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La struttura della birkat ha-mazon

Benedire Ha-Shem dopo aver mangiato del pane1 ed essersi saziati2 è una mitzwàh della Toràh, che
si impara dal verso3:
“Mangerai, ti sazierai e benedirai il Signore tuo Dio per la buona terra che ti ha dato”.
Secondo molti poseqim la birkat ha-mazon è l'unica berakhàh comandata dalla Toràh; tutte le altre
(tranne, per alcuni, le birkot ha-Toràh) sono di istituzione rabbinica.
Si narra4 che quando morì l'amorà Rav, i suoi allievi parteciparono al suo funerale, e di ritorno sorse
loro un dubbio sulle regole della birkat ha-mazon. Rav Ada bar Ahavàh, assistendo a questa scena,
rivoltò il vestito, lacerato per via della morte del Maestro, e lo lacerò nuovamente, dicendo “è morto
Rav, e noi non sappiamo ancora le regole della birkat ha-mazon come si deve!”. Attraverso questo
aneddoto possiamo comprendere quale sia l'importanza della birkat ha-mazon. Basti pensare che
sotto vari punti di vista le halakhot relative alla birkat ha-mazon sono più rigorose di quelle della
lettura dello Shemà, e sono paragonabili a quelle della 'amidàh5.
Motivo della mitzwàh
Il Sefer ha-Chinukh6, secondo il suo stile, spiega il motivo della mitzwàh della birkat ha-mazon. In-
troducendo il discorso fa varie premesse, che è importante ricordare: in generale le azioni umane,
buone o cattive esse siano, non aggiungono o tolgono nulla al Signore; se è così non possiamo pen-
sare che attraverso le nostre benedizioni aggiungiamo qualcosa al Signore. Per questo è necessario
interrogarsi sulla necessità delle benedizioni, rispetto alle quali i chakhamim hanno individuato soli-
di fondamenti. Il Signore ha creato tutte le creature, e desidera, per via della sua bontà, che queste
possano godere del bene derivante da Lui. Con le benedizioni ringraziamo il Signore perché ha de-
stinato a noi parte di questo bene. Questo ci conferisce l'opportunità di manifestare le nostre neces-
sità, e di ringraziare nuovamente, perché altrimenti potremmo apparire come un servo che ha rice-
vuto un premio ed ha abbandonato il padrone senza alcun permesso di farlo.
Secondo la ghemarà7 “chi gode di questo mondo senza berakhàh è come se rapinasse il Santo Be-
nedetto Egli sia, e la congrega d'Israele”, come è detto 8 “rapina suo padre (il Signore) e sua madre
(Israele)”.

1 I Tannaim nella mishnàh in TB Berakhot 44a discutono sui casi in cui recitare la birkat ha-mazon (tre berakhot secondo l'espres-
sione della mishnàh). Rabban Gamliel ritiene che vada recitata per i sette frutti per i quali è lodata la terra d'Israele (la sua visio -
ne è supportata dal fatto che il verso in cui questi frutti vengono citati precede di poco quello che istituisce la birkat ha-mazon);
secondo i Chakhamim invece si recita solo dopo aver mangiato pane derivante dai cinque cereali (nel verso che precede quello
della birkat ha-mazon troviamo infatti un riferimento al pane - “una terra nella quale non mangerai pane scarso”). Per Rabbì
'Aqivà invece il criterio determinante è quello della sazietà, in quanto nel versetto della Toràh si parla di questa; pertanto anche
se si fossero mangiate delle verdure, e queste sono l'elemento principale del pasto, è sufficiente per recitare la birkat ha-mazon.
L'halakhàh segue l'opinione dei chakhamim. In generale si accoglie il principio secondo il quale tutti i cibi per i quali si recita
l'ha-motzì richiedano poi la birkat ha-mazon (considerando chiaramente la misura minima di cibo che permette di recitarla).
2 Nella mishnàh (in TB Berakhot 45a) e nella ghemarà (49b) i tannaim discutono sulla misura minima di pane necessaria per reci-
tare la birkat ha-mazon, se corrisponda al volume di un'oliva o di un uovo. I Rishonim discutono se in questi casi, in assenza di
sazietà, l'obbligo sia di origine rabbinica, o se derivi comunque dalla Toràh. Per lo Shulchan 'Arukh (Orach Chayim 184, 6) si
recita a partire dal volume di un'oliva.
3 Devarim 8,10. Le traduzioni dei versetti biblici sono tratte dalla Bibbia ebraica, edizione Giuntina. Questo verso è ricordato
esplicitamente al termine della seconda benedizione della birkat ha-mazon. Sussistono numerosi legami, sia concettuali che lin-
guistici, fra la birkat ha-mazon e il cap. 8 del libro di Devarim, nel quale viene prescritta la mitzwàh.
4 TB, Berakhot 42b.
5 V. Shulchan 'Arukh, Orach Chayim 183,8 e Mishnàh Beruràh 183,30 sulle halakhot relative all'interruzione nella birkat ha-
mazon e l'impossibilità di recitarla camminando. Alcuni sono dell'idea che si debba mettere maggiore concentrazione nella bir-
kat ha-mazon che nella tefillàh, in quanto la birkat ha-mazon deriva dalla Toràh, mentre la tefillàh, secondo l'opinione predomi-
nante, è di origine rabbinica.
6 Mitzwàh 430. Gli stessi concetti vengono espressi da Rabbenu Bechaiè nel suo commento alla Toràh (Devarim 8,10).
7 TB, Berakhot 35b.
8 Mishlè 28,24.

