (La sua ingenuità, la sua inespe- ne a tutti, a tutti i poeti d'Italia come a tutti i pittori di Firenze.
rienza del mondo lo condussero a mal valutare e però a disisti- Poiché abbiamo sott'occhio un pittore e (nella fattispecie) un
mare e a spregiare uomini che lo eguagliavano in volontà di incisore di Ostenda, e poiché mi è conferito questo salvacon-
bene e lo avanzavano in saggezza e, neppur parlarne, in capacità dotto d'un quarto d'ora di libera dizione, dirò della grande
di governo.) Condoniamo alla sua « riesumazione » il gusto di opera di lui le piccole parole che mi verrà fatto poter dire,
certi peccati decoramentali, nel considerare questa profonda implorando la vostra clemenza. So, di lui, che nacque a Ostenda
funzione umana a cui, secondo sue forze, egli adempie con nel 1860 da padre inglese e da madre fiamminga: ch'egli parla
amore sincerissimo. Così, donde accorsero gli« ultimi nostri », 30 de' suoi « maggiori anglosassoni », un po' cqme Rimbaud poté
da Villa Corsina e dalla fùmida prua del Vascello, egli / è parlare « de ses ancétres gaulois »: che visse a Ostenda senz'al-
allontanato dopo nobili adempimenti. , tra interruzione dopo il triennio d'accademia a Bruxelles:
La cadenza catalettica del pentametro spegne, con silente 1877-1880, da diciassette a vent'anni: che, prima dell'accade-
pausa, il rapido volo dattilico: mia, sopportò le lezioni di due innocenti acquarellisti, Dubar e
Van Kuick: che l'insegnamento alquanto dogmatico di Bruxel-
Dulde mich, lupiter, hier, und Hermes fiihre mich spiiter les esasperò in lui la rivolta, fino a dettargli quelle Trois semaines à
Cestius Mah! vorbei, leise zum Orkus hinab. l'Académie che non ho letto, ma che mi propongo di leggere, visto
1927 che la sua prosa è tra le più caustiche delizie in cui mi possa
29 Stradella e Biella sono due realtà nell'organismo della nazione, non meno di imbattere. So che amava il mare e la landa, che dovette vivere in
Gallarate e Busto Arsizio. I due toponimi sono dal poeta richiamati per mero incidente. solitudine, coronata dagli spini dell'incomprensione e del dileg-
30 « Fuori alla Certosa di Bologna » è un 'altra celebrazione de' vincoli tra l'individuo
e la gente, dal Carducci sì fortemente sentiti. gio: che nessuno voleva comperare le sue tele: che lo chiamavan

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pazzo e misantropo: che il riconoscimento fu lento e, rispetto colore. La visione seconda è quella per cui un occhio più eserci-
alla sua vita mortale, dolorosamente tardivo: che nel 1930 Re tato ... ha appreso a discernere i toni, le delicate gradazioni.
Alberto lo nominò barone. Ensor ebbe ingegno musicale e let- L'ultima è quella dell'artista: egli ,vede, i sottili giochi della
terario. È autore d'un balletto. La sua « prosa nervosa», defor- luce, il suo frantumarsi nelle combinazioni infinite, i suoi piani
matrice, gli spunti critici illuminati, il coraggio, la « verve » di posa, il suo gravitare, il suo discendere ... Una visione ,pro-
polemica, l'audacia della caricatura fanno di lui uno scrittore: gressiva, modifica .la prima percezione, la visione prima e vol-
uno scrittore divertente. L'accostamento a Rimbaud non mi gare: la linea si deforma, è declassata a una entità secondaria ...
sembra del tutto fuori tono. « L'arte dei precursori è, per lo più, Una visione siffatta sarà compresa dalla clientela? ... No: la
amara e violenta, qualche volta aspra, irritante: bisogna ''tra- clientela non c'è. È un lungo guardare quello dell'artista, è uno
cannarla come un purgante dei più drastici. » Così scrive di se studio attento, insistente, una ,penetrazione eroica, in quel
stesso. « Molto sarà perdonato a chi ha molto osato. » E, a ,cosmo, stesso dove la gente non suol discernere che il disordine,
proposito di ogni pensabile poetica: « Dipingete, seguitate a il caos, o addirittura l'errore ... Così l'arte ha potuto svolgersi
dipingere. Non mettetevi a scrivere, per carità. » E ancora: dalla <linea,, dalla dineatura,, del gotico attraverso il colore e il
« Verso l'isola di malizia e delle palpitanti ricerche! là ho con- movimento della Rinascita, fino alla luce c;lei moderni.
dotto la mia nave, a piene vele, tutta pavesata di fiamme, le « Aggiungo inoltre: il ragionamento è il nemico dell'arte. Gli
fiamme tutte aggettivate d'inchiostri. Vorrei essere con voi a artisti dominati da ragione non ,sentono,, non ,vedono,. L'on-
difendere la vostra gioventù e le speranze ... » E più oltre: « Mare nipossente istinto si estingue, Finspirazione si inaridisce, il cuore
miracoloso di Ostenda, fatto di opali, di perle, vergine marina manca di slancio ... In capo al filo, al sottile filo di ragione, è
de' miei amori ... oh! i cavernosi vuotacessi della pittura hanno appesa la scempiaggine, o il naso di un cretino. »
l'ardire di venir a imbrattare il vostro volto, a maculare le vostre Lasciando a Ensor la responsabilità di questi apoftegmi ch'io
robe intessute di iridi, lamate di seta ... » non sono in grado di dibattere, ho voluto tuttavia citarli, in un
Chiave d'apertura per comprendere certi suoi temi insistenti: vago intento biografico, esegetico: esegetico per mio proprio uso,
« Una notte, mentre riposavo nella mia culla, in un camerone beninteso. La sua biografia è quella di un lavoratore solitario,
rischiarato da lampade, con tutte le finestre aperte sul mare, un mal compreso o addirittura incompreso, e dunque sdegnoso
uccellaccio del mare attratto dalla luce venne a sbattere davanti dell'opinione di chi non lo comprende: la gente di Ostenda lo
a me, facendo sussultare la culla. Impressione incancellabile, considerava, nella più rosea delle ipotesi, una curiosità del luo-
sinistra ... Impazzii di terrore, allora. Risento ancora l'urto, nel go, un demente non pericoloso: « Ensor est fou! » sta scritto sul
mio cuore, di quella nera fantasima ... E così pure ogni mi~teriosa muro a cui è rivolto il « popolano » dell'incisione numero 12.
storia di fate, di orchi, di temibili giganti: racconti variegati o La sua pittura è caratterizzata da un abbandono risoluto
chiazzati, a pelle di pantera: pepe e sale, grigio e a j gento, im- d'ogni precedente di scuola, da una ricerca ininterrotta. Questa
pressioni terribili. E così pure, e più anche, una soffrfra paurosa, ricerca, assistita dalla felicità del suo ingegno, lo conduce a
tutta piena di ragni giganteschi, orribili, e di uri indescrivibile presagire, o addirittura a scoprire, taluni modi o mezzi, o certe
bazar di conchiglie, di piante, di ricci e di stelle e di ippocampi affermazioni critiche di movimenti che verranno poi, dall'e-
secchi dei mari lontani, di belle maioliche polverose, di vecchie spressionismo al surrealismo. Ha dietro di sé i fiamminghi, e,
marsine e di vecchie bautte color ruggine, o color sangue: di dicono, Watteau, e soprattutto Goya: davanti a sé la speranza
coralli, di scimmiotti imbalsamati, di sirene vizze, di tartarughe delle nuove o rinnovate poetiche. Il suo coraggio è mania, salu-
vuote, di cinesi impagliati. tifera mania. Quando arrivano i compratori egli è vecchio, ri-
« La visione si modifica ... nel tempo stesso che uno osserva. La fiuta di vender loro ciò che non hanno voluto per tanti anni, vuol
visione prima, quella di tutti, è la semplice linea, nella sua crepare tra le sue tele, come un burattino abbandonato tra i
schematicità elementare, senza ricerca e senza apprensione del cenci, nel solaio. La ricerca multidirezionale è visibile nei docu-

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menti pittorici: c'è, in Ensor, una proteiforme capacità di rin- cadavere: ad ogni epica il suo esametro: qui l'esametro del
novarsi, di rifar da capo ogni volta, di adeguare al nuovo tema il tratto, rompendosi, cancellandosi in bianche cesure, accompa-
nuovo segno, il segno rinnovato. « Il faut inventer son procédé. gna la dislocazione delle ossa.
Chaque reuvre nouvelle devrait présenter un procédé nou- Cito a caso, o forse nell'ordine. Nel numero 88, ] _diavoli Dziltis
veau »: così afferma. Egli non vuole installare le sue visioni e Hi-ha-nok portano Cristo all'inferno, il fasto barocco un po' alla
multiformi nell'unità immobile di uno « stile » raggiunto, ed Louis XIV si appoggia sulla maestà fittizia d 'un segno e d'uno
unicamente sfruttato. Questo « stile » che può diventare acca- stile curvilineo, come a suggerire la certezza che ogni rotondità
demia a sua volta, cifra fissa , routine, « non, ce n'est pas son ornamentale, ogni rotondo ventre, o pancia, o ghirigoro di
affaire ». E, dicono i migliori critici, Ensor non si lascia neppure bellìco sarà consegnato a friggere al demonio. La coda dell'un
« periodare», non si lascia incantonare nei « periodi », primo,
diavolo è intrecciata a tortiglione barocco, come d 'un cavallo di
secondo, terzo, quarto periodo, come un bimbo in castigo nel Gondrand: stercorarie emissioni, di quell 'altro, tengono le veci
cantone. Rispetto ai modi, poi, non gli si riconosce un periodo della coda. Il forcone ha ornamenti pesanti, degni d'un cande-
impressionistico, un periodo intimistico, un periodo luministico. labro seicentesco. La sola entità non barocca è il nero Cristo
Rispetto ai temi, non gli si riconosce un periodo delle marine, del spaurito, oltraggiato, e pure alonato di luce. Ma l'un diavolo, il
paesaggio, delle maschere, degli interni borghesi, dei goujats, o più possente, il più turpe, con mature polpe di femminone in
delle streghe, o dei teschi. C'è nel suo lavoro, nella storia delle baldoria, gli ha messo una mano attorno al collo, sguaiatamen-
sue eccitazioni e dei suoi impulsi rappresentativi e dei suoi te. Dal trono di Satana-scheletro discende infinitamente il ser-
ritorni e delle sue scoperte o riscoperte, un va e vieni continuo, pente, è un'unghia del piede dello scheletro divenuta serpe in
un intercambio tematico, un fluire e un rifluire di modi che eterno: serpe denutrito, scheletrito. Galline col cilindro in testa,
imita lo « ebb and flow », il riflusso e il flusso della marea batraci alla Louis XIV. Dov'è andato a finire, qui, il pizzo mar-
morizzante della cattedrale di Aquisgrana, o di Ostenda che sia?
oceanica ad Ostenda.
Della sua pittura, dei molti problemi che solleva, tanto sotto E altrove è il paesaggio, nella sua sconsolata purità. Nel nu-
l'aspetto modale o stilistico, quanto per le controversie che ri- mero 27, Al margine del bosco, la lieve virgolatura delle erbe, il
guardano il tema, l'occasione, il pretesto, vi dirà altri, con au- segno nero, come di braccia vegetali, degli alti alberi spogli,
torità ch'io non ho, e non sogno neppure d'avere. Per parte mia l'apparizione del lavoro e del contegno umano, le opere e i giorni
mi limito a esternare qualche impressione sui disegni, su queste che sembrano dover uscire dagli abituri, dai poveri tetti di
incisioni che avete qui veduto e ammirato, grazie all'intervento embrici di legno, nella magia desolata della landa. Altrove in-
del governo belga e alla operosa intelligenza della direzione vece, numero 70, le nuvole dell'uragano sono ottenute da una
tecnica macchiata, quasi casuale, sulla gracilità nerastra di al-
della Strozzina.
La prima cosa che m'ha colpito, all'osserv},re le incisioni, è la cuni tetti di canniccio. È il metodo del « soufrage ,, , che penso
varietà multiforme dei soggetti, e però dei .,~odi di trattarli. Mi consista in una solforazione della lastra. Nel numero 4 (anno
richiamo con questo « e però » all'affermazione già citata di 1886), la pingue finezza del segno, per l'autoritratto del maestro.
Ensor: « Chaque reuvre nouvelle devrait présenter un procédé Il volto è più intento che non sia pensoso: è il muto coperchio
nouveau. » Il tratto, ecco, raggiunge la finezza del ragnatelo e delle inquietudini, delle angosce, dei desideri, forse, che ribollo-
irretisce l'occhio nelle due « dentelles » marmorizzanti delle due no incomposti nel pentolone dell'anima.
Cattedrali (numeri 7 e 105): e in una specie di mineralizzazione, Ho voluto accennare, soltanto accennare, alla varietà dei
di fossilizzazione dei reggimenti e della moltitudine stipata, si modi e dei mezzi: a quella dei temi non occorre, mi sembra. È
ispessisce in primo piano ad archiviare i visi, i nasi. Altrove, ricchezza che si ostenta da sé sola, che parla ai distratti.
come nel macabro numero 34, Il mio ritratto nel 1960, sembra Anche nella incisione in rame, nell'acquaforte, Ensor, anno-
patire quel disfacimento medesimo di che patirà, disseccato, il tando i suoi sogni, erede e amministratore de' suoi propri incubi,

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ha voluto introdurre le apparizioni stregonesche o diaboliche, i perfezioni, delle loro infermità. Ogni v1z10 ci singolarizza,
convegni delle maschere e degli scheletri, le sarabande degti perché ogni vizio ci « separa », ci « astrae » dal nostro destino
spettri, le conchiglie enigmatiche del mare. più vero: e deturpa il volto a una smorfia, se pure involontaria.
La sagacia dell'arte, la pienezza della vita interiore; si mani- Ensor ha compreso che le maschere, le sue maschere, potrebbero
festano in una varietà, in una discontinuità di modi e di temi. Le vivere tipicizzate al di fuori della contingenza e del tempo: e si
incisioni di Ensor non sono, se non in qualche caso, degli studi libera, proprio in esse, di una aneddotica imbecille inerente alla
per le tele e nemmeno delle repliche di esse: piuttosto ne fian- scena, al quadro di costume. Astrae il tipo fisiognomico e spiri-
cheggiano l'avvento con una propria vita, più sommessa, acco- tuale dalle stretture della contingenza, per trasportarlo in una
gliendo, entro i termini della tavoletta ad inchiostro, quanto non stagione dialettica senza radici nella storia, nell'aneddotica.
poté irrompere nei fulgori o decantare sui toni, cioè trasferirsi Maschere tragiche, ricordatelo, decorano le mètopi dei templi
dalla tavolozza alla tela. dorici, i timpaiili dei teatri neoclassici. Spoglie di ogni attrattiva
L'entrata di Cristo a Bruxelles, numero 114, eseguita nel 1898, a carnale, o fatte di gesso e di cartone, esse ci denunciano in uria
dieci anni dal grande quadro, può considerarsi una replica. Lo iperbole fisiognomica la passione enfatizzata, teatrata, dialet-
stesso lirismo, sarcastico, lo stesso sdegno contenuto: la stessa tizzata in un rito senza il palpitare degli accompagnamenti
opulenza borghese: la mascherata, i cartelli, la corporazione dei carnali.
« charcutiers », i trornboni, i tamburi, le bandiere. C'è tutto Ensor ha così abbandonato i programmi dell'accademia di
Ensor, c'è la sua tacita e dolorosa iperbole: a vedersi, a sentirsi Bruxelles, quanto le direttive comminatorie d'una poetica pre-
trasfigurato nel Cristo. Ogni vero artista, in certo senso, ha da determinata una volta per sempre. Nessun vitalizio egli ha sti-
portare la sua croce, ha da salire il suo Golgota. pulato col destino. Quanto e fino a che punto ciò possa essere
Ensor, che ha convocato le streghe della landa, che ha salutato considerato pittura, o incisione, proprio non saprei dire. Osser-
le maschere e le conchiglie, che ha interloquito così familiar- vandolo, in questa mostra, ho un po' smarrito le nozioni sacro-
mente col teschio, e lo ha raffigurato con tanta bravura e tanta sante, che d'altronde mi hanno sempre intrigato, scusate il
eleganza tra i feltri, i velh1ti, En~or ha avuto la sua cohue alle francesismo, abbacinato, dirottato.
calcagna, che gli gridava raha vedendolo dipingere il mare, i tetti Se il suo lavoro sia contenuto o sia forma, non arrivo a opi-
di Ostenda, gli uomini di Ostenda e di Bruxelles. Sua nonna già, nare. Fino a un certo anno le patate erano il contenuto e la forma
poi sua madre e sua zia, avevano un negozio di « ricordi di era il modo di dipingerle. Oggi mi si assicura invece che il modo
Ostenda »: ch'era divenuto il dolce e triste bazar delle maschere, di dipingere è il contenuto, proprio d'ogni artista, e che le patate
delle bautte, dei nasi di cartone, dei feltri, dei piumaggi. Da sono delle solanacee che si prestano a essere dipinte dai maestri.
questo mondo pieno di colore di eleganza e di polvere, da questa Io credo nelle discussioni estetiche: che fertilizzano la nostra
sublimazione d'un carnevale ipotetico a motivo centrale dell'a- capacità di lettura. Ci credo come Talleyrand nella Bibbia.
nima e del lavoro, egli ha cavato la sua nozione e il suo conforto: Domandatogli se credeva nella Bibbia, « certamente », rispose,
quello, soprattutto, di poter definire in co)ore e in disegno il « anzitutto perché sono vescovo di A.utun, e in secondo luogo
carnevale reale dell'umanità. Dietro di lu "/era, nell'antico ma- parce-que je n) comprends rien ». Io credo nelle diatribe estetiche:
gistero, il volto umano, psicologicamente 'individuato, di Hie- anzitutto perché vivo a Firenze, e in secondo luogo ... « perché
ronimus Bosch, il grande maestro di sua gente. L'isteria, la follia, non ci capisco nulla ».
la fissità, la lussuria, l'avarizia divenute persona, arricchite di 1950
tutti i contrassegni individuali di persona. Ma c'era anche, al-
trove, la smorfia tipicizzante, e in certa misura attraente, di un
Goya. La maschera è per Ensor il mezzo prediletto, a raggiun-
gere questa tipologia dei caratteri, dei loro vizi, delle loro im-

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IL MONDO DI IERI gina lo stupore degli anni, il sogno, il dolore, la lenta meraviglia
dell'apprendere: l'angoscia dello scoprire il tempo, indi del ri-
viverlo perduto. Ha buttato giù le sue note come un consuntivo
dei giorni alacri, in un abbozzo che è già disegno, nel presagio
della morte sopravvenente. Nato nel 1881 da genitori ebrei e
cresciuto nella migliore agiatezza a Vienna, lo accolsero le con-
dizioni più propizie a una carriera di apprendimento. La madre
parlava italiano: la conoscenza delle lingue principali venne, si
Prima di accomiatarsi con il suicidio da codesta atroce sara- può dire, da sé. La ricchezza significò, poi, viaggi e viaggi. E in
banda, Stefan Zweig credé di raccogliere in un referto-somma le allora non bisognavano passaporti, né visti, né moduli in qua-
immagini che ancora tenevano la sua memoria: superstite, per druplice copia a prendere il treno di Parigi. Quello spirito tipi-
poco, al disinganno alla distruzione e al dolore. Egli, che tanto camente intellettualistico del voler avvicinare e frequentare e
amò la vita nelle cose e negli esseri, dové assistere con tutti noi conoscere le genti ed i singoli, quello « slancio » a superare le
allo « sfacelo traumatico » dell'Europa: allo strazio osceno che barriere verso ogni forma caratterizzante, e la vividità e l'alle-
ne fecero e l'avidità e la crudeltà delle belve tudesche, e la grezza della Vienna cosmopolita 1890, fecero di lui, ben presto,
paranoia del mascellone ebefrenico e de' suoi ladri. un infaticato raccoglitore di pezze d'appoggio dell'intelligenza,
Nella traduzione italiana di Giorgio Picconi, 1 editore De un appassionato araldo della speranza civile d'Europa. Letture
Carlo, il libro dello Zweig ci perviene come una testimonianza di d'avanguardia: i russi: autografi: disegni: teatro: musica: versi.
costume tra le più vive e autorevoli, nella chiarezza e nella Poi le relazioni personali coi maggiori « esponenti » della cul-
semplicità del ricordo. Densa di delibate cognizioni. Ché tale fu tura europea. Tutte queste « cose » infoltiscono dentro la pagi-
la vissuta vita del ricercatore, da non lasciargli agio a qualche na, quasi gli aromi dell'erbe in un prato. Un curioso, onniper-
ora inutile, o momento perduto. Il senso della notazione corposa meante interesse per ogni « espressione dello spirito »: un'idea a
e della immagine concreta si unì in lui al gusto dell'apprendere, cavallo di un pragma in corsa, dal festival all'Universale Son-
del possedere, del detenere: egli guarda e recupera le cose e i zogno.
fatti, e tesaurizza i pensieri: come un fanciullo guarda con l'ac- Stefan Zweig è scrittore in proprio: e la sua scrittura ha questo
quolina in bocca a un piatto di pere, per allungarci sopra la senso di avvicinamento obiettivo e talora profondo al dato: o
mano. Gli manca qui (felicemente) lo snobismo delle pagine d'una spregiudicata riscoperta del meccanismo. L'autobiogra-
astratte, o il vaniloquio e la sottigliezza del prezioso un tanti- fia, che si riassume nelle evidenze di fatto, non può palesare la
nello ridicolo, o quella tecnica da « jardin des supplices » che fa tensione indagatrice dei saggi (Balzac, Dickens, Dostoiewski -
di certo psicologismo torquente la disperazione dei lettori di Hòlderlin, Kleist, Nietzsche - Casanova, Stendhal, Tolstoi, Sig-
buon appetito. La sua Erlebnis è un assapor amento: di un po' mund Freud), ma si riaccosta alle vite (Magellano, Fouché,
tutti i piattini meglio che gli poteva offrire la lista: del grande Maria Stuarda, Maria Antonietta). Qui la pittura della scena, la
« restaurant » europeo. Egli non ha mirato a ricreare nella pa- vicissitudine esterna. Tonalità liriche, accenti drammatici, e
quel tanto di morigerata polemica che è presa di posizione, si
1 Qualche « lapsus calami » poteva esserci risparmiato, con più stretta aderenza al enunciano in pacati riflessi. Quasi indizi d'una latente linea di
« testo originale» . (Die Welt von gestern. Erinnerungen eines Europaers.) Così « pas-
seggero» per« passante» (sul marciapiede), frane . « passager » (pag. 125); « la religio- forza, d'una direttrice di cristallizzazione. L'umore nasce, tal-
sa» per « la monaca», frane. « la réligieuse » (pag. 127); « divenire subito furibondo» volta, da chiarità dialettiche: o dal distacco del giudizio, non
(pag. 130) ( « il devint aussitéìt furieux ») per « andò di colpo su tutte le furie ». A pag. 178 legato ai vincoli topici (santità del campanile, cannoni del ca-
la tomba di Leonardo da Vinci è dislocata in ... Turingia, a scapito della Touraine (da
Tours): italiano Turena con una n sola, l'odierno dipartimento dell'Indre-et-Loire. Il stello, gloria e tamburo del villaggio). Non la verve dei francesi,
Vinci si spense ed è sepolto ad Amboise sulla Loira. né l'acredine biliosa o la magnanimità ingrognata di certi ita-

