Criteri di protezione, coordinamento
e regole di connessione per le reti
attive e passive in Mt/bt
Progettazione di sistemi elettrici industriali
Luzio Andrea, Nassi Andrea, Meneghini Luca
A.A. 2010/2011
Sommario
Introduzione: Situazione del sistema elettrico attuale e prospettive future .................................... 1
Capitolo 1: Protezioni e loro coordinamento su reti attive e passive ............................................... 5
1.1 Generalità sui sistemi di protezione ........................................................................................ 5
1.2 Principali protezioni e loro coordinamento su reti passive ..................................................... 6
Protezione di massima corrente. Codice ANSI 50 ‐ 51 .......................................................... 8
Protezione di massima corrente omopolare. Codice ANSI 51N ............................................ 9
Protezione di massima tensione e di minima tensione. Codice ANSI 59 e 27 ...................... 9
Protezioni differenziali. Codice ANSI 87 .............................................................................. 10
Protezioni di massima o minima frequenza. Codice ANSI 81 .............................................. 10
Protezioni direzionali e direzionali di terra. Codice ANSI 67 e 67N..................................... 11
Protezioni ad impedenza. Codice ANSI 21 .......................................................................... 12
1.2.1 Principali tipi di guasto e livelli di selettività e coordinamento ..................................... 12
1.3 Principali protezioni e loro coordinamento su reti attive ..................................................... 13
1.3.1 Protezioni anti‐islanding di tipo passivo......................................................................... 14
1.3.2 Protezioni anti‐islanding di tipo attivo ........................................................................... 20
1.3.3 Metodi basati su sistemi di comunicazione ................................................................... 21
1.3.4 Le sovratensioni prodotte dalla GD ................................................................................ 22
1.3.5 Il comportamento dei generatori diffusi durante i transitori di rete ............................. 23
1.3.6 Tecnologie di comunicazioni per le smart grid ............................................................... 24
Capitolo 2: Regole di connessione alle reti Mt/bt ........................................................................... 29
2.1 La nuova Norma CEI 0‐16 ...................................................................................................... 29
2.2 Caratteristiche generali delle reti Mt .................................................................................... 30
2.3 Regole tecniche di connessione comuni a tutte le categorie di utenti ................................. 35
2.4 Regole tecniche di connessione per gli utenti passivi ........................................................... 36
Schema con singolo montante (caso generale applicabile a tutti gli utenti) ...................... 37
Schema con doppio montante MT dalla sbarra principale ................................................. 38
2.5 Regole tecniche di connessione per gli utenti attivi ............................................................. 40
2.5.1 Dispositivi previsti per il parallelo rete ........................................................................... 41
Allegato 1: Sistema di Protezione Generale (SPG) ........................................................................... 47
Allegato 2: Coordinamento protezioni in caso di sovracorrenti ...................................................... 51
Bibliografia ....................................................................................................................................... 57
Introduzione
Situazione del sistema elettrico attuale e prospettive future
L'aumento della generazione diffusa, e le nuove esigenze degli utenti, richiedono una forte evolu‐
zione delle reti, e più in generale, del sistema elettrico.
Integrare la generazione diffusa (GD) nella rete è la più importante sfida del prossimo futu‐
ro per i sistemi elettrici nella maggior parte dei Paesi dell'Unione Europea (e anche degli altri con‐
tinenti). Solo un aumento della GD può portare, infatti, ad un maggiore utilizzo delle fonti energe‐
tiche rinnovabili (FER) disponibili sul territorio, altrimenti non sfruttabili, che rappresentano oggi
l'unica via ragionevolmente percorribile verso l'obiettivo del 20.20.20 (20% di taglio delle emissio‐
ni di gas serra, 20% di miglioramento dell’efficienza energetica, 20% di aumento di fonti rinnova‐
bili) fissato dagli organismi internazionali. Tuttavia, la massiccia penetrazione di GD nelle reti di
distribuzione impone un ripensamento delle modalità di gestione di tali reti, che devono passare
da “passive” ad “attive”. A livello internazionale la direzione di evoluzione è, in prospettiva identi‐
ficata con il termine di smart grid, sottintendendo strutture e modalità operative fortemente in‐
novative in grado di far fronte, tra l’altro, ai numerosi potenziali problemi di gestione che la GD
può provocare.
Figura 1: Flusso di energia unidirezionale
In prima battuta, è d’interesse individuare quali sono gli effetti tecnici (ed economici) che la GD
può provocare sulle reti di distribuzione, e sull’intero sistema elettrico. In particolare, le proble‐
matiche legate ad una forte presenza di GD nel sistema elettrico sono dovute non solo al fatto che
le attuali reti di distribuzione di energia elettrica sono gestite come reti passive, cioè presuppo‐
nendo flussi energetici unidirezionali dalla rete di alta tensione (trasmissione) verso quella di me‐
2 Introduzione
dia e, successivamente ad un livello ancora più capillare, verso quella di bassa tensione (distribu‐
zione), ma anche alla struttura stessa delle reti, ai valori delle correnti di guasto, e, non da ultimo,
alla quantità dei flussi di potenze per cui esse sono state sviluppate. In ambito scientifico, il con‐
cetto di quantità di GD installabile tale da non causare una riduzione della qualità del servizio elet‐
trico e da non richiedere interventi sull’attuale sistema elettrico, è recente.
In riferimento al sistema italiano, l’Allegato 2 ”Impatto della generazione diffusa sulle reti di
distribuzione” alla Delibera ARG/elt 25/091 valuta, in modo quantitativo, il massimo livello di pe‐
netrazione della GD (inteso come massima potenza installabile su ciascun nodo) compatibile con
le attuali condizioni operative delle reti di distribuzione Mt, senza che se ne debba alterare in ma‐
niera significativa la struttura o l’esercizio. In particolare, in accordo con le criticità sottolineate
nella delibera AEEG 160/062, è stata determinata la potenza massima installabile in funzione di
una serie di vincoli tecnici, che tengono conto delle attuali strategie di gestione di rete e
dell’attuale situazione normativa, di seguito elencati.
Variazioni lente di tensione. La connessione di un generatore lungo una linea Mt determi‐
na l’incremento della tensione in quel punto e, più in generale, la variazione del profilo di
tensione lungo la linea. In conformità a quanto indicato dalla EN 501603, la tensione di e‐
sercizio di ogni nodo della rete deve comunque essere compresa tra il 90% ed il 110% del‐
la tensione nominale per almeno il 95% del tempo (per il restante 5% è concesso che la
tensione scenda fino all’85%).
Variazioni rapide di tensione. L’improvvisa disconnessione di un generatore dal nodo di
una linea Mt determina una variazione della tensione in quel nodo e lungo la linea. Si è
fatto riferimento a quanto contenuto nella EN 50160; tale norma, per le variazioni rapide
di tensione, non fissa un limite vincolante, ma fornisce solo un valore indicativo 4 ÷ 6%
della tensione nominale per reti Mt.
Limiti di transito per vincoli termici sulle linee. La GD può dar luogo ad inversioni di flusso
lungo tratti di linea Mt. In tal caso occorre garantire che, in nessun tratto della linea, il va‐
lore della corrente sia superiore alla portata di regime dei conduttori.
Incremento della corrente di cortocircuito. La GD determina un aumento della corrente di
cortocircuito che interessa le linee e i nodi della rete. Essa deve essere mantenuta al di
sotto del potere di interruzione degli organi di manovra Mt, sia del distributore, sia degli
utenti. E’ inoltre necessario che l’incremento delle correnti di guasto non provochi mal‐
funzionamenti delle protezioni della rete di distribuzione.
L’analisi è stata svolta in base ad un campione significativo del sistema di distribuzione Mt (circa
l’8% del totale sistema di distribuzione nazionale), che comprende dati reali relativi a reti di diversi
distributori, appartenenti a zone geografiche piuttosto estese del territorio nazionale. Tale cam‐
pione, raccolto dall’Autorità ai fini di un’indagine svolta da incaricati del Politecnico nel 2006 circa
la potenza di cortocircuito4, ha un’ampiezza e una distribuzione tali per cui i risultati ottenuti pre‐
1
Monitoraggio dello sviluppo degli impianti di generazione distribuita in Italia per l’anno 2006 ed analisi dei possibili effetti della ge-
nerazione distribuita sul sistema elettrico nazionale.
2
Monitoraggio dello sviluppo degli impianti di generazione distribuita e di microgenerazione in Italia ed analisi dei possibili effetti del-
la generazione distribuita sul sistema elettrico nazionale.
3
Voltage caratteristics of electricity supplied by pubblic distribution systems.
4
Si tratta di un’indagine volta ad accertare il livello di potenza di cortocircuito sulle reti di distribuzione Mt, nell’ambito della quale
sono stati raccolti dati relativi a 400 reti Mt sottese ad altrettante semisbarre di cabina primaria.
Situazione del sistema elettrico attuale e prospettive future 3
sentano una forte rilevanza statistica, che consente di estendere le conclusioni dello studio
all’intera rete di distribuzione Mt nazionale.
E’ importante sottolineare come nello studio è posta particolare attenzione all’assetto rego‐
latorio e normativo esistente: si sono tenute in conto le normative di qualità dell’alimentazione (la
già citata EN 50160, che stabilisce a livello europeo i requisiti tecnici della tensione fornita agli u‐
tenti anche in presenza di GD), nonché di connessione alle reti (Norma CEI 0‐165 e CEI 11‐206). Ci
sono pure modellizzate accuratamente le pratiche di esercizio delle imprese di distribuzione, per
quanto concerne, per esempio, la regolazione della tensione o il livello di sfruttamento ammesso
per le linee e per i trasformatori.
I risultati dello studio mostrano che in relazione ai vincoli tecnici nodali7 le reti di distribu‐
zione nazionali hanno una più che discreta capacità di accoglimento della GD (l’85% dei nodi ana‐
lizzati risulta compatibile con una quantità di generazione diffusa entro i 3MW). Dallo studio si e‐
vince come i vincoli maggiormente limitanti siano quelli posti dalle variazioni rapide di tensione
(sulle quali, per altro, le norme di power quality non pongono reali vincoli) e dai limiti sulle varia‐
zioni lente di tensione, mentre il vincolo di transito sulle linee risulta quello più critico solo per i‐
niezioni molto significative.
Circa il contributo della GD alle correnti di guasto, a livello generale si possono distinguere
due casi, differenziati in ragione della presenza (o meno) di un convertitore statico sull’interfaccia
di connessione fra GD e rete elettrica. I generatori che si stanno connettendo, e che si prevede sa‐
ranno connessi anche nel futuro, sono generalmente dotati di inverter lato rete (fotovoltaici ed
eolici già adesso, micro generatori in futuro) e non sono in grado di fornire apprezzabili correnti di
cortocircuito, limitate al 120‐130% circa della corrente nominale. Di conseguenza, la corrente di
cortocircuito e la relativa sollecitazione termica dei conduttori risulta un problema fortemente ri‐
dimensionato. E’ evidente tuttavia che la connessione di generatori rotanti in grado di fornire cor‐
rente di cortocircuito potrebbe continuare, invece, a porre, solo per la particolare rete alla quale
sono connessi, problemi di sollecitazione termica dei conduttori.
Un ulteriore aspetto, con diretti risvolti economici, riguarda le perdite di potenza attiva (o,
in generale, l’efficienza della rete elettrica) che vengono tipicamente citate come uno dei parame‐
tri rispetto ai quali l’apporto di generazione diffusa risulta di certo positivo. E’ indubbio che la GD
consente un avvicinamento tra generazione e carico, ma per una reale quantificazione dei benefi‐
ci è necessario operare uno studio dedicato, basato su dati reali del sistema elettrico. Infatti, si ri‐
scontra che l’installazione di GD su una linea di distribuzione porta ad una riduzione delle perdite
nel caso in cui la potenza iniettata sia inferiore a quella complessivamente assorbita dai carichi a‐
limentati dalla linea stessa; viceversa, nel caso di una forte penetrazione della GD si potrebbero
verificare situazioni in cui le perdite sulla rete, almeno in certe ore dell’anno, aumentano rispetto
all’assetto di rete attuale. A livello generale si ritiene che la diminuzione delle perdite sia un fatto
certo solo quando la quota di carico della medesima linea coperta dai generatori sulle reti minori
sia inferiore al carico complessivo; in tal modo la probabilità che si verifichino dei flussi contrari è
assai ridotta.
5
Regola tecnica di riferimento per la connessione di utenti attivi e passivi alle reti AT ed Mt delle Imprese distributrici di energia elet-
trica.
6
Impianti di produzione di energia elettrica e gruppi di continuità collegati a reti di I e II categoria.
7
I vincoli relativi alle variazioni lente e rapide di tensione, così come i limiti di transito per vincoli termici sulle linee, sono verificate
tramite un’analisi a livello di singolo nodo di ciascuna rete, mentre i vincoli relativi alla corrente di cortocircuito, sono stati verificati
attraverso analisi svolte a livello di singola rete Mt.
4 Introduzione
Più in generale, la situazione d’inversione di flusso può comportare criticità per le reti di di‐
stribuzione. Scendendo nel dettaglio, l’inversione di flusso può verificarsi a livello di rete Mt o di
singola linea Mt. In una situazione di questo tipo la rete di distribuzione diventa quindi, a tutti gli
effetti, una parte attiva del sistema elettrico; si rende perciò necessaria l’installazione di sistemi di
protezione e di automazione idonei, oggi non presenti, che prevedano modalità per la disconnes‐
sione degli impianti di produzione, ovvero modalità specifiche di gestione (protezione) e controllo
(automazione) dei medesimi impianti in determinate situazioni, quali il funzionamento in isola in‐
desiderata di un intera cabina primaria o di una linea Mt e l’intervento intempestivo delle prote‐
zioni per evitare che semplici disturbi di rete, quali i buchi di tensione provochino scatti intempe‐
stivi delle protezioni.
Pare di interesse, evolvere le attuali modalità di protezione implementando logiche basate
sulla comunicazione, che consentirebbero, grazie allo scambio di informazioni tra la GD e la rete,
una reale integrazione della GD nel sistema elettrico. La creazione di una rete di comunicazione
economica, flessibile ed affidabile è quindi una delle esigenze necessarie per l’evoluzione verso le
smart grid. Una delle possibili soluzioni è rappresentata dalle piattaforme IP le quali renderebbero
possibile una reale integrazione della rete di informazione e della rete di energia in modo da ga‐
rantire l’affidabilità dell’intero sistema elettrico, oltre a funzioni e servizi innovativi. In questa otti‐
ca, la gestione della comunicazione deve avvenire attraverso lo sviluppo di protocolli standard
come l’IEC 61850 che permette l’interoperabilità fra un elevato numero di soggetti e lo sviluppo di
applicazioni e servizi in modo competitivo e uniformato. Tale protocollo può però essere utilizzato
anche per lo sviluppo di sistemi per l’automazione, gestione e controllo delle reti (da implementa‐
re a livello di (CP) cabina primaria).
Tutte queste soluzioni devono essere coordinate, e supportate, da un complessivo quadro
regolatorio e normativo: la Norma CEI 0‐16 contiene già alcuni riferimenti relativamente all’isola
indesiderata e all’evoluzione verso le reti attive (1).