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I Chakhamim nel trattato di Berakhot9 derivano l'obbligo di recitare le benedizioni prima di mangia-
re dalla birkat ha-mazon. Il non recitare le benedizioni prima di mangiare è considerato una forma
di me'ilàh (che possiamo rendere come abuso di cose consacrate) nei confronti del Cielo; in Netivot
'olam il Maharal di Praga spiega il senso di questa affermazione: ogni cosa di questo mondo è una
testimonianza della grandezza del Creatore; mangiandola, cancelliamo una di queste testimonianze.
Attraverso la benedizione ripariamo il torto commesso, affermando quello stesso concetto che sem-
breremmo negare.
Al giorno d'oggi la birkat ha-mazon è composta da quattro benedizioni, ma la struttura attuale è
frutto di un'evoluzione nel tempo.
Le prime tre benedizioni
Nel trattato di Berakhot10 i Chakhamim hanno individuato, a partire dal versetto citato, tre nuclei
principali all'interno della berakhàh11:
1) “...e benedirai il Signore tuo Dio”, da qui si impara che bisogna ringraziare per il cibo (prima be-
rakhàh della birkat ha-mazon, ha-zan);
2) “...per la terra”, da qui si impara che bisogna ringraziare per la terra (seconda berakhàh, 'al ha-
aretz)12;
3) “...per la buona terra”, da qui si impara che si deve benedire per la parte più buona nella terra,
vale a dire Yerushalaim (terza berakhàh, Bonèh Yerushalaim)13.
In base alla prescrizione della Toràh sarebbe sufficiente menzionare questi argomenti, esprimendosi
secondo le proprie possibilità ed il proprio gusto, ma Moshèh, Yehoshua', David e Shelomò fissaro-
no delle formule prestabilite per via degli eventi che si verificarono ai loro tempi 14. In particolare
Moshèh fissò la formula della prima berakhàh15 quando scese la manna16, Yehoshua' compose la se-
conda benedizione quando il popolo ebraico entrò in Israele, e David e Shelomò la terza quando Ye-
rushalaim divenne la sede del regno e venne costruito il Bet ha-miqdash17. Per il Rashbà18 anche pri-
ma che le formule venissero fissate, si recitavano comunque tre benedizioni, differenti da quelle sta-

9 TB, Berakhot 35a.


10 TB, Berakhot 48b. Questo insegnamento compare, con leggere differenze, in varie altre fonti (Toseftà Berakhot 6,1: Mekhiltà
deRabbì Yshma'el 16, TY Berakhot 7,1).
11 Rabbì Natan Shapira scrive che c'è un accenno alle prime tre benedizioni nel versetto nel libro di Shemot sul tavolo che era nel
Mishkan nel termine zahav – oro, che è composto dalle iniziali delle tre benedizioni (Zan, Ha-aretz, Bonèh).
12 Il Ramban nel suo commento alla Toràh (Devarim 8,10) sostiene che si debba intendere “.. e per la buona terra”, per evitare di
pensare che la birkat ha-mazon sia una mitzwàh che si pratica solamente in Israele.
13 Secondo un'opinione nella ghemarà (TB Berakhot 46a, baraità a nome di Rav Sheshet) anche la quarta benedizione deriva dalla
Toràh, e si ricava dalle parole “che ti ha dato” in Devarim 8,10.
14 Un'impostazione simile la possiamo trovare rispetto alla mitzwàh della tefillàh, che deriva da un'espressione della Toràh, ma la
cui formula è stata fissata dai Chakhamim. Nonostante questa somiglianza i poseqim si rapportano alla birkat ha-mazon come ad
una mitzwàh della Toràh, ed alla tefillàh come ad una mitzwàh di origine rabbinica. A nome della Shittàh Mequbetzet si risponde
però che la formula della birkat ha-mazon è in qualche modo presente nella prescrizione della Toràh, come illustrato in masse-
chet Berakhot. A differenza della tefillàh poi secondo molti la Toràh stabilisce già nel versetto il numero di berakhot della birkat
ha-mazon.
15 Secondo la ghemarà in Sotàh (12b) e il Midrash (Bereshit Rabbà 43,7) già Avraham invitava i propri ospiti a ringraziare Ha-
Shem per il pasto. Negli Avot deRabbì Natan è detto che le prime tre benedizioni della birkat ha-mazon corrispondono ai tre pa-
triarchi, Avraham che, come abbiamo visto, dava da mangiare ai suoi ospiti, Ytzchaq che seminò la terra d'Israele traendone so -
stentamento, e Ya'aqov che ebbe il merito di vedere Yerushalaim, esclamando “Quanto è venerando questo luogo!” (Bereshit
29,17).
16 I Maestri hanno sottolineato quanto fosse particolare la condizione nel deserto, ed hanno individuato nella manna una significati -
va prova di fede. Infatti nel deserto nel era possibile accumulare cibo per il giorno successivo, ne' consumarne in un certo giorno
più del necessario. Per questo era necessario confidare nel fatto che la manna sarebbe caduta anche nel giorno successivo.
L'esperienza del popolo ebraico prima dell'ingresso in terra d'Israele sarà fondamentale per il periodo successivo: quando il Si -
gnore li priverà momentaneamente del sostentamento, questo fatto dovrà essere inteso come un monito volto a migliorare il pro-
prio comportamento. L'affermazione della ghemarà comporta tuttavia una difficoltà, affrontata da vari poseqim: tutti noi sappia-
mo che si recita la birkat ha-mazon solamente dopo aver mangiato pane o una certa quantità di farinacei, e la manna non appar -
tiene, almeno apparentemente, a questa categoria! Per questo bisogna ricordare che un altro elemento fondamentale che trovia -
mo nell'istituzione della mitzwàh è quello della sazietà (...ti sazierai e benedirai). La manna nel deserto era certamente l'elemen-
to fondamentale della dieta degli ebrei, e per questo erano autorizzati a recitare la birkat ha-mazon (o almeno la prima benedi-
zione) dopo averla mangiata. Secondo altri la manna poteva assumere, tranne alcune eccezioni, tutti i sapori, fra cui quello del
pane, e questo permette di recitare pertanto la birkat ha-mazon.

