PROTEZIONE DISTANZIOMETRICA
(E. De Berardinis)
1 INTRODUZIONE ............................................................................................................................ 2
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1 INTRODUZIONE
Le linee a 380 kV, a 220 kV, ed alcune linee a 150 kV e 132 kV di TERNA formano il sistema elettrico
di trasmissione primaria il quale è esercito, escluse le linee a 150 kV e a 132 kV, con schema magliato
• per ragioni di ottimizzazione delle produzioni e dei flussi di potenza,
• per facilitare il funzionamento del sistema a frequenza costante,
• per garantire la continuità di alimentazione alle stazioni di trasformazione.
Le reti 150 kV e 132 kV dei Distributori pubblici formano il sistema elettrico che riceve energia dalla
rete primaria a tensione superiore tramite trasformatori e la fornisce alla rete di distribuzione mediante
trasformatori di distribuzione AT/MT.
Le reti a 150 kV e a 132 kV vengono esercite con schema parzialmente magliato; vengono formate cioè
delle isole autosufficienti la cui estensione dipende essenzialmente dalla densità di carico delle singole
aree. Si preferisce un esercizio ad isole per
• limitare le correnti di cortocircuito,
• evitare ripercussioni troppo estese in caso di fallito intervento di una protezione,
• ottenere una buona ripartizione della potenza attiva e reattiva,
• assicurare, mediante la chiusura di anelli, una doppia alimentazione alle cabine di distribuzione.
Relativamente allo stato del neutro, tutte le reti ad AAT ed AT sono esercite con il neutro francamente a
terra.
Quanto sopra, relativamente alla connessione del neutro dei trasformatori e della magliatura delle linee
AT ha come conseguenza
• correnti di corto circuito elevate e quindi necessità di eliminare rapidamente tali guasti,
• la necessità di installare protezioni diverse da quelle di massima corrente per poter realizzare la
selettività di intervento.
La fig. Figura 1 riporta uno schema delle protezioni comunemente impiegate sulle linee di distribuzione
AT in Italia.
Le protezioni più diffusamente utilizzate sono le protezioni distanziometriche e la ragione di tale scelta
si giustifica per il costo relativamente basso e per le buone doti di rapidità, affidabilità e selettività.
Inoltre, a differenza delle protezioni a comparazione di fase e differenziali, non necessitano di uno
scambio di informazioni agli estremi della linea protetta a meno di non desiderare l’eliminazione rapida
di tutti i guasti che interessano l’intera lunghezza della linea, nel qual caso è necessario utilizzare il
telepilotaggio.
Nel seguito, saranno descritti i principi di funzionamento delle protezioni distanziometriche e la filosofia
di protezione delle reti AT.
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PROTEZIONI
DI LINEA AT
MASSIMA CORRENTE
DISTANZIOMETRICHE
Per ottenere la selettività nelle reti in esercizio magliato si fa affidamento sul parametro impedenza di
linea che rimane costante al variare dello schema di servizio. Sarebbe impossibile raggiungere la
selettività con l'impiego di massime correnti anche provviste di elemento direzionale: è sufficiente
infatti ricordare che la corrente dovuta ad un guasto che attraversa un montante di linea dipende da
molteplici fattori, quali: tipo di guasto, configurazione di rete, tensione preesistente al guasto. Le
protezioni preposte a questo scopo sono le protezioni distanziometriche le quali vengono universalmente
impiegate per proteggere linee ad AAT ed AT esercite con neutro francamente a terra.
Per comprendere il principio su cui si basa la protezione distanziometrica, si consideri il sistema
monofase di Figura 2.
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Zy=Ry+jXy
E V Rf
Applicando la legge di Ohm (e supponendo per semplicità che la resistenza di guasto Rf sia nulla), si
può ottenere la seguente relazione
V&
V&= Z y I& ⇒ Z y = R y + jX y = R ⋅ y + jX ⋅ y = ( R + jX ) ⋅ y =
I&
e, poiché la impedenza chilometrica di una linea può essere considerata costante, la impedenza misurata
risulta proporzionale alla distanza del guasto.