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liani; né il brio, né il capriccio: né il proposito di far dello spirito. d'umanità, di pulizia; quel ricordo dei tanti servigi garbata-
Il risolino della« parodia a distanza di tempo » che tanto ci poté mente chiesti, puntualmente resi: nell'Europa '.d'avanti il '14.
divertire nel 1900 di Paul Morand, qui lo si ignora. Ogni forma, ogni essere lui desidera abbi a perfezionarsi nella
Lo Zweig procede impegnato e tuttavia fluente: è calmo, sua interezza, modo della Divina Sostanza. E tutto gli appar-
corposo, eividente, serio: ricrea da ghiotto e rivive da buongu- tiene. Anche le cattedrali gotiche di Francia la dolce, quella di
staio la immagine di quella Europa facile, piena di facili treni e Rouen per esempio (pag. 180). « Queste meraviglie appartene-
di « grandi spiriti » che aspettano il fotografo : sparsa di gusci vano ancora ad una ,patria,? Non appartenevano invece a tutti
d'aragoste e di autografi rari, costellata di teatri, di villeggiature, noi? » Dove l'europeismo raggiunge il grottesco, e lo zelo della
di bagni di mare e non di mare, con alberghi e pranzi e birra supernazione dà un po' nella farsa: un indio del Mato Grosso
fresca e buoni vini e pane bianco per tutte le borse. Una nobile potrebbe dire altrettanto di Santa Maria in Cosmedin o di
speranza, un indaffarato ottimismo pervadeva, sotto al porta- Santo Stefano Rotondo.
foglio imbottito di assegni Rotschild, il cuore del viaggiatore. Lo Zweig percepisce la civiltà nelle sue testimonianze mate-
Telegrammi di attori celebri, di direttori de' grandi teatri, lo riate, dico in queste pagine: con un certo gaudio borghese-vien-
inaffiavano repentinamente di gloria prenotando l'onore della nese. Ne cade buon merito alla pittura. La celebrazione della
prima: subito dopo sia gli attori che i direttori crepano inopi- civiltà si libera nelle notazioni concrete. Dal Burgtheater al
natamente. (Leggere per credere.) British Musèum: dallo « Inselverlag » allo ·s tudio di Romain
Fra tutto 'sto andare e venire, tra Vienna e Parigi, tra Londra Rolland.
e San Francisco, ne vien fuori, dal libro, dico, un mondo pieno di Tutto ciò non gli impedisce di « nutrire degli ideali ». Il più
fatti e di segni. Il mondo è una specie di calderone casalingo alto, il più generoso, e ad un tempo il più facile, è la comunione
dove di tutto ribolle. Due toni (biografici) ne risultano princi- delle anime universe nella civiltà della supen;iazione. Auspicio
palmente allo Zweig: uno, raggiunto malgré lui, è quello della supremo: la scomparsa dei passaporti. Le radici fagiche ed
palla da tennis. L'apostolo dell'unione europea rimbalza senza umorali della persona Zweig sono quelle del borghese intelli-
posa da una stazione all'altra, da una visita all'altra. La figura gente, del ricco acquirente di bei libri: nell'allegra e stupenda
iniziale del cervello attivo, del temperamento eretistico in pe- Vienna 1890-1910. Ivi l'errabondo efi'pluriverso cosmopolitismo
renne accensione, si tramuta e si sublima a poco a poco nella del suo animo .irrequieto si placa in una tenerezza patetica, il
immagine del cerca-trova. Un trufolane europeo che va in cerca coagulo emotivo della pubertà conosce, quasi, la dolcezza di una
di tutti, annusa l'anima a tutti, è amico e ospite di tutti, è stato a patria (lasciando, affediddio, i cannoni di codesta patria). An-
balia con tutti. Con Verhaeren e Toscanini, Rodin e Hof- che a Parigi sono dedicate buone note: ma già risentono d 'una
mannsthal, Busoni e Romain Rolland, Croce e Freud. Croce e sorta di subbuglio del cuore, di una inquietudine distratta: il
Freud: sissignori, sissignori. Mai una volta che gli venga detto, giovine studente, appassionato di Dostoiewski, è ora un cfa:nte
come mi capita a me tanto spesso_, nei momen è\ d,i pe?gi~ rogna: di Cock. Il volume della vita così lietamente aperto si chiude
« questo pavone manco lo vogho conoscere, he lm ne la sua nell'orrore. La « civiltà europea», per merito precipuo d'una
rinomea. Vada al diavolo! » Mai una volta che lui ci lasci frotta di belve e d'una masnada di stivaluti briganti, decade ad
supporre d'essersi sparapanzato nella chaise-longue quant'è aspetti e ad attitudini bestiali.
lunga, sul terrazzo della sua casa-castello di Salisburgo, borbot- 1945
tando quest'oggi me la ronfo per conto mio. Al fresco .
L'altro tono è il senso di delizia ingenua tra le belle e le buone
cose della terra, tra le comodità della vita, le iridescenze della
cultura: quell'amore delle città, delle genti, dei treni-pullman,
quel rispetto delle anime e delle intelligenze; quel desiderio

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ANIME E SCHEMI giugno 1931) e rimeditare la dolorosa verità-poesia del nuovo
romanzo di Alberto Moravia, intitolato Agostino (Documento
Editore; 1944, Roma). Ma i tre lavori sfociano a risoluzioni o
non-risoluzioni lontane: e impegnano tre maniere fra di loro
lontanissime.
In Pérez te tu vi senti il poeta (asciutto) e il saggista: il lettore
di mille libri: il frequentatqre dei greci: il tesaurizzatore della
saggezza antica e d'una perenne e ragionevole impudenza, ec-
Di Ramém Pérez de Ayala, nato a Oviedo nelle Asturias citato dalle droghe e dalle spezie dei secoli e da tutte un po'
l'anno 1880 ~ ensayista y novelista y poeta - si conoscono in l'erbe officiniali di nostra assortita botanica: e l'esperto, non già
traduzione italiana i romanzi Bellarmino e Apollonia (Torino, l'ossesso, anzi il critico e il parodista romanzatore, d'alcune
Slavia, 1931: traduzione di Angiolo Marcori), Giovanni Tigre recenti formulazioni della psicanalisi. A cui principia col credere
(Tigre Juan), A.M.D. G.: la vita in un collegio di gesuiti. De Las tres e, poi, si annoia di credere. E ne trae - con juicio, con cuidado
novelas poematicas (1916) sono state volte in italiano: La cogida de - quella conferma o anticonferma alle proprie intuizioni, quel
los Limones (cioè di casa Limoni), che è la terza, e, a opera del pretesto per una evasione e quei sublimanti motivi - (anelito
Marcori stesso, la seconda, Luce domenicale (Luz de Domingo). alla maternità in Simona, espresso per simboli fisiologico-
Pubblicata in due tratti ne« Il Convegno» di Milano (1933-34), psichici) - di che andarono sprovveduti se non orbi, nel limbo
fu ristampata in chiusura del volume Narratori Spagnoli, Bom- loro pre-freudiano, i grandi intuitivi del passato.
piani, Milano, anno xx. Ovvìa. Talché questa conferma o questa istanza del lume psicanali-
Atlantica Editrice, Roma, ci porge oggi (1945, se Dio vuole!) tico, per quanto lui la dissimuli o direi la distemperi da un rigo
nella « Collezione di letteratura straniera contemporanea di- all'altro per entro l'artificio del racconto, te tu la senti poi
retta da Guido Piovene », e col numero 1 della serie, la tradu- viceversa, a un certo punto, che la si raggruma tutta e la soprastà
zione di Luna de miel, luna de hiel, cui dobbiamo riconoscere dati la scrittura, come una lampada appesa: o la vi gocciola sopra e la
generali di spigliatezza e di garbo. Siamo grati a Gino Cecchi del inceralacca talune buone pagine, come sigillo del papa una mala
suo lavoro, dopoché a Piovene della scelta. Qualche sporadico bolla delle sue.
intoppo deriva principalmente dalla difficoltà di travasare in un L'evento ne va registrato un po' a maniera, un po' a capriccio:
determinato clima linguistico - o, anzi, in tutto un assorti- stirato da una tradizione formale è dir troppo: però avviato sul
mento di recipienti stilistici - il distillato un po' bisbeticuccio binario d'una esegesi un tantino secca, un tantino meccanica.
dei quarti di luna pereziani. Noi tutti si vive, già, dentro o contro la meccanica di Freud: ma
Dacché si commenda, di codesto libro di Pén"z, la chiarità e in co' gli occhi e co' sensi e co' l'anima felicemente bendati (o
uno la stridula asperità della nota, l'atticità di k iuntiva di certa almeno velati): indossando i gentili addobbi delle nostre illu-
impostazione dell'analisi, il ricreato o il riaffermato senso della sioni, della nostra (le dimolte volte) improvvida e provviden-
realtà con la sistematica repulsa della comune bestiaggine, il ziale grullaggine.
vigore scarno ed amarulento della resultante espressiva. Quanto al Pérez della Luna, ecco: la premunita, la illuminata
Che sono, per un traduttore, altrettante gatte da pelare che ricchezza del suo spirito, e il magistero della disgiunzione, e
gliele raccomando. l'acredine o la limpida felicità della nota, sembra lo rattengano
La frase tematica è un accordo a carattere genetico- alla proda d'un pantano. E lo potrebbero anche salvare: ma lo
sessuologico-pediatrico-pedagogistico di notevole (per me) salvano a stratti, con una certa discontinuità, come burbera
interesse: e mi fa rivivere l'accordo di fondo d'una novella di briglia il buon so mi ero agli sdruccioli d'un cammino periglioso.
autore italiano innominabile: San Giorgio in casa Brocchi (Solaria, Il senso comune, a volte, lo tira dalla coda. Lo ritiene, altrove, la

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nozione della complessità del reale, il gusto della pittura (sobria, terminano con gli anni 15 alla contemplazione o al contatto
rapida, viva), l'iberico senso del corpo-anima, la spagnolesca della donna: per esempto, al ballo. Si tratta di una constatazione
« presenza della materia ». di fatto: e delle sue applicazioni pedagogiche eventuali. Ma tutti
Ciò che più rincresce, nel libro, è l'alterarsi del rapporto « si son sentiti diventare uomini » e tutti comprendono che la
conoscitivo (da scrittore a obietto) e dei relativi suggerimenti: in frase può ricevere una risonanza fescennina. Qui entra in atto la
un passaggio dai toni e dagli evidenti impegni naturalistici ai nostra malizia di lettori: e una così sciocca malizia, voi direte,
toni del gioco simbolistico, dell'astrazione concettuale, della non è imputabile al severo, pensoso gioco di Pérez. Bè.
parenèsi, della satira di costume (lieve) e quasi dello scherzo. L'umore nel senso inglese, ma anche nel senso lombardo, direi
Mentre certe pagine risentono d'una tecnica balzachiana, altre che è al di qua, o al di là, d'un racconto per il quale bisognerà
(inscienza e impreparazione sessuologica dei due sposi) rag- trovare, semmai, un'altra definizione dell'umore. Sorridiamo o
giungon9 la garbata e alquanto meccanizzata allusiva d'un ridiamo alle sapide battute della Conchona, ai bisbetici decreti
Puppenspiet d'un dramma per burattini. Questa incoerenza di dofia Micaela Cano de Fano, la serva paesana o la madre
tonale del lavoro è, a volte, irritante. «puritana» (sic) : dietro la lingua delle due donne c'è tutto un
Presi a sé, per altro, anche gli andamenti burattineschi ema- mondo: il mondo vivente: e la tradizione e la rifioritura degli
nano una loro intelligente luce; i bamboli concettuali conten- apprendimenti naturali, ambientali. Ivi la felicità dei sogni e dei
gono e manifestano dati e attitudini: le voci dei tre (Urbano, modi. Altrove gli « a parte » del vecchio teatro si impegnano
Simona, don Castulo) acquistano al gioco una significazione verso ricognizioni leggermente esorbitanti dalla lettera, ci sfor-
alta, speciosa, quasi dolorosa, di certo lontana dai miserandi zano a recuperare in certo monologo fittizio il pensiero non
ammicchi della scioccaggine. Gli sposi amanti, mummificati altrimenti manifesto.
nella carne dai veti repre'ssivi (di mamma o di Spagna-mamma), Le persone sembrano uscire da due repertori, appaiati alle
prendono graduale conoscenza dei propri istinti e delle causali due tonalità espressive delle quali s'è detto: dal repertorio fu-
psico-fisiologiche del proprio essere: quella loro sessualità da mistico-burattinesco-polemico Urbano e Simona, dal naturali-
fichi secchi di addorrnita che era la si risveglia, come Dio vuole, e stico dofia Micaela e la serva.
a poco a poco accestisce, infoltisce, come i frumen,ti a maggio. Mentre il precettore, don Castulo, e dofia Rosita, la nonna,
Suona la diana. Dei vent'anni. Paradosso mal tollerabile, dopo agiscono e soprattutto patiscono un po' a metà strada fra le due
certe premesse o certe latenze espressive di tipo biologico-natu- elongazioni del pendolo: sono, volta a volta, o anime, o schemi
ralistico. È noto che nei nostri climi l'aurora puberale batte con di anime. Enunciazione acuta d'una verità psicologica - (ove
le sue dita rosate aHa porta dei tredici anni, e, per solito, spacca il anche il gioco vada piroettando sotto una luminaria di cerebrate
minuto. Cosicché la favola di Dafni e di Cloe - i due pastorelli didascalie, piuttostoché alla luce delle notazioni « interiori ») -
a cui cani e montoni non proposero paradigmi - aleggia inu- è quel giustapporsi la erotia del pedagogo ai conati erotico-in-
tilmente sul romanzo naturalistico, m l direi proficuamente terpretativi dell'inetto pupillo. Il timido pedagogo, questo ma-
sullo scherzo, sul gioco a tesi, sul gradevc ',e Puppenspiel. schio a scoppio ritardato, punta con la sua immaginativa e con
E certo didascalismo del racconto, cioè le didascalie esplicite, l'amichevole sollecitudine di un « esperto attraverso i classici »
e l'affiorare della tesi gnomica, o talora polemica, nuocciono alla sulla carta amorosa del pupillo, ~ul recondito asse di briscola del
felicità del racconto stesso. La frase « mi sto facendo uomo, mi bamboccione in rapida metamorfosi: « ... ogni volta che parlo
sento diventare un uomo » ritorna con insistente verità-ironia degli amori di Urbano, impiego senza poterne fare a meno la
(di sapore fiabesco) nel cervello o sulle labbra del primo attor prima persona plurale »: pagina 170: ecco ciò che intendevo per
giovine. Con questa frase Pérez intende esprimere quel senso di didascalismo del racconto: Pérez ci porge qui, per bocca di don
arricchimento della personalità maschile, quel delinearsi e quel Castulo, una evidente autoglossa.
precisarsi della polarità sessuale maschile che per solito si de- Dacché il timido e tenero e alquanto moscio amico d'infanzia

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di dona Micaela, proprio in ragione di queste sue « doti », è deva una specie di abbandono o malinconia, finché dallo stesso
chiamato da lei ad essere il precettore di Urbanito. In fondo, è il languore si alzavano raffiche briose, come di impulsiva dispe-
padre non porco che lei avrebbe voluto dare al figliolo, se « padre » razione. » (Molto bene, qui.)
e « non porco » fossero due termini geneticamente compatibili. Dona Rosita, la nonna di Simona, è la vera voce materna, è la
La ritardataria aggressività sessuale del tipo lo rende un innocuo tenerezza amorosa, l'apprensione genetica della madre: il con-
doppione psichico (dàimon, angelo custode per mancato pepe) trapposto al tipo di « madre sbagliata » di « madre a-genetica »
del ragazzo così gelosamente allevato, e si direbbe castrato, dalla di « madre castrante » di Adelaide Antici maritata Leopardi,
mamma: del ragazzo-agnellone. Urbanito è giunto dunque ai gestito da dona Micaela. Esce, dona Rosita, da un clima stori-
venti anni in una bambinesca innocenza (paradosso): talché co-naturalistico verso la topica delle dialettizzazioni quasi im-
trovandosi innanzi lo stupendo corpo di Simona, moglie sacra- personali: poi rientra nella natura e nella morte. Nel gioco delle
mentata oramai, non sa nemmeno che farsene: non ha la più significazioni, ella riveste gli aspetti e reca in sé le memori e
pallida idea del come, del da che parte si cominci. Don Castulo necessarie speranze che il passato ha concepito per noi: è quello
dovrebbe essere lui a snebbiargli un tantino il cervello, ma si ch'io chiamo il supporto agnatizio (la causa efficiente in senso
confonde prima ancora d'aprir bocca. biologico e spirituale) della creatura umana. Come Sant'Anna
In dona Micaela sembra di dover scorgere anche, perché in Leonardo. Sospinge la nipotina verso le difficili nozze con un
dichiarata nel testo, una tal quale austerità-frigidità di prove- favore inquieto: spegnendosi, la indiadema e la ricinge delle sue
nienza biologica ed etica a un tempo (ipo-equilibrio ormonico e gioie che appaiono e sono, è chiaro, il simbolo della maternità
Spagna ascetica), uno scarso entusiasmo per il marito e per tutti discendente, della perenne femminilità, lungo il sopravvivere
i possibili mariti. Questa carenza endocrina, questa lieve ipo- della casata infinita. « Ciliegio si era alzato sulle zampe anteriori
ovaricità o ipo-genesia della tuttavia moglie e madre (il suo e appoggiava con forza la mandibola sul ginocchio della signora.
profilo asciutto vien paragonato nel testo a quello di Dante) è Udendo Simona drizzò un orecchio, senza muoversi, e guaì
premessa veridica, naturalistica (Balzac) al di lei pedagogismo sottovoce, con dolore. »'
inibitivo. « Non la dominavano i sensi. Quasi quasi si poteva 1945
dire che non aveva sensi»: pagina 21. « A Micaela l'unico uomo
che non facesse schifo era Castulo; è vero che non poteva abi-
tuarsi a considerarlo un uomo ... »: pagina 30. Altre note arric-
chiscono il delineato carattere, specie « l'ambizione sociale »:
ma il racconto ne trae partito in misura alquanto schematica.
Questo romanzo pur così ricco di spunti ci lascia un sospetto di
mancata elaborazione, di insufficiente stagionatura.
Le pagine relative alle nozze, cioè all'arduo insorgere di una
vis amorosa e genetica nei due sposi inco1i apevoli, mi paiono tra
le più delicatamente paradossali della ,avola: attingono una
loro verità falsa, che oscilla tra il gioco dei simboli e quello d'una
gentile caricatura. Momenti lirici si alternano ai ripiani concet-
tuali dell'ascesa. « Nella notte cantò l'usignolo. Simona sentì
nuovamente il figlio nella gola e di nuovo rimandò la confessio- 1 Il lettore del romanzo percepirà indubbiamente il significato della antecessione di
« Ultimo quarto», della luna di fiele-miele, a « Primo quarto». La norma esteriore,
ne» (della maternità gutturale, al marito) « alla notte seguen- l'arida volizione della madre hanno perfezionato la pratica del matrimonio formale
te»: pagina 167. E a pagina 178: « ... l'ansietà che la faceva (lici,· : ultimo quarto) mentre l'amore autentico e il desiderio autentico (miele: primo
morire, di identificarsi senza riserva con Urbano ». « La pren- quanu ) ,ara11110 per insorgere dopo il matrimonio formale .

