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Elettronica di Potenza

A. Bellini – S. Bifaretti – S. Costantini


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I edizione: dicembre 2004


Indice

Elenco delle figure vii


Elenco delle tabelle xvii
Introduzione 1
I Semiconduttori impiegati nei convertitori
statici 5
1 Diodi 7
1.1 Caratteristiche statiche 8
1.2 Comportamento transitorio 9
1.3 Diodi particolari 13
1.3.1 Diodi Schottky 13
1.3.2 Diodi Zener 14
1.4 Specifiche fornite dal costruttore 14
1.4.1 Portate 14
1.4.2 Dati relativi alle caratteristiche statiche 15
1.4.3 Dati relativi al comportamento transitorio 15
1.5 Comportamento termico 16
1.5.1 Determinazione delle perdite 16
1.5.2 Dispositivi di dissipazione. 19
1.5.3 Determinazione della temperatura di giunzione 20
1.6 Protezioni 24
1.6.1 Protezioni contro sovracorrenti 24
1.6.2 Protezioni contro sovratensioni 25
1.7 Montaggi in serie e in parallelo 30
1.7.1 Montaggio in parallelo 30
1.7.2 Montaggio in serie 31

i
ii Indice

2 Transistor bipolari (BJT) 33


2.1 Caratteristiche statiche 34
2.2 Comportamento transitorio 35
2.2.1 Commutazione dallo stato di interdizione a quello di
saturazione 35
2.2.2 Commutazione dallo stato di saturazione a quello di
interdizione 36
2.2.3 Capacità 36
2.3 Area di sicurezza (SOAR) 37
2.4 Transistor particolari: Darlington 41
2.5 Specifiche fornite dal costruttore 43
2.5.1 Dati relativi al comportamento statico 44
2.5.2 Dati relativi al comportamento transitorio 44
2.6 Circuito di pilotaggio 44
2.7 Protezioni 49
2.8 Montaggio in parallelo 50

3 Transistor ad effetto di campo (MOSFET) 53


3.1 Struttura dei Transistor MOSFET 53
3.2 Principali differenze tra MOSFET e BJT 56

4 Transistor bipolari con gate isolato (IGBT) 59


4.1 Struttura degli IGBT 59
4.2 Caratteristiche degli IGBT 61

5 Raddrizzatori controllati al silicio 65


5.1 Caratteristiche statiche 66
5.1.1 Caratteristica anodica 66
5.1.2 Meccanismi di innesco 67
5.1.3 Caratteristica dell’elettrodo di controllo 70
5.2 Comportamento transitorio 74
5.2.1 Commutazione dallo stato di interdizione a quello di
conduzione 74
5.2.2 Commutazione dallo stato di conduzione a quello di
interdizione 74
5.3 Componenti particolari 78
5.3.1 Triac 78
5.3.2 Raddrizzatori Controllati Asimmetrici 79
Indice iii

5.4 Specifiche fornite dal costruttore 80


5.4.1 Dati relativi al comportamento statico 80
5.4.2 Dati relativi al comportamento transitorio 81
5.5 Circuito di pilotaggio 82
5.6 Protezioni 87
5.6.1 Protezioni contro eccessivi valori del di /dt 87
5.6.2 Protezioni contro eccessivi valori del dv /dt 87
5.6.3 Protezioni contro sovracorrenti 90
5.6.4 Protezioni contro sovratensioni 90
5.7 Montaggi in serie e in parallelo 90

6 Componenti derivati dai Tiristori 91


6.1 Gate Turn-Off thyristors: GTO 91
6.2 Gate Controlled turn-off Thyristor: GCT 96
6.3 Tiristori con Gate isolato 99

II Convertitori statici 105


7 Caratterizzazione dei convertitori statici 107
7.1 Trasferimento di energia 108
7.2 Funzionamento come amplificatore 111

8 Convertitori c.c.-c.c 113


8.1 Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazio-
ne 114
8.1.1 Carico puramente resistivo 114
8.1.2 Carico induttivo 117
8.1.3 Carico attivo 130
8.1.4 Modalità di controllo del convertitore 135
8.2 Convertitore con tensione di uscita maggiore di quella di alimentazio-
ne 141
8.3 Convertitori c.c.-c.c. bidirezionali 146
8.3.1 Convertitori bidirezionali a due quadranti 146
8.3.2 Convertitori bidirezionali a quattro quadranti 147
8.4 Realizzazione con GTO 149
8.5 Realizzazione con Tiristori 150
iv Indice

9 Convertitori c.c.-c.a. 165


9.1 Inverter realizzati con interruttori statici 165
9.1.1 Struttura a ponte 166
9.1.2 Struttura a semiponte 167
9.1.3 Struttura a push-pull 168
9.1.4 Circuiti atti alla riduzione delle perdite di commuta-
zione negli inverter a Transistor 168
9.1.5 Circuiti atti alla riduzione delle perdite di commuta-
zione negli inverter a GTO 177
9.1.6 Inverter a Tiristori 177
9.2 Inverter a tiristori senza interruttori statici 189
9.2.1 Inverter parallelo. 189
9.2.2 Inverter serie 195
9.2.3 Inverter a spegnimento complementare 201
9.3 Inverter trifase 205
9.3.1 Inverter trifase con interruttori statici 206
9.3.2 Inverter trifase a Tiristori 207
9.4 Riduzione del contenuto armonico della tensione di uscita 223
9.5 Variazione dell’ampiezza della tensione di uscita 228
9.6 Tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione di
uscita 230
9.6.1 Tecniche di modulazione utilizzate con dispositivi pre-
valentemente analogici 232
9.6.2 Tecniche di modulazione realizzate impiegando dispo-
sitivi a microprocessore 243
9.6.3 Peculiarità delle tecniche di modulazione impiegate nei
sistemi trifase 245

10 Convertitori c.a.-c.c. 247


10.1 Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 248
10.1.1 Convertitore monofase a semionda 248
10.1.2 Convertitore ad onda intera con trasformatore a presa
centrale 258
10.1.3 Convertitore a ponte totalmente controllato 263
10.1.4 Convertitore a ponte semicontrollato 265
10.2 Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase 267
10.2.1 Convertitore trifase a semionda 267
Indice v

10.2.2 Convertitore trifase ad onda intera con trasformatore


a presa centrale 272
10.2.3 Convertitore trifase a ponte totalmente controllato 276
10.2.4 Convertitore trifase a ponte semicontrollato 280
10.3 Convertitori polifase 283
10.4 Convertitori c.a.-c.c. con carico attivo 284
10.4.1 Convertitore monofase a semionda 284
10.4.2 Convertitore monofase ad onda intera 288
10.5 Convertitori c.a.-c.c. bidirezionali 288
10.5.1 Convertitori c.a.-c.c. a quattro quadranti 290
10.6 Effetti prodotti dal convertitore sulla rete di alimentazione 295
10.6.1 Convertitore monofase a ponte totalmente controllato 296
10.6.2 Convertitore monofase con trasformatore a presa cen-
trale 299
10.6.3 Convertitore monofase a ponte semicontrollato 300
10.6.4 Convertitore trifase a ponte totalmente controllato 302
10.6.5 Convertitore trifase ad onda intera con trasformatore
a presa centrale 304
10.6.6 Convertitore trifase a ponte semicontrollato 304
10.7 Miglioramento del fattore di potenza 306
10.7.1 Convertitore monodirezionale a struttura multipla 308
10.7.2 Convertitore bidirezionale a struttura multipla 312
10.7.3 Convertitori monodirezionali con interruttori statici 317
10.7.4 Convertitore bidirezionale con interruttori statici 321
10.8 Influenza dell’impedenza della sorgente di alimentazione 325
10.8.1 Convertitore monofase a ponte totalmente controllato 325
10.8.2 Convertitore monofase a ponte semicontrollato 328
10.8.3 Convertitore trifase a ponte totalmente controllato 329
10.8.4 Convertitore trifase a ponte semicontrollato 332

11 Convertitori c.a.-c.a. 333


11.1 Convertitori a controllo di fase 333
11.1.1 Convertitore monofase 333
11.1.2 Convertitore trifase 336
11.2 Cicloconvertitori 340
11.2.1 Modalità di comando dei cicloconvertitori 341
11.2.2 Cicloconvertitori con uscita trifase 343
vi Indice

11.3 Convertitori a matrice 345

12 Convertitori con struttura a più livelli 349


12.1 Inverter con struttura a più livelli 349

13 Convertitori pluristadio 353


13.1 Convertitore bistadio c.a.-c.a. 353
13.2 Convertitori bistadio c.c.-c.c. 355
13.3 Convertitori c.a.-c.c. a tre stadi 359

14 Convertitori risonanti 361


14.1 Convertitori quasi risonanti 362
14.1.1 Interruttori risonanti con corrente di apertura nulla 362
14.1.2 Interruttori risonanti con tensione di apertura nulla 370
14.2 Convertitori a carico risonante 374
14.2.1 Convertitore risonante con carico in serie 375
14.2.2 Convertitore risonante con carico in parallelo al con-
densatore risonante 376
14.2.3 Convertitore risonante ibrido 378
Elenco delle figure

1.1 Struttura, simbolo grafico e caratteristica ideale del Diodo. 7


1.2 Caratteristiche reali del Diodo. 9
1.3 Andamento della corrente durante una commutazione inversa. 10
di
1.4 Andamento di Qrr al variare del dt
. 11
1.5 Andamento di Qrr al variare della temperatura. 11
1.6 Simbolo grafico e caratteristica inversa del Diodo Zener. 14
1.7 Resistenza termica al variare della potenza dissipata. 21
1.8 Resistenza termica al variare della velocità dell’aria. 21
1.9 Schema termico in regime permanente. 22
1.10 Schema termico in transitorio. 22
1.11 Resistenza termica transitoria. 23
1.12 Circuito di protezione RC. 26
1.13 Tensione inversa durante un transitorio. 29
1.14 Simbolo grafico e caratteristica statica del Varistor. 29
1.15 Caratteristiche dirette estreme. 30

2.1 Simbolo grafico e Caratteristiche statiche di un Transistor NPN. 34


2.2 Andamento tipico della SOAR. 38
2.3 Dipendenza di Vcer dalla resistenza di base. 39
2.4 Limitazioni dovute alla potenza massima e al breakdown seconda-
rio. 40
2.5 SOAR in regime continuativo ed impulsivo. 41
2.6 SOAR inversa. 42
2.7 Configurazione Darlington. 42
2.8 Tipico circuito di pilotaggio. 47
2.9 Soluzioni per ridurre la saturazione del Transistor di potenza. 48
2.10 Montaggio in parallelo. 51

3.1 Simbolo grafico del MOSFET. 54

vii
viii Elenco delle figure

3.2 Sezione della struttura fisica di un VDMOS. 54


3.3 Caratteristiche statiche di un MOSFET. 55
3.4 Circuito equivalente semplificato di un MOSFET. 56
3.5 Tempi di commutazione al variare dell’impedenza del circuito di
pilotaggio. 57

4.1 Simbolo grafico e struttura fisica dell’IGBT. 60


4.2 Modello semplificato di un IGBT. 60
4.3 Caratteristiche statiche di un IGBT. 62

5.1 Struttura fisica e simbolo grafico del Tiristore. 65


5.2 Costruzione meccanica del Tiristore. 66
5.3 Caratteristica statica del Tiristore. 66
5.4 Modello semplificato del Tiristore. 68
5.5 Schemi a blocchi relativi al comportamento statico del Tiristore. 68
5.6 Andamento di hf e in funzione di Ie . 69
5.7 Capacità parassite del Tiristore. 70
5.8 Caratteristica dell’elettrodo di controllo. 72
5.9 Punto di lavoro del circuito di accensione. 73
5.10 Tiristore a gate amplificato. 73
5.11 Andamento di tensione e corrente nella fase di chiusura. 75
5.12 Circuito di spegnimento forzato. 77
5.13 Andamenti di tensione e corrente durante lo spegnimento forzato. 77
5.14 Simbolo grafico del Triac. 79
5.15 Circuito di pilotaggio. 86
5.16 Circuito di protezione RC. 88
5.17 Andamenti normalizzati del valore di picco e della derivata della
tensione. 89
5.18 Circuito di protezione RC modificato. 89

6.1 Simbolo grafico del GTO. 92


6.2 Struttura realizzativa e circuito equivalente del GTO. 93
6.3 SOAR di un GTO. 95
6.4 Massima corrente commutabile al variare della capacità. 95
dv
6.5 Massima corrente commutabile al variare del dt
. 96
6.6 Confronto tra le caratteristiche statiche dei GTO e GCT. 98
6.7 Struttura fisica del MTO. 99
6.8 Circuito equivalente del MTO. 101
6.9 Circuito equivalente del MCT. 102
Elenco delle figure ix

7.1 Controllo di velocità di un motore in c.c. 108


7.2 Classificazione dei convertitori a seconda del trasferimento di ener-
gia. 109
7.3 Linearizzazione della caratteristica statica. 111

8.1 Schema base del chopper riduttore. 114


8.2 Andamenti della tensione e della corrente applicate al carico. 115
8.3 Schema base del chopper riduttore con carico induttivo. 118
8.4 Andamenti della tensione e della corrente applicate al carico. 120
8.5 Circuito per la riduzione delle perdite di apertura. 125
8.6 Circuito complessivo per la riduzione delle perdite. 126
8.7 Andamenti delle correnti nell’induttanza e nella capacità. 129
8.8 Circuito con Diodo Zener. 130
8.9 Chopper riduttore con carico attivo. 131
8.10 Andamenti della tensione e della corrente applicate al carico. 134
8.11 Diversi tipi di modulazione. 136
8.12 Modulazione a larghezza d’impulso. 137
8.13 Andamenti di T , τ e T − τ in funzione di k. 139
8.14 Possibile circuito per implementare la P.R.M. 140
8.15 Andamenti dei principali segnali. 140
8.16 Schema base del chopper elevatore. 141
8.17 Andamenti di il e vu nel funzionamento con conduzione continua. 144
8.18 Schema base del convertitore bidirezionale a due quadranti. 146
8.19 Schema base del convertitore bidirezionale a quattro quadranti con
struttura a ponte. 147
8.20 Schema base del convertitore bidirezionale a quattro quadranti con
struttura a semiponte. 148
8.21 Schema base del convertitore c.c.-c.c. a Tiristori. 150
8.22 Situazione dopo l’accensione di RCp . 152
8.23 Circuito interessato alla conduzione nella fase di spegnimento. 153
8.24 Simbolo circuitale dell’interruttore statico realizzato con Tiristori. 154
8.25 Circuito con carico induttivo. 154
8.26 Circuito di Jones. 156
8.27 Riduzione della dipendenza dal carico. 157
8.28 Interruttore statico senza induttanza di commutazione. 160
8.29 Schema base del convertitore con spegnimento quasi statico. 161
8.30 Andamenti delle principali grandezze nella fase di spegnimento. 162
x Elenco delle figure

9.1 Inverter monofase a ponte. 166


9.2 Inverter monofase a semiponte. 167
9.3 Struttura a push-pull. 169
9.4 Struttura base di un ramo dell’inverter. 169
9.5 Riduzione delle perdite di apertura. 170
9.6 Circuito simmetrico. 171
9.7 Circuito con resistenze di dissipazione. 172
9.8 Circuito con capacità e induttanze. 173
9.9 Circuito interessato alla conduzione per t > td . 174
9.10 Circuito per la riduzione delle perdite di commutazione. 175
9.11 Inverter a push-pull con circuito di protezione. 176
9.12 Ramo di un inverter a Tiristori con spegnimento forzato. 178
9.13 Ramo di un inverter McMurray. 179
9.14 Parte di circuito interessata alla conduzione per t > t2 . 180
9.15 Andamenti delle principali grandezze in corrispondenza allo spegni-
mento di RCp1 . 181
9.16 Ls e Cs al variare di tg . 183
9.17 Modifica con Diodi di circolazione. 183
9.18 Andamenti della corrente di commutazione. 184
9.19 Modifica con Tiristori ausiliari in antiparallelo. 185
9.20 Parte di circuito interessata alla conduzione per t > t2 min. 187
9.21 Andamenti di ic e vc durante una commutazione. 188
9.22 Circuito base dell’inverter parallelo alimentato in corrente. 190
9.23 Parte di circuito interessata alla conduzione. 190
9.24 Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiri-
store. 192
9.25 Inverter parallelo con sorgente a tensione impressa. 192
9.26 Andamenti della tensione fornita dall’inverter. 193
9.27 Inverter parallelo con Diodi di circolazione. 194
9.28 Struttura a push-pull. 194
9.29 Struttura a push-pull con Diodi di circolazione. 195
9.30 Schema di principio dell’inverter serie. 196
9.31 Andamento della corrente fornita dall’inverter serie. 198
9.32 Modifica con induttanza a presa centrale. 199
9.33 Inverter serie con struttura simmetrica. 200
9.34 Inverter serie con con Diodi di circolazione. 200
9.35 Andamento della corrente di uscita. 201
Elenco delle figure xi

9.36 Inverter serie con trasformatore a presa centrale. 201


9.37 Ramo di un inverter a spegnimento complementare. 202
9.38 Dipendenza dell’energia immagazzinata dalla corrente di carico. 204
9.39 Inverter a spegnimento complementare con struttura a ponte. 205
9.40 Modifiche dell’inverter a spegnimento complementare. 206
9.41 Schema di principio dell’inverter trifase a tensione impressa. 207
9.42 Andamenti delle tensioni di fase e concatenate. 208
9.43 Inverter parallelo in versione trifase. 209
9.44 Andamenti semplificati delle correnti di fase. 210
9.45 Circuito interessato alla conduzione prima dell’accensione di RC3 . 211
9.46 Circuito interessato alla conduzione dopo l’accensione di RC3 . 212
9.47 Circuito interessato alla conduzione per t > t1 . 214
9.48 Circuito interessato alla conduzione alla fine della commutazione. 216
9.49 Andamenti delle tensioni applicate ad un Tiristore e ad un Diodo
durante un periodo. 221
9.50 Inverter trifase con spegnimento multiplo. 222
9.51 Tensione di uscita ad onda quadra. 223
9.52 Onda modulata a due livelli. 224
9.53 Onda modulata a tre livelli. 226
9.54 Composizione di due inverter mediante trasformatore. 231
9.55 Composizione delle tensioni di uscita. 231
9.56 Modulazione a sottooscillazione a due livelli. 233
9.57 Andamenti della portante, della modulante, delle tensioni di base e
della tensione fornita dall’inverter. 234
9.58 Ampiezze delle prime armoniche. 237
9.59 Andamenti delle prime k+2 armoniche al variare del rapporto di
modulazione. 239
9.60 Primo tipo di modulatore a tre livelli. 240
9.61 Forme d’onda relative al primo tipo di modulazione a tre livelli. 241
9.62 Secondo tipo di modulatore a tre livelli. 242
9.63 Andamenti della modulante e delle due portanti. 242
9.64 Terzo tipo di modulatore a tre livelli. 243
9.65 Modulazione con campionamento uniforme. 244
9.66 Modulante con terza armonica. 246

10.1 Convertitore monofase a semionda. 248


10.2 Andamento della tensione applicata al carico. 249
xii Elenco delle figure

10.3 Andamenti della corrente fornita al carico e della tensione applicata


al Tiristore. 249
10.4 Circuito di pilotaggio. 251
10.5 Andamenti delle tensioni nel circuito di pilotaggio. 252
10.6 Andamento della tensione applicata al carico. 253
10.7 Andamento della corrente fornita al carico. 254
10.8 ϕs in funzione di ϕa , per diversi valori di ωL/R. 255
10.9 V̄u in funzione di ϕa , per diversi valori di ωL/R. 255
10.10 Andamenti della corrente su un carico prettamente induttivo, per
diversi valori di ϕa . 256
10.11 Convertitore con Diodo di libera circolazione. 256
10.12 Andamenti della tensione e della corrente applicate al carico e delle
correnti che circolano nel Tiristore e nel Diodo. 257
10.13 Convertitore monofase ad onda intera con trasformatore a presa
centrale. 258
10.14 Andamenti della tensione e della corrente applicate ad un carico
puramente resistivo. 259
10.15 Andamento della tensione applicata al carico e ad un Tiristore -
Conduzione discontinua. 260
10.16 Andamento delle tensioni e della corrente di uscita - Conduzione
continua. 261
ωL
10.17 V̄u in funzione di ϕa , per diversi valori di R
. 262
10.18 Convertitore a ponte totalmente controllato. 264
10.19 Andamento della tensione su un Tiristore - carico puramente resisti-
vo. 264
10.20 Andamento della tensione su un Tiristore - conduzione continua. 264
10.21 Convertitore a ponte semicontrollato - Tiristori con catodo in comu-
ne. 265
10.22 Convertitore a ponte semicontrollato - soluzione alternativa. 266
10.23 Andamenti delle tensioni applicate al carico e ai Tiristori. 266
10.24 Andamenti delle tensioni di alimentazione. 267
10.25 Convertitore trifase a semionda. 268
10.26 Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiri-
store, ϕa < π6 . 270
10.27 Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiri-
store - carico resistivo, ϕa > π6 . 270
Elenco delle figure xiii

10.28 Valore medio della tensione applicata ad un carico puramente resi-


stivo. 271
10.29 Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiri-
store - conduzione continua, ϕa > π6 . 271
10.30 Andamenti del valore medio della tensione applicata al carico. 272
10.31 Convertitore trifase ad onda intera con trasformatore a presa cen-
trale. 273
10.32 Andamenti della tensione applicata al carico e di quella applicata ad
un Tiristore, ϕa < π3 . 275
10.33 Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiri-
store - carico resistivo, ϕa > π3 . 275
10.34 Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiri-
store - conduzione continua, ϕa > π3 . 276
10.35 Andamenti del valore medio della tensione applicata al carico. 277
10.36 Convertitore trifase a ponte totalmente controllato. 277
10.37 Andamenti delle tensioni di fase e delle tensioni concatenate. 278
10.38 Andamenti della tensione applicata al carico e di quella applicata ad
un Tiristore, ϕa < π3 . 280
10.39 Convertitore trifase a ponte semicontrollato. 281
10.40 Andamenti della tensione applicata al carico e ad un Tiristore, ϕa <
π
3
. 281
10.41 Andamenti della tensione applicata al carico e ad un Tiristore, ϕa >
π
3
. 282
10.42 Convertitore monofase a semionda con carico attivo. 284
10.43 Definizione degli angoli ϕ1 e ϕ2 . 285
10.44 I¯u in funzione di ϕa , carico resistivo. 286
10.45 I¯u in funzione di ϕa , carico induttivo. 287
10.46 I¯u in funzione di ϕa , convertitore ad onda intera con carico attivo. 289
10.47 Convertitore monofase ad onda intera con carico attivo. 290
10.48 Connessione diretta di due convertitori a 2 quadranti. 291
10.49 Convertitore a 4 quadranti con un unico trasformatore. 291
10.50 Cortocircuito causato dal funzionamento contemporaneo dei due con-
vertitori. 292
10.51 Convertitori connessi mediante induttanza a presa centrale. 293
10.52 Andamenti delle principali grandezze, in corrispondenza a tre diversi
valori dell’angolo di accensione ϕa . 294
xiv Elenco delle figure

10.53 Corrente assorbita dal convertitore a ponte totalmente controlla-


to. 296
10.54 Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica. 298
10.55 Corrente assorbita dal convertitore a ponte semicontrollato. 300
10.56 Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica. 302
10.57 Corrente assorbita dal convertitore trifase a ponte. 303
10.58 Corrente assorbita dal convertitore a ponte semicontrollato, ϕa <
π/3. 305
10.59 Corrente assorbita dal convertitore a ponte semicontrollato, ϕa >
π/3. 305
10.60 Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica. 307
10.61 Convertitore monodirezionale a struttura multipla. 309
10.62 Andamenti delle principali variabili. 311
10.63 Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica. 313
10.64 Convertitore composto da due convertitori bidirezionali. 313
10.65 Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica. 315
10.66 Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica. 316
10.67 Convertitore monodirezionale con interruttori statici e alimentazione
monofase. 317
10.68 Andamenti della tensione di uscita e della corrente assorbita dal
convertitore. 318
10.69 Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica. 319
10.70 Convertitore monodirezionale con interruttori statici - realizzazione
alternativa. 319
10.71 Andamenti della tensione di uscita e della corrente assorbita dal
convertitore in presenza di modulazione. 320
10.72 Circuito con l’interruttore in parallelo al carico. 321
10.73 Schema funzionale di un convertitore bidirezionale a quattro qua-
dranti con alimentazione monofase. 322
10.74 Andamento della tensione ai morsetti di ingresso del convertitore. 323
10.75 Convertitore monofase a ponte totalmente controllato. 325
10.76 Circuiti interessati alla conduzione. 327
10.77 Andamento della corrente assorbita dal convertitore. 328
10.78 Circuiti interessati alla conduzione. 330

11.1 Convertitore monofase a controllo di fase. 334


11.2 Andamenti della tensione fornita al carico e di quella applicata ai
Tiristori - Carico resistivo. 334
Elenco delle figure xv

11.3 Andamenti della tensione fornita al carico e di quella applicata ai


Tiristori - Carico induttivo. 335
11.4 Convertitore trifase a controllo di fase. 337
11.5 Andamenti delle tre tensioni di fase - Carico resistivo, ϕa < π/3. 339
11.6 Soluzioni circuitali alternative. 340
11.7 Andamenti della tensione e della corrente applicata al carico. 342
11.8 Circuito di controllo a catena chiusa. 343
11.9 Cicloconvertitori con uscita trifase. 344
11.10 Convertitore a matrice. 346
11.11 Possibili strutture degli interruttori bidirezionali . 346
11.12 Convertitore con filtro di rete. 347

12.1 Struttura di un ramo di Inverter NPC. 350


12.2 Struttura di un Inverter NPC monofase a ponte. 351
12.3 Forme d’onda delle tensioni fornite da un inverter NPC monofase a
ponte. 352
12.4 Struttura di un Inverter NPC trifase. 352

13.1 Convertitore bistadio con filtro capacitivo. 354


13.2 Convertitore bistadio con filtro induttivo. 354
13.3 Convertitori bistadio c.c.-c.c. 355
13.4 Convertitore bistadio c.c.-c.c. ad onda intera con inverter a ponte. 356
13.5 Andamento della tensione applicata al filtro di uscita quando il
convertitore si trova in conduzione continua. 357
13.6 Convertitore bistadio c.c.-c.c. ad onda intera con inverter a semi-
ponte. 357
13.7 Convertitore bistadio c.c.-c.c. a semionda con inverter a ponte. 358
13.8 Convertitore bistadio c.c.-c.c. a semionda con inverter a push-pull. 359
13.9 Convertitore bistadio c.c.-c.c. con due Forward Converter. 359
13.10 Flyback Converter. 360
13.11 Alimentatore switching con forward converter. 360

14.1 Interruttore risonante con corrente di apertura nulla di Tipo L. 363


14.2 Interruttore risonante con corrente di apertura nulla di Tipo M. 363
14.3 Alimentatore stabilizzato con convertitore c.c.-c.c. a commutazione
forzata. 364
14.4 Alimentatore stabilizzato con interruttore risonante a semionda. 364
14.5 Andamenti della tensione e della corrente nell’interruttore ZCS a
semionda . 367
xvi Elenco delle figure

14.6 Convertitore c.c.-c.c. bistadio con interruttore risonante a semion-


da. 367
14.7 Convertitore c.c.-c.c. con interruttore risonante ad onda intera. 368
14.8 Andamenti della tensione e della corrente nell’interruttore ZCS a
onda intera. 369
14.9 Interruttore risonante con tensione di apertura nulla di Tipo L. 370
14.10 Interruttore risonante con tensione di apertura nulla di Tipo M. 370
14.11 Convertitore c.c.-c.c. con interruttore ZVS a semionda. 371
14.12 Andamenti della tensione e della corrente nell’interruttore ZVS a
semionda. 374
14.13 Convertitore risonante con carico in serie. 375
14.14 Schema equivalente semplificato. 376
14.15 Convertitore risonante con carico in parallelo al condensatore riso-
nante. 377
14.16 Schema equivalente semplificato. 377
14.17 Convertitore risonante ibrido. 377
Elenco delle tabelle

1.1 Caratteristiche di alcuni Diodi normali. 17


1.2 Caratteristiche di alcuni Diodi veloci. 18
1.3 Caratteristiche di alcuni Diodi Schottky. 18

2.1 Caratteristiche di alcuni Transistor. 45

3.1 Caratterstiche di alcuni MOSFET 58

4.1 Caratterstiche di alcuni IGBT 63

5.1 Caratterstiche di alcuni Tiristori normali. 83


5.2 Caratterstiche di alcuni Tiristori veloci. 84
5.3 Caratterstiche di alcuni Triac. 85

6.1 Caratterstiche di alcuni GTO. 97


6.2 Caratterstiche di alcuni GCT 100
6.3 Caratterstiche di alcuni Tiristori con gate isolato. 104

9.1 Modulazione a due livelli - eliminazione 3a e 5a armonica. 225


9.2 Modulazione a due livelli - eliminazione 5a e 7a armonica. 226
9.3 Modulazione a tre livelli - eliminazione 3a e 5a armonica. 227

12.1 Possibili stati di conduzione dell’inverter NPC. 350

xvii
Introduzione

In seguito alla Riforma Universitaria e all’introduzione dei Crediti Formativi, il corso


di Elettronica di Potenza, già impartito da diversi anni presso la Facoltà di Inge-
gneria dell’Università di Roma “Tor Vergata”, è stato suddiviso in due moduli da 5
crediti ciascuno: Componenti per l’Elettronica di Potenza e Elettronica di Potenza
1. Il presente volume contiene l’insieme degli argomenti svolti nei due corsi. La
struttura del testo tiene conto della peculiarità dei due insegnamenti; infatti mentre
Componenti per l’Elettronica di Potenza è seguito da Studenti provvisti di una con-
solidata conoscenza di base in Elettronica Analogica e Digitale (quasi tutti iscritti
al corso di Laurea specialistica in Ingegneria Elettronica) il corso di Elettronica di
Potenza 1 è seguito anche da Studenti di corsi di Studi non orientati all’Elettroni-
ca. Risulta pertanto necessario effettuare una trattazione dei convertitori statici che
ipotizzi l’impiego di interruttori ideali ed un approfondimento che, una volta illu-
strato il comportamento statico e dinamico dei componenti utilizzati, evidenzi gli
effetti che l’impiego di componenti non ideali presenta sul funzionamento dei diversi
tipi di convertitore. Conseguentemente il libro è suddiviso in due parti: la prima
parte, Semiconduttori impiegati nei convertitori statici, è dedicata esclusivamente
al corso di Componenti per l’Elettronica di Potenza, mentre nella seconda parte la
distinzione tra la trattazione generale con componenti ideali e gli approfondimenti
sarà evidenziata impiegando caratteri tipografici diversi.
I convertitori statici di energia sono dispositivi elettronici che permettono il tra-
sferimento controllato di energia elettrica da una sorgente ad un carico. I loro campi
di impiego sono i più svariati; basta citare i dispositivi di alimentazione in corrente
continua o in corrente alternata, gli amplificatori di potenza impiegati nei sistemi di
controllo e, in particolare, negli azionamenti elettrici, i gruppi statici di continuità, i
convertitori utilizzati per la trasmissione dell’energia elettrica in corrente continua.
Come si vedrà in seguito, gli schemi circuitali impiegati per la realizzazione dei
convertitori statici sono molteplici; infatti la struttura del convertitore risulta forte-
mente influenzata, oltre che dal tipo di sorgente primaria di alimentazione disponibile
e dalle peculiarità del carico, dalla potenza che deve essere trasferita al carico e, di

1
2 Introduzione

conseguenza, dai tipi di semiconduttori utilizzati.


I primi dispositivi atti alla conversione di energia comparvero verso la fine del
diciannovesimo secolo; tali dispositivi erano costituiti da commutatori meccanici
e consentivano il trasferimento non controllato di energia da corrente alternata a
corrente continua. I primi convertitori in grado di controllare il flusso di energia
sono stati, invece, realizzati impiegando macchine elettriche rotanti; tali convertito-
ri (convertitori rotanti ), il più noto dei quali è il gruppo Ward-Leonard, dal nome
dell’Ingegnere tedesco che lo realizzò nel 1891, hanno trovato ampia diffusione in
tutto il periodo che va dalla fine del diciannovesimo secolo fino ad oltre la metà del
ventesimo secolo. Successivamente, con l’avvento prima dei thyratron e dei mutatori
a vapori di mercurio e quindi dei semiconduttori di potenza, i convertitori rotanti so-
no stati man mano sostituiti con convertitori statici che presentano, rispetto a quelli
rotanti, indubbi vantaggi di costo, di affidabilità, di rendimento e di manutenzione.
Lo sviluppo dei semiconduttori di potenza è stato particolarmente rapido. Nel-
l’ultimo ventennio, infatti, si è assistito sia ad un consistente incremento delle po-
tenze manipolabili e delle prestazioni dinamiche delle famiglie di semiconduttori già
utilizzate negli anni precedenti sia all’affermazione di nuovi tipi di semiconduttori.
Come si vedrà nella seconda parte del testo, nei convertitori statici di potenza
i semiconduttori vengono sempre impiegati, al fine di ridurre l’energia dissipata nel
convertitore, in regime di commutazione; vengono cioè fatti funzionare alternati-
vamente in regime di saturazione e in quello di interdizione. Pertanto una prima
suddivisione dei semiconduttori impiegati nei convertitori statici può essere effettua-
ta prendendo in considerazione la possibilità di comandarne, mediante un opportuno
circuito di pilotaggio, il passaggio dallo stato di interdizione a quello di conduzione
ed il passaggio dallo stato di conduzione a quello di interdizione.
Sulla base di tale caratteristica, i semiconduttori di potenza possono, quindi,
venire suddivisi in tre distinte famiglie:

• componenti non controllati;

• componenti di cui è possibile comandare solo il passaggio dallo stato di inter-


dizione a quello di conduzione (chiusura o accensione del componente);

• componenti di cui è possibile comandare, oltre alla chiusura, anche il passaggio


dallo stato di conduzione a quello di interdizione (apertura o spegnimento).

La prima famiglia è costituita dai Diodi, la seconda dai Raddrizzatori Controllati


al Silicio (o Tiristori) e dai Triac, la terza dai Transistor di potenza (bipolari, ad
effetto di campo e IGBT) e dai GTO.
Introduzione 3

I Diodi trovano impiego praticamente in tutti i convertitori. I convertitori ali-


mentati in corrente alternata impiegano, per il controllo del flusso di energia, pre-
valentemente semiconduttori di cui è possibile comandare solo la chiusura mentre
quelli con alimentazione in corrente continua utilizzano, tranne che in convertitori
dimensionati per potenze di svariati MW, semiconduttori di cui è possibile coman-
dare sia la chiusura che l’apertura (attualmente quasi esclusivamente Transistor con
gate isolato di tipo MOSFET o IGBT).
La prima parte del testo è dedicata alla descrizione delle caratteristiche dei di-
versi semiconduttori di potenza utilizzati nei convertitori statici, con particolare
riferimento al loro comportamento in regime di commutazione. Tale descrizione
ha essenzialmente lo scopo di evidenziare le problematiche connesse alla progetta-
zione dei convertitori; pertanto si eviterà, quando non strettamente necessario, di
addentrarsi nell’esame del comportamento interno del componente ma ci si limiterà
a prendere in considerazione le sole caratteristiche esterne.
Nel capitolo relativo ai Diodi saranno trattati alcuni argomenti, ed in particolare
comportamento termico e protezioni, comuni a tutti i componenti; pertanto negli
altri capitoli la parte generale relativa a tali argomenti non sarà ripetuta.
La seconda parte del testo, invece, prende in considerazione i vari tipi di con-
vertitore cercando, per ognuno di essi, di evidenziare sia le peculiarità relative al
trasferimento di energia sia il legame tra la variabile di controllo e la tensione o la
corrente di uscita.
Parte I

Semiconduttori impiegati nei


convertitori statici
Capitolo 1

Diodi

Il Diodo è il più semplice componente a semiconduttore. Esso è infatti costituito,


come mostrato nella fig. 1.1(a), da un’unica giunzione P-N e presenta due soli
terminali, indicati come Anodo (A) e Catodo (K); nella fig. 1.1(b) è riportato il suo
simbolo grafico.
Dal punto di vista ideale, il Diodo può essere considerato come un componente
in grado di non opporre alcuna resistenza al passaggio della corrente in un senso
(e cioè dall’anodo verso il catodo) e di opporsi completamente al passaggio della
corrente in senso opposto. La caratteristica ideale di un Diodo è, pertanto, quella
riportata nella fig. 1.1(c).

A Ia
ANODO (A)

P
N

CATODO ( K) K Vak
a) b) c)
Figura 1.1: Struttura, simbolo grafico e caratteristica ideale del Diodo.

Il comportamento reale del Diodo si discosta da quello ideale, sia durante il


funzionamento a regime permanente sia durante quello transitorio.

7
8 Capitolo 1. Diodi

1.1 Caratteristiche statiche


Per quanto concerne il funzionamento a regime permanente, si può rilevare che,
quando il Diodo è attraversato da una corrente anodica Ia positiva, la tensione tra
anodo e catodo (caduta diretta) non è nulla ma assume un valore (compreso tra 0.6
V e qualche V) che dipende, oltre che dal tipo di Diodo, dall’intensità della corrente
che lo attraversa e dalla temperatura della giunzione. Dualmente, quando al Diodo è
applicata una tensione Vak negativa (tensione inversa) nel Diodo fluisce una piccola
corrente negativa (corrente inversa).

Caduta diretta. Nella fig. 1.2(a) è riportato un andamento tipico della caratte-
ristica reale di un Diodo polarizzato direttamente (Ia positiva). Nella stessa figura
è anche riportata, con una linea tratteggiata, una possibile approssimazione della
caratteristica diretta del Diodo. Impiegando tale approssimazione, il comportamen-
to di un Diodo di potenza polarizzato direttamente può essere schematizzato con
una forza controelettromotrice Ed (in generale compresa tra 0.8 e 1 V) con in se-
rie una resistenza Rd , il cui valore dipende dal valore di corrente che il Diodo può
sopportare.
Nei convertitori a bassa tensione (fino al centinaio di V) la caduta diretta dei
Diodi può risultare importante anche ai fini del funzionamento del convertitore. Nei
convertitori a più elevata tensione, invece, la caduta diretta dei Diodi risulta impor-
tante solo ai fini del dimensionamento termico del componente stesso mentre può,
in genere, essere trascurata nell’analisi del funzionamento complessivo del circuito.

Corrente inversa. Nella fig. 1.2(b) è riportato un andamento tipico della carat-
teristica reale di un Diodo polarizzato inversamente (Vak negativa). Osservando tale
figura, si può constatare che, quando la tensione Vak è negativa ed ha un valore
assoluto minore di Vb , la corrente inversa si mantiene molto piccola (in generale, a
seconda delle dimensioni del Diodo, da pochi mA a qualche decina di mA). Quando
invece la tensione inversa diventa maggiore di Vb (massima tensione inversa applica-
bile al Diodo o tensione di Breakdown) si ha il cosiddetto effetto Zener e la corrente
aumenta improvvisamente; ciò comporta una elevata dissipazione all’interno del
componente.
In generale, purché la tensione inversa sia minore di Vb , la conduzione inversa
dei Diodi provoca fenomeni talmente modesti da poter essere (tranne che nel caso
di impiego di Diodi Schottky o nei convertitori ad altissima tensione) totalmente
trascurati nell’analisi complessiva del circuito. Risulta comunque sempre necessario
1.2. Comportamento transitorio 9

Ia Ia

-Vb
Vak

Ed Vak
a) b)
Figura 1.2: Caratteristiche reali del Diodo.

imporre che la tensione inversa non superi il valore di Breakdown; in caso contrario,
tranne che in alcuni tipi di Diodo, si verifica la distruzione del componente.

1.2 Comportamento transitorio


I principali fenomeni che caratterizzano il comportamento transitorio di un Diodo
sono connessi al passaggio dalla situazione di non conduzione, o interdizione, a quella
di conduzione (commutazione diretta) e al passaggio dalla situazione di conduzione
a quella di interdizione (commutazione inversa).

Commutazione diretta. Quando ad un Diodo che si trova interdetto viene ap-


plicato un gradino di corrente con una elevata pendenza (elevato di/dt), la tensione
tra anodo e catodo assume, per un breve intervallo di tempo tf r (tempo di recupero
diretto o forward recovery time), normalmente di durata inferiore al ms, un valore
alquanto superiore alla caduta diretta a regime permanente.
Nei convertitori statici di potenza, comunque, tale fenomeno risulta in genere del
tutto trascurabile, in quanto le induttanze presenti nel circuito (anche le sole indut-
tanze dovute ai collegamenti) limitano la pendenza della corrente applicata al Diodo
a valori tali da non provocare apprezzabili cadute durante la fase di commutazione
diretta.

Commutazione inversa. Quando un Diodo passa dallo stato di conduzione a


quello di interdizione, occorre che sia trascorso un breve intervallo di tempo trr
10 Capitolo 1. Diodi

(tempo di recupero inverso o reverse recovery time) prima che il Diodo acquisti la
proprietà di blocco della corrente.

Durante tale intervallo di tempo, la corrente nel Diodo si inverte assumendo un


valore negativo. Un tipico andamento della corrente nel Diodo durante la commu-
tazione inversa è riportato nella fig. 1.3. All’inizio della commutazione, la corrente
ia diminuisce, con una pendenza (di/dt) imposta dal circuito esterno al Diodo, fino
a raggiungere un valore massimo negativo che dipende, oltre che dalle caratteristi-
che del Diodo, dai valori della corrente diretta che interessava il Diodo prima della
commutazione, del di/dt durante il transitorio e della temperatura della giunzione.
Durante questa prima fase della commutazione, la tensione applicata al Diodo si
mantiene praticamente nulla; successivamente, ai terminali del Diodo incomincia a
presentarsi una tensione inversa e la corrente inversa diminuisce portandosi a zero
con una piccola oscillazione, dovuta a fenomeni di risonanza tra la capacità interna
del Diodo e le inevitabili induttanze presenti nel circuito.

La determinazione del valore di picco della corrente inversa (Irm ) e del tempo
di recupero inverso risulta alquanto complessa; in generale, per ricavare tali valori,
si fa riferimento a formule approssimate che consentono di determinare dei valori
limite superiori. Le formule usualmente impiegate (valide solo per i Diodi veloci)
sono ottenute approssimando l’andamento della corrente inversa con un triangolo
rettangolo e fanno riferimento alla quantità di carica inversa Qrr (recovery stored
charge) fornita dal Diodo durante la conduzione inversa.

Impiegando tale approssimazione, i valori di trr e Irm possono essere ottenuti

ia

trr

Qrr t

-I rm

Figura 1.3: Andamento della corrente durante una commutazione inversa.


1.2. Comportamento transitorio 11

Q rr (µC) If =20A

10A
1 5A

1A
0,1

di /dt (A/µs)
0,01
1 10 100

di
Figura 1.4: Andamento di Qrr al variare del dt
.

tramite le seguenti due relazioni:


s
Qrr
trr = 1.4 di
(1.1)
dt
Qrr
Irm = 2 (1.2)
trr

Anche la quantità di carica inversa dipende sia dal valore assunto dalla corrente
prima della commutazione sia dal valore medio del di/dt durante la commutazione.
Come mostrato dalla fig. 1.4, però, la dipendenza dal valore di di/dt è praticamente
lineare; in prima approssimazione, il valore di Qrr può essere, quindi, determinato
sulla base di pochi dati caratteristici del Diodo.
Il valore di Qrr dipende anche dalla temperatura di giunzione, aumentando
all’aumentare di quest’ultima; un tipico andamento di Qrr è riportato nella fig.
1.5.

Q rr (µC)
1

0,5

0
0 50 100 θ(°C)

Figura 1.5: Andamento di Qrr al variare della temperatura.


12 Capitolo 1. Diodi

In alcune applicazioni il fenomeno della conduzione inversa non provoca sensi-


bili inconvenienti e non richiede particolari attenzioni; in altre applicazioni, invece,
tale fenomeno può provocare l’insorgere di fenomeni indesiderati quali sovracorrenti
e/o sovratensioni ai capi di altri componenti del circuito. In quest’ultimo caso, si
deve ricorrere a Diodi che presentino un tempo di conduzione inversa molto piccolo
(Diodi veloci o Fast Recovery Diodes). L’impiego di Diodi particolarmente veloci
richiede, però, alcune accortezze in quanto in molti di essi la corrente inversa, dopo
aver raggiunto il valore massimo Irm , ritorna a zero in maniera molto brusca. In
presenza di induttanze di valore non trascurabile, tale brusca discesa della corrente
può provocare elevate sovratensioni sugli altri componenti del circuito; per ridurre
questo fenomeno, si preferisce, in genere, utilizzare dei Diodi veloci che, pur avendo
un tempo di conduzione inversa leggermente più lungo di quello dei Diodi a commu-
tazione brusca, presentano un ritorno a zero della corrente più dolce (Soft Recovery
Diodes).

Fenomeni capacitivi. Quando un Diodo si trova polarizzato inversamente pre-


senta, oltre alla conduzione inversa già illustrata, un comportamento tipicamente
capacitivo.
La capacità complessiva tra anodo e catodo non dipende dalla temperatura di
giunzione (almeno fino a valori di quest’ultima non troppo elevati) e può essere
determinata mediante la seguente formula semplificata:

C0
Cd = Cc +  n (1.3)
Vr
1+ V0

in cui:

• Vr è la tensione inversa applicata al Diodo;

• Cc è la capacità dovuta al contenitore;

• C0 è la capacità di giunzione quando Vr = 0;

• V0 è la tensione di contatto di giunzione (circa 0.6 V);

• n è un esponente compreso tra 1/3 e 1/2.

Considerando che il valore della capacità Cc dovuta al contenitore è in genere


molto più piccolo di quello della capacità totale e che, quando la tensione inversa
è sufficientemente elevata, il termine Vr /V0 è molto maggiore di 1, l’eq. (1.3) può
1.3. Diodi particolari 13

essere approssimata con:

k
Cd ∼
= (1.4)
(Vr )n

La presenza di una capacità tra anodo e catodo del Diodo non produce in genere
fenomeni consistenti, tranne che in applicazioni particolari come ad esempio nei
circuiti ad elevata frequenza o quando siano presenti Diodi di grossa dimensione
soggetti a repentine variazioni della tensione inversa.

1.3 Diodi particolari


Oltre ai Diodi a giunzione P-N precedentemente descritti, esistono Diodi particolari
con caratteristiche diverse.

1.3.1 Diodi Schottky


I Diodi Schottky sono basati su una giunzione metallo-semiconduttore il cui principio
di funzionamento è alquanto diverso da quello della giunzione P-N utilizzata per i
Diodi convenzionali. Nei Diodi Schottky, infatti, il catodo è costituito da uno strato
di semiconduttore di tipo N sul quale viene depositato un sottile strato di metallo
che forma l’anodo del Diodo. Tale tipo di giunzione non permette il trasferimento
di portatori minoritari dal semiconduttore al metallo; pertanto, la conduzione di
corrente avviene solo per mezzo dei portatori maggioritari.
Rispetto ai normali Diodi a giunzione, i Diodi Schottky presentano i seguenti
vantaggi:

• assenza di fenomeni dovuti alla ricombinazione di portatori, con conseguente


aumento della velocità di commutazione;

• minore caduta diretta (in generale dell’ordine di un terzo, un quarto di quella


di un equivalente Diodo a giunzione).

Per contro la corrente inversa e la capacità sono in genere alquanto più elevate.
Malgrado i consistenti vantaggi evidenziati, i Diodi Schottky risultano raramente
impiegati nei convertitori statici a causa non tanto delle limitazioni sulla massima
corrente continuativa che questi possono sopportare (normalmente non più di 75-100
A) quanto della bassa tensione di blocco inversa (al massimo 150 V).
14 Capitolo 1. Diodi

1.3.2 Diodi Zener


Come accennato, alcuni Diodi sono in grado di poter funzionare in maniera conti-
nuativa con una tensione inversa uguale o leggermente maggiore alla loro tensione di
blocco inverso. Tale fenomeno viene utilizzato nei Diodi Zener, la cui caratteristica
precipua di impiego è proprio quella di poter mantenere la tensione inversa ad un
valore circa costante.
La caratteristica diretta di un Diodo Zener è, invece, del tutto analoga a quella
di un Diodo normale.
Nella fig. 1.6 sono riportati il simbolo del Diodo Zener e una sua tipica caratte-
ristica inversa.

Ia
-Vz
A Vak

K
Figura 1.6: Simbolo grafico e caratteristica inversa del Diodo Zener.

1.4 Specifiche fornite dal costruttore


I principali dati forniti dal costruttore possono essere suddivisi in tre gruppi:

• portate in tensione e corrente;

• dati relativi alla caratteristica statica;

• dati relativi al comportamento transitorio.

1.4.1 Portate
Portate in tensione. Per quanto riguarda le portate in tensione le principali
grandezze prese in considerazione sono:

• il massimo picco ripetitivo di tensione inversa sopportabile dal Diodo (VRRM );

• il massimo picco non ripetitivo di tensione inversa (VRSM );


1.4. Specifiche fornite dal costruttore 15

• il valore efficace di tensione inversa sopportabile durante il funzionamento come


raddrizzatore monofase (VRRMS ).

Portate in corrente. Per quanto riguarda le portate in corrente vengono in genere


riportati, con riferimento ad una prefissata temperatura di giunzione:

• il valore di corrente continuativa sopportabile (IAV );

• il valore efficace di corrente sopportabile in varie situazioni operative (IRMS );

• il valore di picco sopportabile una tantum (picco non ripetitivo) in corrispon-


denza ad una semisinusoide di frequenza pari a 50 o 60 Hz (IFSM );

• la massima temperatura a cui la giunzione può lavorare (ϑj );

• la resistenza termica tra giunzione e contenitore (Rjc );

• vari diagrammi, relativi al valore medio o a quello efficace della corrente


sopportabile in particolari condizioni operative;

• la potenza dissipata in varie situazioni operative.

1.4.2 Dati relativi alle caratteristiche statiche


Per quanto concerne la caratterizzazione del Diodo durante il funzionamento a regi-
me permanente, vengono in genere riportati, per due diversi valori della temperatura
di giunzione (usualmente 25 e 100 o 125 ◦ C):

• la caduta diretta Vak in funzione della corrente anodica (caduta tipica e caduta
massima);

• la corrente inversa corrispondente alla massima tensione inversa applicabile.

1.4.3 Dati relativi al comportamento transitorio


Per quanto riguarda il comportamento transitorio vengono in genere forniti:

• la resistenza termica transitoria tra giunzione e contenitore rϑ (t), che serve per
valutare il comportamento termico del Diodo in caso di sovraccarichi di breve
durata (in genere inferiori al minuto);

• l’area quadratica (i2 t) di corrente sopportabile in caso di sovraccarico di bre-


vissima durata (qualche ms).

Inoltre, almeno per i Diodi veloci, vengono forniti:


16 Capitolo 1. Diodi

• l’andamento della capacità tra anodo e catodo al variare della tensione inversa;

• il valore del tempo di commutazione inversa o quello della carica inversa, in


varie condizioni operative;

• il valore del tempo di commutazione diretta.

Al fine di fornire una indicazione sui valori tipici dei vari parametri, nelle tabb.
1.1, 1.2 ed 1.3 sono riportati i valori dei principali parametri riferiti, rispettivamente,
a Diodi normali, veloci e Schottky di piccola, media e grossa taglia.

1.5 Comportamento termico


La trattazione che verrà effettuata in relazione al comportamento termico dei Diodi
è valida per tutti i semiconduttori di potenza. Solo la parte relativa alla determina-
zione delle perdite deve essere adattata al particolare componente in esame.
In generale, i semiconduttori sono molto sensibili ad una temperatura interna
troppo elevata. Pertanto, specialmente per le apparecchiature di potenza, è neces-
sario effettuare un calcolo abbastanza preciso delle perdite, al fine di poter dimen-
sionare il dispositivo atto allo smaltimento del calore (dispositivo di dissipazione) in
modo da garantire che la temperatura di giunzione non superi quella prevista per il
componente.

1.5.1 Determinazione delle perdite


Le perdite che si localizzano in un componente funzionante in regime di commuta-
zione possono essere suddivise in:

• perdite dovute alla caduta di tensione diretta, quando il componente si trova


nello stato di conduzione;

• perdite dovute alla corrente (diretta o inversa) che attraversa il componente


durante la fase di interdizione;

• perdite dovute alle commutazioni dallo stato di interdizione a quello di con-


duzione;

• perdite dovute alle commutazioni dallo stato di conduzione a quello di inter-


dizione;

• perdite dovute al pilotaggio (per i dispositivi controllati).


SIGLA VRRM VRSM IF AV IF SM I2 t ϑM AX Rϑc Qrr
(V) (V) (A) (A) (A2 s) (˚C) (˚C/W) (µC)
DS501ST01 100 200 596 8.800 387.000 175 0,14
DS501ST06 600 700 596 8.800 387.000 175 0,14
RD33FG01 100 100 2.831 37.400 7 · 106 200 0,064 160 &
RD33FG06 600 600 2.831 37.400 7 · 106 200 0,064 160 &
RD43FF01 100 100 3.133 41.200 8,49 · 106 200 0,045 150 &&
RD43FF06 600 600 3.133 41.200 8,49 · 106 200 0,045 150 &&
1.5. Comportamento termico

RD65FV01 100 100 7.632 130.000 84,5 · 106 200 0,015 39 &&
RD65FV06 600 600 7.632 130.000 84,5 · 106 200 0,015 39 &&
DS502ST09 900 1.000 556 6.500 211.000 175 0,14
DS502ST14 1.400 1.500 556 6.500 211.000 175 0,14
&&
DS2101SY15 1.500 1.600 5.035 72.000 25,9 · 106 190 0,019 1600
&&&
DNB6311 1.100 1.200 4.230 52.000 13,5 · 106 190 0,0275 4000
&&&
DNB6315 1.500 1.600 4.230 52.000 13,5 · 106 190 0,0275 4000
&&
DS2002SF13 1.300 1.400 2.093 33.000 5,44 · 106 175 0,045 1500
&&
DS2002SF18 1.800 1.900 2.093 33.000 5,44 · 106 175 0,045 1500
&&&
DNB6426 2.600 2.700 2.280 21.500 2,33 · 106 175 0,026 4000
&&&
DNB6436 3.600 3.700 2.280 21.500 2,33 · 106 175 0,026 4000
&&
DS2012SF55 5.500 5.600 947 13.500 0,92 · 106 150 0,045 4500
&&
DS2012SF60 6.000 6.100 947 13.500 0,92 · 106 150 0,045 4500
& && &&&
@di/dt = 3A/µs, IF =1000A @di/dt = 3A/µs, IF =2000A @di/dt = 5A/µs, IF =1000A

Tabella 1.1: Caratteristiche di alcuni Diodi normali.


17
Capitolo 1. Diodi

SIGLA VRRM VRSM IF AV IF SM I2 t ϑM AX Rϑc Qrr


(V) (V) (A) (A) (A2 s) (˚C) (˚C/W) (µC)
RM50DA 300 360 50 1.000 4,2 · 103 150 0,6 1,5 &
ESM412006 600 700 210 3.600 64,8 · 103 125 0,133 15 &&
ESM412012 1.200 1.300 210 3.600 64,8 · 103 125 0,133 15 &&
DSF8025SE20 2.000 2.100 385 6.000 180 · 103 150 0,094 540 &&&
DSF8025SE25 2.500 2.600 385 6.000 180 · 103 150 0,094 540 &&&
DSF20060SF60 6.000 6.100 412 6.400 205 · 103 125 0,039 1400 &&&
DSF21060SV60 6.000 6.100 1.090 12.800 819 · 103 125 0,015 1500 &&&
& &&
@di/dt = 50A/µs, IF =50A @di/dt = 50A/µs, IF =200A &&& @di/dt = 100A/µs, IF =1000A
Tabella 1.2: Caratteristiche di alcuni Diodi veloci.
SIGLA VRRM VRSM IF AV IF SM ϑM AX Rϑc
(V) (V) (A) (A) (˚C) (˚C/W)
ISR2020C 20 20 20 150 150 3
ISR2040C 40 40 20 150 150 3
ISR2060C 60 60 20 150 150 3
SR6020C 20 20 60 600 150 0,8
SR6040C 40 40 60 600 150 0,8
SR6060C 50 60 60 600 150 0,8
43CTQ100 100 100 40 850 175 2
89CNQ150A 150 150 80 500 175 0,85
Tabella 1.3: Caratteristiche di alcuni Diodi Schottky.
18
1.5. Comportamento termico 19

Nei Diodi, tranne che nel caso di funzionamento ad altissima frequenza o con
tensioni di alimentazione particolarmente elevate, il dimensionamento termico può
essere, in genere, effettuato prendendo in considerazione solo le perdite dovute alla
caduta di tensione durante il funzionamento in conduzione. A causa dell’andamen-
to non lineare della caratteristica diretta, la determinazione esatta di tali perdite
risulta, comunque, alquanto complessa; usualmente ci si limita, quindi, ad un calco-
lo di prima approssimazione, effettuato sulla base della caratteristica approssimata
riportata con una linea tratteggiata nella fig. 1.2(a).
Con tale approssimazione, indicato con T il periodo di ripetizione della corrente
anodica, la potenza dissipata sul Diodo risulta:
Z T Z T
1 1
Pd = vak (t)ia (t)dt = [Ed + Rd ia (t)] ia (t)dt = Ed I¯a + Rd Ia2 eff (1.5)
T 0 T 0

dove I¯a è il valore medio della corrente anodica e Ia eff il relativo valore efficace.

1.5.2 Dispositivi di dissipazione.


Il dispositivo atto allo smaltimento del calore prodotto dalle perdite localizzate
all’interno dei semiconduttori può essere realizzato impiegando varie tecnologie.
Nei convertitori di piccola potenza (fino a qualche kW) la dissipazione è normal-
mente effettuata in aria libera, mentre, per potenze maggiori, si preferisce in genere,
al fine di ridurre le dimensioni dei dissipatori, impiegare un raffreddamento in aria
forzata.
In applicazioni di media e grande potenza si ricorre spesso anche al raffred-
damento mediante liquido: in generale acqua o olio. Il primo liquido consente un
buono scambio termico ma, anche se demineralizzato, presenta una rigidità dielettri-
ca insufficiente per garantire un adeguato isolamento elettrico tra i vari componenti,
pertanto, nel caso di raffreddamento ad acqua, i dissipatori devono essere isolati
elettricamente dai semiconduttori. Per contro, l’olio presenta, se opportunamente
trattato, una buona rigidità dielettrica ma consente uno scambio termico nettamen-
te inferiore. A sua volta, il liquido viene raffreddato impiegando uno scambiatore di
calore in aria forzata. Uno dei principali pregi del raffreddamento a liquido consiste,
oltre che nella riduzione dello spazio richiesto per il raffreddamento, nella possibilità
di convogliare l’aria lontano dall’apparecchiatura elettronica, evitando accumuli di
sporcizia all’interno di quest’ultima.
Una evoluzione delle tecniche di raffreddamento a liquido, di particolare impor-
tanza nelle applicazioni che richiedono una minimizzazione dello spazio occupato
dal dispositivo di raffreddamento, utilizza il calore latente assorbito dal fluido di
20 Capitolo 1. Diodi

raffreddamento nel passaggio dallo stato liquido a quello di vapore. Le prime rea-
lizzazioni basate su questo fenomeno hanno impiegato un liquido di raffreddamento
(inizialmente il freon) caratterizzato da una buona rigidità dielettrica e da una tem-
peratura di evaporazione di alcune decine di gradi centigradi; le applicazioni attuali,
rinunciando all’isolamento garantito da una buona rigidità dielettrica, fanno ricorso
all’acqua (raffreddamento in acqua bollente).

1.5.3 Determinazione della temperatura di giunzione


Una volta determinata la potenza dissipata nel componente e scelto il dispositi-
vo di dissipazione, è possibile ricavare il valore della temperatura all’interno del
semiconduttore prendendo in considerazione due distinte situazioni:

• funzionamento a regime permanente;

• funzionamento transitorio, dovuto ad un sovraccarico di breve durata.

Funzionamento a regime permanente. La determinazione della temperatu-


ra interna durante il funzionamento a regime permanente richiede la conoscen-
za, oltre che della potenza dissipata e della temperatura dell’aria o del liquido di
raffreddamento, delle seguenti tre resistenze termiche:

• Rϑjc tra la giunzione e il contenitore;

• Rϑcd tra il contenitore e il dissipatore;

• Rϑda tra il dissipatore e l’ambiente esterno (aria o liquido di raffreddamento).

La resistenza termica Rϑjc dipende dal componente ed è fornita dal costruttore.


La resistenza termica Rϑcd dipende dalle modalità di fissaggio del componente all’e-
lemento di dissipazione; in generale anche questa è fornita dal costruttore, assieme
allo sforzo di fissaggio del componente.
La resistenza termica tra dissipatore ed ambiente dipende, oltre che dal tipo
di dissipatore impiegato, dalla modalità di raffreddamento (in aria libera, in aria
forzata a velocità prefissata, a contatto con un liquido).
Limitandosi al caso di raffreddamento in aria, se questo è effettuato in aria libera
la resistenza termica tra dissipatore ed ambiente dipende in maniera considerevole
dalla differenza tra la temperatura del dissipatore e quella dell’aria e, quindi, dalla
potenza dissipata; nella fig. 1.7. è riportato un tipico andamento della resistenza
termica in funzione della potenza dissipata.
1.5. Comportamento termico 21

Quando, invece, il raffreddamento è realizzato in aria forzata con una velocità


dell’aria superiore a qualche m/s, la resistenza termica risulta praticamente indipen-
dente dalla potenza dissipata. Nella fig. 1.8 è riportato, per lo stesso dissipatore,
l’andamento della resistenza termica al variare della velocità dell’aria. Confrontando
le due figure si può constatare che già ad una velocità di 4 m/s la resistenza termica
si riduce a valori notevolmente più piccoli di quelli ottenuti in aria libera.

Rθda (°C/W)
1

0.5

0
0 50 100 P(W)

Figura 1.7: Resistenza termica al variare della potenza dissipata.

Rθda (°C/W)
0.4

0.2

0
0 5 10 v(ms)

Figura 1.8: Resistenza termica al variare della velocità dell’aria.

Note le resistenze termiche e la potenza dissipata Pd , la temperatura di giunzione


ϑj può essere ottenuta dalla seguente relazione:

ϑj = ϑa + Rϑt Pd , (1.6)

essendo:
22 Capitolo 1. Diodi

ϑa la temperatura dell’aria e

Rϑt = Rϑjc + Rϑcd + Rϑda

la resistenza termica tra giunzione e ambiente.


Osservando l’espressione (1.6), è facile ricavare l’analogia esistente tra un cir-
cuito termico ed un circuito elettrico sostituendo alla potenza dissipata l’intensità
della corrente, alla temperatura la tensione e alle resistenze termiche le resistenze
elettriche. La fig. 1.9 mostra tale analogia, evidenziando la corrispondenza tra le
grandezze termiche e quelle elettriche.

Funzionamento transitorio. Lo schema termico riportato nella fig. 1.9 vale solo
per il funzionamento in regime permanente. Nel caso di sovraccarichi di breve durata
bisogna prendere in considerazione anche le capacità termiche dei vari elementi.
Nella fig. 1.10 è riportato uno schema elettrico equivalente, che tiene conto anche
delle capacità termiche del semiconduttore, del contenitore e del dissipatore.

Pd
θ j Rθ jc θ c Rθ cd θ d Rθ da θ a
I Vj R jc Vc R cd Vd R da Va

Figura 1.9: Schema termico in regime permanente.

Vj R jc Vc R cd Vd R da Va

Cj Cc Cd

Figura 1.10: Schema termico in transitorio.

Il circuito equivalente con capacità concentrate illustrato nella fig. 1.10 è valido
solo per fenomeni di durata relativamente elevata (superiore a qualche secondo), per
fenomeni di durata inferiore risulta, invece, necessario ricorrere ad una suddivisione
più fitta delle capacità ottenendo uno schema composto da 6 ÷ 7 celle RC.
Per evitare calcoli complessi, oltre tutto con parametri difficilmente determina-
1.5. Comportamento termico 23

bili, molto spesso il costruttore fornisce una resistenza termica transitoria. Tale
resistenza:

∆ϑj (t)
rϑ (t) = , (1.7)
∆P

dipende, oltre che dal tempo, dal componente, dal dissipatore e dalle modalità di
raffreddamento.
Nella fig. 1.11 è riportato un tipico andamento della resistenza termica transito-
ria nelle seguenti situazioni:
(1) contenitore a temperatura costante;
(2) ventilazione forzata con velocità pari a 3 m/s;
(3) dissipazione in aria libera;

2 rθ (°C) (3)

1.5
(2)
1
(1)

0.5

0 0 1 2 3 4
10 10 10 10 10 t(s)

Figura 1.11: Resistenza termica transitoria.

Osservando la figura, si può rilevare che nel primo intervallo di tempo (nell’e-
sempio una cinquantina di secondi) la resistenza termica non dipende dal tipo di
raffreddamento e nemmeno dal tipo di dissipatore, ma solo dal componente. In que-
sto primo intervallo di tempo, è pertanto possibile definire la resistenza transitoria
sulla sola base del componente impiegato.
Nota la resistenza transitoria, si può immediatamente ricavare la temperatura di
giunzione dovuta ad un sovraccarico di breve durata:

ϑs = ϑp + (Ps − Pp )rϑ (Ts ) (1.8)

in cui: Ts è la durata del sovraccarico; ϑs è la temperatura di giunzione alla fine del


sovraccarico; ϑp è la temperatura a cui si trovava la giunzione prima del sovraccarico;
Ps è la potenza dissipata durante il sovraccarico; Pp è la potenza dissipata prima
del sovraccarico.
24 Capitolo 1. Diodi

1.6 Protezioni
I componenti a semiconduttore sono molto sensibili sia a sovracorrenti che a so-
vratensioni; è dunque necessario provvedere ad adeguati sistemi di protezione, che
devono tenere conto non solo del singolo componente ma dell’intero circuito di po-
tenza. Ad esempio, una interruzione brusca della corrente in un componente può
provocare, a causa delle induttanze presente nel circuito, una sovratensione esagera-
ta su altri componenti. Pertanto, un sistema di protezione, realizzato tenendo conto
separatamente dei singoli componenti, può, a volte, creare inconvenienti maggiori di
quelli che si sarebbero verificati in sua assenza.
Risulta evidente, quindi, che non è possibile effettuare, a livello di componente,
un esame adeguato dei sistemi di protezione; la trattazione che sarà effettuata nel
seguito è pertanto solo indicativa di alcuni accorgimenti locali.

1.6.1 Protezioni contro sovracorrenti


Le principali cause che possono produrre sovracorrenti in un componente di un
circuito di potenza sono:

• sovraccarichi o cortocircuiti che si verificano nel carico;

• mal funzionamenti o cortocircuiti all’interno del convertitore stesso.

Come già evidenziato, i semiconduttori non possono sopportare sovracorrenti


che per tempi molto limitati, che dipendono dall’entità della sovracorrente stessa. È
allora necessario interrompere la sovracorrente prima che questa abbia danneggiato
il componente. A tale scopo, si ricorre sia a protezioni passive (fusibili o interruttori)
sia a protezioni attive (intervento sul pilotaggio di componenti controllati). Le
protezioni attive possono essere impiegate, a livello locale, solo per i componenti
controllati di cui è possibile comandare l’apertura, per quanto concerne la protezione
locale dei Diodi è possibile ricorrere solo a protezioni passive.
In generale, per valutare l’efficienza del sistema di protezione contro le sovra-
correnti occorre fare una distinzione a seconda della velocità di salita della corrente
stessa (di/dt).
Quando il di/dt è così elevato che la sovracorrente può portare alla distruzio-
ne del componente in pochi ms, l’unica protezione passiva efficace è costituita dai
fusibili extra rapidi. Affinché l’intervento del fusibile sia tale da garantire la prote-
zione del componente, occorre che questo abbia interrotto completamente la corrente
prima che la sua area quadratica (i2 t) abbia raggiunto il valore limite ammissibile
1.6. Protezioni 25

per il componente, occorre, cioè, che il fusibile abbia un i2 t inferiore a quello del
componente da proteggere.
Quando, invece, il di/dt è modesto (ad esempio per la presenza di induttanze
di valore elevato), anche l’intervento di un interruttore extra rapido con circuito
di sgancio magnetico può essere sufficiente a proteggere il componente. In questo
caso la caratteristica del componente da prendere in considerazione è la resistenza
termica transitoria.

1.6.2 Protezioni contro sovratensioni


Le sovratensioni che possono verificarsi su un componente quando si trova interdetto
possono essere dovute a varie cause quali:

• sovratensioni presenti sulla alimentazione;

• sovratensioni sulla linea di uscita (ad esempio dovute alla disinserzione di un


carico induttivo);

• commutazione o rottura di un altro componente del circuito.

Inoltre, nei componenti controllati, si possono avere sovratensioni anche all’atto


dello spegnimento del componente stesso.
In generale, il sistema di protezione contro le sovratensioni dovute alla alimenta-
zione o al carico è effettuato in maniera globale per l’intero circuito di conversione,
invece la protezione contro sovratensioni dovute a cause interne viene realizzata sin-
golarmente per ogni componente. Quest’ultima si basa sull’inserzione, in parallelo
al componente, o di un circuito RC serie o di un soppressore di sovratensioni.

Circuito RC. Quando si impiega un circuito RC, il suo dimensionamento deve


essere effettuato prendendo in considerazione, oltre all’ampiezza e alla durata della
sovratensione che potrebbe presentarsi sul componente, anche l’impedenza presente
tra la sorgente della sovratensione e il componente da proteggere.
Si consideri ad esempio il circuito riportato nella fig. 1.12 e si supponga che
all’istante iniziale t = 0 il circuito si trovi a regime con le seguenti condizioni iniziali:

vrd (0) = vc (0) = vi (0) = V0 i(0) = 0.

Se nell’istante t = 0 si verifica, per un intervallo di tempo di durata pari a Ts ,


una sovratensione che porta la tensione vi di ingresso da V0 a V0 + Vs , in assenza
del circuito RC tale sovratensione si ripercuoterebbe (trascurando la capacità del
Diodo) tutta ai capi del Diodo. In presenza del circuito RC, invece, gli andamenti
26 Capitolo 1. Diodi

i
L
vi vrd
vc

Figura 1.12: Circuito di protezione RC.

della tensione applicata al Diodo e della corrente che circola nell’induttanza sono
retti dalle seguenti equazioni differenziali:

di (V0 + Va − vc − Ri)
=
dt L (1.9)
dvc i
= ,
dt C

dove:

V t ∈ (0, Ts )
s
Va =
0 t > Ts .

Derivando la seconda delle (1.9) e sostituendo in essa il valore di di/dt fornito


dalla prima, si ricava:

d2 vc (V0 + Va − vc − Ri)
= . (1.10)
dt2 LC

Sostituendo alla variabile i il suo valore, ricavabile dalla seconda delle (1.9) e
cioè:

dvc
i=C ,
dt

si ottiene, infine:

d2 vc R dvc vc V0 + Va
2
+ + = . (1.11)
dt L dt LC LC

L’equazione differenziale (1.11) presenta i seguenti due autovalori:


r
R R2 1
λ1,2 =− ± 2
− .
2L 4L LC
1.6. Protezioni 27

q
L
Se il valore della resistenza R è maggiore del valore critico, Rc = 2 C
, i due
autovalori sono distinti, in caso contrario essi risultano complessi coniugati:

λ1,2 = α ± jω, (1.12)

in cui:
r
R 1 R2
α=− ω= − 2.
2L LC 4L

In generale, il valore di R viene scelto leggermente minore del valore critico Rc in


modo che il comportamento del circuito LRC risulti di tipo oscillatorio fortemente
smorzato; con tale scelta, l’andamento della tensione vc nell’intervallo (0, Ts ) risulta:

vc (t) = V0 + Vs + eαt (A1 cos ωt + B1 sin ωt) , (1.13)

mentre l’andamento della corrente è fornito dalla seguente espressione:

dvc
i(t) = C = C [(αA1 + ωB1 ) cos ωt + (αB1 − ωA1 ) sin ωt] eαt . (1.14)
dt

I valori dei coefficienti A1 e B1 possono essere ricavati imponendo le condizioni


iniziali:

vc (0) = V0 i(0) = 0,

che consentono di ottenere:

αVs
A1 = −Vs B1 = .
ω

Sostituendo i valori di A1 e B1 nelle (1.13) e (1.14) si ottiene, infine:


h α i
αt
vc (t) = V0 + Vs 1 + e sin ωt − cos ωt
ω
(1.15)
CVs eαt (α2 + ω 2 )
i(t) = .
sin ωt

La tensione inversa applicata al Diodo assume, pertanto, la seguente espressione:


h  i
αt α
vrd (t) = vc (t) + Ri(t) = V0 + Vs 1 − e sin ωt + cos ωt . (1.16)
ω
28 Capitolo 1. Diodi

All’istante t = Ts i valori di vc , i e vrd risultano:


h α i
vc (Ts ) = Vc1 = V0 + Vs 1 + eαTs sin ωTs − cos ωTs
ω
2 2
α +ω
i(Ts ) = I1 = CVs eαTs (1.17)
ω sin ωTs
h  i
αTs α
vrd (Ts ) = Vd1 = V0 + Vs 1 − e sin ωTs + cos ωTs ,
ω

e, se la durata Ts della sovratensione è molto piccola rispetto allo pseudoperiodo


T dell’oscillazione (T = 2π/ω), possono essere approssimati mediante le seguenti
espressioni:

T2
Vc1 ∼
= V0 + s Vs
2LC
T
I1 ∼
s
= Vs (1.18)
L  
T Ts V s
Vd1 ∼
s
= V0 + R + .
2C L

All’istante t = Ts la sovratensione si esaurisce, pertanto, per t > Ts , vc ed i


assumono i seguenti andamenti:

vc (t) = V0 + eα(t−Ts ) [A2 cos ω(t − Ts ) + B2 sin ω(t − Ts )]


i(t) = Ceα(t−Ts ) [(αA2 + ωB2 ) cos ω(t − Ts ) + (αB2 − ωA2 ) sin ω(t − Ts )] ,

con le condizioni iniziali:

vc (Ts ) = V1 i(Ts ) = I1 .

Nella fig. 1.13 è riportato un tipico andamento della tensione inversa applicata
al Diodo nell’ipotesi che Ts sia molto piccolo rispetto allo pseudoperiodo T . Dalla
figura si rileva che la massima sovratensione applicata al Diodo risulta leggermente

Ts Ts Vs
superiore a Vd1 − V0 cioè a R + 2C L
. Tale sovratensione è alquanto minore di
Vs e tanto più piccola quanto minore è il rapporto Ts /T .

Soppressori di sovratensione. La protezione contro sovratensioni può essere


effettuata anche impiegando dei soppressori, realizzati mediante semiconduttori ad
ossido metallico, (Varistor ) collegati in parallelo al componente. Il simbolo e la
caratteristica tipica di un Varistor sono riportati nella fig. 1.14. Per valori assoluti
della tensione inferiore al valore di soglia Vs la corrente che attraversa il Varistor è
molto piccola mentre quando il valore della tensione si approssima a +Vs o a −Vs
1.6. Protezioni 29

rd
o + Vs

Vd1
Vo

Ts t

Figura 1.13: Tensione inversa durante un transitorio.

la corrente aumenta rapidamente. In linea di principio, pertanto, il comportamento


di un Varistor corrisponde a quello di due Diodi Zener posti in serie con polarità
opposta; la tensione di soglia è però più elevata di quella di un Diodo Zener (varie
centinaia di V).

+
I
V

-
-Vs

Vs V

Figura 1.14: Simbolo grafico e caratteristica statica del Varistor.

Per proteggere il componente, la tensione di soglia del Varistor deve essere un


po’ inferiore a quella ammissibile per il componente. Per quanto concerne il dimen-
sionamento in potenza, si può osservare che il Varistor può essere dimensionato in
modo da poter sopportare la presenza di una sovratensione solo una tantum oppure
30 Capitolo 1. Diodi

in modo da poter sopportare anche delle sovratensioni periodiche; in quest’ultimo


caso, ovviamente, esso necessita di un circuito di raffreddamento adeguato.

1.7 Montaggi in serie e in parallelo


È possibile comporre più Diodi in serie, per aumentare il valore della tensione inversa
di blocco, o in parallelo, per aumentare il valore della corrente diretta sopportabile.
In tali composizioni, tuttavia, occorre considerare che le caratteristiche reali dei
vari elementi non sono uguali tra loro per cui, se non si adottano opportuni circuiti
esterni, la ripartizione delle tensioni o delle correnti può risultare alquanto diversa
da elemento ad elemento.

1.7.1 Montaggio in parallelo


Quando due o più Diodi vengono montati in parallelo, per valutare i problemi di
ripartizione delle correnti occorre considerare la possibile dispersione delle caratteri-
stiche dirette dei vari elementi. La fig. 1.14 mostra le caratteristiche dirette estreme
di un tipo di Diodo. Osservando tale figura, si può constatare che se si mettono
in parallelo due Diodi, uno con caratteristica (a) e l’altro con caratteristica (b), le
correnti che attraversano i due Diodi sono molto diverse tra loro. Per ridurre tale
differenza ad un valore accettabile, è necessario montare, in serie ad ogni Diodo, una
resistenza di valore tale che, alla corrente nominale del Diodo, la caduta di tensione
sulla resistenza sia un po’ maggiore della possibile differenza tra le cadute ai capi
dei due Diodi.
Ia

(a) (b)

Vak

Figura 1.15: Caratteristiche dirette estreme.

Nel caso, invece, di collegamento in parallelo di molti Diodi il criterio da seguire


1.7. Montaggi in serie e in parallelo 31

per la scelta delle resistenze non è univoco, in quanto risulta fortemente influenzato
dalle necessità di ridondanza e di sicurezza richieste al circuito.

1.7.2 Montaggio in serie


Quando due o più Diodi vengono montati in serie, la ripartizione delle tensioni
inverse può risultare alquanto diversa da Diodo a Diodo, a causa della diversità
delle caratteristiche inverse.
In questo tipo di montaggio, per migliorare la ripartizione delle tensioni occorre
montare in parallelo a ciascun Diodo una resistenza di valore adeguato. In generale,
quando la serie è costituita da due soli Diodi, le resistenze devono essere scelte in
modo che in ciascuna di esse fluisca una corrente un po’ maggiore della possibile
differenza tra le correnti inverse che, a parità di tensione, fluiscono nei due Diodi.
L’accorgimento descritto assicura una migliore ripartizione delle tensioni inverse
a regime permanente, per avere una buona ripartizione anche durante i transitori
occorre aggiungere, in parallelo a ciascun Diodo, una capacità che, nel caso di due
Diodi, deve essere di valore maggiore della possibile differenza tra le capacità inverse
dei singoli Diodi.
Capitolo 2

Transistor bipolari (BJT)

Fino alla fine degli anni ‘70 i Transistor bipolari (Bipolar Junction Transistors) ve-
nivano impiegati solo in applicazioni caratterizzate da un modesto livello di potenza
(qualche decina di W). Il successivo sviluppo tecnologico ha permesso di elevare il
livello delle potenze manipolabili fino a svariate centinaia di W, quando il Transi-
stor è impiegato in regime lineare, e fino a diverse decine di kW, nei circuiti che
impiegano Transistor funzionanti in regime di commutazione.
In questi ultimi, che saranno gli unici presi in considerazione nel seguito, il Tran-
sistor di potenza viene fatto funzionare alternativamente in zona di interdizione
(Transistor aperto) o in zona di saturazione (Transistor chiuso). Tale tipo di fun-
zionamento (indicato come funzionamento in regime di commutazione), permette di
manipolare elevate potenze con una dissipazione sufficientemente modesta; infatti,
quando il Transistor è interessato da una corrente elevata, la tensione ai suoi capi ri-
sulta dell’ordine del V o di pochi V mentre, quando la tensione è elevata, la corrente
che attraversa il Transistor è molto piccola.
Per ragioni tecnologiche, i BJT che meglio si prestano al funzionamento in regime
di commutazione sono quelli di tipo NPN, eventualmente in connessione Darlington;
pertanto nel seguito si farà sempre riferimento solo a Transistor NPN (il cui simbolo
è riportato nella fig. 2.1(a)).
Il comportamento ideale di un Transistor funzionante in regime di commutazione
può essere assimilato a quello un interruttore (interruttore statico) di cui è possibile
comandare, agendo sulla corrente di base (corrente di pilotaggio), sia l’apertura che
la chiusura. Diversamente da un interruttore elettromeccanico, però, la corrente può
circolare nel Transistor solo in una direzione (cioè dal collettore all’emettitore). Tale
limitazione non è insita nel componente; infatti un Transistor NPN opportunamente
polarizzato può condurre anche in senso inverso; questo tipo di conduzione è però da

33
34 Capitolo 2. Transistor bipolari (BJT)

Ib (A) 10
Ic(A) 9
8
7
6
40 5
4
3
ic 2
C 20
B 1
vce

E 0
0 2 4 Vce (V)
a) b)

Figura 2.1: Simbolo grafico e Caratteristiche statiche di un Transistor NPN.

evitare in quanto avverrebbe, a causa delle dissimmetrie geometriche e del drogaggio


delle diverse zone, con un guadagno di corrente molto più piccolo e con una caduta
di tensione più elevata.
Anche la capacità di blocco inversa (cioè con tensione collettore-emettitore nega-
tiva) risulta molto più modesta di quella di blocco diretta per cui in alcuni circuiti,
nei quali necessiti una elevata capacità di blocco inversa, in serie al Transistor viene
posto un Diodo di blocco.

2.1 Caratteristiche statiche


Anche per i Transistor di potenza, le principali cause di scostamento dal compor-
tamento ideale sono dovute alla caduta diretta, quando il Transistor si trova in
saturazione, e ai fenomeni connessi alle commutazioni. Quando invece il Transistor
è interdetto, purché la tensione applicata sia minore di quella di blocco, la corrente
che lo attraversa risulta sempre del tutto trascurabile al fine della valutazione sia
del comportamento globale del circuito sia delle perdite nel componente.

Caduta diretta. La tensione Vce che si presenta tra collettore ed emettitore quan-
do il transistor lavora in regime di saturazione dipende, oltre che dal tipo di Transi-
stor, dalla sua temperatura di giunzione e dalla corrente Ic di collettore, anche dalla
corrente Ib di pilotaggio.
Nella fig. 2.1(b) è riportata una famiglia di caratteristiche Vce − Ic per vari valori
della corrente di base. Osservando tali caratteristiche, si può constatare che, per
2.2. Comportamento transitorio 35

una assegnata corrente di base, al crescere della corrente di collettore l’andamento


della caduta diretta presenta inizialmente una pendenza abbastanza modesta che
successivamente aumenta in maniera quasi improvvisa (uscita del Transistor dalla
zona di saturazione). Il valore di corrente di collettore alla quale il Transistor esce
di saturazione dipende dalla corrente di pilotaggio e risulta circa proporzionale a
quest’ultima.

2.2 Comportamento transitorio

2.2.1 Commutazione dallo stato di interdizione a quello di


saturazione
Quando alla base di un Transistor, che si trovava interdetto, viene applicato un gra-
dino di corrente, durante un piccolo intervallo iniziale di tempo di durata td (tempo
di ritardo o delay time), il transistor continua a rimanere interdetto. Successiva-
mente la corrente di collettore inizia a crescere, con una pendenza limitata, fino a
raggiungere il valore di regime corrispondente alla situazione di saturazione. Questo
comportamento viene caratterizzato mediante il tempo di salita (rise time) tr , che
rappresenta il tempo necessario affinché la corrente raggiunga un valore prefissato.
In generale, il tempo di ritardo risulta alquanto più piccolo del tempo di salita per
cui, in alcuni cataloghi, i due tempi non vengono riportati separatamente, ma viene
fornito un unico tempo di commutazione, ton , pari alla somma di td e tr .
I tempi di ritardo e di salita dipendono, oltre che dal tipo di Transistor e dal-
la sua temperatura, dalle caratteristiche del circuito di pilotaggio. In particolare,
un aumento della pendenza e/o dell’ampiezza della corrente di base produce una
riduzione sia del tempo di ritardo che di quello di salita.
Durante l’intervallo di tempo in cui la pendenza della corrente è limitata dal
Transistor, la tensione tra collettore ed emettitore dipende solo dal circuito esterno
e può assumere anche valori elevati; in tale intervallo di tempo, pertanto, si può
avere una consistente dissipazione di energia nel Transistor.
Quando la frequenza di commutazione è elevata (alcune decine di kHz), per
evitare che la potenza dissipata nel Transistor a causa dei fenomeni connessi alla
chiusura assuma valori troppo elevati si ricorre spesso (oltre ad una opportuna scelta
dell’andamento della corrente di pilotaggio) all’inserzione di un’induttanza di valore
tale da ridurre il di/dt ad un valore inferiore a quello che sarebbe imposto dal
Transistor stesso; con tale limitazione del di/dt, la commutazione del Transistor
avviene in maniera quasi istantanea e con perdite trascurabili.
36 Capitolo 2. Transistor bipolari (BJT)

2.2.2 Commutazione dallo stato di saturazione a quello di


interdizione

Quando un transistor che si trovava in saturazione viene portato in interdizione,


la corrente di collettore non si porta istantaneamente a zero. Anzi, in un primo
intervallo di tempo di durata ts (tempo di accumulo o storage time), la corrente
permane al valore precedente. Successivamente, la corrente di collettore inizia a
diminuire, con una pendenza praticamente costante; questo comportamento viene
caratterizzato con il tempo di discesa (fall time) tf , inteso come la durata di tempo
intercorrente (in condizioni operative prestabilite) tra l’istante in cui la corrente
inizia a diminuire e quello in cui si annulla.
I due tempi ts e tf dipendono dal tipo di Transistor, dalla temperatura di giunzio-
ne, dai valori delle correnti di base e di collettore applicate durante la saturazione e
dal circuito di pilotaggio del Transistor di potenza. Mentre il tempo di accumulo rap-
presenta essenzialmente un ritardo tra l’istante in cui si comanda l’apertura e quello
in cui il Transistor incomincia ad aprirsi, durante il tempo di discesa il Transistor
esce di saturazione; pertanto al suo interno può prodursi una elevata dissipazione
di energia. Come si vedrà in seguito, la potenza dissipata a causa della commuta-
zione può venire ridotta inserendo una capacità tra il collettore e l’emettitore del
Transistor.