E’ però da tenere presente che sia il guasto che la messa a terra dei pali introducono in genere una
resistenza Rf nel punto di guasto che influisce sulla impedenza misurata. In questo caso la relazione
deve essere riscritta secondo la seguente relazione
V&
V&= ( Z y + R f ) ⋅ I& ⇒ Z y = R y + R f + jX y = ( R ⋅ y + R f ) + jX ⋅ y = (2-1)
I&
Da un esame della relazione (2-1) si può osservare che:
• la parte immaginaria della impedenza misurata è proporzionale alla distanza del guasto poiché la
reattanza chilometrica di linea può essere assunta costante lungo la linea stessa,
• la parte reale della impedenza misurata non è proporzionale alla distanza del guasto perché
risente della resistenza di guasto.
Per tale ragione, le protezioni distanziometriche controllano sia la parte immaginaria che quella reale
della impedenza misurata.
La misura della parte immaginaria della impedenza evita anche di intervenire in condizioni di regime.
Infatti, con riferimento alla Figura 3 in cui è rappresentata nel piano complesso (R,jX) la impedenza
misurata, bisogna evitare che il luogo delle impedenze viste (zona di intervento) dalla protezione durante
il normale esercizio possa “sovrapporsi” a quello misurato durante il guasto.
jX
Xy
Impedenza vista in
condizioni di regime
Ry Rf R
spalle1. In conclusione, se la fase dell’impedenza vista è tra 0° e 90° il guasto è in avanti, mentre è di
spalle se la fase è tra 180° e 270°. In modo del tutto equivalente si può dire che se lo sfasamento tra
tensione e corrente è compreso tra 0° e 90° il guasto è in avanti, mentre se è compreso tra 180° e 270° è
alle spalle.
Nella realtà si stabilisce la direzione del guasto usando limiti di fase più ampi di quelli strettamente
necessari in modo da tenere in conto gli errori intrinseci della protezione e dei trasduttori di misura.
In definitiva, se si desidera che la protezione distanziometrica intervenga per valori di reattanza inferiori
ad un certo valore, è sufficiente che la protezione
• valuti la direzione del guasto,
• calcoli la impedenza vista e la confronti con il valore di taratura.
si avrà
V4 - V’4 = Z4d ⋅ I4d + Z4i ⋅ I4i + Z4o ⋅ I4o (2.1-1)
1
Basta infatti considerare che se il guasto fosse alle spalle, la corrente vista sarebbe di verso opposto mentre la
tensione sarebbe la stessa.
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E Z
Z linea
S
I fase
V V’
E Z
Z d
Sd
I diretta
d
V’d
Vd
Z
Z
Z i
Si
I inversa
i
Vi V’i
Z
Z o
So
I omopolare
o
Vo V’o
e che
V4 - V’4 = Zd ⋅ I4d = Zd ⋅ I4
V8 - V’8 = Zd ⋅ I8d = Zd ⋅ I8
V12 - V’12 = Zd ⋅ I12d = Zd ⋅ I12
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Per cui
V4 = Zd ⋅ I4 + V’4
V8 = Zd ⋅ I8 + V’8
V12 = Zd ⋅ I12 + V’12
V4 V8 V12
Zd = = = (2.1-3)
I 4 I 8 I 12
oppure
V4 − V8 V8 − V12 V12 − V4
Zd = = =
I 4 − I 8 I 8 − I12 I12 − I 4
Si può quindi affermare che per il guasto trifase l'impedenza diretta Zd del tratto di linea interessato dal
guasto può essere misurata nel punto di installazione del relè sia come rapporto tra tensione di fase e la
corrispondente corrente di linea sia come rapporto tra la tensione concatenata e la differenza delle
correnti di linea corrispondenti.
V12 I12
V8
E8 V4 E4
I4
Nel piano complesso la relazione (2.1-3) ha la rappresentazione riportata nella Figura 6. Vale la pena
notare che nella stessa figura è riportato anche il valore della tensione causata dalla eventuale resistenza
di guasto (ipotizzata uguale sulle tre fasi)2. Dalla rappresentazione di Figura 6 si può notare come la
parte immaginaria della impedenza misurata Z sia una quantità che dipende solo dalla posizione del
guasto e dalla sua direzione.