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«AGOSTINO » DI ALBERTO MORAVIA La moralità latente è come un'istanza soffocata, un grido da
sotto il bavaglio di verecondia: denuncia i momenti del dolore (o
del ma:le), i « casi » di una problematica. Scopre le forme di una
condizione o di una possibile perversione umana. E i fatti delle
anime sono annotati dall 'esterno: più osservati che « compati-
ti )) .
L'altro moralismo ci appare come il resultato di una discipli-
na pragmatica dell'autore: non è tanto versato in didascalie
È caratteristica della narrazione moraviana quell'attitudine a quanto infuso nel racconto, cioè nella sostenutezza delle visuali
farci dimenticare l'imbratto del discorso, alleviando la pagina etiche a cui il tono del racconto si informa. Chi narra è una
d'ogni bagaglio verboso. Lucidità di momenti espressivi, in coscienza che crede alle buone verità, se anche non le verbalizza
Agostino,1 obiettività estrema, realizzo naturalistico del racconto in una retorica e in una poetica della edificazione.
fanno pensare a Flaubert. Vivida, se anche talpra alquanto Da codesto più massiccio moralismo il dramma è correlato
sistemata, è la dialettica della vicenda, la intrinseca e pura alle idee di una società sanamente pensante, incanalato verso
compagine del referto. Le immagini son tutte valide, non arbi- constatazioni formali : forse perde alcunché della tensione pani-
trarie o gratuite. La scena è « veduta »: l'analisi ha il timbro ca e della poesia che pur comportava: « ... una barca, come la
dell'autenticità, per quanto scaturisca da una lieve, e direi utile, loro, così colma di cattiveria, di crudeltà e di perfida corruzio-
forzatura: da una tal quale « montatura ». Quell'alito di pole- ne » (pag. 63).
mica latente corrobora la motivazione generale del lavoro. Il moralismo indagatore e contemplatore della specie più
Ne L'imbroglio sì manifestava una prosa pur sempre tersa ma fonda perviene, talvolta, ad alto momento espressivo: come
alquanto aulica, discesa da memorialisti e moralisti francesi e nella battuta di chiusura: « Come un uomo, non poté fare a
italiani e dal Gozzi Gaspare al tono un po' argomentante (ergo- meno di pensare prima di addormentarsi. » (Pensare alle vicen-
tant) e deduttivo di certi nostri dell'Ottocento: mentreché nel de del senso.) « Ma egli non era un uomo; e molto tempo infelice
rigirio della frase palesava frequentazioni proustiane. Di un tal sarebbe passato prima che lo fosse. »
tono si esime la semplice e chiara stesura di Agostino.
La liricità, in Moravia, non è gestita dai personaggi, che sono Che cos'è il romanzetto? (pagg. 5-143). È l'incontro d'un
piuttosto a-lirici. Scaturisce dalla sua (e nostra) reazione etica e ragazzo tredicenne di famiglia« civile », Agostino, coi fatti e coi
umana al fatto narrato. La tecnica sobria, ferma, un po' triste, problemi del sesso. Figlio unico di madre vedova (e piacente)
tutta protesa ad annotare e ad acquisire le significazioni .di fatto, Agostino« subisce » la scoperta del sesso. Noto che la scoperta in
eguaglia in merito quella di certe pitture de L'imbroglio. A qual- parola è estremamente varia e difforme da un soggetto all'altro,
c.h e punto te tu diresti che Moravia è una specie di Mafai: ma se pur presenta all'osservazione delle càstanti generiche. Varia
pedinato dall'agente in borghese della economia narrativa. col clima, coi luoghi, con l'ambiente, còn l'educazione ricevuta o
~i pr~porn~ dei ~r?bl~mi_~i cost\1me_., Sfì,pra ed ir~ita le nostre non, con gli esempi e coi traumi patiti, con le condizioni econo-
, pos1z10m o d1s-pos1z10m et1c1zzant1. Pm c.<ie moralista (nell'ac- miche, i dolori, le speranze, ecc. ecc. Soprattutto con la propria
cezione parenetica) lo direi un pre-moralista, cioè un epico del costituzione di ogni « soggetto ».
fenomenalismo dei rapporti umani. In Agostino si possono tut- Moravia ci descrive un caso fortemente appoggiato alle cir-
tavia discernere le dette due sorta del moralismo: una, la secon- costanze suddette (madre ancor giovine, unico figlio) ma non
da accennata, è più latente e profonda: l'altra, la prima, più necessariamente esemplare. Un caso fra gli infiniti casi possibili.
grezza ed esplicita, forse più risolta, e più certa di sé. Negli enunciati di apertura (pagg. 1-3, passim) il ragazzo ci
1 Alberto Moravia, Agostino, Editore Valentino Bompia ni, 1945. appare maschilmente fiero e geloso della giovine madre: poi,

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man mano, pm propriamente geloso e scontento, in termm1 « Conoscere una di quelle donne ... voleva dire ... tagliare defini-
ancora infantili (pagg. 3-13, passim). La tempesta si accumula e tivamente il sottile legame di sensualità sviata e torbida che
deflagra nel giro di un giorno (pagg. 13-63) nel qual tempo-u- tuttora lo univa a sua madre » (pagg. 77-78). « Quest'immagine
nità si svolge e stupendamente si conchiude il racconto di centro. evocata dal Tortima, della donna che l'avrebbe introdotto al-
[Una evidente cesura, a pagina 63, stacc;a la « ripresa » (non l'amore, gli piaceva e gli riusciva dolce e quasi materna » (pag.
epilogo »dalla« impostazione ».] Agostino incontra a un tempo 90).
la specie edipica di Eros - (nella umiliazione repentina procu- Certo è che nella nostra infanzia noi percepiamo le donne
ratagli dallo schiaffo materno, poi nelle sboccate profanazioni amate (governanti, maestre, signorine, ecc.: vedi anche le Corifes-
dei ragazzacci, specie in quella del Tortima) - nonché la riva- sions di Rousseau) un po' sotto la specie materna, o baliatica, o
lità-sodalità con i maschi coetanei, nella quale è occluso uno magistrale: e quel nostro amore è, da prima, curiosità. Tali
spirito di emulazione-simpatia, e però la ricerca istintiva del caratteristiche dell'eros infantile permangono, talvolta, nell'eros
« modello. ». Incontra l'impreveduto abnorme in una manife- dei cosiddetti adulti: la curiosità in modo particolare. Il mito
stazione conclamata e pressoché mostruosa della omoerotia al- stesso di Venere e Adone, il favolello ariostesco dell'Angelica e di
trui. Tre drammi in uno! Medoro, hanno un innegabile e delicatissimo semi-contenuto
La narrazione è alquanto « montata » nella sua ossatura pe- edipico: l'amante è un po' madre-amante.
rentoria e nelle coagenti imposizioni della « unità di tempo », è La seconda « specie affettiva » del romanzo è, come detto, la
tesa dialetticamente ad uno scrupolo elencativo, è felicemente rivalità-sodalità, la emulazione-associazione che si determina in
naturalistica nello svolgimento e nella scena. La specie edipica si Agostino al confronto con i compagni di spiaggia, figli di pe-
modula in due variazioni: Agostino è puerilmente geloso della scatori e di popolani: i quali sono da lui ricercati piuttosto che
madre, odia il di lei corteggiatore (e probabile ganzo): Agostino subiti o sfuggiti, in una luminare e un po' torbida ma necessaria
(da pag. 63 in poi) viene a più coscientemente ammirare la « simpatia ». Dacché siamo nella età narcissica, oltreché pube-
madre in quanto donna: modella sulla di lei persona la concreta rale, e il ragazzo è avido di modelli (che io chiamo modelli narcis~
forma dei propri desideri maschili. Vorrebbe anzi purificarsi di sici) su cui conformare la propria nascente maschilità. Il model-
quel primo sentimento di fanciullo, divenutogli ingombrante e lo, come ogni modello spontaneamente scelto, è dapprima desi-
molesto. In ciò opera, oltretutto, l'esempio eccitatore della spu- derato (quasi concupito), poi emulato: « ... come al solito, la sua
dorata, irrompente pubertà dei compagni. (Gesti e parole nel ripugnanza non era più forte della torbida attrattiva che lo
canneto: brutalità esibitiva del Tortima.) Opera, in lui, non legava alla banda; e mescolata con essa indissolubilmente, non
tanto un impulso incontrollato a tipo dissociativo - scusate, è gli permetteva di capire quanto piacere si mescolasse in realtà in
un termine degli psichiatri - quanto invece la urgenza verso la fondo a quel ribrezzo. I ragazzi si confrontavano a vicenda,
conquista e la normale vanità maschile del costruire maschil- vantando la loro virilità e la loro prestanza » (pag. 58). Agostino
mente se stesso. In quel pomeriggio Agostino scopre le angosce trova dunque i suoi campioni nella monellesca masnada dei
della sessualità, e vorrebbe ottenere d'un subito la toga virile. La ragazzotti e ragazzi che costituisce, sulla spiaggia di Viareggio,
sola e bella femmina che egli avvicina (come già il Baudelaire) una specie di associazione primitiva e brutalmente acerba ed
nella intimità famigliare e nei déshabillés domestici è la giovine esclusivamente maschile. Egli cerca il suo modello dove solo può
madre: a lei dunque si volge la sua curiosità bramosa di accer- cercarlo - sembra dirci il moralista-contemplatore Moravia -
tamenti, più che non un determinato desiderio. Alla eventualità e cioè nel ruvido magazzino dei maschi birbi, dei bulli.
di un siffatto desiderio, anzi, angosciosamente relutta. La dura, invida, sgarbata, sconsiderata vividezza di questi
Così il romanzo registra la volontaria giustaposizione e la adolescenti che si abbandonano ai lor casi è di mano del miglior
involontaria sopraposizione che Agostino fa della immagine Moravia. Egli non ritrae di maniera i monelli mitici della scrit-
della madre a quella della cortigiana (del postribolo di lusso): tura entusiasta e tanto meno della filantropico-epica, né i deni-

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IL FAUT D'ABORD :f:TRE COUPABLE
cotinizzati prodigi di certi ambienti più depressi; raggiunge la
brutale realtà in una luce piena, desolata. I ragazzi di codesto
povero popolo di marinai-pescatori non sono veduti con quella
« simpatia » eroicizzante che li fa gestori d'una nostra speranza,
protagonisti d'una nostra segreta « volontà di bene »: sono in-
vece raffigurati nei termini e con le note di una pittura amara-
mente veridica. Parlano e si portano lungo il racconto come da
vero nella vita. Una laborante fisiologia: e la psiche libera e
È il motto in fascetta. L'autore 1 traspone in un giudizio pare-
rozza e in certo modo animalesca de' giovini: i di cui istinti
netico, di timbro che sarei tentato qualificare agostiniano (egli è
necessari si sviluppano e persistono nella durezza di povertà.
ateo), quello che per il mio criterio più pedestremente enume-
Ecco la spiaggia dei poveri (ed aborigeni), dopo quella dei
rativo, fondato sui cataloghi, arrossato all'opera dall'incendio
« bagnanti»: il canneto, il fiumiciattolo. I ragazzacci appaiono
del probabile, confortato da discriminazioni questurinesche nei
irremovibili dall'accusa portata contro Agostino: perché ingua-
più sani propositi, è invece il vecchio (e discutibilissimo) cànone:
ribilmente lo invidiano: e sono deliberati a sminuirlo, quasi per
« primum vivere, deinde philosophari ». Per meritare un bel
un dovere di classe. L'accusa, più che a un'esigenza della ragione
regno dei cieli senza Trinità, e il perdono d'un giudice che non è
e della probabilità, soddisfa alla loro vivente rancura contro il
Cristo ma la coscienza generale del « milieu » umano, si deve
ragazzo ricco. primamente rivoltolarsi per una sorta di novo gaudio nel braca
Soddisfa soprattutto a quella ineluttabile somma di coazioni
umiliato del dolore, e praticare il furto e tradire: e a,dire, in
biopsichiche che caratterizza la cosiddetta età crudele o età
letizia, la inclinazione un tantino quattrocentesca del Bazzi.
sadica, già nota ante litteram - (mi riferisco alle moderne
, Un'affermazione poco ricevuta nelle Scuole. Rubare o tradire
analisi psichiatriche) - anche se il vocabolo « sadico » si dif-
non è atto che si compia senza intoppo, senza fare un tal quale
fonde nel linguaggio comune dopo il primo Ottocento. (Si veda,
schifo a noi stessi. Certo la condizione di virtù, e la relativa
per citare un esempio, la viva, cosciente analisi della crudeltà
disciplina, è materiata, le più volte, d'una inesperienza del male:
giovenile di Galeazzo Maria Visconti, duca minorenne alla
i verbosi splendori della Virtù in Trono, fra i Santi Babbione e
morte del padre Giovan Galeazzo, nella Storia di Milano di Pietro
Princisbecco, sono suffumigati dai suffumigi del non-essere.
Verri.) Mestier difficile sceverare il bene dal male: definire il bene, il
La terza specie di Eros (tre drammi in uno, v'avevo detto) è
male: se non s'è conosciuto l'uno e poi l'altro, o l'altro e poi l'uno.
paurosamente incontrata dall'Agostino nella gita in barca con
Una cognizione metafisica del male, aprioristica, la ritengo im-
Sara, il corpulento marinaio esadàttilo dal fare paterno e talora
probabile (è ciò che mi separa da ogni etica di tipo« religioso »,
padronale, il « batrace » del canneto. Di misure cupe e repenti-
da ogni« religione », direi). Una nozione storica è possibile: una
ne, questo racconto nel racconto è introdotto assai abilmente,
nozione che sia scaturita dal meccanismo dialettico del mondo:
veracemente; con tocchi enigmatici e insieme premonitori: da
nata dall'aver sperimentato e patito, nella nostra vita e nella
gran gioco. Ricorda e supera « An encounter » nei Dubliners di
nostra anima e carne: o nella vita, carne, anima di chi ha patito
Joyce. ~ sperimentato in vece nostra. Pratico però, è ovvio, il culto dei
1945
confessori, dei martiri: e, in appendice, una certa indulgenza
verso i dissoluti, materiale didattico per la scuola di virtù. Esem-
pio: non si può conoscere a priori se un seme è velenoso, o no: se
un dato fungo è letifero o édule. Solo dopo la morte di chi si è
1 Jean Genet,Joumal du voleur.

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prestato a ingerirlo noi siamo fatti consapevoli che ... « non tira del Maracaybo, insino a produr me, ne' miei virtuosi apparta-
aria ». Tutti i colpevoli, tutti i peccatori, sono dunque necessari menti: indove l'Onore, la Dignità, la Verecondia, la Tempe-
alla definizione della colpa, della non-colpa: e alla conseguente ranza nel prender cibo, oltreché la nobile Carenza dei biglietti
pratica del bene, e al ripudio del male. Ogni più sinistro e da cinquemila mal guadagnati, o anche ben guadagnati, hanno
pericoloso ribaldo, ogni pendaglio da forca, è cavia benemerita: eletto il domicilio.) Dostoiewski sembra accentuare questa ve-
della farmacopea generale dell'umanità: così come ogni cavia in rità, con la potente arsi del dramma. Leibniz, ereditando da
gabbia, ogni sciagurato rattonzolo, a Careggi, è strumento be- Origene e da' più pensosi scolastici, ha energicamente affermato
nemerito delle nostre cognizioni cliniche o batteriologiche, è la correlazione bene-male: il male non è se non il revers-de-mé-
confessore, cioè martire, del « bene » che siamo pervenuti a daille del Colendissimo, dell'Ineffabile Bene. Polemizza, negli
conoscere: bene clinico: o batteriologico. Il « bene » si separa Essais de Théodicée, con Pierre Bayle: e la infinitamente sfaccet-
dialetticamente dal « ma-le » attraverso le disgiunzioni operate tata polemica ritorna tutte le volte a quel punto. Voltaire lo
ed espresse da una storia, vale a dire da un'esperienza: non è sbeffa: la « harmonie préétablie » e l' « optimisme » del man-
bene dove non è altrettanto male nella dialessi del mondo: sueto indagatore sono bocconi troppo ghiotti al suo spirito
bene-male sono i due diòscuri altalenanti sulla linea d'orizzonte, gouailleur-, insperato pretesto alla gouaillerie: mais ... il faudrait
che quando l'uno sorge, l'altro sommerge. Si può affermare che d'abord avoir compris.
quand'anche sceverati (polarizzati), necessariamente coesista- Se non che il Genet ci induce qualche volta in sospetto: egli
no: come siero e grasso, dal latte, che la centrifuga disgiunge. non è soltanto una vittima del meccanismo del mondo: non è
Questo avvertimento ci porta a considerare il crimine, il male, (alla pagina) il puro peccatore, necessitato dalla dialessi del
il peccato, i peccatori, i delinquenti, come termini co-necessari mondo al delitto, il termine co-necessario (leibnizianamente)
all'articolazione, cioè alla costruzione e alla espressione, della alla antistante Pompa di Virtù: non è soltanto la benemerita
vita: e Faraone in trono un sin-verguenza, profittatore della cavia di cui sopra. Ci appare incaparbito Narcisso. E glie la
miseria d'ognun d'essi. Un soldato cade, un altro scampa a perdoneremo. Tutti noi ci studiamo valutare, sopravalutare, la
. battaglia, sopravvive alla guerra: il morto giace, il vivo si dà nostra condizione, il nostro essere. Sono domenicano? Ah i do-
pace. Tutti i matricolati della questura sono pure loro, poerini, menicani! Sono siciliano? Ah i siciliani! Sono ortolano? Ah gli
dei « momenti espressivi » della vita: cascatelle un tantino ca- ortolani!
pricciose in quel deflusso di deformazioni multiple che sogliamo Lui è un ragazzo abbandonato, raccolto al brefotrofio della
chiamare « la vita», storicamente apprezzata, cioè distesa in carità senza carezze, scampato per un pelo al riformatorio, al-
una consecuzione temporale. L'augusta virtù defluisce, con so- l'istituto dei corrigendi: laureato dal carcere. C'è del compiaci-
lenne compostezza, per il filone centrale: in quanto altre masse mento, se pur freddo, nel suo rimestare: una esibizione istintiva,
d'acqua si sono incaricate (ont pris sur elles-memes) di « riem- disperata, incoercibile: una leggera falsificazione dei moventi,
pire » gli itinerari esecrandi. forse dei « modi ».
Ne discende la norma - evangelica? epievangelica? - della È da concedere che in ogni uomo o scrittore, in ogni memçiria,
carità: per la quale tutti noi, i più pomposi e i più virtuosi di noi, in ogni consapevolezza d'uomo o di scrittore, si può sceverare dal
dobbiamo o debbono ritenersi, o ritenerci, solidali e correspon- referto un'autoapologia: ogni uomo si sente « momento espres-
sabili nel male coi più sciagurati peccatori. Se un eredo-luetico sivo » d'una dialessi, e tende a porre in luce la « necessità » e
alcoolizzato, a Maracaybo, taglia la gola con un colpo di rasoio a quindi il« merito » della propria posizione. Nei patetici termini,
una povera meticcia ch'egli sfruttava e picchiava fino a farla magari, del pentimento cristiano.
sputar sangue, io, io Carlo Emilio, ne sono per la mia quota par- È da avvertire che il titolo del libro, Journal du voleur, non è
te responsabile. (Attraverso il cumulo di benefici che nella« evo- centrato sul contenuto reale. Il furto ... è caduta motivata dalla
luzione » del mondo si sono accumulati, a prezzo della sifilide fame: imposta alla sciagurata anima di Genet dall'esterno, dal

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bisogno di metter pane sotto al dente, di procurare un giaciglio. man: di alcuni Visconti e Lorena' e di tre o quattro Oddi o
È, ancora, un sintomo dell'esasperazione, un aspetto della Baglioni e dei due Borgia, padre e figlio, e del Farnese Pier Luigi
«vendetta» contro la società. È macchinazione, è azione se- « nepote » ( ad Alessandro ovvero cioè Paolo m) immortalato da
condaria. Tiziano (Vecellio), oltreché dal Varchi Benedetto: di Giacomo 1
Della vicenda di vita, e della notazione che le consegue, altro è Stuart e del suo « favourite » Georges Villiers dipoi Duca,
il filo conduttore. Gli enjolivements di tipo noético e i problemi manco a dirlo, di Buckirigham ìmmortalato da van Dyck (An-
di metodo e la poetica del recupero elettivo non ci. ingannano: tonio: Firenze, Galleria Palatina detta Pitti): di Federico II di
gravano, è vero, sul racconto. · Hohenzollern e forse, dopo di lui, di un qualche altro regnante,
Genet, abbandonato dalla madre, esce dallo squallore d'un Hohenzollern o no: e di Tiberio Cesare a Capri (Tacito, Sveto-
orfanotrofio alla strada: alle strade senza meta e senza fine. La nio). Adde: Michelangelo,6 Virgilio, Socrate, Platone, Catullo,
gioia del furto è, talora, in lui, rivalsa, è « vendetta ». Dacché la Shakespeare (Sonnets), Giovanni Vittorio Moreau, il vincitore di
società si identifica nel delitto della madre, che ha tradito, cioè Hohenlinden, Prisciano di Cesarea, Francesco d'Accursio, An-
abbandonato, il bambino. Altre volte egli « ama » e « insegue » drea de' Mozzi, Carlo Augusto Platen, Giovanni Luigi Uhland,
nella disperazione la madre: una imagine sconsolatamente Goethe Wolfango en passant, e il Winckelmann araldo de l'arti e
astratta per lui, un concetto: la sconosciuta e pressoché metafi- de la gloria assassinato da un <?ameriere a Trieste (Tergestum): e
sica entità da cui è disceso alla fame, ai turbamenti della carne. Galba, Otone, Vitellio, Nerva, Caracalla, Eliogàbalo. Degli altri
Ma il sistema totale degli interessi, degli appetiti, dei pruriti, dei fia laudabile tacerci, ché il tempo sarìa corto a tanto suono.
sogni, di tutti gli stati e i moventi psicologici (ed etici) del In paragone a Paul (Verlaine), Jean (Genet) ha il certo svan-
vagabondo giovinetto si coagula, in realtà, in una bruciante taggio di non poterci frinfrinare la « chanson bien douce » in
passione: a passione sua: nata, forse, dalla « modalità » stessa onore della moglie. È noto che in onore della su' moglie a va e
della vita collettiva tra maschi (orfanotrofio), dalla mancanza di vieni, spaurita, ingobbita dalle scenate e magari dalle busse, il
« affetti domestici », 2 da predisposizione malinconica, da scom- (momentaneamente) ripentito poeta ci regalò quei versi:
pensi endocrini, che so: confortata dalle condizioni del carcere Accueillez la voix qui persiste
(dovei moralisti baffoni vorrebbero rinchiudere tutti coloro che. Dans son na"if épitnalame... (Sagesse, 1-8)
Bel rimedio. E avreste voglia a pagar tasse, da fabbricare penì-
tenziari bastevoli). La passione sua: che è quella, altresì, che fu Un naivo epitalamio di sbronze, di minacce ·c ol revolver. Per
di ser Brunetto e del Bazzi (Giovanni Antonio) e del Vannucci poi regalarci quegli altri, non meno vivi ed esquisiti (Parallèle-
Pietro di Cristoforo da Castello della Pieve, oggi a' novi secoli ment. Laeti et errabundi):
Città della Pieve: 3 di Paolo (Verlaine) e di Gide e di Rimbaud e
di Cocteau e di Proust e di Sachs: 4 di Melville e di Walt Whit- Nous allions, - vous en souvient-il,
Voyageur où ça disparu? -
2 Le ricerche de' pedagogisti e psichiatri hanno dimolto annaspato sulla correlazione Filant légers dans l'air subtil,
tra i mancati affetti familiari e le deviazioni omoaffettive. Con più lena, e speriamo con Deux spectres joyeux, on eut cru!
più sagacia, avranno a lavorare in futuro.
3 Nell'opera del Bazzi riconosce Adolfo Venturi « la studiata leggiadria d'un tipo che) il libro si apparenta al Voleur. Sachs è molto più vicino alla tradizione memorialistica
muliebre molle e opulento» . Dei maschi non dice nulla, in quel punto. Il San Sebastiano francese: ci offre una galleria di cattivellissimi e vivacissimi ritratti, di « uomini di
della Palatina è un maschio: e nelle Nozze di Alessandro e Rossane alla Farnesina si lettere ».
avverte pure qualche presenza maschile, nobilmente alessandresca. Del Vannucci Pietro 5 Riferendosi a una Lorena e poi a più Lorena del suo tempo, annota Saint-Simon:
collauda Achille Bertini Calosso la facoltà di « creare ai personaggi assorti in un'estasi « ... il fut bombardé Précepteur ... (del giovane Delfino). Son goiìt n'était pas celui des

ultraterrena l'ambiente più proprio » (all'estasi medesima). Gli autoritratti vaticano femmes. » E qualche pagina più innanzi: « ... la sodomie avait bien servi !es Lorraine:
(Sistina) e perugino (Collegio de' Cambi) sono documenti non dirò probanti, per ri- camme eux l'avaient bien servie. »
guardo a certe predilezioni del cuore, ma introducenti in alcuna terrena suspicione. 6 Sonetti. Lettere. A Tomaso de' Cavalieri, a Gherardo Perini, a Febo (di Poggio a
4 Maurice Sachs. Le Sabbat. Per similarità di premesse psicologiche (di cartelle clini- Caiano).

