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INDICE GENERALE

CAPITOLO I - GENERALIT SUGLI ELETTRODOTTI AEREI E IN


CAVO PER SISTEMI AD ALTA TENSIONE
1.1 Richiami sulle costanti fondamentali delle linee aeree e dei cavi.
1.1.1 Premesse. . . . . . . . . . . . . .
1.1.2 Costanti fondamentali delle linee aeree. . . .
1.1.3 Conduttori per linee aeree ad A. T. . . . . .
1.1.4 Costanti fondamentali delle linee in cavo. . . .
1.1.5 Dimensionamento della sezione delle linee ad alta e altissima tensione

3
3
3
8
13
23

CAPITOLO II - LE LINEE DI TRASMISSIONE D'ENERGIA ELETTRICA


2.1 Equazioni in regime sinusoidale permanente di una linea di trasmissione
di energia. Quadripoli equivalenti. . . . . . . . . . . . . . .
2.2. Quadripoli equivalenti a sistemi in cui inserita una linea di trasmissione
2.3 Linea chiusa sull'impedenza caratteristica. Potenza caratteristica (naturale)
2.4 Linea a vuoto e in corto circuito. . . . . . . . . . . . . . .
2.5 Linea con lunghezza pari a 1/4 e 1/2 della lunghezza d'onda .. .
2.6 Calcolazione elettrica delle linee di trasmissione in regime permanente
sinusoidale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6.1 Diagramma vettoriale della linea.
2.6.2 Potenza attiva e reattiva. . . . . . . . . . . . . .
2.6.3 Diagrammi circolari di L1P e .1Q. . . . . . . . . . .
2.6.4 Rendimento di una linea. . . . . . . . . . . . . . .
2.6.5 Espressione della potenza in funzione delle tensioni ai due estremi
Diagrammi circolari delle potenze. . . . . . . . . . . .
2.7 Calcolazione elettrica delle linee di trasmissione in cavo in regime permanente sinusoidale. . . . . . . . . . . . . . . . .
2.7.1 Confronti fra i valori dei parametri fondamentali di linee aeree e in
cavo ad A. T. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.8
Capacit di trasporto di una linea. . . . . . . . . . . . .
2.9
Considerazioni economiche sulle capacit di trasporto di un elettrodotto
2.10 Considerazioni finali sulla trasmissione di potenza negli elettrodotti..

35
42
44
48
51
51
53
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60

61

64
64
65
72
73

CAPITOLO III - FENOMENI DI INFLUENZA FRA LINEE ELETTRICHE


AEREE E L'AMBIENTE
3.1
3.2

3.3
3.4
3.5
3.6

Premesse...... . . . . . .
Fenomeni di interferenza tra linee aeree.
3.2.1 Interferenza elettrostatica. . . .
3.2.2 Interferenza elettromagnetica. . .
Interazioni fra campi elettromagnetici ed organismi viventi.
Fenomeni d'influenza legati all'effetto corona dei conduttori. . . .
Problemi di influenza posti dalle correnti di guasto a terra.
Vincoli territoriali e ambientali per gli elettrodotti.

75
75
76
76
77
82
83
83

CAPITOLO IV - IL METODO DEI VALORI RELATIVI


4.1 Generalit.

. . . . . . . . . . . . . . . . .

87

XII
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6

Vantaggi dell'uso dei valori relativi. . .


Scelta delle grandezze di riferimento. .
Modalit di impiego dei valori relativi. .
Riporto di impedenze in p.u. da una base di riferimento ad un'altra.
Valori di prima approssimazione per le impedenze dei componenti di un
impianto. . . . . . . . . . . . . . .
4.6.1 Macchine sincrone .
........
4.6.2 Trasformatori. . . . . . . . . . . .
4.6.3 Le linee e i cavi.
4.6.4 Le sbarre. . . . . . . . . . . . . .

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88
89
91
92
92
93
93
93

CAPITOLO V - ANALISI DELLE RETI ELETTRICHE DI POTENZA


5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
5.6
5.7
5.8

Reti in regime permanente. Generalit. . . . . . . .


Variabili di stato in un sistema di potenza. .
Il problema del load flow e del dispatching. . . .
Le equazioni del load flow. . . . . . .
Determinazione delload flow in una rete. .
Applicazioni delle equazioni del lo ad flow. .
Equazioni delload flow in corrente continua.
Il dispatching in un sistema di potenza. . .
5.8.1 Il dispatching della generazione della potenza attiva.
5.8.2 Equazioni del dispatching. . . . . . . . . .
5.9.3 Cenno sul dispatching della produzione di potenza reattiva .
5.9 Sulla determinazione delle perdite in un sistema di potenza. .

95
97
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104
105
107
107
109
111
112

'l=APITOLO VI - LA REGOLAZIONE DELLA FREQUENZA


6.1
6.2
6.3
6.4

Regolazione della tensione e della frequenza in un sistema di potenza.


Regolazione della frequenza. Generalit.
Caratteristiche dei carichi.
Regolazione di frequenza. . . . . .
6.4.1 L'impianto. . . . . . . . .
6.4.2 Il Regolatore di velocit. .
6.4.3 La Regolazione primaria. . .
64.4 La Regolazione secondaria. .
6.5 La Regolazione frequenza-potenza.
6.6. Analisi della regolazione primaria e secondaria di frequenza a mezzo delle caratteristiche statiche. . . . . . . . . . . . . . . . . .

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118
121
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132
135
143

CAPITOLO VII - LA REGOLAZIONE DELLA TENSIONE


7.1
7.2
7.3
7.4
7.5

Generalit. . . . . . . . . . . . .
.....
Problemi degli utilizzatori. . . . . . . . . .
Regime delle tensioni nei nodi di una rete. . . . . . . . . .
Regolazione della tensione in un nodo. . . . . . . . . . . .
Determinazione della variazione di tensione nei nodi di una rete per iniezione di potenza re attiva in un nodo.
7.6 Mezzi di regolazione .
7.7 Livelli di regolazione. . . . . . .

145
145
147
148
149
150
150

XIII
7.8 La regolazione di tensione primaria nei diversi nodi della rete.
7.8.1 Nodi generatori. . . . . . . . . . . . . . . .
7.8.2 Nodi delle reti di trasporto (220.;- 380 kV). . . . . .
7.8.2.1 I trasformatori e autotrasformatori con variatore di rapporto
sotto carico. Boosters. . . .
7.8.2.2 Compensatori. . . . . . . . . . . .
7.8.2.2.1 Compensatori attivi. . . . . .
7.8.2.2.1A Compensatori sincroni .
7.8.2.2.2B Compensatori statici (FACTS)
7.8.2.2.2 Compensatori passivi. . . . . . . .
7.8.3 Nodi delle reti di trasmissione. . . . . . . . . . .
7.8.3.1 Trasformatori con variatore di rapporto sotto carico .
7.8.3.2 Compensatori statici. . . . . . . .
7.8.4 Regolazione della tensione nelle reti a M. T e b. t. .
7.9 La regolazione di tensione secondaria e terziaria.
7.9.1 Modello matematico linea rizzato del sistema .
7.9.2 Scelta dei nodi pilota. . . . .
7.9.3 Scelta dei generatori controllati. . . . . . . .

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152
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172
172
175

177
178
179

CAPITOLO VIII - ANALISI DEI GUASTI NON SIMMETRICI


8.1 Generalit. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8.2 Tipi di guasto. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8.3 Determinazione delle correnti e delle tensioni che si presentano durante
i guasti. . . . . . . . . . . .
8.3.1 Corto circuito tri/ase netto. . . . . . .
8.3.2 Guasto monofase a terra netto. . . . .
8.3.3 Corto circuito bzfase senza contatto a terra.
8.3.4 Corto circuito bifase con contatto a terra. .
8.3.5 Corto circuiti con impedenze non nulle. .
8.3.6 Doppio guasto a terra. . . . . . . . . . .
8.3.7 Guasto monofase a terra in reti con neutro isolato. . . .
8.4 Interruzioni non simmetriche.
..... .
8.4.1. Interruzione di una fase.
... .
8.4.2 Interruzione di due fasi. . . . . . .

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183
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190
191

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193

194

)... CAPITOLO IX - LE CORRENTI DI CORTO CIRCUITO NEI SISTEMI DI


POTENZA
9.1 Generalit. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9.2 Il regime transitorio causato dal corto-circuito. . . . . . . . . .
9.3' Calcolo delle correnti di corto-circuito in punti lontani dai generatori .
9.3.1 Ipotesi e metodi di calcolo. . . . . . . . . . . . . . .
9.4 Calcolo delle correnti di corto-circuito in punti prossimi ai generatori.
9.4.1 Valutazione di l''k .
9.4.2 Valutazione di h .
9.4.3 Valutazione di Ik .
9.4.4 Valutazione di Ip .
9.5 Massime sollecitazioni termiche in condizioni di corto-circuito.

197
198
201
202
210

211
213
213
215
215

XIV

CAPITOLO X - SOVRATENSIONI
10.1
10.2
10.3
10.4
10.5
10.6
10.7
10.8
10.9

Premesse. . . . . . . . . . . . . . . .
Richiami sul fenomeno di propagazione in una linea.
Propagazione su una linea polifase. Analisi modale. . . . . . . . ..
Attenuazione e distorsione delle onde che si propagano su una linea.
Riflessioni e rifrazioni delle onde. . . . . . . . .
Linee di lunghezza finita. Riflessioni multiple. . .
Metodo generale per l'esame delle riflessioni multiple.
Sovratensioni atmosferiche. . . . . . . . . . .
Sovratensioni di manovra. Generalit. . . . . . .
10.9.1 Inserzione di linee a vuoto: sovratensioni per chiusura e richiusura a seguito di apertura. . . . . . . . . .
10.9.2 Eliminazione di guasti. . . . . . . . . . . . . . .
10.9.3 Interruzione di piccole correnti induttive (trasformatori a vuoto) .
10.9.4 Interruzione di piccole correnti capacitive (lunghe linee aeree a
vuoto, cavi a vuoto, batterie di candensatorz). . . . . . . .
10.10 Sovratensioni sostenute a frequenza industriale o armonica.
10.10.1 Sovratensioni dovute a brusche riduzioni di carico.
10.10.2 Sovratensioni per eccesso di velocit. . . . . .
10.10.3 Sovratensioni temporanee. . . . . . . . . . . . . . .
10.10.3.1 Sovratensioni per autoeccitazione degli alternatori.
10.10.3.2 Sovratensioni per ferrorisonanza .
10.10.3.3 Sovratensioni per risonanza su armoniche.

CAPITOLO

11.1
11.2
11.3
Il.4

219
220
220
224
225
228
229
230
233
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239
239
240
240
240
243
244

XI - LA COMPATIBILIT ELETTROMAGNETICA (C.E.M.)


DEI SISTEMI ELETTRICI

Generalit. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Classificazione dei disturbi elettromagnetici e meccanismi di accoppiamento
Metodi di analisi dei disturbi elettromagnetici nei sistemi di potenza.
I disturbi condotti e irradiati nei sistemi di potenza .
11.4.1 Disturbi condotti.
.....
11.4.2 Disturbi irradiati. . . . . . . . . . .
11.5 Analisi dei disturbi condotti nei sistemi di potenza.
11.5.1 Modzfiche della simmetria della tensione nelle reti elettriche.
11.5.2 Variazioni della forma d'onda. Distorsione armonica.
11.5.2.1 Origine delle armoniche nelle reti e loro effetti. . . .
11.5.2.2 Qualit della tensione nei sistemi di distribuzione in presenza di armoniche .
11.5.2.3 Sistemi di filtraggio.
Il.5.3 Variazioni dell'ampiezza. . .
11.5.4 Sovratensionz; transitori e instabilit.
11.6 Analisi dei disturbi irradiati nei sistemi di potenza.
11.6.1 Generalit. . . . . . . . . . . . .
Il.6.2 Classificazione dei disturbi irradiati in base alle sorgenti .
11.6.2.1 Linee elettriche aeree e in cavo. . . .
11.6.2.2 Trasformatori di potenza.
11.6.2.3 Stazioni e cabine elettriche di potenza. . . .

247
250
253
254
254
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256
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265
281
281
281
283
283
284
286

xv

11.7

11.6.2.4 Gli apparecchi di manovra e protezione ed i quadri


elettrici di media tensione .
11.6.2.5 Gli apparecchi di manovra e protezione ed i quadri
elettrici di bassa tensione. . . . . . . . . .
11.6.2.6 La fulminazione atmosferica e i problemi di compatibilit elettromagnetica .
11.6.2.7 Gli azionamenti elettrici .
Qualit del servizio (Power Quality) .
11.7.1 La Normativa .

289
289
291
292
293
294

X-CAPITOLO XII - LA STABILIT DEI SISTEMI ELETTRICI DI POTENZA


12.1
12.2

12.3
12.4
12.5

12.6

12.7
12.8
12.9

Generalit. . . . . . . . . . . . . . .
Stabilit statica. . . . . . . . . . . . . .
12.2.1 Stabilit statica di un alternatore.
12.2.2 Stabilit statica di trasmissione di un sistema.
Equazione del moto del singolo generatore.
Stabilit stati ca nei sistemi a molte macchine.
12.4.1 Il modello semplificato.
Stabilit dinamica. . . . . . . . . . . . .
12.5.1 Lo smorzamento delle oscillazioni nel moto del generatore. L:influenza del regolatore di tensione. . . . . . . .
12.5.2 Instabilit oscillatorie nei sistemi a molte macchine.
Stabilit transitoria. . . . . . . . . . . . . . .
12.6.1 Stabilit transitoria di una macchina sincrona connessa ad una rete
di potenza infinita. . . . . . . . . . . . . . .
12.6.2 Applicazioni del criterio delle aree.
La stabilit transitoria nei sistemi elettrici a molte macchine.
Il transitorio di lunga durata. . . . . .
I provvedimenti per migliorare la stabilit. . . . . .

301
302
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312
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319
323
324
326

CAPITOLO XIII - DIMENSIONAMENTO DELL'ISOLAMENTO DI UN


SISTEMA
13.1
13.2
13.3
13.4
13.5
13.6

Considerazioni generali. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Approccio probabilistico semplificato del coordinamento degli isolamenti.
Comportamento degli isolanti elettrici alle sollecitazioni.
Livelli d'isolamento. . . . . . . .
Coordinamento degli isolamenti. . . .
Isolamenti e distanziamenti di sicurezza.

329
330
332
334
334
337

CAPITOLO XIV - LA PROTEZIONE DEI SISTEMI ELETTRICI DI


POTENZA
14.1
14.2
14.3
\ 14.4
1 14 .5
! 14.6

Premesse. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
I sistemi di protezione contro le correnti di esercizio anormali .
Conseguenze e classificazione dei guasti. . . . . . . . .
Cenno sulla valutazione economica della interruzione del servizio .
Struttura delle reti dei sistemi elettrici di potenza. . . . . . . .
Caratteri dei sistemi di protezione dalle correnti di esercizio anormali

345
345
353
354
355

XVI
delle reti di trasporto e trasmissione. . . . . . . . . .
Protezione a confronto di direzione e di fase con filo pilota .
Protezioni a distanza. . . . . . . . . . . . . .
Provvedimenti di protezione contro le sovratensioni .
14.9.1 Provvedimenti di carattere preventivo.
14.9.1.1 Funi di guardia. . . . . . . .
~4.9.1.2 Messa a terra del neutro. . . . .
14.9.1.3 Altri provvedimenti preventivi .
14.10 Dispositivi di protezione contro le sovratensioni. . .
14.11 Distanza limite di protezione di uno scaricatore. . .
14.12 Criteri di utilizzazione degli scaricatori e spinterometri. .

14.7
14.8
~ 14.9

355
356
356
358
358
358
360
364
365
365
368

,1( CAPITOLO XV - CONSIDERAZIONI SUL TRASPORTO DELL'ENERGIA


ELETTRICA IN CORRENTE CONTINUA IN A.T.
15.1
15.2
15.3
15.4
15.5

Generalit. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Schemi di trasmissione. . . . . . . . . . . . . . . . . .
Confronto fra sistemi ad A.T. in corrente continua e corrente alternata.
Stazioni di conversione. . . . . . . . . . . . . . . .
Cenni sulla regolazione e compensazione della potenza re attiva . . .

371
371
373
378
379

CAPITOLO XVI - L'AFFIDABILIT DEI SISTEMI DI POTENZA


16.1
16.2
16.3
16.4
16.5
16.6

Generalit. . . . . . . . . . . .
Componenti non riparabili. Affidabilit. . . . .
Modelli di guasto. . . . . . . . . . . . .
Componenti riparabili. Disponibilit. . . . .
Determinazione delle grandezze affidabilistiche. . .
Affidabilit dei sistemi complessi. . . . . . . .
16.6.1 Struttura serie e struttura parallelo di n elementi.
16.7 Metodi per il calcolo dell' affidabilit dei sistemi complessi.
16.7.1 Metodo dello spazio degli eventi. . . . . .
16.7.2 Metodo dei collegamenti (TIE - SET). . . . . .
16.7.3 Metodo dei tagli (CUT - SET). . . . . . . .
16.8 Metodi che consentono di valutare anche la disponibilit di sistemi complessi.
16.8.1 Metodo di Markov. . . . . . . . . . . . . .
16.8.2 Metodo di Montecarlo. . . . . . . . . . . . .
16.9 Considerazioni finali sulla disponibilit di un sistema di potenza.

381
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385
385
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388
388
389
389
390
390

CAPITOLO XVII - INTRODUZIONE ALLA PIANIFICAZIONE DEI


SISTEMI ELETTRICI DI POTENZA
i

17.1
17.2
17.3
17.4
17.5
17.6
17.7

Generalit. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Programmazione del sistema elettrico. . . . . . . . .
Copertura del diagramma di carico di un sistema di potenza.
Strutturazione del sistema elettrico di produzione. . . . .
Strutturazione di un sistema di produzione termoelettrica. Orientamenti nella
scelta della taglia delle unit generatrici. . . . . . . .
Esercizio di un sistema elettrico. . . . . . . . .
Strutturazione di un sistemg elettrico di trasmissione. . . .

393
395

396
396
398
399
400

XVII
17.8

Strutturazione di un sistema di produzione misto termoidroelettrico.


17.8.1 Introduzione di centrali ad acqua fluente.
17.8.2 Introduzione di centrali a serbatoio.
17.8.3 Introduzione di centrali a bacino. . . .

401
401
402
402

CAPITOLO XVIII - INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI


DI POTENZA
18.1 Generalit. . . . . . . . . . . . . . . . . .
18.2 Sistemi di teleoperazione. . . . . . . . . .
18.3 Compiti e obiettivi del sistema di controllo. . . . . . .

403
403
405

CAPITOLO XIX - CALCOLO MECCANICO DELLE LINEE AEREE


19.1
19.2
19.3
19.4
19.5
19.6
19.7
19.8

Premesse. . . . . . . . . . . . . . .
Generalit sul calcolo meccanico dei conduttori. . . . . .
Catenaria di un conduttore tesato fra due punti. . . . . .
Campata con attacchi a livello. Formula della catenaria (Silva).
Campate con attacchi a livello. Formule della parabola (Blondel Truxa).
Campate con attacchi a dislivello. . . . . . . . . . . . . . .
Allungamento elastico e dilatazione termica del conduttore. . . . . .
Modulo di elasticit e coefficiente di dilatazione termica lineare dei conduttori. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
19.9 Equazione del cambiamento di condizione del conduttore. . . . . .
19.10 Norme CEI per il calcolo meccanico dei conduttori. . . . . . . .
19.11 Applicazione dell' equazione del cambiamento di condizione al calcolo
meccanico dei conduttori. . . . . . . . . . . . . .
19.12 Confronto tra due condizioni per individuarne la pi gravosa.
19.13 I diagrammi di stato delle linee. . . . . . . . . . . .
19.14 Determinazione delle tabelle di tesatura. Abbaco Colonnetti.
19.15 Programmi per il calcolo numerico degli elettrodotti.
19.16 Indice di rottura. . . . . . . .
19.17 Studio delle tratte. Campata virtuale. . . . . . .
19.18 Considerazioni aggiuntive. . . . . . . . . . .
19.19 Scelta della campata di una linea aerea e dell'altezza dei sostegni. .
19.20 Calcolo meccanico dei sostegni e delle fondazioni delle linee aeree.
19.20.1 Generalit. . . . . .
19.20.2 Sostegni. Azioni esterne.
19.20.3 Ipotesi di calcolo. . . .
19.20.4 Conduttori rotti. . . .
19.21 Calcolo degli sforzi interni nei sostegni di M.T. e b.t ..
19.21.1 Sostegni di acciaio tubolari a stelo unico.
19.21.2 Pali di legno. . . . . .
19.21.3 Sostegni di cemento armato.
1921.4 Pali a traliccio a fusto.
19.22 Tralicci di forma complessa.
19.23 Calcolo delle fondazioni. . .

409
409
411
412
413
415
417
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419
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437
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440
440
440
442
442
445
448
450

XVIII
CAPITOLO

20.1
20.2
20.3
20.4
20.5
20.6
20.7
20.8
20.9
20.10

XX - DIMENSIONAMENTO DEI COMPONENTI DEI


SISTEMI DI POTENZA IN CONDIZIONI DI MASSIMA
SOLLECITAZIONE PER CORTO-CIRCUITI

Premesse. . . . . . . . . . . . . . . . .
Sollecitazioni termiche sui componenti di impianto. .
Sollecitazioni meccaniche sui componenti di impianto.
Sforzi elettrodinamici fra sbarre di forma qualsiasi. .
Sforzi elettrodinamici fra conduttori di una stessa fase.
Sforzi elettrodinamici sotto corto-circuito.
Fenomeni di risonanza. . . . .
Resistenza meccanica delle sbarre. . .
Frecce nelle sbarre. .
Sforzo sugli isolatori. . . . . . .

. . . . .
. . . . .
Generalit.
. .
. .

455
455
455
456
456
457
459
460
463
463

CAPITOLO XXI - PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE DI UN


ELETTRODOTTO AD A.T.
21.1
21.2
21.3
21.4
21.5
21.6
21.7
21.8
21.9

Generalit. . . .
Studio del tracciato.
Iter autorizzativo. .
Rilievo. . . . . .
Procedura normalizzata per la progettazione di un elettrodotto ad A.T. .
Scelta dei conduttori. . . . . . . . . . .
Verifica meccanica del conduttore. . . . . .
Scelta delle funi di guardia. . . . . . . .
Scelta dei sostegni. . . . . . . . . . .
21.9.1 Geometria delle testate e franchi elettrici verso massa.
21.10 Distribuzione dei sostegni sul profilo. . . . .
21.11 Le trasposizioni delle linee aeree.
21.12 Isolatori. . . . . . . . . . . . . . .
21.13 Morsetteria. . . . . . . . . . . . . .
21.13.1 Equipaggiamenti di sospensione del conduttore.
21.13.2 Equipaggiamenti di ammarro del conduttore.
21.13.3 Morsetteria a compressione.
21.14 Fondazioni. . . . . . . . .
21.15 La costruzione di un elettrodotto. .

465
465
474
476
478
479
480
481
481
483
486
487
487
490
490
490
491
492
492

CAPITOLO XXII - LA MESSA A TERRA NEGLI IMPIANTI ELETTRICI


22.1
22.2

Generalit. . . . . . . . . . . . . . . . .
Considerazioni sui dispersori di terra. . . . . . .
22.2.1 Dispersori elementari in mezzi omogenei. . .
22.2.2 Dispersori elementari in mezzi non omogenei.
22.2.3 Resistenze di terra di dispersori semplici.
22.3 Metodi di calcolo per dispersori complessi. . . . .
22.3.1 Generalit. . . . . . . . . . . . .
22.3.2 I: impiego dell' elaboratore elettronico per lo studio dei dispersori
di terra. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
22.3.3 I:impiego della vasca elettrolitica per lo studio dei dispersori di terra

497
499
499
505
507
508
508
508
509

XIX
22.4
22.5

22.6

22.7
22.8
22.9
22.10

Comportamento a impulso dei dispersori di terra.


Il progetto di un impianto di messa a terra. . .
22.5.1 Indagini preliminari. . . . . . . . .
22.5.2 Criteri generali di dimensionamento degli impianti di messa a terra
di protezione. . . . . . . . . . . . .
22.5.3 Livelli massimi della corrente di guasto. . . .
22.5.4 Circuiti di ritorno, dispersori ausiliari e naturali.
Dispersori intenzionali. . . . . . . .
22.6.1 Impianti elettrici estesi.
22.6.2 Uso dei picchetti. . . .
22.6.3 Cabine. . . . . . . .
22.6.4 Messa a terra dei sostegni.
Terreni non omogenei. . . . .
Dimensionamento dei conduttori che realizzano l'impianto di terra. .
Messe a terra di funzionamento. . . . . . .
Tensioni trasferite e fenomeni di interferenza. . .

510
512
512
513
514
515
520
520
524
525
525
525
526
526
526

CAPITOLO XXIII - LE STAZIONI ELETTRICHE


23.1 Premesse. . . . . . . . . . . . . .
23.2 Schemi di stazioni elettriche e criteri di scelta.
23.3 Analisi degli schemi di stazione. . . . . .
23.3.1 Semplice sistema di sbarre. . . . . . .
23.3.2 Semplice sistema di sbarre con by-pass dell'interruttore.
23.3.3 Schema a sbarra principale pi sbarra di traslazione. . .
23.3.4 Schema a doppio sistema di sbarre. . . . . . . . . .
23.3.5 Schema a doppio sistema di sbarre con sbarra di traslazione.
23.3.6 Schema a doppia sbarra e due interruttori per montante.
23.3.7 Schema con sistema di sbarre ad anello.
23.4 Progettazione modulare. . . . . . . .
23.5 Elementi costitutivi delle Stazioni. . . . .
23.5.1 Stazioni MT/AT annesse alle centrali.
23.5.2 Stazioni AT/MT Cabine primarie.
23.5.3 Stazioni ricevitrici. . . . . . . .
23.6 Il sistema di protezione. . . . . . . .
23.6.1 Stazioni ricevitrici. . . . . . .
23.6.2 Stazioni AT/MT (Cabine primarie).
23.6.3 Stazioni annesse alle Centrali. . .
23.7 I servizi ausiliari. . . . . . . . . , .
23.7.1 Servizi ausiliari in corrente alternata.
23.7.2 Servizi ausiliari in corrente continua.
23.8 Criteri progettuali. . . . . . . .
23.8.1 Scelta dello schema. . . . . . .
23.8.2 Scelta del terreno. . . . . . . .
23.8.3 Dimensionamento e scelta delle apparecchiature.
23.8.4 Disposizione delle apparecchiature. .
23.8.5 Carpenteria metallica. . .
23.8.6 Impianto di terra. . . . .

529
529
531
531
531
532
533
533
534
535
535
536
536
536
539
539
539
540
541
541
541
541
542
542
542
543
543
546
547

xx
23.9 Stazioni blindate in SF6.

547

CAPITOLO XXIV -LE TARIFFE DELL'ENERGIA ELETTRICA E LA


GESTIONE DEL CARICO
24.1
24.2
24.3

24.4

24.5
24.6

Generalit. . . . . . .
Costo del servizio elettrico. . . . . . .
Imputazione dei costi. . . . . . . . .
24.3.1 Metodo della responsabilit di punta.
24.3.2 Metodo della probabilit di contemporaneit. .
24.3.3 Metodo del carico medio ed eccedente. . . . .
24.3.4 Metodo E.R.A.. . . . . . . . . . .
Determinazione delle tariffe. . . . . . . . .
24.4.1 Tartffa Hopkinson (binomia). . . . . .
24.4.2 Tariffa Wright (a scaglioni di utilizzazione). .
Scelta del tipo di costo.
Cenni sulla gestione del carico (lo ad management) nei sistemi di distribuzione.
.....................

APPENDICE

A.l

A.2

I-

551
552
553
553
554
554
555
555
556
556
556
557

RICHIAMI SULLE MATRICI E TEORIA DELLA


PROBABILIT

Algebra delle matrici. . . . . . . . . . . .


A.l.l La notazione matriciale; trasposta di una matrice,
somma e prodotto di matrici.
.....
A.1.2 Autovalori di una matrice.
Teoria della probabilit. . . . .
A.2.l Il concetto di probabilit.
A.2.2. Probabilit condizionata. . . . . . . .
A.2.3 Variabili casuali. . . . . . . . . .
A.2.4 Distribuzione di probabilit. . . . . . .
A.2.5 Funzione di ripartizione o cumulativa e densit
A.2.6. Valore medio teorico. . . . . . . . . .
A.2.7 Scarto Quadratico medio e Varianza. . .
A.2.8 La variabile casuale normale o gaussiana. . .

. . . . . .
matrice inversa;

di probabilit.
. .
. .

559
559
562
563
563
563
564
564
564
565
565
565

Appendice II CENNI SUGLI STRUMENTI DI ANALISI E


CALCOLO DEI SISTEMI DI POTENZA
A.l

Generalit.

Bibliografia. .
Indice analitico. .

569
575
577

CAPITOLO I

GENERALIT SUGLI ELETTRODOTTI AEREI E IN CAVO PER


SISTEMI AD ALTA TENSIONE

1.1 Richiami sulle costanti fondamentali delle linee aeree e dei cavi
1.1.1 Premesse
I fenomeni elettromagnetici a mezzo dei quali avviene il trasporto di energia elettrica su
una linea di trasmissione possono essere descritti e studiati, come noto, attribuendo a ciascun conduttore di linea quattro parametri elettrici, uniformemente distribuiti, che per comodit vengono riferiti all'unit di lunghezza (*).
Questi, detti costanti fondamentali delle linee sono:
-la resistenza longitudinale r (Q/km);
-1'induttanza di servizio l (H/km);
-la conduttanza trasversale di servizio g (S/Km);
-la capacit di servizio c (F/km).
1.1.2 Costanti fondamentali delle linee aeree (""")
A) Resistenza longitudinale

La resistenza chilometrica longitudinale di un conduttore normalizzato per linee aeree


fornita dal costruttore e pu essere espressa dalla relazione:
r=

dove:

K~
S

[1.1J

p la resistivit in Q mm2 /km del materiale costituente il conduttore e varia con la temperatura ' con la legge p = P200 [1 + a (~- 20)];
S la sezione teorica del conduttore (nel caso di conduttori cordati omogenei la somma
delle sezioni di fili che la costituiscono). Nell'ipotesi di conduttori bimetallici (ad es. All.
(*) Per un esame pi approfondito della determinazione delle costanti fondamentali delle linee aeree
e dei cavi vedi: P. L. Buccheri Determinazione delle costanti fondamentali delle linee aeree e dei cavi.
Editore Co.gra.s. Palermo 1985.
(**) La lunghezza totale effettiva di una linea pu ottenersi incrementando di circa l' 1% il suo sviluppo
topografico per tener conto di catenarie colli morti, ecc.

Acc) i costruttori possono anche fornire la sezione del conduttore omogeneo di rame elettricamente equivalente in mm 2 ;
K un coefficiente che incrementa di alcuni percento il valore p/S per tener conto dell'effetto
pelle e della maggior lunghezza dei fili per cordatura.
B) Induttanza di servizio

L'induttanza di servizio di un conduttore il coefficiente che mette in relazione la corrente che lo percorre con la f.e.m. in esso indotta per la variazione nel tempo delle correnti
che percorrono tutti i conduttori di linea.
Come noto essa dipende quindi dalla geometria del sistema e dalle relazioni fra le correnti.
Nell'ipotesi di linea trifase trasposta, percorsa da un sistema puro di correnti, la induttanza di servizio viene espressa dalla relazione:
[H/km]

[1.2]

dove f..lo = 41t . 10- 4 [Hl km]; DM la distanza media geometrica tra i conduttori: DM =
VD!2D23D3! ; R* il raggio equivalente del conduttore che tiene conto del flusso interno dello stesso e vale in genere circa 0,8 re (dove re per conduttore cordato il raggio
della circonferenza circoscritta allo stesso), DM e R" in m;
Nel caso in cui i tre conduttori siano interessati da un sistema omopolare di correnti con
ritorno esclusivamente attraverso il terreno di resistivit PT [Q . m] a ciascun conduttore della
linea trasposta si pu attribuire una induttanza omopolare di valore:
l =
o

in cui HT == 330 ~Pr /

~
21t

In (2H T )3

[H/km]

[1.3]

R;' D M2

espresso in metri come R* e D edf la frequenza di esercizio in Hz.

Di solito lo vale 3-;.-5 volte l.


L'espressione dell'induttanza omopolare deriva dalla considerazione che 1'effetto della
conduzione del terreno pu essere schematizzato con la presenza di conduttori di ritorno
fittizi a distanza 2 HT dai conduttori di linea.
Per adottare tale schematizzazione occorre inoltre incrementare la resistenza longitudinaIe di ciascun conduttore della quantit:
[Q/kml

[1.4]

La presenza di una o pi funi di guardia collegate a terra in corrispondenza dei sostegni


di linea determina una riduzione dell'induttanza omopolare in misura tanto maggiore quanto
pi bassa la resistenza delle funi stesse; queste ultime, contribuendo al trasporto di una aliquota della corrente omopolare, costituiscono con i conduttori di linea delle spire di modeste
dimensioni trasversali (vedi 14.9).
(*)

'o non dipende da

equivalente

PT in quanto al crescere della stessa aumenta HT e quindi la sezione conduttrice

5
C) Capacit di servizio

La capacit di servizio di un conduttore di una linea trifase il coefficiente che mette


in relazione la corrente di spostamento che lo interessa con la tensione di esso riferita al
centro astratto del sistema.
Come noto essa dipende quindi dalla geometria del sistema, anche con riferimento al
terreno, e dalle relazioni fra le tensioni.
Nell'ipotesi di linea trasposta, in assenza di funi di guardia, la capacit di servizio vale:
2 1t Co

c=------:::-::-_=_~

l
n

2HmDm
r D' m

[F/km]

[1.5]

in cui Co = (11[9 . 41t]) . 10-6 [F/km]; Hm l'altezza media geometrica dei conduttori sul
terreno: J,}HIH2H3 ; Dm la distanza media geometrica tra i conduttori: Dm = J,}D12DnD31 ;
D'm la media geometrica delle distanze tra ciascun conduttore e le immagini degli altri rispetto alla superficie del terreno: D'm= J,}D'12 D'n D'31 ; r il raggio della circonferenza
circoscritta al conduttore, espressi tutti in m.
Nel caso in cui i conduttori siano interessati da un sistema omopolare di tensioni verso
terra a ciascuno di essi, se la linea trasposta, pu attribuirsi una capacit omopolare di valore

Co

'2

2Hm' Dm
ln
2
rDm

[F/km]

[1.6]

La presenza di una o pi funi di guardia, collegate a terra in corrispondenza dei sostegni


di linea, pu determinare un notevole aumento della capacit omopolare. Ci appare evidente
se si pensa che le funi di guardia riducono gli spessori del dielettrico interposto fra conduttori
e terreno.

DJ

Conduttanza trasversale - Fenomeno corona

La conduttanza trasversale esistente fra due conduttori ai quali sia applicata una tensione avente valore efficace V si determina dalla potenza perduta per dispersione trasversale p in base alla:
~
g~

dove [p]

= [MW/km];

[V]

V2

[S/kmJ

[1.7]

= [kV].

Per una linea a pi conduttori si introduce nella [1.7] la tensione di fase E e le perdite
medie trasversali relative a un conduttore e si definisce cos una conduttanza media di fase o
di servizio.
Tale parametro g ha in genere valore modesto e in molti calcoli pu essere trascurato.
Le perdite per dispersione trasversale sono imputabili:
nei cavi, al dielettrico e quindi sono legate al valore della tensione impressa e alla tangente
dell' angolo di perdita;
nelle linee aeree, agli isolatori e all' effetto corona.
Negli isolatori si hanno perdite nel dielettrico che li costituisce ma fondamentalmente

6
perdite Joule dovute alla conduttanza superficiale degli stessi che dipende largamente dalle
condizioni ambientali.
Per un isolatore normale a sospensione per linea aerea si va da 1 a 3 W perduto con
tempo asciutto, a 5-20 W con tempo piovoso per complessive alcune centinaia di Watt per
km di linea.
Quando il campo elettrico sulla superficie di un conduttore raggiunge un valore superiore alla rigidit dielettrica dell'aria circostante si manifesta in questa una esaltazione dei processi di ionizzazione gi preesistenti (per radiazioni luminose, raggi cosmici ecc.) che d luogo a
un flusso trasversale di corrente tra i conduttori con dissipazione di potenza.
A ci si accompagna l'emissione di radiazioni elettromagnetiche, in particolare luminose
(in relazione a scambi di energia tra particelle ionizzanti e atomi), con la formazione di una
guaina luminosa intorno al conduttore, che fa definire questo fenomeno come effetto corona.
Da ricerche sperimentali su conduttori cilindrici lisci di raggio r [cm] si rilevato che il
fenomeno corona si manifesta quando sulla superficie del conduttore il campo elettrico supera il valore fornito da:
[kV/cml

[1.8]

dove: 30 [kV/cm] la rigidit dielettrica dell'aria in condizioni normali di temperatura e di


pressione (20C, 1 atm);
ii la densit relativa dell' aria e vale:
0= 293 P
273 + t

[1.9]

con p (atm) pressione atmosferica; t (0C) temperatura.


Per tener conto della influenza dello stato superficiale del conduttore sul valore effettivo
di Ec si introducono dei coefficienti di riduzione: m 1 = 0.80 (per tener conto della cordatura)
m2 = 0,9 (per tener conto di scabrezze e depositi superficiali) m3 = 1.,..0,85 (per tener conto di
veli di umidit, pioggia, nebbia ... ); in definitiva si ha come gradiente critico:
E'c=m1m2m33002/3(1+0,25/-fr)

[kV/cm]

[1.10]

Il gradiente superficiale massimo Ex che si stabilisce in un conduttore che presenti una


tensione di fase E in valore efficace rispetto al centro astratto del sistema pu essere calcolato
utilizzando il valore della capacit di servizio relativa. Poich infatti per l'unit di lunghezza
del conduttore (applicando il teorema di Gauss) si ha:

q
J2cE
E -----x -

2 1t Eor

2 1t Eor

si ricava:

Ex =

J2E
D

rln~

[kV/cm]

[1.11]

in cui si ricorda che Dm [m] la distanza media geometrica fra i conduttori e si posto
nell'espressione di c 2H = D'm
La relazione [1.11] permette anche di vedere come varia la intensit del campo elettrico

~-------------------------.~

Fig. 1.1 - Intensit del campo elettrico sulla


superficie del conduttore al variare del raggio.

sulla superficie del conduttore al variare del suo


raggio (r Dm)'
Poich la guaina ionizzata che si forma a
seguito del fenomeno corona comporta un aumento virtuale del raggio del conduttore si pu
concludere che essa assicura in corrispondenza
della sua superficie esterna la riduzione del gradiente al disotto del valore critico e quindi il
suo spessore risulta stabilizzato a un valore dipendente dalla tensione di esercizio (fig. 1.1).
In un conduttore di un sistema trifase si
verifica 1'effetto corona quando il gradiente superficiale Ex della [1.11] supera il gradiente critico E' [1.10].

Dal confronto fra le [1.1 0], [1.11] si ricava che per non verificarsi il fenomeno corona il valore efficace della tensione di fase di esercizio non deve superare il valore della tensione critica:
<;:2/3
0,25) ln ~
Dm
211u
r ( 1+Ec =mmm
"-1 2 3
'
I

'lir

[1.12]

Per data tensione di esercizio, al fine di evitare il fenomeno corona conviene quindi
aumentare il raggio del conduttore r piuttosto che la distanza media Dm.
Il verificarsi del fenomeno corona comporta dissipazione di potenza lungo il conduttore che pu essere valutata statisticamente sulla base di dati sperimentali e apprezzata a mezzo
di formule semiempiriche quali quelle del Peek e del Peterson.

25
~ Dmr [E-E]2
O
c

p =241.1+
c'

Pc = 0,021.~. E

[Wlkm] (Peek)

[1.13 ]

[Wlkm] (Peterson)

[1.14]

ln~

in cui f la frequenza di esercizio [Hz] ed F la cosiddetta funzione corona fornita empiricamente da Peterson in funzione di EIEc.
opportuno notare che la formula di Peterson consente di valutare le perdite che in
realt si verificano sulla linea anche per valori della tensione E leggermente inferiori a EC'
Tali perdite di energia sono fortemente influenzate dallo stato superficiale del conduttore e dalle condizioni atmosferiche.
Orientativamente si pu affermare che per una linea trifase con E minore del 20-30%
di Ec le perdite corona hanno come ordine di grandezza:
0,5-3 kW/km con tempo asciutto;
20-100 kW/km con tempo piovoso.

8
tenSIOI'lC

corrente capaci t iva

corrente di ("((etto corona


corrente totale

Fig. 1.2 - Andamento della tensione. della corrente capacitiva, della corrente di effetto corona e della corrente
totale in un conduttore che presenti fenomeno corona.

Se viceversa E > Ec tali valori aumentano notevolmente e possono diventare inammissibili.


La corrente trasversale legata al fenomeno corona distorta giacch la sua erogazione
limitata a frazioni di periodo della tensione di esercizio. Essa inizia prima che la tensione
di esercizio raggiunga il valore critico Ec in quanto una carica spaziale residua di polarit
opposta determina un aumento di gradiente sulla superficie dei conduttori, mentre va a zero
prima in quanto il manicotto ionizzato formatosi aumenta il raggio del conduttore riducendo il gradiente relativo (fig. 1.2).
Tale corrente presenta quindi componenti armoniche, aventi carattere omopolare che
insieme alle radiazioni elettromagnetiche, anche per valori di tensione non troppo elevati,
danno luogo a interferenze notevoli sui sistemi di telecomunicazioni, in particolare ai sistemi di trasmissione radio (radiodisturbo, vedi Cap. III).
Per tutti questi indesiderabili fenomeni che accompagnano l'effetto corona il dimensionamento dei conduttori di una linea ad A.T. deve essere fatto in modo che il gradiente massimo
sulla superficie dei conduttori in condizioni normali di esercizio sia inferiore a quello critico.
Per conseguire questo obiettivo nel caso di linee ad alta tensione necessario adottare
conduttori di grande diametro (ad es. superiori a 50 mm per tensioni superiori a 220 kV).
Per risolvere tale problema nel passato si fatto ricorso a conduttori di costruzione speciale (ad es. Anaconda, espansi ecc.); oggi il problema viene risolto con i conduttori multipli
(vedi il paragrafo successivo).
1.1 J

Conduttori per linee aeree ad A. T.

Per tensioni superiori a 100 k V vengono adoperate nelle linee elettriche aeree corde
bimetalliche in alluminio acciaio, aventi un' anima in corda di acciaio ad alta resistenza meccanica e un mantello esterno costituito da pi strati di fili di alluminio crudo avvolti ad elica su tale supporto (vedi Val. I - Parte II).

9
A pari conducibilit elettrica tali conduttori rispetto a quelli in corda di rame hanno un
pi elevato carico di rottura (1,7 volte pi grande), un minore peso chilometrico (circa il 70%)
e un maggiore diametro esterno (circa 1,4 volte). Le prime due qualit sono interessanti dal
punto di vista meccanico anche in relazione alle campate molto lunghe che si scelgono per i
sistemi a tensione elevata mentre dal punto di vista elettrico l'aumento del diametro con una
sezione conduttrice (solo il mantello di alluminio) economicamente accettabile si presenta
molto favorevole in relazione al problema di limitare il gradiente superficiale sul conduttore
per evitare il fenomeno corona. Per tensioni di esercizio fino a 220 kV le corde bimetalliche
di alluminio acciaio risolvono adeguatamente il problema. Per tensioni superiori (380 kV e
oltre) i diametri relativi alle sezioni economiche determinate [vedi 1.1.5J sarebbero troppo
piccoli e non compatibili con le esigenze del fenomeno corona, d'altra parte quelli calcolati in
base a tali esigenze sarebbero tali da non permettere l'economico sfruttamento della sezione
attiva a causa anche dell'effetto pelle. S'impongono, pertanto, altre soluzioni.
Una di esse consiste nell' adottare conduttori speciali, ingrossati, cio con un elevato
rapporto tra 1'area della sezione delimitata dal contorno del conduttore e la sezione conduttrice. In questo campo sono stati fatti numerosi tentativi ma assai pochi sono quelli che
hanno avuto successo.
Fra i conduttori di rame si avuto un certo impiego, specie in USA, del tipo Anaconda; questo formato da un mantello a semplice o doppio strato di fili tondi di rame cordati
ad elica sopra un'armatura interna fissata da un nastro a doppio T awolto a spirale (fig. 1.3).
Fra i conduttori in All.-Acc., oggi pi diffusi, ha avuto qualche applicazione il tipo Alcoa in cui tra 1'anima di acciaio e il mantello esterno di alluminio si trovano dei riempitivi
di carta o di juta impregnati con olii adatti.

a)

b)

c)

.,

--

.~-._~

Fig. 1.3 - Conduttori per sistemi in


AT. e AA.T.:

---.d)

a)
b)
c)
d)

conduttore
conduttore
conduttore
conduttore

di Ali. Ace.
espanso (tipo Alcoa)
tipo Anaconda
tubolare

lO
Questi conduttori speciali, per sono di costruzione ed applicazione alquanto costose
e difficili ed il loro impiego pu dar luogo a inconvenienti di natura meccanica soprattutto
a causa dei riempitivi di materiale tenero.
Per evitare l'uso di conduttori speciali si pensato di sostituire ad un unico conduttore di grande diametro due, tre, quattro, n conduttori di diametro pi piccolo posti ai vertici
di un poligono regolare. nata cos la tecnica dei conduttori multipli dal cui studio sono
risultate soluzioni pi vantaggiose per i problemi che si presentano nelle grandi linee di trasmissione.
Un conduttore multiplo ha i singoli conduttori di fase costituiti da due o pi conduttori
elementari che, disposti simmetricamente rispetto all'asse, vengono mantenuti ad una determinata distanza uno rispetto all' altro (fig. 1.4).

-<r
"

i
,~'_

-fYr
a

,i

\,

\
/

:'

\,

G--)
a

0/
a

Fig. 1.4 - Disposizioni di conduttori multipli (binati, trinati, quadrinati).

In generale un conduttore multiplo si suole designare nel modo seguente:


n . 2rla - S
dove:
n = numero dei conduttori elementari che realizzano un conduttore di fase;
r = raggio del conduttore elementare (mm);
a = distanza minima fra due conduttori elementari (mm);
S = sezione effettiva totale del fascio che costituisce un conduttore di fase in mm2
Cos ad es. un conduttore del tipo 422,80/400-1228 costituito da 4 conduttori ciascuno di 22,80 mm di diametro, la cui minima distanza di 400 mm e la cui sezione globale
effettiva di 1228 mm 2
I principali vantaggi che si ottengono con l'impiego dei conduttori multipli sono i seguenti:
a) aumento della capacit di servizio;
b) diminuzione dell'induttanza di servizio;
c) diminuzione dell'impedenza caratteristica Zc (vedi Cap. II);
d) possibilit di aumentare rispetto ai conduttori unici la corrente e la tensione di trasporto;
e) riduzione, a parit di palo e di sezione totale dei conduttori, del valore massimo del
campo elettrostatico al contorno;
f) possibilit di ridurre convenientemente le perdite per effetto corona e i disturbi alle
radio-comunicazioni.
Si osservi infatti che:
Con riferimento a quanto considerato in a) b) c) quando una linea equipaggiata con
conduttori multipli nelle formule relative alla induttanza e capacit di servizio [1.2] e [1.5]
bisogna sostituire al raggio esterno del conduttore il raggio equivalente del fascio R; fornito dalla relazione:

Rf' -- Vnr * rl(n-l)

11

a)

b)

c)

d)

Fig. 1.5 _ Andamento del campo elettrico per conduttori unici (a) e per conduttori multipli (b,c,d).

12
dove rE il raggio della circonferenza cui appartengono i centri degli n conduttori elementari e r'~ rappresenta il raggio r del conduttore elementare per il calcolo della capacit di
servizio; mentre uguale a 0,8 . r per il calcolo della induttanza di servizio. Da ci deriva
che la sostituzione di ciascun conduttore di fase con un fascio di eguale sezione complessiva comporta un aumento della capacit di servizio e una riduzione della induttanza di servizio e quindi una sensibile riduzione di Zc.
Per quanto considerato in dJ e) /J si ricordi il migliore comportamento termico di un fascio
di conduttori rispetto a un conduttore unico di pari sezione complessiva e il pi favorevole andamento del campo elettrico dei conduttori multipli rispetto a quello di un conduttore unico.
Infatti, il campo elettrico al contorno di un conduttore unico dipende dalla carica elettrica da esso posseduta ed uniforme lungo tutto il suo contorno, mentre per conduttori
multipli il campo di ogni conduttore elementare la somma di due termini, uno dipende
dalla carica propria e l'altro da quella dei restanti conduttori del fascio. N e segue che l'intensit in questo caso pi piccola di quella che si ha con un conduttore unico. Come risulta dalla fig. 1.5, che d l'andamento del campo elettrico al contorno di conduttori unici
e multipli, il gradiente di tensione in questi ultimi non uniforme ma varia da un minimo
in corrispondenza dall' asse del fascio ad un massimo in corrispondenza dei punti esterni.
Nel caso di un fascio di n conduttori aventi raggio re interdistanza a si trova che la
massima intensit del campo elettrico al contorno vale:

Ex == 10,4 c-J2 Vn [1+ K.r] 10 6


nr
in cui Vn
c
K
del fascio.

[kVlcm]

[1.15]

== tensione concatenata in k V,
== capacit di servizio (calcolata come visto sopra),
== coefficiente che dipende dal numero dei conduttori elementari

(Tab. 1.1)
n

3,48

La verifica del fenomeno corona nel caso di conduttori multipli non pi effettuabile a
mezzo della [1.12] che stata ricavata per conduttori unici e pertanto la massima tensione
che il sistema pu assumere si deduce dal confronto fra il gradiente massimo Ex (dato dalla
[1.15]) con il gradiente critico (dato dalla [1.10]). Deve essere

Ex < E'c
I maggiori inconvenienti dei conduttori multipli sono di natura meccanica in dipendenza
della loro formazione. Assumono speciale importanza i sovraccarichi di neve e ghiaccio e le
sollecitazioni dovute al vento. Infatti si ha il pericolo che manicotti di ghiaccio molto grossi
vengano ad avviluppare globalmente il fascio portandolo a condizioni di sollecitazione particolarmente gravose; mentre al vento vengono offerte superfici maggiori.
Tenuto presente oltre questo, le vibrazioni, l'entit degli sforzi elettrodinamici per le

13

correnti di corto circuito ammissibili, gli sforzi longitudinali che possono manifestarsi ad
es. per lo stacco improvviso di un manicotto di ghiaccio da un conduttore del fascio, si
giunti alla conclusione che la distanza minima fra i singoli conduttori elementari non deve
scendere mai al di sotto di trenta cm. Nelle linee oggi in esercizio vengono pertanto adoperati
distanziatori che hanno lunghezza di 40 cm e oltre. Detti distanziatori vengono posti mediamente ogni 80-100 metri della campata. Quando per la linea sia tesata in zone con caratteristiche meteorologiche avverse questa distanza pu essere di soli 30 m verso la met della campata, per diventare 60-80-100 m in prossimit degli appoggi (fig. 1.6).
Per linee che debbano attraversare zone di montagna spesso per si preferisce adottare conduttori unici di tipo speciale.

Fig. 1.6 - Distanziatori per linee equipaggiate con conduttori multipli.