2
Si noti che
V4
V4 = Z d ⋅ I 4 + V4' = Z d ⋅ I 4 + R f ⋅ I 4 ⇒ = Zd + Rf
I4
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jX
Rf
Xd Zd
Z
R
Rd Rf
In conclusione, le tensioni e le correnti che possono essere prese in considerazione per il calcolo della
impedenza in un guasto trifase simmetrico sono una delle seguenti coppie:
Tensioni Correnti
V4 I4
V8 I8
V12 I12
V4-V8 I4-I8
V12-V8 I12-I8
V4-V12 I4-I12
Tabella 1 – Tensioni e correnti selezionate per misurare l’impedenza nel corto circuito trifase
per cui, ipotizzando una resistenza di guasto nulla tra le fasi (e quindi V’4=0, V’8=0),
V4 − V8
Zd = (2.1-4)
I 4 − I8
Si può quindi affermare che per guasto bifase netto l'impedenza diretta Zd del tratto di linea A - X viene
misurata nel punto d'installazione del relè dal rapporto tra la tensione concatenata e la differenza delle
correnti di linea corrispondenti.
E12=V12 I12=0
I8
E8 V8 V4 E4
I4
Nel piano complesso la relazione (2.1-4) ha la rappresentazione riportata nella Figura 8. Vale la pena
notare che nella stessa figura è riportato anche il valore della eventuale resistenza misurata dalla
protezione3. Dalla rappresentazione di Figura 8 si può ancora notare come la parte immaginaria della
impedenza misurata Z sia una quantità che dipende solo dalla posizione del guasto e dalla sua direzione.
jX
Rf /2
Xd Zd
Z
R
Rd Rf/2
In conclusione, le tensioni e le correnti che possono essere prese in considerazione per il calcolo della
impedenza in un guasto bifase sono una delle seguenti coppie:
Tensioni Correnti
V4-V8 I4-I8
V12-V8 I12-I8
V4-V12 I4-I12
Tabella 2 – Tensioni e correnti selezionate per misurare l’impedenza nel corto circuito bifase
3
Si noti che poiché la corrente che circola nella resistenza di guasto If=I4=-I8
V4 − V8 Rf Rf
V4 − V8 = Z d ⋅ ( I 4 − I 8 ) + (V4' − V8' ) = Z d ⋅ ( I 4 − I 8 ) + R f ⋅ I f ⇒ = Zd + I f = Zd +
I 4 − I8 I 4 − I8 2
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V4 = Z d ⋅ ( I 4 d + I 4 i ) + Z o ⋅ I 4 o = Z d ⋅ ( I 4 d + I 4 i ) + Z o ⋅ I 4 o + Z d ⋅ I 4 o − Z d ⋅ I 4 o
V4 = Z d ⋅ ( I 4 d + I 4 i + I 4 o ) + I 4 o ⋅ ( Z o − Z d ) = Z d ⋅ I 4 + I 4 o ⋅ ( Z o − Z d )
Zo − Zd
V4 = Z d ⋅ I 4 + 3k 0 ⋅ Z d ⋅ I 4 o ponendo k0 =
3⋅ Zd
Indicando con IR = 3I4o la corrente residua pari al triplo della corrente omopolare nel punto di
installazione del relè, si ottiene:
V4
V4 = Z d ( I 4 + k 0 ⋅ I R ) ⇒ Zd = (2.1-5)
I 4 + k0 ⋅ I R
Si può quindi affermare che per guasto monofase l'impedenza diretta del tratto di linea interessato dal
guasto è dunque uguale al rapporto tra la tensione della fase interessata dal guasto e la somma della
corrente della fase guasta con la corrente residua moltiplicata per il coefficiente k0.
V4
I4
E12 E8
V12
V8
Nel piano complesso la relazione (2.1-5) ha la rappresentazione riportata nella Figura 10. Vale la pena
notare che nella stessa figura è riportato anche il valore della eventuale resistenza misurata dalla
protezione4. Dalla rappresentazione di Figura 10 si può ancora notare come la parte immaginaria della
impedenza misurata Z sia una quantità che dipende solo dalla posizione del guasto e dalla sua direzione.
