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Liebe Lisaweta dort unten in Arkadien, wohin ich bald zurückkehren werde.

Tonio scrive a Lisaweta la quale si trova in Arcadia, che è per tradizione letteraria la
terra della poesia. Dunque lui scrive da una posizione che attualmente è al di fuori della
poesia, e si rivolge a qualcuno che invece è perfettamente collocato in quella
dimensione. Il fatto che Tonio scriva da una posizione situata al di fuori rispetto al
regno della poesia è rilevante per due ragioni:
1. perché ogni riflessione su un qualunque stato o condizione deve
necessariamente essere svolta da una prospettiva esterna. Non si può giudicare una
società se non ci si pone almeno momentaneamente fuori o al di sopra di quella società,
non si può giudicare uno stato d’animo se non ci si pone almeno momentaneamente
fuori o al di sopra di quello stato d’animo. È la prospettiva che Nietzsche definisce
della “inattualità”, condizione imprescindibile per ogni vero giudizio storico, e che
come vedremo è fatta propria anche da Mann/Tonio come fondamento del suo essere
“a metà fra due modi e non residente in nessuno dei due”.
2. perché riflette ovviamente la posizione generale di Tonio che non è
esclusivamente artista, ma si situa, appunto, in una posizione di mezzo tra arte e
borghesia. Tale discorso fatto qui come premessa è importante perché in questa parte
finale della novella Tonio (cioè Mann) analizza in modo definitivo la sua condizione
“di mezzo” e ne trae le sue conclusioni per quanto riguarda l’affermazione della propria
poetica. Le conclusioni sono, per anticipare, che la condizione a metà di Tonio/Mann
permette alla sua parte di artista di “contaminarsi”, “sporcarsi” con l’umanità, ma
proprio questa è la condizione fondamentale per essere un artista nel solo senso che
Mann concepisce come valido.

Hier ist nun also so etwas wie ein Brief, aber er wird Sie wohl enttäuschen, denn ich
denke, ihn ein wenig allgemein zu halten. Nicht, dass ich so gar nichts zu erzählen […]
Ich habe jetzt manchmal Tage, an denen ich es vorziehe, auf gute Art etwas Allgemeines
zu sagen, anstatt Geschichten zu erzählen.

Tonio afferma che non ha intenzione di raccontare quello che gli è successo, intende
invece “stare sul generale”, ossia scrivere una lettera non di fatti, non di accadimenti,
ma di riflessioni. È un anticipazione di quello che accadrà alla narrativa di Thomas
Mann a partire da “La montagna incantata”, e più generalmente della sua tendenza a
mescolare la saggistica alla narrativa in senso stretto.

ich frage mich, ob Sie wohl wussten, wie sehr Sie damit die Wahrheit trafen, wie sehr
mein Bürgertum und meine Liebe zum »Leben« eins und dasselbe sind.

Adesso la lettera entra nel vivo della questione. Lisaweta definì Tonio un borghese
smarrito in un momento in cui questi le confessò il suo amore per la vita. E il punto,
scrive adesso Tonio, è esattamente questo. Lui ama la vita in quanto è un borghese, ed
è un borghese in quanto ama la vita. Ergo, borghesia e amore per la vita sono per
Tonio/Mann la stessa cosa.
Per comprendere questo concetto, bisogna andare alla parte del testo in cui Tonio/Mann
descrive l’altra parte, cioè coloro che stanno integralmente dalla parte dell’arte:

Ich bewundere die Stolzen und Kalten, die auf den Pfaden der großen, der dämonischen
Schönheit abenteuern und den »Menschen« verachten, – aber ich beneide sie nicht.

Gli artisti sono orgogliosi e freddi e disprezzano l’uomo, perché considerano la società
stupida e volgare e intendono consapevolmente isolarsi da quella società, vivere nella
loro torre d’avorio e coltivare quella bellezza che secondo loro nella società borghese
non ha luogo. Ma questa bellezza è “demoniaca”, perché idolatrare la bellezza come
ideale unico porta a disconoscere tutti gli altri valori, in particolare quelli dell’etica:
inseguire il bello a qualsiasi costo porta cioè, come insegnano gli esteti decadenti alla
Dorian Gray, a sacrificare ciò che è giusto. L’estetica prende il posto dell’etica.
Tonio/Mann non può essere un artista di questo genere, glielo impedisce il suo amore
per l’umanità e per la vita. Al tempo stesso, in quanto artista, vede i limiti della
borghesia, consistenti nel non possedere una vera sensibilità non soltanto per il bello,
ma neanche per il bene, dal momento che il borghese è corretto “per puritanesimo”,
cioè non ha la profondità d’animo necessaria a chiedersi cosa è davvero giusto, e non
può fare altro che obbedire a dei precetti tramandati appunto in quanto precetti, di cui
non gli interessa comprendere il senso o l’adeguatezza alle condizioni del mondo e
della società. Neanche dalla parte della borghesia, dunque, sta la vera morale.

Tonio/Mann afferma quindi appunto il valore della sua condizione di mezzo. Il


Künstlertum, il modo di essere artista, che Tonio/Mann professa è quello che ha alla
base l’amore per gli uomini: è questa Bürgerliebe a trasformare un semplice Literat in
un Dichter, un autentico poeta, e a dargli la capacità di parlare con la voce degli uomini
ma anche degli angeli (che per tradizione annunciano una verità di ordine superiore:
dal greco ἄγγελος, messaggero). Senza questo amore, la voce del letterato è solo come
metallo sonante o come una campanella tintinnante: puro suono, pura forma, ma senza
una sostanza morale.

Tonio Mann afferma il valore della condizione “di mezzo” perché l’amore che ha per
la borghesia non deriva semplicemente dal fatto di essere borghese (non
potrebbe, innanzitutto perché a lui in quanto semplice borghese mancherebbe la
sensibilità artistica di cui si diceva, e poi perché far parte di qualcosa impedisce la
prospettiva: si può amare qualcosa o qualcuno solo essendo altro da quel qualcosa o
qualcuno), ma dal fatto di essere tutte e due le cose. I borghesi hanno un senso del
bene che è mero puritanesimo, gli artisti sono egoisti e disprezzano l’uomo comune,
solo l’unione tra le due cose, l’essere a metà strada permette l’umanesimo, cioè
l’amore per l’umanità. Perché tale punto di mezzo permette l’unione di spirito e
vicinanza agli uomini.

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