In generale la tesatura viene fatta contemporaneamente su tutti i conduttori del fascio


per evitare sfregamenti durante il montaggio con l'accorgimento di tesare un po' di pi i conduttori superiori per tenere conto del peso dei distanziatori.
Particolari difficolt si sono presentate nella realizzazione di accessori di linea e di morsetterie funzionali. Per quanto riguarda i distanziatori viene oggi in genere preferito un carrozzino di lega leggera che, poggiando sui conduttori a mezzo di rulli, permette scorrendo di
suddividere il carico in modo uniforme.
Tutti questi accessori speciali aumentano ovviamente le spese di posa in opera e di manutenzione.
Da un punto di vista economico si pu affermare che per il 220 kV difficilmente i conduttori multipli presenteranno vantaggi nei riguardi dei conduttori unici; mentre per il 380 kV
e oltre si ha una sensibile economia globale che, accoppiata ai vantaggi tecnici gi discussi, fa
s che questi conduttori risultino i pi adatti per la trasmissione ad altissima tensione di grandi
potenze a grandi distanze.
1.1.4 Costanti fondamentali delle linee in cavo
Le formule cui si pervenuti per le costanti fondamentali delle linee aeree non sono immediatamente applicabili alle linee in cavo, a causa della speciale configurazione geometrica del sistema conduttore e della diversa natura del dielettrico. D'altra parte da osservare
che le caratteristiche elettriche dei cavi che non dipendono dalle modalit di installazione
possono essere determinate in laboratorio mediante opportune prove su spezzoni, sicch la

14
determinazione accurata di tali caratteristiche per via teorica riveste minore importanza.
A) Resistenza longitudinale

La resistenza chilometrica longitudinale per ciascuna fase e per il neutro fornita dal
costruttore, per determinate condizioni di carico e di temperatura di esercizio, sia in c.c. che
in c.a. Essa pu essere espressa nella forma:
[Qlkm]

[1.16]

in cui p ed 5 sono definiti come per i conduttori nudi delle linee aeree; K un coefficiente che
tiene conto della maggior lunghezza dei fili per cordatura e spiraleggiatura delle fasi e, in c.a.,
dell' effetto pelle e dell' effetto di prossimit tra i conduttori, che determinano una distribuzione non uniforme della corrente con un aumento apparente della resistenza.
La resistenza incrementale Ll r che viene attribuita per comodit a ciascun conduttore, in
realt tiene conto delle perdite di potenza attiva per isteresi e correnti parassi te nei mantelli di
piombo e nelle armature di materiale ferromagnetico. Nei cavi tripolari armati e con mantello
di piombo tale incremento trascurabile per la vicinanza dei tre conduttori non superando
l' 1,5 % neanche per le sezioni maggiori di uso comune. Incrementi pi grandi di resistenza
possono verificarsi se la linea costituita da pi cavi unipolari distanziati (ad esempio disposti
su uno stesso piano o ai vertici di un triangolo) ciascuno con mantello di piombo continuo (*).
Nel caso in cui i mantelli siano metallicamente collegati ad entrambi gli estremi della linea (fig.
1.7), per il calcolo dell'incremento di resistenza si pu usare l'espressione:
2

rmx m
!J.r- 2
2
rm +Xm
A

[Qlkm]

[1.17]

in cui rm la resistenza chilometrica e X m la reattanza mutua chilometrica tra i conduttori


e un mantello (praticamente coincidente con la reattanza propria di quest'ultimo).
/

Fig. 1.7 - Cavi con mantelli collegati agli estremi


(*) Le perdite per isteresi e correnti parassite nelle armature di materiale ferromagnetico sono trascurabili anche nei capi unipolari, per gli accorgimenti che si adoperano nell' esecuzione della fasciatura al fine
di aumentare la riluttanza.

15

Nell'ipotesi che i cavi siano trasposti e che il sistema delle correnti sia puro, per il calcolo di tali parametri si possono usare le espressioni:
220IQ-{i

[Q/km]

[Q/km]

in cui si sono indicati con re, ri, Rm rispettivamente il raggio esterno, interno e medio del mantello (espressi in metri); il fattore 220 10-6 la resistivit del piombo espressa in Q . mm2/km.
Per un sistema bifase Dm (in metri) la distanza tra gli assi dei due cavi, per un sistema trifase
la distanza media geometrica tra gli assi dei tre cavi.
Per ridurre le perdite di potenza nei mantelli occorre che questi siano collegati ad una
sola estremit o siano adottati accorgimenti atti a evitare la circolazione in essi delle correnti indotte, quali l'adozione di muffole isolanti, il collegamento incrociato (<<crossbonding
fig. 1.8) dei mantelli eventualmente accoppiato alla trasposizione dei cavi. In tali ipotesi la
resistenza incrementale dr si pu considerare nulla.

~
I

~
3

~
I

- ....

--

Fig. 1.8 - Crossbonding dei mantelli dei cavi con trasposizione.

Si possono per stabilire sui mantelli pericolose sovratensioni verso terra, indotte dalle
correnti variabili che percorrono le fasi. Indicando con I [A] il valore efficace della corrente che percorre un conduttore di un sistema trifase equilibrato e trasposto o un conduttore
di un sistema bifase, la tensione longitudinale indotta in un mantello per un tratto continuo
di lunghezza L (km) si ricava con l'espressione:
110 ln
Dm
dV =1 X L =1 w-L
m
21t
~

[V]

[1.18]

in cui i simboli hanno il significato gi specificato.


Per ridurre tali tensioni opportuno mantenere le minime distanze possibili tra cavi
appartenenti a fasi diverse ed eseguire frequenti collegamenti incrociati tra i mantelli.

16

Infine da notare che ulteriori notevoli incrementi di resistenza (fino al 200% del valore in c.c.) possono verificarsi per particolari condizioni di posa, quali la vicinanza di piastre o l'intrusione in tubi di materiale ferromagnetico.

Induttanza di servizio
Per il calcolo dell'induttanza di servizio di un cavo tripolare con conduttori rotondi,
percorso da un sistema puro di correnti, si pu adottare una formula analoga a quella incontrata per le linee aeree con conduttori nudi:

B)

1= I-lo In
21t

12
R'

[H/kmJ

[1.19J

in cui I-lo = 41t .10-4 H/km, D la distanza tra gli assi di due conduttori e R* il raggio equivalente di ciascuno dei tre conduttori, definito in precedenza. La stessa formula si pu impiegare per un cavo bipolare. Se i conduttori sono settori ali si pu ammettere una riduzione del
3%-8% rispetto al valore ottenuto con la formula precedente applicata a una struttura con
conduttori circolari di eguale sezione, con eguale spessore del dielettrico interposto. Per i cavi
tripolari con mantello metallico o armati con fili o nastri d'acciaio opportunamente disposti,
per i cavi H e per quelli a 3 piombi l'esperienza dimostra che le correnti parassite hanno influenza trascurabile sicch si pu adottare ancora la formula precedente.
Per un sistema di tre cavi unipolari distanziati e muniti di mantelli metallici tra di loro
collegati, si pu usare la formula seguente per il calcolo dell'induttanza di servizio di una fase:
I=I-lo

In Dm_~

[H/kmJ
[1.20J
R' x~ +r~
in cui il termine correttivo tiene conto degli effetti delle correnti indotte nei mantelli (*) e si
annulla se sono adottati provvedimenti atti a impedire la circolazione di tali correnti.
Se i tre cavi sono disposti in piano e non sono trasposti, da ricordare che le fasi laterali
hanno induttanza maggiore e quella centrale induttanza minore del valore calcolato con la
precedente relazione.
Nel caso in cui i tre conduttori sono interessati da un sistema omopolare di correnti, per
il calcolo dell'induttanza occorre distinguere se essi sono dotati o no di mantello metallico.
1. Se sono privi di mantello metallico o se, pur essendone dotati, si pu ritenere trascurabile la corrente omopolare che esso convoglia (ad esempio per l'adozione di muffole isolanti,
per essere il cavo interrato in un terreno di buona conducibilit o per essere il mantello collegato a terra in un solo punto e isolato dal centro stella del trasformatore) (**) si pu adottare
per l'impedenza omopolare di una fase la stessa espressione impiegata per il calcolo dell'im21t

(*) da osservare [1.16 e 1.20J che le correnti parassite nei mantelli determinano un aumento nella
resistenza di servizio e delle perdite per effetto Joule e una riduzione della reattanza di servizio. Quest'ultima
per pu subire notevoli incrementi, rispetto al valore calcolato con la [1.20J, se i tre cavi sono disposti in
prossimit di strutture di materiale ferromagnetico.
(**) Nel seguito si suppone che il centro stella del trasformatore di alimentazione sia collegato a terra.
In caso contrario le correnti omopolari ritornano al rasformatore attraverso le capacit distruibuite delle fasi
verso terra o verso il mantello. La reattanza offerta da tali capacit in genere superiore alla reattanza omopolare di tipo induttivo.

17
pedenza omopolare delle linee aeree con ritorno della corrente attraverso il terreno:

2: 01

= r+ro + j
.

w lo
/.lo

= 3+ 31t 21 .10-4 +

(2H r Y

[Q/km]

[1.21]

+ j w 21t In R'D~

in cui Dm la distanza media tra gli assi dei tre cavi regolarmente trasposti.
Ad essa si sostituisce la distanza D tra gli assi di due conduttori nel caso di cavo tripolare
(*) o di un sistema di cavi unipolari ai vertici di un triangolo equilatero.
Nei mantelli metallici si possono stabilire pericolose tensioni per induzione da parte dei
conduttori di fase. Indicando con lo [A] il valore efficace del componente omopolare di un
sistema trifase con conduttori trasposti, la tensione longitudinale indotta in un mantello per
un tratto continuo di lunghezza L (km) si pu ottenere con la relazione:

[V]

[1.22]

L'espressione di z'o ricavata nel seguito sia per un cavo tripolare che per tre cavi unipolari distanziati.
Per un sistema bifase, ragionando in modo analogo e trascurando la corrente di carico,
si ricava:
[V]
[1.23 ]
con

o ln2Hr
21 10- 4 + j. W/.lz.' =1t.
-o
21t
Rm

[Q/km]

2. Se i tre cavi unipolari o il cavo tripolare hanno mantelli metallici che consentono la
circolazione delle correnti omopolari, l'impedenza omopolare di facile determinazione nel
caso in cui si possa ritenere che tali correnti percorrano esclusivamente i mantelli (mantelli
collegati al centro stella del generatore, isolati da terra o posti in terreno di elevata resistivit).
In tal caso a ciascun conduttore si pu attribuire l'impedenza omopolare fornita dall'espressione:
[Q/km]

[1.24]

[Q/km]

[1.25]

(se si tratta di 3 cavi unipolari distanziati) oppure dall' espressione


,

.W/.l o

R~

z 02 = r + 3 rm + j ~ In R * D2

(se si tratta di un cavo tripolare con unico mantello di piombo).


Nel caso di un cavo bipolare o di due cavi unipolari distanziati, prendendo in considerazione la sola corrente di guasto in analoghe condizioni, la precedente diventa:
."
. /.lo In ~
Z02=r+r
R<
m +j w

21t

[ Q /k m]

[ 1.26]

(*) da osservare che in questo caso la rettanza omopolare pu assumere valori particolarmente elevati (anche 20 volte il valore della reattanza di servizio) a causa del piccolo valore di D rispetto a quello di
2HT.

18
Il caso pi generale quello in cui sia i mantelli che il terreno contribuiscono a convogliare la corrente verso il centro stella del generatore. In tal caso l'impedenza omopolare
di difficile determinazione, giacch dipende dalla misura in cui la corrente si distribuisce
tra i due mezzi e quindi anche dalla efficienza del contatto tra mantello e terreno, dal grado
di omogeneit di questo e dalla eventuale presenza in esso di elementi metallici estranei (tubazioni, rotaie, ecc.) che possano stabilire percorsi preferenziali. Per il caso riportato in fig.

1m

(3 o

- ....

......

......

.....

- ---

--

--

- mJ

-4-(3Io-Im)

Fig. 1.9 - Schema per la determinazione dell'impedenza omopolare di un cavo.

1.9 (cavo tripolare con mantello metallico collegato al centro stella e a terra in un solo punto attraverso la resistenza RT con guasto a terra attraverso la resistenza R'T che comprende
anche quella del tratto di mantello della sezione guasta alla pi vicina messa a terra), con
procedimento analogo a quello che si adopera per la determinazione dell'impedenza omopolare delle linee aeree con fune di guardia, si ricava l'impedenza omopolare da attribuire a
una fase:
[Q/km]

[1.27]

in cui

- .i oc l'impedenza omopolare chilometrica di una sola fase, tenendo conto degli altri due
conduttori di fase, ciascuno percorso dalla corrente lo, e del ritorno attraverso il terreno:
[1.28]

19

io l'impedenza di un mutuo di accoppiamento tra ciascun conduttore e il mantello,


nell'ipotesi che la corrente Ir che percorre quest'ultimo ritorni attraverso il terreno:

2/

Z = 1 t . 10-4 + ). 0Ilo
) - ' l n2Hr
-o

21t

[Qlkm]

Rm

[1.29]

- Zom l'impedenza omopolare chilometrica del solo mantello (percorso della corrente Ir)
con ritorno attraverso il terreno: che percorre quest'ultimo ritorni attraverso il terreno:
[1.30]
Ragionando in modo analogo nel caso di 3 cavi unipolari trasposti, nelle stesse condizioni
di guasto, indicando con
.

2/

= r + 1t.

Zoc

10- 4

. Ilo l (2Hr
+ )0) 21t n R * D2

[Qlkm]

[1.31]

l'impedenza omopolare di ciascun mantello tenendo conto di tutte le correnti dei mantelli con
ritorno attraverso il terreno (ma non delle correnti nei conduttori), indicando inoltre con
.

Zom

2/

= rm + 1 t .

10- 4

l (2Hr [(""\/k ]
+ ).O) Ilo
21t n ~D~ ~o!; m

[1.32]

l'impedenza omopolare di ciascun mantello tenendo conto di tutte le correnti dei mantelli con
ritorno attraverso il terreno (ma non delle correnti nei conduttori), infine indicando con
., _ 3

Zo

2/

1t.

10- 4

. ~
l (2H r f
2 n R D2

+)

O)

1t

[Qlkm]

[1.33]

l'impedenza di un mutuo accoppiamento tra i 3 mantelli (ciascuno percorso dalla corrente [m)
e un conduttore di fase, si ricava:
[Qlkm]

[1.34]

da osservare che l'impedenza omopolare dei cavi con mantello collegato al centro stel-

la spesso viene calcolata nell'ipotesi che il terreno non offra alcun contributo alla circolazione
della corrente. In tale ipotesi si pu dire che la reattanza omopolare per fase. circa 1,5-1,7
volte quella di servizio; la resistenza omopolre dipende anche dal materiale di cui costituito
il mantello e per i conduttori di sezione maggiore pu essere venti volte superiore alla resistenza del solo conduttore.
Se una parte della corrente omopolare fluisce attraverso il terreno, si verifica una riduzione della resistenza omopolare e un aumento della reattanza (fino a 5-6 volte quella diretta) rispetto ai valori calcolati nella ipotesi precedente; poich poi hanno notevole influenza
le caratteristiche del terreno, opportuno riferirsi ai risultati di misure eseguite su cavi in
analoghe condizioni di esercizio piuttosto che impiegare formule ricavate per via teorica.
La reattanza omopolare pu diventare qualche decina di volte superiore a quella diretta nel
caso in cui la corrente fluisca esclusivamente attraverso il terreno.

20
C) Capacit di servizio

La misura delle capacit parziali e della conduttanza trasversale dei cavi viene eseguita
a mezzo di ponti di misura in corrente alternata (ponte di Wien, di Wagner e di Schering
che consente di ricavare direttamente il valore dell'angolo di perdita).
Per un cavo unipolare la capacit tra il conduttore interno di raggio ri e la superficie cilindrica esterna di raggio re fornita dall' espressione

c=

21t EoEr

[F/km]

In (re / ri )

[1.35]

in cui Eo = 1/9 41t 10-6 [F/km], Er = 3,4-4 per isolamento con carta impregnata, Er = 3-5 per
isolamento in gomma, Er = 5-8 per materiale termoplastico. Tale espressione valida anche per
il calcolo della capacit di servizio e della capacit omopolare per una fase di un sistema di tre
cavi unipolari con mantelli metallici collegati tra di loro e, in particolare di un cavo a tre piombi
o tipo H. li gradiente che si stabilisce in corrispondenza della superficie del conduttore per l'applicazione della tensione V 12 tra esso e la superficie cilindrica esterna, fornito dalla relazione:

V12

E=

[1.36]

ri In (re / r)

in pratica il valore fornito da tale relazione pu aumentare di circa il 20% per effetto della
cordatura del conduttore.
Per i cavi tripolari occorre distinguere se sono dotati di mantello metallico esterno o no.
Nel primo caso, nell'ipotesi di dielettrico omogeneo, si pu adottare la seguente formula approssimata per il calcolo della capacit di servizio corrispondente a un sistema puro di tensioni di fase:
0,111 Er .10-6
[1.37]
[F/km]
c=
DKK'

ln-ri D'

in cui (fig. 1.10 a, b): KK' la distanza tra l'asse di un conduttore e l'asse del conduttore
immagine rispetto al mantello metallico (*), D la distanza tra gli assi di due conduttori, D'
la distanza tra l'asse di un conduttore e l'asse dell'immagine di uno degli altri due conduttori,
Rm il raggio medio del mantello e ri il raggio di ciascun conduttore.
Se i tre conduttori sono sottoposti ad un sistema omopolare di tensioni verso il mantello
metallico, a ciascuno di essi si pu attribuire la capacit omopolare:

Co

(D')2( KH)3

In KK'
ri D

-!3 -:- K-f(') soddisfano

la relazione

[1.38]

K'H

(*) Si ricorda che le distanze dal punto O dell'asse del conduttore reale

tore immagine (D /

[F/km]

~ ( ~ + KK') = ~

D/

fj

e dell'asse del condut-

21

T
D

1
\

'\'

a)

\
......

'-

1----- ~ ----I

/
Fig. 1.10 - Schema per la determinazione della capacit di servizio di un cavo tripolare senza mantello
metallico esterno.

4)

b)

Fig. 1.11 - Schema per la determinazione della capacit di servizio di un cavo tripolare con mantello metallico esterno.

22
in cui (fig. 1.10 b) sono stati indicati con KH e K' H le distanze dal mantello rispettivamente dell' asse di un conduttore e dell' asse del conduttore immagine.
Se a mezzo di misure si procede alla determinazione della capacit parziale Co tra un
conduttore e il mantello metallico (fig. 1.11 a) e della capacit parziale c* tra i conduttori
(fig. 1.11 b), la capacit di servizio corrispondente a un sistema puro di tensioni di fase
fornita dalla relazione:
C = Co + 3 c*
Le formule precedenti sono scarsamente approssimate nel caso in cui lo spessore dell'isolante modesto rispetto al raggio dei conduttori (cavi per b.t.) giacch sono basate sull'ipotesi che le cariche si possano pensare concentrate in corrispondenza degli assi dei conduttori.
Per i cavi tripolari con conduttori settori ali si pu ammettere un aumento compreso tra
il 10% e il 25% del valore fornito dall'espressione precedente per una struttura con conduttori circolari di eguale sezione, con eguale spessore del dielettrico.
Se il cavo tripolare o i tre cavi unipolari non sono provvisti di mantello metallico, nell'ipotesi in cui le distanze reciproche tra i conduttori siano trascurabili rispetto alla altezza di tesatura sulla superficie del terreno, applicando il principio delle immagini e quello di sovrapposizione degli effetti, si ricavano per la capacit di servizio C e per quella omopolare Co le espressioni:
[F/kmJ
C

D( KK'
D' )1

ln -,:;

[F/kmJ

nelle quali si indicato con H l'altezza media di tesa tura dei cavi sulla superficie del terreno
supposta equipotenziale e con y un coefficiente che dipende dalla costante dielettrica relativa
ET del materiale isolante dei cavi (supposto omogeneo).
Precisamente:
E -1
y=_T_
ET

+1

Inoltre si indicato con KK' la distanza tra l'asse di un conduttore e l'asse della sua
immagine rispetto alla superficie cilindrica di contorno del cavo; con D la distanza tra gli
assi di due conduttori e con D' la distanza tra l'asse di un conduttore e l'asse dell'immagine
di un altro (fig. 1.10 b).
Per cavi interrati e per gli ordinari valori di resistivit del terreno si possono adottare con
buona approssimazione le formule valide per i cavi con mantello metallico.
In generale si pu dire che la capacit di servizio e la capacit omopolare di un cavo
tripolare sono notevolmente superiori (anche alcune decine di volte) a quelle di una linea
aerea con conduttori nudi esercita alla stessa tensione. La capacit di servizio di un cavo
tripolare (o di una fase di un sistema di 3 cavi unipolari), a parit di configurazione e di
caratteristiche del dielettrico, maggiore se il cavo provvisto di mantello metallico. Per

23
un cavo tripolare con mantello la capacit omopolare inferiore a quella di servizio, il rapporto tra le due in genere compresa tra 0,5 (cavi di piccola sezione per tensione di esercizio
modesta) e 0,8 (cavi con conduttori di sezione notevole e per tensioni di esercizio di alcune
decine di kV).
D) Conduttanza trasversale

Se si alimenta con un sistema simmetrico di tensioni un cavo tripolare aperto all' altro
estremo, questo assorbe un sistema di correnti sfasate in anticipo di un angolo inferiore a
90, a causa dei fenomeni dissipativi che hanno sede nel dielettrico. La potenza attiva dissipata si pu esprimere in funzione della tensione di fase E [V] e dell' angolo di perdita O.
Con i simboli indicati in fig. 1.12, si ha:
bY = 3E la = 3E lJ go ==3E 2 ro co

[F/km]

Dal punto di vista circuitale si pu tenere conto di tali perdite attribuendo ad ogni fase
la conduttanza trasversale di servizio definita dalla relazione:
bY
3E

g=--=roco
2

[S/km]

[1.39]

supposta derivata, come la capacit di servizio c,


tra il conduttore e il centro astratto del sistema.
per da osservare che l'angolo di perdita ovaria al
variare della temperatura e della tensione di esercizio del cavo (*).
In generale si pu dire che la conduttanza trasversale viene spesso trascurata nei calcoli elettrici
dei cavi, poich il suo valore molto pi piccolo
di quello della suscettanza capacitativa; al contrario nella determinazione della portata del cavo non
si possono trascurare le perdite nel dielettrico n
l'aumento del valore dell'angolo di perdita al crescere della temperatura.
E
Fig. 1.12 - Angolo di perdita di un cavo

1.1.5 Dimensionamento della sezione delle linee ad alta e altissima tensione

Le linee aeree ad alta ed altissima tensione sono oggi generalmente equipaggiate con
un conduttore per fase di alluminio-acciaio per sistemi fino a 220 kV; con pi conduttori
per fase (conduttori multipli) per i sistemi a tensione superiore (380 kV e oltre).

(*) Orientativamente si pu dire che alle temperature normali di lavoro" = 0,003 per l'isolamento con carta impregnata; " = 0,003-0,01 per l'isolamento in gomma; " = 0,002 per l'isolamento con materiale termoplastico.

24
La determinazione della sezione prescindendo da considerazioni di natura meccanica
che possono imporre dei valori minimi per le stesse (vedi Cap. XIX) viene effettuata con
uno dei seguenti criteri:
- Criterio termico
- Criterio della massima perdita di potenza ammissibile
- Criterio del massimo tornaconto economico

Nei sistemi in alta tensione non viene in genere adottato il criterio della massima caduta
di tensione ammissibile che invece trova vaste applicazioni nel dimensionamento dei sistemi
di distribuzione (vedi VoI. III).(*)
Laddove si adotti il criterio economico sempre opportuno verificare il comportamento
termico del conduttore e ove richiesto le sue perdite. Deve inoltre verificarsi la mancanza di
fenomeno corona.
Per le linee in cavo ad alta e altissima tensione vengono di solito adottati cavi unipolari in
isolamento estruso e in olio fluido (vedi VoI. I - Parte II - par. 2.3 in cui sono anche riportati
i valori delle portate ammissibili per posa in aria e interrata) Il dimensionamento elettrico dei
cavi va eseguito con il criterio termico.
A) Criterio termico

La potenza dissipata dai conduttori ne fa aumentare la temperatura che, se diventa eccessiva, pu provocare seri inconvenienti; si ha in ogni caso un aumento della resistivit e con
essa delle perdite, una possibile riduzione della vita dell'isolante nei cavi, un aumento della
freccia nei conduttori aerei che possono ricuocersi specie nei giunti con una diminuzione della
loro resistenza meccanica, al limite anche la fusione del conduttore con pericoli di incendio.
Per le linee aeree, ammettendosi in genere una sovratemperatura massima di 40C rispetto ad una temperatura massima ambientale di 40C, si ha che si pu raggiungere una temperatura di 80e.
Per i cavi dei sistemi ad alta e altissima tensione le temperature massime ammissibili possono raggiungere 85e.
La temperatura ambiente massima si assume 30C per i cavi posati in aria e 20C per
quelli interrati a una profondit non inferiore a 0,8 m con una resistivit termica del terreno
di lOCm/W
Per i cavi sotterranei sono quindi ammesse sovratemperature maggiori e quindi, a parit
di cavo, densit di corrente pi elevate del 20.;.-30%.
La trasmissione del calore pu avvenire per irraggiamento, ossia per radiazione
elettromagnetica, per conduzione, per trasmissione dell'agitazione molecolare, o per convezione, con movimento di materia. Non considerando il fenomeno dell'irraggiamento e
della trasmissione del calore all'interno del conduttore (come lecito, in dipendenza delle temperature in gioco), per linee aeree, equipaggiate con conduttori nudi o cavi, si pu
ritenere prevalente il fenomeno della convezione; per i cavi interrati, si pu ritenere prevalente il fenomeno della conduzione.

(*) Nei sistemi in A.T e A.A.T sempre possibile correggere nei nodi ricevitori la tensione in arrivo
a mezzo dei trasformatori e autotrasformatori con variatore di rapporto sotto carico ivi installati

25
Riferendosi a condizioni di regime permanente, nelle quali si raggiunta la temperatura
di regime e quindi si ha uguaglianza fra potenza dissipata e trasmessa sotto forma di calore
all' ambiente, nell'ipotesi che si abbia trasmissione del calore per convezione il flusso del calore Q, per unit di lunghezza del conduttore, proporzionale alla differenza di temperatura
LlS fra conduttore e ambiente e alla superficie s esterna dello stesso conduttore, secondo un
coefficiente K di trasmissione che dipende dalle caratteristiche fisiche della superficie disperdente e dallo stato e temperatura degli strati fra il conduttore e 1'ambiente circostante:

Q = K s LlS

[Wlkm]

[1.40]

Nei fenomeni di conduzione a regime si ha una espressione analoga nella quale interviene
la conducibilit termica del materiale a.
Nello studio dei fenomeni di propagazione del calore in regime stazionario o transitorio delle linee aeree e dei cavi, spesso utile ricorrere ad un modello analogico di tipo elettrico. L'analogia risulta evidente se, riferendosi alla legge di Ohm termica, al flusso di calore nell'unit di tempo corrisponde la corrente elettrica, alla temperatura, la tensione, e alla
resistenza termica, la resistenza elettrica. In tal modo, l'unit di misura della resistenza termica sar definita come quella che sottoposta alla differenza di temperatura di 1C determina il flusso di calore di 1W In queste ipotesi, ponendo Ro, resistenza termica, pari a 11
(Ks), nella [1.40] si ricava:
[1.41]
Per un conduttore avente resistenza R attraversato da una corrente costante I, si ha:
[1.42]

PR = KsLlS

e quindi con le ipotesi fatte sopra, si ha in generale


[1.43]

PR = LlSIRo

La determinazione della corrente massima trasportabile hm (portata) va fatta a partire


dalla variazione fra la massima temperatura ammissibile per il conduttore, SUm, e la temperatura ambiente, Sa, rapportata alla resistenza termica complessiva:
[1.44]
Nel caso di cavi la resistenza termica complessiva Ro, terr conto della resistenza termica
del materiale isolante interposto fra l'anima conduttrice e la superficie esterna del cavo e
della resistenza termica esistente fra quest'ultima e l'ambiente di posa (in aria o nel terreno). La resistenza R del conduttore deve essere valutata alla temperatura massima ammissibile (SUm)'
Dalla [1.44], fissato un valore di sovratemperatura ammissibile, resta quindi definita la
massima corrente che il cavo, la sbarra o la linea aerea che presenta un ben determinato valore di Ro pu trasportare con continuit. D'altra parte tale coefficiente Ro, che dipende da
svariati parametri ed in particolare dalle condizioni in cui si trova il conduttore rispetto all'ambiente (conduttore nudo o isolato, sotterraneo o aereo, in presenza o meno di altri con-

(*) Dove [Q]

= W/km ; [AS] = C ; [s] = mm' ; [K] =

w
km mm

.oC

26
duttori, ecc.) risulta di difficile ed incerta determinazione teorica. Pertanto si preferisce procedere sperimentalmente e su questa base sono stati tabellati, in dipendenza anche delle condizioni di posa, le portate dei conduttori nudi (per linee aeree e sbarre) e isolati (cavi) (vedi
tabelle VoI. I - Parte II e Tabelle CEI-UNEL 35024/1 e2).
A mezzo di opportuni fattori correttivi si pu tenere conto del fatto che la temperatura
ambiente e la resistenza termica del mezzo sono diverse da quelle nominali.
Riferendosi all'unit di lunghezza del conduttore ed esplicitandone con i soliti simboli
la resistenza R = p/S si ha dalle [1.42J e [1.43].
2

Ll8 =

Ro P 1

[1.45J

~ ~~ . Ll8

[1.46J

a=

Da queste relazioni si deduce che:


-la sopraelevazione di temperatura Ll8, a parit di ogni altra condizione cresce linearmente
con p e P;
-la densit di corrente a, a pari Ll8, diminuisce al crescere della sezione S. Infatti aumentando 5 aumenta anche s ma in proporzione minore e pertanto il valore di Fs75 diminuisce.
I conduttori isolati, a pari condizioni, sopportano fino ad una certa sezione densit di
corrente superiori a quelle ammissibili per i conduttori nudi per la maggiore superficie di
dispersione offerta; per sezioni maggiori il fenomeno si inverte per la maggiore resistenza
termica offerta dall'isolante.
Per il dimensionamento che utilizza il criterio termico si parte dal valore di corrente massimo che si presume transiti in modo duraturo nel cavo o nel conduttore nudo in esame e a mezzo delle tabelle gi citate, che forniscono le portate ammissibili per i diversi tipi di conduttori e
per le possibili situazioni di installazione, si vede quale deve essere la sezione da adottare (calcolo preliminare) o come si comporta la sezione adottata (calcolo di verifica). Evidentemente, come
gi detto, di fondamentale importanza apprezzare in modo attendibile la corrente da prendere
in esame tenendo conto dei fattori di contemporaneit dei carichi alimentati dalla linea studiata.
Detto criterio termico in genere vincolante per il corretto proporzionamento dei cavi.
Per questi buona norma scegliere una sezione un po' in eccesso rispetto a quella strettamente necessaria in modo da renderli pi idonei a sopportare sovraccarichi duraturi ed eventuali
ampliamenti della rete. Nel caso in cui i cavi si trovino a funzionare con regimi caratterizzati
da lunghe o brevi pause di riposo pu essere opportuno uno studio accurato del transitorio
termico degli stessi. Infatti il proporzionamento fatto sulla base della massima corrente prevedibile, senza tener conto della sua durata, pu portare a soluzioni economicamente non accettabili in quanto il regime termico viene raggiunto dal cavo in tempi non trascurabili.
Per queste analisi occorre partire dalle relazioni che forniscono l'andamento nel tempo della variazione di temperatura del conduttore nella fase di riscaldamento (conduttore
percorso da corrente) e in quella di raffreddamento (la corrente viene interrotta).
Si ha nel primo caso (fig. 1.13)
[1.47J

27

AB

B.
Fig. 1.13 - Andamento della temperatura durante il transitorio di riscaldamento di un conduttore

nel secondo caso (fig. 1.14)


[1.48]

B.
Fig. 1.14 - Andamento della temperatura durante il transitorio di raffreddamento di un conduttore

28
avendo posto ea = temperatura ambiente (ritenuta costante) e eD = temperatura di regime.
Il conduttore raggiunge la temperatura di regime eD dopo un tempo T' = 4+5 la costante
di tempo termica T. Questa, che viene fornita dai costruttori, varia con la sezione dei cavi e
pu raggiungere tempi anche rilevanti. (') Nel caso in cui il cavo venga fatto funzionare con
regimi intermittenti, la stessa sovratemperatura si raggiunge con una corrente 1* pi elevata di
quella In di regime continuativo. Il coefficiente di sovraccarico K sar dunque:
[1.49]
Nel caso in cui il regime transitorio sia caratterizzato da un periodo di funzionamento TI
minore di T', seguito da un periodo di riposo sufficientemente lungo da assicurare il ripristino
delle condizioni di riposo del cavo (fig. 1.15), il coefficiente K vale

K=

L: ;~

[1.50]

Nel caso in cui si abbia invece un regime intermittente che non consenta al cavo di ritornare alla temperatura iniziale (fig. 1.16), se si indica con TI la fase di funzionamento, con T2 la
fase di riposo e con Tt la somma di TI e T2 si avr:

_Il

k=

l-e

_'Il

l-e

[1.51]

Tt

Si rinvia alla letteratura specializzata per un approfondimento delle espressioni ora riportate.
Per elettrodotti in AT. e AAT., normalmente realizzati con conduttori nudi pu essere
utile conoscere la massima portata ammissibile, per temperature ambiente ridotte (ad esempio
inferiori a 10 C) e quindi per sovratemperature molto pi grandi della norma (60 7 70).
Infatti in condizioni di emergenza, che si verifichino ad esempio durante il periodo invernale,
una linea pu essere caricata pi del previsto ammettendosi in questo caso cadute di tensione
e perdite piuttosto elevate.
Per eseguire queste valutazioni con relazioni pi approssimate della [1.43] si possono
utilizzare le relazioni di Shuring e Frick, che partono dalla eguaglianza tra perdite ohmiche
(PR) e calore disperso per convezione (WJ e irraggiamento (Wt ) per unit di lunghezza e
superficie:
[1.52]
Posto:

ea = temperatura ambiente
To = ea + 273C
~e =

sovratemperatura tra conduttore e aria ambiente C

(*) Per cavi A.T. interrati con una corrente pari alla portata il regime si raggiunge in 10+15 ore; se in
aria in 3+5 ore; se entro una tubazione in tempi intermedi.

29

/~
\
:,

1'\\
/

1\
....

Sa ~============+r--~-_....L....-_----

Fig. 1.15 - Andamento della temperatura durante il funzionamento con carico intermittente con TI < T*
con il ripristino delle condizioni di riposo.

....
....
9a
Fig. 1.16 - Andamento della temperatura durante il funzionamento con carico intermittente senza il ripristino delle condizioni di riposo.

30

T = [ea +

~e]

+273 C

To +T

T =-_oC
m
2
D = diametro circoscritto del conduttore in cm
R = resistenza elettrica di 1 km di conduttore, con R = R 20 [1 + a~'t] dove ~'t la differenza
fra la temperatura del conduttore e 20C (temperatura di riferimento per la resistenza). Si ha:
0

W -285
r -,

4- (l1000 )4]
1000 )
[( ~

W :=0000316 [
c'

.Jpv~e
Ji5

yO,123 .

[1.53 ]

[1.54]

[1.55]

p = pressione dell' aria [kg/cm2 ]


v = velocit del vento [kmlh]
Per P = 1; v = 2 si ha

1,41

~e

Wc = 0,000316 [ T~,!23 . .Ji5


Sulla base della [1.52] si ha in queste ipotesi:

1=5,6

(Wr )+(WJ1Q4 D

[A]

[1.56]

Nelle figg. 1.17 che seguono, per le sezioni adoperate di conduttori di All.-Ace., vengono
fornite le portate ammissibili in funzione della temperatura dei conduttori e della temperature
ambiente, per P = 1, v = 2.
B) Criterio della massima perdita ammissibile

Per gli elettrodotti pi importanti necessario contenere entro un valore programmato


la massima perdita P% (circa iI5%). Per una linea trifase, lunga L (km) che abbia un carico
pari a P (MW) con dato cos <Il e con tensione concatenata V (kV) all'arrivo, nell'ipotesi di
avere conduttori che presentino una resistivit p (O mm2lkm) e che si trascuri l'ammettenza
trasversale si pu scrivere:

M
3RI 2
pPL
:= 100 - - == 100 --'-:-----:-p
p
S V 2 cos 2 <Il

P% == 100 -

[1.57]

da cui immediatamente si ricava la sezione S (mm 2 ) che soddisfa quanto prefissato.


C) Criterio del massimo tornaconto economico

Gi nel VoI I - Parte I si notato, che criteri economici, che permettano di operare delle
scelte, debbano essere sempre tenuti presenti dal progettista di impianti elettrici. In questo
ambito molto interessante determinare per ogni linea aerea quale la sua sezione di massimo tornaconto economico. Nel caso di una linea aerea con carico di estremit, la variazione

31
I(A)

1200
1100

Diametro del conduttore 22,8 mm.

amh. (O C)
5

lODO

lO
15
20
2'J
JO
35
40
45
50
55

900
800
700
600
500
400

mD
200
100

U-~L-~~~

15

20

2')

30

__~~~~L--W~~--~~4-~--~--~~~~.~5

40

45

50

55

65

60

70

75

80

e condo (O

C)

I(A)

1200

e ambo

1100

5
10

15
20
25
30
35
40
45
50

Diametro del conduttore 26,9 mm.

1000

(0 C)

900
800
700

55

600
500

400
300
200
20

25

30

50

5')

60

65

70

75

80

Fig. 1.17 a,b - Portata in ampere per conduttori di AlI. Ace. al variare della temperatura ambiente

32
8 ambo

HA)

(0 C)

5
lO

1200

15
20
25
30
35
40
45
50

1100
Diametro del conduttore 29,3 mm.

1000
900
800

55

700
600
500
400
~oo

200
100
15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

8 condo

(0

I (A)

(0 r)

r )
20
25

1200
1100

30
35
40

1000

45

Diametro del conduttore 31,5 mm.

50

90n

55

800
700
60n
500
400
~oo

200
15

20

2'j

lO

J'j

40

ll5

50

5'j

60

65

70

75

80

8 cond

(0 [)

Fig. 1.17 c,d - Portata in ampere per conduttori di AlI. Ace. al variare della temperatura ambiente

33
del costo con la sezione del conduttore non dipende solo da questa ma anche dalle modificazioni risultanti, in dipendenza dalla tensione, nei sostegni, negli accessori e nel tipo di
isolatore. Si pu ammettere che la legge di costo sia del tipo (1,):

Cl

= a+

[1.58]

bS + cV

dove a, b e c sono delle costanti, S la sezione del conduttore e V la tensione. Tenuto conto
che di tale costo C significativa, per l'operazione di ottimizzazione che si vuole qui effettuare, solo la aliquota variabile con S, si potr scrivere per 1'onere patrimoniale annuo della linea:

C\ = b S (i% + a%) = a n L c S (i% + a%)

[1.59]

dove a un coefficiente che tiene conto di oneri aggiuntivi a quelli del conduttore impiegato;
n il numero dei conduttori della linea; L la loro lunghezza; il loro peso specifico; i% il costo
del denaro; a% la quota di ammortamento; c il costo unitario del conduttore in opera.
Il costo dell'energia perduta in un anno (H), indicando con h il numero di ore di utilizzazione della massima potenza perduta e con c' il costo del kWh, vale:
*

C2

5L

[1.60]

I p h c'

La sezione di massimo tornaconto quella per la quale C\ + C'2 minimo, cio quella
per la quale la derivata di C\ + C*2 rispetto a S nulla e la derivata seconda positiva. Per
tale sezione (legge di Lord Kelvin) i due oneri si eguagliano (fig. 1.18). Pertanto la sezione di
massimo tornaconto si ha quando 1'onere patrimoniale annuo della linea pari al costo delle
perdite che si sono verificate.
Effettuando le operazioni suddette si ottiene:

S =I
op

ph

.{

[1.61]

u(i%+a%) c

Fig. 1.18 - Andamento della curva di costo totale C*.

La sezione da adottare
sar quella normalizzata pi
prossima in eccesso alla Sop
cos ottenuta. Tenuto conto
che la curva che d gli oneri
totali in funzione della sezione si presenta in prossimit
del minimo abbastanza appiattita, scostamenti non
troppo grandi intorno a Sop
non allontanano praticamente la soluzione da quella di
massima economia.

(*) Per i sist:emi di distribuzione (MT e bt) per i livelli di tensione unificati alla espressione 1.58 si d
di solito la forma Cl = a + bS.
(**) Si ammette che l'energia perduta resti costante negli N anni di vita utile previsti per la linea.

34

Il problema della determinazione della sezione di massimo tornaconto di una linea nella
realt non cos semplice poich si incontra una certa difficolt ad attribuire un costo effettivo ai kWh perduti in quanto questo funzione delle perdite. Da studi fatti sull'argomento per risulta che, in prima approssimazione, tale costo pu essere apprezzato fissando un costo medio dell' energia fornita all' ingresso della linea in esame.
Per i conduttori di Alluminio-Acciaio si ammettono densit di corrente di massimo tornaconto economico, per il pieno carico, di circa O,771Nmm2
Dalla [1.61] si rileva infine che le densit di corrente di massimo tornaconto sono pi
grandi per linee a utilizzazione pi modesta (h diventa pi piccolo) che per quelle per le quali
il carico medio si awicina al pieno carico.
Se nella [1.58] si pone S = Sop, il costo della linea riferito a una data potenza trasmessa
si pu scrivere:
a bS op
V a b'
V
C' =-+--+c-=-+-+cIp
P
PPV
P
dove:

[1.62]

cos <p = cost

Se si vuole ottimizzare questo costo nei confronti della tensione si ottiene:

dC;
dV

= __l_b'+~ = O
V2

[1.63]

da cui risulta

VnJP

[1.64]

Pertanto si ottiene che adottando un conduttore con una sezione tale da presentare la
densit di corrente di massima economia, la potenza trasmissibile economicamente proporzionale al quadrato della tensione.
Per i sistemi ad A.T. e A.A.T. questa potenza prossima a quella caratteristica (vedi
Cap. II).
Per tali sistemi sono stati unificati in Italia i tipi di conduttori adoperabili.

Conduttori unificati per linee A. T.

(Tab. 1.2)

Tensione
nominale kV

Materiale

Tipo

Diametro
mm

Sezione
mm'

380
380
380
220
220
220
130
130

All.-Acc.

Multiplo

4x22,80
3x26,90
3x31,50
2x31,50
26,90
29,30
15,85
22,80

4x307
3x428
3x585
2x585
428
508
148
307

unico

CAPITOLO II

LE LINEE DI TRASMISSIONE D'ENERGIA ELETTRICA

2.1 Equazioni in regime sinusoidale permanente di una linea di trasmissione di energia.


Quadripoli equivalenti.
Nei corsi di elettrotecnica stato analizzato in generale il problema della propagazione
della tensione e della corrente su una linea di trasmissione d'energia.
Qui viene riproposto tale esame per una lunga linea aerea trasposta (simmetrica) avente
come costanti fondamentali r, l, g, c, eccitata da un sistema di tensioni sinusoidali simmetrico
e percorsa da un sistema equilibrato di correnti.
Si far riferimento a una fase del sistema e') e si considerer un elemento di lunghezza
infinitesima dx assumendo come origine delle ascisse il terminale di partenza e come verso
positivo quello dalla partenza all' arrivo. Richiamando in parte concetti gi noti si ha che questo elementino di linea pu essere schematizzato con il quadripolo elementare di fig. 2.1 avente come parametri longitudinali una resistenza rdx e una reattanza mldx e come parametri
trasversali una suscettanza mcdx e una conduttanza gdx.
1_

gd.

I~

____________

~d~.

________________ ~

Fig. 2.1 - Quadripolo equivalente ad un tratto eleo


mentare di linea.

Se

E ed r sono i fasori rappresentativi della tensione e della corrente della linea, si pu

(*) Si ricorda che nelle ipotesi fatte ciascuna delle tre fasi rappresentata da un circuito uguale e
indipendente dagli altri. Per le linee in esame (trifasi) il conduttore di ritorno ha impedenza nulla in quanto
il circuito si chiude attraverso le altre due fasi.

36
SCrIvere:

- (- dE )= (r d x + i

E - E + d x .d x

m l d x) I

[2.1]

- (- dI)

(- dE)

I - I + d x . d x = (g d x + i m c d x) E + d x . d x

da cui semplificando e trascurando gli infinitesimi del secondo ordine si ha:

dE

--=
dx

dI

z= (r + j m l) e y = (g + j mc)

(r + imI )I =zI
[2.2]

)--

- - = g +imc E=yE
dx
impedenza e ammettenza per unit di lunghezza della linea.

Derivando la prima delle [2.2] rispetto a x e sostituendo

yE

a _

dr

si ha:

dx

d2f _ .. I
dX2 -

zy

e analogamente

[2.3]

che rappresentano due equazioni differenziali ordinarie omogenee del 2 ordine.


~ viene denominata costante di propagazione della linea; ~1 la costante di attenuazione
e ~2 la costante di fase o di distorsione (*).
Integrando le [2.3] si ha:

li = Kle-~x +K2e+~x
I = K3e-~x + K4e+~x

(*) Per

il loro significato vedi il successivo paragrafo 2.3.

[2.4]

37

Le costanti di integrazione

Kl , K2' K3' K4 vengono determinate a mezzo delle due re-

lazioni [2.2] e di due condizioni ai limiti. Si ha infatti derivando la seconda delle [2.4] cambiata di segno:

e per le [2.2]

si ha

-K4~ =

(g+ j

ID

C)K2

Le [2.4] possono allora scriversi:

[2.5]

1= Zc
~ (K e-~x - K e+~x)
l
2
Posto quindi per x = o E = El ; [ =

L si ha:
EI=KI+ K2
Z]l = KI - K2

cos

si ha quindi

[2.6]

Ricordando che

38

eX +e- x

coshx=--2

-x

sinh x = e -e

si ha:

[2.6']
I

= I l COS h

~x -

El

sin h ~x

In particolare per tutta la lunghezza L della linea si ha


[2.7]

12 = Ilcos h

dove

El

o-=- sin h e
Zc

e= ~L si definisce angolo complesso della linea e vale ovviamente:


e = ~(r + j l) L (g + j c) L = ~z. y
O)

O)

dove Z = L e Y =YL sono la impedenza e la ammettenza dell'intera linea.


Per conoscere la distribuzione della tensione e della corrente lungo la linea, quando
sono note le grandezze all' arrivo, si possono sempre utilizzare le [2.6] con l'accorgimento
di sostituire a El e Il' E 2 e 12 e di cambiare il segno a x, in quanto le distanze sono ora
computate dall' arrivo. Si avr pertanto:

E = C::f2+22)2 }+~X + (E2 -22)2 }~X

I = ~c

[(E2 +22)2 }+~X _(E2 -22)2 }-~X

[2.8]

e per tutta la lunghezza della linea:

e
Il = 1 cosh e+ (E2...1 Zc) sinh e
El = E 2 cosh

e+ Zc 1

sinh

che in forma compatta possono scriversi:


[2.8"]

(*) Le [2.8'] e [2.8"] sono le relazioni pi adoperate nel calcolo delle linee in quanto di norma sono date le
condizioni in arrivo.

39
La linea pu quindi rappresentarsi a mezzo di un quadripolo avente i seguenti parametri:

= D = cos

C =~sin h e
Zc

il che significa che la linea un quadripolo passivo reciproco AD - BC = 1 e simmetrico

li = D (fig. 2.2).
Nelle linee di trasmissione ad A.T. gli elementi dissipativi re g hanno valore molto modesto rispetto a quelli reattivi e pertanto la considerazione delle linee senza perdite permette di
trarre in modo semplice alcune interessanti conclusioni aventi validit generale.
Nella ipotesi che r = o e g = o si ha:

-H

tenuto conto che per una generica variabile reale Z

_l

t
E,

ii

E,

cos h j Z = cos Z

sin h j Z

=j

sin Z

si ha dalle [2.6']

ii

Fig. 2.2 - Quadripolo di equivalente di


una linea.

-z:

I = I l COS p2X - J. El

.
Stn

P2X

[2.9]

dalle quali si nota che tensione e corrente variano armonicamente lungo la linea rispetto alla
coordinata x. La lunghezza per la quale dette funzioni completano un ciclo (che si ottiene per
quella coordinata A. per la quale P2A. = 21t), si chiama lunghezza d'onda e pu esprimersi come
21t

21t

,----- O)
2

- P

Jk

[2.10]

Per linee aeree di trasporto ad A.T. a 50 Hz, tenuto conto dei valori di l e c presenti, A. == 6.000 km.
La velocit con cui la tensione (corrente) si propaga su una linea di lunghezza pari a A.
vale v = ~ dove T il periodo di pulsazione della grandezza alternata in esame ed quindi
21t
pari a ,si ha quindi
O)

e vale 300.000 Km/s.

(~,).

), 21t O)
O)
O)
1
v=-=--=-=--=--T P2 21t P2 O)~ ~

(*) Per una linea con perdite . e v hanno valori leggermente inferiori.

[2.11]

40
Sempre nell'ipotesi di linea senza perdite, dalla prima equazione delle [2.6] si ha:

E = (El +}~)l }iPZX + (El -2Z)1 }

+iPzx

Posto
e

poich El e Il sono espressi in valori efficaci, il valore istantaneo della tensione di un generico punto della linea distante x dall'origine si pu scrivere:

[2.12]
avendo posto El sull'asse reale e indicato con Yl e yzle fasi E1l e E lz .
Si conferma pertanto che: la tensione (e analogamente la corrente) si propaga a mezzo
di due onde sinusoidali una diretta e una riflessa (o una progressiva e una regressiva) e che
in ogni suo punto il valore istantaneo della tensione costituito dalla somma di due termini
come sopra specificato.
Nel caso di linee con perdite bisogna tenere conto degli esponenziali: e -PlX e e+PlX di
cui il primo trasforma l'onda diretta in una sinusoide smorzata, il secondo l'onda riflessa in
una sinusoide esaltata.
Da quanto qui esposto in base alla seconda delle [2.6] risulta che ad ogni onda di tensione corrisponde un'onda di corrente, dividendo ogni membro per 4, e che le due onde
di corrente si sottraggono.
Si gi visto che una linea pu essere rappresentata a mezzo di un quadripolo passivo, reciproco e simmetrico rappresentabile con tre impedenze, di cui due fra loro uguali, in quanto i suoi quattro parametri sono legati dalle relazioni: AD - Be = 1 e A = D. Tale quadripolo pu essere quindi un circuito a p o a T.
Le impedenze e ammettenze risultanti hanno i valori riportati in fig 2.3a.
Se si studia l'equivalenza fra una linea senza perdite e il quadripolo a 1t di fig. 2.3.b, si
ha in particolare:

El = Ez + Z (Iz + Ez Y)

Il = Iz + Ez Y +El Y = Iz + E2 Y + Ez Y +Z Y (Iz + Ez Y)
El = E2 (1+ZY)+Z Iz = A Ez +13 Iz
Il =Ez(2Y+Zy Z )+I2 (1+ZY)=CE 2 + 1512
cos ~zL = l+Z Y
j Zc sin ~z L

j _l-sin

Zc

=Z

~2L = 2Y +2 y2

41
.(l. L
Z =;~~SznI32

R
Y
= cos 1-'2

L- 1

cos 13 2 L-l
j Z c sin 13 2 L

. 1

13 L

Zc

= J=-tg -2 -

1T
Fig. 2.3a - Quadripoli equivalenti a

l
i'

7r

e a T di una linea.

l,

l,

R _
1-'2-

E,

I"
Fig. 2.3.b - Quadripolo a

tenuto conto che

1t.

21t
A

132 L =i .21t e quindi:

'J!'