4
Si noti che poiché la corrente che circola nella resistenza di guasto If=I4R
V4 = Z d ⋅ I 4 + k 0 ⋅ Z d ⋅ I 4 + V4' = Z d ⋅ I 4 + k 0 ⋅ Z d ⋅ I 4 + R f ⋅ I 4
V4 V4 Rf
= Z d ⋅ (1 + k 0 ) + R f ⇒ = Zd +
I4 I 4 ⋅ (1 + k 0 ) (1 + k 0 )
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jX
Rf
1 + k0
Xd Zd
Z
R
Rf
Rd +
1 + ko
Figura 10 - Impedenza misurata durante un guasto monofase
In conclusione, le tensioni e le correnti che possono essere prese in considerazione per il calcolo della
impedenza in un guasto bifase sono una delle seguenti coppie:
Tensioni Correnti
V4 I4(1+k0IR)
V8 I8(1+ k0IR)
V12 I12(1+ k0IR)
Tabella 3 - Tensioni e correnti selezionate per misurare l’impedenza nel corto circuito monofase
per cui, ipotizzando una resistenza di guasto nulla (e quindi V’4=0, V’8=0),
V4 = Z d ⋅ ( I 4 d + I 4 i ) + Z o ⋅ I 4 o = Z d ⋅ ( I 4 d + I 4 i ) + Z o ⋅ I 4 o + Z d ⋅ I 4 o − Z d ⋅ I 4 o
V8 = Z d ⋅ ( I 8 d + I 8i ) + Z o ⋅ I 84 o = Z d ⋅ ( I 8 d + I 8i ) + Z o ⋅ I 8o + Z d ⋅ I 8o − Z d ⋅ I 8o
V4 = Z d ⋅ ( I 4 d + I 4 i + I 4 o ) + I 4 o ⋅ ( Z o − Z d ) = Z d ⋅ I 4 + I 4 o ⋅ ( Z o − Z d )
V8 = Z d ⋅ ( I 8 d + I 8i + I 8o ) + I 8o ⋅ ( Z o − Z d ) = Z d ⋅ I 8 + I 8o ⋅ ( Z o − Z d )
Ricordando la definizione di k0
Zo − Zd
V4 = Z d ⋅ I 4 + 3k 0 ⋅ Z d ⋅ I 4o ponendo k0 =
3⋅ Zd
V8 = Z d ⋅ I 8 + 3k 0 ⋅ Z d ⋅ I 8o
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Indicando con IR = 3I4o = 3I8o la corrente residua pari al triplo della corrente omopolare nel punto di
installazione del relè, si ottiene:
V4
V4 = Z d ( I 4 + k 0 ⋅ I R ) ⇒ Zd =
I 4 + k0 ⋅ I R
(2.1-6)
V8
V8 = Z d ( I 8 + k 0 ⋅ I R ) ⇒ Zd =
I 8 + k0 ⋅ I R
Per guasto bifase l'impedenza diretta Zd del tratto di linea interessato dal guasto viene quindi misurata
nel punto di installazione del relè dal rapporto tra la tensione di una delle due fasi interessate dal guasto
e la somma della corrispondente corrente di fase con la corrente residua che alimenta il relè moltiplicata
per il coefficiente k0. Si esegue cioè la stessa misura del cortocircuito monofase.
E' facile dimostrare che, sottraendo la V4 e la V8 nella (2.1-6) dalla (9.2.1.8), l'impedenza Zd del tratto di
linea interessato dal guasto è anche espressa dal rapporto
V4 − V8
Zd =
I 4 − I8
come nel guasto bifase.
Nel cortocircuito bifase con terra per misurare l'impedenza di guasto Zd si può quindi scegliere una delle
due misure fase-terra o la misura bifase.