2.2.3 Capacità

Nei convertitori alimentati con tensioni di ampiezza modesta, i fenomeni connessi alle
capacità presenti nelle due giunzioni del Transistor sono in genere trascurabili. In
alcuni convertitori, con elevate tensioni di alimentazione, invece, la capacità presente
sulla giunzione base-collettore può produrre dei fenomeni che devono essere presi in
considerazione in fase di progettazione del convertitore.
Si consideri ad esempio un Transistor interdetto con la base aperta e con una
tensione vce nulla e si applichi una tensione diretta tra collettore ed emettitore con un
elevato dv/dt. In assenza di fenomeni capacitivi, la corrente di collettore rimarrebbe
nulla; in realtà, invece, la corrente di collettore presenta un andamento impulsivo e
può raggiungere intensità non trascurabili.
Il fenomeno può essere descritto, con buona approssimazione, sostituendo alla
capacità distribuita nella giunzione una capacità concentrata Cbc connessa tra la base
e il collettore del Transistor. Il valore di tale capacità dipende, come per i Diodi,
dalla tensione applicata e, per valori di quest’ultima superiori a qualche V, può
2.3. Area di sicurezza (SOAR) 37

essere considerata inversamente proporzionale alla radice quadrata della tensione:

K
Cbc = √ . (2.1)
Vcb

Durante la fase di salita della tensione vce , il condensatore è attraversato da una


corrente che, trascurando la caduta di tensione vbe tra base ed emettitore, risulta
pari a:

dvce
i = Cbc (vcb ) . (2.2)
dt

Questa corrente, iniettata in base, viene amplificata dal Transistor e, quindi,


produce una corrente di collettore decine di volte più elevata.
L’accorgimento più semplice, per ridurre l’entità della corrente iniettata in base,
è quello di inserire una resistenza Rbe , di valore adeguato, tra la base e l’emettitore;
in tal modo, infatti, una consistente aliquota della corrente capacitiva non viene più
iniettata nella base ma attraversa la resistenza Rbe .
Un ulteriore miglioramento può essere ottenuto polarizzando negativamente la
base del transistor con una tensione dell’ordine di qualche V; con tale accorgimento,
che, come si vedrà in seguito, risulta utile anche per aumentare il valore della tensione
sopportabile dal Transistor, l’intensità della corrente di collettore si riduce ad un
valore dello stesso ordine di grandezza di quella che attraversa la capacità e cioè
decine di volte più piccolo di quello che si sarebbe ottenuto con la base aperta.
Oltre a quello descritto, la presenza di una capacità tra collettore e base presen-
ta anche l’inconveniente di ridurre la velocità di discesa della tensione vce quando
inizia il pilotaggio del Transistor, in quanto sottrae corrente al pilotaggio. Tale in-
conveniente può venire ridotto applicando, durante la commutazione, una corrente
di pilotaggio maggiore di quella necessaria a regime permanente.

2.3 Area di sicurezza (SOAR)


Nel funzionamento a regime permanente la zona di impiego di un Transistor è defini-
ta come area di sicurezza (Safe Operating ARea, SOAR). In un diagramma, tensione
collettore-emettitore corrente di collettore, tale area, come mostrato nel diagramma
logaritmico di fig. 2.2, è limitata da quattro curve:

• massima corrente continuativa sopportabile;

• massima tensione collettore-emettitore sopportabile;

• massima potenza dissipabile;


38 Capitolo 2. Transistor bipolari (BJT)

• breakdown secondario.

La massima corrente continuativa sopportabile è un valore, fornito dal costrutto-


re, indipendente dalla tensione Vce . Essa è definita sulla base della massima densità
di corrente continuativa sopportabile dagli elementi che compongono l’assemblaggio
del Transistor (silicio, metallizzazioni, saldature, connessioni, etc.)
La massima tensione collettore-emettitore sopportabile dipende dalle modalità
di pilotaggio; nel definire la SOAR normalmente si fa riferimento alla Vceo cioè alla
massima tensione sopportabile con il circuito di base aperto (corrente di base nulla).
Altre definizioni di tensione massima sopportabile sono, in ordine crescente del valore
di tensione:

• Vcer se la base è connessa all’emettitore mediante una resistenza di valore


prefissato;

• Vces se la base è cortocircuitata verso l’emettitore;

• Vcex se la base è polarizzata negativamente, rispetto all’emettitore, con una


f.e.m. prefissata (eventualmente con in serie una resistenza).

I c (A)

10

Vce (V)
0.1
1 2 5 10 20 50 100

Figura 2.2: Andamento tipico della SOAR.

Nella fig. 2.3 è riportato un tipico andamento della tensione Vcer al variare della
resistenza posta tra emettitore e base; in corrispondenza ad R = 0 la tensione è pari
a Vces , mentre quando R tende all’infinito la tensione tende a Vceo .
La curva di massima potenza dissipabile dipende dal dimensionamento del cir-
cuito di raffreddamento e, in un diagramma logaritmico, ha un andamento lineare:
2.3. Area di sicurezza (SOAR) 39

Vcer (V)
120

110

100

90

80
10 100 1000 Rbe (Ω)

Figura 2.3: Dipendenza di Vcer dalla resistenza di base.

Pd
Ic = , (2.3)
Vce
in cui Pd è la massima potenza dissipabile. La curva fornita dal costruttore si riferisce
ad una determinata temperatura del contenitore ϑcx (in generale pari a 25 ◦ C). Per
temperature del contenitore più elevate la potenza dissipabile diminuisce in maniera
lineare fino ad annullarsi in corrispondenza alla massima temperatura ammissibile
per la giunzione (ϑc max ); si ha cioè:

ϑc max − ϑc
Pd (ϑc ) = Pd (ϑcx ) ,
ϑc max − ϑcx

in cui Pd (ϑcx ) è la potenza dissipabile alla temperatura ϑcx .

Il breakdown secondario è un fenomeno di degrado termico che si verifica in


tutti i Transistor bipolari (NPN o PNP) al di sopra di una determinata tensione
quando, a causa del gradiente di tensione lungo la base, alcuni punti della giunzione
collettore-base raggiungono un valore termico instabile. L’inizio del breakdown se-
condario si manifesta con una improvvisa diminuzione della resistenza interna, con
conseguente riduzione (fino a qualche decina di V) della tensione Vce ; in tale situazio-
ne, se la corrente di collettore non risulta limitata dal circuito esterno, il transistor
si distrugge rapidamente. Le limitazioni imposte dal breakdown secondario sono in
genere alquanto stringenti nei Transistor adatti per funzionare ad elevate tensioni
(Transistor triplo-diffusi) mentre risultano molto meno restrittive nei Transistor a
bassa tensione (Transistor epitassiali).
40 Capitolo 2. Transistor bipolari (BJT)

L’andamento della curva di breakdown secondario è del tipo:

K
Ic = , (2.4)
Vcen

con n maggiore di 1 (in generale 2.5 ÷ 3).


Le due curve, relative alla massima potenza dissipabile e al breakdown seconda-
rio, hanno quindi la posizione relativa riportata nella fig. 2.4. Nella parte superiore
(Ic grande) il limite di funzionamento è dovuto alla potenza dissipabile, nella parte
inferiore, invece, tale limite è dovuto al breakdown secondario. Il valore massimo
di corrente di collettore imposto, per ogni valore della tensione Vce , dalla curva di
breakdown secondario viene indicato come Is/b ; tale valore diminuisce, oltre che
all’aumentare della tensione Vce , all’aumentare della temperatura di giunzione. In
generale, la diminuzione percentuale della Is/b è minore di quella della potenza dis-
sipabile; pertanto la prevalenza del fenomeno del breakdown secondario rispetto a
quello dissipativo risulta più accentuato alle basse temperature.

Potenza
Ic massima

Breakdownsecondario

Vce

Figura 2.4: Limitazioni dovute alla potenza massima e al breakdown secondario.

Funzionamento impulsivo. Nel funzionamento impulsivo, le limitazioni dovute


alla potenza massima dissipabile e al breakdown secondario diventano tanto meno
restrittive quanto minore è la durata dell’impulso. Nella fig. 2.5 è riportato un
tipico andamento della SOAR in regime continuativo (linea continua) ed in regime
impulsivo (linee tratteggiate).
Osservando la figura, si può constatare che la corrente massima in regime im-
pulsivo è maggiore di quella continuativa. Inoltre, quando la durata dell’impulso è
sufficientemente piccola (nella figura 0.1 ms), il breakdown secondario non compor-
ta più alcuna limitazione; per impulsi più corti di un secondo valore limite (nella
figura 10 ms) non sussiste più neanche la limitazione e dovuta alla massima potenza
2.4. Transistor particolari: Darlington 41

I c (A) 0.01ms

0.1
m
1m s

s
10

s
100

m
10

Vce (V)
0.1
1 2 5 10 20 50 100

Figura 2.5: SOAR in regime continuativo ed impulsivo.

dissipabile. Ovviamente, occorre tenere comunque conto della potenza dissipata per
dimensionare il dissipatore e per determinare la temperatura di giunzione.

Area di sicurezza con pilotaggio inverso. L’area di sicurezza descritta si rife-


risce ad una polarizzazione diretta della base del Transistor ed è quindi utilizzabile
sia durante il funzionamento in regime lineare sia durante la fase di chiusura del
Transistor. Durante la fase di apertura, invece, per ridurre i tempi di commutazione
la base del Transistor viene spesso polarizzata inversamente; in tale condizione ope-
rativa, occorre fare riferimento ad una diversa area di sicurezza che viene indicata
come SOAR inversa o RBSOAR.
L’area di sicurezza inversa, un cui andamento tipico è illustrato nella fig. 2.6,
risulta molto diversa da quella diretta ed è fortemente influenzata dal valore del-
la corrente inversa applicata alla base del Transistor, riducendosi all’aumentare di
quest’ultima.

2.4 Transistor particolari: Darlington


La corrente di base, necessaria per portare un Transistor in saturazione, aumenta
all’aumentare della corrente sopportabile. Nelle applicazioni che richiedono elevate
correnti di collettore, per ridurre la corrente di pilotaggio, si ricorre molto spesso al-
l’impiego di più Transistor (due o anche tre Transistor) in configurazione Darlington;
42 Capitolo 2. Transistor bipolari (BJT)

100 I c (A)
I b =-10A
80
I b =-5A
I b =-2A
60 I b =-1A
40

20
Vce (V)
0
0 100 200 300 400 500 600

Figura 2.6: SOAR inversa.

tale configurazione consente, infatti, di ottenere un maggiore guadagno di corrente


e quindi, a parità di corrente di collettore, richiede una corrente di pilotaggio più
contenuta.
Come mostrato nella fig. 2.7, relativa ad una configurazione a due Transistor,
quando il Darlington viene fatto funzionare in regime di commutazione è necessario
inserire, tra la base e l’emettitore di ciascun Transistor, una resistenza atta a ridurre
gli effetti dovuti alla corrente di dispersione dei due Transistor.

B
T1
T2

E
Figura 2.7: Configurazione Darlington.

Osservando la struttura di fig. 2.7, si può dedurre che, quando il Darlington si


trova in saturazione, la tensione Vce2 presente ai suoi capi è pari alla somma tra la
tensione Vbe2 , applicata tra la base e l’emettitore del Transistor di potenza T2 , e la
tensione Vce1 di saturazione del Transistor di pilotaggio T1 . Pertanto, la tensione di
saturazione del Darlington risulta più elevata di quella propria del Transistor T2 .
Per quanto concerne la fase di apertura, si può rilevare che durante tutto il
tempo di accumulo del Transistor T1 , il Transistor di potenza continua ad essere
pilotato; pertanto, il tempo complessivo di accumulo risulta pari alla somma dei
2.5. Specifiche fornite dal costruttore 43

tempi di accumulo dei due Transistor mentre il tempo di discesa coincide con quello
del Transistor di potenza. Va comunque osservato che la tensione di collettore del
Transistor di potenza è sempre superiore a quella di base; pertanto il Transistor
di potenza non si trova in una situazione di saturazione spinta e presenta tempi
di apertura abbastanza contenuti. Una sensibile riduzione dei tempi di apertura,
specialmente di quello di accumulo, può essere ottenuta inserendo un Diodo, con
il catodo connesso alla base di T1 , tra le basi dei due Transistor, in modo tale da
consentire una contropolarizzazione anche alla base di T2 ; affinché tale riduzione
sia effettiva, è però necessario che il circuito di pilotaggio sia in grado di assorbire,
durante lo spegnimento, una corrente alquanto più elevata di quella che fornisce per
mantenere il Darlington in saturazione.
Per quanto concerne la fase di chiusura, si può infine osservare che il Transistor
proporzionalmente più sollecitato è quello di pilotaggio, che entra per primo in con-
duzione; inoltre, pur di fornire una corrente di pilotaggio con un tempo di salita
molto piccolo e con un elevato forzamento iniziale, i tempi complessivi di ritardo e
di salita risultano praticamente coincidenti con quelli di T2 .
Nei Darlington di media potenza, i due Transistor sono, in genere, integrati in
una unica pasticca di silicio. La tecnologia impiegata per realizzare tali componenti
comporta la presenza di un Diodo di circolazione, con il catodo connesso al collettore
del Transistor di potenza e l’anodo connesso all’emettitore dello stesso Transistor.
Il Diodo è, in generale, in grado di sopportare una corrente continuativa dello stesso
ordine di grandezza di quella del Transistor; per contro esso presenta spesso tempi di
commutazione alquanto maggiori di quelli tipici di un Diodo veloce di eguale taglia.
Molto spesso i Darlington di potenza più elevata, pur essendo racchiusi in un
unico contenitore, sono realizzati impiegando più pasticche di silicio; in questo caso,
il Darlington può essere realizzato con un unico Transistor di pilotaggio e con diversi
Transistor di potenza collegati in parallelo tra loro.

2.5 Specifiche fornite dal costruttore


I principali dati forniti dal costruttore possono essere suddivisi in due gruppi:

• dati relativi al comportamento statico;

• dati relativi al comportamento transitorio.


44 Capitolo 2. Transistor bipolari (BJT)

2.5.1 Dati relativi al comportamento statico


Oltre alle massime tensioni dirette applicabili (Vceo , Vcer , Vces , Vcex ) e alle massi-
me correnti sopportabili in funzionamento continuativo (Ic max ) e impulsivo (Icp ),
vengono in genere specificate:

• la massima tensione applicabile tra collettore e base (Vcbo ), che risulta sempre
molto vicina alla Vcex ;

• la massima tensione inversa tra base ed emettitore (Vebo );

• la tensione di saturazione base-emettitore (Vbe sat ), per vari valori di Ic e Ib ;

• la tensione di saturazione collettore-emettitore (Vce sat ), per vari valori di Ic e


Ib ;

• il rapporto minimo tra le correnti di collettore e di base che assicura che la


tensione di saturazione sia inferiore ad un valore prefissato (hf e sat );

• l’andamento della SOAR in funzionamento continuativo e impulsivo (in gene-


rale per ϑc = 25 ◦ C), in corrispondenza ad un pilotaggio del Transistor che
mantenga sempre una polarizzazione diretta della base;

• la corrente di breakdown secondario (Is/b ), in corrispondenza a varie tensioni


Vce .

2.5.2 Dati relativi al comportamento transitorio


Per quanto riguarda il comportamento transitorio, vengono in genere forniti i tempi
di commutazione td , tr , ts e tf , in corrispondenza a varie condizioni operative, il
valore della capacità Cbc , in corrispondenza a vari valori della tensione Vce , e la
resistenza termica transitoria. Alcune volte viene anche riportato l’andamento della
SOAR inversa.
Al fine di fornire una indicazione sui valori tipici dei vari parametri, nella tab.
2.1 sono riportati i valori dei principali parametri, per diversi tipi di Transistor di
varie taglie.

2.6 Circuito di pilotaggio


Il circuito di pilotaggio di un Transistor di potenza, funzionante in regime di com-
mutazione, deve provvedere a:
SIGLA VCBO VCEO ICM ICP hf e,sat ton ts tf ϑmax Rϑjc
(V) (V) (A) (A) (µs) (µs) (µs) (˚C) (˚C/W)
BJT
2N5838 275 250 3 5 8-40 0,86 1 0,4 200 1,75
2N6249 300 200 10 30 10-50 2 3,5 1 200 1
2.6. Circuito di pilotaggio

2N6547 400 15 30 6 – 30 1 4 0,7 200 1


BUV61 200 50 75 0,55 0,6 0,07 200 0,7
BUV298AV 450 50 75 12 0,45 2,2 0,2 150 0,5
BUT32V 300 80 120 16 0,35 1,9 0,12 150 0,5
BUF460AV 450 80 160 15 0,3 4,5 0,1 150 0,41
BUT232V 300 140 210 17 0,6 3 0,25 150 0,41
ST1803DFH 1.500 600 10 15 5 – 20 2,7 0,3 150 3,125
BUW1015 1.500 700 14 18 5 – 14 1,5 0,11 150 0,78
BUH2M20AP 2.000 1.200 30 40 > 10 150 6,25
DARLINGTON
ESM3045DV 450 24 36 120 0,5 2,1 0,15 150 1
ESM4045DV 450 42 63 220 0,7 3,2 0,25 150 0,83
ESM2030DV 300 67 100 300 0,8 2 0,35 150 0,83
ESM2012DV 120 120 180 1.200 0,3 0,9 0,15 150 0,7

Tabella 2.1: Caratteristiche di alcuni Transistor.


45
46 Capitolo 2. Transistor bipolari (BJT)

• fornire una corrente di pilotaggio sufficiente a mantenere il Transistor in satu-


razione, quando questo deve essere chiuso;

• assicurare una buona commutazione del transistor, sia nella fase di apertura
che in quella di chiusura.

Per soddisfare la prima specifica, occorre che il dispositivo di pilotaggio sia in


grado di fornire una corrente leggermente superiore a quella ricavabile dai dati di
saturazione del Transistor.
La specifica di assicurare una buona chiusura del Transistor può essere soddisfat-
ta imponendo che il tempo di salita della corrente di pilotaggio sia inferiore al tempo
di ritardo del Transistor. È inoltre conveniente, anche per ridurre l’influenza della
capacità Cbc , che durante la commutazione del Transistor la corrente di pilotaggio
sia alquanto più elevata di quella richiesta a regime permanente.
I requisiti necessari per assicurare una buona apertura del Transistor sono in-
vece di più difficile definizione, in quanto dipendono dalla tecnologia costruttiva
del Transistor di potenza. Per alcuni di essi, infatti, la migliore commutazione si
ottiene applicando una f.e.m. inversa con una bassa impedenza serie. Per altri,
invece, è conveniente limitare il di/dt della corrente inversa assorbita dalla base.
Risulta comunque conveniente, al fine di aumentare il valore di tensione diretta sop-
portabile dal transistor, mantenere una leggera polarizzazione inversa durante tutto
l’intervallo di tempo in cui il Transistor si trova interdetto. Occorre inoltre tenere
presente che, come già evidenziato, una corrente inversa troppo elevata può provo-
care una consistente riduzione della SOAR inversa. Molto spesso, comunque, le case
costruttrici consigliano il tipo di pilotaggio più opportuno.
Nella fig. 2.8 è riportato lo schema di un tipico circuito di pilotaggio. Quando
si desidera che il Transistor di potenza (T P ) entri in conduzione, il segnale vi di
ingresso viene portato alto in modo tale da portare in conduzione i Transistor T4 ,
T3 e T1 ed in interdizione il Transistor T2 .
In questa situazione, una volta esaurito il transitorio di commutazione, alla base
del Transistor di potenza viene applicata una corrente all’incirca uguale al rapporto
tra la differenza tra la tensione positiva di alimentazione V1 e la tensione Vbe di
saturazione di T P e la resistenza R1 .
Il ramo, composto da R2 e C2 , posto in parallelo alla resistenza R1 , serve per
fornire una sovracorrente di pilotaggio durante la chiusura di T P . In generale, la
resistenza R2 viene scelta pari ad 1/3 ÷ 1/4 di R1 mentre la capacità C2 deve essere
tale da assicurare che la costante di tempo R2 C2 di decadimento della sovracorrente
risulti pari a qualche ms.
2.6. Circuito di pilotaggio 47

V1
C2
R2 R1
T3
vi T4 T1
TP
T2
R3

-V2
Figura 2.8: Tipico circuito di pilotaggio.

Quando, invece, si desidera che il transistor di potenza venga spento, il segnale di


ingresso viene portato basso, in modo tale da portare in conduzione il Transistor T2
ed in interdizione i Transistor T1 , T3 e T4 . Il valore di picco della corrente drenata
dalla base di T P , durante la fase di apertura, risulta quindi circa pari al valore
assoluto della tensione negativa di alimentazione V2 divisa per la resistenza R3 .
Un accorgimento, molto spesso impiegato per diminuire la durata dei tempi di
apertura, è quello di evitare che, durante la fase di conduzione, il Transistor di
potenza possa trovarsi in una situazione di saturazione molto spinta. Impiegando
tale accorgimento, il Transistor si trova a condurre in regime quasi lineare e la sua
apertura risulta molto più veloce; per contro, la caduta di tensione e le perdite di
conduzione risultano un po’ più elevate di quelle corrispondenti al funzionamento in
saturazione.
La condizione di non saturazione può essere ottenuta applicando due diverse
tecniche di pilotaggio. La prima consiste nel fare in modo che la corrente di pilotaggio
sia sempre proporzionale, secondo un coefficiente leggermente inferiore al massimo
valore di 1/hf e sat , alla effettiva corrente di collettore. La seconda, di più semplice
realizzazione, consiste, invece, nell’imporre che durante la fase di conduzione la
tensione di collettore del Transistor di potenza non diventi mai inferiore alla sua
tensione di base. La fig. 2.9 riporta due accorgimenti che permettono di realizzare
quest’ultima condizione.
Quando si impiega un circuito di pilotaggio atto a prevenire che il Transistor
si trovi in una regione di saturazione molto spinta, la durata del tempo di discesa
può venire ulteriormente ridotta se la controtensione viene applicata alla base del
48 Capitolo 2. Transistor bipolari (BJT)

C2

R2 R1

T1
TP
T2

R3

(a)

C2

R2 R1

T1
TP
T2

(b)

Figura 2.9: Soluzioni per ridurre la saturazione del Transistor di potenza.

transistor di potenza solo dopo che quest’ultimo ha iniziato ad aprirsi. A tale scopo
si può impiegare un circuito di pilotaggio, più complesso di quello riportato nella
fig. 2.9, in cui, dopo che T1 si è aperto, si attende che la tensione di collettore del
Transistor di potenza abbia raggiunto un valore pari a 5 ÷ 6 V prima di portare in
conduzione T2 .

Pilotaggio con disaccoppiamento galvanico. In molti convertitori, ad esempio


in quelli realizzati con strutture a ponte o a semiponte, gli emettitori dei diversi
Transistor di potenza non si trovano tutti allo stesso potenziale. Risulta, quindi,
2.7. Protezioni 49

necessario disaccoppiare galvanicamente i circuiti di pilotaggio di almeno una parte


dei Transistor dal circuito di controllo dell’intero convertitore.
Il disaccoppiamento può essere ottenuto impiegando un trasformatore o un ac-
coppiatore ottico. Quando si impiega un trasformatore, questo può essere utilizzato
per trasferire tutta la potenza necessaria per il pilotaggio del Transistor oppure solo
a livello di segnale. In entrambi i casi, per evitare che il trasformatore funzioni
a bassa frequenza, il segnale di pilotaggio viene modulato, con una frequenza di
modulazione superiore ad alcune decine di kHz.
Quando, invece, si impiega un accoppiatore ottico, questo può, ovviamente, es-
sere utilizzato solo a livello di segnale. Risulta, pertanto, necessario provvedere ad
un circuito di alimentazione atto a fornire le tensioni di alimentazione dei circuiti
di pilotaggio disaccoppiate tra loro. La scelta del tipo di accoppiatore ottico da
utilizzare deve essere effettuata prendendo in considerazione, oltre ai tempi di pro-
pagazione, la tensione di isolamento ed il massimo valore del dv/dt sopportabile tra
il circuito di trasmissione e quello di ricezione senza introdurre disturbi; attualmente
sono disponibili fotoaccoppiatori, con schermo elettrostatico a griglia interposto tra
il ricevitore ed il trasmettitore, che consentono di sopportare dei valori di dv/dt
dell’ordine della decina di kV/ms.

2.7 Protezioni
Come nella trattazione effettuata per i Diodi, anche in questo paragrafo ci si limiterà
a prendere in considerazione solo i sistemi di protezione locali, senza addentrarsi nelle
metodologie di coordinamento delle protezioni.

Protezioni contro sovracorrenti. Tra i vari semiconduttori, il Transistor è il


componente che consente una più efficace protezione attiva contro le sovracorrenti,
infatti i tempi di ritardo (ts e tf ) tra il comando di apertura e l’apertura stessa sono
sempre alquanto contenuti.
Per rilevare la necessità di intervento della protezione si possono impiegare varie
tecniche. Quella più diretta è basata sulla misura della corrente di collettore o
di emettitore del Transistor. Un’altra tecnica, notevolmente semplice, è di tipo
indiretto e si basa sulla determinazione dell’uscita del Transistor dalla saturazione;
tale determinazione viene effettuata mediante il confronto tra la tensione Vce ed una
tensione leggermente superiore a quella di saturazione.
Entrambe le tecniche descritte sono in grado di assicurare una efficace protezione
del transistor quando le induttanze presenti nel circuito sono tali da garantire che
la corrente di collettore non possa variare in maniera troppo rapida.
50 Capitolo 2. Transistor bipolari (BJT)

Quando, invece, le induttanze sono molto piccole, durante l’intervallo di tempo


(che nel caso di impiego di Darlington può raggiungere qualche decina di ms) che
intercorre tra l’istante in cui la corrente supera il valore di guardia che determina
l’intervento della protezione e quello in cui il Transistor è effettivamente spento, la
corrente può raggiungere un valore eccessivo. In questo caso, può risultare conve-
niente anticipare il rilevamento della sovracorrente, effettuando anche una misura,
sia pure approssimativa, della sua derivata.

Protezioni contro sovratensioni. La protezione normalmente impiegata per


proteggere un Transistor da sovratensioni consiste nell’inserzione di un condensa-
tore tra collettore ed emettitore. In realtà, come si vedrà nella seconda parte del
corso, il condensatore non viene inserito direttamente in parallelo al Transistor, ben-
sì mediante un circuito, costituito da un Diodo ed una resistenza, atto ad evitare
l’insorgere di una elevata corrente durante la fase di chiusura del Transistor.
L’inserzione di un condensatore in parallelo al Transitor consente di ridurre, oltre
al valore della sovratensione, anche quello delle perdite localizzate nel Transistor du-
rante la fase di apertura. In generale, anzi, il dimensionamento della capacità viene
effettuato prendendo in considerazione essenzialmente le perdite durante la fase di
apertura. In molte applicazioni, il valore di capacità scelto sulla base di quest’ulti-
ma esigenza risulta sufficiente anche per proteggere il Transistor da sovratensioni; in
caso contrario, è necessario introdurre un ulteriore circuito di protezione che, molto
spesso, viene progettato in modo da permettere la protezione contemporanea di più
Transistor di potenza.
Un altro accorgimento, necessario in presenza di carichi induttivi, consiste nell’in-
serzione di un Diodo, detto di libera circolazione, atto a creare una via di passaggio
della corrente quando il Transistor viene interdetto.

2.8 Montaggio in parallelo


Mentre il montaggio di più Transistor in serie è estremamente raro, il montaggio in
parallelo è più frequente.
Per ripartire in maniera uniforme le correnti che fluiscono nei vari Transistor col-
legati in parallelo occorre considerare separatamente il funzionamento in conduzione
e quello in commutazione.
Durante la conduzione, la ripartizione delle correnti può non risultare uniforme a
causa dei diversi valori del guadagno in corrente (hf e ) e delle tensioni di saturazione
(Vbe sat e Vce sat ); la maggiore causa di non uniforme ripartizione della corrente è
comunque costituita dalle differenze tra i valori della Vbe sat , che comportano una
2.8. Montaggio in parallelo 51

diversa corrente di base. Come nel caso dei Diodi, un consistente miglioramento
nella ripartizione delle correnti durante la conduzione può essere ottenuta inserendo,
in serie all’emettitore e/o alla base di ciascun Transistor, una resistenza di valore
opportuno.
Le principali cause di non uniforme ripartizione della corrente durante le commu-
tazioni sono, invece, costituite da diversi valori dei parametri dinamici dei Transistor
e da diversi valori delle induttanze dei collegamenti.

Figura 2.10: Montaggio in parallelo.

Un primo accorgimento, che consente di migliorare la ripartizione delle correnti


durante le commutazioni, è quindi quello di scegliere una struttura geometrica del
circuito più simmetrica possibile e di adottare un circuito di pilotaggio tale da ridur-
re i tempi di commutazione. In molti casi, risulta, comunque, necessario inserire, in
serie ad ogni Transistor, una induttanza in modo da equilibrare il di/dt. Come mo-
strato nella fig. 2.10, è conveniente che le induttanze siano mutuamente accoppiate
tra loro. Infatti, con l’accoppiamento riportato nella figura, il circuito presenta una
piccola induttanza (solo quella dispersa) verso le variazioni in modo comune della
corrente mentre l’induttanza relativa alla differenza delle due correnti risulta uguale
a circa quattro volte il valore della singola induttanza.
Capitolo 3

Transistor ad effetto di campo


(MOSFET)

I Transistor bipolari presentano l’inconveniente di avere tempi di commutazione che,


per potenze elevate, superano il ms e quello di richiedere, per garantire una buona sa-
turazione, una corrente di pilotaggio di appena un ordine di grandezza inferiore alla
corrente di collettore. Inoltre, in molti BJT, occorre valutare con oculatezza l’anda-
mento della tensione e della corrente durante la fase di spegnimento, onde evitare di
uscire dalla SOAR inversa. Tutti i problemi precedentemente elencati possono venire
superati, o almeno sostanzialmente ridotti, impiegando una tecnologia ad effetto di
campo. Pertanto, a partire dalla fine degli anni ’70, hanno iniziato ad essere dispo-
nibili, con varie sigle (VFET, TMOS, SIPMOS, HEXFET, POWERMOS, VDMOS)
a secondo della ditta costruttrice e della tecnologia impiegata, Transistor di potenza
ad effetto di campo. Il nome più diffusamente impiegato per indicare questo tipo di
componente, senza con questo indicare un tipo particolare, è quello di MOSFET.

3.1 Struttura dei Transistor MOSFET


La tecnologia impiegata per la realizzazione dei MOSFET, il cui simbolo grafico è
quello riportato nella fig. 3.1, ha subito una rapida evoluzione, nella seconda metà
degli anni ’80, al fine sia di aumentarne le prestazioni sia di ridurre, a parità di
prestazioni, le dimensioni del silicio.
Le realizzazioni proposte, a parte i VFET, sono abbastanza simili tra loro, dif-
ferendo essenzialmente per la geometria costruttiva. Una delle strutture più rile-
vanti, dalla quale si sono successivamente sviluppati gli IGBT, è quella denominata
VDMOS, acronimo di Vertical Diffusion MOSFET.

53
54 Capitolo 3. Transistor ad effetto di campo (MOSFET)

Drain(D)

Gate(G)

Source(S)

Figura 3.1: Simbolo grafico del MOSFET.

Un dispositivo VDMOS è costituito dalla connessione in parallelo di molte cel-


le simili, per conferire al dispositivo la capacità di condurre correnti elevate. La
densità delle celle elementari, che formano un unico transistor, si aggira intorno ad
alcune centinaia di migliaia di unità, nel caso il dispositivo debba sopportare elevate
tensioni. La struttura di una cella di un VDMOS a canale n è illustrata nella fig.
3.2.
Il processo di costruzione del dispositivo parte dalla deposizione di un substrato
n fortemente drogato, indicato con n+ , sul quale viene fatto crescere, mediante
tecnica epitassiale, un altro strato, detto epi-layer, drogato con il medesimo tipo di
carica ma con una concentrazione minore. Lo spessore e la resistività dell’epi-layer
determinano la massima tensione applicabile tra il drain e il source del dispositivo.
Successivamente, all’interno dell’epi-layer viene creata una zona con drogaggio di

Vdd

Vgs
gate

source SiO2

n+ Inversion

Depletion
p+ ids
Body Region

n-
Epi Layer

Substrate n+

drain

Figura 3.2: Sezione della struttura fisica di un VDMOS.


3.1. Struttura dei Transistor MOSFET 55

tipo p, indicata in figura come body region; infine, si realizza una zona n+ , che viene
collegata al terminale di source. Il gate, costituito da polisilicio, risulta isolato dal
resto del dispositivo mediante un sottile strato di ossido.
Applicando una tensione positiva tra gate e source, nella body region viene in-
dotta una zona formata da elettroni, e pertanto detta di inversione, che costituisce
il canale di conduzione della corrente tra il terminale di drain e quello di source.
In generale, nella stessa pasticca di silicio viene realizzato anche il Diodo di
circolazione, posto tra Drain e Source del MOSFET.

Id
Vgs (V)
(A) 7

40 6

30 5.5

5
20

4.5
10

0 1 2 250 Vds (V)

Figura 3.3: Caratteristiche statiche di un MOSFET.

La fig. 3.3 presenta una famiglia di caratteristiche Id − Vds , per vari valori
della tensione Vgs . La linea tratteggiata, sovrapposta alle caratteristiche, delimita la
zona, denominata ohmica, caratterizzata da tensioni Vds modeste da quella attiva.
Occorre evidenziare, inoltre, che se la tensione Vds supera quella massima consentita
(in figura 250 V), la corrente cresce in maniera netta provocando una immediata
rottura del dispositivo.
I Transistor MOSFET, in zona ohmica, si comportano essenzialmente come delle
resistenze variabili, il cui valore è controllato agendo sulla tensione di controllo
applicata tra Gate e Source. Quando la tensione di controllo è sufficientemente
elevata (superiore a 6 ÷ 8 V) la resistenza tra Drain e Source si riduce a valori
molto piccoli Rds(on) , mentre quando la tensione di pilotaggio è nulla la resistenza
tra Drain e Source diventa molto elevata Rds(of f ) . La resistenza Rds(on) assume valori
dell’ordine di un Ω nei componenti adatti a sopportare alte tensioni e basse correnti
mentre scende al di sotto del decimo di Ω nei componenti per basse tensioni ed
elevate correnti. Occorre, inoltre, tenere presente che tale resistenza presenta un
56 Capitolo 3. Transistor ad effetto di campo (MOSFET)

coefficiente di temperatura positivo; pertanto a parità di corrente, un incremento di


temperatura provoca un aumento della resistenza e quindi delle perdite, al contrario
di quanto avviene nei Transistor bipolari, che presentano tensioni di saturazione
decrescenti all’aumentare della temperatura di giunzione.
Il circuito equivalente di un MOSFET è notevolmente complesso e le varie case
costruttrici riportano circuiti equivalenti, diversi tra loro, ricavati tenendo conto
delle peculiarità del loro prodotto. Nella fig. 3.4 è riportato un circuito equivalente
semplificato nel quale sono state evidenziate solo le principali capacità presenti ed un
MOSFET ideale, caratterizzato da tempi di commutazione trascurabili. I tempi di
commutazione del dispositivo sono, pertanto, dovuti essenzialmente alle capacità ed
in particolare alla capacità C2 , il cui effetto è amplificato dal guadagno del MOSFET.

C2
C3
G
C1
S

Figura 3.4: Circuito equivalente semplificato di un MOSFET.

3.2 Principali differenze tra MOSFET e BJT


Rispetto ai BJT, i MOSFET presentano il vantaggio di avere tempi di commutazione
(e quindi perdite di commutazione) notevolmente più piccoli e di assorbire, una
volta avvenuta la commutazione, una corrente di pilotaggio estremamente ridotta.
Inoltre i MOSFET non presentano fenomeni di breakdown secondario; infine i ridotti
tempi di commutazione e la proprietà di avere una resistenza di on con coefficiente
di temperatura positivo consentono il collegamento in parallelo senza particolari
accorgimenti. Per contro, almeno per i Transistor ad alta tensione, la caduta di
tensione diretta dei MOSFET è sensibilmente maggiore di quella di un BJT. Come
già messo in evidenza, i tempi di commutazione dei MOSFET sono essenzialmente
dovuti alla presenza di una capacità tra Gate e Drain; pertanto, per realizzare tempi
di commutazione molto ridotti, è necessario che il circuito di pilotaggio presenti una
piccola impedenza serie. Nella fig. 3.5 sono riportati i tempi di commutazione di un
MOSFET in funzione della impedenza del circuito di pilotaggio, avendo assunto che
3.2. Principali differenze tra MOSFET e BJT 57

la sua f.e.m. assuma i valori 0 e 10 V. Come si può constatare, a parità di f.e.m.,


i tempi di commutazione risultano praticamente proporzionali alla resistenza serie
del circuito di pilotaggio.

t (µs) tr ts t
f
td
1

0.01

0.01
10 100 1000 R (Ω)

Figura 3.5: Tempi di commutazione al variare dell’impedenza del circuito di


pilotaggio.

I tempi di chiusura possono venire ridotti anche aumentando la f.e.m. del circuito
di pilotaggio. Bisogna però tenere presente che ogni MOSFET presenta un limite ben
preciso alla massima tensione sopportabile tra Gate e Source (nei MOSFET attuali
tale limite, inizialmente di 15 ÷ 20 V, è di circa 30 V) e non sopporta sovratensioni,
anche di breve durata. Quando la f.e.m. del circuito di pilotaggio è elevata risulta
prudente, per evitare sovratensioni transitorie troppo elevate, inserire tra Gate e
Source un Diodo Zener con una tensione di Zener un po’ inferiore alla massima
tensione sopportabile.
Al fine di fornire una indicazione sui valori tipici dei vari parametri, nella tab.
3.1. sono riportati i valori dei principali parametri di alcuni MOSFET.
Capitolo 3. Transistor ad effetto di campo (MOSFET)

SIGLA VDS ID IDM RDS(on) td(on) tr td(of f ) tf ϑmax Rϑjc


(V) (A) (A) (Ω) (ns) (ns) (ns) (ns) (˚C) (˚C/W)
IRF7494 200 5.9 24 40 · 10−3 9,4 28 39 20 150 3,6
2SK3337-01 1000 7 28 1,54 25 50 160 70 150 0,49
2SK2640-01MR 500 10 40 0,73 25 70 70 45 150 2,5
2SK3598-01 100 20 80 47 · 10−3 12 3,8 23 8,5 150 2,5
2SK3644-01 100 30 120 34 · 10−3 16 23 31 16 150 1,667
2SK3594-01 200 30 120 50 · 10−3 20 17 53 19 150 0,926
2SK1020 500 30 92 0,18 60 300 600 300 150 0,416
2SK3218-01 150 40 160 37 · 10−3 21 95 115 60 150 0,93
2SK3216-01 100 50 200 20 · 10−3 23 130 110 65 150 0,93
IRFPS3810 100 170 670 9 · 10−3 24 270 45 140 175 0,26
Tabella 3.1: Caratterstiche di alcuni MOSFET
58
Capitolo 4

Transistor bipolari con gate isolato


(IGBT)

I Transistor MOSFET trovano ampio impiego nei convertitori alimentati con una
tensione sufficientemente bassa da permettere l’impiego di semiconduttori con una
portata in tensione dell’ordine di qualche centinaia di V. Per tensioni superiori,
le prestazioni dei MOSFET si degradano (in particolare aumentano la dimensione
della pasticca di silicio, i tempi di commutazione ed il valore della resistenza di
on). Si è quindi pensato di realizzare componenti che sfruttino i vantaggi insiti
in entrambe le tecnologie (bipolare e ad effetto di campo). Dopo vari tentativi
di combinare circuitalmente BJT e MOSFET si è giunti all’integrazione delle due
tecnologie ottenendo gli IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor ).

4.1 Struttura degli IGBT


Gli IGBT, il cui simbolo è riportato nella fig. 4.1(a), sono stati sviluppati nell’ultimo
decennio del secolo scorso e rappresentano, attualmente, i componenti più interes-
santi per i convertitori caratterizzati da una tensione compresa tra alcune centinaia
e qualche migliaia di V e da una potenza fino all’ordine di qualche MVA. Come mo-
strato nella fig. 4.1(b), la struttura fisica di un IGBT è ottenuta dalla combinazione
di uno o più BJT con un transistor ad effetto di campo di tipo VDMOS, illustrato
nel capitolo precedente, e presenta, rispetto a quest’ultimo, un layer aggiuntivo di
tipo p+ sul collettore. Tale architettura conferisce al dispositivo la caratteristica di
alta impedenza di ingresso, tipica del MOSFET, e una capacità di conduzione della
corrente simile a quella di un BJT.
Il funzionamento di un IGBT può essere spiegato, in linea di principio, sulla

59
60 Capitolo 4. Transistor bipolari con gate isolato (IGBT)

gate

Emitter
SiO2 SiO2
Collector
+ + Body region
n n

J3 Ls
p
Gate
J2 Drift region
n-

J1 n+ Buffer layer

Emitter Injecting layer


p+

Collector
(a) (b)

Figura 4.1: Simbolo grafico e struttura fisica dell’IGBT.

base di un semplice circuito equivalente; infatti, dalla struttura fisica del compo-
nente illustrata nella fig. 4.1, è possibile ricavare lo schema equivalente a parametri
concentrati riportato nella fig. 4.2. Osservando tale figura, si può constatare che,
se si applica al gate una tensione positiva rispetto all’emettitore, il MOSFET di in-
gresso entra in conduzione, polarizzando direttamente la giunzione base-emettitore
del BJT Q1 ; la sua accensione provoca, quindi, la modulazione della conducibilità
della regione n− , il cui è effetto è stato schematizzato nella fig. 4.2 con la resistenza
Rdrif t .

Rdrift
Q1

G Q2

Figura 4.2: Modello semplificato di un IGBT.

Nella struttura complessiva di un IGBT sono presenti anche alcuni componenti


4.2. Caratteristiche degli IGBT 61

parassiti, il più importante dei quali è il BJT di tipo NPN, indicato nel circuito equi-
valente con Q2 . Tale BJT parassita forma con Q1 una struttura a controreazione,
che potrebbe causare una conduzione non controllata dell’IGBT; il funzionamento
di tale struttura sarà illustrato con maggior dettaglio nel capitolo successivo. La
possibilità di innesco indesiderato del BJT parassita viene, pertanto, evitata ridu-
cendo la resistività, mediante un forte drogaggio della zona di strato p al di sotto
dell’emettitore (body region).
La riduzione a zero della tensione vge determina lo spegnimento del componente,
provocato dalla pressoché istantanea scomparsa della corrente attraverso il canale
del MOSFET di ingresso. In questa situazione, Q1 si viene a trovare con la base
aperta e, pertanto, l’eccesso di portatori minoritari presenti inizia a decadere per
ricombinazione. La corrente di uscita prodotta dai portatori minoritari (corrente di
coda) decresce con andamento esponenziale e costante di tempo pari al tempo di
vita dei portatori stessi. Occorre, infine, osservare che in fase di spegnimento del
dispositivo, a causa della elevata capacità tra gate e collettore ed in corrispondenza
a consistenti valori di dvce /dt, si potrebbero verificare fenomeni di riaccensione. Per
evitare tale inconveniente, lo spegnimento del componente deve avvenire applicando
una tensione vge negativa e dell’ordine di una decina di Volt.
Le principali caratteristiche che rendono vantaggioso l’impiego degli IGBT sono
le seguenti:

• pilotaggio simile a quello di un MOSFET, cioè con assorbimento di corrente


solo durante le commutazioni;

• tempi di commutazione molto contenuti rispetto a quelli di un BJT di uguale


portata (in genere inferiori al ms);

• tensioni massime sopportabili molto maggiori di quelle applicabili ad un MO-


SFET, senza pesante degrado delle prestazioni;

• minori problemi, rispetto ad un BJT, per soddisfare i requisiti connessi alla


SOAR inversa.

Per contro, specialmente nelle prime realizzazioni, la caduta di tensione diretta


di un IGBT è maggiore di quella di un BJT, anche in configurazione Darlington.

4.2 Caratteristiche degli IGBT


Le prime famiglie di IGBT presentavano due diversi valori della Vce massima, pari a
500 V e a 1000 V, ed una Vce di saturazione, in corrispondenza alla corrente nominale
62 Capitolo 4. Transistor bipolari con gate isolato (IGBT)

di collettore, dell’ordine dei 5 ÷ 6 V. Successivamente le tensioni standard sono state


elevate a 600 V e 1200 V e la Vce di saturazione è scesa sotto i 3 V. Negli ultimi
anni, infine, sono stati realizzati IGBT per applicazioni ad alta tensione, denominati
High-Voltage IGBT, in grado di sopportare tensioni di alcune migliaia di V. Nella
fig. 4.3 sono riportate alcune caratteristiche statiche, nelle vicinanze della regione di
saturazione, di un IGBT avente una Vce massima pari a 1700 V ed una corrente di
collettore massima di 120 A. Come si può notare, gli andamenti delle caratteristiche
di uscita di un IGBT sono molto simili a quelle di un Transistor bipolare, pur
presentando una uscita dalla saturazione molto più marcata.

Figura 4.3: Caratteristiche statiche di un IGBT.

Nella tab. 4.1 sono riportati i valori dei principali parametri di IGBT di di-
versa taglia; la tabella permette di intuire il largo campo di impiego di questi
semiconduttori.
SIGLA VCES IC PC VCEsat tr ton tf tof f
(V) (A) (W) (V) (µs) (µs) (µs) (µs)

CM50DY-12H 600 50 250 2,1 0,3 0,5 0,3 0,5


1MB10D-120 1.200 16 135 3,5 0,11 0,27 0,5 2
4.2. Caratteristiche degli IGBT

MG120V2YS40 1.700 120 1.200 3,2 0,1 0,2 0,5 0,9


MG180V2YS40 1.700 180 1.800 3,2 0,1 0,2 0,5 0,9
MG200Q1US41 1.200 200 1.400 3 0,3 0,4 0,2 0,8
MG200Q2YS41 1.200 200 1.300 3 0,3 0,4 0,2 0,8
MG240V1US41 1.700 240 2.400 3,2 0,1 0,5 0,5 1
MG400Q1US41 1.200 400 2.400 3 0,3 0,4 0,2 0,8
MG600Q1US41 1.200 600 3.600 3 0,3 0,4 0,2 0,8
CM800HB-66H 3.300 600 10.420 3,8 2 3,6 1 3,5
CM900HB-90H 4.500 900 11.100 3 2,4 4,8 1,2 7,2
CM1200HB-66H 3.300 1200 15.600 3,8 2 3,6 1 3,5
FZ 600 R 65 KF1 6.300 1.200 11.400 4,3 0,37 1,12 0,4 5,9

Tabella 4.1: Caratterstiche di alcuni IGBT


63
Capitolo 5

Raddrizzatori controllati al silicio

I Raddrizzatori Controllati al Silicio (Silicon Controlled Rectifiers) sono anche chia-


mati Thyristors (da cui la dizione italiana Tiristori che verrà impiegata nel seguito)
e rappresentano il componente fondamentale per i convertitori di più elevata potenza
e, in generale, per la maggioranza dei convertitori alimentati in corrente alternata.
Come riportato nella fig. 5.1(a), i Tiristori sono dispositivi a semiconduttore a
quattro strati, PNPN, e presentano tre elettrodi: anodo (A), catodo (K) e elettrodo
di controllo o gate (G). Nella fig. 5.1(b) è riportato il simbolo grafico del Tiristore
mentre nella fig. 5.2 è riportata la costruzione meccanica nel caso di esecuzione
normale fig. 5.2(a) e (b) e in quello di esecuzione Press Pack (fig. 5.2(c)).

Anodo
(A) A
a) b)
P
Gate N
(G) P
N
Catodo
(K) K

Figura 5.1: Struttura fisica e simbolo grafico del Tiristore.

Dal punto di vista ideale, i Tiristori possono essere considerati come degli in-
terruttori che possono condurre in un’unica direzione e di cui è possibile, mediante
un opportuno segnale di pilotaggio applicato all’elettrodo di controllo, comandare
la chiusura.

65
66 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

a) b) Terminale c)
catodico (K)
Conduttore
catodico (C) Terminale
Conduttore gate (G)
gate (G)
Giunti Conduttore Terminale
ermetici catodico (segnale
) catodico
Isolante
N
P Anello
N saldato Conduttore
gate
P

Semiconduttore
Terminale
Terminale Gambo anodico
anodico (A) filettato

Figura 5.2: Costruzione meccanica del Tiristore.

Una volta chiuso, il comportamento di un Tiristore risulta del tutto analogo a


quello di un Diodo e non è più influenzato dalla tensione, o dalla corrente, applicata
all’elettrodo di controllo. L’apertura del Tiristore è quindi determinata solo dal
circuito di potenza al quale il Tiristore è connesso.

5.1 Caratteristiche statiche

5.1.1 Caratteristica anodica


Il comportamento statico di un Tiristore può essere sintetizzato mediante la caratte-
ristica esterna riportata nella fig. 5.3 dove Ia è la corrente che fluisce nel componente
e Vak è la tensione applicata fra anodo e catodo.

Ia
Regione ad alta
4 conduzione

3*
Vpi Ig 2
0 Vak
1
Regione di Regione di
blocco inverso blocco diretto

Figura 5.3: Caratteristica statica del Tiristore.

Quando la tensione anodica è negativa (tratto 0-1 della caratteristica) il com-


portamento del Tiristore è del tutto simile a quello di un Diodo polarizzato inver-
samente. Infatti se la tensione inversa si mantiene minore di Vpi (tensione di picco
inversa) il Tiristore è in stato di interdizione ed è interessato solo da una piccola
corrente di dispersione.
5.1. Caratteristiche statiche 67

Quando la tensione inversa diventa maggiore di Vpi si verifica un effetto Zener;


la corrente inversa sale e, ad eccezione dei Tiristori del tipo a valanga controllata
o di quelli epitassiali, si verifica la distruzione del componente per perforazione di
una delle giunzioni. Anche nel caso in cui non si verifichi perforazione, comunque,
la possibilità di funzionamento con tensione inversa maggiore di Vpi è limitata dalla
massima dissipazione ammissibile per il componente.
Per valori positivi della tensione anodica, se questa viene incrementata lenta-
mente e se la corrente Ig applicata all’elettrodo di controllo viene mantenuta nulla,
fino a quando la tensione anodica è inferiore alla tensione di picco diretta Vd (trat-
to 0-2 della caratteristica) il Tiristore si mantiene nello stato di interdizione con
una corrente anodica molto piccola (Tiristore aperto). Quando invece la tensione
anodica diventa maggiore di Vd la corrente anodica sale velocemente fino al valore
Ih (corrente di tenuta o di hold ); a questo punto si verifica l’innesco e la tensione
decresce bruscamente portandosi sul tratto 3-4 della caratteristica che corrisponde
alla regione ad alta conduzione (Tiristore chiuso).
Applicando all’elettrodo di controllo una corrente positiva, l’innesco del Tiristore
avviene per valori della tensione anodica minori di Vd ; per un opportuno valore di
Ig (Ig = Ig∗ ), che dipende dal tipo di Tiristore utilizzato, l’innesco avviene appena
la tensione anodica diventa positiva e la caratteristica statica del Tiristore diviene
simile a quella di un Diodo.
Una volta avvenuto l’innesco, se il carico è tale per cui la corrente anodica si
mantiene maggiore della corrente di tenuta Ih (il cui valore è in realtà leggermente
diverso all’atto dell’accensione e a quello dello spegnimento) il Tiristore si mantiene
in zona di alta conduzione anche se la corrente di pilotaggio viene annullata in
quanto, come sarà posto in luce, l’innesco è un procedimento a reazione positiva.

5.1.2 Meccanismi di innesco

Per giustificare, almeno in linea di principio, il funzionamento di un Tiristore, si può


osservare che questo può essere considerato come costituito da due Transistor, uno
PNP e l’altro NPN, connessi secondo lo schema di fig. 5.4.
Impiegando per la descrizione del funzionamento dei Transistor i parametri hf e ,
si può scrivere:

Ic1 = hf e1 Ib1 + (1 + hf e1 ) Icb01


(5.1)
Ic2 = hf e2 Ib2 + (1 + hf e2 ) Icb02
68 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

A A A
Ia
P P
N N N I c2
P I c1
G P G P G
N N Ig I b2
K K K

Figura 5.4: Modello semplificato del Tiristore.

Dalle (5.1), essendo:

Ice01 = (1 + hf e1 ) Icb01
Ice02 = (1 + hf e2 ) Icb02 ,

si ricava:

Ic1 = hf e1 Ib1 + Ice01


(5.2)
Ic2 = hf e2 Ib2 + Ice02 .

Tenendo conto che:

Ib1 = Ic2
Ic2 = Ic1 + Ig ,

e che la corrente anodica Ia è pari alla somma delle due correnti di collettore, Ic1
e Ic2 , il comportamento statico del Tiristore può, quindi, essere descritto mediante
uno dei due schemi a blocchi illustrati nella fig. 5.5, nei quali si nota la presenza di
un anello di reazione positiva con guadagno pari a hf e1 hf e2 .

I ceo2 I ceo1
Ig + Ib2 + + + + + + Ia
h fe 2 h fe1
+ Ic 2
Ic b I c2

I ceo2 I ceo1
Ig + I b2 h fe 2 + + Ic 2 + + Ia
1+ h fe1
+
+
h fe1
+
I ceo1

Figura 5.5: Schemi a blocchi relativi al comportamento statico del Tiristore.

Quando il guadagno d’anello è minore dell’unità, la corrente anodica Ia , che


5.1. Caratteristiche statiche 69

risulta uguale a:

(1 + hf e2 ) Ice01 + (1 + hf e1 ) (Ice02 + hf e2 Ig )
Ia = , (5.3)
1 − hf e1 hf e2

è molto piccola.
Ricordando che il valore del guadagno hf e di un Transistor varia, in funzione
della corrente di emettitore, con un andamento del tipo di quello riportato nella fig.
5.6, si può concludere che, quando Ig è nullo e la tensione Vak è minore di Vd , la
condizione di guadagno d’anello minore dell’unità è verificata e pertanto la corrente
anodica è molto piccola.

hfe

Ie

Figura 5.6: Andamento di hf e in funzione di Ie .

Se, sempre con una tensione Vak minore di Vd , si applica all’elettrodo di controllo
una corrente di pilotaggio positiva, le correnti di emettitore dei due Transistor, e di
conseguenza anche il guadagno di anello, aumentano; pertanto, quando la corrente
di pilotaggio raggiunge un valore tale per cui il prodotto hf e1 ∗ hf e2 diventa maggiore
di uno, il funzionamento del Tiristore diventa instabile e la corrente anodica risulta
limitata solo dal circuito di potenza nel quale il Tiristore è inserito.
La transizione dallo stato di interdizione a quello di conduzione avviene in pochi
ms. Una volta terminato l’innesco, fino a quando la corrente anodica rimane mag-
giore di Ih il valore del guadagno d’anello si mantiene maggiore dell’unità; pertanto,
anche se la corrente di pilotaggio si annulla, il Tiristore rimane nella regione ad
alta conduzione. Il meccanismo di innesco descritto giustifica anche l’innesco do-
vuto ad una tensione anodica maggiore della massima tensione di picco diretta Vd
(il cui valore dipende dalla temperatura del semiconduttore); infatti, all’aumentare
della tensione aumentano le correnti di dispersione e, quindi, i valori dei guadagni
in corrente.
L’innesco può avvenire anche se, senza raggiungere il valore Vd , la tensione ano-
dica sale in maniera molto rapida (cioè con un dv/dt troppo elevato); il rapido
70 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

incremento della tensione, infatti, produce, a causa delle capacità presenti tra i vari
strati del semiconduttore messe in evidenza nella fig. 5.7, delle correnti transitorie
nei due Transistor che possono portare il prodotto hf e1 hf e2 ad un valore maggiore
dell’unità.

Figura 5.7: Capacità parassite del Tiristore.

Usualmente, l’innesco del Tiristore viene ottenuto applicando all’elettrodo di


controllo una corrente maggiore di Ig∗ ; le altre due modalità sono, invece, da evitare
sia perché non consentono una chiusura controllata del componente sia perché, in
molti casi, possono produrre una accensione localizzata in una piccola parte del
semiconduttore e, quindi, tale da comportare la distruzione del componente stesso.
In alcuni tipi particolari di Tiristori (Light Activated Silicon Controlled Rectifier
- LASCR), infine, l’innesco viene ottenuto, invece che iniettando una corrente di
controllo, mediante l’illuminazione di una delle giunzioni del semiconduttore.

5.1.3 Caratteristica dell’elettrodo di controllo


Notevole importanza, al fine di ottenere una buona accensione del Tiristore, riveste
la conoscenza delle caratteristiche dell’elettrodo di controllo, cioè della giunzione
P-N costituita dall’elettrodo di controllo G e dal catodo K.
L’andamento di tale caratteristica presenta però una elevata dispersione, in di-
pendenza delle condizioni operative. A titolo di esempio, nella fig. 5.8(a) sono
riportate le caratteristiche estreme (A e B) per un determinato tipo di Tiristore al
variare sia della temperatura di giunzione sia del valore della tensione anodica. La
zona tratteggiata nella figura rappresenta l’area di possibile accensione del Tiristore
al variare della temperatura tra -55 e +125 ◦ C; sono inoltre indicate le curve, a
5.1. Caratteristiche statiche 71

potenza dissipata costante, che individuano i limiti di dissipazione termica ammis-


sibile, sia per conduzione continua dell’elettrodo di controllo, sia per conduzione ad
impulsi e per diversi valori del rapporto γ = τ /T , essendo τ la durata dell’impulso
di corrente e T il periodo di ripetizione dell’impulso stesso.
Nella figura, sono anche riportati i valori massimi di tensione e di corrente sop-
portabili dalla giunzione; il valore massimo della corrente dipende dalla taglia del
Tiristore, mentre il valore massimo della tensione risulta praticamente indipendente
dal tipo di Tiristore e pari a circa 10 V. Occorre inoltre tenere presente che alla
giunzione G-K non può essere applicata una tensione inversa superiore a circa 5 V,
per evitare la sua perforazione.
Nella fig. 5.8(b), l’area di possibile accensione è rappresentata ingrandita e sono
stati messi in evidenza i due valori di tensione e di corrente (minima tensione di
sicura accensione e minima corrente di sicura accensione) che garantiscono l’accen-
sione del Tiristore. Si può notare che la minima tensione di sicura accensione risulta
praticamente indipendente dal valore della temperatura di giunzione; viceversa, la
minima corrente di sicura accensione presenta una cospicua dipendenza dal valore
della temperatura. Nella figura, è anche riportato il valore della massima tensione
di pilotaggio che garantisce la non accensione del Tiristore. Vale la pena di osser-
vare che quest’ultimo valore è molto piccolo; il circuito di pilotaggio deve, pertanto,
venire progettato con particolare cura al fine di evitare l’insorgere di disturbi che
potrebbero portare ad accensioni indesiderate del Tiristore.
La fig. 5.8(a) mostra che l’area di possibile accensione presenta punti molto pros-
simi alla curva di massima potenza dissipabile in regime continuativo (nella figura
0.5 W). Risulta quindi difficile, se si desidera mantenere applicato il pilotaggio per
lunghi intervalli di tempo, scegliere la caratteristica del circuito di pilotaggio (am-
piezza a vuoto Eg della tensione di pilotaggio e resistenza interna Rg ) in modo tale
da garantire l’accensione del Tiristore in qualunque condizione operativa evitando
di superare la massima potenza continuativa dissipabile. Inoltre, come si vedrà in
seguito, in molte applicazioni è conveniente, al fine di migliorare la commutazione,
che la corrente di pilotaggio sia alquanto maggiore di quella di sicura accensione.
Nei circuiti in cui si è sicuri che, nell’istante in cui si inizia il pilotaggio, la
tensione anodica applicata al Tiristore sia positiva ed inoltre che, in tutto l’intervallo
di tempo durante il quale si desidera che il Tiristore sia chiuso, la sua corrente
anodica si mantenga sempre maggiore del valore di tenuta, è sufficiente impiegare,
per il pilotaggio, un impulso di corrente di durata pari a 6 ÷ 8 ms. In questo caso,
quindi, la potenza di pilotaggio che occorre prendere in considerazione è quella di
picco sopportabile dalla giunzione; tale potenza è, in genere, molto prossima a quella
72 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

Vg ( V)
B
10 Tensione max=10V

8 γ = 0.1

Potenza max

3.5W
istantanea= 5W
6 Area di sicura

1W
accensione

2W
4 0.5W Corrente
γ = 0. 15 max = 2A

2 γ = 0.5 γ = 0.25
A
γ= 1

0
0 0.5 1 1.5 2 I g (A)

(a) possibili punti di funzionamento


= 125°C

= -55°C

Vg
(V)
θ θ
g

Min. corrente di
sicura accensione
Min. tensione di
sicura accensione
Area di possibile
accensione
θg = 125°C
Max. tensione di non accensione
Ig (mA)
(b) area di possibile accensione

Figura 5.8: Caratteristica dell’elettrodo di controllo.

dissipabile con un rapporto γ uguale a 0.1.


Quando una delle condizioni precedenti non è soddisfatta, risulta necessario man-
tenere il pilotaggio per tutto l’intervallo di tempo durante il quale si desidera che
il Tiristore rimanga chiuso; in questa situazione, è conveniente ricorrere ad un pilo-
taggio costituito da un treno di impulsi (di durata analoga a quella già definita) e
con un rapporto γ dell’ordine di 0.1 ÷ 0.3.
Noto il rapporto γ, è possibile fissare i valori di Eg ed Rg in modo tale che,
come mostrato nella fig. 5.9, la caratteristica del circuito di pilotaggio non superi
la curva della massima potenza dissipabile e sia abbastanza lontana dall’area di
possibile accensione. Molto spesso i valori più opportuni di Eg ed Rg sono forniti
5.1. Caratteristiche statiche 73

dal costruttore stesso.

Vg
B
Potenza
massima
eg

Caratteristica
+ + attuale
Rg Ig
eg Vg
- -
A

eg/Rg Ig

Figura 5.9: Punto di lavoro del circuito di accensione.

Nel caso di Tiristori di grossa taglia (e cioè in grado di sopportare elevati valori
della corrente anodica) il valore della corrente che deve essere applicata all’elettrodo
di controllo, per ottenere una buona commutazione, può risultare molto elevato.
Per evitare l’impiego di un circuito di pilotaggio in grado di fornire tutta la corrente
necessaria per la commutazione, può risultare vantaggioso adottare lo schema ripor-
tato nella fig. 5.10(a), in cui la corrente di pilotaggio del Tiristore RC1 † è fornita
da un altro Tiristore, RC2 , che, essendo di taglia molto più ridotta, richiede una
piccola corrente di pilotaggio.

A
A
P
N
RC2 RC1
P
R N N
G
a) b)
K K G

Figura 5.10: Tiristore a gate amplificato.

Il circuito riportato nella fig. 5.10(a) viene di solito realizzato, come riportato
nella fig. 5.10(b), in una struttura integrata sulla stessa pasticca di silicio; i Tiristori

Nei disegni i Tiristori sanno indicati con la sigla RC (Raddrizzatore Controllato) in quanto la
sigla T è già stata impiegata per i Transistor.
74 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

realizzati secondo tale tecnica prendono il nome di Tiristori ad elettrodo amplificato


(Amplifying Gate).

5.2 Comportamento transitorio

5.2.1 Commutazione dallo stato di interdizione a quello di


conduzione
Quando un Tiristore, che si trova interdetto, viene innescato, la conduzione non
avviene in maniera istantanea su tutta la superficie della giunzione ma ha inizio
nell’intorno dell’elettrodo di controllo e si propaga, con velocità finita, nella giun-
zione. Pertanto, durante la fase di innesco, l’intensità di corrente che può fluire
nella giunzione senza provocare pericolosi surriscaldamenti locali non è subito pari
a quella massima sopportabile dal Tiristore ma presenta un andamento, del tipo di
quello riportato nella fig. 5.11. Osservando la figura, si può notare che la corrente
anodica presenta un ritardo iniziale di durata pari a td (tempo di ritardo), simile a
quello di un transistor e dipendente dalle caratteristiche dell’impulso di accensione;
successivamente, la presenza di una controreazione positiva fa si che l’andamento
della corrente risulti praticamente indipendente dal componente e condizionato so-
lo dal circuito esterno. Durante la fase di salita della corrente la tensione anodica
diminuisce lentamente. Pertanto, durante la commutazione si verifica, all’interno
del componente, una dissipazione di energia, che risulta tanto maggiore quanto più
elevato è la pendenza della corrente (cioè il di/dt); occorre quindi garantire che
tale pendenza non superi un valore prefissato, dipendente dal tipo di componente
utilizzato.
La velocità di propagazione dell’innesco è influenzata dalla forma d’onda della
corrente di pilotaggio ed aumenta al crescere del valore di picco e della pendenza
di quest’ultima. Pertanto anche il valore del di/dt sopportabile dal componente
dipende, oltre che dalla sua costituzione, dalle caratteristiche del circuito di pilotag-
gio. Normalmente, per i Tiristori atti a sopportare un elevato di/dt (dell’ordine di
svariate centinaia di A al ms) i costruttori forniscono anche le caratteristiche della
forma d’onda di pilotaggio che garantisce il di/dt specificato.

5.2.2 Commutazione dallo stato di conduzione a quello di


interdizione
Come già posto in evidenza, il passaggio dallo stato di conduzione a quello di inter-
dizione (spegnimento) non può essere controllato agendo sull’elettrodo di controllo
5.2. Comportamento transitorio 75

ig

Vak t

t
ia
90%

10%
t
td tr

Figura 5.11: Andamento di tensione e corrente nella fase di chiusura.

ma dipende solo dal circuito anodico.


Il meccanismo di spegnimento consiste nel fare avvenire la totale ricombinazione
delle cariche libere, presenti nel semiconduttore durante la conduzione. La condizio-
ne fondamentale perché ciò possa avvenire, è che si annulli la corrente anodica o, più
precisamente, che questa scenda ad un valore inferiore alla corrente di tenuta. La
ricombinazione delle cariche libere richiede un certo tempo ts (tempo di spegnimento
o turn-off time). Prima che sia trascorso, a partire dall’inizio dello spegnimento,
un intervallo di tempo di durata pari a ts , il Tiristore non ha riacquistato la sua
proprietà di blocco; pertanto, qualora gli venga applicata una tensione anodica po-
sitiva, il Tiristore ritorna a condurre, anche se l’ampiezza della tensione anodica è
minore di Vd e non è presente alcuna corrente di pilotaggio.
Sulla base della durata del tempo di spegnimento, i Tiristori possono essere
suddivisi in due distinte famiglie:

• Tiristori lenti (o per commutazione da rete) che presentano un tempo di spegni-


mento compreso tra alcune decine di ms (per i Tiristori di piccolissima potenza)
a svariate centinaia di ms (per quelli di potenza più elevata);

• Tiristori veloci (o per commutazione forzata) che presentano tempi di spe-


gnimento che, a seconda della potenza, possono variare dal ms ai 40 ÷ 50
ms.

Il tempo di spegnimento è influenzato, oltre che dalla tecnologia costruttiva


76 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

del Tiristore, dalla temperatura di giunzione, dall’intensità della corrente applicata


durante la conduzione, dalla sua velocità di discesa, dalla tensione applicata tra
anodo e catodo e dalla polarizzazione dell’elettrodo di controllo. In particolare, il
tempo di spegnimento aumenta all’aumentare della temperatura e della corrente
anodica mentre diminuisce all’aumentare della velocità di discesa della corrente,
della tensione inversa applicata tra anodo e catodo e della polarizzazione inversa
dell’elettrodo di controllo.
A seconda della velocità di discesa della corrente anodica e del valore della ten-
sione inversa applicata al Tiristore durante la ricombinazione delle cariche libere, si
possono individuare tre diverse modalità di spegnimento:

Spegnimento statico. Lo spegnimento statico è lo spegnimento tipico dei cir-


cuiti in cui la corrente presenta un andamento decrescente in maniera esponenziale
(ad esempio carico di un condensatore) ed è caratterizzato da una lenta discesa
della corrente al di sotto della corrente di tenuta, senza che il Tiristore risulti mai
contropolarizzato. Tra i vari tipi di spegnimento, questo è quello che presenta il
tempo di spegnimento più lungo; per contro, le perdite di commutazione dovute allo
spegnimento sono del tutto trascurabili

Spegnimento quasi statico. Lo spegnimento quasi statico è caratterizzato da


una diminuzione non eccessivamente veloce della corrente anodica e/o da una con-
trotensione modesta o comunque con un dv/dt limitato. La maggiore velocità di
discesa della corrente e l’eventuale applicazione di una controtensione riducono in
maniera consistente la durata del tempo di spegnimento, rispetto a quella della mo-
dalità precedente. Anche in questo tipo di spegnimento, utilizzato sia in convertitori
alimentati in corrente alternata sia in convertitori alimentati in corrente in conti-
nua, l’assenza di una contropolarizzazione riduce a valori praticamente trascurabili
le perdite localizzate nel semiconduttore durante lo spegnimento.

Spegnimento forzato. Lo spegnimento forzato è caratterizzato dalla applicazio-


ne di una controtensione, con un dv/dt elevato, che viene normalmente ottenuta
chiudendo in parallelo al Tiristore un generatore con una bassa impedenza interna
(in genere un condensatore, preventivamente caricato con la polarità opportuna).
Questo tipo di spegnimento, che è tipico dei circuiti alimentati in corrente con-
tinua, permette di minimizzare la durata del tempo di spegnimento, ma presenta
l’inconveniente di provocare delle perdite consistenti nel semiconduttore.
Nella fig. 5.12 è riportato un tipico circuito di spegnimento forzato; in esso
l’induttanza Ls rappresenta l’induttanza parassita del circuito mentre l’interruttore
5.2. Comportamento transitorio 77

è in genere realizzato con un altro Tiristore. Facendo riferimento a tale circuito,


nella fig. 5.13 sono riportati gli andamenti della corrente e della tensione anodica
applicate al Tiristore durante lo spegnimento. Come si può constatare, la corrente
anodica diminuisce velocemente (con un di/dt iniziale pari al valore della tensione
applicata al condensatore diviso per Ls ) e, dopo essersi annullata, si inverte con un
andamento, simile a quello del recupero inverso dei Diodi, composto da una fase
di discesa (la cui durata è indicata nella figura come t2 ) ed una di ritorno a zero
(indicata come t3 ).

Ls
+

C vak
ia
-

Figura 5.12: Circuito di spegnimento forzato.

ia

vak t2 t3 t4
t0
t1
t

Figura 5.13: Andamenti di tensione e corrente durante lo spegnimento forzato.

Il tempo di recupero (pari alla somma di t2 e t3 ) di un Tiristore veloce è, in


genere, inferiore a quello di un Diodo veloce di pari taglia (inferiore al ms o al
massimo, per Tiristori di grossa taglia, pari a pochi ms). Durante la fase di discesa a
78 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

zero della corrente anodica e una prima fase del recovery (di durata t1 leggermente
inferiore a t2 ) la tensione anodica permane poco superiore allo zero per poi decrescere
bruscamente portandosi ad un valore prossimo a quello di carica della capacità;
affinché il Tiristore acquisti la sua proprietà di blocco occorre, infine, che la tensione
anodica non diventi positiva prima che sia trascorso un tempo t0 , misurato a partire
dall’istante in cui inizia il recupero, maggiore del tempo di spegnimento.
Osservando gli andamenti della tensione e della corrente si può constatare che,
durante l’intervallo di tempo di durata t2 + t3 − t1 , sia la tensione che la corrente
sono negative; pertanto, in tale intervallo, si verifica una dissipazione di energia
all’interno del componente che può risultare alquanto significativa.

5.3 Componenti particolari


Questo paragrafo si limiterà a prendere in considerazione solo i più tradizionali com-
ponenti derivati dai Tiristori, cioè i Triac ed i Raddrizzatori Controllati Asimmetrici,
rinviando al capitolo successivo la descrizione di quelli con caratteristiche funzionali
alquanto diverse da quelle dei Tiristori.

5.3.1 Triac
Come si vedrà in seguito, nei convertitori c.a.-c.a. a controllo di fase di elevata
potenza vengono normalmente impiegati due Tiristori collegati in antiparallelo (cioè
con l’anodo dell’uno collegato al catodo dell’altro e viceversa) in modo da poter
controllare il fluire della corrente in entrambe le direzioni.
Quando il valore della tensione applicata ai Tiristori e l’intensità della corrente
che li attraversa sono modesti (valore di picco della tensione inferiore a 600 ÷ 800
V, valore efficace della corrente inferiore a 40 ÷ 50 A) i due Tiristori possono essere
convenientemente sostituiti da un unico componente chiamato Triac.
Tale componente ha un comportamento simile a quello di due Tiristori posti in
antiparallelo, ma presenta i vantaggi sia di essere integrato in una unica pasticca
di silicio sia, come mostrato dal proprio simbolo grafico riportato nella fig. 5.14, di
avere un unico elettrodo di controllo.
Nei primi Triac era necessario applicare un impulso di pilotaggio positivo o ne-
gativo a seconda del verso in cui il Triac doveva condurre; in molti Triac attuali tale
limitazione non sussiste, oppure risulta molto attenuata. Per caratterizzare il tipo
di pilotaggio richiesto dal Triac si fa usualmente riferimento al numero di quadranti,
del piano cartesiano avente come assi la corrente anodica e quella dell’elettrodo di
controllo, utilizzabili per l’accensione. Pertanto un Triac viene detto:
5.3. Componenti particolari 79

G K
Figura 5.14: Simbolo grafico del Triac.

• a due quadranti, se l’impulso di pilotaggio deve avere lo stesso segno della


corrente anodica;

• a tre quadranti, se, in aggiunta alla combinazione precedente, esiste una pola-
rità del pilotaggio (in genere con corrente negativa) in grado di consentire la
conduzione sia di una corrente anodica positiva sia di una corrente negativa;

• a quattro quadranti, se un impulso di pilotaggio di polarità qualsiasi permette


di ottenere una conduzione in entrambi i versi.

Quando si desidera impiegare un’unica polarità di pilotaggio è bene tenere pre-


sente che in molti Triac a quattro quadranti i minimi valori della tensione e della
corrente di pilotaggio che assicurano l’accensione del Triac risultano diversi a secon-
da del quadrante. È pertanto conveniente impiegare quella polarità dell’impulso di
pilotaggio (in generale quella negativa) che assicura l’accensione con un minor livello
di potenza.

5.3.2 Raddrizzatori Controllati Asimmetrici


Esaminando le modalità di spegnimento dei Tiristori si è osservato che, quando que-
sti vengono spenti applicando loro una controtensione (spegnimento forzato), duran-
te la fase di spegnimento si verifica, all’interno del componente, una dissipazione di
energia il cui valore dipende dalla corrente inversa e dalla controtensione applicata.
L’incremento di potenza dissipata nel componente a causa della commutazione è
piccolo, se la frequenza di commutazione non è molto elevata (poche centinaia di
Hz) o se le tensioni in gioco sono modeste, mentre può diventare consistente, per
elevati valori della tensione e della frequenza di commutazione. In queste ultime
condizioni operative può risultare, quindi, conveniente rinunciare allo spegnimento
forzato ed impiegare uno spegnimento di tipo quasi statico, che presenta perdite di
commutazione sempre trascurabili.
Gli usuali Tiristori veloci, realizzati per lo spegnimento forzato, presentano un
tempo di spegnimento quasi statico troppo lungo (2 ÷ 3 volte maggiore di quello
80 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

per controtensione) per poter essere impiegati con tale tipo di spegnimento in un
convertitore con elevata frequenza di commutazione. Sono stati, pertanto, realizzati
dei Tiristori progettati per questo tipo di spegnimento, che presentano un tempo
di spegnimento quasi statico poco più lungo di quello di un equivalente Tiristore a
spegnimento forzato.
Come si vedrà in seguito, nei convertitori alimentati in corrente continua che
impiegano uno spegnimento quasi statico, in antiparallelo al Tiristore viene posto
un Diodo che (a meno della sua caduta diretta) evita l’insorgere di una tensione
inversa sul Tiristore. Pertanto i Tiristori adatti allo spegnimento quasi statico non
necessitano del requisito, fondamentale per gli altri Tiristori, di dover sopportare
una tensione inversa dello stesso ordine di grandezza di quella diretta e possono
presentare una caratteristica di interdizione fortemente asimmetrica; molti di essi,
inoltre, comprendono il Diodo in antiparallelo già integrato nella stessa pasticca di
silicio.

5.4 Specifiche fornite dal costruttore


I principali dati forniti dal costruttore possono essere suddivisi in due gruppi:

• dati relativi al comportamento statico;

• dati relativi al comportamento transitorio.

5.4.1 Dati relativi al comportamento statico


Portate in tensione del circuito anodico. Per quanto riguarda le portate in
tensione le principali specifiche sono:

• il massimo picco ripetitivo di tensione inversa sopportabile dal Tiristore (VRRM );

• il massimo picco non ripetitivo di tensione inversa (VRSM );

• il massimo valore di tensione diretta (VDRM ) per il quale, in assenza di pilo-


taggio, è garantita la non accensione del Tiristore.

In generale, tranne che per i Tiristori asimmetrici, i valori di VDRM e VRRM


risultano praticamente coincidenti per cui molto spesso si indica genericamente la
massima tensione sopportabile dal componente.
5.4. Specifiche fornite dal costruttore 81

Portate in corrente del circuito anodico. Per quanto riguarda le portate in


corrente i dati forniti dal costruttore sono del tutto simili a quelli forniti per i Diodi
e cioè:

• il valore di corrente continuativa sopportabile (IAV );

• il valore efficace di corrente sopportabile in varie situazioni operative (IRMS );

• il valore di picco non ripetitivo (IFSM );

• vari diagrammi relativi al valore medio o efficace della corrente sopportabile in


particolari condizioni operative (ad esempio quando l’andamento della corrente
anodica è costituito da impulsi rettangolari o da segmenti di sinusoide);

• la potenza dissipata in varie situazioni operative.

Dati relativi alle caratteristiche statiche. Per quanto concerne la caratterizza-


zione del Tiristore durante il funzionamento a regime permanente vengono in genere
riportati:

• la caduta diretta Vak in funzione della corrente anodica (caduta tipica e caduta
massima);

• la corrente inversa corrispondente alla massima tensione inversa applicabile;

• le caratteristiche dell’elettrodo di controllo (area in cui è compresa la carat-


teristica, area di possibile accensione, curve relative alla potenza massima
dissipabile per vari valori del rapporto di conduzione;

• la massima temperatura a cui il semiconduttore può lavorare;

• la resistenza termica tra semiconduttore e contenitore (Rθjc ).

5.4.2 Dati relativi al comportamento transitorio


Per quanto riguarda il comportamento transitorio vengono, in genere, forniti:

• i valori dei tempi relativi alla accensione: tempo di ritardo e tempo di discesa
della tensione anodica o, più semplicemente, quello del tempo complessivo di
accensione (ton );

• il valore del massimo di/dt sopportabile durante l’accensione, specificando


anche le caratteristiche del circuito di pilotaggio per le quali tale valore è
fornito;
82 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

• il valore del massimo dv/dt, per il quale è garantita la non accensione del
componente;

• il valore del tempo di spegnimento (ts ), con una o più modalità di spegnimento;

• l’andamento della capacità tra anodo e catodo, al variare della tensione appli-
cata;

• il valore del tempo di recupero o quello della carica inversa, in varie condizioni
operative;

• la resistenza termica transitoria tra giunzione e contenitore rθ (t);

• l’area quadratica (i2 t) di corrente sopportabile in caso di sovraccarico di breve


durata (qualche ms).

Nelle tabb. 5.1 e 5.2 sono riportati, separatamente per Tiristori lenti e per
Tiristori veloci, i valori dei principali parametri di alcuni Tiristori. La tab. 5.3
riporta, invece, le caratteristiche di alcuni Triac.

5.5 Circuito di pilotaggio


Le specifiche sul circuito di pilotaggio risultano alquanto diverse a seconda che
il Tiristore debba o meno sopportare un elevato valore del di/dt all’atto della
accensione.
Infatti nel caso di bassi valori del di/dt non sussistono particolari specifiche, a
parte quelle che l’ampiezza della tensione o della corrente di pilotaggio sia sempre
superiore a quella di sicura accensione e che la potenza applicata alla giunzione G-K
sia sempre inferiore a quella sopportabile.
Quando, invece, il di/dt può raggiungere valori elevati (prossimi al valore limite
sopportabile dal Tiristore), è conveniente che l’ampiezza dell’impulso di corrente di
pilotaggio sia la più elevata possibile, compatibilmente con le specifiche relative alla
potenza dissipabile. È inoltre necessario che il tempo di salita di tale corrente abbia
una durata inferiore al tempo di ritardo del Tiristore (0.1 ÷ 0.2 ms).
Come nel caso dei Transistor, anche per i Tiristori è spesso necessario disaccop-
piare galvanicamente il circuito di controllo da quello di potenza. Tale disaccoppia-
mento viene, usualmente, effettuato mediante un trasformatore che trasferisce tutta
la potenza necessaria per il pilotaggio, in quanto la breve durata di ciascun impulso
di accensione ed il basso valore del rapporto tra tale durata e la distanza minima
tra due impulsi consecutivi permettono di impiegare un trasformatore di piccole
SIGLA VRRM VRSM IT AV IT SM IH dv/dt di/dt I2 t td tof f
(V) (V) (A) (kA) (mA) (V/µs) (A/µs) (A2 s) (µs) (µs)
DCR820SG60 6.000 6.100 387 4,8 120 1.000 100 115 · 103 3,3 1200
DCR720E12 1.200 1.300 724 7,8 70 1.000 700 0,3 · 106 1,5 300
DCR720E18 1.800 1.900 724 7,8 70 1.000 700 0,3 · 106 1,5 300
5.5. Circuito di pilotaggio

DCR604SE21 2.100 2.200 706 6,5 70 1.000 700 0,21 · 106 1,5 300
DCR840F42 4.200 4.300 840 10 500 1.000 300 0,5 · 106 1,8 600
DCR840F48 4.800 4.900 840 10 500 1.000 300 0,5 · 106 1,8 600
DCR1376SBA28 2.800 2.900 1.690 20 200 1.000 300 2 · 106 1,5 550
DCR1376SBA36 3.600 3.700 1.690 20 200 1.000 300 2 · 106 1,5 550
DCR1660Y65 6.500 6.600 1.665 22 200 1.000 300 2,4 · 106 0,5 1500
DCR1576SY52 5.200 5.300 2.162 32 300 1.000 300 5,12 · 106 2,5 1000
DCR1476SY38 3.800 3.900 2.223 29 500 1.000 300 4,21 · 106 2,5 600
DCR1575SY42 4.200 4.300 2.536 35 300 1.000 300 6,13 · 106 2,5 1200
DCR1675SZ48 4.800 4.900 3.770 50 200 1.000 300 12,5 · 106 1,1
DCR1675SZ52 5.200 5.300 3.770 50 200 1.000 300 12,5 · 106 1,1
DCR1473SY12 1.200 1.300 4.135 51 1.000 500 13,1 · 106 2
DCR1673SZ24 2.400 2.500 5.088 66,4 40 1.000 250 22 · 106 1
DCR5980A12 1.200 1.300 5.985 78 200 1.000 250 30,4 · 106 1,5
DCR5980A18 1.800 1.900 5.985 78 200 1.000 250 30,4 · 106 1,5

Tabella 5.1: Caratterstiche di alcuni Tiristori normali.