Z
L 21t
- =; -szn -.
C

- . rc

Y =J ~ l tg

i 1t

se la linea sufficientemente corta:

[2.13]

quindi per la [2.10]

Z =j

fI b.A .21t = j

~~

(j)

IL

rcL
. cL
Y =J~li1t=J(j) 2

42

In tale caso l'impedenza in serie si ottiene moltiplicando la reattanza longitudinale per la


intera lunghezza della linea e analogamente l'ammettenza trasversale che viene divisa in parti
uguali (fig. 2.4).
L'approssimazione [2.13] legittima per linee su!
IL
ficientemente
corte rispetto alla lunghezza d'onda. Ad es .
----r---~~----~~---1.
per una linea lunga 60 km

L.

Fig. 2.4 - Quadripolo equivalente a una


linea corta.

60
6000

1
100

In tali casi i parametri della linea possono essere


considerati come concentrati.

2.2. Quadripoli equivalenti a sistemi in cui inserita una linea di trasmissione


Nel paragrafo precedente sono stati forniti i parametri di quadripoli equivalenti a T e 1t
per una linea di trasmissione. Qui verranno esaminati i casi in cui la linea cos rappresentata
faccia parte di un sistema.
a) Quadripolo equivalente alla cascata di un bipolo e di un quadripolo passivo (generatore +
linea o generatore + trasformatore) fig. 2.5)

_I

t
E,o - II: V

E,
C

t
E,

Fig. 2.5 - Quadripolo equivalente alla cascata di bipolo e di un quadripolo passivo.

Si ha

I = I, = A I 2 + C E z

= E,

Ev- ZI ,=AEz+BIz
Ev-ZA Iz-ZC E 2 =A Ez+B I 2

Bv

(ff + Z C)B2 + (13 + Z ff)f2


f=AI 2 +CI 2

Le costanti del quadripolo equivalente sono:

43

/1* =/1+2 C

[2.14]

E" =13+2/1

b) Quadripolo equivalente alla cascata o al parallelo di due quadripoli passivi (fig. 2.6)
(linea + trasformatore o due linee in parallelo).

A,

--

1 E;t

li,

E,

E.

C,

I I

ii,

_;

_I

A,

ii.

c.

15,

t
I
E,
i~-' L_

A,

B,

e, o,

tE~
I

_lt

A,

li,

C,

D,

~1

A,

B,

c,

o,

_1
l

E,

c. o.
Fig.- 2.6 - Quadripolo equivalente alla cascata o al parallelo di due quadripoli passivi.

1) cascata: si eguagliano la tensione e la corrente uscente dal primo alla tensione e corrente d'ingresso al secondo e si eliminano tra le due coppie di equazioni tali grandezze.

2) parallelo: si eguagliano le tensioni di ingresso e di uscita dei quadri poli e si prende


in esame il fatto che le correnti di ingresso e di uscita del quadripolo equivalente sono somma delle correnti di ingresso e rispettivamente di uscita dei quadri poli.
Per la cascata si ottiene:

As = AjAZ + BjC2
Bs = A j B2 + Bj D2
--

--

Cs = Cj A 2 + D j C2

Ds

[2.15]

C B2+ DP2
j

Per il parallelo si ottiene

[2.16]

44

Dp =

BID2 +DIB2
BI +B2

Le [2.15] si possono ottenere semplicemente scrivendo in forma matriciale i parametri


dei quadripoli

[ ~ses
mettendo ovviamente le matrici nello stesso ordine in cui si succedono i quadripoli.
Tale formulazione si estende facilmente a pi quadripoli in cascata (vedi ad es. il caso
di una linea con trasformatori in ingresso o in uscita).
Ovviamente se i trasformatori hanno rapporto di trasformazione complesso diverso da 1,
il quadripolo risultante non reciproco n simmetrico.
2.3 Linea chiusa sull'impedenza caratteristica. Potenza caratteristica (naturale).

Se la linea chiusa all' estremit di arrivo su un carico pari all'impedenza caratteristica,


siha

(E2 /12 )=2c


Si pone tale condizione nella [2.5], con x = L, si ha:

E2 -- Kl

e -~L + K2 e +~L

che d:

valida solo se K2 = O.
Dalle [2.5] si ha ancora che per x

= O (nell'ipotesi che K2 = O), KI = El

e quindi:

E =Ele-~x
1 = ~I e~x

[2.17]

Zc
Una linea chiusa sull'impedenza caratteristica comporta quindi la sparizione di un termine dalle equazioni che rappresentano la propagazione sulla linea. Fisicamente ci corrisponde alla mancanza dell'onda riflessa. La linea si comporta come se fosse infinitamente
lunga.
La considerazione di una linea chiusa sull'impedenza caratteristica permette di definire in modo pi appropriato la stessa impedenza caratteristica e la costante di propagazione
di una linea.
2c pu essere infatti fisicamente definita [vedi le 2.17] come il rapporto fra la tensio-

45

ne e la corrente di un punto qualsiasi di una linea chiusa su un carico pari a -J Z / Y .


In base alle [2.17J
invece l'indice della variazione globale della tensione (corrente) lungo 1 km di linea supposta sempre chiusa su un carico pari a -J z / Y Tenendo conto
che la prima delle [2.17J pu scriversi:

13

si ha:
~l = costante di attenuazione, la parte reale di ~ ed il logaritmo naturale del rapporto fra
i valori numerici della tensione (corrente) in due punti della linea distanti fra loro 1
km, supponendo sempre la linea chiusa su 'le. Il suo valore numerico vale:

~l = ~[zy+(r g-ro
~2

1c)]

= costante difase o di distorsione, il coefficiente dell'unit immaginaria di ~ e rappresenta


l'angolo in radianti fra i vettori della tensione (corrente) in due punti della linea distanti
fra loro 1 km, supposta sempre la linea chiusa su le' Il suo valore numerico vale:

Si ha infatti

Le [2.17J interpretate graficamente mostrano che gli estremi dei vettori E ed 7 descrivono al variare di x una spirale logaritmica decrescente (tenuto conto del segno di ~) fig. 2.7').
Per ~2 x = 2rc il fasore E compie una escursione completa e quindi, come gi noto,
21t

x= e=-

~2

Dalle [2.17J si ha, come si gi notato, che in ogni punto della linea

~=Z

cio tensione e corrente hanno ampiezze in rapporto costante pari al modulo di le e sfasamento pari all' argomento della stessa. La linea funziona quindi in questo caso a cos <p =
costante e poich l'argomento di le nelle linee aeree negativo, la corrente in anticipo
sulla tensione in ogni punto della linea.
~ze < 0, in quanto l'argomento di l pi piccolo di quello di Y. ~ze per le normali linee
di trasmissione, molto piccolo (per linee a 220 kV == _5), trascurando le perdite = O.
r;angolo o fra la tensione in partenza e quella in arrivo vale per queste condizioni di
funzionamento ~2 L, mentre per le altre condizioni esso l'argomento del numero complesso El (posto E2 sull'asse reale) e dipende oltre che dalle caratteristiche e dalla lunghezza
della linea anche dalla corrente L.

46
I

X='A.3J4

X='A.3J4

_.----'-'._"
, I

;
:..

X='J../2

l,

X=o

- .. --

:X='J../2
,

..... ; ........... .
X=').j4

X=').j4

Fig. 2.7' - Diagrammi polari della tensione e della corrente per una linea aerea con perdite che trasporta la potenza caratteristica.

La potenza complessa alI'arrivo

A2 = E 2 ~2
-

Zc

~} = E~
Zc

Zc

L-~zc

[2.18]

prende il nome di potenza caratteristica o naturale.


Le potenze attiva e reattiva in arrivo valgono

E~.
Zc

Il

Q2 = --szn I-'zc

[2.18']

Si osservi che tenuto conto del segno di ~zc, Q2 positivo.


Le perdite di potenza re attiva valgono

QI - Q2 = (E~ - E;) si~~zc


Zc
in quanto anche in partenza (l~1 /2) = II .
sin

~ zc

molto piccolo, la costante di attenuazione pure e quindi Q! - Q2 ==

o.

47

X=W4
Fig. 2.7" - Diagrammi polari della tensione e della corrente per una linea aerea senza perdite che trasporta la
potenza naturale.

Per le linee senza perdite la c.d.t. e il consumo di potenza reattiva sono nulle. Nella
fig. 2.7" si vede come si modificano i diagrammi polari della tensione e della corrente in
una linea senza perdite. Nella tabella che segue si forniscono, per diverse tensioni di esercizio, i valori delle impedenze e potenze caratteristiche.
Impedenza e potenza caratteristica di linee A. T e A.A. T

Tensione
nominale
130
150
220
220
380
760
1500
2500

Conduttori
di ciascuna fase
1
1
1
2
3
4
8
15

(Tab.2.1)

Impedenza
caratteristica

Potenza trifase
caratteristica

MW

400
400
400
300
265
265
225
208

42
56
120
160
545
2180
10000
30000

Sembra interessante rimarcare che, se si interviene sulle caratteristiche delle linee, in


particolare sulla loro induttanza e capacit chilometrica, inserendo in modo il pi possibile
uniforme capacit in serie e induttanze in derivazione, si varia la loro impedenza Ze e pertanto la loro potenza naturale. Questa opportunit consente di estendere a linee chiuse su
un carico P, diverso da Po le propriet illustrate per le linee che trasportano la potenza naturale. Se infatti per una linea senza perdite P = KPe , dovr modificarsi Zc in un valore Z'e

48
(impedenza caratteristica virtuale) in modo da soddisfare la relazione seguente:

E;P =~.z
K

Z' =
c

[2.19]

Tale variazione della impedenza caratteristica si pu ottenere inserendo opportuni compensatori sulla linea a distanze opportune gli uni dagli altri (ad esempio ogni 100-150 km)
(vedi 2.8 e Cap. VII). Per il calcolo di questi elementi la linea si considera come una cascata di n cellule a 1t o a T.
2.4 Linea a vuoto e in corto circuito

Per una linea aperta alla estremit di arrivo (a vuoto), 1; = O; le [2.8J diventano:

[2.20]

Invece se la linea in corto circuito, E2 = O, le [2.8J diventano

ZJ2
ZJ2
- -- e+~x - - e.~x
E
2
2

[2.21]

I
- I
I =-2e+~x
+-2e-~x

Queste relazioni sono della stessa forma delle [2.20J solo che tensioni e correnti sono
scambiate fra di loro.

x-o

Fig. 2.8' - Diagramma polare della tensione per una linea aerea a vuoto o della corrente per una linea aerea in
corto circuito.

49
Nelle figg. 2.8' e 2.8",2.9' e 2.9",2.10 si riportano i diagrammi polari ('<) di una linea
per le condizioni di funzionamento sopra riportate.

X-J../4

x=o

I X='A/4

Fig. 2.8" - Diagramma polare della tensione per una linea aerea senza perdite a vuoto.
i X"''A/4

X=),j4

--X-Vl

,X='A/4

Fig. 2.9' - Diagramma polare della corrente per una linea aerea a vuoto.

X=A/4

Fig. 2.9" - Diagramma polare della corrente per una linea aerea senza perdite a vuoto.

Fig. 2.10 - Diagramma polare della tensione per


una linea aerea in corto circuito.

(") Si ricorda che un vettore moltiplicato per un esponenziale complesso si sposta su una spirale logaritmica nella sua rappresentazione in coordinate polari.

50
Nella ipotesi di linee senza perdite, se la linea aperta alla estremit di arrivo, dalle
[2.8'] (I 2 = O) si ha:

1-1= J. -E2
Zc

. f\
Stn 1--'2

o anche

Le [2.9'] valgono allora

[2.22]

E
l

cos f32 L

COS

f3lL - X)

e analogamente

Le [2.22] nelle ipotesi fatte (linee senza perdite) permettono di svolgere alcune interessanti considerazioni:
La tensione in un generico punto di ascissa x, tra O e /4, in fase con quella imposta all' origine; la corrente invece in quadratura. (,~)
La tensione e la corrente variano con legge cosinusoidale e sinusoidale lungo la linea,
presentando nodi (punti di annullamento) e ventri (punti di massimo) distanti fra di
loro ed,). Si in presenza pertanto di onde stazionarie, anche se forse non legittimo
parlarne in quanto la lunghezza delle linee di energia in genere modesta rispetto alla
lunghezza d'onda.
Riprendendo in esame le [2.22J si ottiene che la tensione in arrivo vale:

E2 =

El
f32 L

[2.23J

COS

e pertanto le linee aventi lunghezza tale che f32 L sia compreso fra O e n/2, cio per L compreso fra O e ../4, cos f32 L varia fra 1 e O e la tensione in arrivo tende a diventare sempre pi
grande di quella in partenza.
(,,) Tali conclusioni si giustificano facilmente con la considerazione che le spirali delle figg. 2.8 e 2.9,
per linee senza perdite si trasformano in circonferenze.
(**) Infatti, se vero quanto asserito, indicando con Xl e X, le ascisse di due punti in cui E ha identico
valore efficace e fase si ha: ~ 2 (L - X I) - ~ 2 (L - X 2) = 27t;
~ 2 (X 2 - X I) = 27t
27t
X2- X I = - =

~2

51
2.5 Linea con lunghezza pari a 1/4 e 1/2 della lunghezza d'onda .
A) Linea ')../4

Se si suppone la linea senza perdite nell'ipotesi che L


[2.8'] diventano:

I - . E2
l-l Z

= Vi" e = j n/2 e pertanto le


[2.24]

Pertanto:
se la corrente in partenza costante, costante la tensione in arrivo e sfasata di 90 in
ritardo rispetto a 1;;
se la tensione in partenza costante, costante la corrente in arrivo che sfasata di 90
in ritardo rispetto a El'
La linea quarto d'onda converte tensione costante in corrente costante e viceversa. A
vuoto si verifica quanto visto nel paragrafo precedente: per tensione in partenza costante si
avrebbe all' arrivo una tensione cos elevata da rendere impossibile la regolazione. Trascurando le perdite, tale tensione tende a diventare infinitamente grande (risonanza quarto d'onda).
Il fenomeno descritto (effetto Ferranti) non presenta particolari problemi a 50 Hz in
quanto, per questa frequenza, si ha una lunghezza di 1500 km, che molto pi grande delle lunghezze delle attuali linee di trasporto di energia elettrica. Per frequenze pi elevate, la
lunghezza V4 si riduce via via (500 km per 150 Hz; 300 km per 250 Hz; .. .) e quindi in
presenza di armoniche tale fenomeno pu presentarsi pericolosamente.
B) Linea /2

Se si suppone la linea senza perdite, nell'ipotesi che L


diventano:

El

= -

E2

= V2, e = jn e pertanto le [2.8']


[2.25]

1;=-1;
Si deduce pertanto:
- Per qualsiasi condizione di carico, tensione e corrente in partenza sono sempre uguali
(sfasate di 180) a quelle di arrivo.
- Si ha l'uguaglianza delle potenze complesse all'arrivo e alla partenza E)L = E2 L e quindi la linea non assorbe n produce potenza reattiva (l'uguaglianza delle potenze attive agli
estremi scontata, essendosi trascurate le perdite). Nel funzionamento a vuoto, non si verifica l'effetto Ferranti n l'autoeccitazione degli alternatori (vedi Cap. X).
- Si ha una notevole stabilit di trasmissione, pari a quella di un sistema connesso direttamente a un generatore di potenza infinita (vedi Cap. XII).
2.6 Calcolazione elettrica delle linee di trasmissione in regime permanente sinusoidale
Nei paragrafi che seguono si far riferimento, per quello che riguarda in particolare
valori numerici e diagrammi, a linee aeree di trasmissione.

52
Nel paragrafo 2.7 verranno fatte alcune considerazioni specifiche relativamente ai cavi

A.T.
Le [2.9] permettono di calcolare E ed I a un estremo quando siano note tali quantit
all' altro estremo.

El = A E,

+B

I,

Il

=C

E, + D I,

e invertendo

I, = A

E,=DEI-BI 1

[2.26]
Il - C El

dove

A = 15 = cas h ij

Zc=~
C
ij

=~szn

Zc

(impedenza caratteristica)
-

he
[2.27]

=.Jz y

(angolo com plesso della linea)

B = Zc sin h ij
o anche

= A L~a
B = bI + j bl = B L~b
A

= al

+j

al

= Cl + j

Cl

= C L~c

D = dI + j dl = D L~d

[2.28]

li vettore A la tensione in partenza a vuoto al = O) per El = 1; al e al sono < 1. Al


limite, per linee corte, al = 1; a2 = O. B la tensione in partenza per linee in c.c. (E2 = O) e 12 = 1.
Si ha sempre bI < R e bl < X. Per linee corte bI = R; bl = X. C la corrente in partenza
per El = 1 e linea a vuoto al = O). Per G molto piccolo (linee aeree), Cl < O; normalmente si
ha pure Cl < G, Cl < B. Per linee corte Cl = Cl = O.
I cas h e sin h si possono calcolare:
a) a mezzo di tavole di funzioni iperboliche complesse (Kennelly);
b) a mezzo delle relazioni:
cas h
cas h (tJ j + j tJ2 ) cas h tJ l COS tJl + j sin h tJ j sin tJl
[2.29]
sin h = sin h (tJ j + j tJl ) = sin h tJ j cas tJ2 + j cas h tJ j sin tJ2

e=
e

C) a mezzo dello sviluppo in serie delle funzioni iperboliche arrestando lo sviluppo a un certo
termine. (per le linee aeree ad es. al I fino a circa L = 100 km; al II fino a L = 400 km; al III
oltre 400 km). Questo tipo di espressione la pi idonea al calcolo automatico:

53

- -

~~

A =D =cosh Z Y

~
B

2Y 2 y2
2

=1+-~+--+ ...

24

Z sin h -V~
~ [ 1+ 2Y +2 y ...]
= ~~
Z Y =Z
2

- = ~Y
~
C
~ sin h -vZ
Y
Z

120

[2.30J

2 Y- - +
2 -y2- ...]
= Y-[1 +
6

120

Per linee senza perdite:

II = cos h j 2 = cos 1'} 2 = cos

flc
[2.31]

~b

=j Z

sin

1t

=2

f1
-V lc

2.6.1 Diagramma vettoriale della linea

Il diagramma vettoriale della linea (Baum e Perrine) partendo da una interpretazione


grafica delle [2.26J permette di esaminare agevolmente il comportamento di una linea al variare delle sue condizioni di esercizio all'arrivo (potenza attiva e reattiva all'arrivo) (fig. 2.11).
Si suppone E2 = cast e posta sull' asse reale e 12 in fase con El'

Quando E2 = cast il punto Q fisso; al variare del carico in uscita si modifica il triangolo QRS.
Se cos <p = cost = 1 e varia 12 in modulo ci si sposta sulla retta QS.
Se 12 = cast e varia il cos <p il triangolo suddetto ruota intorno a Q di un angolo pari alla
variazione di <p. Il nuovo triangolo sar QRS 1 .
I raggi QS, QSl ... corrispondono ai diversi valori del cos <p in arrivo.
I segmenti QSi sono proporzionali a 12 e avendosi E2 = cast sono proporzionali alla potenza apparente, la proiezione di QSi su QS sar pertanto proporzionale alla P (potenza attiva) e analogamente la proiezione sulla normale a QS sar proporzionale a Q (potenza re-

54

~~;:~==============AE=="============:r~

o....

Fig. 2.11 - Diagramma delle tensioni per una linea aerea.

attiva). A destra si avr carico induttivo; a sinistra carico capacitivo.


Possono poi considerarsi cerchi con centro in con raggi (0,8 E2 ; 0,9 E2 ; 1 Ez, 1,1 E2 ... )
multipli di E2
Il diagramma viene opportunamente graduato per leggere pi facilmente le grandezze di
interesse (fig. 2.12 e 2.12').
Un diagramma analogo si costruisce per le correnti, con 1'avvertenza che la scala della
potenza risulti uguale nei due diagrammi.'La scala delle correnti deve essere tale che

BI 2 [in cmJ = DI2 [in cmJ


Di solito si fissa a scala delle tensioni: 1 cm = K volto
scala delle correnti: K ampere (nel diagramma delle tensioni);

scala delle correnti: K

D
13

ampere (nel diagramma delle correnti)

scala delle potenze: K ;

voltampere (nei due diagrammi.)

Per comodit si fa spesso riferimento a tensioni concatenate e a potenze trifasi, mentre


le correnti si riferiscono sempre a una fase. In questo caso la prima delle [2.26J va moltiplicata per

.J3 . Posto

V2 =

Scala delle tensioni: 1 cm

13 E

= k volt
k

Scala delle correnti: 1 cm =

13 B

13 B

Scala delle correnti: 1 cm

ampere (nel diagramma delle tensioni)

kD

Scala delle potenze: 1 cm = k

ampere (nel diagramma delle correnti)


voltampere (nei due diagrammi).

... , I .urwU-M 1++-1

~I~

~I~

;lllIitru

..................

"

w...:.a-"".r

Fig. 2.12 - Diagramma di Baum e Perrine per una linea aerea.

. ... "' ..
....

\J]
\J]

\J]

C)

Co

<:___

DO CI

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CiVO

'~91
,;~~----\~~,:;-=-~~

\
"I

/ \,12V,
\

/t~~_\/

\.

l'i,
I

'

I
I
~'30
I
I

!"

-~7!l-----~--~___
I
~~--------l ;'
,

Fig. 2.12' - Particolare del diagramma di Baum e Perrine (diagramma delle tensioni).

~--

57
2.6.2 Potenza attiva e reattiva

La potenza attiva bY assorbita da una fase di una linea" la differenza tra la potenza
attiva entrante e quella uscente da essa. Analogamente per la potenza reattiva .1Q.
Si ha:

t1P==Re (EJI)-Re (E)2)


[2.32]

i1Q==Im (EJI)-Im (E)2)


Esprimendo El e Il in funzione di E 2 e 12
E1Il - IJj2

= {l C E; + ~ D I; + ({l 15-1) E)2 +13 C E2 L

Ponendo E 2 sull' asse reale, esplicitando

12 = 12 (COS <P2 + jsin <PJ


e separando le parti reali e immaginarie, si ha
!:"P

= Il E; + v I; + (J P2 + 't Q2
[2.33 ]

nelle quali il termine I ~ pu anche esprimersi come P2 + Q~


2

E~

e si ottiene:

[2.34]

Le variazioni di potenza bY e.1Q in una linea sono quindi rappresentabili con una somma di quattro termini:
- il primo rappresenta la potenza necessaria per mantenere all' arrivo la tensione E2 a vuoto
(perdite a vuoto che mancano nei sistemi a costanti concentrate);
- il secondo la potenza necessaria per mantenere la corrente 12 all' arrivo in corto circuito;
- il terzo la potenza necessaria per aversi in arrivo la potenza attiva P2;
- il quarto la potenza necessaria per aversi in arrivo la potenza reattiva Q2 (*).
Le costanti Il, V,O", 't e analoghe valgono:
Il' == alC2 - a2c]
Il == alCI + a2 c2
v' == a2b] - a]b2
v == albI + a2b 2
cr' == bjc2 - b2cj = 't
O" == 2 (a; + bICI)
't' == 2 (a; - b2c2 )
't == b]C2 - b 2c]
(*) Le formule prima esaminate sono facilmente estendibili a sistemi trifasi sostituendo a E2 la tensione eone.

V2 e a P, e Q, le corrispondenti potenze trifasi.

58
Per una normale linea aerea a A.T. tali coefficienti sono positivi, eccetto v' e t' che sono
negativi.

2.6.3 Diagrammi circolari di AP e .:1Q


Le [2.34]

si possono esprimere come:

2 Q22+(J E2P
t
/.I. E 4 E; n
E 22 Q2+P2+
22+2--L.lr=0
A

Queste equazioni per E2 = cast per ogni valore di M o L\Q rappresentano una circonferenza riferita a in piano P2 , Q2 (fig. 2.13).
La famiglia di circonferenze concentriche a M = cast ha per centro M di coordinate

Qo'

p' =_~E2
2v

=_~E2

2v

e raggio

La famiglia dei circonferenze concentriche a L\Q = cast avr centro N di coordinate:

p" =_~E2
o

2v'

Le perdite diminuiscono con Rp e sono minime per Rp = o.


L'assorbimento di potenza reattiva (per v' < O) aumenta con il diminuire del raggio ed
massimo per Rq = o.
Se la tensione E2 all'uscita si suppone costante, il diagramma di fig. 2.13 pu essere
completato con i cerchi Cv della tensione costante all'entrata della linea secondo multipli di
E2 (ad es. 0,9 E2 , 1,1 E2 1,2 E2 , etc), cerchi che hanno centro nel punto O del diagramma
vettoriale delle tensioni (fig, 2.12).
Si noti che per una linea, o pi in generale per un quadripolo simmetrico, i centri M, N
stanno sull'asse 0, ossia sul vettore che rappresenta la tensione E2 TI punto M(N) infatti

59
/

/V;oO.85Y
1
2

-,'

5'

Fig. 2.13 - Diagramma generale di una linea aerea

l'estremo del vettore El quando le potenze attiva e reattiva all'uscita sono p' e
Si pu dimostrare che in tali condizioni risulta El in fase con E2
o

El =

Q'
o

(P" e Q")
o

b-

-.lE2 == E2
V

La direzione 0 forma con l'asse P2 un angolo pari ad arctg b2

bi
Il diagramma pu essere inoltre completato con rette che escono dal punto O suddetto

60
e che danno direttamente in gradi lo sfasamento tra il vettore tensione all' entrata e quello
all'uscita; sulla retta 0 adagiato il vettore tensione all'uscita.
Il diagramma cos risultante si definisce diagramma generale della linea; esso, per ogni
valore del carico all'uscita (Pz, Qz dati), supposta costante la tensione Ez, permette di determinare le grandezze elettriche all'entrata.
Se a linea trasporta la potenza caratteristica PC) ~Q molto prossimo a zero e il cerchio
~Q = O taglia l'asse Pz in un punto molto vicino a Pc.
Tenuto conto che N molto vicino all' origine degli assi si pu in pratica dire che quando la
potenza apparente trasmessa A minore di PC) la linea si comporta come un condensatore (la
linea eroga potenza reattiva maggiore di quella immessa - prevalgono gli effetti della capacit).
Se invece A maggiore di PC) la linea si comporta come un induttore.
Per le linee aeree ad A.T. la A in genere maggiore di Pc specialmente per le tensioni
di esercizio pi basse. La linea quindi sede di perdite di potenza reattiva.
Per carico ridotto la situazione pu invertirsi e la linea si comporta come un condensatore.
Per i cavi, come si vedr in seguito, la Pc relativamente pi elevata e vincoli termici
richiedono di trasmettere potenze inferiori a quella caratteristica.
Si ha inoltre che quando la linea trasporta la Pc:

El - Ez

= Ez(e 8 -1); e molto piccolo e quindi El == Ez.

Per il punto rappresentativo di Pc nel piano Pz, Qz passa quindi il cerchio con El = Ez.
Per tutti i punti interni a tale cerchio si hanno c.d.t. < O e viceversa per i punti esterni.
2.6.4 Rendimento di una linea
Il rendimento di una linea dato in % da:

11

=
%

Pz
Pz
100 - = 100 ---=---Pl
Pz+M

[2.35]

L'inverso del rendimento si pu esprimere:


100
dP
E zz
Pz
QZ
Qz
F=--=l+-=l+cr+J.l+v+v--z-+t1'1%
P2
P2
E;
E~ Pz
Pz

[2.36]

Per Ez = cost questa espressione funzione di Pz e Qz e per dato Pz minima (e quindi


11 max) per quel valore di Qz che soddisfa le condizioni di minimo.
Si ottiene per

Q2*

-_~
-

2v

E2Z

che rappresenta il valore di potenza reattiva per il quale si hanno perdite minime.
Tale relazione indipendente da Pz e quindi il rendimento max per questo Qz qualunque sia Pz.
a) interessante osservare che le perdite minime e il max rendimento si ottengono

61
per uno stesso valore di Q2 ma per valori diversi di P2' Ci awiene in quanto 11 funzione
non solo delle perdite ma del rapporto fra queste e la potenza attiva

(~).

b) Si osservi ancora che le perdite in valori p.u. o in per cento della potenza entrante
sono espresse da un numero che complemento rispetto all'unit (o a 100) del numero che
d il rendimento.

[2.37]

't

In relazione alla [2.36] dato che 2v nelle linee ad A.T. sempre> O; 11

= max per Q2

negativa ossia induttiva. Una linea che trasporta la potenza caratteristica non sar quindi
mai nelle condizioni di max rendimento.
Nel diagramma delle tensioni il luogo dei punti di max rendimento una parallela all'asse delle potenze attive passante per Q-2' (1,)
Il massimo rendimento per data potenza attiva si verifica quando M = min. Questa
condizione nel caso di una rappresentazione di una linea con un solo quadri polo si ha quando le correnti che percorrono gli elementi dissipativi sono minime e cio quando si verifica
una condizione di risonanza parallelo tra la capacit di linea e la induttanza del carico. Questo fatto spiega perch la potenza re attiva in arrivo indipendente dalla potenza attiva trasportata.

2.6.5.

Espressione della potenza in funzione delle tensioni ai due estremi. Diagrammi


circolari delle potenze

Per le potenze all' arrivo della linea, come noto si ha:


con E2 sull' asse reale

da cui:

[2.38]

(*) La potenza trasmessa in condizioni di massimo rendimento una modesta frazione della potenza
caratteristica e pertanto non ha interesse nelle pratiche applicazioni in cui si tende a utilizzare la massima
capacit di trasporto delle linee (vedi 2.8 e 2.9).

62
Analogamente per le potenze in partenza si ha:

A =E I = A E2ei(~a-~b) _ El E 2 e-i(Oa+~b)
1

PI =

-I

E,BE [A ~:
2

cas

(~a - ~b)- cos ( +~b)]

[2.39]

Per una data linea (e quindi date costanti) e dati valori di El e Ez, P e Q sono funzioni di .
In un piano P, Q i punti Pz, Q2 e P I QI si muovono su circonferenze. Infatti, come meglio si vedr, le [2.38] e [2.39] sono equazioni parametriche di circonferenze: la prima di
centro O2 di coordinate

P20 =

-1 E~

cos (~a - ~b)

Q20 =

-1 E~

sin (~a-~b)

[2.40]

la seconda di centro O" di coordinate

~o = E; cos (~a -~b)

[2.41]

e aventi lo stesso raggio R = (E , E 2 )IB. (fig. 2.14).


Le circonferenze che cos si ottengono rappresentano graficamente nel piano complesso i vettori A2 e AI della potenza apparente di uscita e di ingresso della linea.
Il vettore A2 pari alla somma del vettore costante

2 i(~a-~b)

-B E2e

con estremit nel punto O2 e del vettore variabile

che descrive al variare di una circonferenza di raggio (E l E2 )IB e centro O2 , Il centro 0 1


della seconda circonferenza sta sull' estremo del vettore A E 2 /([la-~b) (pertanto 01 allineato con O2 e passa per l'origine degli assi).
B 1
Per E2 = cast al variare di El le circonferenze Pz, Q2 sono concentriche a O2; quelle P"
Ql sempre con raggi proporzionali a El spostano il loro centro sulla retta 0 1 O2,
Tali circonferenze vengono graduate a partire dal punto = O per valori positivi di
con rotazione in senso orario per il raggio con centro in 01 e in senso antiorario per l'altro.
Per dati valori di El ed E2 il diagramma permette di determinare i valori di , P" Ql,
P 2 , Q2, quando sia noto uno di essi.
Si possono altres determinare i valori P I e P2 per i quali Ql = O e Q2 = O (fig. 2.14).

63
Q

[lAVAR]

---------~

,",,"(>

---- ---------

V1-1. 2Y2

--------------

Vl=-1.~V2

V.=1.4V
Z

--------------Fig. 2.14 - Diagrammi circolari delle potenze

1000 [MVAl
200 400 600 800

II II

64
2.7

Calcolazione elettrica delle linee di trasmissione in cavo in regime permanente


sinusoidale

Tutte le considerazioni svolte al paragrafo 2.6 e successivi sono valide sia per le linee
aeree che per le linee in cavo, cosicch potrebbe sembrare superflua una trattazione specifica di queste ultime.
D'altra parte opportuno sottolineare che, in dipendenza dei valori sostanzialmente
diversi delle costanti fondamentali di linee aeree e cavi aventi la stessa tensione nominale, si
presentano in esercizio situazioni che, in alcuni casi, sono determinanti per la scelta dell'uno o dell'altro tipo di trasmissione.
2.7.1 Confronti fra i valori dei parametri fondamentali di linee aeree e in cavo ad A.T.
Si far riferimento a una linea aerea a 220 kV a una tema realizzata con conduttori di
alluminio-acciaio della sezione di 428 mm2 (349,2 + 78,9), avente come costanti fondamentali:
r = 0,084 Q/ km
x = 0,406 Q/ km;
g = 0,01.10-6 S / km (con tempo asciutto) ;
b = 2,71.10-6 S / km
~ = (0,11 + j 1,055) .10-3 km- 1
Ze = 391,2 Q
L - 544'
e a un sistema di tre cavi a 220 kV unipolari ad olio fluido sotto piombo blindato con guaina di gomma vulcanizzata avente una sezione di rame di 400 mm2 disposti a trifoglio dentro
una unica canalizzazione e avente le seguenti costanti fondamentali:

r = 0,055 Q/ km
6

x =0,117 Q;

g = 0,238.10- S / km

b = 79,5.10-6 S / km ;

~ = (0,71 + j 3,13) .10- 3 km- 1

'le = 40,4 Q

L -1237'

Si nota immediatamente che le impedenze caratteristiche stanno circa nel rapporto di


lO a 1 [Ze (linea aerea) circa 10 volte Ze (linea in cavo)] mentre in dipendenza dei valori di
~ la lunghezza d'onda A e la velocit di propagazione dei fenomeni stanno praticamente nel
rapporto 3 a 1.
Per le linee aeree si visto che . := 6000 km e v = 300.000 km/s; per le linee in cavo .
:= 2000 km e v = 100.000 km/s.
Questi risultati hanno carattere di generalit e costituiscono la giustificazione del comportamento sostanzialmente diverso dei due sistemi. In dipendenza del valore di Ze si ha
che le linee in cavo AT. hanno potenze naturali pari a circa 10 volte quelle delle aeree (sempre nelle condizioni dell'esempio sopra citato si ha (linea aerea) Pe = 123 MWe Qe = 12,4
MVAR e (cavo) Pe = 1170 MW,' Qe = 263 MVAR).
Evidentemente per ragioni termiche i cavi ad AT. non possono trasportare potenze pari
o vicine a quelle caratteristiche e quindi debbono rinunciare ai vantaggi che si hanno in
quelle condizioni di funzionamento. Le linee in cavo ad AT. danno luogo ad un assorbi-

65
mento di potenza reattiva capacitiva esorbitante gi per qualche diecina di km, cosa che
evidentemente ne limita fortemente l'impiego al crescere della lunghezza.
Orientativamente si ha per le linee in cavo a 220 kV dalle caratteristiche sopra ricordate, per una potenza in arrivo di 70 MW a cos <p = 0,8 che la potenza reattiva assorbita vale
circa 38 MVAR per una lunghezza di appena 10 km, 191 MVAR per 50 km, 372 MVAR per
100 km. importante sottolineare che per le ordinarie linee in cavo ad AT. durante tutta
l'escursione del carico (dalle condizioni di funzionamento a vuoto a quella di pieno carico)
la potenza reattiva assorbita sempre capacitiva contrariamente a quanto avviene per le ordinarie linee aeree per le quali il loro carattere cambia in dipendenza del fatto che si trasporti una potenza inferiore, uguale o superiore alla potenza caratteristica.
2.8 Capacit di trasporto di una linea
A prescindere dai vincoli di natura termica, ogni linea pu trasmettere una definita potenza massima superata la quale si perde la condizione di funzionamento in sincronismo fra
le sbarre a monte e a valle della stessa.
Per determinare tale potenza conveniente riferirsi alle relazioni [2.38] che danno le
potenze attive e reat!i.ve ~!)' arrivo in funzione delle costanti ausiliarie della linea, delle tensioni ai due estremi El e E 2 e dell'angolo Oda esse formato.
Nell'ipotesi che El e E2 possano ritenersi costanti (cosa sempre ottenibile a mezzo di
opportune regolazioni) e si trascurino le perdite, le precedenti relazioni divengono:
-_
P2

El E

2
----'------"~

Zc sin ' 2

sin O

[2.42]

[2.43 ]
in quanto
~a =

~b

1t

="2

O,

dove si ricorda che L la lunghezza della linea.


Nelle ipotesi fatte per data linea e quindi per definiti valori di Zc e L (e '2) la potenza
attiva trasmessa dipende solo da sin O.
Cosicch con il lento crescere del carico aumenta 8 e con esso la potenza trasmessa
fino ad un massimo pari a

p
2x

El E 2
Z c sm
'.<1v 2

in corrispondenza di O = 90; massimo che viene definito capacit di trasporto della linea o
limite di stabilit statica della stessa. Superato tale valore al crescere del carico diminuisce la
potenza trasmessa e si perde il sincronismo fra le sbarre in esame (vedi anche il Cap. XII).

66
Per = 90 la potenza reattiva Q2 vale E; / (Ze tg t'}2) e quindi per consentire alla linea
di trasmettere la P2max necessario che all' arrivo venga prodotta una potenza reattiva capacitiva Q2 che, per linee di media lunghezza, dello stesso ordine di P2
Dalla relazione [2.42] si nota inoltre che P2x funzione di sin t'}2 e raggiunge un minimo per t'}2 = rc/2 cio per L = 1.500 km. In queste condizioni la linea trasporta la potenza
caratteristica. Infatti si verifica = t'}2 = rc/2 e solo per una linea che trasporti la potenza
caratteristica = t'}2'
La lunghezza di 1.500 km rappresenta quindi un limite per linee senza perdite, che
collegano sistemi a tensioni costanti ai due estremi, oltre il quale non possibile trasmettere la potenza caratteristica.
Nella realt, tenuto conto che una linea stabile quando l'angolo fra le sue tensioni
non supera 30 7 35 (vedi dopo), la lunghezza effettiva che si pu raggiungere in queste
condizioni non supera i 500 km.
Se per si prendono opportuni prowedimenti di compensazione (inserzione di capacit in parallelo o in serie) o si regola l'angolo di fase della tensione in una certa sezione della
linea si possono trasportare potenze attive pi grandi di quelle precedentemente determinate oppure mantenere la potenza al suo valor massimo indipendentemente dall' angolo .
Per chiarire questi aspetti si prenda in esame lo schema di fig. 2.15 in cui si hanno due
generatori connessi da una linea per la quale si trascurino le perdite e le ammettenze trasversali.
Indicate con Vs e VR le due tensioni alle estremit trasmittente e ricevente, si ha:
~ - V. jo/2
v:
S e

VR = V. e- jO / 2

la corrente di linea risulta pari a

1= (VS - VR)jX

= (2V I X). sin l 2

Se la linea non ha perdite (caso ideale), la potenza trasmessa tra le due estremit

p = (IP / X) . sin
mentre la potenza reattiva iniettata ad entrambe le estremit vale:

Q = Qs = - QR = (lP/X) . (1 - cos ) (1,)


per cui la potenza reattiva totale, assorbita dalla linea, risulta:
Qtot = 2 Qs = 2 (lP/X) . (1- cos )

In Fig. 2.15.b rappresentata la relazione tra i fasori rappresentativi delle grandezze in


gioco, mentre l'andamento delle potenze P, Q in funzione dell' angolo tra le tensioni mostrato in Fig. 2.15.c.
Facendo ancora riferimento al modello di cui sopra, nel seguito verranno illustrati i
diversi approcci possibili per il miglioramento della capacit di trasmissione di una linea.
(,,) Si ricorda che 2 sin 0/2 cos '6/2 = sin '6 e
2 sin2 0/2 = 1 - cos (i.

67

Xl2

--+

Xl2

( al

IX!
( bI
Re

P,Q
2P max

max

6
Fig. 2.15 - Semplice modello a due macchine (a), diagramma fasoriale (b) e caratteristiche di potenza (C).

a) Compensazione shunt

Si suppone di connettere nel punto di mezzo della linea un compensatore ideale di potenza reattiva, cio una sorgente di tensione perfettamente sinusoidale (alla frequenza fondamentale) di ampiezza pari a quella delle tensioni di estremit e con fase pari a quella della tensione nel punto di mezzo VM In tal modo il compensatore pu solo assorbire o erogare potenza reattiva con la rete, senza scambiare alcuna potenza attiva (Fig. 2 .16a).
In pratica, il compensatore disposto nella sezione di mezzeria taglia la linea di trasmissione in due parti indipendenti: la prima tratta, di impedenza pari a X/2, trasporta potenza
dall'estremit trasmittente al punto di mezzo, mentre la seconda, anch'essa di impedenza

68

X/2, trasporta potenza dalla sezione di mezzeria fino all'estremit ricevente. La relazione
tra le tensioni Vs, VR, VM e le correnti nelle due tratte di linea 1sM,' e l MR mostrata in Fig.
2.16 b.
Anche in questo caso la potenza attiva la stessa in ogni sezione della linea, ma data da:
p = (2\,12/X) . sin 0/2

mentre la potenza reattiva fornita dal compensatore ideale nelle condizioni dette pu essere
espressa come:

Qp = (4\,12/ X) . (1 - cos 0/2)


La relazione tra le potenze P e Qp e l'angolo onel caso di compensazione ideale mostrata nel grafico di Fig. 2.16.c.
Si pu osservare che la compensazione shunt pu incrementare sensibilmente la potenza trasmissibile (in questo caso la raddoppia) a spese, per, della generazione di una
notevole quantit di potenza reattiva.
b) Compensazione serie

In fig. 2.17 mostrato il caso di compensazione serie (a), con il relativo diagramma
fasoriale (Fig. 2.17 b)
In tal caso, detto s il grado della compensazione serie, si ha:
s = Xc/XL

X =XL- Xc = (1 - s) XL
e, in accordo con le equazioni generali viste in precedenza,

1s = [2V / (1- s) Xd . sin 0/2


Ps = [V2/(I- s)XL ] sin o
La potenza reattiva fornita dai compensatori in serie si esprime come:

Dal grafico di Fig. 2.17c si pu osservare che la potenza trasmissibile aumenta con il
grado della compensazione serie, cos come la potenza reattiva fornita dai condensatori, che
cresce rapidamente con s e varia con l'angolo o (con lo stesso andamento della potenza reattiva assorbita dalla linea).
c) Controllo dell' angolo di fase

Un regolatore dell'angolo di fase pu essere considerato come una sorgente di tensione sinusoidale alla frequenza fondamentale, regolabile sia in modulo sia in fase. In fig. 2.18
questo regolatore viene inserito tra il generatore di potenza e il terminale di ingresso della
linea.
In questo modo la tensione all'ingresso della linea, detta Vs, diventa la somma della
tensione del generatore VG e della tensione prodotta dal regolatore Vpq , come mostrato in

69
15M ~R
-+ -+ X/z
( 31

( bi

x-

J T I MR

P,Q
4P

mu

I cl

2 Pmax

Pp = 2

.;

X sin Z

I Cllmpl

IIIU.

lI<u\:ompl

w/z

12

Fig. 2.16 - Semplice modello a due macchine


con compensazione shunt (a), diagramma fasoriale (h) e caratteristiche di potenza (c)

Fig. 2.17 - Semplice modello a due macchine


con compensazione serie (a), diagramma fasoriale (h) e caratteristiche di potenza (c) .

70

~~

'-'
I

( al

Phase

G Shlner

Xl2

xlZ

VRl

!VM

vG

1m

( bi

Pa

max

1cl

v
=x-

sin 16 -al

"
a

: -o
,.--

1!

n+ a

nl2

Fig. 2.18 - Semplice modello a due macchine con un "phase shifter" (a), diagramma fasoriale (b) e caratteristica
di potenza (c).

Fig. 2.18.b. Il concetto fondamentale su cui si basa questo tipo di compensazione che il
regolatore, non appena l'angolo supera i 90, produce una tensione V pq di opportuna ampiezza e fase, che si somma alla VG in modo tale da mantenere l'angolo tra le tensioni di
estremit ad un valore pari a 90, per avere il massimo trasferimento di potenza.
In altre parole, l'inserzione del regolatore crea uno sfasamento a tra la tensione del generatore e l'effettiva tensione all'estremit trasmittente della linea, per cui l'angolo tra le tensioni di estremit diventa - a: ci fa s che, al variare di , si possa mantenere al valore
desiderato l'angolo tra le tensioni facendo variare in modo opportuno a.
Per quanto detto, la potenza trasmessa si pu esprimere come:
Pa

= (V2 /X) . sin

( - a)

con a ~ O se ~ Tt/2. Dal grafico di Fig. 2.18.c si pu osservare che, sebbene il regolato re di
fase non incrementi la potenza trasmissibile, esso permette di mantenerla al suo valore massimo, indipendentemente dall' angolo , nel range Tt/2 :s; :s; TtI2 + a, traslando, in pratica, la
curva P() verso destra. Analogamente, variando la polarit della tensione iniettata, si pu
traslare la curva anche verso sinistra, ottenendo cos una potenza pari alla massima trasmissibile in corrispondenza ad un angolo inferiore a Tt/2, in particolare pari a = Tt/2 - a.

71
In relazione a quanto sopra, se si realizza una compensazione uniformemente distribuita a mezzo di compensatori in derivazione con il controllo continuo delle potenze erogate,
in modo da mantenere costante il valore della tensione sulla linea al variare del carico (linee
a supporto di tensione), la lunghezza limite di trasmissione diviene teoricamente infinita.
Per compensazioni realizzate in sezioni discrete, la lunghezza limite di trasmissione risulta pari alla somma delle lunghezze limite dei singoli tronchi mantenute a tensione costante agli estremi.
Tale risultato pu essere agevolmente raggiunto a mezzo di dispositivi FACTS (vedi par.
7.8.2.2.B), che permettono di ottenere compensazioni shunt e in serie e di agire sull'angolo
di fase della tensione.
Se invece si realizza una compensazione distribuita con condensatori in serie e induttanze in derivazione, in modo da ridurre il valore dell'induttanza di servizio pi di quanto
si riduce il valore della capacit di servizio, facendo s che diminuisca il rapporto IIe e
contemporaneamente il prodotto le, si ha una diminuzione dell'impedenza caratteristica:

Zc

=f:

con un corrispondente aumento della potenza naturale. Si ha inoltre una diminuzione della
costante di distorsione:

con un virtuale aumento della lunghezza d'onda


=

21t
~2

e quindi della massima lunghezza di trasmissione.


La compensazione capacitiva serie di una lunga linea in A.T. pu determinare in particolari circostanze, a seguito di perturbazioni di varia natura (corto circuiti, manovre di richiusura, reinserzione di condensatori in serie, .. .), il fenomeno della risonanza subsinerona
che consiste in oscillazioni di corrente persistenti a una frequenza di risonanza inferiore a
quella di esercizio (10-40 Hz) che provocano coppie torsionali oscillatorie negli alberi degli
alternatori con possibili gravi danni. Tale fenomeno non si presenta nel caso di compensazione con condensatori in derivazione, in quanto la frequenza di risonanza in tal caso non
subsincrona. Focalizzando l'interesse sulla compensazione serie stato dedotto che una volta
che la risonanza subsincrona si innesca, essa in grado, in particolare per i turboalternatori, di autosostenersi e amplificarsi quando si verifica una condizione di risonanza meccanica. Tenuto conto della gravit del fenomeno, sono stati studiati prowedimenti idonei per
prevenirlo o ridurne le pericolose conseguenze.
Fra i prowedimenti da adottare per ridurre il rischio della risonanza subsincrona, si
pu in primo luogo limitare la compensazione serie delle linee; possono impiegarsi dispositivi di rilevamento delle vibrazioni torsionali degli alberi dei turboalternatori che segnalino
le situazioni anomale e comandino l'eventuale distacco degli stessi; possono installarsi filtri ...
Per l'analisi dettagliata del fenomeno vedi bibliografia.
Le [2.42J e [2.43 J, se si trascura anche la ammettenza trasversale della linea, divengono:

72

[2.44]
[2.45]
dove X la reattanza della linea.
Da queste relazioni risulta ancora pi evidente che la capacit di trasporto proporzionale al quadrato della tensione di esercizio e inversamente proporzionale alla reattanza
della linea.
A pari impedenza la capacit di trasporto tanto pi grande quanto pi piccola la
resistenza ohmica del circuito. Infatti se si trascura la sola ammettenza trasversale, il limite
di stabilit statica si ha per ii = ~z e pertanto

E E - -E' 2- cos A
P = _1_2
2x
z Z
I-'z

[2.46]

dove ~z = arctg X ,e quindi per R crescente rispetto a X, ~z diminuisce e con esso la stabiR
lit.
Da quanto fin qui esposto sembra potersi concludere che per aumentare la capacit di
trasporto di una linea i mezzi pi efficaci sono:
1) aumentare la tensione di esercizio;
2) diminuire la impedenza della linea (adottando conduttori multipli e linee in parallelo);
3) prendere opportuni provvedimenti di compensazione secondo quanto si visto precedentemente.
L'incremento di potenza trasmessa L1P causato da un incremento ~ii dell'angolo ii, d
la misura della rigidit elettrica del collegamento esistente fra le sbarre in esame. Si definisce rigidit o coefficiente sincronizzante
[2.47]

Evidentemente quando ii si avvicina a 90 Tii tende a zero ed per questo che le linee
vengono esercite con angoli ii che raramente superano 30.
Quanto pi la linea si avvicina al limite di stabilit tanto pi elastico diviene il collegamento fra i sistemi di sbarre in esame e tanto pi facile perdere la condizione di funzionamento sincrono delle stesse.
2.9 Considerazioni economiche sulle capacit di trasporto di un elettrodotto

Si visto che la capacit di trasporto di una linea proporzionale direttamente al quadrato della tensione di esercizio ed inversamente alla impedenza compresa fra le due estremit supposte a tensione costante.
In dipendenza da ci, la potenzialit di una linea a 380 kV circa 4 volte maggiore di
una a 220 kV in dipendenza dell'aumento della potenza naturale e di quella al limite di stabilit statica.

73

Fig. 2.19 - Andamento del campo elettromagnetico in una linea bifilare.

Al crescere delle tensioni di trasporto si ha inoltre il vantaggio di ridurre il numero


degli elettrodotti necessari per alimentare zone a forte densit di carico e di limitare le correnti di corto circuito (vedi Cap. III, paragrafo 3.6).
Interpretando in termini economici tutti questi elementi, pu stabilirsi in funzione della
potenza da trasportare il campo di applicazione economica delle tensioni di trasporto (vedi
relazione [1.64] e tab. 1.2 del Cap. 1).
Come potenze economicamente trasportabili si hanno orientativamente:
- 100 MW per il 150 kV
- 200 MW per il 220 kV (con conduttori binati)
- 600 MW per il 380 kV (con conduttori trinati)
In proposito interessante sottolineare il favorevole comportamento dei conduttori
multipli, rispetto a quelli unici, per i quali si ha, a pari tensione, una pi elevata potenza
naturale che si avvicina sensibilmente a quella economicamente trasportabile.
2.10 Considerazioni finali sulla trasmissione di potenza negli elettrodotti
Se si prende in esame una generica sezione di una linea bifilare, supposta dritta e sufficientemente lunga, gli andamenti del campo elettrico B e di quello magnetico H sono quelli
rappresentati in fig. 2.19.
In un generico punto della sezione in esame B ed H sono fra di loro ortogonali e il

74
relativo vettore di Poynting

che, come ben noto fornisce la densit della potenza trasmessa in quel punto (W/m 2 ), risulta diretto parallelamente ai conduttori.
Se si trascurano, come ammissibile, i fenomeni dissipativi, E ed R risultano nulli all'interno dei conduttori che svolgono il ruolo di guide d'onda, e la trasmissione di potenza
avviene soltanto nel dielettrico che li circonda. Il valore massimo della potenza trasmessa si
verifica sulla superficie dei conduttori per ridursi con legge quadratica all' aumentare della
distanza.
La totalit della potenza trasmessa attraverso la sezione in esame, ottenuta per integrazione estesa a tutta l'area interessata del vettore P, risulta pari a :

p =v i
che l'espressione della potenza fino ad ora adoperata. abbastanza evidente che la potenza trasmissibile dalla linea cresce con il valore del vettore di Poynting e pertanto per massimizzarla necessario massimizzare P e quindi i sui fattori .