Prima di terminare questa breve trattazione sulle grandezze che possono essere prese in considerazione
in caso di guasto, vale la pena ricordare che la resistenza di guasto vista è
• pari al suo valore in caso di guasto trifase simmetrico
• ridotta a metà per corto circuito bifase netto
• ridotta del fattore complesso (1+k0) nel caso di guasto monofase.
jX
4° gradino
3° gradino
Tempo
2° gradino
1° gradino
a l1 b c d e f
l2 l3
Con queste caratteristiche, la protezione distanziometrica costituisce una protezione a selettività relativa.
Ad esempio, facendo ancora riferimento alla Figura 12, la protezione in (A) permette di eliminare i
guasti localizzati all’interno della linea protetta (l1) nel minor tempo possibile, mentre viene introdotto
un ritardo crescente all’aumentare della distanza di guasto per intervenire come riserva su guasti su altre
linee che partono da cabine adiacenti. Infatti, sempre con riferimento alla Figura 12, nel caso di guasto
sulla linea l2 che collega le stazioni (B) e (C), un’utilizzazione tipica è la seguente
• consente di eliminare solo il tronco di linea guasto lasciando in servizio le altre linee,
• garantisce in ogni caso una riserva lontana che permette di limitare il disservizio in caso di
mancato funzionamento di una protezione.
MISURA DELLA
DIREZ IONE
MISURA DELLA
DISTANZA
AUTODIAGNOSI
Vale la pena notare che lo schema di Figura 13, pur adattandosi molto bene alle protezioni
distanziometriche tradizionali, permette di individuare i blocchi “logici” presenti anche in una
distanziometrica digitale.
Per individuare la presenza di guasto, la protezione misura le tensioni e le correnti di linea basandosi sul
principio ispiratore che, nel caso di guasto, si ha un aumento della corrente o un abbassamento del
modulo della tensione o entrambi i fenomeni5.
L’avviamento di una protezione distanziometrica può essere del tipo a massima corrente o a minima
impedenza. Vale la pena notare che l’avviamento a minima impedenza può anche non basarsi su una
misura reale di impedenza ma avvia la protezione se una (o più) correnti di fase è superiori ad una soglia
e contemporaneamente la tensione di fase è inferiore ad un’altra soglia prefissata. Questo avviamento è
molto facile da realizzare ma ha tuttavia la limitazione che può non avviarsi in caso di guasto che
5
La presenza di corrente di terra è spesso utilizzata, nell’avviamento, per commutare da tensioni concatenate a
quelle di fase, ma non è mai utilizzata per causare da sola l’avviamento stesso poiché nessun guasto provoca solo
corrente di terra, mentre è possibile avere corrente di terra senza guasto con carichi squilibrati.
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comporta una bassa corrente ed un’alta tensione (ad esempio in caso di linea lunga e rete alle spalle
molto forte). Per risolvere il problema è necessario quindi adottare un avviamento capace di misurare la
impedenza vera e propria come viene realizzato nelle attuali protezioni distanziometriche digitali.
La misura della direzione e della distanza del guasto sulla base delle grandezze tensioni e correnti
misurate ha il compito di determinare il valore di impedenza misurata e di fornire l’informazione di
guasto interno o esterno alla zona protetta.
Riprendendo quanto esposto nel capitolo 2.1 sulle grandezze elettriche che devono essere considerate
nei vari tipi di guasto, nella Tabella 4 sono riportate le relazioni che consentono all'elemento di misura di
localizzare correttamente il punto di guasto in relazione ai diversi tipi del guasto e cioè di calcolare
l'impedenza diretta Zd tra il punto di installazione della protezione e il punto di guasto.
L’autodiagnosi prevede invece tutti quei controlli che sono realizzati (hardware e software) all’interno
della protezione per assicurarsi che tutto funzioni correttamente in modo da evitare che si possa avere
uno scatto intempestivo in presenza di un’anomalia.
relè distanziometrici possono misurare in questi casi impedenze molto basse che possono causare uno
scatto intempestivo delle protezioni stesse.
Per impedire questi interventi indesiderati, le protezioni distanziometriche possono essere munite di un
blocco antipendolazione. Il dispositivo di blocco, disponibile per le protezioni impiegate nelle reti AT a
tensione superiore ai 100 kV, in Italia viene normalmente impiegato sulle reti a 220 kV e 380 kV dove i
suddetti fenomeni oscillatori sono più probabili.