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Il viaggiatore disparito e secondo spettro gioioso è natural- mennone, de' suoi pidocchi no. Elevati a cittadinanza letteraria
mente l'Arturo, l'ex-revolverato di Bruxelles. « Mort, vous, toi, e a dignità poetica i pruriginosi squadroni. Dice con ottocente-
dieu parmi les demi-dieux! Ceux qui le disent sont des fous! sca verecondia il Ranieri del suo povero ospite, che « il povero
Mort, mon grand péché radieux ... » La lirica sembra riassumere Giacomino soffriva di ftiriasi ». Anch'io, senz'esser Giacomo, ho
nei modi del dolore, della concitazione poetica, dello sgomento, i avuto occasione di soffrire di ftiriasi: 1917-18: Rastatt: Kriegs-
dialettizzanti « motivi » di Genet. Non posso astenermi dal ri- gefangenenlager, Friedrichsfes tung.)
chiamarne alcune quartine centrali (Gide le ha escluse dalla sua Il referto non si abbandona alle andature spigliate o malizio-
Anthologie, operando indi una saldatura infelice). Sovvengono, so-allegre della narrativa picaresca, né in alcun momento né in
àlacri, al mio incarico d'informatore coscienzioso. alcun modo risente d'una qualsivoglia circolazione d'ironia. La
battuta (e cioè il giudizio e l'imagine) è scevra d'ironia. È no-
Le roman de vivre à deux hommes bilmente burocratizzata in una prosa perfetta. È seria, secca,
Mieux que non pas d'époux modèles, acre. Una esplicita ma dichiarata amarezza: non quella che
Chacun au tas versant des sommes deriva alla pagina dal circolo umorale sottostante e profondo,
De sentiments forts et fidèles. dalle allusioni, dalle litoti, dalle ambagi, dalle caute perifrasi, da
L'envie aux yeux de basilic deliziosi sottintesi. La pittura è magra, è risoluta nel tratto, è
Censurait ce mot d'écot; definita in sé: non lascia travedere un al di là. Spietata o dispe-
Nous d'ìnions du blame public rata, a momenti, non è tuttavia Goya: e neppure è Quevedo.
Et soupions du méme fricot. Non vi palpita in sanguigna sua grullaggine quel « cuor con-
tento nella miseria » che contraddistingue alcuni assai orec-
La misère aussi faisait rage chiabili motivi della vie de bohème. No, Jean Genet non ride:
Par des fois dans le phalanstère: men che meno sorride: neppure per l'infinitesimo tempuscolo
On ripostait par le courage,
del lampo al magnesio può degradarsi fino a « un sorriso di
La joie et les pommes de terre.
bontà».
Scandaleux sans savoir pourquoi (sic) Non opera, non può operare, è ovvio, con quel tanto di mi-
(Peut-étre que c'était trop beau), stero iniziale e di ansia investigativa con che il racconto giallo
arriva a identificare e poi raggiunge il voleur, uscendo in battuta
alla metropoli dagli uffici della poliz;ia: egli è dalla parte del
Troppo sì, troppo ... (bello). Lo dic'anch'io, si dice a Firenze. ladro, non dalla parte della polizia. E neppure gioca a quel-
Un compagno dopo l'altro, per Jean Genet: uno alla volta. Il la « epicizzazione fanfaronesca del delinquente diavolo » che
gelo delle notti, la fame, le soste all'addiaccio. O nel falansterio, la deteriore letteratura da edicole e più d'una volta il cine-
o nella buiosa, 7 due « sposi modello ». O contubernali nel con- ma hanno sceneggiato pei ragazzi, o per i loro adulti equivalen-
tubernio di miseria. Le patate ... di quando in quando: non ti.
sempre. Formicolanti nel buio, sulla calda pelle del giovane e su Egli vuole che l'adorato delinquente gli venga disegnato il più
quella del compagno condormente, lungo i sogni della tenebra, perfetto possibile, il più audace e il più deliberato possibile. Si
tra i morsi di fame, gli eserciti infiniti e l'infinita cavalleria dei tratta, quasi, di volontaria costruzione dell'imagine dell' « ado-
pidocchi. Le grandi manovre dei pidocchi. (Forse la mirabile rato delinquente ». Il verbo adorare, poi, e l'atto dell'adorazio-
composizione di Arturo, Les chercheuses de poux, lucidità e classi- ne, li leggerete a ogni passo: riferiti a persona, riferiti a oggetto:
cità senza riscontro, ha incuorato un po' tutti. Poi la guerra, feticcio sacro, in tal caso. « Avec un léger sourire impertinent,
Barbusse, la trincea. La nuova Iliade può fare a meno d'Aga- mais négligemment, il me regardait l'adorer. Je sais qu'il m'ai-
7 Cella, prigione, cachot: nel gergo.
mera » (pag. 24).

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D'altronde la vita de' suoi tipi comporta certi trucchi, certi va a sbattere, certe volte, in certe quistioncelle di lana caprina;
espedienti, che raggiungono a volte ai nostri banali occhi il 2) appesantisce la levità del racconto rovesciandogli addosso
grottesco. Genet non si lascia sconturbare dalle evidenze del tutta.un'algebra di finezze. Si ha nostalgia di Petronio. Tutto ha
grottesco e annota ogni cosa con lucida e secca serietà, in una un limite, a questo mondo, in cui ogni finito è definito da limiti
lingua e in uno stile d'una magrezza impeccabile: e ci edifica (Spinoza). E anche la finezza avrà il suo, un giorno o l'altro,
sopra, in aggiunta, i severi e mirabolanti castelli dei problemi m'immagino.
etici, espressivi, gnoseologici ... qui l'intrìguent à tout moment. Gran merito comunque, della narrativa, della poesia, della
Una« tapette » riesce a combinare un'occasionale amourette più acuta saggistica, l'aver messo in luce questo gioco, questa
con un gendarme, come chi dicesse con un carabiniere (spagno- interazione psicologica (non ogni volta espressa nella fisiono-
lo, a Barcellona, nottetempo): se la sbrigano alla meno peggio mia, o nella parola, o nelle schioppettate) con buon anticipo di
nella garitta in dove il gendarme è di guardia. A cose fatte il fase rispetto alla magna trattatistica e alla storiografia d'alto
gendarme chiede compermesso un momento e s'allontana verso bordo. Una storiografia un po' ammodernata dovrà tener conto,
la fontanella, lasciando in garitta il mantellone carabinieresco, un giorno o l'altro, di questo gioco delle tensioni mute, non
di buonissimo panno nero. La « tapette » taglia la corda con il colorabile secondo un coloris etico o dichiaratamente razionale.
mantellone: vola dallo sposo: e Genet, per il resto della notte, ha Lo Genet, mi sembra evidente, ha bazzicato i filosofi. Il suo
la sua calda coperta. esposto è qua e là interrotto, qua e là infarinato dallo sbriciolarsi
« Ainsi m'aperçois-je que je n'ai recherché que les situations lungo la pagina de' problemi di costruzione e di scena: etici,
chargées d'intentions érotiques » (pag. 90: passaggio critico ed gnoseologici: questioni di metodo: rapporti tra la cosiddetta
esegetico). Molto attento ai rapporti psicologici fra persone (fra realtà, di cui si dubita, e la costruzione dell'immagine voluta e
delinquenti, o fra delinquenti e vittime, o fra delinquenti e della vita voluta, in cui si crede, o almeno si spera. Come se allo
carcerieri, e poliziotti) Genet contribuisce con molti altri scrit- spettacolo, a teatro, ci fossero esibiti, col dramma, tutti i trucchi,
tori allo studio di quei mutui (e talora )Tiuti) intercambi d'ener- i cordami, le leve, le carrucole, gli elmi di pompieri del retro-
gia per cui i .trattatisti non hanno ancora escogitato una no- scena.
menclatura. E nemmeno sono pervenuti a riconoscerli, nonché a L'ansia del recupero mnemonico (Saint-Simon, Proust) è so-
studiarli, a sistemarli in un ordine di cognizioni positive. Eppure stituita, in Genet, dall'ansia di una scelta liricizzante (afferma-
queste « azioni gravidiche », simili alle attrazioni-repulsioni di zioni esplicite al riguardo: passim), da una mistica del voler
Newton e degli elettrologi, sono operanti e manifeste nella società essere, da una vocazione après cpup, matrice del segno, e del-
delle anime: e sono gran fatto e potenza nel gioco intricatissimo l'immagine ch'esso contiene. « Exalté par mon amour, je voulais
delle umane relazioni. La « massa 8 psichica » agisce da persona vivre avec Stilitano de périlleuses aventures. Lui-mème paressait
a persona come agisce da un corpo a un altro la massa gravidica. vouloir se prèter au jeu et m'éblouir par son audace » (pag. 131 ).
L'interazione 9 psichica è acutamente osservata e segnalata nel « Je c/zoisis la France » (a teatro de' suoi furti) « par un souci de
racconto. Dallo Genet, per lo più, con uno spirito di indagine e profondeur. Je la connaissais assez pour ètre sùr d'accorder au
di veridicità positiva che continua Balzac nel dominio infinite- vol toute mon attention, mes soins: de le travailler camme une
simale: qualche volta con una tensione un po' voluta, con uno matière unique dont je deviendrai l,ouvrier dévoué. » Qui rigore lo-
sforzo, impostogli dalla sua mania del costruire à tout prix la sua gico e verità (souci de profondeur) e feticismo consacrante (ma-
imagine. Questo balzachismo infinitesimale urta a dei limi ti: 1) tière unique ... ouvrier dévoué) (pag. 121). « Je refuse d'ètre
prisonnier d'un automatisme verbal... » (pag. 64).
8 Uso la parola « massa » nel senso della fisica, non in quello della terminologia
sociologistica.
La componente immaginifico-lirica e la esegetico-critica pre-
9 Interazione (Zwischentat) o azione mutua (dei fotoni, delle masse elementari) è state dallo « storiografo » al racconto prevarrebbero, molte vol-
termine dellà fisica dei quanti. te, sul « dato » (nel senso dei positivisti). L'autobiografia non è

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la storia d'una vita già sofferta, ma una scelta di immagini con IL PREMIO DI POESIA « LE GRAZIE »

cui io, ora, al tavolino, costruisco me stesso, e rappresento me


stesso dopo colpo, vale a dire dopo consunta la festa, interpre-
tando a ritroso un passato ineffabilmente probabile. (Concetto
della probabilità fisica nella teoria dei quanti. Onde di proba-
bilità.)
Quest'ansia del voler scegliere e del « voler essere stato » ot-
tiene tre ~ffetti, alla pagina: 1) scombina i tempi dell'accaduto, e
i luoghi, talvolta: una certa storia viene anticipata ad un'altra, Il premio di poesia « Le Grazie » è stato istituito in Firenze
che nella realtà l'ha preceduta: un fatto vien collocato a Bar- nello scorso gennaio da alcune gentili persone che desiderano
cellona mentre s'è svolto a Cadice; 2) perviene a falsare la mantenere l'incognito: hanno signorilmente offerto il loro con-
grossezza sporca e pesante della reale vicenda, cioè a lavarne via tributo per la piantatura e l'inaffiamento dei lauri, imponen-
l'abominio; 3) tende a sublimare le immagini con iniezioni doci, per quanto è dei lor nomi, il vincolo delle labbra cucite.
d'eroina (dialettico-lirico-critica) investendole d'un significato Rispettandone il monito, chiudiamo nel cuore le parole di gra-
rigoroso, che permetta di inserirle in un rigoroso (e arduo) siste- titudine che la nostra lingua vorrebbe pronunziare e non può.
ma di conoscenza. A cinque giudici o commissari è stato demandato il carico,
Dirimpetto alla qual sublimazione, il mio istinto un po' vec- onorevolissimo, della lettura e del discrimine dei poetici elabo-
chiotto rimane ... un po' perplesso. rati. Questo discrimine ha: avuto una prima fase che dirò agevole
1950 . e concorde, e un'altra meno agevole : e meno concorde. La prima
non ha richiesto che si mettesse mano ... ai lumi generali dell'e-
stetica (se una estetica può illuminare le nostre menti) o ai
singoli candelieri delle particolari e multiformi poetiche. La
seconda volendo procedere ammodo avrebbe richiesto ... il con-
cilio di Costantinopoli: nell'impossibilità di convocarlo, i giudici
hanno risolto statisticamente il problema, permettendo alla
lancetta della bilancia statistica di raggiungere la sua posizione
. di riposo. E il riposo è finalmente arrivato.
Un concorso di poesia è, in certo senso, un colloquio: tra chi
legge e chi dà motivo di dover leggere. Nel caso nostro, i cinque
cervelli riceventi hànno via via captato le comunicazioni di
trecentoventidue trasmittenti: ogni trasmittente ha trasmesso
cinque volte. E la concisione epigrafica delle asserzioni immor-
tali non ha sempre ornato i messaggi che, di buona grazia, ci
siamo prestati ad ascoltare.
Se le liriche di un concorrente sommano, in toto, quarantadue
versi di cui otto costituiti da una sola parola - e la parola è, tre
volte, bisillaba e due monosillaba - altri verificatori hanno
indirizzato alle Giubbe Rosse dei poemetti delle dimensioni di
Ildegonda . Nessuno, fortunatamente, ci ha posto sotto gli occhi I
Lombardi alla prima crociata, nel qual caso avremmo dovuto sub-

204 205 •
appaltare l'incarico a dei lettori di più sicura specializzazione. cristallo da ... più vasta presenza della sua materia, 1wll 11 11w11111
Tutte, si può dire, le province d'Italia erario rappresentate sul ria delle rocce. Ogni conato poetico è atto altrettan lo nol>i lt dt
nostro tavolino: tutte le voci della patria, e delle sue genti bel- quello con cui si raggiunge la realtà effettuale della po<.:si :1. ( :,, , 1, 1
lissime, sono confluite nel nostro cuore, a darci gli attimi della la totalità dei conati può riuscire leggermente ingombra nl(· 11('11,
trepidazione, della commozione, talora d'una curiosità giuliva officine dell'antologismo. Si richiede comunque che chi adistT 111
od accesa: più raramente quelli dell'uggia e dello sbadiglio, al gara abbia, allo starting, i mezzi indispensabili per correre: nel
quale ultimo le nostre mascelle hanno vittoriosamente resistito. caso di una corsa di cavalli, ad esempio, si desiderano almeno
L'animo assetato di bellezza s'è potuto abbandonare alla quattro gambe per ogni cavallo.
molteplice di lei forma, s'è smarrito nelle gioie del caleidoscopio. La folla dei concorrenti alle « Grazie » non diede in ogni
Si trattò d'un caleidoscopio ... quanto ai modi, quanto al conte- momento la prova di saper padroneggiare lo strumentale dell'i-
nuto o alla materia. I più nobili sentimenti, i più accreditati dioma, e men che meno il celato strumentale della immagine.
impulsi dell'animo furono la materia del verso, la cagione, se Quanto al verso, tutti ~anno che le tradizionali misure si sono
non talvolta il pretesto, del dattiloscritto. oggimài stemperate e dissolte in una difformità di pi,(i libere
Noi ci inchinammo e ci inchiniamo reverenti davanti alla clausole, che vanno ... dal monosillabo alla bella schidionata di
speranza, alla misericorde pena, al dolore, alla rimemorazione 24 sillabe con ripresa di rigo. Abbattuti i cancelli strofici, ripu-
del sacrificio. Partecipiamo la gioia e la feconda certezza di diata la rirrìa, o la meccanicità de' suoi ritorni obbligati, il
coloro che consideriamo fratelli nel segno dell'ideale più che giardino è stato invaso da una folla. Una moltitudine di volen-
commilitoni e concittadini: emuli necessari, comunque, nella terosi: ad alcuno deì quali sembra soltanto difettare lo spirito ...
dura ascesa delle pendici del Parnasso. della severità critica: autocritica.
Il sacro mistero della maternità o la lontana morte di un figlio Alla ipocritica di molti concorrenti ha dovuto dunque sosti-
nelle guerre imperiali: il sorriso dell'infanzia, il fascino e la tuirsi la funzione dei giudici: essi hanno dovuto ripudiare, smi-
bellezza della donna, il senso, che ne emana, di una consolazione stare. È ovvio. E nel loro scrupolo e nella loro angoscia, nella loro
o di una disperazione, comunque di uno struggente motivo .di sete di giustizia, sono pervenuti a ritenere affetti da innegabile
nostra vita: le audacie agonali, le angosce del pane e del vestito: disposizione poetica una cinquantina di autori (salvo abbaglio
il rabido grido dei derelitti, il cieco furore della guerra, le virtù s'intende), ai quali porgono il lor grazie per aver adìto la gara, e
antiche e perenni della stirpe immortale, ecco i grandi temi della le più cordiali felicitazioni per averla così degnamente tentata.
poesia italiana contemporanea. Purtroppo l'ala del verso, quale Ristringendosi ulteriormente il cerchio a una venticinquina di
la pagina ce la veniva man mano presentando, non era sempre nomi, le prime avvisaglie di una possibile discrepanza de' giu-
pari alla istanza sublime dell'idea: un generoso groviglio di dizi si sono rese manifeste. Si convenne di citare ad onore i nomi
segni, una confusione sia pur pittoresca di immagini, e d'ogni dì Carmelo Mele, di Maria Luisa Spaziani, di Alberto Caverni,
colore e formato, o una tarda pesantezza del vocabolo, sembrava di Franco Arturo Catània, di Umberto Bellintani, di Francesco
zavorrare ciò che, secondo ogni più ragionevole attesa, avrebbe Arcangeli, di Giacinto Spagnoletti, di Giannina Angioletti, di
dovuto elevarsi. Negli anni, ormai lontani, che videro i primi Arcidio Baldani, di Dante Giampieri, di Margherita Guidacci,
conati dell'aviazione, si poté leggere su certe fasce murali: di Sandro Penna, di Quinto Martini.
« Delagrange volerà? » È questa la domanda che ogni più tre- Cercare le provenienze o le derivazioni, delle poetiche di più
pido cuore si rivolge all'aprire un libro dove siano allineati dei rilievo, indagare circa gli esempi, o gli stimoli esterni, o i rime-
versi : « Delagrange volerà? » moranti fermenti che hanno sovvenuto all'opera i poeti delle
Altri volerà per lui, evidentemente, nella peggiore delle ipo- « Grazie » ( delle « Grazie 1948 » ), sarebbe fatica da non si poter
tesi. Il raro fiore dell'evento nasce da una molteplicità di tenta- imprendere, a quest'ora tanto soavemente conviviale, oltreché
tivi e da un rinnovarsi di prove, come la unicità pura d'un gioconda ed eupeptica: quand'anche avessimo animo e attitu-

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dine a sobbarcarcene, di questa fatica, ci verrebbero poi meno e Disdegna le cortine fumogene dell'atteggiamento. È se stesso,
il tempo e la voce, e la pazienza degli ascoltatori. Noterò in breve ·e unicamente se stesso. A volte un gradevole stupore a chi legge,
che la derivazione studiata, la emulazione programmata, degli come un réfolo da remota neve nella valle: il racconto si snoda
stranieri o di taluno dei nostri, la fertile o la sterile disciplina nell'impreveduto, il tema, già obiettivato, si trasfigura in una
delle reminiscenze, non appaiono essere i modi consueti dei variazione gnomica; o il motivo si stempera, a volte, in una
cinquanta. Una felice autonomia, una cara ingen_u ità dello spi- tonalità dolcemente beffarda, quasi di« raillerie », quasi sempre
rito e del discorso hanno guidato le anime alla significazione. I garbata, motivata dal patire, non così acre e vittoriosa come in
nomi di tal predecessore, o straniero o nostro, talvolta ci sono Catullo. Egli suol versare nelle brevi sequenze dell'idillio o nella
affiorati alle labbra. Ma io non lo dirò. Semmai, ne lascio ai lucidità più nitida e più cara dell'epigramma il suo senso o
critici il compito. Unicuique suum. superstite o prèsago dell'amore, e della cittadina ventura. Ma la
Quando s'è poi trattato di fare i nomi dei premiabili i giudici dimensione e la qualità epigrammatica gli servono, come agli
non han più ritrovato accanto a loro la gentile compagna delle alessandrini, a un estremo ricupero del sentimento. La µ,ovaa
prime fasi dell'indagine: la concordia. E questo non suoni di- 1rm8tKiJ lo avvicina agli antichi fiori della Grecia, quali ne ha
scortese ai premiati. Poiché tuttavia nessuna delle due parti raccolto nella sua corona Meleagro di Gàdara, quali ce ne hanno
escludeva il candidato dell'altra da un riconoscimento di stima, tramandato e serbato nelle loro antologie i più tardi erboristi, il
fu possibile addivenire a una doppia (e dimezzata, ahi!) colta del Cephalas, il Panudo. Palemone il Periegeta si sarebbe dato
lauro: delle di cui fronde si son fatte, con lieto animo, due affanno per tutte terre, a cercare e a trovare le introvabili « in-
distinte corone: sono precisamente queste, di cui abbiamo l'o- scrizioni» del suo volume. Il dodicesimo libro dell'Antologia Pa-
nore di ricingere le chiome di Margherita Guidacci da Firenze e latina lo accoglierebbe, apocrifo novecentesco nella raccolta di
quelle di Sandro Penna da Roma. Stratone di Sardi. Penna partecipa, di antichi momenti, la si-
Non fa d'uopo ch'io dica, di loro, se non quanto domanda il gnificazione elementare ed esplicita, il delicato contorno. Incu-
rituale del simposio: poiché i nomi d'entrambi sono già nel cuore rante dei precedenti, egli ignora, per così dire, i barocchi e i
di chi ama la poesia e ne suole ascoltare la voce: quello di Penna romantici: i sonetti di Michelangelo e i shakespeariani, e quelli
ha più fama, per un colloquio con la musa che da più tempo veneziani e parecchio pedanteschi del Platen. Forse un riscontro
persevera. Margherita Guidacci è autrice d'un libro di versi La pensabile in certo Rimbaud idillico, fotografico e patetico.
sabbia e l'angelo edito nel 1946 in Firenze; Sandro Penna ha Margherita Guidacci sembra rivolgersi, con la sua lirica, a
raccolto in un volume Poesie, edito nel 1939 in Firenze, quanto una zona del mondo ove il sentimento e il senso corporeo ven-
poteva allora pubblicare, cioè quanto aveva scritto. Entrambi gano superati dalla pura indeterminazione dell'essere: ella è
hanno affidato i loro versi alla pagina delle più accreditate afferrata già dalle mani implacabili dell'infinito, conscia di una
riviste: più Penna, com'è ovvio, di cui critici insigni hanno ineluttabile sistemazione nell'eterno. La sua pratica s'è già in-
riconosciuto il valore. Margherita Guidacci è studiosa di lette- camminata verso l'archivio. La entità corporea, il sangue, gli
ratura inglese e vivace saggista, traduttrice di inglesi e di fran- affetti, il fenomeno fisico e storico in genere, non sono per lei,
cesi, collaboratrice di rassegne letterarie. come per taluni filosofi, se non il labile segno d'un momentaneo
Il merito che riconosciamo a Penna per primo è quello di una equilibrio: il segno della cupidigia e della disperazione d'ogni
nitidezza esemplarmente scarna della dizione poetica: sua gioia vita. Dietro questa efimera parvenza l'angelo della morte ci
tra tutte è la purità, la levità, e, ad un tempo, il raro splendore attende: non è escluso che quest'angelo ci disveli almeno per un
dell'enunciato.: il suo animo ha vestito il verso come un deside- attimo, come in un abbaglio, le sembianze che noi abbiamo
rato cilicio prima di rifonderlo in sillabe; mai egli spende parola amato, in un giorno terreno: noi siamo, comunque, sulla sabbia
a menzogna, mat se ne fa dissipatore nella pompa della condi- della terra, sua « destinata preda ». In un siffatto motivo con-
scendenza, o in una vena oratoria. fluiscono a contaminazione drammatica lo spirito di gentile