In pratica, l'aumento di

E ed H trova un limite per E nelle caratteristiche del dielettri-

co e per H nei massimi valori assumibili per la densit di corrente al crescere della quale
aumentano le perdite.
Secondo quanto si visto nei paragrafi precedenti, per aumentare la potenzialit di
trasmissione degli elettrodotti, coi vincoli di cui sopra si detto, si sono da un lato aumentate le dimensioni della linea (distanze fra i conduttori e raggio degli stessi) e quindi il valore della tensione di esercizio, dalI'altro la sezione dei conduttori e quindi il valore della corrente.

CAPITOLO III

FENOMENI DI INFLUENZA FRA LINEE ELETTRICHE AEREE


E L'AMBIENTE

3.1 Premesse
Gli elettrodotti aerei, in particolare quelli ad alta e altissima tensione, interagiscono in
vario modo con l'ambiente circostante alle zone in cui sono installati.
In quel che segue verranno presi sinteticamente in esame questi fenomeni di influenza.
3.2 Fenomeni di interferenza tra linee aeree

Le linee di trasmissione di energia elettrica creano un campo elettromagnetico che influenza i conduttori di linee contigue e pu costituire grave elemento di disturbo soprattutto per le linee di telecomunicazione. In queste ultime, quando necessario, debbono pertanto adottarsi idonei provvedimenti (1').
In regime quasi stazionario delle grandezze che interessano la linea di trasmissione, il
fenomeno di interferenza pu essere studiato con buona approssimazione valutando separatamente gli effetti delle cariche sui conduttori (interferenza elettrostatica) e quelli delle correnti di conduzione negli stessi (interferenza elettromagnetica).
La prima di queste fa aumentare il potenziale del circuito di telecomunicazione e pu
provocare danni agli equipaggiamenti connessi e pericoli per l'uomo; la seconda provoca distorsioni e quindi disturbi sui segnali teletraLinea di trasmissione
smessi in relazione alle correnti indotte.
{inducente)
L'entit di tali interferenze legata alla
distanza fra i due circuiti e alla lunghezza del oo 0 - - - - - ~ ~7 conduttore che subisce
'" '
i fenomeni di induzione
tratto in cui, oltre a essere vicini, essi sono
/' /'
sensibilmente paralleli. La valutazione di tali '}$//$$$,,/,//'/;? / /"/////////,//,///7/////7/////"
_/'='77T.77'77777:77'?;'77Z".r
effetti pu farsi impiegando opportuni coeffi/'
,/ /' Q,t
cienti di interferenza il cui calcolo qui sar ~y
svolto per tratti di linee sensibilmente paral-
lele.
Nelle considerazioni che seguono si far
riferimento ai simboli del paragrafo 1.1.2 e a
Fig, 3.1 - Schema per la valutazione dei coefficienti
di interferenza.
quelli della fig. 3.1 che segue.
I

'

Lo -

(*) Per ridurre i possibili inconvenienti si adoperano per le linee di telecomunicazione cavi schermati con schermo a terra (interferenza elettromagnetica); trasformatori ad alto isolamento fra linea di telecomunicazione e apparecchiature accoppiati a sistemi di drenaggio a
terra delle cariche indotte (scaricatori) (interferenza elettrostatica).

76
3.2.1 Interferenza elettrostatica
Se si ricorda la definizione di coefficiente di potenziale indotto per unit di lunghezza
tra due conduttori aerei paralleli, in presenza di terreno con superficie supposta equipoten1
D:
ziale e piana:
a == - - In ~ [Plkm]-l
IS
21tEo
Dis
la tensione verso terra indotta per interferenza elettrostatica da una linea di trasmissione di
energia costituita da n conduttori su un conduttore parallelo si pu esprimere con la relazione:
[3.1]
[Vlkm]
Poich lecito trascurare il disturbo appQftato dai conduttori a minor tensione di esercizio sui conduttori di trasmissione, le cariche Qi di questi si possono esprimere a mezzo delle
loro capacit apparenti e delle tensioni verso terra:

Vst ==

Ci

V; ais

[v/km]

[3.2]

Per una linea di trasmissione a semplice tema, espressioni particolari della precedente
sono:
a) Sistema simmetrico delle tensioni verso terra

[v/km]

[3.3]

(il segno negativo vale per sistema diretto).

b) Sistema omopolare delle tensioni verso terra

[v/km]

[3.4]

(Citrappresenta la capacit parziale del conduttore i-esimo verso terra).


3.2.2 Interferenza elettromagnetica
Nella definizione dei coefficienti di induzione occorre distinguere il caso in cui il sistema
delle correnti nella linea di trasmissione puro da quello in cui lo stato del sistema omopolare con ritorno della corrente attraverso il terreno. Nel primo caso il coefficiente di induzione per unit di lunghezza tra due conduttori paralleli assume l'espressione
1
mis == 2J..Lo In D
1t
IS

[Hlkm]

Nel secondo caso si pu definire l'operatore di induzione (Carson):


Zois

= 1t

J..L o
/10- 4 + jroIn
2
1t

2HT
is

-D

[n/km]

77

La f.e.m. indotta per interferenza magnetica da una linea di trasmissione di energia costituita da n conduttori su un conduttore che si trovi ad essa parallelo, in regime sinusoidale si
pu esprimere con le seguenti relazioni:
a) sistema puro di correnti:
Es

= j ro

ii m
i

is

[V/km]

[3.5]

una espressione particolare della precedente relazione per una linea a semplice tema :

Es =

jroi{mIs -~ *m

jS

.j%(m2S -m3S )]

[Vlkm]

[3.6]

(il segno negativo vale per il sistema diretto);


b) sistema omopolare di correnti:

Es = iJ1 Zois.

[V/km]

[3.7]

che particolarizzata per una linea di trasmissione a semplice tema

(2

4 ro~o---

E = 31 1t f10- + j
s o '

21t

2HT)
Dm

In --

[V:'/k
/ m]

[3.8]

3.3 Interazioni fra campi elettromagnetici ed organismi viventi


Su questo argomento nell'ultimo ventennio sono state svolte in tutto il mondo ricerche
epidemiologiche e di laboratorio. Nel campo dei sistemi di potenza in particolare il problema
si posto quando si cominciarono a costruire elettrodotti a tensioni superiori a 500 kV (750
kV, 850 kV, 1000 kV).
opportuno notare preliminarmente che il campo elettrico prodotto dagli elettrodotti
schermato dagli edifici e pertanto il valore del campo all'interno degli stessi subiscono una
drastica riduzione; questo non accade per il campo magnetico.
a) Effetti del campo magnetico (;)

TI campo magnetico sotto un elettrodotto allivello del suolo largamente indipendente dalla
tensione di linea mentre cresce con la corrente e dipende dalla geometria del sistema (fig. 3.2).
Nelle peggiori condizioni non supera i 5 .10-5 Tesla. quindi dello stesso ordine di grandezza del campo magnetico terrestre, anche se quest'ultimo sostanzialmente costante nel
tempo. In varie applicazioni elettrodomestiche si raggiungono valori di campo ben pi elevati
(fino a 10 3 Tesla).
b) Effetti del campo elettrico

TI campo elettrico sotto un elettrodotto allivello del suolo dipende dalla tensione di esercizio e dalla disposizione dei conduttori rispetto al terreno. Nelle situazioni esistenti, o previste, si hanno valori di campo elettrico notevolmente pi grandi di quelli che normalmente si
riscontrano nelle applicazioni elettrodomestiche (da 1 V/m a qualche centinaio di V/m).
A titolo indicativo si riporta in fig. 3.3 l'andamento di campi elettrici non perturbati sul terreno per linee aeree a 245-420-765-1000 kV. Nella figura sono evidenziate le altezze di installa(') In bassa frequenza (50 -;- 60 Hz) accettabile trattare i campi elettrico e magnetico separatamente.

78

380 kV
(1500 A)

220kV
(550 A)

380 kV
(1500 A)

~
20~--~----~--4-~-+~~+----r--~--~
~
o

"O

:J

(/)

Cii

~
c:

g> 10 f-----j----++----.4---t--+--\-+:---+-~

E
CJ)

c:
o
.;;;;
:J
"O

.s

OL-~~

-40

__- L__~__~____L -_ _~_ _~~

-30

-20

-10

10

Distanza dall'asse della linea (m)

Fig. 3.2 - Andamento dell'induzione magnetica al suolo in funzione della distanza dall'asse della linea, nella
sezione trasversale corrispondente all' altezza minima da terra dei conduttori, per tre tipologie di linee percorse dalle correnti indicate (carico massimo).

10'~----~-,~--+-~~-~------t---

ilE
o

IO

20

~O

'IO

IOOOKV_
165KV _ _

lS...

13
"

20KV_
245> KY_

Fig. 3.3 - Andamento dei campi elettrici non perturbati sul terreno per linee elettriche aeree ad A.T. e
A.A.T. in funzione della distanza in metri dall'asse della linea.

79

zione dei conduttori, supposti in piano, e in ascisse le distanze in metri dall' asse della linea.
Stabilito ci, si osservi che quando un organismo vivente o un qualsiasi oggetto conduttore penetra nella zona interessata da tale campo si verificano i seguenti effetti macroscopici:
In corrispondenza del corpo estraneo introdotto si manifestano, in dipendenza della sua
forma esterna e costituzione, sensibili variazioni della intensit locale del campo. (In particolare se il corpo ha superfici convesse, cosa che avviene in generale, si ha un addensamento di linee di forza tanto pi grande quanto maggiore la loro curvatura).
All'interno del corpo si determina un campo elettrico enormemente pi piccolo di quello
esterno. Infatti quando un corpo conduttore viene introdotto in un campo elettrico, quale quello qui esaminato, la sua superficie esterna si carica alternativamente in modo positivo e negativo determinando un campo contrario al primo che rende in ogni istante trascurabile il campo interno.
Il corpo viene attraversato da una corrente elettrica. Il cambiamento continuo del senso
del campo comporta una continua migrazione di cariche; ad ogni alternanza le cariche
negative rimpiazzano sulla superficie quelle positive e viceversa. (Tale migrazione continua si traduce in una corrente interna al corpo che moltiplicata per la sua impedenza
determina una caduta di tensione che rappresenta l'origine del can'l:~o elettrico interno).
Dalle esperienze e studi condotti da vari Autori sull' argomento si possono apprezzare
numericamente alcune delle grandezze sopra ricordate per un uomo di taglia normale
posto in posizione eretta sotto un elettrodotto e in condizioni di buon contatto con il
terreno.
Il campo elettrico nell'aria subito sopra la sua testa pari a 15-20 volte quello riscontrabile nello stesso punto con campo non perturbato.
La totale corrente che attraversa il suo corpo pari a 15-20 micro-ampere per kV/m di
campo non perturbato.
Il campo elettrico all'interno del suo corpo pari a 1/100.000 del valore del campo non
perturbato in quel punto.
A titolo indicativo in fig. 3.4 si riportano i valori di campo e di densit di corrente valutati per
un uomo posto sotto un elettrodotto in condizioni di buon contatto con il terreno e sottoposto a
un campo non perturbato pari a lO kV/m. Leffetto del campo elettrico sopra menzionato su oggetti conduttori pu causare un microshock sull'uomo
che venendo a contatto con essi ne stabilisce di fatto la
messa a terra (se questi si trovano totalmente o parzialmente isolati da terra) determinando un rapido trasferimento di cariche attraverso il suo corpo. ( una situazione analoga a quella che si verifica quando si mette a
terra un oggetto sede di cariche statiche).
Nel caso in esame la differenza consiste nel fatto che detti oggetti si ricaricano con continuit e
quindi un contatto stabile con questi determina una
corrente permanente. Nelle situazioni esistenti e previste si stima che tali correnti non saranno mai supeFig. 3.4 - Valori della intensit del campo
riori a 5 mA, pertanto sempre largamente inferiori a
elettrico e della densit di corrente valutati
quelle minime di rilascio, e non pericolose per l'uoper un uomo sottoposto ad un campo non
mo (vedi VoI. III - par. 7.1).
perturbato di 10 kV/m (linea a 1000 kV).

80
Tali effetti possono per sicuramente evitarsi con una accurata messa a terra di tutti gli
elementi conduttori che si trovino immersi nel campo e siano isolati da terra.
Prima di trarre le conclusioni su quanto sopra esposto, importante sottolineare che le
linee in cavo sotterraneo, in A.T., delle quali di solito non si parla, possono presentare valori
di campo anche pi intensi di quelli riscontrabili in linee aeree equivalenti (fig. 3.5)
50

'5

T;

35

11m

30

...

I \

l'l1o.

f"". ~

15

3&0 kV
I . 750"
p. 1000 MVA

... v

...... 1'-

J
V

:---, r-....

1\

20 ,. 11 "

IO

f""-..

r--.. r-

V.

380 kV

O.Sm

I 1$00 A
P. 1000 ",",VA

E
<Il 20
IO

l-

I~

V.

:l.

:; 25

l.fEA Il CAVO
(2 'orno)
I

T-

'0

IO

12 ,. I. la 20

DIST...NZ... DALL...SSE DELL'" LfE'" (m)

Fig. 3.5. - Profili laterali della densit di flusso magnetico ad


1 m dal suolo generato, a parit di potenza trasmessa, da una
linea aerea a 380 kV a semplice tema e da due teme di cavi
a 380 kV.

Gli organismi normativi internazionali, preso atto:


dei risultati delle indagini svolte in campo internazionale, sia di tipo sperimentale che epidemiologico, concernenti gli effetti di campi elettrici e magnetici a bassa frequenza sugli
esseri viventi;
delle intensit massime dei campi che previsto si verifichino lungo gli elettrodotti esistenti e previsti ad A.T.;
delle reali situazioni in cui vengono a trovarsi persone che risiedono o svolgono attivit
lavorative in prossimit degli stessi;
e visto che:
dai numerosissimi studi di tipo sperimentale condotti in tutto il mondo, che hanno esplorato una vastissima gamma di aspetti strutturali e funzionali di cellule, tessuti ed organismi
viventi, non stato possibile riscontrare effetti nocivi se non in casi molto limitati e per
livelli di campo elettrico e/o magnetico estremamente elevati (di gran lunga superiori a
quelli che si verificano sotto le linee ad A.T.) e la cui riproducibilit cos scarsa da ridurne il significato;
i risultati degli studi epidemiologici appaiono tutti controversi in quanto viziati da difetti
metodologici;
hanno stabilito opportuni limiti di esposizione.
Nella Tab 3.1 sono riportati i limiti di esposizione al campo elettrico e magnetico per

81
(Tab.3.1)

Limiti di esposizione
Persone esposte

Lavoratori
Popolazione

Campo elettrico
(kVlm)

Induzione magnetica
(mT)

INIRC

ENV

INIRC

ENV

801t

80/t

0,5*

1,6

lO

0,1

0,64

- t il tempo di esposizione in una giornata lavorativa, espresso in ore.

" fino a 5 mT per un tempo di esposizione di due ore per giornata lavorativa.
o fino a 1 mT per poche ore al giorno.

frequenze fino a 300 Hz indicati dall'International Ionizing Radiation Committee (INIRC)


e dalla Norma sperimentale Europea ENV-50166-1 sulla base di effetti immediati dei campi in esame.
In Italia il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23-4-92, art. 4, ha stabilito
per gli elettrodotti i limiti di:
- 5 kV/m e di 100 IlT nelle zone in cui si possa ragionevolmente attendere che individui della
popolazione trascorrano una parte significativa della giornata,
- lO kV/m e 1000 IlT nelle altre zone.
Il successivo art. 5 dello stesso decreto stabilisce distanze minime del conduttore dalla
linea dei fabbricati, adibiti ad abitazione o altra attivit che comporti tempi di permanenza
prolungata. (10 m per linee a 132 kV, 18 m per linee a 220 kV, 28 m per linee a 380 kV). Tali
distanze corrispondono a valori di campo di gran lunga inferiori a quelli indicati nella Tab. 3.1.
Di conseguenza, l'art. 5 in contrasto con l'art. 4 e inutilmente restrittivo anche perch
il valore del campo non dipende solo dalla distanza del conduttore pi vicino, ma pure dall'interdistanza tra i conduttori.
Il successivo DPCM 28-9-95 ha almeno in parte sanato questo contrasto, annullando
l'art. 5 limitatamente all' opera di risanamento degli elettrodotti preesistenti, richiesta dallo stesso
DPCM 23-4-92.
In conclusione se non si pu escludere in generale che l'esposizione ripetuta e protratta
dell'uomo ad elevati campi magnetici ed elettrici, sia assolutamente scevra di conseguenze
potenzialmente nocive, si pu senz'altro affermare che per gli elettrodotti fino a 380 kV progettati a regola d'arte secondo i criteri vigenti non sussistono rischi di conseguenze fisiologiche o fisiopatologiche obiettivabili con le tecnologie pi avanzate di cui si dispone. Ci indirettamente confermato dalla vastissima esperienza priva di inconvenienti di una convivenza
dell'uomo con linee fino a 380 kV che sono diffuse in tutto il mondo per centinaia di migliaia
di chilometri.
Per linee a tensioni pi elevate (ad es. 1000 kV e oltre) non si pu escludere che debbano essere presi prowedimenti che possano configurarsi in idonee scelte tecniche al momento
della pianificazione e costruzione dell'elettrodotto per portare l'intensit dei campi magnetici
ed elettrici in prossimit della linea a valori accettabili e in opportune misure di inaccessibilit
o divieti di costruzione o altro per evitare che la popolazione venga a trovarsi in zone di influenza del campo elettromagnetico ritenute inaccettabili.

82
3.4 Fenomeni d'influenza legati a))'effetto corona dei conduttori
a) Rumore udibile

Mentre per le odierne tensioni di esercizio il rumore provocato dall' effetto corona poco
rilevante, per i futuri sistemi ad altissima tensione (oltre i 500 kV) esso potr costituire un
fattore limitativo per il loro sviluppo. Tale fenomeno si manifesta soprattutto in condizioni
atmosferiche perturbate con conduttori bagnati.
Il rumore udibile di una linea ha due componenti caratteristiche:
rumore a larga banda casuale o di fondo (variamente descritto come sfrigolio, scoppiettio);
rumore costituito da toni puri o ronzii a 100 Hz e suoi multipli.
Questi ultimi risultano sovrapposti al rumore a larga banda.
Il rumore a larga banda causato da sequenze casuali di impulsi prodotti dalle scariche
corona nell' aria sulla superficie del conduttore; il ronzio dovuto invece al movimento della
carica spaziale che circonda il conduttore e che determina due volte ogni mezzo ciclo un cambiamento di pressione nell' aria immediatamente circostante.
La valutazione del fastidio prodotto dal rumore udibile complessa, essendo anche legata a fattori fisiologici, psicologici e ambientali.
Da varie indagini effettuate risulta che il rumore casuale ha effetto predominante sul fastidio che diventa notevole quando si superano i 60 dB. Mentre da un lato non esiste una
precisa regolamentazione sui limiti di fastidio ammissibili, dall' altro sono stati compiuti molti
studi sull' argomento per conoscere in modo approfondito il fenomeno e ridurne, con opportuni accorgimenti, gli effetti.
b) Radiodisturbi

L'effetto corona, come noto, determina nello spazio d'aria ionizzato circostante all' elettrodo effluviante una serie di scariche sotto forma di impulsi di corrente che danno origine a
disturbi ad alta frequenza caratterizzati da uno spettro il cui andamento medio rappresentato in fig. 3.6. In tale figura i livelli di disturbo sono espressi in dB e riferiti alla frequenza di
0,5 MHz.
Come immediatamente riscontrabile, i disturbi originati dall' effetto corona interessano
prevalentemente le trasmissioni radiofoniche e quelle a onde convogliate.
Quando sono presenti contatti incerti fra conduttori e morsetterie possono invece determinarsi scariche ripetitive con spettro di frequenza che interessa il campo delle trasmissioni
televisive con conseguenti disturbi.
Data la notevole quantit di fattori che intervengono nella determinazione del campo di
radiointerferenza prodotto da una linea, i soli risultati significativi si possono trarre dalla elaborazione statistica dei dati raccolti in lunghi periodi di registrazione nelle stazioni di ricerca.
Si pu in generale affermare che il valore massimo della tensione di esercizio al di sopra
della quale si hanno disturbi dipende dalle caratteristiche geometriche dei conduttori, dalle
condizioni atmosferiche, dallo stato di inquinamento dell' aria, dall' altitudine della linea e dalla
intensit del segnale delle stazioni trasmittenti su cui essa sintonizzata.
Si sperimentalmente constatato che l'adozione di conduttori multipli riduce, a parit di
altre condizioni, la larghezza della zona in cui si hanno radio disturbi in dipendenza dei valori
minori presentati dal campo elettrostatico in prossimit del conduttore.

83

I.

0,1

RADIODIFFUSIONE
RADIODIFFUSIONE

0,2

0,5

SONORA

10

SOUORA::rv--I

-I t"'"! '""rl--T!-'V~--.-j-I

20

50

100

200

MHz

1000

Fig. 3.6 - Andamento medio dei livelli di disturbo provocati da fenomeno


corona.
a) curva sperimentale media

1 + /,2
b) curva teorica M:dB = 20 log~ per lo = 0,5 MHz

1+ I

c) Produzione di ozono

Un ulteriore fenomeno legato all'effetto corona la produzione di ozono (03) e ossidi


di azoto nell' aria circostante agli elettrodi sede di effluvi. L'ozono, in determinate concentrazioni pericoloso per l'uomo e in molte nazioni sono state emesse Norme che fissano i
limiti superiori ammissibili per la sua concentrazione nell' aria. Il valore medio di questa non
deve superare il livello di 0,06-0,08 ppm (parti per milione) per un tempo massimo di 1 ora
e 0,02 ppm per un tempo massimo di 24 ore. Dalle misure condotte in laboratorio e direttamente al di sotto di linee ad altissima tensione si riscontrato che le concentrazioni di
ozono e ossidi di azoto sono trascurabili e quindi non inquinanti per l'ambiente e sicuramente non pericolose per l'uomo.

3.5 Problemi di influenza posti dalle correnti di guasto a terra


L'iniezione a terra di correnti di guasto stabilisce nel terreno un campo di corrente determinando, in una zona circoscritta dello stesso gradienti di potenziale con la possibilit che si
abbiano pericolose tensioni di contatto e di passo per l'uomo e sopraelevazione della tensione
di elementi metallici che si trovino in buon contatto con la zona di terreno interessata.
Tutti questi fenomeni sono ampiamente trattati in questo volume al Cap. XXII e nel
VoI. III al Cap. VIII.
3.6 Vincoli territoriali e ambientali per gli elettrodotti
Nei paesi industrializzati vincoli territoriali e ambientali sempre pi rigidi sono impo-

84
sti alla costruzione degli elettrodotti aerei. Ci in dipendenza dei disturbi di carattere
elettrico cui possono dar luogo (vedi prima), del loro impatto estetico sul paesaggio e infine
dell' occupazione fisica del terreno su cui sono installati che viene sottratto ad altri usi produttivi (servit di elettrodotto - fig. 3.7).
SERVIT DI ELETTRODOTTO

SPAZIO OCCUPATO

Fig. 3.7 - Servit di un elettrodotto.

La soluzione del problema con elettrodotti in cavo sotterraneo non pu porsi in termini generalizzati sia per motivi economici (tali linee sono circa 10 volte pi costose) che per
motivi tecnici (controllo della potenza re attiva in A.T.).
La riduzione delle interferenze degli elettrodotti aerei con 1'ambiente e il territorio vie-

I . . . ttl1 ..a
llliillJllillill.
kV

Fig. 3.Sa - Potenze trasmissibili con linee aeree per unit di striscia asservita ai diversi livelli di tensione.
MW/m
-10

Fig. 3.Sb - Occupazione del territorio in funzione della tensione di trasporto per definita potenza da trasmettere (nell'esempio per SOO MVA)

85

ne oggi perseguita attraverso i seguenti strumenti:


1) ottimizzando la pianificazione del sistema nel suo complesso;
2) ottimizzando la scelta del tracciato; tenendo anche conto delle varie possibilit di
mimetizzare l'elettrodotto;
3) ottimizzando le caratteristiche di progetto degli elettrodotti con 1'obiettivo di minimizzare i disturbi sull'ambiente (fenomeno corona, campo elettrico al suolo, .. .);
4) raggruppando le linee in corridoi;
5) riducendo a pari potenza da trasportare il numero delle linee per corridoio; cosa
che pu ottenersi in vari modi:
aumentando la densit di corrente nelle linee esistenti;
adottando tensioni pi elevate per il trasporto, fig. 3.8 (a, b), utilizzando doppie o triple
terne sulla stessa palificazione o - soluzioni ancora allo studio - trasmissione in esafase,
terne sovrapposte a livelli diversi di tensione, linee con isolamento ridotto tra le fasi.
evidente che tutte le operazioni di cui sopra debbono sempre rispettare i vincoli di
economicit, affidabilit e flessibilit di esercizio del sistema elettrico.
Tutte le interferenze cu(si fatto cenno nei paragrafi che precedono sono, nel contesto
sociale odierno, universalmente accettate come risultato di un bilancio notevolmente vantaggioso per la collettivit.
il prezzo che necessario pagare per avere un vettore energetico fondamentale non
solo per il benessere generale, ma anche per salvaguardia stessa dell' ambiente (in particolare
dell' ambiente domestico e industriale che quello in cui particolarmente l'uomo vive.

CAPITOLO IV

IL METODO DEI VALORI RELATIVI

4.1 Generalit

Nell'analisi dei sistemi elettrici le tensioni, le correnti, le potenze, le impedenze e le ammettenze possono essere espresse, oltre che con i valori assoluti, anche con i valori relativi
o con i valori percentuali, rispetto a dei valori base di riferimento scelti per ognuna delle
grandezze elettriche. Il valore relativo, o per unit (p.u.), di una grandezza allora definito
come il rapporto adimensionale tra il valore effettivo della grandezza e il suo valore di riferimento.
Pertanto, se VI II AI ZI Yb, sono le grandezze elettriche base di riferimento per le
tensioni, correnti, potenze, impedenze e ammettenze di un circuito, i valori relativi delle
stesse grandezze sono dati da:
o

Z = Z / Zb ; Y = Y / Yb

V = V / Vb ;I = I / Ib

[4.1]

I valori in per cento sono pari a 100 volte i valori in p.u ..


L'adozione sia dei valori relativi che di quelli percentuali rende pi agevoli i calcoli rispetto all'uso dei valori assoluti delle grandezze. Tuttavia, l'uso dei valori relativi ha, rispetto a
quello dei valori percentuali, il vantaggio che il prodotto, o il quoziente, di due quantit espresse in p.u. risulta anch'esso espresso in p.u., mentre il prodotto (quoziente) di due numeri in
per cento deve essere diviso (moltiplicato) per 100 se si vuole ottenere una grandezza espressa ancora in per cento.
Le grandezze base di riferimento sono grandezze scalari, quindi il passaggio nel campo
dei valori relativi lascia invariati gli sfasamenti tra le grandezze elettriche; ad esempio, i valori
in p.u. di una potenza complessa A = P + jQ o di una impedenza Z = R + j X sono dati da:
o

A
o

= P+ j
o

Q = P / Ab + j Q / Ab
o

[4.2J

Z=R+j X=R/Zb+jX/Z b
Tra le grandezze espresse in valori relativi valgono, ovviamente, le relazioni esistenti
tra le corrispondenti grandezze fisiche.

88
4.2

Vantaggi dell'uso dei valori relativi

I principali vantaggi che comporta l'adozione della rappresentazione a mezzo dei valori relativi, sono i seguenti:
Maggiore facilit e minori errori nei calcoli soprattutto quando svolti da calcolatori elettronici. La rappresentazione in p.u. d infatti luogo a valori numerici tutti dello stesso
ordine di grandezza e spesso prossimi all'unit.
Maggiore significativit dei valori in p.u. delle grandezze rispetto ai valori assoluti. Difatti
la sola conoscenza, ad esempio, dei valori in Ohm dell'impedenza interna di una macchina o del valore, in A, della corrente che vi circola d scarsa informazione sulla c.d.t. interna e sul grado di sfruttamento della macchina. Queste informazioni vengono invece immediatamente fornite se l'impedenza e la corrente sono espresse in valori relativi sulla
base di riferimento delle grandezze nominali della macchina.
I valori relativi delle impedenze dei generatori, dei trasformatori e delle linee, riferiti alle
loro potenze e tensioni nominali, sono, per elementi analoghi, dello stesso ordine di grandezza. Noto l'ordine di grandezza, la conoscenza del valore in p.u. delle grandezze elettriche di un particolare componente d immediatamente informazioni sulle sue caratteristiche rispetto alle caratteristiche medie della famiglia cui appartiene. Ci consente, quando
non siano noti i loro valori effettivi, di attribuire ad essi i valori tipici in p.u. senza commettere errori grossolani nelle valutazioni.
La risoluzione di reti con molti trasformatori risulta pi semplice potendo eliminare dallo
schema i trasformatori ideali.
Adottando i valori relativi nella soluzione dei sistemi trifase, si riduce l'impiego del coefficiente 1,73.

4.3 Scelta delle grandezze di riferimento

Tensioni, correnti, potenze, impedenze, ammettenze sono legate da relazioni tali che la
scelta arbitraria dei valori di riferimento di due grandezze determina i valori di riferimento
delle restanti. Normalmente si scelgono i valori di riferimento della potenza e della tensione.
Per un sistema monofase fissati i valori della potenza base, Ab, e della tensione base,
Vb, i valori base della corrente, dell'impedenza e dell'ammettenza sono dati da:
[4.3]
h=Ab/V

= Vb/lb = P b / Ab
Y b = h/Vb = Ab/Pb

Zb

[4.4]

[4.5]

Il valore relativo di una impedenza Z dato da:

[4.6]
e quindi rappresenta il valore, rapportato alla tensione di riferimento, della caduta di tensione
che si ha sull'impedenza Z quando attraversata dalla corrente di riferimento. Da qui deriva la
significativit dell'impedenza di una macchina espressa in p.u. rispetto alle grandezze nominali.
Per i sistemi trifase, quando si voglia operare in maniera analoga al caso monofase, si
pu fare riferimento a potenze sia monofase, A mb , che trifase, A tb , e a tensioni sia stellate,

89
E b , che concatenate, Vb. Scelto il valore di una delle due potenze e quello di una delle due
tensioni, restano univocamente determinati quelli di tutte le altre grandezze di riferimento.
Per comodit, di solito si scelgono come basi di riferimento la potenza trifase e la tensione concatenata, ovvero la potenza monofase e la tensione stellata. Per ambedue le scelte sono
di seguito riportate le espressioni di tutte le altre grandezze di riferimento.
Scelti Atb e Vb si ha:

Amb

Scelti Amb e Eb si ha:

= Atbl 3

Atb = 3 Amb
Vb = 1.73 Eb
Ib = Ambi Eb
Zb = Ebl Ib = Ebl Amb
Yb = Ambi Eb

E b =Vb /1.73
h = Atbl 1.73 Vb
Zb = Vb 11.73 h = V'VA tb
Yb = Atbl iflb

Si noti che i valori di h, Zb e Yb, dati dalle precedenti espressioni, rappresentano rispettivamente il riferimento delle correnti di linea, delle impedenze attraversate da tali correnti e delle ammettenze sottoposte alle tensioni stella te. Se, nel sistema da risolvere con il
metodo dei valori relativi, esistono impedenze, o ammettenze, sottoposte alla tensione concatenata, per questi elementi i valori di riferimento delle correnti che li attraversano, I cb ,
delle impedenze, Zcb, e delle ammettenze, Ycb , nei due casi precedenti, sono dati da:

Icb = Atb 13 V]y = hl 1.73


Zcb = Vbl Icb = 3 iflbl Atb
Ycb = Atbl 3 iflb = Ybl 3

Icb = Amb I 1.73 Eb = Ib I 1.73


Zcb = 1.73 Ebl Icb = = 3 Ebl Amb
Y CB = Amb I 3 E\ = Yb I 3

= 3 Zb

= 3 Zb

Il valore relativo di una impedenza Z pu quindi ricavarsi sempre in base alle espressioni:
/

z Z Atb I V~
=

4.4

Z Amb I

E~

[4.7]

Modalit di impiego dei valori relativi

Si consideri il sistema di fig. 4.1 in cui le reti A e B sono accoppiate a mezzo di un


trasformatore ideale con rapporto di trasformazione m. Le impedenze del trasformatore si
possono considerare indifferentemente come facenti parte o della rete A o della rete B.

Fig. 4.1- Schema di due reti accoppiate a mezzo di un trasformatore ideale.

Le relazioni tra le tensioni e le correnti in ingresso e in uscita del trasformatore ideale


sono:
VAIVB = m

IAIIB = 11m
Volendo rappresentare il sistema in termini di grandezze elettriche espresse in valori
relativi, si supponga di fissare una potenza di riferimento Ab, per !'intero sistema, e due tensioni di riferimento, una per la rete A, V Ab , e una per la rete B, V Bb , legate tra loro dal rap-

90
porto di trasformazione m del trasformatore ideale:

VAbl V Bb = m
di conseguenza si ha:

lAb = Ab I V Ab
lBb = Ab I V Bb
lAb I lBb = V Bb I V Ab = 1 1m
Tra i valori relativi delle tensioni VA e VB e tra quelli delle correnti h e lB valgono le seguenti relazioni:
o
o
[4.8]
V A = VA I V Ab = m VB I (m VBb ) = VB
o

lA

= l A I l Ab = (lB I m) I (IBb I m) = l B

[4.9]

Dalle precedenti relazioni si deduce che, nella rappresentazione del sistema in termini
di grandezze espresse in valori relativi, il trasformatore ideale viene sostituito da un collegamento diretto, fig. 4.2.
&TB

Dm

(Ia,.1L)

(la,. ..)

Fig. 4.2 - Schema delle reti di fig. 4.1 espresso a mezzo dei valori
relativi.

Quanto esposto ovviamente applicabile per generalizzazione a sistemi in cui siano presenti piu livelli di tensione.
Si noti che le precedenti conclusioni valgono solo se le tensioni di riferimento tra due
qualunque sistemi contigui stanno tra loro nello stesso rapporto delle tensioni a vuoto del
trasformatore di interconnessione .
I.:eliminazione dei trasformatori ideali dagli schemi equivalenti monofase comporta la connessione diretta dei circuiti equivalenti delle varie parti del sistema le cui grandezze elettriche
siano ovviamente espresse in valori relativi.
In definitiva, per una rete che presenti diversi livelli di tensione, fissati i valori di riferimento della:
- potenza per l'intero sistema; e della
- tensione in una qualunque parte di esso,
si determinano i valori delle:
tensioni di riferimento di tutte le altre parti del sistema a diversa tensione sulla base del
rapporto di trasformazione a vuoto dei trasformatori.
Per ogni parte del sistema si potranno calcolare le impedenze (o ammettenze) in p.u. rispetto all'unica potenza di riferimento e alla tensione di riferimento propria della parte in esame.
Le impedenze (o le ammettenze) cos calcolate si possono connettere direttamente tra
loro senza la necessit di alcuna operazione di riporto.
Ottenuta la rappresentazione in p.u. dell'intero sistema, questo risulta risolubile con i
normali metodi di analisi delle reti.
Al termine dell' analisi, per risalire alle grandezze effettive basta moltiplicare il valore

91
espresso in p.u. per la corrispondente grandezza di riferimento della parte del sistema in esame.
Per i sistemi trifase, le espressioni e i valori numerici in p.u. delle varie grandezze sono
gli stessi sia che si assumano come riferimento la tensione stellata e la potenza monofase,
sia la tensione concatenata e la potenza trifase. Ad esempio, per le seguenti espressioni, in
termini di tensioni concatenate e potenze trifase, si ha:
o

~V =
o

.~ V

00

00

[4. lO]

1.73 ZI = 1.73 Z Zb IIb = 1.73Z I (Vb 1 1.73Ib) = Z I Vb


o

= ~V I Vb = Z I

[4.11]

I = V 11.73 Z = V Vb 11.73 Z Zb = V Vb 1 1.73 Z (Vb 11.73Ib) =(VI Z).I b


a

[4.12]

I = I IIb = VII

[4.13]
o

o o

A=1.73 VI = 1.73 V Vb IIb =VIAb

[4.14]

[4.15]

A=AI Ab = VI
MJ = 3R 12 = 3RZb

dIb)2 = 3RI 2

(Vb

11.73Ib) I~ = R/2 Ab

[4.16]

~P=MJIAb=R/2

[4.17]

4.5 Riporto di impedenze in p.u. da una base di riferimento ad un'altra

Si abbia una impedenza


espressa sulla base della potenza Ab e della tensione Vb.
Volendo esprimere tale impedenza su basi di riferimento diverse Ab' e Vb', si ha

Z=Z V; IAb
o

'2'

Z = Z A b 1 V b = Z (Ab 1 Ab)

, 2

(Vb

1 Vb)

cio, per riportare il valore di una impedenza da una base di riferimento ad un'altra, basta
moltiplicarne il valore in p.u. (rispetto alla prima base) per il quadrato del rapporto tra vecchia e nuova tensione di riferimento e per il rapporto tra nuova e vecchia potenza di riferimento.
Tale riporto si rende spesso necessario per le impedenze delle macchine che sono espresse in valori relativi rispetto alle proprie grandezze nominali.
In proposito si noti che il circuito equivalente a gamma di un trastormatore, in p.u. rispetto alle grandezze nominali, pu facilmente ottenersi dai dati di targa della macchina. Siano
difatti VeCl Pee> lo e Pa i valori percentuali della tensione di corto circuito, delle perdite nel
rame, della corrente a vuoto e delle perdite nel ferro; si ha

Zee = (Veci lOO) Vn/1.73In = (Vee/lOO) VZ/A n


Ree = (Peci lOO)A n/3 Fn = (Peci 100) VZnl An
Y o = ([o/lOO) 1.73Inl Vn = ([o/lOO)Anl VZ n

Ga = (Po/lOOlAnl VZ n
da cui si ricava, in p.u. rispetto alle grandezze nominali An e Vn

[4.18]
[4.19]
[4.20]
[4.21]

92
o

Zee
o
Ree

= Vee /100

[4.22]

= Pee /100

[4.23]

[4.24]

X ee = Z~e- Rle

[4.25]
[4.26]
~

[4.27]

Bo = ~Y~-G~

Per i trasformatori a tre avvolgimenti, considerando il noto schema equivalente (vedi


VoI. I, Parte I, par. 6.7.1) costituito dalle impedenze ZI> Z2 e Z3 connesse a stella, si noti che
volendo esprimere tali impedenze in p.u., si pu anche qui fare riferimento ai valori percentuali delle tre tensioni ottenute dalle prove di corto circuito effettuate sulle tre possibili
coppie di avvolgimenti, lasciando aperto il rimanente. Tali tensioni, che figurano tra i dati
di targa della macchina, rappresentano i valori percentuali delle impedenze Z12' Z23 e Z31
valutati sulla base dei dati nominali di quell' avvolgimento della coppia che presenta la potenza nominale minore. Per questo motivo, ove si voglia pervenire allo schema in termini di
impedenze ZI> Z2 e Z3) espresse in p.u. rispetto ad un'unica base, occorre riportare le impedeno

ze Z 12, Z 23 e Z 31 allo stesso valore di potenza.


Ad esempio, per un trasformatore in cui le potenze nominali dei tre avvolgimenti stanno
nella relazione

Anl>An2>An3
si avr, in p.u. rispetto alla potenza An1 e alle tensioni nominali degli avvolgimenti:

2 1 = (2 12 Anl/ An2+213 Anl/ A n3-223 Anl/ An3)2


22 = (212 Anl/ An2-213 Anl/ A n3+223 Anl/ An3)2

23 = (-2

12

Anl/ An2+213 Anl/ An3+223 Anl/ An 3)2

4.6 Valori di prima approssimazione per le impedenze dei componenti di un impianto


A titolo di orientamento nei paragrafi che seguono sono riportati i valori medi delle impedenze di alcuni componenti di un sistema di potenza.
4.6.1 Macchine sincrone
Per la reattanza diretta ed omopolare in tab. 4.1 sono riportati i valori percentuali riferiti
alla tensione e potenza nominale della macchina:

= x%

V;

100 Pn

(Q/fase)

[4.28]

93
La reattanza omopolare evidentemente infinita se gli awolgimenti sono connessi a triangolo o a stella con neutro isolato.
(Tab 4 1)
Reattanza percentuale - x%

Rotore liscio

Poli salienti

10 720
15725
1507230
5 7 lO

15725
25735
707 100
7715

Sub-transitoria
Transitoria
Sincrona
Omopolare

La reattanza inversa pu prendersi uguale alla reattanza subtransitoria diretta.


4.6.2 Trasformatori
Per i trasformatori le impedenze diretta e inversa sono uguali e pari alla impedenza di
corto circuito. Il loro valore percentuale, riferito alla tensione e potenza nominale della macchina, coincide col valore percentuale della tensione di corto circuito e vale quindi:
- 4,2% per trasformatori MT!bt;
- 7 7 13 % per trasformatori ATIAT e AT IMT.
L'impedenza omopolare dipende dal tipo di awolgimenti e dalla condizione del neutro
rispetto a terra (vedi VoI. I - Parte I).
4.6.3 Le linee e i cavi
Per le linee e i cavi pu assumersi che l'impedenza diretta e inversa siano uguali e che
l'impedenza omopolare valga tre volte quella diretta.
Inoltre possono adottarsi i seguenti valori:
-linee di trasporto A.T. (conduttori unici):
Zd = j 0,42

[4.29]

(Qlkm)

-linee di trasporto A.T. (conduttori multipli):

Z,1 = jO,34;

jO,30;

jO,28;

(per n =2, 3,4)

-linee di distribuzione

. = (33
Zd
5+ j0,36)

(Qlkm)

[4.30]

essendo 5 in mm2 ;
- cavi a M.T.:

. (30-5 + jO,25)

Zd =

(Qlkm)

[4.31]

4.6.4 Le sbarre
Per le sbarre a bassa tensione, affacciate di taglio pu assumersi un valore di reattanza
pari a 0,20 QIkm e per fase.

CAPITOLO V

ANALISI DELLE RETI ELETTRICHE DI POTENZA

5.1 Reti in regime permanente. Generalit


Le reti elettriche di potenza sono costituite dall'insieme delle macchine generatrici (alternatori) e degli utilizzatori (illuminazione - forza motrice - riscaldamento) collegati fra loro
da sistemi elettrici di trasmissione aerei o sotterranei con interposti dei trasformatori.
Per lo studio in regime permanente di tali reti, le linee, i trasformatori, i carichi vengono ricondotti a circuiti equivalenti semplici costituiti da elementi passivi a costanti concentrate, i generatori a sorgenti ideali di tensione o corrente sinusoidali con in serie o in parallelo elementi di impedenza o ammettenza (vedi VoI. I - Parte 1). Per questo studio si far
riferimento a reti tri/asi che godano di simmetria ciclica e siano lineari. Esse potranno pertanto studiarsi a mezzo di tre reti mono/asi indipendenti formate dai quadripoli corrispondenti ai sistemi diretto, inverso e omopolare.
Per condizioni di funzionamento equilibrato interverr soltanto la rete diretta, negli
altri casi combinazioni delle reti componenti sulla base delle esistenti condizioni ai limiti.
Le reti elettriche di potenza hanno dunque i
rami costituiti da quadripoli passivi, ad es. a 1t (linee e
trasformatori (1,) che si interconnettono nei nodi ai
quali fanno capo gli alimentatori e i carichi (fig. 5.1).
In una rete cos fatta, per lo studio di regimi in
cui non intervengono componenti omopolari, si pu
assumere come nodo di riferimento il neutro comune
a tutti i quadripoli. Altrimenti, sar la terra ad essere
assunta come nodo di riferimento (figg. 5.2 e 5.3).
In ogni caso, potendosi ciascun quadripolo considerare come una rete elementare di bipoli, la rete
complessiva (che nasce, in generale, dalla combinazione delle tre reti di sequenza monofasi) pu essere
studiata con noti metodi di analisi delle reti di bipoli.
Fig. 5.1 - Rete elettrica di potenza rappreIn particolare per lo studio dei sistemi di poten- sentata a mezzo di quadripoli passivi

(") Si fa l'ipotesi che i trasformatori abbiano rapporto di trasformazione reale, e che tutte le impedenze,
o ammettenze, della rete siano riferite alla stessa tensione.

96

id

id
i,

i,

i,

f i,

Fig. 5.3 - Schema per la definizione della terra


quale nodo di riferimento

Fig. 5.2 - Schema per la definizione del neutro


quale nodo di riferimento

za conveniente utilizzare il metodo dell' analisi nodale che per una rete di n + 1 nodi (n
nodi + un nodo di riferimento) fornisce un sistema di n equazioni congruenti in n incognite
riassumibile nella seguente equazione matriciale:
[5.1]
dove:
[l n ]

vettore colonna delle correnti impresse ai nodi

[Y n ]

matrice n x n delle ammettenze

[V n]

vettore colonna delle tensioni ai nodi (rispetto al nodo di riferimento).

L'elemento generico y. della diagonale della matrice delle ammettenze rappresenta la


Il

somma delle ammettenze di tutti i bipoli che concorrono al nodo i-esimo; l'elemento generico y' j rappresenta la somma delle ammettenze di tutti i bipoli che congiungono il nodo iesimo con quello j-esimo presa con il segno -. Se ne deduce che quanto maggiore il numero dei rami di interconnessione tra i nodi, cio quanto pi grande il grado di magliatura della rete, tanto pi piena la matrice [y n ]. In generale per le reti di sistemi di potenza
si hanno gradi modesti di maglia tura e quindi matrici rrlativamente sparse.
Per reti di forma complessa, la determinazione di [yn] e la risoluzione della [5.1] vengono effettuate con procedure idonee per gli elaboratori elettronici. La [5.1] risolta rispetto a cV n] fornisce
[V n] = [2 n ]

con

[zn] [yn] = [1]

e quindi

[I n ]

[5.2]
[zn] = [fnr

[5.3 ]

Con riferimento alla [5.3] si osserva che 1'operazione di inversione di una matrice richiede un dispendio di tempo che cresce rapidamente all'aumentare del suo ordine. Pertanto, nel passato, il metodo di formazione della [zn] tramite inversione della [y n] era applicato solo a reti di modesta estensione.
Per reti di grande estensione si utilizzavano allora dei metodi di costruzione diretta.

97
Uno di questi consiste nel partire dalla matrice delle impedenze nodali di tale rete resa elementare e nel determinare le successive matrici delle impedenze corrispondenti alle reti via
via ottenute per aggiunta di un ramo alla rete precedente, fino a giungere alla rete definitiva.
La determinazione della matrice delle impedenze nodali di una rete, ottenuta per l'aggiunta di un nuovo ramo, a partire dalla matrice della rete precedente, comporta differenti
situazioni a seconda della posizione del nuovo ramo. Si possono considerare quattro casi
distinti:
Aggiunta di un ramo di impedenza Z fra un nuovo nodo e quello di riferimento;
Aggiunta di un nuovo ramo di impedenza Z fra un nuovo nodo e uno esistente;
Aggiunta di un nuovo ramo di impedenza Z fra un nodo esistente e quello di riferimento;
Aggiunta di un nuovo ramo di impedenza Z fra due nodi esistenti.
Oggi i moderni elaboratori elettronici, anche per reti di grande estensione, procedono
direttamente all' inversione di [y n J.
5.2 Variabili di stato in un sistema di potenza

Indicando sempre con n il numero dei nodi indipendenti della rete di bipoli fin qui
esaminata, noto che fissate n variabili complesse resta definito lo stato del sistema; dette
grandezze assumono il nome di variabili di stato. Queste possono essere le tensioni ai vari
nodi, in modulo ~ e argomento ~. Allora lo stato del sistema viene sinteticamente espresso
a mezzo di un vettore di stato cos composto

[x] =

[5.4]

v"
on

evidente che al variare delle condizioni di carico il sistema tender ad abbandonare


lo stato in cui si trova per acquisirne uno nuovo [x']. Si potr cos introdurre un vettore di
disturbo

[p] =

Ql
P2
Q2

Pn
Qn

[5.4']

98
che caratterizza il carico espresso con le sue componenti attive Pj e re attive Qj, che dipendono dalle richieste dei consumatori e pertanto costituiscono variabili aleatorie.
Le variabili di stato invece sono dipendenti dalle correnti iniettate ai nodi o meglio dalle
potenze attive e reattive ivi immesse, Pgj e Qgj che possono essere definite come variabili di
controllo in quanto consentono di portare o mantenere lo stato del sistema nelle condizioni
desiderate.
Si avr cos un vettore di controllo

[u]

[5.4 "]

avente come componenti le potenze attive e reattive iniettate ai singoli nodi.


I vettori [x], [p], [u] qui introdotti permettono una visione sintetica molto interessante dei
problemi attinenti alla analisi delle reti di potenza.
5.3 Il problema del load flow e del dispatching (*)

II metodo di analisi nodale richiamato precedentemente (vedi par. 5.1) permette di definire un insieme di equazioni matematiche (equazioni delloadflow) che simulano il comportamento di una rete elettrica di potenza in regime permanente. La loro soluzione, effettuata a
mezzo di convenienti algoritmi, permette di conoscere le grandezze significative di ogni nodo
del sistema. In questa determinazione si suppone noto il vettore di controllo [u] prima definito. La scelta dei suoi elementi costituenti viene fatta secondo una procedura di ottimizzazione
tecnico-economica che rappresenta la soluzione del problema del dispatching.
5.4 Le equazioni del load flow

Le potenze attive e reattive, iniettate o assorbite ai nodi, ricordando che la [5.1] in forma componenziale pu esprimersi come
per i
e che

= 1...

A=P+jQ.=Iv.
1

l-l

sono fornite da:

Pj + jQj

Y,1V;!:::.j + Y,ZYZ!:::.i+"+Y,yjz + Y,n YnL = Y,Yi z+ i:. jY,jV;!:::.j

[5.5]

1
j;t:i

* In quel che segue si far uso di questa terminologia anglosassone che la pi nota e diffusa nella
letteratura internazionale.

.----.

99
Si ha anche

-~ '" [~+jQi

V 'y

11

~l

ti~i~l

[5.5 ']

j:;t:j

Esplicitando gli argomenti i}ii delle Yii e 8i delle Vi dalle [5.5] si ottiene:

t
Q = V;2 ~i sin i}ii + t V; Vi ~i sin (bi -bi +i}ii)
~ = V;2 Yii cos i}ii + V; Vi ~i cos (bi -bi +i}ii)
j:;t:j

[5.6]

jt:i

Le relazioni [5.6], equazioni delload flow in una rete, possono acquisire un significato
pi generale tenendo conto che in ogni nodo, Pi e Qi possono sempre interpretarsi come le
potenze attive e reattive risultanti al nodo dalla differenza fra la potenza ivi generata (Pgi , Qgi)
e quella consumata (Pci, QcJ.
Esplicitando le [ 5.6 ] secondo questa interpretazione si pu anche scrivere che

~i = Pci + V;2 Yii COS i}ii + V; ~ ~i cos (Si -Si +i}ii)


l'''

Qgi = Qi + V;2 Y:i sin i}ii + ~V;

l'''

~ Y:i sin (Si -Si +i}ii)

[5.7]

Sommando ciascuna delle [5.7] per tutti i nodi della rete, si otterr, come ovvio, che la
potenza generata uguale a quella consumata pi le perdite.
Le equazioni [5.7], si riferiscono a condizioni di funzionamento statico del sistema, non
sono lineari e per un sistema a n nodi presentano 6 n variabili scalari.
n
n
n
n
n
n

moduli di tensione alle sbarre


argomenti di tensione alle sbarre
potenze attive generate
potenze re attive generate
potenze attive consumate
potenze reattive consumate

Si
Pgi
Qgi

Pci
Qci

5.5 Determinazione del lo ad flow in una rete


Delle 6 n variabili definite dai vettori [x], [p], [u], 4 n sono arbitrarie in quanto le equazioni di load flow stabiliscono 2 n relazioni.
Le condizioni di carico specificate dal vettore [p] sono in genere prefissate. (*) Questa
ipotesi pu risultare limitativa in quanto i carichi, specialmente quelli reattivi, dipendono dalle
tensioni incognite del sistema. Fissato [p] le variabili si riducono a 2 n da scegliere fra gli
elementi dei vettori di stato (moduli e fasi delle tensioni ai nodi) e di controllo (potenze
attive e reattive generate). Non pu prefissarsi il vettore di controllo in quanto ci imporrebbe la conoscenza delle perdite che a priori sono incognite.
(,,) Il carico si ritiene con buona approssimazione indipendente dalla tensione.