Capitolo 1
Protezioni e loro coordinamento su reti attive e passive
1.1 Generalità sui sistemi di protezione
Una rete elettrica, a prescindere dalla tensione alla quale è esercita, deve rispondere a determina‐
ti requisiti, fondamentali per il suo corretto funzionamento, che sono riassumibili nei seguenti
punti:
affidabilità: minime probabilità di guasti o errate manovre, qualità dei materiali impiegati,
dimensionamento ottimo della rete;
continuità di servizio: limitazione dell’area di guasto, disponibilità di energia con la possi‐
bilità di ri‐alimentazione a seguito di un guasto;
economicità: in termini di realizzazione, gestione ed ampliamento;
semplicità: facile da gestire;
sicurezza.
Oltre alle voci citate, negli ultimi decenni, ha assunto molta importanza anche la qualità del servi‐
zio elettrico (Power Quality), intesa come l’affidabilità del servizio elettrico dal punto di vista dello
scostamento dei parametri elettrici dai valori ideali a causa di distorsione armonica, interruzioni
del servizio, abbassamenti di tensione, sovratensioni, buchi di tensione, transitori, etc.
Per sistema di protezione s’intende l’insieme degli elementi che permettono la protezione
dell’impianto, tra i quali:
Relè: è un apparecchio destinato a provocare predeterminati cambiamenti di stato nei
suoi circuiti elettrici d’uscita, quando si verificano particolari condizioni di alimentazione
nei suoi circuiti elettrici di ingresso. Può essere elettromeccanico, statico o numerico. I re‐
lè possono essere divisi in due grandi famiglie; la prima comprende i relè che vengono a‐
dibiti alla determinazione del guasto e alla misura delle condizioni anormali e che, una
volta verificato ciò, chiudano i contatti in un circuito ausiliario; questo tipo di relè viene
denominato comparatore. La seconda famiglia di relè viene progettata per essere connes‐
sa al circuito ausiliario, controllato dai contatti del relè di misura, e che chiude/apre ulte‐
riori contatti solitamente su un circuito di potenza. Questi sono detti relè “tutto o niente”.
Le grandezze sulle quali si può agire sono solitamente la taratura, il tempo di intervento
(tempo dipendente/indipendente) e il rapporto di rilascio, ovvero il rapporto fra il valore
di ripristino (quando il relè ritorna a riposo) e il valore di intervento.
Trasformatori di tensione e corrente: principalmente trasformatori sia di tensione (TV) che
di corrente (TA). Servono ad interfacciare i relè al circuito di potenza, portando le gran‐
dezze in esame a valori che consentono di lavorare in condizioni di sicurezza per il perso‐
6 Capitolo 1
nale e di alimentare i relé con valori normalizzati. I trasformatori di tensione e corrente
impiegati nei sistemi di protezione hanno caratteristiche differenti da quelli impiegati per
gli strumenti di misura. I TA per protezione sono di tipo toroidale ed ammettono in condi‐
zioni nominali errori superiori ai TA di misura, richiedendo di mantenere entro certi limiti
l’errore composto agli alti regimi di corrente. La classe di precisione è designata
dall’errore composto, in percento, più elevato ammesso alla corrente limite primaria no‐
minale di precisione prescritta per la classe di precisione interessata, seguito dalla lettera
P (che sta per protezione). Le classi di precisione normali dei trasformatori di corrente per
protezioni sono 5P e 10P. I TV nei sistemi di protezione sono sostanzialmente di due tipi:
induttivi (TVL) e capacitivi (TVC) con classi nominali tipiche 3P e 6P. Spesso s’impiegano
TV a due secondari, uno per le misure, l’altro per le protezioni. In tal caso, essendo i due
avvolgimenti chiusi sullo stesso nucleo, le prestazioni e le precisioni non sono indipenden‐
ti.
Circuiti di comando e segnalazione: il circuito di pilotaggio può essere di diverse nature. La
trasmissione delle informazioni può avvenire tramite un cavo apposito che giace su un
conduttore di linea, oppure può avvenire, in maniera più efficiente, tramite onde convo‐
gliate, oppure attraverso un collegamento radio. La scelta del tipo di trasmissione è effet‐
tuata secondo il tipo di linea e del tipo di protezione.
Dispositivo di interruzione o di manovra: sono essenzialmente sezionatori, sezionatore di
terra, interruttori di manovra, interruttori e fusibili. La norma CEI 11‐1 fornisce le defini‐
zioni dei singoli dispositivi citati.
1.2 Principali protezioni e loro coordinamento su reti passive
Il coordinamento delle protezioni in termini di selettività è solitamente svolto riportando le curve
d’intervento nel diagramma corrente di guasto‐tempo; lo studio fatto un tempo per via grafica,
sta lasciando il posto all’applicazione di software appositi, di solito forniti dagli stessi produttori
delle protezioni, con l’ovvia semplicità di utilizzo e con il vantaggio di poter modificare agevol‐
mente la scelta delle protezioni in fase di progetto. E’ utile ricordare che, nel determinare i tempi
d’intervento per garantire la selettività, si dovrà tenere in considerazione il tempo di eliminazione
del guasto definito come:
_ _ _ _
dove tp_valle è il tempo minimo di intervento, εt_valle è l’errore in tempo della protezione di valle,
ti_valle è il tempo di apertura dell’interruttore, τ è un coefficiente di sicurezza e tr_monte è il tempo di
ricaduta del relè di monte cioè il tempo in cui il relè deve assumere la posizione di riposo, quando
Protezioni e
e loro coordin
namento su reti attive e passive 7
il guaasto è stato eeliminato dall’interruttorre di valle, altrimenti emeetterebbe in
ntempestivam
mente un
comaando di scattto.
Nella Figura 2 si rriportano i diiagrammi tippici per i vari tipi di intervvento
Figuraa 2: a) Caratterristica di interve
ento istantanea; b) Caratterisstica di interven
nto ritardata in
ndipendente a ttempo de‐
finito; c) Caratteristica di inttervento ritarda
ata dipendentee a tempo inverso.
Nellee caratteristicche a e b il ttempo di inttervento è inndipendentee dalla corrennte, mentre nella ca‐
ratteristica c a co
orrenti maggiori corrispondono temp pi di interven
nto minori (I2>I1 → t2<t1).. E’ possi‐
bile ccombinare lee curve di intervento per ottenere cconfigurazion ni più complesse che me eglio si a‐
deguano alla neceessità di seleettività ed allla configurazzione dell’impianto.
F
Figura 3: Caratt
teristiche d’intervento combinate.
La noormativa vigeente, che deffinisce la sim mbologia e la relativa funzzione dei relè in Italia, è la norma
CEI EN 60617‐7 “S “Segni graficii per schemi ‐ Parte 7: Ap pparecchiatu ure e disposittivi di comando e pro‐
tezion ne”; risulta ttuttavia magggiormente u utilizzata daggli operatori del settore eelettrico unaa codifica
diversa derivantee dalla norm mativa americana ANSI/IEEE C37.2, che c descrivee e classifica i relè di
proteezione con un numero e,, in casi partiicolari, per rendere più cchiaro l’appliicazione, con n una let‐
tera. Ad esempio o, la protezio one individuaata dal nume ero 59 è un relè di sovraatensione, se e seguito
da un na G (sigla 59 9G), indica un relè di sovvratensione d di terra. E’ po
ossibile indiccare relè multifunzio‐
ne ripportando i numeri relativvi, separati d da una barra; un disposittivo 27/59, ad esempio, è è la com‐
binazzione di un rrelè di sotto//sopra tensione. Ricordaando tuttaviia che le CEI EN 60617‐7 7 vietano
l’utilizzo di questta classificazione delegandola al solo o commento o della simbologia europ pea, si fa
preseente che nellla Guida CEI 11‐35 “Guiida per l’eseecuzione di cabine
c elettrriche Mt/bt del
d clien‐
te/uttente finale””‐allegato K sono
s riportaati alcuni specchietti oriientativi conntenenti entrrambe le
codifiche‐simbolo ogie.
8 Capitolo 1
Qui di seguito si riporta un estratto dell’allegato K della norma CEI 11‐35 e una tabella con la clas‐
sificazione ANSI/IEEE:
Tabella 1: Tabella K.1 dell’allegato K norma CEI 11‐35.
Tabella 2: Tabella K.2 dell’allegato K norma CEI 11‐35.
Protezione di massima corrente. Codice ANSI 50 ‐ 51
La protezione di massima corrente è la protezione maggiormente diffusa negli impianti elettrici,
essendo utilizzata a quasi tutti i livelli di tensione. Lo scopo di tale protezione è quello di interveni‐
re, aprendo il circuito, quando la corrente sulla conduttura protetta supera i valori limite consenti‐
ti per il tempo consentito. La protezione permette di individuare i guasti di fase per sovraccarico o
per cortocircuito. Le modalità di intervento tipiche possono essere lo scatto istantaneo (codice 50)
o l’azione differita (codice 51), oppure azioni miste come nel caso di relè elettromeccanico ma‐
gneto‐termico per le applicazioni di bt. La protezione di massima corrente consente una buona
selettività nel caso di linee diramate, mentre è meno efficiente per le linee ad anello o magliate.
La protezione richiede la misura di una singola grandezza; per applicazioni di Mt ed AT l’analisi
della corrente è effettuata tramite misura delle tre correnti di fase mediante due o tre trasforma‐
tori di corrente (TA) secondo gli schemi di Figura 4.
Protezioni e loro coordinamento su reti attive e passive 9
Figura 4: Misura delle correnti di fase per protezioni di massima corrente istantanea e
ritardata. Nella configurazione a due TA si presti attenzione a rispettare i collegamenti dei morsetti.
Protezione di massima corrente omopolare. Codice ANSI 51N
La protezione di massima corrente omopolare è la protezione che permette di controllare even‐
tuali correnti verso terra, in modo da segnalare la presenza di guasti di terra o da intervenire a‐
prendo i circuiti quando ciò possa comportare problemi di sicurezza per l’impianto o per le perso‐
ne. Si hanno versioni ad alta sensibilità, con correnti di soglia nominali di 10÷30mA con caratteri‐
stiche di intervento a tempo indipendente e a scatto istantaneo, oppure a bassa sensibilità con
correnti di soglia nominali di 0,3÷2A e la possibilità di regolazione del tempo di intervento. La mi‐
sura della corrente residua, che sarà la somma vettoriale delle tre correnti di fase, viene fatta me‐
diante tre TA di fase in inserzione Holmgreen, oppure mediante TA toroidale sommatore.
Quest’ultima configurazione è quella maggiormente utilizzata in quanto interessata in modo mi‐
nore dagli errori introdotti dai TA. La Figura 5 riporta le due inserzioni. Nel caso si utilizzi la confi‐
gurazione a toroide sommatore all’interno dell’anello del toroide devono passare i tre conduttori
(anche il neutro in BT) e anche il collegamento a terra degli schermi nel caso di condutture scher‐
mate.
Figura 5: Misura delle correnti residue per protezioni di massima corrente omopolare in inserzione Holmgreen e con
toroide sommatore.
Protezione di massima tensione e di minima tensione. Codice ANSI 59 e 27
Lo scopo delle protezioni di massima tensione è quello di controllare le singole tensioni di fase
(stellate o concatenate) per rilevare i guasti di fase per sovratensioni. L’inserzione è diretta o indi‐
retta tramite riduttori induttivi (TVL) o riduttori capacitivi (TVC). Con la configurazione omopolare
10 Capitolo 1
è possibile controllare la tensione di centro stella tramite misure a triangolo aperto o ai capi di
impedenze collegate ai centri stella. Gli schemi di connessione sono riportati in Figura 6. La moda‐
lità di intervento delle protezioni può essere istantanea o differita. E’ possibile combinare la pro‐
tezione di massima tensione con quella di minima tensione (ho protezione con codice 27‐59) ot‐
tenendo così il mantenimento della tensione all’interno di un intervallo. Un tipico esempio di ap‐
plicazione di questo tipo di protezione è quello degli autoproduttori allacciati alla rete che devono
mantenere “la tensione il più stabile possibile e comunque entro il ± 10 % della tensione nominale
di fornitura come stabilito dalla norma EN 50160”.
Figura 6: Schema di inserzione per protezione di massima (59) o minima (27) tensione e per massima (59N) o minima
(27N) tensione omopolare.
Protezioni differenziali. Codice ANSI 87
Le protezioni differenziali consentono di proteggere parti dell’impianto mediante comparazioni di
grandezze vettoriali (solitamente correnti) e controllo della loro differenza; qualora questa sia di‐
versa da zero, o da un valore atteso, la protezione interviene segnalando il guasto ed aprendo il
circuito relativo. La protezione interviene istantaneamente quando un guasto è interno alla zona
protetta ma ha il difetto di causare interventi intempestivi per guasti esterni o, in condizioni di
normale esercizio per la saturazione e gli errori dei riduttori di corrente (TA). Per evitare questo
funzionamento anomalo esistono relè differenziali compensati dotati di bobina antagonista. Il fun‐
zionamento della protezione differenziale viene schematizzato in Figura 7.
Figura 7: a) funzionamento normale dell’impianto sorvegliato. b) funzionamento in caso di guasto nel sistema da
proteggere. c) funzionamento per guasto esterno. Si noti come l’intervento ci sia solamente nella situazione b.
Protezioni di massima o minima frequenza. Codice ANSI 81
Sono protezioni che si utilizzano quando è necessario controllare la frequenza di una rete o di un
generatore rispetto ad un valore prefissato nel caso di sistemi isolati, oppure rispetto al valore as‐
Protezioni e loro coordinamento su reti attive e passive 11
sunto in altra rete destinata a funzionare in parallelo con la prima. Sono protezioni molto precise
(±0,01 Hz) che non risentono delle variazioni di tensione (anche fino a ‐25 % della tensione nomi‐
nale). Ad esempio, per un impianto di autoproduzione con frequenza nominale 50 Hz, lo scarto
ammesso alla frequenza vale (47÷49,8) < f < (50,2÷53) Hz.
Protezioni direzionali e direzionali di terra. Codice ANSI 67 e 67N
Le protezioni direzionali sono protezioni in grado di controllare il verso del flusso di una certa po‐
tenza (attiva, reattiva, attiva omopolare, ecc.), in un certo ramo di rete. Lo scatto della protezione
è di norma ritardato. La protezione fornisce informazioni circa la posizione di una grandezza vet‐
toriale rispetto ad un’altra che viene assunta da riferimento. Convenzionalmente si considera po‐
sitiva la direzione di un vettore risultante dalla composizione di un vettore di riferimento con un
altro posto entro ±90° dal primo. Se analizziamo la Figura 8, vediamo che il vettore I è il vettore di
riferimento, mentre V è il vettore risultante.
Figura 8: Caratteristica polare di un relè direzionale.
Il confronto è fatto sull’angolo di sfasamento tra i vettori corrente e tensioni misurati, per cui la
protezione direzionale richiede due misure: una voltmetrica ed un’amperometrica come mostrato
in Figura 9.
Figura 9: Schema di inserzione per protezione direzionale di fase(67) e di terra (67N).
L’avviamento del relè si verifica quando è soddisfatto, contemporaneamente, il superamento del‐
la soglia impostata di tensione e di corrente e quando lo sfasamento tra tensione e corrente è
all’interno della zona di scatto. L’intervento è di norma ritardato per cui lo scatto del relè si verifi‐
ca dopo il tempo di intervento impostato, se tutte le condizioni precedenti rimangono soddisfatte
durante tale tempo. I relè direzionali per il controllo della potenza attiva o dell’energia (codice
67W) trovano impiego qualora si desideri controllare l’entità e il verso della potenza scambiata
12 Capitolo 1
sulla rete o per verificare che non sussistano flussi di energia di verso opposto a quello stabilito.