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sommissione della donna all'amore (e aWuomo che lo incarna) UN'OPINIONE SUL NEOREALISMO
con lo spirito che ci rende tutti obbedienti alla lontana chiamata
dell'eternità. Questo Adamo-Thanatos rivuole in lei la sua Eva.
L'idea della morte e della fuga terrestre verso la morte è pre-
sente, o affiorante, nella poesia della Guidacci: il vento n.on ristà
dallo spirare, dal sollevare la rena verso il suo nulla. Il memento
biblico è scritto a lettere di fuoco sulla porta del nulla: « Me-
mento quia pulvis es. » Certo ella ha frequentato gli inglesi e gli
anglo-sassoni in genere: non ci è possibile dire ora a quale, dei Le mie naturali tendenze, la mia infanzia, i miei sogni, le mie
loro spiriti più pensosi, ha potuto particolarmente accostarsi. I speranze, il mio disinganno sono stati, o sono, quelli di un
metri lunghi del verso sono da lei usati più spesso: oscillano, romantico: di un romantico preso a calci dal destino, e dunque
talora, intorno al dimetro elegiaco, se pur non vi incidono ad dalla realtà. È ovvio ch'io abbia chiesto e chieda al romanzo, al
arte. Ella valica l'arduo ponte dei pochi e degli eletti: noi la drll:mma, e perfino alla cronaca, alla« memoria », quel tanto di
seguitiamo con lo sguardo, verso i perturbanti misteri. fascinoso mistero o di appassionata pittura dei costumi e delle
anime che soli potevano aiutarmi a perseverare nella lettura;
Con voi tutti levo ora il calice in onore di Margherita Gui- una probabilità e una improbabilità bilanciate nella mia ansia
dacci e di Sandro Penna: e in nome della giuria li proclamo di lettore, e finalmente precipiti verso una soluzione, una libe-
vincitori ex aequo del premio « Le Grazie» per l'anno 1948. razione impreveduta ... E poi, cose, oggetti, eventi, non mi val-
L'avvocato Arnaldo Severi, legale delle Grazie e delle Muse, è gono per sé, chiusi nell'involucro di una loro pelle individua,
incaricato di porgere ai due vincitori gli assegni rispettivi, di lire sfericamente contornati nei loro apparenti confini (Spinoza di-
cinquantamila cadauno. rebbe modi): mi valgono in una aspettazione, in una attesa di
1948 ciò che seguirà, o in un richiamo di quanto li ha preceduti e
determinati. Mi sembra che aspettazione o mistero non emani
dalla catena crudamente obbiettivante della cronaca neoreali-
sta. Nella « poetica del neorealismo », quale mi si è rivelata da
alcuni esempi, direi che ogni fatto, ogni quadro è (cioè riesce ad
essere) nudo nocciolo, è (cioè riesce ad essere) grano di un rosario
dove tutti i grani sono giustapposti ed eguali di frorite all'ur-
genza espressiva. Enumerati in serie, infilati in una filza, questi
fatti avvicinati così per « asindeton » non vengono coordinati in
una consecuzione che valga a più profondamente motivarli, a
disporli in una architettura, quella che essi realmente ebbero ...
Direi che la poetica neorealistica riesce a un racconto astruttu-
rale, granulare.
C'è poi da credere che i temi e le figure più vivamente presenti
ai neorealisti sono soltanto una parte dei temi, dei motivi, dei
« personaggi »chela realtà ci propone. Le figure, talora, diven-
tano simboli: e io aborro dal personaggio-simbolo, come aborro
dal personaggio-araldo. Perfino nella storia storiografata amo
che l'araldo si nasconda sotto la ricca e multiforme natura di un

210 211
uomo. La virtù pura mi irrita ... sento tremendamente le ragioni PARTE TERZA
del suo contrario.
E il modo con cui i neorealisti trattano i loro temi è, di
preferenza, quello di un umore tetro e talora dispettoso come di
chi rivendichi qualcosa da qualcheduno e attenda giustizia, di
chi si senta offeso, irritato. Tutti ci sentiamo offesi, irritati da
alcunché ... Allora la polemica aperta, la diatriba, il grido, l'in-
giuria sono preferibili ai termini pseudo-narrativi di una sup-
posta obbiettiv.i tà ... Sbaglierò ...
Altra impressione che io ho ricevuto dai pochi esempi delibati
è quella di una tremenda serietà del referto: ne risulta al rac-
conto quel tono asseverativo che non ammette replica, e che
sbandisce a priori le meravigliose ambiguità di ogni umana
cognizione ... l'ambiguità, l'incertezza, il « può darsi ch'io sba-
gli », il « può darsi che da un altro punto di vista le cose stiano
altrimenti », a cui pure devono tanta parte del loro incanto le
pagine di certi grandi moralisti, di certi grandi romanzieri ...
Nell'inferno dantesco si incontrano uomini che credevamo in
paradiso: e nel purgatorio, avviati al paradiso, uomini che cre-
devamo sicuramente all'inferno.
Un lettore di Kant non può credere in una realtà obbiettivata,
isolata, sospesa nel vuoto; ma della realtà, o piuttosto del feno-
meno, ha il senso come di una parvenza caleidoscopica dietro cui
si nasconda un « quid » più vero, più sottilmente operante, come
dietro il quadrante dell'orologio si nasconde il suo segreto mac-
chinismo. Il dirmi che una scarica di mitra è realtà mi va bene,
certo; ma io chiedo al romanzo che ,dietro questi due ettogram-
mi di piombo ci sia una tensione tragica, una consecuzione
operante, un mistero, forse le ragioni o le irragioni del fatto ... Il
fatto in sé, l'oggetto in sé, non è che il morto corpo della realtà, il
residuo fecale della storia ... Scusa tanto.
Vorrei, dunque, che la poetica dei neorealisti si integrasse di
una dimensione noumenica, che in alcuni casi da me consideratì
sembra alquanto difettarle.
1950

212
EMILIO E NARCISSO

La scuola napoletana, che il nome del proprio restitutore e


direi padre onora nel sommo nome di Ernesto Cacace, ha voluto
sceverare e disgiungere dal voluminoso digesto di Pediatria un
particolare e antistante libro o paragrafo e lo ha intitolato Ni-
piologia o scienza del lattante: nonché infante e giacente (vf17nos è
infante). Il dottor Cacace fondò a Capua, ,nel 1905, il suo Istituto
Nipiologico e lo trasferì nel 1915 a Napoli. Al congresso pedia-
trico di Rio de Janeiro (1922) fu riconosciuta alla Nipiologia
dignità di disciplina, per quanto le parole valgano, speciale ed
autonoma: fu proclamata a maggioranza opprimente la indi-
pendenza della Nipiologia dalla Pediatria. I raduni o congressi o
conciliaboli italiani di Ancona (1928), Bolzano (1930), Perugia
(1932) e Bari (1933, Società Italiana per il Progresso delle
Scienze) portarono a termine codesta guerra di secessione in -
cruenta, misericorde anzi: e in oggi noi ci felicitiamo di aver
sceverato e di,s giunto, e di poter distinguere con sicurezza i lumi
dai lumi: la lampada di Nipiologia da quell'altra, di Pediatria,
non meno splendida e chiara. Consapevoli della disgiunzione
saremo nipiologi aHa culla, pediatri alla Cresima. Sorriderà la
mamma al lattante: serberà lo scappellotto a Pieretto.
La specializzazione raccomandata dal Cacace è divenuta
pratica e legge: Francia, Spagna, Americhe. Le Visitatrici del-
l'Istituto Nipioigienico di Capua hanno avuto, ed oggi hanno, le
loro consorelle nel mondo. La· Nipiologia è costituita da un
insieme di ragionate ipotesi e di certezze normative e di cure e di
sollecitudini di natura biologistica, psicologistica, antropologi-
ca, clinica, igienica: coopera e si coordina con tutte un poco le
scienze dell'uman vivere, con i multipli e moltiplicati sistemi '
delle discipline della vita. È sagacia, è carità, è provvidenza.
Attenzione propriamente scientifica al nipio, illis temporibus,

215
era stata ad ora ad ora negata o saltuariamente accordata. ratta delle idee: la sua prosa, al contrario della nostra, s'è iridata
L'istinto materno faceva tutto, l'istinto paterno. La genesìa na- d'idee. Ha in esecrazione i medici, ahimè! non credo forse i
turale naturalmente operava, sola: prendeva tutto su di sé : la nipiologi.
naturale disposizione a portare a salvamento sua prole, a ve- « Les Cara"ibes sont de la moitié plus heureux que nous. A
gliarla, a raccogliere financo i derelitti sub ubera, sub tectum. peine l'enfant est-il sorti du sein de la mère et à peine jouit-il de
Allattati dalla lupa salvatrice, o tralasciati a proda, un giorno, i la liberté de mouvoir et d'étendre ses membres, qu'on lui donne
gemelli, dalla reverenza dell'acque: le quali spaurirono esse de nouveaux liens. On l'emmaillotte ... il est entouré de linges et
medesime, del crimine di che avevano tacitamente commessa. de bandages de toute espèce ... Heureux si on ne l'a pas serré au
Li raccolse Faustolo, sampognando alle greggi, li recò nella lor point de l'empécher de respirer ... » (33).
zana ad Acca Larenzia la su' moglie, tutrice de' frumentati lari « En naissant, un enfant crie; sa première enfance se passe à
latini, perché li avesse a crescere al Lazio. La condizione agreste pleurer ... » ( 4 7). « Je n'ai nul dessein de m'étendre ici sur la
o pastorale del Lazio, « terra aperta», recupera (in sul margine vanité de la médecine. Les hommes ... supposent toujours qu'en
d'ogni paura delle selve) i nati dalla guerra e dallo stupro, da traitant un malade on le guérit, et qu'en cherchant une vérité on
Mavorte e da Silvia. la trouve » (61).
Poca scienza, dimolto amore, dimolta (qualche volta) espe- « On me <lira ... que les fautes sont du médecin, mais que la
rienza. Pochi tomi del digesto: dal De natura pueri di Ippocréj.te médecine en elle méme est infallible. A la bonne heure; mais
alla estirpazione delle tonsille caldeggiata da Celso (Aulo ). Circa qu'elle vienne clone sans le médecin; car, tant qu'ils viendront
la scelta della balia Oribasio da Pergamo disquisisce da par suo. ensemble il y aura cent fois plus à craindre des erreurs de !'artiste
Molto citato, in dottrina, il Libellus de aegritudinibus infantum ac qu'à espérer du secours de l'art » (62). « Le choix (la scelta della
remediis, di Bagellardo da Fiume (Patavii, A.D. 1472). Il Trun- balia) n'est point un si grand mistère; les règles en sont con-
conio ci ha dato un suo prezioso De custodienda puerorum sanitate, e nues ... » (67), e tuttavia ne ragiona.
il Sorano emulandolo (Saragozza, 1600) un non meno prezioso « Le villes sont les gouffres de l'espèce humaine. Au bout de
Método y orden de curar las enfermedades de Los niiios. Jean-Paul quelques générations les races y périssent ou dégénèrent; il faut
(Richter) ejean-Jacques (Rousseau), nel L evana 1 e nello stupen- les renouveler, et c'est toujours la campagne qui fournit à ce
do volume dell 'Emilio , hanno ragionato per esquisita cognizione renouvellement » (73). Verità sociologica e storica ignorata da
di puericoltura e di mamme e di balie, di latte, di alimenti, di molti storici e sociologhi.
capezzoli, di gridi e pianti, di risa, di segni, percettibili o meno « On peut se servir du thermomètre pour la mesurer exacte-
percettibili, che i lattanti danno od emettono del loro bene stare: ment » (la temperatura dell'acqua, per i bagnettini e le ablu-
o male stare. Io affido alla vostra diligente lezione il « terzo zioncelle del lattante) (74). Via le fasce!, strumento e simbolo
frammento » del Levana, che si articola ne' nove capi: inizio primo e aborrito della costrizione. Ma le balie testarde, infin-
dell 'uomo e dell 'educazione: la letizia infantile: i giochi: la garde, resistono allo svincolamento salutare: « ... l'enfant bien
danza: la musica: gli ordini e le proibizioni: le punizioni: gli garrotté donne moins de peine que celui qu'il faut veiller inces-
strilli e i pianti: la fede infantile. Vorrei leggeste con meco tutto samment. D'ailleurs sa malpropreté devient plus sensible _dans
il primo libro, e possibilmente i consecutivi dell'Emilio: con il un habit ouvert; il faut le nettoyer plus souvent » (76).
sicuro suo dettato e con la nettezza e col magistero del fulgu- « La seule habitude qu'on doit laisser prendre à l'enfant est de
rante suo stile, Gian Giacomo ne rapirà fino alla Grande Cata- n'en contracter aucune ... » (81).
1 Nell'ottima (lo dice il traduttore stesso) traduzione di Saulle Darchini: Torino, « La malaise des besoins s'exprime par des signes, quand le
UTET, già Fratelli Pomba Librai in principio della contrada di Po, 1932. « Credo di poter secours d'autrui est nécessaire pour y pourvoir. » Fatto inevita-
afferma re che questa L evanà, anche per un tedesco un po ' in grado di leggere l'italiano,
sa rebbe più facile di intendersi che quella tedesca » (pag. 13). « To tra nsiate him
bile e regola generale nella dialessi del mondo. « De là les cris des
properly is next to impossible, » sosteneva il Ca rlyle (pag. 11 ). enfants; ils pleurent beaucoup; cela doit étre » (85 ). « .. • une

216 217
langue naturelle et commune a tous les hommes (lo strillare del semovente: la mamma se lo toglie su, come sollevare un fagotto:
nipio )... Cette langue n'est pas articulée, mais elle est accentuée, di qui a lì lo deve trasportare la mamma, come si trasporta un
sonore, intelligible ... » (in Repetti 11 pure, piano terzo) « Les fagotto. Venisse il lupo, l'avoltoio_, da sé solo non si smove,
nourrices sont nos maitres dans cette langue; elles entendent l'innocente, l'indifeso. Strilla. E natura lo ha ben provveduto da
tout ce que disent leurs nourrisons ... » (86). E il dramma, dan- chiamar soccorso, al di là di tutte le cortine del silenzio, oppure
tescamente inscritto a memoria, del nurrissone che si azzitta del rumore. ·
tutt'a un tratto nella su' bile, da crederlo morto di colpo, perché
la nutrice lo ha frappato: Poi, poco a poco, il parasitismo alla madre s'è attenuato, per le
« ... tacque, di colpo. Pensai fosse intimidito. Ecco un'anima occorrenze prime e non più mediate, ora, del vivere. Il nipio si fa
servile, mi dissi, da cui non caveremo nulla: se non con la frusta. bambino che comprende, che comunque parla: i denti li ha
Sbagliavo. Il poverino soffocava dalla collera, non respirava più: messi: e può dunque mordere: e sgranocchiare le prime indige-
lo vidi diventar viola. Un momento dopo arrivarono gli strilli: stioni a sua posta. Si alimenta da sé, pescando col cucchiarone
tutti i segni del risentimento, del dolore, della disperazione ... i nella pappa: e ne brodola metà sul bavaglino. Trotterellando
segni propri e possibili di quell'età ... » (88). sulle sue gambucce deàmbula, incespica: batte del nasetto sulle
Un'anima ingiustamente ritenuta « servile » in una creatura selci: chiagne: strilla: non s'è fatto nulla. Esprime desideri e
di due mesi. Una balia pohobuona. Una suffocazione mancata. opinioni, apprezzatissime dai genitori estasiati. Dentro i limiti
Una catarsi di« cris aigus ». Oh! Il bel tema! per un concorso fra della sua facultà mentale, e d'uno schematizzante linguaggio -
narratori italiani! (ma la chiacchiera è più lata del giudizio) - egli principia a
« ... Il faut étudier avec soins leur langage et leurs signes ... » render manifesto il suo essere: la sua anima a prender cognizione
(93). Filologia e semantica, dunque. E le pagine sul divezza- di sé. Si afferma in lui, per conati e per gradi, un'attiitudine
mento: « On sèvre trop tot tous les enfants » (96). E per avvez- eristica, e la virtù puntuta del dire, contrastando od emulando
zarli a màcher, a masticare: « ... de petits bàtons de pain dur ou altri, il più fanfaronesco dei pronomi di persona: io. Principia, la
de biscuit semblable au pain de Piémont, qu'on appelle dans le tenera mònade, ad annodare i fili delle sue relazioni con il
pays des grisses. » Grissini di Novara. E in chiusura: « Les pre- mondo: e nel mondo è compreso ·l'io, il sé, veduto come chi
miers développements de l'enfance se font presque tous à la fois. dicesse dal di fuori. 2 Il groppo, il centro, il nodo-ragno d'un
L'enfant apprend à parler, à manger, à marcher, à peu près dans siffatto ragnatelo di riferimenti infiniti, principia percepire e
le meme temps ... Auparavant ... il ne sent pas meme sa propre tradurre ad atti, se pur annaspando nello incerto, la sua funzio-
existence. Vivit, et est vitae nescius ipse suae (Ovidius, Tristia) » ne poetica. E arriva pure constatare, il bimbo, che la macchina
(106). corporea la gli s'è perfezionata ad io fisico oramai libero e uno,
Nella prima età della vita extra-uterina, Gian Giacomo non si non oltre parasito alla su' balia e al di lei carnale tepore, così
stanca d'insistervi, l'infante è tuttavia parasito della madre: di provvido e molle, e all'esclusive di lei cure: che possono addentar
poppa di sua madre il sostento: le cure necessarie glie le va susina, gli acuminati dentini: che le gambucce lo reggano, per le
prestando la mamma: s'annegherebbe nelle propriefeci ed uri- prime corserelle verso l'incespicone impreveduto. Blocca e do-
ne, a trascurarlo. Per fisici impulsi, per impeti segnaletici im- mina, alfine, l'erogative sue tendenze. Pipì e pupù signoreggia, a
mediati, sofferenza, letizia, dà di sé notizie quando strilla e tempo debito serbandole, a vaso predisposto. La coscienza del
quand0 chiagne: e la madre quel diabolico semaforismo lo in- sé, dell'io uno e facultato, la gli si coagula, ben presto, in un più
terpreta: lei la capisce subito se è sete se è fame: o che cosa 2 Certi bambini, a chiamar sé, a dir di sé, dischiudono i labbruzzi le prime volte al
diavolo è. Prima ancora, oh!, che ci avesse indagato sopra il loro proprio nome di persona (terza persona). « Etcio uòle biòtto » - « Sergio vuole
biscotto»: e il Sergio è lui stesso. È più facile, al bambino, attribuire il significato di
Cacace. agente a un ente altro da sé: vistoché la sua persona è soggetto squisitamente paziente,
E nemmeno ha facoltà, il nipiolino, di persona o d'animale non anco facultato ad agire: continuamente sovvenuto dall'azione altrui.

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elevato sistema di riferimento di quanto la mera sensazione non e così poco sentimentale sentimento? È desso un indice della
la fosse: in una carica affettiva che ha risonanza dalla psiche. funzione vitale? È causa agente? o vocazione e chiamata? o pure
Questa nova carica e splendida la si soprappone in guisa di effetto, consecutivo dell'azione e della vita? È uno strumento,
fastigio a quelle prime angosce del vivere: ch'erano patite e solo un'arma, è una cintura di salvezza, da Dio dataci o dalla su'
registrate per affanno, per puntura di dolore, per solletico ben fattoressa la natura? e a qual fine? A render possibile, e comun-
potremmo dire di piacere: la vapora via come un inno, alquanto que poi a sovvenire, a communire, la nostra funzione vitale? È
fanfaronetto e smargiasso, da quel tutto-fisico e tutto-vegetativo un utensile ad officina, un residuo fecale sulla defecata pelle
abbandono che l'era ed è delle carni, abbandonate in culla a un terrestre, una bandiera, una corona? D'alloro o di spini? O di
loro intrinseco ben essere, sotto al cielo e sotto ai sereni spiri della fichi secchi? Memento, memento homo: quia pulvis es.
Italia. L'era un benessere di tutto il grassottello corpiciattolo con In passato lo chiamarono egoismo: lo conglomerò nell'egoi-
minima libertà delle gambucce che, dal materassuzzo, in aere le smo la scienza etica, faute de nuances dans la terminologie
manovellano a vu.o to: e dei ditini pollici e ditini alluci delle scientifique. Lo ascrisse a debito, o a credito, dell'angoscia prima
mani ovvero cioè de' piedi così animosamente, per quanto va- del vivente, del suo egoismo vitale, nucleale: dell'egoismo fagico,
namente e con infinita bava e saliva, le lunghe ore succiati. addentatore dilaniatore del cibo, e bucco-esofagico, cioè appro-
Erano, allora, le sole angosce: del troppo tepore, o del man- priatore, insalivatore e peptonizzatore del cibo. Che lievita ad
camento di esso, del respiro, del cibo: le angosce proprie alla egoismo avaro dipoi, e in cupidità d'avere si rafferma: e si palesa
macchina: la nova carica, invece, la si colora dei colori del per dichiarato nome ed azione nella libidine incameratrice del-
sentire: di quel « sentire », di quel « sentimiento », che farà la l'acquisto, e nel ringhio del possesso. (Vivissimo nei bambini e
bazza degli Educatori e dei Maestri. Il « sentire del fanciullo » nei poveri, oltreché beninteso nei ricchi e nei vecchi: nei poveri è
dovrà venir infatti educato, dal primo che capita, amministrato, dinamico e diveniristico, e talora aggressivo malamente: e talora
dai molti, e unto e conspurcato della deiezione loro, che essi stagnante, sognante, lodevolmente remissivo: nei ricchi è più
chiamarono la Legge: e utilizzato, da un furbo di provincia e conservativo e più statico: nei ricchi che stanno ulteriormente ad
scacarcione vile e smargiasso (ch'era leone ai deboli, e ad una arricchire è alacremente dinamico, brusadellico: e duramente
malvagia belva nelle grinfie l'era spaurato conigliolo ): e insom- iper:conservativo iperstatico. Solo un ministro delle finanze val-
ma stiracchiato un po' da tutti: e mandato a spengersi in guerra, tellinese può strappar di bocca la bistecca a un molosso bustese
il sentire, alla bella guerra, per la bella faccia dei resistenti in fase di accentuato arricchimento.)
superstiti. Tiriamo avanti. Nei decenni primi del decorso secolo, un altro nome si fece alla
Educit obstetrix, educat nutrix, instituit predagogus, docet ribalta: «egotismo». Una t di più. È già qualche cosa. Console a
magister. È Varrone che parla. Civitavecchia, l'Enrico Beyle, 1837, intitolò certi suoi giovanili
Detta carica affettiva, luce alta e subito dopo gli albori estre- ricordi: Souvenirs d,égotisme. (Sentiment exagéré de sa persona-
mamente intensa per l'anima, è corroborata, è avvalorata da lité, nel Petit Larousse Illustré.) Lo Stendhal è un egotista: e sa di
ogni buon successo, da ogni buon incontro dell'io: è avvilita o essere, oltre tutto. Non si rizza insino all'altitudine del Nano, del
mortificata dal contrario: dalla disavventura, dal male, dalla Nano in Trono, dell'Ajaccio: non si protubera da podio, nella
tabe, dalle percosse, dall'oltraggio, da ferita e da fame: dalla volgarità priapata del Predappio: non arriva all'egotismo di un
incombente minaccia che l'altrui « massa psichica » senza di- musico, o di un poeta in genere, o di un poeta lirico in ispecie:
chiarata inimicizia comporta, e reca ad atto, quando inconsa- del divo di Pescara: ma egotistuccio gli è. lui pure, se pur prosa-
pevole e nolente, nel nostro confronto. tore.
Carica affettiva! Che si colora dei colori del sentire! Del sentir Il conato stesso del disegnare « volontaristicamente » la pro-
di sé! Del sentire altamente di sé! pria terrena traiettoria, il voler essere, il voler conferire alla
Quale nome dare, in quali pernacchie avvolgere, un così eletto propria anima una significazione programmata, l'appetire e