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bilite successivamente. Il Zela”ch19 scrive che sino a quando non venne costruito il Bet ha-miqdash
le prime due benedizioni della birkat ha-mazon non erano altro che l'oggetto di un decreto di Mo-
shèh e Yehoshua'. Con la costruzione del Tempio e la formulazione della terza benedizione la birkat
ha-mazon divenne obbligatoria secondo la Toràh.
La quarta benedizione
Dopo la perdita dell'indipendenza e la distruzione del Bet ha-miqdash, i Maestri sentirono la neces-
sità di esprimere l'idea che non tutto era perduto, e che l'esperienza storica del popolo ebraico, no-
nostante le numerose difficoltà, avrebbe dato luogo alla ricostituzione della condizione originaria.
Per questo i Chakhamim di Yavneh20, in un'occasione assolutamente eccezionale, quando venne data
l'opportunità di seppellire i morti di Betar 21, istituirono una quarta benedizione della birkat ha-
mazon22.
Rapporto fra le prime tre benedizioni e la quarta

17 Chiaramente quando terminò la monarchia ed il Bet ha-miqdash venne distrutto la formula della terza benedizione fu modificata,
chiedendo che regno e Santuario venissero ristabiliti. Da questi cambiamenti il Rashbà (Berakhot 48b) comprende che, mentre
l'obbligo di recitare la birkat ha-mazon deriva dalla Toràh, la sua formulazione è di origine rabbinica. Il Rosh (Berakhot, cap. 22)
pone un obiezione simile solamente rispetto alla terza benedizione, stabilita da David e Shelomò: la birkat ha-mazon difatti vie-
ne comandata solo nella parashàh di 'Eqev, dopo la sconfitta di Sichon e 'Og, e l'inizio della conquista di Israele. Dalla domanda
del Rosh possiamo intendere che Moshèh e Yehoshua' fissarono la formula delle rispettive benedizioni prima di quel momento.
Di certo la formula definitiva della birkat ha-mazon vide la luce in un momento ben successivo a quello indicato nella ghemarà;
in TB Berakhot 33a è detto infatti che gli Uomini della Grande Assemblea fissarono le berakhot, fra cui dobbiamo intendere an-
che la birkat ha-mazon. Il Ramban invece nelle Hassagot al Sefer ha-mitzwoth del Rambam individua nei profeti gli artefici del-
la formulazione. Effettivamente nella prima benedizione della birkat ha-mazon troviamo anche un verso del Salmo 145, e sareb-
be anacronistico sostenere che già Moshèh lo abbia incluso nella formulazione originaria! Il Ba”ch (Orach Chayim, cap. 188) ri-
tiene tuttavia che la prima benedizione nella formulazione attuale, tranne il passo citato, corrisponda esattamente a quanto stabi -
lito da Moshèh. Secondo il Mabbit, riportato nel Ghilionè ha-Sha”s, la prima benedizione composta da Moshèh è la fonte di Da-
vid per i versetti nei Salmi, e l'unica parola aggiunta successivamente è kaamur (come è detto). In base ad un'idea (riportata in
Schwartz, Uverachta, p. 21) le benedizioni furono stabilite sin dal primo momento, ma si iniziò a recitarle quando le rassicura-
zioni divine si concretizzarono con la conquista di Israele e la costruzione del Tempio. Nel momento in cui queste acquisizioni
decaddero nonostante tutto si continuò a recitare queste benedizioni. Da questo possiamo imparare un importante principio: an-
che se non abbiamo più qualcosa, dobbiamo ringraziare Ha-Shem per averla avuta.
18 Riportato nel Bet Yosef, cap. 187.
19 Commento a TB Berakhot 20b.
20 E' molto significativo che la quarta benedizione sia stata istituita proprio a Yavneh, un centro nato dall'intuizione di R. Yochanan
ben Zakai che era in realtà un antagonista di Betar, che era espressione della rivolta anti-romana. Il valore dell'unità del popolo
ebraico, nella disgrazia immane che lo aveva colpito, prese il sopravvento.
21 La città di Betar (circa 10 km a sud-ovest da Yerushalaim), nella quale erano riposte le speranze di indipendenza di Israele, ed in
particolare i seguaci di R. 'Aqivà, era il centro della rivolta di Bar Kochbà. Per comprendere quanto questo centro fosse impor -
tante agli occhi dei chakhamim è sufficiente ricordare che la caduta di Betar viene ricordata nella mishnàh (Ta'anith 4,6) fra gli
eventi luttuosi avvenuti il 9 di Av, assieme alla distruzione dei due Santuari di Yerushalaim. Quando la città cadde le misure nei
confronti della popolazione di Israele si inasprirono sensibilmente. Fra i vari decreti, ve n'era uno che stabiliva che i morti di Be -
tar non avessero sepoltura. Quando, molto tempo dopo, fu concesso di seppellire questi morti, ci si rese conto che miracolosa-
mente non si decomposero. Per questo stabilirono, come narrato nel trattato di Berakhot (48b), la berakhàh Ha-tow weha-metiw
(che è buono e fa del bene), per il miracolo e per la concessione ottenuti. Rav Kook in 'En aiàh ritiene che con la mancata de-
composizione si intende sottolineare come l'esilio e la distruzione del Tempio non abbiano intaccato l'indipendenza di Israele, e
che vi sarà un tempo in cui le visioni dei profeti si concretizzeranno. La berakhàh Ha-tow weha-metiw è ricordata nella mishnàh
in Berakhot (9,2) come benedizione per la pioggia e per le buone notizie. La ghemarà in Berakhot (59b), commentando quella
mishnàh, stabilisce di recitare quella benedizione per il cambio di vino, e questo ci spiega il legame con la quarta benedizione:
infatti, quando avvenne la strage degli abitanti di Betar, di tali dimensioni da inondare di sangue le vigne di Israele (TB Ghittin
57b), si vietò il consumo di vino, che venne permesso nuovamente quando venne istituita la quarta benedizione (R. Ya'aqov Me -
dan). Il Ramban (Chiddushim a Bavà Batrà 121b) individua il legame per cui stabilirono questa benedizione nella birkat ha-
mazon e non nella tefillàh nel Midrash (Ekhàh Rabbà 2,4) secondo il quale il re Adriano circondò una vigna che si estendeva per
numerose miglia con i cadaveri di Betar.
22 Questa quarta benedizione, come la prima, si riferisce ad Ha-Shem alla terza persona, mentre la seconda e la terza benedizione
sono alla seconda persona. La ghemarà in Yomà (54a) ritiene che una sposa sia maggiormente pudica in casa del suocero che in
quella del marito. Per questo sino a quando il popolo ebraico non entrò in Israele, e da quando perse l'indipendenza (prima e
quarta benedizione), si riferisce ad Ha-Shem impersonalmente, mentre la seconda e la terza, paragonabili al momento in cui la
sposa è in casa del marito, si esprimono alla seconda persona. Nella Mekhiltà è detto che questa benedizione si collega concet-
tualmente alla birkat ha-gomel (c'è da notare che questo termine effettivamente si trova nella formula della quarta benedizione).
La formulazione originaria di questa benedizione era molto più breve di quella attuale, non comprendendo i vari “ha-racha-
man”, che sono stati aggiunti successivamente.