Se abbinati alle protezioni di massima corrente essi hanno lo scopo di mettere in evidenza il verso
dell’energia in caso di corrente di cortocircuito su reti di struttura non radiale, determinando il
punto di guasto laddove si abbia l’inversione del flusso. Molto più utilizzati sono i relè direzionali
di terra (codice 67N) impiegati nelle reti MT per la determinazione dei guasti verso terra; essi in‐
tervengono quando la corrente residua è non nulla ed hanno il grande vantaggio, rispetto ad un
relè di massima corrente omopolare (51N), di non rilevare guasti esterni all’impianto utente e di
garantire una maggiore sensibilità. Le protezioni direzionali, eseguendo un confronto di fase, risul‐
tano molto sensibili agli errori di fase introdotti dai riduttori.
Protezioni ad impedenza. Codice ANSI 21
Le protezioni ad impedenza sono protezioni in grado di determinare il valore di impedenza di una
linea e di innescare l’intervento del relè, qualora il valore di impedenza sia minore dell’impedenza
di taratura; per il loro funzionamento sono essenziali due misure (una voltmetrica e
un’amperometrica), che permettono di determinare l’ampiezza e la fase dell’impedenza. Lo
schema di inserzione è lo stesso della protezione direzionale. Il principio di funzionamento di un
relè ad impedenza è basato sui comparatori di ampiezza o di fase. (2)
1.2.1 Principali tipi di guasto e livelli di selettività e coordinamento
Figura 10: Guasto monofase a terra
In caso di guasto monofase a terra non ci sono interruzioni poiché non apre un organo di manovra
(OdM) del distributore (in CP o CS), ma il dispositivo generale (DG) (o i dispositivi di montante
(DM) utente). L’interruzione interessa i soli utenti a valle dell’OdM che ha aperto (nell’impianto di
utente); gli altri utenti della rete non subiscono alcun disturbo in quanto un guasto a terra non
genera buchi di tensione in termini di tensioni concatenate (né per l’utente interessato, né sul re‐
sto della rete, inclusi gli utenti della linea cui è connesso l’utente guasto). E’ sempre possibile il
coordinamento selettivo fra distributore e utente.
Il DG deve interrompere la corrente entro:
170 ms a neutro isolato può essere adottata selettività logica interna all’impianto di
utente
450 ms a neutro compensato possono essere adottate selettività logica (infiniti livelli
di selettività) o selettività cronometrica (1 solo livello di selettività) internamente
all’impianto di utente
In entrambi i casi è garantita la selettività cronometrica con l’interruttore del distributore che è
ritardato di 400 ms NI (Neutro Isolato) e fra 1000 ms e 20 s a NC (Neutro Compensato).
Protezioni e loro coordinamento su reti attive e passive 13
Figura 11: Guasto polifase
In caso di guasto polifase la selettività cronometrica nell’impianto utente e la selettività ampero‐
metrica non sono attuabili; la prima poiché causerebbe buchi troppo lunghi, la seconda poiché
dovrebbe essere funzione del guasto e delle caratteristiche della rete. Questo porta ad
un’apertura contemporanea del DG e dell’interruttore di linea (interruzione transitoria per tutti gli
utenti della linea e buco di tensione per tutti gli utenti MT e bt alimentati dal trafo AT/Mt). (3)
1.3 Principali protezioni e loro coordinamento su reti attive
Questo paragrafo presenta una rassegna circa le protezioni volte a scollegare i generatori di picco‐
la/media taglia in caso di perdita di rete; il fenomeno dell’isola indesiderata risulta infatti fra i limi‐
ti tecnici più stringenti alla penetrazione della generazione diffusa nel sistema elettrico.
L’attuale rete di distribuzione è stata concepita rispetto ad uno scenario in cui i vari utenti siano
passivi, ossia si limitano al prelievo di energia; in prospettiva dello sfruttamento delle risorse per
la generazione diffusa (GD) è quindi necessario analizzare le implicazioni a livello di efficienza, re‐
golazione e protezione della rete stessa.
Come già detto, le reti Mt in Italia hanno una più che discreta capacità di accoglimento della gene‐
razione diffusa.
Nel sistema elettrico odierno è possibile identificare dei vincoli tecnici ben precisi: quello
più significativo risulta correlato al fenomeno dell’isola indesiderata (o unwanted islanding); que‐
sto fenomeno si manifesta in ragione dell’incompatibilità della GD con i sistemi di protezione ed
automazione di rete. Il fenomeno dell’isola indesiderata è strettamente legato all’entità dei flussi
di potenza che si registrano sull’interfaccia AT/Mt (possibile funzionamento in isola dell’intera ca‐
bina primaria), oppure a livello di singolo feeder Mt (possibile funzionamento in isola del solo fee‐
der).
L’incremento delle utenze attive sulla rete di distribuzione, fino a valori tali da avvicinare la poten‐
za assorbita dal carico, rende l’islanding un fenomeno concretizzabile, visto il possibile raggiungi‐
mento di un equilibrio tra generazione e carico.
Risulta quindi necessaria l’introduzione di protezioni contro l’isola indesiderata (protezioni anti‐
islanding) in grado di disconnettere la GD in tempi brevi, nel rispetto dei tempi di intervento delle
protezioni/automazioni di rete, in particolare le richiusure automatiche, volte a massimizzare la
continuità dell’alimentazione.
La condizione di esercizio di una porzione di rete in isola, identificata con il termine di islan‐
ding, è conseguenza del’intervento delle protezioni elettriche a livello di cabina primaria, cabina
secondaria o, più in generale, di stazione elettrica; per esempio le protezioni di massima corrente
poste all’inizio di ogni feeder in cabina primaria.
14 Capitolo 1
All’apertura dell’interruttore, l’isola formatasi sperimenta un transitorio che può portare o a un
nuovo punto di equilibrio (islanding permanente) o, dopo una fase transitoria, al collasso della re‐
te. Il fattore che principalmente influenza la durata dell’islanding, e quindi la probabilità di funzio‐
namento in isola indesiderata permanente, è lo squilibrio di potenza attiva e reattiva tra genera‐
zione e carico prima dell’apertura: ovvero i transiti di potenza tra la porzione di rete che sarà inte‐
ressata al funzionamento in isola ed il resto del sistema elettrico. Un ulteriore fattore discriminan‐
te è la risposta dinamica della rete, in particolare la tipologia dei generatori e i relativi sistemi di
controllo, regolazione e protezione.
Allo scopo di raggiungere un adeguato livello di sicurezza ed affidabilità del sistema elettrico è ne‐
cessario provvedere a protezioni che blocchino l’insorgere di un’isola indesiderata scollegando le
unità di generazione, connesse alla porzione di rete in isola, nel più breve tempo possibile. Questo
in accordo con le regole di interconnessione, per evitare tutti i problemi legati al funzionamento
in isola.
Queste linee guida variano da paese a paese ma contengono gli stessi requisiti che sono stretta‐
mente legati ai problemi dell’islanding:
La GD dovrebbe essere disconnessa dalla rete in caso di valori di tensione e frequenza a‐
nomali, fuori dai canoni di contratto;
Se una o più fasi sono disconnesse dalla rete a potenza prevalente (è la rete di trasmissio‐
ne), le unità GD devono essere rapidamente scollegate dalla rete;
Se sono previste le richiusure automatiche, le unità GD devono essere scollegate dalla re‐
te prima della richiusura;
questo tipo di protezioni prende il nome di protezioni anti‐islanding; i metodi di protezione anti‐
islanding ad oggi proposti si suddividono in tre categorie:
Metodi passivi;
Metodi attivi;
Metodi basati su sistemi di comunicazione.
1.3.1 Protezioni anti‐islanding di tipo passivo
Questi metodi si basano su misure rese disponibili localmente (in prossimità dell’impianto di ge‐
nerazione) e rilevano la presenza di un’isola indesiderata, confrontando una o più grandezze mo‐
nitorate con il rispettivo valore di soglia.
L’impianto attivo è equipaggiato, in conformità con la norma CEI 0‐16, di un dispositivo di inter‐
faccia (DDI) che assicura la separazione di una porzione di rete utente (generatori e carichi privile‐
giati), consentendone il funzionamento in isola in caso di anomalie sulla rete esterna.
La protezione anti‐islanding viene implementata nel sistema di protezione di interfaccia (SPI), che
è costituito essenzialmente da un relè digitale. Il SPI agisce, sulla base di misure locali (per esem‐
pio di tensione e frequenza), sul DDI che separa la porzione di rete utente contenente il generato‐
re dal resto della rete.
Protezioni e
e loro coordin
namento su reti attive e passive 15
Figura 12
2: Configurazio
one generale de
ell’impianto di utenza attiva
Quessta tecnica si basa sul segguente princcipio: una perdita di rete comporta u
una variazion ne di cari‐
co vissta dalla gen
nerazione con nte variazione dei parametri di rete ((in particolarre tensio‐
n conseguen
ne e frequenza), per cui il loro monitoraggio continuuo rappresen nta un efficaace strumentto contro
l’evennto dell’isolaa indesideratta.
Figura 13
3: Zone di non iintervento dellla protezione d
di tipo passivo
Questo si traduce nella presenza di un’area di non operatività della protezione (non detective zo‐
ne, NDZ); quest’area, mostrata in Figura 13, è delimitata dalle soglie dei sistemi di protezione ed è
tanto più ridotta quanto più stringenti sono i valori di regolazione dei relè.
Uno svantaggio di questa tecnica è rappresentato dagli scatti intempestivi: l’algoritmo di rileva‐
mento dell’islanding può operare anche quando il sistema è soggetto a disturbi esterni; non è in
grado di discriminare l’islanding da altri eventi.
Pertanto una delle principali difficoltà è il coordinamento della protezione, che comporta inevita‐
bilmente un compromesso tra affidabilità e selezione degli eventi per i quali non deve intervenire.
Queste tecniche non compromettono la power quality della rete in quanto non provocano distur‐
bi al sistema al quale è connessa.
Di seguito sono indicati i principali sistemi di protezione anti‐islanding di tipo passivo.
Protezione di minima/massima tensione e minima/massima frequenza
Uno squilibrio di potenza attiva e reattiva genera variazioni di frequenza e di tensione, perciò i re‐
lè basati sulla misura di queste due grandezze rappresentano sicuramente un’efficace tecnica di
rilevamento dell’anti‐islanding.
Nel caso italiano il SPI agisce, secondo la norma CEI 0‐16, in base a soglie di: (Figura 14)
Minima frequenza: protezione 81<, regolata a 49.7 Hz, tempo di estinzione del guasto ≤
170 ms;
Massima frequenza: protezione 81>, regolata a 50.3 Hz, tempo di estinzione del guasto ≤
170 ms;
Minima tensione: protezione 27, regolata a 0.7 p.u., tempo di estinzione del guasto ≤ 370
ms;
Massima tensione: protezione 59, regolata a 1.2 p.u., tempo di estinzione del guasto ≤
170 ms;
La norma impone un tempo complessivo di estinzione del guasto e non i tempi parziali
d’intervento della protezione e di apertura dell’interruttore, i quali sono a discrezione dell’utente
attivo. La disponibilità di un sistema di comunicazione consentirebbe di superare le limitazioni del‐
le attuali logiche di anti‐islanding. In Figura 15 sono riportate le soglie che potrebbero essere set‐
tate implementando ad esempio un intertrip fra CP8 e DG. In conseguenza al decadere
dell’esigenza di soglie di intervento molto strette si avrebbe una maggiore resilienza alle pertur‐
bazioni di rete delle GD con maggior beneficio nel caso di transitorio. Tale logica richiederebbe un
segnale ciclico scambiato tra CP e GD al fine di informare il relè del DDI della presenza del link di
comunicazione. In caso esso venisse a mancare il relè dovrebbe infatti tornare ad operare con le
sole informazioni locali senza beneficiare quindi dell’utilizzo delle soglie meno stringenti.
I relè 81<, 81> e 59 si considerano istantanei ed il tempo di estinzione del guasto non include un
ritardo intenzionale. Viceversa il relè 27 presenta un ritardo intenzionale che incrementa il tempo
base della protezione a 300 ms (tipicamente il tempo di apertura dell’interruttore è 70 ms).
Il tempo di estinzione del relè 27 permette comunque di disconnettere le unità GD prima della ri‐
chiusura automatica, che nel contesto italiano avviene circa 400 ms dopo il guasto.
8
Cabina Primaria
Protezioni e
e loro coordin
namento su reti attive e passive 17
Figu
ura 14: Soglie dei relè di minima
m e masssima fre‐ Figura 15: Soglie d
dei relè di miniima e massima
a frequenza
queenza (49,7 ‐ 50
0,3 Hz) e minim
ma e massima tensione (49
9 ‐ 51 Hz) e min
nima e massima tensione in p presenza di
(0,7
7 ‐ 1,2 p.u) in asssenza di comu unicazione. communicazione.
Protezion
ni basate sullla misura deella derivata
a di frequenzza (ROCOF)
Il relèè di derivata di frequenza misura il m
modo con cui la frequenzza varia nel tempo. Come e già det‐
to unna perdita di rete causa uun’improvvissa variazionee di frequenzza dovuta allo squilibrio ttra gene‐
razione e carico ee il monitoraggio della deerivata di frequenza ne accelera il rileevamento.
Lo sq
quilibrio tra potenza attiva e l’inerziaa del gruppo
o di generazzione sono i principali faattori che
deterrminano l’en ntità della deerivata di frequenza, seco ondo l’equazzione di equiilibrio del sisstema ro‐
tantee:
dove:
P = squilibrio traa la potenza meccanica in ingresso e la potenza eelettrica in usscita;
Pn = ppotenza nom minale del gruuppo;
f = freequenza eletttrica;
T = coostante d’ineerzia del grup
ppo.
Il valo
ore massimo o della derivvata si ha generalmente nei primi isttanti dopo l’’apertura e d di conse‐
guenza l’interven nto si verificaa immediatamente dopo o la formazio one dell’isolaa. Questo rennde i relè
ROCO OF più veloci rispetto ai rrelè di frequeenza.
Quessta caratterisstica si maniffesta, con efffetti negativi, in caso di vvariazioni di frequenza non dovu‐
te alla perdita di rrete; l’elevatta sensibilità porta a possibili scatti in
ntempestivi.
Comee tutte le teccniche di tipo o passivo, prresentano una NDZ di am mpiezza parii alle soglie d
di regola‐
zionee adottate.
18 Capitolo 1
L’uso del relè ROCOF (Rate Of Change Of Frequency) è il più comune metodo anti‐islanding utiliz‐
zato nel Regno Unito.
Protezioni basate sullo spostamento del fasore di tensione o salto di fase
A causa della perdita del contributo della rete, il generatore è chiamato a variare la propria poten‐
za erogata al fine di soddisfare al bilancio energetico.
La variazione della potenza erogata dal generatore provoca lo spostamento del fasore della ten‐
sione. Questa protezione si basa sulla misura del periodo dell’onda di tensione, il quale viene
comparato con la misura precedente. In condizioni di funzionamento in isola, la durata del perio‐
do, che risulta proporzionale alla variazione della fase, varia in ragione dello squilibrio tra genera‐
zione e carico presente prima dell’apertura.