La prima caratteristica implica forti correnti di guasto monofase con necessità di eliminare tali guasti
molto rapidamente, mentre la seconda caratteristica implica l’impossibilità di realizzare un sistema di
protezione selettivo e veloce impiegando protezioni di massima corrente.
La protezione distanziometrica ha invece la possibilità, per mezzo dei diversi gradini, di svolgere il
ruolo di protezione principale per la linea direttamente protetta e di riserva remota per gli elementi di
rete limitrofi. Vale a dire, con riferimento alla Figura 14 ed alla protezione posta in (a), di essere
protezione principale per la linea a-b e di riserva remota per le linee c-d e e-f.
relè statici/digitali
relè elettromeccanici
a b c d
e f
Vediamo ora più dettagliatamente i criteri di regolazione dei diversi gradini nelle situazioni tipiche di
rete. Vale la pena notare che nel seguito non si menzionerà la regolazione delle R in quanto essa è in
genere stabilità in rapporto alla reattanza impostata con valori variabili tra 1 e 3 volte.
per tener conto delle imprecisioni dovute alla protezione stessa, ai TA e TV, ai parametri della linea, alla
approssimazione della taratura.
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Se infatti il 1° gradino fosse tarato al 100% della linea, si potrebbe avere un intervento sovrapposto a
quello di una protezione limitrofa (es. intervento della protezione (a) per guasto sulla linea c-d in
prossimità di (c), Figura 14).
Per quanto riguarda il tempo di intervento T1 sulla prima zona esso corrisponde al tempo minimo (o
tempo base della protezione) consentito dalla protezione. Il tempo base è costituito dal tempo impiegato
per effettuare la misura e dal tempo impiegato ad inviare l'ordine di scatto.
Il 1° gradino allungato ha il compito di protezione primaria della linea (a-b) su cui la protezione è
installata ed è regolato in reattanza:
X1all=1.20 Xa-b
X2≤0.80(Xa-b+0.80Xe-f)
in modo da realizzare una riserva su parte delle linee limitrofe senza avere interventi sovrapposti,
verificando però che il valore calcolato non risulti inferiore a 120% dell'impedenza Za-b della linea
protetta, nel qual caso
X2 = 1.20 Xa-b
In casi eccezionali in cui dalla CP B parta una linea molto più corta della a-b, tale condizione potrebbe
non essere soddisfatta. In questi casi è opportuno prevedere per la linea corta un sistema di protezione
particolare (es. telepilotaggio).
Per quanto riguarda la regolazione del tempo d'intervento T2 per guasti sulla seconda zona esso deve
essere scelto in modo da avere selettività con le altre protezioni a valle. Normalmente si sceglie T2 =0.3
s. in modo da garantire l’eliminazione del guasto sulle linee in un tempo massimo di 0.3 s.
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ZAB ZBX
IA+IB
Figura 15 - Corto circuito trifase con contributo di più stazioni alla corrente di corto
La regolazione del 3° gradino risulta pertanto più complessa di quella del 1° e 2° in quanto è normale
che nella stazione adiacente vi siano uno o più contributi alla corrente di corto circuito da parte di altre
linee collegate, direttamente o indirettamente, a punti di generazione.
L'aumento del grado di magliatura, pertanto, se pur si presenta vantaggioso dal punto di vista della
continuità del trasporto dell’energia, fa nascere notevoli problemi dal punto di vista della rilevazione del
guasto.
Quanto detto potrebbe comportare la necessità di adottare un valore di regolazione in reattanza molto
elevato, non sempre possibile per la necessità di non scavalcare i trasformatori: così facendo si evitano
infatti interventi per guasti su altri livelli di tensione in caso di mancato intervento di una protezione.
Ne consegue che il 3° gradino non sempre assolve alla sua funzione di riserva remota in modo completo.
Esso viene comunque tarato sulla base della formula
Z 3 = 1,2( Z AB + Z BD )
dove ZBD è l’impedenza della linea più lunga che parte dalla stazione adiacente.