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Poiché le prime tre benedizioni della birkat ha-mazon derivano dalla Toràh23, mentre la quarta è di
origine rabbinica24, al termine della terza benedizione si dice amen a conclusione della propria be-
rakhàh. La quarta benedizione, aggiunta successivamente, costituisce un nucleo a se stante. Per
questo inizia con Barukh25. Troviamo in questa benedizione varie aggiunte al nucleo originario26.
L'ordine delle benedizioni
I poseqim discutono se l'ordine delle benedizioni sia vincolante. Secondo alcuni27 non lo è, per cui
se si recita la birkat ha-mazon non secondo l'ordine prestabilito in ogni caso si esce d'obbligo. Al-
tri28 ritengono invece che sia vincolante. Altri ancora29 sono in dubbio.
Menzioni obbligatorie
I chakhamim30 hanno individuato altri concetti che devono essere ricordati nella birkat ha-mazoni31:
1) nella seconda benedizione si deve lodare la terra d'Israele per la sua desiderabilità 32, bontà ed am-
piezza (eretz chemdàh, tovàh, urchavàh)33;
2) si devono ricordare il patto della Milàh e la Toràh34, perché attraverso queste mitzwoth si ottiene
la terra d'Israele come ricompensa35. Fra le due mitzwoth la precedenza viene lasciata alla milàh, ri-

23 Secondo un'opinione tuttavia solamente la prima benedizione deriva dalla Toràh. Altri sostengono che secondo la Toràh vi sia
l'obbligo di ricordare, anche in una sola berakhàh, gli argomenti che sono ricordati nelle prime tre benedizioni. Secondo questa
ultima idea, se per errore anziché la birkat ha-mazon si fosse recitata la berakhàh achat me'en shalosh nella quale vengono ricor-
dati i temi principali della birkat ha-mazon in un'unica benedizione, si esce d'obbligo a posteriori.
24 Secondo un'opinione minoritaria anche la quarta benedizione deriva dalla Toràh.
25 In generale quando una berakhàh è semukhàh lechavertàh (letteralmente “che si appoggia alla sua compagna”) non inizia con il
termine Barukh (si pensi ad esempio alla seconda benedizione prima dello Shemà, che non inizia con Barukh, o alla 'amidòh,
nella quale unicamente la prima benedizione inizia con Barukh). La quarta benedizione della birkat ha-mazon ha tuttavia una
particolarità, perché sebbene “inizi con Barukh” non si conclude con una benedizione come logica vorrebbe. In merito troviamo
due differenti spiegazioni, riportate nel commento del Meiri a TB, Berakhot 46a: il nucleo originario doveva essere molto breve
e composto da attributi divini, visto che all'interno della benedizione possiamo rintracciare nella seconda parte delle stratificazio -
ni successive, e per questo non è stata inserita una berakhàh alla fine; oppure, in base ad un'altra lettura, iniziare e terminare con
Barukh avrebbe conferito a questa benedizione, che secondo l'opinione maggioritaria è di origine rabbinica, maggiore dignità ri -
spetto alla seconda e alla terza benedizione, che derivano dalla Toràh e non iniziano con Barukh. Nella Toseftà, Berakhot, cap. 1
troviamo l'opinione di R. Yosì ha-Galilì, che la considerava una berakhàh derivante dalla Toràh, e per questo la chiudeva con
una benedizione. E' dibattuto invece se iniziasse questa benedizione con Barukh. Nella quarta benedizione troviamo per tre volte
il termine Melekh. Due di queste menzioni servono a ristabilire il fatto che non troviamo, nella seconda e nella terza benedizione
della birkat ha-mazon, questo termine, necessario nella struttura basilare di qualsiasi benedizione, che ha come elementi impre-
scindibili Shem, il ricordo del Nome Divino, e Malkut, cioè l'indicazione del Signore come Re. Il motivo di questa particolarità è
che la terza benedizione è dedicata ad un regno terreno, quello di David, e non si deve accostargli il regno celeste.
26 Per esempio al termine della benedizione troviamo il riferimento al Mashiach, determinato dall'accostamento fra il sostentamen-
to e la sua venuta al termine del Salmo 132.
27 L''Arukh ha-shulchan (Orach Chayim 188,9) si dichiara in dubbio su questo punto, ma ritiene che l'ordine non sia vincolante, in
base ad una ghemarà in Berakhot che lega i termini del versetto di Devarim alle varie berakhot, menzionando lo zimun dopo la
prima benedizione, proprio per insegnare questo principio. Inoltre la ghemarà nel trattato di Meghillàh che elenca le parti della
tefillàh per le quali l'ordine non è vincolante non menziona la birkat ha-mazon. Dello stesso parere lo Shulchan 'Arukh ha-rav
183,11).
28 Shu”t Devar Shemuel (cap. 147), riportato nel Baer Hetev (194,2). Della stessa opinione il Kaf ha-Chayim (187,2) e lo Shu”t
Maharì Algazi (cap. 1). Il Rosh (Berakhot 7,23) considera le prime tre benedizioni come una sola; pertanto se si commette un er-
rore in una qualsiasi della prime tre benedizioni, si deve tornare all'inizio della birkat ha-mazon.
29 Prì Megadim (194,1); Shu”t Uvachartà bachayim (cap. 52); Chazon Ish (Orach Chayim 188,9).
30 TB, Berakhot 48b. Ci si può chiedere quale sia il legame dei temi ricordati con il cibo. Sebbene non vi sia un legame immediato,
ciò che unisce tutti questi argomenti è il tema della riconoscenza nei confronti di Ha-Shem per il bene che opera nei nostri con -
fronti (Rav Schwartz, Uverachta, p.16).
31 Tali menzioni hanno ingenerato delle discussioni fra i chachamim sull'obbligo di recitare la birkat ha-mazon da parte di donne
(per via del possesso di Israele e della Milàh) e schiavi (per Israele).
32 Lo Shibolè ha-leqet (cap. 157) scrive che Yehoshua' fissò la seconda benedizione della birkat ha-mazon quando vide quanto Mo-
shèh desiderasse entrare in terra d'Israele.
33 Secondo molti poseqim l'omissione di questa menzione ha la capacità di invalidare la birkat ha-mazon. I Chakhamim discutono
sulla liceità di ricordare il possesso di Israele per un convertito, che non aveva parte alla spartizione della terra (per esempio se-
condo le Tosafot non è autorizzato, e ciò ha conseguenza l'impossibilità di fare uscire d'obbligo altri, poiché, se il convertito fa-
cesse questa menzione, cambierebbe la formula stabilita per la benedizione; la maggior parte dei Rishonim tuttavia non è di que-
sto avviso).
34 I Rishonim discutono se sia un obbligo derivante dalla Toràh o di origine rabbinica. Si discute altresì sull'obbligo di queste men-
zioni da parte di donne e schiavi che sono esclusi da tali precetti (le donne da entrambi, gli schiavi da quello dello studio). L'uso
è che si menzionino in ogni caso, visto che ci si può riferire genericamente alla milàh degli uomini, o considerare le donne come
circoncise, e ritenere che le donne abbiano l'obbligo di studiare quei precetti che le riguardano direttamente.