100
Per quanto riguarda le variabili di stato pure opportuno ricordare che l'aggiunta di
una quantit arbitraria a Oi e o; non altera il risultato delle [5.7]; cio queste ultime permettono di determinare solo la differenza Oi - o; e non i loro singoli valori.
Volendo operare delle scelte si pu allora fissare 01 = O cio imporre come tensione di
riferimento quella delle sbarre 1, e assegnare il modulo di VI'
In queste condizioni, assegnate ad esempio le potenze attive e reattive su tutte le sbarre meno la 1, il problema perfettamente determinato.
li nodo 1, le cui P I e QI sono a priori incognite, permette di istituire un corretto bilancio
delle potenze attive e re attive (nodo di saldo).
Sembra utile rimarcare che il nodo di saldo deve avere potenza sufficiente per assolvere
tale condizione; quindi preferibile che come nodo di saldo ne sia scelto uno di grande potenza.
Quanto sopra ipotizzato non soddisfa la condizione che alcuni nodi della rete abbiano
costante la tensione in modulo.
In questo caso (load flow a variabili vincolate) vengono fissati:
i moduli delle tensioni in detti r nodi (nodi di saldo della potenza reattiva);
le potenze re attive nei nodi rimanenti n-n>;
la potenza attiva in n-l nodi;
la fase della tensione nel nodo di saldo della potenza attiva.
Evidentemente la scelta dei nodi di saldo deve essere effettuata nei nodi dove tali potenze
possono essere generate. Pu accadere che con i sistemi di generazione disponibili non sia
possibile controllare i valori di tensione nei nodi nel modo prefissato.
In questo caso necessario ritoccare le tensioni dei nodi di saldo in modo che ogni generatore di potenza reattiva eroghi secondo le sue capacit.
Per risolvere questo tipo di problemi sono state codificate procedure di calcolo particolari per le quali si rinvia alla letteratura specialistica.
Comunque sia, individuate le tensioni nei generici nodi i e j la corrente che fuoriesce dal
nodo i vale:
[5.8]
mentre il relativo flusso di potenza, trascurando le correnti Iii e 1;;, vale:

Aij

=~j + j

Qij

=IijYi

[5.9]

ovvero:
[5.10]
dove Pii e Qi; sono i flussi di potenza attiva
e reattiva che dal nodo i vanno verso il
nodo j. Similmente la potenza che da j va
verso i vale:
[5.11]
Fig. 5.4 - Schema elettrico di un ramo di un sistema di
potenza.

La potenza perduta lungo la linea i1' data

101
dalla somma algebrica dei flussi di potenza ottenuti dalle equazioni [5.10] e [5.11J.
Le equazioni [55'] e [5.6] costituiscono un sistema di equazioni non lineari nelle incognite. Per la loro risoluzione numerica possono essere utilmente impiegati metodi iterativi che, grazie alla sempre crescente efficienza dei moderni mezzi di calcolo, conducono a
risultati sufficientemente accurati con tempi di calcolo abbastanza ridotti, anche per sistemi
di dimensioni ragguardevoli.
Gli algoritmi risolutivi pi diffusamente impiegati (metodi alla Gauss-Siedel e metodi alla
Newton-Raphson), a partire da un profilo ragionevolmente presunto delle tensioni ai nodi, ne
aggiornano iterativamente il valore approssimando via via la soluzione sino a livelli di precisione prefissati.
In particolare, nei metodi iterativi di Gauss-Siedel, la tensione in un generico nodo i
della rete viene valutata alla k-esima iterazione attraverso l'espressione [55'] utilizzando, per
i termini che compaiono al secondo membro, il profilo delle tensioni trovato all'iterazione
precedente (aggiornamento alla Jacobi).

I.y
V(k_l)]
j=i
'I

[5.12]

j:;ti

Una maggiore efficienza della procedura di calcolo pu essere ottenuta utilizzando ad


ogni iterazione il pi aggiornato profilo di tensioni disponibile (metodo di Glimm-Stagg),
secondo la seguente espressione ricorrente:
V(k)
l

l[P+l'Q
i
i _ i-l
L YV(k) _ L YV(k-l)
V(k-l)
j=l
j=i+l

=.

Il

y.

'I

Il

II

[5.13 ]

In entrambi i casi il processo iterativo si arresta quando per tutti i nodi della rete la differenza fra i valori di tensione calcolati fra due iterazioni successive si mantiene al di sotto di
un prefissato fattore di tolleranza.
I metodi alla Gauss-Siedel sono in ogni caso intrinsecamente lenti e, quando convergono, richiedono l'esecuzione di un numero di iterazioni che cresce all'aumentare del numero
dei nodi della rete. In tal uni casi le prestazioni di tali metodi possono essere migliorate con
l'adozione di adeguate strategie di rilassamento che, ad ogni iterazione, prevedono l'impiego della media pesata dei risultati della iterazione corrente e della precedente:
V(k) = 'AV(k) + (1- 'A) V(k-l)
l

[5.14]

dove'A un coefficiente di rilassamento che pu assumere valori compresi fra O e 2, la cui


scelta dipende dal problema e viene spesso determinato per tentativi. In particolare, se 'A
compreso fra O e 1, il risultato della [5.14] una media pesata tra il valore relativo dell'iterazione attuale e quello precedente; in tal caso si parla di sotto rilassamento, opzione utilizzata tipicamente per rendere convergente un sistema che non lo . Per 'A compreso fra 1 e
2, il valore ottenuto dall'iterazione attuale viene, in valore assoluto, incrementato. In questo
caso si assume implicitamente che la procedura di calcolo si sta muovendo nella direzione

102
giusta e il maggior peso che viene assegnato alla soluzione ha lo scopo di spingere pi velocemente la soluzione stessa verso il risultato finale. Questa opzione, detta sovrarilassamento, consente pertanto di accelerare la convergenza.
Un approccio pi efficiente alla risoluzione delle equazioni di load-flow, anche se di
maggiore complessit formale, prevede l'impiego di metodi iterativi alla Newton-Raphson,
basati su una linearizzazione successiva del problema di load-flow, formulato o in coordinate cartesiane o in coordinate polari.
Nella prima formulazione, a partire dalla [5.5], tenuto conto che per l'i-esimo nodo della
rete Vi = ei + j f e Yii = Cii - Bii separando parte reale e parte immaginaria si ottiene:

~ = Re(l':i! l'ii ~ ) = F;p(e

l':ii~ ~i ~ ) = F;Q(e

Qi = Im(

e2"''/IJ2'''')

[5.15]
p

e2"''/IJ2'''')

Sviluppando in serie di Taylor nell'intorno di una soluzione iniziale (e~, e~, ... ,
e trascurando i termini di ordine superiore al primo, le funzioni F(O)
Ip e
poste nelle forma:
F (e(O)
lp

F(O)
lq

;;0, ;;0, ... )

possono essere

+ A e(O)
e(O) + A e(O)
,(o) + A ,(o)
do) + A/(O) =
1 ' 2
2 , . , J 1
lJ, 2
2

~ ~;") e:"{ ~:
+A

r e~"{~;: r
+A

++A

f.'"{ ~:

Af,'"{ ~J")

Flq (e(O)
+ A e(O)
e(o) + A e(O)
,(o) + A/(O) do) + A/(O)_
1
1 ' 2
2 , .. , J 1
l' 2
2
ti

[5.16]

dF )(0)
[dF )(0)
(O)
(
(o)
F;~O) + A e~O) [a:~ + A e;O) ae +.. :M/1(0) ~lq J + M;O) ~j2q J +...
1

avendo indicato con Ae<) e A;o) le correzioni da apportare rispettivamente alla parte reale
ed alla parte immaginaria delle tensioni incognite rispetto alla soluzione iniziale.
Supposto allora di definire come residui (attivi e reattivil gli scarti fra le potenze impresse su ciascun nodo e quelle calcolate con le [5.16] nel punto iniziale:
L~.P(o) =
l

AQ(O)
l

P1 -

F(O)
lp

Q. _ F(O)
l

[5.17]

lq

Le equazioni [5.15] e [5.16], estese all'intera rete, possono essere scritte in forma compatta
come:

[5.18]

103

essendo [](O)] lo J acobiano delle funzioni PipO ed Piq () calcolato in corrispondenza al profilo
iniziale delle tensioni:

dP(O)

dP(o)

lp

lp

de

dI

[fo)] =

[5.19]

dP(o)

dP(o)

lq

lq

de

dI

Dal sistema (lineare) di equazioni [5.18] invertendo la matrice J acobiana, possibile ricavare i valori delle correzioni da apportare alla parte reale ed immaginaria delle incognite:

[5.20]

e pervenire, pertanto, ad una nuova stima del profilo delle tensioni:


e(J)

e(o) + M(J)

1;(0)

1;(1)

+ 111;(1)

[5.21]

li processo si ripete sin quando l1e e 111 non risultano, per ciascun nodo, inferiori ai limiti
di tolleranza preliminarmente fissati.
Tale metodo, in generale, converge rapidamente verso la soluzione con un numero di
iter azioni (da 2 a 5) pressoch indipendente dalle dimensioni della rete. Di contro, la valutazione e l'inversione dello Jacobiano ad ogni iterazione comporta un impegno computazionale
ragguardevole, soprattutto per sistemi di grandi dimensioni.
Introducendo l'ipotesi semplificativa che le iniezioni di potenza in ogni nodo della rete
dipendano soltanto dalla tensione nel nodo stesso, il problema delload-flow pu essere disaccoppiato nodo per nodo con notevoli semplificazioni in termini di calcolo (metodo di
Ward-Hale). In tale ipotesi, infatti, per ogni nodo a tensione incognita sufficiente risolvere
iterativamente il sistema di 2 equazioni:

[5.22]

in cui tutti i termini sono indipendenti dalle potenze e dalle tensioni in tutti gli altri nodi
della rete.
Come stato gi detto, i metodi alla Newton-Raphson possono essere applicati anche in
formulazione polare; anzi proprio con tale connotazione che detti metodi si sono affermati negli ultimi anni come i pi diffusi algoritmi di risoluzione dei problemi di load-flow,

104
anche in virt della stretta dipendenza nei sistemi elettrici di potenza dei moduli di tensione dalla potenza reattiva e delle fasi delle tensioni dalla potenza attiva (vedi cap. VI).
In coordinate polari, tralasciando gli indici relativi all'interazione corrente, il sistema
[5.18] assume la seguente forma:

[5.23 ]

essendo L1Ve L18le correzioni da apportare ad ogni iterazione rispettivamente alle ampiezze
ed alle fasi delle tensioni incognite.
Nella formulazione polare, una notevole riduzione dell'impegno computazionale richiesto pu essere ottenuto nell'ipotesi di ritenere totalmente disaccoppiati i due canali di dipendenza funzionale (Q, V) e (P, 8),. In tale ipotesi (metodo disaccoppiato di Carpentier), risultando nulli gli elementi diagonali dello Jacobiano, il sistema [5.23] si riduce a due sotto sistemi
indipendenti la cui soluzione comporta un impegno computazionale inferiore a fronte, per,
di un numero di iterazioni necessarie per la convergenza pi elevato.
Un ulteriore metodo semplificato ma rivelatosi molto efficiente basato sulla risoluzione
ad ogni iterazione dei seguenti sistemi disaccopiati (metodo di Scott-Fast Decoupled Load Flow):

[~]=-[~a]

[VL18]

[ L1vQ] = -[~r]

[L1 V]

[5.24]

dove le matrici [~a] e [~r], essendo opportuni partizionamenti della matrice delle suscettanze nodali (quindi ad elementi costanti), possono essere calcolate ed invertite una sola volta,
con i conseguenti ovvi vantaggi in termini di calcolo.
Al di l delle particolarit proprie di ciascun algoritmo risolutivo, le prestazioni di tutti i
metodi iterativi considerati per la soluzione delle equazioni di load-flow dipendono, seppure
in diversa misura, dalla stima iniziale del profilo delle tensioni. In tali Gasi, pertanto, pu essere
vantaggioso procedere preliminarmente alla ricerca di una buona stima iniziale valutata attraverso tecniche di agevole applicazione quale, ad esempio, la risoluzione di un load-flow
in corrente continua (vedi par. 5.7.).
Prima di concludere sembra utile ricordare che una verifica completa di tutti i possibili flussi di potenza nei vari rami del sistema, per condizioni di carico qualsiasi, praticamente impossibile per l'enorme mole di calcoli che ci comporta. Con opportune semplificazioni adottando tecniche probabilistiche si possono per ottenere ragionevoli indicazioni
sui reali transiti di potenza nelle membrature del sistema (Load flow probabilistico).

5.6 Applicazioni delle equazioni del lo ad flow


Le equazioni di load flow, consentendo di determinare i valori delle tensioni (in modulo e fase) nei nodi e i transiti di potenza nei rami di una rete elettrica, possono essere con-

105
venientemente adoperate durante le fasi di pianificazione e gestione di un sistema di potenza (vedi Cap. XVII).
Risulta abbastanza evidente infatti come questi studi possano risultare particolarmente
utili al pianificatore consentendogli di verificare il comportamento a regime di diverse configurazioni di rete previste per le condizioni di carico ritenute pi significative (in particolare per carico di picco e minimo) e per tutti i disservizi ipotizzabili. Sulla base di tali risultanze egli potr ragionevolmente decidere i tipi di provvedimenti pi opportuni da adottare
(inserzione di nuove linee, di nuove centrali, di generatori di potenza reattiva; ... in quanto
si possono riscontrare condizioni di sovraccarico in certe membrature, deficit di potenza
attiva o reattiva in certi nodi ... ).
Le equazioni del load flow risultano anche di grande importanza per la gestione dei
sistemi di potenza in quanto aiutano la programmazione a breve termine della produzione
e consentono la ricostruzione a posteriori di certe condizioni operative (stati) di particolare
interesse per il sistema. Questa operazione viene definita stima dello stato e costituisce il
primo blocco delle procedure per il controllo on line del sistema. Per questo aspetto del
problema vedi anche il Cap. XVIII.
Ilload flow viene anche adoperato per verificare la sicurezza statica di un dato sistema elettrico.
Questa viene definita nel modo seguente:
Dato un insieme probabile di eventi critici per il sistema [fuori servizio (o apertura) di
linee, di trasformatori, di generatori e variazioni improvvise di carico in alcuni nodi] questo
presenta condizioni di sicurezza statica se le variabili del sistema che ne garantiscono la continuit e qualit del servizio [correnti nelle linee e nei trasformatori, moduli delle tensioni nei
nodi, energie prodotte] rimangono entro una banda ammissibile predeterminata.
Per la soluzione di questi problemi spesso si rinuncia a una soluzione rigorosa del problema delload flow e si adotta un metodo semplificato (load flow in corrente continua) che
permette una considerevole riduzione dei tempi di calcolo.
5.7 Equazioni del lo ad flow in corrente continua
Per alcune applicazioni (pianificazione dei sistemi di potenza, analisi di sicurezza statica, programmazione della produzione a breve termine) risulta comodo utilizzare equazioni
di load flow semplificate.
Nell'ipotesi di trascurare:
- le resistenze longitudinali delle linee e dei trasformatori;
-le ammettenze trasversali di tutti i componenti di rete;
- i flussi di potenza re attiva
le equazioni di load flow diventano lineari e quindi facilmente risolubili con tempi di calcolo
molto ridotti anche per grandi sistemi.
La potenza attiva che fluisce dal nodo i al nodo j della rete in questo caso esprimibile
(vedi la [2.44]) come:
[5.25]

106

Tenuto conto che Ei == Ej

=E

(si trascurata la resistenza del ramo e il flusso di po-

o) in quanto tale differenza normalmente picco-

tenza reattiva) e che sin (Oi - Oj) == (Oi la [vedi 2.7] si ha

[5.26]
da cui:
xp

[5.27]

0_0=_1)_1)
l

E2

Se si moltiplica e divide per la potenza Pn il secondo membro della [5.27] si ha:


p

s:
Ui -

Oj =

E2' ij' P
n

l)

[5.28]

che nelle ipotesi di assumere Pn ed E come potenza e tensione di riferimento si pu scrivere:


[5.29]
o

dove P ij e X ij sono i valori relativi della potenza e della reattanza.


Ricordando che la potenza iniettata nel nodo i
[5.30]
o

Pi=L

o-o
_1_._)

X IJ

j=l
j;ti

posto

1
N=--.
l)
X ..
l)

(nella somma tori a sono diversi da zero


solo i termini che si riferiscono ai nodi
adiacenti a quelli i)
j =l...n

j :;t i

[5.31]

[5.32]

la [5.31] si pu scrivere:

P =No
i

j=l

l)

[5.33 ]

Per tutti i nodi della rete si ha


o

[P] = [N] [o]

dove:

[o]
[N]
o

[P]

[5.34]

un vettore colonna i cui elementi sono le differenze di fase fra


la tensione del nodo in esame e quella di riferimento
una matrice quadrata dei valori relativi delle ammettenze del
la rete definiti come sopra
un vettore colonna delle potenze iniettate nei nodi della rete

107

Conseguentemente noti i valori delle potenze generate e consumate in ciascun nodo e


" e la matrice [N] della rete, dalla [5.34] sono immediatamente calcolaquindi il vettore [P]

bili i relativi o e quindi i flussi di potenza nei vari rami.


Sar in generale:

p.

o -o

=_1_ _
1

II

X.

[5.35]

l)

La relazione [3.35] perfettamente analoga alla legge di Ohm in corrente continua


essendovi le seguenti corrispondenze:

= ri,

Dj - Dj -7 v

Xij -7 r
Pij -7 t
Pertanto simulando in un modello a corrente continua (vedi Appendice A.2.) la rete
con rami aventi resistenze proporzionali alle relative reattanze, si avr che le correnti di saldo ai nodi corrispondono alle potenze di saldo ai nodi e le c.d.t. fra due nodi corrispondono ai relativi sfasamenti.
5.8 Il dispatching in un sistema di potenza
Come si precedentemente osservato con il termine dispatching si definisce una procedura di ottimizzazione tecnico-economica della produzione delle potenze attive e reattive di
un sistema di potenza. Finalit dei dispatching minimizzare i costi di produzione garentendo
nel contempo la migliore possibile continuit del servizio.
I risultati di questa operazione rappresentano l'input della programmazione a breve termine della produzione.
Il dispatching della potenza attiva si pone solo per le centrali termiche (tradizionali e
nucleari) in quanto sono quelle che permettono di coprire il rettangolo di base del diagramma
giornaliero di carico. Le potenze che devono produrre le altre centrali (idrauliche, turbogas,
ecc). vengono scelte con altri criteri (vedi Cap. XVII).
5.8.1 Il dispatching della generazione della potenza attiva
Nella sua formulazione classica il problema del dispatching della potenza attiva presuppone la conoscenza dei seguenti dati:
-la struttura del sistema di trasporto e trasmissione;
- il carico (attivo e reattivo) di ogni nodo;
-la potenza attiva generata da tutti i gruppi non termici;
-le potenze re attive generate da tutti i gruppi;
- le caratteristiche dei generatori termici funzionanti nel periodo considerato.
La soluzione del problema del dispatching consente di attribuire a ogni gruppo termico la potenza attiva che deve essere generata, nel rispetto dei vincoli tecnici del problema,
minimizzando il costo orario di produzione.

108

Si tratta quindi di un problema di programmazione che, per la natura dei vincoli presenti, di tipo non lineare.
CI

Uh

/'

Po. -

..........

Fig. 5.5- Andamento del costo orario di produzione di una centrale termoelettrica.

Da rilievi sperimentali risulta che il costo orario di produzione di una centrale termoelettrica una funzione non lineare della potenza generata rappresentabile con una curva
del tipo di fig. 5.5 con convessit verso il basso.
Questa funzione si pu porre nella forma
[L/h]

[5.36]

che si estende alla


[5.37]

nell'ipotesi di n generatori termoelettrici presenti nella rete.


Per ogni punto della curva il rapporto dell' ordinata all' ascissa corrispondente (pari al
coefficiente angolare della retta passante per l'origine e quel punto) fornisce il costo speczfico
Cs a quella potenza.
Tale valore Cs molto elevato per carichi ridotti fino a giungere a un valore minimo per
una potenza di max rendimento che corrisponde al punto di tangenza alla curva.
In questa curva si pu definire anche il rapporto fra la variazione di costo .1Ci e quella
corrispondente di potenza Mgi.
Il limite di tale rapporto:

. .1ci
l1m - iV'gi-->O M gi
si definisce costo incrementale di produzione

[5.38]

le = ddc i

Pgi

Poich in generale il rendimento della centrale varia con la potenza tale costo incrementale varia anch'esso con Pgi (vedi anche fig. 5.7).

109
5.8.2

Equazioni del dispatching

In prima approssimazione il dispatching pu essere calcolato immaginando che tutti


gli n gruppi termoelettrici presenti nel sistema siano connessi a un unico sistema di sbarre e che le perdite di potenza attiva siano trascurabili.
La formulazione matematica del problema rappresentata dalla ricerca del minimo
della funzione obiettivo C considerando le condizioni di vincolo che debbono essere soddisfatte. Queste si distinguono in vincoli di uguaglianza e di disuguaglianza.
I vincoli di uguaglianza riguardano in generale il soddisfacimento del bilancio energetico in ciascun nodo; nel caso in esame il bilancio unico per tutto il sistema e quindi si ha
come unica condizione di vincolo che la somma delle potenze generate P gi deve essere uguale
a quella delle potenze consumate Peio (1')
I vincoli di disuguaglianza riguardano il rendimento che le centrali devono mantenere
quanto pi elevato possibile e la stabilit di funzionamento associata a problemi termici. I
primi condizionano i valori minimi delle potenze attive generate; i secondi contribuiscono a
determinarne i valori massimi.
Il problema di programmazione non lineare da risolvere risulta quindi:

[5.39]
con i vincoli:

h=

~ iPgi -

i i Pci

=o

[5.40]

con i

= l. .. n

[5.41]

Matematicamente, tenendo
solo in conto i vincoli di uguaglianza, la soluzione del problema
si ottiene con il metodo dei moltiplicatori di Lagrange.
Nel caso in cui n = 2 possibile rappresentare in un diagramma tridimensionale la superpiano di vincolo h = O
ficie di costo C = Cl (PgI ) + C2 (Pg2)
intersecata dal piano di vincolo
h = O. Nel punto pi basso appartenente alla intersezione delle due
LP-LP=O
superfici si ha il minimo cercato
(fig. 5.6).
La funzione obiettivo C', tenuto conto dei vincoli, risulta:
Fig. 5.6 - Rappresentazione della funzione costo di produzione di un C* = C _ 'Ah
[5.42]
c

gl

CI

sistema di potenza con due centrali

(*) Ovviamente il bilancio si intende fra le p.i che coprono il rettangolo di base del diagramma giornaliero
del carico e le Pd relative a tale rettangolo.

110

Per n

= 2 le condizioni di minimo sono:


[5.43 ']
dC'
d
-=-[C-JJ]=o

d~2

d~2

dove un moltiplicatore di Lagrange.


Tenuto conto delle [5.39] e [5.40] si ottiene:

dC 2
dPg2

e quindi

[5.43 "]

dC! _ dC 2
dPg2

d~!

Si ha pertanto un dispatching ottimo economicamente quando i due gruppi soddisfano le eguaglianze [5.43] e hanno quindi uguali costi incrementali di produzione IC [vedi
5.38J.
Queste condizioni possono essere estese immediatamente al caso di n generatori termoelettrici. Risulta ovviamente:

dCi
dPgi

-- =

IC!

IC 2

IC 3

e quindi
= ...

= IC o =

[5.44]
[5.45]

Nell' analisi qui fatta non si tenuto conto dei vincoli di disuguaglianza.('~) Se se ne
vuole tener conto si pu utilizzare il teorema di Kuhn-Tucker. In molte delle applicazioni la
soluzione approssimata fornita dalla [5.45] ritenuta accettabile.
Le curve che forniscono i costi incrementali di produzione in funzione delle potenze
erogate sono non lineari, pertanto la soluzione del problema va cercata per via numerica a
mezzo di elaboratore elettronico.
La ricerca della soluzione, sempre nell'ipotesi di validit della [5.45], trova una sua
esplicitazione grafica nella fig. 5.7 in cui sono riportate le curve dei costi incrementali di
produzione per le n centrali termoelettriche presenti nel sistema.
Per un generico valore di si individuano le corrispondenti potenze generate. Deve
essere soddisfatta la condizione che 1: P gi = 1: P ei
Si deve procedere per successivi tentativi fino a che tale condizione sia soddisfatta.
Nel caso in cui le perdite P r non possano considerarsi costanti o trascurabili (**), risulta in generale:
(*) Se ne fa una verifica a posteriori e, ove del caso si modificano le Pgi che non soddisfano le [5.41].
(**) Vedi ad es. il caso di due centrali identiche (e quindi con uguali curve di costo orario di produzione)

interconnesse con una lunga linea e che alimentano un carico ubicato in prossimit della prima. In questo caso,
se si trascurano le perdite, il carico, per quanto visto sopra, sarebbe equiripartito fra le due centrali. Tale risultato
assurdo in quanto il carico deve essere alimentato prevalentemente dalla centrale pi vicina per evitare le perdite considerevoli che si avrebbero nel trasporto di met della potenza fornita dalla seconda centrale.

111

T
l

l~~~
P.2 P'l P,i P,n

P,i

Il

'LPC1

Fig. 5.7 - Andamenti dei costi incrementali di produzione di centrali termoelettriche

[5.46]
e pertanto
per i = 1... n

[5.47]

in quanto L P ci si pu ritenere costante quando si effettua l'operazione / P gi


Le n equazioni [5.47] cos determinate insieme alla LPgi - LPci - P r = O [5.22'] sono sufficienti per determinare le n P gi di massima economia pi la quantit , che sono appunto le
n + 1 incognite di questo problema.
Il termine

Pr
iJPgi

[5.48]

prende il nome di costo incrementale delle perdite.


Da un esame di un sistema con perdite si ottengono i seguenti risultati:
i singoli generatori operano a costi incrementali differenti;
i generatori caratterizzati da un costo incrementale delle perdite iJPr / iJPgi positivo ed
elevato opereranno con costi incrementali modesti;
mentre i costi incrementali sono sempre positivi, quelli incrementali delle perdite possono essere positivi o negativi.
Il problema del dispatching in forma generale deve essere formulato introducendo i
vincoli imposti dalla rete di trasporto che collega i nodi in cui sono inserite le centrali termoelettriche che la alimentano. La ricerca del minimo in questo caso molto pi complessa e la soluzione pu essere ottenuta in due fasi:
prima determinando le soluzioni ammissibili che permettono quindi di soddisfare tutti
i vincoli imposti
poi definendo in questo campo quella ottima.
5.8.3 Cenno sul dispatching della produzione di potenza reattiva
Obiettivo della ottimizzazione della produzione di potenza reattiva da parte dei generatori minimizzare le perdite (o la produzione di potenza reattiva) nel rispetto dei vincoli

112

imposti dalle caratteristiche dei generatori di potenza re attiva assicurando una buona qualit della tensione.
Analogamente a quanto avviene per il dispatching attivo si tratta di un problema di programmazione non lineare che pu essere risolto a mezzo di specifici algoritmi.
Per l'analisi delle strategie che possono adottarsi per risolvere questo problema, vedi il
successivo paragrafo 7.9.
5.9 Sulla determinazione delle perdite in un sistema di potenza
Le perdite totali che si hanno in una rete di potenza si possono ottenere in forma matriciale compatta sommando tutte le potenze iniettate ai nodi (risultanti dalle differenze fra
potenze generate e consumate).
Siha
[5.49]

Questa sommatoria pu scriversi sulla base delle [5.1]

P + jQr = [\7N]T[lNf
r

in quanto

(J)

= [iN]T[ZN]T[INr = [IN]T[ZN] [IN] 1<

[5.50]

[ZN] una matrice simmetrica; [ZN] pu scriversi:


[R]

+ ;TX]

Analogamente

e pertanto

Pr + jQr = [[Ip] + ;Uq]r[[R]+ j[X]] [[Ip]- j[I q ]]

[5.51]

Pr = [I p]T [R][I p] - [I q]T [X][I p] + [I p]T [X][I q] + [I q]T [R][I q]


Poich [X] una matrice simmetrica facile verificare che il secondo e terzo termine
della [5.51] sono identici e di segno opposto e quindi

[5.52]

(1) Dove con ;, si indicano le matrici coniugate.

CAPITOLO VI

LA REGOLAZIONE DELLA FREQUENZA

6.1 Regolazione della tensione e della frequenza in un sistema di potenza

Il corretto esercizio di un sistema di potenza richiede che siano controllate da un lato la


frequenza e simultaneamente le potenze attive di scambio nelle linee di interconnessione, dall'altro la tensione dei diversi nodi.
L'esame di un problema cos vasto e complesso pu effettuarsi a mezzo della teoria dei
controlli automatici, in quanto essa consente la corretta modellazione del sistema.
Lo studio viene condotto, normalmente, separando la regolazione della frequenza e delle
potenze attive di scambio, dalla regolazione della tensione. Ci dovuto sia ad esigenze di
semplicit analitiche, sia perch questo tipo di trattazione, sotto opportune ipotesi, abbastanza aderente alla realt fisica.
Infatti se si ipotizzano variazioni stati che delle grandezze in gioco, cio variazioni che
vengono vengono valutate dopo che i relativi transitori sono estinti, e si fa l'ulteriore ipotesi di
rigidit del sistema, conducendo l'analisi di questo a mezzo delle matrici di sensitivit e') si
ottengono le seguenti importanti proposizioni:
variazioni statiche flPi (di potenza attiva) influenzano essenzialmente solo le fasi delle tensioni (e pertanto solo i flussi di potenza attiva), ma iasciano quasi invariati i moduli delle
tensioni (e quindi i flussi di potenza reattiva);
variazioni statiche LlQi (di potenza reattiva) influenzano essenzialmente solo le ampiezze
delle tensioni (e pertanto i flussi di potenza reattiva), ma lasciano quasi invariate le fasi
e quindi i flussi di potenza attiva;
variazioni statiche LlQi su un sistema di sbarre influenzano molto pi fortemente il modulo della tensione di quel sistema di sbarre che quello delle sbarre circostanti.
D'altra parte una linea di impedenza Z= R + j X di cui si possa trascurare l'ammettenza,
chiusa su un carico P2> Q2 {cui corrisponde una corrente I 2L<p~ presenta una variazione di
tensione pari, con buona approssimazione a (vedi la fig. 6.1)
E 1 - E 2 -AB-RI
=
2

COS

- RP2+XQ2
<p + XI'
2 Sin <p - -----=-------'===-

[6.1]

E2

(*) Cio matrici che, stabilendo un legame fra le variazioni dei moduli e degli argomenti delle tensioni (<l Vi,
t.1i,) e le variazioni del carico (t.Qi' M,) e della potenza generata (t.p.i, t.Qg,), permettono di valutare come il siste-

'11a reagisca (sia sensibile) alle potenze prelevate e iniettate nello stesso.

114
c_
~

,3.
'"
t

,I

T!
X

I.

1\

Se

1\

" - ~l
,

J.

--l RI"C08 C}>+xr.aln!p

Fig. 6.1 - Diagramma delle tensioni.

e un angolo 8 fra le tensioni E, e E2 uguale a:

Be

8 = are sin--

E,

dove

e quindi

. XP2 -R Q2
8 = are szn E. E
,

[6.2]

Nei sistemi di potenza ad AT, X R e quindi in accordo coi risultati precedentemente enunciati si ha:

8nP

LlVnQ

Da quanto precede si deduce che, operando statieamente, la regolazione della frequenza si potrebbe effettuare agendo solo sulle potenze attive con un canale di regolazione P - 8
e quindi P-/; mentre la regolazione della tensione potrebbe effettuarsi mediante un canale
di regolazione Q-V.
In pratica si desidera per che tale processo avvenga rapidamente appena si manifesta
una perturbazione. In corrispondenza, cio, ad un errore di frequenza LlJ; e a una variazione delle potenze di scambio LlPj nelle linee di interconnessione, si ha una variazione Ll8 j cui
il sistema di controllo deve essere sensibile per effettuare una simultanea azione regolante e
mantenere costante la frequenza del sistema e le potenze di scambio. Analogamente in corrispondenza ad una variazione Ll V; il sistema di controllo deve fare variare opportunamente
la potenza reattiva e ripristinare la tensione desiderata.
Effettuando tale controllo dinamicamente sembrerebbe che vi siano notevoli accoppiamenti fra i due canali di regolazione. Basta tenere presente che quando variano le tensioni
cambiano le potenze assorbite dai carichi e, con i coefficienti sincronizzanti delle linee, le
potenze di scambio [vedi Cap. II e paragrafo successivo].
Per se si tiene conto che il canale Q - V un canale elettrico, e quindi molto pi veloce del canale di regolazione P - f che un canale lento a causa delle inerzie meccaniche, si
pu supporre in prima approssimazione che i transitori della catena Q -V siano praticamente
estinti prima che la catena P - f reagisca.
In queste ipotesi i due canali di regolazione si possono ritenere praticamente non interagenti.
Questo per quanto avviene in corrispondenza delle macchine sincrone su cui si opera
per la regolazione di frequenza.

115
Il problema della regolazione della tensione d'altra parte si pone anche in nodi della
rete non direttamente alimentati e talvolta molto lontani dai generatori. Pertanto diviene
pi complesso procedere in modo unitario come per la regolazione di frequenza.
6.2 Regolazione della frequenza. Generalit

La frequenza del sistema legata alla velocit di rotazione degli alternatori. Essa si mantiene costante, quando sia perfettamente realizzato il bilancio fra le potenze attive prodotte e
quelle richieste dalla rete cio quelle assorbite dai carichi e quelle perdute.
Si pu quindi dire che la frequenza in un sistema di potenza rester costante quando
sussista l'equilibrio tra le coppie motrici e resistenti.
In realt questo equilibrio si rompe continuamente sia perch gli utilizzatori possono variare con libert il loro prelievo, sia perch l'intervento delle protezioni in seguito a guasti
porta a modificazioni della struttura della rete. Ne risulta uno squilibrio tra le due coppie
applicate a ciascun gruppo di generazione, la cui massa rotante sar sollecitata ad accelerare
o decelerare a seconda delle circostanze, con variazione di velocit della macchina.
Le fluttuazioni di frequenza conseguenti alla perdita di equilibrio dinamico, non sono
tollerabili nell' ambito di un corretto esercizio dei sistemi di potenza, e questo sia con riguardo
ai problemi posti dagli utilizzatori (*), sia in quanto queste fluttuazioni sono sintomatiche di
una imperfetta conduzione dell' esercizio dell'intero sistema essendo l'errore di frequenza la
spia che il bilancio fra le potenze attive non mantenuto in maniera accettabile.
Scopo quindi della regolazione della frequenza nelle reti elettriche di potenza quello di
mantenere con mezzi automatici la frequenza al valore nominale (H) qualunque siano le fluttuazioni dei carichi. Non solo, ma nell' ambito delle grandi interconnessioni internazionali bisogna mantenere, sempre automaticamente, ad un valore di programma le potenze attive di
scambio.
Le grandezze interessate nella regolazione si dividono in grandezze di riferimento, regolate e di disturbo.

Le grandezze di riferimento sono:


la frequenza nominale;
le potenze di scambio programmate.
Le grandezze regolate sono:
la frequenza effettiva;
le potenze di scambio effettive.
Le grandezze di disturbo sono sostanzialmente le variazioni di potenza attiva richiesta
dal carico.
A questo punto risulta opportuno definire meglio il sistema di potenza in cui devono
essere regolate la frequenza e le potenze di scambio.
(,,) La maggior parte degli apparecchi utilizza tori costituita da motori asincroni, la cui alimentazione a
frequenza ridotta (ad es. 45 Hz) comporta non solo uno scadimento del rendimento, ma anche una minore velocit di rotazione e quindi una minore potenza sviluppata nella macchina da esso azionata. Per i motori sincroni
tali problemi si accentuano.
("*) Oggi nelle reti interconnesse le variazioni di frequenza vengono contenute in una banda di 0.05 Hz
rispetto alla frequenza nominale di 50 Hz.

116
Pu introdursi il concetto di Area di Controllo, intesa come insieme di carichi e gruppi di macchine generatrici appartenenti ad una regione geograficamente definita, legati al
resto dell'impianto da linee d'interconnessione.
Questo nell'ipotesi di considerare tale area con generatori rigidamente connessi e con
frequenza uguale in ogni suo punto (frequenza di rete).
Tale assunzione comporta che all'interno di tale area i generatori in dipendenza di una
piccola perturbazione oscillino all'unisono, vale a dire siano sensibili ad uno stesso !1f
Ora il considerare che un' area di controllo sia caratterizzata nel suo interno da un unico
valore di frequenza non vero in assoluto quando si tenga conto che in essa in realt sono
comprese macchine che possono oscillare pendolarmente le une rispetto alle altre e linee le
cui tensioni di estremit presentano sfasamenti pi o meno grandi.
In questi casi la frequenza, come derivata degli argomenti delle tensioni pu essere in
regime dinamico diversa da punto a punto.
Per c' da dire che per piccole perturbazioni i fenomeni associati alle suddette oscillazioni, hanno periodi di breve durata (cio le loro frequenze fondamentali sono abbastanza
elevate) e quindi interferiscono poco con la pi lenta regolazione di frequenza. Quindi in prima
approssimazione si possono trascurare.
L'analisi che verr qui svolta, sar fatta con riferimento a piccole variazioni, con l'ipotesi
che le tensioni ai nodi possano ritenersi costanti o sufficientemente regolate e che il sistema
sia lineare, il che porta a equazioni differenziali a coefficienti costanti, trasformabili con LapIace. In tal modo verranno individuate le funzioni di trasferimento delle grandezze in gioco e sar possibile trattare il problema coi metodi della teoria dei sistemi lineari, pervenendo a convenienti schemi a blocchi.

6.3

Caratteristiche dei carichi

Nel Val. I, Parte I al Cap. III sono state sviluppate alcune considerazioni sulla composizione del carico di una rete elettrica.
Questo in generale rappresentato da una somma di utilizzazioni diverse che possono
classificarsi nelle seguenti categorie:
motori elettrici (asincroni in prevalenza, sin crani, ... );
lampade elettriche (a incandescenza, a scarica nel gas);
dispositivi termici (forni, saldatrici, stufe, .. .);
dispositivi elettronici (convertitori, calcolatori, televisori, ... ).
Caratteristiche dei carichi sono:
la tensione nominale di alimentazione (bt, MT, o anche AT);
la potenza nominale (da qualche Watt a diecine di MW);
la frequenza nominale (in Italia 50 Hz);
il tipo di inserzione (monofase o trifase);
il tipo di utilizzazione nel tempo (costante, ciclica, casuale).
I carichi delle reti elettriche sono prevedibili con buona attendibilit in entit e variazioni
nel tempo; essi variano in modo relativamente lento e pertanto in condizioni di regime si possono considerare quasi stazionari. Inoltre, visti dall' alimentazione, risultano prevalentemente
tn/asi in quanto quelli monofasi vengono inseriti in modo da creare globalmente un carico

117
pressoch equilibrato. Tenuto conto che i motori rappresentano una notevole aliquota nel
carico di una rete (fino al 60-70%) si ha un notevole consumo di potenza reattiva.
Per lo studio dei carichi in condizioni statiche ma anche in quelle dinamiche particolarmente importante conoscere il loro comportamento in presenza di variazioni di tensione e di
frequenza. Infatti, come meglio si vedr appresso, la dipendenza della potenza attiva assorbita
dai carichi dalla frequenza apporta un contributo generalmente positivo sulla regolazione; cos
come la dipendenza dalla tensione pu avere una influenza apprezzabile sulla stabilit in caso
di perturbazioni dovute a corto circuito in rete.
Per quanto riguarda la dipendenza della potenza reattiva dalla tensione ne risulter evidente l'importanza nei problemi di regolazione di tensione.
Per introdurre preliminarmente il problema si far riferimento a una ammettenza Y =:
Yej<p. La potenza assorbita, come noto, si pu scrivere:
[6.3 ]

P+JQ=:VI=VVY=V 2 Y=V 2 ( 2 R 2
R +X

dove X =: 21t I L.
Dalla relazione precedente risulta immediatamente la dipendenza di P e Q dalla tensione
Ve frequenza I di alimentazione.
Nel caso che si considerino piccole variazioni si ha:
per la P
e quindi

[6.4]

per piccole variazioni, cio per una variazione della tensione dell' l %, la potenza attiva assorbita varia nello stesso senso del 2%; mentre per una variazione della frequenza dell'l %
la potenza attiva (assunto un cos cp =: 0,8) varia in senso opposto dello 0,72%. Infatti:
t,. P :::: ap

N - al

t,. p :::: -2

p -

per cos cp

=_V 2 4RX1tL =_V 2 2RX


(R 2 + x2
I(R2 + x2

R 2 +x 2

= _p

N
I

2
I(R2 +x 2 )
2X

[6.5]

= 0,8
2

X 2 = szn
. 2
cp = 036
,
R +X
2

t,.

~=-072-

Per la Q si procede in modo analogo.


Pi in generale per un carico composito, sempre per piccole variazioni, stato trovato,
a mezzo di indagini eseguite direttamente sugli impianti, che la dipendenza della potenza
attiva P e reattiva Q da Vedi pu essere espressa con sufficiente attendibilit a mezzo delle
espressioni:

118

p=p{ ~J(~r

[6.6]

Q=Qo(~J(~J

[6.7]
dove n = 0,6; a = 0,9; P = 4; q = -3.
Questi valori validi in prima approssimazione, portano a risultati diversi da quelli ottenibili con le formule [6.4] e [6.5] e possono risultare inaccettabili in presenza di grandi variazioni dinamiche.

6.4 Regolazione di frequenza


6.4.1 IJimpianto
Si fa riferimento in prima istanza ad un gruppo costituito da un motore primo accoppiato
ad un alternatore che alimenta un carico e si ipotizza che gli organi di regolazione non siano
momentaneamente asserviti alla regolazione di frequenza e pertanto che l'apertura del distributore della turbina sia una variabile indipendente.
Con riferimento ad una situazione iniziale di equilibrio, in cui la potenza generata Pg
eguaglia quella richiesta dai carichi pi le perdite, e nell'ipotesi di piccole variazioni, si supponga il verificarsi di una richiesta di potenza attiva (di disturbo) ilPD . La frequenza del sistema,
in relazione alla rottura dell' equilibrio dinamico fra coppia motrice e resistente, varier e con
essa la potenza richiesta dal carico ed anche l'energia cinetica associata alle masse rotanti (sincrone ed asincrone) presenti.
Risulta:
[6.8]

Nell'equazione di equilibrio [6.8] (1'), l'indice o sta ad indicare il valore della grandezza in condizioni iniziali (regime permanente). Il termine!:.Pa (t) rappresenta la cosiddetta potenza accelerante che rimane assorbita o ceduta dalle masse rotanti secondo che la frequenza
(velocit) aumenti o diminuisca; il termine !:.Pc (t) si riferisce alla variazione di potenza assorbita dal carico in relazione alla mutata frequenza di alimentazione del sistema; !:.PD, come gi
detto, rappresenta la variazione di potenza attiva richiesta dal carico.
Pi in dettaglio si ha:
a) LlP a (t)

La potenza accelerante!:.Pa (t) a cui vengono sottoposte le masse rotanti, in conseguenza


della mutata frequenza di alimentazione,
[6.9]
(,,) Relativa ad un istante qualunque t dopo che il disturbo LV>D ha avuto luogo. In questa relazione si
ritiene legittimo trascurare la dipendenza della potenza erogata dal gruppo dalla frequenza.

119

lare

Tenendo presente che l'energia cinetica W cin varia con il quadrato della velocit ango= 21t /, si ha:

(O

Wcm =

Poich I (t)

= la + N (t),

se

[/X)J Wc7n

[6.10J

N (t), come da ipotesi piccolo si ha:

W:in = [lo +1~/(t) W:7n

==

[1 + 2!!~(t) ]W:~n

[6.11]

e quindi tenendo conto di [6.9J si ottiene:

~ W = 2W:7n ~ N(t)
dt

che con la posizione:

lo

CIn

dt

[6.12J

2W~ , d'lVenta:
=~
lo

!!P" (t) = K

;t N(t)

[6.13J

dove K si definisce coefficiente d'inerzia del sistema costituito dal generatore e dal suo carico.

La potenza richiesta dal complesso di utilizzatori , come si pu intuire, variabile in funzione della frequenza. Si gi visto che per un carico composito in generale la potenza assorbita una funzione crescente della frequenza.
Nell'ipotesi che nel sistema in esame la tensione sia sufficientemente regolata, si pu ritenere che la potenza assorbita dal complesso dei carichi possa essere posta nella forma seguente:

Pc(t)=

pco[/X)r

[6.14J

dove, per quanto prima, detto a == 1.


Se nella [6.14J si introducono gli incrementi finiti, nell'ambito di piccole variazioni, si ottiene:
[6.15J

dove la quantita Ei prende il nome di energia regolante dei carichi ed esprime la derivata
della potenza assorbita rispetto alla frequenza, considerando invariabili i parametri del carico,
ed una misura del contributo dei carichi al ripristino dell'equilibrio dinamico. Ad esempio, in
caso di aumento della potenza richiesta, i carichi rinunciano ad assorbire una aliquota di potenza che, a pari !!/, tanto pi grande quanto pi grande Ei.
La dipendenza lineare della variazione della potenza assorbita dal carico dallo scarto
di frequenza rappresentata dalla caratteristica statica del carico. (fig. 6.2).

120

o
Fig. 6.2 - Caratteristica statica del carico.

c) L'1Pg

Il termine L'1Pg che compare a primo membro dell'equazione di equilibrio [6.8] esprime la dipendenza della potenza generata dal grado di apertura del distributore della turbina (considerato momentaneamente come variabile indipendente).
Sostituendo nell' equazione di equilibrio i vari termini ora esplicitati, e ricordando che in
condizioni di equilibro dinamico si ha ~o = p;', si ottiene:

~(t)-L\PD(t) =

EAI'Ct) + K dt L\j(t)

[6.16]

da cui L-trasformando, si ricava:


[6.17]
che si pu scrivere:
[6.18]
Infine effettuando la posizione:

K 2Wc7n
T =-=--=T
la
E.I
apoC
A

[6.19]

si ottiene
[6.20]

121
La costante di tempo:
[6.21]
denominata tempo di avviamento del sistema costituito dal generatore e dal suo carico.
La relazione [6.20] trova riscontro nello schema a blocchi di fig. 6.3 che rappresenta,
quindi, lo schema a blocchi relativo all'impianto costituito da un gruppo generatore e dal
carico da esso alimentato.

Fig. 6.3 - Schema a blocchi di un impianto costituito da un gruppo generatore e dal carico.

6.4.2

Il Regolatore di velocit

Le fluttuazioni di frequenza conseguenti alla rottura dell' equilibrio dinamico nel sistema non regolato esaminato al paragrafo precedente, ovviamente non possono essere tollerate in un corretto esercizio delle reti elettriche.
Per cercare di mantenere la frequenza al valore nominale bisogna, allora, a seconda
delle circostanze, comandare una diminuzione o un aumento della potenza generata. Questo comando si effettua agendo sul distributore del motore primo in modo da far variare
opportunamente la portata del fluido motore.
Per far questo occorre un dispositivo che sia in grado di assolvere le seguenti funzioni:
sentire le variazioni di velocit della macchina rispetto ad una velocit di riferimento;
comandare l'apertura del distributore in modo da controllare la immissione del fluido
motore nella turbina, mediante un servo-motore capace di compiere il lavoro necessario;
.
consentire una regolazione stabile;
permettere di variare la potenza indipendentemente dalle variazioni di velocit della
macchina.
Nella fig. 6.4 data una rappresentazione del tutto schematica di un regolatore di velocit di tipo meccanico.
In esso le funzioni di cui sopra sono esplicitate dai seguenti elementi:

- il tachimetro (a masse rotanti), cio l'elemento sensibile, alle variazioni di velocit della
macchina rispetto a quella di riferimento;
- il servomotore che trasmette al distributore della turbina il comando ricevuto dalla valvola distributrice a cassetto (amplificatore di potenza);
- 1'asta di asservimento DE (asservimento statico o permanente) antagonista all' azione re-

122

variagiri

L.
A

Xc

tachimetro

servomotore

~~';:~~~,,"J,

Fig. 6.4. - Rappresentazione schematica di un regolato re di velocit di tipo meccanico.

golante comandata dal tachimetro (1') che ha la funzione di consentire una regolazione
stabile;
- il variagiri, che consente di operare un comando sul distributore indipendentemente dalle
variazioni di velocit del gruppo.
Si pu, ora, analizzare il funzionamento del regolatore di velocit riportato in fig. 6.4.
Si supponga che per un guasto improvviso che provoca l'intervento delle protezioni,
una parte del carico alimentato dalla macchina venga distaccato. Si verificher in tal caso
uno squilibrio tra le coppie applicate alle masse rotanti (turbina-alternatore con le eventuali altre masse rotanti allacciate); in particolare vi sar un surplus di potenza generata, e cio
la coppia motrice prevarr su quella resistente. Le masse rotanti saranno sollecitate ad accelerare, vi sar allora un aumento di velocit e quindi di frequenza.
Se si suppone, momentaneamente, di non esercitare alcun comando mediante il variagiri
(H), all'aumentare della frequenza si avranno di conseguenza gli spostamenti AXBe AXD dei
punti B e D entrambi positivi nel verso delle frecce indicate in fig. 6.4. Lo spostamento del
punto D, nel verso indicato dalla freccia, provocher l'apertura della luce inferiore del cilindro principale e di conseguenza un effettivo comando di chiusura della valvola di accesso del fluido motore, il che riduce la potenza immessa in turbina. Contemporaneamente,
all'innalzarsi del punto E l'asta di asservimento DE tende a rialzare il punto D, per cui pur
permanendo la perturbazione AI, le luci superiore ed inferiore della valvola tendono a chiudersi.
(*) Ad esempio per un innalzamento del punto D si ha un comando in apertura; all'iniziare di questo

il punto E si abbassa e tende a riportare il punto D verso il basso.


("*) Quindi si mantiene inalterata la posizione del punto A rispetto a quella che aveva a regime.

123
TI modello matematico del regolatore si ricava nell'ipotesi di piccoli spostamenti dei punti A, B, ... , E rispetto alle posizioni degli stessi relative alle condizioni di regime nominale.
Si possono quindi scrivere le sequenti relazioni lineari:

t.X B= KBt.f
t.Xc = KBt.f - KAt.XA (tale secondo termine presente se in-

[6.22]
[6.23]

terviene il variagiri)

t.XD = KEt.XE+ Kct.Xc

[6.24]

-Kf t.X

[6.25]

t.XE=

dt

assumendo la portata dell' olio nel servomotore proporzionale allo spostamento t.XD (TI segno meno dovuto al fatto che a spostamenti verso l'alto dell'asta corrispondono movimenti
di chiusura della turbina). Trasformando con Laplace, si hanno le relazioni:

t.XB= KBt. F

[6.22']

t.Xc = KBt. F - KAt. XA


t.XD = KEt. XE + Kct. Xc

[6.23 ']
[6.24']

[6.25']
s
Tenuto conto che i K sono tutti positivi e che pu applicarsi il principio di sovrapposizione degli effetti si ha:

t.XE =_!5.Lt.XD

Sommando membro a membro

o=t.X E( K E+ ;J+Kc KBt.F-K c KAt.X A


da cui
[6.25 "]

Se si pu ritenere che la potenza immessa in turbina sia proporzionale all' apertura del
distributore si ha
[6.26]
Nell'ipotesi infine che il gruppo turbina-generatore abbia funzione di trasferimento unitaria, si avr che la variazione della potenza generata: (1,)
(,,) In realt, in dipendenza della tipologia dell'impianto in esame, il gruppo turbina-generatore avr una
definita funzione di trasferimento che influisce sulla stabilit di regolazione.