Il relè a salto di fase generalmente ricorda il relè di frequenza, in quanto la misura dello sposta‐
mento del fasore rappresenta indicativamente una misura della frequenza. La differenza sostan‐
ziale è che i normali relè di frequenza usano un valore di riferimento fisso (50 Hz), mentre questo
metodo usa un riferimento che viene aggiornato ad ogni ciclo; esso difatti è rappresentato dalla
durata dell’ultimo ciclo.
Il relè a salto di fase è sensibile alle perturbazioni quali guasti su altri feeder o transitori sulla rete
di trasmissione e per questo è difficile da coordinare.
Protezioni basate sulle misure di flusso inverso di reattivo
Viene misurato il flusso di potenza reattiva in corrispondenza del punto di connessione del gene‐
ratore alla rete, se il flusso eccede un valore di soglia, dopo un intervallo di tempo (tempo di ritar‐
do) l’unità GD viene disconnessa.
In condizioni normali l’unità GD sta operando a fattore di potenza unitario (in accordo con
la CEI 11‐20). La richiesta di reattivo da parte del carico connesso alla rete di distribuzione viene
soddisfatta dalla rete di trasmissione e dalle capacità della linea. Dopo la perdita di rete il genera‐
tore deve fornire la potenza reattiva richiesta dal carico e non più fornita dalla rete AT, il che cau‐
sa gli estremi per l’intervento della protezione; questa esportazione di reattivo comporterà una
diminuzione di tensione.
Nascono problemi quando le capacità delle linee sono in grado di far fronte alla richiesta di reatti‐
va del carico, così facendo il generatore può continuare ad operare a fattore di potenza unitario.
Questo scenario si può verificare in presenza di lunghe linee in cavo e bassa densità di carico, con
eventualmente installate le batterie di rifasamento (caso tipico di reti rurali).
Un ulteriore e ben più limitante inconveniente del metodo basato sul flusso inverso di reattivo si
presenta in reti in cui si trovano più generatori nella porzione di rete in isola. Questo problema è
dovuto al fatto che ogni generatore avrà un proprio regolatore di tensione, con caratteristiche
specifiche. In conseguenza ad un evento, in ogni nodo della rete si manifesteranno delle oscilla‐
zioni di tensione correlabili a notevoli fattori: vicinanza da nodi di carico, vicinanza da nodi di ge‐
nerazione, etc; ne consegue che esiste una serie di combinazioni di tali fattori tale per cui i relè
posti nella protezione di interfaccia della GD potrebbero fallire il rilevamento dell’islanding.
Alla luce dei problemi di parallelo tra generatori e alla possibilità di fornitura di reattivo da parte
di altri componenti della rete, questo metodo non è ampiamente diffuso e viene tipicamente usa‐
to come protezione di riserva.
Protezioni e
e loro coordin
namento su reti attive e passive 19
ni basate sullle misure di flusso inverrso di attivo
Protezion
Il prin
ncipio è lo sttesso del mettodo precedente. Viene impiegato per quei geneeratori per i q quali non
è preevista un’esp
portazione di potenza in
n rete; la pottenza generaata è consum
mata solo dai carichi
dell’uutente. In casso di islandin
ng la potenzaa transita verso la porzio one di rete in
n isola (flusso
o inverso)
e queesta condizio one di funzionamento si rrileva facilme ente.
Quessto metodo viene appliccato solamen nte dove il carico
c dell’utente attivo
o è sempre maggiore
m
della generazionee, in questo modo un’invversione di fflusso attivo è sinonimo di funzionamento in
isola..
Figura 16
6: rete Mt con inversione di flusso sull'interfaccia AT/Mt
Protezion
ni basate sullla variazione della potenza in uscita
a
Una p perdita di reete comportaa, generalmeente, una variazione di ccarico vista d dal generatorre; moni‐
toranndo quindi laa variazione di potenza in uscita dell’unità GD, ssi ottiene un n metodo diretto per
rilevaare il fenomeeno dell’islan
nding.
Quessto sistema fornisce anch he un metod do addizionale in caso di mancato inttervento di aaltre pro‐
tezioni a fronte d di perdita di rete (per eseempio i relè di tensione e frequenza); infatti se le pertur‐
baziooni non fosseero sufficienti per lo scatto, una con nseguente vaariazione di ccarico dovre ebbe pro‐
vocarrne l’interven nto. La proteezione intervviene anche iin caso di parallelo fuori sincronismo o.
Protezion
ni basate sull confronto ttra derivate d
di frequenza
a (COROCOF))
Comee il ROCOF, ill COROCOF ssi basa sull’im mprovvisa vaariazione di ffrequenza causata dalla p perdita di
rete.
Il metodo è in graado di discriminare tra vvariazioni di ffrequenza do ovute alla peerdita di retee e varia‐
zioni dovute ai diisturbi nella rete esternaa tramite un segnale di bblocco. Il segnale viene trrasmesso
dal reelè COROCOF emettitoree a tutti i relèè COROCOF a protezionee dei generaatori, durante e una va‐
riazio
one di frequeenza in rete. Viceversa, in caso di isslanding, la vvariazione dii frequenza interessa
solo la porzione di rete conttenente i generatori e non
n l’intero sistema
s elettrico; in que
esto caso
non vviene generaato nessun seegnale di blo occo dal COR ROCOF emetttitore e i COOROCOF in prossimità
delle unità GD intervengono. Questo preesume che l’iisola formataa sia molto p piccola rispe etto al re‐
sto della rete.
C’è coomunque il rischio che la rete sia intteressata daa un transitorio di frequeenza nello stesso mo‐
mentto in cui si foorma l’isola; il segnale di blocco viene e comunquee generato e la protezion
ne fallisce
nding fintanto che la flutttuazione di ffrequenza neel resto della rete perman
nel rilevare l’islan ne.
20 Capitolo 1
Il problema può essere risolto codificando o modulando il segnale di blocco secondo quanto misu‐
rato dal COROCOF emettitore. Il COROCOF dell’unità GD effettua la misura in corrispondenza del
generatore e interviene se si registra una differenza rispetto alla misura effettuata dal COROCOF
emettitore indicata dal segnale di blocco.
Sostanzialmente, il relè confronta la derivata di frequenza della tensione ai morsetti del generato‐
re con quella del resto della rete, da cui il nome COROCOF (Comparison Of Rate Of Change Of
Frequency). Un principio simile può essere applicato anche ai relè basati sul salto di fase.
Il COROCOF dei generatori non deve poter operare prima di avere ricevuto un eventuale segnale
di blocco, perciò la soglia ed il tempo di ritardo del COROCOF emettitore deve essere minore di
quella delle protezioni dei generatori.
Questi relè devono discriminare tra fenomeni di islanding e cambiamenti di frequenza causati da
altri fenomeni. Variazioni di carico o generazione per esempio possono provocare variazioni della
fase della tensione, in corrispondenza delle unità GD, non accompagnata dal segnale di blocco.
Per evitare questo inconveniente occorre un’appropriata coordinazione della protezione.
Questa discriminazione non è così critica per il relè emettitore in quanto un errato segnale di
blocco avrebbe solo lievi conseguenze. Normalmente la connessione di un relè emettitore ad una
rete forte, dove le variazioni sono contenute e meno frequenti, riduce la generazione di segnali di
blocco errati; una corretta locazione per l’emettitore potrebbe essere la cabina primaria o un’altra
stazione a potenza prevalente.
Questa tecnica non si può considerare interamente passiva dal momento che è prevista una co‐
municazione tra la rete e le unità di generazione.
1.3.2 Protezioni anti‐islanding di tipo attivo
I metodi attivi interagiscono direttamente e di continuo con il sistema elettrico. Queste tecniche si
basano su una destabilizzazione dell’isola, la quale viene rilevata monitorando la risposta del si‐
stema ai cambiamenti creati dalla protezione.
Vengono create piccole variazioni all’uscita delle unità GD tramite opportuni controlli. Se la GD
opera in parallelo con la rete, le piccole variazioni che il metodo comporta non sono sufficienti a
far intervenire i relè; al contrario in caso di perdita della rete, le variazioni diventano significative e
la GD viene disconnessa.
I metodi attivi comunemente distorcono la tensione o iniettano corrente pulsante comportando
un (modesto) deterioramento della power quality della rete.
Queste tecniche, nonostante sopperiscano alle molte limitazioni dei metodi passivi, non garanti‐
scono completa immunità agli eventi d’islanding; non sono in grado di discriminare pienamente
questi tipi di eventi.
Di seguito sono elencati i principali sistemi di protezione anti‐islanding di tipo attivo.
Errore dell’esportazione di potenza reattiva
Questo relè interagisce con il sistema di regolazione del generatore forzandolo a generare un li‐
vello di reattivo che può essere mantenuto solo quando la rete di trasmissione è connessa.
L’intervento si ha quando c’è un errore tra il valore di reattivo esportato ed il riferimento per più
di un determinato tempo; per evitare scatti intempestivi in caso di fluttuazioni della sorgente, il
tempo di ritardo all’intervento viene scelto maggiore della durata delle possibili fluttuazioni.
Protezioni e loro coordinamento su reti attive e passive 21
Questo sistema è efficace perché può rilevare una perdita di rete anche se non c’è variazione di
carico a fronte dell’operazione di apertura.
Per converso è un sistema lento e utilizzato come protezione di riserva per sistemi più veloci.
Misura del livello di guasto
Il metodo si basa sulla continua misura dell’impedenza della rete e improvvisa riduzione del livello
di guasto in caso di funzionamento in isola.
Il calcolo dell’impedenza vista ai morsetti dell’unità GD si attua misurando la corrente e la tensio‐
ne di un induttore shunt appositamente connesso ai morsetti del generatore. Lo shunt viene con‐
nesso mediante un ponte a tiristori. Viene mandato un impulso ai tiristori appena prima del pas‐
saggio per lo zero della corrente, il che provoca un piccolo impulso di corrente nell’induttore ed
una diminuzione di tensione. La disconnessione viene valutata comparando l’impedenza misurata
con quella corrispondente ad un sistema alimentato da una rete a potenza prevalente. Il sistema
percepisce la sostanziale differenza tra il livello di guasto della rete a potenza prevalente e quello
dell’unità GD.
Questo sistema è veloce anche se è stato dimostrato che non dà risultati migliori rispetto ai relè
basati sulla misura della derivata di frequenza e del salto di fase.
Misura della derivata dell’impedenza
Una ulteriore tecnica di rilevamento della condizione di islanding si basa sulla misura
dell’impedenza vista tra due fasi, e su una particolare manipolazione di tali misure a ricavarne la
derivata.
Il ripple dell’impedenza gode di proprietà favorevoli per il rilevamento di una condizione di fun‐
zionamento in isola: la sua ampiezza, rispetto al funzionamento normale, diminuisce durante
l’islanding, anche in caso di perfetto equilibrio, e aumenta durante un guasto.
Questa peculiarità può essere utilizzata per differenziare un’islanding da un guasto, il che rende la
protezione selettiva ai disturbi esterni.
Tale approccio porta a dei tempi di intervento molto veloci, risultando efficace già nei primi istanti
dopo la perdita di rete.
1.3.3 Metodi basati su sistemi di comunicazione
Più recentemente sono stati presentati approcci alla gestione della protezione di interfaccia basati
su un accoppiamento fra i circuiti di potenza e un vettore di comunicazione, ad esempio fra la ca‐
bina primaria e gli utenti attivi ad essa sottesi. In presenza di tale comunicazione è infatti possibile
scollegare direttamente le unità GD in caso di funzionamento in isola indesiderata, oltre che im‐
plementare una serie di funzioni utili per gestire una rete attiva.
2 Capitolo 1
22
Figura 17
7: Schema gene
erale del sistem
ma di comunicaazione
1.3.4 Le
e sovratenssioni prodotte dalla GD
D
La hostin
ng capacity ((capacità di accoglimento) della rete e risulta limittata in maniera più stringente
non dalla portata deei conduttori,, ma dalla so opraelevazione di tension ne che la GDD può determ minare
nel puntto di connesssione alla reete stessa, sppecie se di apprezzabile entità e colleegata in codda a li‐
nee lungghe. La tensione sulla sbarra Mt risulta vincolata dalla regolaazione effettuata dal variatore
sotto carico del trafoo AT/Mt, perr cui la GD inn linea (qualo
ora fornisca potenza in eesubero rispe etto al
carico deella porzionee di linea a valle della GD
D medesima)) può lavorarre a tensionee più alta di q quella
presentee sulla sbarraa Mt di cabinna primaria.
Ovviameente, più, la linea è lungaa (ed in cavoo), più elevatta risulta la ttensione nell punto di co
onnes‐
sione deel generatoree locale. Nel corso dei laavori relativi alla nuova vversione della EN 50160 0, i co‐
struttori di appareccchiature hannno esplicitamente dichiarato che lee apparecchiature bt non n pos‐
sono sop pportare tennsioni superiiori al 110% (inteso comme media dei valori efficcaci su 10 minuti),
per cui tale limite no
on deve essere superato a causa dellaa GD.
di ovviare a questa fortee limitazionee e di elevare
Al fine d e in manieraa sensibile laa hosting capacity
della rette senza realizzare nuovee infrastruttuure che avrebbero assai poca giustificazione dal punto
di vista d
degli investim
menti, non eesiste altra ssoluzione chee la realizzazzione della reegolazione ddi ten‐
sione traamite la GD sstessa. Menttre per i generatori rilevaanti Mt (taglia da definire al momentto po‐
trebbe eessere fra 1 ee 3 MW) si ssta consideraando di inviaare al singolo o generatoree dei veri e p
propri
segnali ddi regolazion
ne di P e Q, per generattori bt la cossa appare arrdua ed ecceessivamente com‐
plessa dal punto di vvista tecnico
o. Si sta valutando, pertaanto, di adotttare una reggolazione "lo ocale"
della ten
nsione realizzzata come seegue:
Protezioni e
e loro coordin
namento su reti attive e passive 23
al raggiunngimento di una determinata soglia di tensione aai morsetti d del generatorre (ad es.
1,07 Vn, il generatorre passa a funzionare in
n assorbimennto di reattiivo, ad un prefissato
p
cos (ad es. 0,95). Questo può eessere realizzzato senza variare la P se il generato ore è op‐
portunam mente dimen nsionato, alttrimenti risulta necessario diminuiree la P per mantenere
costante la corrente ((il problema potrebbe esssere partico olarmente seensibile per ggenerato‐
ri connessi o realizzatti tramite invverter)
al raggiunngimento deella soglia di massima tensione V = 1 1,13 Vn, inveece, poiché q questo si‐
gnifichereebbe che il ffunzionamen nto in assorbimento di reeattivo non h ha dato i risu ultati spe‐
rati, la GD
D verrebbe d disconnessa ssenza ritardo o intenzionalle.
1.3.5
5 Il comporrtamento de
ei generato
ori diffusi du
urante i traansitori di reete
Un'altra questionne di rilievo eemersa in seede CEI è chee il sistema d
di controllo d
degli inverter potreb‐
be, in
n alcuni casi,, determinarre il distacco della GD an
nche in assennza di interveento della PII9 (distac‐
co inttempestivo),, creando, a sua volta, una possibile amplificazioone dei fenom meni transitori che si
deterrminano sulla rete.
