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IL PARADIGMA PEDAGOGICO IGNAZIANO E LAZIONE NEL SOCIALE Fernando F. Franco SJ


INTRODUZIONE Desidero innanzi tutto esprimere un sentito grazie per essere stato invitato ad essere con voi durante lAssemblea nazionale dei Soci del Jesuit Social Network (JSN). con grande piacere che ricordo altre occasioni in cui ho condiviso con voi le mie preoccupazioni e le mie speranze. Ero con voi allinizio della straordinaria avventura che il Jesuit Social Network (JSN) ha vissuto negli scorsi anni. Desidero dunque ringraziare di cuore tutti coloro che, direttamente e indirettamente, hanno contribuito a fare del JSN ci che oggi . Permettetemi di iniziare, chiarificando alcuni concetti. (i) Nel linguaggio comune un paradigma un modello di riferimento, un termine di paragone. La parola deriva dal greco antico pardeigma, che significa esempio. Non questo il senso con cui voglio utilizzare questa parola. Nella filosofia della scienza un paradigma la matrice disciplinare di una comunit scientifica. In questa matrice si cristallizza una visione globale (e globalmente condivisa) del mondo. In questa presentazione utilizzo dunque il termine paradigma in riferimento alla matrice delle idee e dei valori di una comunit che condivide le caratteristiche e la visione di Ignazio di Loyola. Il paradigma ignaziano rappresenta un modo di vedere la realt e dimpegnarsi nella sua trasformazione. Questo paradigma inteso anche come metodo pedagogico. Etimologicamente il termine pedagogia deriva da una parola greca che significa guidare, condurre, accompagnare nel processo educativo. Dobbiamo ricordare che educare significa "tirare fuori" ci che dentro la persona; valorizzare quanto di meglio vi sia, potenzialmente, in un individuo. Presentiamo il paradigma ignaziano come un elenco dei principi pratici che guidano il nostro impegno nel sociale.

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Permettete che evidenzi gli obiettivi di questo intervento. (i) A partire dagli Esercizi Spirituali, da varie Congregazioni Generali e dallesperienza di molti gesuiti 1 , ho cercato di descrivere il paradigma ignaziano come una serie di 7 caratteristiche. Sebbene diverse tra di loro,

Mi sono ispirato soprattutto a Dario Moll SJ, La spiritualit nellazione sociale, Promotio Iustitiae, 94, 2007/1.

2 condividono un filo comune e una visione globale. Colte nella loro globalit, forniscono una matrice di significato, un paradigma ignaziano. (ii) Ho tentato di mostrare il modo in cui queste caratteristiche del paradigma ignaziano guidano il nostro impegno sociale, cio, in qual modo diventino una pedagogia ignaziana per lazione sociale..