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spetto alla quale sono ricordati nella Toràh tredici patti; per la Toràh invece troviamo solamente tre
patti;
3) devono essere presenti due ringraziamenti (hodaot)36, e comunque non meno di uno. L'astenersi
dal ringraziare è ritenuto dai chakhamim spregevole37;
4) Nella terza benedizione, bisogna ricordare il regno di David38.
I poseqim discutono se l'omissione di queste menzioni possa invalidare la birkat ha-mazon, e per-
tanto costringere a recitarla nuovamente39.
Aggiunte nei mo'adim
La ghemarà in Pesachim40 stabilisce che vi sia un'aggiunta di Shabbat e Mo'ed41. I Tannaim discuto-
no sulla posizione dell'aggiunta di Shabbat. In base ad un'opinione, che poi sarà quella accolta nella
halakhàh, sarà unicamente nella terza benedizione, mentre secondo l'altra l'aggiunta poteva essere
inserita a piacere nella seconda, terza o quarta benedizione. Nella ghemarà in Shabbat42 gli Amo-
raim discutono sull'aggiunta di Rosh Chodesh. La regola finale segue la posizione di Rav, che la
prevede, e più in generale si opera questa aggiunta in tutti i giorni in cui si recita la tefillàh di Mu-
saf, includendo pertanto Rosh Chodesh e Chol ha-mo'ed. Di Chanukkàh e Purim si recita nella se-
conda benedizione 'al ha-nissim43.
La berakhàh dell'ospite
La ghemarà in Berakhot44 stabilisce che l'ospite reciti una benedizione per il padrone di casa. Nello
Zohar45 è scritto che questa benedizione è molto importante. La formula stabilita nel Talmud tocca
numerosi argomenti, ed include nella benedizione anche gli altri commensali. Secondo vari pose-
qim46 i commensali non sono inclusi in questa benedizione. Questa struttura è stata mantenuta dai
sefarditi. Molti ashkenaziti si limitano a dire “che il Misericordioso benedica questo padrone di
casa”. In ogni caso a priori è opportuno attenersi a quanto prescritto nella ghemarà.
Salmi prima della birkat ha-mazon
L'uso di recitare dei Salmi prima della birkat ha-mazon è ricordato per la prima volta nel Seder ha-
yom e nello Shelàh47. Nei giorni feriali si usa recitare il Salmo 137 ('al naharot Bavel), di Shabbat e
di Yom Tov il Salmo 126 (beshuv H. et shivat Tzion). I mequbalim indicano per i giorni feriali degli
usi differenti, fra cui quello di recitare il Salmo 67 (lamnatzeach binghinot mizmor shir), o quello di
recitare il Salmo 87 (livnè Qorach mizmor shir) o 126 nei giorni in cui non si recita il tachanun.
L'uso dei discepoli del Ba'al Shem Tov era quello di recitare il Salmo 126 sia nei giorni feriali che di