Si vuo ole ovviare aa tutto questto richiedend do ai generaatori un comportamento espressame ente defi‐
nito iin caso di ab
bbassamento o della tensio
one vista ai m
morsetti, in ffunzione della tensione residua e
della durata dell'abbassamen nto stesso. A
A questo scop po, pare oppportuno riferrirsi a esperie
enze ma‐
turate in altri paeesi dove l'ap pporto della GD è maggiore rispetto al caso italiiano; in particolare si
sta prendendo in considerazione, con i do ovuti adattamenti, la guiida per le coonnessioni dii impianti
di geenerazione alle reti di media
m tension
ne emessa in Germania, che preved de espressamente le
presttazioni di Volltage Ride Th hrough indicaate nella Figu
ura 18.
Figura 18: C
Caratteristiche di Voltage Ride
e Trough richie
este in Germaniia
Gli appprofondimeenti condotti in sede CEII hanno riguaardato sia evventuali mod difiche alla ccurva che
tengaano conto deegli specifici cicli di richiiusura e dei tempi di eliminazione ddel guasto ad dottati in
Italia,, sia del com
mportamento o che i generratori devono o tenere nell'area al di so
opra della cu urva indi‐
cata ((per tensioni minori alla curva inferioore il generattore può speegnersi).
9
Proteezione di Interfacccia
24 Capitolo 1
Figura 19: Prestazioni richieste ai generatori
Vi sono varie scelte possibili: ad esempio, i generatori possono rimanere connessi ma senza ero‐
gare corrente, fornire corrente di cortocircuito, fornire una corrente prossima alla nominale, etc.
La proposta definita in sede CEI nel corso dei lavori sulle connessioni alla rete bt riportata in Figu‐
ra 19, in coerenza con i cicli di richiusura adottati o, eventualmente, adottabili dalla maggior parte
dei distributori in Italia, con lo schema della PI e con le regolazioni in questa impostate. (5)
1.3.6 Tecnologie di comunicazioni per le smart grid
Nell’ottica di gestione della rete con presenza di generazione distribuita la porta di comunicazione
tra utente e distributore è costituita dal contatore che una volta trasformato in uno smart meter
diventa un elemento chiave delle smart grid in grado di scambiare informazioni con il sistema in‐
formativo del distributore. I contatori elettronici di prima generazione, installati attualmente,
rappresentano un primo passo in questa direzione ma con funzionalità limitate a causa delle pre‐
stazioni molto basse della tecnologia di comunicazione utilizzata che impedisce uno scambio dati
in tempo reale.
E’ dunque importante porsi la domanda di quali siano le architetture e le tecnologie per la rete di
comunicazione più adatte alle esigenze delle smart grid dal punto dì vista di un ragionevole com‐
promesso tra costi e prestazioni. Per la parte relativa alle reti elettriche di trasporto, gli operatori
fanno uso da tempo di sistemi di controllo e gestione avanzati basati su reti di comunicazione con
collegamenti anche a lunga distanza (Wide Area Network ‐ WAN) che spesso sono possedute dagli
stessi operatori e dedicate in modo esclusivo alla rete elettrica.
Nel caso delle reti di distribuzione la situazione è molto differente per via della distribuzione capil‐
lare sul territorio dei punti da collegare che richiede un'infrastruttura di rete di comunicazione
molto più estesa e, ovviamente, più costosa.
In questa porzione periferica della rete elettrica di crescente importanza per le future smart grid,
appare meno giustificato il ricorso a reti dedicate e molto più economicamente sostenibile un uti‐
lizzo, almeno parziale, di infrastrutture di comunicazione condivise con altri servizi. Lo sviluppo
delle reti di comunicazione nell'ultimo decennio ha mostrato una tendenza precisa di trasforma‐
zione dallo scenario di infrastrutture e tecnologie eterogenee dedicate a servizi specifici verso una
Protezioni e
e loro coordin
namento su reti attive e passive 25
conveergenza di tuutti i servizi ssu piattaform
me di comun
nicazione bassate su IP (In
nternet Proto
ocol) e la
suite di protocollii di Internet.
Servizzi tradizionaalmente forn
niti su reti dedicate, com
me ad esempio la telefoonia, sono oggi quasi
comp pletamente b basati su IP ((VOIP), menttre altri come la TV sono o avviati ad uun rapido pro ocesso di
trasfo
ormazione (IPTV). Uno d dei vantaggi cconsentito d dalla tecnologgia IP è la po
ossibilità di u
utilizzo di
tecnoologie di com municazione di tipo etero ogeneo a liveello di singolo
o collegamento o di sotttorete (fi‐
bra o
ottica, ponti rradio, WiFi, W WiMax, PLC,, ecc), ma co on un'unica tecnologia di rete in grad do di sup‐
portaare le applicaazioni più divverse senza bisogno di adattamento ai protocolli di comunicazione di
bassoo livello.
Dal punto di vista dei p protocolli di comunicazio one, le appliicazioni dellee reti di distrribuzione
possoono essere aggiunte
a a quelle
q già supportate dalle piattaforme IP, con ll'utilizzo di protocolli
p
appliccativi standaard, come già in parte avvviene nelle reti di trasporto (Figura 20). Il proto ocollo IEC
61850, già in uso o per i sistem mi di automaazione delle sottostazion ni, può rapprresentare un na piatta‐
formaa di sviluppo o anche per aaltre applicazioni legate alle reti di distribuzione.. È tuttavia im mportan‐
te sottolineare co ome l'uso dii protocolli aapplicativi co omuni sia solo uno degli elementi ch hiave per
conseentire lo svilluppo velocee di servizi e
e di apparatii interoperab
bili. Piattaforme softwarre aperte
per sistemi distrib buiti che offrrano interfaccce programmabili (comu unemente in ndicate con il termine
di middleware) so ono il presup pposto fondaamentale per rimuovere le barriere cche impedisccono l'ac‐
cesso
o ad una plurralità di sogggetti in grado o di svilupparre applicazioni e servizi in n modo competitivo.
Figura 20: Prottocolli usati nelle reti di trasp
porto
Sia neel caso di retti di comuniccazione dediccate, sia nel caso di reti ccondivise con altri servizi, l'aspet‐
to deelle prestazio oni e della qualità
q del seervizio deve essere valu
utato accurattamente in relazione
alle aapplicazioni d da supportare. A differeenza del caso di trasporto dove vi è un
o delle reti d na preva‐
lenzaa di servizi critici che richiedono al sisstema di com municazione affidabilità ee prestazioni elevate,
nelle reti di distrribuzione è prevedibile
p la convivenza di applicazzioni con esiigenze diverrse e me‐
diamente con req quisiti di qualità meno stringenti.
È posssibile dividere le applicaazioni per sm
mart distributtion grid in trre classi: monitoraggio, ccontrollo,
e prootezione/sicuurezza. Le ap pplicazioni dii monitoragggio e raccoltaa dati da sennsori di vario
o tipo po‐
sti in rete sono tiipicamente q quelle meno o critiche dal punto di vissta della communicazione per quel
che riguarda il rittardo di trasfferimento e l'affidabilità, ma spesso sono anche quelle che ggenerano
la maaggior mole di dati e chee impongono o vincoli di ddimensionam mento in term mini di capaccità com‐
2 Capitolo 1
26
Figura 21: Possibile struttura a liivelli della rete
e
Wide Area Network (WAN): reti e collegamenti a lunga distanza di tipo dedicato o condi‐
viso per il collegamento con centri di gestione e controllo regionali o nazionali. (6)
Capitolo 2
Regole di connessione alle reti Mt/bt
2.1 La nuova Norma CEI 0‐16
Su impulso AEEG (Autorità per l’energia elettrica ed il gas), il CEI ha attivato un opportuno gruppo
di lavoro (Gdl 136) composto da rappresentanti degli utenti, dei distributori, del gestore della rete
di trasmissione nazionale e dei costruttori professionisti, la cui funzione era quella di redigere una
norma che regolamentasse i criteri tecnici di connessione di utenti attivi e passivi alla rete di di‐
stribuzione o in alcuni casi di trasmissione. Successivamente tramite una duplice inchiesta pubbli‐
ca è stata approvata la Norma CEI 0‐16 la quale è la regola tecnica di riferimento in sostituzione
delle singole regole tecniche delle imprese distributrici.
Il 06 agosto 2008 è stata pubblicata la seconda edizione della CEI 0‐16 che contiene numerosi
chiarimenti esplicativi. La Norma, oltre a contenere le prescrizioni tecniche, fornisce elementi che
illustrano le motivazioni che hanno condotto alla formulazioni della regola tecnica e, in qualche
caso, presenta le caratteristiche di “linea guida” per meglio delineare l’ambito in cui esse vengono
definite e per mettere gli utenti in condizioni di poter scegliere come e dove connettersi alla rete.
Per quest’ultimo aspetto, la CEI 0‐16 rappresenta un’indubbia innovazione rispetto alla normativa
tecnica nazionale di tipo impiantistico.
La Norma è divisa in 8 parti fondamentali:
1) Oggetto, scopo e definizioni
2) Caratteristiche degli utenti, delle reti, dei criteri per la scelta del livello di tensione e
degli schemi di connessione alle reti AT ed MT
3) Regole di connessione alle reti AT
4) Regole di connessione alle reti MT
5) Disposizioni per Utenti attivi e passivi, AT ed MT, per la compatibilità elettromagnetica
(EMC), misura della continuità e qualità della tensione
6) Regole di connessione tra reti di distribuzione
7) Sistemi di misura dell’energia
8) Contratto per la connessione, obblighi informativi e documentazione
In più sono presenti 7 allegati che meglio precisano le scelte descritte
A. (informativo) Coordinamento delle protezioni e degli automatismi di rete con le pro‐
tezioni degli impianti di utenza
B. (normativo) Requisiti minimi di DG e SPG10 per gli impianti Mt esistenti, Dichiarazione
di adeguatezza
10
Sistema di Protezione Generale
30 Capitolo 2
C. (normativo) Caratteristiche del Sistema di Protezione Generale per reti AT
D. (normativo) Caratteristiche del Sistema di Protezione Generale (SPG) per reti Mt
E. (normativo) Caratteristiche del Sistema di Protezione di Interfaccia (SPI)
F. (informativo) Potenza di cortocircuito nel punto di connessione
G. (informativo) Informazioni da fornire circa la funzionalità e le regolazioni del SPG
Gli impianti costruiti secondo le norme CEI si ritengono allineati con la regola d’arte, ma
l’adozione delle Norme CEI non è strettamente obbligatoria. La CEI 0‐16, tuttavia, oltre a que‐
sto, costituisce un allegato di una delibera dell’AEEG (Delibera ARG/elt33/08) ha quindi diret‐
tamente valore vincolante nella installazione di impianti (AT) e Mt connessi alle reti di distribu‐
zione (tutte le reti con Vn > 1 kV non TERNA).
Per quanto riguarda il campo di applicazione essa si applica ai nuovi utenti che anno richiesto
una nuova connessione (dopo 1 settembre 2008) oppure che hanno richiesto dopo tale data
uno spostamento fisico del punto di consegna all’esterno dell’area all’impianto di rete per la
consegna. Per quanto riguarda, invece, gli utenti già esistenti essa si applica nei casi di seguito
riportati:
subentro superiore a 1 anno (adeguamento del solo SPG);
sostituzione del DG oppure del SPG (adozione di un DG/SPG conforme alla norma 0‐
16);
aumento dell’estensione di rete utente Mt tale da richiedere la protezione direzionale
di terra 67N (adeguamento del solo SPG);
aumento della potenza o nuova installazione dell’impianto di produzione ≥ 50 kW (a‐
deguamento SPI e SPG);
utenti con P < 400 kW che, dopo il 1/9/08, richiedano aumenti di P ≥ 100 kW anche
dilazionati nel tempo (ad eccezione di quelli con requisiti semplificati: unico trasforma‐
tore ≤ 400 kVA, lunghezza cavo DG‐trafo ≤ 20 m, manutenzione secondo CEI 0‐15);
utenti con P > 400 kW che, dopo il 1/5/08, richiedano aumenti di P ≥ 100 kW anche
dilazionati nel tempo oppure a neutro compensato o successivamente al 1/9/08 (ade‐
guamento del solo SPG). (3)
2.2 Caratteristiche generali delle reti Mt
Per quanto riguarda il sistema elettrico italiano nelle reti Mt sono maggiormente diffusi due valori
di tensione di esercizio: 15 kV e 20 kV con presenza di alcune porzioni esercite con differenti livelli
(23 kV, 9 kV, etc), tutte a frequenza nominale di 50 Hz. Essa è gestita prevalentemente con neutro
messo a terra tramite impedenza costituita da reattanza induttiva e resistenza o da semplice resi‐
stenza. Alcune porzioni di reti Mt, attualmente non trascurabili, sono esercite a neutro isolato.
Le reti Mt di distribuzione sono generalmente esercite in modo radiale e sono solitamente con‐
troalimentabili. Nelle reti con possibilità di controalimentazione esistono collegamenti usualmen‐
te aperti, che vengono riconfigurati in caso di guasti per assicurare la continuità del servizio. Per i
singoli punti di connessione il distributore deve indicare la tensione dichiarata e il relativo campo
di variazione in accordo alla Norma CEI EN 50160.
Regolle di connesssione alle retti Mt/bt 31
Figura 22: D
Distribuzioni cliienti Mt in Italiia
2.3 C
Criteri per la scelta del livello di ttensione e d
dello schem
ma di collegaamento (re
eti Mt)
I vinccoli da garan
ntire qualoraa si debba co
onnettere unn impianto aalla rete sono quelli di avere una
continuità del serrvizio, una elevata poweer quality è u
un eccellentee affidabilità e sicurezza del siste‐
ma. SSi deve fare p
particolare attenzione duunque nella sscelta di:
schem
mi di connesssione,
configgurazione deggli impianti d
di consegna,
• struttura d del collegamento,
• organi di m manovra sistemi di misurra,
• protezionee e controllo o.
Comee primo passso da effettu uare si scegliie il livello di tensione in
n funzione deel punto della rete di
distribuzione al quale l’utentee può esseree connesso in n relazione alla tipologia,, taglia ed essigenze di
eserccizio dell’imp
pianto. Si passsa quindi alla scelta del tipo d’inserimento (entra‐esci, ante enna etc.)
e successivamentte alla scelta dello schem ma di connesssione (sistem mi di sbarra ee organi di mmanovra e
d’inteerruzione, in relazione alla manutenzzione e al sistema di prottezione dellaa rete).
Tabella 3
3: Soluzioni di ccollegamento iindicative per la connessione alle reti di disttribuzione Mt
32 Capitolo 2
Gli schemi di principio inerenti l’inserimento nella rete del distributore degli impianti di connes‐
sione sono riportati nella Figura 23 (dove a sinistra è illustrata la situazione prima della connessio‐
ne e a destra la situazione dopo la connessione del nuovo utente).
Inserimento in entra‐esce su linea esistente (schema A)
Per entra‐esce, s’intende l’inserimento di un impianto di rete per la connessione in prossimità di
una linea preesistente, in modo da generare due soli tratti di linea afferenti a due cabine seconda‐
rie distinte. Tale schema consente, generalmente, la rialimentazione dell’utente offrendo una
maggiore continuità del servizio.