1. IL MOVIMENTO DALLESSERE AUTOCENTRATI ALLOFFERTA DI S. Desidero iniziare riportando la prima esperienza spirituale di Ignazio cos come descritta dalla CG35. SantIgnazio, convalescente a Loyola, si inoltr in un profondo viaggio interiore. Pian piano si rese conto che le cose per cui provava diletto non avevano valore duraturoFu a Manresa che il Signore, che lo istruiva come un scolaro, lo prepar delicatamente a ricevere lintuizione che il mondo poteva essere visto in modo diverso: un modo liberato dagli affetti disordinati Questa esperienza fa parte del percorso di ciascun gesuita (d. 2, no. 4). Quali sono gli elementi di questo nuovo modo di guardare se stessi e il mondo? Il processo interiore a cui ci riferiamo conosciuto anche da altre tradizioni religiose come il buddismo o linduismo. Durante questo pellegrinaggio interiore, Ignazio (e altri) hanno imparato a sfidare il loro io egoista, quel misterioso centro delluomo che ci porta costantemente a desiderare il potere, lo status sociale e la ricchezza. Ci spinge sempre ad affermare noi stessi a spese degli altri. Ignazio non smette mai di contrapporre latteggiamento dellofferta di s per il servizio, e latteggiamento pervasivo e spesso nascosto dellauto-centramento. Il paradigma ignaziano caratterizzato da questo appello a passare dallessere centrati su se stessi, dal dare spazio solo al nostro io egoista, allofferta di noi stessi per gli altri. Questo appello ad iniziare un pellegrinaggio interiore riservato solo a pochi ed eletti asceti? Ha una qualche rilevanza per lazione sociale? Cerchiamo di essere onesti e di guardarci attorno. Tutti conosciamo diversi leader politici che hanno parlato di rivoluzione per procurare dei benefici ai poveri e hanno finito col diventare dei despoti. Siamo ben consapevoli che ego gonfiati e programmi personali pi o meno nascosti sono le reali ragioni del fallimento di molti gruppi, anche di ONG impegnate nellazione sociale. Sappiamo che lefficienza delle nostre organizzazioni pesantemente ridotta da lotte e vendette personali. Si tratta di tendenze umane che valgono per tutti: gesuiti e non gesuiti. Tendiamo a giustificare queste lotte egoistiche rivendicando il fatto che si stanno difendendo ideologie diverse. Amiamo dire che preferiamo proseguire su vie separate a causa delle nostre differenze ideologiche e di modi di pensare che non riescono ad andare daccordo.

3 La verit che i nostri ego non vanno daccordo, si scontrano e non stiamo pi cercando la verit, ma noi stessi. 2. ESSERE
CONTEMPLATIVI/E NELLAZIONE

Per sintetizzare lobiettivo ultimo della spiritualit ignaziana e del paradigma pedagogico ignaziano si utilizzata la formula essere contemplativi nellazione. La prima accezione dellespressione contemplare fa riferimento ad un modo di pregare. Ritengo molto importante sottolineare che lintuizione ignaziana risiede proprio nel porre laggettivo contemplativo e la dinamica del contemplare non solo nella preghiera, ma anche nellazione, nellattivit, nel lavoro. Essere contemplativi/e nel modo di agire un elemento essenziale del paradigma pedagogico ignaziano. Qual il senso pratico di essere contemplativo nellagire? (1) Prima di tutto, lavorare in modo contemplativo porre laltro al centro della mia attenzione, del mio interesse, della mia azione. Entrare in una relazione dove laltro importante, richiede che io mi ponga di fronte alla sua vita, che non occupi la scena, tanto meno il centro di essa, ma che mi ponga nel luogo e nel modo adeguato affinch laltra persona sia effettivamente protagonista. Contemplare , in secondo luogo, un esercizio dattenzione, e dattenzione ai dettagli. Simone Weil diceva che lattenzione assolutamente pura e incontaminata preghiera. Sembra che tale attenzione escluda la distanza e la fretta: da lontano e frettolosamente, i dettagli si notano con difficolt. Finalmente essere contemplativo lasciarsi impressionare da ci che si contempla. Se non sono stato colpito dallesterno, ci che faccio solamente un proiettare quello che ho dentro di me. Ma i colpi fanno male e stordiscono; e inoltre si incassano con difficolt, quando chi ci colpisce pi piccolo o pi debole di noi.
PORTA LA CROCE

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3. SEGUIRE CRISTO CHE

La piccola cappella de La Storta, situata alla periferia di Roma, testimonia una delle pi profonde esperienze spirituali che hanno segnato la vita di Ignazio. La Congregazione Generale Trentacinquesima cos descrive lesperienza di Ignazio: Ignazio ebbe lesperienza pi significativa in vista della fondazione della Compagnia nella piccola cappella della Storta, lungo la strada per Roma. Durante questo momento di grazia mistica egli vide chiaramente che Dio Padre lo metteva con Cristo suo Figlio, secondo quanto lo stesso Ignazio aveva insistentemente chiesto a Maria.