35 Bereshit 17, 7-8: “Confermerò il Mio patto fra Me e te, patto perpetuo con i discendenti dopo di te per le loro generazioni: di
essere Dio a te e alla tua discendenza dopo di te. A te e alla tua discendenza dopo di te darò in possesso perpetuo la terra delle
tue peregrinazioni, la terra di Canaan, e sarò il loro Dio”; Devarim 8,1 (all'inizio del brano nel quale verrà prescritta la birkat
ha-mazon): “Tutti i precetti che io ti comando oggi, voi li osserverete eseguendoli affinché viviate, vi moltiplichiate e possiate
pervenire a possedere la terra che il Signore ha giurato ai vostri padri”.
36 TB Berakhot 49a. Nella formula attuale: Nodèh Lekhà all'inizio della benedizione e anu modim lakh alla fine (Tur, Orach Chay-
im, cap. 187).
37 TB Berakhot 49a.
38 Shulchan 'Arukh, Orach Chayim 188,3. L'obbligo deriva dal fatto che David consacrò la città di Yerushalaim (Rashì), e che la
consolazione non sarà completa sino a quando non tornerà la stirpe davidica (Rambam).
39 Lo Shulchan 'Arukh (Orach Chayim 187) è rigoroso su questo punto.
40 TB Pesachim 105a.
41 Rispettivamente retzè wehachalitzenu e ya'alèh weyavò. Se un giorno in cui è Shabbat si deve recitare anche ya'alèh weyavò si
premette l'aggiunta di Shabbat.
42 TB Shabbat 24a.
43 Si recita in quella benedizione poiché l'aspetto principale di queste ricorrenze è quello del ringraziamento, che come abbiamo vi -
sto è parte integrante della seconda benedizione.
44 TB, Berakhot 46a.
45 Parashat Pinechas, p. 244.
46 Avduraham, Kol Bò, Meiri, Tur, Shulchan 'Arukh.
47 L'uso si basa su un'affermazione dello Zohar in parashat Terumàh (154b). Questo insegnamento è riportato anche nel Maghen
Avraham (Orakh Chayim 60). Il concetto espresso dallo Zohar è il seguente: sebbene Israele non sia nella sua terra, tutto il so -
stentamento del mondo arriva da Eretz Israel. Chi si delizia con il buon cibo a tavola deve sempre tenere a mente la santità della
terra d'Israele ed il Tempio distrutto, ed il Signore considera quella tristezza e quel lutto come la ricostruzione del Bet ha-miqda-
sh.

