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Marco Tonolli 5BLF 06/04/2022

Commento del film Hotel Rwanda

Il film Hotel Rwanda ha messo alla luce delle tematiche molto difficili. Durante la visione è stato quasi
disturbane assistere ad alcune scene. È pur sempre vero che si tratta di finzione nella quale recitazione ed
effetti speciali creano nel loro risultato finale una storia cruda e drammatica, ma bastano solo le parole
“tratto da una storia vera” per far rabbrividire chiunque. Il film in questione tratta la storia di Paul
Rusesabagina, gestore dell'Hotel des Mille Collines in Rwanda, il quale aiuta a dare un rifugio sicuro a diversi
perseguitati durante la campagna di pulizia etnica da parte delle forze militari Hulu sulla minoranza Tutsi. La
pellicola mette in evidenza l’esperienza di una guerra civile e di come viene affrontata dalle vittime. Nel
clima di costante terrore, la diplomazia ormai non serve più a nulla e a Paul insieme alla sua famiglia e il
resto dei rifugiati, cerca solo di sopravvivere fino a quando aiuti esterni non verranno in soccorso.

Un ruolo fondamentale all’interno della storia narrata lo assume l’ONU (Organizzazione delle Nazioni
Unite). Nel momento del massimo bisogno si decide di ridurre il numero di uomini dispiegati in Rwanda,
mentre le richieste di Paul non ricevono risposta dai vertici militari europei. Solo il Colonnello dell’Onu,
Peter Oliver, fa quanto possibile con il suo ridotto numero di forze. I paesi europei si impegnano a fare
evacuare sani e salvi solo i propri concittadini, non vi è interesse per le sorti del popolo tutsi. Viene
percepito strano, agli occhi di chi guarda la vicenda, il caso di un’organizzazione come l’ONU, dai caratteri e
scopi di pace e fratellanza fra gli stati, che non vuole dare voce a quegli ideali e preferisce somigliare ad una
qualsiasi potenza politica. Nella nostra prospettiva egocentrica conosciamo veramente poco di quello che
accade lontano da noi e spesso ce ne interessiamo ancora meno. L’Africa è un continente dalle
contraddizioni estreme, capace da una parte di produrre ottimi esempi di civiltà e, dall’altra, di esprimere
la violenza estrema.

Un esempio del disinteresse verso popoli con i quali non abbiamo a che fare, si può trovare nella recente
vicenda in Ucraina. L'assalto allo Stato da parte della Russia si può identificare come un atto di violenza, un
crimine contro l'umanità, prendendo in considerazione anche le ultime notizie arrivate dalla città di Bucha,
dove violenze del genere (in Europa) non si vedevano fin dalla Seconda Guerra Mondiale. Uomini picchiati
abbattuti per le strade mentre cercavano riparo dai colpi; donne spogliate, molestate, e stuprate perché
non volevano obbedire agli ordini dell’invasore; stanze di tortura allestite a dovere. È sbagliato, sotto ogni
punto di vista, attaccare un popolo nel profondo.

L'arma della guerra non è il giusto mezzo per perseguire la pace dato che la violenza può portare solo altra
violenza. Legittimare la guerra significa rimanere bloccati nel crudele passato dell'essere umano e la legge
del più forte andrebbe attribuita solo al mondo animale. Se davvero dopo secoli di violenze non riusciamo
ancora a trovare il compromesso di una vita pacifica fra tutti i popoli, forse dovremmo essere considerati
come loro, degli animali, eppure resta un concetto talmente elementare che sembra un paradosso la
società in cui viviamo oggi. Continuo però a credere nella bontà dell'uomo come unica speranza di un
futuro sereno e spero che questa guerra ci abbia fatto realmente aprire gli occhi per ritrovare
quell’umanità, che in fin dei conti non abbiamo mai avuto.

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