83
Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

SIGLA VRRM VRSM IT AV IT SM IH dv/dt di/dt I2 t td tof f


(V) (V) (A) (kA) (mA) (V/µs) (A/µs) (A2 s) (µs) (µs)
DK1308FW6 600 700 70 1,2 60 200 200 7,2 · 103 3 10
DK1308FW8 800 900 70 1,2 60 200 200 7,2 · 103 3 10
DK1310FX 1.000 1.100 70 1,6 60 200 500 12,8 · 103 5 15
DK1312FX 1.200 1.300 70 1,6 60 200 500 12,8 · 103 5 15
TF21914B 1.400 1.500 120 1,2 60 200 500 7,2 · 103 3 40
TF21920B 2.000 2.100 120 1,2 60 200 500 7,2 · 103 3 40
TF44710A 1.000 1.100 300 5 70 200 500 125 · 103 1,5 20
TF44712A 1.200 1.300 300 5 70 200 500 125 · 103 1,5 20
TF66606A 600 700 446 9 80 300 500 405 · 103 1,5 20
TF66614A 1.400 1.500 446 9 80 300 500 405 · 103 1,5 20
TF91316C 1.600 1.700 900 17.5 100 300 500 1,5 · 106 2 50
TF91320C 2.000 2.100 900 17.5 100 300 500 1,5 · 106 2 50
TF91506B 600 700 1.080 20 100 300 500 2 · 106 1,5 40
TF91514B 1.400 1.500 1.080 20 100 300 500 2 · 106 1,5 40
TF92122H 2.200 2.300 1.000 13,6 100 500 500 930 · 103 1,5 120
TF92122H 2.500 2.600 1.000 13,6 100 500 500 930 · 103 1,5 120
TF94430H 3.000 3.100 850 13 100 500 500 845 · 103 120
TF94435H 3.500 3.600 850 13 100 500 500 845 · 103 120
TFA4114L 1.400 1.500 1.330 25 100 300 400 3125 · 103 1,5 100
TFA4124L 2.400 2.500 1.330 25 100 300 400 3125 · 103 1,5 100
Tabella 5.2: Caratterstiche di alcuni Tiristori veloci.
84
SIGLA VRRM IT RM IT SM IH dv/dt IGT I2 t
5.5. Circuito di pilotaggio

(V) (A) (A) (mA) (V/µs) (mA) (A2 s)


I II III IV
Z0103 600 1 8,5 7 10 3 3 3 5 0,35
Z0110 600 1 8,5 25 100 25 25 25 25 0,35
T405-600 600 4 30 25 20 5 5 5 5,1
BTA10-600C 600 10 105 25 200 25 25 25 50 55
BTA10-600B 600 10 105 50 400 50 50 50 100 55
BTA24-800B 800 25 260 80 500 50 50 50 100 340
BTA40-800B 800 40 420 80 500 50 50 50 100 880
TGAL610 1000 60 500 60 500 200 200 200 200 1700

Tabella 5.3: Caratterstiche di alcuni Triac.


85
86 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

dimensioni. L’induttanza di dispersione del trasformatore produce, comunque, un


effetto negativo per quanto concerne la velocità di salita della corrente. Tale effet-
to può essere ridotto ricorrendo ad un consistente forzamento iniziale; ad esempio
impiegando un circuito del tipo di quello illustrato nella fig. 5.15.

Vcc

n1 n2
R3

R2
vi
T
R1

Figura 5.15: Circuito di pilotaggio.

Con tale circuito, durante la fase di salita della corrente di pilotaggio il Transi-
stor viene portato in saturazione e, pertanto, il primario del trasformatore si trova
alimentato alla tensione Vcc , con in serie una resistenza pari alla somma delle resi-
stenze R1 e R2 . Una volta che la corrente fornita al primario ha raggiunto il valore
massimo I1 , pari a (Vi − Vbe sat )/R2 , il Transistor esce di saturazione e la corrente
applicata al primario del trasformatore rimane pari ad I1 .
Affinché, esaurito il transitorio di salita, la f.e.m. e la resistenza interna del
generatore equivalente visto dall’elettrodo di controllo siano uguali ai loro valori
desiderati, Eg ed Rg , occorre che R3 ed I1 assumano i seguenti valori:

n2 Eg
R3 = Rg I1 = .
n 1 Rg

In alcuni convertitori di elevata potenza, per ridurre l’effetto dei disturbi che
i veloci transitori di corrente possono provocare sui collegamenti tra il circuito di
controllo e quello di potenza, si fa ricorso ad un disaccoppiamento mediante fibre
ottiche. In questo caso, per avere fronti di salita sufficientemente rapidi, risulta
necessario ricorrere o ad un emettitore laser oppure ad un circuito a scatto per
ricondizionare il segnale di pilotaggio.
5.6. Protezioni 87

5.6 Protezioni

5.6.1 Protezioni contro eccessivi valori del di /dt


Come più volte evidenziato, è necessario che, all’atto dell’accensione, la corrente
anodica applicata al Tiristore salga con una pendenza minore del massimo valore
del di/dt sopportabile dal componente.
In alcuni convertitori tale requisito non richiede l’aggiunta di alcun circuito ausi-
liario in quanto le induttanze già inserite nel circuito o, come nel caso di molti conver-
titori alimentati in corrente alternata, quelle proprie della sorgente di alimentazione
sono sufficienti a limitare la pendenza della corrente.
In caso contrario, risulta necessario aggiungere induttanze addizionali, tali da
portare il di/dt a valori accettabili. L’inserimento di una induttanza, atta a rendere
accettabile la pendenza della corrente applicata al Tiristore, produce una dissipa-
zione di energia all’atto della apertura del Tiristore stesso e richiede un accurato
esame delle sovratensioni che possono verificarsi in questa situazione operativa. In
molti convertitori, per limitare la quantità di energia magnetica immagazzinata dal-
l’induttanza, si fa ricorso ad induttanze saturabili, che limitano il valore del di/dt
solo per un breve intervallo di tempo, sufficiente al diffondersi dell’innesco su tutto
il Tiristore.

5.6.2 Protezioni contro eccessivi valori del dv /dt


Nella descrizione relativa al meccanismo di innesco si è rilevato che un eccessivo
valore della pendenza della tensione anodica può portare in conduzione il Tiristore,
anche in assenza di impulso di pilotaggio. Pertanto, quando, come ad esempio a
causa dell’accensione di un altro componente, il valore del dv/dt applicato ad un
Tiristore può risultare maggiore di quello sopportabile, diventa necessario impiegare
un opportuno circuito atto a ridurre la pendenza della tensione anodica.
Il circuito più impiegato è analogo a quello già illustrato per proteggere i Diodi
da sovratensioni ed è costituito da una resistenza ed una capacità poste in serie tra
loro ed in parallelo al componente da proteggere. Come nel caso già trattato, per
effettuare la scelta dei valori della resistenza e della capacità è necessario prendere in
considerazione, oltre all’ampiezza della tensione che sarebbe applicata al componente
in assenza di protezioni, anche l’impedenza presente tra la sorgente della tensione e
il Tiristore da proteggere. Pertanto il circuito che occorre prendere in considerazione
è quello illustrato nella fig. 5.16 ed è del tutto analogo a quello già illustrato nella
fig. 1.12.
88 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

i
L
eg va
vc

Figura 5.16: Circuito di protezione RC.

Se si ipotizza che, a partire dall’istante t = 0, il generatore fornisca un gradino


di tensione di ampiezza
 pari
q ad Eg e che il valore della resistenza sia minore del
valore critico Rc Rc = 2 CL , in maniera analoga a quella impiegata per ricavare
l’equazione (1.16) si ottiene:
 
αt α
va (t) = Eg 1−e , (5.4)
ω sin ωt + cos ωt

in cui:
r
R 1 R2
α=− ω= − 2.
2L LC 4L

L’equazione (5.4) permette di determinare i valori della tensione di picco appli-


cata al Tiristore e del massimo dv/dt durante il transitorio di salita. Purtroppo le
espressioni che forniscono tali valori, in funzione dei valori di R e C, risultano alquan-
to complicate per cui si fa, in genere, ricorso, invece che ad espressioni analitiche,
ad andamenti grafici.
Per ricavare tali andamenti, è conveniente fare riferimento, invece che ai para-
metri α e ω che compaiono nell’equazione (5.4), alla pulsazione naturale ωn ed al
coefficiente di smorzamento ξ:
r
R C α 1 ω
ξ= =− ωn = √ =p .
2 L ωn LC 1 − ξ2

Impiegando questi ultimi parametri, l’equazione (5.4) diventa:



va (t) = Eg 1 − e−ξωn t ·
" #)
 p  ξ  p  (5.5)
· cos ωn t 1 − ξ 2 − p sin ωn t 1 − ξ 2 .
1 − ξ2

Osservando l’equazione (5.5), si può constatare che il tempo compare sempre


5.6. Protezioni 89

moltiplicato per ωn ; pertanto, il rapporto tra il valore di picco Vap della tensione
anodica e l’ampiezza Eg del gradino di tensione fornito dal generatore dipende solo
dal parametro ξ, inoltre, una volta assegnato il valore di ξ, il valore massimo del
dv/dt risulta proporzionale ad Eg e ad ωn .
Vap 1 dv
Le figg. 5.17 (a) e (b) riportano i valori dei rapporti Eg
e Eg ωn dt
, in funzione
del parametro ξ.

Vap /Eg
2 2 _____
dv/dt
a) ω n Eg b)

1 1

0
0 0.5 1 ξ 0 0.5 1 ξ

Figura 5.17: Andamenti normalizzati del valore di picco e della derivata della
tensione.

La curva di fig. 5.17(a) permette di scegliere il valore di ξ, sulla base della


massima tensione di picco accettabile; successivamente, la curva di fig. 5.17(b)
consente di scegliere il valore di ωn , per soddisfare la specifica sul dv/dt.
In molte applicazioni, il valore della resistenza R, ricavato con la procedura
descritta, risulta molto piccolo e tale da produrre, durante la successiva accensione
del Tiristore, una corrente troppo elevata. Quando ciò si verifica, è conveniente
ricorrere al circuito, riportato nella fig. 5.18, in cui sono stati introdotti un Diodo
ed una ulteriore resistenza.

R2
R1

Figura 5.18: Circuito di protezione RC modificato.

Impiegando tale circuito, la resistenza posta in serie al condensatore durante la


90 Capitolo 5. Raddrizzatori controllati al silicio

fase di salita della tensione è pari al parallelo tra R1 e R2 , mentre risulta pari ad R2
quando il Tiristore viene chiuso.

5.6.3 Protezioni contro sovracorrenti


I problemi connessi alla protezione locale dei Tiristori contro sovracorrenti sono del
tutto analoghi a quelli dei Diodi. Molto spesso, però, specialmente nei convertitori
alimentati in corrente continua, i Tiristori sono impiegati come interruttori statici
con un apposito circuito che provvede al loro spegnimento. In questo caso è, quindi,
possibile impiegare anche protezioni locali di tipo attivo. Occorre, comunque, rile-
vare che le protezioni attive dei Tiristori hanno un tempo di intervento più lungo
rispetto a quelle dei Transistor.

5.6.4 Protezioni contro sovratensioni


Come nel caso dei Diodi, le protezioni locali contro sovracorrenti sono realizzate con
circuiti RC o con soppressori di sovratensione. Molto spesso, comunque, il circuito
RC impiegato per limitare il dv/dt è sufficiente anche per proteggere il Tiristore da
sovratensioni.

5.7 Montaggi in serie e in parallelo


Nei convertitori di potenza più elevata può risultare necessario comporre più Tiri-
stori in serie, per aumentare sia la tensione inversa di blocco sia la tensione diretta
sopportabile, o in parallelo, per aumentare la corrente. Quando si impiegano queste
soluzioni occorre considerare, oltre alle possibili differenze tra le caratteristiche stati-
che dei vari componenti, anche le possibili differenze tra le caratteristiche dinamiche,
quali i tempi di accensione, la durata e l’ampiezza della corrente di recupero. In
particolare, nel caso di montaggio in parallelo, la differenza tra i tempi di accensione
può produrre un incremento del valore del di/dt di uno dei componenti, mentre può
provocare valori transitori della tensione diretta più elevati di quello massimo sop-
portabile dal componente, nel caso di montaggio in serie. Le differenze tra i tempi di
recupero, invece, richiedono particolari accorgimenti quando lo spegnimento viene
effettuato in maniera forzata.
Attualmente, piuttosto che utilizzare montaggi in serie o in parallelo si preferisce
ricorrere ad apposite strutture di conversione, ad esempio convertitori con struttura
a più livelli, che consentono di ridurre l’intensità della corrente o l’ampiezza della
tensione applicata al singolo componente.
Capitolo 6

Componenti derivati dai Tiristori

I Tiristori sono componenti controllati di cui è possibile, mediante l’elettrodo di


controllo, comandare solo la chiusura mentre l’apertura dipende dal funzionamen-
to del circuito di potenza. Come si vedrà in seguito, ad eccezione dei convertitori
alimentati in c.a. e commutati da rete, lo spegnimento dei Tiristori rappresenta il
principale problema connesso al loro impiego. L’ampia diffusione dei Tiristori, che
per molti anni sono stati gli unici semiconduttori controllati in grado di manipolare
potenze superiori a qualche kW, ha spinto i costruttori a cercare di superare tale pro-
blema, sviluppando componenti che possano essere spenti agendo opportunamente
sull’elettrodo di controllo.
I primi componenti con tale caratteristica sono stati i GTO (Gate Turn-Off thyri-
stors), successivamente sono state avanzate diverse proposte, che hanno ottenuto un
successo industriale inferiore alle attese in quanto, in parallelo allo sviluppo di questi
componenti, si è assistito ad un incremento delle portate dei Transistor, dapprima
BJT poi MOSFET e, successivamente, IGBT; di conseguenza il campo d’impiego
dei Tiristori e dei componenti da questi derivati si è spostato verso applicazioni con
tensioni e/o potenze sempre più elevate. Attualmente l’interesse industriale è prati-
camente ristretto a tre sole famiglie Tiristori con comando di spegnimento: i GTO,
i GCT (Gate Controlled turn-off Thyristors) ed i Tiristori con gate isolato.

6.1 Gate Turn-Off thyristors: GTO


I primi GTO, il cui simbolo grafico è riportato nella fig. 6.1, sono stati realizzati agli
inizi degli anni ’70; per diversi anni, però, essi hanno suscitato un modesto interesse
applicativo a causa non tanto del maggiore costo rispetto ai Tiristori quanto delle
modeste potenze manipolabili.

91
92 Capitolo 6. Componenti derivati dai Tiristori

G
K
Figura 6.1: Simbolo grafico del GTO.

Lo sviluppo della tecnologia costruttiva che, specialmente in Giappone, si è ve-


rificato nei primi anni ’80, ha permesso una rapida crescita delle portate, sia in
tensione che in corrente; ciò ha comportato un risveglio dell’interesse applicativo
tanto che, da parte di molti costruttori, il GTO è stato considerato come il com-
ponente fondamentale per i convertitori di elevata potenza degli anni ’90. Il veloce
e, forse, imprevisto, sviluppo tecnologico degli IGBT, con conseguente incremento
delle portate, ha però, come già accennato, relegato l’impiego dei GTO a potenze
decisamente superiori al MW.
Nelle figg. 6.2 (a) e (b) sono riportati sia la struttura realizzativa sia il circuito
equivalente, di prima approssimazione, di un GTO. Come si può rilevare, la struttura
di un GTO può essere considerata come costituita da un elevato numero (dell’ordine
delle centinaia) di Tiristori elementari posti in parallelo tra loro; per quanto concerne
il circuito equivalente, esso è simile a quello di un Tiristore con in più una resistenza,
Rs , tra l’emettitore e la base del Transistor PNP. A differenza dei Tiristori, nei GTO
i due Transistor NPN e PNP presentano dei guadagni in corrente (hf e ) molto piccoli;
proprio nella realizzazione di Transistor con valori piccoli e abbastanza ben definiti
di hf e consiste la maggiore difficoltà realizzativa dei GTO.
Nel seguito, le caratteristiche dei GTO saranno illustrate mettendo in evidenza
le principali differenze da quelle dei Tiristori.

Accensione. A causa del minore guadagno dei due Transistor e della presenza della
resistenza Rs , l’accensione di un GTO richiede un impulso di corrente di ampiezza
e durata maggiori di quelli relativi ad un Tiristore. Inoltre, se alla fine dell’impulso
di accensione la corrente anodica ha superato di poco il valore della corrente di
tenuta (che è sensibilmente maggiore di quella di un Tiristore di pari portata), può
succedere che una rapida discesa della corrente di pilotaggio provochi lo spegnimento
del GTO.
Per evitare tale inconveniente spesso il pilotaggio del GTO viene mantenuto,
con un livello di corrente leggermente maggiore di quello di sicura accensione, per
6.1. Gate Turn-Off thyristors: GTO 93

A
A
P P
Rs
N
P
N
G
G
a) K b) K

Figura 6.2: Struttura realizzativa e circuito equivalente del GTO.

tutto l’intervallo di tempo durante il quale il GTO deve condurre. Questo tipo di
pilotaggio presenta anche il vantaggio di consentire una apprezzabile riduzione della
caduta diretta che, altrimenti, sarebbe sensibilmente maggiore di quella di un equi-
valente Tiristore. In alcuni GTO la dipendenza della caduta diretta dalla corrente
di pilotaggio risulta alquanto modesta; per tali componenti si preferisce quindi, al
fine di ridurre la potenza media richiesta, impiegare un circuito di pilotaggio che
fornisca la corrente di mantenimento solo quando il GTO tende a spegnersi.
Anche per i GTO, per ridurre il tempo di ritardo e per aumentare il di/dt
sopportabile, è conveniente applicare, all’atto dell’accensione, un valore di corrente
di pilotaggio alquanto maggiore di quello di sicura accensione (anche dell’ordine di
4 ÷ 5 volte). Si deve comunque tenere conto che, per la struttura dell’elettrodo di
controllo, interdigitato con il catodo, i GTO consentono dei valori del di/dt alquanto
maggiori di quelli dei Tiristori.

Spegnimento. La principale caratteristica dei GTO è quella di poter essere spenti


agendo sull’elettrodo di controllo.
Lo spegnimento può essere effettuato o facendo fluire nell’elettrodo di controllo
una corrente inversa di ampiezza sufficientemente elevata (dell’ordine di 1/4 ÷ 1/5 di
quella della corrente anodica) o applicando all’elettrodo di controllo una controten-
sione (in generale compresa tra -5 e -10 V), eventualmente con una piccola resistenza
in serie.
I tempi di spegnimento ts e tf diminuiscono al crescere della controtensione o
della controcorrente applicata. In prima approssimazione, si può supporre che il
tempo di accumulo ts sia inversamente proporzionale alla corrente mentre il tempo
94 Capitolo 6. Componenti derivati dai Tiristori

di discesa tf diminuisce in maniera più rapida. Diminuzioni minori si hanno, nel


caso di spegnimento mediante controtensione, aumentando la controtensione. In
prima approssimazione si può ritenere che nel passaggio da -5 a -10 V si abbia una
riduzione di ts dell’ordine del 25% e di tf dell’ordine del 30%.
A differenza di quanto avviene per i Tiristori, il transitorio di discesa della cor-
rente è composto da due fasi, caratterizzate da due pendenze della corrente molto
diverse tra loro. Nella prima fase (che conserva il nome di discesa: fall ) si verifica un
rapido decremento della corrente anodica, fino ad un valore I1 che dipende, oltre che
dal tipo di GTO, dal valore assunto dalla corrente anodica prima dello spegnimen-
to e dalla controtensione o dalla controcorrente applicata all’elettrodo di controllo.
Nella seconda fase (che prende il nome di coda: tail ) il decremento della corrente
risulta alquanto più lento che nella prima.
In alcune famiglie di GTO il valore di I1 può risultare dell’ordine di qualche
decimo della corrente da spegnere; poiché tale valore diminuisce all’aumentare del
tempo ts , è allora conveniente, al fine di ridurre le perdite localizzate nel semicondut-
tore durante la fase di spegnimento, effettuare uno spegnimento non eccessivamente
rapido. In altre famiglie di GTO, invece, il fenomeno della coda risulta molto meno
accentuato; in questo caso è pertanto sempre conveniente effettuare lo spegnimento
con la maggiore rapidità possibile.

Massima corrente commutabile. Il valore massimo della corrente commutabile


risulta sensibilmente maggiore della corrente continuativa che il GTO può sopporta-
re. Nei GTO attualmente prodotti il rapporto tra la massima corrente commutabile
e la massima corrente continuativa è in generale compreso tra 2 e 4.

Massimo dv /dt. La massima pendenza con la quale può essere riapplicata al GTO
una tensione diretta durante la fase di spegnimento risulta notevolmente dipendente
dal valore della corrente da spegnere. In generale, quando la corrente da spegnere è
minore della corrente continuativa, il dv/dt applicabile è paragonabile a quello di un
equivalente Tiristore veloce. Quando, invece, la corrente da spegnere è prossima alla
massima corrente commutabile, il valore del dv/dt si riduce in maniera consistente
(anche dell’ordine di 5 ÷ 6 volte). Nella fig. 6.3 è riportato un tipico andamento
della SOAR di un GTO da cui risulta agevole determinare la dipendenza del valore
massimo della corrente commutabile dal valore del dv/dt.
Il valore della tensione di alimentazione e il dimensionamento del circuito di
protezione atto a ridurre il dv/dt influenzano in maniera consistente il valore della
massima corrente commutabile. In molti cataloghi, pertanto, viene riportato un
diagramma che fornisce, per vari valori della capacità del circuito di protezione,
6.1. Gate Turn-Off thyristors: GTO 95

I(A)
1000
100
500
100 1000
10000
10

0.1
100 1000 Vak (V)

Figura 6.3: SOAR di un GTO.

il valore della massima corrente commutabile in funzione della massima tensione


applicata al GTO. A titolo di esempio, nella fig. 6.4 è riportato un diagramma che
fornisce, in funzione della capacità del circuito di protezione, il valore della massima
corrente commutabile da un GTO, caratterizzato da una corrente continuativa di
40 A e da una massima tensione applicabile pari a 1200 V. Come si può rilevare, il
valore della corrente commutabile è fortemente influenzato dal valore della capacità,
fino a valori di quest’ultima dell’ordine di 0.15 mF, mentre per valori superiori la
corrente commutabile si mantiene costante.

I (A)
non
100 ripetitivo

ripetitivo

50

0
0 0.1 0.2 C (µF)

Figura 6.4: Massima corrente commutabile al variare della capacità.

Le curve riportate nelle figg. 6.3 e 6.4 si riferiscono ad una assegnata induttanza
posta in serie al circuito di pilotaggio del GTO. In generale un incremento di que-
st’ultima, pur comportando un aumento del tempo di accumulo, permette, a parità
di dv/dt, di commutare una corrente di ampiezza più elevata.
96 Capitolo 6. Componenti derivati dai Tiristori

Per un assegnato valore del dv/dt, il valore della corrente commutabile dipende
anche dalla polarizzazione inversa mantenuta sull’elettrodo di controllo durante la
fase di interdizione. La fig. 6.5 riporta, per lo stesso GTO a cui si riferisce la fig.
6.4, l’andamento della corrente commutabile, in funzione del dv/dt, per due diversi
valori (5 e 10 V) della controtensione.

I(A)
100

Vg k = -10 V
10
Vg k = -5 V
1
10 100 1000 10000
dv/dt (V/µs)
dv
Figura 6.5: Massima corrente commutabile al variare del dt
.

La tab. 6.1 riportata i principali parametri di alcuni GTO. Come si può consta-
tare, le portate in corrente dei più grossi GTO attualmente disponibili sul mercato
risultano leggermente inferiori a quelle dei più grossi Tiristori veloci; per contro
la massima tensione sopportabile risulta circa doppia di quella sopportabile dai
Tiristori veloci.

6.2 Gate Controlled turn-off Thyristor: GCT


Come illustrato nel paragrafo precedente, il principale vantaggio dei GTO rispetto ai
Tiristori consiste nella possibilità di poter comandare lo spegnimento del componente
agendo sull’elettrodo di controllo, invece che sul circuito di potenza. Lo spegnimento
dei GTO presenta, tuttavia, alcuni inconvenienti quali:

• un elevato tempo di storage;

• il fenomeno della coda della corrente anodica;

• il limitato valore del dv/dt con il quale può venire riapplicata la tensione
anodica dopo lo spegnimento.

L’ultimo inconveniente è il più gravoso in quanto costringe all’impiego di circuiti


di snubber, con un valore di capacità alquanto più elevato di quello utilizzato per un
SIGLA VDRM IT AV IT SM IH I2 t di/dt IT CM dv/dt ton tof f
(V) (A) (A) (A) (A2 s) (A/µs) (A) (V/µs) (µs) (µs)
DGT304SE 1.300 250 4.000 80.000 500 700 500 20 40
DGT305SE 1.800 240 4.000 80.000 500 700 500 20 40
DG306AE25 2.500 225 3.500 61.250 300 600 1.000 20 40
5SGA15F2502 2.500 550 10.000 50 0,5 · 106 600 870 80 80
DG646BH25 2.500 867 18.000 1,62 · 106 300 2.000 1.000 50 100
DG408BP45 4.500 320 7.000 0,245 · 106 300 1.000 1.000 20 100
5SGA20H4502 4.500 710 13.000 50 0,85 · 106 600 1.115 80 80
6.2. Gate Controlled turn-off Thyristor: GCT

DG758BX45 4.500 870 16.000 1,28 · 106 300 3.000 1.000 50 100
DG858DW45 4.500 1.100 20.000 2 · 106 300 3.000 750 50 100
DG858BW45 4.500 1.180 20.000 2 · 106 300 3.000 1.000 50 100
5SGT30J6004 6.000 1.030 24.000 100 2,8 · 106 400 1.620 100 100
DGT409BCA 6.500 140 3.000 0,45 · 106 300 1.500 1.000 50 100

Tabella 6.1: Caratterstiche di alcuni GTO.


97
98 Capitolo 6. Componenti derivati dai Tiristori

Tiristore di uguale taglia. Ciò produce perdite di commutazione più consistenti e,


come si vedrà in seguito, notevoli problemi di commutazione nei convertitori c.c.-c.a.
funzionanti con forme d’onda modulate.
Varie soluzioni sono state proposte per ridurre i citati inconvenienti; i componenti
che attualmente si pongono in alternativa ai GTO nelle applicazioni di elevata po-
tenza e che consentono di ridurre tutti o parte degli inconvenienti precedentemente
evidenziati sono i GCT e i Tiristori con gate isolato.
I GCT, introdotti dalla società ABB, hanno una struttura analoga a quella di
un GTO, ma presentano una induttanza del circuito dell’elettrodo di controllo de-
cisamente inferiore a quella propria dei GTO (fino anche a 100 volte più piccola).
Un valore dell’induttanza così ridotto consente un pilotaggio dell’elettrodo di con-
trollo con un di/dt molto più elevato (fino all’ordine di 6000 A/ms); ciò consente un
pilotaggio dell’elettrodo di controllo con un impulso di corrente di breve durata e di
ampiezza pari a quella della corrente da commutare. Come evidenziato nella figura
6.6, i GCT presentano, a parità di corrente anodica, una caduta diretta significati-
vamente inferiore a quella dei GTO consentendo, quindi, una minore dissipazione di
energia in fase di conduzione. Il ridotto tempo di storage, inoltre, permette ai GCT
di commutare, a parità di corrente anodica, con una frequenza maggiore rispetto ai
GTO.

Ia
(kA) GCT GTO

0 1 2 3 4 Vak (V)

Figura 6.6: Confronto tra le caratteristiche statiche dei GTO e GCT.

Alcune famiglie di GCT integrano, nello stesso wafer di silicio, un diodo, posto
in antiparallelo al componente, utilizzato in varie applicazioni come diodo di libera
circolazione. In molti casi, inoltre, il circuito di pilotaggio dell’elettrodo di controllo
viene integrato nello stesso contenitore nel quale è inserito il componente stesso in
modo tale da ridurre ulteriormente l’induttanza del circuito di pilotaggio; ne deriva
la sigla IGCT (Integrated Gate Controlled Thyristor ).
6.3. Tiristori con Gate isolato 99

Figura 6.7: Struttura fisica del MTO.

Nella tab. 6.2 sono riportati i principali parametri di alcuni GCT.

6.3 Tiristori con Gate isolato


L’impiego di processi tecnologici simili a quelli utilizzati per la fabbricazione degli
IGBT, ha condotto alla produzione di altri componenti, derivati dai Tiristori, di cui
si può comandare la chiusura e l’apertura. Tali componenti sono denominati Tiristori
con gate isolato e sono stati concepiti per ridurre i problemi connessi al pilotaggio
dei GTO. La prima realizzazione di un componente di questo tipo è stata ottenuta
introducendo un MOS, preposto allo spegnimento del Tiristore; per tale motivo
il componente è stato denominato MOS Turn-Off thyristor (MTO). Una ulteriore
evoluzione ha condotto allo sviluppo dei MOS-Controlled Thyristors (MCT) che
impiegano, invece, due dispositivi MOS, uno dedicato all’accensione e l’altro allo
spegnimento del Tiristore.
Gli MTO sono dispositivi caratterizzati da una struttura a semiconduttore, mo-
strata nella fig. 6.7, del tutto simile a quella di un GTO, differendo da quest’ultimo
per la presenza di due elettrodi di controllo, uno destinato all’accensione del di-
spositivo (turn-on gate) e l’altro allo spegnimento (turn-off gate). L’elettrodo di
accensione, indicato nella figura con G1, è collegato al substrato P allo stesso modo
del GTO, mentre l’elettrodo di spegnimento, indicato con G2, è collegato ad un
MOSFET che, quando portato in conduzione, cortocircuita il substrato P con il
catodo provocando lo spegnimento del MTO.
Capitolo 6. Componenti derivati dai Tiristori

SIGLA VDRM VDSM IT AV IT SM dv/dt di/dt I2 t ton td,on ts


(V) (V) (A) (kA) (V/µs) (A/µs) (A2 s) (µs) (µs) (µs)
GCU04AA-130 6.500 6.500 180 2,8 3.000 1.000 3,3 · 104 5 1 3
GCU08BA-130 6.500 6.500 330 4,8 3.000 1.000 9,6 · 104 5 1 3
GCU15CA-130 6.500 6.500 500 8 3.000 1.000 2,7 · 105 5 1 3
GCU35AC-120 6.000 6.000 1.200 25 3.000 1.000 2,6 · 106 3 1 3
GCU40BC-90 4.500 4.500 1.200 25 3.000 1.000 2,6 · 106 3 1 3
Tabella 6.2: Caratterstiche di alcuni GCT
100
6.3. Tiristori con Gate isolato 101

La presenza di un MOSFET, che può essere discreto oppure integrato nel dispo-
sitivo, semplifica il circuito di spegnimento del MTO, rispetto al GTO, in quanto
è sufficiente un impulso di tensione con una corrente modesta sull’elettrodo G2 per
produrre l’apertura del dispositivo.
Il circuito equivalente, che mette in evidenza il collegamento tra il MOSFET di
pilotaggio ed i transistor costituenti il GTO, è illustrato in fig. 6.8.
A differenza dagli MTO, gli MCT presentano un solo elettrodo di controllo colle-
gato a due MOSFET complementari, uno impiegato per l’apertura (OFF-MOSFET)
e l’altro per la chiusura del dispositivo (ON-MOSFET). Le possibili strutture per
realizzare un MCT sono due, a seconda che si impieghi un MOS a canale P per la
chiusura ed uno a canale N per l’apertura (P-MCT) o viceversa (N-MCT); i loro
circuiti equivalenti sono illustrati nelle figg. 6.9(a) e 6.9(b).
Le modalità di funzionamento dei due tipi di MCT sono del tutto analoghe, a
patto di applicare gli impulsi di comando del gate con polarità invertite; pertanto,
per brevità, verranno prese in esame solo le commutazioni degli N-MCT. Un impulso
di tensione, positivo rispetto al catodo, applicato al gate consente al MOSFET a
canale N di polarizzare direttamente il transistor PNP che, entrando in conduzione,
a sua volta innesca la chiusura del transistor NPN. L’effetto a retroazione positiva
che caratterizza il Tiristore permette, quindi, al dispositivo di restare in conduzione
anche dopo l’esaurimento dell’impulso. Se, durante la conduzione, si applica al
gate un impulso negativo di tensione, il MOSFET a canale P entra in conduzione
cortocircuitando la giunzione base-emettitore del transistor NPN; di conseguenza
l’anello a reazione positiva viene interrotto, provocando lo spegnimento di tutto il
dispositivo. Infine, una tensione nulla tra gate e catodo non produce alcun effetto

Anodo

MOSFET

Gate

GTO

Catodo

Figura 6.8: Circuito equivalente del MTO.


102 Capitolo 6. Componenti derivati dai Tiristori

sul dispositivo che, pertanto, mantiene lo stato di conduzione.


Durante lo spegnimento del MCT è necessario, in entrambi i tipi, che la caduta
di tensione lungo il canale del MOS sia inferiore a 0.7 V, per evitare che il Tran-
sistor resti in zona attiva; tale vincolo limita la massima corrente commutabile dal
MCT e fa preferire l’utilizzo di P-MCT poiché il MOS a canale N predisposto allo
spegnimento del dispositivo presenta una caduta ohmica diretta pari a circa la metà
rispetto a quella del canale P.
Il principale vantaggio degli MCT, rispetto ai GTO e agli MTO, è rappresen-
tato dalla semplificazione del circuito di pilotaggio, che deve fornire solo impulsi di

Anodo

Gate

OFF
MOSFET
ON
MOSFET

Catodo

(a) P-MCT
Anodo

ON
MOSFET
Gate

OFF
MOSFET

Catodo

(b) N-MCT

Figura 6.9: Circuito equivalente del MCT.


6.3. Tiristori con Gate isolato 103

tensione, con corrente assai modesta, sia per l’accensione che per lo spegnimento.
Sia gli MCT che gli MTO richiedono, infine, l’utilizzo di un circuito di smorzamen-
to, necessario per ridurre le perdite di commutazione dovute alla coda di corrente
durante lo spegnimento.
Nella tab. 6.3 sono riportati i principali parametri di alcuni Tiristori con gate
isolato.
Capitolo 6. Componenti derivati dai Tiristori

SIGLA VDRM VDSM IT AV IT SM IT RSM di/dt I2 t tdon tdof f


(V) (V) (A) (kA) (A) (A/µs) (A2 s) (µs) (µs)
5SHY 35L4511 4.500 4.500 1.400 28 2.200 1.000 3,9 · 106 3,5 7
5SHY 35L4510 4.500 4.500 1.700 32 2.700 1.000 5,1 · 106 3,5 7
5SHY 35L4512 4.500 4.500 2.100 35 3.300 1.000 6,1 · 106 3,5 11
5SHY 30L6010 6.000 6.000 1.300 27,5 2.000 1.000 3,8 · 106 3,5 7
Tabella 6.3: Caratterstiche di alcuni Tiristori con gate isolato.
104
Parte II

Convertitori statici
Capitolo 7

Caratterizzazione dei convertitori


statici

L’analisi dettagliata del comportamento di un sistema di potenza alimentato me-


diante un convertitore statico richiede la conoscenza dello schema circuitale del con-
vertitore e delle sue modalità di funzionamento. Tuttavia, è spesso possibile facili-
tare lo studio prendendo in considerazione un modello semplificato del convertitore,
ricavabile prendendo in considerazione solo alcune caratteristiche peculiari del suo
funzionamento.

Per evidenziare tali caratteristiche, è necessario tenere presente che il converti-


tore può essere considerato sia come un’apparecchiatura elettronica, che permette
il trasferimento controllato di energia dalla sorgente primaria al carico, sia come un
amplificatore, che consente di applicare al carico la tensione (o la corrente) richie-
sta dal dispositivo di controllo, e che, a seconda delle caratteristiche che si stanno
esaminando, uno dei due aspetti risulta prevalente.

Si consideri ad esempio il sistema di controllo della velocità di un motore in cor-


rente continua riportato nella fig. 7.1. Per quanto concerne l’aspetto energetico, il
convertitore preleva energia dalla sorgente primaria di alimentazione (in generale in
corrente alternata) e provvede al suo trasferimento controllato al motore in corrente
continua. Per quanto riguarda, invece, il sistema di controllo il convertitore si com-
porta come un amplificatore, che alimenta il motore con una tensione di armatura
va dipendente dalla variabile di controllo x.

107
108 Capitolo 7. Caratterizzazione dei convertitori statici

sorgente
esterna

ωrif + x Convertitore va ω
Regolatore Motore
Statico
-

Tachimetro

Figura 7.1: Controllo di velocità di un motore in c.c.

7.1 Trasferimento di energia


Per quanto concerne il trasferimento di energia dalla sorgente al carico, le caratteri-
stiche più salienti del convertitore riguardano la possibilità di trasferimento dell’e-
nergia in una sola direzione o in entrambe, il rendimento di conversione e l’entità
dei disturbi introdotti sulla rete di alimentazione e sul carico.
Con riferimento all’azionamento di fig. 7.1, si può rilevare che normalmente l’e-
nergia fluisce dalla sorgente, tramite il convertitore e la macchina elettrica, al carico
meccanico. In alcune condizioni operative, però, il carico può o restituire parte del-
l’energia immagazzinata o fornire energia; in questo caso la macchina elettrica fun-
ziona da generatore e, se il convertitore è opportunamente realizzato, l’energia viene
fornita alla sorgente. Si vede pertanto che le denominazioni di sorgente e di carico,
che derivano dal normale funzionamento del sistema, possono in alcune situazioni
operative risultare improprie; ad esse si fa comunque usuale riferimento intendendo
come morsetti del convertitore connessi alla sorgente quelli per i quali le caratteri-
stiche (ampiezza e frequenza) della tensione non dipendono dal funzionamento del
convertitore.
Una prima suddivisione tra i vari convertitori può essere effettuata sulla base del
tipo di sorgente (in c.c. o in c.a.) e del tipo di tensione fornita in uscita; esisto-
no pertanto convertitori continua-continua (c.c.-c.c), continua-alternata (c.c.-c.a.),
alternata-continua (c.a.-c.c.) e alternata-alternata (c.a.-c.a.)† . Una seconda suddivi-
sione prende invece in considerazione le possibilità di trasferimento dell’energia. Vi
sono infatti convertitori che permettono il trasferimento dell’energia in una sola di-

Molti Autori effettuano una suddivisione tra convertitori di tensione (convertitori che modifi-
cano solo l’ampiezza della tensione) e convertitori di frequenza (convertitori che modificano anche
la frequenza della tensione di uscita). Nell’ambito del corso si è, invece, preferito prendere in con-
siderazione solo il tipo di tensione in ingresso e in uscita. Risulta ovvio che i convertitori c.c.-c.a. e
c.a.-c.c. sono dei convertitori di frequenza, i convertitori c.c.-c.c. sono dei convertitori di tensione,
mentre i convertitori c.a.-c.a. possono essere convertitori di tensione oppure di frequenza.
7.1. Trasferimento di energia 109

rezione e vengono chiamati monodirezionali mentre altri consentono il trasferimento


di energia in entrambe le direzioni e vengono chiamati bidirezionali.
I convertitori monodirezionali sono caratterizzati dal fatto che nessuna delle due
grandezze elettriche di uscita (tensione e corrente) può cambiare di segno; pertanto,
se si considera un piano cartesiano e si riporta su un asse la corrente di uscita e
sull’altro la tensione fornita al carico, tutti i possibili punti di funzionamento del
convertitore giacciono in un unico quadrante come mostrato nella fig. 7.2(a). In
relazione a tale peculiarità i convertitori monodirezionali sono anche detti ad un
quadrante.
Nei convertitori bidirezionali, invece, per poter cambiare la direzione del flusso di
energia occorre che almeno una delle grandezze di uscita possa cambiare di segno.
I convertitori bidirezionali, quindi, possono, al loro volta, essere suddivisi in due
categorie:

• a due quadranti se una sola delle grandezze di uscita può cambiare di segno
(vedi figg. 7.2(b) e 7.2(c));

• a quattro quadranti se entrambe le grandezze di uscita possono cambiare di


segno (vedi fig. 7.2(d)).

V V

1° a) 2° 1° b)

I I

V V

1° c) 2° 1° d)

I I
4° 3° 4°

Figura 7.2: Classificazione dei convertitori a seconda del trasferimento di energia.


110 Capitolo 7. Caratterizzazione dei convertitori statici

Per quanto concerne i convertitori bidirezionali a due quadranti, occorre ancora


osservare che la possibilità di trasferimento di energia dal carico verso la sorgente di-
venta effettiva solo se la grandezza (tensione o corrente) che deve cambiare di segno
affinché il carico possa funzionare da generatore coincide con quella che può cam-
biare di segno ai morsetti di uscita del convertitore. Riprendendo, ad esempio, in
considerazione l’azionamento di fig. 7.1, affinché la macchina elettrica possa funzio-
nare da generatore è necessario la corrente di armatura cambi di segno; pertanto il
recupero di energia meccanica è possibile solo se il convertitore è in grado di operare
nel secondo quadrante (figg. 7.2(b) e 7.2(d)).

È infine da notare che, mentre i convertitori con uscita in c.c. possono ap-
partenere ad una qualsiasi delle tre categorie (monodirezionali, bidirezionali a due
quadranti, bidirezionali a quattro quadranti), i convertitori con uscita in c.a. sono,
ad eccezione di alcuni convertitori per impieghi particolari, sempre bidirezionali a
quattro quadranti. Anzi, come si vedrà in seguito, molti convertitori con uscita in
c.a. presentano un circuito di potenza analogo a quello di un convertitore a quattro
quadranti con uscita in c.c.

Come già evidenziato nella trattazione relativa ai componenti, i semiconduttori


di potenza impiegati nei convertitori statici vengono, al fine di ottenere un rendi-
mento accettabile, fatti funzionare sempre in regime di commutazione. Tale tipo
di funzionamento comporta che le forme d’onda della tensione e della corrente ap-
plicate al carico presentino, sovrapposto all’andamento desiderato (andamento di
tipo continuo o sinusoidale), anche un insieme di armoniche, di entità in genere non
trascurabile, che costituiscono un disturbo che il convertitore applica al carico.

Il funzionamento in regime di commutazione dei semiconduttori di potenza del


convertitore provoca anche l’iniezione in rete di armoniche di corrente che, in molte
applicazioni, possono risultare dannose per il corretto funzionamento di altre utenze;
inoltre, se la sorgente di alimentazione è in corrente alternata, il convertitore assor-
be, oltre alla potenza attiva, anche una potenza reattiva che, specialmente quando
l’ampiezza della tensione di uscita è molto piccola rispetto al suo valore nominale,
può risultare di valore più elevato della potenza attiva.

In alcuni convertitori l’andamento della tensione o della corrente applicate al


carico e le armoniche di corrente introdotte sulla alimentazione dipendono essenzial-
mente dalla struttura circuitale del convertitore; in altri, invece, l’entità dei disturbi
risulta notevolmente influenzata dalle modalità di comando del convertitore.
7.2. Funzionamento come amplificatore 111

7.2 Funzionamento come amplificatore


Per quanto concerne il sistema di controllo, le caratteristiche più significative del
convertitore sono quelle relative al legame statico e dinamico tra la variabile di
controllo e quella di uscita (in genere tensione applicata al carico).

Caratteristiche statiche. Il legame statico tra la variabile di controllo e quella


di uscita (caratteristica statica) può risultare o praticamente lineare o fortemente
non lineare. In quest’ultimo caso si ricorre usualmente ad un opportuno metodo di
linearizzazione che può essere basato o sull’introduzione di un blocco non 1ineare
all’ingresso del convertitore, come ad esempio riportato nella fig. 7.3(a), oppure
sull’impiego di un sistema di controllo a catena chiusa, come mostrato nella fig.
7.3(b).

sorgente
esterna

x φa Convertitore vu = K c cos φ a = x
arcos(x/K c)
c.a.-c-c.

(a)linearizzazione a catena aperta

sorgente
esterna

x φa Convertitore vu
+ Regolatore
c.a.-c-c.

(b)linearizzazione a catena chiusa

Figura 7.3: Linearizzazione della caratteristica statica.

In alcuni tipi di convertitore il legame tra la grandezza di ingresso e quella di usci-


ta risulta sempre univocamente prefissato; per tali convertitori i due metodi di linea-
rizzazione forniscono risultati praticamente equivalenti. In altri tipi di convertitore
(ad esempio nei convertitori che presentano due diverse modalità di funzionamento
a seconda che la corrente assorbita dal carico sia di tipo continuo o discontinuo),
invece, possono verificarsi condizioni di funzionamento nelle quali la grandezza di
uscita del convertitore venga a dipendere dai parametri del carico; quando ciò si
112 Capitolo 7. Caratterizzazione dei convertitori statici

verifica, l’impiego di un metodo di linearizzazione a catena aperta risulta alquanto


complesso ed è conveniente ricorrere ad un sistema di controllo a catena chiusa.
Il legame tra la grandezza di ingresso e quella di uscita può risultare lineare solo
se il valore desiderato di quest’ultima è più piccolo di quello massimo fornibile dal
convertitore; pertanto la caratteristica statica del convertitore presenta sempre una
saturazione. Occorre, inoltre, tenere presente che anche l’altra grandezza elettrica
presente ai morsetti di uscita del convertitore non può superare un valore prefissato;
ciò può comportare una ulteriore limitazione sul valore massimo della grandezza
di uscita, dipendente dalle condizioni operative del carico. Ad esempio, se, come
avviene nella maggioranza dei casi, la grandezza di uscita è una tensione, è necessario
limitare, mediante un apposito dispositivo di protezione, la corrente fornita al carico
ad un valore tale da impedire il danneggiamento dei semiconduttori di potenza.
Tale dispositivo di protezione può essere strutturato in modo tale da limitare la
corrente erogata dal convertitore ad un valore prestabilito, mantenendo in funzione
il convertitore, oppure da interdirne il funzionamento per un intervallo di tempo di
durata prefissata.

Comportamento dinamico. La necessità di impiegare semiconduttori di potenza


funzionanti in regime di commutazione comporta la presenza di un ritardo finito τ
tra le variazioni del segnale di comando e quelle della grandezza di uscita. Molto
spesso, inoltre, il valore di tale ritardo non è costante ma può variare da circa zero
ad un massimo τmax , a seconda dell’istante in cui si verifica la variazione del segnale
di comando.
In alcuni convertitori, ad esempio nei convertitori alimentati in c.a., il valore di
τmax dipende essenzialmente dalla struttura del convertitore e risulta dell’ordine di
alcuni ms; pertanto l’effetto del ritardo finito non può essere trascurato per quanto
concerne la sintesi del dispositivo di controllo. In questo caso si ricorre in genere,
per la sintesi del dispositivo di controllo, ad un modello dinamico approssimato del
convertitore, assimilando l’effetto del ritardo finito variabile a quello di una oppor-
tuna costante di tempo. In altri convertitori il valore di τmax dipende, invece, dalla
modalità di comando del convertitore; in questo caso, specialmente nei convertitori
alimentati in c.c. e realizzati mediante Transistor, il valore del ritardo finito può
risultare sufficientemente piccolo da poter essere trascurato.
Capitolo 8

Convertitori c.c.-c.c

L’elemento fondamentale per la realizzazione dei convertitori c.c.-c.c è l’interruttore


statico, cioè un dispositivo di cui è possibile comandare sia la chiusura che l’apertura.
Come visto, tale funzionamento è proprio dei Transistor e dei GTO, mentre, quando
si impiegano Tiristori, è necessario introdurre dei circuiti ausiliari atti a permettere
l’apertura comandata del Tiristore.
Nel seguito verranno presi in considerazione vari tipi di convertitori c.c.-c.c. ad
un solo stadio:

• monodirezionale con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione,

• monodirezionale con tensione di uscita maggiore di quella di alimentazione,

• bidirezionale a due e a quattro quadranti;

mentre quelli a due stadi verranno descritti in un successivo capitolo.


La descrizione del primo tipo di convertitore verrà effettuata considerando dap-
prima un interruttore ideale (indicato per comodità con il simbolo del Transistor);
successivamente saranno messi in evidenza gli effetti del comportamento reale del
Transistor e presentate le diverse modalità di controllo del convertitore. Nella descri-
zione degli altri tipi di convertitore, invece, verrà preso in considerazione solo l’impie-
go di un interruttore ideale, che, ancora, sarà indicato con il simbolo del Transistor.
Saranno, infine, illustrate le peculiarità connesse alla realizzazione dell’interruttore
quando viene utilizzato un GTO oppure un Tiristore.
Come evidenziato nella premessa, la distinzione tra la trattazione generale con
componenti ideali e gli approfondimenti sarà evidenziata impiegando, per questi
ultimi, caratteri tipografici diversi.

113
114 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

8.1 Convertitore con tensione di uscita inferiore a


quella di alimentazione
Il convertitore c.c.-c.c. monodirezionale con tensione di uscita inferiore a quella di
alimentazione (anche detto chopper riduttore o step down) è il convertitore c.c.-c.c
più utilizzato, specialmente nelle applicazioni di media o elevata potenza, tanto che
ad esso si fa normalmente riferimento quando si parla genericamente di convertitore
c.c.-c.c o di chopper.

8.1.1 Carico puramente resistivo


Nella fig. 8.1 è riportato lo schema di principio del chopper riduttore nel caso in
cui il carico sia costituito da una semplice resistenza R. Idealizzando il compor-
tamento dell’interruttore, se, con un periodo di ripetizione T , il Transistor viene
alternativamente chiuso e aperto, durante gli intervalli di tempo (di durata τ ) in cui
il Transistor è chiuso la tensione vu di uscita risulta pari alla tensione di alimenta-
zione Ea e la corrente iu applicata al carico è pari a Ea /R; nei restanti intervalli di
tempo (di durata T − τ ), invece, la tensione vu e la corrente iu sono nulle. La fig.
8.2 riporta gli andamenti della tensione e della corrente applicate al carico.

iu
T
+

Ea vu R

Figura 8.1: Schema base del chopper riduttore.

Il valore medio della tensione fornita dal convertitore, che come evidenziato
nel capitolo precedente rappresenta l’uscita desiderata per il convertitore, risulta
pertanto:

τ
V̄u = Ea , (8.1)
T

e può venire variato da 0 ad Ea variando il rapporto τ /T .


8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 115

v u iu
vu vu

iu iu

t0 t0+τ t0+T t

Figura 8.2: Andamenti della tensione e della corrente applicate al carico.

Durante ciascun intervallo di tempo durante il quale il Transistor conduce, l’e-


nergia Eu fornita al carico risulta:

Ea2
Eu = τ; (8.2)
R

pertanto la potenza Pu trasmessa dalla sorgente al carico è pari a:

Ea2 τ
Pu = (8.3)
R T

e varia linearmente con τ .

Perdite dovute alla tensione di saturazione del Transistor. Considerando il


funzionamento reale del Transistor, negli intervalli di tempo durante i quali il Transistor si trova
in conduzione la tensione applicata al carico risulta pari ad Ea meno la caduta Vce sat ; pertanto
nelle espressioni (8.1), (8.2) e (8.3) occorre sostituire ad Ea il termine Ea − Vce sat .
Quando la tensione Ea di alimentazione è elevata (diverse centinaia di V) la caduta sul
Transistor può essere trascurata rispetto ad Ea ; pertanto le espressioni (8.1), (8.2) e (8.3)
forniscono una buona approssimazione. In ogni caso è necessario considerare la tensione di
saturazione per valutare la potenza dissipata sul Transistor.
Considerando soltanto le perdite in conduzione, la potenza media Pc dissipata nel Transistor
e il rendimento di conversione η assumono, pertanto, le espressioni fornite dalle equazioni (8.4)
(8.5):

Ea − Vce sat τ
Pc = Vce sat (8.4)
R T
Pu Ea − Vce sat
η= = . (8.5)
Pu + Pc Ea

Perdite dovute alle commutazioni del Transistor. La determinazione delle per-


dite dovute alle commutazioni del Transistor verrà effettuata prendendo in considerazione esclu-
116 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

sivamente il caso di Ea  Vce sat ; pertanto la caduta sul Transistor durante la conduzione verrà
trascurata.

Perdite durante la chiusura. Come visto, quando il Transistor viene pilotato la


corrente di collettore non subisce una variazione improvvisa ma, esaurito il tempo di ritardo,
essa inizia a salire con una andamento che può, in prima approssimazione, essere considerato
lineare e solo dopo un intervallo di tempo di durata tr (tempo di salita) raggiunge il valore di
regime. Indicato con t = t0 l’istante in cui il Transistor inizia a condurre, durante l’intervallo
di tempo (t0 , t0 + tr ) la corrente di collettore ic assume quindi l’andamento:

Ea t − t0
ic (t) = , (8.6)
R tr

mentre la tensione vce , presente tra il collettore e l’emettitore del Transistor, è pari alla differenza
tra la tensione di alimentazione e quella applicata al carico, cioè:
 
t − t0
vce (t) = Ea − Ric (t) = Ea 1 − . (8.7)
tr

Pertanto l’energia dissipata nel Transistor durante un intervallo di chiusura risulta:


Z t0 +tr
Er = vce (t)ic (t)dt =
t0
Z t0 +tr   (8.8)
Ea2 t − t0 t − t0 E2
= 1− dt = a tr .
t0 R tr tr 6R

Tale energia è in generale abbastanza contenuta; inoltre l’energia effettivamente dissipata


sul Transistor risulta minore di quella calcolata, in quanto la immancabile presenza di induttanze
disperse riduce il valore della tensione presente ai capi del Transistor e quindi le perdite in esso
localizzate. Pertanto nel caso di carico resistivo normalmente non si adotta alcun accorgimento
per ridurre l’energia dissipata nel Transistor durante la chiusura.

Perdite durante l’apertura. Dualmente, quando il Transistor inizia ad aprirsi, du-


rante un intervallo di tempo di durata tf (tempo di discesa) la corrente diminuisce con un
andamento che può essere considerato lineare. Indicato con t = t1 l’istante in cui il Transistor
comincia ad aprirsi, durante l’intervallo di tempo (t1 , t1 + tf ) la corrente di collettore ic assume
quindi l’andamento:
 
Ea t − t1
ic (t) = 1− , (8.9)
R tf

mentre la caduta vce nel Transistor è pari a:

t − t1
vce (t) = Ea − Ric (t) = Ea . (8.10)
tf
8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 117

Pertanto l’energia dissipata durante un intervallo di apertura risulta pari a:


Z t1 +tf
Ef = vce (t)ic (t)dt =
t1
Z t1 +tf   (8.11)
Ea2 t − t1 t − t1 E2
= 1− dt = a tf .
t1 R tf tf 6R

Normalmente il tempo di discesa è sensibilmente maggiore di quello di salita; inoltre la


presenza di induttanze disperse aumenta il valore della tensione presente ai capi del Transistor
durante l’apertura e quindi l’entità delle perdite. Pertanto l’energia dissipata durante l’apertura
risulta sensibilmente maggiore di quella dissipata durante la chiusura del Transistor; quando
la frequenza di commutazione è elevata, può risultare conveniente, anche nel caso di carico
puramente resistivo, impiegare un opportuno circuito ausiliario atto a ridurre l’energia dissi-
pata sul Transistor durante la fase di apertura. Tale circuito consiste essenzialmente in una
capacità che, durante l’apertura del Transistor, è connessa tra il collettore e l’emettitore. Il
dimensionamento della capacità verrà effettuato nel prossimo paragrafo, prendendo in conside-
razione la situazione, molto più usuale, in cui il carico presenti, in serie alla resistenza, anche
un’induttanza.

8.1.2 Carico induttivo

Generalmente il carico presenta, in serie alla resistenza R, anche una induttanza


L. In alcune applicazioni il valore di questa induttanza è talmente piccolo da poter
venire trascurato (si considera quindi il carico come puramente resistivo), in altre,
invece, l’effetto dell’induttanza modifica in maniera non trascurabile il comporta-
mento del circuito. Spesso, infine, l’induttanza viene aggiunta di proposito, al fine
di ridurre la componente alternativa della corrente assorbita dal carico.
La presenza dell’induttanza comporta che, durante la fase di apertura del Transi-
stor, la corrente nel carico non possa portarsi velocemente a zero; è quindi necessario,
come mostrato nella fig. 8.3, aggiungere al circuito un Diodo (chiamato Diodo di
libera circolazione) che permetta la circolazione della corrente assorbita dal carico
quando il Transistor si apre.
Nel funzionamento ideale, cioè trascurando le cadute dirette sul Transistor e
sul Diodo ed i fenomeni dovuti alle commutazioni, la tensione vu di uscita ha lo
stesso andamento già visto nel caso di carico puramente resistivo. Infatti durante
gli intervalli di tempo in cui il Transistor conduce la tensione vu è pari ad Ea mentre,
quando il Transistor è interdetto, la corrente assorbita dal carico o è nulla oppure
circola nel Diodo D; in entrambi i casi la tensione sul carico è nulla.
Pertanto, anche nel caso di carico induttivo, il valore medio della tensione appli-
118 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

iu
T

+
L
D
Ea vu

Figura 8.3: Schema base del chopper riduttore con carico induttivo.

cata al carico risulta pari a:

τ
V̄u = Ea . (8.12)
T

Indicato con I0 il valore della corrente iu nell’istante t = t0 in cui il Transistor


viene chiuso e con τ la durata dell’intervallo di conduzione, durante l’intervallo di
tempo (t0 , t0 + τ ) la corrente di carico assume un andamento esponenziale, tendendo
ad Ea /R con una costante di tempo pari a L/R, cioè:
 h i
Ea −R (t−t0 )
iu (t) = I0 + − I0 1 − e L . (8.13)
R

Nell’istante t = t1 = t0 +τ , in cui il Transistor viene aperto, la corrente iu risulta,


quindi, pari a:
  
Ea R
iu (t1 ) = I1 = I0 + − I0 1 − e− L τ . (8.14)
R

Durante l’intervallo di tempo (t1 , t0 + T ), la tensione vu è nulla e la corrente


diminuisce con un andamento esponenziale tendendo a zero con la stessa costante
di tempo:

R
iu (t) = I1 e− L (t−t1 ) . (8.15)

Nell’istante t = t0 + T in cui il Transistor viene nuovamente chiuso, la corrente


8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 119

risulta, quindi, pari a:

R R Ea h − R (T −τ ) R
i
iu (t0 + T ) = I2 = I1 e− L (T −τ ) = I0 e− L T + e L − e− L T . (8.16)
R

Durante il funzionamento a regime permanente, l’andamento della corrente iu


risulta periodico, con lo stesso periodo della tensione vu ; pertanto, l’intensità I2
della corrente nell’istante iniziale del nuovo periodo deve essere pari all’intensità I0
nell’istante iniziale del precedente periodo. Imponendo tale condizione (condizione
di regime o di periodicità) si ottiene:

R Ea h − R (T −τ ) R
i
I0 e− L T + e L − e− L T = I0 . (8.17)
R

Ne segue:
R R R
Ea e− L (T −τ ) − e− L T Ea 1 − e− L τ
I0 = R I1 = . (8.18)
R 1 − e− L T R 1 − e− RL T

Il valore medio I¯u della corrente iu può essere ottenuto integrando le espressioni
(8.13) e (8.15) negli intervalli (t0 , t1 ) e (t1 , t0 + T ). La sua determinazione risulta,
però, facilitata dalla osservazione che, a regime permanente, il valore medio della
tensione applicata all’induttanza è nullo, per cui, il valore medio della tensione che si
localizza sulla resistenza è uguale a quello della tensione vu ; di conseguenza, essendo i
valori istantanei della tensione e della corrente applicati alla resistenza proporzionali
tra loro, il valore medio della corrente risulta pari a:

V̄u Ea τ
I¯u = = . (8.19)
R R T

Quando, come spesso avviene, l’induttanza L (o una parte di essa) è stata appo-
sitamente inserita per ridurre l’ondulazione di corrente, la costante di tempo L/R è
molto maggiore di T e i due esponenziali che compaiono nelle (8.13) e (8.15) pos-
sono essere approssimati con due segmenti di retta; con questa approssimazione la
tensione e la corrente applicate al carico assumono, quindi, gli andamenti illustrati
nella fig. 8.4.
Se la linearizzazione viene effettuata supponendo che la caduta Riu sulla resi-
stenza di carico possa essere considerata costante e pari al suo valore medio RI¯u , le
espressioni (8.13) e (8.15) si semplificano in:

Ea − RI¯u
iu (t) = I0 + (t − t0 ) , (8.20)
L
120 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

v u iu
vu

I1 iu
∆ Iu

I0

t0 t0+τ t0 +T t

Figura 8.4: Andamenti della tensione e della corrente applicate al carico.

nell’intervallo (t0 , t1 ) e:

RI¯u
iu (t) = I1 − (t − t1 ) (8.21)
L

nell’intervallo (t1 , t0 + T ).
Di conseguenza i valori di I0 ed I1 possono essere approssimati come:

I0 = I¯u − ∆ I1 = I¯u + ∆, (8.22)

essendo:

τ (T − τ )
∆ = Ea .
2LT

Come si può osservare, lo scostamento ∆, tra il valore di picco ed il valore medio


della corrente fornita al carico, è inversamente proporzionale al valore dell’induttanza
e risulta massimo quando τ = T /2; per tale valore di τ si ha:

T
∆ = ∆max = Ea . (8.23)
8L

Con le approssimazioni effettuate, durante l’intervallo di tempo (t0 , t1 ), l’energia


trasferita alla resistenza del carico risulta pari a:
Z t0 +τ Z t0 +τ  2
¯ t − t0
E1 = Ri2u (t)dt = R Iu − ∆ + 2∆ dt =
t0 t0 τ
  (8.24)
∆2
= R I¯u2 + τ.
3

Analogamente, durante l’intervallo (t1 , t0 + T ), l’energia trasferita alla resistenza


8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 121

del carico è pari a:


 2


E2 = R I¯u +
2
(T − τ ) . (8.25)
3

Pertanto, considerando che l’energia immagazzinata nell’induttanza nell’istante


t0 + T è pari a quella immagazzinata nell’istante t0 , la potenza trasferita al carico
risulta pari a:
 
E1 + E2 ¯2 ∆2
Pu = = R Iu + (8.26)
T 3

e, quando l’ondulazione di corrente è piccola, cioè ∆  I¯u , si ha:

E 2  τ 2
Pu ' RI¯u2 = a . (8.27)
R T

L’espressione (8.27) mostra che, a differenza del caso di carico prettamente re-
sistivo, quando il carico è fortemente induttivo la potenza trasferita al carico varia
con il quadrato del rapporto τ /T .

Dimensionamento del Transistor. Per quanto concerne il dimensionamento del


Transistor, si può osservare che (trascurando le sovratensioni che possono verificarsi
durante il transitorio di apertura) la massima tensione diretta Vd ad esso applicata
risulta pari ad Ea mentre il valore medio I¯c , il valore efficace Ic eff ed il valore di
picco Icp della corrente di collettore risultano:

τ Ea τ
I¯c = I¯u =
sT 
R T

¯2
∆2 τ (8.28)
Ic eff = Iu +
3 T
Icp = I¯u + ∆.

In prima approssimazione, il dimensionamento in potenza del Transistor può


essere definito mediante il prodotto Pt tra il valore di picco della tensione appli-
cata tra collettore ed emettitore e quello della corrente di collettore. Nelle ipotesi
semplificative adottate, tale prodotto risulta pari a:

Pt = Ea I¯u + ∆ (8.29)
122 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

e, trascurando ∆ rispetto ad I¯u , può venire approssimato come:

Ea2 τ
Pt = Ea I¯u = . (8.30)
R T

Se si considera, infine, il rapporto k tra la potenza di dimensionamento del


Transistor e quella trasferita al carico si ottiene:

Pt T
k= = . (8.31)
Pu τ

Pertanto, a parità di potenza fornita al carico, il dimensionamento del Transistor


risulta tanto più gravoso quanto più piccolo è il valore del rapporto τ /T , cioè quanto
più piccolo è il rapporto tra il valore medio della tensione applicata al carico e la
tensione Ea di alimentazione.

Perdite durante l’apertura. Quando il Transistor inizia ad aprirsi, la corrente di collet-


tore scende, come già illustrato, con una pendenza pari a I1 /tf mentre, a differenza di quanto
avveniva nel caso di carico puramente resistivo, la corrente assorbita dal carico diminuisce, a
causa della presenza dell’induttanza, con una pendenza minore. L’aliquota parte di corrente
assorbita dal carico e non più fornita dal Transistor deve essere fornita dal Diodo che, quindi,
inizia a condurre portando istantaneamente a zero la tensione di uscita.
Durante la fase di discesa, pertanto, la tensione vce applicata tra il collettore e l’emettitore
del Transistor risulta pari alla tensione Ea di alimentazione e nel Transistor viene dissipata una
energia Ef pari a:
Z t1 +tf
Ef = Ea ic (t)dt. (8.32)
t1

Se si trascura la variazione subita dalla corrente di carico durante l’intervallo di tempo (t1 ,
t1 + tf ), l’energia dissipata nel Transistor durante una fase di apertura risulta quindi pari a:

tf
Ef = Ea I1 . (8.33)
2

Pertanto, considerando che le aperture si susseguono con un periodo di ripetizione pari a


T , la potenza dissipata sul Transistor a causa delle perdite di apertura risulta:

Ef tf
Pf = = Ea I1 . (8.34)
T 2T

Se ad esempio si ha Ea = 300 V, I1 = 40 A, tf = 2 ms, l’energia Ef è pari a 12 mJ. Se la


frequenza di commutazione è uguale a 100 Hz la potenza dissipata in fase di apertura risulta
pari a 1.2 W, cioè trascurabile per il tipo di Transistor impiegato. Se, invece, si utilizzasse una
8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 123

frequenza di commutazione pari a 10 kHz la potenza dissipata raggiungerebbe i 120 W, cioè


diventerebbe maggiore di quella dissipata durante la conduzione.
Per ridurre l’energia dissipata durante l’apertura, oltre a cercare di ridurre il tempo tf im-
piegando un adeguato circuito di pilotaggio, è conveniente introdurre un opportuno circuito
ausiliario (circuito smorzatore o snubber ) atto ad evitare che la tensione vce si porti istantanea-
mente ad Ea . Un circuito adatto a questo scopo è costituito essenzialmente da un condensatore
C1 posto tra il collettore e l’emettitore del Transistor. Con tale inserzione, quando all’istante
t = t1 la corrente di collettore inizia a diminuire, la differenza tra la corrente erogata dal Transi-
stor e quella assorbita dal carico viene compensata dalla corrente che circola nel condensatore;
supponendo che durante il tempo di discesa la corrente nel carico rimanga pressoché costante,
la corrente ia , fornita dal condensatore, assume l’andamento:

t − t1
ia (t) = iu (t) − ic (t) = I1 . (8.35)
tf

La tensione vce inizia, quindi, a salire in maniera proporzionale all’integrale di ia :


Z
1 t
(t − t1 )2
vce (t) = ia (t)dt = I1 , (8.36)
C1 t1 2C1 tf

e continua a salire con legge quadratica fino all’istante t = t1 + tf , in cui la corrente nel
Transistor si annulla, oppure fino all’istante t = ta , in cui la tensione vce diventa pari alla
tensione di alimentazione. Si possono cioè avere due casi distinti: nel primo caso (C1 piccolo)
la tensione vce diventa pari ad Ea prima che il Transistor sia completamente interdetto; nel
secondo caso (C1 grande) nell’istante t = t1 + tf la tensione vce è ancora minore di Ea .
Il valore Ca della capacità che delimita le due situazioni risulta pari a:

I1 tf
Ca = . (8.37)
2Ea

Quando C1 è minore di Ca la tensione vce diventa pari ad Ea ad un istante ta minore di


t1 + tf , essendo:
s
2C1 Ea tf
ta = t1 + ; (8.38)
I1

successivamente la tensione vce si mantiene pari ad Ea ed inizia la conduzione del Diodo.


L’energia dissipata nel Transistor durante la fase di apertura risulta, pertanto, pari a:
Z t1 +tf
Ef = ic (t)vce (t)dt =
t1
Z ta   Z t1 +tf  
t − t1 (t − t1 )2 t − t1
= I1 1 − I1 dt + I1 1 − Ea dt = (8.39)
t1 tf 2C1 tf ta tf
Ea I1 h 2 i
= 6tf + 3 (ta − t1 )2 − 8 (ta − t1 ) tf .
12tf
124 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

Quando invece C1 è maggiore di Ca , nell’istante t = t1 + tf in cui la corrente nel Transistor


si annulla, la tensione vce è ancora minore di Ea . In questo caso l’energia dissipata nel Transistor
durante l’apertura risulta:
Z Z  
t1 +tf t1 +tf
t − t1 (t − t1 )2 I12 t2f
Ef = ic (t)vce (t)dt = I1 1 − I1 dt = . (8.40)
t1 t1 tf 2C1 tf 24C1

È interessante osservare che, quando si impiega un valore della capacità C1 uguale al valore
limite Ca , l’energia dissipata nel Transistor durante la commutazione risulta pari a:

Ea I1 tf
Ef = ; (8.41)
12

è cioè pari ad un sesto di quella che si sarebbe dissipata in assenza del condensatore.
Alla fine della commutazione la capacità ha immagazzinata una energia Ei pari a:

C1 Ea2
Ei = (8.42)
2

e, come si vedrà in seguito, questa energia viene totalmente dissipata alla successiva chiusura
del Transistor.
L’energia complessiva Ed dissipata a causa della apertura non istantanea del Transistor:

Ed = Ef + Ei (8.43)

risulta minima per un valore di C1 leggermente inferiore a Ca .


Nella situazione presa in considerazione nell’esempio precedente si ha:

Ca = 133 nF.

Quando C1 = Ca si ottiene:

Ef = 2 mJ Ei = 6 mJ Ed = 8 mJ.

Scegliendo invece un valore di C1 leggermente inferiore a Ca si ha un leggero incremento


di Ef ed una maggiore riduzione di Ei . Se ad esempio si sceglie C1 = 100 nF si ottiene:

Ef = 2.85 mJ Ei = 4.5 mJ Ed = 7.35 mJ.

Alla successiva chiusura del Transistor, se non si prendessero opportune precauzioni, l’ener-
gia immagazzinata nella capacità si dissiperebbe, in maniera pressoché istantanea, nel Transistor
stesso; per evitare ciò, si fa ricorso al circuito riportato nella fig. 8.5. Impiegando tale circuito,
durante l’apertura del Transistor il condensatore C1 si trova connesso, tramite il Diodo D1 , tra
collettore ed emettitore del Transistor mentre, durante la chiusura, in serie al condensatore si
8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 125

trova la resistenza R1 , sulla quale si dissipa la maggior parte dell’energia immagazzinata nella
capacità.

R1
D1
C1
iu
T

+
L
D
Ea vu

Figura 8.5: Circuito per la riduzione delle perdite di apertura.

Perdite durante la chiusura. A partire dall’istante t0 , in cui il Transistor incomincia a


condurre, la corrente di collettore si porta al valore I0 , con una pendenza limitata pari a I0 /tr :

t − t0
ic (t) = I0 . (8.44)
tr

Durante l’intervallo di tempo (t0 , t0 +tr ) la corrente fornita dal Transistor è minore di quella
assorbita dal carico; ne segue che il Diodo D continua a condurre e la tensione vce applicata
al Transistor si mantiene pari ad Ea . Se non si adotta alcun accorgimento atto a ridurre le
perdite, l’energia dissipata durante la fase di chiusura risulta pari a:

tr
Er = Ea I0 . (8.45)
2

Come già accennato, è possibile ottenere una drastica riduzione delle perdite dovute alla
chiusura del Transistor inserendo, in serie al collettore, una induttanza L2 di valore tale da
limitare la derivata della corrente ad un valore inferiore a I0 /tr :

Ea tr
L2 > L∗2 = . (8.46)
I0

Con tale inserzione, appena il Transistor inizia a condurre la derivata della corrente è limitata
dalla induttanza; pertanto la tensione vce si porta a quella di saturazione in maniera quasi
istantanea e le perdite nel Transistor durante la chiusura diventano praticamente trascurabili.
126 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

Se ad esempio si ha Ea = 300 V, I0 = 40 A e tr = 1.5 ms, in assenza di induttanza l’energia


dissipata durante la chiusura risulta Er = 9 mJ mentre il valore di L∗2 risulta pari a 11.25 mH.
La presenza di una induttanza in serie al collettore del Transistor provocherebbe, però,
una elevata sovratensione durante la fase di apertura del Transistor stesso; per ridurre tale
sovratensione è necessario inserire, in parallelo all’induttanza, una resistenza R2 sulla quale
possa dissiparsi l’energia immagazzinata nell’induttanza. Ovviamente, al fine di evitare che la
resistenza R2 intervenga durante la fase di salita della corrente, è necessario inserire, in serie
ad essa, un Diodo. Il circuito complessivo atto a ridurre le perdite localizzate nel Transistor
durante entrambe le commutazioni risulta, pertanto, quello riportato nella fig. 8.6.

R1
D 2 R2 D1
C1
L2 iu
T

+
L
D
Ea vu

Figura 8.6: Circuito complessivo per la riduzione delle perdite.

L’energia immagazzinata sull’induttanza quando il Transistor viene aperto, e quindi dissipata


sulla resistenza R2 , risulta:

L2 I12
Ei = . (8.47)
2

Quando L2 è scelta pari al suo valore minimo L∗2 , l’energia dissipata sulla resistenza risulta
minima:

Ea I12 tr
Ei = Ei min = . (8.48)
2I0

Considerando che I1 è maggiore di I0 , si può constatare che la dissipazione complessiva di


energia risulta più elevata di quella che si sarebbe avuta sul Transistor in assenza dell’induttanza.
Pertanto, a differenza di quanto avviene per le perdite di apertura, l’inserzione dell’induttanza
L2 non consente di ridurre la dissipazione connessa alla chiusura del Transistor; essa permette,
però, di evitare che la dissipazione sia localizzata all’interno del Transistor.
Per ridurre il valore dell’energia immagazzinata nell’induttanza e successivamente dissipata,
si può impiegare, invece di una induttanza in aria, una induttanza saturabile. Per evitare perdite
8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 127

sul Transistor durante la chiusura è necessario che l’induttanza mantenga limitata la derivata
della corrente per tutto il tempo necessario perché il Transistor sia in grado di condurre la cor-
rente I0 ; occorre, cioè, garantire che la saturazione dell’induttanza, sottoposta alla tensione Ea ,
avvenga dopo un tempo maggiore o uguale a tr . A tale scopo, idealizzando il comportamento
dell’induttanza saturabile in modo da poter considerare che questa assuma un valore costante
L2 , quando la corrente è minore della corrente di saturazione Is , e si porti istantaneamente ad
un valore nullo, quando la corrente supera il valore di saturazione, la corrente di saturazione Is
deve essere scelta maggiore o uguale ad un valore minimo Is min = ELa2tr . Scegliendo per Is il
valore minimo, Is min , l’energia immagazzinata nell’induttanza saturabile risulta:

L2 Is2 E 2 t2
Ei = = a r. (8.49)
2 2L2

Si può, quindi, osservare che tanto più grande è il valore dell’induttanza (e quindi più piccolo
il valore della corrente di saturazione) tanto più piccolo è il valore dell’energia immagazzinata
nell’induttanza e successivamente dissipata. Pertanto, quando la presenza dell’induttanza L2
non serve anche per altri scopi, è conveniente impiegare una induttanza saturabile di valore molto
più grande di L∗2 ; con tale scelta, la dissipazione complessiva di energia risulta sensibilmente
minore di quella che si sarebbe avuta sul Transistor in assenza dell’induttanza.

Scelta delle resistenze R1 e R2. I due circuiti di protezione esaminati interagiscono


tra loro. Infatti, il circuito atto a limitare le perdite durante la fase di apertura del Transistor
produce un incremento della corrente e delle perdite che si localizzano nel Transistor durante la
sua chiusura; viceversa, l’altro circuito incrementa le perdite e la tensione applicata al Transistor
durante la sua apertura.
L’interazione tra i due circuiti risulta tanto minore quanto più grande è il valore di R1 e
quanto più piccolo è quello di R2 ; purtroppo, però, un valore molto grande di R1 ed un valore
molto piccolo di R2 comportano valori elevati delle durate degli intervalli di tempo necessari
per permettere la scarica delle energie immagazzinate nella capacità e nell’induttanza.
La scelta delle resistenze R1 e R2 deve, quindi, essere effettuata prendendo in considerazione
i valori massimi di tensione e corrente che il Transistor può sopportare e i valori minimi, τmin
e (T − τ )min , previsti per le durate dei due stati di conduzione del Transistor.

Transitorio di chiusura. Durante il transitorio di chiusura l’energia accumulata nella


capacità C1 viene dissipata, parte sulla resistenza R1 e parte nel Transistor di potenza.
Nell’istante t = t0 , in cui inizia la chiusura, la tensione applicata al Transistor non può, a
causa del valore limitato della pendenza della corrente di collettore, portarsi istantaneamente
a zero come avverrebbe in assenza del circuito capacitivo; infatti, se ciò avvenisse, la corrente
fornita dalla capacità (e quindi la corrente di collettore) si porterebbe istantaneamente ad un
valore pari a Ea /R1 . Pertanto in un primo intervallo di tempo (t0 , te ), la tensione e la corrente
128 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

applicate al Transistor assumono i seguenti andamenti:

t − t0
ic (t) = I0
tr
vce (t) = Ea − R1 ic (t).

Se il valore del rapporto Ea /R1 è molto più piccolo della corrente nominale del Transistor,
la durata te − t0 di questo primo intervallo (durante il quale si verifica una dissipazione sul
Transistor) è molto più piccola del tempo di salita proprio del Transistor. Si può quindi ipotiz-
zare che nell’istante t = te , in cui la tensione applicata al Transistor diventa pari a quella di
saturazione, la tensione applicata alla capacità C1 risulti ancora praticamente coincidente con
Ea e che, a partire da tale istante, la capacità si scarichi con una corrente ic pari a:

Ea − Rt−tCe
ic (t) = e 1 1. (8.50)
R1

Nell’istante t = te , tutta la tensione di alimentazione è applicata all’induttanza L2 . Pertan-


to, la corrente il che in essa circola sale con una pendenza pari ad Ea /L2 fino a raggiungere, ad
un istante t = tx , un valore pari a quello della corrente assorbita dal carico. Successivamente
inizia la conduzione inversa del Diodo di circolazione, la cui corrente sale fino a raggiungere il
valore massimo Irm .
Infine, a partire dall’istante t = td , in cui la corrente inversa del Diodo inizia a diminuire,
l’eccesso di corrente che circola nell’induttanza si porta a zero, con una costante di tempo pari
a L2 /R2 .
Nella fig. 8.7 sono riportati separatamente gli andamenti delle correnti il ed ic . Come si può
constatare il valore massimo Itm della corrente che attraversa il Transistor risulta leggermente
inferiore alla somma della corrente assorbita dal carico, della corrente di picco inversa del Diodo
e del rapporto Ea /R1 :

Ea
Itm ' I0 + Irm + (8.51)
R1

e diminuisce al crescere di R1 . Per contro il tempo necessario affinché la tensione ai capi della
capacità sia praticamente trascurabile, e quindi il tempo minimo che deve intercorrere prima
che il Transistor possa venire nuovamente aperto, è proporzionale al valore di R1 .
Risulta quindi conveniente scegliere il valore della resistenza R1 in modo tale che la costante
di tempo R1 C1 risulti pari ad 1/4÷1/5 del minimo valore previsto per la durata τ dell’intervallo
di conduzione.

Transitorio di apertura. In generale, il transitorio di apertura del Transistor può essere


suddiviso in tre intervalli temporali.
Nel primo intervallo, durante il quale la tensione applicata al Transistor si porta ad Ea , tutta
la corrente assorbita dal carico è fornita dalla sorgente di alimentazione; pertanto la corrente
che attraversa l’induttanza L2 può essere ritenuta costante. Nel secondo intervallo, presente
8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 129

i il
I0

Ea
ic
R1
t
Figura 8.7: Andamenti delle correnti nell’induttanza e nella capacità.

solo quando la corrente di carico è prossima al suo valore massimo, entra in conduzione il
Diodo di circolazione mentre il Transistor sta terminando la conduzione. Nel terzo intervallo
il Transistor risulta completamente aperto e tutta la corrente assorbita dal carico attraversa il
Diodo di circolazione.
Se il valore di C1 è scelto leggermente inferiore al valore Ca , determinato sulla base dalla eq.
(8.37) in corrispondenza alla massima corrente di carico, la durata del secondo intervallo risulta
appena apprezzabile quando il carico assorbe la massima corrente mentre risulta nulla quando
la corrente di carico è sensibilmente inferiore al suo valore massimo. Pertanto la scelta della
resistenza R2 può essere effettuata considerando che nell’istante ta , in cui inizia la conduzione
del Diodo di circolazione, il Transistor sia completamente spento.
Se, come normalmente avviene, il valore di R2 è molto minore della resistenza critica del
circuito risonante L2 C1 :
r
L2
R2  0.5 ,
C1

il transitorio che segue la chiusura del Diodo di circolazione è caratterizzato da due poli reali
distinti di valore molto diverso tra loro. Di conseguenza, l’andamento della tensione vl applicata
all’induttanza (che rappresenta anche una sovratensione applicata al Transistor di potenza) può
essere approssimato con un esponenziale di ampiezza pari ad R2 I1 e costante di tempo pari a
L2 /R2 :
R
− L2 (t−ta )
vl (t) = R2 I1 e 2 . (8.52)

Per ridurre il valore di picco della sovratensione applicata al Transistor il valore di R2


deve quindi essere scelto il più piccolo possibile; per contro il tempo necessario affinché la
corrente il che attraversa l’induttanza diventi trascurabile, e quindi il minimo intervallo di tempo
che deve intercorrere prima che il Transistor possa venire nuovamente aperto, è inversamente
proporzionale al valore di R2 . Risulta, quindi, conveniente scegliere il valore di R2 in modo tale
130 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

che la costante di tempo L2 /R2 risulti pari ad 1/4 ÷ 1/5 del minimo valore (T − τ )min previsto
per la durata dell’intervallo di interdizione.
In alcune applicazioni risulta difficile trovare un compromesso tra il valore della sovratensione
e la minima durata dell’intervallo di interdizione. In questo caso, per ridurre, a parità di
sovratensione, il tempo necessario affinché la corrente il si annulli, si può impiegare, al posto
della resistenza R2 , un Diodo Zener, con una tensione Vz di Zener leggermente inferiore alla
differenza tra la tensione sopportabile dal Transistor ed il massimo valore della tensione Ea di
alimentazione. Impiegando tale soluzione, il tempo necessario affinché la corrente il si annulli
è pari a LV2zI1 e risulta, a parità di sovratensione, 4 ÷ 5 volte più breve di quello precedente. Per
contro la potenza dissipata nello Zener può assumere, per convertitori di elevata potenza e/o
con elevate frequenze di funzionamento, valori inaccettabili.
Per ridurre il dimensionamento del Diodo Zener, è conveniente, come mostrato nella fig.
8.8, inserire, in parallelo al Diodo Zener, anche una resistenza R2 , di valore sensibilmente
maggiore del rapporto tra la tensione Vz ed il valore massimo della corrente di carico, ed una
capacità C2 , di valore tale per cui la costante di tempo R2 C2 risulti minore di 1/4 ÷ 1/5 della
minima durata dell’intervallo di interdizione. L’inserzione di quest’ultimo circuito permette,
infatti, di ottenere che una buona parte dell’energia che si sarebbe dissipata sul Diodo Zener
venga dissipata sulla resistenza.

L2

Z2 D2

R2

C2

Figura 8.8: Circuito con Diodo Zener.

8.1.3 Carico attivo


In molte applicazioni, il carico del convertitore non è solamente passivo ma, come
mostrato nella fig. 8.9, presenta anche una forza controelettromotrice Ec , in serie
alla resistenza e all’induttanza.
Un carico attivo tipico è il circuito di armatura di un motore in c.c., è comunque
possibile approssimare mediante lo schema di fig. 8.9 anche la situazione, abbastanza
frequente nel caso di alimentatori a tensione controllata, in cui in parallelo al carico
viene posta una capacità, di valore tale da ridurre l’ondulazione della tensione di
uscita a valori praticamente trascurabili. In queste applicazioni, l’induttanza L
8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 131

iu R L
T
+ +

Ea D vu Ec

Figura 8.9: Chopper riduttore con carico attivo.

non fa parte del carico ma viene aggiunta per limitare l’ondulazione di corrente,
mentre la resistenza R rappresenta la resistenza dei collegamenti e quella propria
dell’avvolgimento dell’induttore. Anche nel caso in cui il carico presenti una propria
f.e.m., comunque, molto spesso l’induttanza L rappresenta la somma dell’induttanza
propria del carico e di una induttanza (textitinduttanza di spianamento) aggiunta
appositamente per limitare l’ondulazione di corrente.
In presenza di un carico attivo si possono avere due distinte modalità di fun-
zionamento del convertitore, a seconda che la corrente fornita dal convertitore sia
sempre maggiore di zero (conduzione continua) oppure che in alcuni intervalli di
tempo essa si annulli (conduzione discontinua).