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Shabbat. Il Divrè David48 è dell'idea che attraverso la lettura dei Salmi prima della birkat ha-mazon
si metta in pratica l'indicazione di studiare Toràh a tavola, ma è chiaro che questo sistema sia valido
solo per chi non è in grado di studiare da solo.
Lo Zimun
Quando tre o più persone mangiano assieme, al termine del pasto recitano la berakhàh dello zi-
mun49. Scopo dello zimun, introdotto dall'espressione nevarekh (benediciamo), è quello di unire vari
commensali nella recitazione della birkat ha-mazon50. Scopo ulteriore è quello di invitare a recitare
la berakhàh con la giusta concentrazione51. Secondo vari poseqim l'obbligo dello zimun deriva dalla
Toràh52. Nonostante ciò numerosi poseqim53 ritengono che si tratti di un'istituzione rabbinica. Altri
effettuano una distinzione fra lo zimun recitato da tre persone, che è di origine rabbinica, e quello in
dieci, che deriva dalla Toràh. Il Bet Yosef54 riporta un'espressione, menzionata da vari Rishonim55, da
recitare dopo lo zimun, prima dell'inizio della prima berakhàh: “Benedetto colui che sazia gli affa-
mati e fa bere gli assetati”, che è bene astenersi dal recitare.
Perché non si recita una berakhàh per la birkat ha-mazon?
Può sembrare paradossale, ma vari poseqim si sono interrogati sul motivo per cui non si recita, trat-
tandosi di una mitzwàh della Toràh, una berakhàh per la birkat ha-mazon. Il Chidà56 spiega che ogni
mitzwàh è composta da due aspetti distinti, la parola e l'azione. Per le mitzwoth pratiche, se prescin-
dessimo dalla parola, non sarebbe immediatamente percepibile che le nostre azioni sono a scopo di
mitzwàh. Questo rischio non sussiste per le mitzwoth collegate alla parola, perché essa stessa rivela
la nostra intenzione. R. Chayim Palagi ritiene invece che già dal verso della Toràh da cui si ricava
l'obbligo di recitare la birkat ha-mazon si intende che non sono previste ulteriori berakhot oltre alla
birkat ha-mazon stessa.
La funzione della birkat ha-mazon
La birkat ha-mazon unisce il consumo del cibo all'esperienza storica del popolo ebraico, ed attraver-
so di essa ogni individuo si collega al nostro passato ed al futuro, dall'esilio sino all'era messianica.
Rav Kook 57 ritiene che le mitzwoth abbiano l'enorme potere di collegare il particolare ed il genera-
le. Le benedizioni della birkat ha-mazon rappresentano dei passaggi successivi, la preoccupazione
48 Divrè David, cap. 75
49 TB Berakhot 46a. Sebbene non contenga gli elementi propri di una berakhàh (Shem – menzione del Nome Divino e Malkut –
denominazione del Signore come Re) molti poseqim ritengono che lo zimun debba essere considerato tale. Secondo un'opinione
(Zafenat Pa'neach, Hilkhot Qeriat Shemà) lo zimun è la berakhàh propria della birkat ha-mazon in quanto benedizione per
l'adempimento di una mitzwàh, ad escludere i casi in cui non si recita zimun, e la birkat ha-mazon viene considerata una birkat
ha-shevach (benedizione di lode).
50 Il Bait Chadash (Orakh Chayim 193) ritiene che lo zimmun preveda che uno dei commensali reciti la birkat ha-mazon per tutti e
gli altri restino in silenzio rispondendo amen alle sue berakhot. Per questo non è bene che chi recita la birkat ha-mazon lo faccia
sottovoce, perché in questo modo rende impossibile per gli altri rispondere amen. Vari poseqim ritengono che non sia possibile