4 Alla Storta il Padre lo pone con il Figlio che portava la Croce, e Ges lo accett dicendo: Voglio che tu ci serva (d. 2, no. 11). Lesperienza intende confermare il desiderio di Ignazio di stabilire un legame speciale tra il Vicario di Cristo e la Compagnia di Ges. C anche un altro significato cruciale di questa esperienza, che la CG 35 cos spiega: Seguire Cristo che porta la Croce significa aprirci con Lui a ogni genere di sete che affligge lumanit oggi. (d. 2, no. 12). Dobbiamo riflettere sulle implicazioni che questa esperienza ha per la nostra pedagogia ignaziana. Permettete che vi proponga alcune brevi considerazioni. (1) Ges appare ad Ignazio carico della Croce. Quante volte mi sono chiesto perch Ges non gli sia apparso come un bellissimo neonato nella mangiatoia, o come un operatore di prodigi, che sfama folle intere sul dolce pendio di un monte. Il carisma gesuitico sarebbe certamente stato pi facile da accettare! Avremmo dovuto affrontare meno difficolt e persecuzioni! Siamo onesti: il fatto che Ignazio veda Cristo carico della croce complica notevolmente la nostra vita, perch connette Cristo direttamente con lumanit sofferente, e pi concretamente con coloro che oggi portano ingiustamente una croce. Questanno celebriamo il Ventesimo anniversario dei martiri del Salvador, tra i quali padre Ellacuria. Egli insisteva spesso sul fatto che, come discepoli di Cristo, dobbiamo portare le croci di coloro che oggi vengono crocefissi senza averne alcuna colpa. Seguire Cristo carico della croce, spiegava ripetutamente dal pulpito e dalla cattedra universitaria, significa impegnarci a farci carico dei pesi dei poveri e degli esclusi di questo mondo. La pedagogia ignaziana colloca il povero e il sofferente al centro della nostra vita. Le parole del Papa sono chiare: Come ho avuto modo di ribadire ai Vescovi latinoamericani riuniti al Santuario di Aparecida, lopzione preferenziale per i poveri implicita nella fede cristologica in quel Dio che per noi si fatto povero. Per noi la scelta dei poveri non ideologica, ma nasce dal Vangelo (Discorso del santo Padre, 8) (4) Lopzione preferenziale per i poveri ha bisogno di essere compresa, come sottolinea il Papa, entro un contesto cristologico. Iniziamo dagli Esercizi Spirituali. Ignazio chiede allesercitante di entrare in una relazione personale con Ges: vedere, toccare e sentire la figura di Ges Cristo. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che oggi sembra che alcuni si spaventino a parlare di Ges, della sua croce e della sua morte. Cos facendo, evitiamo di parlare del povero, dellescluso e dellemarginato. Sembra che preferiamo parlare di un