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l'arrivare meritare alle non più regie poste un ufficio, il fasciare, interminate e intortigliate ragioni del loro baronetto ci rompon
del tepore d'una scranna o cattedra, la propria solerzia maestra, l'anima a noi pure: ed è il solo difetto di una tecnica audace, che
e' sono isforzi che una certa opinion di sé la dimandano: e potremmo chiamare « a sorpresa », cioè sorprendente, se là sor-
d'adibire all'opera certa centropetente ovvero centripeta lubido, presa non durasse quanto il corso del Mississipì.
certa risolutezza egocentrica, di cui appunto ogni egotismo re- Ché se ben la donna, poerina, l'ami affisare per lunghe ore
sulta. l'amato, e carezzarlo ne' capegli, e coccolarlo, e dirgli sì sì sì te tu
Il romanzo The egoist di George Meredith ci propone in atti se' bello, te t'hai sempre ragione, e non c'è altro che dica più
una specie d'egoismo, di qualità sociale, che è fagico, economico, ragioni di te, santo Iddio!, a un certo punto l'ha pur bisogno di
terriero, feudalistico, di timbro inglese e baronettico, e però sentire che quell'Io-nume e' si smove: almeno un poco: e dal-
conservatore, dopo la conquista (o dopo l'eversione delle spos- l'altare dell'amore, in dove s'è collocato per suo decreto mede-
sessate badie), implicato per altro d'egotismo, di vanità-orgo- simo, aspira infine e condescende al miracolo. Quel restarsene a
glio, anche di civiltà e gentilezza e dei resultati del dressage, e far da lo colassù, bloccato fermo sul su' piedistallo di porfido,
coronato, ad effetto, del sentimento centrico della personalità. dentro le nuvole del suffumigio e d'una adorazione silente,
Questo senso centrico, nel rovinio tragico di tutti i vincoli ovvìa, non è da Santo, non è da lo che si rispetti. A un certo
antichi e nel polverone della festa populi, io lo chiamo fissazione punto il Santo lo deve far segno, un cenno è bastevole, della, sua
~olemaica. Meredith era socialista, quanto un inglese può essere: santa facultà: deve dischiuder l'anima al consenso, all'assenso:
e cioè fermamente. Un conservatore, in generale, e un conser- permettere al sintomo di sintomare, deve sudar qualcosa di sua
vatore inglese in particolare, che poteva altro uscir fuora se non la pelle, protuberare, sua grazia. Deve smoversi. Deve dar, luce e
bestia nera, per lui? altro che il simbolo, e il nome, d'ogni più miracolo.
duro egocentrismo? Pure, non lo dà divedere, alle prime pagine: ' 1949
le bardottine s'incantano, e a sogni azzurri la loro testolina si
dischiude: o forse non le leggan Meredith. Sta di fatto che ... alle
prime, il baronetto bello e ben pettinato non dispiace. Homo 2
bellus, perfettamente educato, discretamente colto, egli è per
r;iascita, e per istinto si mantiene, al centro del sistema attivo (e In uno de' primi anni del secolo, 1902, sembrami, quando non
çonoscitivo) della county, du comté. Più forte di lui, la vanità fosse invece 1904, a designare il poco sentimentale sentimien-
ch'egli è cerca il su' specchio nelle genti, nelle circostanti case, e to vanità - orgoglio - cognizione della propria unità biologica -
lJo trova. E riesce a tirare alla disperazione le raga,1;ze, da tanto l,e senso puntuale (monàdico) della persona propria-felicità di vi-
moia, le fidanzate: l'una dopo l'altra. I ragionamenti che lui gli vere3 - letizia altera - esibita qualità - esibito pregio maschile -
(a l'è un soggetto unico per tutti, che sia palese od occulto, compiacimento (estetizzato) di sé, uno psicologo inglese in una
qichiarato o sottinteso: il pronome collo-ritto, il prima persona rivista di psicologia inglese (?) usò per primo quel vocabolo che
pronome, il beato fra le donne, l'eminente fra gli uomini: quello ne gocciola tuttora dalla penna e sibila via d'in vetta alla sci-
che di sé dice io. A un certo momento, d'altronde, vo' vu' sapete linguata lingua tuttora.
bene che l'amore l'è contrassegnato da un passaggio, da un Mi duole, mi duole di non rammentare il nome del geniale
deflusso: daWio al tu. È intuire, intuarsi, entusiasmarsi: è un scienziato e d'altra parte non ho modo e men che meno ho
penetrare nel tu: nel te, se volete. Quei ragionari all'io, all'io, tempo a ricerca: il Direttore dice« si aspetta te » con volto da cui
all'io, e' son talmente sedentari e compiaciuti, e così uggiosi a chi evapora il sorriso, al Redattore Capd gli riesce ancora di sorri-
ii ascolta, che le ragazze ne smagriscono: e venute al punto che dere, un mezzo lampo stento e subito spento nel volto. L'inglese
gli è oramai svaporata la pazienza, lo piantano, per quanto e' sia 3 La zoliana « joie de vivre » si esplica nel sacrificio (femminile) dirimpetto all'a-
signore in castello. Il guaio è che intanto, oltre noiar loro, quelle mato.

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voleva un nome nuovo, per il« suo » sentimento: che non fosse il nota: come accade ai clinici, appunto, che variamente ragiona-
nome ch'era di già usato per l'angoscia appropriatrice, per l'an- no sulla natura della dissenteria, ma con gran benignità di
sia primordiale del vivere cioè dello spirare e ingerir cibo, per la giudizio e ponderatezza d'opinioni quasi che la fosse acqua
volontà dura di « farsi largo nel mondo », a frumentare la pro- fresca.
pria fame con le terre, ad altri togliendone. Tutto questo, o nella Mi chiederete donde venga il nome, così felicemente scogitato
fase statica e però conservativa o nella dinamica e brusadellica dall'inglese. Per voi, amatissimi, per compiacervi, son tutto
più sopra mentovate, era « egoismo ». Ma lo stendhaliano scienza, un'arca di scienza: sono un otre di sapienza.
«egotismo», il senso centrico e un tantinello esibito della pro- Il cefisio Narcisso, come lo chiama don Gabriele, era difatti il
pria personalità, lui, lo psicologo inglese, ne perfezionò il con- figlio . incredibilmente bello di Cefiso e della ninfa Lirìope.
torno e cavò fuora il nome giusto: che fu « narcisismo ». E varò Li-ri-o-pe. Annotatelo da non dimenticarlo. Tiresia - no, non
del pari gli aggettivi fiancheggianti « narcisistico », o « narcis- Teresa, Ti-re-sia - indovino o indovina alternamente sessuato o
sico », e naturalmente il sostantivo « narcisista », per dire il sessuata con periodicità sette anni, sette anni maschio sette anni
gerente, il vettore, il portatore di una carica narcissica di parti- femmina senza si poter mai arrivare a cavar lo sfizzio ... già ... né
colare intensità, o particolarmente manifesta in una stagione da maschio, né da femmina ... non so se rendo l'idea,4 - Tiresia
della psiche. Avverto, une fois pour toutes, ch'io dovrò usare il aveva predetto, del tipo, « che sarebbe vissuto fino a che non
vocabolo nelle due accezioni indispensabili, corrispondenti ai avesse visto se stesso ».
due gradi d'intensità della carica narcissica: a) per designare la Nel primo essor dei quattordici, nel pieno éclat de' suoi li-
carica normale (prepuberale, giovanile, adulta); b) per desi- gustri-rose (a noler citare garofani) con quella prima lanugine
gnare la carica abnorme: e si tratta di una anomalia quantita- come di pesca d'agosto che gl'indorava l'indorabile, il Narcisso
tiva (mille in luogo di cento) o di una anomalia di qualità cioè era amato e affocatamente era desiderato da mille: fanciulle,
b-1: di contenuto; b-n: di modo o metodo. Esempio a): « l'età fanciull ... e: sì, fanciulle. Pure non volle saper d'alcuna né di
narcissica lo conduceva ogni momento davanti allo specchio ad nulla: respinse tutte, tutto. La ninfa Eco (ninfa, scusate, vuol
aggiustarsi la cravatta». Esempio b): « la narcisistica erezione dire sposa, o bella ragazza in desio d'amore, cioè falled in love)
di quel somaro in conspetto della folla ebriaca raggiungeva i arse ella pure di lui. E lui picche. Per disperata la riparò nei
limiti impensati del grottesco: la protuberazione narcisistica monti, ove non è che dirupi: fintantoché vi lasciò l'ossa, e una
della sua somaraggine gli faceva dire cose ovvie in tono profeti- voce che rispondeva da una rupe. La dea Nèmesi, quella che la
co: e anche balle dell'altro mondo ». Sì, è l'aratro che scava il non perdona, conosciuto un tanto spregio del giovinino, la invi-
solco: c'era di bisogno il profeta forlimpopolo per venirne a però nello sdegno: e divisò ridurre lui pure a morire, a morir
cognizione noi, quando ogni par di bovi lo sa: ma è la spada che tisico, come lui, nel vano e nel troppo amore di sé, avea morto la
lo difende! e non è vero nulla: la non serve nulla a difenderlo: dal ninfa. Vo' vu' mi domandate: perché ricusarsi, il crudele, all'a-
momento che ci vogliano carri armati e carburante e cannoni, e morose implorazioni della Eco? Nemmen l'Orazio ve ne po-
l'esercito unito, e te t'hai solo le tue balle: e le tue coltella a la trebbe dire il perché: ma vi dirà il fatto come sta: quando vo' vu'
cintola. E l'esercito te tu l'ha' morto in principio, quando l'hai vi leggerete gli otto asclepiadei maggiori espun tissimi ( Carmina,
disseminato a spizzichi sulle quattro sponde, e nelle quattromila IV, 10).
isole del mare. Nostro. Nostrissimo.
' Ove si tratti d'a, ove si tratti b voi comprenderete dal contesto,
talché non è duopo una ulteriore distinzione. L'impiego b com-
4 Gli dei lo avevano punito di tal pena d'a ver incomodato, facendone pezzi a colpi di
porta, include, una nota di riprovazione latente: se pure certa bastone quasi come d'anguille a Comacchio, certi serpentacci in amore. Era un groppo di
serena attitudine ch'io non mi ritrovo nel cervello, per quanto vipere e viperoni: che s'erano intortigliati a palla, in una sorta di serpentesco mistero. E
cerchi, possa valere ad attenuare o del tutto intralasciare detta lui giù, sui misti, col màngano: proprio non si potéo tenere, poerino.

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nàiade o driade per entro le selve o ne' monti, lei, ruffianella
O crudelis adhuc et Veneris muneribus potens,
compiacente, la la teneva a bada la vecchia con le su' novelle,
Insperata tuae cum veniet piuma superbiae
Et quae nunc umeris involitant deciderint comae ... sicché la frastornava e la istordiva con mille ciance fino a cavarle
il tempo a riflettere e a rammentarsi che il su' marito l'era in
che ve li volterò alla lettera, da non essere incriminato d'astruso: bosco: e di certo non solo, dato il tipo. Ch'era un sudicio da non
« O fin qui crudo, che dei doni di Venere ti suoli prevalere,
se gli poter trovare l'eguale, né in cielo colassù, checché!, né men
quando la tua superbia fiorirà non attesa calugine, e que' bue- che meno in terra qua da noi, ove noi, poveri mimmi, s'è altret-
coloni d'oro che intorno agli omeri ti svolano ci avrà pazz'iato
tanti agnellini al confronto.
dentro la forbice, e quel colorito che emula ora la rosa e la Eco, ardendo, perseguiva Narcisso alla caccia, alle selve: « chi
porpora, mutato in secco, avrà fatto a Ligurino il volto rugoso è là? », trasaliva lui, avvertendosi d'un frusciare per il bosco:
della zia, oh! allora sì sdamerai (vedendoti un altro allo spec-
chio): ohimè, oh me, quest'uzzolo che mi frulla oggi perché non Dixerat « ecquis adest? », et « adest! » responderat Echo.
m'ha pizzicato ragazzo? con questo sentire perché non mi rifio- Credendo allora alla prossimità d'un compagno (di caccia),
riscono indenni le rosee gote di allora? » che tutto quell'intrico che le rame facevano gli nascondesse,
Ce n'è d'avanzo. La repulsa narcisistica la poteva forse, per
« ritroviamoci costì! » lui grida: e lei, che a nessuna voce delle
operazione interna de' succhi del fisico, maturare un poco alla selve avrebbe fatto con più trepido animo rimando, lei la con-
volta a consenso, sol che la Eco l'avessi avuto naso pazientare: fermò ardente il richiamo: « troviamoci costì! », e mangiò via,
come l'agro d'un acerbo frutto suol pure infradiciare a susina, beninteso, la prima sillaba ri, con quella sorta di sempiterna
che dopo caduta la marcisca per le terre. afèresi di cui Giuno l'aveva in eterno multata; da parere il
Del crudel quattordicenne liriopesco ce ne fa storia e direi
Capocchini, se il Capocchini inghiottisse le ri: ma inghiotte
testimonianza l'Ovidio, in un suo poema buonissimo intitolato
invece le ci : come altrettante mosche.
Delle Metamorfosi (Metamorphoseon quindecim libri) ove alter- Se non che ritroviamoci, ossia rincontriamoci, può voler pure
zo libro ne potrete leggere, dal verso 339 al 510, salesianamente dire, in sul linguina de' latini e del Sulmona, facciamo all'amo-
espunti da tutte le edizioni delle scuole: re: sì: per l'appunto _costì:
Multi illumjuvenes, multae cupiere puellae: « Huc coeamus! » ait, nullique libentius unquam
Sed fuit in tenera tam dura superbia forma: Responsura sono « coeamus » rettulit Echo.
Nulli illumjuvenes, nullae tetigere puellae.
E sbuca fuori dal folto, e gli appare: e lo avvinghia delle sue
Finché di lui non tocco, che tu tocchi?, vedendolo agitar dolci braccia al collo. E lui, a vederla solo, sbigottisce, estefe-
cerbiatti alla selva, Eco arse d'amore, la ninfa che non può tacere rato:5 ne rifugge, discioltosi, paventando le si dover prestare
a chi le parla, non può parlare a chi tace: a chechessia: « beh, che schifo! » sdamò inschifito: « piuttosto
Vocalis nymphe quae nec reticere loquenti morire, che venire a letto con te! »;«ante» ait « emoriar, quam
Nec prius ipsa loqui didicit, resonabilis Echo. sit tibi copia nostri! » E lei pappagallina in fiamme, poerina,
!'ultime parole solo: quelle che aveva fin là ritenute, che il caso le
Non aveva altra voce, la garrula guaglioncella, se non a ri-
porgeva ora così belle:
mandare l'ultime parole d'una frase: « Sit tibi copia nostri! »: le più belle che possa dire una ra-
Reddere de multis ut verba novissima posset. gazza. La denegata dedizione e la dedizione per amore: nel gioco
meraviglioso dell'Ovidio, del Nasone.
Questo bello scherzo lo doveva a Giuno, incazzatissima con
Spregiata, umiliata dalla repulsa, la Eco allora la dimandò
lei. E perché mai? Tutte le volte che quel pomicione del su' 5 Esterrefatto: popolaresco bergamasco maccheronizzante.
marito, della Giuno, l'era in patetici colloqui con tale o tal'altra
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ricetto alle selve: tra le rupi e gli antri del monte, accoltavi, la
smo. Vorrei e non posso. Mi sforzo e la non mi riesce. Chi voi non
depone ivi il su' dolore, da potervi poi depor l'ossa: perviene
pol, chi poi non voi. Chi fa non sa, chi sa non fa. Scruta per entro
miseramente a sua fine. E la rupe, dove non è persona tuttavia,
l'acque e nelle fonde ombre del fonte donde quella luce e quella
rimanda l'ultime parole di chi dica:
vita sembrano voler emergere e vivere: e crede, crede di capire.
Reddere de multis ut verba novissima posset. Invoca, in una drammatica perorazione, la compiacenza di
quelle selve medesime che pure a tanti compiacquero ne' tanti
Di lei lasciando, che la s'è disseccata in una roccia, ed è fatta
secoli del mondo, e al Pomicione padre per primo e alle driadi
rupe le ossa ed è fatta schegge del monte (ossa ferunt lapidis
evinte e alle naiadi, ne' recessi loro più segreti. In barba a Giuno
traxisse figuram), seguita a far sicuro testimonio, il buon Naso, 6
e alla Fede. « Vorrebbe, ecco,» sdama, « vorrebbe lui pure! Ci
della vicenda e del destino di lui. De' mille dispregiati perse-
sta! Ci sta! Tutte quante volte gli porgo i labbri a fior d'acqua,
guenti c'è chi lo aggancia d'odio e proferisce iettatura, levate a'
anche lui, ve', avvicina subito i suoi propri, si studia con supino
dei superni le palme: « Abbia lui pure ad impazzar d'amore, » volto baciarmi!
gridò, « mai a pervenir possedere l'amato », « sic amet ipse licet,
non potiatur amato ».Egli consente, detto fatto, la Ramnusia: Cupit ipse teneri!
dal su' seggiolone di nuvole. Delicatissima descrizione della Nam quotiens liquidis porreximus oscula lymphis,
fonte, ombrata e cheta in un bosco. Narcisso vi perviene trafe- Hic totiens ad me resupino nititur ore. »
lato e tutto in un sudore dopo fatica e dopo caccia, e dentro
« Chi che tu sia, deh! » implora, « deh! non mi far morire di
calu:ra da non dire: si butta a bere: ma nell'atto ch'egli estingue
languore! Emergi una buona volta nella verità! A che gioco si sta
una sete, un'altra gli nasce inestinguibile nel cuore, sorpreso
giocando? abbòzzala! con tutti codesti balocchi costì nel guazzo!
dalla bellezza di un volto, di un riso, che ascende a galla ne' Levati, e splendi nella verità! »
tremuli cerchi dello specchio (incorniciato da una misteriosa E di nuovo implora:
proda nenufàrica ). Stupisce a così vivida immagine di che il
« Perché, perché, meraviglioso amico, mi deludi? Dove ti celi,
silenzio e la solitudine si allieta, avvinto a lei da una sete nova
quand'io son già, per un foglio d'ombre intermesso appena, a
degli occhi come a un simulacro di pario marmo che l'abbi fatto raggiungerti? »
il Praxitele, fascinato in quel sembiante: i capelli d'oro e' son
degni di Bacco o di Apolline, e le guance d'impubere ove non « Exigua prohibemur aqua. »
anco è piuma né calugo. Ligustri-rose a strafottere, l'Ovidio: per
« Non so che speranza con arridente volto mi consenti: tendi
il collo, manco a dirlo, è mobilitato l'avorio. Senza pur averne
tu anche le braccia, quand'io le tendo: sorridi, quand'io sorrido:
cognizione ... desidera se stesso: mentre ammira è ammirato:
piangi se piango. Con cari cenni a tutti i miei cenni senza fallare
chiede ed è chiesto lui: dà fuoco ed è fiamma: il minimo rispondi: e per quanto dal moto de' tuoi dolci labbri
Dumque petit petitur pariterque accendit et ardet. mi è dato di comprendere, mi dici parole che non odo:
Quello che vede non sa cos'è, né chi è: ma di quel che vede si Et, quantum motu formosi suspicor oris,
sente bruciare innamorato. Quante volte a circondare il collo Verba refers aures non pervenientia nostras. »

dell'amato immerge nella fonte le braccia, tante le ne ritrae Disperato, distrutto, gli accade da ultimo d'annusar la ragia: 7
senza collo, spiritando: per che il poeta è in un sudor d'angosce, «Ma codesto costà son io stesso! Io vedo! Iste ego sum ! sensi! nec
il Nasone, e non si tiene dall'intervenire ad ammonire, a delu- me mea fallit imago! Ardo, ardo di me! Io, io, ho appiccato a me
cidare que' fisici fenomeni della ombrosissima luce: e lo istruisce,
da quel gran savio che è, de' miracoli della riflessione (lumino- 6 La dea Fede, s'intende.
sa). Il giovinetto, invece, si abbandona à un suo disperato liri- 7 « Arriva finalmente a mangiar la foglia» (fiorentino gergale). Dicesi anche: « ag-
guantar la maglia ».