Inserimento in antenna da stazione AT/Mt (schema B1)
L’inserimento prevede la realizzazione di una linea alimentata direttamente dalla Stazione AT/Mt
al fine di consentire la connessione di un’utenza. Tale tipologia d’inserimento può essere adottata
qualora gli schemi d’inserzione lungo una linea esistente non siano ammissibili dal punto di vista
tecnico. Il locale dedicato all’impianto di rete per la consegna deve poter ospitare le apparecchia‐
ture per un’eventuale adozione successiva dell’inserimento in entra‐esce.
Inserimento in antenna da cabina Mt/bt (schema B2)
Per inserimento in antenna da cabina Mt/bt, s’intende l’inserimento di un impianto di rete per la
connessione tramite un tratto di linea connesso alle sbarre Mt di una cabina di distribuzione esi‐
stente. Il locale dedicato all’impianto di rete per la connessione deve poter ospitare le apparec‐
chiature per un’eventuale adozione successiva dell’inserimento in entra‐esce.
Regole di connessione alle reti Mt/bt 33
Figura 23: Schemi di inserimento dell'impianto di utente.
Legenda: D = impianto di rete per la consegna; M = misura; U = impianto di Utente per la connessione; A = cabina
aggiunta nell’ambito dell’impianto di rete per la connessione.
34 Capitolo 2
Inserimento in antenna con O.d.M. (eventualmente in cabina aggiunta) lungo una linea
esistente (schema C)
Per inserimento in antenna con organo di manovra (O.d.M.) (eventualmente in cabina aggiunta,
part. A in Figura 23) lungo una linea esistente, s’intende il collegamento di un impianto di rete per
la connessione tramite l’inserimento di un O.d.M. in prossimità di una linea preesistente. A partire
da O.d.M., si prevede una linea dedicata all’alimentazione di un’utenza. L’eventuale locale dedica‐
to all’O.d.M. deve poter ospitare le apparecchiature per una possibile adozione successiva
dell’inserimento in entra‐esce.
Inserimento in derivazione rigida a T su una linea esistente (schema D)
Per inserimento rigido a T, s’intende l’inserimento mediante una derivazione da una linea Mt esi‐
stente di un tratto di linea con il solo interruttore in corrispondenza dell’impianto di rete per la
connessione. Tale schema è il più semplice ed il meno oneroso, ma riduce l'affidabilità delle reti;
esso offre inoltre una continuità del servizio inferiore. L’eventuale connessione a T rigida è da in‐
tendersi come eccezionale.
A prescindere dalla soluzione di connessione prescelta, per l’impianto di consegna si ha
sempre la situazione impiantistica di Figura 24. A partire dal cavo Mt a valle del punto di conse‐
gna, la figura indica lo schema dell’impianto di utenza per la connessione. Con riferimento alla
suddetta figura, la cabina di consegna è la cabina realizzata per connettere l’impianto dell’utente.
La disposizione delle apparecchiature di misura è riferita al caso generale di utente passivo; nel
caso di utenti attivi, qualora i dispositivi per la realizzazione della misura siano di pertinenza
dell’utente stesso (punto di immissione), essi devono essere collocati appena a valle del dispositi‐
vo generale, in posizione tale da essere protetti (contro le correnti di guasto provenienti dalla re‐
te) dal dispositivo generale medesimo (Figura 25).
Legenda:
D = locale di consegna;
M = locale misura
U = locale Utente
SL = scomparto (cella) per linea
SC = scomparto (cella) per consegna
C = punto di consegna
1 = gruppo misura
2 = dispositivo generale dell’Utente
3 = scomparto presente/da prevedere per col‐
legamento in entra ‐ esce
Figura 24: Schema di collegamento fra la cabina consegna e impianto di utente passivo.
Regole di connessione alle reti Mt/bt 35
Legenda:
D = locale di consegna;
M = locale misura
U = locale Utente
SL = scomparto (cella) per linea
SC = scomparto (cella) per consegna
C = punto di consegna
1 = gruppo misura
2 = dispositivo generale dell’Utente
3 = scomparto presente/da prevedere per col‐
legamento in entra ‐ esce
Figura 25: Schema di collegamento fra la cabina consegna e impianto di utente attivo.
2.3 Regole tecniche di connessione comuni a tutte le categorie di utenti
Nell’ambito dell’impianto di rete per la connessione, l’impianto per la consegna è essenzialmente
costituito dalle apparecchiature di manovra e sezionamento del distributore; sulla stessa sbarra
Mt facente parte dello stesso, può essere prevista la predisposizione per la realizzazione della de‐
rivazione di un trasformatore Mt/bt (cabina secondaria) funzionale all’attività del distributore (ad
esempio, distribuzione pubblica in bassa tensione bt). In tal caso, la messa a disposizione degli
spazi necessari alle attività del distributore non direttamente funzionali alla connessione
dell’utente deve essere oggetto di appositi accordi. Inoltre il distributore deve collegare il neutro
bt del trasformatore ad un impianto di terra separato da quello dell’utente, a meno che:
l’impianto faccia parte di un impianto di terra globale, oppure
gli schermi metallici dei cavi Mt del distributore siano connessi all’impianto di terra
dell’utente.
L’impianto di rete per la consegna è di norma installato in un locale messo a disposizione
dall’utente, il cui accesso è riservato esclusivamente al personale operativo del distributore.
L’impianto dell’utente deve essere sempre sezionabile dal resto della rete, come da Figura 25.
Pertanto, il dispositivo di sezionamento, comando e interruzione installato dal distributore in
prossimità del punto di consegna deve avere caratteristiche tecniche minime conformi alle pre‐
scrizioni della Norma CEI EN 60265.
Gli impianti d’utenza per la connessione debbono risultare collegati alla rete attraverso alcuni dei
dispositivi di sezionamento e interruzione visti nei capitoli precedenti. In particolare sono sempre
necessari il sezionatore generale e l’interruttore generale; se l’impianto fosse di tipo attivo allora
sarebbero necessari ulteriori dispositivi specificati nel paragrafo 2.5.1.
La separazione tra utente e distributore, in termini di responsabilità nell'esercizio, con rife‐
rimento alle attività di conduzione e manutenzione dell’impianto di connessione, deve essere ben
individuabile sugli schemi e ben visibile in sito.
Qualora il collegamento Mt sia eseguito tramite cavo le norme specificano che, comprese le due
terminazioni, esso deve essere il più corto possibile (massimo 20 m) e di sezione almeno equiva‐
lente a 95 mm2 di rame. Qualora non sia possibile la realizzazione dei locali di consegna e di uten‐
te in strutture adiacenti, è ammesso (previo consenso del distributore) derogare dalla presente
prescrizione purché si impieghi un cavo in tratta unica con protezione meccanica addizionale (vedi
Norma CEI 11‐17).
36 Capitolo 2
I valori massimi di regolazione del dispositivo di protezione generale richiesti dal distributore non
hanno il fine di proteggere l’impianto di utente, bensì di assicurare la massima selettività possibile
con le protezioni di rete.
Quando siano previsti punti di consegna multipli e/o altre alimentazioni elettriche di me‐
dia o di bassa tensione, derivate da gruppi di generazione di riserva (ad es. gruppi elettrogeni) e/o
da gruppi statici di continuità, alternative a quella principale, devono essere previsti dall’utente
opportuni interblocchi, tra gli organi di manovra delle reti per evitare il funzionamento in parallelo
di distinti sistemi elettrici. Allo scopo di evitare interruzioni del servizio durante il cambio di asset‐
to della rete, previo accordo tra il distributore e l’utente, è ammesso il parallelo transitorio fra
l’alimentazione di riserva (ad es. gruppi elettrogeni) e la rete, realizzabile unicamente con un si‐
stema automatico che verifichi che la durata del funzionamento in parallelo delle diverse alimen‐
tazioni sia la più breve possibile e comunque, alle condizioni previste dalla Norma CEI 11‐20. Nel
caso in cui l’utente sia dotato di gruppi statici di continuità per servizi non interrompibili di un cer‐
to rilievo (trifasi di potenza complessiva superiore a 10 kW), si deve evitare che tali apparecchia‐
ture possano, anche transitoriamente, mantenere in tensione la rete. La separazione di tali appa‐
recchiature dalla rete deve essere garantita da un dispositivo di interfaccia capace di assicurare il
sezionamento rispetto alla rete ed il cui sganciatore di apertura sia asservito alle protezioni pre‐
scritte dalla Norma CEI 11‐20.
Il distributore, all’atto della richiesta di connessione, deve comunicare il limite alla potenza
massima del singolo trasformatore e/o di più trasformatori in parallelo sulla stessa sbarra bt riferi‐
ta alle tensioni di cortocircuito tipiche riportate nella Norma CEI EN 60076‐5 (ucc = 6% per tra‐
sformatori con potenza nominale maggiore di 630 kVA), che l’utente può installare nel proprio
impianto al fine di evitare l’intervento della protezione di massima corrente installata sulla linea
Mt che lo alimenta in caso di cortocircuito sulle sbarre bt del trasformatore.
Al fine di limitare le inrush current le norme prevedono una potenza massima installata riferita ad
ogni livello specifico di tensione; questo anche se si hanno sbarre bt separate.
In caso di installazione di trasformatori di potenza complessiva eccedente la predetta potenza li‐
mite, si devono prevedere nel proprio impianto opportuni dispositivi al fine di evitare la contem‐
poranea energizzazione di quei trasformatori che determinano il superamento delle limitazioni
suddette. Tali dispositivi devono intervenire in caso di mancanza di tensione superiore a 5 s e
provvedere alla rienergizzazione dei trasformatori secondo quantità complessive non superiori ai
limiti sopra determinati, con tempi di rientro intervallati di almeno 1 s.
Qualora i trasformatori, pur rispettando i limiti sopra previsti (in termini di numero e potenza no‐
minale), diano luogo a una complessiva corrente di energizzazione tale da provocare l’apertura
del dispositivo generale per effetto dell’attivazione della soglia di massima corrente, è possibile
prevedere un blocco della suddetta soglia basato sull’individuazione della seconda armonica. La
presenza di tale blocco di seconda armonica non deve comunque inficiare le prestazioni richieste
alla PG in termini di rapidità di intervento.
2.4 Regole tecniche di connessione per gli utenti passivi
Nella configurazione più comune per la connessione delle utenze le norme prevedono due schemi
di seguito riassunti:
Regole di connessione alle reti Mt/bt 37
Schema con singolo montante (caso generale applicabile a tutti gli utenti)
Per gli impianti connessi in Mt, gli impianti d’utenza per la connessione consistono in:
– cavo di collegamento;
– dispositivo/i generale/i (DG).
Gli schemi di Figura 24 e Figura 25 mostrano come il cavo di collegamento e la parte di rete Mt a
monte del primo dispositivo di protezione dell’utente siano protetti dall’interruttore del distribu‐
tore posto in cabina primaria.
Lo schema prescritto dalle CEI 0‐16 da adottare per la generalità delle utenze per il quadro Mt
immediatamente a valle del cavo di collegamento è riportato in Figura 26.
DG
Figura 26: Schema di impianto di utenza per la connessione (caso generale)
A seconda delle necessità protettive, è necessario completare lo schema con una terna di TV.
Qualora tali TV siano derivati dalle sbarre Mt a monte dell’interruttore automatico o dei TA di fa‐
se, essi dovranno essere protetti, lato Mt, con un sezionatore IMS combinato con fusibili (In ≤ 6,3
A) a protezione del primario dei TV; qualora invece i TV siano derivati a valle del dispositivo gene‐
rale e del TA di fase, non vi sono vincoli circa la protezione primaria dei TV medesimi.
A prescindere dalla posizione della terna di TV, l’intervento di eventuali fusibili primari e/o di e‐
ventuali protezioni del circuito secondario deve in ogni caso provocare l’apertura del dispositivo
generale, oppure la commutazione della funzione della protezione 67N (protezione direzionale
per guasto a terra) in 51N (protezione di massima corrente omopolare), mantenendo i medesimi
valori impostati relativi alle soglie di intervento di corrente omopolare. Il ripristino della protezio‐
ne 67N deve essere effettuato nel più breve tempo possibile (tempo minimo necessario alla sosti‐
tuzione dell’elemento guasto) in modo da evitare scatti intempestivi in caso di guasto monofase a
terra esterno alla rete dell’utente. Qualora i TA di fase non abbiano un avvolgimento primario (ad
esempio, TA di tipo toroidale), gli stessi possono essere installati a monte del DG, in posizione
analoga a quella indicata per il TA toroidale omopolare.
38 Capitolo 2
Nel caso di impiego di trasformatori di corrente di fase di tipo non convenzionale integrati nel di‐
spositivo generale, il loro posizionamento può essere a monte o valle del dispositivo di interruzio‐
ne.
Schema con doppio montante MT dalla sbarra principale
Nel caso di impianto Mt passivo con due soli montanti di carico, le funzioni normalmente attribui‐
te al dispositivo generale sono assolte dagli interruttori attestati alla sbarra utente (dispositivi di
montante).
Per quanto attiene il cavo di collegamento, in una simile configurazione si intende che tale cavo
abbia termine ai morsetti di monte del primo sezionatore di Figura 27.
Figura 27: Schema di impianto di utenza per la connessione di un impianto passivo con due montanti Mt dalla sbarra
principale
Per quanto riguarda TA, TV e le loro protezioni valgono le stesse regole tecniche dello schema a
singolo montante.
Qualora si adotti questa soluzione, la necessità di ottenere la protezione contro il sovracca‐
rico dell’impianto utente (soglia presente a richiesta del distributore) viene ottenuta sommando i
segnali secondari dei TA di fase dei due montanti. In alternativa, la protezione da sovraccarico può
essere anche realizzata con i relé che equipaggiano ciascun dispositivo di montante, imponendo
che la somma delle soglie di sovraccarico di ciascun relé (ottenuta tramite opportuni TA somma‐
tori) rispetti i vincoli imposti dal distributore. Con riferimento allo schema di Figura 27, il seziona‐
tore generale deve essere interbloccato con la posizione di “aperto” di entrambi gli interruttori
automatici a valle, ovvero deve consistere in un interruttore di manovra sezionatore manovrabile
sottocarico. Sempre in questo caso, con i due trasformatori in parallelo sul lato bt, sarà necessario
prevedere opportuni interblocchi e asservimenti tra gli interruttori Mt e bt di ciascun trasformato‐
re, per evitare di avere in tensione il lato Mt di un trasformatore a mezzo del collegamento in pa‐
rallelo sulla bt. Nella figura, le linee a tratto pieno rappresentano la soluzione con TV di sbarra; le
Regole di connessione alle reti Mt/bt 39
linee tratteggiate rappresentano la soluzione con due terne di TV protette dal rispettivo interrut‐
tore. In questo ultimo caso, non sono da prevedere i TV di sbarra.
La configurazione a doppio montante esplica maggiormente le funzioni di selettività, e qualora
l’impianto a valle sia un doppio radiale, si ottiene la selettività completa, infatti per un guasto sul‐
la linea 1 la linea 2 prosegue ad alimentare il carico (Figura 28).