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5 Cristo senza volto umano.2 Predicare un Dio che non ha il volto di Ges ci libera dalla responsabilit di portare le croci dei poveri di oggi e, casomai, ci porta a collocare i poveri ai margini, come fossero qualcosa di sacrificabile. Come Ges che fu crocefisso fuori della citt, ai margini. 4. ESSERE UN CORPO APOSTOLICO Ci fu un momento, nella vita dei primi compagni, in cui si riunirono per discutere e decidere se rimanere insieme come gruppo di amici e compagni nel Signore, o se accettare uno di loro come Superiore. Le deliberazioni si protrassero a lungo e finalmente decisero di vivere sotto lautorit di uno di loro. Fu in quel momento e nelle riflessioni successive che il gruppo di compagni divenne un corpo apostolico. Con le parole della CG 35: Siamo stati scelti per vivere come suoi compagni in un unico corpoil nostro corpo di essere sempre disponibili per il bene pi universale. (CG 35, d 2, no 16). Il paradigma ignaziano sottolinea limportanza di lavorare insieme, di essere uno per il bene universale. Questo aspetto non stato sempre accettato dai gesuiti. Al contrario, nella storia della Compagnia, e in particolare nellapostolato sociale, questo elemento stato sia arricchito, sia indebolito dalla vita di cos tanti pionieri dellapostolato che hanno aperto nuove opere, si sono avventurati in nuovi ambiti di azione, hanno fatto sviluppare la Chiesa e, ciononostante, hanno lasciato pochi discepoli e seguaci. Nelle mie visite in diverse parti del mondo ho incontrato questi uomini straordinari, direttori di enormi progetti educativi, di grandiosi programmi di sviluppo; fondatori di ospedali, e persino direttori di cooperative di pesca di successo, in Brasile. Come imprenditori apostolici hanno lavorato da soli, ma erano incapaci di lavorare sottoposti a gesuiti pi giovani di loro. In molti casi il corpo della Compagnia non stato in grado di portare avanti il loro lavoro, dopo la loro morte. Erano ammirati per il loro coraggio, ma pochi potevano collaborare con loro. Oggi pi che mai comprendiamo limportanza della creativit, ma siamo chiamati a diventare parte di un corpo, a lavorare con gli altri, specialmente con i laici. Il paradigma ignaziano sottolinea le sinergie, la collaborazione e lintegrazione. Il corpo pu sempre essere pi efficiente come un tutto, pi che non come una sola mano o una sola gamba! 5. GRATUIT La gratuit la disposizione a dare gratuitamente ci che gratuitamente si ricevuto.
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Jos I. Gonzlez Fauss SJ, Miedo a Jess, Cuadernos 163, Cristianismo i Justicia, setiembre 2009, p. 26

6 Nella Contemplazione per raggiungere lamore, SantIgnazio scrive: Il quarto [punto] consiste nel vedere come tutti i beni e doni discendano dallalto, cio la mia limitata potenza dallalto, da quella somma e infinita; e lo stesso la giustizia, la bont, la piet la misericordia ecc., proprio come i raggi dal sole , le acque dalla fonte, ecc. (237). Desidero subito chiarire che per gratuit non intendo riferirmi a lavoro pagato o non pagato, professionale o volontario. Le mie riflessioni sulla gratuit si applicano a tutte queste categorie di persone. Si pu fare un sacco di volontariato senza comprendere il significato profondo della gratuit. In quale senso dunque parliamo di gratuit nel contesto del sociale? (1) In una prima accezione, gratuit significa non percepire nulla dalla persona che aiutiamo, a fronte del nostro aiuto. Si tratta di non percepire qualcosa, n quando le cose vanno bene (sotto forma di dipendenza, fedelt, adesioni, silenzi), n quando le cose vanno male (sotto forma di rimproveri, sottovalutazioni, rancori o risentimenti). Gratuit quando la nostra azione non condizionata dalla risposta che riceviamo, bens dalla necessit che riconosciamo. La gratuit consiste anche nel non cercare n ottenere benefici dalla nostra azione sociale, sotto forma di prestigio, di immagine, di meriti che ci attribuiamo. Non trattare mai le persone come mia propriet: i miei poveri, la mia gente, il mio gruppo. Gratuit significa anche, oltre che trattare laltro con la massima dignit possibile, fare uno sforzo per rilevare tutto ci che di buono e positivo hanno le persone. Gratuit sottolineare le possibilit, aprire orizzonti e favorire le persone, per indigenti che siano. Gratuit significa rafforzare la loro progressiva autonomia; gratuit dare protagonismo effettivo e ridurre al massimo le dipendenze. La gratuit legata alla libert: la libert che noi stessi abbiamo, e la libert che siamo capaci di generare in chi si avvicina a noi.