Conduzione continua. Quando la corrente fornita dal convertitore è sempre mag-


giore di zero, il funzionamento del convertitore è del tutto analogo a quello descritto
nel caso di carico induttivo: infatti, negli intervalli di tempo in cui il Transistor
è chiuso, la tensione vu è pari ad Ea mentre, negli intervalli in cui il Transistor è
aperto, conduce il Diodo di circolazione e la tensione di uscita è nulla.
Pertanto, trascurando la caduta di tensione sui semiconduttori, i valori medi
della tensione e della corrente di uscita risultano:

τ
V̄u = Ea (8.53)
T
V̄u − Ec 1 τ 
I¯u = = Ea − Ec . (8.54)
R R T

Analogamente a quanto mostrato nel paragrafo 8.1.2, nell’intervallo di tempo


(t0 , t1 ), la corrente iu (t) assume l’andamento:
 h i
Ea − Ec R
iu (t) = I0 + − I0 1 − e− L (t−t0 ) , (8.55)
R
132 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

mentre, nell’intervallo (t1 , t0 + T ), si ha:


 h i
Ec R
iu (t) = I1 − + I1 1 − e− L (t−t1 ) . (8.56)
R

Imponendo la condizione di periodicità:

iu (t0 + T ) = iu (t0 ) = I0 ,

si ricavano le seguenti espressioni per I0 e I1 :

R
 R
  R

Ea e−(T −τ ) L 1 − e−τ L − Ec 1 − e−T L
I0 =   (8.57)
−T R
R 1−e L

−τ R Ea − Ec  −τ R

I1 = I0 e L + 1−e L . (8.58)
R

Affinché il funzionamento sia di tipo continuo, è necessario e sufficiente che il


valore di I0 fornito dalla (8.57) risulti maggiore di zero.

Quando la costante di tempo L/R è molto maggiore di T , (situazione che si ve-


rifica in tutte le applicazioni in cui almeno una parte dell’induttanza è stata inserita
per ridurre l’ondulazione di corrente) i due esponenziali che compaiono nelle (8.55)
e (8.56) possono essere approssimati con due segmenti di rette; impiegando la stessa
approssimazione già utilizzata nel caso di carico LR si ottiene:

Ea − Ec − RI¯u
iu (t) ' I0 + (t − t0 ) , (8.59)
L

nell’intervallo (t0 , t1 ) e:

Ec + RI¯u
iu (t) ' I1 − (t − t1 ) , (8.60)
L

nell’intervallo (t1 , t0 + T ); infine i valori di I0 e I1 possono essere approssimati come:

I0 ' I¯u − ∆ I1 ' I¯u + ∆,

in cui ∆ assume la stessa espressione già ricavata nel caso di carico induttivo:

τ (T − τ )
∆= Ea . (8.61)
2LT
8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 133

Affinché si abbia conduzione continua (I0 > 0) deve essere:

∆ < I¯u

cioè:

τ (T − τ )  τ 1
Ea < Ea − Ec , (8.62)
2LT T R

da cui si ottiene la seguente condizione sul valore dell’induttanza:

(T − τ ) Rτ
L>   . (8.63)
τ − T Ec 2
Ea

La (8.63) perde di significato quando R tende a zero. Infatti, in tale situazione,


il valore medio di vu tende ad Ec , pertanto il termine T EEac diventa pari a τ e sia il
numeratore che il denominatore della (8.63) tendono a zero. Quando R tende a zero,
quindi, per valutare se si è in conduzione continua occorre fare esplicito riferimento
al valore medio della corrente di carico ottenendo la condizione:

τ (T − τ )
L> Ea . (8.64)
2T I¯u

Conduzione discontinua. Quando la conduzione è discontinua, nell’istante t = t0


in cui il Transistor si chiude la corrente iu è nulla; pertanto, nell’intervallo (t0 , t1 ),
la corrente iu assume l’andamento:

Ea − Ec  −R (t−t0 )

iu (t) = 1−e L . (8.65)
R

Trascurando il fenomeno della commutazione, nell’istante t = t1 in cui il Transi-


stor viene aperto inizia la conduzione del Diodo e la corrente diminuisce, fino all’i-
stante t2 in cui si annulla, seguendo la stessa legge (espressa dalla (8.56)) ricavata
nel caso di conduzione continua.

Durante l’intervallo di tempo (t2 , t0 +T ), la corrente iu rimane nulla e la tensione


vu è pari a Ec . Pertanto, il valore medio della tensione di uscita risulta:

Ea τ + Ec (T + t0 − t2 )
V̄u = . (8.66)
T

Quando la costante di tempo L/R è molto maggiore di T , è possibile ricorrere alla


approssimazione lineare già utilizzata; impiegando tale approssimazione, si ricava il
134 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

seguente andamento della corrente nell’intervallo (t0 , t1 ):

Ea − Ec
iu (t) ' (t − t0 ) , (8.67)
L + R τ2

mentre, nell’intervallo (t1 , t2 ) si ha:

Ec + R I21
iu (t) ' I1 − (t − t1 ) . (8.68)
L

La tensione e la corrente applicate al carico assumono, quindi, gli andamenti


illustrati nella fig. 8.10.

v u iu
vu
Ea

Ec
iu
Iu
t0 t0+τ t2 t0+T t

Figura 8.10: Andamenti della tensione e della corrente applicate al carico.

L’espressione (8.67) fornisce il seguente valore approssimato per la corrente di


picco:

Ea − Ec
I1 ' τ, (8.69)
L + R τ2

mentre dalla (8.68) si ricava il valore dell’istante t2 in cui la corrente iu si annulla:

2LI1 2L + Rτ
t2 ' t1 + ' t0 + τ E a . (8.70)
2Ec + RI1 2LEc + Rτ Ea

Il valore medio della corrente fornita al carico risulta, quindi, approssimabile


come:

t2 − t0 Ea Ea − Ec
I¯u ' I1 ' τ2 . (8.71)
2T T 2LEc + Rτ Ea

Infine, quando il valore della resistenza è trascurabile, le (8.69), (8.70) e (8.71)


8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 135

si riducono a:

Ea − Ec
I1 ' τ (8.72)
L
Ea
t2 ' t0 + τ (8.73)
Ec
Ea − Ec
I¯u ' Ea τ 2 . (8.74)
2LT Ec

8.1.4 Modalità di controllo del convertitore


La trattazione effettuata ha evidenziato che il valore medio della tensione fornita dal
convertitore risulta, ad eccezione del caso di carico attivo e conduzione discontinua
in cui è presente anche una dipendenza dal carico, sempre proporzionale al rapporto
τ /T .
Come mostrato nella fig. 8.11, esistono tre diverse possibilità secondo cui variare
tale rapporto:

• la modalità illustrata nella fig. 8.11(a) (modulazione a larghezza di impulso)


consiste nel mantenere costante il periodo T e variare la durata τ dell’intervallo
di conduzione dell’interruttore statico;

• la modalità illustrata nella fig. 8.11(b) (modulazione di frequenza) consiste,


invece, nel mantenere costante durata τ dell’intervallo di conduzione dell’in-
terruttore e nel variare il periodo T ;

• la modalità illustrata nella fig. 8.11(c) (modulazione di rapporto) consiste,


infine, nel variare contemporaneamente entrambe le grandezze.

Modulazione a larghezza di impulso. La modulazione a larghezza di impulso


(Pulse Width Modulation: P.W.M.) è la tecnica di modulazione più utilizzata, in
quanto risulta di facile implementazione e presenta il vantaggio di mantenere le
frequenze delle armoniche presenti sulla tensione e sulla corrente di uscita e sulla
corrente assorbita dal convertitore indipendenti dal rapporto di modulazione τ /T .
Nella fig. 8.12(a) è riportato un semplice circuito mediante il quale è possibile
implementare la modulazione a larghezza di impulso. In essa il blocco O rappresenta
un oscillatore a dente di sega, il cui segnale di uscita vp ha ampiezza Vp e periodo
T ; tale segnale, portante, è inviato all’ingresso invertente di un comparatore. Al-
l’ingresso non invertente dello stesso comparatore è inviato un segnale continuo vm ,
modulante, di ampiezza proporzionale al valore desiderato per il valore medio della
tensione fornita dal convertitore.
136 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

vu

τ τ τ

T T T t

(a) PWM

vu

τ τ τ

T T t
T

(b) PFM

vu

τ τ τ

T T T t

(c) PRM

Figura 8.11: Diversi tipi di modulazione.

Mediante un successivo stadio di amplificazione (ed eventuale disaccoppiamento


in continua) il segnale vc , presente all’uscita del comparatore, viene quindi impiegato
per pilotare l’interruttore del convertitore c.c.-c.c., imponendo che questo venga
chiuso quando vc è alto (cioè quando la modulante è maggiore della portante) ed
aperto quando vc è basso (modulante inferiore alla portante). In tal modo, come
mostrato nella fig. 8.12(b), la tensione fornita dal convertitore risulta pari ad Ea
quando vm è maggiore di vp e pari a zero nella situazione opposta.

Effettuando una semplice proporzione, si ricava la dipendenza da vm della durata


τ dell’intervallo di conduzione:

vm
τ= T; (8.75)
Vp
8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 137

vm
+ vc
O vp -
vp
Vp
t
(a) schema realizzativo

v
vp vp vp vp
vm
vm
vm
vm

τ τ τ τ t
T T T
vu
Ea

τ τ τ τ

T T T t

(b) forme d’onda

Figura 8.12: Modulazione a larghezza d’impulso.

pertanto il valore medio della tensione fornita dal convertitore è pari a:

τ Ea
V̄u = Ea = vm (8.76)
T Vp

e risulta proporzionale al segnale modulante vm .

In generale, per realizzare la modulazione a larghezza di impulso si impiegano


circuiti integrati, appositamente costruiti, che, oltre all’oscillatore e al compara-
tore, contengono anche altri elementi (come ad esempio amplificatori operazionali,
rivelatori di soglia, limitatori di corrente) in grado di implementare ulteriori funzioni.

Accanto ai vantaggi precedentemente evidenziati, la tecnica di modulazione a


larghezza di impulso ha l’inconveniente di non consentire la piena escursione del
valore medio della tensione di uscita da 0 ad Ea , ma presenta limitazioni sia sul suo
valore minimo, V̄u min , che sul suo valore massimo, V̄u max , dovute alle durate minime
138 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

degli intervalli di conduzione e di interdizione; in particolare si ha:


τmin
V̄u min = Ea
T 
(T − τ )min
V̄u max = Ea 1− .
T

Tali limitazioni non risultano particolarmente gravose quando l’interruttore è


realizzato con Transistor e la frequenza di commutazione (1/T ) non è molto elevata
(qualche kHz), mentre possono diventare pesanti, anche per frequenze di commuta-
zione più ridotte, nel caso di convertitori di elevata potenza realizzati con GTO o
con Tiristori.

Modulazione di frequenza. La modulazione di frequenza (Pulse Frequency Mo-


dulation: P.F.M.) presenta il vantaggio di non imporre limitazioni sul valore minimo
della tensione di uscita in quanto T può aumentare indefinitamente. Il suo impie-
go è comunque abbastanza raro ed in genere connesso a particolari realizzazioni
dell’interruttore statico caratterizzate da un intervallo di conduzione prefissato.

Modulazione di rapporto. La modulazione di rapporto (Pulse Ratio Modula-


tion: P.R.M.) permette di evitare entrambe le limitazioni connesse alle durate mi-
nime degli intervalli di conduzione e di interdizione. Il suo impiego è, però, poco
diffuso, sia perché non esistono circuiti integrati che effettuino tutte le operazioni
richieste al modulatore, sia perché, come nel caso della P.F.M., le frequenze delle
armoniche variano al variare del rapporto di modulazione.
Una delle tecniche di modulazione di rapporto più facile da realizzare consiste
nello scegliere il periodo e la durata dell’intervallo di conduzione sulla base delle
seguenti relazioni:

t∗ t∗
T = τ= , (8.77)
k (1 − k) 1−k

essendo t∗ il massimo valore delle durate minime imposte all’intervallo di conduzione


e a quello di interdizione e k il valore desiderato del rapporto di modulazione.
Dalle (8.77) si ricava:

t∗
T −τ = . (8.78)
k

Pertanto, quando k tende a 0, τ tende a t∗ e T tende all’infinito, viceversa,


quando k tende a 1, τ tende all’infinito mentre T − τ tende a t∗ . Nella fig. 8.13 sono
riportati gli andamenti del periodo T e degli intervalli di conduzione e di interdizione
8.1. Convertitore con tensione di uscita inferiore a quella di alimentazione 139

al variare di k tra 0 ed 1. Come si può osservare, quando k è pari a 0.5 il periodo


risulta minimo (Tmin = 4t∗ ) e i due intervalli, τ e T − τ , sono eguali tra loro.

4.5

3.5

2.5

1.5

1
T
0.5
τ T-τ
t* 0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
0 0.5 1 k

Figura 8.13: Andamenti di T , τ e T − τ in funzione di k.

Per k > 0.5, all’aumentare di k il valore di T − τ diminuisce lentamente, fino a


diventare pari a t∗ per k = 1, mentre il valore di τ aumenta in maniera più veloce;
viceversa, per k < 0.5, al diminuire di k il valore di T − τ aumenta velocemente
mentre quello di τ diminuisce lentamente, fino a diventare pari a t∗ per k = 0.
Nella fig. 8.14 è riportato lo schema di principio di un circuito atto a realizzare la modu-
lazione di rapporto descritta. In esso, il segnale di ingresso vi risulta proporzionale al valore
desiderato della tensione di uscita. I due comparatori eseguono il confronto tra la tensione vx ,
fornita dall’integratore, e due distinti valori di riferimento (uno pari a zero e l’altro ad un op-
portuno valore Vs ); le uscite dei due comparatori sono quindi connesse agli ingressi, set e reset,
di un flip-flop SR, la cui uscita Q commuta al valore alto quando vx diventa maggiore di Vs
mentre commuta al valore basso quando vx diventa negativo. Infine, l’uscita Q del flip-flop, che
determina con il valore alto la chiusura dell’interruttore statico, viene, tramite uno squadratore
che fornisce in uscita i valori 0 e VM , inviata in controreazione al modulatore.
Gli andamenti dei segnali fondamentali per la comprensione del comportamento del circuito
sono riportati nella fig. 8.15; sulla base di tali andamenti si possono ricavare le seguenti
espressioni di τ e T − τ :

Vs Vs
τ= T −τ = ; (8.79)
KI (VM − vi ) KI vi

pertanto il valore medio della tensione fornita dal convertitore risulta:

Ea
V̄u = vi .
VM
140 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

0
+
R
-
vi + vε
KI /s
vx
Q
vu

-
+ S

Vs
-
VM

Figura 8.14: Possibile circuito per implementare la P.R.M.

vx
Vs

t
vu

t

vi

t
T-τ τ

vi-VM

Figura 8.15: Andamenti dei principali segnali.

Indicando, quindi, con k il rapporto vi /VM e con t∗ il termine Vs / (KI VM ), si ottengono


le seguenti espressioni di τ e T − τ :

t∗ t∗
τ= T −τ = , (8.80)
1−k k

che corrispondono a quelle fornite dalle (8.77) e (8.78).


8.2. Convertitore con tensione di uscita maggiore di quella di alimentazione 141

8.2 Convertitore con tensione di uscita maggiore di


quella di alimentazione
In alcune applicazioni, risulta necessario trasferire energia ad un carico con una
tensione maggiore di quella della sorgente di alimentazione.
Nella fig. 8.16 è riportato lo schema base del convertitore c.c.-c.c monodirezionale
con tensione di uscita maggiore di quella di alimentazione (chopper elevatore o step
up).

L il D iu

ii

Ea IS vi C vu

Figura 8.16: Schema base del chopper elevatore.

Tale schema è costituito da un interruttore statico IS, una induttanza L, un


Diodo D e una capacità di uscita C. Nello schema, l’interruttore statico è stato
rappresentato impiegando il simbolo del Transistor; la trattazione sarà comunque
effettuata considerando l’interruttore ideale e le relative tensione e corrente saranno
indicate con vi ed ii . Per facilitare l’analisi del comportamento del circuito, si sup-
porrà, inoltre, che la corrente iu , assorbita dal carico, possa essere ritenuta costante
(iu (t) = Iu ) e si trascurerà la caduta sul Diodo, oltre che sull’interruttore.
Se, con un periodo di ripetizione T , l’interruttore statico viene alternativamente
aperto e chiuso, durante gli intervalli di tempo (di durata τ ) in cui l’interruttore
è chiuso l’induttanza L si trova alimentata con una tensione pari a Ea e, quindi,
l’energia in essa immagazzinata aumenta; durante gli intervalli di tempo (di durata
T − τ ) in cui l’interruttore è aperto, invece, entra in conduzione il Diodo D e la
quantità di energia immagazzinata nell’induttanza nell’intervallo precedente viene,
assieme alla ulteriore energia fornita dalla sorgente di alimentazione durante tale
intervallo, ceduta al condensatore ed al carico.
Indicato con t = t0 un istante in cui l’interruttore IS viene chiuso e con V0 ed
I0 i valori assunti in tale istante dalla tensione vu e dalla corrente il che attraversa
142 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

l’induttanza, nell’intervallo di tempo (t0 , t0 + τ ) durante il quale IS è chiuso si ha:

Ea (t − t0 )
il (t) = I0 +
L (8.81)
Iu (t − t0 )
vu (t) = V0 − .
C

Nell’istante t = t1 = t0 + τ in cui termina la conduzione di IS, il e vu risultano:

Ea τ
il (t1 ) = I1 = I0 +
L (8.82)
Iu τ
vu (t1 ) = V1 = V0 − .
C

Nel successivo intervallo (t1 , t0 + T ) l’interruttore è aperto mentre conduce il


Diodo D; il funzionamento del convertitore è pertanto descritto dal seguente sistema
di equazioni differenziali:

dil Ea − vu
=
dt L (8.83)
dvu il − Iu
=
dt C

dalle quali si ottiene:

il (t) = A cos [ω (t − t1 ) + ϕ0 ] + Iu (8.84)


vu (t) = B sin [ω (t − t1 ) + ϕ0 ] + Ea , (8.85)

essendo:
r
1 C
ω=√ A=B .
LC L

Imponendo le condizioni iniziali su il e vu si ricava:


r !
V1 − Ea C
ϕ0 = arctan
I1 − Iu L
r
L
B= (V1 − Ea )2 + (I1 − Iu )2 .
C

Se la corrente il non si annulla (conduzione continua), nell’istante t2 = t0 + T si


8.2. Convertitore con tensione di uscita maggiore di quella di alimentazione 143

ha pertanto:

il (t2 ) = I2 = A cos [ω (T − τ ) + ϕ0 ] + Iu
(8.86)
vu (t2 ) = V2 = B sin [ω (T − τ ) + ϕ0 ] + Ea .

Imponendo quindi le condizioni:

I2 = I0 V2 = V0 ,

si possono ricavare i valori di I0 e V0 .

Tale determinazione risulta facilitata se si suppone che il valore della capacità


sia tale per cui l’ondulazione della tensione di uscita sia sufficientemente ridotta da
produrre un effetto trascurabile sull’andamento della corrente il . Con tale ipotesi,
la (8.84) si semplifica in:

V̄u − Ea (t − t1 )
il (t) = I1 − , (8.87)
L

dalla quale si ricava:



V̄u − Ea (T − τ )
I2 = I1 − . (8.88)
L

Imponendo, quindi, la condizione I2 = I0 , si ottiene la relazione:



τ Ea = V̄u − Ea (T − τ ) , (8.89)

dalla quale si ricava la seguente espressione del valore medio della tensione di uscita:

T
V̄u = Ea . (8.90)
T −τ

Il valore di I0 può essere ottenuto imponendo l’eguaglianza tra la quantità di


carica che attraversa il Diodo, durante l’intervallo T − τ , e quella fornita al carico,
durante un intero periodo:

(I0 + I1 ) (T − τ )
= Iu T, (8.91)
2

dalla quale, tenendo conto della prima delle (8.82), si ricava:

I0 = I¯l − ∆i I1 = I¯l + ∆i, (8.92)


144 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

essendo:

Ea τ
∆i = ,
2L

mentre

Iu T
I¯l =
T −τ

rappresenta il valore medio della corrente fornita dalla sorgente di alimentazione.


Affinché la conduzione sia continua deve essere:

∆i < I¯l ;

cioè:

Ea τ Iu T
< . (8.93)
2L T −τ

In fig. 8.17 sono riportati gli andamenti di il e vu , con l’ipotesi semplificati-


va precedentemente menzionata, quando il funzionamento del convertitore è con
conduzione continua.

il vu
I1
il
I0
V0 vu
V1

t0 t1 t0+T t

Figura 8.17: Andamenti di il e vu nel funzionamento con conduzione continua.

Quando la (8.93) non è verificata, la conduzione è discontinua; in tale condizione


si ha:

Ea τ
I0 = 0 I1 = , (8.94)
L

e il Diodo D conduce solo per una frazione (di durata tc ) dell’intervallo di tem-
po durante il quale IS è interdetto. Con l’ipotesi semplificativa precedentemente
8.2. Convertitore con tensione di uscita maggiore di quella di alimentazione 145

menzionata, si ottiene:

I1 L Ea τ
tc = = , (8.95)
V̄u − Ea V̄u − Ea

e, eguagliando la quantità di carica che attraversa il Diodo con quella fornita al


carico:

tc
I1 = Iu T, (8.96)
2

si ricava:

(Ea τ )2
V̄u = Ea + . (8.97)
2LIu T

Dimensionamento dell’interruttore statico. Quando la corrente di carico è ele-


vata il funzionamento del convertitore è a conduzione continua; pertanto il dimensionamento
dell’interruttore statico sarà effettuato facendo riferimento a tale situazione.
Come mostrato nella fig. 8.17, la corrente che attraversa l’interruttore statico assume un
valore di picco Ip pari a I1 ; il valore di picco della tensione diretta risulta invece pari a:

Vp = V̄u + ∆v, (8.98)

in cui ∆v rappresenta l’ampiezza dell’ondulazione della tensione di uscita e risulta:

Iu τ
∆v = .
2C

Il prodotto Pt che definisce la potenza di dimensionamento dell’interruttore statico risulta,


quindi:

 
Pt = I¯l + ∆i V̄u + ∆v . (8.99)

Trascurando i termini ∆i e ∆v, si ha:

Iu Ea T 2
Pt = I¯l V̄u = , (8.100)
(T − τ )2

mentre la potenza erogata dal convertitore risulta:

Pu = Iu V̄u . (8.101)

Pertanto, il rapporto k tra Pt e Pu è pari a:

Pt T V̄u
k= = = . (8.102)
Pu T −τ Ea
146 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

A parità di potenza erogata, quindi, il dimensionamento dell’interruttore statico risulta


tanto più gravoso quanto più grande è il rapporto tra il valore medio della tensione di uscita e
la tensione Ea di alimentazione. Considerando poi separatamente gli effetti delle ondulazioni
di corrente e di tensione, si vede che tali ondulazioni producono un sovradimensionamento
proporzionale al rapporto tra l’ondulazione e il valore medio.

8.3 Convertitori c.c.-c.c. bidirezionali


Come illustrato nell’introduzione, i convertitori bidirezionali possono essere di due
tipi diversi: a due o a quattro quadranti. Nel primo caso, una sola delle grandezze
di uscita (tensione o corrente) può cambiare di segno mentre, nel secondo caso,
entrambe le grandezze di uscita possono cambiare di segno.

8.3.1 Convertitori bidirezionali a due quadranti


I convertitori c.c.-c.c. bidirezionali a due quadranti sono ottenuti dall’unione di due
convertitori monodirezionali (uno riduttore e l’altro elevatore) connessi in parallelo
e fatti funzionare alternativamente, a seconda del segno desiderato per la corrente
di uscita.

D2
L iu
IS1

Ea IS2 D1 vu

Figura 8.18: Schema base del convertitore bidirezionale a due quadranti.

Nel caso di tensione di uscita minore di quella di alimentazione lo schema del


convertitore risulta, pertanto, quello riportato nella fig. 8.18 in cui IS1 e D1 sono
l’interruttore statico e il Diodo del convertitore riduttore, mentre IS2 e D2 sono
quelli del convertitore elevatore; l’induttanza L è, invece, impiegata da entrambi i
convertitori.
Quando si desidera trasferire energia dalla sorgente al carico (iu positiva) viene
fatto funzionare il convertitore riduttore agendo sulle durate degli intervalli di con-
8.3. Convertitori c.c.-c.c. bidirezionali 147

duzione e di interdizione di IS1 ; viceversa, quando si desidera trasferire energia dal


carico alla sorgente, viene fatto funzionare l’altro convertitore agendo su IS2 .
In alcune applicazioni di elevata potenza, come nel caso della trazione pesante
o metropolitana, per evitare di dover realizzare due interruttori statici si ricorre ad
un sistema di commutatori (elettronici o elettromeccanici) che permettono di modi-
ficare i collegamenti dell’interruttore statico in maniera tale da ottenere entrambe
le configurazioni con lo stesso interruttore statico. Ovviamente tale commutazione
può essere effettuata solo quando la corrente iu è nulla.

8.3.2 Convertitori bidirezionali a quattro quadranti


I convertitori bidirezionali a quattro quadranti possono essere realizzati secondo due
strutture distinte (a ponte o a semiponte) a seconda che la sorgente di alimentazione
sia sbilanciata (0, Ea ) o bilanciata (−Ea /2, 0, +Ea /2) oppure (0, Ea /2, Ea ).
Come già accennato nell’introduzione, la struttura di potenza di un convertitore
a quattro quadranti con uscita in c.c. può essere impiegata anche per ottenere un
convertitore con uscita in c.a.; pertanto nel presente paragrafo ci si limiterà ad effet-
tuare un breve cenno alle due strutture realizzative; un’analisi più dettagliata verrà
effettuata nel capitolo successivo relativo ai convertitori c.c.-c.a., che presentano un
impiego molto più diffuso di quello dei convertitori c.c.-c.c. a quattro quadranti.

Struttura a ponte. Lo schema di principio di un convertitore a quattro quadranti


con struttura a ponte è riportato nella fig. 8.19.

IS1 D1 vu D3 IS3

Ea
iu
IS2 D2 D4 IS4

Figura 8.19: Schema base del convertitore bidirezionale a quattro quadranti con
struttura a ponte.

In esso, quando si desidera che la tensione vu sia positiva, si mantiene chiuso IS4 ;
in tal modo, quando IS1 è chiuso, vu è pari ad Ea , mentre, quando è chiuso IS2 , vu
è pari a zero. Viceversa, quando si desidera che vu sia negativa, si mantiene chiuso
148 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

IS2 e si agisce su IS3 e IS4 . I Diodi D1 ÷ D4 servono per permettere la circolazione


della corrente nel carico in tutte le condizioni operative del convertitore.
Prendendo in considerazione il ramo del ponte costituito da IS1 , IS2 , D1 e D2 ,
si può osservare che quando è chiuso IS1 la corrente iu circola attraverso IS1 , se
positiva, o attraverso D1 , se negativa, mentre, quando è chiuso IS2 , la corrente
circola attraverso D2 , se positiva, o IS2 , se negativa. Pertanto, ogni ramo del ponte
può essere considerato come se fosse costituito da due interruttori (alternativamente
aperti e chiusi), ognuno dei quali permette la circolazione della corrente in entrambe
le direzioni.

Struttura a semiponte. Quando la sorgente di alimentazione presenta una presa


centrale, il convertitore può essere costituito da un solo ramo del ponte.

IS1 D1 vu Ea /2

iu
IS2 D2 E a /2

Figura 8.20: Schema base del convertitore bidirezionale a quattro quadranti con
struttura a semiponte.

Con riferimento alla fig. 8.20, quando è chiuso IS1 , la tensione vu applicata al
carico è pari a +Ea /2, mentre è pari a −Ea /2, quando è chiuso IS2 . La tensione di
uscita non è invece definita se entrambi gli interruttori statici sono aperti; infatti in
tale situazione si ha:


 Ea
+ 2 se iu < 0

vu = − E2a se iu > 0



0 se iu = 0.

Il controllo della tensione di uscita viene, pertanto, effettuato chiudendo alter-


nativamente i due interruttori statici. Indicati con τ la durata dell’intervallo di
conduzione di IS1 e con T il periodo di ripetizione, il valore medio di vu risulta pari
8.4. Realizzazione con GTO 149

a:
  τ 
Ea Ea 1 Ea
V̄u = τ− (T − τ ) = (2τ − T ) = Ea − 0.5 (8.103)
2 2 T 2T T

e può essere variato da −Ea /2 a +Ea /2.


Occorre infine notare che, mentre con la struttura a ponte il valore istantaneo
della tensione applicata al carico può assumere tre diversi valori (0 e Ea quando
si desidera un valore medio positivo, 0 e −Ea quando si desidera un valore medio
negativo), con la struttura a semiponte esso assume solo i due valori −Ea /2 e +Ea /2.
Per impiegare, anche nel caso del semiponte le modalità di controllo precedentemente
descritte, occorre, quindi, apportare loro alcune modifiche. In particolare, per la
P.W.M. occorre che l’oscillatore a dente di sega fornisca una tensione di uscita
simmetrica attorno allo zero (−Vp , +Vp ), mentre per la P.R.M. occorre che i due
comparatori eseguano il confronto con due valori simmetrici (−Vs , +Vs ) e che anche
lo squadratore sia simmetrico (−Vm , +Vm ).

8.4 Realizzazione con GTO


Gli attuali Transistor di potenza, in particolare gli IGBT ad alta tensione ed alta corrente,
permettono di realizzare, con costi economicamente convenienti, convertitori c.c.-c.c. in cui il
prodotto della tensione di alimentazione per il valore di picco della corrente fornita al carico sia
inferiore al MVA. Per valori del citato prodotto maggiori di quelli precedenti e fino alla decina
di MVA, risulta, invece, conveniente ricorrere all’impiego dei GTO.
Le principali differenze connesse alla realizzazione di un convertitore c.c.-c.c. utilizzando
come interruttore un GTO, invece che un Transistor di potenza, consistono in una minore
frequenza massima di commutazione, una maggiore caduta diretta durante la conduzione e
in un diverso dimensionamento dei circuiti di protezione che, mentre quando si impiega un
Transistor sono progettati per ridurre le perdite di commutazione, nel caso di impiego di un
GTO servono per ridurre il di/dt e il dv/dt a valori accettabili.
Per quanto concerne il valore dell’induttanza L2 , si può rilevare che, a causa della loro
struttura realizzativa, i GTO sono in grado di sopportare, durante la fase di chiusura, valori
molto elevati di di/dt; pertanto è, in generale, sufficiente impiegare una induttanza molto
piccola, anzi, molto spesso la sola induttanza dei collegamenti è sufficiente a limitare il valore
del di/dt. Per contro, il valore della capacità C1 risulta sensibilmente più grande di quello
utilizzato in un convertitore a Transistor; infatti è essenziale limitare il dv/dt applicato al GTO
durante il suo spegnimento, al fine di mantenere elevato il valore della corrente commutabile
che, come visto, è fortemente influenzato dal valore del dv/dt.
Alcuni costruttori di GTO forniscono, in corrispondenza ad assegnate condizioni operative,
il valore della corrente commutabile in funzione di quello della capacità; in tale caso, la scelta
della capacità è immediata. Altre volte, invece, il valore della corrente commutabile è fornito
150 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

in funzione del dv/dt applicato; anche in questo caso il valore minimo della capacità (C1 min )
può essere facilmente determinato mediante la relazione:

Ic max
C1 min = dv
 , (8.104)
dt acc

in cui Ic max è la massima corrente da commutare e (dv/dt)acc è il valore massimo del dv/dt
accettabile per assicurare la commutazione della corrente Ic max .

8.5 Realizzazione con Tiristori


Quando il prodotto della tensione di alimentazione per il valore di picco della corrente è maggiore
della decina di MVA, è, ancora oggi, necessario ricorrere all’impiego dei Tiristori. In realtà
l’elevato costo dei GTO di più elevate prestazioni rende spesso economicamente conveniente
ricorrere all’impiego di Tiristori anche in applicazioni che potrebbero utilizzare GTO.
A differenza dei Transitor e dei GTO, però, l’apertura dei Tiristori non può essere ottenuta
agendo sul pilotaggio; pertanto, per poter impiegare un Tiristore come interruttore statico, è
necessario aggiungere al circuito di potenza un apposito circuito ausiliario di spegnimento.
Nella fig. 8.21 è riportato il circuito base del convertitore c.c.-c.c realizzato con Tiristori,
nel caso di carico puramente resistivo. Come si può constatare, oltre al Tiristore che funge
da interruttore (Tiristore principale, RCp ) nel circuito compare un altro Tiristore (Tiristore
ausiliario, RCa ) che serve per lo spegnimento del principale.

RCp
iu
Cs
vc ic
+ RCa

R
Ea Ds vu
Ls

Figura 8.21: Schema base del convertitore c.c.-c.c. a Tiristori.

Per descrivere il comportamento dell’interruttore statico a Tiristori, si supponga che nel-


l’istante t = t0 entrambi i Tiristori, RCp ed RCa , siano spenti, l’induttanza Ls scarica ed il
condensatore Cs carico ad una tensione iniziale vc (t0 ) = Ea , con la polarità indicata in figura.
8.5. Realizzazione con Tiristori 151

Quando, nell’istante t = t0 , il Tiristore principale viene acceso, la tensione vu di uscita assume,


trascurando la caduta diretta di RCp , il valore Ea e il circuito oscillante, formato da Cs e Ls ,
(vedi fig. 8.22(a)) inizia ad oscillare con un periodo T ∗ pari a:
p
T ∗ = 2π Ls Cs . (8.105)

A causa della presenza del Diodo Ds , l’oscillazione termina dopo la prima semioscillazione.
In questo intervallo di tempo, la tensione e la corrente sulla capacità seguono gli andamenti
riportati nella fig. 8.22(b); nell’istante tx = t0 + T ∗ /2 la corrente ritorna a zero con penden-
za negativa, il Diodo Ds smette di condurre e il condensatore risulta carico ad una tensione
pari a −αEa , in cui il coefficiente α tiene conto delle perdite insite nel circuito (cadute di-
rette nel Tiristore principale e nel Diodo Ds e perdite nel condensatore, nell’induttanza e nei
collegamenti).

Se, ad un istante t = t1 (con t1 > tx ), si applica un impulso di accensione a RCa , il


Tiristore principale viene sottoposto ad una controtensione pari ad αEa (vedi fig. 8.23(a)) che
tende a spegnerlo per spegnimento forzato. Più precisamente, quando RCa inizia a condurre
si ha un passaggio di corrente inversa in RCp , che provoca una parziale ricombinazione delle
cariche libere nel semiconduttore. Terminata la conduzione inversa, il Tiristore principale ri-
sulta aperto; per potere riacquistare la proprietà di blocco diretto, però, RCp deve rimanere
polarizzato inversamente per un intervallo di tempo tr di durata non inferiore al proprio tempo
di spegnimento ts . A ciò provvede ancora il condensatore Cs che, come mostrato nella fig.
8.23(b), si scarica, attraverso RCa e la sorgente di alimentazione, sul carico con una costante
di tempo τ ∗ pari a Cs R.

Terminata la fase di scarica, il condensatore comincia, tramite lo stesso circuito, a ricaricarsi


fino a riportarsi nuovamente alla tensione Ea , con la polarità iniziale. Alla fine di questo ciclo
di funzionamento, la corrente che attraversa RCa diventa minore della corrente di tenuta, per
cui il Tiristore ausiliario si spegne con spegnimento statico.

Trascurando la caduta di tensione ai capi di RCa e conglobando nel coefficiente α la


diminuzione di tensione ai capi del condensatore che si verifica a causa della conduzione inversa
di RCp , durante l’intervallo di tempo in cui conduce RCa , la tensione vc assume l’andamento:
 t−ta

vc (t) = −αEa + Ea (1 + α) 1 − e− τ ∗ , (8.106)

essendo ta l’istante in cui RCp si apre.

Eguagliando a zero l’espressione di vc (t), si ricava che la tensione ai capi del condensatore
si inverte nell’istante t = ti , ricavabile dalla seguente espressione:

ti = ta + τ ∗ ln (1 + α) .

Pertanto la durata tr dell’intervallo di tempo, durante il quale il Tiristore principale è


152 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

RCp
iu
Cs
vc ic
+ RCa

R
Ea Ds vu
Ls

(a) Circuito interessato alla conduzione nell’intervallo (t0 ,tx )

1.5
E a

vc
1 ic

0.5

00
* t
T /2

-0.5

-αE-1a

(b) Tensione e corrente sulla capacità

Figura 8.22: Situazione dopo l’accensione di RCp .

polarizzato inversamente, è pari a:

tr = ti − ta = τ ∗ ln (1 + α) . (8.107)

Per assicurare lo spegnimento del Tiristore principale occorre che tr sia maggiore del tempo
di spegnimento ts ; pertanto, la costante di tempo τ ∗ deve risultare maggiore di ts / ln (1 + α)
e il valore della capacità di commutazione deve soddisfare la condizione:

ts
Cs > , (8.108)
R ln (1 + α)

che, prendendo in considerazione il valore I1 della corrente fornita al carico nell’istante di


8.5. Realizzazione con Tiristori 153

RCp
iu
Cs
vc ic
+ RCa

R
Ea Ds vu
Ls

(a) Spegnimento di RCp

RCp
iu
Cs
vc ic
+ RCa

R
Ea Ds vu
Ls

(b) Ricarica del condensatore

Figura 8.23: Circuito interessato alla conduzione nella fase di spegnimento.

spegnimento, può essere riscritta nella forma:

I 1 ts
Cs > . (8.109)
Ea ln (1 + α)

Il circuito costituito dal Tiristore principale e dal suo circuito di spegnimento (composto
dal Tiristore ausiliario RCa , dal Diodo Ds , dal condensatore Cs e dall’induttanza Ls ) funziona,
quindi, come un interruttore statico, la cui chiusura e apertura vengono comandate rispetti-
vamente mediante l’impulso di accensione di RCp e di RCa . Pertanto, quando non si vuole
entrare in dettaglio sul funzionamento interno dell’interruttore statico ma si desidera evidenziare
solo la sua realizzazione mediante Tiristori, si fa ricorso al simbolo riportato nella fig. 8.24, nel
154 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

quale il comportamento da interruttore è messo in evidenza disegnando simbolicamente due


elettrodi di controllo.

IS

Figura 8.24: Simbolo circuitale dell’interruttore statico realizzato con Tiristori.

Affinché l’interruttore statico possa funzionare correttamente, è necessario che tra la sua
accensione e il successivo spegnimento intercorra un tempo maggiore di T ∗ /2 (per garantire che
la tensione sul condensatore possa raggiungere il valore −αEa ). Dualmente, tra lo spegnimento
e la successiva accensione deve intercorrere un tempo dell’ordine di 4 ÷ 5 volte la costante di
tempo τ ∗ (in quanto la tensione sul condensatore deve raggiungere il valore Ea ); quest’ultima,
a sua volta, deve risultare maggiore di ts / ln (1 + α) per garantire lo spegnimento del Tiristore
principale.

Carico induttivo. Come già messo in evidenza, normalmente il carico presenta anche
una componente induttiva non trascurabile; in tal caso, come mostrato nella fig. 8.25, occorre
aggiungere al circuito precedente un Diodo di libera circolazione, D, che permetta la circolazione
della corrente di carico quando l’interruttore statico è aperto.

RCp
iu
Cs
vc ic
+ RCa
L
D
Ea Ds vu
Ls
R

Figura 8.25: Circuito con carico induttivo.

La presenza dell’induttanza non modifica il funzionamento del circuito durante la fase di


chiusura; per contro, durante la fase di apertura, la corrente che attraversa il condensatore di
commutazione risulta praticamente costante e pari al valore I1 , che la corrente assorbita dal
8.5. Realizzazione con Tiristori 155

carico assume nell’istante in cui l’interruttore statico viene aperto. Durante la fase di apertura,
pertanto, l’espressione della tensione vc si modifica in:

I1
vc (t) = −αEa + (t − ta ) (8.110)
Cs

e la durata tr dell’intervallo di tempo durante il quale RCp è polarizzato inversamente diventa


pari a:

αEa Cs
tr = . (8.111)
I1

Per assicurare lo spegnimento di RCp occorre che il valore di Cs soddisfi la seguente


condizione:

ts I 1
Cs > . (8.112)
αEa

Raggiunto il valore zero, la tensione continua a crescere con l’andamento descritto dall’eq.
(8.110) fino a raggiungere, nell’istante t = tb , il valore Ea ; in tale istante, il Diodo di circolazione
D inizia a condurre ed il Tiristore ausiliario si spegne con spegnimento quasi statico.
Eguagliando vc (tb ) ad Ea , si ottiene:

(1 + α) Ea Cs
tb = ta + . (8.113)
I1

L’eq. (8.113) mostra che, anche nel caso di carico induttivo, il tempo necessario per la
ricarica del condensatore risulta direttamente proporzionale al valore di Cs .

Scelta di valori di Cs e Ls . Il valore della capacità Cs deve essere scelto sulla base
dell’eq. (8.112) (o della (8.109) nel caso di carico resistivo), in modo da assicurare che, quando
la corrente di carico assume il valore massimo previsto durante il funzionamento del convertitore,
la durata tr dell’intervallo di tempo durante il quale RCp è polarizzato inversamente sia maggiore
del suo tempo di spegnimento ts .
Una volta determinato il valore di Cs necessario per lo spegnimento di RCp , si può procedere
alla scelta di quello dell’induttanza Ls , in modo da raggiungere un compromesso tra la durata
T ∗ del periodo dell’oscillazione che si verifica tra Ls e Cs e l’ampiezza Icp della corrente ic
che interessa, oltre all’induttanza e alla capacità, anche il Tiristore principale, sovrapponendosi
alla corrente di carico. Infatti all’aumentare di Ls aumenta il periodo T ∗ mentre diminuisce il
valore di Icp che, trascurando gli effetti dovuti alle perdite, risulta:
r
Cs
Icp = Ea . (8.114)
Ls

Effetti delle variazioni del carico. Se, durante il funzionamento del convertitore, la
corrente di carico supera il valore massimo previsto nella determinazione del valore della capacità
156 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

Cs , la durata dell’intervallo di tempo durante il quale RCp si trova polarizzato inversamente


non risulta sufficiente per il suo spegnimento e, appena polarizzato direttamente, il Tiristore
principale si riaccende. Quando ciò si verifica, l’interruttore statico non può più venire spento,
se non interrompendo il collegamento elettrico con la sorgente di alimentazione.
Per ovviare a tale inconveniente, si può scegliere un valore di Cs maggiore di quello ricavato
in corrispondenza al massimo valore di corrente previsto; tale scelta, però, comporta, oltre ad
un maggiore valore di Icp , e quindi delle perdite, un allungamento delle durate minime degli
intervalli di conduzione e di interdizione dell’interruttore statico.
Una diversa soluzione consiste nell’apportare una variante al circuito aggiungendo un’in-
duttanza L0 , in serie all’interruttore statico e mutuamente accoppiata con Ls . Si ottiene così
il circuito di Jones riportato nella fig. 8.26; in esso, all’aumentare della corrente che circola
sul carico, si ha, per effetto della mutua induttanza tra L0 ed Ls , un aumento della tensione
ai capi di Cs e, quindi, del coefficiente α. Tale incremento permette, a parità di capacità, di
avere un valore maggiore di tr ; per contro anche le tensioni di picco applicate ai componenti a
semiconduttore aumentano.

RCp L’ iu
Cs
vc ic
+ RCa

D
Ea Ds vu
Ls

Figura 8.26: Circuito di Jones.

Anche una riduzione consistente della corrente di carico provoca un inconveniente nel fun-
zionamento del circuito; infatti al diminuire della corrente di carico aumenta (oltre a tr ) il
tempo necessario affinché la tensione sul condensatore raggiunga il valore Ea e, quindi, la
durata minima dell’intervallo di interdizione.
Per ridurre tale inconveniente, si può ricorrere ad un’altra variante che, come mostrato nella
8.27, consiste nell’inserzione, in parallelo ad RCp , di un circuito addizionale costituito da una
induttanza La con in serie un Diodo Da . L’introduzione di tale circuito crea una ulteriore via
lungo la quale può circolare corrente nella capacità e, di conseguenza, riduce il tempo di ricarica
del condensatore.
L’analisi del comportamento del circuito addizionale sarà effettuata prendendo in conside-
razione un carico induttivo e trascurando sia le cadute di tensione su RCa e Da sia le variazioni
della corrente di carico, durante la ricarica del condensatore. In tali ipotesi, impiegando le
convenzioni sui segni riportate nella fig. 8.27, a partire dall’istante t = ta in cui RCp si apre,
8.5. Realizzazione con Tiristori 157

La

Da
RCp
iu
Cs
vc ic
+ RCa

D
Ea Ds vu
Ls

Figura 8.27: Riduzione della dipendenza dal carico.

le equazioni differenziali che reggono il comportamento del circuito risultano:

dvc ic
=−
dt Cs
(8.115)
dic vc
= ,
dt La

con le condizioni iniziali:

vc (ta ) = −αEa ic (ta ) = −I1 . (8.116)

Risolvendo il sistema di equazioni differenziali (8.115) si ottiene quindi:

vc (t) = −A cos [ω (t − ta ) + ϕ0 ]
(8.117)
ic (t) = −B sin [ω (t − ta ) + ϕ0 ] ,

in cui:
r
1 B La
ω=√ A= =B .
La Cs ωCs Cs
158 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

Imponendo le condizioni iniziali (8.116) si ottiene infine:


r !
I1 La
ϕ0 = arctan
αEa Cs
r
La 2
A= α2 Ea2 + I
Cs 1
r
Cs 2 2
B = I12 + α Ea .
La

La tensione sul condensatore risulta, quindi, negativa per un intervallo di tempo di durata
tr pari a:
" r !#
π
− ϕ0 π I1 La p
2
tr = = − arctan La Cs . (8.118)
ω 2 αEa Cs

Se la capacità e l’induttanza sono, ad esempio, scelte in modo tale che il loro rapporto
sia pari al quadrato del rapporto tra la tensione αEa , applicata al condensatore nell’istante di
apertura del Tiristore principale, e il massimo valore, I1 max , previsto per la corrente di carico:
 2
La αEa
= (8.119)
Cs I1 max

l’intervallo di tempo tr , durante il quale RCp si trova polarizzato inversamente, assume il valore:

π La Cs
tr1 = , (8.120)
2

quando la corrente di carico è nulla mentre è pari a:



π La Cs tr1
tr2 = = , (8.121)
4 2

quando la corrente di carico assume il valore massimo I1 max .


Nell’istante t = ta + 2tr , la corrente nel condensatore risulta nuovamente uguale a −I1
ed il Diodo Da smette di condurre. In tale istante, il condensatore Cs si trova carico ad una
tensione pari ad αEa e continua poi a caricarsi con la corrente iu fino a quando la tensione vc
ritorna uguale alla tensione di alimentazione Ea .
Supponendo che la corrente iu si mantenga pari ad I1 , la durata complessiva tc dell’intervallo
di tempo necessario affinché la tensione sul condensatore raggiunga il valore Ea è, quindi, pari
a:

1−α
tc = 2tr2 + Ea Cs (8.122)
I1

e risulta molto meno influenzata dal valore di I1 .


8.5. Realizzazione con Tiristori 159

Realizzazione dell’interruttore statico senza induttanza di commutazio-


ne. La necessità di invertire la polarità della tensione applicata al condensatore Cs all’inizio
dell’intervallo di conduzione del Tiristore principale presenta vari inconvenienti quali:

• una dissipazione di energia durante l’oscillazione fra Ls e Cs e, di conseguenza, un


incremento del valore della capacità necessario per la commutazione;

• una limitazione al tempo minimo di conduzione del Tiristore principale;

• una sovracorrente in RCp , che si sovrappone alla corrente assorbita dal carico.

Per evitare tali inconvenienti, si può ricorrere a due schemi, basati sull’impiego di una
configurazione a ponte, che non richiedono l’inversione della tensione applicata al condensatore.
Lo schema illustrato nella fig. 8.28(a) impiega quattro Tiristori: due con spegnimento
forzato (RC1 e RC3 ) e due con spegnimento naturale (RC2 e RC4 ). Durante un periodo,
l’interruttore statico viene chiuso accendendo RC1 e RC2 ed aperto accendendo RC3 ; duran-
te il periodo successivo, invece, l’interruttore viene chiuso accendendo RC3 e RC4 e aperto
accendendo RC1 .
Lo schema illustrato nella fig. 8.28(b) impiega, invece, un Tiristore principale e quat-
tro Tiristori ausiliari. Durante un periodo, l’apertura dell’interruttore statico viene ottenuta
accendendo RCa1 e RCa4 ; durante il periodo successivo, accendendo RCa2 e RCa3 .

Convertitore con spegnimento quasi statico. Nei circuiti fino ad ora esaminati, lo
spegnimento del Tiristore principale è effettuato in maniera forzata; esiste anche la possibilità
di effettuare lo spegnimento in maniera quasi statica. Questa soluzione è scarsamente utilizzata
nei convertitori c.c.-c.c. mentre è maggiormente impiegata nei convertitori c.c.-c.a.; se ne farà,
comunque, un cenno per chiarire il principio dello spegnimento quasi statico.
Il circuito base, che permette di ottenere uno spegnimento quasi statico, è riportato nella
fig. 8.29 e presenta, rispetto a quello con spegnimento forzato, l’aggiunta di un Diodo, Da , in
antiparallelo al Tiristore principale e di una induttanza, La , in serie a quello ausiliario.
Durante la fase di chiusura di RCp il comportamento del circuito rimane identico a quello
già esaminato. Viceversa, quando viene chiuso RCa , il condensatore Cs non viene posto
in parallelo ad RCp , in quanto in serie ad RCa compare l’induttanzaLa ; pertanto, dopo la
chiusura di RCa , il Tiristore principale continua a condurre e il circuito oscillante La Cs inizia
ad oscillare. Trascurando le perdite presenti nel circuito, la corrente ic che attraversa la capacità
assume l’andamento:
r
Cs
ic (t) = αEa sin [ω (t − t1 )] , (8.123)
La

essendo:

1
ω=√ .
La Cs
160 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

RC1 RC2

Cs iu
RC3 RC4
+

Ea D vu

(a) Circuito con quattro Tiristori

RCp
iu

RCa1 RCa2
+
Cs D
Ea RCa3 RCa4 vu

(b) Circuito con cinque Tiristori

Figura 8.28: Interruttore statico senza induttanza di commutazione.

Se il valore di picco Icp della corrente ic :


r
Cs
Icp = αEa ,
La

è maggiore della corrente I1 assorbita dal carico, nell’istante t = tx , essendo:


 q 
I1 La
arcsin αEa Cs
tx = t1 + ,
ω
8.5. Realizzazione con Tiristori 161

Da
id
RCp
ip iu
Cs
vc
+ ic RCa La

Ds Ls D
Ea vu

Figura 8.29: Schema base del convertitore con spegnimento quasi statico.

la corrente ic diventa uguale ad I1 ; in tale istante, pertanto, la corrente ip , che attraversa RCp ,
si annulla ed inizia a condurre il Diodo Da , che continua a condurre fino all’istante t = ty in
cui la corrente ic diventa nuovamente pari ad I1 :
 q 
I1 La
π − arcsin αEa Cs
ty = t1 + .
ω

Se la durata,
 q 
I1 La
π − 2 arcsin αEa Cs
tr = ty − tx = ,
ω

dell’intervallo di tempo durante il quale il Diodo Da conduce, è maggiore del tempo di spegni-
mento quasi statico di RCp , nell’istante t = ty il Tiristore principale ha riacquistato la proprietà
di blocco diretto per cui sia Da che RCp risultano interdetti e la corrente ic rimane uguale alla
corrente assorbita dal carico fino a quando vc diventa pari alla tensione di alimentazione Ea .
Segue un ulteriore transitorio, il cui andamento sarà esaminato solo per i convertitori c.c.-c.a.
La fig. 8.30 riporta gli andamenti delle correnti ic , ip ed id e delle tensioni vc e vu durante
la fase di spegnimento dell’interruttore statico. La figura mostra che nell’intervallo di tempo
(t1 , ty ) la tensione di uscita risulta pari ad Ea ; successivamente vu scende a zero con un
gradino e un tratto lineare. In alcuni convertitori, al posto delle due induttanze Ls e La
si impiega un’unica induttanza, collegando RCa e Ds in antiparallelo. Tale semplificazione
presenta l’inconveniente di allungare il periodo T ∗ in quanto il valore che occorre assegnare
all’induttanza La per garantire lo spegnimento del Tiristore principale è alquanto maggiore di
162 Capitolo 8. Convertitori c.c.-c.c

i
ic

I1
ip

id

to tx ty t

v
Ea vu

to ty t
vc

-αEa

Figura 8.30: Andamenti delle principali grandezze nella fase di spegnimento.

quello che si sarebbe impiegato per Ls .


Come accennato, malgrado presenti il vantaggio di rendere trascurabili le perdite localizzate
in RCp durante lo spegnimento, lo spegnimento quasi statico è poco utilizzato nei convertitori
c.c.-c.c. Ciò è dovuto alla necessità di impiegare un valore della capacità di spegnimento
alquanto maggiore di quello necessario nel caso di spegnimento forzato; pertanto, a meno di
non aumentare in maniera consistente l’entità della sovracorrente presente su RCp durante la
sua accensione, la durata minima dell’intervallo di conduzione risulta sensibilmente maggiore.

Circuiti di protezione. Nei convertitori c.c.-c.c. a spegnimento forzato, i due Tiristori


non necessitano di protezioni contro un eccessivo valore del dv/dt in quanto tale funzione è
assolta dalla capacità Cs che, negli intervalli di tempo durante i quali uno dei due Tiristori si
trova sottoposto ad un dv/dt positivo, risulta virtualmente collegata in parallelo al Tiristore
stesso. Qualora però la tensione della sorgente di alimentazione possa presentare delle brusche
variazioni è opportuno inserire, in parallelo ad RCp , un circuito RC in modo da ridurre il dv/dt
e la sovratensione sul componente connessi a tali disturbi.
8.5. Realizzazione con Tiristori 163

Nel circuito con spegnimento quasi statico, invece, RCp si trova sottoposto ad un elevato
dv/dt nell’istante t = ty in cui il Diodo Da si apre; per tale circuito, pertanto, è necessario
inserire, in parallelo ad RCp , un circuito RC di protezione il cui dimensionamento può essere
effettuato impiegando le curve riportate nelle figure 5.17 e ??.
Il circuito di protezione contro eccessivi valori del di/dt su RCp è quello usuale, costituito
da una induttanza L2 con in parallelo la serie di un Diodo e una resistenza. Il valore di L2
deve essere tale da ridurre il valore del di/dt sul componente ad un valore inferiore a quello
accettabile (di/dt)acc :

Ea
L2 > di
 .
dt acc

Anche per quanto concerne il Tiristore ausiliario, il valore del di/dt che si avrebbe in assenza
di protezioni nel circuito con spegnimento forzato è, in genere, troppo elevato, in quanto limitato
solo dalla induttanza dispersa del circuito. Risulta quindi necessario inserire, in serie a RCa
una induttanza L3 , che può venire dimensionata in maniera analoga ad L2 . La presenza di
tale induttanza rende necessario un incremento della capacità Cs ; risulta pertanto conveniente
scegliere un Tiristore ausiliario che sopporti un valore del di/dt più elevato possibile ed impiegare
per la protezione, invece di una induttanza in aria, una induttanza saturabile che mantenga il
di/dt limitato per il tempo necessario affinché RCa acquisti la proprietà di poter condurre
la piena corrente. Ovviamente la protezione contro eccessivi valori del di/dt su RCa risulta
inutile nel circuito con spegnimento quasi statico in quanto, in tale circuito, è già presente una
induttanza in serie al Tiristore ausiliario.
Capitolo 9

Convertitori c.c.-c.a.

Tra i vari tipi di convertitore, i convertitori c.c.-c.a. (comunemente indicati come


inverter ) sono quelli che prevedono il più elevato numero di soluzioni circuitali, in
dipendenza sia dal livello di potenza (e quindi dal tipo di semiconduttore di potenza
utilizzato) sia dalle peculiarità della applicazione.

Come già più volte accennato, un convertitore c.c.-c.a. può essere realizzato
impiegando lo stesso circuito di potenza di un convertitore c.c.-c.c. bidirezionale a
quattro quadranti. È però possibile ricorrere anche ad altre strutture che permet-
tono, nel caso di utilizzazione di Tiristori, di evitare l’impiego di interruttori statici
oppure che fanno ricorso ad un trasformatore di uscita a presa centrale.

Nel seguito verranno presi in considerazione dapprima gli inverter che impiegano
interruttori statici (a Transistor, GTO o Tiristori); successivamente verranno esa-
minate in dettaglio alcune strutture specifiche per la realizzazione di un inverter a
Tiristori. Verranno, infine, presentate le tecniche di modulazione impiegate per mi-
gliorare il contenuto armonico della tensione applicata al carico oppure per variarne
l’ampiezza dell’armonica fondamentale.

9.1 Inverter realizzati con interruttori statici

Gli inverter che utilizzano interruttori statici possono essere realizzati, oltre che con
le strutture a ponte e a semiponte, già illustrate nel capitolo precedente, con una
struttura a push-pull impiegante un trasformatore di uscita a presa centrale.

165
166 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

9.1.1 Struttura a ponte


Un inverter monofase a ponte ad interruttori statici impiega la stessa struttura di
potenza dei convertitori c.c.-c.c. a quattro quadranti, già illustrata nel capitolo
precedente e riportata, per comodità, nella fig. 9.1. Impiegando tale struttura
e chiudendo durante un semiperiodo gli interruttori IS1 e IS4 e durante l’altro
semiperiodo gli interruttori IS2 e IS3 , la tensione di uscita assume una forma d’onda
di tipo rettangolare (onda quadra) con ampiezza pari a quella della tensione di
alimentazione. L’onda quadra rappresenta la più semplice forma d’onda ottenibile
da un inverter; in realtà, come si vedrà in seguito, l’inverter fornisce in genere una
forma d’onda più complessa (forma d’onda modulata) ottenuta introducendo un
opportuno numero di commutazioni ausiliarie all’interno del periodo.

IS1 D1 vu D3 IS3

Ea
iu
IS2 D2 D4 IS4

Figura 9.1: Inverter monofase a ponte.

La particolare struttura realizzativa di ogni ramo del ponte, in cui i due in-
terruttori statici vengono alternativamente aperti e chiusi mentre la somma delle
tensioni ad essi applicate risulta sempre pari alla tensione di alimentazione, può
provocare alcuni problemi, che non si verificano nei convertitori c.c.-c-c. monodi-
rezionali, specialmente quando l’inverter funziona con forma d’onda modulata. È
inoltre necessario, per evitare l’insorgere di corto circuiti sulla alimentazione dovuti
alla conduzione contemporanea dei due interruttori statici dello stesso ramo, valu-
tare con oculatezza la durata dell’intervallo di tempo che deve intercorrere tra il
comando di apertura di un interruttore e quello di chiusura dell’altro.

Problemi connessi alla presenza di eventuali dissimetrie. L’eventuale pre-


senza di dissimetrie tra le durate dei due stati di conduzione dell’inverter non pro-
duce effetti rilevanti quando il carico è prevalentemente resistivo. Quando, invece,
9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 167

le cadute resistive sono piccole rispetto alla tensione fornita dall’inverter ed il ca-
rico è costituito prevalentemente da circuiti elettromagnetici, la presenza di una
componente continua sovrapposta alla tensione alternativa produce una componen-
te continua di corrente che può risultare rilevante e può provocare l’insorgere di
consistenti fenomeni di saturazione.
Una notevole cura, al fine di evitare dissimmetrie, si rende necessaria quando
il carico è connesso all’inverter mediante un trasformatore; infatti eventuali dissim-
metrie sulla forma d’onda della tensione applicata al trasformatore possono portare
quest’ultimo in saturazione. Tale rischio è particolarmente accentuato quando la
frequenza dell’inverter è elevata e il trasformatore è realizzato in ferrite, ma è pre-
sente anche a frequenze industriali, specialmente se si impiega un trasformatore a
basse perdite (ad esempio con nuclei a C).

9.1.2 Struttura a semiponte


Come per i convertitori c.c.-c.c. bidirezionali a quattro quadranti, anche per i conver-
titori c.c.-c.a. è possibile utilizzare un circuito di potenza a semiponte. A differenza
di quanto avviene nel caso dei convertitori c.c.-c.c., però, la presa intermedia (a
tensione Ea /2) della tensione di alimentazione può essere ottenuta, come mostrato
nella fig. 9.2, mediante un opportuno partitore capacitivo. I due condensatori che
realizzano il partitore devono avere una capacità sufficientemente elevata da garan-
tire che la tensione vc , presente tra il punto centrale del partitore e la massa, non
subisca variazioni rilevanti durante il funzionamento dell’inverter; in particolare oc-
corre che la somma delle due capacità sia molto maggiore del rapporto tra l’integrale
del valore assoluto della corrente di carico, esteso ad un semiperiodo, e la tensione
Ea di alimentazione.

IS1 D1
vu C
+ iu

Ea
IS2 D2 C

Figura 9.2: Inverter monofase a semiponte.


168 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

L’impiego di un partitore capacitivo risulta particolarmente conveniente quan-


do il carico è connesso all’inverter tramite un trasformatore; infatti, con tale so-
luzione, l’eventuale presenza di dissimmetrie tra le durate degli intervalli di con-
duzione dei due interruttori statici viene, nel funzionamento a regime permanente,
automaticamente compensata da un valore medio della tensione vc diverso da Ea /2.
A parità di dimensionamento degli interruttori statici, la struttura a semiponte
consente di erogare al carico la stessa corrente fornibile con una struttura a ponte
ma con una tensione di uscita pari alla metà; inoltre, come nei convertitori c.c.-c.c.,
le tecniche di modulazione impiegabili con una struttura a semiponte (modulazione
a due livelli ) forniscono un contenuto armonico peggiore di quello ottenibile con una
struttura a ponte (modulazione a tre livelli ). Si può infine osservare che gli schemi
realizzativi ed i circuiti di protezione risultano identici a quelli impiegati in ogni
ramo di un inverter a ponte.

9.1.3 Struttura a push-pull


Negli inverter di piccola e media potenza a Transistor, una delle strutture maggior-
mente impiegata, quando il carico è connesso all’inverter mediante un trasformatore,
è quella a push-pull con trasformatore a presa centrale, riportata nella fig. 9.3. La
struttura a push-pull con interruttori statici non è invece utilizzata quando si impie-
gano Tiristori, in quanto è possibile realizzare una struttura di inverter a Tiristori
con trasformatore a presa centrale che evita l’impiego di interruttori statici inserendo
una opportuna capacità di commutazione (inverter parallelo).
Con riferimento alla fig. 9.3, chiudendo alternativamente gli interruttori statici
IS1 e IS2 (ciascuno per un semiperiodo) il carico risulta alimentato con una onda
quadra di tensione di ampiezza pari a Ea n2 /n1 . Ovviamente, anche con questa
struttura, non è possibile utilizzare una modulazione a tre livelli.
Come nel caso dell’inverter a ponte con trasformatore di uscita, anche nel caso
di circuito a push-pull occorre garantire una elevata simmetria tra le durate degli
intervalli di conduzione. Con quest’ultimo circuito, però, la saturazione del tra-
sformatore può verificarsi anche a causa di dissimmetrie tra i due semiprimari del
trasformatore; per ridurre questo rischio si ricorre usualmente a trasformatori con
un primario di tipo bifilare.

9.1.4 Circuiti atti alla riduzione delle perdite di commutazio-


ne negli inverter a Transistor
La struttura base di un ramo di un inverter a Transistor, a ponte o a semiponte, è quella
riportata nella fig. 9.4. Ad essa occorre aggiungere i circuiti atti a limitare le perdite dovute alle
9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 169

vu

n2

n1 n1

Ea
IS1 IS2

Figura 9.3: Struttura a push-pull.

commutazioni dei Transistor di potenza; questi circuiti devono essere dimensionati prendendo
in considerazione le diverse condizioni operative che possono presentarsi durante l’apertura e la
chiusura del Transistor. Per caratterizzare queste condizioni, si fa in genere riferimento alle due
distinte situazioni, che possono presentarsi quando l’inverter funziona ad onda quadra a seconda
che il carico sia di tipo induttivo o di tipo capacitivo. Infatti, quando il carico è di tipo induttivo,
la corrente fornita dall’inverter risulta sfasata in ritardo rispetto alla tensione; pertanto, all’atto
dello spegnimento, ogni Transistor si trova a condurre la corrente assorbita dal carico. Viceversa
se il carico ha un comportamento di tipo capacitivo (almeno per quanto concerne la prima
armonica della tensione fornita dall’inverter) la forma d’onda della corrente assorbita risulta in
anticipo rispetto alla tensione; pertanto, quando un Transistor viene interdetto, la corrente di
carico si trova a circolare nel diodo posto in antiparallelo al Transistor stesso.

T1 D1
+
iu vu
Ea
T2 D2

Figura 9.4: Struttura base di un ramo dell’inverter.


170 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Per comodità, le due situazioni di commutazione messe in evidenza saranno, nel seguito,
indicate rispettivamente come: commutazione induttiva e commutazione capacitiva.
Quando l’inverter funziona ad onda quadra tutte le commutazioni sono dello stesso tipo;
anzi, tranne che in presenza di filtri capacitivi e con carico molto ridotto, esse risultano sempre
di tipo induttivo. Quando, invece, la tensione di uscita è modulata, i due tipi di commutazione
si presentano alternativamente. Il dimensionamento dei circuiti di protezione sarà, pertanto,
diverso a seconda che l’inverter funzioni ad onda quadra oppure con onda modulata.

Funzionamento ad onda quadra con carico induttivo. Quando tutte le commu-


tazioni sono di tipo induttivo, i Transistor dell’inverter si trovano, durante la fase di apertura, ad
operare in maniera del tutto analoga a quella già illustrata nel caso del convertitore c.c.-c.c. con
carico induttivo; pertanto il dimensionamento del circuito atto a ridurre le perdite di apertura
può essere effettuato secondo le modalità già descritte.
Viceversa, se tra l’apertura di un Transistor (ad esempio T1 ) e la successiva chiusura del-
l’altro Transistor dello stesso ramo (T2 ) viene fatto intercorrere un intervallo di tempo suffi-
cientemente lungo, all’atto della chiusura di quest’ultimo tutta la corrente di carico circola nel
Diodo omonimo (D2 ). Pertanto, all’atto della chiusura, il Transistor non entra in conduzione
e non è quindi, necessario introdurre induttanze per limitare il di/dt.
Il particolare funzionamento della struttura a ponte, in cui i due Transistor vengono al-
ternativamente aperti e chiusi, rende, anche, inutile l’impiego delle resistenze atte a dissipare
l’energia immagazzinata nelle capacità del circuito di protezione. Per evidenziare tale peculiari-
tà, si prenderà in considerazione il circuito semplificato, con un’unica capacità, riportato nella
fig. 9.5, anche se in realtà, per ragioni di simmetria e per ridurre l’effetto delle induttanze
disperse, è conveniente impiegare due condensatori (di capacità C/2) posti direttamente in
parallelo ai due Transistor, come mostrato nella fig. 9.6.

T1 D1
+
iu
Ea
C D2
T2

Figura 9.5: Riduzione delle perdite di apertura.

Indicato con t1 l’istante in cui il Transistor T1 inizia ad aprirsi, durante l’intervallo di tempo
(t1 , ta ), in cui la corrente nel Transistor e la tensione applicata al condensatore si portano a
9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 171

C/2
T1 D1
+
iu
Ea
C/2 D2
T2

Figura 9.6: Circuito simmetrico.

zero, il funzionamento risulta del tutto simile a quello già illustrato a proposito dei convertitori
c.c.-c.c. Nell’istante t = ta (il cui valore risulta uguale o maggiore di t1 + tf a seconda che
il valore della capacità sia minore o maggiore di Ca ) la tensione di uscita è nulla e tutta la
corrente assorbita dal carico attraversa il Diodo D2 . Pertanto, nell’istante t = tx (con tx > ta )
in cui il Transistor T2 viene chiuso, tutta la corrente di carico sta circolando nel Diodo D2
e la chiusura di T2 avviene con corrente nulla. Successivamente, nell’intervallo di tempo (tx ,
t1 + T /2), il segno della corrente di carico si inverte e T2 inizia a condurre. Pertanto, alla
successiva apertura di T2 , che si verifica nell’istante t = t1 + T /2, la commutazione avviene in
maniera analoga a quella già descritta e, alla fine della commutazione, la tensione applicata al
condensatore risulta nuovamente pari ad Ea .

Funzionamento ad onda quadra con carico capacitivo. Analogamente al caso


di carico induttivo, quando l’inverter funziona ad onda quadra con commutazioni tutte di tipo
capacitivo, il problema della riduzione delle perdite di commutazione risulta semplificato rispetto
al caso dei convertitori c.c.-c.c. Infatti, in tali condizioni operative, all’atto della apertura, i
Transistor si trovano a condurre una corrente nulla e, di conseguenza, non si hanno perdite di
apertura. Viceversa occorre inserire il circuito induttivo, idoneo a ridurre le perdite di chiusura,
già visto nel capitolo precedente.

Funzionamento con onda modulata. La scelta dei circuiti atti a ridurre le perdite di
commutazione si complica, invece, nel caso di funzionamento con onda modulata. In questo
tipo di funzionamento dell’inverter, infatti, si susseguono commutazioni di tipo induttivo e
commutazioni di tipo capacitivo.
Per mettere in evidenza i problemi che si presentano quando l’inverter funziona con onda
modulata si consideri, inizialmente, il comportamento del circuito di fig. 9.5 in presenza di una
commutazione capacitiva. In queste condizioni operative, nell’istante t = t1 , in cui il Transistor
T1 viene aperto, la corrente iu è negativa e, pertanto, circola nel Diodo D1 . Lo spegnimento
172 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

di T1 non modifica il funzionamento del circuito e, fino all’istante t = tx , in cui il Transistor


T2 viene chiuso, la tensione applicata al condensatore rimane pari ad Ea . All’accensione di
T2 , quindi, l’energia immagazzinata nella capacità viene dissipata sul Transistor stesso. Un
funzionamento analogo si avrebbe anche se, come mostrato nella fig. 9.7, si fossero utilizzate
le resistenze di dissipazione. Infatti, impiegando questo circuito, solo l’energia immagazzinata
nel condensatore C2 viene dissipata sulla relativa resistenza, mentre, a causa della presenza del
Diodo posto in parallelo alla resistenza, il condensatore C1 si scarica senza alcuna resistenza
in serie. Occorre inoltre tenere presente che, per avere lo stesso comportamento durante le
commutazioni di tipo induttivo, i valori delle capacità C1 e C2 devono essere uguali a quello
della capacità C del circuito di fig. 9.5.

C1
T1 D1
+
iu
Ea
D2 C2
T2

Figura 9.7: Circuito con resistenze di dissipazione.

Per limitare il valore della corrente di carica e scarica delle capacità occorre, quindi, inserire,
in serie a ciascun Transistor, una induttanza che, in questa applicazione, ha il duplice scopo
di rendere trascurabili le perdite localizzate nei Transistor durante la loro chiusura e di limitare
il valore di picco della corrente che circola nelle capacità. Il circuito a cui si perviene risulta,
pertanto, quello illustrato nella fig. 9.8 in cui, sempre per comodità di analisi, si è considerato
un solo condensatore di capacità C, invece dei due condensatori di capacità C/2.
Impiegando tale circuito e avendo indicato con tx l’istante in cui T2 viene chiuso, in un primo
intervallo di tempo (tx , te ) la corrente iT 2 sale linearmente, con una pendenza diT 2 /dt = Ea /L,
fino a raggiungere un valore, Iu , pari a quello della corrente fornita dal carico in quell’istante.
Nell’istante t = te la corrente iT 2 diventa pari alla corrente fornita dal carico; in tale istante la
corrente nel Diodo D1 si annulla ed inizia la sua conduzione inversa.
La corrente iT 2 continua, quindi, a crescere fino a raggiungere, ad un istante che sarà
indicato con td , il valore Iu + Ir max , essendo Ir max il valore di picco della corrente inversa nel
9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 173

T1 iT1
D1
iu
Ea

C vu=vc
T2
iT2 D2

Figura 9.8: Circuito con capacità e induttanze.

Diodo. Nell’istante t = td la tensione inversa applicata al Diodo si porta ad un valore prossimo


ad Ea per cui, a partire da tale istante, il Transistor risulta interessato, oltre che dalla corrente
assorbita dal carico e dalla seconda parte della corrente inversa del Diodo, anche dalla corrente
di scarica del condensatore C.

Trascurando la seconda fase della conduzione inversa del Diodo D1 , il circuito interessato
alla conduzione per t > td è quello illustrato nella fig. 9.9 con le seguenti condizioni iniziali:

iT 2 (td ) = Iu + Ir max vc (td ) = Ea .

Fino all’istante t = ty , in cui vc si annulla, il Diodo risulta contropolarizzato; pertanto,


supponendo che la corrente fornita dal carico possa essere considerata costante, nell’intervallo
(td , ty ) la corrente iT 2 assume il seguente andamento:

iT 2 (t) = A cos [ω (t − td ) + ϕ0 ] + Iu , (9.1)

in cui:
r
C 1
A= Ir2 max + Ea2 ω=√
L LC

e ϕ0 può venire calcolato sulla base delle condizioni iniziali.

Nell’istante t = ty , in cui vc si annulla, la corrente iT 2 risulta pari a Iu + A ed il Diodo


inizia a condurre. Successivamente la tensione vc si inverte e l’eccesso di energia immagazzinata
174 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

iu

D
L
R
C vc
Ea
T2
iT2

Figura 9.9: Circuito interessato alla conduzione per t > td .

nell’induttanza:

Lh i
E= (Iu + A)2 − Iu2 ,
2

si dissipa sulla resistenza posta in serie al Diodo.


Il valore di picco della corrente che attraversa il Transistor durante la fase di chiusura è pari
a:
r
C
IT p = Iu + A = Iu + Ir2 max + Ea2 (9.2)
L

e risulta fortemente influenzato dal valore del rapporto C/L. Come già accennato, quindi,
l’induttanza L serve, oltre che a ridurre il valore del di/dt durante la fase di accensione, anche
a limitare il valore di picco della corrente che circola nel Transistor. Mentre, come visto a
proposito dei convertitori c.c.-c.c., il primo scopo può essere raggiunto anche impiegando una
induttanza saturabile, il secondo richiede la presenza di una induttanza lineare in quanto, quando
l’induttanza deve intervenire, la corrente che in essa circola è già elevata.
Nelle usuali condizioni operative, se il valore della capacità venisse scelto dello stesso ordine
di grandezza del valore Ca , fornito dalla eq. (8.37), il valore di L, necessario per limitare a valori
accettabili il picco di corrente che circola nei Transistor, risulterebbe alquanto maggiore di quello
necessario per rendere trascurabili le perdite localizzate nei Transistor durante la loro accensione.
La sovratensione che, a causa della presenza di tale induttanza, si verifica sul Transistor durante
la fase di apertura può quindi risultare eccessiva, anche impiegando il circuito con Diodo Zener
9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 175

illustrato nella fig. 8.8. Per limitare tale sovratensione occorre inserire, in parallelo a ciascun
Transistor, un altro circuito capacitivo; si ottiene così il circuito complessivo riportato nella fig.
9.10.

T1 D1
Ea
iu

T2 D2

Figura 9.10: Circuito per la riduzione delle perdite di commutazione.

Il circuito di protezione illustrato risulta alquanto oneroso ed è normalmente impiegato solo


in inverter di grossa potenza, quando si desideri impiegare una frequenza di commutazione la
più elevata possibile. Negli altri inverter, si preferisce, invece, accettare maggiori perdite nei
Transistor scegliendo un valore della capacità alquanto inferiore a quello di Ca . In questo caso,
occorre però effettuare una accurata valutazione del comportamento del circuito durante la fase
di apertura onde assicurarsi che il Transistor non esca dalla SOAR inversa ed, eventualmente,
scegliere un Transistor con una SOAR inversa molto ampia. Occorre, infine, osservare che,
quando l’inverter è realizzato ad IGBT e tutti gli IGBT sono assemblati nello stesso contenitore,
in genere non si introduce alcun circuito, né capacitivo né induttivo, atto a ridurre le perdite di
commutazione, ma ci si limita all’impiego di circuiti idonei a limitare le sovratensioni.
176 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Struttura a push-pull. Come già illustrato, negli inverter di piccola e media potenza,
una delle strutture maggiormente impiegata, quando il carico è connesso all’inverter mediante
un trasformatore, è quella a push-pull. Si può osservare che, impiegando questa struttura,
le induttanze di dispersione del trasformatore sono in genere più che sufficienti per ridurre il
di/dt a valori inferiori a quello proprio dei Transistor. È comunque necessario, specialmente
quando il trasformatore ha un elevato rapporto di trasformazione in salita (n2  n1 ), imporre
un consistente forzamento iniziale al pilotaggio dei Transistor per garantirne una buona chiu-
sura. Infatti la capacità del trasformatore (che risulta tanto più grande quanto maggiore è il
rapporto di trasformazione) tende a rallentare la chiusura del Transistor aumentando le perdite
di commutazione.
La presenza delle induttanze di dispersione risulta, invece, dannosa durante l’apertura dei
Transistor, in quanto tende a produrre elevate sovratensioni. Per evitare che il massimo valore
della tensione diretta applicata ai Transistor diventi molto maggiore di 2Ea , è necessario au-
mentare il valore della capacità posta in parallelo ai Transistor fino a valori molto maggiori di
quelli usuali; ciò comporta o un elevato tempo di scarica delle capacità o una elevata corrente
aggiuntiva nel transistor durante la sua chiusura.
Per evitare questi inconvenienti è possibile ricorrere ad un diverso circuito di protezione
che, come illustrato nella fig. 9.11, è costituito da un condensatore Ca , con in parallelo una
resistenza Ra , i cui terminali sono connessi uno alla sorgente di alimentazione e l’altro, mediante
due Diodi, ai collettori dei due Transistor. Il circuito descritto serve a limitare le sovratensioni
ma non influisce sulla parte iniziale del transitorio di salita della tensione applicata al Transistor
durante la sua apertura; risulta pertanto conveniente utilizzare anche l’usuale circuito per la
riduzione delle perdite durante l’apertura.

vu

n2

n1 n1
Ra Ca

IS1 IS2 Ea

Figura 9.11: Inverter a push-pull con circuito di protezione.


9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 177

9.1.5 Circuiti atti alla riduzione delle perdite di commutazio-


ne negli inverter a GTO
Quando l’inverter è realizzato a GTO, i problemi connessi con la scelta dei circuiti di protezione
risultano analoghi a quelli già esaminati nel caso di inverter a Transistor. Occorre comunque
tenere presente che, rispetto a questi ultimi, è necessario impiegare, per non ridurre in maniera
drastica il valore della massima corrente commutabile, un valore delle capacità sensibilmente
più elevato. Per contro, il rapporto tra il valore di picco e il valore continuativo della corrente
sopportabile dal componente risulta molto più elevato e, pertanto, è possibile utilizzare una
induttanza sensibilmente più piccola.
Anche la durata dell’intervallo di tempo che deve intercorrere tra lo spegnimento di un GTO
e l’accensione dell’altro GTO dello stesso ramo risulta alquanto maggiore di quella necessaria
nel caso di impiego di Transistor di potenza; infatti, durante l’apertura, i GTO presentano,
dopo una prima fase di rapida discesa della corrente, un fenomeno di coda che può durare per
un tempo consistente.

9.1.6 Inverter a Tiristori


Gli inverter con interruttori statici a Tiristori possono venire suddivisi in due distinte famiglie,
a seconda che lo spegnimento dei Tiristori principali venga effettuato con spegnimento forzato
oppure con spegnimento quasi statico. Usualmente negli inverter della prima famiglia ogni
Tiristore principale ha un proprio circuito di spegnimento; viceversa, in quelli della seconda
famiglia il circuito di spegnimento è comune ai due Tiristori principali dello stesso ramo.

Inverter a Tiristori con spegnimento forzato. Negli inverter a Tiristori con spe-
gnimento forzato, gli interruttori statici sono realizzati impiegando lo schema già illustrato nella
fig. 8.21; è, però, necessario inserire, in serie ad ogni interruttore statico, un Diodo, al fine di
evitare che, in alcune situazioni operative, il condensatore di commutazione possa scaricarsi.
Infatti, durante gli intervalli in cui RCp è aperto, potrebbe verificarsi una circolazione di corren-
te, attraverso il Diodo Ds e l’induttanza di commutazione Ls . È, inoltre, possibile utilizzare un
unico Diodo per la circolazione della corrente reattiva e per la realizzazione del circuito ausiliario
illustrato nella fig. 8.27.
Il circuito complessivo di un ramo del ponte risulta, pertanto, quello illustrato nella fig.
9.12. In esso, il Diodo D10 (D20 ) serve per evitare la scarica del condensatore Cs1 (Cs2 ) durante
l’intervallo di tempo in cui RCp1 (RCp2 ) è aperto. I Diodi D1 e D2 servono, invece, per
permettere la circolazione della corrente reattiva quando il carico è di tipo induttivo.
L’induttanza L, a presa centrale, consente, assieme ai Diodi D1 e D2 , di ridurre la dipen-
denza del tempo di commutazione degli interruttori statici dalla entità del carico. Essa permette
inoltre di limitare il di/dt nei Tiristori principali in alcune condizioni operative dell’inverter ed, in
particolare, nel caso di cortocircuiti dovuti ad accensioni accidentali o al mancato spegnimento
di un Tiristore principale. La presenza dell’induttanza L non è, però, sufficiente a garantire la
limitazione del di/dt in tutte le condizioni operative (ad esempio se RCp1 viene acceso mentre
178 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Cs1

Ds1

D1 RCp1
RCa1 Ls1

+
D’1
L
Ea
D’2 iu

Ls2
RCa2 RCp2 D2 vu
Ds2
Cs2

Figura 9.12: Ramo di un inverter a Tiristori con spegnimento forzato.

stava conducendo il Diodo D2 ). Risulta, quindi, necessario ricorrere ad una induttanza specifica
per ogni interruttore statico o, almeno, per ogni ramo del ponte.
L’analisi condotta per il convertitore c.c.-c.c. ha mostrato che, per tale convertitore, il
condensatore di spegnimento Cs è sufficiente a garantire un valore limitato del dv/dt di entrambi
i Tiristori. Ciò non è vero per i Tiristori principali dell’inverter; infatti, può verificarsi che la
chiusura di un interruttore statico provochi una brusca variazione della tensione diretta applicata
al Tiristore principale dell’altro interruttore statico. Inoltre, quando un interruttore statico viene
spento, la tensione applicata al Tiristore principale dell’altro interruttore statico dello stesso
ramo passa, in maniera praticamente istantanea, da Ea ad (1 + α)Ea . Per ridurre ad un
valore accettabile il dv/dt applicato ai Tiristori principali, risulta, quindi, necessario inserire,
in parallelo a ciascuno di essi, un opportuno circuito RC; la scelta dei valori di R e di C può
essere effettuata sulla base della trattazione generale riportata nella prima parte del testo.

Inverter a Tiristori con spegnimento quasi statico. Come già accennato, negli
inverter a Tiristori con spegnimento quasi statico, lo spegnimento dei due Tiristori principali
dello stesso ramo viene effettuato per mezzo di un unico circuito di spegnimento, che viene
impiegato alternativamente per spegnere i due Tiristori.
Lo schema base di una fase di tale tipo di inverter (noto come inverter McMurray ) è riportato
nella fig. 9.13. Esso comprende, oltre ai Tiristori principali RCp1 e RCp2 e ai Diodi D1 e D2 ,
9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 179

il circuito di spegnimento costituito dai Tiristori ausiliari RCa1 e RCa2 , dall’induttanza Ls e


dalla capacità Cs .

RCa1 RCp1 D1
+
vc ip1 id1
Ls ic
Ea
Cs iu
RCa2 RCp2 D2 vu
id2

Figura 9.13: Ramo di un inverter McMurray.