La regolazione del tempo d'intervento T3 per guasti che interessano il 3° gradino deve essere tale da
garantire la selettività ed è normalmente T3 =0.8s.
mancato intervento di una protezione il guasto non viene eliminato nemmeno in 2° e 3° gradino, è
necessario arrivare all'avviamento.
La regolazione del tempo d'intervento T4 per guasti che interessano il 4° gradino è normalmente pari a
T4 =1.4-1.6s.
dove Zn = minima impedenza corrispondente al massimo transito di potenza prevista nelle condizioni
più critiche di esercizio (normalmente corrispondente alla corrente al limite termico della linea).
D’altra parte, l’avviamento deve sicuramente intervenire per corto circuiti sulla linea protetta e, di
riserva, almeno per corto circuiti sulla linea successiva. Questa condizione fissa un limite inferiore per
l'impedenza di avviamento che deve risultare:
Zavv ≥125% Z3
Il tempo d'intervento della protezione per guasti rilevati dal solo relè di avviamento a minima impedenza
è in genere regolato intorno ai 1,4 s.
5.2.1 Linee corte con protezioni distanziometriche ai due estremi e schema di teleprotezione PO
con eco
La soluzione deve essere applicate a linee di lunghezza inferiore a 2 km oppure di lunghezza compresa
tra 2 e 6 km qualora si desideri assicurare rapidità e selettività di intervento.
Lo schema di teleprotezione richiesto è quello a consenso con zona estesa “Permissive Overreaching”
con eco; tale schema prevede che il 1° gradino delle due protezioni sia tarato oltre il 100%
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dell’impedenza di linea e che il comando di scatto in 1° gradino avvenga solo quando dall’estremo
opposto giunga il segnale che anche la protezione affacciata ha rilevato il guasto in 1° gradino.
Affinché tale sistema possa funzionare in caso di un estremo debole o di interruttore di linea aperto, lo
schema viene dotato di logica eco in base alla quale il segnale di consenso allo sblocco viene ritrasmesso
per una durata di 200 ms (tipicamente) se si verifica una delle seguenti condizioni:
• mancato avviamento della protezione dopo 40 ms (tipicamente),
• stato di aperto dell’interruttore di linea (istantaneo).
5.2.2 Linee corte con protezioni distanziometriche ai due estremi senza schema di
teleprotezione
Tale soluzione si adotta su linee di lunghezza compresa tra 2 e 6 Ω nelle quali si accetta la possibilità di
interventi ritardati in 2° gradino per ridotta compensazione della resistenza di guasto.
IA IB
VA VB
lC
X
IC lX
VC
V& kl I
ZC = C = X C = kl X
I&C IC
dalle quali si possono trarre le seguenti considerazioni:
• le protezioni poste in a e b vedono il guasto ad una distanza maggiore di quella reale,
• la protezione in c compie una misura esatta della distanza di corto circuito,
• l’errore nella misura di ZA e ZB aumenta all’aumentare del rapporto fra le correnti di corto
circuito.
Così, se si tarasse la prima zona della protezione distanziometrica posta in A (B) all’80% della somma
delle impedenze delle linee A (B) e C, la protezione stessa potrebbe non intervenire nel caso di alcuni
guasti sulla linea C misurando una distanza maggiore di quella reale.
Tuttavia sulle reti di distribuzione AT si hanno normalmente potenze di corto circuito disponibili sulle
sbarre di una linea a AT a tre estremi non molto dissimili, per cui se si ipotizza IA=IB, le espressioni di
ZA e ZB diventano:
V&A I&
ZA = = kl A + k (l C − l X ) + k (l C − l X ) B = kl A + 2k (l C − l X )
I&A I& A
V& I&
Z B = B = kl B + k (l C − l X ) + k (l C − l X ) A = kl B + 2k (l C − l X )
I&B I&B
Quindi, affinché le due protezioni a e b compiano una misura corretta al manifestarsi di un guasto in un
punto qualunque del tronco T-C, è necessario regolare, tenendo conto di quanto sopra ed ipotizzando ad
esempio XlA>XlB>XlC, la protezione distanziometrica nell’estremo A con le seguenti tarature:
introdotto un coefficiente mutuo sul circuito omopolare che porta a scrivere le seguenti equazioni per i
circuiti di sequenza
V&df = V&d − Z dl I&d
V&if = V&i − Z il I&i
V&0 f = V&0 − Z 0l I&01 − Z 0 m I&02
I 01
Z0m
F
I 02
dove:
Vdf,Vif,V0f tensioni alle sequenze nel punto di guasto
Vd,Vi,V0 tensioni alle sequenze
Id,Ii,I01,I02 correnti alle sequenze
Zdl,Zil,Z0l,Z02 impedenze alle sequenze
Z0m coefficiente di mutuo accoppiamento omopolare delle due linee
Si può quindi notare che per avere una corretta valutazione della distanza del guasto, la protezione
distanziometrica deve essere alimentata anche con la corrente omopolare della linea parallela. Ciò può
naturalmente essere realizzato solo se la linea parallela parte dalla stessa sbarra, altrimenti bisogna
accettare l’errore di misura commesso.