Figura 28: Guasto su linea 2
Oltre alle soluzioni illustrate nei punti precedenti le norme prevedono altre soluzioni tecniche che
vengono di seguito riportate:
Impianto passivo con linea in antenna
Qualora un impianto passivo di potenza impegnata superiore a 3 MW non rientrasse nei vincoli
normalmente imposti agli utenti in fase di connessione, può essere valutata l’alimentazione dello
stesso mediante linea in antenna. In questo caso, di concerto con il distributore, possono essere
superate le restrizioni circa:
– la consistenza di ciascuna sezione di trasformazione Mt/bt installabile;
– la potenza massima complessiva di trasformatori Mt/bt installabili;
– il tempo necessario per garantire selettività di intervento delle protezioni dell’utente rispetto
alle protezioni di rete.
Soluzione proposta per la connessione dei piccoli utenti
Per quanto riguarda i piccoli utenti fino al 2004 (prima del 2° periodo regolatorio AEEG, che ha in‐
trodotto la regolazione del numero di interuzzioni lunghe), per utenti Mt con impianti “semplici”
(un solo trasformatore ≤ 400 kVA e cavo collegamento “corto”) era possibile utilizzare come DG e
PG IMS11 con fusibili. Tale soluzione risultava semplice ed economica rispetto all’impiego di un
interruttore automatico.
Dal punto di vista dell’utente, la presenza dei fusibili poteva garantire un’ adeguata protezione
dei trasformatori Mt/bt nei confronti di sovracorrenti elevate e non richiedeva la presenza di una
alimentazione ausiliaria per SPG. Per contro, non proteggendo contro i guasti a terra, risultava
tecnicamente accettabile in assenza di una regolazione del numero di interruzioni lunghe, che
prevede il sanzionamento del distributore in caso di superamento di determinati limiti fissati
dall’AEEG stessa.
Dal 2004, per tutti i nuovi clienti Mt, era obbligatorio un interruttore con protezione di massima
corrente e contro i guasti monofase a terra. Gli IMS finora installati non sono in grado di aprire la
corrente capacitiva verso terra, né possono essere equipaggiati con una protezione adeguata. La
11
Interruttore di Manovra e Sezionamento
40 Capitolo 2
selezione del guasto monofase a terra all’interno dell’impianto degli utenti verrebbe lasciata ai
soli dispositivi di rete del distributore: in caso di guasto monofase a terra all’interno dell’impianto
utente con fusibili, si avrebbe lo scatto definitivo della protezione di linea del distributore, con
pagamento di indennizzi, da parte del distributore stesso.
La CEI 0‐16 ammette un nuovo IMS capace di aprire le correnti verso terra fino all’intervento dei
fusibili che proteggono l’IMS stesso. La soluzione è, comunque, limitata a fusibili con In fino a 25 A
(Figura 29) ed un solo TR Mt/bt, fino a 400 kVA; per contro Il fusibile potrebbe intervenire intem‐
pestivamente. La sostituzione con uno con In superiore potrebbe portare alla distruzione dell’IMS
in caso di guasto a terra. Per cortocircuito tra le fasi, il fusibile interviene in tempi ridotti: non apre
l’interruttore di cabina primaria e si riducono i buchi di tensione.
Figura 29: Fusibili con In=25 A
Limiti di scambio di potenza reattiva
Il regime di scambio della potenza reattiva deve consentire di mantenere la tensione su tutta la
rete Mt e su tutte le reti bt sottese entro il campo prescritto dalle norme (± 10% della tensione
nominale di fornitura). Pertanto, in determinate situazioni di rete può essere necessario adottare
un regime di scambio della potenza reattiva diverso da quello indicato dalle autorità preposte e
dalle normative vigenti. Ad ogni modo detto regime deve essere concordato con il distributore.
2.5 Regole tecniche di connessione per gli utenti attivi
Nel caso di utenti attivi oltre alle prescrizioni generali relative alle protezioni da adottare viste nel
paragrafo 2.4 si devono rispettare anche altre regole tecniche previste sempre delle norme CEI e
di seguito riassunte.
Limiti alla totale potenza generata nelle reti Mt
La complessiva potenza di generazione che è possibile connettere alla rete Mt sottesa a ciascuna
interfaccia AT/Mt senza introdurre modificazioni strutturali alla medesima, è limitata dalla proba‐
bilità che si verifichino inversioni del flusso di potenza, rispetto al naturale funzionamento che
prevede un transito di potenza dall’alta alla media tensione. Qualora le situazioni di funzionamen‐
to in cui il suddetto transito risulti invertito superino una percentuale significativa del complessivo
tempo annuo di funzionamento (5%), è necessario equipaggiare la cabina primaria e le linee AT ad
essa afferenti con opportuni dispositivi di protezione e controllo che consentano un sicuro eserci‐
zio della rete stessa quale rete “attiva”. Il distributore deve indicare i dispositivi necessari a tale
scopo (ad es. regolatori di tensione modificati, dispositivi per il controllo di parallelo, dispositivi di
protezione per la rilevazione dei guasti di sbarra AT, ecc).
Uno schema tipico di connessione di un utente attivo è quello riportato in Figura 12
Regole di connessione alle reti Mt/bt 41
Condizioni di funzionamento dell’impianto di produzione
Il funzionamento di un impianto di produzione in parallelo alla rete di distribuzione è subordinato
a precise condizioni tra le quali in particolare:
– il regime di parallelo non deve causare perturbazioni al servizio sulla rete di distribuzione, al fine
di preservare il livello di qualità del servizio per gli altri utenti connessi;
– il regime di parallelo deve interrompersi immediatamente ed automaticamente in assenza di a‐
limentazione della rete di distribuzione o qualora i valori di tensione e frequenza della rete stes‐
sa non siano compresi entro i valori comunicati dal distributore;
– in caso di mancanza tensione o di valori di tensione e frequenza sulla rete di distribuzione non
compresi entro i valori stabiliti dal distributore, il dispositivo di parallelo dell'impianto di produ‐
zione non deve consentire il parallelo con la rete stessa.
Allo scopo di garantire la separazione dell’impianto di produzione dalla rete di distribuzione in ca‐
so di perdita di rete deve essere installato, oltre ai dispositivi previsti nel paragrafo 2.4, un ulterio‐
re dispositivo, detto Dispositivo di Interfaccia (DDI)12. Il sistema di protezione di interfaccia (SPI),
agendo sul DDI, separa l'impianto di produzione dalla rete di distribuzione evitando che:
– in caso di mancanza dell'alimentazione sulla rete, l’utente possa alimentare la rete stessa;
– in caso di guasto sulla linea Mt cui è connesso l’utente attivo, l’utente stesso possa continuare
ad alimentare il guasto;
– in caso di richiusure automatiche o manuali di interruttori della rete di distribuzione, il genera‐
tore possa trovarsi in discordanza di fase con la rete con possibilità di danneggiamento meccani‐
co del generatore stesso.
In particolari situazioni di carico della rete di distribuzione, l’intervento del SPI e la conseguente
apertura del DDI potrebbero non avvenire in caso di mancanza dell'alimentazione di rete o di gua‐
sti sulla rete. Pertanto l’utente attivo deve mettere in atto tutti gli accorgimenti necessari alla sal‐
vaguardia dei propri impianti che devono resistere alle sollecitazioni meccaniche causate dalle
coppie elettrodinamiche conseguenti alle richiusura automatica rapida degli interruttori di linea.
2.5.1 Dispositivi previsti per il parallelo rete
I dispositivi aggiuntivi necessari per il parallelo rete di un utente attivo devono essere:
– dispositivo d’interfaccia, in grado di assicurare sia la separazione di una porzione dell’impianto
dell’utente (generatori e carichi privilegiati) permettendo il loro funzionamento in modo isolato,
sia il funzionamento dell’impianto in parallelo alla rete;
– dispositivo di generatore in grado di escludere dalla rete i soli gruppi di generazione singolar‐
mente.
È ammesso che, in relazione al particolare schema di impianto dell’utente, più funzioni siano as‐
solte dallo stesso dispositivo, purché fra la generazione e la rete di distribuzione siano sempre
presenti due interruttori in serie tra loro o, in alternativa, un interruttore e un contattore. Il co‐
mando d’apertura del dispositivo generale, d’interfaccia e di generatore deve poter essere effet‐
tuato sia manualmente da un operatore sia automaticamente dalle protezioni dell’utente.
I suddetti dispositivi, ai fini delle caratteristiche di sezionamento, comando e interruzione, devono
seguire le prescrizioni delle Norme CEI 64‐8, CEI 11‐1 e CEI 11‐20 per quanto applicabili.
12
Il dispositivo DDI serve a separare l’impianto di produzione dalla rete.
42 Capitolo 2
La scelta di questi dispositivi deve essere fatta con riferimento alle grandezze nominali del sistema
in cui sono installati; in particolare, per quanto si riferisce alla corrente di breve durata ed ai pote‐
ri di interruzione e di stabilimento, questi devono essere proporzionati alla corrente presunta di
cortocircuito nel punto di installazione, tenendo conto che a tale corrente possono contribuire la
rete di distribuzione, gli impianti di produzione dell’energia ed i motori in servizio.
Dispositivo di Interfaccia (DDI)
Nell’ambito dell’impianto di utenza di un utente attivo, il dispositivo di interfaccia, a seconda del
livello di tensione su cui è installato, può essere costituito nelle modalità di seguito riportate. Qua‐
lora il DDI sia installato sul livello Mt, esso deve essere costituito da:
– un interruttore tripolare in esecuzione estraibile con sganciatore di apertura a mancanza di ten‐
sione, oppure;
– un interruttore tripolare con sganciatore di apertura a mancanza di tensione e due sezionatori
installati uno a monte e uno a valle dell’interruttore.
Qualora il DDI sia installato sul livello bt, esso deve essere costituito da un interruttore automatico
con bobina di apertura a mancanza di tensione manovrabile dall’operatore, ovvero da un contat‐
tore combinato con fusibili conforme alla Norma CEI EN 60947‐4‐1 (categoria AC‐1 o AC‐3 rispetti‐
vamente in assenza o presenza di carichi privilegiati fra l’uscita in c.a. del sistema di generazione e
dispositivo di interfaccia).
Per impianti con più dispositivi di generatore, il dispositivo di interfaccia (qualora installato al livel‐
lo Mt) deve essere unico e tale da escludere contemporaneamente tutti i generatori. Qualora la
potenza complessiva dei generatori non superi i 400 kW, è possibile installare il DDI al livello bt; in
tale caso è ammessa la presenza di non più di tre DDI.
Il Sistema di Protezione di Interfaccia (SPI) associato al DDI prevede relé di frequenza, di
tensione, ed eventualmente di tensione omopolare. Devono essere previste le seguenti protezio‐
ni:
1. massima tensione (senza ritardo intenzionale);
2. minima tensione (ritardo tipico: 300 ms);
3. massima frequenza (senza ritardo intenzionale);
4. minima frequenza (senza ritardo intenzionale);
5. massima tensione omopolare V0 lato Mt (ritardata);
6. protezione contro la perdita di rete.
Qualora l’utente attivo intenda migliorare le prestazioni del dispositivo di interfaccia nei riguardi
di guasti polifasi sulla rete del distributore tali da non essere individuati dal dispositivo di minima
tensione, può installare una protezione di massima corrente ritardata che agisca sul DDI.
Le protezioni di massima/minima frequenza e di massima/minima tensione devono avere in in‐
gresso grandezze proporzionali ad almeno due tensioni concatenate Mt che quindi possono esse‐
re prelevate:
– dal secondario di TV collegati fra due fasi Mt;
– direttamente da tensioni concatenate bt.
Regole di connessione alle reti Mt/bt 43
La protezione di massima tensione omopolare è prevista, su richiesta del distributore, solo per gli
impianti in grado di sostenere la tensione di rete (generatori sincroni, asincroni autoeccitati, in‐
verter funzionanti come generatori di tensione) con potenza complessiva ≥ 400 kVA.
L’intervento di un qualsiasi relé deve determinare l’apertura del dispositivo di interfaccia. Qualora
la potenza sia generata in bassa tensione per un valore inferiore a 50 kVA, è possibile asservire il
dispositivo di interfaccia installato direttamente sull’impianto bt ad un sistema di protezione co‐
stituito da relé di massima/minima frequenza e di massima/minima tensione.
È ammesso l’utilizzo di più protezioni di interfaccia (al limite una per ogni singolo generatore),
purché i relativi comandi di scatto agiscano in logica or su ogni DDI presente in impianto. Qualora
le condizioni della rete lo richiedano, ad esempio per potenze complessive superiori a 1 MVA, il
distributore può richiedere l’installazione a cura dell’utente di un sistema di telescatto che garan‐
tisca l’apertura del suddetto dispositivo in presenza di mancati interventi delle protezioni.
Qualora, invece, l’utente sia connesso a linea Mt in antenna (potenze complessive di generazione
superiori a 3 MVA, indicativamente), in alternativa al telescatto può essere realizzata una logica
nella cabina primaria da cui parte la linea Mt in antenna, tale da fare aprire l’interruttore in testa
alla linea al verificarsi di determinate condizioni (ad es. mancanza rete AT, scatto trasformatore
AT/Mt, etc.), anche in assenza di intervento delle protezioni del distributore che agiscono
sull’interruttore di linea.
Per la sicurezza dell'esercizio della rete, nei casi in cui la produzione è realizzata mediante
generatori in grado di sostenere la tensione di rete (generatori sincroni, asincroni autoeccitati, in‐
verter funzionanti come generatori di tensione), per potenze superiori a 400 kVA è necessario
provvedere un rincalzo alla mancata apertura del dispositivo d'interfaccia.
Il rincalzo consiste nel riportare il comando di scatto, emesso dalla protezione di interfaccia, ad un
altro dispositivo di interruzione. Esso è costituito da un circuito, condizionato dalla posizione di
chiuso del dispositivo di interfaccia, che agisce a seconda dei casi sul dispositivo generale o sul/i
dispositivo/i di generatore, con ritardo non eccedente 1 s. Il temporizzatore viene attivato dal cir‐
cuito di scatto della protezione di interfaccia.
Il SPI può essere escluso temporaneamente (mediante opportuni interblocchi elettrici ap‐
provati dal distributore) solo in una delle seguenti condizioni particolari di esercizio:
l’impianto dell’utente attivo è "in isola" e il dispositivo generale o qualsiasi altro dispositi‐
vo posto tra la rete di distribuzione e il dispositivo di interfaccia che impedisce il parallelo
dell’impianto di produzione con la rete di distribuzione siano bloccati in posizione di aper‐
to;
tutti i gruppi di generazione sono disattivati.
L'esclusione deve essere realizzata mediante un contatto chiuso con dispositivo del generatore
aperto, posto in parallelo al contatto di scatto delle protezioni di interfaccia. Se sono presenti più
generatori ed un unico dispositivo di interfaccia, i contatti discordi dovranno essere posti in serie
tra loro affinché l'esclusione di detto dispositivo avvenga solo quando tutti i generatori sono disat‐
tivati. Nel caso siano presenti più interruttori di interfaccia, l'apertura dell'interruttore di ciascun
generatore deve escludere la rispettiva protezione di interfaccia.
Al cessare di tali condizioni particolari di esercizio, prima di ripristinare il funzionamento parallelo
dei gruppi con la rete di distribuzione, devono essere riattivate le funzioni del SPI.
Qualora il SPI agisca in base a grandezze rilevate sulla rete Mt, è necessario dotarlo di opportuni
trasformatori.