La prima fase dello spegnimento è del tutto analoga a quella già illustrata nel caso di
convertitore c.c.-c.c. Infatti, partendo da una situazione in cui RCp1 conduce e indicati con
t = t0 l’istante in cui RCa1 viene chiuso e con Vc0 il valore della tensione vc a tale istante, si
ha, trascurando le perdite del circuito:

ic (t) = Icp sin [ω (t − t0 )] vc (t) = Vc0 cos [ω (t − t0 )] , (9.3)

in cui:
r
Cs 1
Icp = Vc0 ω=√ .
Ls Ls Cs

Se il valore di picco, Icp , della corrente ic è maggiore della corrente Iu , assorbita dal carico,
nell’istante t = t1 , essendo:
 q 
Iu Ls
arcsin Vc0 Cs
t1 = t0 + ,
ω

la corrente ic diventa uguale ad Iu ; in tale istante, pertanto, la corrente ip1 che attraversa RCp1 ,
si annulla ed inizia a condurre il Diodo D1 . La conduzione di D1 prosegue fino all’istante t = t2
in cui la corrente ic diventa nuovamente pari ad Iu :
 q 
Iu Ls
π − arcsin Vc0 Cs
t2 = t0 + .
ω
180 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Se la durata tr :
 q  !
π − 2 arcsin Iu Ls r
Vc0 Cs p Iu Ls
tr = t2 − t1 = = 2 Ls Cs arccos ,
ω Vc0 Cs

dell’intervallo dei tempo durante il quale il Diodo conduce è maggiore del tempo di spegnimento
quasi statico di RCp1 , nell’istante t = t2 il Tiristore RCp1 ha riacquistato la proprietà di blocco
diretto per cui sia D1 che RCp1 risultano interdetti.
Nell’istante t = t2 la tensione vc è pari a:
r
2 − Ls 2
vc (t2 ) = Vc2 = Vc0 cos [ω (t2 − t0 )] = − Vc0 I . (9.4)
Cs u

Se, come normalmente avviene nel funzionamento a regime permanente, Vc2 risulta, in
valore assoluto, maggiore di Ea , nell’istante t = t2 inizia a condurre il Diodo D2 . Per t > t2 la
parte di circuito interessata alla conduzione risulta, allora, quella riportata nella fig. 9.14.

RCa1 RCp1 D1
+
vc
Ls ic
Ea
Cs iu
RCa2 RCp2 D2
id2

Figura 9.14: Parte di circuito interessata alla conduzione per t > t2 .

La corrente ic assume, quindi, il seguente andamento:

ic (t) = B sin [ω (t − t2 ) + ϕ2 ] , (9.5)

in cui:
r ! r
Iu Ls Cs
ϕ2 = arctan B= Iu2 + (Ea + Vc2 )2 .
Ea + Vc2 Cs Ls

Infine nell’istante t = t3 , con:


p
t3 = t2 + (π − ϕ2 ) Ls Cs , (9.6)
9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 181

la corrente ic si annulla ed RCa1 si spegne. In tale istante tutta la corrente di carico circola
nel Diodo D2 , il quale continua a condurre fino a quando la corrente di carico non cambia di
segno.

Nella fig. 9.15 sono riportati gli andamenti delle tensioni sul condensatore e sul carico e
delle correnti nel condensatore, nel Tiristore principale e nei Diodi D1 e D2 , in corrispondenza
allo spegnimento di RCp1 .

vc
Vc 0

Vc 1

t0 t1 t2 t3 t

Vc 2
Vc 3

vu
Ea

t
ic
I0

t
ip
I0

t
iD1

t
iD2

Figura 9.15: Andamenti delle principali grandezze in corrispondenza allo


spegnimento di RCp1 .
182 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Nell’istante t = t3 la tensione ai capi del condensatore assume il valore:


r
Ls
vc (t3 ) = Vc3 = −Ea − B (9.7)
Cs

e rimane a tale valore fino a quando, dopo avere acceso RCp2 , non si procede al suo spegni-
mento.
È facile constatare che, qualsiasi sia il valore della corrente di carico, il valore assoluto di Vc3 ,
fornito dall’eq. (9.7), risulta maggiore di Vc0 . In assenza di perdite, quindi, il valore assoluto
della tensione applicata al condensatore di commutazione aumenterebbe ad ogni commutazione.
Pertanto il valore della tensione applicata al condensatore durante il funzionamento a regime
permanente non può essere determinato, se non si prendono in considerazione anche le perdite
presenti nel circuito di commutazione, e risulta fortemente influenzato da queste ultime.
Il valore di Vc0 è notevolmente influenzato anche dal valore assunto dalla corrente di carico,
aumentando con essa. Tale dipendenza può risultare utile, quando l’inverter funziona ad onda
quadra con un carico costante o lentamente variabile; infatti, in queste condizioni operative,
la corrente di carico assume, ad ogni commutazione, praticamente lo stesso valore assoluto
con una alternanza di segno. La stessa caratteristica risulta, invece, dannosa in presenza di
modulazione, in quanto, come visto, in questo tipo di funzionamento ad una commutazione di
tipo induttivo di un Tiristore segue una commutazione di tipo capacitivo dell’altro Tiristore e
viceversa. In presenza di modulazione risulta, quindi, conveniente rendere praticamente trascu-
rabile la dipendenza del valore di Vc0 dall’entità della corrente di carico; a tale scopo si può
procedere ad una opportuna scelta della durata tg dell’intervallo di tempo che intercorre tra
l’accensione del Tiristore ausiliario e la successiva accensione dell’altro Tiristore principale.
Infatti, scegliendo tg pari alla durata che l’intervallo di tempo t2 − t0 assume in corrispon-
denza alla massima corrente di carico Iu max , e cioè:
" r !#
Iu max Ls p
tg = π − arcsin Ls Cs , (9.8)
Vc0 Cs

qualsiasi sia il valore di Iu , nell’istante t = t0 + tg incomincia a condurre il Tiristore RCp2 ed


il Diodo D1 smette di condurre.
La scelta dei valori di Ls e Cs non risulta univoca; infatti, per ogni valore di tg , maggiore del
tempo di spegnimento ts , esiste una coppia di valori di Ls e Cs che garantisce lo spegnimento
dei Tiristori principali. A titolo di esempio, la fig. 9.16 riporta gli andamenti, in funzione del
valore scelto per tg , dei valori di Ls e Cs necessari per lo spegnimento dei Tiristori principali di
un inverter caratterizzato da:
Ea = 3000 V, Iu max = 1000 A e ts = 90 ms.
Un criterio per la scelta della coppia di valori più opportuni può essere quello di rendere
minima l’energia Ed dissipata durante la commutazione. Un esame dell’andamento di tale
energia in funzione del valore di tg mostra, però, che normalmente questo presenta un minimo
molto piatto; il valore di tg può, quindi, variare entro un ampio intervallo senza provocare
rilevanti variazioni dell’energia dissipata. Risulta allora conveniente estendere l’esame ad altre
9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 183

L C
750µH 150µF
Cs Ls

0
90 140 tg (µs)

Figura 9.16: Ls e Cs al variare di tg .

grandezze significative per il funzionamento del circuito quali:


• il valore dell’energia immagazzinata nella capacità;

• la durata complessiva dell’intervallo di commutazione;

• il valore della tensione Vc0 .


Con la modalità di commutazione descritta il valore iniziale Vc0 della tensione applicata
al condensatore di commutazione è praticamente indipendente dal carico ma, in ogni caso,
dipende fortemente dalle perdite insite nel circuito ed è, quindi, difficilmente determinabile.
Per evitare tale dipendenza, si può ricorrere a due circuiti, derivati da quello base mediante
opportune modifiche.
La prima modifica, riportata nella fig. 9.17, consiste nell’inserzione di due Diodi, D10 e D20 ,
e di una resistenza, R0 , in modo da riportare, dopo l’apertura del Tiristore ausiliario, la tensione
vc ad un valore pari a +Ea o a −Ea . Con la modifica descritta, quindi, il valore iniziale Vc0
della tensione vc non dipende né dalle perdite né dalla corrente di carico; pertanto la scelta
della durata tg dell’intervallo di tempo intercorrente tra la chiusura di un Tiristore ausiliario e
la successiva chiusura dell’altro Tiristore principale può essere effettuata impiegando un criterio
diverso da quello precedente.

D’1 RCa1 RCp1 D1


+
vc
R’ Ls ic
Ea
Cs iu
D’2 RCa2 RCp2 D2 vu

Figura 9.17: Modifica con Diodi di circolazione.

Se si esamina la dipendenza da tg della durata complessiva dell’intervallo di commutazione,


si può constatare che quest’ultima aumenta al crescere di tg ; per contro l’energia dissipata
184 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

durante la commutazione aumenta al diminuire di tg . Un possibile criterio è pertanto quello


di scegliere tg in modo tale che, quando la corrente di carico assume il suo valore massimo,
l’accensione del Tiristore principale avvenga nello stesso istante in cui il valore assoluto di vc
diventa pari ad Ea . Con tale scelta, la durata dell’intervallo di commutazione risulta sufficien-
temente contenuta mentre il valore massimo dell’energia dissipata (corrispondente al massimo
valore della corrente di carico) risulta identico a quello che si otterrebbe con un valore di tg più
grande.
Nella fig. 9.18 sono riportati due andamenti della corrente ic , in corrispondenza a due
diversi valori della corrente di carico. La fig. 9.18(a) si riferisce ad un valore della corrente di
carico pari a quello massimo; in tale situazione, nell’istante t = t3 = t0 + tg , la tensione vc è
pari a −Ea , ne consegue che per t = t3 la derivata di ic è nulla. La fig. 9.18(b) si riferisce,
invece, ad un valore più piccolo della corrente di carico; in tale situazione, nell’istante t = t3 la
tensione vc è, in valore assoluto, minore di Ea e, pertanto, alla chiusura di T Cp2 la derivata di
ic è positiva.

ic

I0

t0 t1 t2 t0+tg t

(a) Iu = Iu max

ic

I0

t0 t1 t2 t0+tg t

(b) Iu < Iu max

Figura 9.18: Andamenti della corrente di commutazione.

Un secondo circuito che, con una opportuna modalità di commutazione, permette di otte-
nere andamenti della tensione e della corrente di commutazione praticamente indipendenti dalle
perdite e dalla corrente di carico è quello riportato nella fig. 9.19. In tale circuito i due rad-
drizzatori ausiliari sono collegati in antiparallelo. Pertanto, a differenza dal circuito precedente,
l’accensione di un Tiristore ausiliario non provoca un rapido incremento della tensione applicata
all’altro Tiristore ausiliario; non è, quindi, necessario che il Tiristore ausiliario che stava con-
ducendo abbia acquistato la proprietà di blocco diretto prima di poter procedere all’accensione
dell’altro Tiristore ausiliario.
9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 185

Cs/2
RCp1 D1
+ RCa1
Ls
Ea
iu

vc RCa2 RCp2 D2 vu
Cs/2

Figura 9.19: Modifica con Tiristori ausiliari in antiparallelo.

L’analisi del comportamento del circuito sarà effettuato impiegando le ipotesi semplificative
e le convenzioni utilizzate per il circuito base. Se, nell’istante in cui viene acceso RCa1 , la
tensione Vc0 = vc (t0 ) è maggiore di Ea , durante la prima fase dello spegnimento la tensione vc
e la corrente ic assumono gli andamenti:

ic (t) = Icp sin [ω (t − t0 )]


(9.9)
vc (t) = Ea + (Vc0 − Ea ) cos [ω (t − t0 )] ,

in cui:
r
Cs 1
Icp = (Vc0 − Ea ) ω=√ .
Ls Ls Cs

Se il valore di picco Icp della corrente ic è maggiore della corrente Iu assorbita dal carico,
nell’istante t = t1 , essendo:
r !
p Iu Ls
t1 = t0 + Ls Cs arcsin ,
Vc0 − Ea Cs

la corrente ic diventa uguale ad I0 ; in tale istante, pertanto, la corrente ip1 , che attraversa RCp1 ,
si annulla ed inizia a condurre il Diodo D1 ; quest’ultimo continua a condurre fino all’istante
t = t2 , con:
" r !#
Iu Ls p
t2 = t0 + π − arcsin Ls Cs ,
Vc0 − Ea Cs

in cui la corrente ic diventa nuovamente pari ad Iu .

Per garantire lo spegnimento di RCp1 in qualsiasi condizione operativa, è necessario che la


186 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

durata tr :
" r !#
Iu Ls p
tr = t2 − t1 = π − 2 arcsin Ls Cs =
Vc0 − Ea Cs
r !
p Iu Ls
= 2 Ls Cs arccos
Vc0 − Ea Cs

dell’intervallo dei tempo durante il quale il Diodo conduce sia, per qualsiasi valore della corrente
di carico, maggiore del tempo di spegnimento quasi statico di RCp1 .

Quando la corrente di carico risulta pari al suo valore massimo Iu max , t2 e tr assumono il
loro valori minimi t2 min e tr min :
" r !#
Iu max Ls p
t2 min = t0 + π − arcsin Ls Cs
Vc0 − Ea Cs
r !
p Iu max Ls
tr min = 2 Ls Cs arccos .
Vc0 − Ea Cs

Se la durata tg dell’intervallo di tempo intercorrente tra l’accensione di RCa1 e quella di


RCp2 viene scelta pari a:
" r !#
Iu max Ls p
tg = t2 min − t0 = π − arcsin Ls Cs , (9.10)
Vc0 − Ea Cs

in qualsiasi situazione operativa, nell’istante t = t2 min = t0 + tg , in cui RCp2 viene acceso,


RCp1 ha acquistato la proprietà di blocco. In tale istante la tensione vc risulta pari a:

vc (t2 min ) = Vc2 = Ea + (Vc0 − Ea ) cos (ωtg ) =


r (9.11)
Ls
= Ea − (Vc0 − Ea )2 − Iu2 max .
Cs

Per t > t2 min , la parte di circuito interessata alla conduzione è allora quella riportata nella
fig. 9.20, con le condizioni iniziali:

ic (t2 min ) = Iu max vc (t2 min ) = Vc2 . (9.12)

La corrente ic assume quindi l’andamento:

ic (t) = B sin [ω (t − t2 min ) + ϕ2 ] , (9.13)


9.1. Inverter realizzati con interruttori statici 187

Cs /2
ic RCa1 Ls iu
Ea
vc RCp2 D2
Cs /2

Figura 9.20: Parte di circuito interessata alla conduzione per t > t2 min.

essendo:
r !  
Iu max Ls Iu max
ϕ2 = arctan = arctan  q q 
Vc2 Cs Ea Cs
− Cs 2
(Vc0 − Ea ) − Iu2 max
Ls Ls
r
2 Cs
B= Iu2 max + Vc2 .
Ls

Quando, infine, t risulta pari a t3 , con:


p
t3 = t2 min + (π − ϕ2 ) Ls Cs , (9.14)

la corrente ic si annulla ed RCa1 si apre. In tale istante tutta la corrente assorbita dal carico
circola nel Diodo D2 , il quale continua a condurre fino a quando la corrente di carico non
cambia di segno.
Nell’istante t = t3 , la tensione ai capi del condensatore assume il valore:
r
2 + Ls 2
vc (t3 ) = Vc3 = − Vc2 I (9.15)
Cs u max

e rimane a tale valore fino all’istante t4 , in cui si procede all’accensione di RCa2 per spegnere
RCp2 .
Per t > t4 la corrente ic assume l’andamento:
r
Cs
ic (t) = Vc3 sin [ω (t − t4 )] , (9.16)
Ls

e, affinché abbia, a parte il segno, lo stesso andamento di quello fornito dalla prima delle
equazioni (9.9), è necessario che Vc3 assuma il seguente valore:

Vc3 = Ea − Vc0 . (9.17)


188 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Sostituendo nella eq. (9.15) il valore di Vc2 fornito dalla eq. (9.11) ed imponendo la
condizione (9.17) si ottiene infine:
s
Ea2 Ls 2
Vc0 = Ea + + I
4 Cs u max
Ea
Vc2 =
2s
(9.18)
Ea2 Ls 2
Vc3 = − + I
4 Cs u max
s r
E 2 Cs Cs
B= Iu2 max + a = (Vc0 − Ea ) .
4 Ls Ls

Nella fig. 9.21 sono riportati gli andamenti della corrente ic e della tensione vc durante
una commutazione; come messo in evidenza, tali andamenti non dipendono dall’entità della
corrente assorbita dal carico ed, inoltre, risultano influenzati in maniera molto modesta dalle
perdite presenti nel circuito.

ic

I0

t0 t1 t0+tg t
vc
Vc 0

Ea /2
t

-Vc 0 +Ea

Figura 9.21: Andamenti di ic e vc durante una commutazione.

Per quanto concerne la scelta dei valori di Cs ed Ls (e quindi della durata dell’intervallo
tg ), si può osservare che, come per il circuito base, anche per questo circuito l’andamento
dell’energia dissipata in funzione di tg presenta un minimo molto piatto; pertanto la scelta
9.2. Inverter a tiristori senza interruttori statici 189

del valore più opportuno di tg deve essere effettuata prendendo in considerazione anche altre
grandezze, quali la durata complessiva dell’intervallo di commutazione, il valore di Vc0 e l’energia
immagazzinata dalla capacità. In generale, un buon compromesso si ottiene scegliendo un valore
di tg leggermente inferiore ad una volta e mezzo il valore del tempo di spegnimento quasi statico
dei Tiristori principali.
Scegliendo tg = 1.5ts ed imponendo che, in corrispondenza alla massima corrente di carico,
tr sia uguale a ts , si ricavano i seguenti valori di Cs , Ls e Vc0 :

4ts Iu max
Cs =
πEa
ts
Ls = (9.19)
πIu max
√ !
2
Vc0 = Ea 1+
2

e la durata complessiva dell’intervallo di commutazione risulta pari a 3ts .

9.2 Inverter a tiristori senza interruttori statici


Come già accennato, è possibile realizzare un inverter a Tiristori senza ricorrere all’impiego di
interruttori statici. Le principali strutture impiegate per questo scopo sono:

• inverter parallelo;

• inverter serie;

• inverter a spegnimento complementare.

9.2.1 Inverter parallelo.


Il termine inverter parallelo (Parallel Capacitor-Commutated Inverter ) viene usato per indicare
un inverter in cui lo spegnimento dei Tiristori viene effettuato con l’ausilio di un condensa-
tore posto in parallelo al carico. L’inverter parallelo viene principalmente impiegato con una
alimentazione a corrente costante, ottenuta mediante un convertitore controllato in corren-
te. Pertanto, la trattazione di tale tipo di inverter sarà effettuata prendendo inizialmente in
considerazione il caso di alimentazione a corrente costante e, solo successivamente, quello di
alimentazione a tensione costante.
Nella fig. 9.22 è riportato il circuito base di un inverter parallelo alimentato a corrente
costante e realizzato mediante una struttura a ponte. L’analisi del suo comportamento sarà
effettuata prendendo in considerazione solo il caso in cui il carico sia costituito da una resistenza
pura R. L’analisi in altre condizioni di carico sarà, invece, effettuata per la sola struttura trifase.
Supposto che nell’istante t = t0 siano chiusi i Tiristori RC1 e RC4 e che la tensione vc ,
applicata al condensatore ed al carico, sia, con le convenzioni di segno riportate nella fig. 9.22,
190 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Ia

C RC 3
RC 1

RC 2 vu=vc RC 4

Figura 9.22: Circuito base dell’inverter parallelo alimentato in corrente.

positiva e pari a Vc0 , se in tale istante si procede alla chiusura di RC2 e RC3 , i due Tiristori
che stavano conducendo si trovano contropolarizzati e si spengono con spegnimento forzato.
Trascurando la caduta di tensione che si verifica sul condensatore a causa della conduzione
inversa di RC1 e RC4 , la parte di circuito interessata alla conduzione fino all’istante t1 =
t0 + T /2, in cui si procede alla nuova accensione di RC1 e RC4 , risulta quella riportata nella
fig. 9.23, con la condizione iniziale vc (t0 ) = Vc0 .

Ia

C RC 3

RC 2 vu=vc

Figura 9.23: Parte di circuito interessata alla conduzione.

Pertanto, nell’intervallo di tempo (t0 , t1 ), la tensione vc , applicata al condensatore, al carico


e ai Tiristori che si trovano interdetti, assume il seguente andamento:
 t−t0

vc (t) = Vc0 − (RIa + Vc0 ) 1 − e− τ , (9.20)

in cui Ia rappresenta l’intensità della corrente di alimentazione e la costante di tempo τ è pari


9.2. Inverter a tiristori senza interruttori statici 191

al prodotto RC.

Nell’istante t = t1 , in cui vengono accesi i due Tiristori RC1 e RC4 , la tensione vc è, quindi,
pari a:
 T

vc (t1 ) = Vc1 = Vc0 − (RIa + Vc0 ) 1 − e− 2τ (9.21)

e, come si vedrà in seguito, risulta negativa. L’accensione di RC1 e RC4 provoca, quindi, lo
spegnimento forzato di RC2 e RC3 e, nel successivo intervallo di tempo, il funzionamento del
circuito risulta analogo a quello descritto.

Se le coppie di Tiristori vengono accese, ogni T /2, con un periodo di ripetizione pari a T ,
la tensione applicata al carico risulta di tipo alternativo; pertanto, nel funzionamento a regime
permanente, deve risultare:

Vc1 = −Vc0 . (9.22)

Imponendo tale eguaglianza si ottiene:

1−ε
Vc0 = RIa , (9.23)
1+ε

essendo:

T
ε = e− 2RC . (9.24)

Se il periodo di ripetizione T è molto maggiore di 2RC, l’esponenziale ε è molto più piccolo


dell’unità; in tale situazione, quindi, Vc0 risulta praticamente uguale ad RIa . In caso contrario
il valore di Vc0 diminuisce al diminuire di T . Nelle figure 9.24(a) e 9.24(b) sono riportati gli
andamenti delle tensioni applicate al carico e al Tiristore RC1 , quando T = 8RC.

Come illustrato nella fig. 9.25, l’alimentazione con una corrente pressoché costante può,
anche, essere ottenuta, se si dispone di una sorgente a tensione costante, inserendo, in serie alla
alimentazione, una induttanza Ls , di valore tale da rendere praticamente trascurabile l’ondula-
zione della corrente assorbita. In questo caso, però, l’intensità della corrente di alimentazione
non è definita a priori, ma dipende sia dall’ampiezza Ea della tensione di alimentazione sia dalle
condizioni operative dell’inverter.

Per determinare il valore di Ia , si può considerare che l’andamento della tensione vl , ap-
plicata all’induttanza, si ripete ad ogni semiperiodo. Pertanto, affinché il valore medio della
corrente Ia si mantenga costante nei vari semiperiodi, l’integrale di vl , esteso tra t0 e t1 , deve
risultare nullo, cioè:
Z t1 Z t1
vl (t)dt = [Ea + vc (t)] dt = 0. (9.25)
t0 t0
192 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

vu
RIa
T/2
T t
-RIa
(a) tensione di uscita

vR C 1
RIa
T
T/2 t
-RIa

(b) tensione applicata ad un Tiristore

Figura 9.24: Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiristore.

Ls Ia

C RC3
RC1

R
Ea
RC2 vu=vc RC4

Figura 9.25: Inverter parallelo con sorgente a tensione impressa.

Sostituendo a vc l’espressione (9.20), si ottiene la seguente equazione:

T
RC (RIa + Vc0 ) (1 − ε) = (RIa − Ea ) ,
2

dalla quale si ricava:

Ea
R + 2CV
T
c0
(1 − ε)
Ia = 2τ . (9.26)
1 − T (1 − ε)
9.2. Inverter a tiristori senza interruttori statici 193

Considerando, infine, il legame tra Vc0 ed Ia , fornito dalla (9.23), si ottiene:

Ea (1 − ε)
Vc0 =
1 + ε − 4τ
T (1 − ε)
Ea (9.27)
Ia =  .
(1−ε)
R 1 − 4τT (1+ε)

Nella fig. 9.26 è riportato l’andamento della tensione applicata al carico per vari valori
del rapporto T /τ . Dalla figura si rileva che tale andamento risulta fortemente influenzato dal
rapporto T /τ , e, quindi, dal valore del carico. Questa dipendenza diventa ancora più accentuata
quando il carico presenta, oltre alla resistenza R, anche una induttanza.

vu τ = T/12 τ = T/6

Ea
τ = T/24
T
T/2 t

-Ea

Figura 9.26: Andamenti della tensione fornita dall’inverter.

Per ovviare a tale inconveniente si può, come riportato nella fig. 9.27, ricorrere all’inserzione
di due Diodi, D1 e D2 , tra i terminali del carico e la sorgente di alimentazione. La presenza
dei Diodi D1 e D2 impedisce che il condensatore possa caricarsi ad una tensione maggiore di
quella di alimentazione e, pertanto, limita la tensione applicata al carico tra +Ea e −Ea .
Quando si impiega la modifica descritta, vengono in genere utilizzati, a parità di potenza
erogata al carico, valori di Ls e C molto minori di quelli del circuito precedente e la forma
d’onda della tensione applicata al carico risulta pressoché rettangolare e largamente indipendente
dall’entità e dalla natura del carico stesso. Per contro, l’intensità della corrente che circola nei
Diodi risulta alquanto elevata, specialmente quando la resistenza di carico è molto grande.
Nelle applicazioni che, per adattare il livello della tensione e/o per realizzare un isolamento
galvanico, prevedono una alimentazione del carico mediante un trasformatore, si preferisce, in
genere, impiegare, invece di una struttura a ponte, una struttura a push-pull con trasformatore
a presa centrale. Tale struttura, infatti, permette di dimezzare il numero di Tiristori impiegati;
per contro essa comporta un incremento sia del dimensionamento del trasformatore sia dei
problemi connessi alla dissimmetria della forma d’onda. Nella fig. 9.28 è riportato il circuito
base di tale tipo di inverter nel caso di alimentazione a corrente costante. Per quanto concerne
194 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Ls
D1 D2
Ea C RC3
RC1

RC2 vu=vc RC4

Figura 9.27: Inverter parallelo con Diodi di circolazione.

il suo comportamento, si può osservare che questo risulta analogo a quello già illustrato con le
seguenti differenze:
2
• il valore della costante di tempo τ è pari a 4RC nn21 ;
2

• le tensioni applicate ai Tiristori e al condensatore sono pari al doppio di quelle precedenti;

• la tensione di uscita è pari a quella precedente moltiplicata per il rapporto n2 /n1 .

vu
iu

n2

Ia n1 n1
vc

C
RC 1 vRC vRC RC 2
1 2

Figura 9.28: Struttura a push-pull.


9.2. Inverter a tiristori senza interruttori statici 195

La fig. 9.29, infine, riporta lo schema base della versione a push-pull dell’inverter parallelo
con alimentazione a tensione costante e Diodi di circolazione.

vu
iu

n2

n1 n1

C
RC 1 RC 2

Ea

D1 Ls D2

Figura 9.29: Struttura a push-pull con Diodi di circolazione.

9.2.2 Inverter serie


Il termine inverter serie (Series Capacitor-Commutated Inverter ) viene usato per indicare un
inverter in cui lo spegnimento dei Tiristori viene effettuato con l’ausilio di un condensatore
posto in serie al carico.
Come mostrato nella fig. 9.30, il circuito base dell’inverter serie è composto da due Tiristori
e da un circuito LC posto in serie al carico. Il suo funzionamento sarà descritto prendendo in
considerazione un carico costituito da una resistenza pura R; qualora il carico presenti anche
una componente induttiva questa può, infatti, essere conglobata nell’induttanza L.
Supposto che nell’istante t = t0 il condensatore sia carico alla tensione Vc0 e che la corrente
nel carico sia nulla, se, in tale istante, si accende il Tiristore RC1 il circuito LCR viene chiuso
su una tensione pari ad Ea . Pertanto, se la resistenza del carico è minore della resistenza critica:
r
L
R < Rc = 2 ,
C

la corrente assorbita dal carico assume l’andamento:

iu (t) = A1 e−α(t−t0 ) sin [ω (t − t0 )] , (9.28)


196 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

RC1
iu L
Ea
C vc
RC2
vu

Figura 9.30: Schema di principio dell’inverter serie.

essendo:

R 4LC − R2 C 2
α= ω= .
2L 2LC

Imponendo quindi le condizioni iniziali:

vc (t0 ) = Vc0 iu (t0 ) = 0,

si ricava il seguente valore di A1 :

Ea − Vc0
A1 = . (9.29)
ωL

Nell’istante t = t1 , con:

π LC
t1 = t0 + = t0 + 2π √ , (9.30)
ω 4LC − R2 C 2

la corrente iu si annulla e il Tiristore RC1 si spegne.

La corrente iu rimane nulla fino a quando si procede all’accensione di RC2 ; durante questo
intervallo di tempo la tensione applicata al condensatore risulta pari a:

απ
vc (t1 ) = Vc1 = Ea + (Ea − Vc0 ) e− ω . (9.31)

Se nell’istante t = t2 (con t2 > t1 ) si accende RC2 , la corrente iu assume, per t > t2 ,


9.2. Inverter a tiristori senza interruttori statici 197

l’andamento espresso dalla eq. (9.32):

iu (t) = A2 e−α(t−t2 ) sin [ω (t − t2 )] , (9.32)

in cui ω conserva il valore già definito ed A2 può essere calcolato in base alle nuove condizioni
iniziali:

vc (t2 ) = Vc1 iu (t2 ) = 0,

ottenendo:

Vc1
A2 = − . (9.33)
ωL

Nell’istante t = t3 , con:

π
t3 = t2 + , (9.34)
ω

la corrente iu si annulla nuovamente; in tale istante la tensione applicata al condensatore risulta


pari a:

απ
vc (t3 ) = Vc3 = −Vc1 e− ω (9.35)

e RC2 si spegne.

Se i due Tiristori vengono accesi alternativamente ad intervalli di tempo pari a T /2 (con


T > 2π/ω), a regime le tensioni Vc0 e Vc3 devono risultare uguali tra loro. Dalle espressioni di
Vc1 in funzione di Vc0 (eq. (9.31)) e da quella di Vc3 in funzione di Vc1 (eq. (9.35)) si ottiene
quindi:

εEa Ea
Vc0 = − Vc1 = , (9.36)
(1 − ε) (1 − ε)

essendo:

απ
ε = e− ω .

Dalle espressioni (9.29) e (9.33) si ricavano infine i seguenti valori di A1 e A2 :

Ea
A1 = A2 = −A1 . (9.37)
(1 − ε) ωL

La corrente iu fornita al carico assume, pertanto, l’andamento illustrato nella fig. 9.31, in
cui le due alternanze, positiva e negativa, presentano lo stesso andamento.
198 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

iu

T/2 T/2 + π /ω
π/ω T t

Figura 9.31: Andamento della corrente fornita dall’inverter serie.

Quando la resistenza del carico è molto più piccola del valore critico:
r
L
R2 , (9.38)
C

in ogni alternanza l’andamento della corrente risulta pressoché sinusoidale e, approssimando


l’esponenziale con il suo sviluppo in serie di Taylor, troncato alla derivata prima, si ha:

απ απ
ε = e− ω '1− . (9.39)
ω

L’ampiezza delle alternanze della corrente fornita al carico può, quindi, venire approssimata
come:

Ea 2Ea
A1 ' = . (9.40)
απL πR

Quando la condizione (9.38) è soddisfatta l’ampiezza A1 risulta inversamente proporzionale


al valore della resistenza del carico; ne segue che la forma d’onda della tensione applicata al
carico è praticamente indipendente dall’entità del carico stesso. Il suo valore efficace, infine, è
circa pari a:
r
2Ea π
Vu eff ' . (9.41)
π ωT

Indicato con k il rapporto tra π/ω e T /2:


k= ,
ωT

si ottiene quindi:
r
2Ea k
Vu eff ' . (9.42)
π 2
9.2. Inverter a tiristori senza interruttori statici 199

Il circuito base dell’inverter serie riportato nella fig. 9.30 può subire varie modifiche, atte a
migliorarne alcune caratteristiche; verranno in seguito illustrate solo quelle più significative.
Come mostrato nella fig. 9.32, una prima modifica consiste nel sostituire all’induttanza
L due induttanze, di eguale valore, mutuamente accoppiate tra loro. Il principale vantaggio
offerto da tale modifica consiste in una elevata riduzione del valore del di/dt che si presenta
in caso di accensione di un Tiristore mentre l’altro si trova in conduzione. Ciò rende possibile
l’intervento di una protezione passiva (fusibile o interruttore extra rapido).

RC1

Ea L

C
L

RC2
.

Figura 9.32: Modifica con induttanza a presa centrale.

Un ulteriore vantaggio della modifica illustrata, è connesso alla possibilità di ridurre la


durata del periodo T di funzionamento fino a valori leggermente più piccoli di 2π/ω; infatti se
un Tiristore viene acceso mentre l’altro si trova nella fase finale di conduzione, la presenza delle
due induttanze mutuamente accoppiate provoca l’insorgere di una controtensione, in grado di
spegnere il Tiristore che stava conducendo.
Una ulteriore modifica, usualmente apportata all’inverter serie, consiste, come mostrato
nella fig. 9.33, nel suddividere anche il condensatore C in due condensatori, di capacità pari a
C/2. Con tale modifica la corrente fluisce nella linea di alimentazione in c.c. ad ogni alternanza
della tensione di uscita (invece che ogni due alternanze come avveniva nei circuiti precedenti),
riducendo le armoniche di corrente assorbite dalla alimentazione.
Come si può rilevare dalle espressioni (9.36), i valori di Vc0 e Vc1 , e quindi anche il massimo
valore della tensione applicata ai Tiristori, sono fortemente influenzati dal valore della resistenza
di carico. Per ridurre tale dipendenza che, quando il carico è molto variabile, comporta un
rilevante sovradimensionamento in tensione dei Tiristori, si può ricorrere al circuito riportato
nella fig. 9.34 che, rispetto a quello precedente, prevede l’inserzione di due Diodi, posti in
parallelo ai condensatori. Tale inserzione comporta che il punto comune ai due condensatori
non possa, a meno delle cadute dirette dei Diodi stessi, portarsi ad un potenziale maggiore di
Ea o minore della massa. La tensione presente ai capi di ciascuno dei due condensatori risulta,
pertanto, compresa tra 0 e Ea ; ciò permette di limitare anche la tensione applicata a tutti i
componenti del circuito, indipendentemente dall’entità e dalla natura del carico.
200 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

RC1

Ea L C/2

L C/2

RC2
.

Figura 9.33: Inverter serie con struttura simmetrica.

RC1
D1
Ea L C/2

L C/2

RC2 D2

Figura 9.34: Inverter serie con con Diodi di circolazione.

A differenza di quelle precedenti, che avevano lasciato inalterato la modalità di funziona-


mento dell’inverter, la modifica in esame si ripercuote sul funzionamento del circuito ed, anche,
sulla modalità di commutazione. Infatti, a causa della presenza dei Diodi, il circuito oscillante
non è più in grado di spegnere il Tiristore in conduzione. Lo spegnimento di quest’ultimo avvie-
ne quindi o in maniera statica, se il periodo è molto maggiore di 2π/ω, o in maniera forzata, a
causa della f.e.m. indotta dalla mutua induzione tra le due induttanze, all’atto dell’accensione
dell’altro Tiristore. Nella fig. 9.35 è riportato un tipico andamento della corrente fornita al
carico dal circuito di fig. 9.34.
Nell’intervallo (t0 , t0 + tx ) la corrente iu ha un andamento analogo a quello del circuito
9.2. Inverter a tiristori senza interruttori statici 201

iu

t0 t0 +tx t0+T/2 t

Figura 9.35: Andamento della corrente di uscita.

base, mentre nell’intervallo (t0 + tx , t0 + T /2) l’andamento è di tipo esponenziale, con una
costante di tempo pari ad L/R.
Anche impiegando un inverter serie l’accoppiamento con il carico può essere effettuato
mediante un trasformatore. Come mostrato nel circuito base di fig. 9.36, in questo caso il
condensatore viene posto sul lato secondario del trasformatore mentre si utilizza, come indut-
tanza, quella di dispersione del trasformatore. Qualora quest’ultima non sia sufficiente occorre
aggiungere una ulteriore induttanza in serie al carico:

Ea RC1 RC2

Figura 9.36: Inverter serie con trasformatore a presa centrale.

9.2.3 Inverter a spegnimento complementare


Il termine inverter a spegnimento complementare (Complementary Impulse-Commutated In-
verter ) viene impiegato per indicare un inverter in cui lo spegnimento di un Tiristore viene
provocato dall’accensione dell’altro Tiristore dello stesso ramo.
Il circuito fondamentale dell’inverter a spegnimento complementare, nella versione a se-
miponte, è riportato nella fig. 9.37 e può considerarsi derivato da quello dell’inverter serie
illustrato nella fig. 9.34. La descrizione del suo funzionamento verrà effettuata nelle usuali
ipotesi che tutti gli elementi che costituiscono il circuito possano essere considerati ideali; si
supporrà, inoltre, che il coefficiente di accoppiamento tra le induttanze L1 ed L2 sia unitario e
che, nell’intervallo di tempo durante il quale si verifica la commutazione, la corrente che fluisce
nel carico possa essere ritenuta costante.
202 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Ea /2 RC1
vu D1
L1 ic C/2

iu L2 C/2
Ea /2 D2
RC2

Figura 9.37: Ramo di un inverter a spegnimento complementare.

Si consideri un istante iniziale, t = t0 , e si supponga che, in tale istante, sia in conduzione


il Tiristore RC1 e che la tensione e la corrente applicate al carico risultino rispettivamente pari
a:

Ea
vu (t0 ) = iu (t0 ) = Iu .
2

Se nell’istante t = t0 si accende RC2 , la tensione ai capi di L2 diventa pari ad Ea e, per


effetto trasformatorico, ai capi di RC1 viene applicata una controtensione, pari ad Ea , che ne
provoca lo spegnimento forzato.
Nelle ipotesi sopramenzionate, pertanto, la corrente che circola in RC1 si annulla istanta-
neamente, mentre, sempre per effetto trasformatorico, quella che interessa RC2 si porta, in
maniera istantanea, ad un valore pari ad Iu . Pertanto la corrente ic e la tensione vu assumono,
per t > t0 , i seguenti andamenti:

ic (t) = A sin [ω (t − t0 ) + ϕ]
r (9.43)
L Ea
vu (t) = A cos [ω (t − t0 ) + ϕ] − ,
C 2

essendo:

1
ω=√ .
LC

Imponendo le condizioni iniziali:

Ea
ic (t0 ) = 2Iu vu (t0 ) = ,
2
9.2. Inverter a tiristori senza interruttori statici 203

si ricava:
r r !
C 2Iu L
A= 4Iu2 + Ea2 ϕ = arctan .
L Ea C

La tensione v1 , applicata ai capi di RC1 , risulta pari a:

v1 (t) = −2vu (t), (9.44)

e rimane negativa per tutto l’intervallo di tempo (t0 , t0 + tr ) durante il quale la tensione vu
permane positiva.
Nell’istante t = t0 + tr si ha:
r
L Ea
vu (t0 + tr ) = A cos (ωtr + ϕ) − = 0, (9.45)
C 2

da cui si ricava:
   
1 √
tr = arccos  q  − ϕ LC. (9.46)
LIu2
2 1+ CEa2

Indicato Iu max il valore massimo della corrente assorbita dal carico, al variare della cor-
rente Iu tra 0 e Iu max la durata tr dell’intervallo di tempo, durante il quale RC1 rimane
contropolarizzato, varia tra i due valori estremi, tr1 e tr2 , essendo:

π√
tr1 = LC
3
   r !
1 2Iu max L √ (9.47)
tr2 = arccos  q  − arctan LC.
2 1 + LICE
2
u max Ea C
2
a

√
Nell’istante t = t1 = t0 + π2 − ϕ LC la tensione vu diventa pari a −Ea /2 mentre la
corrente i2 che circola nel Tiristore RC2 risulta pari a:

i2 (t1 ) = ic (t1 ) − Iu = A − Iu . (9.48)

In tale instante, il Diodo D2 inizia a condurre e l’energia E0 , immagazzinata nell’induttanza


L2 :
r !2
L L C
E0 = (A − Iu )2 = 4Iu2 + Ea2 − Iu , (9.49)
2 2 L

viene lentamente dissipata in RC2 , nel Diodo D2 e nelle resistenze parassite di L2 e dei
collegamenti.
È facile verificare che, al variare della corrente di carico, l’energia E0 ha un andamento
204 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

E0
½CEa2

I0

Figura 9.38: Dipendenza dell’energia immagazzinata dalla corrente di carico.

simile a quello riportato nella fig. 9.38. Un possibile criterio secondo cui effettuare la scelta dei
valori da assegnare ad L e a C consiste nell’imporre che il massimo valore dell’energia E0 , al
variare di Iu da 0 ad Iu max , risulti minimo. Sulla base dell’andamento di E0 riportato nella fig.
9.38, è intuitivo ricavare che tale condizione è soddisfatta quando i valori di E0 corrispondenti
alle due situazioni estreme risultano uguali tra loro. Quest’ultima condizione può essere espressa
mediante la seguente equazione:

L C
(A − Iu max )2 = Ea2 , (9.50)
2 2

che fornisce il seguente valore da assegnare al rapporto L/C:

L E2
=4 2 a . (9.51)
C Iu max

Assumendo tale valore del rapporto L/C, la durata minima dell’intervallo di tempo durante
il quale RC1 risulta contropolarizzato diventa:
  
4 √ √
tr2 = arccos (0.3) − arctan LC ' 0.338 LC. (9.52)
3

Indicato con ts il tempo di spegnimento dei due Tiristori, occorre allora scegliere L e C in
modo tale che:
√ ts
LC ≥ ' 2.96ts . (9.53)
0.338

Imponendo, infine, la condizione (9.51) sul rapporto tra L e C, si ricavano le seguenti due
condizioni:

3 2.96Iu max
C≥ ts
2 Ea
(9.54)
2 2.96Ea
L≥ ts .
3 Iu max

Il ramo dell’inverter a spegnimento complementare riportato nella fig. 9.37 può essere
utilizzato, oltre che in un inverter a semiponte, anche per realizzare un inverter a ponte, come
9.3. Inverter trifase 205

illustrato nella fig. 9.39.

RC 1 RC3
Ea /2

Ea /2

RC 2 RC4

Figura 9.39: Inverter a spegnimento complementare con struttura a ponte.

Il circuito base dell’inverter a spegnimento complementare può subire varie modifiche. Ad


esempio il circuito riportato nella fig. 9.40(a) permette di applicare al Tiristore da spegnere una
controtensione iniziale pari ad Ea anche se il coefficiente di accoppiamento tra le due induttanze
L1 e L2 non è unitario. Nel circuito riportato nella fig. 9.40(b), invece, lo spegnimento è
ottenuto, in maniera quasi statica.
Come già evidenziato, il principale inconveniente presente in tutti gli schemi di inverter
a spegnimento complementare è connesso alla necessità di dissipare quella parte dell’energia
immagazzinata nei condensatori che non viene utilizzata durante lo spegnimento. Tale energia
viene dissipata negli elementi del circuito; ciò comporta sia un incremento delle perdite sia la
presenza di un transitorio che, esaurendosi in un intervallo di tempo relativamente lungo rispetto
a quello necessario per lo spegnimento dei Tiristori, limita il numero delle commutazioni effet-
tuabili nell’unità di tempo. L’inconveniente può essere ridotto adottando un opportuno circuito
ausiliario che consenta il recupero di una parte dell’energia di spegnimento non utilizzata; il
dimensionamento del circuito di recupero risulta comunque alquanto complesso e fortemente
influenzato dalle condizioni operative dell’inverter.

9.3 Inverter trifase


In molte applicazioni, specialmente in quelle di media o alta potenza o negli aziona-
menti con motore in corrente alternata, vengono impiegati inverter in configurazione
trifase. Tali inverter devono fornire una terna di tensioni caratterizzate dalla stessa
forma d’onda e da uno sfasamento reciproco pari ad un terzo di periodo.
206 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Ea /2 L1
vu

C2
L2
C1
Ea /2

(a) spegnimento forzato

Ea /2
vu

Ea /2

(b) spegnimento quasi statico

Figura 9.40: Modifiche dell’inverter a spegnimento complementare.

9.3.1 Inverter trifase con interruttori statici


Come mostrato nella fig. 9.41, nel caso di inverter realizzati con interruttori statici
la configurazione trifase è normalmente ottenuta impiegando una struttura a ponte
composta da tre rami, del tutto identici a quelli utilizzati negli inverter monofase.
Anche per quanto concerne i circuiti di protezione non vi sono apprezzabili differenze
rispetto al caso monofase.
Nella fig. 9.42 sono riportati gli andamenti delle tre tensioni di fase (v1 , v2 , e v3 )
9.3. Inverter trifase 207

+E a

v1 v2 v3

vc vf 1 vf 2 v f3

Figura 9.41: Schema di principio dell’inverter trifase a tensione impressa.

e della tensione di centro stella vc :

v1 + v2 + v3
vc = ,
3

riferite alla massa dell’inverter, quando ogni ramo del ponte funziona ad onda quadra
e la sequenza ciclica è 1, 2, 3. Nella stessa figura sono anche riportati gli andamenti
delle tre tensioni concatenate (v12 , v23 e v31 ) e delle tre tensioni di fase (v1f , v2f e
v3f ), riferite al centro stella.
Come si può constatare, mentre le tensioni fornite dalle singole fasi dell’inverter
sono simmetriche rispetto ad Ea /2, le tensioni stellate e quelle concatenate sono,
invece, simmetriche rispetto allo zero. Eseguendo un’analisi armonica si può, inoltre,
rilevare che sia le tensioni stellate che quelle concatenate sono prive di armoniche di
ordine tre o multiplo di tre.

9.3.2 Inverter trifase a Tiristori


Quando l’inverter è realizzato con Tiristori, è possibile utilizzare, oltre alle strutture ad interrut-
tori statici, anche quelle tipiche dell’inverter parallelo e dell’inverter a spegnimento complemen-
tare; non viene, invece, impiegata una struttura a ponte con inverter serie. È inoltre possibile,
anche se attualmente abbastanza in disuso, impiegare strutture in cui il circuito di spegnimento
effettua lo spegnimento contemporaneo di più Tiristori principali (spegnimento multiplo).
Quando i rami del ponte sono realizzati impiegando un inverter a spegnimento comple-
mentare le forme d’onda di tensione fornite dall’inverter sono analoghe a quelle illustrate nel
208 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

v1
Ea

0 t
0 T
v2

t
v3

t
vc
2/3 E a
1/3 E a
t
v12
Ea

-E a
v23

v31

v1f
2/3 Ea
1/3 Ea
t

v 2f

v3 f

0 T t

Figura 9.42: Andamenti delle tensioni di fase e concatenate.

paragrafo precedente; diverso è invece il comportamento di un inverter trifase di tipo parallelo.


9.3. Inverter trifase 209

Inverter parallelo. Come nel caso monofase, l’inverter parallelo è raramente utilizzato con
una alimentazione a tensione impressa mentre il suo impiego tipico è quello con alimentazione
a corrente impressa; nel seguito, pertanto, si farà riferimento solo a tale tipo di alimentazione.
A differenza di quanto avviene per gli inverter a tensione impressa, che possono impiegare
differenti strutture, l’inverter parallelo viene realizzato esclusivamente con la struttura di potenza
illustrata nella fig. 9.43. In essa compaiono 6 Tiristori, che, seguendo l’ordine di accensione,
sono indicati come RC1 ÷ RC6 , 6 Diodi, D1 ÷ D6 , e 6 condensatori, C1 ÷ C6 .

Ia

RC1 vc1 RC3 v c3 RC5

C1 C5 C3

va D1 vc5 D3 D5
i1
i2
i3
D4 vc6 D6 v c2 D2

C6 C4 C2

RC4 v c4 RC6 RC2

Figura 9.43: Inverter parallelo in versione trifase.

Come si vedrà in seguito, in questo tipo di inverter lo spegnimento di un Tiristore viene


effettuato accendendo un altro Tiristore collegato allo stesso lato dell’alimentazione; in ogni
istante, pertanto, sono in conduzione due soli Tiristori: uno collegato alla linea positiva e
l’altro a quella negativa dell’alimentazione. Trascurando le deformazioni dovute ai transitori di
commutazione, le forme d’onda delle correnti di fase assumono, quindi, gli andamenti illustrati
nella fig. 9.44 e risultano simili a quelle delle tensioni concatenate ottenute con un inverter
trifase a tensione impressa. A differenza di quest’ultimo, però, l’inverter parallelo non consente,
tranne che nel funzionamento a frequenza molto bassa (dell’ordine di pochi Hz), di applicare
tecniche di modulazione.
L’analisi del comportamento dell’inverter trifase di tipo parallelo durante le commutazioni è
alquanto complessa e non può essere effettuata senza prendere in considerazione le caratteristi-
che del carico. Nel seguito verranno impiegate alcune ipotesi semplificative, che permettono di
effettuare un’analisi di prima approssimazione sufficientemente semplice. Tali ipotesi consisto-
210 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

i1
Ia

-Ia
i2
Ia

-Ia
i3
Ia

-Ia

Figura 9.44: Andamenti semplificati delle correnti di fase.

no, oltre che in quelle già utilizzate per la descrizione del comportamento dell’inverter parallelo
monofase e cioè idealizzazione del comportamento dei semiconduttori e approssimazione della
corrente di alimentazione con il suo valore medio, in una descrizione approssimata del compor-
tamento del carico e nel considerare, tra le possibili situazioni che si possono verificare durante
la commutazione, solo quella più semplice.
Per quanto concerne l’ipotesi sul carico, si supporrà che il suo comportamento possa essere
descritto, con sufficiente accuratezza, mediante un modello semplificato costituito da tre forze
elettromotrici sinusoidali di ampiezza Ec , connesse a stella e sfasate tra loro di un terzo di
periodo, con in serie una induttanza di valore pari a Lc . Per quanto concerne, invece, l’ipote-
si relativa al funzionamento del convertitore, si supporrà che le commutazioni non presentino
sovrapposizioni (cioè che una commutazione sia completamente terminata prima che inizia la
successiva) e che non intervengano conduzioni di altri diodi, oltre a quelli interessati alla com-
mutazione (condizione di commutazione semplice). Tali ipotesi possono non essere verificate se
il valore delle capacità di commutazione è troppo elevato; è comunque possibile determinare, in
dipendenza dal tipo di carico, un valore limite delle capacità al di sotto del quale la condizione
di commutazione semplice risulta sempre garantita.
Nelle ipotesi precedentemente menzionate, la commutazione della corrente da un ramo
all’altro dell’inverter avviene in tre passi successivi. Nel primo passo, che inizia con la chiusura
di un Tiristore, il Tiristore connesso allo stesso lato dell’alimentazione di quello appena acceso
viene interdetto, con spegnimento forzato, ma la corrente continua a fluire nel Diodo e nella
fase del carico che erano interessati alla conduzione prima dell’inizio della commutazione. Nel
secondo passo inizia a condurre anche il Diodo omonimo del Tiristore appena acceso e la
corrente circola in tutte e tre le fasi del carico. Nel terzo passo, infine, anche il Diodo omonimo
del Tiristore appena spento smette di condurre e la conduzione interessa nuovamente due sole
9.3. Inverter trifase 211

fasi del carico.


Per analizzare il fenomeno della commutazione si prenderà in considerazione la commuta-
zione da RC1 a RC3 . Avendo supposto che le commutazioni avvengano senza sovrapposizione,
la situazione di conduzione precedente all’istante t = t0 , in cui viene chiuso RC3 , risulta quella
illustrata nella fig. 9.45, nella quale sono stati anneriti i Tiristori e i Diodi che si trovano in
conduzione; in particolare stanno conducendo i Tiristori RC1 e RC2 , i Diodi D1 e D2 e la
corrente Ia scorre nelle fasi 1 e 3 del carico.

Ia

RC1 vc1 RC3 v c3 RC5

C1 C5 C3

va D1 vc5 D3 D5
i1
i2
i3
D4 vc6 D6 v c2 D2

C6 C4 C2

RC4 v c4 RC6 RC2

Figura 9.45: Circuito interessato alla conduzione prima dell’accensione di RC3 .

Per quanto concerne il carico, indicata con ϕ la fase della forza elettromotrice e2 nell’istante
t = t0 , le tre forze elettromotrici hanno il seguente andamento:
 

e1 (t) = Ec sin ω (t − t0 ) + ϕ +
3
e2 (t) = Ec sin [ω (t − t0 ) + ϕ] (9.55)
 

e3 (t) = Ec sin ω (t − t0 ) + ϕ − ,
3

in cui ω è pari a 2π/T , essendo T il periodo delle correnti fornite dall’inverter.


Nell’istante, t = t0 , in cui RC3 viene chiuso, ad RC1 viene applicata una controtensione
pari alla tensione vc1 (t0 ) presente ai terminali del condensatore C1 e, se, con la polarità indicata
nella fig. 9.44, quest’ultima risulta positiva, RC1 si spegne con spegnimento forzato.
La situazione di conduzione che si verifica per t > t0 risulta quindi quella illustrata nella
212 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

fig. 9.46, che evidenzia la conduzione dei Tiristori RC3 ed RC2 e dei i Diodi D1 e D2 . In
tale situazione il condensatore C1 è connesso in parallelo alla serie dei condensatori C3 e C5 ;
pertanto la corrente che attraversa C1 risulta pari a 2Ia /3 mentre quella che attraversa C3 e
C5 è pari a Ia /3.

Ia

RC1 vc1 RC3 v c3 RC5

C1 C5 C3

va D1 vc5 D3 D5
i1
i2
i3
D4 vc6 D6 v c2 D2

C6 C4 C2

RC4 v c4 RC6 RC2

Figura 9.46: Circuito interessato alla conduzione dopo l’accensione di RC3 .

Indicati con V0 e Vx i valori assunti dalle tensioni vc1 e vc3 nell’istante t = t0 , per t > t0 si
ha:

2Ia (t − t0 )
vc1 (t) = V0 −
3C
Ia (t − t0 )
vc3 (t) = Vx + (9.56)
3C
Ia (t − t0 )
vc5 (t) = − (vc1 (t) + vc3 (t)) = −V0 − Vx + .
3C

La situazione di conduzione illustrata nella fig. 9.46 rimane valida, se, come ipotizzato,
nessun altro Diodo, oltre a D1 , D2 e D3 , entra in conduzione, fino all’istante t = t2 , in
cui la tensione vd3 , applicata tra l’anodo ed il catodo del Diodo D3 , diventa positiva. Con
la schematizzazione del carico precedentemente descritta, la tensione vd3 assume il seguente
9.3. Inverter trifase 213

andamento:

vd3 (t) = e1 (t) − e2 (t) − vc1 (t) =


 

= Ec sin ω (t − t0 ) + ϕ + − Ec sin [ω (t − t0 ) + ϕ] +
3
2Ia (t − t0 ) (9.57)
− V0 + =
 3C 
√ 5π 2Ia (t − t0 )
= 3Ec sin ω (t − t0 ) + ϕ + − V0 + .
6 3C

Pertanto, per determinare la durata τ1 = t1 − t0 del primo intervallo di commutazione,


occorre risolvere la seguente equazione trascendente:
 
√ 5π 2Ia τ1
3Ec sin ωτ1 + ϕ + + = V0 . (9.58)
6 3C

L’eq. (9.58) può essere risolta in maniera approssimata, se la durata τ1 del primo intervallo
di commutazione risulta molto piccola rispetto al periodo della tensione di uscita in modo tale
da poter supporre che:

sin (ωτ1 ) ' ωτ1 cos (ωτ1 ) ' 1.

Con tale ipotesi, l’eq. (9.58) può venire semplificata nella seguente forma:
    
√ 5π 5π 2Ia τ1
3Ec ωτ1 cos ϕ + + sin ϕ + + ' V0 ,
6 6 3C

dalla quale si ricava:


√ 
V0 − 3Ec sin ϕ + 5π
τ1 ' √  6 2Ia . (9.59)
3ωEc cos ϕ + 5π
6 + 3C

L’espressione (9.59) può venire ulteriormente semplificata, nel caso in cui la durata τ1 sia
così piccola, rispetto al periodo, da rendere trascurabile il termine ωτ1 rispetto all’unità; in tale
situazione si ottiene:
√ √ 
2V0 + 3Ec 3 sin ϕ − cos ϕ
τ1 ' 3C . (9.60)
4Ia

Nell’istante t = t1 entra in conduzione il Diodo D3 ; per t > t1 , il circuito interessato alla


214 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

conduzione risulta, quindi, quello illustrato nella fig. 9.47 con le seguenti condizioni iniziali:

vc1 (t1 ) = e1 (t1 ) − e2 (t1 ) = V0 − 2∆V1


vc3 (t1 ) = Vx + ∆V1
vc5 (t1 ) = −V0 − Vx + ∆V1
(9.61)
i1 (t1 ) = Ia
i2 (t1 ) = 0
i3 (t1 ) = −Ia ,

essendo:

Ia τ1
∆V1 = .
3C

Ia

RC1 vc1 RC3 v c3 RC5

C1 C5 C3

va D1 vc5 D3 D5
i1
i2
i3
D4 vc6 D6 v c2 D2

C6 C4 C2

RC4 v c4 RC6 RC2

Figura 9.47: Circuito interessato alla conduzione per t > t1 .

Anche nel circuito illustrato nella fig. 9.47 il condensatore C1 è connesso in parallelo alla
serie dei condensatori C3 e C5 ; pertanto la corrente che attraversa C1 risulta pari a 2i1 /3
mentre quella che attraversa C3 e C5 è pari a i1 /3. Il comportamento del circuito può, quindi,
9.3. Inverter trifase 215

essere descritto mediante il seguente sistema di equazioni differenziali:

dvc1 (t) 2i1 (t)


=−
dt 3C (9.62)
di1 (t) vc1 (t) − e1 (t) + e2 (t)
= .
dt 2L

La soluzione analitica di tale di equazioni 9.62 risulta alquanto laboriosa; è comunque


possibile ricavare una soluzione approssimata se, come normalmente succede, la pulsazione di
risonanza del circuito:

1
ωn = √ , (9.63)
3LC

è molto maggiore di quella delle forze elettromotrici del carico.

In tale ipotesi, infatti, le derivate delle forze elettromotrici e1 ed e2 possono essere trascurate
rispetto a quella di vc1 ; pertanto la derivata seconda di i1 (t) può essere approssimata come:

d2 i1 (t) 1 dvc1 (t) i1 (t)


' =− . (9.64)
dt2 2L dt 3LC

Integrando l’eq. (9.64), si ricava la seguente espressione di i1 (t):

i1 (t) = A cos [ωn (t − t1 ) + ϕ1 ] . (9.65)

Imponendo le condizioni iniziali:

vc1 (t1 ) = e1 (t1 ) − e2 (t1 )


(9.66)
i1 (t1 ) = Ia ,

si ottiene:

A = Ia ϕ1 = 0

e, quindi:

i1 (t) = Ia cos [ωn (t − t1 )] . (9.67)

La situazione di conduzione rappresentata nella fig. 9.47 rimane valida fino all’istante t = t2
in cui la corrente i1 si annulla. Dall’espressione (9.67) di i1 , si ottiene che la durata τ2 del
secondo intervallo di commutazione risulta pari a:

π π 3LC
τ2 = t 2 − t 1 = = . (9.68)
2ωn 2
216 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Nell’istante t = t2 la commutazione è terminata, infatti si ha:

i1 (t2 ) = 0
(9.69)
i2 (t2 ) = Ia ,

e le tensioni applicate ai condensatori C1 , C3 e C5 sono pari a:

vc1 (t2 ) = vc1 (t1 ) − 2∆V2 = V0 − 2∆V1 − 2∆V2


vc3 (t2 ) = vc3 (t1 ) + ∆V2 = Vx + ∆V1 + ∆V2 (9.70)
vc5 (t2 ) = vc5 (t1 ) + ∆V2 = −V0 − Vx + ∆V1 + ∆V2 ,

in cui ∆V2 è pari all’integrale della corrente i1 (t), esteso tra t1 e t2 , diviso per 3C e può essere
approssimato come:
Z t2
1 Ia
∆V2 ' Ia cos [ωn (t − t1 )]dt = . (9.71)
3C t1 3Cωn

Terminata la commutazione, la situazione di conduzione è quella illustrata nella fig. 9.48,


in cui conducono i Tiristori RC2 e RC3 ed i Diodi D2 e D3 .

Ia

RC1 vc1 RC3 v c3 RC5

C1 C5 C3

va D1 vc5 D3 D5
i1
i2
i3
D4 vc6 D6 v c2 D2

C6 C4 C2

RC4 v c4 RC6 RC2

Figura 9.48: Circuito interessato alla conduzione alla fine della commutazione.

Durante questa terza fase e quelle corrispondenti alla successiva commutazione da RC2 a
RC4 , le tensioni applicate ai condensatori C1 , C3 e C5 rimangono costanti; pertanto, affinché
9.3. Inverter trifase 217

la commutazione da RC3 a RC5 avvenga in maniera analoga a quella illustrata, occorre che
siano soddisfatte le seguenti condizioni di periodicità:

vc1 (t2 ) = vc5 (t0 )


vc3 (t2 ) = vc1 (t0 ) (9.72)
vc5 (t2 ) = vc3 (t0 ).

Sostituendo nelle (9.72) i valori di vc1 (t2 ), vc3 (t2 ) e vc5 (t2 ) forniti dalle (9.70), si ottengono
le seguenti tre condizioni:

V0 − 2∆V1 − 2∆V2 = −V0 − Vx


Vx + ∆V1 + ∆V2 = V0 (9.73)
−V0 − Vx + ∆V1 + ∆V2 = Vx ,

dalle quali si ricava:

Vx = 0
√ (9.74)
τ1 + 3LC
V0 = ∆V1 + ∆V2 = Ia .
3C

Associando l’espressione di V0 , fornita dall’eq. (9.74), a quella di τ1 , fornita dall’eq. (9.59),


si ricava la seguente espressione approssimata di τ1 :
√ √ 
Ia 3LC − 3 3CEa sin ϕ + 5π
6
τ1 ' √  . (9.75)
3 3ωCEc cos ϕ + 5π
6 + Ia

Quando è valida l’ipotesi semplificativa adottata per ricavare all’espressione semplificata


(9.60), il valore di τ1 può essere ricavato impiegando la seguente espressione, ulteriormente
semplificata:
√ √ 
√ 3 3CEa 3 sin ϕ − cos ϕ
τ1 ' 3LC + . (9.76)
2Ia

In tale situazione il valore di V0 può essere approssimato come:


r √ √ 
L 3Ec 3 sin ϕ − cos ϕ
V0 ' 2Ia + . (9.77)
3C 2

La tensione V0 , che, come si vedrà in seguito, rappresenta anche il valore massimo della
tensione diretta ed inversa applicate ai Tiristori, aumenta al diminuire di C e risulta, in genere,
alquanto più elevata della forza elettromotrice del carico; valori di tensione ancora più elevati
vengono applicati ai Diodi. L’insorgere di valori così elevati di tensione sui componenti rap-
presenta il maggiore problema connesso all’impiego dell’inverter parallelo trifase; per contro la
durata tr dell’intervallo di tempo durante il quale i Tiristori risultano contropolarizzati, dopo
218 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

il loro spegnimento, è in generale alquanto elevata tanto che, molto spesso, negli inverter di
media potenza è possibile impiegare Tiristori lenti.
Per determinare il valore della tensione applicata ai semiconduttori di potenza che si trovano
interdetti durante l’intervallo di commutazione, è necessario effettuare una preventiva determi-
nazione delle tensioni vc2 , vc4 e vc6 , applicate ai tre condensatori C2 , C4 e C6 della sezione
inferiore del ponte, che, come già messo in evidenza, nel caso di commutazione semplice ri-
mangono costanti durante la commutazione della sezione superiore. A causa della simmetria
del circuito, affinché la commutazione da RC2 a RC4 avvenga in maniera analoga a quella
descritta, occorre che durante la commutazione da RC1 a RC3 le tensioni vc2 , vc4 e vc6 siano
legate a vc1 (t0 ), vc3 (t0 ) e vc5 (t0 ) dalle seguenti relazioni di simmetria:

vc4 = vc1 (t0 ) = V0


vc6 = vc3 (t0 ) = 0 (9.78)
vc2 = vc5 (t0 ) = −V0 .

Durante l’intervallo (t0 , t1 ) le tensioni applicate alle tre fasi del carico risultano uguali alle
tre forze elettromotrici e1 , e2 ed e3 mentre la tensione va , applicata ai morsetti di alimentazione
dell’inverter, risulta pari a:

va (t) = e1 (t) − e3 (t) − vc1 (t) =


√ 2Ia (t − t0 ) (9.79)
= 3Ec cos [ω (t − t0 ) + ϕ] − V0 + .
3C

Le tensioni applicate ai Tiristori ed ai Diodi che si trovano interdetti risultano quindi:

vd3 (t) = e1 (t) − e2 (t) − vc1 (t) =


 
√ 5π 2Ia (t − t0 )
= 3Ec cos ω (t − t0 ) + ϕ + − V0 +
6 3C
vd4 (t) = e1 (t) − e3 (t) − vc4 (t) =
√ h πi
= 3Ec cos ω (t − t0 ) + ϕ + − V0
2
vd5 (t) = e1 (t) − e3 (t) + vc5 (t) =
√ Ia (t − t0 )
= 3Ec cos [ω (t − t0 ) + ϕ] − V0 +
3C (9.80)
vd6 (t) = e2 (t) − e3 (t) + vc2 (t) =
√ h πi
= 3Ec cos ω (t − t0 ) + ϕ + − V0
6
2Ia (t − t0 )
vRC1 (t) = −vc1 (t) = −V0 +
3C
vRC4 (t) = vc4 (t) = V0
Ia (t − t0 )
vRC5 (t) = vc3 (t) =
3C
vRC6 (t) = −vc2 (t) = V0 .
9.3. Inverter trifase 219

Dalla espressione di vRC1 fornita delle (9.80) si ricava che, se, come normalmente avviene,
l’istante tx in cui la tensione vRC1 si annulla è minore di t1 , la durata tr dell’intervallo di tempo
durante il quale RC1 rimane contropolarizzato è pari a:

3CV0
tr = . (9.81)
2Ia

Per quanto concerne la condizione che i Diodi D4 , D5 e D6 non entrino in conduzione, si


può osservare che affinché tale condizione sia verificata per i Diodi D4 e D6 è sufficiente che
sia soddisfatta la disuguaglianza:

V0 > 3Ec . (9.82)

La tensione vd5 aumenta velocemente a causa del termine Ia t−t 3C ; affinché vd5 rimanga
0

negativa in tutto l’intervallo è quindi sufficiente che essa risulti negativa per t = t1 . In tale
istante si ha:
√ Ia τ1
vd5 (t1 ) = 3Ec cos (ωτ1 + ϕ) − V0 + ; (9.83)
3C

pertanto, il Diodo D5 non entra in conduzione se è verificata la condizione:

√ Ia τ1
V0 > 3Ec cos (ωτ1 + ϕ) + . (9.84)
3C

Durante l’intervallo (t1 , t2 ) la tensione applicata al condensatore C1 è pari a:


( r )
  L τ1
vc1 (t) = Ia 1 − 2 sin ωn (t − t1 ) − , (9.85)
3C 3C

mentre la tensione va ai morsetti dell’inverter è pari a:


r
L
va (t) = e2 (t) − e3 (t) + Ia sin [ωn (t − t1 )] =
3C
h r (9.86)
√ πi L
= 3Ec sin ω (t − t0 ) + ϕ + + Ia sin [ωn (t − t1 )] .
6 3C
220 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Le tensioni applicate ai Tiristori ed ai Diodi che si trovano interdetti risultano quindi:

vd4 (t) = va (t) + vc1 (t) − vc4 (t) =


√ h πi
= 3Ec sin ω (t − t0 ] + ϕ + +
r 6
L
− 2V0 + Ia {2 − sin [ωn (t − t1 )]}
3C
r
L
vd5 (t) = e1 (t) − e3 (t) + vc5 (t) − Ia sin [ωn (t − t1 )] =
3C
√ Ia τ1
= 3Ec cos [ω (t − t0 ) + ϕ] − V0 +
3C
vd6 (t) = va (t) + vc2 (t) = (9.87)
h r
√ πi L
= 3Ec sin ω (t − t0 ) + ϕ + − V0 + Ia sin [ωn (t − t1 )]
( 6 3C )
r
τ1   L
vRC1 (t) = −vc1 (t) = Ia − 1 − 2 sin ωn (t − t1 )
3C 3C
vRC4 (t) = vc4 (t) = V0
r
L
vRC5 (t) = vc3 (t) = V0 − Ia {1 − sin [ωn (t − t1 )]}
3C
vRC6 (t) = −vc2 (t) = V0 .

Dalle eq. (9.87) si ricava che, quando la condizione (9.82) è rispettata, il Diodo D4 rimane
certamente interdetto; affinché anche i Diodi D5 e D6 rimangano interdetti occorre, invece
che siano soddisfatte, per ogni valore di t compreso nell’intervallo (t1 , t1 + τ2 ), le seguenti due
condizioni:
√ I a τ1
V0 > 3Ec cos [ω (t − t0 ) + ϕ] +
3C r
h (9.88)
√ πi L
V0 > 3Ec sin ω (t − t0 ) + ϕ + + Ia sin [ωn (t − t1 )] .
6 3C

Considerando che, come si ricava dall’espressione approssimata (9.76), τ1 risulta certamente



maggiore di 3LC, le condizioni sul valore di V0 , espresse dalle disequazioni (9.82), (9.84) e
(9.88) sono certamente soddisfatte se è soddisfatta la condizione:

√ Ia τ1
V0 > 3Ec + . (9.89)
3C

Sostituendo quindi nella disequazione (9.89) il valore di V0 fornito dalla (9.74), è possibile
ricavare la seguente condizione sul valore della capacità che assicura la non accensione dei Diodi
D4 , D5 e D6 :

LIa2
C< . (9.90)
9Ec2
9.3. Inverter trifase 221

Affinché non si abbia sovrapposizione è infine necessario che la somma delle durate τ1 e τ2
sia minore di T /6.
Nella fig. 9.49 sono riportati due tipici andamenti delle tensioni applicate ai Tiristori ed ai
Diodi durante un periodo di funzionamento. Come si può rilevare la massima tensione diretta
ed inversa applicata ai Tiristori è pari a V0 mentre la massima tensione inversa applicata ai
Diodi è circa pari a 2V0 .

vRC1
V0

t0 t 0+T
t2 t0+T/3 t 0+2T/3 t

-V0

vD1
t 0+T
t0 t

Figura 9.49: Andamenti delle tensioni applicate ad un Tiristore e ad un Diodo


durante un periodo.

Si può infine osservare che le condizioni di non sovrapposizione e di non conduzione dei Dio-
di D4 , D5 e D6 permettono di effettuare un’analisi semplificata del comportamento del circuito
durante la commutazione, ma non risultano essenziali per garantire un buon funzionamento del-
l’inverter. In molti casi, infatti, per ridurre il dimensionamento in tensione dei semiconduttori di
potenza risulta conveniente non rispettare queste limitazioni; in tal caso, però, per assicurare un
corretto funzionamento dell’inverter è necessario procedere ad una analisi approfondita del suo
comportamento, che risulta difficilmente effettuabile senza l’ausilio di un opportuno programma
di simulazione.

Inverter con spegnimento multiplo. Lo spegnimento multiplo di gruppi di Tiristori


trova attualmente rare applicazioni. Tale tipo di spegnimento viene ottenuto applicando una
opportuna controtensione contemporaneamente a tutti i Tiristori principali connessi con una
delle due linee di alimentazione. Una volta definita la forma d’onda della tensione da fornire al
carico occorre scegliere in maniera opportuna la sequenza delle accensioni e degli spegnimenti
222 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

dei Tiristori dell’inverter in modo tale da rendere minimo il numero degli interventi del circuito
di spegnimento.
A titolo di esempio, nella fig. 9.50 è illustrato lo schema di principio di un ramo di un
inverter a ponte con spegnimento multiplo e del circuito che effettua lo spegnimento dei Ti-
ristori principali. Il circuito di spegnimento è sostanzialmente analogo a quello impiegato per
lo spegnimento forzato di un interruttore statico; nel caso in esame, però, esso deve essere
dimensionato in modo da poter effettuare lo spegnimento di tutti i Tiristori collegati alla stessa
linea di alimentazione. Le due induttanze LS1 e LS2 hanno lo scopo sia di limitare a valori
accettabili il di/dt applicato ai Tiristori sia di consentire che la controtensione possa essere
applicata per un tempo sufficiente allo spegnimento. Per evitare l’insorgere di sovratensioni
dovute a tali induttanze è, inoltre, necessario inserire, in parallelo a ciascuna di esse, un Diodo
(DS1 e DS2 ) posto in modo tale da garantire che le correnti assorbite dai Tiristori principali
transitino attraverso le induttanze stesse.

DS 1

LS 1

LS 2

DS 2

Figura 9.50: Inverter trifase con spegnimento multiplo.

Come per l’inverter a spegnimento complementare, il principale svantaggio di questo tipo


di inverter è connesso allo smaltimento dell’energia immagazzinata nel condensatore di spegni-
mento e non utilizzata durante la fase di spegnimento dei Tiristori; anche in questo circuito,
infatti, tale energia viene dissipata nei componenti del circuito con un transitorio che si esaurisce
in un intervallo di tempo molto lungo rispetto a quello necessario per lo spegnimento dei Tiri-
stori. Per ridurre la durata di tale transitorio e migliorare il rendimento complessivo del circuito
sono stati proposti alcuni circuiti ausiliari atti a consentire il recupero in linea dell’energia di
spegnimento non utilizzata durante la commutazione.
9.4. Riduzione del contenuto armonico della tensione di uscita 223

9.4 Riduzione del contenuto armonico della tensio-


ne di uscita
Come visto nei paragrafi precedenti, i vari tipi di inverter, ad eccezione dell’inverter
serie e di quello parallelo, forniscono una tensione di uscita che, in prima approssi-
mazione, è di tipo rettangolare. Tale forma d’onda presenta solo armoniche di ordine
dispari ed inoltre, con l’origine dei tempi assunta nella fig. 9.51, tutte le componenti
in coseno risultano nulle.

vu

V0

T/2 T t

-Vo

Figura 9.51: Tensione di uscita ad onda quadra.

Indicata con V0 l’ampiezza dell’onda rettangolare, l’ampiezza Ai della i-esima


armonica risulta:
Z π
4 2 4V0
Ai = V0 sin (iωt) d (ωt) = , (9.91)
π 0 πi

in cui V0 può essere pari ad Ea oppure ad Ea /2 a seconda del tipo di inverter.


Osservando l’eq. (9.91) si può constatare che la terza armonica risulta pari ad
un terzo della prima, la quinta pari ad un quinto, ecc.
È possibile migliorare il contenuto armonico della tensione fornita dall’inverter
aumentando il numero delle commutazioni che vengono effettuate in ogni periodo
della tensione di uscita, cioè applicando una opportuna tecnica di modulazione.
Ad esempio, nel caso di un inverter con tensione di uscita a due livelli (−V0 , +V0 )
introducendo quattro commutazioni ausiliarie in ogni semiperiodo si ottiene la forma
d’onda illustrata nella fig. 9.52 in cui i valori degli angoli α1 e α2 possono essere
scelti in modo da ridurre, o da eliminare, alcune armoniche.
L’ampiezza dell’i-esima armonica della forma d’onda modulata così ottenuta
risulta:
Z Z
4 α1 4 α2
Ai = V0 sin (iωt) d (ωt) − V0 sin (iωt) d (ωt)+
π 0 π α1
Z π (9.92)
4 2 4V0
+ V0 sin (iωt) d (ωt) = [1 − 2 cos (iα1 ) + 2 cos (iα2 )] .
π α2 πi
224 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

vu
V0

α1 α2 π 2π ωt

-Vo
π−α2 π−α1 π+α1 π+α2 2π−α2 2π−α1

Figura 9.52: Onda modulata a due livelli.

Se si desidera eliminare le prime due armoniche, cioè la terza e la quinta, occorre


scegliere gli angoli α1 e α2 in modo tale che si abbia:

4V0
[1 − 2 cos (3α1 ) + 2 cos (3α2 )] = 0
3π (9.93)
4V0
[1 − 2 cos (5α1 ) + 2 cos (5α2 )] = 0.

Dalle eq. (9.93) è possibile ricavare che la terza e la quinta armonica risultano
praticamente nulle se gli angoli α1 e α2 sono scelti pari a:

α1 = 0.1313π ' 23◦ e 390


(9.94)
α2 = 0.1851π ' 33◦ e 200 .

Sostituendo tali valori nella eq. (9.92), si ricavano le ampiezze delle armoniche
riportate nella tab. 9.1. La tabella presenta:

• nella prima colonna l’ordine i dell’armonica;

• nella seconda colonna l’ampiezza Aiq dell’armonica dell’onda quadra rispetto


alla prima, A1q ;

• nella terza colonna l’ampiezza Ai dell’armonica dell’onda modulata rispetto


alla prima armonica dell’onda quadra, A1q ;

• nella quarta colonna l’ampiezza Ai dell’armonica dell’onda modulata rispetto


alla prima armonica dell’onda modulata stessa, A1 .

Dalla tabella si può rilevare che l’eliminazione della terza e della quinta armo-
nica comporta una riduzione dell’ampiezza della prima armonica e un incremento
delle ampiezze delle armoniche di ordine superiore. Tale incremento risulta del tutto
ragionevole se si pensa che l’onda modulata conserva lo stesso valore efficace del-
l’onda quadra e, pertanto, essendosi ridotte le ampiezze della prima, della terza e
9.4. Riduzione del contenuto armonico della tensione di uscita 225

della quinta armonica, il valore efficace dell’insieme delle altre armoniche risulta
certamente più elevato.

ONDA QUADRA ONDA MODULATA A DUE LIVELLI


i Aiq /A1q Ai /A1q Ai /A1
1 1 0.839 1
3 0.333 0 0
5 0.200 0 0
7 0.143 0.248 0.296
9 0.111 0.408 0.486
11 0.091 0.303 0.361
13 0.077 0.278 0.332
15 0.067 0.168 0.201

Tabella 9.1: Modulazione a due livelli - eliminazione 3a e 5a armonica.

Come già messo in evidenza nel caso di funzionamento ad onda quadra, quando si
impiega un inverter trifase, purché le forme d’onda fornite dalle tre fasi dell’inverter
abbiano lo stesso andamento temporale e siano sfasate tra loro di un terzo di periodo,
le tensioni stellate e concatenate applicate al carico non presentano armoniche di
ordine tre o multiplo di tre; risulta allora conveniente scegliere gli angoli α1 e α2 in
modo tale da eliminare la quinta e la settima armonica. Impiegando un procedimento
analogo a quello precedente, si ricavano i seguenti valori di α1 e α2 :

α1 = 0.0903π ' 16◦ e 150


(9.95)
α2 = 0.1226π ' 22◦ e 40 .

Sostituendo tali valori nella (9.92), si ricavano le ampiezze delle armoniche ri-
portate nella tab. 9.2. Anche in questo caso, ovviamente, l’eliminazione di alcune
armoniche comporta un incremento delle ampiezze delle altre.

Quando si impiega un inverter con uscita a tre livelli (−V0 , 0, V0 ) risulta conve-
niente utilizzare la possibilità di disporre anche della tensione nulla. Introducendo
due commutazioni ausiliarie all’interno di ogni quarto di periodo, si ottiene, pertan-
to, la forma d’onda modulata illustrata nella fig. 9.53; tale forma d’onda presenta
un migliore contenuto armonico, infatti il suo valore efficace è certamente più piccolo
di quello dell’onda quadra.
226 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

ONDA QUADRA ONDA MODULATA A DUE LIVELLI


i Aiq /A1q Ai /A1q Ai /A1
1 1 0.933 1
3 0.333 0.163 0.174
5 0.200 0 0
7 0.143 0 0
9 0.111 0.085 0.0914
11 0.091 0.189 0.203
13 0.077 0.253 0.271
15 0.067 0.242 0.259

Tabella 9.2: Modulazione a due livelli - eliminazione 5a e 7a armonica.

vu
V0

α1 α2 π−α2 π−α1 π 2π ωt

-Vo
π+α1 π+α2 2π−α2 2π−α1

Figura 9.53: Onda modulata a tre livelli.

Per la forma d’onda a tre livelli l’ampiezza dell’i-esima armonica risulta pari a:
Z Z π
4 α1 4 2
Ai = V0 sin (iωt) d (ωt) + V0 sin (iωt) d (ωt) =
π 0 π α2 (9.96)
4V0
= [1 − cos (iα1 ) + cos (iα2 )] .
πi

In questo caso, se si desidera eliminare le prime due armoniche, occorre scegliere


α1 e α2 in modo tale che:

4V0
[1 − cos (3α1 ) + cos (3α2 )] = 0
3π (9.97)
4V0
[1 − cos (5α1 ) + cos (5α2 )] = 0.

Dalle (9.97) è possibile ricavare che la terza e la quinta armonica risultano


praticamente nulle se gli angoli α1 e α2 sono scelti pari a:

α1 = 0.0991π ' 17◦ e 500


(9.98)
α2 = 0.2109π ' 37◦ e 580 .
9.4. Riduzione del contenuto armonico della tensione di uscita 227

Sostituendo nella (9.96) i valori di α1 e α2 forniti dalle (9.98), si ricavano le


ampiezze delle armoniche riportate nella tab. (9.3). Confrontando tali risultati con
quelli riportati nella tabella (9.1), si può constatare che, come più volte accennato,
la modulazione a tre livelli fornisce un contenuto armonico decisamente migliore,
specialmente per quanto concerne le armoniche di frequenza più elevata.

ONDA QUADRA ONDA MODULATA A TRE LIVELLI


i Aiq /A1q Ai /A1q Ai /A1
1 1 0.836 1
3 0.333 0 0
5 0.200 0 0
7 0.143 0.214 0.256
9 0.111 0.321 0.384
11 0.091 0.227 0.271
13 0.077 0.071 0.085
15 0.067 0.012 0.014

Tabella 9.3: Modulazione a tre livelli - eliminazione 3a e 5a armonica.

Aumentando il numero delle commutazioni ausiliarie è possibile procedere alla


eliminazione di ulteriori armoniche; in particolare, mantenendo la simmetria mo-
strata nelle figure 9.52 e 9.53, è possibile eliminare un numero di armoniche pari al
numero delle commutazioni ausiliarie che si verificano nel primo quarto di periodo.
Occorre comunque tenere presente che, aumentando il numero delle commutazioni,
aumentano le perdite nel circuito di potenza e che è necessario assicurare che la di-
stanza minima, intercorrente tra due successive commutazioni, sia compatibile con
la struttura del circuito di potenza impiegato. Inoltre, all’aumentare del numero
delle commutazioni, il sistema di equazioni non lineari che consente di determinare
gli angoli di commutazione presenta più di una soluzione e ognuna di queste fornisce
un contenuto armonico diverso; pertanto, per scegliere i valori più opportuni degli
angoli di commutazione, occorre determinare tutte le possibili soluzioni e, quindi,
scegliere quella che presenta il contenuto armonico più favorevole.
Occorre infine rilevare che, come già messo in evidenza, la tecnica di eliminazio-
ne delle armoniche produce un incremento dell’ampiezza delle armoniche residue e,
molto spesso, risulta poco significativo eliminare totalmente una armonica se quella
adiacente presenta una ampiezza elevata. Pertanto, risulta in genere conveniente,
specialmente quando il numero di commutazioni ausiliarie presenti nel quarto di
periodo è maggiore di 4 o 5, adottare una diversa procedura per la determinazione
degli angoli di commutazione. La procedura più interessante è basata sulla minimiz-
zazione di un opportuno indice di qualità, che può essere scelto tenendo conto solo
228 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

in maniera qualitativa degli effetti delle armoniche (ad esempio somma dei quadrati
delle ampiezze delle singole armoniche divise per il prodotto tra l’ordine dell’armo-
nica e l’ampiezza della prima armonica) oppure considerando l’influenza che ogni
armonica presenta sul comportamento del carico.
Adottando la prima soluzione, che consente di minimizzare il valore efficace del
contenuto armonico della corrente di uscita se il carico ha un comportamento pre-
valentemente induttivo, è possibile ricavare una espressione analitica dell’indice di
qualità; impiegando la seconda, invece, il valore dell’indice di qualità è in genere
ottenibile solo per via numerica.
Per quanto concerne la procedura di ottimizzazione, risulta molto spesso suf-
ficiente anche una procedura basata sul metodo del gradiente, con l’accortezza di
effettuare più prove, partendo da valori iniziali diversi, in modo da evitare di fermarsi
su un minino relativo. Per evitare, inoltre, che alcune delle durate degli interval-
li di conduzione risultino troppo corte e quindi che la forma d’onda ottenuta non
sia realizzabile dalla struttura di potenza, è altresì conveniente imporre, durante
l’ottimizzazione, il rispetto della distanza minima tra due successive commutazioni.

9.5 Variazione dell’ampiezza della tensione di uscita


In molti applicazioni, come ad esempio negli azionamenti con motori in c.a., occorre
poter variare con continuità l’ampiezza della prima armonica della tensione alternata
fornita dall’inverter. Ciò può essere ottenuto impiegando una delle seguenti tre
modalità che consistono nel:

• variare la tensione continua con cui si alimenta l’inverter;

• applicare alla forma d’onda della tensione fornita dall’inverter una opportuna
tecnica di modulazione;

• impiegare inverter multipli e sfasare il funzionamento reciproco dei vari inver-


ter.