124
[6.27]
Posto quindi:

-KD . KCKB
ER-

KE

[6.28]
In quel che segue, per comodit, si continuera a fare riferimento a Ll P,.
La relazione che esprime il comportamento del regolato re e del distributore nei riguardi della grandezza d'ingresso, pu essere interpretata graficamente dallo schema a
blocchi di fig. 6.5.

M"e>

Fig. 6.5 - Schema a blocchi del regolatore di velocit.

Dallo schema a blocchi di fig. 6.5 si pu ricavare la relazione esistente a regime, tra la
frequenza di funzionamento e la potenza immessa in turbina.
Se si ammette di non agire sul variagiri, cio se si tiene fissa la posizione del punto A
in fig 6.4, si avr di conseguenza LlXA = 0, allora (fig. 6.5 si ha):

ER (
ER
)
LlP,=-1
T -M = - - 1
T M
+s R
+s R

[6.29]

Applicando a questa relazione il teorema del valore finale, per una variazione a gradino della frequenza (avente trasformata Ll/) si ha:

s
M, sta'

= lim [M (t )}~lim [s Ll P,]:: lim [s 1- ETR


t~oo

s~

s~

+s

~] =
)

cio quando Ll/(t) raggiunge per t ~oo un valore costante Llls,a, si ha in corrispondenza un
valore LlP, anch'esso costante LlPts,a" dato da:
[6.30]
Da questa relazione si evidenzia chiaramente come la variazione di potenza immessa in

125
turbina sia di segno tale da opporsi alle variazioni di frequenza.
li coefficiente di proporzionalit E R che interviene nella [6.30] ha evidentemente le dimensioni di una energia, e prende il nome di energia regolante della macchina. li suo valore
dipende sia dalle caratteristiche del regolatore, sia dalla costante KD Essa si misura in kW 1Hz
o in MW/Hz. L'energia regolante della macchina corrisponde alla variazione di potenza immessa in turbina (o erogata dall'alternatore assumendo un rendimento unitario) corrispondente
allo scarto di frequenza 1 Hz. Fisicamente l'energia regolante d la misura della capacit della macchina di far fronte, cofi la potenza erogata, alle variazioni di frequenza che si dovessero
presentare.
La relazione [6.30], di tipo lineare, in un piano l-P si traduce in una retta di pendenza - E R (fig. 6.6). Questa retta prende il nome
f
di caratteristica statica e i suoi punti rappresentano condizioni di funzionamento di
regime permanente. Dalla fig. 6.6 si deduce
chiaramente che tanto pi grande la potenza richiesta dall'utilizzazione tanto pi bassa
sar la velocit (o frequenza) che assum~r la
macchina a regime raggiunto.
Si potrebbe fornire in luogo dell'energia
regolante E R una grandezza ad essa correlata
e denominata grado di statismo del regolatore. Questo viene definito come il valore percentuale o relativo alla frequenza nominale IN,
o
p
della variazione di frequenza da vuoto, la, a
Fig. 6.6 - Caratteristica di un regolatore di velocit pieno carico, 1M'
statico.

0% =

lo - 1M

IN

[6.31]

100

Peraltro dalla fig. 6.6 si ricava facilmente:

E -~R -

lo - 1M

PM

lo - 1M

IN

JN

PM

da cui, tenendo presente la [6.31], si ha: E R = - I ; poich ER = !:!.PI!:!.I si ha:


o N

[6.32]

Fisicamente il grado di statismo o sintetizza il valore del rapporto a regime fra il


valore relativo della variazione di frequenza e quello della corrispondente variazione di potenza.

126
Lo statismo, quindi, un indice della precisione della regolazione: infatti quanto minore lo statismo tanto pi piccolo lo scarto di frequenza che permane a regime.
Si precedentemente esaminata la relazione esistente in condizioni di regime, tra la
frequenza di funzionamento e la potenza erogata dalla macchina, supponendo di mantenere bloccato il variagiri.
Se ora invece si pone !-.F = 0, se cio si immagina la macchina connessa ad un sistema
di sbarre di potenza prevalente si ottiene:

~ = 1+Sl
ER,.,.,

K'!-.X A (s)

[6.33 ]

Se analogamente a quanto fatto prima si applica alla [6.3 3] il teorema del valore finale
si ottiene:
[6.34]
, Dalla relazione precedente si deduce come un comando !-.XA del variagiri si traduce in
una traslazione della caratteristica parallelamente a se stessa in quanto BR rimane, come
ovvio, invariata. Graficamente ci si pu rilevare dalla fig. 6.7.
Come si intuisce, dunque, il variagiri prende questo nome, per il fatto che con la sua
azione d luogo a caratteristiche statiche in cui alla medesima potenza corrispondono velocit (o frequenze) differenti; in particolare consente di modificare la frequenza a vuoto (vedi fig.
6.7).
Da quanto precede si derivano le seguenti
importanti proposizioni:
- variando lo statismo del regolatore si rief
sce a modificare la caratteristica statica della
macchina;
esercitando comandi a mezzo del variagiri
si ottiene la traslazione (parallelamente a se stessa) della caratteristica stati ca della macchina.
Prima di concludere il presente paragrafo,
p
sembra giusto fare un cenno ad altri tipi di regolatori.
Dall'esame del regolato re rappresentato in
Fig. 6.7 - Azione del variagiri sulla caratteristifig. 6.4 si ricavata la sua funzione di trasferica di regolazione.
mento, che risultata:

ci in quanto si ritenuto necessario munire l'integrato re (cassetto di distribuzione) di una


reazione negativa (asservimento rigido), fra uscita ed ingresso, poich in generale il sistema
risulta troppo poco smorzato.
L'introduzione di azioni integratrici da sole (cassetto di distribuzione senza asservimento - Regolazione astatica), che dal punto di vista della precisione migliora il comportamento

127

del sistema, comporta contemporaneamente margini di stabilit non soddisfacenti e transitori inaccettabili.
In questo caso, infatti, se in un certo istante t o la potenza erogata dall'alternatore si riduce istantaneamente, si ha un eccesso di potenza sull' asse della turbina; la coppia motrice
prevale su quella resistente e aumenta la velocit (fig. 6.8a). Il regolatore sente questo aumento e comanda la chiusura. All'istante tI la velocit ha raggiunto il massimo e il cassetto
di distribuzione continua a comandare la chiusura con una ulteriore diminuzione della potenza erogata dalla turbina. La coppia resistente prevale ora sulla coppia motrice, si ha una
decelerazione e quindi una diminuzione della velocit.
Quando questa, all'istante t 2 , riassume il valore normale, t1P ha assunto il suo massimo
valore negativo e la velocit continua a diminuire. Il regolato re a questo punto comanda la
riapertura e riduce il t1P annullandolo nell'istante t 3 ; per queste condizioni per la velocit
ha raggiunto un minimo e il regolatore continua a comandare l'apertura della turbina.
Nascono pertanto oscillazioni persistenti che in dipendenza dell' energia delle masse
possono essere esaltate e la stabilit peggiora ulteriormente.
y p

It
~~~~r-~-+L---~I

a)

b)

Fig. 6.8 ::::-Andamento della potenza erogata dalla turbina e della velocit: a) in una regolazione astatica; b) in
una regolazione con statismo.

Nel caso di regolazione statica, cio con asservimento (fig. 6.8b), le oscillazioni della
velocit e della potenza erogate si vanno smorzando gradualmente, con smorzamento tanto
pi efficace quanto pi elevato lo statismo.
Dalla figura risulta chiaramente che l'azione di contrasto esercitata dall' asservimento
riduce sensibilmente lo scarto fra variazioni di potenza e di velocit con il rapido ristabilimento delle condizioni di equilibrio.
Adottando l'asservimento d'altra parte il sistema presenta un errore a regime (statismo
diverso da zero). In passato sono stati pertanto adottati i regolatori accelerotachimetrici e
quelli ad asservimento cedevole. Sono stati ottenuti risultati ancora migliori combinando tali
due tipi di regolatori ottenendone uno classificabile come PID (proporzionale + integrale +
derivativo) .
Come si vedr meglio in seguito il probema di eliminare l'errore dovuto allo statismo
risolto oggi per altra via.

128
6.4.3 La Regolazione primaria
Nei due precedenti paragrafi si sono determinate la funzione di trasferimento del regolatore di velocit e quella dell'impianto costituito da un gruppo che alimenta un carico.
Si consideri ora l'impianto in esame sottoposto all'azione del regolatore di velocit, nell'ipotesi di mantenere bloccato il variagiri (regolazione primaria); corrispondentemente si ha
lo schema a blocchi indicato in fig. 6.9.

~APD

AF

-K'-1!t.x-1'"c>",01 Ila.T
1+

~o---

~I
1+

.TI

AF

Fig. 6.9 - Schema a blocchi di un impianto regolato.

Il sistema cos regolato risponde a variazioni di carico con variazioni di frequenza date da:

[6.35]

[6.35']

che fornisce la funzione di trasferimento relativa al sistema formato dalla macchina regolata
e dal suo carico in regolazione primaria.
Supponendo che vi sia una variazione a gradino ilPD della potenza di disturbo, applicando il teorema del valore finale, si ricava dalla [6.35], a regime:
[6.36]
e poiche ER molto pi grande di Ei la regolazione consente di contenere lo scarto permanente di frequenza a valori molto ridotti rispetto a quelli che si sarebbero ottenuti con il
sistema non regolato:
LlPD
[6.36']
!lj=-Ei
Il parametro Ep

= ER + Ei si definisce energia regolante primaria del sistema formato

129
dalla macchina regolante isolata con il suo carico.
Le considerazioni sin qui fatte si sono limitate, per motivi didattici, al caso della macchina isolata. Per owio che il problema della regolazione della frequenza si pone sostanzialmente con riguardo ad un'intera area di controllo, cio ad un sistema elettrico di potenza in cui sono comprese diverse macchine generatrici e svariati carichi, variamente interconnessi tra loro.
Nell'analisi da fare, l'area di controllo sar caratterizzata da un unico valore di frequenza (frequenza di rete); questa condizione per quanto fino ad ora detto solamente teorica,
in quanto si avuto modo di notare come in un siffatto sistema vi siano pendolazioni fra le
, diverse macchine e quindi, a rigore, non sia definibile una frequenza di rete.
Si pu aggiungere per che questi fenomeni di pendolazione, che sono molto importanti per indagini sulla stabilit transitoria (*), lo sono notevolmente di meno per la dinamica che qui si esamina, che molto pi lenta della precedente. Inoltre se le macchine comprese nell'area di controUo sono abbastanza vicine elettricamente e nelle linee dell'area
transita una potenza sufficientemente inferiore alla massima trasmissibile (**), la condizione isocrona pu essere sostanzialmente accettata.
La condizione di rigidit globale della rete inoltre ha il pregio (come si pu facilmente
intuire) di semplificare notevolmente l'analisi che si conduce.
Sul piano pratico si assume come frequenza effettiva, da confrontare con quella nominale, quella misurata e prelevata in un punto della rete.
Nell'ipotesi di trattare le macchine del sistema come meccanicamente solidali, queste
sono riconducibili ad una sola macchina equivalente alle cui variazioni di velocit contribuiscono sia la somma delle perturbazioni di potenza attiva, sia la somma delle varie energie
regolanti e dei vari coefficienti di inerzia (vedi appresso).
Per quanto detto, si proceder in maniera perfettamente analoga a quella con cui si
trattato il problema della macchina isolata.
Si instaura allora l'usuale bilancio di potenze che ora deve essere riferito alla intera area
di controllo in regolazione primaria.
In particolare:
- il termine significativo della variazione di potenza generata, rappresenter owiamente la
somma degli incrementi di potenza attiva che le n macchine regolanti (***) immettono
nel sistema;
- il termine MD terr conto della variazione globale del carico nell'area (disturbo);
- il termine Mc terr conto della variazione globale di potenza assorbita dai carichi in relazione alla mutata frequenza di alimentazione;
-

per ci che concerne il termine DP. (t), potenza accelerante, esso varr sempre dt

W:in ;

ora per nella Wcin devono essere conglobate non solo le inerzie meccaniche dei gruppi generatori partecipanti a questa fase della regolazione e quelle dei carichi, ma anche quelle di

(*) Problemi di tenuta di passo fra le macchine generatrici del sistema (vedi Cap. XII).
(**) Cio queste linee sono abbastanza rigide (coefficienti sincronizzanti suffiicentemente elevati).
(***) Quelle del sistema che effettuano la regolazione di velocit.

130

tutti quei gruppi che per una qualsiasi ragione funzionano sotto limitatore di carico (1').
In accordo, allora, con i risultati ottenuti precedentemente per il caso di una macchina
isolata, ricordando la [6-17] si otterr:

f i~P,i -~PD =f i~F[Eii +SKi]=~F[EiTre' +sK_ T]

[6.37]

(/~

dove

[6.38]

KT =iKi

[6.39]

Alla relazione [6.37] estendendo le considerazioni che hanno portato allo schema di
fig. 6.3 corrisponder lo schema a
blocchi indicato in fig. 6.10.
Si noti che la costante di tempo

DF

------Il:>

TT = KT . Ei si mantiene all'incirca

1 +sTT

uguale a quella delle singole macchine, in quanto all' aumento di KT (proporzionale all'energia cinetica complessiva dell'area) si accompagna un incremento di EiT (proporzionale al carico complessivo
assorbito dall'intera area di controllo).
Lo schema a blocchi dell'area di controllo in regolazione primaria dato in fig. 6.12.
Se si suppone per semplicit che le costanti di tempo dei regolatori siano uguali fra
loro, cio:
Fig. 6.10 - Funzione di trasferimento del sistema di potenza.

TR1 = TR2 = ..... = TRh = .... = TRn = TR


si pu allora considerare la funzione di trasferimento che caratterizza la regolazione primaria di tutta 1'area di controllo:
(*) Spesso, per motivi che si chiariranno fra breve, la potenza massima producibile, pu essere limitata a
valori inferiori alla nominale (fig. 6.11). Per questo si opera in genere col limitatore di carico che, ad es., pu
essere rappresentato da un arresto meccanico che impedisca la salita del punto B in fig. 6.4 oltre un certo limite.
Se col variagiri si trasla la caratteristica sufficientemente verso l'alto e collimitatore si blocca l'apertura del distrib tore, ad un valore corrispondente ad una potenza PL si pu ottenere che, alla frequenza f' ed in una certa banda di variazione della frequenza, la macchina eroghi sempre la stessa potenza PL e non contribuisca di conseguenza alla regolazione.
Il regolatore viene cos reso insensibile ad ulteriori variazioni di frequenza, in corrispondenza delle quali si ha pertanto energia regolante nulla. owio che analogo effetto si pu ottenere alla potenza max PM , e in tal caso h = PM .
Si hanno quindi in generale centrali regolanti e centrali di base o a
programma, le quali ultime hanno l'apertura delle turbine non ref'L------ ~
golabile in base al fabbisogno di potenza erogata al carico, benS
predisposta con altri criteri (migliore utilizzazione o max rendimen!
j
to dell'impianto). In genere sono sottoposti allimitatore di carico i
~----~~---=----------~p~~
PL
Po
gruppi delle centrali ad acqua fluente ed i gruppi di certe centrali
Fig. 6.11 - Caratteristica di un regolatore termoelettriche (nucleari, geotermiche) per difficolt che queste ulin presenza di limitatore di carico.
time presentano a seguire una rapida variazione di regime.

131

Fig. 6.12 - Schema a blocchi di un'area di controllo multimacchina


(regolazione primaria).

[6.40]
perfettamente analoga alla [6.35] relativa al sistema con una sola macchina.
Il complesso problema della regolazione primaria dell'intera area di controllo, si limita
all' esame di un unico equivalente gruppo con regolatore, caratterizzato dalla costante di tempo TR e da un'energia regolante E RT pari alla somma di quella dei singoli gruppi secondo
quanto immediatamente deducibile dalla fig. 6.12.
A regime, dopo l'applicazione di un disturbo a gradino, si ottiene in maniera analoga
alla [6.36]:
[6.41]

Il parametro EpT = EiT + ERT definisce l'energia regolante primaria dell'area di controllo.
Si noti come lo scarto di frequenza a regime sia tanto pi limitato quanto pi numerose siano le macchine che partecipano a questa fase della regolazione, in dipendenza dell' accresciuto valore di ERT
Normalmente le indagini relative alla stabilit del sistema regolato si conducono con
riferimento all' equazione caratteristica, che nel nostro caso vale:
[6.42]
Affinch la stabilit sia assicurata, si ricorda che le radici della [6.42] devono essere
con parte reale negativa. Esprimendo le radici di tale equazione in funzione delle grandezze
caratteristiche 0)0 e , chiaro che si avr la presenza di un modo aperiodico o pseudoperiodico a seconda se il valore di , maggiore o minore di 1.
Precedentemente si assunta, per semplicit, l'ipotesi di funzione di trasferimento unitaria per il gruppo turbina-generatore. Se si prescinde da questa ipotesi, per ci che concerne la stabilit e la qualit della regolazione bisognerebbe tenere conto delle variazioni di
rendimento del gruppo turbina-generatore (*) al variare della velocit angolare e della po(*) Per i generatori, le variazioni di rendimento con la velocit angolare e la potenza sono generalmente
trascurabili rispetto a quelle della turbina.

132

tenza resa. Questo accade in quanto le variazioni di rendimento suddette influenzano negativamente sia la stabilit che la qualit della regolazione. In generale questi effetti negativi
possono essere attenuati scegliendo opportunamente i parametri degli stabilizzatori. Invero
la energia regolante della rete si dimostra molto efficace, a questo riguardo, divenendo in
pratica il pi efficace mezzo di stabilizzazione.
6 4.4 La Regolazione secondaria

Si sono esaminate in precedenza le modalit con cui si attua la regolazione primaria


della frequenza in un' area di controllo.
Si altres notato come, effettuandosi questa fase della regolazione mediante regolatori statici , la frequenza effettiva del sistema, a regime, non sia esattamente pari a quella
desiderata (nominale). Infatti, dopo la regolazione primaria permane a regime uno scarto di
frequenza (*) che tanto pi piccolo quanto maggiore l'energia regolante dell'area di controllo.
La riduzione a zero dello scarto di frequenza permanente avviene con modalit diverse
secondo che l'area sia isolata o in funzionamento interconnesso. In questo paragrafo si
tratter il primo caso, e cio il funzionamento dell' area di controllo senza interconnessioni
con altre limitrofe.
La caratteristica richiesta a questo ulteriore anello di regolazione un sufficiente grado di stabilit e la massima precisione a regime. Infatti in questa ulteriore fase della regolazione di frequenza, diversamente che in quella primaria, le esigenze di prontezza sono meno
imperative rispetto a quelle di precisione a regime. Questa caratteristica pu essere soddisfatta, come noto, adottando per la regolazione secondaria una strategia di controllo di
tipo integrale.
La regolazione secondaria dell' area di controllo consiste sostanzialmente nel far assumere al variagiri (**) di ciascun gruppo, adibito a questa fase della regolazione, una posizione
per quanto detto prima, proporzionale all'integrale deVo scarto di frequenza permanente
cambiato di segno.
Quanto detto si traduce graficamente in una traslazione della caratteristica primaria (la
cui pendenza determinata dall'energia regolante della rete) dell'area, in maniera tale che il
bilancio, a regime, fra le potenze generate ed assorbite avvenga in corrispondenza della frequenza nominale.
A differenza della regolazione primaria, la secondaria ha carattere centralizzato.
Infatti il blocco integratore realizzato con un dispositivo la cui uscita, opportunamente
ripartita, viene inviata mediante telecomandi ai regolatori delle centrali partecipanti alla regolazione secondaria. Si osservi che in questa regolazione, come accadeva nella primaria,
non tutte le centrali presenti nell' area saranno predisposte per effettuarla.
Infatti se z il numero dei gruppi generatori compresi nell' area di controllo:

(*) Si veda la formula [6.41] del paragrafo precedente.


(**) Variando la posizione del dispositivo col quale si fissa nella regolazione primaria

il valore di velocit e
quindi di frequenza desiderato ed effettivamente ottenuto, quando il valore della potenza richiesta dal carico
quella nominale.

133

Fig. 6.13 - Schema a blocchi di un'area di controllo multimacchina (regolazione secondaria).

n < Z saranno predisposti per la regolazione primaria:

- h < n attueranno la secondaria;


(z - n) non parteciperanno alla regolazione.

Sulla scorta di quanto detto, si costruito in fig. 6.13 lo schema a blocchi, rappresentativo dell' area di controllo in regolazione secondaria.
Nella fig. 6.13 si indicato con:

A Pt~

l'aliquota globale di potenza immessa in rete dalla regolazione primaria;

A Pt :

l'aliquota globale di potenza immessa in rete dalla regolazione secondaria;

G lT

Gli

il complesso dei regolatori delle centrali che effettuano la sola regolazione


primaria;
la funzione di trasferimento del blocco integratore che elabora il segnale di
regolazione secondaria.

Lo schema a blocchi di fig. 6.13 pu ancora essere trasformato compattando i contributi


della regolazione secondaria secondo lo schema a blocchi di fig 6.14 dove evidentemente:
-

G 2 la funzione di trasferimento pari a E"(/ / (1 + s T) ;


*

K'G lT = L jKjG li si riferisce al complesso delle centrali dotate di regolazione secondaria.


l
Si noti che le centrali che effettuano la sola regolazione primaria sono da considerarsi
di base nei confronti di quelle predisposte per la secondaria. Questo in quanto a regime, e
dunque con frequenza pari al valore desiderato, la potenza fornita dai gruppi primari non
pu venire regolata. Ci evidentemente non accade in regime transitorio, in quanto il loro

134
-1

Gft

a(

~r
/
+

K'G'ft

!(

G.

Fig. 6.14 - Schema a blocchi di un'area di controllo multimacchina (regolazione secondaria).

contributo all' aumento dell' energia regolante risulta apprezzabile.


Dalla fig. 6.14 si deduce che
[6.43 ]
Se ora si ipotizza una variazione a gradino di l:,.PD e si applica il teorema del valore
finale, la [6.43], ricordando che G3 un integratore, fornisce:

lim

G2

s~o

[6.44]

La [6.44] conferma che la regolazione secondaria, a regime raggiunto, riesce ad annullare completamente lo scarto di frequenza residuo della regolazione primaria.
Per ci che riguarda le indagini relative alla stabilit del sistema noto che esse si conducono sempre con riferimento all'equazione caratteristica.
Se all'equazione caratteristica, che si ricava dalla [6.43] sostituendo alle varie f.d.t. le
relative espressioni, si applica un qualsiasi criterio di stabilit, la condizione affinch la regolazione risulti tale espressa dalla seguente disuguaglianza:

T> TRTi
E RT
T R +Ti E RT +EiT

[6.45]

dove la costante di tempo T legata al coefficiente K~ dell'integratore. La disuguaglianza


precedente significa, cosa peraltro intuibile, che la regolazione secondaria deve procedere
in maniera abbastanza lenta, anche per mantenere lo smorzamento del sistema entro valori
convenienti.
La funzione di trasferimento G 3 pu essere anche pi complessa della

K;s ,ma contie-

135

ne quasi sempre un polo per s = O e questo per garantire che la regolazione risulti astatica:
ossia che la frequenza di uscita a regime risulti assolutamente uguale a quella nominale.

6.5 La Regolazione frequenza-potenza


Fino ad ora si considerata l'area di controllo, supponendola implicitamente isolata.
Non si , cio, considerato che l'area stessa variamente interconnessa mediante linee con
altre aree limitrofe.
Se si pensasse di regolare la frequenza in un sistema costituito da pi aree di controllo
con i criteri sin qui esaminati, ci si renderebbe subito conto che i gruppi di regolazione secondaria di ogni area del sistema, concorrerebbero a compensare la defaillance occorsa in
una qualunque delle aree, ciascuna quindi con un contributo indipendente dalla localizzazione del disturbo stesso. Globalmente si riuscirebbe, quindi, a riportare la frequenza in un
siffatto sistema al valore nominale, causando per flussi di potenza sulle linee di interconnessione e variazioni permanenti delle potenze di scambio programmate fra le diverse aree.
Ci si rende allora conto che una tale situazione assolutamente intollerabile nell' ambito di un corretto esercizio delle reti interconnesse, in quanto, come si vedr meglio in seguito, gli scambi di potenza nelle linee di interconnessione sono oggetto di transazione commerciale fra i diversi enti produttori; inoltre non equo sostenere che eventuali defaillance siano compensate permanentemente da aree in cui non occorso alcuno scompenso (*).'
Da quanto prima detto si deduce che, nell' ambito della regolazione della frequenza di
sistemi interconnessi, la regolazione secondaria, cos come finora intesa, porta a inconvenienti assai vistosi.
Bisogna, allora, predisporre una catena di regolazione che sia sensibile non solo allo scarto della frequenza di rete, ma anche alle variazioni di potenza nelle linee di interconnessione.
Una regolazione siffatta comandata dallo scarto della frequenza e da quello della potenza di scambio prende il nome di regolazione frequenza-potenza. La regolazione frequenza-po~nza un sistema in cui un regolato re centralizzato provvede, a mezzo di telecomandi
inviati alle centrali regolanti ad esso asservite, alla regolazione della frequenza e delle potenze
di interscambio. L'adozione di una simile strategia di controllo consente di ridurre a zero lo
scarto di frequenza in ogni singola area, ed anche di ridurre a zero le variazioni di potenza di
scambio, addossando, com' giusto, l'onere di compensare definitivamente una data potenza
di disturbo alla regolazione secondaria dell' area in cui il disturbo stesso si verificato.
In quel che segue si fa riferimento al caso di due aree di controllo interconnesse, ma si
far anche cenno ai problemi principali che si pongono quando si voglia studiare un sistema costituito da pi aree di controllo comunque interconnesse fra loro.
a)

r; interconnessione

Il problema della regolazione della frequenza e delle potenze di scambio si posto in


tutta la sua importanza con il crescere delle dimensioni dei sistemi elettrici e quindi con lo
svilupparsi ed estendersi delle reti di interconnessione.

(*) Si noti che le aree di controllo da interconnettere possono appartenere a uno stesso Ente.

136
Le ragioni che hanno indotto i diversi enti produttori di energia ad interconnettere le
loro reti sono fondamentalmente da ricercarsi nelle seguenti:
- possibilit di effettuare scambi di energia programmati e reciprocamente convenienti tra
le diverse aree di controllo, traendo vantaggio dalle possibili differenze esistenti nei seguenti parametri:
- regimi idrologici;
- disponibilit termoelettriche e termonucleari;
- andamento del diagramma di carico,
vantaggio che si traduce con immediatezza nel non indifferente beneficio economico
di potere ridurre la riserva rotante. Ad esempio si pensi che negli Stati Uniti mediante
l'interconnessione tra il pool dell'Est con quello dell'Ovest, con la decalage oraria pari a 5 h, si realizza una economia di potenza installata di 6 GW;
- compensazione statistica (*) delle variazioni di carico, dovuta al fatto che estremamente
improbabile che le maggiori variazioni di carico siano contemporanee in tutte le reti, e che
quindi l'effetto della variazione repentina di carico, evidentemente prima circoscritta ad
una sola rete, rimanga diluita su tutto il sistema (in definitiva si ha: migliore tenuta della
frequenza e diminuzione del lavoro della regolazione primaria);
- stabilizzazione della frequenza, a causa della maggiore energia regolante di un sistema
multiarea;
- soccorso vicendevole assicurandosi:
- riserva istantanea di potenza;
- riserva istantanea di energia a brevissimo termine.
Peraltro vi sono dei limiti all' espandersi dell'interconnessione, originati sostanzialmente da:
- possibilit che una perturbazione verificatasi in un'area possa ripercuotersi su altre;
- aumentato livello delle correnti di guasto (particolarmente nei punti di interconnessione).
Si considerino, quindi, due aree di controllo, rigide nel loro interno, collegate da una linea. Si cercher di caratterizzare questa interconnessione mediante un conveniente schema a
blocchi.
Le frequenze delle due reti in transitorio possono essere diverse: ci comporta che i sistemi di sbarre alle estremit della linea siano caratterizzati da angoli (velocit) diversi.
Nell'ipotesi di perdite nulle nella linea di interconnessione, noto che la potenza in
essa transitante pu scriversi nella forma:
[6.46]
dove:
e
sono le tensioni alle sbarre di estremit della linea; XAB la relativa reattanza.
(*) legge statisticamente accertata che lo scarto quadratico medio del carico

Pc dal suo valore medio

Pc cresce solo con la radice quadrata del carico totale medio Pct e quindi percentualmente diminuisce al cresce(Pc - J>c)2
---100
Pct

KP;;

= - - 100
Pct

137
o

li termine P ox rappresenta la max potenza attiva (espressa in p.u. della potenza dell'area PTA ) che pu essere trasmessa nella linea stessa. La linea sar debole se:

Pox PTA
Quando le due reti sono in sincronismo tra loro, lo sfasamento o= OA - OB rimane costante e cos pure la potenza trasmessa attraverso la linea di interconnessione. Supponendo
che lo sfasamento varii e cio che le pulsazioni COA e COs siano momentaneamente diverse fra
loro, si pu esprimere l'incremento di potenza nella linea mediante la:
[6.47]
in tal modo:
[6.48]
in cui 0 A e 0 A sono gli angoli di fase nominali alle estremit della linea e ~ o i relativi incrementi. Tenuto conto che co = dO/dI = 2rc/, la variazione dell'angolo di fase legata alla variazione di frequenza nell' area dalla:

~8A = 2rc

MA d t

[6.49]

dalla combinazione delle ultime due si ottiene:


[6.50]
dove:

IVAllvBI
(s:o s:o)
p COS A- uB

T AB = 2rc X

AB

[6.51]

TA

avendo supposto che i moduli delle tensioni ai terminali della linea si possano ritenere costanti o sufficientemente regolati. Il termine T~ il coefficiente sincronizzante, o rigidit
della linea di interconnessione. Si noti che T~ espressa in p.u. dell'ammontare della totale potenza nell' area A.
Passando alle L-trasformate si ricava infine:
M ox =

T~B [MA - M,B]

[6.52]

..1.pp

2~----'

....-.....-'------l'--_a_,

..1 J>
a

TAB
5

Fig. 6.15 - Schema a blocchi per la derminazione della potenza di


scambio fra due aree di controllo

che trova la sua rappresentazione nello schema a blocchi di fig .


6.15 in cui la funziorie di trasferimento T~ / S caratterizza, per
piccole variazioni ~o, il comportamento della linea d'interconnessione in regime sinusoidale

138

variabile lentamente.
In fig. 6.15 il termine Ma = MQ rappresenta, ad esempio, la potenza esportata da
A~B. Si considerera positiva la potenza esportata, negativa quella importata. La presenza
del blocco a12 giustificata dal fatto che MQ rappresenta la potenza di scambio (esportata
ad esempio) dall'area A espressa in p.u. della totale potenza P TA dell'area A. Siccome in
generale le due aree hanno differenti valori di potenza: P TA '# P TB per potere esprimere M~
= MQ in relazione a Ma> si deve porre:

P
P

[6.53 ]

a = - -TA12

TB

il segno meno indica che la potenza esportata da un' area (positiva) di segno opposto alla
stessa potenza che 1'altra area importa (negativa).
Quindi si ha
[6.54]

b) Il regolatore di rete

Il regolatore di rete effettuato un confronto tra i valori reali e quelli programmati della
frequenza e della potenza di scambio, deve operare per ristabilire questi ultimi valori. Gli
scarti di frequenza e di potenza di scambio vengono sommati tramite le funzioni di trasferimento GFA e G pA e mandati all'ingresso di un blocco G IA , la cui uscita costituisce il segnale
di comando (1'), uguale per tutti i generatori della stessa area che vengono destinati alla regolazione frequenza-potenza.
Quanto detto trova riscontro nello schema a blocchi di fig. 6.16. I blocchi compresi
nel tratteggio costituiscono il regolato re di rete propriamente detto.
L'esame delle condizioni a cui devono soddisfare per ciascuna area le f.d.t. dei blocchi
di fig. 6.16, affinch la regolazione sia il pi possibile precisa e pronta, costituisce il problema fondamentale della regolazione frequenza-potenza.
La f.d.t. GIA di tipo integrale, in
r------------
quanto, come per la regolazione seconMA~
I
daria, la peculiarit di questa fase del~
~
I
la regolazione quella della massima
I
precisione a regime. La forma pi semplice per G IA del tipo:
I
~
I

Ma~

o----[S]-----+I

L _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ...J

Fig. 6.16 - Schema a blocchi compatto della regolazione


frequenza -potenza.

1
GIA = - 5 TIA

[6.55]

Per evitare casi di instabilit o eccessive pendolazioni nella regolazione opportuno


assegnare a TIA valori di molto superiori al tempo della regolazione primaria.
Peraltro le esigenze di prontezza sono meno imperative rispetto a quelle di precisione
(*) Come per la regolazione secondaria di un'area isolata, si agisce sempre mediante comando al variagiri.

139
a regime. In conseguenza, per assicurare la stabilit, che la presenza di organi regolanti di elevata precisione potrebbe compromettere, si riduce la velocit di risposta degli organi stessi.
Ad esempio alcuni regolatori attualmente in esercizio integrano con tempi relativamente
alti (- 50 sec.). Ci implica alcuni vantaggi, tra i quali opportuno mettere in evidenza i
seguenti:
a) certezza dell' assenza di fenomeni di surregolazione e di instabilit;
b) i gruppi regolanti non sono chiamati a seguire le oscillazioni a frequenza elevata delle

potenze di interscambio, che statisticamente in termini di energia scambiata si compensano;


c) le velocit di variazione di carico richieste dal regalato re di rete sono nella maggior
parte dei casi compatibili con le velocit di risposta dei gruppi regolanti.
Evidentemente ci sono dei limiti a rallentare la risposta della regolazione di rete:
pu diventare esuberante lo scarto dell' energia scambiata, dovuta allungo transitorio
in cui la potenza di scambio devia da quella prestabilita;
si possono avere troppi lunghi sovraccarichi sulle linee di interconnessione tali che facciano intervenire le protezioni, e di conseguenza isolino la rete nel momento in cui ha il
massimo bisogno di energia.
Per quanto riguarda poi gli scarti di energia scambiata, c'e da rilevare che possono comportare una perdita economica anche rilevante. Si noti infatti che tali scarti hanno un valore economico ben definibile poich gli scarti di energia (*) fra le reti sono oggetto di transazione commerciale fra esportatore ed importatore (nell' ambito dell'interconnessione fra
enti produttori diversi).
c)

Schema a blocchi delle due aree interconnesse

Per due aree di controllo interconnesse da una linea priva di perdite, si ha la schematizzazione di fig. 6.17 che mette in risalto il contributo di potenza immessa in rete dalla regolazione secondaria e dalla linea di interconnessione. Nello schema a blocchi di fig. 6.17,
si ha:
- Gli = K' O'lT
rappresenta il complesso di centrali predisposte per la regolazione secondaria;
- GN = G/(l + GIT G 2 ) rappresenta la f.d.t. della rete, che tiene conto al suo interno del
contributo delle centrali che effettuano la regolazione primaria.
Infatti dallo schema di fig. 6.14, non tenendo di G 3 , si ha:

M=-

M D G2
I+GlT G2 +K' G:r G2

[6.56]

Dalla fig. 6.17, non tenendo conto del blocco di regolazione, si ha:
[6.57]

(* ) A rigore il funzionamento ad uguali costi incrementali tra le varie reti interconnesse imporrebbe che in
ogni istante la potenza di scambio fosse tenuta al valore pi economico possibile.

140

~-----------------;
I ~+

o-~

~+

.1P:

6-,s"oA

~~
j-.1PQ

~~~ ____________ J

t--

.1Pa

Fig. 6.17 - Schema a blocchi di due aree interconnesse con regolazione frequenza-potenza.

Posto

si ha:

[6.58]

M=

d) Le equazioni di Darrieus

In condizioni di regime permanente alla frequenza nominale .f, l'equilibrio fra le potenze nelle due aree si scrive:

PZA + p:,;,
Pt~ = PZB + P~o
Pt~ =

"= ~ =

po

[6.59]

le quali esprimono chiaramente che, in condizioni di equilibrio, la potenza complessivamente immessa in ogni area dalle macchine generatrici uguaglia il fabbisogno del carico pi la
potenza di scambio programmata.
(* ) Come ad esempio awiene se si stacca una centrale dal parallelo.

141

Se, a questo punto, si ipotizza che intervenga un aumento di carico a gradino L1PBD (*) nell'area B, lo scarto di frequenza che si avr alla fine della regolazione primaria sar espresso da:

L1P

N=-~
E PTAB

[6.60]

che discende dall'aver considerato le due aree come un unico sistema, che risponde a disturbi come se fosse dotato di una energia regolante pari alla somme delle energie regolanti delle due aree:
[6.61]
sono le energie regolanti primarie delle aree di controllo A e B; ERTA, E RTB le energie regolanti delle macchine preposte alla regolazione; EITA , EITB le energie regolanti dei carichi.
Si noti come lo scarto di frequenza sia pi piccolo in valore assoluto di quello che si
sarebbe avuto se l'area in cui si verificata la perturbazione fosse stata isolata e fosse perci
intervenuta solo la sua energia regolante di rete.
Alla nuova frequenza! + l1fil bilancio delle potenze in ciascuna delle due aree si potr
esprimere con:
[6.62]

E PTA , E PTB

[6.63]
in cui si nota il contributo fornito dalla regolazione primaria nelle due aree, - ERT l1f (l1f
negativo); si notano anche i termini EITl1f che tengono conto della variazione della potenza
assorbita dai carichi delle due aree in relazione alla mutata frequenza di alimentazione.
Tenendo presenti le relazioni di equilibrio [6.59], le [6.62] e [6.63] diventano:
-EPTAN
- EpTBN

-L1Pa = O

-l1P~

= l1PBD

[6.64]
[6.65]

introducendo la [6.60] nella [6.64] si ottiene:


[6.66]
dalla quale si nota come il soccorso L1Pa che la rete A d alla rete B sia proporzionato
alla energia regolante della rete soccorritrice stessa.
Le equazioni [6.64] e [6.65] precedentemente scritte vanno sotto il nome di equazioni
di Darrieus, e sono valide hl. regime stazionario o assai lentamente variabile. Esse esprimono sostanzialmente il fabbisogno di potenza in ciascuna delle due aree; si vede infatti come,
non essendo nell' area A occorso alcun disturbo, il fabbisogno dell' area sia nullo; e nell' area
B come il fabbisogno sia pari a L1PBD . (*)
(*) In regime stazionario si avr che D/A = D/B =D/

142
Si suppone ora di agire manualmente molto lentamente sui variagiri dei gruppi dell'area B previsti per la regolazione secondaria in modo tale da incrementare la potenza motrice immessa in rete. In tal modo si realizza il compenso della potenza di disturbo M BD
con un pari incremento di potenza M" tB immessa dalla sola regolazione secondaria della
rete B. Si otterr allora il ritorno della frequenza al valore iniziale;o, non solo ma in corrispondenza di essa i saldi dei bilanci di potenza delle due reti saranno costituiti ancora dalla
stessa potenza di scambio che si aveva inizialmente.
In base a quanto finora detto se le f.d.t. del regolato re di rete G FA e GpA operano una
combinazione lineare dello stesso tipo di quella data in [6.64], ci equivale ad assumere
GFA == - EPTA e GpA == - 1, l'ingresso in G1A sar proprio zero e cos pure praticamente l'uscita al termine del transitorio della regolazione primaria, dato che G 1A integra assai lentamente. Questo quanto si desidera, poich nell'area A, non avendosi variazioni di carico, non
si deve in definitiva variare la potenza generata. Ad annullare gli scarti di frequenza e di
potenza di scambio avvenuti provveder, come si gi detto, la regolazione secondaria della sola area B, nella quale si porr G FB == - EPTB e GpB == - 1.
Si vuole notare come i valori di GFA e GpB non influiscono affatto sulla precisione della regolazione a regime, che unicamente garantita dalla forma delle G1 (in particolare dal
fatto che G 1 ha un polo per 5 == o). Per la scelta delle GF e Gp deve essere dettata dalle
esigenze di prontezza e stabilit.
e)

La condizione di autonomia.

Pervenuti alla nuova condizione di regime dopo un disturbo a gradino L1PD , la regolazione secondaria dell' area in cui si verificato lo scompenso, compensa quindi la variazione di fabbisogno di potenza.
La completa autonomia della regolazione secondaria frequenza-potenza si ha se, anche
durante il transitorio, la regolazione secondaria di una rete non interviene per perturbazioni
verificatesi nell'altra rete. Nel seguito verranno stabilite le condizioni che debbono essere soddisfatte affinch la regolazione secondaria avvenga, per ogni area, in maniera completamente autonoma. Verificatasi una potenza di disturbo nell' area B:
L1PAD

=O

L1PBD

=1=

[6.67]

la regolazione secondaria nell'area A deve rimanere inerte fin dall'inizio del transitorio cos
da dare luogo identicamente alla:
M"tA==O

[6.68]

Questa condizione evidentemente comporta (vedi schema a blocchi di fig. 6.17) che:
[6.69]
e che dalle [6.67] e [6.68]:
[6.70]
(") owio che l'autonomia riguarda la regolazione secondaria di A, non quella primaria che interviene sempre in soccorso transitorio della rete B dove awenuta la defaillance.

143

(vedi sempre schema a blocchi di fig. 6.17).


Sostituendo allora la [6.70] in [6.69] si ottiene:

GpA --GNA
GpA

[6.71]

che rappresenta la condizione per l'autonomia della regolazione secondaria frequenza-potenza. Naturalmente l'autonomia dell'area B vincolata da una condizione del tutto analoga. pure evidente che la [6.71] valida anche nel caso di un numero qualsiasi di aree
interconnesse.
ancora da notare che la condizione di autonomia non pone alcuna limitazione o condizione per la forma della Gr che pu dunque essere espressa come precedentemente si
visto, oppure da una forma pi complessa ad esempio PID.
Prima di concludere sembra utile ricordare che nel caso in esame (aree di controllo
interconnesse con regolazione frequenza-potenza) la regolazione di frequenza primaria si
svolge con la partecipazione di tutte le aree interconnesse che, in una prima fase, vanno in
soccorso della rete in cui si verificata una deficienza di potenza rispetto al carico, limitando cos gli scarti di frequenza, che verranno corretti, insieme ai valori delle potenze di scambio, nella successiva e pi lenta fase della regolazione secondaria (frequenza-potenza) a
mezzo dei regolatori centrali di rete.
6.6

Analisi della regolazione primaria e secondaria di frequenza a mezzo delle caratteristiche stati che.

In un diagramma P - f, la caratteristica statica del generatore u e quella del carico


p si intersecano in condizione di regime nel punto in cui potenza generata e consumata
si fanno equilibrio (punto A della fig. 6.18).
Per un aumento della potenza assorbita dal carico pari ad t.P = AB (con andamento a
gradino indipendentemente dalla frequenza) la nuova caratteristica del carico diventa p' parallela a p in quanto fissata la energia regolante dello stesso. Tenuto conto che la potenza
fornita dal gruppo in corrispondenza alla frequenza iniziale;; non pu far fronte all'aumento
di carico intervenuto, si crea uno sbilanciamento fra coppia motrice e coppia resistente e,
con un transitorio aperiodico o oscillatorio smorzato, la frequenza diminuisce fino a raggiungere la nuova condizione di equilibrio (punto C) in cui la caratteristica statica del generatore e la nuova caratteristica statica del carico si intersecano.
interessante notare che: AB =AD (tgy + tgcp) e quindi t.P = 11/ (ER + E) che tenendo conto del segno di 11/ corrisponde alla [6.36].
Se successivamente si opera la regolazione secondaria, traslando la caratteristica u
in u', si pu ristabilire la frequenza iniziale;; per la nuova condizione di carico.
Per quanto si gi visto nel caso di aree di controllo u la caratteristica del generatore equivalente caratterizzato da una energia regolante pari alla somma delle energie regolanti dei singoli generatori e p la caratteristica statica dei carichi con energia regolante
pari alla somma delle energie regolanti carichi.
Anche nel caso di aree interconnesse possibile utilizzare le caratteristiche stati che per
interpretare i bilanci delle potenze attive nelle diverse condizioni di funzionamento.

144

p
Fig. 6.18 - Analisi della regoIazione di frequenza in un' area
di controllo a mezzo delle caratteristiche stati che.

Se si fa riferimento alle aree A e B gi esaminate nel par. 6.5 e si supponga che l'area A
esporti una potenza t,Pa nell'area B e che in quest'ultima si presenti un aumento di carico
t,PDB , si avr la situazione rappresentata in fig. 6.19 (area A a sinistra, area B a destra).

~--~~----~--~~----------------~~-----+~~H-~~~~--------

AA'"BB'
C'{"=J)[)'

EE'=AA'

Fig. 6.19 - Analisi della regoIazione di frequenza di due aree interconnesse a mezzo delle caratteristiche statiche.

Si nota preliminarmente che il surplus di potenza prodotta in A viene esportato in B


per compensare il deficit di potenza ivi esistente e quindi AA' = BB' .
Per un disturbo a gradino t,PDB in B la nuova caratteristica del carico sar p~ e la
frequenza delle due aree si abbasser portandosi, attraverso un transitorio, a un nuovo valore h in modo che la nuova potenza esportata da A, C C', sia tale da bilanciare la potenza
che occorre in B, C C' = D D' . Successivamente con la traslazione di UB in U ~ , la potenza
di scambio ritorna quella programmata e la frequenza al valore h.

CAPITOLO VII

LA REGOLAZIONE DELLA TENSIONE

7.1 Generalit
Per regolazione della tensione in un sistema elettrico di potenza si intende tutto quel
complesso di provvedimenti che hanno lo scopo di:
garantire all'utente una fornitura con una buona qualit di tensione (,~);
mantenere in tutti i nodi in A.T. e M.T.la tensione entro una determinata banda di variazione compatibile con la strategia ottimale di esercizio di quella rete.
Alla base di un esercizio soddisfacente della regolazione di tensione sta la corretta pianificazione del sistema elettrico in relazione alla stretta connessione esistente fra la struttura
scelta per il sistema e la qualit del servizio ottenibile.

7.2 Problemi degli utilizzatori


Tutti gli apparecchi utilizzatori alimentati in derivazione offrono le migliori condizioni di
rendimento, prestazione e durata nel tempo se vengono fatti funzionare con una tensione
uguale a quella di targa.
Alcuni costruttori garantiscono il corretto funzionamento anche in presenza di piccole
variazioni di tensione; ma ci oltre a non essere sempre possibile ottenuto con un maggior
costo dell' apparecchio.
Rivolgendo quindi 1'attenzione ad alcuni dei pi diffusi utilizzatori di energia elettrica di
costruzione normale ed esaminandone il comportamento alle variazioni di tensione si potranno fissare dei limiti ritenuti massimi agli scarti ammissibili della tensione.
a) Motori asincroni

La coppia motrice proporzionale al quadrato della tensione di alimentazione.

Se V < Vn
1 - diminuisce la coppia di spunto e pu divenire difficoltoso l'avviamento;
2 - diminuisce la coppia max e quindi la stabilit del funzionamento (cio la capacit a sop(,,) Vedi Cap. XI.

146
portare temporanei aumenti di coppia resistente o ulteriori diminuzioni di tensione);
3 - a pari potenza meccanica erogata aumenta la corrente assorbita in fase con la tensione e
la componente in quadratura (magnetizzante) diminuisce per la diminuzione del flusso
(<I> n V). Nel funzionamento a pieno carico, in cui prevale la componente in fase della
corrente, si ha quindi un aumento della corrente rispetto a quella nominale con un aumento della temperatura che pu risultare anche inammissibile;
4 - il rendimento peggiora per 1'aumentare delle perdite nel rame.
Se V> V n
1 - si ha un proporzionale aumento della corrente assorbita all'avviamento e quindi del riscaldamento della macchina e delle c.d.t. che essa provoca;
2 - aumenta la componente in quadratura della corrente in quanto aumenta il flusso (<I> n V);
aumenta la saturazione del ferro;
3 - a pari potenza meccanica erogata si riduce la componente attiva della corrente e si verifica una sensibile riduzione del fattore di potenza.
Sia ~ V> O che ~ V < O sono quindi fattori negativi per i motori.
Per motori in b.t. si ammette come scarto: + 10%, - 5% rispetto a VO"
Per motori in M. T. (3710 kV) si ammettono in genere scarti pi ridotti: + 7,5 %, - 2,5 %.
b) Lampade a incandescenza

Una diminuzione della tensione dell'l % causa una riduzione del flusso luminoso del 3 7
4%; una diminuzione del 5% una riduzione del flusso del 15 720%.
Al di l di queste variazioni la luce assume colorazione rossastra.
Un aumento della tensione d luce pi bianca ma riduce la vita della lampada nel rapporto:

~ = (V )13
n

Ln

dove Ln la durata che corrisponde a una alimentazione a tensione nominale Vn ed L quella


che corrisponde a una tensione V> VO"
Variazioni del 5% sono ritenute come massime ammissibili.
c)

Lampade a scarica

Sono in genere meno sensibili agli scarti di tensione. Il flusso varia nello stesso senso
della tensione per in misura percentuale minore che nelle lampade a incandescenza.
Tali lampade sono sensibili alle variazioni di tensione di una certa entit, arrivando anche
allo spegnimento per variazioni rapide di tensione in diminuzione. Questa loro sensibilit dipende per anche dal dispositivo di stabilizzazione (vedi V. Cataliotti, G. Morana, Impianti
elettrici di illuminazione, Dario Flaccovio Editore, Palermo).
d) Apparati elettronici

Gli strumenti e apparecchi di tipo elettronico sono in genere molto sensibili alle variazioni di tensione e impongono quindi delle bande ammissibili molto strette. In relazione a ci

147

molti di questi apparati nel loro interno hanno dispositivi di stabilizzazione della tensione
di ingresso.
Le considerazioni fin qui sviluppate permettono di trarre alcune indicazioni sui limiti
massimi di variazioni ammissibili nel campo delle utilizzazioni.
In proposito c' da osservare che essendo molto spesso i carichi luce e f.m. sulle stesse
linee, i primi diventano vincolanti.
Oggi, oltre a porre dei limiti agli scarti massimi delle tensioni, si tende ad esaminare la
qualit del servizio sotto la quale viene erogata l'energia agli apparecchi utilizzatori.
Gli elementi che definiscono tale qualit sono:
la costanza della frequenza;
la purezza della forma d'onda (cio l'assenza di armoniche di entit non trascurabile);
l'assenza di squilibri (cio la mancanza di componenti inverso e omopolare);
la regolarit (cio la limitazione delle fluttuazioni di tensione nel tempo);
la continuit del servizio.
In questo capitolo verr esaminato il problema della regolazione della tensione nei suoi
aspetti generali. Nel Cap. XI verranno fatte alcune considerazioni su come possa essere ulteriormente migliorata la qualit della tensione fornita agli utenti.
7.3 Regime delle tensioni nei nodi di una rete

importante chiarire preliminarmente quanto gi preannunciato nella impostazione


generale del problema della regolazione e cio che la regolazione della tensione ai nodi di
un sistema di potenza legata fondamentalmente ai flussi di potenza re attiva nei suoi diversi elementi.
Ci di fatto avviene perch le resistenze e conduttanze degli elementi dei sistemi ad
A.T. sono piccole rispetto alle reattanze e suscettanze degli stessi.
Q,
Infatti considerando il diagramma
delle potenze per un generico quadripolo a 7t, che come noto pu rappresentare un qualunque elemento del sistema,
con tensione in arrivo E2 = cast e varie
tensioni in partenza El> si avr che (in
r-::;7"~:::::;::::T~,--"~----C>P' assenza di perdite il centro O2 giace sull'asse delle ordinate), a pari potenza attiva, al crescere di Q aumenta El e quindi
la c.d.t.. Per angoli modesti (quali in
genere si hanno) una variazione di P non
d sensibili c.d.t. (fig. 7.1).
E.,-cosi
La situazione si invertirebbe se fossero trascurabili le reattanze; in tal caso il
centro O2 starebbe sull' asse delle ascisse.
Questo conferma quanto gi osservato altrove e cio che al variare dei moFig. 7.1 - Diagramma delle potenze per quadripolo a 11.