44 Capitolo 2
Le protezioni del SPI devono essere basate sul rilievo di tensioni secondarie di TV diversi da quelli
utilizzati per la misura a fini commerciali (è ammesso l’uso di avvolgimenti secondari dedicati,
seppur alimentati dallo stesso avvolgimento primario). Qualora sia prevista una protezione di
massima tensione omopolare, essa deve avere in ingresso la tensione omopolare Mt ricavata da
una terna di TV collegati tra le fasi Mt e la terra con un secondario dedicato allo scopo.
In relazione alle caratteristiche della protezione si può ricorrere ad una delle seguenti alternative:
1. la tensione ai capi dei secondari dei TV collegati a triangolo aperto;
2. le tre tensioni secondarie (nel caso in cui la protezione ricavi la tensione omopolare dalle
tre tensioni di fase).
I TV devono avere rapporto di trasformazione tale da fornire, in caso di guasto monofase a terra
franco, al massimo la tensione nominale all’ingresso delle rispettive protezioni.
Figura 30: Schema tipico di collegamento di un DDI in Mt Figura 31: Schema tipico di collegamento di un DDI in bt
Dispositivo del generatore (DDG)
Per gruppi di generazione Mt, il dispositivo DDG può essere costituito da:
– un interruttore tripolare in esecuzione estraibile con sganciatori di apertura, oppure;
– un interruttore tripolare con sganciatore di apertura ed un sezionatore installato sul lato rete
dell’interruttore.
Per gruppi di generazione bt, il DDG può essere costituito da interruttore automatico. In ogni caso
il dispositivo del generatore deve essere installato sul montante di ciascun generatore ad una di‐
stanza minima dai morsetti del generatore medesimo; tale montante deve essere realizzato in
modo che siano limitati i pericoli di cortocircuito e di incendio. Il DDG può svolgere le funzioni del
Regole di connessione alle reti Mt/bt 45
DDI, qualora ne abbia le caratteristiche: come sopra specificato, è comunque necessario che, fra
la generazione e la rete di distribuzione, siano sempre presenti due interruttori in serie tra loro o,
in alternativa, un interruttore ed un contattore. (7)
Tabella 4: Protezioni per generatori sincroni o asincroni autoeccitati per servizio continuo.
Allegato 1
Sistema di Protezione Generale (SPG)
L’SPG è l’insieme di:
trasformatori di corrente di fase e di terra, eventuali trasformatori di tensione;
connessioni di TA, TO e TV al relè di protezione;
relè di protezione con relativa alimentazione (Protezione Generale);
circuiti per l’apertura dell’interruttore;
alimentazione (UPS).
Deve essere costituita come minimo da:
Protezione di massima corrente di fase:
• I> (sovraccarico, a tempo dipendente, attivazione opzionale da parte dell’utente
o, a titolo temporaneo, su richiesta del distributore) ‐ novità rispetto a DK 5600
• I>> (soglia 51, con ritardo intenzionale)
• I>>> (soglia 50, istantanea)
Protezione di massima corrente omopolare (se la rete cavi Mt utente ha una lunghezza in‐
feriore 400 m a 20 kV) a due soglie – novità rispetto a DK 5600
• 51N.S1 per guasti monofase a terra
• 51N.S2 per guasti doppi monofase a terra
Se il contributo della rete Mt dell’utente alla corrente capacitiva di guasto monofase a terra (a
neutro isolato) supera l’80% della corrente di regolazione stabilita dal distributore per la propria
protezione 51N (2 A, quindi Ic utente ≤ 1,6 A), la protezione contro i guasti a terra deve essere co‐
stituita da:
Protezione direzionale di terra a due soglie:
• 67N.S1 per guasti monofase a terra su reti NC
• 67N.S2 per guasti monofase a terra su reti NI
Protezione di massima corrente omopolare a una soglia:
• 51N.S2 per guasti doppi monofase a terra.
DG - PG - SPG: nuovo SPG integrato
I’ SPG integrato non è, attualmente, oggetto di specifiche norme di prodotto; deve, comunque,
essere realizzato a regola d’arte. Il costruttore dovrà dichiarare il campo di applicazione (inteso
come intervallo di tensioni e correnti primarie) entro il quale il dispositivo potrà essere utilizzato.
48
Tale nuovo dispositivo è stato introdotto alla luce di alcuni prodotti recentemente immessi sul
mercato, facilmente adattabili alle funzioni richieste e che potenzialmente possono avere un co‐
sto decisamente minore di una tradizionale realizzazione TA + TO (+TV) + PG a parità di prestazio‐
ni.
Affidabilità del SPG: soluzioni per il circuito di sgancio
Nella DK 5600 la bobina di sgancio del DG a mancanza di tensione garantiva l’efficienza del siste‐
ma di protezione sia in mancanza di alimentazione della PG sia in caso d’interruzione dei collega‐
menti fra PG e DG (nella CEI 0‐16 la filosofia di base della DK 5600 è stata confermata). L’impianto
utente non deve rimanere senza protezione.
La Norma CEI 0‐16 prevede in alternativa:
Bobina a mancanza di tensione, oppure
Bobina a lancio di corrente + data logger
I comandi di apertura dell’interruttore devono essere di tipo elettrico in modo da garantire
l’apertura del DG con la massima affidabilità.
Per evitare scatti intempestivi, sull’UPS con sistema di allarme, va effettuata una regolare manu‐
tenzione.
I circuiti di comando relativi a PG e DG, nonchè la bobina a mancanza di tensione, devono essere
alimentate dalla medesima tensione ausiliaria, per garantire l’intervento della bobina a mancanza
anche senza alimentazione. E’ richiesto espressamente che la tensione di alimentazione ausiliaria
dei circuiti di comando di PG, DG ed eventuale data logger sia la medesima, garantita per almeno
1 ora da UPS o batterie tampone. Dispositivi di esclusione temporanea della bobina a mancanza di
tensione devono escludere la bobina stessa per tempi non superiori a 5 s, in modo da consentire
solo la chiusura del DG e il ripristino dell’alimentazione ausiliaria. Si considerano equivalenti alla
bobina a mancanza di tensione anche sistemi di apertura automatica dell’interruttore al mancare
della tensione ausiliaria purchè lo stesso interruttore disponga di un adeguato sistema di accumu‐
lo di energia interno in grado di assicurarne l’apertura. Gli accorgimenti da adottare per la bobina
a mancanza di tensione sono:
alimentare la PG (e il circuito di comando di PG e DG) tramite circuiti ausiliari dedicati che
prevedano alimentazione ordinaria e di emergenza (UPS o similari). Per consentire la rie‐
49
I punti da 1 a 4 costituiscono i requisiti minimi del logger ai fini della 0‐16. I punti da 1 a 7 costitui‐
scono i requisiti per ritenere idoneo il logger ai fini della Delibera 247/04 (art. 33.15) (ovviamente
esclusa la funzione di qualimetro secondo EN 50160). I rimanenti punti 7‐10 sono facoltativi. An‐
che in tale caso è necessario che siano previsti opportuni accorgimenti atti a prevenire
l’interruzione accidentale dei cavi di collegamento fra la PG e la bobina di apertura del DG. (3)
Allegato 2
Coordinamento protezioni in caso di sovracorrenti
Caso 1: selezione del guasto mediante apertura della protezione di linea e successiva richiusura.
Guasto a valle di T3:
a) Apertura di T3 e CP in 100 ÷ 120 ms.
b) Utenti della stessa linea: interruzione transitoria (400 ms).
c) Utenti alimentati dal trafo AT/Mt: buco di tensione di 100 ÷ 120 ms.
d) DG utente chiuso (PG riceve blocco da protezione a valle in 100 ms).
e) Richiusura dell’interruttore in CP su parte d’impianto utente senza guasto dopo 400 ms.
f) Utenti della stessa linea: interruzione transitoria (400 ms).
g) Utenti alimentati dal trafo AT/Mt: buco di tensione di 100 ÷ 120 ms.
Guasto a valle del DG:
a) Apertura di DG e CP in 100÷120 ms (DG non riceve blocco).
52
b) Utenti della stessa linea: interruzione transitoria (400 ms).
c) Utenti alimentati dal trafo AT/Mt: buco di tensione di 100 ÷ 120 ms.
d) Il DG utente resta aperto (non fa richiusure).
e) Richiusura dell’interruttore in CP su linea senza guasto (utente guasto disconnesso) dopo
400 ms.
f) Utenti della stessa linea: interruzione transitoria (400 ms).
g) Utenti alimentati dal trafo AT/Mt: buco di tensione di 100 ÷ 120 ms.
Caso 2: selezione del guasto sulle utenze finali senza richiusura
Caratteristiche impianto utente (tipo A, Delibera AEEG)
Potenza disponibile di almeno 5 MW.
Connessione ad una linea che permetta un ritardo intenzionale dell’apertura
dell’interruttore in Cabina Primaria di 170 ms.
Preventiva approvazione scritta del distributore.
Selezione del guasto
Ritardo della soglia 50 della protezione di linea di 170 ms: consentito un livello di selettivi‐
tà cronometrica nell’impianto utente
Consentito il ritardo all’intervento del DG purché sia garantita la completa estinzione del
guasto in 170 ms anche in caso di eliminazione del guasto in 70 ms da parte di CP
Il guasto sulle utenze finali è eliminato in meno di 120 ms: il DG rimane chiuso
Guasto a valle di T3:
a) Apre l’interruttore più vicino al guasto (T3) in 120 ms massimo.
b) DG non interviene (aspetta 100 ms, fino a ricevere il blocco dalla protezione valle).
c) CP non interviene (ritardo di 170 ms).
d) Utenti alimentati dal TR AT/Mt (inclusi quelli della linea cui è connesso utente guasto) bu‐
co di tensione di 100 ÷ 120 ms.
e) La linea non si apre: nessuna interruzione per l’utente.
53
Guasto a valle del DG:
a) Il DG apre in 170 ms (dopo aver atteso invano il blocco).
b) Apre anche CP (ritardo di 170 ms + tempo int. = 250 ms).
c) CP richiude dopo 400 ms.
d) Utenti della stessa linea che alimenta l’utente sede di guasto: interruzione transitoria (400
ms).
e) Utenti alimentati dal trafo AT/Mt: buco di tensione di 170 ms (apertura DG).
Caso 3: selezione del guasto su tutta la rete utente senza richiusura
Caratteristiche impianto utente (tipo B)
Potenza disponibile pari ad almeno 5 MW
Connessione in cavo tale da consentire un ritardo intenzionale dell’apertura
dell’interruttore in CP di 250 ms
Rete in media tensione con due livelli di tensione differente oppure
Estensione complessiva superiore a 3 km
Preventiva approvazione scritta del distributore
Selezione del guasto
Ritardo della soglia 50 della protezione di linea di 250 ms: consentito un livello di selettivi‐
tà cronometrica nell’impianto utente.
Consentito il ritardo all’intervento del DG purché sia garantita la completa estinzione del
guasto in 170 ms anche in caso di eliminazione del guasto in 70 ms da parte di CP.
Il guasto sulle utenze finali è eliminato in meno di 120 ms; ogni altro guasto è eliminato in
170 ms: il DG rimane chiuso.
Il DG apre solo per guasto immediatamente a valle.
Guasto a valle di T1
54
a) Apre l’interruttore più vicino al guasto (T1) in 120 ms.
b) D3 aspetta 100 ms e non interviene (blocco da valle).
c) DG aspetta 100 ms e non interviene (blocco da valle).
d) CP non interviene (ritardo di 250 ms).
e) Utenti alimentati dal TR AT/Mt (inclusi quelli della linea): buco di tensione di 100÷120 ms.
f) La linea non apre.
Guasto a valle di D1:
a) Apre in 170 ms l’interruttore più vicino al guasto (D1, dopo attesa blocco 100 ms).
b) DG aspetta 100 ms e non interviene (blocco da valle).
c) CP non interviene (ritardo di 250 ms).
d) Utenti alimentati dal TR AT/Mt inclusi quelli della linea): buco di tensione di 170 ms.
e) La linea non apre.
Guasto a valle del DG:
a) Apre l’interruttore più vicino al guasto in 170 ms (DG, dopo attesa blocco 100 ms).
b) CP non interviene (ritardo di 250 ms).
c) Utenti alimentati dal TR AT/Mt inclusi quelli della linea: buco di tensione di 170 ms.
d) La linea non apre.
Coordinamento protezioni in caso di sovracorrenti casi 1, 2, 3: attenzione alla PG e ai relè a valle
Le caratteristiche dei relè prescritte nella CEI 0‐16 sono relative all’impiego tradizionale
(no selettività logica).
55
Se si usa la selettività logica è necessario impiegare relè in grado di aprire il DG anche do‐
po che il guasto viene interrotto in 70 ÷ 100 ms dall’interruttore in CP: non devono ricade‐
re.
In ogni caso (1, 2, 3) le prestazioni richieste ai relè sono superiori a quelle prescritte nella
CEI 0‐16.
Nel caso 1 un guasto sulla linea del distributore crea un buco per gli utenti delle linee sane
connesse al medesimo TR AT/Mt di 100 ÷ 120 ms, nel caso 2 di 220 ÷ 250 ms, nel caso 3 di
300 ÷ 320 ms.
Problemi con la rapidità di intervento, la stabilità del relè (insensibilità alle inserzioni, per
esempio): introdotta la possibilità di un blocco di seconda armonica (insensibilità alla cor‐
rente di inserzione dei trasformatori).
Soluzioni speciali di connessione utenze privilegiate per la selettività:
Qualora un utente richieda una soluzione speciale di connessione (linea in antenna) si fa
carico dei maggiori costi di realizzazione ed esercizio, alle condizioni AEEG.
Il distributore concede la soluzione valutando di volta in volta le condizioni al contorno.
Esempio pratico: utente con i requisiti del caso 2 che non può avere il ritardo a causa di
sezione del cavo insufficiente, oppure perché alimentato da linea aerea.
L’utente accetta di essere connesso in antenna (paga la differenza).
In ogni caso il ritardo sull’intervento in CP deve essere usato con cautela: riflessi sulla qua‐
lità del servizio. (3)
Bibliografia
1. Generazione diffusa: impatto attuale sulle reti e qualche prospettiva. Maurizio Delfanti, Marco
Merlo, Valeria Olivieri, Andrea Silvestri. Maggio/Giugno, s.l. : AEIT, 2010.
2. Matteo, Frigo. MODELLIZZAZIONE E ANALISI DI PROCEDURE DI SELEZIONE AUTOMATICA DEL
TRONCO DI GUASTO PER LINEE DI DISTRIBUZIONE IN PRESENZA DI GENERAZIONE DISTRIBUITA.
3. “LE Regole Tecniche di Connessione DI RIFERIMENTO: LA NUOVA NORMA CEI 0 ‐16 (ED. II)".
Cerretti, dott. Ing. A.
4. Protezione della generazione diffusa sulle reti Mt. Massimo Ambroggi, Marco Merlo, Gabriele
Monfredini. maggio/giugno, 2010.
5. Le reti di distribuzione: dal paradigma attuale, alle reti attive, verso le smart grids. Alberto
Cerretti, Ettore De Berardinis, Maurizio Delfanti, Davide Falabretti. maggio/giugno, 2010.
6. Infrastrutture e tecnologie di comunicazione per le smart grid. Antonio Capone, Maurizio
Delfanti. maggio/giugno, 2010.
7. Norme CEI 0‐16. CEI.