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medesimo l'incendio, questa fiamma che nel core mi divora: bellezza (di che ne diremo dimolta peste più avanti), che con sua
Uror amore mei, flam'mas moveoque feroque. » sottilità perviene, chi la contempli, chi vi s'indugi, chi vi s'in-
Il già superbetto ... s'intriga allora in tutte le disperazioni, canti, a inebetire e stordire: a tirare fuor di senno.
s'avvolge in ogni chiaroscuro d'ogni dubbio. Codesti dubbi, e la Il fisico e botanico ed entomòlogo Renato Antonio Ferchault
fine stessa del nano, e' sono invero altrettante proposizioni ana- de Réaumur (1683-1757), il poeta prosatore viaggiatore ed epi-
litiche riguardanti 'la vita della psiche. Teresa l'aveva dunque stolografo Francesco Algarotti ( 1712-1 764 ), divulgatore de' più
azzeccata: « ei vivrà ... fintantoché non avrà veduto se stesso». reconditi filosofemi del grande Newton, l'academico di tutte
Che farò?, dice l'adolescente: devo spiccarmi dal mi' corpo? academie e centenario in gloria Bernardo Le Bouvier o Le Bo-
costituirmi in persona aliena e disgiunta da poterlo contemplare vier sieur de Fontenelle (1657-1757), 8 autore dei celebrati In-
con gioia, da poterlo amare con fortuna? Mi spengo fanciullo. trattenimenti sulla pluralità de' mondi, e dichiaratore felicissimo di
[Id est: la fase narcissica è sublimata, e 1n certa guisa cade tutto l'astruso de' Vortici del Cartesio, il fisico, storìco, moralista
annichilata, nel normale sviluppo (del corpo e dell'animo): la e filosafo evoluzionista Giovanni Wolfango Goethe (1749-1832)
violenta, la tempestosa carica autoerotica si discioglie nei succhi a cui siamo debitori della rinomata memoria Sulla esistenza di un
etici della pubertà, della virilità, e, in genere, in quel solvente osso intermascellare nell'uomo, come negli animali, dell'altra Sulla me-
specifico che è tutto il gran lago della vita, della collettività tamoifosi delle piante e di una rinomatissima per quanto total-
civilmente consociata, che è lago e mare aperto quando non è mente sballata Teoria dei colori (1810), l'economista, pedagogista
beninteso invece pozzanghera, o addirittura fogna e latrina. La e filosafo Melchiorre Gioia (1767-1829) che ci lasciò il noto
vita adulta, poi, la conosce un supernarcisismo di carattere trattato Del merito e delle ricompense, cioè offerta e remunerazione
genetico (procreante), un altro di carattere operativo e potrem- del prodotto, e l'aureo libriccino del Nuovo Galateo, dove s'im-
mo dire artigiano ossia tecnico, un altro di carattere etico e partiscono a' giovinetti i più giudiziosi ammonimenti, suggeri-
sociale, e via via.] Lui, il personaggio ovidiano, si dischiude in menti e consigli, e in que' tempi medesimi a un incirca il mate-
alto la tunica, si percote il petto, sangue ne sgorga, si strugge a matico e fisico Agostino Giovanni Fresnel ( 1788-1827), divina-
poco a poco e si spegne, muore consumato. Eco lo risaluta tore de' più reconditi arcani che sono intrinseci a tutti i vario-
miserando. Lui sospirava: « Indarno, diletto amico!»: e smori- pinti fatti e infiniti giochi della luce, massime ne'meandri e ne'
va: e lei« Indarno, diletto amico! » dalla cupezza delle sue rupi reticoli delle cristalline formazioni, l'abate Ferdinando Galiani
remote. E lui « vale! » a se medesimo morente: e lei « vale! » a (1728-1770) che compose il bel libro Sulla moneta e i piacevolissi-
mi ovvero cioè molto divertenti Dialogues sur le Commerce des blés, 9
lui medesimo morente.
Le sorelle naiadi e le driadi lo piansero, dalle fredde fonti e nei
8 Il Fontenelle è con d'Alembert, Fénelon e Boileau tra i dialogisti dei Dialogues des
boschi, e in quel lutto e in que' gemiti si recisero per il di lui Morts. Membro della Académie Française, della Académie des Inscriptions et Belles
amore le chiome: e gli apprestavano già il cataletto. Ma fattesi Lettres, della Reale Accademia di Berlino, della Società Reale di Londra, non gli sembrò
là, dov'era steso, a toglierne il raggelato corpo ne' funebri, in il vero di redigere una Histoire de l'Académù e i celebri Eloges des Académiciens. « Un peu de
faiblesse pour ce qui est beau, » diceva di sé: « voilà mon mal. » E diceva nella lettera
quel luogo ci ritrovarono un fiore, un narciso. indirizzata a Luciano messa avanti a guisa di prefazione ai citati suoi Dialoghi: « J'ai fait
NapKaw ha significato d'intorpidire, d'irrigidire, anche d'i- moraliser mes morts, autrement il n'eut été la peine de les faire parler: des vivants
nebetire e stordire: donde narcòtico. Egli è però, il Narciso, auraient suffit, pour dire des choses inutiles. »
Fu accusato di voler fabbricare Accademie per divenirne il Presidente. Forse Paolo
l'irrigidito in sé, l'intorpidito, il sonnolente (nell'alba acerba di Ferrari pensò a lui nel regalarci il tipo (micamal scemo) del marchese Colombi. Nelle
prepubertà non ancor levatosi a brùzzico ), quegli che non dà, Histoires des Oracles egli riesce a dimostrare che le antiche Sibille non erano démoni (con
che nari si dà: che non si sdà: ove non alluda invece, l'arcano sesso feminino), ma delle ordinarie chiromanti e indovine. La gente credeva nei responsi
loro perché « ci voleva credere ». Con chiaroveggenza illuministica egli dà a Cesare quel
della favola splendida, a manazione attiva se pur lenta di code- che è di Cesare, cioè attribuisce alla credulità la responsabilità che le compete.
sto fiore giovinetto, a facultà operativa: di codesto giglio e boc- 9 Il Manzoni del forno delle Grucce deve averli letti: io no, fino ad oggi: ma li leggerò
ciuol di rosa del diavolo. Tale opera, infatti, il sottil veneno di con diletto.

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di che soleva dire, il signor di Voltaire, « che Platone e Molière cogniti spiriti ebbero a formarsi, de' diportamenti di Narcisso e
s'erano uniti per comporli » e che « non s'era mai meglio ragio- della disavventura di Eco, un'opinione strettamente fisica e dirò
nato, né più piacevolmente che in quelli », il matematico Pietro trigonometrica. Molto illUminata-mente, o, poi, molto positi-
Luigi Moreau visconte di Maupertuis (1698-1759), ritrovatore va-mente. Questa fisica opinione, oltretutto, permetteva loro di
del principio meccanico detto di minima azione, lo scrittore e ritrarre il zampetto dalle panie della favola prima ancora d'a-
quarantottista insigne Carlo Cattaneo (1801-1869), fondatore e verlo messo a quel vischio, e di destricarsi, prima ancora d'averle
redattore del Politecnico, la matematichessa e filosafa Maria addosso, dalle capziose reti dell'Ovidio. L'opinione era ferma. E
Gaetana Agnesi 10 (1715-1799), esimia commentatrice del trat- cioè: che la ragazza Eco l'è nient'altro che il simbolo del suono
tato su le sezioni coniche del marchese di L'Hopital, e autrice riflettuto ovvero sia rimandato (da una parete piana ed elastica
delle famose Istituzioni Analitiche ad uso della Gioventù Italiana dei avente a contropiano un'altra elastica): e Narcisso l'è lui pure il
miei stivali, e ancora l'astronomo Schiaparelli direttore della nòcciolo, il fàntasma d'una ipotiposi allegorica, e cioè il traspo-
specola braidense e osservatore delle fenditure (o canali) di sto psicologico d'un fatto fisico, la riflessione della luce: per cui
Marte (pianeta Marte) e redattore di un catasto o mappa di essi, vale il ben noto principio secondo cui l'incidenza, l'angolo della
il grande fisico, filosafo e medico Gustavo Teodoro Fechner
11
incidenza (il bacio di Narcisso) eguaglia la riflessione, l'angolo
12
( 1801-1887), e lo psicologista Casimiro Doniselli della ex-regia della riflessione (il controbacio a vuoto di quell'altro macaco).
università di Milano, tutti questi pensosissimi e supremamente Mentre nel caso della rifrazione, del raggio rifratto, e per ogni
coppia di mezzi, p.e. aria-flint, vale il teorema: costanza del
10 In riconoscimento del citato lavoro, la Maestà di Maria Teresa, graziosa Impera- rapporto dei seni :
trice e Regina, si benignava concedere alla esimia analista milanese una scatola con
diamanti , non consta a quale uso destinata, e un anello con diamanti. Il Sovrano
Pontefice Benedetto Papa Decimoquarto le larg) una corona di pietre preziose legate in sen 1
oro, chiamandola a leggere matematiche allo Studio di Bologna.
- - - - costante.
11 Il Fechner è l'autore d 'un'opera innovatrice: Elemente der Psycophisik (1860). Spe-
sen r
culazioni ardimentose e a momenti fantastiche, resultati positivi. Idee: non balorde. Egli
enunciò quel principio-base (per la psicologia dei sensi superiori) che in onore di Weber il Io, vermiciattolo, condivido pienamente il criterio di quei
su' maestro egli chiamò per l'appunto il principio di Weber e che in oggi si suole più sommi: il loro punto di vista è de' più profondi e de' più veridici
comunemente chiamare il teorema di Fechner. « L'intensità della sensazione varia come
il logaritmo della intensità dello stimolo. » C ioè: la sensazione percorre in un raccourci che sieno. Ma credo che la esegesi positiva, jonicizzante, non
logaritmico (base 2, circa) la scala che il fenomeno eccitatore (esterno) percorre nella debba escludere la psicologistica, e direi òrfica. La sovrapponi-
variazione aritmetica 1, 2, 3, 4, 5 .. . Il che si osserva più agevolmente nella fisiologia bilità delle due interpretazioni, semmai, può testimoniare del
dell'udito: ove i numeri d'ordine che noi conferiamo alle ottave successive della scala
musicale, dicendole prima, seconda, terza, quarta, quinta ... sono i logaritmi, base 2, del
genio di quel popolo che intuì e divinò e di poi descrisse e di poi
numero di vibrazioni proprie di dette ottave rispetto a una convenzionale ottava zero di celebrò nelle sue favole i dimolti moti della psiche, con una
partenza, ossia 2 1 = 2, 22 = 4, 23 = 8, 2 4 = 16, 2 5 = 32. Un essenziale reparto libertà che resulta impraticabile alla nostra cachettica pruden-
dell'orecchio nostro, la chiocciola, davanti al variare delle vibrazioni musicali è un
estrattore di logaritmi base 2. La sua semantica, il suo semaforo si esprimono logaritmi-
za: e vereconda stitichezza. Noi qua, col moccoletto a mano
camente al cervello. della nostra mortificata virtù, sempre che farebbe d'uopo,
12 Casimiro Doniselli ha notato che la chiocciola ha la struttura di una spirale di avendo bene indagato, arrivare a capir meglio, a fondarci sul
Cartesio, o logaritmica: che è nient'altro, i matematici lo sanno, se non una tavola grafica
di logaritmi. Il medico e matematico Elia de Cyon (cioè Sionne) aveva dimostrato già fondo, siamo qui a bubbolare, d'ogni ombra che la candela
che il laberinto si colloca, per i suoi tre archi ad un punto solo convergenti, in tre piani medesima ci fa: sol che si tratti invece rubare, barare al gioco,
ortogonali fra loro xy, yz, zx: ch'esso è dunque diobono il cartesianissimo organo di smargiassare e mentire, allora non si bada a spese, non s'ha
riferimento per la provenienza del suono e per l'orientamento nello spazio. Ablato un
arco dopo l'altro a ' colombi (previa anestesia), i colombi e' smarrivano il loro senso paura di nulla. Testa alta, petto in fuori.
prospettico e l'orientamento ne' tre piani basso-alto (xy) destra-sinistra (yz) e in- 1949
dietro-avanti (zx). L'occhio de' prospettici e di Pier della Francesca sarebbe grande-
mente aiutato, dicano, dalle prestazioni del laberinto: e i sordi sarebbero minimi pro-
spettici. E difatti il sono: ciò consta.

232 233
L'EGOISTA croorganismi specializzati che hanno eletto il loro dor:nici,lio
nell'intestino stes~o, Le radici delle piante devolil.o appropriarsi
l'indispensabile àzoto sotto forma di nitràti (sali dell'acido ni-
trico ); "'e ciò pervengono a fare grazie alla collaborazione di
batteri nitrificatori, o batteri di Winogradski, che vivono, e
infatièabilmente agiscono, aggrumati in popolose colonie sulla
loro scorza. Tali batteri trasformano gli indigeribili nitriti (sali
dell'acido nitroso, presenti nel terreno) in ghiotti nitrati. L'acido
TEOFILO nitroso deriva dall'ozono, infuso nelle piogge da sc.;1,riche elet-
Chi immagina e percepisce se medesimo come un essere triche cosiddette« oscure ·», di cui l'atmosfera suole palpitare in
« isolato » dalla totalità degli esseri porta il concetto di indivi- silenzio: ma anche da quelle dirompenti e accecanti.
dualità fino al limite della negazione, lo storce fino ad annul-
larne ii' contenuto. L'io biologico ha un certo grado di realtà: ina CRISOSTOMO
è sotto molti riguardi apparenza, vana petizione di principio. La Dagli spari di Giove, per· tal modo, o dalle sue silenti libidini,
vita di ognun di noi pensata còme fatto per sé stante, estraniato maturano tartufi ad ,A lba, sottoterra, e patate a Rovello.
da un deèorso e da una correlazione di fatti, è concetto erroneo, è
figurazione gratuita. In realtà, la vita di ognun di noi è una TEOFILO
« simbiosi con l'universo ». La nostra individualità è il punto di L'egoista, buon per lui, ignora o trascura questi nessi, queste
incontro, è il nodo o groppo di innumerevoli rapporti con innu- correlazioni di fatto. Non ha letto, e non ha meditato a suffi-
merevoli situazioni (fatti od esseri) a noi apparentemente ester- cienza, la monadologia di Leibniz né i Karamazov di Do-
ne. Ognuno di noi è limitato, su infinite direzioni, da una con- stoiewski. Nori ha letto o non ha inteso i Vangeli.
troparte dialettica: ognuno di noi è il no di infiniti sì, ~ il sì di
1

infiniti no. Tra qualunque essere dello spazio metafisico e l'io CRISOSTOMO
individuo (io-parvenza, io-scintilla di ·una tensione dialettica Homo oeconomicus, egli crede, nella sua dura buonafede,
universale) intercede un rapporto pensabile: e dunque un rap- poter salvare sé, la sua donna, la sua prole, il suo peculio, dal
porto di fatto. Se una libellula vola a Tokio, innesèa una catena naufragio dei casi e delle fortune aliene, dallo sprofondare della
di reazioni che raggiungono me. patria.

CRISOSTOMO TEOFILO
Simbolo fisico evidentissimo d,i codesta universalità di rap- Sì, è questo il tipò dell'egoista economico. Ma vi è ancora
porti dialettici sono le radiazioni cosmiche, messaggio dei mondi quello che potremmo chiamare l'egoista dèll'al di là. Il quale
cioè dei momenti lontani. ritiene d'aver potuto recare a salvezza la propria artima sulla
perdizione delle Fimanenti: cioè che una poltrona di prima fila
TEOFILO gli sia prer:iotata in Paradiso, tenuto conto della ugg,iosa perfe-
Egoista è colui che ignora o trascura la condizione di simbiosi, zione con cui ha saputo amministrare la sua condotta. Anima
cioè di necessaria convivenza, di tutti gli esseri. Egli crede di bella, egli è arrivato all'Olio Santo in carrozza. « Dunque sarà
poter vivere solQ, entità eminente nella vera luce su oscure e salvo ... »
dimenticabili premesse. In realtà le sue funzioni vitali, come ad
esempio lo svuotamento dell'intestino, si adempiono col neces- CR,I SOSTOMO
sario concorso di altri esseri, in fatto di alcuni miliardi di mi- È un grave abbaglio, codesto, da parte sua. Mi sa piuttosto che

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il Giudice, noiato di tanta perfezione, lo piomberà capofitto zione ha funzionato. Il guaio è che in barca c'eravamo anche
all'Inferno, nel centro proprio dell'imbuto, e nel calderone no1. ..
maestro di Belzebù. I peccatori e le belle peccatrici di cui si sarà
fatto delatore ed accusatore implacabile, quelli avranno invece CRISOSTOMO
dono di ali dalla comunità dei Santi, da volare all'insù nell'az- Forse un po' più di ottimismo non gli tornava male, al vec-
zurro, dove risplende la celeste margherita. chio ... Dico per noi, poveracci ...
Al dogma della messa in comune de' titoli di merito dei Santi
per la comune salvezza, corrisponde, in reciproca, il riconosci- TEOFILO
mento dostoiewskiano del gravame comune delle colpe: sì che la L'egoista morale cede il passo all'egoista estetico, cioè allo
colpa di uno è colpa di tutti. Il tiranno, l'omicida, il ladro, è schizzinoso: mentre la casa va a brucio, costui, o costei, è tutto
colpevole nel consenso di tutti, nell'adulazione, o nella invidia o incurvo sulle calie del salotto: aggiusta, sui mobili, i sopramo-
nella indulgenza di tutti. bili, gli indispensabili tarabiscots del salottino assettatuzzo:
sotto pioggia di bombacce rispolvera, con inoffensivo piumino,
TEOFILO pantére di maiolica in funzione di portastecchi. L'egoista este-
La storia umana, sotto questo aspetto, non è che un salvada- tico ignora, o scorda, che il sudiciume e il disordine sono la più
naio di miserie e di colpe: e di tutti i soldi e soldoni che vi autentica delle proprietà comunizz.ate.
cadono, l'egoismo è il più greve.
CRISOSTOMO
CRISOSTOMO Vana, per quanto eroica, risulta in effetti ogni disciplina
Epperò il Veggente, dall'isolina ove Domiziano l'avea ri- osservata dal singolo per aver in ordine la cosa posseduta in
stretto, ha pensato bene di maledire in anticipo codesta storia. comune: la contrada, le scale di casa, le ferrovie, i giardini, gli
Sul groppone della bestiaccia dalle sette teste si sdraia, vestita di uffici pubblici. Il telegrafo-letamaio, la posta-latrina, le scale di
porpora, una meretrice ubriaca: e leva ad alto, colma, la pàtera. casa-cesso, la stazione-stalla, la pretura-porcile, l'aula di assi-
se-fogna, sono fenomeni esterni all'egoismo dell'io individuo,
TEOFILO intrinseci invece alla comunione dei beni: fenomeni che l'io
Colma del vino de' suoi vizi. Codesta meretrice è Domiziano? individuo vanamente si studia di padroneggiare. Le pulci sui
è Nerone? E la bestia vorace è l'impero? è l'egoismo, è l'avidità tram sono il precipuo dei beni che siano stati realmente ed
rapinatrice dei padroni del mondo? E le dieci corna sono i dieci ineluttabilmente messi in comune nella moderna Eliòpoli, nella
Cesari? Città del Sole della nostra salivosa utopia.

CRISOSTOMO TEOFILO
Per dirla tra noi, mi sa che quel santo barbone scribacchione, Non c'è barba di DDT che le soffochi, codeste pungolanti
che a novant'anni sonati aveva ancora tanta voglia di menar la ancelle della maledizione comune.
penna, si sia un po' abbandonato a' suoi dadà: donde, nella sua
scrittura, un certo augurio di cataclisma, un certo saporino CRISOSTOMO
porta-jella ... E l'egoista estetico arriva, per lente, inavvertite sfumature, a
costituir se stesso in egoista igienico.
TEOFILO
Difatti si dice apocalittico per dire catastrofico. Non potendo TEOFILO
sparare a Domiziano, gli ha maledetto la porpora. E la maledi- Egoista igienico è quegli che cerca di esimersi, con l'isola-

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mento, col metter maschera aI grifo, ,daJ contraire il male campo gravidìco terrestre. La resistenza delle rocce ne andrebbe
epidémico: o anche semplicemente endémico. Ripara in villa ad sopraffatta. dli strati rocciosi sottostanti verrebbero ammollati e
affabular le belle, mentre il sito de' cadaveri ammorba tutta la ridotti a pappa dal peso o poncio dei soprastanti. I graniti sa-
città. Per fare altro esempio: se la collettività cade preda d'una rebbero pégola, o cipria come di talco le serpentine e gli schisti.
irreducibile endemia di cretinismo, l'egoista igieniço si studia L'egoista, tal'e quale come il pianeta ipergravidico, acciacca
ciononpertan.to, con l'aereare il proprio cervello, con la lettura di se stesso. E dacché usa dire che gli estremi si toccano, ebbene:
Montaigne, evitare a se stesso la calamità comune. Se io nego le ecco qua: l'egoismo « estremo » raggiunge gli stessi risultati di
tenere carezze al proteso muso di un cane, la qual bestia noto- una « estrema » schizofrenia: (scissione mentale, frantumazione
riamente si pasce delle peggiori porcherie sino a sgrondarne dai psichica). La psiche dello schizofrenico non sussiste come io
labbri, ebbene, io mi comporto come un egoista igienico. Non unitario, come io monadico: è scoppiata, è ·andata in pezzi: una
credo che alcuna religione sensata, né quella di Carlo Cattaneo bomba pestata sull'innesco. Ma la psiche dell'introvertito egoi-
né quella del Dàlai Lama, possa recarmi a colpa uha siffatta sta, il quale neppur ode o vede chi gli parla, è a sua volta un bel
astinenza: la bestia copròfaga si deterga prima le labbra. vaso della Cina andato in briciole, autostritolatosi nella sua
pressione centripeta, nella sua propria ipergravità. La sua disu-
CRISOSTOMO mana forza-centripeta, la disumana coesione del suo io inutil-
Narrano che il generale Bonaparte, giunto non si sa con quale mente io, lo hanno polverizzato, annichilato. Altrettanto si può
scopo a San Giovanni d'Acri, abbia voluto procurarsi il brivido dire del narcissico, dell'auto-soddisfatto. · '
di abbracciare un lebbroso. Con quella commediola egli sperava
dar a bere ai gonzi di non essere un egoista, cioè di non essere il TEOFILO
Bonaparte, ossia la repubblica evertitrice de' castelli dei mar- Strettissime, invero, le analogie tra egoismo e narcisismo: e
chesi impersonata nell'imminente monarca fabbricatore delle tuttavia reciso e ben discernibile il taglio, il divario. La parola
patacche dei duchi. << narcisismo » apparsa la prima volta, per quel che ricordo, in

una rivista inglese di psicologia nel 1902, aveva pallidi e malsi-


TEOFILO curi precedenti nel linguaggio: eccessivo amor proprio ( 1890):
I tiranni sono degli egoisti che paventano sopra ogni cosa egoismo, in tutti i secoli: vanità, in tutti i secoli (attribuita alle
l'egoismo feroce dei loro sudditi. Essi hanno, avocato a sé, hanno donne, mentre la carica narcissica ed esibitiva è tipica del ma-
sommato in sé, le velleità tiranniche dei milioni di prepotentelli. schio): infine, egotismo (1810-1910). Ricordate i Souvenirs d'ego-
Hanno monopolizzato l'egoismo della ex-città. Sono i delegati tisme di Stendhal, console francese a Civitavecchia? Sono ricordi
della tirannide collettiva. La loro crudeltà, lo stato di irritazione di gioventù. Stendhal, che di egoismo e di egotismo, come tutti i
sadica nel quale vivon,o colmi di sospetto, è proporzionale al grandi, se ne intendeva (dei due fatti dico, quando non anche
continuo pericolo in cui versano. Ma se ciascuno dei tirannelli dei nomi), sembra aver intuito la relazione di concomitanza
tiranneggiati potesse farcela, apriti cielo: sarebbe davvero la giovinezza-egotismo. Da quel genio che era, sembra aver altresì
repubblica. Noi tutti siamo le vittime quotidiane di un egoismo capito che una qualche differenza ci doveva essere fra egoismo ed
tirannico: l'egoismo di ciascuno dei molti: l'egoismo dei perve- egotismo.
nuti, dei maleducati, dei moralisti e dei cretini: in una parola
della folla di coloro che difettano di spirito civile. CRISOSTOMO
Ebbene: l'egoismo è riferibile a un prepotere dell'io fàgico; sì,
CRISOSTOMO fàgico, da faghèin che significa manducare, manicare, mangia-
Lo « egoista » è quegli che stritola se stesso. Immaginiamo un re: sgranare, come dicono a Firenze. L'egoismo interessa la no-
pianeta dove il valore della gravità fosse duemila volte quello del stra peristalsi, il nostro io gastro-enterico: discende dalla smania

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priméva di appropriarci il vitto, la maggior quantità possibile di dacché, per avere una qualunque cosa, bisogna anzitutto desi-
cibo. È un impulso istintivo, non riflesso: è la liberazione dalla derare di averla, cioè« volerla ». Volendo dunque piacere un po'
paura atavica, primordiale, belluina, di rimanere senza cibo: è a tutti, siamo portati a pettinarci, a esibirci, a pavoneggiarci, a
la reviviscente fame dei millenni, ove il trasporto e la distribu- passeggiar su e giù lungo lo struscio del villaggio come tanti galli
zione del grano e delle cibarie non si operava, indi si operava a a collo ritto, a zampa alta e protesa.
fatica, e le lunghe notti inverna_li e il coltrone diacciato delle nevi Non contenti di esibire la persona, ci viene ancora l'idea di
bloccavano sentieri e tratturi, e cadeva, il mulo, sulla neve, sotto metterci delle cravatte gialle a piselloni color caffè, delle casac-
la sferza del vento rovaio. che a scacchi, delle catenine d'oro sia al collo che ai polsi: quella
L'egoismo è paura di rimanerci senza cibo, e però senza de- al collo con l'immagine della Beata Vergine, quella al polso con
naro, senza casa, magari senza nome né gloria, in quanto consi- un portafortuna paganeggiante, di inspirazione ercolanense o
deriamo la gloria e il buon nome come oggetti di possesso, addirittura pompeiana. Ci facciamo la lambretta, corroboriamo
pennacchi indispensabili a giustificare davanti alla tenebra il la nostra maschia bellezza di un irresistibile ciuffo a tettuccio. E
dono della vita individuale, che ci è stato largito, secondo alcuni così arriviamo finalmente a piacere.
da una accidentalità combinatoria, secondo altri dalla onni-
sciente elezione d'Iddio. CRISOSTOMO
Claro che ... per andare all'assalto della roccaforte d'amore,
TEOFILO dobbiamo essere previamente sicuri di noi stessi.
L'egotismo o narcisismo interessa invece la cosiddetta « vita
di relazione »: il cui supremo scopo e termine, il cui momento di TEOFILO
approdo, è, in natura, la funzione del sesso, garante della per- Col ciuffo a tettuccio la sicurezza c'è: non c'è roccaforte che
petuazione della specie ... tenga .