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6. DISPONIBILI A SCEGLIERE Viviamo tempi difficili, complessi e pieni di possibilit. I tempi in cui era facile distinguere tra bene e male, tra bianco e nero, sembrano essere definitivamente tramontati. Viviamo in citt multireligiose e multiculturali. La musica e larte preferiscono librido al puro. I giovani non vogliono fare scelte, ma preferiscono lasciarsi trascinare qua e l dalla corrente. Chiediamo una soddisfazione immediata di ci che vogliamo, perch ci spetta di diritto.

7 Viviamo in tempi conflittuali. Con la caduta del muro di Berlino sono cadute anche molte barriere e simboli culturali. Le famiglie e i legami sociali sono frammentati. La polarizzazione nelle nostre societ assai cresciuta, tendiamo ad enfatizzare pi ci che divide che ci che unisce. Alcuni giovani sono pi interessati a cercare unidentit, un gruppo cui appartenere, piuttosto che impegnarsi e coinvolgersi in una missione. Nella sua udienza alla CG 35 Benedetto XVI ha detto: Come voi ben sapete per aver compiuto molte volte sotto la guida di SantIgnazio negli Esercizi Spirituali la meditazione delle Due Bandiere, il nostro mondo teatro di una battaglia tra il bene e il male, e vi sono allopera potenti forze negative, che causano quelle drammatiche situazioni dasservimento spirituale e materiale dei nostri contemporanei contro cui avete pi volte dichiarato di voler combattere, impegnandovi per il servizio della fede e la promozione della giustizia. Tali forze si manifestano oggi in molti modi, ma con particolare evidenza attraverso tendenze culturale che spesso diventano dominanti, come il soggettivismo, il relativismo, ledonismo, il materialismo pratico. (Discorso del Santo Padre, 6) Vorrei richiamare come la meditazione delle Due Bandiere negli Esercizi Spirituali introduce il tempo dellelezione, cio il tempo in cui la persona che sta facendo gli Esercizi Spirituali chiamata a fare una scelta nella sua vita, e farla cercando la volont di Dio e il bene dellaltro. Permettete che esprima francamente questo punto: viste le difficolt e la complessit dei tempi in cui viviamo, e la disinvoltura con cui perseguiamo i nostri propri interessi, dobbiamo prestare particolare attenzione allinsistenza di Ignazio nel fare delle scelte e nel trovare una procedura che porti a scelte corrette. Cerco di spiegare brevemente la connessione tra questa caratteristica del paradigma ignaziano e lazione sociale. (1) Nellazione sociale, come nella vita stessa, concretizzare, rendere quotidiane le opzioni di fondo richiede che si facciano alcune scelte grandi e molte piccole scelte; ed in queste scelte quotidiane che si gioca la verit, la coerenza e lefficacia delle nostre opzioni di fondo. Nellazione sociale abbiamo bisogno di una pedagogia (ignaziana) che ci renda disponibili a scegliere. La persona disponibile a scegliere quando cosciente che deve farlo ed disposta a farlo, e quando non si blocca di fronte al fatto di prendere decisioni, o quando non aspetta che gli si dia tutto belle fatto;

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8 quando possiede la capacit affettiva ed effettiva per scegliere, cio una persona interiormente libera; quando disposta a scegliere senza pre-condizioni e con la disponibilit a lasciare ci che le sembra si debba lasciare, per quanto utile sia stato in alcuni momenti; e finalmente quando preparata a rischiare, scommettere, affrontare, entrare in conflitto, mettere in discussione ci che stabilito, uscire da ci che abituale o da ci che socialmente corretto. Ci di solito produce disagi e anche paura; la paura pu annullare la libert e impedirci di prendere decisioni.

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La metodologia ignaziana degli Esercizi offre diversi materiali di aiuto al discernimento. Permettetemi di indicare alcuni suggerimenti pratici: La pratica degli esami, cio avere momenti di pausa, di riflessione per imparare a leggere, interpretare e gestire tutta lesperienza complessa del mondo esterno, e la nostra risposta. La pratica dello studio serio della realt, che deve essere accompagnata da momenti seri di pianificazione: valutando il passato, immaginando alternative e finalmente muovendoci verso una scelta partecipata e condivisa da tutti.