148
duli delle tensioni si hanno prevalentemente variazioni nei flussi di potenza reattiva mentre
al variare di si hanno prevalentemente variazioni di potenza attiva.
Quanto precede permette quindi di confermare che il problema della regolazione si
presenta come strettamente legato ai flussi di potenza reattiva necessari per sopperire al fabbisogno del carico e ai consumi propri della rete (quale differenza fra potenza assorbita dagli
elementi induttivi e quella prodotta dagli elementi capacitivi).
In relazione a questi ultimi c' da osservare che mentre la potenza prodotta dagli elementi capacitivi varia poco in quanto modeste sono le variazioni di tensione, quella assorbita
dagli elementi reattivi varia sensibilmente in quanto dipende dalla corrente che in essi transita, che varia con il carico.
7.4 Regolazione della tensione in un nodo

In regime permanente le variazioni di tensione di un nodo di una rete di quadripoli al


variare del carico da esso prelevato, nella ipotesi che in tutti gli altri nodi le condizioni di carico rimangano costanti, possono essere determinate applicando in quel nodo il teorema di
Thevenin nella seguente forma.
La tensione nel nodo in esame quella fornita da un generatore ideale equivalente avente una fe.m. pari alla tensione presentata dal nodo (in quelle definite condizioni di esercizio della rete) quando il carico nullo e una impedenza interna pari alla impedenza della
rete vista da quel nodo determinata dal rapporto tra la tensione fra questo e il neutro (una
volta cortocircuitati i generatori di tensione e interrotte le connessioni dei generatori di corrente) e la corrente in esso iniettata (fig. 7.2). Tale rapporto, tenuto conto che la corrente iniettata in quel nodo
tende a percorrere i rami longitudinali (che presentano
caratteristiche reattive induttive e minore impedenza di
quelli trasversali) e si chiude sul neutro tramite i collegamenti di c.c. dei generatori di tensione, ha carattere
induttivo e quindi della forma

Z=R+jX

Fig. 7.2 - Schema circuitale equivalente di un sistema di potenza (linee in


tratteggio = collegamento in c.c. dei
generatori) .

conX>O

[7.1]

Le variazioni di tensione di questo nodo possono


quindi essere studiate a mezzo dei diagrammi circolari
delle potenze del quadripolo avente una equazione uguale a quelle del generatore esaminato

Ev = E +Z I
conA=D=l;

E +Z I
B=Z;

[7.2]

c=o

Su questi diagrammi si possono agevolmente valutare le variazioni di tensione del nodo


in esame al variare del suo carico e i prowedimenti da prendere in Iaea per regolarne la
tensione.
Tenuto conto della forma della [7.2] la c.d.t. in senso algebrico

149
~E

= Ev- E
pu esprimersi, ricordando quanto gi visto al par. 6.1, come
~

E = R I coscp + X I sincp =

RP+XQ
E

[7.3 ]

[7.4]

Se al nodo in esame avente un certo carico I e quindi una certa tensione E' viene applicato un carico puramente re attivo ~Q si avr nel nodo una variazione di tensione pari a

~E'=E'-E" = X~Q

[7.5]

Eli

essendo Eli la nuova tensione che assume il nodo dopo l'inserzione del carico ~Q.
Si pu scrivere
~E'
X
~Q
Eli

Eli funzione di ~Q e tende a E' quando


Si potr allora scrivere

dE'
lim
dQ = <l.Q-->O

~Q ~

[7.6]

o.

~E'

AQ = <l.Q-->O
lim Eli = E'

Ll

[7.7]

o anche in valore assoluto

dQ _ E' _ I
dE' - X - cc

[7.8]

Il rapporto fra la tensione in un nodo e l'impedenza interna (qui la reattanza) del generatore equivalente la corrente di corto circuito (vedi Cap. IX); pertanto dalla [7.8] si
ricava che con buona approssimazione la potenza reattiva necessaria per una variazione
unitaria della tensione in un nodo pari alla corrente di c.c. nel nodo.
Quanto sopra significa che i nodi con elevata potenza di c.c. hanno a monte una rete con
impedenza equivalente modesta e presentano piccole variazioni di tensione; viceversa ai nodi
con modesta potenza di c.c. corrisponde una impedenza equivalente elevata e grandi variazioni di tensione.
Per il sistema trifase qui rappresentato con una sola fase: la potenza reattiva quella per
fase, la variazione di tensione quella stellata, la corrente di c.c. quella trifase simmetrica.

7.5 Determinazione della variazione di tensione nei nodi di una rete per iniezione di
potenza reattiva in un nodo
Si visto che la variazione della tensione che si verifica in un nodo per l'iniezione di una
definita potenza reattiva nello stesso determinabile con il metodo di Thevenin; ma in tal modo
non si sa cosa awiene negli altri nodi. Per risolvere questo problema pu utilmente applicarsi
il metodo di analisi basato sulla m~trice_dellejmpedenze nodali.
Nella relazione matriciale [V] = [z n]. [I] il vettore [I] avr in questo caso tutti i termini nulli, tranne quello relativo al nodo i in cui awiene la iniezione di corrente pari a - I ci .

150

La matrice IZ nI , ricavata per inversione della [l' n] ha come termini Zii della diago_nale principale le impedenze di Thevenin dei diversi nodi e come termini extradiagonali Zi).
Adottando per la rete uno schema a rastrello (fig. 7.3) in cui sono evidenziate tali impedenze risulta che le variazioni di tensione nei singoli nodi della rete per l'inieziQne di una
corrente - Ici sono pari al prodotto matriciale della riga iesima della matrice [zn] per il
vettore
si ha:

m,

----z .. ---

z..
D

[7.9]

Fig. 7.3 - Schema per la determinazione della variazione di tensione nei


nodi di una rete.

Le variazioni dei moduli delle tensioni possono a scriversi come: ~ ~s


gamente per le altre.

= Xi,!ci e analo-

7.6 Mezzi di regolazione


I mezzi di regolazione sono costituiti da tutti gli elementi attivi o passivi che contribuiscono al controllo della potenza reattiva prodotta o consumata dal sistema di potenza.
Mezzi di regolazione attiva sono:
a) i generatori sincroni (tramite il loro sistema di eccitazione);
b) i compensatori sincroni (tramite il loro sistema di eccitazione);
c) i compensatori stati ci (tramite il loro sistema di controllo);
d) i trasformatori con variatore di rapporto sottocarico;
e) i booster di regolazione.

Mezzi di regolazione passiva sono:


a) le linee aeree e in cavo (a mezzo delle loro reattanze);
b) i reattori di compensazione;
c) i condensatori.

7.7 Livelli di regolazione


Per conseguire gli obiettivi della regolazione di tensione nei sistemi elettrici di grandi
dimensioni, nei termini gi precisati, si tende oggi a una completa automazione. Infatti il
sempre maggiore aumento delle potenze e dei livelli delle tensioni ha via via determinato
critiche situazioni di regolazione in corrispondenza delle grandi variazioni dei flussi di potenza reattiva che si hanno fra condizioni di carico massimo e minimo del sistema.
La prima situazione (regime di elevate correnti) corrisponde al massimo assorbimento

151
di potenza reattiva induttiva da parte degli utenti e delle reattanze di linee e trasformatori
tenuto conto del contributo delle capacit delle linee e dei cavi (variazioni delle tensioni in
diminuzione). La seconda situazione corrisponde alla possibile prevalenza de11a potenza
reattiva prodotta dalle capacit delle linee e dei cavi in particolare nei sistemi ad alta e altissima tensione (variazioni di tensione in aumento).
Il controllo coordinato di tutte le sorgenti di potenza reattiva presenti nel sistema, oltre a ridurre le variazioni di tensione attorno ai valori desiderati con conseguente miglioramento del profilo delle stesse e quindi della qualit del servizio, comporta i seguenti apprezzabili vantaggi:
aumento delle riserve di potenza reattiva (tali riserve intervengono nelle situazioni di
emergenza, come: distacco di generatori, aperture di linee, ... ) con una maggiore sicurezza di esercizio del sistema elettrico;
riduzione dei transiti di potenza reattiva sulle linee per un migliore bilanciamento delle
produzioni di re attivo da parte dei singoli generatori con l' ottenimento di maggiori economie nell'esercizio del sistema;
da ultimo, ma non meno importante, una massiccia riduzione dell'impegno degli operatori
nei Centri di Ripartizione (vedi Cap. XVIII) relativamente al controllo delle tensioni e
delle potenze reattive, tenendo conto fra l'altro che, in situazioni di emergenza, gli operatori sono portati ad eseguire interventi troppo cautelativi rispetto ai limiti di produzione
disponibili.
Il sistema automatico di controllo pu invece fare intervenire, nelle situazioni critiche,
tutte le sorgenti di potenza reattiva contemporaneamente evitando cos che alcune intervengano per prime e raggiungano velocemente i loro limiti di producibilit, come accade quando
il controllo di tipo manuale.
In vista di una automazione del processo in esame sono stati previsti i seguenti schemi di
regolazione:

centralizzato, nel quale le funzioni di controllo sono assegnate a un solo controllore, installato nel centro dispacciatore di carico (vedi Cap. XVIII);
decentralizzato, nel quale il sistema di potenza diviso in sottosistemi ciascuno con un suo
controllore locale;
gerarchico, nel quale i due schemi superiori coesistono; il controllore centrale non esercita
una azione di controllo diretto ma coordina le azioni dei controllori locali di zona.
In tutti gli schemi presi in esame le variabili su cui si deve intervenire sono le correnti di
eccitazione di generatori e compensatori sincroni, la posizione del variatore sotto carico dei
trasformatori, il numero di condensatori e rettori da inserire, ecc.
Nella struttura centralizzata tutte le misure relative alle grandezze di interesse sono tele. trasmesse (vedi cap. XVIII) al controllore generale, il quale, dopo averle elaborate, invia gli
opportuni comandi di controllo alle sorgenti controllate. evidente che il controllore centrale
ha in questo modo una visione complessiva dell'intero sistema ed i segnali di controllo da
esso inviati tendono ad ottimizzare i flussi di potenza reattiva.
Per contro, tale struttura comporta la realizzazione di un complesso nonch costoso
sistema di trasmissione dati e non permette di assicurare durante l'esercizio una sufficiente
velocit di risposta sia per gli elevati tempi di calcolo del controllore che deve elaborare le
telemisure provenienti dall'intera rete sia per il ritardo connesso alla trasmissione dati. Tut-

152

to ci farebbe preferire la struttura di controllo decentralizzato nella quale le tensioni in ciascuna regione sono controllate da un controllore locale che elabora una minore mole di informazioni ed abbisogna di un sistema di trasmissione dati pi semplice.
Ovviamente con questa struttura si perde la visione d'insieme dell'intera rete.
Una soluzione di compromesso data dalla struttura di controllo gerarchico di cui si
detto in cui coesistono ambedue le strutture descritte.
In questo caso il controllore centrale non opera direttamente sugli ingressi di controllo
delle sorgenti di potenza reattiva, ma coordina le azioni dei controllori locali per evitare le
interazioni fra gli stessi.
I vantaggi conseguibili con l'adozione di tale sistema sono:
riduzione della complessit del sistema di trasmissione dati;
riduzione del tempo di elaborazione delle telemisure con conseguente miglioramento
della rapidit di risposta della regolazione;
aumento dell'affidabilit del sistema di controllo per la suddivisione delle funzioni dello stesso nei singoli controllori locali.
Si procede normalmente su tre livelli di regolazione:
a) Regolazione primaria attuata localmente nei diversi nodi della rete con i mezzi di
regolazione attivi gi citati in modo da far fronte prontamente alle perturbazioni locali di tensione. Gli interventi vengono effettuati in rapporto agli scarti che si determinano rispetto a
imposte tensioni di riferimento.
b) Regolazione secondaria attuata a mezzo di controllori regionali (uno per ogni area
di controllo) con il compito prevalente di variare i riferimenti di tensione di alcuni generatori
di controllo.
cl Regolazione terziaria attuata a mezzo di un controllore centrale che coordina la
regolazione secondaria.
Le regolazioni primaria e secondaria sono di tipo automatico in linea, quella terziaria del tipo fuori linea cio elaborata previsionalmente e attuata come una strategia.
7.8 La regolazione di tensione primaria nei diversi nodi della rete
7.8.1 Nodi generatori
Per i nodi generatori risulta in generale ammissibile che la regolazione di tensione, sia, in
prima approssimazione, trattata separatamente da quella di frequenza facendo riferimento al
singolo nodo e non al sistema nel suo complesso.
Ogni macchina sincrona munita di un sistema di eccitazione intendendo con questo
termine non soltanto gli organi e le macchine necessarie per eccitare il circuito di campo, ma
anche tutti gli organi atti a regolare automaticamente Feccitazione in modo da esplicare tutte
quelle azioni di controllo che sono possibili attraverso questa via.
I principali componenti di un sistema di controllo della tensione di una macchina sincrona sono indicati nella fig. 7.4. In ingresso al regolatore viene effettuato il confronto fra
la grandezza di uscita (riportata in ingresso a mezzo del trasduttore) con quella di riferimento, l'errore risultante, eventualmente anche a mezzo di un amplificatore, agisce sull' ec-

153

....

'

1---.......

"I

............... - - - - - - . 1

.1

1------------..... ~ ....~.a.
..I----------.
Fig. 7.4 - Schema a blocchi di un sistema di controllo dell'eccitazione.

citatrice della macchina con lo scopo di eguagliare i due segnali; lo stabilizzatore serve a
rendere stabile tale operazione.
Nel caso di piccole macchine che erogano generalmente su reti isolate l'aspetto pi importante della regolazione sta nella possibilit:
di sopportare variazioni di carico (specialmente reattivo) istantanee contenendo nei valori prefissati le conseguenti variazioni di tensione;
di garantire il funzionamento della macchina nei limiti di potenza reattiva erogabile.
Nel caso di grossi alternatori, connessi a sistemi di grande potenza, la loro regolazione
di tensione automatica, oltre a soddisfare gli obiettivi sopra menzionati, dove portare al miglioramento della stabilit del sistema (vedi appresso Cap. XII).
Riferendosi all'elemento di potenza del sistema di eccitazione possibile classificare
gli stessi in due categorie.
eccitazione rotante, che impiega come organo di potenza un amplificatore rotante;
eccitazione statica, che utilizza un sistema statico di conversione da corrente alternata a
corrente continua.
Con riferimento ai sistemi con eccitazione rotante si passati da quelli con dinamo con
eccitazione in derivazione (fig. 7.5) a quelli con eccitatrice principale ed eccitatrice ausiliaria (pilota) (fig. 7.6a e 7 .6b).
Tutto ci avvenuto per aumentare la velocit di risposta del sistema di eccitazione e
per assicurarne un buon comportamento dai valori minimi a quelli massimi della corrente
di eccitazione dell' alternatore.
La dinamo con eccitazione in derivazione presenta, com' noto, l'inconveniente d'instabilit della regolazione in corrispondenza a valori della tensione di eccitazione prossimi
a zero o comunque modesti che risultano necessari quando la macchina debba alimentare
sottoeccitata una rete capacitiva.
Con l'adozione di una eccitatrice principale e di una pilota, tale inconveniente viene
eliminato ed inoltre effettuandosi la regolazione a mezzo di un reostato del circuito di eccitazione dell' eccitatrice principale, si elimina il reostato del circuito di campo dell' alternatore. Lo schema con eccitatrice pilota pu essere ulteriormente migliorato con la disposizionlt

154

~"'
a

.,

Fig. 7.5 - Sistemi di eccitazione con dinamo con


eccitazione in derivazione

Fig. 7.6 - a); b) Sistemi di eccitazione con dinamo principale e pilota.

ponte del circuito di eccitazione dell' eccitatrice principale che consente di estendere la regolazione anche a valori negativi (fig. 7 .6b) e con la sostituzione della dinamo pilota con
un'amplidina che consente un ulteriore miglioramento della risposta del sistema.
Nel caso di macchine di modesta potenza il circuito di eccitazione principale pu essere alimentato a mezzo di un raddrizzato re inserito all'uscita di un alternatore a magneti permanenti.
Di norma le eccitatrici principali e pilota sono coassiali con l'alternatore; in alcuni casi
(specialmente in presenza di turbo alternatori o di gruppi idroelettrici con bassa velocit di
rotazione) per evitare problemi di commutazione o insufficienti tensioni di eccitazione, la
loro alimentazione pu avvenire a mezzo di un gruppo separato (motore elettrico o una
turbina ausiliaria).
La potenza dell' eccitatrice principale dell' ordine dello 0,3 -1 % di quella dell' alternatore; quella dell' eccitatrice pilota dell' ordine dell' 1-3 % dell' eccitatrice principale.
Il secondo gruppo quello dei sistemi di eccitazione statici, intendendo in questo insieme ogni caso nel quale il circuito di campo sia alimentato direttamente da convertitori
stati ci a tensione d'uscita variabile, primi tra tutti i convertitori a tiristori.
I dispositivi di conversione risultano esterni alla macchina, ricevono energia elettrica
in corrente alternata dalla sbarre dei servizi ausiliari del gruppo e la inviano al circuito di
campo, convertita in corrente continua, attraverso il sistema spazzole-anelli.
Un sistema di eccitazione, che si pu considerare intermedio fra i due sopra definiti,
quello brushless, nel quale la sorgente di energia elettrica una macchina sincrona con indotto rotante installato sul rotore dell' alternatore principale. Sullo stesso rotore si ha un
ponte raddrizzatore o convertitore per l'alimentazione del circuito di campo per l'alternatore principale.
Con questo sistema di eccitazione si pu eliminare l'insieme spazzole-anelli caratteristico delle altre tipologie di eccitazione (rotante estatica).
La regolazione della corrente inviata al circuito di campo fatta:
Nel caso di ponte raddrizzatore variando la corrente di campo dell'alternatore di eccitazione; in questo caso infatti cambia la f.e.m. e il valor medio della tensione raddrizzata che alimenta il circuito di campo dell'alternatore principale. Per effetto dell'accoppia

155
mento magnetico fra circuito di campo e indotto nell' alternatore di eccitazione, che ha
un'elevata costante di tempo, la risposta non veloce come nel caso dell'eccitazione
statica.
Nel caso di ponte convertitore, variando l'angolo di innesco dei tiristori e mantenendo
costante la corrente di campo, e quindi la f.e.m. dell' alternatore di eccitazione. La velocit
di risposta molto elevata. L'invio di segnali di comando alle porte dei tiristori avviene
mediante un sistema spazzole-anelli interessato da correnti molto piccole ovvero a mezzo
di fasci di luce su foto resistori.
I parametri che caratterizzano l'efficacia della regolazione sono:
la velocit di risposta relativa nominale (g); il valore numerico, rapportato alla tensione
nominale dell'eccitatrice della pendenza, espressa in V/s della retta che nel piano tensione-tempo, collega il punto En,O con il punto En,O.5 in modo tale che l'area sottesa da tale
retta nell'intervallo O 7 0.5 risulti uguale a quella sottesa nello stesso intervallo, dalla curva
rappresentativa dell' andamento transitorio reale della tensione dell' eccitatrice. Il transitorio quello corrispondente al c.to/c.to della resistenza di regolazione in quanto la situazione pi critica ai fini del mantenimento della stabilit di trasmissione.
la capacit di eccitazione (K = Ema/En) cio il rapporto fra la massima tensione di eccitazione raggiungibile, partendo dalle condizioni definite per la determinazione della velocit di risposta relativa nominale (tensione di ceiling) e la tensione di eccitazione con
carico nominale;
la stabilit della regolazione che consiste nel passare da un regime di tensione ad un altro senza oscillazioni o con oscillazioni rapidamente smorzate che viene conseguita munendo i regolatori di un asservimento con piccolo statismo permanente ma con elevato
statismo iniziale. L'errore dovuto allo statismo pu essere compensato con una regolazione secondaria.
il grado di insensibilit la banda di tensione espressa in % della tensione nominale
dell' alternatore all' interno della quale le variazioni della tensione ai morsetti non provocano l'intervento del regolatore.
la costante di tempo del circuito di eccitazione, a circuito di armatura aperto, la costante di tempo del circuito di armatura nella condizione di carico prevista.
Il parametro g ha valori che vanno da 0,2 SI per macchine autoeccitate a valori superiori a 5 SI per macchine con eccitazione statica; K va analogamente da 1,3 a circa 2.
I valori di cui sopra giustificano la sempre maggiore diffusione dei sistemi di eccitazione
statica per i gruppi di grande potenza tenuto anche conto del loro minor costo e dei problemi presentati dalle eccitatrici rotanti, in particolare se a corrente continua. Si hanno in
questo ultimo caso difficolt di costruzione, problemi di manutenzione, specie sui collettori
a lamelle, eventuale adozione di riduttori di velocit e ingombri notevoli.
Lo schema pi adoperato in Italia per l'eccitazione dei grandi turbo-alternatori rappresentato in fig. 7.7. Sembra utile ricordare che anche per le centrali idrauliche i sistemi di
eccitazione stati ca si sono via via diffusi, in particolare per quelle di piccola potenza telecomandate.
Il sistema di eccitazione statico pu essere convenientemente derivato dal montante di
macchina secondo lo schema illustrato in fig. 7.8 che permette di rendere accettabile la diminuzione della tensione per corto circuito prossimo alle sbarre di Stazione.

156
Sbarre 6 KV

",.

TA

regolalore r-------fH--t--------J
tensione

Fig. 7.7 - Eccitazione statica con eccitatrice costituita da un ponte regolato.


Sbarre

Sbarre A 'r

A T

"rasf"or .~
e.ergenza

B.ergenza
J O - "0 GR

Tra.stOr.atori

Generatore

'H~II l I l

TrasEor.atore
eccita' e

Fig. 7.8 - Schema generale di un gruppo termoelettrico da 370 MVA ed inserzione delle apparecchiature di eccitazione.

Ogni sistema di eccitazione, in particolare quello statico a cui qui si fa riferimento, deve
garantire determinate prestazioni in presenza di grandi e piccole perturbazioni.
Per quanto riguarda le prime particolarmente significativo il comportamento della
macchina in corrispondenza di un brusco distacco del carico.
La sovratensione che nasce deve essere contenuta entro limiti definiti.
Nel campo delle piccole perturbazioni si cerca di conseguire errori statici di tensione
piccoli, guadagni e velocit di risposta elevati e buone condizioni di stabilit. Nei moderni
regolatori con l'uso di una retro azione addizionale si ottengono risultati soddisfacenti.

157

I limiti fisici di caricabilit di un generatore sincrono dipendono in primo luogo dalle massime temperature ammissibili delle sue
a"
parti. Queste dipendono dalle perdite nel nucleo e negli avvolgimenti; le prime, quelle nel
ferro, modeste, si possono ritenere sensibilmente costanti essendo tale il flusso interno
della macchina; le seconde, quelle nel rame,
che si presentano negli avvolgimenti di rotore
e statore, sono invece variabili e condizionanti. Se in prima istanza si considerano solo le
perdite di statore (le quali sono predominan" .'
ti) ricordando che sono proporzionali al quadrato della corrente di carico e quindi al quadrato della potenza apparente, in un diagramFig. 7.9 - Limiti fisici di caricabilit di un generama P - Q la condizione di massima perdita amtore sincrono.
missi bil. e ovviamente rappresentabile con
una circonferenza. Nel caso di un generatore si considera la semicirconferenza abc.
.1

Di fatto per esistono altre limitazioni:


In esercizio non si scende mai al di sotto di una certa potenza attiva e pertanto al posto
del diametro ac si considera la corda alci.
In condizioni di sovraeccitazione (primo quadrante) le perdite nel rotore sono rilevanti
e pertanto bisogna ridurre il limite sopra definito per le perdite di statore in modo da
non superare le massime temperature prescritte.
In condizioni di sottoeccitazione (quarto quadrante) per valori di E piccoli si corrono
pericoli di instabilit e pertanto anche in questo caso bisogna ridurre le prestazioni della
macchina.
Nella fig. 7.9 sopra riportata viene pertanto definita a titolo d'esempio la zona di effettiva possibile utilizzazione della macchina (curva ali di c" f b e ali).

7.8.2 Nodi delle reti di trasporto (220 + 380 kV)


La tensione ai nodi delle reti di trasporto va mantenuta entro una banda massima di
variazione del + 10% -7 - 5%.
Se la rete viene esercita a tensioni che superano questi limiti, si rende difficoltosa la
regolazione nelle reti di trasmissione (ad es. 130 kV) ad essa connessa e si va incontro ad altri
inconvenienti.
Per tensioni superiori a 1.1 Vn (tensione per la quale la rete viene dimensionata) si ha:
a) riduzione dei margini di isolamento delle linee in quanto in proporzione all'aumento di tensione aumentano le sovratensioni a frequenza industriale e le sovratensioni transitorie
di manovra;
b) aumento delle perdite corona e dei radio disturbi (specie con cattivo tempo);
c) parziale saturazione dei nuclei dei trasformatori e dei generatori con aumento
della corrente magnetizzante, delle perdite nel ferro, della rumorosit per magneto-strizio-

158

ne e delle correnti di inserzione (trasformatori).


Per tensioni inferiori a 0,95 Vn si ha:
a) una corrispondente riduzione della capacit di trasmissione delle linee (n V'2);
. b) un aumento delle perdite Joule (n 1IV'2) a pari potenza trasmessa;
c) un aumento della potenza assorbita dalle reattanze serie del sistema in corrispondenza all' aumento di corrente che in esse si verifica a pari potenza trasmessa;
d) una riduzione della potenza re attiva capacitiva erogata dalle capacit delle linee;
e) una riduzione dei margini di stabilit di trasmissione.
TI provvedimento pi importante da prendere in una rete di trasporto per regolarne la
tensione nel modo pi opportuno quello di fornire la potenza reattiva necessaria per il
carico e per gli elementi di rete che la consumano l dove necessaria.
Per questo, come meglio si vedr in seguito, si opera un rtfasamento capillare e molto
spinto, rifasamento detto di massimo tornaconto economico, nelle reti di distribuzione per
scaricare le reti a monte dal trasporto dell' energia reattiva necessaria.
La potenza re attiva prodotta dalle centrali servir soltanto per le esigenze dei carichi
ad esse immediatamente vicini.
Ad integrazione di ci, per mantenere le tensioni nei limiti prescritti possono adoperarsi, direttamente nei nodi interessati:
a) trasformatori e autotrasformatori con variazione di rapporto sottolSarico e boosters;
b) compensatori.
d) reattori in derivazione;
e) condensatori in serie.
7.8.2.1 I trasformatori e autotrasformatori con variatore di rapporto sotto carico. Boosters

I trasformatori a rapporto variabile con commutatore sotto carico (vedi VoI. I - Parte
I) si presentano di solito secondo lo schema di fig. 7.10a. Realizzano variazioni in genere
del 7,5% con 16 prese e variazioni dell'l % per presa.

La commutazione di rapporto talvolta fatta su una unit a parte (unit di regolazione) separata dal trasformatore principale.

Fig. 7.IDa - Schema di trasformatore a rapporto variabile.

Fig. 7.lOb - Schema di trasformatore a rapporto variabile con unit di regolazione separata.

Si ricorre a questa soluzione per variazioni di rapporto molto rilevanti che porterebbero a reattanze troppo variabili nel trasformatore principale, ma anche in altre circostanze.
Infatti la costruzione di una unit separata pi costosa ma rende da una parte pi sicuro

159

l'esercizio, in quanto questa pu essere esclusa e il servizio pu continuare a rapporto fisso


e dall' altra pi facilmente trasportabile l'unit principale (fig. 7.10b).
Anche per gli autotrasformatori, sempre
Fig. 7.11 - Schema di autotrasformatore a rapnei
limiti
dei casi in cui conviene applicarli, si
porto variabile.
pu considerare una possibilit di variazione di
rapporto sottocarico sempre nella banda del
7,5% (fig. 7.11).
In alcune reti magliate pu anche essere
opportuno l'uso di trasformatori di regolazione
boosters (caratterizzati dal fatto che un loro
awolgimento in serie alla linea) aventi anche
lo scopo di controllare i flussi di potenza variando la tensione dei punti in cui sono inseriti.
Con opportuni schemi di inserzione possibile variare in modulo, in fase, o in modulo e
fase la tensione di un punto di una piccola
quantit.
Esempi di inserzioni sono mostrati nelle
Fig. 7.12 - Schema di booster di regolazione con
figg. 7.12 e 7.13.
connessione a stella.
Se si adotta lo schema d'inserzione di
v'
fig. 7.12 si varia il modulo delle tensioni della sezione in cui si effettua la inserzione di
una quantit~L1 in fase o in opposizione di
fase con la Vi corrispondente.
Se il primario connesso a triangolo
come in fig. 7.13 il L1
che si somma a
90.
Con altre connessioni si possono ottenere L1V orientati come si vuole. Per giustifive
care gli effetti di tali inserzioni si osservi un
ramo di una rete fra due nodi A e B avente
impedenza Z = Z ei'l' (si immagina di trascurare le ammettenze trasversali) e avente ai
due estremi tensioni Vi e V2 in presenza di
v
un L1 V iniettato da un trasformatore di reFig. 7.13 - Schema di booster di regolazione con
golazione del tipo di questi ora esaminati
connessione a triangolo.
(fig. 7.14). La potenza apparente in B vale:

y;.

y;.

[7.10]

Nell'ipotesi che i nodi A e B siano a tensione costante, l'inserzione del trasformatore

160

serie provoca una variazione di potenza


[7.11]

essendo p la fase di AV .
Si ha quindi:

~=_
Fig. 7.14 - Variazione di tensione determinata da
un booster in un ramo di una rete.

V;V
2

cos

(~-q

[7.12]

V2 AV. (A",,-q> )
AQ2 =---szn
Z

Tenuto conto che q> (argomento di Z ) per


le linee ad A.T. vale circa

]t

"2 si avr che se p = O o]t si avranno variazioni di potenza reattiva

e nessuna variazione di potenza attiva. (Questo stesso risultato si ottiene con un variatore
sottocarico: V2 subisce delle variazioni in aumento o diminuzione per sempre in fase con
essa).
Per

~=%
si avranno invece variazioni di potenza attiva.

Si conclude che per alterare il regime dei flussi di potenza attiva si pu inserire un trasformatore di regolazione che sfasi opportunamente la tensione nel punto in cui inserito.
7.8.2.2 Compensatori
I compensatori possono essere in generale classificati in due categorie: attivi e passivi.
I compensatori attivi generano o assorbono il necessario ammontare di potenza reattiva
in corrispondenza di ogni piccola variazione della tensione nel loro punto di inserzione e
tendono a mantenere sensibilmente costante la tensione ai loro morsetti.
Controllati in modo autonomo o pilotato sono capaci di poter variare le loro caratteristiche, con continuit o con piccoli gradini, con grande velocit di risposta.
I compensatori attivi possono essere impiegati sia per modificare la impedenza caratteristica di una lunga linea sia come elementi per regolare la tensione.
I compensatori attivi si suddividono in ulteriori due categorie:
-

rotanti: compensatori sincroni;


statici (FACTS).

I compensatori passivi sono costituiti da reattori parallelo e da capacit serie e parallelo, inseriti permanentemente o a mezzo di interruttori. Essi pertanto, a parte il loro possibile disinserimento, non sono controllabili e quindi non possono modificare i loro valori di
induttanza e di capacit. I reattori parallelo sono adoperati per compensare la capacit di
lunghe linee ed evitare indesiderati aumenti di tensione nel funzionamento a vuoto o a carichi molto ridotti (vedi Capp. II e X); le capacit parallelo sono adoperate estensivamente in

161

MT e bt per il rifasamento dei carichi (vedi VoI. III) e insieme a reattori in parallelo e condensatori in serie per modificare la impedenza d'onda di lunghe linee (vedi Cap. II).
7.8.2.2.1 Compensatori attivi
A) Compensatori sincroni

I compensatori sincroni sono motori sincroni funzionanti a vuoto che prelevano dalla
rete in cui sono inseriti la potenza relativa a tale loro condizione di funzionamento (perdite
nel rame, nel ferro e meccaniche).
Trascurando tali perdite, al variare della corrente di eccitazione, la macchina assorbir
una corrente in anticipo o in ritardo a seconda del valore della tensione di eccitazione rispetto a quella esistente ai morsetti.
Il diagramma di funzionamento della macchina si potr tracciare, secondo quanto visto per le macchine sincrone, sulla base della relazione V = E+ j X d I. Trascurando le perdite e messo il motore in parallelo sulle sbarre a tensione V, sovraeccitando la macchina assorbe una corrente in anticipo, sottoeccitando
una corrente in ritardo (fig. 7.15).
La potenza che il motore in regime perma1:::::====V=====~t-----I.1 E nente assorbe dalla rete vale (trascurando le

.
perdite):

J Xci I

- =1'Q = vr- = 'V(V-E)


A
-;-Xd
'v

..

[7.13]

Fig. 7.15 - Diagrammi delle tensioni in un compensatore sincrono (in sovra e sotto eccitazione).

[7.14]

Tale relazione pu interpretarsi graficamente al variare di E.


Per E

=V

Q=O

V2
Q=-Xd

Per E = O

I.:andamento di questa potenza lineare


a meno di fenomeni di saturazione per valori
notevoli della corrente di eccitazione (fig.
7.16).
Il punto V = E divide il campo di funzioFig. 7.16 - Caratteristica della potenza reattiva in
regime di sottoecctazione e di sovraeccitazione di
un compensatore sincrono.

EV

p= X d sin 8+ 2

2
[

Xq

1)

X d sin 28 [7.15]

162
namento in due settori: nel primo il compensatore si comporta come un'induttanza, nel secondo come una capacit.
La potenza reattiva in sottoeccitazione per E = pu essere in realt erogata solo con
alternatori a poli salienti la cui potenza attiva, si ricorda, vale:
e quindi anche per E = si ha disponibile, per effetto dell'anisotropia una coppia meccanica per sopperire alle perdite di funzionamento.

Per un alternatore a rotore liscio

(X = X

d)

EV
= -~ sin o e per E = 0, zero la po

X
tenza assorbita e quindi il suo funzionamento diventa instabile.
In casi particolari il compensatore a poli salienti pu essere anche contro eccitato aumentando ulteriormente la potenza re attiva induttiva assorbita.
La corrente max in ritardo si ha in genere quando E = O; mentre quella massima in
anticipo limitata soltanto dal riscaldamento della macchina.
Per questo motivo come corrente di dimensionamento del compensatore si usa quella
in anticipo, per la quale la corrente di eccitazione pu essere molto pi grande.
Generalmente in un motore sincrono il rapporto fra la max corrente induttiva e capacitiva vale circa 0,5.

IL

[7.16J

I == 0,5
c

Se si volesse incrementare ulteriormente h, bisognerebbe fare Xd pi piccolo, cio aumentare il traferro il che per comporta per svariate ragioni un pi oneroso dimensionamento della macchina.
Il compensatore consente di regolare con continuit la tensione di un nodo potendo
variare con continuit la potenza reattiva assorbita. Di tale suo effetto ci si pu rendere conto
osservando il diagramma di Baun e Perrine, per una linea che si vuoI fare funzionare a uguali
tensioni ai suoi estremi.
Se si vuole passare dal punto di funzionamento A a quello A bisogna assorbire nel
nodo in esame, a mezzo del compensatore, la potenza AA" (fig. 7.17), pari alla somma della
Il

Fig. 7.17 - Analisi della regolazione di una tensione a mezzo del diagramma delle tensioni.

163

potenza re attiva del carico AA' e di quella necessaria per portare il punto di funzionamento
in A". In tali condizioni la linea funziona ad uguali tensioni (E 2 ) agli estremi.
Inoltre il compensatore autoregolante.
Se ad esempio il carico induttivo aumenta improvvisamente si ha una contemporanea
diminuzione della tensione di morsetti e poich la f.e.m. interna, proporzionale al flusso concatenato con l'induttore, rimane costante nei primi istanti della perturbazione, deve aumentare la corrente capacitiva assorbita dal compensatore con un effetto che tende a rialzare la
tensione. C' da aggiungere che in questa fase, la reattanza da prendere in esame quella
transitoria, o la subtransitoria, che essendo pi piccole della reattanza sincrona Xd danno
luogo a una reazione molto pi energica di quella del regime stazionario. Da ci risulta che
il compensatore sincrono un mezzo idoneo a compensare le oscillazioni del carico (vedi
anche VoI. I, Parte I, par. 7.7).
Naturalmente, questa spontanea azione regolante in fase transitoria deve essere integrata
da un intervento sulla corrente di eccitazione a mezzo di un sistema automatico di regolazione ad alta velocit di risposta in grado di mantenere costante la tensione ai morsetti di macchina o farla aumentare al crescere del carico in modo da compensare le c.d.t. a valle.
I compensatori sono connessi alla rete a mezzo di un terziario di un trasformatore a tre
avvolgimenti (fig. 7.18l.
380 kV
220 kV
Eccezionalmente si adoperano anche compensatori asincroni che sono dei motori asincroni con
rotore avvolto i cui avvolgimenti sono alimentati
alla frequenza di scorrimento.

YOkV

cb

B) Compensatori statici (PACTS = Flexible AC


Transmission Systems)
I progressi della tecnica nel campo dell'elettronica di potenza consentono oggi di realizzare i coFig. 7.18 - Schema di inserzione di un comsiddetti dispositivi FACTS, che effettuano in modo
pensatore sincrono.
affidabile e veloce il controllo della potenza reattiva e quindi della tensione ai nodi del sistema di potenza, determinando un migliore sfruttamento della capacit di trasporto di tali linee e la possibilit di fare fronte ad eventi indesiderati come guasti, perdita di unit di generazione, etc.
In quel che segue verranno sinteticamente descritti i principi di funzionamento dei dispositivi proposti per la compensazione shunt, serie e con controllo di fase delle linee di
trasporto e trasmissione.
Bl) Compensazione shunt

In linea di principio, il modo pi intuitivo per realizzare il controllo della tensione nei
nodi di trasporto e trasmissione l'inserzione in derivazione di componenti che vi iniettino
potenza reattiva. A questo scopo, come noto, sono stati utilizzati banchi di condensatori
fissi o modulabili (a gradini, mediante dispositivi elettromeccanici) o, quando economicamente compatibile, macchine sincrone funzionanti in sovra o sottoeccitazione (compensatori rotanti) per generare potenza reattiva variabile con continuit.
Una soluzione ormai tradizionale che fa uso di dispositivi elettronici rappresentata

164

dal compensatore statico di potenza reattiva (SVC, Static Var Compensator), che impiega, in luogo dei tradizionali contattori
elettromeccanici, valvole a tiristore (costituite da due tiristori disposti in antiparallelo), per l'inserimento e il disinserimento
di capacit e induttori. In particolare, tale
compensatore costituito da n rami TSC
(thyristor switched capacitor), composti da
Fig. 7.19 - Compensatore statico SVc.
un condensatore in serie ad una valvola a
tiristore, disposti in parallelo tra loro e da
un ramo TCR (thyristor controlled reactor) , cio un reattore controllato mediante una valvola a tiristore (fig. 7.19).
Per un controllo efficace della corrente assorbita dal compensatore necessario quindi
calcolare il numero di rami TSC da inserire per
approssimare al meglio (in eccesso) la corrente
se v. >V, I capacitiva
capacitiva necessaria e determinare l'ampiezza
se v. <V, I induttiva
della corrente reattiva tale da annullare tale eccesso, successivamente inserire i rami TSC in
istanti opportuni e regolare l'angolo di accensioInverter
ne del TCR per ottenere il valore di corrente reattiva necessario. li dispositivo di controllo ovviamente deve regolare l'inserzione dei rami cati ristori
pacitivi in modo da minimizzare i susseguenti diGTO
sturbi transitori.
In questo tipo di compensatori i compoCapacit di accumulo -=nenti elettronici intervengono esclusivamente
Fig. 7.20 - Schema di uno Static Condenser
come elementi di controllo, mentre la vera e
(STACON).
propria sorgente di potenza reattiva sono ancora i banchi di condensatori e reattori, che quindi incidono molto sul costo della apparecchiatura.
Una riduzione dei costi e dell'ingombro di tali apparecchi potenzialmente realizzabile per mezzo di un altro tipo di componente, al momento attuale in fase di studio avanzato,
in cui sia la generazione, sia il controllo della potenza reattiva vengono realizzati da componenti allo stato solido, senza l'uso di elementi passivi per immagazzinare energia. Tale sorgente di potenza reattiva statica, detta STATCON (static condenser) , ha principio di funzionamento analogo al compensatore rotante.
Nello STATCON la sorgente di tensione (alternata e in fase con la tensione di rete)
costituita da un inverter allacciato in derivazione sulla rete mediante un trasformatore di
accoppiamento e collegato ad un condensatore (lato corrente continua) o ad un generatore
di tensione continua (fig. 7.20). li generatore allo stato solido cos costituito viene fatto
funzionare in modo analogo ad una macchina sincrona ideale, che genera una tema simmetrica di tensioni, controllabili in ampiezza e fase, alla frequenza fondamentale, ma, rispetto
ad una macchina sincrona, questa non ha inerzia, ha una risposta praticamente istantanea e
non altera significativamente !'impedenza del sistema. Questa macchina ideale pu essere

Y8

165
P.U.

realizzata mediante tipi diversi di inverter,


ma
in generale si ritiene pi adatto ad apTensione in uscita dall'inverter
plicazioni di potenza un inverter a tensioCorrente in uscita dall'inverter
ne impressa con tiristori GTO (a spegnimento comandato), opportunamente con0.5
trollato per dare in uscita forme d'onda il
pi possibile sinusoidali (fig. 7.21).
Lo scambio di potenza reattiva tra
.0.5
l'inverter e la rete viene controllato variando l'ampiezza della tensione prodotta in
-1
uscita: se essa viene aumentata fino a superare l'ampiezza della tensione di rete,
.1.~
allora la corrente fluisce sulla reattanza di
Fig. 7.21 - Tensione e corrente in uscita da un inverter
dispersione del trasformatore dall'inverter
che genera potenza reattiva (capacitiva).
verso la rete e l'inverter assorbe potenza
reattiva capacitiva. Viceversa, se la tensione di rete supera quella all'uscita dell'inverter, la
potenza reattiva da esso assorbita induttiva.
Lo STATCON, come detto, richiede tiristori a spegnimento controllato (GTO), che costano di pi dei tradizionali tiristori, ma ha prestazioni nettamente superiori rispetto al suo
predecessore SVC, come si evince dalle caratteristiche V-I, mostrate in fig. 7.22b.
Con un SVC infatti possibile ottenere una buona regolazione, variando la suscettanza con continuit, solo per piccole variazioni della tensione (tratto quasi piatto della curva
di fig. 7.22a). Per tensioni molto basse o molto elevate, invece, il compensatore si comporta
come una capacit, se i condensatori sono tutti inseriti (tratto a pendenza costante per correnti negative) o come una induttanza pura (reattore tutto inserito, tratto a pendenza costante per correnti positive). Di conseguenza, la potenza re attiva fornita dal SVC diminuisce notevolmente al ridursi della tensione, cio proprio quando sarebbe necessario avere a
disposizione una potenza re attiva maggiore.
In uno STATCON, invece, possibile controllare la corrente reattiva assorbita indipendentemente dalla tensione del nodo per cui, anche se la tensione ridotta, esso pu conTensione di linea

1.5

a)SVC

b) STATCON

...
le

ILma

le

ICmax

Fig. 7.22 - Caratteristiche V-I di un compensatore statico e di un condensatore statico (h).

166
tinuare a fornire una elevata potenza reattiva (addirittura, per brevi periodi, maggiore della
nominale, poich ha una certa capacit di sovraccarico). Inoltre, per la stessa applicazione,
sufficiente uno STATCON di taglia inferiore rispetto al corrispondente SVc.
Lo STATCON, infine, se dotato di un dispositivo di accumulo o di un condensatore di
taglia adeguata, pu anche fornire alla rete potenza attiva per breve tempo, proprio come
fa un compensatore sincrono a spese dell'energia cinetica immagazzinata nella propria massa rotante.
B.2) Compensazione serie
La funzione di un condensatore di compensazione disposto in serie ad una linea di trasmissione (vedi par. 7.8.2.2.B) quella di ridurre, a pari corrente, la caduta di tensione totale, come se la linea fosse pi corta.
Come si gi visto per i booster, anche l'impiego di dispositivi elettronici consente di
regolare l'ampiezza della tensione aggiuntiva al variare del carico e quindi della caduta di
tensione in linea. Una soluzione ormai tradizionale rappresentata dal cosiddetto TeSe
(Thyristor Controlled Series Compensation), costituito da rami TSC e TCR, descritti in precedenza, disposti in parallelo fra di loro. Il compensatore cos realizzato, inserito in serie
alla linea di trasmissione, si comporta, alla frequenza fondamentale, come una reattanza variabile (fig. 7.23a).
Per ogni valore di Xc (determinato dal numero di rami TSC inseriti), si pu regolare
finemente il valore della reattanza complessiva X" pari a
Xc ,X L

Xs= X c+ X L '
variando con continuit la reattanza XL del ramo TCR con un opportuno controllo dei tiristori. In tal modo il TCSC pu funzionare in una regione in cui la compensazione sempre
di natura capacitiva, cio la reattanza complessiva Xs permane negativa in tutto il campo di
regolazione di XL, assumendo valori compresi tra due estremi (Xsrnc ~ X s ~ X sMc = Xcl, ma
anche in una regione induttiva, in cui la regolazione viene effettuata tra un valore massimo
XsMI e un minimo positivo corrispondente alla reattanza naturale XLn (reattore tutto inserito, non parzializzato mediante tiristori). La zona di transizione, in cui X s cambia segno,
accuratamente da evitare, poich corrisponde ad una condizione di risonanza di tipo parallelo (caratterizzata da valori idealmente infiniti della reattanza): ne derivano le caratteristia)

Xc

c;b

-------_!':!!!" -----------

i
AC

XL

Vcap,mu

b)

a)

b)

VOId.",..

Fig. 7.23 - Compensazione serie TCSe: schema di principio (a) e caratteristiche di compensazione (b).

DC
C

,,
,
,

Ksm

i\Vlnd,rn

6Vcap,rMX AV

Fig. 7.24 - Compensazione serie ASC: schema di


principio (a) e caratteristiche di compensazione (b).

167
che mostrate in fig. 7.23b. Un opportuno controllo del TCSC consente, quindi, non solo di
variare il valore della reattanza capacitiva inserita in serie alla linea, ma anche di produrre
una caduta di tensione induttiva che si somma a quella della linea, incrementandola: questa
potenzialit pu essere sfruttata per la limitazione delle correnti di guasto o per un pi efficace smorzamento di eventuali oscillazioni elettromeccaniche.
Nella soluzione avanzata, detta ASC (Advanced Series Compensation), il compensatore
(fig. 7.24a) costituito, in modo del tutto simile allo STATCON, da un inverter (generalmente a GTO con modulazione PWM) collegato ad una capacit (lato corrente continua),
questa volta per connesso in serie alla rete (mediante un trasformatore di accoppiamento).
Il compensatore, che si comporta come un generatore di tensione, viene controllato in modo
da produrre una tensione V" di ampiezza proporzionale alla corrente di linea e in quadratura rispetto ad essa. Il contributo in tensione alla linea sar allora, considerando la sola
reattanza di dispersione del trasformatore (con riferimento alla fig. 7.24a).

Con Ks > O si realizzano condizioni di compensazione capacitiva, viceversa con K > O


(fig. 7 .24b). Si osservi come la compensazione realizzata sia assolutamente equivalente a
quella ottenuta mediante il TCSC, ma con un campo di regolazione pi ampio e continuo.
Questa modalit di compensazione in ogni caso superiore anche perch non pu produrre condizioni di risonanza elettrica e quindi non crea problemi di risonanza subsincrona.
B. 3) Compensazione con controllo dell'angolo di fase

La soluzione tradizionale per la compensazione con controllo di fase costituita da sfasatori e realizzata in passato con commutatori elettromeccanici, adesso con interruttori statici a tiristori. In ogni caso, la variazione di fase dell' angolo della tensione di linea ottenuta aggiungendo una componente di tensione di ampiezza variabile in quadratura con essa.
Tale componente di tensione si ricava alimentando alla tensione concatenata tra le altre due
fasi (per ottenere la desiderata relazione di quadra tura) il primario di un trasformatore (Phase Shifter Transformer, PST), il cui avvolgimento secondario suddiviso in pi sezioni con
numero di spire proporzionali tra di loro. Con gli interruttori a tiri sto re ogni avvolgimento
pu essere incluso o escluso con la polarit desiderata, dando luogo ad una gamma di tensioni (sempre in quadratura) aventi ampiezza variabile a gradini.
In fig. 7.25, ad esempio, per compensare la caduta di tensione sulla fase 3 si alimenta il
trasformatore con la V l 2> in quadratura rispetto a E3.
La soluzione avanzata, in fase di studio, prevede
due convertitori, accoppiati dal lato corrente continua
1
2 --~--+------------mediante un condensatore, che utilizzano GTO in
V~
luogo di tiristori (in modo da essere completamente
3 ---+-+--.:':::.-r
controllabili l'uno indipendentemente dall' altro), accoppiati al sistema in corrente alternata mediante due
trasformatori, secondo lo schema del PST tradizionale. Come si vede in fig. 7.26, un trasformatore viene
inserito in parallelo alla rete nel punto A, con il comFig. 7.25 - Regolatore dell'angolo di fase a
pito di alimentare il raddrizzatore, e l'altro in serie alla
tiristori.

168
SEZ.A

linea di trasmissione

SEZ.B

linea nella sezione B, con il primario alimentato


dall'uscita dell'inverter. L'inverter genera una tensione VT che si somma vettorialmente alla tensione VA per dare la VB nel punto di accoppiamento
del trasformatore in serie con la linea, permettendo di regolare le differenze di ampiezza e fase tra
-'--++--1_ ___ _____
f-----l-+-----'
le tensioni nelle due sezioni. Questo compensaINVERTER
RADDRIZZATORE
tore viene detto UPFC (Unified Power Flow ConFig. 7.26 _ Schema dello UPFC (Unified power
troller) perch, oltre a poter essere utilizzato in
flow controller).
luogo dello sfasatore per un controllo molto pi
veloce dell'angolo di fase, pu realizzare in forma integrata la compensazione di tipo serie e quella di tipo shunt, presentandosi quindi
come un compensatore universale multifunzionale.
L'inverter pu realizzare infatti la compensazione serie descritta in precedenza (ASC),
utilizzando la potenza attiva fornita dalla rete stessa (attraverso il gruppo raddrizzato re e il
condensatore di accoppiamento). A sua volta, il gruppo formato dal raddrizzato re e dalla
capacit di accoppiamento pu, con appropriato controllo, realizzare la funzione di compensazione shunt (STATCON), agendo da sostegno di tensione nella sezione A.