Le correnti e le tensioni che si presentano alle protezioni distanziometriche durante un guasto sono
quelle che si presentano ai secondari dei trasduttori di misura. I suddetti trasduttori hanno un
comportamento nel regime transitorio di guasto che può influenzare la corretta risposta delle protezioni
stesse. In questo capitolo verrà inoltre brevemente illustrata l’influenza sul comportamento delle
protezioni distanziometriche della resistenza di guasto.
6.1 TA
Il comportamento dei TA durante il regime transitorio di guasto è influenzato essenzialmente dalla
presenza della componente unidirezionale nella corrente di guasto, dalla eventuale presenza di flusso
residuo e dalla sua prestazione. Tutti questi fattori possono portare alla saturazione del TA e causare
notevoli distorsioni della corrente secondaria addotta alle protezioni distanziometriche, come mostrato
nella Figura 18. La conseguenza del comportamento in transitorio del TA è che la corrente primaria non
viene riprodotta fedelmente e quindi, come può facilmente intuirsi, la protezione distanziometrica può
comportarsi in maniera non corretta.
CESI AXXXXXX
Rapporto SIST - Area Tecnica Sistemi Pag. 24/25
Corrente secondaria
Corrente primaria
6.2 TV capacitivi
Mentre nei TV induttivi non vi sono problemi per riprodurre al secondario la tensione primaria durante
un guasto, nei TV capacitivi le variazioni rapide della tensione primaria producono oscillazioni nella
tensione secondaria. In particolare un cortocircuito sulla linea ad AT provoca sulla tensione secondaria
un'oscillazione smorzata che si mantiene per alcuni millisecondi (vedi Figura 19)
Tali transitori sono dovuti alla presenza di capacità ed induttanze ed hanno andamenti oscillatori
smorzati che dipendono
• dai parametri dei TVC,
• dall’istante di variazione della tensione,
• dalla prestazione dei TVC stessi,
• dalla resistenza di guasto,
• distanza del punto di guasto.
Il comportamento dei TV capacitivi durante il transitorio susseguente ad un guasto può quindi anch’esso
influenzare il corretto funzionamento delle protezioni distanziometriche introducendo dei transitori sulla
tensione secondaria che non sono rappresentativi di quanto presente sulla tensione primaria.
Di solito il transitorio introdotto dal TVC è trascurabile poiché i guasti si instaurano quando la tensione
raggiunge valori prossimi al massimo, ma se il guasto dovesse persistere alla richiusura, poiché l’istante
non è predeterminato, si avrebbe un transitorio della tensione secondaria che sarebbe notevolmente
diverso da quello rappresentativo della tensione primaria.
Zf
A
Zf
Rf
IA+IB
R
Figura 20 - Effetto della resistenza di guasto
Se il contributo alla corrente di guasto da parte dell’estremo B si suppone pari a IB, l’impedenza vista
dalla distanziometrica posta in A sarà data da:
IA + IB
Za = Z f + R f ( )
IA
e, poiché le correnti IA e IB possono non essere in fase, la resistenza di guasto può comportare un errore
nella individuazione della distanza del guasto poiché può anche comportare una valutazione della
distanza superiore a quella effettiva (vedi Figura 20).