seguire parola per parola chi recita la birkat ha-mazon, e pertanto è opportuno recitare la berakhàh sottovoce assieme a lui, pre-
murandosi di terminare ogni berakhàh in anticipo, e rispondere amen alle berakhot di chi la sta recitando a voce alta. Il Maghen
Avraham (Orach Chayim 183,12) scrive che l'obbligo dello zimun si estende solo sino al termine della prima benedizione della
birkat ha-mazon, pertanto è opportuno che gli altri commensali rimangano in silenzio sino al termine della prima benedizione,
ed inizino a recitare la birkat ha-mazon sottovoce a partire dalla seconda benedizione. Per lo Shulchan 'Arukh ha-rav il silenzio
durante la prima benedizione è un elemento vincolante dello zimun. Gli acharonim (Mishnàh Beruràh, Kaf ha-Chayim) scrivono
tuttavia che l'uso sia quello di recitare la birkat ha-mazon sottovoce già dall'inizio della prima benedizione, preoccupandosi in
ogni modo di terminarla assieme a chi la recita a voce alta, poiché alcuni ritengono che questo sia un elemento imprescindibile
dello zimun. Secondo altri (fra cui lo Shulchan 'Arukh) l'obbligo dello zimun si esaurisce all'inizio della birkat ha-mazon, che
può essere recitata da ciascuno per conto proprio.
51 Meiri a TB Berakhot 46a.
52 Basandosi su TB Berakhot 48b. Questo è il parere di vari poseqim, fra cui il Raavad, il Tur, il Levush, il Penè Yehoshua'. Alcuni
ricavano l'obbligo direttamente dal versetto da cui si impara la birkat ha-mazon, altri da Salmi 34,4, altri ancora da Devarim
32,3. Da entrambi questi ultimi versetti si evince che l'unione coinvolga almeno tre persone. Alcuni ritengono che dal primo ver-
setto si deduce l'obbligo dello zimun, mentre dagli altri due si impara che una persona recita la birkat ha-mazon e gli altri che si
sono uniti a lui escono d'obbligo.
53 Meiri, Ritvà, Shittà Mequbezet, Shulchan 'Arukh ha-rav. Sha'ar ha-tziun 199,19 ritiene che questa sia l'opinione della maggior
parte dei poseqim.
54 Orach Chayim 187.
55 Machazor Vitri, Orchot Chayim, Tur.
56 Tov 'Ain 18,86 a nome del Devar Moshèh.
57 Siddur 'Olat Reià, vol. 1 p. 361 e ss.

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per il sostentamento materiale, propria del periodo nel deserto, seguita dall'acquisizione della capa-
cità di produrre il sostentamento in terra d'Israele, sino al conferimento di determinate caratteristi-
che spirituali con il Bet ha-miqdash, che funge da centro per tutto il popolo ebraico 58. Se l'individuo
acquisisce la dovuta consapevolezza, il suo cibo diviene un mattone in un grandioso edificio spiri-
tuale, che manifesta a sua volta la capacità di elevarlo ulteriormente. La quarta benedizione, nell'esi-
lio e nell'apparente impotenza di Israele, assume un senso fondamentale, ricordandoci che questo
stato è solamente temporaneo, e prima o poi arriverà la gheulàh shelemàh.

Bibliografia essenziale
AA.VV., Enziqlopedia Talmudit, vol. 4, lemma birkat ha-mazon; vol. 12, lemma zimun
Rav Avraham Dov Borenstein, Uverachta, Yerushalaim 5770
Rav Moshèh Levi, Birkat Ha-Shem, Benè Beraq 5760, vol. 2, pp. 265-413
Rav Eli'ezer Melamed, Peninè Halakhàh, Berakhot, cap. 4
Rav David Avraham Mendelbaum, Birkat David, Yerushalaim 5758
Rav Yosef Shalom Wienfeld, Birkat ha-oreach leba'al ha-bait bebirkat ha-mazon, Otzarot Yerusha-
laim 299, 1576-1580

58 In questo modo il messaggio della birkat ha-mazon acquisisce un valore universale, valido in ogni tempo e luogo.

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