Variazione della tensione continua. La tensione continua con cui si alimenta


l’inverter può essere variata impiegando un convertitore c.a.-c.c. o c.c.-c.c., a seconda
che si disponga di una sorgente di energia in corrente alternata o in corrente continua.
Il principale vantaggio offerto da questa modalità di controllo consiste nel po-
ter impiegare, per qualsiasi valore dell’ampiezza della tensione di uscita, la stessa
forma d’onda della tensione applicata al carico, lasciando inalterato il rapporto tra
le ampiezze delle varie armoniche. Ciò permette di utilizzare la forma d’onda più
9.5. Variazione dell’ampiezza della tensione di uscita 229

opportuna, impiegando la tecnica di eliminazione di armoniche o quella di ottimizza-


zione descritte nel paragrafo precedente. Per contro la tecnica di variare la tensione
di alimentazione presenta i seguenti svantaggi:

• maggiore complicazione circuitale, dovuta alla necessità di impiegare un altro


convertitore controllato;

• occorre introdurre un filtro che permetta di eliminare le componenti alterna-


tive della tensione fornita dal convertitore che alimenta l’inverter. Tale filtro,
specialmente nel caso di convertitore c.a.-c.c, limita la velocità di variazione
della tensione continua e, quindi, quella dell’ampiezza della tensione alternata;

• quando la rete di alimentazione è in c.c., l’introduzione di un ulteriore con-


vertitore elimina, a meno di impiegare un convertitore bidirezionale il cui
costo risulta analogo a quello di una fase dell’inverter, la caratteristica di
bidirezionalità propria dell’inverter;

• quando la rete di alimentazione è in c.a., l’impiego di un convertitore c.a.-


c.c. di tipo controllato produce, a meno di ricorrere a circuiti di conversione
particolarmente complessi, un elevato assorbimento di potenza reattiva dalla
rete di alimentazione quando l’inverter fornisce una tensione di uscita molto
ridotta rispetto a quella massima; inoltre, tranne nel caso in cui l’inverter sia
alimentato in corrente (inverter parallelo), per mantenere la caratteristica di
bidirezionalità propria dell’inverter occorre impiegare un convertitore c.a.-c.c.
bidirezionale a quattro quadranti.

Modulazione a larghezza di impulso. Oltre che per migliorare il contenuto


armonico della tensione fornita dall’inverter, le tecniche di modulazione trovano
un consistente impiego anche per variare l’ampiezza della prima armonica della
tensione di uscita, lasciando inalterata l’ampiezza della tensione di alimentazione
dell’inverter.
La descrizione delle tecniche di modulazione impiegate per questo scopo verrà
effettuata nel successivo paragrafo. Per ora ci si limita a mettere in evidenza che, a
differenza di quelle esaminate nel paragrafo precedente, lo scopo primario di queste
tecniche è quello di variare con continuità il rapporto tra l’ampiezza della prima
armonica della tensione di uscita e quella della tensione di alimentazione; il contenuto
armonico della tensione di uscita assume, comunque, un ruolo di particolare rilievo.
La scelta della tecnica di modulazione più opportuna per una particolare applica-
zione deve essere effettuata tenendo presente sia le peculiarità dell’inverter impiegato
230 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

(durata minima degli intervalli di conduzione, perdite dovute alle commutazioni, fre-
quenza massima di commutazione) sia gli effetti che le armoniche comportano per il
carico (maggiori perdite, disturbi sul funzionamento, armoniche di coppia nel caso
di motori elettrici).

Inverter multipli. L’impiego di inverter multipli, in cui la tensione applicata


al carico viene ottenuta come somma delle tensioni fornite dai singoli inverter e
può essere variata sfasando opportunamente le varie forme d’onda, ha trovato una
notevole utilizzazione nelle prime realizzazioni con Tiristori. Il principale vantaggio
offerto da tale soluzione è costituito dalla possibilità di ottenere, impiegando un
numero consistente di inverter, un contenuto armonico modesto, per qualsiasi valore
dell’ampiezza dell’armonica fondamentale della tensione di uscita. Per contro, la
necessità di dovere impiegare dei trasformatori, per effettuare la somma delle tensioni
di uscita, rende il suo impiego molto oneroso, specialmente quando il campo di
variazione della frequenza di uscita è elevato.
A titolo di esempio, la fig. 9.54 riporta lo schema di un inverter multiplo, costi-
tuito da due inverter a semiponte, le cui tensioni di uscita sono sommate ponendo i
secondari dei due trasformatori in serie tra loro. La fig. 9.55 mostra gli andamenti
delle due tensioni parziali v1 e v2 e quello della tensione risultante vu nel caso in cui
le commutazioni dei due inverter siano in fase tra loro (fig. 9.55(a)) ed in quello in
cui le commutazioni dell’inverter 2 siano sfasate, con un ritardo pari a ∆t, rispetto
alle commutazioni dell’inverter 1 (fig. 9.55(b)). Come si può rilevare all’aumentare
di ∆t sia il valore efficace della tensione di uscita che l’ampiezza della sua prima
armonica si riducono fino ad annullarsi quando ∆t è pari ad un semiperiodo.

9.6 Tecniche di modulazione impiegate per variare


la tensione di uscita
Le tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione fornita da un inverter
a tensione impressa hanno subito un rapido sviluppo connesso all’evoluzione della
tecnologia impiegata per la realizzazione sia dei circuiti di potenza sia dei circuiti
di controllo. Una prima suddivisione delle tecniche di modulazione può essere fatta
sulla base del tipo di dispositivo utilizzato per la loro implementazione, cioè:

• dispositivi prevalentemente analogici;

• dispositivi digitali con circuiti integrati a piccola o media scala;

• dispositivi a microprocessore.
9.6. Tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione di uscita 231

vu

+Ea

v1
v2

Inverter 1 Inverter 2

Figura 9.54: Composizione di due inverter mediante trasformatore.

v1 v1

V0
V0

T/2 T t T/2 T t

-Vo
-Vo

v2 v2

V0 V0
∆t

T/2 T t T/2 T t

-Vo -Vo

vu vu
2V0 2V 0

∆t ∆t ∆t
T/2 T t T/2 T t

-2Vo -2Vo
a) b)

Figura 9.55: Composizione delle tensioni di uscita.

Le tecniche di modulazione basate sull’impiego di circuiti integrati a piccola o


media scala hanno suscitato un notevole interesse all’inizio degli anni 1970, in quanto
232 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

permettevano, con i tipi di circuiti allora disponibili, realizzazioni abbastanza sem-


plici; attualmente, queste tecniche risultano praticamente abbandonate e, pertanto,
non verranno prese in considerazione.

9.6.1 Tecniche di modulazione utilizzate con dispositivi pre-


valentemente analogici
Le tecniche di modulazione utilizzate con dispositivi prevalentemente analogici sono
basate sul confronto, mediante comparatori, tra opportuni segnali analogici. Gli
istanti di commutazione degli interruttori del convertitore sono, quindi, determi-
nati dalle uscite dei comparatori, cioè dalle intersezioni tra i segnali di controllo
(modulazione a sottooscillazione).
I segnali applicati ai comparatori possono essere suddivisi in due diversi tipi di
forma d’onda:

• segnali modulanti, costituiti da sinusoidi isofrequenziali con la tensione desi-


derata e di ampiezza proporzionale a quest’ultima;

• segnali portanti, con andamento triangolare e frequenza alquanto superiore a


quella desiderata per la tensione di uscita.

Le tecniche di modulazione realizzate con dispositivi analogici vengono anche


dette a campionamento naturale, in quanto gli istanti di campionamento delle modu-
lanti non sono disposti ad intervalli regolari (cioè di durata costante) ma dipendono
anche dagli andamenti delle portanti.
La realizzazione della tecnica di modulazione dipende dal tipo di forma d’onda
che l’inverter può fornire, ovvero se a due oppure a tre livelli. La modulazione a
due livelli presenta un solo tipo di implementazione; quella a tre livelli può, inve-
ce, venire implementata con differenti modalità, che forniscono onde modulate con
caratteristiche diverse.

Modulazione a due livelli. La sottooscillazione a due livelli è, in genere, impie-


gata negli inverter monofase a semiponte oppure per comandare le tre fasi di un
inverter trifase a ponte. La sua implementazione impiega un solo comparatore e,
di conseguenza, una sola modulante vm ed una sola portante vp . L’ampiezza Vm
della modulante, costituita da una sinusoide simmetrica rispetto allo zero, viene
scelta proporzionale a quella desiderata per la armonica fondamentale della tensione
fornita dall’inverter e la sua frequenza fm viene imposta pari a quella desiderata.
La portante ha, invece, un andamento triangolare simmetrico, con una ampiezza Vp
costante ed una frequenza fp alquanto superiore a quella della modulante.
9.6. Tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione di uscita 233

Lo schema di principio del modulatore a sottooscillazione con onda a due livelli


è mostrato nella fig. 9.56. L’uscita del comparatore agisce sul circuito di pilotaggio
dell’inverter in modo tale che quest’ultimo fornisca una tensione di uscita pari a +V0
quando vm > vp e pari a −V0 quando vm < vp .

+V0

T1 D1
vm Driver vbe1
+ vu
vc
vp
-
vbe2 T2 D2
Driver

-V 0

Figura 9.56: Modulazione a sottooscillazione a due livelli.

La fig. 9.57 riporta un tipico andamento della portante, della modulante, delle
tensioni applicate alle basi dei due Transistor del ramo preso in considerazione e della
tensione fornita dall’inverter. Prima di esaminare in dettaglio il contenuto armonico
della tensione modulata, è conveniente evidenziarne alcune caratteristiche generali,
facilmente determinabili mediante un’analisi qualitativa, in funzione del valore del
rapporto k tra la frequenza della portante e quella della modulante (k = fp /fm ).
Quando k è irrazionale, la forma d’onda modulata non è periodica; il suo spettro
è quindi di tipo continuo e si estende anche nel campo delle frequenze inferiori a
quella della modulante.
Quando k è razionale ma non intero, la forma d’onda modulata è periodica con
un periodo multiplo sia di quello della portante sia di quello della modulante. La
tensione fornita dall’inverter presenta, quindi, subarmoniche rispetto alla modulante
e può avere anche un valore medio diverso da zero (componente continua).
Quando k è intero, la forma d’onda modulata è periodica con un periodo pa-
ri a quello della modulante; essa presenta, pertanto, solo armoniche di pulsazione
multipla di quella della modulante. In questo caso si può effettuare una ulteriore
suddivisione, a seconda che il rapporto k sia pari oppure dispari. Quando k è pari
la tensione modulata non presenta simmetrie all’interno del periodo; tutte le armo-
niche, compresa la componente continua, possono, quindi, essere presenti. Quando
k è dispari, invece, la tensione modulata si ripete ad ogni semiperiodo, cambiata di
segno; pertanto essa non presenta né armoniche pari né componente continua.
234 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

vp
v vm
Vp

ϕ ωm t

vbe1

ωm t
vbe2

ωm t
vu
Vo

ωm t

-Vo

Figura 9.57: Andamenti della portante, della modulante, delle tensioni di base e
della tensione fornita dall’inverter.

Da quanto esposto, risulta evidente che allorché l’inverter funziona a frequenza


costante è certamente conveniente scegliere una frequenza della portante multipla,
secondo un numero intero dispari, di quella della modulante. Quando, invece, si
desidera che la frequenza dell’armonica fondamentale presenti un elevato campo
di variazione, se si mantenesse costante il rapporto k anche la frequenza media di
9.6. Tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione di uscita 235

commutazione dell’inverter (e quindi pure la relativa dissipazione di energia) pre-


senterebbe un elevato campo di variazione. In questo tipo di applicazione, pertanto,
si preferisce mantenere costante la frequenza della portante; ciò comporta che, al
variare di fm , il rapporto k vari assumendo sia valori interi, sia valori razionali non
interi, sia valori irrazionali. Risulta quindi inevitabile l’insorgere di subarmoniche
e di una componente continua, che possono produrre effetti dannosi sul funziona-
mento del carico; la loro entità può però essere mantenuta sufficientemente ridotta
se si sceglie la frequenza della portante in modo tale che il rapporto k sia sempre
abbastanza elevato (ad esempio sempre maggiore di 9).
La determinazione analitica del contenuto armonico della tensione modulata ri-
sulta alquanto laboriosa; ci si limiterà, pertanto, a riportare una delle espressioni
più significative, senza addentrarsi nei procedimenti impiegati per la sua determina-
zione. L’espressione più compatta, tra quelle impiegate per analizzare il contenuto
armonico della tensione modulata, comprende una doppia sommatoria di funzioni di
Bessel moltiplicate per una funzione sinusoidale. Assumendo come origine dei tempi
(t = 0) uno degli istanti in cui la portante attraversa lo zero con pendenza negativa,
la tensione modulata può essere espressa come:

vu (t) = mV0 sin (ωm t + ϕ) +



( ∞ )
4V0 X 1 X (9.99)
+ [Z (q, r, m) sin ((rωp + qωm ) t + qϕ)] ,
π r=1 r q=−∞

essendo:
ωm la pulsazione della modulante (ωm = 2πfm ),
ωp la pulsazione della portante (ωp = 2πfp ),
m il rapporto tra Vp e Vm (m = Vm /Vp ),
ϕ la fase della modulante nell’istante t = 0,
Z (r, q, m) una funzione che vale:

0 se r + q pari
Z (r, q, m) = 
J rπm
se r + q dispari
q 2

e Jq la funzione di Bessel di ordine q.


L’espressione (9.99) è valida solo se Vm è minore o uguale a Vp e se il rapporto k è
maggiore di mπ/2. Come si vedrà in seguito, la prima condizione (m ≤ 1) costituisce
una effettiva limitazione, mentre la seconda è ampiamente compresa nella condizione
che il contenuto armonico della tensione modulata sia accettabile.
236 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

Il primo termine che compare al secondo membro della (9.99), cioè:

mV0 sin (ωm t + ϕ) ,

rappresenta l’andamento desiderato per la tensione di uscita (cioè una sinusoide,


isofrequenziale ed in fase con la modulante e di ampiezza proporzionale, secondo il
coefficiente V0 /Vp , a quella della modulante). La sommatoria doppia, che costituisce
l’altro termine del secondo membro della (9.99), rappresenta, invece, la distorsione
introdotta dall’inverter. Considerando separatamente i gruppi di armoniche corri-
spondenti ai vari valori di r e tenendo presente le proprietà delle funzioni di Bessel,
si può osservare che:

• in corrispondenza ad ogni valore dispari di r sono presenti armoniche, con


pulsazione rωp ± qωm , solo per valori pari di q;

• in corrispondenza ad ogni valore pari di r sono presenti armoniche, con pulsa-


zione rωp ± qωm , solo per valori dispari di q;

• l’ampiezza dei termini non nulli di ogni gruppo è direttamente proporzionale


a Jq (rπm/2) e inversamente proporzionale ad r;

• per ogni gruppo, l’ampiezza dell’armonica con pulsazione rωp − qωm è identica
a quella dell’armonica con pulsazione rωp + qωm ;

• l’ampiezza dei termini non nulli di ogni gruppo diminuisce al crescere di q; per
ogni gruppo è quindi possibile individuare una banda, centrata attorno a rωp ,
al di fuori della quale le armoniche sono di ampiezza trascurabile;

• al crescere di r, la larghezza della banda che comprende le armoniche di am-


piezza non trascurabile aumenta mentre la massima ampiezza delle armoniche
diminuisce;

• per k ≥ 9, le bande che comprendono le armoniche di ampiezza non trascu-


rabile dei gruppi con r > 1 non si sovrappongono a quella del gruppo corri-
spondente ad r = 1; pertanto per k ≥ 9 le armoniche a frequenza più bassa
appartengono esclusivamente al gruppo caratterizzato da r = 1.

La Fig. 9.58 riporta le ampiezze delle prime armoniche in corrispondenza ad un


valore di k uguale ad 11.
Quando il rapporto k è razionale (k = n/d, con n e d interi e privi di fattori
comuni), è abbastanza agevole combinare i vari termini che concorrono a costituire
9.6. Tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione di uscita 237

Ai

0 ωm ωp 2ωp ω
ωp−4ωm ωp +4ωm

Figura 9.58: Ampiezze delle prime armoniche.

la componente continua e l’armonica fondamentale a pulsazione ωm . In partico-


lare, si possono ricavare le seguenti espressioni della componente continua A0 e
dell’ampiezza Af dell’armonica fondamentale:

∞  
X Jpn (pε) h p(n−d)
i
A0 = mV0 1 − (−1) sin (pnϕ) (9.100)
p=1
ε
( ∞ nh
)
X i o
Af = mV0 1+ 1 − (−1)p(n−d) W (p, n, ε, ϕ) (9.101)
p=1

essendo:

W (p, n, ε, ϕ) = Jpn+1 (pε) ejpnϕ − Jpn−1 (pε) e−jpnϕ

πmd
ε= .
2

L’eq. (9.100) mostra che la componente continua è certamente nulla se la diffe-


renza tra il numeratore e il denominatore del rapporto k è pari oppure se l’angolo
ϕ è uguale ad un multiplo di π/n. Per quanto concerne l’ampiezza dell’armonica
fondamentale, dall’eq. (9.101) si ricava, sempre sulla base delle proprietà delle fun-
zioni di Bessel, che, affinché tale ampiezza risulti praticamente coincidente con il
valore desiderato mV0 , è necessario che il rapporto k abbia un valore tale per cui sia
soddisfatta la condizione:
 
πmd πmd
Jn−1  , (9.102)
2 4
238 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

se n − d è pari, oppure la condizione:

πmd
J2n−1 (πmd)  , (9.103)
2

se n − d è dispari.
Le condizioni (9.102) e (9.103) sono entrambe soddisfatte, per ogni valore di m
compreso tra 0 ed 1, quando k è maggiore o uguale a 9.
Le espressioni delle ampiezze delle altre armoniche risultano alquanto complesse.
Una notevole semplificazione si ha quando k è intero; in questo caso, infatti, sono
presenti solo armoniche con frequenza multipla di fm e le relative ampiezze risultano
pari a:

X∞ h  i

|An | = mV0 1 − (−1)n+p(k−1) R (p, k, n, ε, ϕ) (9.104)
p=1

in cui:

Jpk+n (pkε) ejpkϕ − Jpk−n (pkε) e−jpkϕ


R (p, k, n, ε, ϕ) = ;
pkε

n rappresenta l’ordine della armonica (n ≥ 2);


ε è pari a mπ/2.
L’espressione (9.104) conferma che, quando k è pari, le armoniche della tensione
modulata possono essere sia di ordine pari sia di ordine dispari. Quando k è dispari,
invece, le ampiezze delle armoniche di ordine pari sono, come già messo in evidenza,
nulle, mentre quelle delle armoniche di ordine dispari possono essere espresse come:
(

4V0 X 1 

|An | = An0 + Jpk+n (pπm/2) ejpkϕ +
π p=1 p
) (9.105)


−Jpk−n (pπm/2) e−jpkϕ ,

in cui:

mV per n = 1
0
An0 =
0 per n > 1.

Quando k è maggiore o uguale a sette, i termini Jpk+n (pπm/2) sono trascurabili


rispetto ai termini Jpk−n (pπm/2); l’eq. (9.105) può pertanto, per n > 1, essere
9.6. Tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione di uscita 239

semplificata in:

X∞ 
4V0 1
|An | ' Jpk−n (pπm/2) e−jpkϕ . (9.106)
π p
p=1

Inoltre, per valori di n minori o uguali a k + 2, i termini connessi con valori di p


maggiori di 1 sono trascurabili rispetto a Jk−n (pπm/2); le ampiezze delle prime ar-
moniche risultano, quindi, praticamente indipendenti dall’angolo ϕ e possono essere
calcolate mediante la seguente equazione semplificata:

4V0

|An | ' Jk−n (πm/2) . (9.107)
π

L’espressione (9.107) mostra che, quando k ≥ 7, le ampiezze delle armoniche di


ordine n ≤ k + 2 dipendono solo dalla differenza k − n; pertanto, come illustrato
nella fig. 9.59, è possibile riportare il loro andamento, in funzione di m, in maniera
del tutto generale. Dalla figura si rileva che tutte le armoniche di ordine n < k − 4
sono del tutto trascurabili, mentre l’armonica di ordine k (la cui frequenza è pari
a fp ) presenta un’ampiezza che, per piccoli valori di m, è molto maggiore di quella
della fondamentale. Si può, infine, rilevare che, quando k ≥ 9, anche l’armonica di
ordine k + 4 ha un’ampiezza praticamente coincidente con quella di ordine k − 4.

An
2Ea /π n=k
Ea /2

n=1
n=k±2
0 n=k-4
0 0.5 1 m

Figura 9.59: Andamenti delle prime k+2 armoniche al variare del rapporto di
modulazione.

Come già messo in evidenza, le espressioni impiegate per la determinazione delle


ampiezze delle armoniche sono valide solo se il valore di Vm non supera quello di
Vp . Quando Vm = Vp , l’ampiezza dell’armonica fondamentale (a frequenza fm ) è
pari a V0 , cioè è pari a π/4 volte quella corrispondente all’onda quadra; pertanto, se
si desidera che l’ampiezza dell’armonica fondamentale possa variare con continuità,
fino a raggiungere il valore 4V0 /π, è necessario impiegare un valore di Vm maggiore
240 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

di quello di Vp . Quando Vm > Vp , però, il legame tra Vm e l’ampiezza della fonda-


mentale non risulta più lineare e, inoltre, il contenuto armonico peggiora in maniera
consistente. Molto spesso, pertanto, la sottooscillazione viene impiegata in connes-
sione con un’altra tecnica, che consenta di variare con continuità l’ampiezza della
fondamentale tra V0 e 4V0 /π con un contenuto armonico accettabile.

Modulazione a tre livelli. Gli inverter monofase a ponte possono fornire una
tensione a tre livelli (−V0 , 0, +V0 ); per tali inverter risulta, quindi, conveniente uti-
lizzare una diversa tecnica di modulazione, che tragga vantaggio dalla possibilità di
avere tre valori di tensione di uscita. A tale scopo si impiega una diversa struttura
del modulatore, che utilizza due distinti comparatori, uno per ciascun ramo del pon-
te. Esistono essenzialmente tre distinte modalità per pilotare i due comparatori. In
ogni caso l’analisi del contenuto armonico della tensione modulata risulta complesso
e laborioso; ci si limiterà, pertanto, ad una descrizione delle varie possibilità, senza
scendere in dettaglio sul contenuto armonico della tensione fornita dall’inverter.
Una prima tecnica di modulazione a tre livelli, il cui schema di principio è il-
lustrato nella fig. 9.60, utilizza, per entrambi i comparatori, un’unica portante,
triangolare asimmetrica centrata rispetto al valore V2p ; viceversa le due modulanti,
vm1 e vm2 , sono costituite da due sinusoidi, sfasate tra loro di mezzo periodo, con
andamento analogo a quello già descritto per la modulazione a due livelli. Durante
i semiperiodi in cui la modulante vm1 è positiva la modulazione viene applicata ad
un ramo del ponte mentre l’uscita dell’altro ramo viene mantenuta negativa; per-
tanto, con le convenzioni riportate nella fig. 9.60, la tensione fornita dall’inverter è
modulata tra +V0 e 0. Viceversa nell’altro semiperiodo la modulazione è applicata
all’altro ramo del ponte e la tensione fornita dall’inverter è modulata tra −V0 e 0.

+V 0

T1 D1 D3 T3
vm 1 Dr. v be1 vbe3 Dr.
vu
+
vc1
vp
-
v be2 T2 D2 D4 T4 vbe4
Dr. Dr.

vm2
-1 +
vc2

Figura 9.60: Primo tipo di modulatore a tre livelli.


9.6. Tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione di uscita 241

La fig. 9.61 riporta un tipico andamento della portante, delle modulanti e della
tensione fornita dall’inverter quando si impiega la modulazione a tre livelli descritta.
Esaminando la forma ottenuta, si può osservare che le peculiarità evidenziate per
la modulazione a due livelli sono valide anche in questo caso, con la differenza che
per assicurare l’assenza di armoniche pari occorre che il rapporto k, tra fp e fm ,
sia un intero pari anziché dispari. Anche la linearità tra l’ampiezza dell’armonica
fondamentale della tensione di uscita e quella della modulante è rispettata solo se
Vm è minore di Vp .

v v m1 v m2
vp
Vp

ωm t
π 2π

vu
Vo

ωm t

-Vo

Figura 9.61: Forme d’onda relative al primo tipo di modulazione a tre livelli.

Una seconda modalità di modulazione a tre livelli, il cui schema di principio


è riportato nella fig. 9.62, prevede l’impiego di una unica modulante sinusoidale
(analoga a quella utilizzata nella modulazione a due livelli) e due portanti, di forma
Vp
triangolare asimmetrica, una centrata rispetto al valore 2
e l’altra centrata rispetto
al valore − V2p .
Le due portanti possono essere scelte con un diverso sfasamento tra loro; in
242 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

+V 0

T1 D1 D3 T3
vm Dr. vbe1 v be3 Dr.
vu
+
vc1
vp1
-
vbe2 T2 D2 D4 T4 v be4
Dr. Dr.

+
vc2
vp2
-

Figura 9.62: Secondo tipo di modulatore a tre livelli.

generale si ricorre, come mostrato nella fig.9.63, o a due forme d’onda in opposizione
(vedi fig.9.63(a)) o a a due forme d’onda in fase (vedi fig.9.63(b)).

v vp1 vm v vp1 vm
Vp Vp

π ωm t ωm t
π 2π

v p2 a) vp2 b)

Figura 9.63: Andamenti della modulante e delle due portanti.

Nel primo caso, la forma d’onda modulata ha lo stesso andamento che si sarebbe
ottenuto adottando il primo tipo di modulazione; viceversa, se si scelgono le portanti
in fase risulta conveniente, al fine di evitare la presenza di armoniche di ordine pari,
scegliere un rapporto k dispari.
La terza tecnica di modulazione a tre livelli utilizza un’unica portante, triangolare
simmetrica, e due modulanti, vm1 e vm2 , in fase tra loro e centrate una rispetto a V2p
e l’altra rispetto a − V2p , come come mostrato nella fig.9.64.
Impiegando questo tipo di modulazione, in genere utilizzata solo quando l’am-
piezza dell’armonica fondamentale è piuttosto modesta, il numero di commutazioni
di ciascun ramo del ponte raddoppia, a parità di fm , rispetto alle due soluzioni
precedenti.
9.6. Tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione di uscita 243

+V0

T1 D1 D 3 T3
vm 1 Dr. v be1 v be3 Dr.
+ vu
vc1
vp
- T2 D2 D4 T4
Dr. v be2 v be4 Dr.

vm 2
+
v c2

vp
v vm1
Vp

ωm t

vm2

Figura 9.64: Terzo tipo di modulatore a tre livelli.

9.6.2 Tecniche di modulazione realizzate impiegando dispo-


sitivi a microprocessore
Le prime realizzazioni di circuiti di comando a microprocessore hanno impiegato le
stesse tecniche di modulazione, ed in particolare quella della sottooscillazione, già
utilizzate con i circuiti analogici. Successivamente, per ridurre il numero di opera-
zioni necessarie per implementare la modulazione, si è passati da un campionamento
naturale ad un campionamento uniforme delle tensioni modulanti. A titolo di esem-
pio la fig.9.65 riporta un possibile andamento della tensione modulante, campionata
con un passo di campionamento costante, e della forma d’onda fornita dall’inverter.
L’impiego di un dispositivo a microprocessore ha semplificato, negli inverter a
frequenza variabile, il problema di mantenere la frequenza della portante aggancia-
ta a quella della modulante ed ha permesso, negli inverter trifase, di ottenere una
migliore simmetria tra le forme d’onda fornite dalla tre fasi dell’inverter. Un consi-
stente miglioramento si è avuto, infine, nel passaggio dalla sottooscillazione all’onda
quadra che, in molte applicazioni, deve avvenire in modo da non comportare bru-
244 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

v
vp
vm

vu
Ea

Figura 9.65: Modulazione con campionamento uniforme.

sche variazioni della prima armonica della tensione di uscita. A tale scopo si è, in
genere, fatto ricorso a tecniche di tipo tabellare, calcolando fuori linea gli angoli di
commutazione da impiegare in corrispondenza a vari valori del rapporto di modula-
zione ed utilizzando, direttamente o mediante interpolazione, i dati memorizzati. Il
calcolo fuori linea degli angoli di commutazione può essere effettuato impiegando gli
stessi criteri (eliminazione delle armoniche o tecniche di ottimizzazione) già descritti
nel paragrafo precedente. Occorre, comunque, tenere presente che in questo caso
è necessario imporre il vincolo che l’ampiezza dell’armonica fondamentale coincida
con quella corrispondente alla tabella.

Una successiva evoluzione, connessa all’impiego di microprocessori, è consistita


nella scelta di forme d’onda modulate, diverse da quelle ottenute mediante la sottoo-
scillazione, che presentano una minore difficoltà implementativa e che consentono di
ottenere un migliore contenuto armonico della tensione di uscita. Tale approccio è
stato impiegato specialmente per la realizzazione di gruppi di continuità con uscita
sinusoidale e per l’alimentazione di macchine elettriche in c.a.; la scelta della forma
d’onda più opportuna è comunque connessa al particolare tipo di applicazione.
9.6. Tecniche di modulazione impiegate per variare la tensione di uscita 245

9.6.3 Peculiarità delle tecniche di modulazione impiegate nei


sistemi trifase
In molti sistemi trifase, in particolare modo quando il carico è costituito da macchine
elettriche, risulta di primaria importanza imporre che le forme d’onda fornite dalle
tre fasi dell’inverter presentino tre andamenti temporali il più possibile uguali tra
loro e sfasati esattamente di un terzo di periodo. In tal modo, infatti, si evita
l’insorgere di campi ellittici ed inoltre, come già più volte evidenziato, si eliminano
gli effetti delle armoniche di ordine multiplo di tre.
Quando la modulazione è ottenuta impiegando la tecnica della sottooscillazione,
pertanto, le tre tensioni modulanti devono risultare esattamente sfasate tra loro di
un terzo di periodo. Per quanto concerne le tre portanti è possibile ricorrere ad una
delle seguenti tre soluzioni:

• tre forme d’onda sfasate tra loro di un terzo del periodo della modulante;

• tre forme d’onda sfasate tra loro di un terzo del periodo della portante;

• tre forme d’onda in fase.

La prima soluzione fornisce i migliori risultati, in quanto garantisce che le tre


tensioni modulate soddisfino i requisiti precedentemente menzionati; essa presenta
però grosse difficoltà realizzative quando l’inverter funziona a frequenza variabile
se la modulazione viene effettuata impiegando un dispositivo analogico. In questo
caso si preferisce, pertanto, ricorrere alla terza soluzione, che risulta più semplice e
permette di ottenere una migliore simmetria rispetto alla seconda.
Quando il rapporto k tra la frequenza della portante e quella della modulante vie-
ne mantenuto costante, è conveniente che questo sia scelto intero dispari e multiplo
di tre. In tal modo, infatti, l’armonica di ordine k, che, come visto, ha un’am-
piezza alquanto rilevante, non produce alcun effetto sul comportamento complessivo
del sistema. Si può, inoltre, osservare che in questo caso la prima e la terza del-
le condizioni precedenti sullo sfasamento delle tre portanti risultano perfettamente
coincidenti.
La proprietà dei sistemi trifase di non risentire della eventuale presenza di ar-
moniche di ordine multiplo di tre, può venire sfruttata per ridurre la limitazione sul
massimo valore della prima armonica della tensione di uscita, propria della sottoo-
scillazione. Infatti, come mostrato nella fig. 9.66, sommando alla tensione modulante
una terza armonica, in fase con la fondamentale e di ampiezza opportuna, si può
fare in modo che, anche per valori della sua prima armonica leggermente maggiori
della portante, il valore istantaneo della tensione modulante risulti sempre minore
246 Capitolo 9. Convertitori c.c.-c.a.

v1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
t
-0.2
-0.4
-0.6
-0.8
-1
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

Figura 9.66: Modulante con terza armonica.

dell’ampiezza della portante. Scegliendo l’ampiezza della terza armonica uguale ad


un sesto di quella della prima armonica, il valore massimo della tensione modulan-

te risulta pari a 3/2 volte l’ampiezza della prima armonica; pertanto, l’ampiezza
della armonica fondamentale fornita dall’inverter può raggiungere un valore pari ad

2V0 / 3,cioè pari a circa 0.9 volte quello corrispondente all’onda quadra.
Capitolo 10

Convertitori c.a.-c.c.

I convertitori c.a.-c.c. sono stati i primi convertitori di potenza ad essere realizzati


in maniera statica. Tranne che in particolari applicazioni, nelle quali sia essenziale
assorbire energia dalla rete in c.a. con un elevato fattore di potenza e/o con un
ridotto contenuto armonico, i convertitori c.a.-c.c. sono realizzati mediante Tiristori.
Infatti, in questi convertitori, come del resto in tutti i convertitori alimentati in c.a.,
l’impiego dei Tiristori non comporta l’aggiunta di circuiti ausiliari di spegnimento,
in quanto il problema dello spegnimento è risolto con l’ausilio della stessa tensione
di alimentazione (commutazione naturale).
Nel seguito verranno esaminate le principali strutture dei convertitori c.a.-c.c. a
commutazione naturale (a semionda e ad onda intera, con alimentazione monofase
e trifase, monodirezionali e bidirezionali) e, per ciascuna di queste, verranno fornite
indicazioni per il calcolo dei valori istantanei, medi ed efficaci della tensione e della
corrente fornite al carico e per la determinazione del valore massimo della tensione
applicata ai Tiristori. In realtà, i convertitori a semionda presentano, attualmente,
un interesse applicativo del tutto trascurabile; la loro descrizione ha quindi il solo
scopo di facilitare la comprensione del funzionamento dei circuiti più complessi.
Successivamente verranno esaminati i principali effetti che l’impiego dei con-
vertitori a commutazione naturale produce sulla rete di alimentazione e verranno
illustrate alcune soluzioni, a commutazione naturale e a commutazione forzata, che
permettono di ridurre tali effetti.
La trattazione sarà effettuata trascurando, inizialmente, l’influenza dell’indut-
tanza propria della sorgente di alimentazione. Solo nell’ultimo paragrafo, e li-
mitatamente ai convertitori maggiormente impiegati, tale influenza sarà presa in
considerazione.
In tutti gli schemi presentati si è supposto che il convertitore venga alimentato

247
248 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

tramite un trasformatore. In realtà solo per alcuni circuiti (convertitori con tra-
sformatore a presa centrale) la presenza del trasformatore è necessaria; per gli altri,
se non interessa né avere una tensione di alimentazione diversa da quella di rete
né isolare galvanicamente il carico dalla rete di alimentazione, il trasformatore può
essere omesso.

10.1 Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete mono-


fase

10.1.1 Convertitore monofase a semionda


Il convertitore monofase a semionda, il cui schema è riportato nella fig. 10.1, è
il più semplice convertitore c.a.-c.c. ed è costituito, oltre che dal trasformatore
di alimentazione, che, come già evidenziato, può anche non essere presente, da un
Tiristore. Il suo funzionamento sarà analizzato considerando dapprima un carico
puramente resistivo e, successivamente, un carico resistivo induttivo.

RC iu

ea vu

Figura 10.1: Convertitore monofase a semionda.

Carico puramente resistivo. Se il Tiristore viene scelto con una tensione diretta
maggiore del valore di picco, Ea , della tensione di alimentazione ea , in assenza di
impulsi di accensione questo rimane sempre interdetto e nel carico non circola alcuna
corrente.
Se invece, ad ogni periodo, T , della tensione di alimentazione ea , si applica al
Tiristore un impulso di accensione nel semiperiodo durante il quale l’anodo è polariz-
zato positivamente rispetto al catodo, il Tiristore entra in conduzione e, nell’ipotesi
di carico puramente resistivo, continua a condurre fino al successivo passaggio per
lo zero della tensione di alimentazione, spegnendosi poi in maniera quasi statica.
Indicato con ta (ritardo di accensione) il ritardo intercorrente tra l’istante in cui
la tensione di alimentazione attraversa lo zero con pendenza positiva (cioè l’istante
10.1. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 249

a partire dal quale il pilotaggio del Tiristore è in grado di provocarne l’accensione)


e l’istante in cui il Tiristore viene acceso, la forma d’onda della tensione applicata
al carico assume l’andamento illustrato nella fig. 10.2, nella quale ϕa (angolo di
accensione)† risulta pari al prodotto tra il ritardo di accensione ta e la pulsazione ω
della tensione di alimentazione.

vu ea

π 2π
ϕa ωt
ϕa

Figura 10.2: Andamento della tensione applicata al carico.

Nella fig. 10.3 sono riportati gli andamenti della corrente iu fornita al carico
e della tensione applicata al Tiristore, nell’ipotesi che il comportamento di que-
st’ultimo possa essere considerato ideale (commutazione istantanea, caduta diretta
durante la conduzione e corrente inversa trascurabili).

iu

π 2π
ϕa ωt
ϕa

vR C

π 2π
ϕa ϕa ωt

Figura 10.3: Andamenti della corrente fornita al carico e della tensione applicata al
Tiristore.

I valori medi, V̄u e I¯u , della tensione e della corrente applicate al carico risultano


In molte trattazioni l’angolo di accensione viene indicato con il simbolo α; in questo testo, sia
per conservare una analogia con il ritardo di accensione ta , sia per motivi di continuità didattica,
si è preferito utilizzare il simbolo ϕa .
250 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

quindi pari a:
Z Z T /2
1 T /2 1
V̄u = Ea sin (ωt) dt = Ea sin (ωt) d(ωt) =
T ta 2π ta
Z π (10.1)
1 Ea
= Ea sin (ϕ) dϕ = [1 + cos (ϕa )]
2π ϕa 2π
V̄u Ea
I¯u = = [1 + cos (ϕa )] . (10.2)
R 2πR

I valori efficaci, Vu eff ed Iu eff , della tensione applicata al carico e della corrente
che circola nel Tiristore e nel carico possono, quindi, essere calcolati mediante le
seguenti espressioni:
s Z r
π
1 2 2 (π − ϕa ) + sin (2ϕa )
Vu eff = Ea2 sin (ωt) d (ωt) = Ea
2π ϕa 8π
r (10.3)
Vu eff Ea 2 (π − ϕa ) + sin (2ϕa )
Iu eff = = .
R R 8π

La potenza fornita al carico risulta, infine, pari a:

Vu2eff E2
Pu = = a [2 (π − ϕa ) + sin (2ϕa )] . (10.4)
R 8πR

Occorre notare che, impiegando il circuito in esame, nel secondario del trasforma-
tore fluisce la stessa corrente che attraversa il Tiristore ed il carico. Tale corrente è
monodirezionale ed impone al nucleo del trasformatore di lavorare in una condizione
di dissimmetria rispetto all’origine; pertanto il circuito magnetico del trasformato-
re deve essere sovradimensionato ed è spesso indispensabile, onde evitare la sua
saturazione, usare un trasformatore con traferro.

Circuito di pilotaggio. L’espressione (10.1) mostra che il legame tra il valore me-
dio della tensione applicata al carico e quello della variabile di controllo ϕa risulta
fortemente non lineare; è comunque possibile superare tale inconveniente impiegan-
do un circuito di pilotaggio che permette di ottenere un legame lineare tra la sua
tensione di ingresso vm ed il valore medio della tensione fornita dal convertitore.
Tale circuito, il cui schema di principio è riportato nella fig. 10.4, è costituito essen-
zialmente da un comparatore, che effettua il confronto tra la tensione di controllo
vm ed una forma d’onda ausiliaria vp , seguito da un circuito (nella figura un diffe-
renziatore e un Diodo) atto ad inviare un impulso di accensione al Tiristore quando
la tensione v1 di uscita del comparatore passa dal valore basso al valore alto, cioè
quando la tensione di controllo vm diventa maggiore della tensione ausiliaria vp .
10.1. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 251

vm +
v1 v2 v3
-
vp

Figura 10.4: Circuito di pilotaggio.

Per ottenere un legame lineare tra il valore medio della tensione fornita dal con-
vertitore ed il valore della tensione di controllo vm , occorre che la tensione ausiliaria
vp sia costituita dalla somma di un segnale sinusoidale, sincrono con la tensione ea
di alimentazione del convertitore e in anticipo, rispetto a quest’ultima, di un angolo
pari a π/2, e di un segnale continuo di ampiezza pari a quella della componente
sinusoidale. Infatti se, con l’origine dell’asse dei tempi assunta nella fig. 10.5, che
riporta gli andamenti delle varie tensioni presenti nel circuito di controllo, si sceglie:

vp (t) = Vp [1 + cos (ωt)] , (10.5)

l’angolo di accensione ϕa risulta pari a:


 
vm
ϕa = arccos −1 . (10.6)
Vp

Sostituendo nella (10.1) il valore di ϕa fornito dalla (10.6), si ottiene infine:

Ea
V̄u = vm . (10.7)
2πVp

Scegliendo, infine, un’ampiezza della tensione ausiliaria proporzionale a quella


della tensione di alimentazione:

Vp = kEa ,

si ottiene che il valore medio della tensione applicata al carico:

1
V̄u = vm , (10.8)
2πk

risulta anche indipendente dalla tensione di alimentazione del convertitore; ciò può
ovviamente avvenire solo per valori di vm minori di 2kEa .
L’impiego di un circuito di comando che permetta di ottenere un legame lineare
tra la variabile di controllo e il valore medio della tensione applicata al carico risulta
comodo quando, non essendo richiesta una elevata precisione, il controllo della ten-
sione di uscita può essere effettuato senza ricorrere ad una struttura a catena chiusa.
252 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

ea

ωt

vp

vm

ωt
v1

ωt
v2

ωt

v3

ϕa ωt

Figura 10.5: Andamenti delle tensioni nel circuito di pilotaggio.

Quando, invece, la precisione richiesta è tale da non potere essere soddisfatta con un
controllo a catena aperta, si fa in genere ricorso a circuiti di comando più semplici,
in quanto la linearità tra il valore della variabile di controllo ed il valore medio della
tensione di uscita viene assicurata dal sistema di controllo a controreazione.

Carico induttivo. Quando il carico presenta, in serie alla resistenza R, anche


una induttanza L, la conduzione del Tiristore non termina, a causa dell’energia
immagazzinata nell’induttanza, nell’istante in cui la tensione ea di alimentazione
attraversa lo zero con pendenza negativa. Pertanto, lo spegnimento del Tiristore
avviene in corrispondenza ad un angolo ϕs (angolo di spegnimento), maggiore di π,
il cui valore dipende, oltre che dal valore di ϕa , dai parametri del carico. La tensione
applicata al carico assume, quindi, l’andamento mostrato nella fig. 10.6.
Il valore medio della tensione fornita dal convertitore risulta, pertanto:
Z ϕs
1 Ea
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = [cos (ϕa ) − cos (ϕs )] , (10.9)
2π ϕa 2π
10.1. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 253

vu ea

ϕs 2π
ϕa ωt
ϕa

Figura 10.6: Andamento della tensione applicata al carico.

e, a causa del ritardato spegnimento, assume un valore minore di quello che si


sarebbe ottenuto nel caso di carico puramente resistivo.
Per determinare il valore dell’angolo di spegnimento, occorre calcolare l’anda-
mento della corrente fornita dal convertitore. Durante l’intervallo di tempo compre-
so tra l’accensione e lo spegnimento del Tiristore la tensione applicata al carico è
pari ad ea ; pertanto, l’andamento della corrente iu assorbita dal carico può essere
descritto mediante la seguente equazione differenziale:

diu (t)
L = −Riu (t) + Ea sin (ωt) , (10.10)
dt

con la condizione iniziale:

iu (ta ) = 0. (10.11)

Risolvendo l’equazione differenziale 10.10 ed imponendo la condizione iniziale


10.11, si ottiene:
h i
−R (t−ta )
iu (t) = A sin (ωt − θ) − sin (ϕa − θ) e L , (10.12)

in cui:
 
Ea ωL
A= q θ = arctan .
2 R
R2 + (ωL)

Come mostrato nella fig. 10.7, la forma d’onda della corrente fornita al carico
è composta da due termini. Il primo, costituito da una sinusoide, ritardata di
un angolo θ rispetto alla tensione ea e di ampiezza A pari a quella della tensione
di alimentazione divisa per il modulo dell’impedenza del carico, corrisponde alla
corrente che si circolerebbe nel circuito resistivo induttivo se la tensione ea fosse
applicata senza interruzioni. Il secondo ha un andamento esponenziale decrescente,
254 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

di ampiezza iniziale pari ad A sin (ϕa − θ) e costante di tempo uguale a quella del
carico, e tiene conto del transitorio di accensione.

iu e a /Z
ea

iu
ϕs
θ ωt

ϕa

Figura 10.7: Andamento della corrente fornita al carico.

Dall’eq. (10.12) è possibile, noto il valore di ϕa e quello dei parametri del carico,
ricavare il valore dell’angolo di spegnimento, determinando il più piccolo valore di t
(maggiore di ta ) in corrispondenza al quale la corrente di carico si annulla. Si ottiene
così la seguente equazione trascendente:

R
sin (ϕs − θ) = sin (ϕa − θ) e− ωL (ϕs −ϕa ) , (10.13)

che non può essere risolta in maniera analitica, ma permette di ottenere il valore di
ϕs per via numerica.
La fig. 10.8 riporta un grafico che fornisce il valore di ϕs , in funzione di ϕa e
del parametro ωL/R. Inserendo il valore di ϕs , ricavato dalla figura, nell’eq. (10.9)
è, quindi, possibile calcolare il valore medio della tensione applicata al carico. La
fig. 10.9 fornisce, per vari valori del rapporto ωL/R, l’andamento del valore medio
della tensione fornita dal convertitore (riferita al suo valore massimo VM = E2πa ) in
funzione dell’angolo ϕa .
Siccome il valore medio della tensione applicata all’induttanza è nullo, il valo-
re medio della corrente iu risulta pari al valore medio della tensione diviso per la
resistenza del carico:

V̄u
I¯u = . (10.14)
R

Quando la resistenza R è uguale a zero, l’angolo di spegnimento diventa pari a


2π − ϕa e il valore medio della tensione è nullo. Pertanto, per determinare il valore
medio della corrente, non è possibile fare ricorso all’eq. (10.14) ma occorre prendere
in considerazione l’andamento della corrente durante l’intervallo di conduzione.
10.1. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 255

360
ω L/R = ∞
100

330 25

10
300
5

270
ϕs
3

240
1

210 0.5

0.25

180
0 30 60
ϕa90 120 150 180

Figura 10.8: ϕs in funzione di ϕa , per diversi valori di ωL/R.

1
ω L/R =0
1

0.8
2

0.6 3

Vu / VM
5
0.4

10

0.2
25

0
0 30 60
ϕa90 120 150 180

Figura 10.9: V̄u in funzione di ϕa , per diversi valori di ωL/R.

Particolarizzando l’espressione (10.12) al caso di resistenza nulla:

cos (ϕa ) − cos (ωt)


iu (t) = Ea , (10.15)
ωL

si ricavano gli andamenti della corrente di carico illustrati nella fig. 10.10.
256 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

iu ϕa = 0
ea ϕa = π / 4 ϕa = π / 2
1

0
ϕa = 3 π / 4 ωt
-1

Figura 10.10: Andamenti della corrente su un carico prettamente induttivo, per


diversi valori di ϕa .

Il valore medio della corrente di carico risulta quindi:


Z ϕs
1 cos (ϕa ) − cos (ϕ)
I¯u = Ea dϕ =
2π ϕa ωL
(ϕs − ϕa ) cos (ϕa ) − sin (ϕs ) + sin (ϕa ) (10.16)
= Ea =
2πωL
(π − ϕa ) cos (ϕa ) + sin (ϕa )
= Ea .
πωL

Convertitore con Diodo di libera circolazione. Come già messo in evidenza,


il ritardo introdotto dall’induttanza sullo spegnimento del Tiristore provoca una
riduzione dei valori medi della tensione e della corrente applicate al carico; questa
riduzione è particolarmente consistente per valori di ωL/R maggiori di qualche unità.
Per evitare ciò, si può, come mostrato nella fig. 10.11, ricorrere all’inserzione di un
Diodo in parallelo al carico.

RC iu

R
ea D L
vu

Figura 10.11: Convertitore con Diodo di libera circolazione.

La presenza di tale Diodo (detto Diodo di libera circolazione) consente una nuo-
va via di passaggio della corrente di carico quando la tensione di alimentazione
diventa negativa, impedendo che la tensione fornita dal convertitore possa diventare
negativa.
La fig. 10.12 illustra gli andamenti della tensione e della corrente applicate al
carico da quest’ultimo circuito e quelli delle correnti che circolano nel Tiristore (iRC )
10.1. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 257

e nel Diodo (iD ). Dalla figura si può rilevare che, impiegando il Diodo di libera
circolazione, l’andamento della tensione fornita dal convertitore risulta identico a
quello che si sarebbe ottenuto con un carico puramente resistivo. Pertanto, i valori
medi della tensione e della corrente applicate al carico sono indipendenti dal valore
della eventuale componente induttiva.

vu

π
ϕa ωt

iu

iR C

iD

Figura 10.12: Andamenti della tensione e della corrente applicate al carico e delle
correnti che circolano nel Tiristore e nel Diodo.

L’andamento temporale della corrente fornita dal convertitore, invece, risulta


fortemente influenzato dal valore della componente induttiva. Infatti, se all’istante
t = ta in cui il Tiristore viene acceso l’intensità della corrente applicata al carico è
circa nulla, nell’intervallo di tempo caratterizzato da un valore di ωt compreso tra
ϕa e π, l’andamento di iu risulta identico a quello che si sarebbe avuto in assenza
del Diodo di libera circolazione, mentre, nel successivo intervallo di tempo (cioè per
ωt compreso tra π e 2π + ϕa ), la corrente iu assume un andamento esponenziale
decrescente con costante di tempo τ = L/R.
Quando, come nella situazione alla quale si riferisce la fig. 10.12, la costante
di tempo è piccola rispetto al periodo (τ = L/R < 0.1T ), al successivo istante
di accensione del Tiristore la corrente iu è praticamente nulla; in caso contrario
la corrente applicata al carico non si annulla mai e la conduzione del Tiristore
inizia (avendo trascurate l’induttanza della sorgente di alimentazione e quella di
dispersione del trasformatore) con un gradino di corrente.
258 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

Si può, infine, osservare che la presenza dell’induttanza e del Diodo di libera


circolazione riduce, a parità di valore medio, l’ondulazione della corrente fornita
dal convertitore. In molte applicazioni, quindi, tali componenti sono aggiunti di
proposito per migliorare le caratteristiche della forma d’onda della corrente che
circola nel carico. Per contro, come già messo in evidenza, nei convertitori con Diodo
di libera circolazione la tensione applicata al carico non può mai assumere valori
negativi; pertanto, anche se ciò non risulta particolarmente evidente nel convertitore
a semionda, la presenza del Diodo di libera circolazione modifica profondamente il
comportamento esterno del convertitore rendendolo monodirezionale.

10.1.2 Convertitore ad onda intera con trasformatore a presa


centrale
Il convertitore monofase ad onda intera con trasformatore a presa centrale, il cui
schema è riportato nella fig. 10.13, è costituito da un trasformatore a presa centrale
e da due Tiristori; questi ultimi funzionano alternativamente ogni semiperiodo e
vengono accesi, con lo stesso angolo di ritardo ϕa , rispetto agli istanti in cui la
tensione ea diventa positiva (RC1 ) e negativa (RC2 ).

RC1

ea
vu

iu
-ea

RC2
Figura 10.13: Convertitore monofase ad onda intera con trasformatore a presa
centrale.

Carico puramente resistivo. Quando il carico è puramente resistivo, la tensione


e la corrente applicate al carico assumono gli andamenti illustrati nella fig. 10.14.
10.1. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 259

Nella stessa figura, è anche riportato l’andamento della tensione vRC1 applicata al
Tiristore RC1 ; esaminando quest’ultimo andamento si può osservare che il valore
massimo della tensione che i Tiristori devono sopportare risulta pari a 2Ea , cioè al
doppio di quello relativo al circuito a semionda.

vu
ea -ea ea

π
ϕa ωt

-ea ea -ea
vR C1

π 2π
ϕa ωt
ϕa

2Ea

iu

π 2π
ϕa ωt

Figura 10.14: Andamenti della tensione e della corrente applicate ad un carico


puramente resistivo.

Anche i valori medi della tensione e della corrente applicate al carico e il valore
della potenza trasferita risultano doppi di quelli precedenti:
Z
1 π Ea
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = [1 + cos (ϕa )]
π ϕa π
V̄u Ea (10.17)
I¯u = = [1 + cos (ϕa )]
R πR
E2
Pu = a [2 (π − ϕa ) + sin (2ϕa )] .
4πR

Per contro, il valore efficace della corrente che circola in ogni Tiristore è identico
a quello già ricavato per il circuito a semionda.
260 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

I valori efficaci della tensione e della corrente applicate al carico risultano poi:
s Z r
1 π 2 2 2 (π − ϕa ) + sin (2ϕa )
Vu eff = Ea sin (ϕ) dϕ = Ea
π ϕa 4π
r (10.18)
Vu eff Ea 2 (π − ϕa ) + sin (2ϕa )
Iu eff = = ,
R R 4π

cioè pari a 2 volte quelli relativi al circuito a semionda.
È da notare, infine, che nel circuito in esame la corrente che circola nel cari-
co fluisce alternativamente nei due semisecondari del trasformatore; pertanto, se i
due semisecondari sono perfettamente uguali, la componente continua della forza
magnetomotrice applicata al nucleo del trasformatore risulta nulla.

Carico induttivo. Quando il carico presenta, in serie alla resistenza, anche una
induttanza L, il convertitore può operare secondo due distinte modalità di funzio-
namento: una con conduzione discontinua, l’altra con conduzione continua.
Tenendo presente i risultati ai quali si è pervenuti esaminando il circuito a se-
mionda con carico RL, se l’angolo di spegnimento ϕs è minore di π + ϕa , nell’istante
in cui un Tiristore viene chiuso, l’altro Tiristore si è già spento; in tale situazione,
quindi, la conduzione è di tipo discontinuo e le tensioni applicate al carico e ad un
Tiristore assumono gli andamenti illustrati nella fig. 10.15. Quando il funzionamen-
to è a conduzione discontinua, quindi, i valori medi della tensione e della corrente
applicate al carico risultano doppi di quelli relativi al circuito a semionda.

vu
ea -ea ea

π
ϕs
ϕa ωt

-ea ea -ea
vR C1

π ϕs 2π
ϕa ωt
ϕa

2Ea

Figura 10.15: Andamento della tensione applicata al carico e ad un Tiristore -


Conduzione discontinua.
10.1. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 261

Quando, invece, il valore di ϕs fornito dell’eq. (10.13), è maggiore di π + ϕa ,


nell’istante t = (ϕa + π) /ω, in cui RC2 viene acceso, RC1 si trova ancora in con-
duzione. Pertanto, l’accensione di RC2 provoca lo spegnimento forzato di RC1 e
la commutazione della corrente da RC1 a RC2 ; supponendo che la commutazione
sia istantanea, cioè trascurando l’effetto dell’impedenza della sorgente e del trasfor-
matore di alimentazione, le tensioni applicate al carico e ad RC1 e la corrente iu
assumono gli andamenti illustrati nella fig. 10.16.

vu
ea -ea ea

π
ϕa ωt

-ea ea -ea
vR C1

π 2π
ϕa ωt
ϕa

2Ea

iu

ϕa ωt

Figura 10.16: Andamento delle tensioni e della corrente di uscita - Conduzione


continua.

I valori medi della tensione e della corrente fornite dal convertitore, quando
questo funziona con conduzione continua sono, pertanto, indipendenti dal valore di
ωL/R e risultano pari a:
Z
1 π+ϕa 2Ea
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = cos (ϕa )
π ϕa π
(10.19)
V̄u 2Ea
I¯u = = cos (ϕa ) .
R πR

Per un assegnato valore del rapporto ωL/R, al crescere dell’angolo di accensione


il funzionamento passa da conduzione continua a conduzione discontinua. Esiste,
262 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

quindi, un valore di ϕa per cui la conduzione è al limite tra i due tipi di funzio-
namento; in corrispondenza a tale valore di ϕa , le due espressioni del valore medio
della tensione applicata al carico, relative alla conduzione continua e alla conduzione
discontinua, forniscono lo stesso risultato. Pertanto, il grafico che fornisce il valore
medio della tensione fornita dal convertitore può essere ricavato sovrapponendo, al
grafico relativo alla conduzione discontinua, la curva relativa alla conduzione con-
tinua, ottenuta mediante l’eq. (10.19), ed eliminando i tratti di caratteristica alla
sinistra di quest’ultima curva. Si ottiene, quindi, il grafico riportato nella fig. 10.17,
nel quale la curva esterna corrisponde al caso di carico puramente resistivo (condu-
zione sempre discontinua) mentre la curva interna corrisponde al funzionamento con
conduzione continua. Le curve intermedie corrispondono, invece, al funzionamento
con conduzione discontinua, per vari valori del rapporto ωL/R.

1
ω L/R =0

0.75
1

0.5
2
Vu / VM
3

0.25
5

10
25
0
0 30 60
ϕa 90 120 150 180

ωL
Figura 10.17: V̄u in funzione di ϕa , per diversi valori di R
.

Circuiti di pilotaggio. Il circuito di pilotaggio illustrato nel sottoparagrafo prece-


dente può essere utilizzato anche nel caso di convertitore ad onda intera, impiegando
due identici circuiti e due segnali ausiliari, vp1 e vp2 , distinti per i due Tiristori. Se
il carico è puramente resistivo, scegliendo:

vp1 = kEa [1 + cos (ωt)]


(10.20)
vp2 = kEa [1 − cos (ωt)] ,

il valore medio della tensione applicata al carico risulta:

1
V̄u = vm . (10.21)
πk
10.1. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 263

Se, invece, il valore di ωL/R è sufficientemente elevato da garantire la conduzione


continua in quasi tutto il campo di escursione del valore medio della tensione di
uscita, risulta conveniente scegliere i seguenti andamenti dei segnali ausiliari:

vp1 = kEa cos (ωt)


(10.22)
vp2 = −kEa cos (ωt) ,

in modo da ottenere un legame lineare in tutto il campo di funzionamento a condu-


zione continua:

2
V̄u = vm . (10.23)
πk

Diodo di libera circolazione. Anche nel caso di circuito ad onda intera, l’im-
piego di un Diodo di libera circolazione permette di ottenere un valore medio della
tensione e della corrente applicate al carico indipendente dal valore di ωL/R. Per
contro, come in tutti i convertitori che comprendono Diodi, il convertitore diventa
monodirezionale.
Quando si impiega il Diodo di libera circolazione l’interesse a determinare se la
conduzione è di tipo continuo o discontinuo risulta trascurabile, in quanto il tipo di
conduzione non modifica in maniera significativa il funzionamento del convertitore.
Si può, comunque, osservare che nei convertitori ad onda intera con Diodo di libera
circolazione la conduzione è in generale di tipo continuo anche per piccoli valori del
rapporto ωL/R.

10.1.3 Convertitore a ponte totalmente controllato


Un funzionamento analogo a quello del convertitore esaminato nel paragrafo prece-
dente può essere ottenuto anche senza l’impiego di un trasformatore a presa centrale,
utilizzando il circuito a ponte riportato nella fig. 10.18.
Accendendo contemporaneamente i Tiristori RC1 e RC20 durante il semiperiodo in
cui la tensione di alimentazione ea è positiva e i Tiristori RC10 e RC2 durante l’altro
semiperiodo, le forme d’onda della tensione e della corrente applicate al carico e
quella della corrente che attraversa i Tiristori risultano, nelle diverse condizioni di
carico, identiche a quelle già esaminate.
Per contro, come si può rilevare dalle figure 10.19 e 10.20, che si riferiscono rispet-
tivamente al caso di carico puramente resistivo ed a quello di conduzione continua,
il valore massimo della tensione applicata ai Tiristori è pari ad Ea ; a parità di ten-
sione fornita al carico, il dimensionamento in tensione dei Tiristori nel convertitore
a ponte è, quindi, pari alla metà di quello relativo al convertitore con trasformatore
264 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

iu
RC1 RC2

ea vu

RC1 ' RC2'

Figura 10.18: Convertitore a ponte totalmente controllato.

a presa centrale. Quando l’ampiezza della tensione di alimentazione è elevata, il


circuito a ponte risulta più conveniente di quello con trasformatore a presa centrale
sia per la riduzione della tensione applicata ai Tiristori sia perché, come si vedrà in
seguito, richiede un minore sovradimensionamento del trasformatore di alimentazio-
ne. Viceversa, la maggiore caduta di tensione dovuta alla presenza di due Tiristori
in serie ne sconsiglia l’impiego quando l’ampiezza della tensione di alimentazione è
molto piccola.

vR C1

π 2π
ϕa ωt
ϕa
Ea

Figura 10.19: Andamento della tensione su un Tiristore - carico puramente resistivo.

vR C1

π 2π
ϕa ωt
ϕa
Ea

Figura 10.20: Andamento della tensione su un Tiristore - conduzione continua.

Anche nel circuito a ponte totalmente controllato, l’utilizzazione di un Diodo


10.1. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete monofase 265

di libera circolazione permette di ottenere che i valori medi della tensione e della
corrente applicate al carico siano indipendenti dalla eventuale induttanza presente
nel carico; l’impiego di un Diodo di libera circolazione non risulta, però, convenien-
te in quanto lo stesso tipo di funzionamento può essere ottenuto impiegando un
convertitore a ponte semicontrollato, che risulta più economico.

10.1.4 Convertitore a ponte semicontrollato


Il convertitore monofase a ponte semicontrollato deriva da quello a ponte totalmente
controllato mediante la sostituzione di due Tiristori con due Diodi. Tale modifica
può essere effettuata sostituendo i due Tiristori connessi alla stessa linea di uscita,
come mostrato nella fig. 10.21, oppure sostituendo i due Tiristori di uno stesso ramo
del ponte, come mostrato nella fig. 10.22.

iu
RC1 RC2

ea vu

D1 D2

Figura 10.21: Convertitore a ponte semicontrollato - Tiristori con catodo in comune.

Il circuito più impiegato, ed al quale si farà riferimento in seguito, è quello


illustrato nella fig. 10.21 che, rispetto all’altro, presenta il vantaggio di avere i catodi
dei due Tiristori allo stesso potenziale. Per contro, il circuito di fig. 10.22 presenta
il vantaggio di un minore dimensionamento in corrente dei Tiristori e quello di
consentire la circolazione della corrente, anche se nessuno dei Tiristori viene acceso.
Prendendo in considerazione il circuito di fig. 10.21, nell’istante t = ta = ϕa /ω, in
cui viene inviato un impulso di accensione al Tiristore RC1 , questo inizia a condurre
assieme a D2 . Quando il carico è puramente resistivo la conduzione del Tiristore e del
Diodo terminano al successivo passaggio per lo zero della tensione di alimentazione.
Pertanto, come mostrato nella fig. 10.23, gli andamenti delle tensioni applicate al
carico e ai Tiristori (e quindi anche quelli della corrente che circola nel carico e
266 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

iu
RC1 D2

ea vu

RC1 ' D2'

Figura 10.22: Convertitore a ponte semicontrollato - soluzione alternativa.

nei semiconduttori) risultano identici a quelli di un convertitore a ponte totalmente


controllato con carico puramente resistivo.

vu

ϕa π 2π ωt

vRC 1

π 2π
ϕa ωt
ϕa
Ea

vR C2


ϕa π ωt
ϕa
Ea

Figura 10.23: Andamenti delle tensioni applicate al carico e ai Tiristori.

Quando, invece, il carico presenta anche una componente induttiva, nell’istante


t = t1 = π/ω, in cui la tensione ea attraversa lo zero, la corrente assorbita dal carico
non è nulla e la conduzione del convertitore prosegue. Appena la tensione ea si
inverte, il Diodo D1 si trova polarizzato direttamente ed inizia a condurre mentre il
Diodo D2 (che stava conducendo) viene polarizzato inversamente. Pertanto il Diodo
10.2. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase 267

D2 si spegne e la corrente assorbita dal carico continua a circolare tramite RC1 e


D1 , che svolgono la funzione del diodo di libera circolazione. Gli andamenti delle
tensioni applicate al carico e ai Tirsitori rimangono pertanto identici a quelli già
illustrati nel caso di carico resistivo.

10.2 Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase


Come fatto per i convertitori monofase, anche per esaminare il funzionamento dei
convertitori alimentati da una rete trifase, si prenderà in considerazione dapprima
il circuito a semionda che, pur presentando un interesse applicativo trascurabile,
permette di mettere in evidenza le principali peculiarità dei convertitori trifase.
L’esame del comportamento dei convertitori trifase sarà effettuato supponendo che
il sistema di alimentazione sia perfettamente simmetrico, cioè che le tre tensioni di
fase abbiano la stessa ampiezza Ea e siano esattamente sfasate tra loro di un terzo
di periodo; si supporrà inoltre che la sequenza ciclica sia r, s, t, cioè che, come
mostrato nella fig. 10.24, la tensione es sia sfasata in ritardo di un terzo di periodo
rispetto ad er .

e er es et er

π 2π ωt

Figura 10.24: Andamenti delle tensioni di alimentazione.

Anche nel caso di alimentazione trifase, il funzionamento del convertitore è in-


fluenzato dalla natura del carico; per semplificare la trattazione verranno nel seguito
esaminati in dettaglio solo i due casi estremi di carico puramente resistivo e di carico
prettamente induttivo, cioè tale da mantenere il convertitore in conduzione continua
per tutti i valori dell’angolo di accensione (ϕa < π/2) che forniscono un valore medio
positivo della tensione di uscita.

10.2.1 Convertitore trifase a semionda


Come mostrato nella fig. 10.25, lo schema di principio del convertitore trifase a
semionda è costituito, oltre che da un trasformatore trifase con secondario a stella e
neutro accessibile, da tre Tiristori che connettono il carico alle tre fasi del secondario
del trasformatore.
268 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

RCr
RCs

RCt
er es et iu vu

Figura 10.25: Convertitore trifase a semionda.

Anche nel caso di convertitori alimentati da rete trifase, il controllo del valo-
re medio della tensione fornita dal convertitore viene effettuato agendo sul ritardo
di accensione (o angolo ϕa di accensione) dei singoli Tiristori e cioè sulla durata
dell’intervallo di tempo (o dell’intervallo angolare) intercorrente tra l’istante in cui
ogni Tiristore può, se pilotato, entrare in conduzione e quello in cui viene inviato
il relativo impulso di pilotaggio. A differenza, però, da quanto avviene nei circuiti
monofase, nel caso di alimentazione trifase l’istante in cui un Tiristore può entrare
in conduzione non coincide con il passaggio per lo zero di una tensione di fase, ma
con l’istante in cui la tensione della fase corrispondente diventa maggiore (o minore)
delle altre due tensioni di fase; nota la sequenza ciclica delle tre tensioni di fase, la
condizione precedente può, comunque, essere individuata dal passaggio per lo zero
di una opportuna tensione concatenata. Ad esempio, nel caso di convertitore a se-
mionda, se, come riportato nella fig. 10.24, la sequenza ciclica è r, s, t, la condizione
che la tensione er diventi maggiore delle altre due corrisponde alla condizione che
er diventi maggiore di et e, cioè, che la tensione concatenata ert diventi maggiore di
zero. Pertanto, il ritardo di accensione di RCr inizierà nell’istante in cui ert attra-
versa lo zero con pendenza positiva; analogamente i ritardi di accensione di RCs e
RCt inizieranno, rispettivamente, negli istanti in cui le tensioni concatenate esr e ets
diventano positive.

Carico puramente resistivo. Quando il carico è puramente resistivo si verificano,


a seconda del valore di ϕa , due diverse modalità di funzionamento del convertitore.
Infatti, come mostrato nella fig. 10.26, nella quale sono riportati gli andamenti della
tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiristore, quando l’angolo di accensione
ϕa è minore di π/6, nell’istante in cui un nuovo Tiristore entra in conduzione quello
precedentemente acceso si trova ancora in conduzione. Pertanto, quando ϕa è minore
di π/6, la conduzione risulta di tipo continuo anche se il carico è puramente resistivo.
In questa condizione operativa, ogni Tiristore conduce per un angolo pari a 2π/3; il
valore medio della tensione applicata al carico ed il valore efficace della corrente che
10.2. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase 269

circola in ogni Tiristore risultano quindi:


Z 5π +ϕa √
3 6 3 3Ea
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = cos (ϕa )
2π π6 +ϕa 2π
v s (10.24)
u Z 5π +ϕ  2 √
u1 6 a
E E π 3
I eff = t
a a
sin2 (ϕ) dϕ = √ + cos (2ϕa ).
2π π6 +ϕa R 2πR 3 4

Quando l’angolo di accensione è maggiore di π/6, invece, ogni Tiristore viene


abilitato alla conduzione solo dopo che quello precedentemente acceso ha smesso di
condurre. Pertanto, come mostrato nella fig. 10.27, in questo caso la conduzione
risulta discontinua e ogni Tiristore conduce per un angolo pari a 5π/6 − ϕa .
Il valore medio della tensione applicata al carico ed il valore efficace della corrente
che circola in ogni Tiristore risultano pertanto:
Z
3 π
3Ea h π i
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = 1 + cos + ϕa
2π π
+ϕa 2π 6
s6
Z π
Ea 1
I eff = sin2 (ϕ) dϕ = (10.25)
R 2π 6 +ϕa
π

s √
Ea 5π sin (2ϕa ) + 3 cos (2ϕa ) − 4ϕa
= √ + .
2 πR 6 4

La fig. 10.28 riporta l’andamento del valore medio della tensione fornita dal
convertitore in funzione dell’angolo di accensione ϕa . In corrispondenza ad un valore
dell’angolo di accensione pari a π/6 il funzionamento passa da continuo a discontinuo
mentre, come si può rilevare, il valore medio della tensione di uscita si annulla in
corrispondenza ad un angolo di accensione pari a 5π/6.

Carico prevalentemente induttivo. Quando il carico è prevalentemente indut-


tivo (cioè ωL è molto maggiore di R), la conduzione risulta di tipo continuo fino ad
un valore dell’angolo di accensione prossimo a π/2. In questa situazione operativa,
le tensioni applicate al carico e ad un Tiristore assumono gli andamenti illustrati
nella fig.10.29 e l’espressione del valore medio della tensione fornita dal convertitore:
Z 5π
+ϕa

3 6 3 3Ea
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = cos (ϕa ) , (10.26)
2π π
6
+ϕa 2π

coincide con quella già ottenuta per il funzionamento con carico puramente resistivo
e angolo di accensione minore di π/6.
Se si suppone, inoltre, di poter trascurare l’ondulazione della corrente assorbita
270 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

ϕa ϕa ϕa
vu er es et
et

ωt

vRCr

ωt
Ea √ 3

Figura 10.26: Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un


Tiristore, ϕa < π6 .

vu e ϕ ϕa es
t a er ϕa e t

ωt

vRCr

ωt

Ea √ 3

Figura 10.27: Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiristore


- carico resistivo, ϕa > π6 .
10.2. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase 271

Vu / VM
1

-1
π/6 5 π / 6 ϕa

Figura 10.28: Valore medio della tensione applicata ad un carico puramente resistivo.

vu e ϕ
t a er ϕa es ϕa e t

ωt

vRCr

ωt

Ea √ 3

Figura 10.29: Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiristore


- conduzione continua, ϕa > π6 .

dal carico, il valore efficace della corrente che circola in ogni Tiristore è pari a:
s
Z 2π
V̄u 1 3 V̄u
I eff = dϕ = √ . (10.27)
R 2π 0 3R

Quando, invece, ϕa è maggiore o uguale a π/2 la conduzione è sempre di tipo


discontinuo ed il valore medio della tensione di uscita è praticamente nullo.
272 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

Carico debolmente induttivo. Quando l’angolo di accensione è maggiore di π/6


ed il carico è debolmente induttivo, la conduzione può, a seconda dei valori di ωL/R
e di ϕa , risultare di tipo continuo o di tipo discontinuo.
La fig. 10.30 riporta gli andamenti del valore medio della tensione applicata al
carico, per vari valori di ωL/R, al variare dell’angolo di accensione.

0.75

Vu / VM
0.5

0.25

0
0 30 60 ϕa 90 120 150

Figura 10.30: Andamenti del valore medio della tensione applicata al carico.

Nella figura, la curva esterna corrisponde al caso di carico puramente resistivo


mentre la curva interna corrisponde al funzionamento con conduzione continua; le
curve intermedie corrispondono, invece, al funzionamento in conduzione discontinua
per vari valori del rapporto ωL/R. Confrontando tali andamenti con quelli riportati
nella fig. 10.17, si può constatare che, rispetto al caso di convertitore monofase ad
onda intera, la dipendenza dal tipo di carico risulta alquanto ridotta. Anche nel caso
di convertitore trifase a semionda, comunque, tale dipendenza può venire comple-
tamente eliminata inserendo, in parallelo al carico, un Diodo di libera circolazione.
Con tale inserzione, la forma d’onda della tensione applicata al carico risulta indi-
pendente dalla eventuale induttanza e presenta un andamento ed un valore medio
uguali a quelli già illustrati nei casi di carico puramente resistivo.

10.2.2 Convertitore trifase ad onda intera con trasformatore


a presa centrale
Anche nel caso di alimentazione trifase, è possibile, come illustrato nella fig. 10.31,
realizzare un convertitore ad onda intera impiegando un trasformatore a presa cen-
trale. Per tale convertitore, con le convenzioni sui segni delle grandezze elettriche
10.2. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase 273

riportate nella figura, il ritardo di accensione dei Tiristori RCr , RCs e RCt inizia
nell’istante in cui la relativa tensione di fase diventa maggiore delle altre due mentre
il ritardo di accensione dei Tiristori RCr0 , RCs0 e RCt0 inizia nell’istante in cui la
relativa tensione di fase diventa minore delle altre due.

RCr
RCs

RCt
er es et
vu
iu
-er -es -et

RC t


RCs
RCr’

Figura 10.31: Convertitore trifase ad onda intera con trasformatore a presa centrale.

Analogamente a quanto succede nel convertitore a semionda, quando l’angolo


di accensione è piccolo (in questo caso minore di π/3) la conduzione risulta di tipo
continuo per qualsiasi valore di ωL/R; in questa situazione la tensione di uscita e
quella applicata ad un Tiristore assumono gli andamenti illustrati nella fig. 10.32
ed il valore medio della tensione di uscita risulta:
Z 2π
+ϕa
3 3 3Ea
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = cos (ϕa ) . (10.28)
π π
3
+ϕa π

Se il carico è puramente resistivo il valore efficace della corrente che circola in


ogni Tiristore è pari a:
v s
u Z 2π +ϕ √
u
Ea t 1 3 a
Ea π 3
2
I eff = sin (ϕ) dϕ = √ + cos (2ϕa ), (10.29)
R 2π π3 +ϕa 2R π 3 2

mentre, se il carico presenta una induttanza tale da poter supporre che la corrente
274 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

iu risulti praticamente costante, si ha:


s
Z π
V̄u 1 3 V̄u
I eff = dϕ = √ . (10.30)
R 2π 0 6R

Quando l’angolo di accensione è maggiore di π/3, l’andamento della tensio-


ne applicata al carico dipende dal valore di ωL/R; verranno pertanto esamina-
ti separatamente i due casi di carico puramente resistivo e di carico prettamente
induttivo.

Carico puramente resistivo. Quando il carico è puramente resistivo e l’angolo


di accensione è maggiore di π/3, la conduzione risulta discontinua e, come mostrato
nella fig. 10.33, ogni Tiristore conduce per un angolo pari a 2π/3 − ϕa . Il valore
medio della tensione applicata al carico ed il valore efficace della corrente che circola
in ogni Tiristore risultano quindi:
Z
3 π
3Ea h π i
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = 1 + cos + ϕa
π π
+ϕa π 3
s Z
3
π
Ea 1
I eff = sin2 (ϕ) dϕ = (10.31)
R 2π 3 +ϕa
π

s √
Ea 2π 3 cos (2ϕa ) − sin (2ϕa ) − 4ϕa
√ + .
2 πR 3 4

Carico prevalentemente induttivo. Quando il carico è prevalentemente indut-


tivo la conduzione risulta di tipo continuo fino ad un valore dell’angolo di accensione
prossimo a π/2. In questa situazione operativa, le tensioni applicate al carico e ad
un Tiristore assumono gli andamenti illustrati nella 10.34 e l’espressione del valore
medio della tensione fornita dal convertitore:
Z 2π
+ϕa
3 3 3Ea
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = cos (ϕa ) , (10.32)
π π
3
+ϕa π

coincide con quella già ottenuta quando l’angolo di accensione minore di π/3.
Se si suppone, inoltre, che la corrente assorbita dal carico possa essere considerata
costante, il valore efficace della corrente che circola in ogni Tiristore è pari a:
s
Z π
V̄u 1 3 V̄u
I eff = dϕ = √ . (10.33)
R 2π 0 6R
10.2. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase 275

ϕa
vu
-e s er -e t es -e r et

ωt

vRCr
ωt

2Ea

Figura 10.32: Andamenti della tensione applicata al carico e di quella applicata ad


un Tiristore, ϕa < π3 .

vu ϕa
-e s er -e t es -e r et

ωt

vRCr
ωt

Figura 10.33: Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiristore


- carico resistivo, ϕa > π3 .
276 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

ϕa
vu -e s er -e t es -e r et

ωt

vRCr

ωt

Figura 10.34: Andamenti della tensione di uscita e di quella applicata ad un Tiristore


- conduzione continua, ϕa > π3 .

Carico debolmente induttivo. Quando ϕa è maggiore di π/3 ed il carico è de-


bolmente induttivo la conduzione può, a seconda dei valori di ωL/R e di ϕa , risultare
di tipo continuo o discontinuo. La fig. 10.35 riporta gli andamenti del valore medio
della tensione applicata al carico, per vari valori di ωL/R, al variare dell’angolo di
accensione. Nella figura, la curva esterna corrisponde al caso di carico puramente
resistivo mentre la curva interna corrisponde al funzionamento con conduzione con-
tinua; le curve intermedie corrispondono, invece, al funzionamento in conduzione
discontinua per vari valori del rapporto ωL/R. Confrontando tali andamenti con
quelli relativi al convertitore a semionda, si può constatare una ulteriore riduzione
della dipendenza del valore medio della tensione di uscita dal tipo di carico.
Anche in questo tipo di convertitore, ovviamente, è possibile rendere l’andamento
della tensione di uscita indipendente dal tipo di carico inserendo un Diodo di libera
circolazione.

10.2.3 Convertitore trifase a ponte totalmente controllato


Un funzionamento analogo a quello del convertitore trifase ad onda intera, prece-
dentemente esaminato, può essere ottenuto senza impiegare di un trasformatore a
10.2. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase 277

0.75

Vu / VM
0.5

0.25

ϕa 60
0
0 30 90 120

Figura 10.35: Andamenti del valore medio della tensione applicata al carico.

presa centrale, se si adotta il circuito a ponte illustrato nella fig. 10.36.

iu
RCr RCs RCt
er

es vu

et
’ ’ ’
RCr RC s RCt

Figura 10.36: Convertitore trifase a ponte totalmente controllato.

L’analisi del comportamento del circuito di conversione risulta semplificata se si


prendono in considerazione, invece delle tensioni di fase, gli andamenti delle tensioni
concatenate. La fig. 10.37 riporta gli andamenti delle tre tensioni di fase:
 π
er (t) = Ea sin ωt +
 6
π
es (t) = Ea sin ωt − (10.34)
 2 

et (t) = Ea sin ωt −
6
278 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

ei er es et

ωt

eij
e rs e rt e st e sr e tr e ts

ωt

Figura 10.37: Andamenti delle tensioni di fase e delle tensioni concatenate.

e quelli delle sei tensioni concatenate:


√  π
ers (t) = er (t) − es (t) = 3Ea sin ωt +
3

ert (t) = er (t) − et (t) = 3Ea sin (ωt)
√  π
est (t) = es (t) − et (t) = 3Ea sin ωt −
 3 
√ 2π (10.35)
esr (t) = es (t) − er (t) = 3Ea sin ωt −
3

etr (t) = et (t) − er (t) = 3Ea sin (ωt − π)
 
√ 4π
ets (t) = et (t) − es (t) = 3Ea sin ωt − .
3

Confrontando gli andamenti delle tensioni concatenate, riportati nella fig. 10.37,
con quelli delle tensioni di fase, illustrati nella fig. 10.32, è facile constatare che le
forme d’onda della tensione applicata al carico da un convertitore a ponte totalmente
controllato risultano del tutto analoghe a quelle ricavate nel paragrafo precedente
se si assume, come istante iniziale del ritardo di accensione del generico Tiristore
RCi della parte superiore del ponte, l’istante in cui la relativa tensione di fase ei
diventa maggiore delle altre due, mentre si considera, per i Tiristori RCi0 della parte
inferiore, l’istante in cui la tensione ei diventa minore delle altre due.
Per quanto concerne l’ampiezza della tensione fornita dal convertitore, si può

rilevare che, essendo l’ampiezza delle tensioni concatenate pari a 3 volte quella
10.2. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase 279

delle tensioni di fase, anche il valore medio della tensione applicata al carico sarà

pari a 3 volte quello ricavato nel paragrafo precedente. Per quanto riguarda infine
il dimensionamento in corrente dei Tiristori, si può osservare che, nel convertitore
a ponte totalmente controllato, la conduzione interessa contemporaneamente due
Tiristori; pertanto la durata degli intervalli di tempo durante i quali ogni Tiristore
si trova in conduzione risulta doppia di quella ricavata nel caso precedente e, quindi,
a parità di corrente assorbita dal carico, il valore efficace della corrente che circola in

ogni Tiristore risulta pari a 2 volte quello relativo al convertitore con trasformatore
a presa centrale.
Facendo riferimento alla trattazione effettuata nel paragrafo precedente, risulta
agevole ricavare che, nel funzionamento in conduzione continua, il valore medio della
tensione applicata al carico risulta:

3 3Ea
V̄u = cos (ϕa ) ; (10.36)
π

mentre il valore efficace della corrente che circola in ogni Tiristore è pari a:
s √
Ea 3 3
I eff =√ π+ cos (2ϕa ), (10.37)
2πR 2

quando il carico è puramente resistivo e pari a:

V̄u
I eff = √ , (10.38)
3R

quando l’induttanza del carico è tale da poter considerare costante la corrente


erogata dal convertitore.
Nel caso, invece, di conduzione discontinua su carico puramente resistivo (ϕa >
π/3), si ha:

3 3Ea h π i
V̄u = 1 + cos + ϕa (10.39)
π r 3
Ea 3 √ 
I eff = √ π+ 3 cos (2ϕa ) − sin (2ϕa ) − 4ϕa . (10.40)
πR 8

La fig. 10.38 riporta gli andamenti della tensione fornita dal convertitore quando
l’angolo di accensione è minore di π/3. Come si può constatare, tale tensione ha
lo stesso andamento di quella fornita da un convertitore con trasformatore a presa
centrale; a parità di tensione di uscita, però, il valore massimo della tensione appli-
cata ai Tiristori si dimezza. Le stesse considerazioni valgono anche quando l’angolo
280 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

ϕa
vu
e rs e rt e st e sr e tr e ts

Ea√ 3

ωt

vRCr

ωt
Ea√ 3

Figura 10.38: Andamenti della tensione applicata al carico e di quella applicata ad


un Tiristore, ϕa < π3 .

di accensione è maggiore di π/3.

Si può, infine, osservare che, come già evidenziato nel caso di alimentazione mo-
nofase, con la struttura a ponte totalmente controllato non viene mai impiegato il
Diodo di libera circolazione; infatti un funzionamento analogo a quello del ponte
totalmente controllato con Diodo di libera circolazione può essere ottenuto impie-
gando un ponte semicontrollato, che presenta il vantaggio di utilizzare un minore
numero di Tiristori.

10.2.4 Convertitore trifase a ponte semicontrollato

L’impiego di una struttura a ponte semicontrollato, il cui schema è riportato nella


fig. 10.39, permette di dimezzare il numero di Tiristori e di ottenere una forma
d’onda della tensione applicata al carico indipendente dal valore di ωL/R.

Se, con riferimento alla fig. 10.39, si assume come istante iniziale del ritardo
di accensione del Tiristore RCi quello in cui la tensione ei diventa maggiore delle
altre due tensioni di fase, le tensioni applicate al carico e ad un Tiristore assumono,
quando ϕa è minore di π/3, gli andamenti illustrati nella fig. 10.40.
10.2. Convertitori c.a.-c.c. alimentati da rete trifase 281

iu
RCr RCs RCt
er

es vu

et
Dr Ds Dt

Figura 10.39: Convertitore trifase a ponte semicontrollato.

ϕa
vu
e rs e rt e st e sr e tr e ts

Ea√ 3

ωt

vRCr

ωt
Ea√ 3

Figura 10.40: Andamenti della tensione applicata al carico e ad un Tiristore, ϕa < π3 .

Il valore medio della tensione applicata al carico risulta quindi:


√ "Z 2π Z 2π +ϕa #
3 3Ea 3 3
V̄u = sin (ϕ) dϕ + sin (ϕ) dϕ =
2π π
+ϕ π

√ 3 a 3 (10.41)
3 3Ea
= [1 + cos (ϕa )] ,

e la conduzione è di tipo continuo qualsiasi sia il valore di ωL/R del carico.