CRISOSTOMO CRISOSTOMO
Perpetuazione? ... la specie mammùt non ha valicato il E a forza di curarsi, coltivarsi, impomatarsi, agghindarsi,
pliocéne ... rimirarsi nello specchio, protuberare a mensola il ciuffo con
maestri colpi di pettine verso lo specchio medesimo, che glie lo
TEOFILO rimpalla a contromensola, il narcisista ...
... anche se dall'attività e dalla fungibilità del sesso dipendono,
discendono, per estensione o per sublimazione, tutte le vicende e TEOFILO
le forme, e le mossucce e le moine e le commediuzze, della vita ... il narcisista finisce per vedere unicamente se stesso. Dimen-
associativa: le diatribe, le liti, i ricorsi in appello, gli sportelli tica l'obiettivo reale dell'amore per cadere innamorato dello
delle esattorie, e i coltelli a serramanico dei temperamenti focosi . specchio, che è quel terzo ente o terzo strumento che ha il merito
Sì: l'egotismo ovvero narcisismo è il congegno base per la vita di riprodurre in bellezza l'immagine idolatrata. A questa im-
di relazione, per l'amore, per la vita associativa. Noi « dobbia- magine il narcisista conferisce il più idolatrato dei nomi: eque-
mo» piacere al prossimo: in primis alle femmine, a nostra ma- sto nome è un pronome: Io.
dre, alle ragazze: ma anche ai maschi: al papà, agli elettori, agli
scolari, ai compagni di partito, ai carabinieri, e financo ai critici, CRISOSTOMO
questi apotecari e carabinieri dell'immortalità. Noi dobbiamo Oltre che dello specchio di vetro e di mercurio, il narcisista o
piacere al prossimo: in ispecie alle donne. E ci fa piacere di narcissico si compiace di quell'altro specchio, non meno solleti-
piacere. Ma, per piacere, dobbiamo anzitutto « voler piacere », cante, che è lo specchio delle reazioni psichiche altrui. Negli

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altri, nel prossimo, negli occhi delle belle, nel saluto allegro dei baronetto di Meredith è egoista nel senso fàgico e conservativo
commilitoni, nella parlata grave e nell'arcano verdetto dei sofi, delle derrate, della «sostanza», del patrimonio: egoista del-
egli intende avere uno specchio, e soltanto uno specchio, dal quale l'acquist~ e del posseduto e dell'ereditato, egoista sociale. Ma è
esige l'approvazione, la richiesta d'amore, la muta lode, il plauso insieme egotista, bel giovane dall'abito e dal contegno irrepren-
-reiteratamente gracchiato. « Sei irresistibile » deve dire lo spec- sibile, infatuato di sé, delle proprie scarpe, della propria perfe-
chio degli occhi, delle glottidi, delle reazioni psichiche altrui. zione. Come egotista o narcisista egli si fa la ragazza, voglio dire
Guai all'anima sua ove putacaso dicesse: « Mi hai proprio l'aria la fidanzata. Ma la stufa talmente co' suoi modi (i modi d'un
di uno scemo. » Narra in meravigliosi esametri Ovidio, nel poe- pavone che si ritiene aquila), con l'interminabile opinare (non
ma delle Trasfigurazioni, di Narcisso invaghito della propria sempre le donne ci chiedono delle opinioni), con l'uso e l'abuso
imagine, che gli è presentata a un tratto dallo specchio del fonte del pronome io, che la poveretta per disperata si licenzia: una
(ove s1era chinato a bere), limpido e immoto. letterina viola: egli l'annusa beato, nella certezza della vittoria:
Narra della ninfa Eco, presa dall'amor di lui, che gli domanda la lettera dice: « Caro, ti sono tanto grata della tua cortesia, sei
invano l'amore, e disperatamente si butta giù dalla rupe, ed è un vero gentiluomo, sei un'anima bella, hai delle idee nobili e
fatta rupe ella stessa dagli Dei, non si sa se impietositi o adirati. giuste: ma comprendo, ahimè, di non essere la donna che ci
Chiamata 'per il suo nome dalle genti, rimanda come uno spec- vuole per te. Tanti cari saluti. » La smania di liberarsi del
chio acustico il nome, il nome solo: Eco è chiamata, Eco da tu-mi-stufi narcissico arma la povera ragazza di una dialettica
remoti spechi risponde. non frequente nel bel sesso, nemméno in epoca fidanzamentale.

TEOFILO TEOFILO
Alla loro acuta intuizione, e alla felice e spregiudicata cogni- ln. ogni uomo, in ogni maschio, c'è un più o meno biondo e
tiva dei fatti psichici, i Greci hanno chiesto i temi delle lor sfavillante Narcisso. « In ogni maschio si nasconde un pavone: e
favole: vere e splendide come la luce del mattino. Hanno inteso, talora non si nasconde affatto. » Citiamo dalla rivista« Epoca»,
1) con duemila anni di anticipo sul Copernico della psicologia, da un nostro elaborato. Si è conosciuto un distinto signore di
questa verità: per il narcisista o egoista il ponte d'amore è settantotto anni che girava la città a testa alta, a capo scoperto,
interrotto. Il primo dei due pilastri è un io che non può con- tenendo per un'ala, con la sinistra, il cappello, un Borsalino
giungersi al tu. L'arco dell'amore è caduto, o non è stato gittato. grigio di novemila lire: carezzandosi con voluttuosa mano, la
Il secondo pilastro, che si chiama tu, non esiste: o a,t tende invano destra, un fluente barbone, dorato e affumato dal Virginia:
l'amore. La vita di relazione, per il folle narcissico, nasce e si barbone che risultava lungo non meno della giacca, la quale
conchiude nella sua persona. Narcisso non ama che se stesso. scendevagl,i a guisa di gonnella insino alla metà delle cosce. Quel
L'egoista o narcisista è il pessimo amante, ed è il pessimo dei vecchio, per tutti noi, fu la dimostrazione vivente che la carica
cristiani. « Ama il tuo prossimo come te medesimo, » gli sugge- narcissica perdura immutata dai quattro ai settantotto anni,
risce il Padre. Sì, campa cavallo. anche se i Greci, nel loro acuto senso dell'ottimo, hanno escogi-
tato che Narcisso invaghito della propria immagine e di tutto il
CRISOSTOMO dispositivo anatomico-fisiologico a quella pertinente, fosse un
Con la persistente e smodata esibizione di se stesso, il narcisi- giovinetto sedicenne.
sta annoia la donna e uccide l'amore. Gli psicologi moderni sogliono collocare il maximum della ca-
Nel romanzo del socialista inglese George Meredith intitolato rica narcissica a dodici anni, nell'imminenza della pubertà, cioè
The egoist ( 1879) il protagonista baronetto è insieme un egoista e in sull'aurora dell'amore. Non si pronunciano circa l'ulteriore
un egotista. Forse Meredith ha ignorato il voc;:i.bolo stendhalia- andamento del gràfico. È tuttavia palese a noi tutti che nelle sue
no, o non ci ha pensato, o gli puzzava di sofisma. Comunque, il fasi ritardate, o nelle sublimate, la carica narcissica occupa e la

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maturità e la vecchiaia. Neppure un monarchico ottuagenario non li ha collocati in vetta alla piramide canora. Ma la piramide
col parlético nelle mascelle avrebbe animo a respingere la croce canora si estolle, superba di mille nomi, fino a pinzar le chiappe
di commendatore ... « al merito della repubblica ». alle nuvole, simigliando l'antica torre di Babylon, allor che il
cielo, come dicano e' pisani, s'era disposto a culaia. I nomi dei
CRISOSTOMO tenori sono mille. Se il povero diavolo di critico e' pone Caio in
L'egoismo di discendenza fàgica, il duro senso del possesso, lo · sul culmine, voglio dire seduto sul parafulmine, non ci può porre
spietato esercizio del proprio tornaconto, la liruccia disputata Sempronio. Il critico perverrà semmai a cavarsela giocando di
alla serva, la schioppettata nella gobba del prossimo per una destrezza, come il giocoliere di razza che con le due mani si
falciata di fieno; o viceversa quell'amore dei propri comodacci rigoverna sette palle. Delle sette palle, cinque le si ritrovano
di che l'egoista non si smuove d'un millimetro nemmeno a veder avvicendatamente per aria. Il povero diavolo potrà buttar al-
crepare la su' nonna, è condizione morale, è stato biopsichico l'aria novecentonovantotto bugie, rendendo felici mille tenori.
oggigiorno così consueto e diffuso, da neppure doverci spendere
parola. E interessa dire, piuttosto, che tra egoi.s mo fàgico ed CRISOSTOMO
egotismo intercede quella costante distanza che permette di Il rapporto padre-figlio, ove l'agiato vivere faciliti l'evento,
difinire le parallele. Egoismo e narcisismo sono due manifesta- comporta un « manifesto egoismo » da parte del figlio, e un « tal
zioni parallele della nostra struttura biopsichica, sono i d1:1e quale egotismo » da parte del genitore. Il genitore invaghito del
aspetti dell'io: così come nella gnosi di Spinoza i due attributi figliolo ha nel figliolo il suo prolungamento nel tempo, una rinata
della divina essenza (pensiero ed estensione) hanno parallelo giovinezza, una risorgente bellezza ...
decorso. Delle due manifestazioni, delle due cariche, può in una
data persona, l'una o l'altra sciaguratamente prevalere. O pos- TEOFILO
sono strapotere le due. Nei contadini di Balzac, o nella spietata « Dieci volte, tu stesso, saresti più felice di quello che sei -
durezza di père Grandet che nega la dote alla figliola, suol Quando dieci di te dieci volte raffigurassero te stesso. - Contro
1)
prevalere l'egoismo: un egoismo che è divenuto follia. La smo- di te che cosa potrebbe operare la morte, - Allora che tu
datezza dell'egoismo fàgico e appropriativo dà luogo, nella fe- lasciassi chi s'incarica di vivere per te nel futuro? » Opinioni
roce storia degli uomini, ai delitti di rapina. La smodatezza dello Shakespeare, che incuora Southampton a prender moglie.
dell'egotismo ovvero narcisismo dà luogo a delitti non ancora
titolati di un nome comune, e tuttavia riconoscibili e apparen- CRISOSTOMO
tabili nel comune movente. La loro graduatoria, la loro scala Così proprio. Perciò il padre concede al figlio, via via, e
ascendente, è a culminare nel climax o vertice dell'« uccidere e
l'orsacchiotto de pezza il cavalluccio a dondolo, il cappello da
perché non si ottengono sufficienti incensi ». È il delitto degli bersagliere, l'elmo d'oro del lanciere, il pallone, la bicicletta, la
dei, e de' loro imitatori i tiranni, notoriamente sitibondi d'asso- lambretta: gli compera l'anello per la fidanzata, gli paga la
luto, e però della lode assoluta: anche d'aver appiccato il fuoco stanza, col letto da matrimonio ove recuperare la fidanzata in
alla casa. È il delitto di quella particolare categoria di cretini veste, o per meglio dire in camicia rosa, di legittima consorte.
scelti che sono i moralisti: i quali dispongono, a vedere e a Così lascerà dietro di sé, proprio, « chi s'incarica di vivere per lui
governare ogni cosa, e a discettarne, della cecità de' tiranni e nel futuro ». Come contropartita esige però dal figlio « il dovuto
della vescica degli dei. rispetto », cioè un adeguato tributo di osservanza, cioè di ado-
razione e di incensi.
TEOFILO
Vi sono dei cantanti 1 quali piantano grane infinite a un TEOFILO
povero diavolo, perché il povero diavolo, poniamo sia un critico, Davvero?

244 245
CRISOSTOMO TEOFILO
Rifacciamoci al caso-limite di un cretino. Tutto risulterà Intorno al sole ...
chiaro e lampante. Esistono dei cretini a questo mondo? Pochi,
beninteso: ma, esistono? CRISOSTOMO
Intorno al sole. Nel rapporto padre-figlio noi ammiriamo una
TEOFILO volta di più, se ce ne fosse bisogno, la perfezione del creato,
Direi di sì...: due o tre ... esistono. osservando parallelamente decorrere e agire le due cariche del-
l'egoismo (figlio) e dell'egotismo (padre). Il padre riesce a otte-
CRISOSTOMO nere dal figlio il desiderato rispetto e le onoranze presagitegli
Oh, non di più. (non si sa per qual ragione), con l'approvigionarne l'intestino di
arachidi e ficherozzi. Per la festa della sua giovinezza.
TEOFILO 1953
Non di più, non di più.

CRISOSTOMO
Be'. Non •c'è nessuno à cui venga in mente di « onorare un
cretino ». E il cretino, per quanto cretino sia, finisce per mangiar
la foglia, che « nessuno lo onorerà ». Allora cosa fa? Prende
moglie. Con la qual trovata si inserisce ipso facto nell'elenco dei
normali, dei rispettabili, degli aventi-diritto.

TEOFILO
In realtà, se cretino era, cretino rimane anche dopo aver preso
moglie. ·

CRISOSTOMO
Priscilla, dopo nove mesi, gli regala un maschietto. Il narcisi-
smo del Nostro ha finalmente ottenuto in dono dagli dei un
povero piccolo secondo-cretino, ossia cretino-derivato, che lo
« onorerà» quanto egli brama e spera. Nessuno voleva saperne
di « onorare » il cretino-padre: adesso c'è il cretino-figlio che si
farà in quattro per vacare alla biblica bisogna.
Il padre ricatta il figlioletto, che gli è piovuto giù di caverna
altrettanto ghiotto e vorace, ossia puppace, quanto in generale i
figlioletti, estraendone incensi ed onoranze in cambio d'alcune
indigestioni di croccanti e di castagne secche di cui suol dare
periodica licenza all'intestino del piccolo: a festeggiare le grandi
tappe del di lui sviluppo (intestinale e morale) nonché le ricor-
renze principi della rivoluzione del pianeta.

246 247
NOTA BIBLIOGRAFICA

Degli scritti contenuti in questo volume, Come lavoro è stato pubbli-


cato nella rivista« Paragone », n. 2, febbraio 1950, Firenze; Meditazione
breve circa il dire e il fare, in « Letteratura », n. 1, 1937, Firenze; Psicanalisi
e letteratura, in « La Rassegna d'Italia », n. 4, aprile 1949, Milano;
Tecnica e poesia, in « Nuova Antologia », 1 giugno 1940, Roma; Le belle
lettere e i contributi espressivi delle tecniche, in « Solaria », maggio 1929,
Firenze; Lingua letteraria e lingua dell 'uso, in « La Ruota », marzo-aprile
1942, Roma; Fatto personale... o quasi, ne « Il Mondo», 25 aprile 1947,
Firenze; Intervista al microfono, nel volume Confessioni di scrittori, edizione
RAI, 1951; Il «Pasticciaccio», ne « L'Illustrazione Italiana», ottobre
1957, Milano; Il terrore del dàttilo, nella stessa rivista, numero di Natale
1953;Je meurs de seuf au près de lafontaine, in « Paragone », n. 22, ottobre
1951, Firenze; Rappresentare la« Celestina»?, ne« Il Mondo», 21 aprile
1945, Firenze; « Amleto » al teatro Valle, nel settimanale « Giovedì », 4
dicembre 1952, Roma; Arte del Belli, nella rivista« Poesia », n. 1, 1945,
Roma; I viaggi la morte, in « Solaria », aprile-maggio 1'927, Firenze; Una
mostra di Ensor, in « Letteratura - Arte contemporanea», anno I, n . 2,
marzo 1950, Firenze; Il mondo di ieri, ne « Il Mondo» , 7 luglio 1945,
Firenze; Anime e schemi, ne « Il Mondo », 15 dicembre 1945, Firenze;
«Agostino», ne « Il Mondo», 3 novembre 1945, Firenze; Ilfaut d'abord
étre coupable, in «Paragone», n. 6, giugno 1950, Firenze; Il premio di
poesia « L e Grazie», allocuzione tenuta a Firenze nel maggio 1948, in
occasione del conferimento, sul finire della cena; Un 'opinione sul neorea-
lismo, nel volume Il neorealismo, a cura di Carlo Bo, edizione RAI , 1950;
Emilio e Narcisso, pubblicato col titolo Meditazione prima: sulla rosta o ruota
del tacchz:no, in « Ca Balà », anno I, n. 1 (parte 1a) e n. 2 (parte 2a), 1950,
Firenze; e L'egoista, in« Botteghe Oscure», n. 14, 1954, Roma.
c.e.g.
BIBLIOGRAFIA DELLE OPERE DI GADDA

.•, / La madonna deifilosefi 1961; comprende scritti già ap-


(Ed. di « Solaria ,i, Firenze, parsi ne: « Le mèraviglie d'lta-
l931) lia »,«Gli anni»)
_,;,,,_.- Il castello di Udine Accoppiamenti giudiziosi
(Ed. di ·« Solaria », Firenze, (Garzanti, Milano, 1963; com-
1934) prende oltre a <i Novelle dal
/ Le meraviglie d'Italia ducato in fiamme » numerosi
(F.lli Parenti editore, Firenze, racconti inediti)
1939) _ La cognizione del dolore
Gli anni (Einaudi, Torino, 1963)
(F.llì Parenti editore, Firenze,_ / Luigi di Fra,ncia
1943) (Garzanti, Milano, 1964)
_ L'Adalgisa _ Giornale di guerra e prigionia
(Le Mcmnier, Firenze, 1944) (Einaudi, Torino, 1965; ed. ac-
- Il primo libro delle favole cresciuta di molte parti inedi-
(Neri Pozza, Venezia, 1952) te)
Novelle dal ducato in fiamme Il guerriero, l'amazzone, lo spirito della
(Vallecchi, Firenze, 1953) ./ poesia nel verso immortale del Fo-
- Giornale di guerra e prigionia scolo
(Sansoni, FiFenw, 1955) (Garzanti; Milano, 1967)
I sogni e la folgore - Eros e Priapo, da furore a cenere
(Einaudi, Torino, 1955; com- (Garzanti, Milano, 1967)
prende: « La Madonna dei fi- __..,,,r ;a cognizione del dolore
losofi »,«Il castello di Udine », (Einaudi, Torino, 1970; ed. ac-
« L'Adalgisa ») cresciuta di due capitoli ine-
- Quer pasticciaccio brutto de via .Meru- diti)
lana La Meccanica
(Garzanti, Milano, 1957) -~ (Garzanti, Milano, 1970)
.é''I viaggi la morte · .,...,.--N ovella seconda
(Garzanti, Milano, 1958) (Garzanti, Milano, 1971)
Verso la Certosa ../ Meditazione milanese
(Ricciardi, ' Milano - Napoli, (Einaudi, Torino, 1975)
INDICE

PARTE PRIMA
Come lavoro 9
Meditazione breve circa il dire e il fare 24
Psicanalisi e letteratura 35
Tecnica e poesia 53
Le belle lettere e i contributi espressivi delle tecniche 67
Lingua letteraria e lingua dell'uso 81
Fatto personale ... o quasi 87
Intervista al microfono 93
Il pasticciaccio 97

PARTE SECONDA
Il terrore del dàttilo 105
Je meurs de seuf au près de la fontaine 112
I'
Rappresentare la « Celestina »? 124
« Amleto » al teatro V alle 129
Arte del Belli 137
I viaggi la morte 149
Una mostra di Ensor 173
Il mondo di ieri 180
Anime e schemi 184
« Agostino » di Alberto Moravia 190
Il faut d'abord etre coupable 195
Il premio di poesia « Le Grazie » 205
Un'opinione sul neorealismo 211

PARTE TERZA
Emilio e Narcisso 215
L'egoista 234

Nota bibliografica 249


Bibliografia delle opere di Gadda 251
Finito di stampare
il 15 dicembre 1977
dalla Aldo Garzanti Editore s.p.a.
Milano

59940
1O16

I VIAGGI LA MORTE
Carlo Emllio Gadda
Garzanti - 1a Ed,

Carlo Emilio Gadda


I viaggi la morte
Garzanti - 1 edizione 1977

Ogni esemplare di quest'opera


che non rechi il contrassegno
della Società Italiana degli Autori ed Editori
deve ritenersi contraffatto

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