7. CON ANIMO FORTE Desidero concludere questa lista di caratteristiche della pedagogia ignaziana con quella che sintetizza maggiormente lo straordinario spirito di Ignazio, Francesco Saverio, Jos de Anchieta, Matteo Ricci e molti altri che hanno attraversato barriere fisiche e culturali con un coraggio straordinario e un animo forte; vite piene di fortezza, coraggio e generosit. Hanno seguito il famoso principio ignaziano del magis, il tentativo di dare sempre di pi e il meglio di ci che avevano. Gli Esercizi Spirituali spesso ci ricordano che siamo chiamati a dare di pi. Nella contemplazione su La Chiamata del re temporale che apre la seconda settimana, Ignazio usa insistentemente la parola di pi e domanda all esercitante una gran generosit: quanto sar pi degno di essere preso in considerazione (95) chiedendo la grazia, secondo quello che sentir in me, di seguire e imitare di pi (109). quelli che vorranno dedicarsi e distinguersi in ogni servizio (97) Oggi desidero interpretare il principio ignaziano del magis come il bisogno di impegnarsi nellazione sociale con una forza interiore, un animo forte, che nascono dalla nostra fiducia in Dio e sgorgano dalla nostra generosit a rispondergli.

9 Permettete che descriva alcuni tratti di questanimo forte, che possono ispirare la nostra azione sociale. (1) Il principio dellanimo forte radicato nella teologia cattolica dello Spirito Santo come forza che muove e inspira il gruppo dei primi discepoli. La forza dello Spirito si vive in unione: la stessa unione, lo spirito di squadra, che fa effettivamente la forza. La forza pazienza: pazienza che molto pi che sopportare passivamente o sperare che passi lacquazzone. Pazienza con le persone che vogliamo aiutare, pazienza con i processi di trasformazione e i loro ritmi, pazienza anche con noi stessi come accompagnatori e promotori di tali processi. La forza anche il desiderio (dico bene, il desiderio) e la capacit di condividere, o meglio, di portare insieme tutta una serie di sofferenze della pi diversa natura (fisiche, economiche, sociali, morali...) che affrontano le persone che vogliamo aiutare. Restare, perseverare, non abbandonare, sono verbi da coniugare nellambito della forza. E, ancora una volta, la ragione di questo restare e la sua forza autentica, non dimostrare qualcosa a noi stessi, n vantarci di fronte agli altri, bens restare e perseverare perch prendiamo sul serio il loro dolore, lingiustizia che soffrono, la loro dignit; tutto ci che ci pesa pi della nostra voglia di lasciar perdere o della nostra stanchezza o del nostro desiderio di cambiare aria. Questo animo forte, questa fortezza, non si ottiene stringendo i pugni, facendo sforzi volontaristici, compiendo un esercizio supplementare rispetto al nostro lavoro quotidiano. No: questa forza spirituale anche un dono, parte del dono che ci viene dato con la nostra chiamata e la nostra vocazione.

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CONCLUSIONE Desidero concludere questa riflessione con le parole che Benedetto XVI ha utilizzato a conclusione della sua allocuzione ai padri della CG 35. Esprimono bene la quintessenza del paradigma ignaziano: Mi unisco a voi nella preghiera insegnataci da SantIgnazio al termine degli Esercizi preghiera che sempre mi appare troppo grande, al punto che quasi non oso dirla e che, tuttavia, dovremo sempre di novo riproporci: Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libert, la mia memoria, la mia intelligenza, e tutta la mia volont,tutto ci che ho e possiedo; tu me lo hai dato,a te, Signore, lo ridono;tutto tuo, di tutto disponi secondo ogni tua volont; dammi il tuo amore e la tua grazia; questo mi basta. (234).

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