Se il carico è puramente resistivo, il valore efficace della corrente che circola in


282 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

ogni Tiristore ed in ogni Diodo è pari a:


v " #
√ u Z 2π Z 2π +ϕa
3Ea u
t 1 3 3
I eff = sin2 (ϕ) dϕ + sin2 (ϕ) dϕ =
R 2π π
+ϕa π

s
3 3
(10.42)

Ea 3 3
=√ π+ [1 + cos (2ϕa )],
2πR 4

mentre, se il carico è prettamente induttivo, si ha:


s
Z 2π
V̄u 1 3 V̄u
I eff = dϕ = √ . (10.43)
R 2π 0 3R

Quando, invece, ϕa è maggiore di π/3, le tensioni applicate al carico e ad un


Tiristore assumono, indipendentemente dal valore della eventuale induttanza del
carico, gli andamenti illustrati nella fig. 10.41. Il valore medio della tensione fornita
dal convertitore risulta quindi pari a:
√ Z √
3 3Ea π 3 3Ea
V̄u = sin (ϕ) dϕ = [1 + cos (ϕa )] , (10.44)
2π ϕa 2π

e la conduzione è di tipo continuo o discontinuo a seconda della presenza o meno di


induttanza nel carico.

vu ϕa
e rs e rt e st e sr e tr e ts

ωt

vRCr

ωt

Figura 10.41: Andamenti della tensione applicata al carico e ad un Tiristore, ϕa > π3 .


10.3. Convertitori polifase 283

Se il carico è puramente resistivo, il valore efficace della corrente che circola in


ogni Tiristore ed in ogni Diodo risulta pari a:
√ s Z √ r
π
3Ea 1 3E a sin (2ϕa )
I eff = sin2 (ϕ) dϕ = √ π − ϕa + , (10.45)
R 2π ϕa 2 πR 2

mentre, se il carico è prevalentemente induttivo, si ha:


s
Z 2π
V̄u 1 3 V̄u
I eff = dϕ = √ . (10.46)
R 2π 0 3R

Osservando le espressioni (10.41) e (10.44), che forniscono il valore medio della


tensione applicata al carico nelle due distinte condizioni operative, si può consta-
tare che, malgrado il diverso andamento temporale della tensione, tali espressioni
risultano coincidenti; pertanto, per qualsiasi valore dell’angolo ϕa , si ha:

3 3Ea
V̄u = [1 + cos (ϕa )] . (10.47)

Inoltre, poiché la tensione fornita dal ponte semicontrollato non può assumere in
nessuna condizione operativa un valore istantaneo negativo, risulta inutile inserire
un Diodo di libera circolazione, la cui presenza non potrebbe mai influire sulla forma
d’onda della tensione applicata al carico.

10.3 Convertitori polifase


L’analisi del comportamento dei vari tipi di convertitore ha mostrato che, all’aumen-
tare della complessità del circuito di conversione (monofase a semionda, monofase
ad onda intera, trifase a semionda, trifase ad onda intera), si riducono sia l’ondula-
zione presente sulla forma d’onda della tensione fornita al carico sia la dipendenza
del valore medio della tensione di uscita dal valore di ωL/R del carico.
Per ridurre l’entità dei circuiti di filtraggio, che spesso devono essere inseriti
tra il convertitore ed il carico al fine di ottenere una tensione e/o una corrente più
livellata, in molte applicazioni, in particolare modo in quelle di più elevata potenza,
si ricorre, quindi, all’impiego di convertitori polifase (esafase o dodecafase).
L’analisi del funzionamento di tali convertitori esula dalla scopo di questa trat-
tazione; ci si limiterà, pertanto, a ricordare che una sorgente esafase può essere
agevolmente ottenuta, partendo da una rete trifase, impiegando due trasformatori
trifase, con la stessa tensione di uscita, ma con i secondari uno collegato a stella e
l’altro a triangolo.
284 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

10.4 Convertitori c.a.-c.c. con carico attivo


Nei paragrafi precedenti, il funzionamento dei vari tipi di convertitore è stato ana-
lizzato prendendo in considerazione esclusivamente un carico passivo. Come nel
caso dei convertitori c.c.-c.c., la presenza nel carico di una forza controelettromotri-
ce non modifica il comportamento del convertitore se questo continua a funzionare
con conduzione continua. Nei convertitori trifase ad onda intera, tale condizione
risulta in genere verificata, tranne che in corrispondenza ad una corrente assorbi-
ta dal carico molto modesta; per contro, nei convertitori monofase la presenza di
una forza controlettromotrice produce, sovente, un funzionamento con conduzione
discontinua anche se l’induttanza del carico è molto elevata. L’effetto prodotto da
un carico attivo verrà, pertanto, analizzato solo nel caso di convertitore monofase.

10.4.1 Convertitore monofase a semionda


Per esaminare il funzionamento del convertitore con carico attivo, si prenderà, ini-
zialmente, in considerazione il convertitore monofase a semionda e, come mostra-
to nella fig. 10.42, si supporrà che il carico sia costituito esclusivamente da una
resistenza R e una f.c.e.m. E.

RC iu

ea vu
E
Figura 10.42: Convertitore monofase a semionda con carico attivo.

La presenza della f.c.e.m. modifica il comportamento del convertitore; in parti-


colare, con riferimento alla fig. 10.43, nella quale sono riportati gli andamenti della
tensione ea di alimentazione e della f.c.e.m. E, è possibile individuare tre diverse
modalità di funzionamento, a seconda del valore dell’angolo di accensione:

• modalità 1 (0 < ϕa < ϕ1 );

• modalità 2 (ϕ1 < ϕa < ϕ2 );


10.4. Convertitori c.a.-c.c. con carico attivo 285

• modalità 3 (ϕ2 < ϕa < π);

dove:
 
E
ϕ1 = arcsin ϕ2 = π − ϕ1 .
Ea

ea ea
E

ϕ1 ϕ2 π 2π ωt

Figura 10.43: Definizione degli angoli ϕ1 e ϕ2 .


Quando il convertitore funziona secondo la modalità 1, nell’istante in cui inizia il
pilotaggio del Tiristore questo si trova contropolarizzato e non può, quindi, entrare
in conduzione. Se il pilotaggio viene inviato (preferibilmente mediante un treno di
impulsi) per tutta la durata dell’intervallo in cui si desidera la conduzione del Tiri-
store, quest’ultimo si accende quando la tensione di alimentazione diventa maggiore
di E, cioè quando ωt diventa pari a ϕ1 . Pertanto, l’angolo di accensione è sempre
pari a ϕ1 e il valore medio della corrente fornita al carico risulta pari a:
Z ϕ2
1
I¯u = [Ea sin (ϕ) − E] dϕ =
2πR ϕ1
1 (10.48)
= {Ea [cos (ϕ1 ) − cos (ϕ2 )] − E (ϕ2 − ϕ1 )} =
2πR
Ea n p o
= 2 1 − η 2 − η [π − 2 arcsin (η)] ,
2πR

avendo indicato con η il rapporto E/Ea .


Quando il convertitore funziona secondo la modalità 2, invece, nell’istante in
cui inizia il pilotaggio del Tiristore questo si trova polarizzato direttamente; la con-
duzione interessa quindi tutto l’intervallo (ϕa , ϕ2 ) e il valore medio della corrente
fornita al carico risulta:
Z ϕ2
¯ 1
Iu = [Ea sin (ϕ) − E] dϕ =
2πR ϕa
(10.49)
Ea n p o
= cos (ϕa ) + 1 − η 2 − η [π − ϕa − arcsin (η)] .
2πR
286 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

Quando, infine, il convertitore funziona secondo la modalità 3, nell’istante in cui


inizia il pilotaggio il Tiristore si trova polarizzato inversamente e rimane polarizzato
in tal senso per tutto il semiperiodo positivo della tensione di alimentazione; di
conseguenza, il Tiristore non entra mai in conduzione e il valore medio della corrente
fornita al carico è uguale a zero.
La fig. 10.44 riporta l’andamento del valore medio della corrente applicata al
Ea
carico (riferita al valore massimo IM = πR ) in funzione dell’angolo di accensione, in
corrispondenza a vari valori del rapporto E/Ea .

1
η=0

0.8
η = 0.2

0.6

Iu / IM η = 0.4
0.4

η = 0.6
0.2
η = 0.8

0
0 30 60
ϕa 90 120 150 180

Figura 10.44: I¯u in funzione di ϕa , carico resistivo.

Carico induttivo. Quando il carico è costituito, oltre che dalla f.c.e.m. E e dalla
resistenza R, anche da una induttanza L, la presenza di quest’ultima comporta,
per i motivi già esposti nel caso di carico passivo, un ritardo nello spegnimento del
Tiristore.
Per determinare il valore dell’angolo di spegnimento ϕs occorre prendere in con-
siderazione l’andamento temporale della corrente fornita dal convertitore. Nell’in-
tervallo di tempo (t1 , t2 ), in cui il Tiristore conduce, l’andamento della corrente
soddisfa la seguente equazione differenziale:

diu (t)
L = −Riu (t) + Ea sin (ωt) − E. (10.50)
dt

Integrando tale equazione ed imponendo la condizione iniziale:

iu (t1 ) = 0,
10.4. Convertitori c.a.-c.c. con carico attivo 287

si ricava quindi:

Ea  1 h R
i
iu (t) = q 2 sin (ωt − θ) − sin (ωt1 − θ) e− L (t−t1 ) +
R 
1 + ωL
R
) (10.51)
 R

− η 1 − e− L (t−t1 ) ,

in cui:
 
ωL
θ = arctan .
R

È quindi possibile calcolare, per via numerica, l’angolo di spegnimento ϕs , im-


ponendo nella eq. (10.51) iu (t2 ) = 0. Ricavato ϕs , è possibile determinare il valore
medio della corrente. La fig. 10.45 riporta quattro grafici che forniscono tale valore
medio in funzione di ϕa e di ωL/R per quattro distinti valori del rapporto η.

0.8 0.5
ω L/R = 0 ω L/R = 0

0.4
0.6 ω L/R = 1 ω L/R = 1

η = 0.2 η = 0.4
Iu / IM ω L/R = 2
0.3
ω L/R = 2
0.4 ω L/R = 3 Iu / IM
ω L/R = 3
0.2
ω L/R = 5
ω L/R = 5
0.2 ω L/R = 10
0.1
ω L/R = 10

0 0
0 30 60
ϕa90 120 150 180 0 30 60
ϕa 90 120 150 180

0.25 0.1
ω L/R = 0
ω L/R = 0
0.2 0.08
ω L/R = 1
η = 0.6
0.15 0.06
η = 0.8
ω L/R = 2 ω L/R = 1
Iu / IM Iu / IM
ω L/R = 3
0.1 0.04 ω L/R = 2

ω L/R = 5 ω L/R = 3
0.05 ω L/R = 10 0.02 ω L/R = 5
ω L/R = 10

ϕa 90
0 0
0 30 60
ϕa90 120 150 180 0 30 60 120 150 180

Figura 10.45: I¯u in funzione di ϕa , carico induttivo.


288 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

10.4.2 Convertitore monofase ad onda intera


Quando un carico attivo è alimentato da un convertitore monofase ad onda intera
(con trasformatore a presa centrale o con circuito a ponte), se il carico è privo di
induttanza le forme d’onda della tensione e della corrente fornite dal convertitore
sono simili a quelle relative al convertitore a semionda, con la differenza che le
alternanze di tensione e di corrente si ripetono ad ogni semiperiodo della tensione
di alimentazione.
Il funzionamento del convertitore può, invece, diversificarsi da quello del con-
vertitore a semionda quando il carico presenta anche una componente induttiva.
Infatti, se il valore della induttanza è sufficientemente elevato, il convertitore ad
onda intera può presentare anche una conduzione di tipo continuo. In questo tipo
di funzionamento il valore medio della tensione fornita dal convertitore risulta pari
a:
Z
Ea π+ϕa 2Ea
V̄u = sin (ϕ) dϕ = cos (ϕa ) , (10.52)
π ϕa π

e il valore medio della corrente risulta:


 
¯ V̄u − E 1 2Ea
Iu = = cos (ϕa ) − E . (10.53)
R R π

Nella fig. 10.46 sono riportati, in corrispondenza agli stessi valori del rapporto
E/Ea della figura precedente, quattro grafici, che forniscono il valore medio della
corrente in funzione di ϕa e di ωL/R. Osservando tale figura, si può constatare che,
quando il valore di E/Ea è maggiore di 0.6, il funzionamento in conduzione continua
avviene solo per valori di ωL/R molto elevati. Per assicurare la conduzione continua
(e, quindi, un andamento della tensione fornita dal convertitore indipendente dal tipo
e dai parametri del carico) anche per valori di induttanza più piccoli, può risultare
conveniente ricorrere ad un convertitore trifase, anche quando il livello di potenza
non sembrerebbe giustificarlo.

10.5 Convertitori c.a.-c.c. bidirezionali


Come visto nei paragrafi precedenti, nei convertitori c.a.-c.c. che non impiegano
Diodi il valore istantaneo della tensione di uscita può cambiare di segno. Tale carat-
teristica, che in alcune applicazioni risulta negativa in quanto provoca una riduzione
del valore medio della tensione di uscita, è invece positiva quando si desidera che il
convertitore possa trasferire energia in entrambe le direzioni.
10.5. Convertitori c.a.-c.c. bidirezionali 289

0.8 0.5
ω L/R = 0 ω L/R = 0

0.4
0.6 1
1
η = 0.2 η = 0.4
Iu / IM 0.3

0.4 Iu / IM 2

2 0.2 3
3
0.2 5
5 0.1
10
10

0 0
0 30 60
ϕa 90 120 150 180 0 30 60
ϕa 90 120 150 180

0.25 0.1
ω L/R = 0
ω L/R = 0
0.2 0.08
ω L/R = 1
η = 0.6
0.15 0.06
η = 0.8
ω L/R = 2 ω L/R = 1
Iu / IM Iu / IM
ω L/R = 3
0.1 0.04 ω L/R = 2

ω L/R = 5 ω L/R = 3
0.05 0.02 ω L/R = 5
ω L/R = 10
ω L/R = 10

ϕa 90
0 0
0 30 60
ϕa90 120 150 180 0 30 60 120 150 180

Figura 10.46: I¯u in funzione di ϕa , convertitore ad onda intera con carico attivo.

Si consideri, ad esempio, il convertitore monofase ad onda intera con carico


attivo riportato nella fig. 10.47. Come evidenziato per tutti i convertitori senza
Diodi, quando la conduzione è di tipo continuo il valore medio della tensione non
dipende dal tipo di carico e risulta proporzionale al coseno dell’angolo di accensione.
Quando ϕa è compreso tra 0 e π/2, il valore medio della tensione vu è positivo
ed il convertitore trasferisce energia dalla sorgente di alimentazione al carico. Se,
invece, si impone un valore di ϕa compreso tra π/2 e π, il valore medio di vu diventa
negativo; il convertitore assorbe allora energia dal lato in c.c. e la trasferisce alla
rete in c.a. comportandosi da inverter.
Quando, con le convenzioni sui segni riportate nella fig. 10.47, la tensione E
è positiva e l’angolo di accensione è compreso tra π/2 e π il flusso di energia av-
viene sia verso la rete di alimentazione sia verso la f.c.e.m. Ad ogni alternanza,
pertanto, l’energia immagazzinata nell’induttanza si riduce e il funzionamento da
inverter può verificarsi solo in regime transitorio, fino a quando l’energia accumulata
nell’induttanza non si annulla.
290 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

RC1 iu
L
ea E

-ea

RC2
Figura 10.47: Convertitore monofase ad onda intera con carico attivo.

Quando, invece, il carico presenta una f.e.m. (cioè se la tensione E è negativa)


e ϕa è compreso tra π/2 e π, la f.e.m. fornisce energia e il convertitore provvede a
trasferire tale energia alla rete in c.a. Se, a meno delle perdite, l’energia fornita dalla
f.e.m. è pari a quella trasferita in rete, il funzionamento da inverter può, quindi,
perdurare anche in regime permanente† .
La caratteristica di bidirezionalità è propria di tutti i convertitori c.a.-c.c. che
non impiegano Diodi. Questo tipo di funzionamento non è, invece possibile nei
convertitori a ponte semicontrollato o in quelli che impiegano un Diodo di libera
circolazione in quanto la presenza del Diodo impedisce che la tensione di uscita
possa cambiare di segno.

10.5.1 Convertitori c.a.-c.c. a quattro quadranti


Nel paragrafo precedente si è evidenziato che i convertitori c.a.-c.c. in cui tutti gli
elementi a semiconduttore sono costituiti da Tiristori presentano un funzionamento
bidirezionale a due quadranti, in quanto sono in grado di fornire una tensione di
uscita sia positiva che negativa.
Per ottenere un convertitore in cui anche la corrente possa cambiare di segno
(convertitore bidirezionale a quattro quadranti), è necessario impiegare due conver-
titori a due quadranti connessi in modo tale che uno possa fornire e l’altro assorbire
corrente. Come sarà mostrato in seguito, la connessione diretta tra i morsetti di po-

Nelle applicazioni in cui il convertitore c.a.-c.c. viene impiegato essenzialmente per trasferire
energia verso la rete in c.a. esso viene normalmente indicato come inverter commutato da rete in
quanto lo spegnimento dei Tiristori viene effettuato con l’ausilio delle tensioni della rete a corrente
alternata a cui l’inverter è connesso.
10.5. Convertitori c.a.-c.c. bidirezionali 291

larità opposta dei due convertitori provoca alcuni inconvenienti durante l’inversione
di segno della corrente di carico; per ridurre tali inconvenienti si fa in genere ricorso
all’inserzione, tra i due convertitori, di una opportuna induttanza a presa centrale.

Convertitori connessi direttamente. La fig. 10.48 presenta un possibile schema


di un convertitore bidirezionale a quattro quadranti ottenuto mediante la connes-
sione diretta di due convertitori che, per semplicità di trattazione, si sono supposti
di tipo trifase a semionda. Con riferimento a tale figura, quando si desidera che la
corrente iu applicata al carico assuma un valore positivo occorre innescare i Tiristori
del convertitore 1 e lasciare interdetti quelli del convertitore 2. Viceversa, quando si
desidera che la corrente iu sia negativa, occorre innescare i Tiristori del convertitore
2.
RCr1 RCr2
i1 i2 RCs2
RCs1
RCt1 iu RCt2

Convertitore 1 vu Convertitore 2

Figura 10.48: Connessione diretta di due convertitori a 2 quadranti.

Nella fig. 10.48 ognuno dei due convertitori è stato riportato con un proprio
trasformatore di alimentazione. In realtà, come illustrato nella schema di fig. 10.49,
è possibile utilizzare un unico trasformatore; con tale soluzione i Tiristori omonimi
dei due convertitori risultano connessi in antiparallelo tra loro.

RC r1

RC r2
RCs1

RCs2 iu
RCt 1
vu
RCt 2

Figura 10.49: Convertitore a 4 quadranti con un unico trasformatore.

Quando si utilizza una connessione diretta, i due convertitori non possono mai
292 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

funzionare contemporaneamente, infatti la conduzione contemporanea di un Tiri-


store di un convertitore e di uno dell’altro convertitore potrebbe provocare un corto
circuito sulla alimentazione. Ad esempio se si accendesse RCt2 mentre si trova in
conduzione RCr1 si potrebbe provocare, come mostrato nella fig. 10.50, un cortocir-
cuito tra la fase r e la fase t del trasformatore. Occorre quindi evitare che, quando
la corrente cambia di segno, l’accensione dei Tiristori del secondo convertitore possa
avvenire prima che tutti i Tiristori del convertitore che stava conducendo abbiano
acquistato la loro proprietà di blocco.

RCr1 RCt2

er et

Figura 10.50: Cortocircuito causato dal funzionamento contemporaneo dei due


convertitori.

La semplice precauzione di inserire un rivelatore di corrente e di attendere che


la corrente iu si sia annullata, prima di procedere all’accensione del Tiristore del
secondo convertitore, non risulta in genere sufficiente ad evitare l’insorgere di cor-
tocircuiti. Infatti il dispositivo di misura dovrebbe possedere una precisione tale
da assicurare che l’intensità della corrente che attraversa il Tiristore sia scesa al di
sotto del valore della corrente di tenuta, valore che, come evidenziato nella prima
parte del testo, risulta molto piccolo rispetto a quello della corrente nominale. Per
poter utilizzare un dispositivo di misura della corrente di minore precisione si può
fare ricorso a tecniche di commutazione più elaborate, la cui descrizione esula dallo
scopo della presente trattazione, oppure connettere i due convertitori mediante una
induttanza a presa centale.

Convertitori connessi mediante induttanza a presa centrale. Per evitare


i problemi di commutazione descritti, la connessione tra i due convertitori viene
usualmente effettuata inserendo tra di essi una induttanza a presa centrale, come
mostrato nella fig. 10.51. L’inserzione di tale induttanza, infatti, limita il valore
massimo della corrente che fluisce tra i due convertitori (corrente di circolazione).
La commutazione tra i due convertitori connessi mediante una induttanza può
essere effettuata impiegando due diverse modalità. Una prima modalità prevede il
funzionamento contemporaneo dei due convertitori solo durante le fasi di commuta-
10.5. Convertitori c.a.-c.c. bidirezionali 293

vl
1 2
iu
i1 i2
vu

Figura 10.51: Convertitori connessi mediante induttanza a presa centrale.

zione. Impiegando tale modalità, quando il valore assoluto della corrente di carico
risulta superiore ad un opportuno valore di soglia, viene abilitato alla conduzione
solo il convertitore che risulta in grado di fornire, o assorbire, la corrente del cari-
co; quando, invece, il valore assoluto della corrente iu scende al di sotto del valore
di soglia, vengono abilitati alla conduzione entrambi i convertitori, in modo che la
corrente possa commutare dall’uno all’altro.
Nell’intervallo di tempo in cui entrambi i convertitori sono abilitati alla condu-
zione, si verifica una circolazione di corrente tra i due convertitori; l’intensità di
tale corrente risulta comunque limitata a causa della presenza dell’induttanza. La
modalità di funzionamento descritta viene in genere individuata con l’espressione a
parziale circolazione di corrente, in quanto la corrente di circolazione fluisce solo per
brevi intervalli di tempo, in corrispondenza alle commutazioni.
Nell’altra modalità di funzionamento, che viene chiamata a totale circolazione di
corrente, i due convertitori sono sempre abilitati alla conduzione. Con tale modali-
tà, per assicurare che la corrente di circolazione sia limitata, occorre garantire che
il valore medio della tensione fornita dal convertitore 1 risulti sempre minore (o al
massimo uguale) al valore medio della tensione fornita dal convertitore 2. Impiegan-
do lo stesso trasformatore di alimentazione e trascurando le cadute sui Tiristori e sui
collegamenti, l’eguaglianza dei due valori medi è assicurata se gli angoli di innesco
ϕa1 e ϕa2 dei due convertitori sono scelti in maniera tale per cui la loro somma sia
sempre pari a π. In realtà, per tenere conto anche delle cadute presenti sul circuito,
si preferisce, in genere, scegliere gli angoli di accensione in modo che il valore me-
dio della tensione fornita dal convertitore 1 sia leggermente inferiore a quello della
tensione fornita dal convertitore 2.
L’esame del funzionamento di un convertitore a totale circolazione di corrente
verrà effettuato trascurando sia le cadute di tensione presenti nel circuito sia l’on-
dulazione sovrapposta al valore medio della corrente assorbita dal carico. Con tali
ipotesi, la tensione vu applicata al carico risulta, in ogni istante, pari a (v1 + v2 )/2
294 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

mentre la corrente di circolazione ic (pari a i2 quando la corrente iu è positiva e ad


i1 quando iu è negativa) è legata alla differenza tra v1 e v2 mediante la seguente
equazione differenziale:

dic (t) v1 (t) − v2 (t)


= . (10.54)
dt L

La fig. 10.52 riporta gli andamenti delle tensioni v1 , v2 , vu , della tensione vL


applicata all’induttanza e delle correnti i1 e i2 , in corrispondenza a vari angoli di
accensione, quando la corrente assorbita dal carico è positiva e pari ad Iu . Quando,
invece la corrente Iu è negativa le correnti i1 e i2 si scambiano di ruolo.

v1 er es et v1 er es et v1 er es et
Ea Ea Ea

ωt ωt ωt

-E a -E a -E a
v2 er es et v2 er es et v2 er es et
Ea Ea Ea

ωt ωt ωt

-E a -E a -E a
vu vu vu
Ea Ea Ea

ωt ωt ωt

-E a -E a -E a
vL vL vL

Ea Ea Ea

ωt ωt ωt

-E a -E a -E a

i1 i1 i1
Iu Iu Iu

ωt ωt ωt
i2 i2 i2

ωt ωt ωt
a) ϕa1=π/2 b) ϕa1=π/3 c) ϕa1=π/6

Figura 10.52: Andamenti delle principali grandezze, in corrispondenza a tre diversi


valori dell’angolo di accensione ϕa .

Le tre figure 10.53(a), 10.53(b) e 10.53(c) sono relative ad un angolo ϕa1 pari,
rispettivamente, a π/2, π/3 e π/6 e si riferiscono al convertitore trifase a semionda
riportato nella fig. 10.48.
10.6. Effetti prodotti dal convertitore sulla rete di alimentazione 295

Come è facile verificare, tranne che per ϕa1 = ϕa2 = π/2, la tensione vL ap-
plicata all’induttanza risulta ripetitiva con un periodo pari a tre volte quello della
tensione di alimentazione e la situazione peggiore, per quanto concerne la corrente
di circolazione, si verifica quando ϕa1 è pari a π/3 (o, dualmente a 2π/3). In tale
situazione, indicata con Ea l’ampiezza delle tre tensioni di fase, l’ampiezza VL1 della
prima armonica della tensione vL risulta pari a:
√ Z π
6 3Ea 3 27Ea
VL1 = sin (ϕ) sin (3ϕ) dϕ = . (10.55)
π 0 8π

L’ampiezza Ic1 della prima armonica della corrente di circolazione risulta, per-
tanto, pari a:

VL1 9Ea
Ic1 = = , (10.56)
6ωL 16πωL

essendo ω la pulsazione della tensione di alimentazione.


La tensione vu applicata al carico risulta pari a (v1 + v2 )/2 anche quando la cor-
rente assorbita dal carico presenta una ondulazione. In tal caso la corrente di circo-
lazione presenta anche un termine, sovrapposto alla forma d’onda precedentemente
riportata, dovuto alla ondulazione di corrente presente sul carico.

10.6 Effetti prodotti dal convertitore sulla rete di


alimentazione
Nei paragrafi precedenti l’attenzione è stata rivolta, oltre che al dimensionamento
del convertitore, agli effetti che il convertitore produce sul carico. Nel presente
paragrafo, invece, verranno presi in considerazione, limitatamente ai convertitori che
presentano un maggiore interesse applicativo, gli effetti che il convertitore produce
sulla rete di alimentazione; questi consistono, essenzialmente, in:

• iniezione di armoniche di corrente sulla rete;

• sfasamento tra la prima armonica della corrente assorbita dal convertitore e la


tensione di rete.

Per quanto concerne le armoniche di corrente verranno fornite le espressioni delle


ampiezze delle singole armoniche; per quanto riguarda, invece, lo sfasamento della
prima armonica, verrà riportato, oltre alla espressione del fattore di potenza di prima
armonica, anche un circuito equivalente di prima armonica del carico visto dalla
rete di alimentazione. Verrà infine introdotta una estensione del fattore di potenza
296 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

(fattore di potenza generalizzato), che consente di effettuare una valutazione globale,


sia pure di prima approssimazione, degli effetti che il convertitore introduce sulla
rete di alimentazione.

10.6.1 Convertitore monofase a ponte totalmente controllato


Come visto nel paragrafo 10.1.3, quando la conduzione è di tipo continuo ogni Tiri-
store del ponte conduce per un intervallo di tempo pari a mezzo periodo. Pertanto,
se si suppone che il carico presenti una componente induttiva tale da poter tra-
scurare le armoniche della corrente assorbita ed ipotizzare che questa possa essere
ritenuta costante e pari al suo valore medio, la corrente i2 che circola nel secondario
del trasformatore assume l’andamento illustrato nella fig. 10.53.

i2 ea
i2
Iu
ϕa

ϕa ϕa ωt

-Iu

Figura 10.53: Corrente assorbita dal convertitore a ponte totalmente controllato.

Osservando tale andamento, è facile constatare che la prima armonica della cor-
rente è sfasata in ritardo, rispetto alla tensione di alimentazione ea , di un angolo
pari all’angolo di accensione ϕa . Inoltre, effettuando la scomposizione della corrente
i2 in serie di Fourier, si ricava che questa presenta solo armoniche di ordine dispari
e che l’ampiezza della i-esima armonica è pari a:
Z π
4 2 4
Ii = I¯u sin (iϕ) dϕ = I¯u . (10.57)
π 0 πi

Indicata con R la componente resistiva del carico, i valori medi della tensio-
ne e della corrente applicate al carico sono forniti dalle seguenti espressioni (vedi
paragrafo 10.1.3):

2Ea 2Ea
V̄u = cos (ϕa ) I¯u = cos (ϕa ) . (10.58)
π πR

Pertanto, la prima armonica della corrente che fluisce nel secondario del trasfor-
matore, e, se il rapporto di trasformazione è unitario, anche nel primario, ha una
10.6. Effetti prodotti dal convertitore sulla rete di alimentazione 297

ampiezza pari a:

8Ea
I1 = cos (ϕa ) (10.59)
π2R

e, come detto, è sfasata in ritardo, rispetto alla tensione, di un angolo pari a ϕa .

La prima armonica della corrente che circola nel secondario del trasformatore
risulta, quindi, coincidente con quella che si avrebbe se il trasformatore alimentasse
un carico lineare composto dalla serie di una resistenza, Re , e di una induttanza,
Le , di valore pari a:

Ea π2R
Re = cos (ϕa ) =
I1 8
(10.60)
Ea π2R
Le = sin (ϕa ) = tan (ϕa ) .
ωI1 8ω

Per quanto concerne la prima armonica della corrente assorbita, il convertitore è


pertanto equivalente ad un carico lineare, caratterizzato da una resistenza, Re , indi-
pendente dall’angolo di accensione, e da una induttanza, Le , il cui valore aumenta
all’aumentare di ϕa .

Come già accennato, è possibile considerare in maniera globale gli effetti che il
convertitore introduce sulla rete di alimentazione introducendo un fattore di potenza
generalizzato λ, definito come rapporto tra la potenza attiva P trasferita al carico e
la potenza apparente generalizzata Pa ; quest’ultima, a sua volta, è definita come il
prodotto tra il valore efficace della tensione e quello della corrente ai morsetti della
sorgente di alimentazione o, equivalentemente, del secondario del trasformatore:

P
λ= . (10.61)
Pa

Ovviamente, in assenza di armoniche, il valore del fattore di potenza generalizza-


to assume lo stesso valore dell’usuale fattore di potenza impiegato nelle reti lineari,
pari al coseno dell’angolo di sfasamento.

La potenza attiva, trasferita al carico dal convertitore monofase a ponte total-


mente controllato, può essere espressa come:

Ea I1 2
P = cos (ϕa ) = I¯u Ea cos (ϕa ) , (10.62)
2 π

mentre, effettuando il prodotto tra il valore efficace della tensione (pari a Ea / 2) e
298 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

quello della corrente:


s Z
1 π ¯2
I eff = I dϕ = I¯u ,
π 0 u

la potenza apparente generalizzata è pari a:

Ea I¯u
Pa = √ . (10.63)
2

Pertanto il fattore di potenza generalizzato risulta pari a:



P 2 2
λ= = cos (ϕa ) ' 0.9 cos (ϕa ) . (10.64)
Pa π

La fig. 10.54 riportata gli andamenti del fattore di potenza generalizzato e di


quello di prima armonica (λ1 = cos (ϕa )) in funzione del valore medio della tensione
fornita al carico. Come si può constatare entrambi i fattori di potenza presentano un
andamento lineare con il valore medio della tensione. Si può infine osservare che il
rapporto tra λ1 e λ rappresenta, in prima approssimazione, il sovradimensionamento
che la presenza delle armoniche di corrente impongono sia sul trasformatore sia sulla
rete di alimentazione.

λ, λ1
1

λ1

Vu
2 Ea/π

Figura 10.54: Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica.

Un ulteriore indice, che può venire utilizzato per valutare in maniera globale
il contenuto armonico introdotto sulla forma d’onda della corrente assorbita dal
convertitore, è il fattore di distorsione (Total Harmonic Distortion, THD%) definito
10.6. Effetti prodotti dal convertitore sulla rete di alimentazione 299

come:

I32 +I52 +I72 +...
THD%= 100 I1
. (10.65)

Poichè il valore efficace della corrente I eff è uguale alla radice quadrata della
somma dei quadrati dei valori efficaci delle armoniche:
r
I12 + I32 + I52 + I72 + ...
I eff = ,
2

il fattore di distorsione risulta, anche, pari a:

q
2I 2eff
THD%= 100 I12
− 1. (10.66)

Infine, avendo supposto che le armoniche di corrente non introducano una di-
storsione sull’andamento della tensione di alimentazione, il rapporto tra il valore
efficace e quello della prima armonica della corrente risulta pari al rapporto tra il
fattore di potenza di prima armonica e quello generalizzato:


2I eff λ1
= ;
I1 λ

il fattore di distorsione può, quindi, venire espresso come:

q
λ21
THD%= 100 λ2
− 1. (10.67)

Per il convertitore preso in esame, l’eq. (10.67) fornisce il seguente valore del
fattore di distorsione:

q
π2
THD%= 100 8
− 1 ' 48.34. (10.68)

10.6.2 Convertitore monofase con trasformatore a presa cen-


trale
Se, come ipotizzato in tutta la trattazione precedente, si considera ideale il compor-
tamento del trasformatore, il convertitore monofase ad onda intera con trasformatore
a presa centrale presenta, per quanto concerne la rete di alimentazione, un carico
300 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

equivalente e fattori di potenza del tutto identici a quelli del convertitore a ponte to-
talmente controllato. Anche il carico equivalente visto dal primario del trasformatore
risulta identico, pur di considerare il carico connesso ad un unico semisecondario.
Per quanto concerne, invece, il fattore di potenza generalizzato relativo al se-
condario del trasformatore, si può osservare che ogni semisecondario trasferisce una
potenza pari alla metà di quella complessiva mentre la potenza apparente si ri-
duce solo di un fattore pari alla radice di due (infatti il valore efficace della ten-

sione rimane inalterato mentre quello della corrente si riduce di 2). Pertanto
il secondario del trasformatore dovrà presentare, rispetto al caso precedente, un

sovradimensionamento pari a 2.

10.6.3 Convertitore monofase a ponte semicontrollato


Con entrambi i circuiti a ponte semicontrollato illustrati nel paragrafo 10.1.4, qual-
siasi sia il tipo di carico, in ogni semiperiodo la corrente fornita dal convertito-
re interessa il trasformatore solo durante un intervallo di tempo di durata pari a
(π − ϕa ) /ω. Pertanto, se si suppone che la corrente assorbita dal carico possa essere
ritenuta costante e pari al suo valore medio, la corrente i2 che circola nel secondario
del trasformatore assume l’andamento illustrato nella fig. 10.55.

i2 ea
i2
Iu
ϕa

ϕa ωt

-Iu

Figura 10.55: Corrente assorbita dal convertitore a ponte semicontrollato.

Osservando tale andamento, è facile constatare che la prima armonica della cor-
rente i2 è sfasata in ritardo, rispetto alla tensione di alimentazione ea , di un angolo
pari a ϕa /2. Inoltre, effettuando la scomposizione in serie di Fourier della corrente
i2 , si ricava che questa presenta solo armoniche di ordine dispari e che l’ampiezza
della i -esima armonica è pari a:
Z π  
4 2 4 iϕa
Ii = I¯u sin (iϕ) dϕ = I¯u cos . (10.69)
π ϕa
2
πi 2
10.6. Effetti prodotti dal convertitore sulla rete di alimentazione 301

A loro volta, come ricavato nel paragrafo 10.1.4, i valori medi della tensione e
della corrente fornite dal convertitore possono venire espressi come:

Ea 2Ea ϕ 
a
V̄u = [1 + cos (ϕa )] = cos2
π π 2 (10.70)
2E ϕ 
I¯u =
a 2 a
cos .
πR 2

Pertanto, la prima armonica della corrente che fluisce nel secondario del trasfor-
matore e, se il rapporto di trasformazione è unitario, anche nel primario, ha una
ampiezza pari a:

8Ea  
3 ϕa
I1 = 2 cos , (10.71)
π R 2

e, come detto, è sfasata in ritardo, rispetto alla tensione, di un angolo pari a ϕa /2.
Prendendo in considerazione solo la prima armonica della corrente, la parte rea-
le (Re ) e la parte immaginaria (ωLe ) dell’impedenza equivalente del convertitore
risultano, pertanto, pari a:

Ea ϕ  π2R
a
Re = cos = 
I1 2 8 cos2 ϕ2a
ϕ  ϕ  (10.72)
Ea a π2R a
ωLe = sin =  tan .
I1 2 8 cos2 ϕ2a 2

A differenza da quanto visto per i convertitori bidirezionali, i valori della resisten-


za e dell’induttanza equivalente del convertitore monofase a ponte semicontrollato
sono entrambi dipendenti dal valore dell’angolo di accensione.
La potenza attiva trasferita al carico può essere espressa come:

Ea I1 ϕ  2 ϕ 
= I¯u Ea cos2
a a
P = cos , (10.73)
2 2 π 2

mentre, effettuando il prodotto tra il valore efficace della tensione (pari a Ea / 2) e
quello della corrente:
s Z r
1 π ¯2 π − ϕa
I eff = Iu dϕ = I¯u ,
π ϕa π

la potenza apparente generalizzata risulta pari a:


r
π − ϕa
Pa = Ea I¯u . (10.74)

302 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

Pertanto il fattore di potenza generalizzato risulta:


s r
2   ϕ 
2 ϕa π a
λ=2 cos ' 0.9 cos2 . (10.75)
π (π − ϕa ) 2 π − ϕa 2

La fig. 10.56 riporta gli andamenti del fattore di potenza generalizzato e di quello
di prima armonica in funzione del valore medio della tensione fornita al carico. Come
si può constatare, i due fattori di potenza presentano un valore coincidente con quello
del convertitore bidirezionale solo quando il valore medio della tensione di uscita è
nullo o assume il proprio valore massimo. Per valori intermedi della tensione di
uscita, invece, entrambi i fattori di potenza del convertitore a ponte semicontrollato
hanno un valore sempre maggiore.

λ, λ1
1
λ1

Vu
2 Ea/π
Figura 10.56: Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica.

Infine, dall’eq. (10.67) si ricava il seguente valore del fattore di distorsione:

r
π(π−ϕa )
THD%= 100 8 cos2 ( ϕ2a )
− 1. (10.76)

10.6.4 Convertitore trifase a ponte totalmente controllato


Quando la conduzione è di tipo continuo, in ogni periodo ciascun Tiristore di un
convertitore trifase a ponte totalmente controllato conduce per un intervallo di tem-
po pari a un terzo di periodo. Se si suppone che la corrente assorbita dal carico
possa essere ritenuta costante e pari al suo valore medio, la corrente i2 che circola in
10.6. Effetti prodotti dal convertitore sulla rete di alimentazione 303

ogni secondario del trasformatore (supposto connesso a stella) assume l’andamento


illustrato nella fig. 10.57.

i2 ea
i2
Iu

ϕa ϕa
2π / 3 2π
π/ 6 7π/ 6 ωt
2π / 3
-Iu

Figura 10.57: Corrente assorbita dal convertitore trifase a ponte.

Impiegando questo convertitore, pertanto, la prima armonica di ciascuna corrente


di fase è sfasata in ritardo, rispetto alla relativa tensione di fase, di un angolo pari
a ϕa . Inoltre, effettuando la scomposizione in serie di Fourier, si ricava che ciascuna
corrente di fase presenta solo armoniche di ordine dispari e non multiple di tre e che
l’ampiezza della i-esima (i = 1, 5, 7, 11, ..) armonica è pari a:
Z π √
4 2 2 3¯
Ii = I¯u sin (iϕ) dϕ = Iu . (10.77)
π π
6
πi

Sostituendo nell’espressione (10.77) l’espressione del valore medio della corrente


applicata al carico:

3 3Ea
I¯u = cos (ϕa ) , (10.78)
πR

si ottiene che l’ampiezza della prima armonica della corrente che fluisce in ciascun
secondario del trasformatore è pari a:

18Ea
I1 = cos (ϕa ) . (10.79)
π2R

Le parti reale e immaginaria dell’impedenza equivalente di prima armonica ri-


sultano, quindi, pari a:

Ea π2R
Re = cos (ϕa ) =
I1 18
(10.80)
Ea π2R
ωLe = sin (ϕa ) = tan (ϕa ) .
I1 18
304 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

Anche nel caso trifase, pertanto, la parte reale dell’impedenza equivalente del
convertitore a ponte totalmente controllato è indipendente dall’angolo di accensione.
La potenza attiva, la potenza apparente ed il fattore di potenza generalizzato
possono poi essere espresse come:

3 3¯
P = Iu Ea cos (ϕa )
π

Pa = 3Ea I¯u (10.81)
3
λ = cos (ϕa ) ' 0.95 cos (ϕa ) .
π

Come nel caso monofase, i due fattori di potenza presentano un andamento


lineare rispetto al valore medio della tensione di uscita; nel convertitore trifase,
però, la differenza tra λ1 e λ risulta minore.
Infine, l’eq. (10.67) fornisce il seguente valore del fattore di distorsione:

q
π2
THD%= 100 9
− 1 ' 31.08. (10.82)

10.6.5 Convertitore trifase ad onda intera con trasformatore


a presa centrale
Se si considera il trasformatore come ideale, il comportamento del convertitore trifa-
se ad onda intera con trasformatore a presa centrale risulta, per quanto concerne la
rete di alimentazione, del tutto equivalente a quello del convertitore a ponte total-
mente controllato. Anche il carico equivalente visto dal primario del trasformatore
è identico, pur di considerare il carico connesso ad un unico semisecondario.
Per quanto concerne, invece, il fattore di potenza generalizzato relativo al se-
condario del trasformatore, si può osservare che, come nel caso monofase, ogni se-
misecondario conduce solo in intervalli di tempo di durata pari alla metà di quello
di conduzione dell’intero secondario e trasferisce metà potenza. Pertanto, anche nel
caso trifase, il secondario del trasformatore dovrà presentare, rispetto alla struttura

a ponte, un sovradimensionamento pari a 2.

10.6.6 Convertitore trifase a ponte semicontrollato


Per determinare l’influenza del convertitore trifase a ponte semicontrollato sulla
rete di alimentazione, occorre considerare separatamente le due situazioni che si
verificano quando l’angolo di accessione è maggiore o minore di π/3.
Se si suppone che la corrente assorbita dal carico possa essere ritenuta costante e
10.6. Effetti prodotti dal convertitore sulla rete di alimentazione 305

pari al suo valore medio, quando l’angolo di accensione è minore di π/3 la corrente i2 ,
che circola in una fase del secondario del trasformatore, è composta, come illustrato
nella fig. 10.58, da due forme d’onda rettangolari, di durata pari a 2π/3ω e di
ampiezza pari a più e meno il valore medio della corrente di uscita.

i2 ea
i2
Iu

ϕa 2π/ 3
7π/ 6 11π / 6
π/ 6 2π ωt
2π / 3
-Iu

Figura 10.58: Corrente assorbita dal convertitore a ponte semicontrollato, ϕa < π/3.

Quando, invece, l’angolo di accensione è maggiore di π/3 la durata delle due for-
me d’onda che caratterizzano l’andamento della corrente i2 , risulta, come illustrato
nella fig. 10.59, pari a (π − ϕa ) /ω.

i2 ea
i2
Iu

ϕa π−ϕa 11π/ 6
π/ 6 2π ωt
π−ϕa

-Iu

Figura 10.59: Corrente assorbita dal convertitore a ponte semicontrollato, ϕa > π/3.

In entrambi i casi, la prima armonica della corrente i2 è sfasata in ritardo, rispetto


alla relativa tensione di fase, di un angolo pari a ϕa /2 e presenta solo armoniche di
ordine dispari e non multiplo di tre; l’ampiezza della i-esima armonica risulta pari
a:
√  
2 3¯ iϕa
Ii = Iu cos . (10.83)
πi 2

Con considerazioni analoghe a quelle precedenti, si può ricavare che ogni fase
306 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

del trasformatore vede un carico equivalente di prima armonica costituito da una


resistenza Re di valore pari a:

π2R
Re =  (10.84)
18 cos2 ϕ2a

e da una induttanza Le di valore pari a:

π2R ϕ 
a
Le = 
ϕa tan . (10.85)
18ω cos2 2
2

Quando ϕa è minore di π/3, la potenza attiva la potenza reattiva e il fattore di


potenza generalizzato sono pari a:
√ ϕ 
3 3¯ a
P = Iu Ea cos2
π 2

Pa = 3Ea I¯u (10.86)
3    
2 ϕa 2 ϕa
λ = cos ' 0.95 cos .
π 2 2

Quando ϕa è maggiore di π/3, si ha, invece:


√ ϕ 
3 3¯ a
P = Iu Ea cos2
πr 2
3 π − ϕa ¯
Pa = √ Ea Iu (10.87)
2 π
s
6  
2 ϕa
λ= cos .
π (π − ϕa ) 2

La fig. 10.60 riporta gli andamenti del fattore di potenza generalizzato e di


quello di prima armonica, in funzione del valore medio della tensione fornita al
carico. Come si può constatare, il fattore di potenza di prima armonica assume
(tranne che nelle situazioni estreme in cui il valore medio della tensione di uscita è

nullo oppure uguale a 3 π3Ea ) un valore sempre maggiore di quello relativo al ponte
totalmente controllato; la differenza tra il comportamento dei due convertitori si
riduce, invece, se si prende in considerazione il fattore di potenza generalizzato.

10.7 Miglioramento del fattore di potenza


Il capitolo precedente ha evidenziato che il principale inconveniente dei converti-
tori c.a.-c.c. a commutazione naturale è costituito dal basso valore del fattore di
potenza (sia generalizzato che di prima armonica) con cui viene prelevata energia
10.7. Miglioramento del fattore di potenza 307

Figura 10.60: Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica.

dalla rete di alimentazione quando il valore medio della tensione applicata al carico è
sensibilmente minore della massima tensione che il convertitore è in grado di fornire.
In molte applicazioni, specialmente quando il convertitore rappresenta il prin-
cipale carico presente sulla linea di distribuzione, un fattore di potenza così basso
non risulta accettabile; si rende, pertanto, necessario o provvedere ad un opportu-
no rifasamento oppure impiegare un circuito di conversione più complesso di quelli
precedentemente esaminati.
Il ricorso ad un dispositivo di rifasamento risulta alquanto oneroso; infatti il
valore della potenza reattiva erogata da tale dispositivo non può essere mantenuta
costante ma deve adeguarsi alle condizioni operative del convertitore. Le soluzioni
adottate possono essere ricondotte a due distinte impostazioni. La prima prevede
l’impiego di una batteria di condensatori, i cui elementi vengono inseriti singolarmen-
te in parallelo alla linea a seconda della richiesta di energia reattiva. Tale soluzione
necessita però di opportuni accorgimenti al fine di evitare che, all’atto dell’inser-
zione dei condensatori, si verifichino sulla linea elevati transitori di corrente. La
seconda soluzione prevede, invece, di mantenere tutti i condensatori (dimensionati
in maniera tale da fornire una potenza reattiva praticamente uguale alla massima
potenza reattiva assorbita dal convertitore) permanente inseriti e di compensare le
minori richieste di potenza reattiva mediante l’inserzione di opportune reattanze.
Negli ultimi anni ha destato un sempre crescente interesse applicativo l’impiego di
un convertitore a commutazione forzata in grado di fornire una potenza reattiva
variabile.
Un diverso approccio consiste nell’impiegare un convertitore, di struttura più
308 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

complessa di quelle precedentemente descritte, che presenti un fattore di potenza


più favorevole. Per semplicità di trattazione, la descrizione di tali strutture sarà
effettuata prendendo in considerazione una rete di alimentazione monofase; l’esten-
sione al caso di alimentazione trifase non presenta, comunque, grandi difficoltà. Si
ritiene opportuno osservare che l’impiego di convertitori monofase di elevata potenza
è tipico della trazione ferroviaria con alimentazione in c.a.; proprio questo settore
applicativo è stato il primo in cui si è manifestata l’esigenza di migliorare il fattore
di potenza del convertitore.

10.7.1 Convertitore monodirezionale a struttura multipla


Come già evidenziato, quando le esigenze operative non richiedono l’utilizzazione di
un convertitore bidirezionale, il convertitore a ponte semicontrollato risulta senz’al-
tro conveniente, sia per il ridotto numero di Tiristori impiegati, sia per il migliore
fattore di potenza che questo tipo di convertitore presenta rispetto a quello a ponte
totalmente controllato.
Un ulteriore miglioramento del fattore di potenza può essere ottenuto impiegando
un convertitore multiplo e suddividendo il campo di regolazione della tensione di
uscita tra i diversi convertitori, fatti funzionare in sequenza.
Come illustrato nella fig. 10.61, nella quale sono rappresentati due convertitori, il
convertitore a struttura multipla è costituito da un trasformatore con vari secondari,
ciascuno dei quali alimenta un convertitore a ponte semicontrollato, realizzato con
la struttura alternativa già illustrata nella fig. 10.22. In questa applicazione, infatti,
tale struttura presenta, rispetto a quella riportata nella fig. 10.21, il vantaggio
che, quando i Tiristori non sono innescati, il convertitore si comporta come un
cortocircuito, in quanto la corrente assorbita dal carico può circolare attraverso i
Diodi.
Indicati con V1max e V2max i valori medi delle tensioni fornite dai due convertitori
(individuati con i pedici 1 e 2) in corrispondenza ad un angolo di accensione pari a
zero, quando il valore medio della tensione richiesta al convertitore è minore di V1max
vengono innescati solo i Tiristori del convertitore 1 mentre quelli dell’altro converti-
tore vengono mantenuti spenti; pertanto, il circuito di conversione si comporta come
se fosse costituito dal solo convertitore 1. Quando, invece, si desidera che il valore
medio della tensione di uscita sia compreso tra V1max e V1max + V2max , l’angolo di
accensione ϕa1 del convertitore 1 viene mantenuto pari a zero e la tensione di uscita
viene regolata agendo sull’angolo di accensione ϕa2 del convertitore 2.
I secondari del trasformatore di alimentazione possono presentare lo stesso rap-
porto di trasformazione, oppure rapporti di trasformazione diversi a seconda dell’an-
10.7. Miglioramento del fattore di potenza 309

iu
RC1 D1
i1
n2
ea v1
ia
n1
RC1' D1 '
vu
RC2 D2
i2
n2 v2
ea

RC2 ' D2'

Figura 10.61: Convertitore monodirezionale a struttura multipla.

damento più opportuno del fattore di potenza in funzione del valore medio della ten-
sione di uscita. L’analisi del comportamento del convertitore multiplo sarà effettuata
supponendo che, come mostrato nella fig. 10.61, i due secondari del trasformatore
siano uguali tra loro.

Indicata con Ea l’ampiezza della tensione presente sui due secondari, i valori
massimi V1max e V2max risultano, in condizioni ideali, pari a:

2Ea
V1max = V2max = . (10.88)
π

Quando si desidera una tensione di uscita minore di 2Ea /π, come detto, i Tiristori
del convertitore 2 non vengono innescati e il convertitore si comporta come se fosse
costituito da un solo ponte semicontrollato. In questa condizione operativa si hanno,
pertanto, le seguenti espressioni del valore medio della tensione di uscita e dei fattori
310 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

di potenza:

2Ea ϕ 
a1
V̄u = cos2
π 2
ϕa1 
λ1 = cos
(10.89)
s 2
2 ϕ 
a1
λ=2 cos2 .
π (π − ϕa1 ) 2

Da tali espressioni si ricava quindi:


s !
V̄u √ 
ϕa1 = 2 arccos 2Ea
= 2 arccos x
π

λ1 = x (10.90)
s
2
λ = 2x √ ,
π [π − 2 arccos ( x)]

essendo:

π V̄u V̄u
x= = . (10.91)
2Ea V1max

Quando, invece, si desidera una tensione di uscita maggiore di 2Ea /π, l’angolo
di accensione ϕa1 viene mantenuto pari a zero mentre si agisce su ϕa2 . In questa
condizione operativa, la tensione di uscita e le correnti che circolano nei secondari
e nel primario del trasformatore assumono gli andamenti illustrati nella fig. 10.62,
nella quale si è supposto che la corrente assorbita dal carico possa essere ritenuta
costante.
Il valore medio della tensione applicata al carico risulta pertanto pari a:

2Ea 2Ea  
2 ϕa
V̄u = + cos . (10.92)
π π 2

Dall’eq. (10.92) si ricava il valore da attribuire all’angolo di accensione del


convertitore 2 per ottenere il valore desiderato della tensione applicata al carico:
s !
2Ea √ 
V̄u − π
ϕa2 = 2 arccos 2Ea
= 2 arccos x−1 , (10.93)
π

in cui la variabile x (in questa situazione operativa maggiore di 1) conserva il


significato già definito dall’eq. (10.91).
Esaminando l’andamento della corrente che circola nel primario del trasforma-
10.7. Miglioramento del fattore di potenza 311

vu

Τ/2 Τ t
ia1

ia2

ia

Figura 10.62: Andamenti delle principali variabili.

tore, si può facilmente constatare che la sua prima armonica può essere decomposta
nella somma di una sinusoide di ampiezza I1 pari a:

4 n2 ¯
I1 = Iu ,
π n1

in fase con la tensione di alimentazione, e di una sinusoide di ampiezza I2 pari a:

4 n2 ¯ ϕ 
a2
I2 = Iu cos ,
π n1 2

sfasata in ritardo, rispetto alla tensione, di un angolo pari a ϕa2 /2.


Pertanto, le ampiezze, If e Iq , delle componenti in fase ed in quadratura della
prima armonica della corrente assorbita dal carico sono rispettivamente uguali a:

4 n2 ¯ h  ϕ i
a2
If = Iu 1 + cos2
π n1 2
ϕ  ϕ  (10.94)
4 n2 ¯ a2 a2
Iq = Iu cos sin ,
π n1 2 2
312 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

e la tangente dello sfasamento ϕ1 di prima armonica risulta pari a:


 
cos ϕ2a2 sin ϕ2a2
tan (ϕ1 ) =  .
1 + cos2 ϕ2a2

Il fattore di potenza di prima armonica può, quindi, venire espresso come:



1 + cos2 ϕ2a2 x
λ1 = cos (ϕ1 ) = q  =√ . (10.95)
1 + 3 cos 2 ϕa2 3x − 2
2

Per quanto concerne il fattore di potenza generalizzato, si può osservare che,


avendo trascurato le ondulazioni di corrente, la potenza attiva risulta pari a:

2Ea I¯u h  ϕ i
P = V̄u I¯u =
a2
1 + cos2 ,
π 2

mentre il valore efficace della corrente assorbita e la potenza apparente generalizzata


possono venire espresse come:
s Z Z π  r
ϕa2
n2 1 n 3ϕa2
I¯u2 dϕ + 4I¯u2 dϕ = I¯u 4 −
2
Ia eff =
n1 π 0 ϕa2 n1 π
r (10.96)
n1 Ia eff Ea 3ϕa2
Pa = √ = Ea I¯u 2 − .
n2 2 2π

Il fattore di potenza generalizzato risulta, quindi, pari a:


ϕ

P 2 1 + cos2 2a2 2x
λ= = q = q . (10.97)
Pa π 3ϕa2
2 − 2π 3 arccos(2x−3)
π 2− 2π

La fig. 10.63 riporta gli andamenti dei due fattori di potenza in funzione del
valore medio della tensione di uscita. Confrontando tali andamenti con quelli della
fig. 10.56, si vede il consistente miglioramento di entrambi i fattori di potenza
ottenibile impiegando un convertitore monodirezionale a struttura multipla. La
tecnica può essere estesa aumentando il numero dei convertitori ed, eventualmente,
impiegando rapporti di trasformazione diversi per i vari convertitori.

10.7.2 Convertitore bidirezionale a struttura multipla


Quando si desidera che il convertitore abbia un funzionamento bidirezionale occorre
che tutti gli elementi che lo compongono siano di tipo bidirezionale. Nella fig. 10.64
è riportata la struttura tipica di un convertitore bidirezionale, composto da due
convertitori bidirezionali monofase.
10.7. Miglioramento del fattore di potenza 313

λ, λ1
1
λ1 λ

Vu
4 Ea/π
Figura 10.63: Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica.

iu
RC1 RC3
i1
n2
ea v1
ia
n1
RC2 RC4
vu
' '
RC1 RC 3
i2
n2 v2
ea

RC2' RC4 '

Figura 10.64: Convertitore composto da due convertitori bidirezionali.

A differenza dal convertitore monodirezionale, il convertitore bidirezionale con


due stadi in serie può essere utilizzato impiegando due distinte modalità di controllo.
314 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

Una è simile a quella già esaminata nel paragrafo precedente mentre l’altra è propria
dei convertitori bidirezionali.
Quando si impiega la prima delle due modalità, se si desidera che il valore assoluto
della tensione di uscita sia minore di V1max si mantengono accesi i due Tiristori di
uno stesso ramo del convertitore 2 (ad esempio RC10 e RC20 ) e si agisce sull’angolo
di accensione del convertitore 1; quando, invece il valore assoluto della tensione di
uscita deve risultare maggiore di V1max si mantiene ϕa1 uguale a 0 e si controlla la
tensione di uscita facendo variare ϕa2 tra 0 e π/2. Prendendo in considerazione solo
il funzionamento da convertitore, supponendo che i due secondari del trasformatore
siano uguali tra loro e trascurando l’ondulazione presente sulla corrente di uscita,
quando il valore medio della tensione di uscita è minore di V1max si ottengono due
espressioni dei fattori di potenza identiche a quelle già ricavate per il convertitore
monofase a ponte totalmente controllato:

λ1 = x
√ (10.98)
2 2
λ= x.
π

Quando, invece, si desidera una tensione maggiore di V1max , l’angolo di accensione


ϕa1 viene mantenuto pari a zero e si agisce su ϕa2 . In questa situazione operativa, la
prima armonica della corrente che circola nel primario del trasformatore può essere
decomposta nella somma di due sinusoidi, entrambe di ampiezza pari a 4 n2 I¯u , una
π n1
in fase con la tensione di alimentazione e l’altra sfasata in ritardo di un angolo pari
a ϕa2 . Pertanto, le componenti in fase ed in quadratura della prima armonica della
corrente assorbita dal carico presentano un’ampiezza rispettivamente uguale a:

4 n2 ¯
If = Iu [1 + cos (ϕa2 )]
π n1
(10.99)
4 n2 ¯
Iq = Iu sin (ϕa2 ) ,
π n1

e la tangente dello sfasamento ϕ1 di prima armonica risulta pari a:


p
sin (ϕa2 ) x (2 − x)
tan (ϕ1 ) = = .
1 + cos (ϕa2 ) x

Il fattore di potenza di prima armonica risulta quindi:


r
x
λ1 = cos (ϕ1 ) = . (10.100)
2

Per quanto concerne il fattore di potenza generalizzato, si può osservare che,


10.7. Miglioramento del fattore di potenza 315

avendo trascurato le ondulazioni di corrente, la potenza attiva è pari a:

2Ea I¯u
P = V̄u I¯u = [1 + cos (ϕa2 )] ,
π

mentre il valore efficace della corrente assorbita e la potenza apparente generalizzata


possono venire espresse come:
s Z  r
π
n2 1 ¯2
2n2 ¯ π − ϕa2
Ia eff
= 4I dϕ = Iu
n1 π ϕa2 u n1 π
r (10.101)
n1 Ia eff Ea 2 (π − ϕa2 )
Pa = √ = Ea I¯u .
n2 2 π

Il fattore di potenza generalizzato risulta, quindi, pari a:



P √ 1 + cos (ϕa2 ) 2x
λ= = 2p =p . (10.102)
Pa π (π − ϕa2 ) π [π − arccos (x − 1)]

La fig. 10.65 presenta gli andamenti dei due fattori di potenza in funzione del
valore medio della tensione di uscita. Confrontando tali andamenti con quelli di
fig. 10.54, si può constatare che, seppure in maniera ridotta rispetto al caso del
convertitore monodirezionale, la suddivisione del campo di regolazione della tensione
di uscita tra due convertitori permette di ottenere un apprezzabile miglioramento
del fattore di potenza.

λ, λ1
1
λ1

Vu
4 Ea/π
Figura 10.65: Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica.

La seconda modalità di funzionamento, tipica delle strutture con due conver-


316 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

titori bidirezionali, richiede che i due secondari del trasformatore siano uguali tra
loro e consiste, quando si desidera che il valore medio della tensione di uscita sia
positivo, nel mantenere l’angolo di accensione di un convertitore (ad esempio ϕa1 )
pari a 0 e nel controllare il valore medio della tensione di uscita variando l’angolo di
accensione dell’altro convertitore tra 0 e π. Quando, invece, si desidera che il valore
medio della tensione di uscita sia negativo, l’angolo di accensione di un convertitore
viene mantenuto pari al suo valore massimo (circa uguale a π) e il valore medio
della tensione di uscita viene controllato agendo sull’angolo di accensione dell’altro
convertitore.
Impiegando tale modalità, quindi, le espressioni (10.100) e (10.102) dei fattori
di potenza di prima armonica e generalizzato risultano valide in tutto il campo di
escursione della tensione di uscita; è da notare che tali espressioni risultano iden-
tiche a quelle relative ad un usuale convertitore monofase a ponte semicontrollato,
alimentato con una tensione pari a 2Ea .

λ, λ1
1
λ1

Vu
4 Ea/π
Figura 10.66: Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica.

Nella fig. 10.66 sono riportati gli andamenti dei due fattori di potenza in funzio-
ne del valore medio della tensione di uscita; nella stessa figura sono anche riportati,
a linea tratteggiata, gli andamenti relativi alla prima modalità di funzionamento.
Confrontando i due andamenti, si può constatare che, rispetto alla precedente, que-
sta modalità di funzionamento presenta dei valori dei fattori di potenza leggermente
migliori (specialmente per quanto concerne il fattore di potenza di prima armonica)
per piccoli valori della tensione di uscita mentre, quando quest’ultima si avvicina a
2Ea /π, i fattori di potenza risultano sensibilmente più piccoli.
10.7. Miglioramento del fattore di potenza 317

10.7.3 Convertitori monodirezionali con interruttori statici


Una diversa soluzione per migliorare il fattore di potenza consiste nell’impiegare
un convertitore con interruttori statici. Un tipico convertitore monodirezionale con
interruttori statici e alimentazione monofase è riportato nella fig. 10.67 e consiste
in una struttura a ponte composta da due Transistor e due Diodi.

iu

IS2 D2
ia

ea vu

IS1 D1

Figura 10.67: Convertitore monodirezionale con interruttori statici e alimentazione


monofase.

Se, con le usuali notazioni, ogni Transistor viene chiuso con un angolo di ac-
censione ϕa compreso tra 0 e π/2 e viene spento con un angolo di spegnimento
ϕs = π−ϕa , la tensione di uscita e la corrente che circola nel trasformatore assumono
gli andamenti illustrati nella fig. 10.68.
Da questi andamenti si ricava che il valore medio della tensione applicata al
carico risulta pari a:
Z π−ϕa
1 2Ea
V̄u = Ea sin (ϕ) dϕ = cos (ϕa ) . (10.103)
π ϕa π

Trascurando l’ondulazione della corrente applicata al carico, la prima armonica


della corrente che circola nel trasformatore è in fase con la tensione di alimentazione
ed ha una ampiezza I1 pari a:
Z
2 π−ϕa
4I¯u
I1 = I¯u sin (ϕ) dϕ = cos (ϕa ) . (10.104)
π ϕa π

Pertanto, trascurando l’ondulazione della corrente assorbita dal carico, il fattore


di potenza di prima armonica è sempre uguale ad uno. Per quanto concerne il
318 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

vu

T/2 T t

ia

T/2 T t

Figura 10.68: Andamenti della tensione di uscita e della corrente assorbita dal
convertitore.

fattore di potenza generalizzato, si può osservare che il valore efficace della corrente
assorbita dal convertitore è pari a:
s Z r r
1 π−ϕa ¯2 2ϕ 2 arccos (x)
Iu dϕ = I¯u 1 − = I¯u 1 −
a
Ia eff = , (10.105)
π ϕa π π

essendo:

π V̄u
x= .
2Ea

Ne segue che il fattore di potenza generalizzato risulta:


√ √
2 2 cos (ϕa ) 2 2x
λ= q = q . (10.106)
2ϕa 2 arccos(x)
π 1− π π 1− π

La fig. 1.69 riporta gli andamenti di λ1 e di λ in funzione del valore medio


della tensione di uscita. Come si può constatare il fattore di potenza generalizzato
sale più velocemente, rispetto al caso di commutazione naturale, portandosi ad un
valore prossimo a 0.8 già per un valore della tensione di uscita pari alla metà di
quella massima.
Lo stesso comportamento del circuito illustrato nella fig. 1.67 può essere ottenuto
impiegando il circuito riportato nella fig. 1.70. Tale circuito può essere considerato
come composto da due convertitori posti in cascata; il primo, non controllato, è
10.7. Miglioramento del fattore di potenza 319

λ, λ1 λ1
1

Vu
2 Ea/π
Figura 10.69: Fattori di potenza generalizzato e di prima armonica.

costituita da un ponte di Diodi mentre il secondo è un usuale convertitore c.c.-c.c


che funziona in maniera sincrona con la rete e commuta con una frequenza doppia
di quella di rete.

iu

ia

ea vu

Figura 10.70: Convertitore monodirezionale con interruttori statici - realizzazione


alternativa.

Entrambi i circuiti esaminati possono fornire in uscita, oltre alla forma d’onda
riportata nella fig. 1.68, anche una forma d’onda modulata. A titolo di esempio
nella fig. 1.71 sono riportati gli andamenti della tensione di uscita e della corrente
assorbita dal convertitore quando, durante ogni semiperiodo, vengono effettuate due
chiusure e due aperture del Transistor. L’incremento del numero di commutazioni
320 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

al periodo si rende utile per migliorare alcune caratteristiche del contenuto armo-
nico della tensione di uscita o della corrente assorbita (ad esempio eliminazione di
alcune armoniche, spostamento del contenuto armonico verso frequenze più elevate,
miglioramento di particolari indici di qualità). Per contro, il funzionamento a mo-
dulazione comporta un peggioramento del fattore di potenza generalizzato e, quindi,
del fattore di distorsione armonica.

vu

T/2 T t

ia

T/2 T t

Figura 10.71: Andamenti della tensione di uscita e della corrente assorbita dal
convertitore in presenza di modulazione.

La modulazione può venire proficuamente impiegata se si adotta una diversa so-


luzione circuitale, inserendo l’interruttore in parallelo al carico. La fig. 1.72 riporta
un circuito di conversione che utilizza, oltre all’interruttore, una induttanza ed un
Diodo. Tale circuito consente di ottenere un elevato valore (molto vicino all’unità)
del fattore di potenza generalizzato anche quando il valore medio della tensione di
uscita è molto più piccolo di 2Ea /π; il suo impiego è talmente diffuso, specialmen-
te per la realizzazione di alimentatori con potenze comprese tra qualche decina di
W e qualche kW, che molte Aziende producono circuiti integrati idonei per il pilo-
taggio con forma d’onda modulata dell’interruttore statico (ad esempio l’integrato
TEA152x della Philips oppure il TDA4863-2 della Infineon).
Occorre, infine, evidenziare che tutte le soluzioni adottate per migliorare il fattore
di potenza, ad eccezione di questa ultima, presentano una efficacia paragonabile a
quella ricavata per i circuiti monofase anche quando vengono utilizzate con ali-
mentazione trifase. Viceversa la trasposizione trifase della soluzione illustrata nella
10.7. Miglioramento del fattore di potenza 321

iu

L D
ia

ea IS vu

Figura 10.72: Circuito con l’interruttore in parallelo al carico.

fig. 1.72 non consente di ottenere un valore del fattore di potenza generalizzato
prossimo all’unità.

10.7.4 Convertitore bidirezionale con interruttori statici


Quando si desidera che il convertitore presenti un funzionamento bidirezionale, non è
possibile fare ricorso a schemi circuitali derivabili da quelli illustrati nelle figg. 1.67,
1.70 e 1.72, che risultano intrinsecamente monodirezionali. L’unica soluzione, che
consente di ottenere un convertitore c.a.-c.c. bidirezionale con interruttori statici, è
quella di utilizzare un convertitore bidirezionale a quattro quadranti con un valore
medio della tensione continua di uscita superiore a quella che si sarebbe ottenuta
raddrizzando la tensione di rete con un convertitore a Diodi; cioè:

• V̄u > π2 Ea nel caso di rete monofase;


3 3
• V̄u > π
Ea nel caso di rete trifase.

Questo convertitore trova un utile impiego come stadio di ingresso di un conver-


titore bistadio con circuito intermedio a tensione impressa, in quanto consente sia
di prelevare energia dalla sorgente di alimentazione con elevati fattori di potenza
sia di ottenere una tensione continua stabilizzata, anche se la sorgente in corrente
alternata presenta una ampiezza fortemente variabile. Non è, infine, da trascurare
l’impiego che questo tipo di convertitore può avere come circuito di rifasamento (ad
esempio per generare la potenza reattiva assorbita da un convertitore c.a.-c.c. a
commutazione naturale) e/o come circuito atto a ricondizionare una rete sottoposta
a carichi che producono un elevato contenuto armonico.
322 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

Da un punto di vista funzionale, il convertitore bidirezionale a quattro quadranti,


il cui schema, nel caso di alimentazione monofase, è riportato nella fig. 10.73, è
composto da tre blocchi posti in cascata. Il primo blocco è costituito da un filtro
induttivo di ingresso, che permette di ridurre le armoniche della corrente assorbita
dalla rete di alimentazione, il secondo blocco effettua la conversione da c.a. a c.c.,
il terzo blocco, infine, realizza un filtro di uscita, atto a ridurre le armoniche di
tensione presenti ai morsetti di uscita del convertitore.

iu

ia
L L1
ea vx vu
C
C1
Filtro ingresso

Convertitore Filtro uscita

Figura 10.73: Schema funzionale di un convertitore bidirezionale a quattro quadranti


con alimentazione monofase.

L’analisi del funzionamento del convertitore verrà effettuata nell’ipotesi che il


filtro di uscita sia dimensionato in maniera tale da rendere le armoniche presenti
sulla tensione di uscita sufficientemente ridotte da non influenzare in maniera si-
gnificativa il funzionamento del convertitore. In tale ipotesi, se il convertitore viene
fatto funzionare in sincronismo con la rete di alimentazione e con una modulazione a
tre livelli, la tensione vx ai morsetti di ingresso del convertitore assume l’andamento
illustrato nella fig. 10.74.
Pertanto, la prima armonica della tensione vx è isofrequenziale con la tensione
di alimentazione ed è caratterizzata da una ampiezza Vx1 pari a:

4k
Vx1 = V̄u , (10.107)
π

in cui k rappresenta il rapporto di modulazione (minore di 1) ed è pari a:

N h
X i
k= (−1)i−1 cos (ωti ) ,
i=1
10.7. Miglioramento del fattore di potenza 323

vx
Vu

T/2 t4N
t1 t2 t3 t4 t2N T t

-Vu

Figura 10.74: Andamento della tensione ai morsetti di ingresso del convertitore.

essendo N il numero di commutazioni che si verificano in ogni quarto di periodo.


Sull’induttanza dello stadio di ingresso è applicata una tensione pari alla diffe-
renza ea (t) − vx (t); pertanto le ampiezze If e Iq delle due componenti della prima
armonica della corrente assorbita dalla rete di alimentazione, rispettivamente in fase
ed in quadratura con la tensione di alimentazione, risultano pari a:

4V̄u k sin (ϕ)


If =
πωL (10.108)
4V̄u k cos (ϕ) Ea
Iq = − ,
πωL ωL

in cui ϕ rappresenta la fase della prima armonica della tensione vx , rispetto alla
tensione di alimentazione.
Eguagliando il valore della potenza fornita al carico, che nell’ipotesi di potere
trascurare le ondulazioni della tensione di uscita, è pari a:

V̄ 2
Pu = V̄u I¯u = u ,
R

essendo R la resistenza equivalente del carico, a quello della potenza assorbita:

Ea If
Pa = ,
2

si ottiene una seconda espressione di If :

2V̄u I¯u 2V̄u2


If = = . (10.109)
Ea REa

Eguagliando le due espressioni di If si ricava, quindi, la seguente espressione


della tensione di uscita:

2Ea Rk sin ϕ
V̄u = . (10.110)
πωL
324 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

E’, infine, possibile, ottenere la seguente espressione della potenza reattiva di


prima armonica:

Ea Iq 4Ea V̄u k cos ϕπ − Ea2


Q= = . (10.111)
2 2ωL

Pertanto, affinché il valore medio della tensione di uscita sia uguale al valore
desiderato Vd e, contemporaneamente, il fattore di potenza di prima armonica sia
unitario (cioè Q = 0) i valori di ϕ e k devono essere scelti pari a:
 
2ωLVd2
ϕ = arctan
REa2
s  2 (10.112)
πEa 2ωLVd2
k= 1+ .
4Vd REa2

Il controllo del convertitore può essere effettuato scegliendo i valori di ϕ e di


k in base alle equazioni (10.112). Attualmente si preferisce, invece, impiegare un
controllo a catena chiusa della corrente, scegliendo per quest’ultima un riferimento in
fase con la tensione di alimentazione e di ampiezza tale da fornire il valore desiderato
della tensione di uscita.
La scelta del filtro di ingresso (induttanza L) deve essere effettuata sulla base
del contenuto armonico accettabile per la corrente assorbita dal convertitore. Per
quanto concerne il filtro di uscita, occorre osservare che la corrente i2 fornita dal
convertitore risulta ripetitiva con un periodo pari alla metà di quello della rete di
alimentazione e che la sua prima armonica (a frequenza 2f ) risulta in genere alquanto
elevata. Pertanto il filtro risonante L1 C1 deve essere accordato sulla frequenza 2f in
modo da ridurre le ondulazioni della tensione di uscita dovute alla prima armonica
della corrente, mentre la capacità C serve a ridurre le armoniche di tensione di ordine
superiore.
Il convertitore bidirezionale a commutazione forzata trova ampio impiego anche
in versione trifase; in questa versione, anzi, non è necessario impiegare il filtro riso-
nante L1 C1 , in quanto il trasferimento di energia dalla rete trifase al circuito in c.c.
avviene in maniera continua.

10.8 Influenza dell’impedenza della sorgente di ali-


mentazione
Nella trattazione effettuata sono stati trascurati gli effetti che l’impedenza propria della sorgente
di alimentazione e l’induttanza di dispersione del trasformatore producono sul funzionamento
10.8. Influenza dell’impedenza della sorgente di alimentazione 325

del convertitore. Si è, pertanto, supposto che, nel funzionamento in conduzione continua,


l’accensione di un Tiristore provochi lo spegnimento istantaneo del Tiristore che si trovava in
conduzione. In realtà ciò non avviene ma, per un intervallo di tempo di durata limitata, si
verifica la conduzione contemporanea di entrambi i Tiristori (conduzione incrociata).
Il fenomeno della conduzione incrociata provoca sia una riduzione del valore medio della
tensione applicata al carico sia un ulteriore ritardo della prima armonica della corrente assorbita.
Come si vedrà inseguito, la caduta di tensione risulta proporzionale al valore della corrente
assorbita dal carico; pertanto il primo fenomeno risulta, a parte l’aspetto energetico, simile
a quello provocato da una resistenza posta in serie al convertitore. La conduzione incrociata
provoca anche lievi modifiche sulle ampiezze delle armoniche presenti sulla corrente assorbita
dal convertitore; dal punto di vista pratico, comunque, le espressioni fornite nel paragrafo 10.6
risultano pienamente soddisfacenti.
Per quanto concerne l’ulteriore ritardo introdotto sulla prima armonica della corrente as-
sorbita, questo può, in prima approssimazione, essere assimilato ad un ritardo temporale pari
alla metà della durata della conduzione incrociata. Tale approssimazione risulta in genere suffi-
ciente agli effetti pratici; pertanto si eviterà di trattare in maniera più approfondita il problema,
rinviando a testi specialistici per una descrizione più dettagliata.
La trattazione sarà effettuata prendendo in considerazione solo le strutture a ponte che,
come visto, presentano il maggiore interesse applicativo.

10.8.1 Convertitore monofase a ponte totalmente controllato


Per tenere conto del comportamento reale della rete e del trasformatore di alimentazione,
occorre aggiungere, in serie alla f.e.m. ea , presente ai morsetti del secondario del trasformatore,
una impedenza equivalente che, come mostrato nella fig. 10.75, può essere schematizzata
mediante una resistenza equivalente Rs in serie ad una induttanza equivalente Ls .

iu
RC1 RC2
ia Rs Ls

ea vu

RC1' RC2 '

Figura 10.75: Convertitore monofase a ponte totalmente controllato.

La presenza della resistenza comporta essenzialmente una riduzione del valore medio della
326 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

tensione applicata al carico. Quando il convertitore funziona in conduzione continua, in ogni


istante, la corrente che attraversa la resistenza Rs risulta, in valore assoluto, identica a quel-
la assorbita dal carico; ne consegue che la riduzione del valore medio della tensione di uscita
risulta identica a quella che si avrebbe se la resistenza Rs fosse posta a valle del converti-
tore. Per quanto concerne il fenomeno della conduzione incrociata, invece, l’influenza della
resistenza Rs risulta praticamente trascurabile; pertanto nella trattazione seguente verrà presa
in considerazione solo la presenza dell’induttanza.
Se, con riferimento alla simbologia adottata nella fig. 10.75, si considera la commutazione
del ponte durante la semionda positiva della tensione ea , prima dell’accensione di RC1 e RC20
la corrente ia è negativa (vedi fig. 10.76(a)) mentre alla fine della commutazione, cioè quando
i Tiristori RC2 e RC10 , che stavano conducendo prima della commutazione, hanno smesso di
condurre, la corrente ia è diventata positiva (vedi fig. 10.76(b)). La presenza dell’induttanza
Ls comporta che il cambiamento di segno della corrente ia non possa avvenire in maniera
istantanea. Di conseguenza, indicato con ta l’istante in cui vengono accesi RC1 e RC20 e con t2
il successivo istante in cui RC2 e RC10 terminano di condurre, nell’intervallo di tempo t ∈ (ta , t2 )
(intervallo di conduzione incrociata) tutti e quattro i Tiristori si trovano in conduzione; di
conseguenza il ponte si comporta come un cortocircuito.
Trascurando l’ondulazione di corrente presente sul carico (carico prevalentemente induttivo),
durante l’intervallo di tempo t ∈ (ta , t2 ) la corrente ia deve variare da −Iu a Iu ; pertanto
l’integrale della tensione applicata all’induttanza deve risultare pari a 2Ls Iu . Trascurando la
caduta di tensione presente ai capi della resistenza Rs (il cui valore medio durante l’intervallo
di conduzione incrociata risulta comunque praticamente nullo), si deve quindi avere:
Z t2
Ea sin (ωt) dt = 2Ls Iu , (10.113)
ta

o, equivalentemente:
Z δ
Ea sin (ϕ) dϕ = 2ωLs Iu , (10.114)
ϕa

essendo ϕa l’angolo di accensione e δ l’angolo in corrispondenza al quale termina la conduzione


incrociata.
Dall’eq. (10.114) si ricava la seguente relazione tra ϕa e δ:

2ωLs Iu
cos (ϕa ) − cos (δ) = . (10.115)
Ea

Durante l’intervallo in cui si verifica la conduzione incrociata, come già messo in evidenza,
la tensione applicata al carico si mantiene nulla; pertanto, rispetto al caso ideale, si verifica una
diminuzione ∆Vu del valore medio della tensione di uscita pari a:
Z δ
1 Ea 2ωLs
∆Vu = Ea sin (ϕ) dϕ = [cos (ϕa ) − cos (δ)] = Iu . (10.116)
π ϕa π π
10.8. Influenza dell’impedenza della sorgente di alimentazione 327

iu
RC1 RC2
ia Rs Ls

ea vu

RC1'
(a) circuito in conduzione prima della commutazione

iu
RC1
ia Rs Ls

ea vu

RC2 '
(b) circuito in conduzione alla fine della commutazione

Figura 10.76: Circuiti interessati alla conduzione.

La conduzione incrociata provoca, quindi, la stessa riduzione del valore medio della tensione
applicata al carico che si avrebbe se in serie al convertitore fosse inserita una resistenza Ru , di
valore pari a:

2ωLs
Ru = . (10.117)
π

Per quanto concerne gli effetti della conduzione incrociata sulla sorgente di alimentazione, si
può osservare che la presenza dell’induttanza Ls modifica l’andamento della corrente assorbita
dal convertitore che, come mostrato nella fig. 10.77, assume un andamento di tipo quasi
trapezoidale.

Approssimando con un andamento lineare i due fronti di salita e di discesa della corrente,
328 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

ia ea ia

π+δ
0 ϕa δ π π+ϕa 2π ωt

Figura 10.77: Andamento della corrente assorbita dal convertitore.

lo sfasamento della prima armonica della corrente assorbita dal convertitore risulta pari a:

ϕa + δ u
ϕ1 = = ϕa + , (10.118)
2 2

essendo u = δ − ϕa la durata angolare dell’intervallo di conduzione incrociata.


Quando la durata della conduzione incrociata è piccola rispetto al semiperiodo, un valore
di prima approssimazione di u può essere ottenuto approssimando il suo seno e coseno come:

u2
sin(u) ' u cos(u) ' 1 − .
2

Dalla eq. (10.115) si ottiene quindi:


 
u2 2ωLs Iu
cos (ϕa ) − 1 − cos (ϕa ) + u sin (ϕa ) ' ,
2 Ea

e cioè:
s
4ωLs Iu
u ' − tan (ϕa ) + tan2 (ϕa ) + . (10.119)
Ea cos (ϕa )

10.8.2 Convertitore monofase a ponte semicontrollato


Nel convertitore monofase a ponte semicontrollato la corrente assorbita dal carico è fornita dal
secondario del trasformatore solo durante gli intervalli di tempo, di durata pari a (π − ϕa /ω),
compresi tra l’accensione di un Tiristore e il successivo passaggio per lo zero della tensione
ea di alimentazione. Pertanto, la riduzione del valore medio della tensione di uscita, causato
dalla resistenza della sorgente di alimentazione, è inferiore a quella di un convertitore a ponte
totalmente controllato.
Per quanto concerne la conduzione incrociata, occorre mettere in evidenza due situazioni
distinte, a seconda che la commutazione avvenga tra due Tiristori o tra due Diodi. All’atto
dell’accensione di un nuovo Tiristore, la corrente ia fornita dal trasformatore è nulla; pertanto,
sempre trascurando la caduta resistiva, il valore dell’integrale della tensione durante la condu-
zione incrociata risulta pari alla metà di quello relativo al caso precedente. Indicato con δT il
10.8. Influenza dell’impedenza della sorgente di alimentazione 329

valore dell’angolo corrispondente alla fine della commutazione, si ha quindi:

ωLs Iu
cos (ϕa ) − cos (δT ) = . (10.120)
Ea

Anche durante la fase di commutazione tra i Diodi la corrente ia subisce una variazione pari
ad Iu , ma la commutazione avviene in corrispondenza al passaggio per lo zero della tensione
ea . La durata angolare uD del corrispondente intervallo di conduzione incrociata può, quindi,
essere ricavato dall’equazione precedente; sostituendo uD a δT e 0 a ϕa , si ottiene:

ωLs Iu
1 − cos (uD ) = . (10.121)
Ea

Poiché, infine, durante l’intervallo di conduzione incrociata dei Diodi il valore della tensione
di uscita sarebbe stato nullo anche in assenza di conduzione incrociata, la diminuzione del valore
medio della tensione applicata al carico:
Z δT
1 Ea ωLs
∆Vu = Ea sin (ϕ) dϕ = [cos (ϕa ) − cos (δT )] = Iu ,
π ϕa π π

risulta pari alla metà di quella del convertitore a ponte totalmente controllato.
L’incremento ∆ϕ1 dello sfasamento ϕ1 della prima armonica della corrente di linea è pari
a:

uT + uD
∆ϕ1 = , (10.122)
4

dove, con le approssimazioni precedenti, si ha:


s
2ωLs Iu
uT ' − tan (ϕa ) + tan2 (ϕa ) +
Ea cos (ϕa )
r (10.123)
2ωLs Iu
uD ' .
Ea

e, specialmente quando ϕa è elevato, risulta sensibilmente maggiore di quello relativo al


convertitore totalmente controllato.

