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Dal 22 marzo 2023 è diventato possibile per un gruppo, a norma del codice civile, creare anelli intermedi

della catena partecipativa a mezzo scissione: in tale data, infatti, è entrato in vigore il nuovo art. 2506.1 c.c.,
introdotto dall’art. 51 comma 3 lett. a) del DLgs. 2 marzo 2023 n. 19, a quindici giorni dalla pubblicazione di
quest’ultimo, ai sensi del successivo art. 56 comma 2, avvenuta sulla Gazzetta Ufficiale del 7 marzo.

La norma, appartenente a un più ampio pacchetto di misure con le quali l’Italia si adegua a quanto previsto
dalla direttiva Ue 2019/2121, modifica alcuni assunti per così dire “consolidati” nel comparto delle
operazioni straordinarie.

Per meglio comprendere questa affermazione, è utile rammentare come sino a oggi il decremento netto di
attivi subito da una società scissa abbia assunto un carattere strutturale, con i relativi soci titolati a decidere,
poi, di dare corso alla scissione secondo (anche o solo) i propri intenti: si pensi, al riguardo, alle operazioni
proporzionali, non proporzionali, asimmetriche, con beneficiaria neocostituita o già esistente, se del caso
rappresentata dal socio o dalla partecipata, e ancora agli scenari in cui si possa decidere di non attuare,
infine, alcun concambio.

Su un fronte diverso, invece, si è sempre mosso il conferimento, fattispecie adottata sulla scorta della
volontà di costituire o comunque dotare patrimonialmente una società “figlia” di quella dante causa e,
quindi, senza depauperamento alcuno di quest’ultima.

Per completezza, si rammenta come taluna prassi abbia comunque promosso dei tentativi per arrivare a
sovrapporre in certi casi gli scenari, sollevando però al riguardo opinioni discordi: la scissione dalla holding a
una sua partecipata totalitaria di beni quali, ipotizziamo, immobili o partecipazioni in società terze
all’operazione, non accompagnata da alcun concambio della seconda a favore dei soci della prima, è
l’esempio perfetto, tra, appunto, fautori del percorso e, innanzi al sostanziale inalterato valore della scissa,
suoi oppositori (tra essi, il Comitato dei Consigli notarili del Triveneto con massima L.D.10 del 2019,
propenso a vedere qui attuato un negozio traslativo).

In questo contesto, consolidato per certi versi e in evoluzione, forse, per altri, è arrivato l’art. 2506.1 c.c.,
rubricato “Scissione mediante scorporo”, che, nel dettaglio, consente, senza più dubbio alcuno, alle società
diverse da quelle che, versando in stato liquidatorio, abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo, di
assegnare con la scissione parte del loro patrimonio, anche non rappresentata da un ramo aziendale, a una
o più beneficiarie, purché di nuova costituzione, attribuendo a sé stesse, sull’evidente presupposto di
proseguire l’attività, le relative azioni o quote.

Appare, così, di tutta evidenza come la holding, che intendesse oggi creare una società cui attribuire delle
partecipazioni in ulteriori realtà, ben potrà a tale scopo attuare una scissione con oggetto le stesse, in luogo
del loro conferimento.

Se, in ottica procedurale, sui due piatti della bilancia andranno messi gli adempimenti connessi a un
percorso in luogo di un altro, in chiave di imposte sui redditi, invece, si dovranno considerare le diverse
discipline operanti a seconda, appunto, dell’operazione attuata: in particolare, a fronte dell’operatività, in
caso di conferimento delle partecipazioni, dell’art. 9 del TUIR, ove non possa trovare applicazione il criterio
di realizzo controllato previsto dai successivi artt. 175 e 177 commi 2 e 2-bis, anche una scissione mediante
scorporo come quella in ipotesi non potrà che godere, sempre e comunque, dei crismi della neutralità fissati
dall’art. 173 del TUIR, stante il chiaro testo di tale norma.

La data società, quindi, grazie al combinato disposto degli artt. 2506.1 c.c. e 173 del TUIR, potrà sempre
creare, senza aggravi reddituali, una società “figlia” titolare, a sua volta, di quote in società di persone,
quale che ne sia l’entità, oppure di azioni o quote in società capitali di ammontare neppure “qualificato” o,
ancora – ed è forse questo il risvolto di maggiore interesse –, di partecipazioni prive per il dante causa di
uno o più dei requisiti “pex”, diversi da quello di cui all’art. 87 comma 1 lett. a) del TUIR. In tale contesto,
peraltro, la semplice scelta di ricorrere alla scissione mediante scorporo delle partecipazioni in luogo del
loro conferimento alla costituenda società beneficiaria, nella prospettiva di conseguire un risparmio fiscale
per i limiti posti dalla legge e dalla prassi ai meccanismi di realizzo controllato, dovrà essere immune a
censure in chiave abusiva, alla luce della libertà decisionale riconosciuta al contribuente dall’art. 10-bis
comma 4 della L. 212/2000.

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