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Pagliarulo Giada, Petrachi Giorgia, Landi Rebecca, Paduraru Chiara e Sacchitiello Denise

Raccontare la verità è sempre la cosa più giusta da fare?

La libertà rappresenta un tassello centrale per la società in cui si vive. Secondo la definizione
che viene fornita dalla Treccani, con libertà si intende «la facoltà di pensare, operare,
scegliere e rappresenta lo stato di autonomia sentito come diritto, e come tale garantito da
una precisa volontà e coscienza di ordine morale, sociale e politico».
La libertà, in particolare la libertà di stampa è strettamente legata al tema del racconto della
verità, pertanto in molte situazioni, in seguito ad eventi straordinari ci si trova di fronte ad
una scelta: raccontare o meno la verità di quanto accaduto.
Questo dovrebbe essere il punto di partenza per la costruzione di un trasparente rapporto tra
Stato e popolazione, cosa che nella maggior parte dei casi non accade, specialmente se si fa
riferimento ai numeri paesi nel mondo in cui è presente una dittatura o un regime, proprio
come nel caso della Thailandia, un esempio di dittatura militare.
Dopo aver visto il film "Tredici vite" e aver letto e analizzato i diversi articoli proposti, risulta
evidente come per ognuno di questi si utilizzino prospettive diverse, raccontando la vicenda
“a favore” dello Stato Thailandese o dei sommozzatori britannici, o facendo emergere o meno
determinati aspetti, incidendo sull’affidabilità del racconto.
Come bilanciare l'opinione pubblica e la diffusione di notizie sui media a livello globale non
è un'impresa facile ma ciò non deve portare alla divulgazione di false notizie, ma solo in certi
casi è consentito omettere alcuni elementi con lo scopo di tutelare lo Stato da scandali o
disordini sociali.
Un esempio ci viene fornito dal quotidiano “La Repubblica” con un articolo datato il 18
Luglio 2018, in riferimento ad una conferenza stampa organizzata dallo stesso Narongsak
Osatanakorn con l’obiettivo di colmare qualsiasi dubbio e permettere così il ritorno per i
ragazzi alla loro vita quotidiana. Traspare però come tutte le domande inerenti a «certi
passaggi dell’operazione di salvataggio con i sub durante la quale erano in gran parte sotto
effetto di forti sedativi » o a «i dettagli sullo status di senza patria di tre ragazzi più lo stesso
allenatore » siano state vietate. In questo caso è stata una scelta consapevole e volta non solo
alla tutela psicologica dei ragazzi , ma anche di tutti coloro che hanno partecipato al
salvataggio, accettando di andare incontro ad importanti conseguenze anche legali in caso di
fallimento.
D’altra parte, come accade la maggior parte delle volte, si tende ad approfittarne: l’aiuto delle
centinaia di volontari tra cuochi,ingegneri, idraulici e altri cittadini locali e non solo, è stato
fondamentale, unendo tutti le proprie forze per sfamare i sommozzatori o drenare l’acqua
costruendo canali in bambù; primi tra tutti gli agricoltori della zona circostante che sono stati
disposti a perdere l’intero raccolto pur di dare una possibilità in più ai ragazzi. Ciò nonostante
vengono citati una sola volta, non ottenendo il merito necessario.
Nonostante la verità sia fondamentale, esistono alcune eccezioni in cui raccontare una “falsa
verità” diventa lecito, pertanto è necessario trovare un giusto equilibrio tra finzione e realtà.
Pagliarulo Giada, Petrachi Giorgia, Landi Rebecca, Paduraru Chiara e Sacchitiello Denise

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