10.8.3 Convertitore trifase a ponte totalmente controllato


Nel convertitore trifase a ponte totalmente controllato, quando la conduzione è di tipo continuo
si ha sempre la conduzione contemporanea di due fasi dell’alimentazione. Pertanto, per tenere
conto della riduzione di tensione causata dalla resistenza della sorgente di alimentazione è
necessario inserire, a valle del convertitore, una resistenza di valore pari al doppio di quello della
resistenza equivalente di ogni fase dell’alimentazione.
Le figure 10.78(a) e 10.78(b) mostrano, rispettivamente, le situazioni di conduzione che si
verificano in un convertitore trifase a ponte totalmente controllato prima e dopo la commuta-
330 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

zione dovuta alla chiusura del Tiristore RCs . Durante la commutazione entrambi i Tiristori,
RCr e RCs , si trovano in conduzione; la commutazione provoca, quindi, un corto circuito tra
i morsetti r e s del trasformatore.

iu iu
RC r RCs

ir er vu is es vu

it et it et
RC’t RC’t

(a) prima della commutazione (b) alla fine della commutazione

Figura 10.78: Circuiti interessati alla conduzione.

Durante l’intervallo di tempo (ta , t2 ) in cui si verifica la conduzione incrociata, l’induttanza


della fase r e quella della fase s si trovano connesse in serie e, trascurando l’ondulazione di
corrente presente sul carico, le correnti nelle due fasi subiscono una variazione pari ad Iu (la
corrente ir si porta da Iu a zero mentre la corrente is sale da zero ad Iu ); l’integrale della
tensione es − er dovrà risultare, quindi, pari a 2Ls Iu :
Z t2
(es − er ) dt = 2Ls Iu . (10.124)
ta

Sostituendo, al posto di es − er , l’espressione della tensione concatenata e, al posto di ta


e t2 , ϕa /ω e δ/ω si ottiene:
Z √ Z
t2
1 δ√
3Ea sin (ωt) dt = 3Ea sin (ϕ) dϕ = 2Ls Iu , (10.125)
ta ω ϕa

dalla quale si ricava:

2ωLs Iu
cos (ϕa ) − cos (δ) = √ . (10.126)
3Ea

Durante l’intervallo in cui si verifica la conduzione incrociata la tensione applicata al carico


10.8. Influenza dell’impedenza della sorgente di alimentazione 331

è pari a:

er (t) + es (t)
vu (t) = − et (t),
2

mentre, in assenza di conduzione incrociata, sarebbe stata pari a:

vu (t) = es (t) − et (t).

Pertanto, la riduzione del valore medio della tensione di uscita causato dalla conduzione
incrociata risulta pari a:
Z t2  
6 er (t) + es (t)
∆Vu = es (t) − dt. (10.127)
T ta 2

Sostituendo ad es ed er le loro espressioni:


 

es (t) = Ea sin ωt +
6 (10.128)
 π
er (t) = Ea sin ωt + ,
6

e ad ωta e ωt2 gli angoli ϕa e δ, si ottiene quindi:



3 3 3ω
∆V = Ea (cos ϕa − cos δ) = Ls Iu . (10.129)
2π π

La resistenza equivalente che occorre inserire in serie al convertitore, per tenere conto della
riduzione del valore medio della tensione di uscita causata dalla conduzione incrociata, risulta
quindi pari a:

3ωLs
Ru = . (10.130)
π

Per quanto concerne l’ulteriore sfasamento della prima armonica della corrente assorbita
dalla sorgente di alimentazione, si può osservare che, come nel caso monofase, questo risulta
praticamente pari ad u/2. Con le stesse approssimazioni già effettuate nel paragrafo 10.8.1, si
ottiene, infine, la seguente espressione del valore di u:
s
4ωLs Iu
u ' − tan (ϕa ) + tan2 (ϕa ) + √ . (10.131)
3Ea cos (ϕa )

10.8.4 Convertitore trifase a ponte semicontrollato


Quando si impiega un convertitore trifase a ponte semicontrollato, se l’angolo di accensione è
minore di π/3 si ha sempre la conduzione contemporanea di due fasi dell’alimentazione; pertanto
la caduta di tensione dovuta alla resistenza della sorgente di alimentazione risulta identica a
332 Capitolo 10. Convertitori c.a.-c.c.

quella già evidenziata a proposito del ponte totalmente controllato. Quando, invece, l’angolo
di accensione è maggiore a π/3, in ogni terzo di periodo la conduzione interessa l’alimentazione
solo durante un intervallo di tempo di durata pari a (π − ϕa )/ω; pertanto la caduta di tensione
risulta più piccola.
Per quanto concerne la conduzione incrociata si può constatare che, analogamente a quanto
visto a proposito del convertitore monofase a ponte semicontrollato, si verificano due distinte
sovrapposizioni, a seconda che commuti un Tiristore o un Diodo. Il valore della resistenza
equivalente risulta diverso, a seconda che l’angolo ϕa di accensione sia minore o maggiore
di π/3. Nel primo caso, infatti, entrambe le commutazioni provocano la stessa diminuzione
di tensione e la resistenza equivalente è identica a quella ricavata per il convertitore a ponte
totalmente controllato. Nel secondo caso, invece, durante la conduzione incrociata dovuta
alla commutazione dei Diodi la tensione di uscita sarebbe nulla (come già visto a proposito
del convertitore monofase) anche in assenza di conduzione incrociata; la resistenza equivalente
risulta, quindi, pari alla metà di quella relativa alla situazione precedente.
In entrambi i casi l’incremento di sfasamento della prima armonica di corrente assume la
stessa espressione e risulta pari a:

uT + uD
∆ϕ1 = ,
4

in cui uT ed uD possono essere approssimati come:


s
2ωLs Iu
uT ' − tan (ϕa ) + tan2 (ϕa ) + √
3Ea cos (ϕa )
s (10.132)
2ωLs Iu
uD ' √ .
3Ea
Capitolo 11

Convertitori c.a.-c.a.

Tra i vari tipi di convertitori monostadio, i convertitori c.a.-c.a. sono quelli che
presentano il minore interesse applicativo, a causa delle notevoli limitazioni per
quanto concerne sia la qualità della forma d’onda della tensione di uscita sia il
campo di variazione della frequenza.
I convertitori c.a.-c.a. possono essere suddivisi in tre categorie: convertitori a
controllo di fase, cicloconvertitori e convertitori a matrice. I convertitori a controllo
di fase forniscono una tensione la cui prima armonica è isofrequenziale con la tensione
di alimentazione e di cui è possibile variare solo l’ampiezza. I cicloconvertitori,
invece, sono in grado di variare anche la frequenza di uscita che deve, comunque,
essere alquanto più piccola di quella di alimentazione. I convertitori a matrice, infine,
sono in grado di variare la frequenza di uscita entro un ampio campo di variazione.

11.1 Convertitori a controllo di fase


I convertitori c.a.-c.a. a controllo di fase sono convertitori particolarmente semplici
ed affidabili e permettono di ottenere una tensione alternativa la cui prima armonica,
isofrequenziale con la tensione della sorgente di alimentazione, ha un’ampiezza che
può essere variata da zero fino a quella della tensione di alimentazione.

11.1.1 Convertitore monofase


La fig. 11.1 riporta lo schema di un convertitore monofase a controllo di fase che
impiega due Tiristori collegati in antiparallelo; quando l’ampiezza della tensione ea
di alimentazione e l’intensità della corrente assorbita dal carico lo consentono, i due
Tiristori possono essere convenientemente sostituiti da un TRIAC.

333
334 Capitolo 11. Convertitori c.a.-c.a.

RC2
iu

ea RC 1 vu

Figura 11.1: Convertitore monofase a controllo di fase.

La forma d’onda della tensione fornita da tale convertitore risulta fortemente


influenzata dalla natura del carico. Se il carico è di tipo puramente resistivo e i
Tiristori RC1 e RC2 vengono accesi con un angolo di ritardo ϕa (compreso tra 0
e π) rispetto agli istanti in cui la tensione di alimentazione attraversa lo zero con
pendenza positiva (RC1 ) e negativa (RC2 ), la tensione fornita al carico e quella
applicata alla coppia di Tiristori assumono gli andamenti illustrati nella fig. 11.2.

vu

π π+ϕa 2π
ϕa ωt

vRC1=
-vRC2

π π+ϕa
ϕa 2π ωt

Figura 11.2: Andamenti della tensione fornita al carico e di quella applicata ai


Tiristori - Carico resistivo.

L’ampiezza della prima armonica della tensione fornita al carico è quindi pari a:
q
V1 = S12 + C12 , (11.1)
11.1. Convertitori a controllo di fase 335

essendo:
Z  
2 π 2 Ea sin (2ϕa )
S1 = Ea sin (ϕ) dϕ = π − ϕa +
π ϕa π 2
Z π (11.2)
2 Ea
C1 = Ea sin (ϕ) cos (ϕ) dϕ = − sin2 (ϕa ) .
π ϕa π

Se il carico presenta, in serie alla resistenza R, una induttanza L, possono ve-


rificarsi due situazioni distinte, a seconda che l’angolo di accensione sia maggiore o
minore dello sfasamento θ che la corrente ha rispetto alla tensione quando l’angolo
di accensione è nullo:
 
ωL
θ = arctan .
R

Quando ϕa < θ, la tensione vu applicata al carico coincide, a meno delle cadute


nei Tiristori, con la tensione ea ; in caso contrario l’andamento della tensione vu
dipende, oltre che dal valore di ϕa , da quello del rapporto ωL/R. La fig. 11.3
riporta gli andamenti della tensione vu , della corrente fornita al carico e della tensione
applicata alla coppia di Tiristori quando ϕa è maggiore di θ.

vu

π ϕs π+ϕa 2π
ϕs−π ϕa ωt

iu
ϕs−π π+ϕa
ϕa ϕs ωt

vRC1=
-vRC2

ϕs π+ϕa
ϕs−π ϕa ωt

Figura 11.3: Andamenti della tensione fornita al carico e di quella applicata ai


Tiristori - Carico induttivo.

Anche in questo caso l’ampiezza della prima armonica della tensione fornita al
336 Capitolo 11. Convertitori c.a.-c.a.

carico risulta pari a:


q
V1 = S12 + C12 ,

in cui:
Z  
2 ϕs 2 Ea sin (2ϕa ) sin (2ϕs )
S1 = Ea sin (ϕ) dϕ = ϕs − ϕa + −
π ϕa π 2 2
Z ϕs (11.3)
2 Ea  2 
C1 = Ea sin (ϕ) cos (ϕ) dϕ = sin (ϕs ) − sin2 (ϕa ) .
π ϕa π

L’angolo ϕs , in corrispondenza al quale si verifica lo spegnimento del Tiristore


in conduzione, può essere determinato impiegando l’equazione trascendente:

R
sin (ϕs − θ) = sin (ϕa − θ) e− ωL (ϕs −ϕa ) , (11.4)

già ricavata per il convertitore c.a.-c.c. monofase a semionda, oppure utilizzando le


curve riportate nel grafico di fig. 10.8.
La dipendenza dell’andamento della tensione applicata al carico dal valore del
rapporto ωL/R si riduce se si assume, per il controllo del convertitore, invece del-
l’angolo ϕa di accensione, l’angolo ϕi di interdizione (cioè la durata angolare dell’in-
tervallo di tempo durante il quale la corrente applicata al carico viene mantenuta
nulla):

ϕi = π + ϕa − ϕs . (11.5)

Sostituendo l’espressione (11.5) di ϕi nell’equazione (11.4), si ottiene:

R
sin (π + ϕa − ϕi − θ) = sin (ϕa − θ) e− ωL (π−ϕi ) , (11.6)

dalla quale si ricava:


" #
sin (π − ϕi )
ϕa = θ + arctan R
e− ωL (π−ϕi ) − cos (π − ϕi ) (11.7)
ϕs = π + ϕa − ϕi .

11.1.2 Convertitore trifase


Il convertitore c.a.-c.a. a controllo di fase può essere realizzato anche in versione
trifase, impiegando lo schema riportato nella fig. 11.4; in esso, le tensioni er , es e et
sono sfasate tra loro di un terzo di periodo ed i Tiristori RCi1 e RCi2 vengono accesi
11.1. Convertitori a controllo di fase 337

con un angolo di ritardo ϕa rispetto agli istanti in cui la relativa tensione di fase ei
attraversa lo zero con pendenza positiva (RCi1 ) e negativa (RCi2 ).

RC t1 RC s1 RC r1
er es et RC t2 RCs 2 RC r2

Figura 11.4: Convertitore trifase a controllo di fase.

Anche nel caso di convertitore trifase, l’andamento della tensione applicata al


carico dipende dal valore del rapporto ωL/R.

Carico puramente resistivo. Quando il carico è puramente resistivo, è possibile


distinguere due diverse modalità di funzionamento del convertitore a seconda che
l’angolo di accensione ϕa sia maggiore o minore di π/3. Infatti, quando ϕa è minore
di π/3 non si verifica mai che due fasi risultino interdette contemporaneamente. Al
contrario, quando ϕa è maggiore di π/3, ad ogni sesto di periodo si presenta un in-
tervallo di tempo durante il quale due fasi risultano contemporaneamente interdette;
in tali intervalli, quindi, la corrente si annulla in tutte e tre le fasi del carico.

Quando ϕa è minore di π/3, se si considera il sesto di periodo che inizia all’istante


(t = 0) in cui la tensione er attraversa lo zero con pendenza positiva e si suppone
che la sequenza ciclica sia r, s, t, nell’intervallo di tempo 0 < t < ϕa /ω le tensioni
applicate al carico risultano:

vr (t) = 0

3
vs (t) = − Ea cos (ωt) (11.8)
√2
3
vt (t) = Ea cos (ωt) ,
2
338 Capitolo 11. Convertitori c.a.-c.a.

mentre, nell’intervallo ϕa /ω < t < T /6, si ha:

vr (t) = Ea sin (ωt)


 

vs (t) = Ea sin ωt − (11.9)
3
 

vt (t) = Ea sin ωt − .
3

Le espressioni (11.8) e (11.9) permettono di ricavare l’andamento delle tre tensio-


ni applicate al carico nell’intero periodo. Infatti, essendo le tre tensioni di fase della
sorgente di alimentazione sfasate di un terzo di periodo, anche le tensioni applicate
al carico risultano sfasate di un terzo di periodo, per cui:
   
T T
vr (t) = vs t − = vt t − . (11.10)
3 6

Inoltre, a causa della simmetria sia del convertitore sia delle sue tensioni di
alimentazione, si ha:
 
T
vi (t) = vi t− . (11.11)
2

Le condizioni di simmetria (11.10) e (11.11) consentono, quindi, di ricavare le


seguenti condizioni, che permettono di determinare l’andamento delle tre tensioni
applicate al carico in un sesto di periodo sulla base del loro andamento nel sesto di
periodo precedente:

T
vr (t) = −vs t −
6
 
T
vs (t) = −vt t − (11.12)
6
 
T
vt (t) = −vr t − .
6

La fig. 11.5 riporta l’andamento delle tre tensioni di fase quando ϕa è minore di
π/3.
Quando, invece, ϕa è compreso tra π/3 e 2π/3, nell’intervallo 0 < t < ϕa /ω−T /6
sia la fase r che la fase t sono interdette; pertanto, in tale intervallo si ha:

vr (t) = vs (t) = vt (t) = 0. (11.13)

Viceversa, nell’intervallo ϕa /ω − T /6 < t < T /6, solo la fase r è interdetta e le


11.1. Convertitori a controllo di fase 339

vr

π 2π
ϕa ωt

vs

ωt

vt

ωt

Figura 11.5: Andamenti delle tre tensioni di fase - Carico resistivo, ϕa < π/3.

tre tensioni applicate al carico assumono i seguenti andamenti:

vr (t) = 0

3
vs (t) = − Ea cos (ωt) (11.14)
√2
3
vt (t) = Ea cos (ωt) .
2

Anche in questo caso, le condizioni di periodicità (11.12) permettono di ricavare


l’andamento della tensione applicata al carico nell’intero periodo.
Quando, infine, ϕa è compreso tra 2π/3 e π, almeno due fasi risultano sempre
contemporaneamente interdette; di conseguenza, tutte e tre le tensioni applicate al
carico sono sempre nulle.

Carico induttivo. Quando il carico presenta una componente induttiva, gli an-
damenti delle tensioni fornite dal convertitore sono fortemente influenzati dal valore
del rapporto ωL/R. In particolare quando ϕa è minore di θ nessuna fase risulta mai
interdetta. Anche nel caso trifase, comunque, la dipendenza dal valore di ωL/R può
340 Capitolo 11. Convertitori c.a.-c.a.

venire ridotta utilizzando, come angolo di controllo, l’angolo di interdizione.


Impiegando il convertitore illustrato nella fig. 11.4, la corrente applicata ad ogni
fase del carico presenta un andamento simmetrico con due intervalli di interdizione
al periodo. Quando non interessa né il contenuto armonico né la simmetria delle
tensioni e delle correnti, si può ricorrere al circuito riportato nella fig. 11.6(a)
nel quale tre Tiristori sono sostituiti da Diodi. Anche con questo circuito, infatti,
l’ampiezza della prima armonica della tensione applicata ad ogni fase del carico
può essere variata da zero fino a quella della tensione di alimentazione; la corrente
applicata ad ogni fase del carico, però, non risulta simmetrica e presenta un solo
intervallo di interdizione al periodo.
Un’ulteriore soluzione, che consente di impiegare tre soli Tiristori e presenta gli
stessi andamenti delle tensioni e delle correnti applicate al carico, è quella illustrata
nella fig. 11.6(b); in essa un terminale di ciascuna fase del carico è connesso di-
rettamente alla sorgente di alimentazione mentre l’altro è collegato ad un triangolo
formato dai tre Tiristori.

RC t RC s RCr

Dt Ds Dr

RC t RCs RCr

a) b)
Figura 11.6: Soluzioni circuitali alternative.

11.2 Cicloconvertitori
I cicloconvertitori monofasi presentano una struttura di potenza identica a quella di
un convertitore c.a.-c.c bidirezionale a quattro quadranti (in genere con alimentazio-
ne trifase). Infatti variando nel tempo in maniera opportuna gli angoli di accensione
ϕa1 e ϕa2 di un convertitore c.a.-c.c. bidirezionale a quattro quadranti è possibile
ottenere una forma d’onda di tensione di tipo alternativo di cui è possibile variare sia
l’ampiezza sia la frequenza. A differenza da quanto avviene nei convertitori c.a.-c.c.,
però, se si impiega per il cicloconvertitore un funzionamento a totale circolazione
11.2. Cicloconvertitori 341

di corrente, non è possibile limitare a piacere la corrente di circolazione scegliendo


in maniera opportuna il valore dell’induttanza di accoppiamento. La modalità di
funzionamento con totale circolazione di corrente viene, pertanto, utilizzata solo in
casi particolari, mentre si preferisce normalmente ricorrere al funzionamento con
parziale circolazione di corrente. Con quest’ultima tecnica, infatti, si eliminano i
pericoli di cortocircuito sulla alimentazione insiti nell’accoppiamento diretto e, sic-
come i due convertitori sono contemporaneamente abilitati alla conduzione solo per
brevi intervalli di tempo, si riduce il valore efficace della corrente di circolazione.
L’esame dettagliato del comportamento dei cicloconvertitori è alquanto comples-
so; il loro attuale modesto interesse applicativo e la disponibilità di testi dedicati
fanno ritenere conveniente limitarsi a fornirne una descrizione sommaria, basata es-
senzialmente sugli andamenti della tensione e della corrente, tale da permettere di
comprendere il loro principio di funzionamento e da poter costituire la base per uno
studio più approfondito.
Nella fig. 11.7 sono riportati due possibili andamenti della tensione e della cor-
rente applicata al carico da un cicloconvertitore senza circolazione di corrente, rea-
lizzato impiegando due convertitori c.a.-c.c. a ponte trifase totalmente controllato;
nella stessa figura sono anche riportati gli andamenti delle correnti i1 e i2 fornite dai
due convertitori. La fig. 11.7(a) è relativa al caso in cui la corrente assorbita dal
carico, che si suppone sinusoidale, sia in fase con la prima armonica della tensione
fornita dal cicloconvertitore, mentre la fig. 11.7(b) è relativa al caso in cui la cor-
rente sia in ritardo. Nel riportare gli andamenti della tensione applicata al carico si
è supposto di poter trascurare i fenomeni connessi con le commutazioni.
Esaminando le figg. 11.7 si può facilmente dedurre che l’andamento della tensione
fornita da un cicloconvertitore approssima quello sinusoidale tanto meglio quanto più
elevato è il rapporto tra la frequenza di alimentazione e quella di uscita; un’analisi
più approfondita permette di ricavare che la tensione applicata al carico presenta
un contenuto armonico accettabile solo se la sua frequenza è inferiore ad un terzo di
quella della sorgente di alimentazione.

11.2.1 Modalità di comando dei cicloconvertitori


Durante ciascun intervallo di tempo, compreso tra due successive commutazioni dei
Tiristori dello stesso convertitore, il valore medio della tensione fornita dal conver-
titore è praticamente proporzionale al coseno dell’angolo di accensione. Pertanto,
per ottenere una tensione di uscita che approssimi un andamento sinusoidale, è ne-
cessario che gli angoli di accensione ϕa1 e ϕa2 dei due convertitori siano scelti in
modo tale che il loro coseno vari sinusoidalmente nel tempo con una pulsazione pari
342 Capitolo 11. Convertitori c.a.-c.a.

vu

iu

t
i1

i2 t

t
(a) iu in fase

vu

iu

t
i1

i2 t

t
(b) iu in ritardo

Figura 11.7: Andamenti della tensione e della corrente applicata al carico.


11.2. Cicloconvertitori 343

a quella desiderata per la tensione di uscita:

cos (ϕa1 ) = k sin (ωt)


(11.15)
cos (ϕa2 ) = −k sin (ωt) ,

in cui il coefficiente moltiplicativo k è proporzionale all’ampiezza desiderata per la


tensione di uscita.
Gli angoli di accensione ϕa1 e ϕa2 possono essere ottenuti impiegando un dispo-
sitivo di controllo derivato da quello illustrato per i convertitori c.a.-c.c.; spesso si
preferisce, invece, ricorrere ad un circuito di controllo a catena chiusa introducendo,
come mostrato nella fig. 11.8, un opportuno filtro nella catena di controreazione.

vr + vc Circuito vu
di Cicloconvertitore
- controllo

Filtro

Figura 11.8: Circuito di controllo a catena chiusa.

11.2.2 Cicloconvertitori con uscita trifase


Quando si desidera alimentare un carico trifase è necessario impiegare più ciclo-
convertitori connessi e pilotati opportunamente. La connessione trifase può essere
effettuata adottando uno dei seguenti tre schemi: a stella, a triangolo aperto, a
triangolo chiuso; la connessione più opportuna dipende dalla potenza richiesta dal
carico.
Nei convertitori di più elevata potenza la soluzione più conveniente consiste nel
connettere a stella tre cicloconvertitori secondo lo schema illustrato nella fig. 11.9(a).
Infatti, la configurazione a triangolo chiuso, illustrata nella fig. 11.9(b), pur consen-
tendo, a parità di dimensionamento in potenza dei Tiristori, di fornire al carico la
stessa potenza, presenta l’inconveniente di permettere una circolazione di corrente
tra i tre cicloconvertitori.
Al diminuire della potenza risulta conveniente utilizzare la soluzione a triangolo
aperto, illustrata nella fig. 11.9(c), che consente di impiegare due soli cicloconver-
titori, mentre, per potenze ancora inferiori, la soluzione più opportuna consiste nel
344 Capitolo 11. Convertitori c.a.-c.a.

a)

b)

c)

d)

Figura 11.9: Cicloconvertitori con uscita trifase.

collegare a triangolo chiuso tre convertitori a due soli quadranti, come mostrato nella
fig. 11.9(d). Quest’ultima soluzione impiega un numero di Tiristori pari alla metà
di quelli necessari per realizzare una connessione a stella e presenta, per quanto con-
cerne la corrente di circolazione, problemi analoghi a quelli di un cicloconvertitore
con uscita monofase.
11.3. Convertitori a matrice 345

11.3 Convertitori a matrice


Nel paragrafo precedente si è osservato che l’andamento della tensione fornita da un
cicloconvertitore presenta un contenuto armonico accettabile solo se la sua frequen-
za è inferiore ad un terzo di quella della sorgente di alimentazione; di conseguenza
l’impiego dei cicloconvertitori è possibile solo in applicazioni particolari in cui la
sorgente abbia una frequenza superiore a quella industriale (ad esempio 400 Hz) op-
pure sia richiesta una frequenza di uscita molto ridotta. La limitazione sul massimo
valore della frequenza di uscita è dovuta alla modalità impiegata dal cicloconverti-
tore per costruire la tensione di uscita. Quest’ultima è composta da segmenti delle
tre sinusoidi di rete e ciascun segmento viene applicato per un intervallo di tempo
di durata circa pari ad un sesto del periodo della tensione di alimentazione; infat-
ti lo spegnimento di ciascun Tiristore viene provocato dall’accensione di un nuovo
Tiristore.
È possibile aumentare la frequenza della tensione di uscita se si impiegano, al
posto dei Tiristori, degli interuttori di cui sia possibile comandare anche l’apertura;
tale sostituzione ha portato alla realizzazione di convertitori c.a.-c.a. (ancora detti
cicloconvertitori) con frequenza di uscita anche molto più elevata di quella di ali-
mentazione. Il diverso tipo di componenti impiegati ha, successivamente, suggerito
anche un cambiamento della struttura di potenza portando, agli inizi degli anni ’80,
alla proposta di una nuova struttura di conversione: il convertitore a matrice.
Come indicato dal nome, un convertitore a matrice è costituito (nel caso trifase)
da una matrice di 9 interruttori, che permettono di collegare una qualsiasi fase del
carico con una qualsiasi fase della rete di alimentazione. Applicando ai vari inter-
ruttori opportune tecniche di modulazione, si può realizzare una terna di tensioni di
uscita con un contenuto armonico accettabile e di cui è possibile variare, entro ampi
limiti, sia l’ampiezza sia la frequenza dell’armonica fondamentale.
La fig. 11.10 mostra la struttura di un convertitore a matrice. Poiché ogni
connessione deve essere in grado di permettere alla corrente di scorrere in entrambe
le direzioni, gli interruttori devono essere bidirezionali e non possono essere realizzati
con un semplice Transistor.
Esistono vari schemi circuitali che consentono di realizzare un interruttore bidirezionale
componendo alcuni Diodi ed uno o più Transistor; le strutture più utilizzate sono mostrate
nella fig. 11.11 e sono indicate come: Diode embedded switch, (fig. 11.11(a)), Common
emitter switch (fig.11.11(b)) e Common collector switch (fig.11.11(c)).
L’interruttore di tipo Diode embedded switch impiega un solo Transistor e quattro Diodi;
le altre due strutture, invece, utilizzano due Transistor e due Diodi. Ad un primo esame,
la struttura del Diode embedded switch sembrerebbe preferibile in quanto contiene un solo
346 Capitolo 11. Convertitori c.a.-c.a.

S 11

S 12 vu1

e1 S 13

S 21
e2
S 22 vu2

S 23
e3
S 31

S 32 vu3

S 33

Figura 11.10: Convertitore a matrice.

a) b) c)

Figura 11.11: Possibili strutture degli interruttori bidirezionali .

elemento controllato. In realtà essa presenta alcuni svantaggi quali la caduta sull’interruttore,
pari alla somma delle cadute su tre componenti e il maggior valore efficace della corrente sul
Transistor, che conduce qualsiasi sia il verso della corrente nell’interruttore; inoltre le strutture
illustrate nelle figg. 11.11(b) e 11.11(c) consentono di realizzare tecniche di commutazione più
sofisticate, permettendo di controllare la direzione della corrente durante la commutazione.
Esistono diverse strategie per il controllo del convertitore a matrice; per evitare sovratensioni
e dipendenze della tensione di uscita dai parametri del carico, tutte le strategie cercano di
rispettare le seguenti due regole:

• in ogni istante tutte le fasi del carico devono essere collegate ad una fase dell’alimenta-
zione;

• uno solo dei tre interruttori connessi a ciascuna fase del carico può essere chiuso.

In realtà, a causa dei tempi di apertura e chiusura degli interruttori, durante le commuta-
zioni non è possibile rispettare entrambe le regole; esistono diverse strategie di commutazione
per ovviare a questo problema, ma richiedono una maggiore complicazione circuitale. Inoltre,
11.3. Convertitori a matrice 347

per ridurre le armoniche di corrente iniettate nella rete di alimentazione e per migliorare le
commutazioni, il convertitore è connesso alla rete di alimentazione mediante un filtro LC (vedi
fig. 11.12).

S11

S 12 vu1

e1 S 13

S 21
e2
S 22 vu2

S 23
e3
S 31

S 32 vu3

S 33

Figura 11.12: Convertitore con filtro di rete.

Rispetto alle soluzioni con due convertitori in cascata, che verranno illustrate nel Capitolo
13, i convertitori a matrice presentano i seguenti vantaggi:

• quando la frequenza di funzionamento è molto bassa, le giunzioni dei semiconduttori


sono soggette a variazioni di temperatura più piccole; ciò è dovuto al fatto che il ciclo di
funzionamento dei semiconduttori di un convertitore a matrice ha un periodo pari a quello
della tensione di alimentazione, mentre il periodo del ciclo di funzionamento dell’inverter
è quello della tensione di uscita;

• il contenuto armonico della tensione di uscita è più favorevole;

• le perdite di commutazione sono, in genere, sensibilmente inferiori.

Per contro, a parità di potenza trasferita al carico e di tensione di alimentazione, il valore


efficace della corrente negli interruttori di un convertitore a matrice è di circa il 15% maggiore
e il massimo valore della tensione di uscita risulta più basso. Inoltre, i convertitori a matrice
risentono maggiormente degli eventuali squilibri presenti sulle tre tensioni di alimentazione o
sulle fasi del carico.
Si può, infine, rilevare che, malgrado i molteplici studi teorici presentati in letteratura, questi
convertitori hanno, per ora, avuto un numero limitato di applicazioni industriali.
Capitolo 12

Convertitori con struttura a più


livelli

Nei convertitori statici di più elevata potenza (impiegati ad esempio nella trazione ferroviaria
pesante, nella trasmissione dell’energia in c.c. oppure in grossi impianti di laminazione) il
dimensionamento in potenza dei semiconduttori è tale da richiedere l’utilizzazione di componenti
in serie o in parallelo. Per evitare tali connessioni che, come messo in evidenza nella prima parte
del testo, presentano sempre inconvenienti non trascurabili, si preferisce, attualmente, ricorrere
all’impiego di più convertitori connessi in serie o in parallelo, oppure a quello di convertitori con
struttura a più livelli, composti da un maggior numero di interruttori† .
In generale, nei convertitori alimentati dalla rete in c.a. mediante trasformatori si preferisce
ricorrere alla connessione in serie o in parallelo di più convertitori. Un esempio di connessione
in serie di più convertitori è già stato esaminato nella trattazione relativa al miglioramento del
fattore di potenza nei convertitori c.a.-c.c. Viceversa nei convertitori alimentati in c.c. si ricorre
a convertitori a più livelli; tra essi assumono particolare importanza gli inverter a più livelli.

12.1 Inverter con struttura a più livelli


Gli inverter con struttura a più livelli consentono di utilizzare degli interruttori dimensionati
per sopportare una tensione inferiore alla tensione Ea applicata all’inverter. La più semplice
struttura impiegata per questo scopo è la struttura NPC (Neutral Point Clamped ), che consente
di dimezzare la tensione applicata agli interruttori, a fronte di un raddoppio del numero degli
stessi rispetto ad un inverter tradizionale.

Spesso il ricorso a strutture più complesse di quella base non è dovuto alla impossibilità di tro-
vare componenti con le portate in tensione e corrente richieste, bensì alla convenienza di impiegare
una diversa famiglia di componenti, caratterizzata da caratteristiche dinamiche più favorevoli: ad
esempio GTO invece che Tiristori oppure IGBT invece che GTO. Inoltre le strutture di potenza
più complesse consentono un miglioramento di alcune caratteristiche funzionali del convertitore.

349
350 Capitolo 12. Convertitori con struttura a più livelli

La fig. 12.1 illustra la struttura di un ramo di un inverter NPC costituito da quattro


interruttori (nella figura rappresentati come Transistor), ciascuno dei quali è provvisto di un
Diodo di libera circolazione. Ulteriori due diodi provvedono a connettere il punto comune ai
due Transistor della parte superiore del ramo e il punto comune ai due Transistor della parte
inferiore del ramo al punto centrale dell’alimentazione (Ea /2).

Ea

T1
Dr. vbe1

vc1
T2
Dr. vbe2
vu
vc2 Ea /2
T3
Dr. vbe3

T4
Dr. vbe4

Figura 12.1: Struttura di un ramo di Inverter NPC.

Nella figura sono anche riportati i quattro blocchi, indicati con Dr., che rappresentano
i circuiti di pilotaggio dei quattro Transistor, mettendo in evidenza che questi ultimi sono
comandati a coppie; infatti, i segnali logici di pilotaggio dei Transistor T3 e T4 possono essere
rispettivamente ottenuti dalla negazione dei segnali T1 e T2 . Nella tabella 12.1 sono riportate
le tre configurazioni logiche ammissibili per i segnali di pilotaggio ed il corrispondente livello
della tensione (vu ) di uscita; in essa, le tensioni di pilotaggio sono state indicate con i simboli
A (pilotaggio alto) e B (pilotaggio basso). La configurazione vc1 = 1 e vc2 = 0 non è,
invece, accettabile, in quanto, con tale configurazione, il valore della tensione di uscita sarebbe
determinato dal segno della corrente.

vc1 vc2 vbe1 vbe2 vbe3 vbe4 vu


0 0 B B A A 0
0 1 B A A B Ea /2
1 1 A A B B Ea

Tabella 12.1: Possibili stati di conduzione dell’inverter NPC.

La forma d’onda fornita da una fase dell’inverter NPC presenta, quindi, tre diversi livelli (0,
Ea /2 ed Ea ); pertanto, i due segnali logici vc1 e vc2 possono essere ottenuti impiegando uno dei
modulatori a tre livelli illustrati nel Capitolo 9. Come già evidenziato, l’utilizzo di una tecnica
12.1. Inverter con struttura a più livelli 351

di modulazione a tre livelli consente di ottenere una migliore qualità della corrente applicata
al carico, sia per la minore presenza di ondulazione sovrapposta alla corrente stessa, sia per lo
spostamento delle armoniche di ampiezza più significativa a frequenze più elevate.

T11 T21
+
C T12 vu T 22
Ea
v1 v2
T13 T23
C

T14 T 24

Figura 12.2: Struttura di un Inverter NPC monofase a ponte.

Il ramo dell’inverter NPC illustrato nella fig. 12.1 può venire impiegato per realizzare un
inverter a ponte, monofase o trifase. Nella fig. 12.2 è riportato lo schema di un inverter
NPC monofase a ponte. Nella stessa è evidenziato che la tensione intermedia (Ea /2) viene
normalmente ottenuta impiegando un partitore capacitivo; ovviamente è necessario garantire
che la corrente applicata al partitore abbia un valore medio nullo affinché le tensioni di uscita
risultino simmetriche.
Applicando ad ambo i rami del ponte una tecnica di modulazione a tre livelli, la forma
d’onda della tensione fornita al carico presenta 5 diversi livelli (−Ea , −Ea /2, 0, Ea /2 ed Ea ).
Nella fig. 12.3 è riportato un tipico andamento delle tensioni modulate v1 e v2 , fornite dai
due rami dell’inverter, e di quella applicata al carico, vu ; le forme d’onda sono state ottenute
impiegando il modulatore a tre livelli illustrato nella fig. 9.62, con un rapporto tra la frequenza
della portante e quella della modulante pari a 5 e le forme d’onda delle portanti mostrate nella
fig. 9.63(b).
Infine, la fig. 12.4 riporta lo schema di un inverter NPC trifase, il cui impiego è prettamente
rivolto ad applicazioni di elevata potenza. Anche nella versione trifase la tensione intermedia
(Ea /2) è ottenuta impiegando un partitore capacitivo.
352 Capitolo 12. Convertitori con struttura a più livelli

v1
Ea

E a /2

0 T t
v2
Ea

Ea /2

0 T t

vu
Ea

Ea /2

0 t
T
-Ea /2
-E a

Figura 12.3: Forme d’onda delle tensioni fornite da un inverter NPC monofase a
ponte.

T11 T21 T 31
+
C T 12 T22 T32
v1 v2 v3
Ea
T13 T23 T 33
C

T14 T24 T34

Figura 12.4: Struttura di un Inverter NPC trifase.


Capitolo 13

Convertitori pluristadio

In molte applicazioni, risulta conveniente ricorrere ad un sistema di conversione


composto da più stadi di conversione posti in cascata (convertitore pluristadio). In
particolare, l’impiego di un convertitore pluristadio risulta necessario, a meno di
ricorrere all’utilizzazione di un convertitore a matrice, nei sistemi di conversione
c.a.-c.a. con frequenza della tensione di uscita paragonabile o superiore a quella
della rete di alimentazione oppure quando si voglia effettuare una conversione da
c.c. a c.c. con isolamento galvanico dell’uscita rispetto all’ingresso.

13.1 Convertitore bistadio c.a.-c.a.


La trattazione effettuata nel Capitolo 11 ha mostrato che i convertitori c.a.-c.a. a
controllo di fase permettono di modificare solo l’ampiezza della tensione di uscita
mentre nei cicloconvertitori la frequenza della tensione di uscita deve risultare in-
feriore ad un terzo di quella della sorgente di alimentazione. Pertanto, quando si
desidera che la frequenza della tensione di uscita sia diversa da quella della rete di
alimentazione e superiore ad un terzo di quest’ultima, risulta necessario o ricorre-
re ad un convertitore a matrice oppure impiegare due stadi di conversione posti in
cascata.
Come evidenziato nello stesso Capitolo, malgrado i molteplici studi teorici pre-
sentati in letteratura, i convertitori a matrice hanno, per ora, avuto una limitata
rilevanza industriale. Di conseguenza, nella stragrande maggioranza delle realizza-
zioni attuali, si fà ricorso alla cascata di due convertitori: il primo convertitore (in
genere indicato come raddrizzatore) effettua la conversione da c.a. a c.c., il secondo
(inverter ) da c.c. a c.a. Risulta, però, necessario introdurre, tra i due stadi di con-
versione, un opportuno filtro (circuito intermedio), atto a ridurre a livelli accettabili

353
354 Capitolo 13. Convertitori pluristadio

l’ondulazione della tensione o della corrente fornita dal primo stadio. Il funziona-
mento del convertitore bistadio risulta alquanto diverso a seconda che il filtro sia di
tipo capacitivo (vedi fig. 13.1) oppure induttivo (vedi fig. 13.2).

Figura 13.1: Convertitore bistadio con filtro capacitivo.

Figura 13.2: Convertitore bistadio con filtro induttivo.

Nel primo caso, il filtro riduce le ondulazioni della tensione continua; l’inver-
ter è, quindi, alimentato a tensione impressa (Voltage Source Inverter, VSI ) e il
convertitore c.a.-c.c. può essere o non essere controllato. Quando è controllato,
la regolazione dell’ampiezza della tensione alternata di uscita viene affidata a tale
stadio mentre l’inverter funziona con una forma d’onda prefissata ed effettua solo il
controllo della frequenza. In caso contrario, l’inverter deve effettuare il controllo sia
dell’ampiezza sia della frequenza della tensione di uscita. È da notare che, a meno
di impiegare un convertitore c.a.-c.c. a quattro quadranti, il convertitore bistadio
con filtro capacitivo (anche detto con con stadio intermedio a tensione impressa)
risulta monodirezionale, in quanto il convertitore c.a.-c.c. non permette di invertire
il segno della corrente continua mentre l’inverter di tipo VSI non consente, a causa
della presenza dei diodi, di invertire il segno della tensione di alimentazione. Qualo-
ra, in alcune condizioni operative, il carico possa fornire energia, è necessario, quindi,
inserire, in parallelo al condensatore di filtro, un dispositivo (in genere costituito da
una resistenza ed un interruttore statico) che permetta di dissipare l’energia fornita
dal carico quando la tensione ai capi del condensatore diventa troppo elevata. Ne-
gli ultimi anni, è diventata particolarmente attraente la struttura di conversione a
due stadi che impiega, come primo stadio, il convertitore c.a.-c.c. bidirezionale con
interruttori statici illustrato nel capitolo 10. Questa soluzione consente di:

• ottenere un convertitore c.a.-c.a. bidirezionale, con recupero in rete della


potenza fornita dal carico;
13.2. Convertitori bistadio c.c.-c.c. 355

• prelevare energia dalla rete di distribuzione con un elevato fattore di potenza


ed un contenuto armonico di corrente particolarmente ridotto;

• mantenere costante la tensione continua del circuito intermedio, con consistenti


vantaggi sul dimensionamento dei semiconduttori dell’inverter.

Quando, invece, si impiega un filtro induttivo, l’inverter è alimentato a corrente


impressa (Current Source Inverter, CSI ) ed il convertitore c.a.-c.c. deve necessa-
riamente essere di tipo controllato. Infatti, impiegando la struttura con (circuito
intermedio a corrente impressa), il controllo dell’intensità della corrente fornita al
carico è sempre affidato al convertitore c.a.-c.c. mentre l’inverter, usualmente di
tipo parallelo, effettua solo il controllo della frequenza. Occorre, infine, osservare
che, se si utilizza un convertitore c.a-c.c bidirezionale a due quadranti, il convertitore
bistadio risulta bidirezionale in quanto il segno della tensione che alimenta l’inverter
parallelo può essere invertito.

13.2 Convertitori bistadio c.c.-c.c.


Quando occorre effettuare una conversione c.c.-c.c che presenti un disaccoppiamento
galvanico tra la sorgente di alimentazione ed il carico, è conveniente impiegare la
struttura di conversione, illustrata nella fig. 13.3, costituita da un inverter e un
convertitore c.a.-c.c accoppiati tra loro mediante un trasformatore.

+ +
Ea vu
- -

Figura 13.3: Convertitori bistadio c.c.-c.c.

Il ricorso a tale struttura risulta, comunque, conveniente anche quando non è


richiesto il disaccoppiamento galvanico ma si desidera ottenere una tensione di uscita
molto minore (o molto maggiore) di quella di alimentazione. In queste condizioni
operative, infatti, il dimensionamento dell’interruttore statico di un convertitore
monostadio risulterebbe, come già messo in evidenza, alquanto elevato rispetto alla
potenza trasferita dal convertitore.
Nel convertitore bistadio, ovviamente, il controllo dell’ampiezza della tensione
di uscita può essere affidato ad un solo convertitore. Poiché l’inverter deve, in ogni
356 Capitolo 13. Convertitori pluristadio

caso, impiegare elementi controllati, tale compito viene affidato all’inverter mentre
la conversione c.a.-c.c. è ottenuta mediante un semplice raddrizzatore a Diodi.
Nei convertitori bistadio di potenza superiore a qualche kW il convertitore c.a.-c.c. funziona
in genere ad onda intera e l’inverter è realizzato impiegando uno degli schemi (a ponte, a
semiponte o a push-pull) già esaminati nel paragrafo 9.1. Quando si impiega un inverter a ponte,
la struttura del circuito di conversione risulta quella illustrata nella fig. 13.4 e comprende, oltre
all’inverter e al trasformatore di disaccoppiamento (normalmente in ferrite), un convertitore c.a.-
c.c. a diodi ed un filtro LC di uscita. Se, come avviene in un numero consistente di applicazioni
(ad esempio alimentatori con batteria in tampone o alimentatori per sistemi di elaborazione),
il valore medio della tensione fornita dal convertitore non è molto elevato (da pochi V fino a
qualche decina di V), si fa in genere ricorso, per ridurre le perdite dovute alla caduta diretta
sui Diodi, ad un convertitore con trasformatore a presa centrale; in questo caso è conveniente
inserire, a valle del convertitore, un ulteriore Diodo, la cui presenza consente di evitare che,
quando tutti i Transistor dell’inverter sono aperti, la corrente che transita nell’induttanza di
filtro circoli nel trasformatore.

+
+ L
n1 n2 v2 C vu
IS 1 D1 D3 IS 3
Ea v1 -
IS 4
IS 2 D2 D4 n2
-

Figura 13.4: Convertitore bistadio c.c.-c.c. ad onda intera con inverter a ponte.

Se, durante un semiperiodo, vengono chiusi, per un intervallo di tempo di durata τ gli
interruttori IS1 e IS4 mentre durante l’altro semiperiodo vengono chiusi, in maniera simmetrica,
gli altri due interruttori, l’andamento della tensione v2 , ai morsetti di ingresso del filtro di uscita,
risulta, trascurando i fenomeni che si verificano durante le commutazioni e supponendo che
l’induttanza del filtro si trovi in conduzione continua, quello riportato nella fig. 13.5.
Pertanto, indicato con δ il rapporto 2τ /T , il valore medio della tensione fornita dal conver-
titore è pari a:

n2
V̄u = Ea δ (13.1)
n1

e può essere variato agendo sul rapporto δ.


Come già messo in evidenza nel Paragrafo 9.1, quando l’uscita dell’inverter è connessa
al carico mediante un trasformatore assumono particolare rilevanza, specialmente se l’inverter
funziona ad elevata frequenza, i problemi connessi alla presenza di eventuali dissimmetrie sulla
forma d’onda della tensione fornita dall’inverter.
13.2. Convertitori bistadio c.c.-c.c. 357

v2
Ean2/n1
τ τ τ

T/2 T/2 T/2 t

Figura 13.5: Andamento della tensione applicata al filtro di uscita quando il


convertitore si trova in conduzione continua.

Per ridurre tali problemi, è possibile ricorrere all’inserzione, in serie al primario del trasfor-
matore, di una capacità di valore tale per cui, durante ogni alternanza della tensione fornita dal-
l’inverter, la variazione di tensione ai capi della capacità risulti, in corrispondenza alla massima
corrente di carico, dell’ordine di qualche percento della tensione Ea di alimentazione.
Lo stesso tipo di funzionamento può essere ottenuto impiegando per l’inverter una struttura
a semiponte. Con tale circuito, il cui schema è illustrato nella fig. 13.6, la tensione di uscita è,
a parità di rapporto di trasformazione, pari alla metà di quella del circuito precedente.

+
+ L
C vu
D1
n1 n2 v2
IS1
Ea v1 -
D2 IS 2 n2
-

Figura 13.6: Convertitore bistadio c.c.-c.c. ad onda intera con inverter a semiponte.

Quando, invece, si utilizza un inverter a push-pull (la cui struttura di potenza presenta il
vantaggio che gli emettitori dei due Transistor di potenza sono allo stesso potenziale per cui
i circuiti di pilotaggio dei due Transistor non richiedono un disaccoppiamento galvanico), la
riduzione degli effetti delle dissimmetrie non può essere ottenuta mediante circuiti capacitivi.
Pertanto, quando si impiega tale struttura con una elevata frequenza di commutazione, è indi-
spensabile ricorrere ad opportuni circuiti in grado di rivelare l’eventuale presenza di dissimmetrie
e, di conseguenza, correggere le durate degli intervalli di conduzione.
Nei convertitori di piccola potenza (dal centinaio di W fino a poco più di un kW), per
evitare i problemi connessi alla presenza di dissimmetrie, si fa spesso ricorso ad un convertitore
358 Capitolo 13. Convertitori pluristadio

c.a.-c.c. a semionda. Con questa scelta, il particolare tipo di carico presente ai morsetti di
uscita dell’inverter permette di impiegare, per quest’ultimo, delle strutture semplificate che non
potrebbero essere utilizzate con altri tipi di carico.
Infatti, se si impiega lo schema di conversione illustrato nella fig. 13.4 ma si utilizza un
convertitore c.a.-c.c. a semionda, si può facilmente constatare che la chiusura di una coppia di
interruttori (ad esempio IS2 e IS3 ) risulta inutile; inoltre, i due Diodi posti in antiparallelo ai
due interruttori attivi non entrano mai in conduzione. Pertanto, il circuito di potenza può ridursi
a quello illustrato nella fig. 13.7, nel quale l’inverter è realizzato mediante due soli interruttori
e due soli Diodi.

+ +
n1 n2 L
IS1 D3 C
Ea v1 v2 vu
D2 IS4
- -

Figura 13.7: Convertitore bistadio c.c.-c.c. a semionda con inverter a ponte.

Quando si impiega questo circuito, se i due interruttori vengono chiusi, durante ogni periodo,
per un intervallo di tempo di durata τ , il valore medio della tensione di uscita risulta pari a:

n2 Ea τ
V̄u = . (13.2)
n1 T

Occorre osservare che la durata τ dell’intervallo di conduzione deve comunque risultare


minore di T /2, al fine di garantire la smagnetizzazione del trasformatore durante l’intervallo di
tempo in cui gli interruttori sono aperti.
Un diverso schema, con convertitore c.a.-c.c. a semionda, può essere ricavato partendo da
un inverter a push-pull ed eliminando un Transistor ed un Diodo. In questo caso, come mostrato
nella fig. 13.8, si preferisce impiegare un trasformatore con due primari separati, invece che con
un primario a presa centrale.
In tale convertitore, usualmente indicato con il nome di Forward Converter, però, la ten-
sione diretta applicata all’interruttore statico risulta pari a 2Ea . Occorre, infine, osservare che
l’avvolgimento primario connesso al Diodo è interessato da una corrente molto più piccola di
quella che circola nell’altro primario (solo la corrente magnetizzante del trasformatore); pertan-
to i due primari, in genere avvolti in maniera bifilare, sono realizzati con conduttori di sezioni
molto diverse tra loro.
Quando la potenza da trasferire al carico risulta più elevata (qualche kW), è possibile
connettere allo stesso carico due Forward Converter fatti funzionare in maniera simmetrica,
con uno sfasamento di mezzo periodo. Si ottiene così il circuito, riportato nella fig. 13.9, nel
13.3. Convertitori c.a.-c.c. a tre stadi 359

+
D +
n1 n1 n2 L
C
Ea v2 vu
-
- IS

Figura 13.8: Convertitore bistadio c.c.-c.c. a semionda con inverter a push-pull.

quale il valore medio della tensione di uscita risulta, a parità del rapporto τ /T , doppio di quello
precedente.

+
+
L
C
Ea v2 vu
-
-

Figura 13.9: Convertitore bistadio c.c.-c.c. con due Forward Converter.

Quando, invece, la potenza da trasferire al carico è molto modesta, si può introdurre una
ulteriore semplificazione, eliminando l’induttanza del filtro di uscita e, di conseguenza, anche
il Diodo di circolazione del convertitore c.a.-c.c.; il circuito a cui si perviene è quello riportato
nella fig. 13.10 e viene usualmente indicato come Flyback Converter.

13.3 Convertitori c.a.-c.c. a tre stadi


I convertitori bistadio c.c.-c.c., precedentemente esaminati, trovano ampia utilizzazione per
realizzare alimentatori in c.c. connessi direttamente alla rete di distribuzione in c.a., senza
l’interposizione di un trasformatore funzionante a frequenza di rete.
Tali alimentatori, usualmente indicati come Alimentatori Switching, sono, quindi, costituiti
da tre stadi di conversione e cioè da un raddrizzatore a Diodi, alimentato direttamente da rete,
e da un convertitore c.c.-c.c a due stadi, realizzato mediante uno degli schemi precedentemente
360 Capitolo 13. Convertitori pluristadio

+
+
C
Ea vu
-
-
Figura 13.10: Flyback Converter.

+
L
C vu
D3
n1 n2
IS 1 D1 IS 3
-
IS 4
IS 2 D2 D4 n2

Figura 13.11: Alimentatore switching con forward converter.

illustrati. A titolo di esempio la fig. 13.11 mostra un tipico schema di alimentatore switching
che impiega il convertitore bistadio di fig. 13.4.
Capitolo 14

Convertitori risonanti

L’analisi delle commutazioni dei Transistor di potenza, effettuata nei capitoli precedenti, ha
evidenziato che ad ogni commutazione dell’interruttore statico è associata una dissipazione di
energia. Questa dissipazione rappresenta un impedimento quando, come nei convertitori c.c.-
c.c. con accoppiamento mediante trasformatore, si desideri aumentare la frequenza di lavoro
del convertitore.
Una riduzione della dissipazione può essere ottenuta impiegando semiconduttori caratteriz-
zati da tempi di commutazione sempre più ridotti. Tale soluzione, però, incrementa i valori
dei di/dt e dei dv/dt presenti nel circuito, esaltando l’effetto delle induttanze distribuite e dei
condensatori parassiti ed aumentando le interferenze elettromagnetiche (EMI), sia irradiate che
trasmesse per conduzione, al carico e all’alimentazione. L’impiego di circuiti atti a ridurre le
perdite di commutazione è in grado di diminuire in maniera consistente le perdite localizzate
negli interruttori, ma non risolve completamente il problema; infatti almeno una parte della
dissipazione viene trasferita su resistenze addizionali ed, inoltre, risulta necessario imporre dei
valori minimi alle durate degli intervalli di tempo durante i quali l’interruttore deve rimanere
aperto o chiuso.
Sulla base delle considerazioni precedenti, si può asserire che esiste un limite alla frequenza
massima di commutazione ottenibile con i convertitori tradizionali (Convertitori a commuta-
zione forzata o Hard commutation converters); questo limite dipende, ovviamente, dal tipo di
convertitore e dal valore della potenza trasferita. Ad esempio, per i convertitori c.c.-c.c. di
piccola potenza (centinaia di W), si ritiene che il limite superiore per la frequenza di lavoro dei
convertitori a commutazione forzata sia sull’ordine dei 500 kHz.
Una notevole riduzione, sia delle perdite di commutazione sia delle interferenze elettroma-
gnetiche, può essere ottenuta se si fa in modo che gli interruttori statici vengano chiusi con
un valore limitato del di/dt ed aperti in istanti di tempo in cui la corrente e/o la tensione
applicata all’interruttore risultano nulle (Commutazione naturale o Soft commutation). I due
tipi fondamentali di commutazione naturale sono:

• commutazione a corrente nulla (Zero Current Switching, ZCS);

361
362 Capitolo 14. Convertitori risonanti

• commutazione a tensione nulla (Zero Voltage Switching, ZVS).

La realizzazione di convertitori a commutazione naturale è possibile, modellando le forme


d’onda della corrente e della tensione applicate agli interruttori mediante circuiti risonanti; per
questo motivo tali convertitori sono anche chiamati convertitori risonanti. Il principale impiego
dei convertitori risonanti si è avuto nella conversione c.c.-c.c. e, in particolar modo, nella realiz-
zazione di alimentatori stabilizzati; pertanto la presente trattazione prenderà in considerazione
solo i convertitori risonanti c.c.-c.c.
I convertitori risonanti sono divisi in due categorie: convertitori a carico risonante e conver-
titori ad interruttore risonante; questi ultimi, che rappresentano la soluzione più interessante,
perché può essere applicata a tutti i tipi di convertitori c.c.-c.c., sia monostadio sia bistadio,
sono anche indicati come convertitori quasi risonanti.

14.1 Convertitori quasi risonanti


I convertitori quasi risonanti sono ottenuti partendo dai tradizionali schemi dei convertitori
c.c.-c.c. a commutazione forzata e sostituendo l’interruttore con un interruttore risonante.
Quest’ultimo comprende, l’interruttore, un circuito risonante LC ed un Diodo.
Esistono varie configurazioni dell’interruttore risonante; come precedentemente esposto, la
principale differenza è tra interruttori che commutano quando la corrente nell’interruttore è
nulla (ZCS) e interruttori che commutano quando la tensione ai capi dell’interruttore è nulla
(ZVS). Un’altra classificazione riguarda il tipo di conduzione; vi sono, infatti, interruttori in cui
la corrente scorre esclusivamente in un verso (interruttori a semionda), altri in cui la corrente
scorre in ambo i versi (interruttori ad onda intera).

14.1.1 Interruttori risonanti con corrente di apertura nulla


La fig. 14.1 presenta due tipiche configurazioni di un interruttore risonante con corrente di
apertura nulla. La configurazione di fig. 14.1(a) permette la circolazione della corrente in una
sola direzione (interruttore a semionda), quella di fig. 14.1(b), invece, permette la circolazione
della corrente in entrambe le direzioni (interruttore ad onda intera). Il terminale libero della
capacità può essere connesso alla massa del circuito oppure all’altro estremo dell’interruttore
(vedi fig. 14.2). In generale gli interruttori riportati nella fig. 14.1 sono individuati come
interruttori di Tipo L, mentre quelli illustrati nella fig. 14.2 sono individuati come interruttori
di Tipo M; a parte l’andamento della tensione applicata alla capacità, i comportamenti delle
due strutture risultano del tutto coincidenti.
In tutte le configurazioni illustrate l’induttanza è posta in serie al Transistor in modo da
limitare la pendenza della corrente, all’atto della sua chiusura, ad un valore inferiore a quello
proprio del Transistor (perdite di chiusura trascurabili). Nei circuiti rappresentati nelle figg.
14.1(a) e 14.2(a), l’oscillazione, che inizia quando il Transistor viene chiuso, termina dopo
mezzo periodo; il Transistor può quindi venire aperto con corrente nulla.
14.1. Convertitori quasi risonanti 363

D
IS
D L IS L
C C

(a (b

Figura 14.1: Interruttore risonante con corrente di apertura nulla di Tipo L.

D
IS
D L IS L
C
C
(a (b

Figura 14.2: Interruttore risonante con corrente di apertura nulla di Tipo M.

Nei circuiti rappresentati nelle figg. 14.1(b) e 14.2(b), l’oscillazione prosegue, invece, anche
nella seconda metà del periodo; nel secondo semiperiodo, però, conduce il Diodo e il Transistor
può venire aperto con corrente nulla. Impiegando queste strutture, inoltre, la conduzione può
durare per un numero intero di periodi.
Si può infine osservare che, come sarà messo in evidenza nei successivi esempi, quando si
impiega un interruttore risonante a onda intera la tensione applicata al carico è praticamente
indipendente dal tipo di carico, mentre ne risulta fortemente influenzata quando si utilizza un
interruttore risonante a semionda.
Per illustrare il funzionamento dei convertitori con interruttore risonante con commutazione
a corrente nulla, si prenderà in considerazione l’alimentatore stabilizzato con chopper riduttore,
illustrato nella fig. 14.3, in cui il carico è stato rappresentato con una resistenza R0 , alimentata
dal convertitore tramite un filtro passa basso Lf Cf , dimensionato in modo tale da portare a
valori accettabili l’ondulazione della tensione applicata alla resistenza R0 .

Convertitore c.c.-c.c. con interruttore risonante a semionda. Partendo dal


circuito di fig. 14.3 e sostituendo al Transistor l’interruttore risonante di fig. 14.1(a) si ottiene
il circuito illustrato nella fig. 14.4.
Per descrivere in maniera semplice il comportamento del circuito, si impiegheranno le ipotesi
semplificative di trascurare le ondulazioni sovrapposte alla tensione vCf , applicata alla capacità
364 Capitolo 14. Convertitori risonanti

+ T
Lf

D
Ea Cf
Ro

Figura 14.3: Alimentatore stabilizzato con convertitore c.c.-c.c. a commutazione


forzata.

+ T
Dr L r Lf

Df
Ea Cr Cf
Ro

Figura 14.4: Alimentatore stabilizzato con interruttore risonante a semionda.

Cf , e alla corrente iLf , che scorre nell’induttanza Lf del filtro; si considererà, quindi:

vu (t) = V̄u
V̄u
iu (t) = I¯u = (14.1)
R0
iLf (t) = ILf = I¯u .
¯

Durante un periodo di funzionamento, il circuito di conversione è caratterizzato da quattro


diverse situazioni di conduzione. Partendo da un istante, t = t0 , in cui il Transistor è aperto, la
tensione vCr , applicata alla capacità del circuito risonante, è nulla e la corrente iLf scorre nel
Diodo Df , se, in questo istante, si procede alla chiusura del Transistor, il Diodo Df continua
a condurre fino all’istante, t = t1 , in cui l’intensità della corrente iLr nel Transistor diventa
uguale a quella della corrente (supposta costante) che scorre nell’induttanza Lf . In questa
situazione operativa, la tensione vCr rimane nulla e, supponendo istantanea la commutazione
del Transistor, la corrente iLr inizia a salire con una pendenza diLr /dt pari a:

diLr Ea
= ;
dt Lr
14.1. Convertitori quasi risonanti 365

se questa pendenza è minore di quella imposta dal Transistor, la chiusura avviene praticamente
senza perdite.
Nell’istante, t = t1 , con:

Lr I¯u
t1 = t0 + ,
Ea

il Diodo Df smette di condurre e, continuando a supporre costante la corrente iLf , la tensione


vCr e la corrente iLr sono legate tra loro dal seguente sistema di equazioni differenziali:

dvCr iL − I¯u
= r
dt Cr
(14.2)
diLr Ea − vCr
= ,
dt Lr

con le condizioni iniziali:

vCf (t1 ) = Ea iLr (t1 ) = I¯u .

Pertanto, fino all’istante, t = t2 , in cui la corrente nel Transistor si annulla, gli andamenti della
tensione vCr e della corrente iLr sono forniti dalle seguenti equazioni:
r
Cr
iLr (t) = I¯u + Ea sin [ω (t − t1 )]
Lr (14.3)
vCr (t) = Ea {1 − cos [ω (t − t1 )]} ,

essendo:

1
ω=√ .
Lr Cr

Nell’istante t = t2 , con
 q 
I¯L Lr
π + arcsin Ea Cr
t2 = t1 + ,
ω

la corrente nel Transistor si annulla e la tensione vCr risulta pari a


s 
¯2 Lr 
I
vCr (t2 ) = Vc2 = Ea 1 + 1 − L2 . (14.4)
Ea Cr

Per t > t2 , la corrente iLf scorre attraverso la capacità Cr , che si scarica con una pendenza
costante pari a:

dvCr I¯u
=− .
dt Cr
366 Capitolo 14. Convertitori risonanti

Infine nell’istante t = t3 , con

Vc2 Cr
t3 = t2 + ,
I¯u

la tensione vCr si annulla ed il diodo Df inizia nuovamente a condurre.


Durante l’intervallo (t2 , t3 ) la corrente nel Transistor è nulla; pertanto se si procede alla sua
apertura, questa avviene senza dissipazione di energia.
A partire dall’istante t = t3 , si può procedere ad una nuova chiusura del Transistor, ripetendo
la sequenza delle operazioni descritte.
Indicato con T il periodo intercorrente tra due successive chiusure del Transistor, a regime
permanente l’integrale della tensione applicata all’induttanza di filtro Lf deve essere nullo; ne
segue:
Z t2 Z t3
vCr (t)dt + vCr (t)dt = V̄u T. (14.5)
t1 t2

Il valore medio della tensione applicata al carico risulta, quindi, pari a:


Z t2 Z t3 
1
V̄u = vCr (t)dt + vCr (t)dt . (14.6)
T t1 t2

Se i valori della capacità e dell’induttanza sono scelti in modo tale che l’ampiezza A della
oscillazione della corrente iLr ,
r
Cr
A = Ea ,
Lr

sia molto più grande del valore medio della corrente di carico, le espressioni di t2 e Vc2 possono
essere approssimate come:

π
t2 ' t1 +
ω
Vc2 ' 2Ea ,

ed i due integrali che compaiono nell’espressione (14.6) risultano circa uguali a:


Z t2 p Z t3
2E 2
vCf (t)dt ' πEa Lr Cr vCf (t)dt ' ¯ a Cr .
t1 t2 Iu

Pertanto il valore medio della tensione applicata al carico può essere approssimato dalla
seguente espressione
r !
Ea Cr Lr 2Ea
V̄u ' π + ¯ , (14.7)
T Cr Iu
14.1. Convertitori quasi risonanti 367

e risulta fortemente influenzato dal valore della corrente di carico.


Nella fig. 14.5 sono riportati gli andamenti, a regime permanente, della tensione vCr e della
corrente iLr per un circuito caratterizzato dai seguenti parametri:

Ea = 50V
Cr = 1.25µF
Lr = 5µH
V̄u = 15V
I¯u = 5A.

i Lr (A) v Cr (V)
100

v Cr
50

i Lr

00 500 t (ms)
1000 T

Figura 14.5: Andamenti della tensione e della corrente nell’interruttore ZCS a


semionda .
Un comportamento analogo, a parte il valore della tensione applicata al condensatore Cr ,
si avrebbe se si impiegasse l’interruttore di tipo M illustrato nella fig. 14.2(a).

+
D
n1 n1 n2 Lr Lf
Dr
Ea Cr Df Cf Ro

T
-

Figura 14.6: Convertitore c.c.-c.c. bistadio con interruttore risonante a semionda.

L’interruttore risonante può essere utilizzato anche nei convertitori bistadio; a titolo di
esempio nella fig. 14.6 è riportata una modifica del circuito di fig. 13.8, ottenuta inserendo un
368 Capitolo 14. Convertitori risonanti

interruttore risonante a semionda. Per evitare la saturazione del trasformatore, però, il Tran-
sistor rimane a monte del trasformatore mentre gli altri componenti dell’interruttore risonante
sono posti a valle; spesso, infine, l’induttanza Lr non compare esplicitamente in quanto, al suo
posto, viene utilizzata l’induttanza dispersa del trasformatore.

Convertitore c.c.-c.c. con interruttore risonante ad onda intera. Se, sempre


partendo dal circuito di fig. 14.3, si sostituisce al Transistor l’interruttore risonante di fig.
14.1(b) si ottiene il circuito illustrato nella fig. 14.6.

Dr

+ T Lr Lf

Df
Ea Cr Cf
Ro

Figura 14.7: Convertitore c.c.-c.c. con interruttore risonante ad onda intera.

Le prime due fasi di funzionamento del nuovo circuito risultato identiche a quelle già de-
scritte; a differenza da quanto visto per il circuito precedente, però, l’oscillazione non termina
nell’istante t = t2 , in cui la corrente nel Transistor si annulla, poiché, a partire da tale istante,
può entrare in conduzione il Diodo Dr . Pertanto le espressioni (14.3) della tensione vCr e della
corrente iLr continuano ad essere valide fino all’istante t = t3 , in cui la tensione vCr ritorna a
zero. Eguagliando a zero l’espressione di vCr si ricava:

2π p
t3 = t1 + = t1 + 2π Lr Cr .
ω

A partire dall’istante t = t3 , la tensione vCr rimane nulla e la corrente iLr , che nell’istante
t3 è pari a I¯u , si porta a zero con una pendenza pari a:

diLr Ea
= .
dt Lr

Indicato con t4 l’istante in cui corrente iLr si annulla, se nell’intervallo (t2 , t4 ) il Transistor
viene interdetto, il suo spegnimento avviene senza perdite di commutazione.
Anche per questo circuito, il valore medio a regime della tensione applicata al carico può
essere determinato imponendo che l’integrale della tensione applicata all’induttanza di filtro Lf
14.1. Convertitori quasi risonanti 369

sia nullo. Si ottiene, quindi l’espressione:


Z t3
1
V̄u = vCf (t)dt,
T t1

che, con le ipotesi semplificative già espresse, può venire approssimata come:

Ea p
V̄u ' 2π Lr Cr .
T

Come si può constatare, impiegando l’interruttore ad onda intera, il valore medio della
tensione applicata al carico risulta, in prima approssimazione, indipendente dal carico stesso
ed inversamente proporzionale al periodo di funzionamento; il circuito di conversione di fig.
14.7 si presta, quindi, all’impiego di una tecnica di modulazione in frequenza (PFM). Per
contro, a parità di sollecitazione sui componenti, il valore medio della tensione di uscita e, di
conseguenza, la potenza trasferita al carico, risultano sensibilmente inferiori di quelli ottenibili
impiegando l’interruttore a semionda.
Nella fig. 14.8 sono riportati gli andamenti, a regime permanente, della tensione vCr e della
corrente iLr per un circuito caratterizzato dagli stessi parametri dell’esempio precedente.

i Lr (A) v Cr (V)
100

v Cr

50

i Lr

0 t(µs)
0 250 500 T

Figura 14.8: Andamenti della tensione e della corrente nell’interruttore ZCS a onda
intera.

Anche per questo circuito, un comportamento analogo si sarebbe ottenuto impiegando


l’interruttore di tipo M, illustrato nella fig. 14.2(b).
Si può infine osservare che, quando si impiega un interruttore risonante a onda intera, è
possibile utilizzare più oscillazioni consecutive prima di interdire l’interruttore. Ciò consente di
impiegare una semplice regolazione ad isteresi, chiudendo l’interruttore quando la tensione di
uscita diventa minore del valore desiderato meno un opportuno valore di soglia ∆ ed aprendolo
quando la tensione di uscita diventa maggiore del valore desiderato più ∆; ovviamente l’apertura
deve avvenire durante uno degli intervalli di conduzione del Diodo Dr .
370 Capitolo 14. Convertitori risonanti

14.1.2 Interruttori risonanti con tensione di apertura nulla


Negli interruttori risonanti con corrente di apertura nulla, al crescere della frequenza di com-
mutazione occorre aumentare anche il valore del di/dt, imposto dal circuito risonante durante
la fase di chiusura del transistor; quando quest’ultimo diventa più elevato di quello imposto dal
Transistor le perdite di commutazione ritornano ad essere consistenti. Inoltre, all’aumentare
della frequenza di commutazione, anche la potenza dissipata, connessa alla presenza di una
capacità parassita tra i terminali dell’interruttore, assume un valore non trascurabile. Per supe-
rare tali inconvenienti, si può ricorrere ad una diversa configurazione dell’interruttore risonante,
scegliendo una struttura nella quale l’apertura dell’interruttore avviene con tensione applicata
nulla.
La fig. 14.9 presenta due tipiche configurazioni di un interruttore risonante con tensione
di apertura nulla. Quando si utilizza la configurazione di fig. 14.9(a), l’oscillazione termina
dopo il primo mezzo periodo (interruttore a semionda) mentre la configurazione di fig. 14.9(b)
consente una oscillazione ad onda intera. Il terminale libero della capacità può venire connesso
alla massa del circuito (interruttori di tipo L), oppure all’altro terminale dell’interruttore, come
negli interruttori di Tipo M illustrati nella fig. 14.10.

IS IS
D L L
D
C
C
(a (b

Figura 14.9: Interruttore risonante con tensione di apertura nulla di Tipo L.

IS IS
D L L
D
(a C (b
C

Figura 14.10: Interruttore risonante con tensione di apertura nulla di Tipo M.

In tutte le configurazioni illustrate, l’induttanza non è più posta direttamente in serie al


Transistor e l’oscillazione avviene quando quest’ultimo viene aperto (con tensione applicata
nulla). Nei circuiti rappresentati nelle figg. 14.9(a) e 14.10(a) l’oscillazione termina, dopo
mezzo periodo, quando entra in conduzione il Diodo; il Transistor può quindi venire chiuso senza
perdite di commutazione. Nei circuiti rappresentati nelle figg. 14.9(b) e 14.10(b) l’oscillazione
prosegue, invece, per l’intero periodo; nel secondo mezzo periodo, però la tensione applicata
14.1. Convertitori quasi risonanti 371

al condensatore è tale per cui, pur venendo chiuso, il Transistor non entra in conduzione fino
alla fine del periodo. Anche in questi circuiti, inoltre, la conduzione può durare per un numero
intero qualsiasi di periodi.

Delle quattro strutture presentate, la più interessante risulta quella illustrata nella fig.
14.10(a); in questa struttura, infatti, la capacità si trova direttamente in parallelo al Tran-
sistor e può, quindi, conglobare la capacità propria del Transistor (capacità tra emettitore e
collettore se si impiega un BJT, tra drain e source nel caso di MOSFET). Anche nella struttura
illustrata nella fig. 14.9(a), la capacità si trova dinamicamente in parallelo al Transistor e,
quindi, può conglobare la capacità propria del Transistor; viceversa negli interruttori ad onda
intera l’energia immagazzinata nella capacità parassita del Transistor non può essere ceduta al
carico (a causa della presenza di un Diodo in serie al Transistor) e, pertanto, viene dissipata sul
Transistor durante la sua fase di chiusura.

Come per gli interruttori precedenti, il passaggio dai circuiti di conversione ad interruttori
con commutazione forzata a quelli con interruttori risonanti con tensione di apertura nulla è
immediato. Molto spesso, però, per migliorare il comportamento del circuito, che viene fatto
funzionare con frequenze di commutazione particolarmente elevate, si ricorre all’introduzione
di circuiti ausiliari, spesso più complicati dell’interruttore stesso.

Per chiarire, con una semplice trattazione, il comportamento di questi interruttori, si pren-
derà in considerazione il circuito con chopper riduttore di fig. 14.3, già utilizzato negli esempi
precedenti. Sostituendo al Transistor l’interruttore risonante di fig. 14.10(a), si ottiene il
circuito illustrato nella fig. 14.11.

iLr i Lf
+ T
Dr Lr Lf

Df
Ea Cr Cf
vCr Ro

-
Figura 14.11: Convertitore c.c.-c.c. con interruttore ZVS a semionda.

Anche l’analisi del comportamento di questo circuito può venire semplificata se si adottano
le ipotesi semplificative di trascurare le ondulazioni sovrapposte alla corrente iLf e alla tensione
372 Capitolo 14. Convertitori risonanti

vu di uscita:

vu (t) = V̄u
V̄u
iu (t) = I¯u = (14.8)
R0
iLf (t) = I¯Lf = I¯u .

Come nel caso di impiego dell’interruttore ZCS, un periodo di funzionamento è caratte-


rizzato da quattro diverse situazioni di conduzione. Partendo da un istante, t = t0 , in cui il
Transistor è chiuso e conduce tutta la corrente iLf ; cioè:

iLr (t0 ) = iLf (t0 ) = I¯u ,

se, in questo istante, si procede alla apertura del Transistor, questo si apre con perdite molto
ridotte in quanto, durante la fase di apertura, la presenza della capacità Cr mantiene molto
limitata la tensione applicata al Transistor.

Trascurando i fenomeni connessi con la commutazione, nell’istante, t = t0 , in cui il Transi-


stor si apre, la corrente iLf , che prima attraversava il Transistor, inizia a circolare nella capacità
Cr ; pertanto la tensione vCr inizia a salire con una pendenza costante:

dvCr I¯u
= . (14.9)
dt Cr

La situazione prosegue fino all’istante t = t1 , in cui la tensione vCr diventa uguale ad Ea :

Cr Ea
t1 = t0 + .
I¯u

In questo istante, il Diodo Df inizia a condurre e si verifica una risonanza tra Lr e Cr ; il


comportamento del circuito è, quindi, descritto dal seguente sistema di equazioni differenziali:

dvCr iL
= r
dt Cr
(14.10)
diLr Ea − vCr
= ,
dt Lr

con le condizioni iniziali:

vCr (t1 ) = 0 iLr (t1 ) = I¯u .

Pertanto, fino all’istante, t = t2 , in cui la tensione applicata al condensatore tende a cambiare


14.1. Convertitori quasi risonanti 373

di segno, si ha:

iLr (t) = I¯u cos (ω (t − t1 ))


r (14.11)
Lr
vCr (t) = Ea + I¯u sin (ω (t − t1 )) ,
Cr

essendo

1
ω=√ .
Lr Cr

Nell’istante t = t2 , con
 r 
Ea Cr
π + arcsin
I¯u Lr
t2 = t1 + , (14.12)
ω

la tensione applicata al condensatore si annulla. In tale istante, inizia a condurre il Diodo Dr


e la corrente iLr che, nell’istante t2 , è pari a:
s
E 2 Cr
iLr (t2 ) = IL2 = −I¯u 1 − ¯2a ,
Iu Lr

inizia a salire con una pendenza diLr /dt pari a:

diLr Ea
= . (14.13)
dt Lr

La conduzione del Diodo Dr prosegue fino all’istante t = t3 , con:

Lr IL2
t3 = t2 − ,
Ea

in cui la corrente iLr si annulla.


Se il Transitor viene chiuso in un istante compreso tra l’istante t = t2 , in cui vCr si annulla,
e l’istante t = t3 , in cui il Diodo Dr si apre, la chiusura avviene con tensione e corrente nulla
e la effettiva conduzione inizia nell’istante t = t3 . La corrente nel Transistor sale, quindi, con
la stessa pendenza espressa dalla (14.13), fino a raggiungere, all’istante t = t4 , con:

Lr I¯u
t4 = t3 + ,
Ea

un valore pari a I¯u .


Nell’istante t = t4 , il Diodo Df si apre ed il circuito ritorna nelle condizioni iniziali. La nuova
situazione permane, quindi, fino alla fine del periodo, quando si procede alla nuova apertura
del Transistor.
374 Capitolo 14. Convertitori risonanti

Nella fig. 14.12 sono riportati, a titolo di esempio, gli andamenti, a regime permanente,
della tensione vCr e della corrente iLr per un circuito caratterizzato dai seguenti parametri:

Ea = 50V
Cr = 0.4µF
Lr = 80µH
V̄u = 25V
I¯u = 5A.

v Cr (V) i Lr (A)
150 15

100 10

v Cr
50
i Lr
0
0 40 T 80 t(µs)

-50 -5

Figura 14.12: Andamenti della tensione e della corrente nell’interruttore ZVS a


semionda.
Nella figura, la scala della corrente è stata amplificata (moltiplicata per 10) per rendere
più intellegibile il suo andamento. Si può, infine, rilevare che l’equazione (14.12) presenta una
soluzione reale solo se il valore medio della corrente di carico è sufficientemente elevato:
r
Cr
I¯u > Ea ;
Lr

in caso contrario la chiusura del Transistor non è priva di perdite.

14.2 Convertitori a carico risonante


I convertitori c.c.-c.c. a carico risonante sono tutti dei convertitori bistadio costituiti, come
quelli già esaminati, da un inverter seguito da un raddrizzatore ed un filtro di uscita. I due
stadi sono, però, accoppiati, sia direttamente sia tramite un trasformatore, per mezzo di un
circuito risonante; ciò permette agli interruttori dell’inverter di poter commutare con tensione
e/o corrente nulla.
14.2. Convertitori a carico risonante 375

Le strutture impiegate per la realizzazione di convertitori con carico risonante sono molte-
plici; nel seguito ci si limiterà a presentare alcune soluzioni circuitali, senza scendere in dettaglio
sul loro funzionamento. Una analisi, sia pure di prima approssimazione, del loro funzionamen-
to richiederebbe l’esame separato di varie situazioni operative; infatti, occorrerebbe effettuare
una suddivisione tra funzionamento con conduzione discontinua e funzionamento con condu-
zione continua e, in quest’ultima situazione, esaminare separatamente i casi di frequenza di
funzionamento minore o maggiore di quella di risonanza.

14.2.1 Convertitore risonante con carico in serie


La fig. 14.13 riporta lo schema di principio di un convertitore risonante con inverter a semiponte
e con carico in serie alla capacità del circuito risonante, costituito dalla serie dell’induttanza Lr e
della capacità Cr . La corrente, ir , che attraversa il circuito risonante viene raddrizzata dal ponte
di diodi e applicata al carico; considerando, anche in questo caso, un alimentatore stabilizzato, il
carico è stato rappresentato con una resistenza R0 , in parallelo alla quale è inserita una capacità
di filtro Cf , di valore tale da portare a valori accettabili l’ondulazione della tensione applicata
alla resistenza R0 . Nel filtro di uscita non può venire inserita l’usuale componente induttiva
in quanto questa si troverebbe, durante le oscillazioni, in serie all’induttanza Lr , riducendo la
frequenza di risonanza.

+ io
T1 D1
ir
A B
Ea / 2 Lr Cr
Ea Cf
vo Ro
A’ B’
Ea / 2
T2 D2

Figura 14.13: Convertitore risonante con carico in serie.

Nelle usuali ipotesi di considerare ideale il comportamento dei semiconduttori e di trascurare


l’ondulazione della tensione v0 applicata al carico, il comportamento del circuito di conversione
può venire analizzato prendendo in considerazione, quando la corrente ir è diversa da zero, lo
schema equivalente semplificato riportato nella fig. 14.14. La tensione fornita dal generatore
Ga fornisce è pari a +Ea /2, quando è chiuso l’interruttore T1 , mentre è pari a −Ea /2, quando
è chiuso l’interruttore T2 . Viceversa la tensione fornita dal generatore Go dipende dal segno
della corrente; in particolare vBB 0 è pari a Vo quando la corrente ir è positiva e pari a −Vo
quando la corrente ir è negativa. Infine, negli eventuali intervalli di tempo durante i quali la
corrente ir è nulla, il circuito risonante non conduce e i due stadi di conversione non sono
connessi tra loro.
376 Capitolo 14. Convertitori risonanti

A Lr Cr B
ir
Ga ±Ea / 2 ±V o Go

A’ B’
Figura 14.14: Schema equivalente semplificato.

Il funzionamento risulta del tutto analogo, a parte l’ampiezza della tensione vAA0 , se si
impiega un inverter a ponte, invece che a semiponte.
Questo tipo di convertitore presenta l’inconveniente che in assenza di corrente assorbita dal
carico la tensione di uscita non può venire regolata e, comunque, per poter regolare la tensione
di uscita con piccole correnti di carico occorre far funzionare il convertitore con una frequenza
di commutazione molto inferiore a quella di risonanza. Inoltre, l’assenza dell’induttanza nel
filtro di uscita comporta una elevata ondulazione di corrente sul condensatore di filtro. Il suo
principale vantaggio consiste, invece, nella caratteristica che la corrente circolante negli inter-
ruttori e nel circuito risonante è proporzionale alla corrente di carico; diminuendo quest’ultima
si riducono anche le dissipazioni di potenza dovute alla conduzione. Inoltre, se il carico è ac-
coppiato mediante un trasformatore, la presenza di una capacità in serie al primario permette
di compensare eventuali dissimmetrie presenti nel funzionamento dell’inverter.

14.2.2 Convertitore risonante con carico in parallelo al con-


densatore risonante
La fig. 14.15 riporta lo schema di principio di un convertitore risonante, ancora, con inverter a
semiponte, con carico in parallelo al condensatore risonante Cr . In questo circuito, è necessario
impiegare una induttanza di filtro, Lf , per impedire che, durante le oscillazioni, la capacità Cf
venga a trovarsi in parallelo alla capacità del circuito risonante.
Nelle ipotesi di considerare ideale il comportamento dei semiconduttori e di trascurare l’on-
dulazione della corrente if che fluisce nell’induttanza Lf del filtro, il comportamento del circuito
di conversione può venire analizzato prendendo in considerazione lo schema equivalente sempli-
ficato riportato nella fig. 14.16. Il generatore Ga mantiene lo stesso comportamento illustrato
per il circuito precedente. Il generatore di corrente G0 , assorbe una corrente pari a If quando
la tensione vc è positiva, pari a −If quando la tensione vc è negativa, mentre deve essere
sostituito con un corto circuito quando la tensione vc è nulla e permane nulla.
A differenza di quanto visto per il convertitore con carico in serie, questo tipo di convertitore
permette di regolare la tensione di uscita anche con piccole correnti di carico, senza consistenti
riduzioni della frequenza di commutazione; inoltre la presenza di una induttanza nel filtro di
uscita riduce, fino a valori trascurabile, l’ondulazione di corrente sul condensatore di filtro. Per
14.2. Convertitori a carico risonante 377

if
+ io
T1 D1 Lf
ir
A B
Ea / 2 Lr
Cr Cf
Ea vo Ro
A’ B’
Ea / 2
T2 D2

Figura 14.15: Convertitore risonante con carico in parallelo al condensatore


risonante.

A Lr B
ir ±If
Ga ±Ea /2 Cr Go
A’ B’
Figura 14.16: Schema equivalente semplificato.

contro la corrente che scorre negli interruttori e nel circuito risonante è circa indipendente dalla
corrente di carico.

if
+ io
T1 D1 Lf
ir Crs
A B
Ea / 2 Lr
Crp Cf
Ea vo Ro
A’ B’
Ea / 2
T2 D2

Figura 14.17: Convertitore risonante ibrido.


378 Capitolo 14. Convertitori risonanti

14.2.3 Convertitore risonante ibrido


La fig. 14.17 riporta lo schema di principio del convertitore risonante ibrido che utilizza due
capacità, una in serie ed una in parallelo al carico. L’analisi del comportamento di questo
circuito è alquanto complessa; ci si limiterà, pertanto, ad affermare che, con una opportuna
scelta dei valori delle due capacità, il convertitore risonante ibrido assomma i pregi degli altri
due convertitori risonanti.
AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI

Area 01 – Scienze matematiche e informatiche

Area 02 – Scienze fisiche

Area 03 – Scienze chimiche

Area 04 – Scienze della terra

Area 05 – Scienze biologiche

Area 06 – Scienze mediche

Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie

Area 08 – Ingegneria civile e Architettura

Area 09 – Ingegneria industriale e dell’informazione

Area 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche

Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche

Area 12 – Scienze giuridiche

Area 13 – Scienze economiche e statistiche

Area 14 – Scienze politiche e sociali

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sai? Un piccolo viaggio attraverso i principi degli investi- 2 Giuseppe Ferri, Nicola Carlo Guerrini, Lucidi ed eserci-
menti e della finanza di progetto tazioni di microelettronica analogica
Finito di stampare nel mese di aprile del 2004
dalla tipografia « Braille Gamma S.r.l. » di Santa Rufina di Cittaducale (Ri)
per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma

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