---------1---------

I _____

BA) Componenti elettronici per sistemi FACTS


Lo sviluppo della tecnologia FACTS stato possibile grazie ai recenti progressi nel campo dei semiconduttori di potenza, che hanno portato ad un notevole miglioramento nelle prestazioni, in termini di velocit di commutazione ma anche di potenza nominale del singolo
componente. I fattori che condizionano l'impiego di un componente dei FACTS sono, oltre
al costo, la potenza e la semplicit del circuito di pilotaggio e la potenza nominale del dispositivo. Per questo tipo di applicazioni infatti necessario connettere in serie e parallelo molti
di questi dispositivi, date le elevate tensioni e correnti in gioco, per cui un aumento della tensione applicabile al singolo componente e della corrente che esso pu portare si traducono in
una significativa riduzione dei costi e in una semplificazione del controllo necessario.
In Tab. 7.1 sono riportate le caratteristiche fondamentali dei pi noti dispositivi elettronici, in particolare tensione e corrente massima, velocit (tempo necessario per la commutazione), frequenza.
Poich per applicazioni FACTS vengono richieste correnti di 1 kA e tensioni di almeno 2,5 kV, si deduce facilmente dalla suddetta tabella che i componenti al momento attuale
utilizzabili sono certamente i tiristori, che hanno costituito il componente fondamentale dei
compensatori della "prima generazione", ma ancor pi i GTO. Questi ultimi, infatti, aggiungono a potenze ormai comparabili a quelle dei tiristori, il notevole vantaggio di lasciare
un grado di libert in pi al circuito di controllo del convertitore, per il fatto che il passaggio dalla conduzione allo stato interdetto pu essere forzato indipendentemente dal circuito
di potenza in cui il GTO inserito, consentendone lo spegnimento in qualsiasi momento.
I FACTS basati sull'impiego di questi componenti elettronici hanno trovato fino ad oggi
applicazioni prevalentemente nei sistemi di trasporto e trasmissione, ma la progressiva diminuzione dei costi di tali apparecchiature elettroniche ne consentir un utilizzo sempre
pi vasto in futuro, anche nell' ambito dei sistemi di distribuzione.

169
Prestazioni attuali dei semiconduttori di potenza
DiSpositivo
MOSFET D

(Tab 71)

Tensione

Corrente

Velocit

Frequenza

200 V

l00A

200 ns

100 kHz

150QV

400 A

1 JlS

lO kHz

4000 V

3000 A

40 IJS

300 Hz

SOOOV

4000 A

100 JlS

200Hz

600 V

500 A

5IJS

lO kHz

~J

9
s

IGBT

~J

9
s

GTO~A
C

Tiristore

'r.

MCT

~A

G0-4~
C

7.8.2.2.2 Compensatori passivi


A) Reattori di compensazione trasversale

Nelle reti di trasporto ad altissima tensione (380 kV e oltre) quando linee molto lunghe sono in condizioni di carico minimo, come si visto, si generano ingenti quantit di
potenza re attiva induttiva. La situazione ancora pi critica quando si mette in tensione
una di queste linee a vuoto, in quanto a causa dell'effetto Ferranti tende ad aumentare, con
il quadrato della tensione, la potenza re attiva generata.
Per mettere in tensione lunghe linee senza provocare la autoeccitazione degli alternatori (,~) e per facilitare la regolazione della tensione nei periodi di basso carico, vengono in(*) Vedi Cap. X.

170
stallate delle bobine di reattanza in derivazione dette reattori di compensazione trasversale.
Essi, non potendo essere distribuiti, vengono concentrati in banchi.
Si chiama grado di compensazione il rapporto fra la suscettanza trasversale di servizio
della linea Yc e la suscettanza complessiva dei reattori installati YL
K

Y
Y

[7.17]

=_c
t

Questo rapporto in genere compreso fra 0,5 e 0,8.


Tali reattanze possono essere collegate rigidamente alle estremit della linea (sono cos
sempre inserite anche nelle condizioni di pieno carico). Per guasti sulle reattanze, la linea
deve essere aperta ad ambedue le estremit.
~~'1~'Possono inserirsi tramite interruttori (con la mag:2.
~ giore spesa che questi comportano) o sul terziario di
un autotrasformatore. In tale caso per se da un lato
r--~---~
le reattanze, essendo per M.T., costano meno e sono
pi facilmente funzionali, l'effetto regolante meno
efficace perch avviene tramite la reattanza dell' autotrasformatore.
Fig. 7.27 - Inserzione di reattori di comDi solito si adoperano combinazioni di queste
pensazione in sistemi di potenza.
connessioni (fig. 7.27).

S
1

B) Condensatori in serie

Se si inseriscono in serie ai conduttori di una linea di trasporto banchi di condensatori


(condensatori in serie) la reattanza longitudinale di ogni conduttore di fase diminuisce e conseguentemente viene ridotta la lunghezza elettrica dell' elettrodotto.
Nelle pratiche applicazioni i banchi di condensatori in serie vengono concentrati all'inizio e alla fine della linea o in punti intermedi. Il frazionamento della potenza totale dei
condensatori in serie da inserire in punti della linea fra loro opportunamente distanziati, va
fatto per evitare che le tensioni a monte e a valle di ogni banco di condensatori in serie
differiscano notevolmente rispetto alla tensione nominale della linea.
Se si trascurano le ammettenze trasversali, si definisce grado di compensazione serie,
il rapporto
[7.18]

K = Xc/X
dove:Xc = reattanza dei condensatori in serie inseriti;
X = reattanza totale della linea.
La reattanza di una linea compensata vale pertanto:
X'

= (X -

Xc)

=X

(1 - K)

La potenza nominale dei condensatori serie vale:


Qc

= 3XcI~

[7.19]

dove:

In = corrente efficace massima di transito nella linea in condizioni di esercizio normali.

171
Ai capi di un banco di condensatori in serie di reattanza Xc si presenta in regime ordinario una tensione pari a:

Ve = XeIn
che per una corrente di c.to/c.to Ice diviene:

Ovviamente necessario che il dielettrico dei condensatori in serie possa sopportare


in modo continuativo la sollecitazione dovuta a Ve e che vengano presi opportuni provvedimenti per evitare danneggiamenti in condizioni di c.to/c.to.
Per altre sovratensioni che si propagano longitudinalmente sulla linea, determinate da
scariche atmosferiche o da manovre, in generale non si hanno inammissibili sollecitazioni al
dielettrico dei condensatori in quanto questi presentano una impedenza d'onda pari all'incirca a 1/40 di quella della linea e pertanto fra le loro armature si instaurano valori di tensione non pericolosi (vedi par. 10.5).
I condensatori normalmente impiegati possono resistere per brevi periodi senza danneggiamenti a sovratensioni conseguenti a c.to/c.to che raggiungono 2.5 volte la tensione
nominale. Per sovratensioni pi elevate necessario prevedere un'apparecchiatura di protezione che dovr avere le seguenti caratteristiche:
limitare la tensione ai capi di ogni condensatore a circa il doppio del valore nominale;
shuntare il condensatore in mezzo ciclo dell' onda di tensione affinch la sovratensione
sia presente per tempi ridotti;
mantenere il condensatore escluso finch la corrente di guasto eccessiva;
rinserire il condensatore appena la corrente in linea scende a valori accettabili;
Con questa finalit all'inizio sono stati impiegati spinterometri che permettevano di soddisfare solo i primi due requisiti (fig. 7.28); oggi si adoperano sistemi pi complessi che avvalendosi dell' elettronica di potenza permettono di soddisfare
tutti e quattro i requisiti sopra indicati.
Nel successivo paragrafo 7.8.4 viene illustrata una di queste apparecchiature per sistemi di distribuzione.
importante sottolineare che l'utilizzazione dei condensaFig. 7.28 - Spinterometro di
tori in serie presenta notevole interesse fra i provvedimenti utiprotezione di condensatori in
serie.
lizzati per migliorare la stabilit di trasmissione nei sistemi di
potenza (vedi Cap. XII).

L~
7.8.3

Nodi delle reti di trasmissione

La tendenza oggi adottata sulle reti di trasmissione , come gi si detto, quella di scaricade dalle potenze reattive dei carichi effettuando un rifasamento molto spinto nelle reti
di distribuzione e sulle sbarre di M.T. con condensatori statici inseriti a batterie modellabili
a gradini e nell' adottare dei trasformatori con variatori di rapporto sotto carico con variazioni del 7,5% a gradini di regolazione dell'l %. Nelle reti di trasmissione l'uso di compensatori sincroni tende ad essere abbandonato mentre trovano applicazione i compensatori statici e i trasformatori con variato re di rapporto sotto carico. Un ulteriore provvedimen-

172

to di notevole efficacia generale quello di ridurre le doppie trasformazioni (eliminare ad es.


le tensioni di 60 kV) poich la reattanza dei trasformatori sempre rilevante rispetto a quella
delle linee e causa notevoli c.d.t.
Si deve tendere a un'unica tensione per lo stadio della trasmissione scegliendola, compatibilmente con altre esigenze, la pi alta possibile (si migliora con il quadrato di V la capacit di trasporto e la regolazione).
questo un criterio da adottare per tutti gli stadi (trasporto-trasmissione-distribuzione) di un sistema di potenza.
Riassumendo, i mezzi di regolazione adottati nelle reti di trasmissione sono:
7.8.3.1 Trasformatori con variatore di rapporto sotto carico (vedi 7.8.2.1)
7.8.3.2 Compensatori stati ci (vedi 7.8.2.2.B)
7.8.4 Regolazione della tensione ne11e reti a M.T. e b.t.
Regolata la tensione sulle sbarre a M.T. delle cabine primarie occorre regolare la tensione sulle reti di M.T. e b.t.
Per effettuare questa regolazione conviene partire sempre dall' esame dell' espressione
della c.d.t. nei rami di tali reti:
[7.20]
Il provvedimento fondamentale quello di portare la tensione ai valori pi alti possibili nei due stadi. In Italia si tende al 20 kV unico per la M.T. e 380 V per la b.t.
Nella [7.20] P rappresenta, come noto, la potenza massima assorbita dal carico. Operando in modo che si abbiano diagrammi di utilizzazione della potenza il pi regolari possibili (ad es. con opportune tariffe) si pu abbassare il fattore di contemporaneit e quindi
ridurre, a pari energia fornita, la massima potenza assorbita.
R rappresenta la resistenza totale di una fase. Essa in queste reti non pi trascurabile
come in quelle ad A.T. In particolare nelle linee aeree in M.T. resistenza e reattanza chilometrica hanno pesi comparabili; nelle linee in cavo in b.T. e in quelle aeree e in cavo in b.t.
l'importanza di R prevale.
Pertanto si pu agire sul sistema secondo le seguenti vie:
dimensionando opportunamente la sezione dei conduttori (criterio della massima c.d.t.);
accorciando i raggi di azione delle cabine e delle stazioni;
adoperando pi linee in parallelo. Con questi due ultimi provvedimenti si abbassa anche la reattanza del sistema.
I raggi di azione possono anche accorciarsi con una opportuna scelta di struttura (reti
magliate).
X rappresenta la reattanza totale di una fase. Essa pu essere variata, oltre che come
visto sopra, riducendo a valori molto bassi la tensione di c.c. dei trasformatori di distribu-

173
zione, e effettuandone una compensazione con condensatori in serie (vedi anche 7.8.2.2.B).
Nelle linee di distribuzione che alimentano carichi fortemente variabili l'utilizzazione
dei condensatori in serie consente una regolazione di tensione pi semplice che cogli altri
mezzi presi in esame, in quanto il loro effetto direttamente proporzionale alla corrente
del carico e quindi alle sue variazioni.
interessante notare come, a parit di caduta di tensione e fattore di potenza del carico, i condensatori in serie consentono di trasportare sulla linea correnti pi elevate e quindi di aumentare la capacit di trasporto della stessa con il solo vincolo imposto dalla portata e dalle perdite. Un risultato analogo pu conseguirsi anche con i condensatori inseriti in
derivazione (vedi: Rifasamento, VoI. III, Cap. V).
Dal confronto fra le due soluzioni prese in esame (condensatori in serie o in derivazione inseriti su un elettrodotto) si deduce che per un determinato aumento della capacit di
trasporto occorre, con i condensatori in serie, una potenza reattiva assai pi piccola di quella
che necessaria per raggiungere lo stesso risultato con condensatori in derivazione. Tale
vantaggio ancora pi evidente con carichi a basso fattore di potenza.
Inoltre i condensatori in serie a differenza di quelli in derivazione non necessitano di
apparecchiature di comando per l'inserzione e disinserzione per qualunque entit del carico, mentre quelli in parallelo devono essere modulabili per evitare, in condizioni di basso
carico, inaccettabili sopraelevazioni della tensione. Tenuto conto che in prima approssimazione il costo di installazione di una batteria in serie prossima a quello di una batteria in
derivazione di pari potenza, il vantaggio economico che si ottiene con i condensatori in serie evidente.
D'altra parte per va ricordato che nel confronto economico vanno introdotti i vantaggi che presentano i condensatori in derivazione quali:
la riduzione della potenza richiesta ai generatori e ai trasformatori a monte e quindi la
possibile riduzione della potenza di targa di queste macchine;
la mancanza di apparecchiature supplementari oltre a quelle esistenti in stazione per la
protezione dei guasti di linea;
la maggiore riduzione delle perdite.
Anche tenuto conto di tutti questi elementi la convenienza economica dei condensatori in serie rispetto a quelli in derivazione si ha sempre e in generale cresce:
al diminuire del fattore di utilizzazione del carico massimo utilizzato dalla linea;
al diminuire del rapporto tra resistenza e reattanza longitudinale della linea;
al crescere del fattore di potenza del carico;
al diminuire della massima caduta di tensione ammissibile.
La posizione pi conveniente per l'installazione delle batterie di condensatori in serie,
nel caso di carico concentrato di estremit, all'estremo ricevente della linea e quindi immediatamente prima del carico. In tal modo diminuisce la probabilit che per effetto di corto
circuiti sulla linea a valle del punto di installazione i condensatori siano sottoposti a pericolose sollecitazioni.
Se la linea presenta pi carichi lungo il percorso, l'ubicazione pi opportuna si trova
fra due punti situati rispettivamente a 1/5 e a 1/3 della lunghezza della stessa a partire dal
punto di alimentazione.
L'installazione di condensatori in serie nei sistemi di distribuzione pu comportare una

174

serie di disturbi. In particolare sono stati riscontrati:


fenomeni di ferrorisonanza all'inserzione dei trasformatori; (vedi Cap. X)
risonanza subsincrona in motori asincroni;
oscillazioni pendolari in motori che alimentano carichi alternativi.
Si gi visto in 7.8.2.2.B che i condensatori in serie possono essere soggetti a sovratensioni che, nel caso in cui non esistano adeguate protezioni, portano al danneggiamento totale o parziale del loro dielettrico. Soltanto in linee di modesta importanza si possono omettere tali protezioni con la cautela che i condensatori siano in grado di sopportare le sovratensioni derivanti da condizioni di corto circuito che in genere per non sono severe in linee di questo tipo.
Inizialmente sono state adoperate con questa finalit
anche per queste applicazioni spinterometri che per sod----'Sl- - - - - ,
' - Idisfano soltanto ai primi due requisiti (vedi la fig. 7.28 del
paragrafo precedente).
In fig. 7. 29 si rappresenta uno schema di protezione
83
R
T2
pi soddisfacente.
S4
li sezionato re 52 assicura la continuit del circuito
quando la batteria fuori servizio mentre i sezionatori 51
servono ad inserire la batteria e la relativa protezione.
Fig. 7.29 - Dispositivo di protezione
In parallelo al condensatore previsto uno spinteroper condensatori inseriti in serie
metro 53 con in serie una resistenza R che ha lo scopo di
smorzare le eventuali oscillazioni che intervengono.
L'interruttore di manovra 54 viene aperto su comando di un rel a massima corrente
quando si supera la corrente che potrebbe danneggiare lo spinteromentro e chiuso quando
questa rientra nei valori nominali.
Lo schema di principio di fig. 7.29 gi adoperato in sistemi ad alta tensione si evoluto sino ad arrivare ad altri schemi che, facendo uso di varistori e di diodi controllati, consentono di ottenere maggiore affidabilit ed economia.
Dal punto di vista costruttivo il condensatore per inserzioni in serie non differisce sostanzialmente dal condensatore da utilizzare in derivazione.
li condensatore in serie avr come tensione nominale il prodotto della sua reattanza
per la massima corrente di esercizio prevista. Esso si trova a lavorare in condizioni sostanzialmente diverse da quelle in derivazione. Quest'ultimo lavora sempre alla propria tensione nominale, salvo le modeste oscillazioni che questa presenta sugli impianti, mentre il condensatore in serie sottoposto ad una tensione continuamente variabile con la corrente di
carico.
Gli obiettivi che si cercato di raggiungere in questi ultimi anni nella costruzione dei
dielettrici dei condensatori da inserire in serie sono stati:
il raggiungimento di un valore pi elevato del gradiente di tensione sopportabile dal
condensatore;
la riduzione delle perdite dielettriche e del volume specifico dei condensatori;
un elevato grado della sicurezza elettrica.

~-~---r-~

Se si torna all' analisi della relazione [7.20] si ha:

175

Q rappresenta la massima potenza reattiva assorbita. Per ridurla si rifasa il pi possibile il carico.
Oggi si tende a installare:
condensatori permanentemente inseriti nelle cabine MT/bt;
condensatori permanenti o modulabili lungo le linee a M.T. nei baricentri dei carichi;
condensatori modulabili nelle sbarre M.T. delle stazioni AT/MT (vedi Vol. III - Rifasamento).
In relazione ai condensatori, inseriti in derivazione, si vuole qui ricordare che la potenza da essi erogata vale:
[7.21]

essa quindi aumenta all'aumentare della tensione e viceversa diminuisce con questa. Ha
quindi un effetto non stabilizzante sulla regolazione.
I condensatori stati ci debbono pertanto essere visti fondamentalmente come un dispositivo di rifasamento che pu collaborare con una opportuna modulazione alla soluzione
del problema della regolazione. I compensatori sincroni divengono economicamente convenienti per potenze molto rilevanti (per potenze di 5 + 10 MVA il costo di un compensatore dell'ordine di 3+ 4 volte quello dei condensatori statici).
Come ultimo provvedimento, tenuto conto che i trasformatori MT/bt hanno un variatore di rapporto manovrabzle non sotto tensione, si pu regolare di tanto in tanto tale rapporto in modo da adeguarlo al valore di M.T. ivi disponibile mediamente.
Concludendo conviene sottolineare che in tutto il sistema che tende potenzialmente
ad avere c.d.t. rilevanti per condizioni di funzionamento da vuoto a pieno carico (data la
natura del diagramma dei consumi che presenta punte rilevanti) i mezzi disponibili sono:
- Ridurre al massimo le c.d.t.
- Regolare la tensione in partenza con il variatore sotto carico AT/MT.
- Modulare opportunamente le batterie di condensatori ove possibile.
7.9 La regolazione di tensione secondaria e terziaria
Un possibile schema di controllo gerarchico che permette di evidenziare le funzioni
delle regolazioni secondaria e terziaria di tensione in un sistema di potenza quello adottato dall'ENEL per il sistema italiano.
In tale schema (fig. 7.30) (in cui come "mezzi di regolazione" si fa riferimento solo ai
generatori sincronO si possono individuare i tradizionali regolatori rapidi di tensione degli
stessi indicati con RAT (Regolatore Automatico di Tensione). Essi costituiscono il primo
livello gerarchico nella catena di controllo ed intervengono rapidamente (con costanti di
tempo dell'ordine del secondo) a fronte di perturbazioni prossime alle sbarre di centrale.
Nel secondo livello gerarchico si possono individuare un certo numero di generatori
controllati i cui regolatori di potenza re attiva di centrale (RPRC), intervenendo sui riferimenti di tensione dei RAT, attuano il livello di potenza re attiva richiesta dal' controllore regionale.
Nel terzo livello si individuano i regolatori regionali le cui azioni, di tipo integrale, sensibilmente pi lente rispetto a quelle dei regola tori di livello inferiore, servono a regolare la

---..

TEI.CMISlHM f.J/ Il NSIONr

lIVHlO DI
POTENZA REATTIVA
DELL'AERA 1

------

-- -

DEL NODO PILUTA 1

-....

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REGIONALE
OTTIMO
DI TENSIONE
DEI NODI
PILOTA

(V ... ~

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\
l
I
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"

REGIONE A

- - r - \ - - .... /

r - - - - - - - - - - - - - ..

/...- ........ /....


/
/

----'---'
\

I
I

.......

----

1----...-- .......

REGIONE B

Fig, 7.30 - Schema gerarchico di controllo delle tensioni della rete ENEL di trasmissione.

........

../

""
........

177
tensione di nodi <<pilota scelti fra i pi importanti del sistema (vedi appresso).
La produzione di potenza reattiva controllata mediante un unico segnale di controllo
per ciascuna area, dove per area si intende l'insieme di un certo numero di nodi di rete
la cui tensione, in presenza di perturbazioni, prossima a quella di un nodo pilota; per regione invece si intende un insieme di aree controllate da un regolatore regionale.
Il regolatore regionale, che dispone delle telemisure di tensione dei suoi nodi pilota ed
ha come riferimento per tali tensioni dei valori stabiliti dal livello gerarchico superiore, elabora un segnale di controllo q per ciascuna area. Il segnale q costituisce il riferimento di
tutti i regola tori di livello gerarchico immediatamente pi basso ed in base ad esso ciascun
generatore fornisce una potenza reattiva proporzionale alla sua potenza nominale.
In questo modo tutti i generatori controllati lavorano con gli stessi margini di produzione
di potenza reattiva rispetto ai limiti imposti.
Mentre i RAT prendono parte a quella che si chiamata regolazio~e primaria di
tensione le azioni dei regolatori regionali determinano la cosiddetta regolazione secondaria di tensione.
La regolazione terziaria, per come si gi detto, si ottiene mediante un Regolatore Centrale che coordina le azioni di quelli regionali. Tale regolatore, sulla base di un piano previsionale ottimo delle tensioni di rete e dei dati di linea (potenze reattive prodotte sia dai generatori che attuano la sola regolazione primaria che dai regolatori controllati), agisce sui
riferimenti dei regolatori regionali al fine di ottenere un migliore bilanciamento delle produzioni di potenza reattiva delle singole aree, per ottimizzare un prefissato obiettivo (minima
perdita, minima circolazione di potenza reattiva, ... ). (Dispatching delle potenze reattive).
La bont dello schema appena descritto dipende in massima parte dal criterio con cui
si scelgono i nodi pilota ed i generatori controllati (infatti, come si visto, non tutti i generatori connessi in rete partecipano alla regolazione secondaria), nonch dal piano previsionale di tensione adottato a livello di regolazione terziaria.
Per quanto riguarda i nodi pilota si tiene conto dell'esigenza che siano in grado di condizionare un certo numero di nodi di rete; pertanto vanno scelti fra quelli che hanno maggiore potenza di c.to/c.to con il vincolo che il loro accoppiamento elettrico sia opportunamente limitato per evitare problemi di interazione dinamica tra le regolazioni di tensione
degli stessi.
Quest'ultima condizione, in linea di principio, non strettamente necessaria, ma realizzandola si ottengono notevoli semplificazioni nel sistema di controllo; inoltre, in caso di perturbazioni locali, si raggiunge una sufficiente autonomia tra le aree, per cui sono chiamati
ad intervenire solo i generatori controllati dell' area in cui si verificata la perturbazione.
La scelta dei generatori controllati, per ciascuna area, ricadr su quei generatori che
maggiormente influenzano la tensione del nodo pilota dell' area considerata.
7.9.1 Modello matematico Iinearizzato del sistema
Ai fini della scelta dei nodi pilota e dei generatori di controllo e per il dimensionamento
statico e dinamico del sistema di controllo utile ricorrere ad un modello linearizzato del
sistema.
Per una generica rete elettrica le tensioni dei nodi sono funzione non lineare delle potenze attive e re attive in esse iniettabili.

178
Per semplificare il problema del progetto si possono linearizzare, intorno ad un dato
punto di funzionamento e per piccole variazioni, le equazioni di dipendenza delle tensioni
dei nodi dalle potenze attive e re attive in essi iniettate; mentre successivamente possibile
studiare il comportamento del sistema di controllo, per grandi variazioni, mediante simulazioni con un modello non lineare.
Tali equazioni linearizzate, poich la dipendenza delle tensioni di rete dalle potenze attive
generalmente trascurabile, assumono la seguente forma:
[fl V] = eS] [flQ]

dove:
[S]

[,1Q]

la matrice di sensibilit delle tensioni dei nodi di rete rispetto alle


potenze reattive.
il vettore delle potenze re attive iniettate che consiste in realt
nella somma di due contributi:
[,1Q]

= [,1QG] +

[,1(1]

dove:
[,1QG]
[,1(1]

il vettore delle variazioni di potenza reattiva dei generatori (tale vettore ha termini nulli in corrispondenza dei nodi privi di generatori);
il vettore delle variazioni di potenza reattiva richieste dai carichi
(vettore di disturbo).

A partire da queste equazioni possibile ricavare il modello del sistema in sola regolazione primaria nel quale le variazioni di potenza re attiva iniettate dai generatori e le variazioni
delle tensioni dei nodi (rispetto ai valori nel punto di funzionamento) sono messi in relazione con il vettore delle variazioni dei riferimenti di tensione dei RAT e con il vettore di disturbo a mezzo di equazioni del tipo:
[,1QG] = [H] [,1 V RIF]

+ [D] [,1QL]

[fl V] = [C] [flQRIF] + eS] [flQL]

in cui le matrici [H], [D], [C] ed es] possono essere cos interpretate:
Le matrici [D] ed es] danno la dipendenza delle variazioni di potenza reattiva dei generatori [flQG] e delle variazioni di tensione nei nodi [flV] in presenza della sola regolazione primaria; per variazione unitaria del vettore di disturbo; le matrici [H] e [C] danno invece le dipendenze degli stessi vettori in presenza di regolazione secondaria unitaria quando la variazione di potenza re attiva dei carichi nulla.
Il vettore delle variazioni dei riferimenti di tensione [,1VRIF ] dei RAT ha termini nulli
in corrispondenza dei generatori non controllati (dal sistema di regolazione secondaria). Per
i generatori controllati [,1VRIF ] dato dai regolatori di potenza re attiva di centrale.
7.9.2 Scelta dei nodi pilota
Precedentemente si accennava alla circostanza che i nodi pilota dovevano essere scelti
tra quelli pi potenti della rete e quindi capaci di condizionare, in presenza di perturbazioni, la tensione di nodi elettricamente vicini.
Per l'individuazione dei nodi pilota si fa riferimento alla matrice di sensibilit [.'] il cui

179
generico elemento diagonale, Sii' esprime la variazione di tensione del nodo i-esimo per un
disturbo unitario di potenza re attiva nello stesso nodo quando i disturbi di potenza reattiva
in tutti gli altri nodi sono nulli. Minore il valore di Sii e maggiore sar l'insensibilit del
nodo i-esimo ai disturbi di potenza reattiva; in breve Su d una misura della potenza di corto circuito del nodo.
In questo modo si possono individuare nodi pilota via via meno potenti; la procedura
ha termine quando l'ulteriore scelta di un nodo pilota cade su un nodo con potenza insufficiente.
7.9.3

Scelta dei generatori controllati

Per la scelta dei generatori di controllo si fa uso della matrice [5] di sensibilit del vettore [.1 V] delle tensioni di rete rispetto al vettore [.1QG] delle potenze re attive iniettate dai
generatori, che consente di associare a ciascun nodo pilota i generatori maggiormente capaci di influenzarne la tensione.
In pratica, con questo metodo, i nodi di generazione sono raggruppati per aree e, per
ciascuna area, vengono scelti come generatori controllati quelli che hanno sufficiente capacit di influenzare la tensione del relativo nodo pilota.
Per l'analisi del sistema di controllo qui delineato in condizioni statiche e dinamiche e
per il dimensionamento dei regolatori di centrale e regionali si rinvia al lavoro: V. ARCIDIACONO - S. CORSI, Il controllo delle tensioni e delle potenze reattive in una rete di trasmissione.
Automazione a Strumentazione. Nov. 1985, che stato preso a base per la descrizione del
sistema ENEL sopra ricordato.

CAPITOLO VIII

ANALISI DEI GUASTI NON SIMMETRICI

8.1 Generalit
In questo capitolo verr svolta 1'analisi del comportamento in regime permanente delle
reti trifasi simmetriche (o con simmetria ciclica rispetto alle fasi) e lineari, alimentate da generatori di potenza preva~one e frequenza costanti), nell'ipotesi che in esse si presentino condizioni di guasto non simmetriche.
Tali condizioni si configurano in una connessione anomala fra i conduttori di fase o tra
questi e la terra (cortocircuiti, vedi il successivo Cap. IX) o in una interruzione di uno o due
conduttori di fase come mostrato nelle figg. 8.la), b).
R

b)

a)

/////////

/////////
Fig. 8.1 - Guasti non simmetrici:

a) per condizione di corto circuito; b) per interruzione dei conduttori.

Per analizzare quello che awiene nella sezione in cui si verifica tale condizione anormale,
la rete trifase in esame pu essere come noto ricondotta, applicando il teorema di Thevenin
a tale sezione, (vedi VoI. I - Parte I - Cap. II) allo schema di fig. 8.2.
Per la schematizzazione di fig. 8.2 possibile scrivere in forma matriciale
[E] - [Z] [I] = [V]

[8.1]

dove [E] il vettore f.olonna delle tensioni che si hanno nella sezione di guasto prima che si
manifesti il guasto e [Z] la matrice quadrata delle impedenze equivalenti del si~ema a monte della sezione di guasto; [I] il vettore colonna delle correnti di guasto; [V] il vettore
colonna delle tensioni nella sezione di guasto durante il guasto.

182

JI

[Z]
:lo

Vc \i Va
I

I I

Fig. 8.2 - Schema equivalente di una rete trifase.

Indicando con asterisco le grandezze che hanno subito una trasformazione simmetrica,
la [8.1] pu scriversi:_______________
_
[P] - [Z;'] [l"] = [V*]

[8.2]

dove per le ipotesi di simmetria fatte, come noto [Z*] una matrice diagonale.
Pertanto la [8.2] pu esplicitarsi nelle (*):

Ei -ZJi =Vi

[8.3 ]

Eo -ZJo = V o
Tenendo conto che i sistemi di potenza sono in genere alimentati da sistemi di f.e.m. simmetriche dirette, nelle [8.3] si pu porre:
[8.4]
e lo studio della rete di fig. 8.2 pu essere ricondotto a quello dei tre dipoli disaccoppiati di fig.
8.3.

lo

l,I

-c>

~,

Fig. 8.3 - Reti monofasi di sequenza.

Poich le reti trifasi adoperate nei sistemi di potenza (reti di trasporto, trasmissione e
distribuzione) sono costituite da elementi - linee, trasformatori, carichi - che, trascurando
alcuni effetti secondari, possono considerarsi simmetrici e lineari (come se le linee fossero
tutte completamente trasposte, i trasformatori con avvolgimenti di fase uguali e ugualmente
(*) Dove per semplicit si posto:

Zdd = Zd ; Z, = Zi ;

Z~

= Zoo

183
disposti su nuclei simmetrici, i carichi equilibrati o il pi possibile equilibrati), l'analisi dei guasti e degli squilibri in tali reti pu essere condotta secondo la schematizzazione sopra indicata.
8.2 Tipi di guasto

Le condizioni di guasti non simmetrici che possono presentarsi sulle reti sono riconducibili fondamentalmente a due categorie:
collegamenti anormali dei conduttori fra loro o di questi con la terra (corto circuitt), (vedi
anche Cap. IX);
interruzione di uno o due conduttori di fase.

Nel caso dei corto-circuiti il collegamento che li determina pu avere impedenza trascuabile (corto-circuitifranchi) o no (corto-circuiti con impedenza di guasto).
I corto-circuiti possono altres avere carattere simmetrico (corto circuito trtfase) o non
simmetrico. A questi ultimi si far prevalentemente riferimento.
I tipi di guasto non simmetrici che normalmente si presentano sono:
-

guasto monofase a terra (contatto a terra di una fase); '<


corto circuito bifase senza contatto a terra; ~
corto circuito bifase con contatto a terra;
doppio guasto a terra.

Statisticamente il guasto monofase a terra il pi frequente sulle reti ad A.T. e M.T. (vedi
14.3 ).

8.3 Determinazione delle correnti e delle tensioni che si presentano durante i guasti

Per determinare le correnti e le tensioni che si presentano durante i guasti si far riferimento ai circuiti di fig. 8.3. Si ha dalle [8.3]:

-ZJi =Vi

[8.5]

-Zolo = V o
Le [8.5] rappresentano un sistema di tre equazioni in sei incognite (ldJ;.1o; Vd'~' Vo ) componenti delle correnti di linea e delle tensioni di fase della sezione di guasto), essendo note la
tensione di alimentazione costituita da un sistema di f.e.m. simmetrico e le impedenze alla varie
sequenze.
Per rendere determinato il problema occorrono tre altre equazioni che saranno determinate in base alle condizioni imposte dal guasto.
Di seguito si far una rassegna dei pi frequenti guasti dissimmetrici. Si inizier con l'esame dei corto circuiti nell'ipotesi che questi si verifichino in un sistema a vuoto (in assenza di
carico).
Per introdurre la trattazione dei casi dissimmetrici si analizzer preliminarmente una condizione di guasto simmetrico (il circuito trifase netto).

184
Corto circuito trifase netto

8.3.1

Condizioni di guasto (fig. 8.4):


[8.6]

Va = Vb = Ve

lo

33;r

li sistema delle correnti, avendosi un guasto simmetrico alimentato da un sistema diretto, simmetrico diretto:
[8.7]

TV Vb Va

J:.L..t.

Si ha quindi:

[8.8]

Fig. 8.4 - Schema di corto circuito trifase netto.

~ =0

che insieme alle [8.5] danno:

E quindi
[8.9]

Poich

[8.10]

la corrente di corto circuito trifase, come d'altra parte era ovvio, vale

Ed
ra - - Ea
- Zd - Z
inoltre Va = Vb ::: Ve = O
Se quindi in particolare il corto circuito trifase netto a terra, non si verifica alcuna variazione rispetto al caso precedente.

8.3.2 Guasto monofase a terra netto

Te

Condizioni di guasto (fig. 8.5)

[8.11]
Si ha quindi

Io =Id =I.
l

Fig. 8.5 - Schema di guasto monofase a terra netto.

=~
3

[8.12]

che insieme alle [8.5] danno

e quindi

[8.13]

185
Con riferimento ai bipoli equivalenti ai tre regimi si hanno le connessioni di fig. 8.6.
interessante altres conoscere a quale tensione si portano le fasi non interessate dal guasto rispetto a terra nel punto stesso in cui questo ultimo ha luogo.
Tenendo conto che, nelle ipotesi fatte, si ha per le [8.13]

e analogamente
Fig. 8.6 - Schema di connessione dei bipoli di sequenza nel caso
di corto circuito monofase netto.

si deduce che

[8.14]

-aZj+Z o
Zd +Zj +Zo
ed in modulo:

Vb=.J3Edl
Ve

a2

ZII
Zd +ZI +Zo
0

=.J3 Ed l-a 2 +20 I

[8.15]

Zd +Zj +Zo

Si definisce in proposito coefficiente di messa a terra k il rapporto tra la tensione verso


terra che assume una delle fasi sane, in un dato punto dell'impianto, in conseguenza di un
corto circuito monofase a terra netto, e la tensione concatenata di esercizio nello stesso punto. li valore massimo di k, kx> vale:
[8.16]
Poich :
in base alle [8.15] si ha:
k=max

Z-aZ
- - I
{I Zd+Zj+Zo
l

[8.17]

li coefficiente di messa a terra, dipendente, per data rete, dal punto in cui si suppone che
awenga il corto circuito, riveste notevole importanza perch da esso dipende il livello di ten-

186

v.

nl
I

/'

,n

,-9\

o'

_t

/
/

lUI
./

L.--

l....--"

I--

'10'

l/"" "'-

120'

-'0

-...

-tO'

-,o

-..;;;:

f--

"

:\Y
,\.\

f.....

"
Z. I

..........

1$0'

1.n
t2Yt

'--

'~ oz;.. ~I
/~ r~ tz..."
~

..."/'"

\...:;

z;r

r...;::::
!

....... \Y

......

""-

:
;

IZ. I
j;j

Fig. 8.7 - Valore relativo della tensione della fase b verso terra per guasto mono-

IZol /lZdl

Zd

per
= .li:
_
fase a terra al variare del rapporto
<l>d - <1>0 = differenza tra gli argomenti delle impedenze 2 d e 20.

sione al quale va commisurato l'isolamento dell'impianto (vedi Cap. XIII).


In fig. 8.7 riportato l'andamento di k relativamente alla fase b al variare delle caratteristiche dell'impedenza equivalente omopolare rispetto a quella diretta, nell'ipotesi:

Zi = Zd (*)
L'andamento di k relativo alla fase c ancora quello di fig. 8.7 solo cambiando il segno al
parametro (<f'd-<f'o).
Si nota cos che:
per

<f'r <f'o< O

risulta Eb> Ee

per

<f'r <f'o> O

risulta Ee> Eb

per

<f'r<f'o= O

risulta Eb = Ee

Per il caso teorico di connessione a terra che dia


per entrambi i conduttori si ottiene:

k = 0,5
e quindi una tensione verso terra uguale e pari a met della tensione concatenata, in accordo
con la considerazione che la rete si trasformata da trifase in bifase (fig. 8.8a).
(*) Ipotesi generalmente valida per una rete complessa comprendente generatori, trasformatori, linee.

187
In pratica per neutro messo efficacemente a terra basta che

0,8

valore che si ottiene se sono soddisfatte le condizioni


X o ~3

Xd

Infatti, secondo una definizione adottata internazionalmente, un sistema considerato


con neutro efficacemente a terra se, in caso di contatto a terra di una fase, la tensione verso
terra delle fasi sane, escluso il periodo transitorio, non supera in nessun punto 1'80% della
tensione concatenata.
Nell'ipotesi, frequentemente adottata nei sistemi in A.T., che si possano trascurare le resistenze

Rd e Ro,la dipendenza di k da IZo I Zdl

(ora

IXoI Xdl ) evidenziata dalla curva in

grassetto di fig. 8.7 che si sviluppa nel semipiano destro per Xo induttivo (rete con neutro a
terra) e in quello sinistro per Xo capacitivo (rete con neutro isolato).
In quest'ultimo caso si verifica una condizione di risonanza per o I
== 2
Se la rete funziona con il neutro isolato, prescindendo dagli effetti capacitivi, si ha:

Ix xdl

per entrambi i conduttori si ottiene il valore asintotico:

k == 1
o

O~b

e quindi le tensioni verso terra delle fasi non


interessate dal guasto diventano uguali alle tensioni concatenate d'esercizio (fig. 8.8b).

O'

b)

a)

Fig. 8.8 - Deformazione del triangolo delle tensioni per guasto monofase a terra.

8.3.3 Corto circuito bifase senza contatto a terra

Condizioni di guasto (fig. 8.9):

lo

la ==

[8.18]

Si ha quindi

Fig. 8.9 - Schema di


corto circuito bifase senza contatto a terra.

[8.19]

188
che insieme alla [8.5] danno

Vo=o
[8.20]

Ed = (Zd + Zj)Id
e quindi:
-

Id

Ed

=---=-=Zd +Zj

Ib = (0 2-o)

Ed

Zd +Zj
[8.21]

Con riferimento ai bipoli equivalenti si hanno connessioni di fig. 8.10.


La tensione verso terra della fase non interessata al guasto vale:
Ed

ld

1
Vd

[8.22]

mentre quella delle fasi guaste vale:

-I

v,

Fig. 8.10 - Schema della connes


sione delle reti di sequenza per
corto-circuito bifase senza contatto a terra.

Va
Vb

= Ed = E

=Vc =-1

Per confrontare i valori delle correnti di corto circuito fin qui ricavate, se si pone:

dalle [8.9], [8.13] e [8.21] si ottengono per le correnti di corto circuito trifase 1m monofase
a terra 1mt e bifase senza contatto a terra h, le seguenti espressioni:

1tr

=
mt

=Zd

3E
\2 Zd +Zo\

[8.9']
[8.13']

189
Dalle [8.9'] e [8.21] si ottiene

I b -

13
~
2 Z

[8.22]

cl

lb = 0,866 ltr

Dalle [8.9'] e [8.13'] si ottiene

[8.23 ]

[8.24]
Quando il denominatore della [8.24] minore di 3, lmt maggiore di ltr.
Ci pu verificarsi in particolare:
per corto circuito monofase franco a terra ai morsetti di un alternatore con neutro posto direttamente a terra in quanto la impedenza omopolare sensibilmente inferiore a
quella diretta;
per reti con neutro isolato nelle quali la capacit verso terra delle linee e delle macchine pu dar luogo a una impedenza omopolare non molto diversa da quella diretta. (Tale
problema verr ripreso e approfondito nella trattazione della messa a terra del neutro
nelle reti. Vedi Cap. XIV).
8.3.4 Corto circuito bifase con contatto a terra

Condizioni di guasto (fig. 8.11).

To

l
=:Jm
--=:>:-~

Si ha quindi:
-

Fig. 8.11 - Schema di corto circuito bifase a terra.

la =0

Vb=Y:=O
-

Vcl=V=Vo
l

[8.25]

V
3

=~

[8.26]
che insieme alle [8.5] danno

- - - E-V
cl
d

1+1+1=
cl
o
l

cl

da cui
"rd

10
Z,

Td

V-

[8.27]

v.

[8.28]

l,

To
Fig. 8.12 - Schema della connessione delle reti di sequenza per
corto circuito bifase a terra.

190
Le connessioni fra i bipoli sono quelli di fig. 8.12.
8.3.5 Corto circuiti con impedenze non nulle
Nel caso in cui il corto circuito si verifichi a mezzo di un elemento di impedenza non
trascurabile, la trattazione fin qui svolta ancora applicabile ricorrendo a semplici artifici formali. Basta infatti sommare in maniera opportuna le impedenze di guasto alla impedenza equivalente della rete a monte e pensare che i guasti awengano con impedenza nulla ai morsetti
della rete cos ottenuta.
Cos, ad. es., nel caso di guasto monofase a terra tramite un'impedenza Z i due schemi di
fig. 8.13 a) e b) sono equivalenti.
I bipoli equivalenti presentano una impedenza pari alla somma dell'impedenza di guasto
Z e delle impedenze di sequenza diretta, inversa ed omopolare rispettivamente.
Si ha perci dalla [8.13]
[8.29]
Con riferimento ai bipoli equivalenti si hanno le connessioni di fig. 8.14.
Analogamente per il corto circuito bifase senza contatto a terra tramite un'impedenza Z si
ha l'equivalenza fra i due circuiti di fig. 8.15 a) e b).
Si ha perci dalla [8.21]

_
II b I =

Ed

F3 =------c=-----=
Zd +Zj +Z

I
[8.30]

Le connessioni fra i bipoli equivalenti sono quelle di fig. 8.14, 8.15, 8.16.

Zd

Z T.s

[ZOQ]

a)

b)

Fig. 8.13 ab - Schema di corto circuito monofase in una rete trifase con impedenza di guasto.

Fig. 8.14 - Schema di connessione delle reti di sequenza per


corto circuito monofase con impedenza di guasto.

8.3.6 Doppio guasto a terra


Per tener conto del fatto che il guasto awiene contemporaneamente in due punti diversi
della rete, applicando Thevenin, si parte da uno schema a stella come in fig. 8.17 in cui [ZI]
rappresenta le impedenze del sistema di alimentazione; [Z2] e [ZJ] le impedenze dei due tronchi di linea fra l'alimentazione e le sezioni di guasto.
Se si suppone un guasto monofase a terra nella fase b nella sezione X e nella fase c nella

191

b)

a)

Fig. 8.15 - Schema di corto circuito bifase con impedenza di guasto.

Fig. 8.16 - Schema di connessione delle reti di sequenza per corto circuito bifase con impedenza
di guasto.

sezione Y si hanno le seguenti condizioni (sempre nell'ipotesi di sistema a vuoto:


In X la = lb = O
Ve = O
; In Y la = lb = O
Ve = O
,
Se si operano le trasformazioni e si procede come nei casi precedenti, nell'ipotesi di neutro isolato e che le impedenze alle sequenze dirette e inverse sono uguali, per le due correnti
di guasto a terra risulta:

I~
\

)Z=O

"fr(

[ Z

a---j

b----j [
c ----1
I

[ Z

r----- a
r----- b

r---- c

Fig. 8.17 - Schema equivalente della rete per lo studio di un guasto doppio.

[8.31]

8.3.7 Guasto monofase a terra in reti con neutro isolato


Il calcolo delle correnti di corto circuito viene in generale condotto nell'ipotesi di trascurare le ammettenze trasversali degli elementi di rete rispetto alle impedenze longitudinali (vedi
Cap. IX). In effetti al concetto di corto circuito si associa in genere un'elevazione delle correnti transitanti ed una diminuzione delle tensioni verso terra (almeno nell'intorno del guasto),
per cui le energie reattive assorbite dalle capacit trasversali sono molto piccole rispetto a
quelle assorbite dalle induttanze.
Ci sempre vero per guasti trifasi e bifasi isolati, mentre per guasti con contatto a terra

192
ammissibile trascurare le capacit trasversali solo per le
reti ad A. T e b.t. che funzionano con neutro messo a
T.
terra francamente. Per quelle a M.T., di solito a neutro
isolato o messo a terra non francamente, si riscontra un
comportamento diverso, specie quando il corto circuito
awiene tramite un'impedenza (resistenza di guasto e impedenza rispetto a terra del neutro) che limita fortemente l'intensit della corrente di guasto. In tal caso l'effetto
Fig. 8.18 - Guasto monofase a terra
delle impedenze longitudinali pu addirittura divenire train reti a neutro isolato.
scurabile rispetto a quello delle altre impedenze presenti
nel circuito.
Per chiarire quanto sopra, si esamini il calcolo di un corto circuito monofase a terra con
impedenza
di guasto Zg nella rete a M.T. con neutro messo a terra a mezzo di una impedenza
Zn elevata di fig. 8.18.
La corrente di guasto in base alla [8.29] vale:

[8.32]
dove, per l'ipotesi fatta di trascurare le impedenze delle linee, :
[8.33]
dove Ztr l'impedenza di c.c. di una fase del trasformatore), mentre l'impedenza omopolare
data da:

3 Zn +Ztro
1+ j ro C (3 Zn + Ztro)

[8.34]

(dove Ztre l'impedenza omopolare del trasformatore), poich C, capacit omopolare di tutta
la rete a M. T.

in parallelo con l'impedenza (3 ln + ltre)'

(Per neutro isolato

Ze

= 1/ j

ro C ).

Ne segue che:

Ice = ______3_E--'-n'-==--~~-3Z
2Z
tr +
g +

[8.35]

3 Zn +Ztro
(
)
1+ j ro C 3 Zn + Ztre

Le tensioni verso terra assunte dalle fasi sane nel punto di guasto possono ricavarsi facilmente sostituendo le [8.31] e [8.32] nella [8.15].
Un altro particolare tipo di guasto che pu manifestarsi su una rete elettrica aerea a me-

193

[Z1
" - - - - - _ _ _ _ _ _ _ _ _....J

dia tensione, esercita a neutro isolato, il guasto inverso. Esso consiste nella rottura di un conduttore in prossimit di un sostegno con la caduta sul terreno del tratto
a valle dell'interruzione (lato utente), mentre l'altro tratto rimane appeso al sostegno. La chiusura del circuito
avviene attraverso le capacit verso terra del sistema.
Questo tipo di guasto d luogo a tensioni e correnti omopolari di modesta entit, il cui valore generalmente minore di quello delle corrispondenti grandezze per guasto a terra diretto.

Lo studio della rete pu essere effettuato elaborando le equazioni del guasto in termini di sequenza. Ci
permette di determinare la tensione e la corrente omopolare nel punto di guasto.

Fig. 8.19 - Schema per lo studio di una


interruzione non simmetrica.

8.4 Interruzioni non simmetriche


Un'altra perturbazione a carattere non simmetrico in una rete trifase simmetrica quella
che si presenta quando, in conseguenza di un guasto o di una manovra, si interrompono uno
o pi conduttori di fase.
In questo caso, isolato il tratto P-Q nel quale avviene l'interruzione (ad es. quello in cui
posto l'interruttore che apre), la rimanente rete simmetrica sar rappresentabile con un
doppio-triplo bipolo attivo (fig. 8.19) dove Ea} Eb} Ee sono evidentemente le tensioni che si
manifestano fra le sezioni P e Q a vuoto, cio con i tre conduttori di fase interrotti.
Nelle ipotesi che almeno una delle correnti i a } i b } ie sia non nulla e la rete sia simmetrica, valgono ancora le:
[8.36]
ove adesso Vd , ti; , Vosono i componenti delle d.d.p. fra le sezioni P e Q ed Id, ii ,lo sono
i componenti delle correnti che fluiscono fra dette sezioni.
Le [8.5] costituiscono un sistema di tre equazioni in sei incognite( id ,ii
Vd , ti; , VJ
Per rendere determinato il problema occorrono tre altre equazioni che saranno dettate anche
in questo caso dalle condizioni imposte dal guasto.

,t

8.4.1. Interruzione di una fase


Si supponga che in corrispondenza delle sezioni P e Q di una rete trifase sia abbia l'interruzione della fase a. Le condizioni imposta da tale guasto sono:

la == O
le quali in termini di componenti simmetrici si traducono in

[8.37]

194
Queste insieme alle [8.5] forniscono

[8.38]

da cui, insieme alle [8.34], si deduce:

[8.39]

Gli accoppiamenti fra le reti, in base alle [8.36], sono quelle di fig. 8.20.

Z: L- p
-V

...v;-.

Lo

-Va

T,

To

Fig. 8.20 - Schema di connessione delle reti componenti per l'interruzione di una fase.

8.4.2 Interruzione di due fasi

Siano b e c le fasi interrotte; le condizioni imposte da tale guasto sono:

Va =0
che si traducono in:

[8.40]

195
[8.41]
da queste e dalle [8.5] si deduce:

[8.42]

e quindi

Vb =

Ed

[.lo (a 2 -1)+Zi(a 2 -a)]

Zd+Zi+Zo

V =

Ed

Zd+Zi+Zo

[8.43 ]
[.lo (a-l)+Zi (a 2 -a)]

Dalle [8.39] si deduce che i bipoli componenti vanno collegati in serie come in fig. 8.2l.

Fig. 8.21 - Schema di connessione delle reti componenti per l'interruzione di due fasi.

CAPITOLO IX

LE CORRENTI DI CORTO CIRCUITO NEI SISTEMI DI POTENZA

9.1

Generalit

Per corto-circuito, come noto, si intende una anormale condizione di funzionamento


provocata da un collegamento indesiderato fra i conduttori del sistema, fra questi e la terra
e in genere fra parti a differente tensione di macchine e apparecchi. I corto-circuiti si definiscono franchi quando 1'elemento che li determina ha impedenza trascurabile, con impedenza di guasto nel caso contrario. I corto-circuiti possono avere carattere simmetrico (corto-circuito trifase) e non simmetrico (monofase a terra, bifase con o senza contatto a terra,
ecc.). (Vedi Cap. VIII).
Il verificarsi di queste condizioni di guasto determina normalmente nei sistemi di potenza correnti di valore pi elevato di quelle di esercizio (vedi anche VoI. I, Parte L 4.2).
utile ricordare per che in presenza di impedenze di guasto elevate, vedi ad. es. il caso
dei guasti monofasi a terra nelle reti a M.T. con neutro isolato, possono aversi correnti di
corto-circuito di valore modesto (addirittura inferiore a quello di esercizio) (vedi 8.3.7).
In ambedue le situazioni (corto-circuiti franchi o con impedenza di guasto elevata) il
corto-circuito va sempre considerato come una condizione anomala da eliminare al pi presto in dipendenza dei gravi inconvenienti provocati sul sistema che possono riassumersi nei
seguenti:
disalimentazione (per corto-circuiti trifase) o alimentazione anomala (per corto-circuiti
monofase) dei carichi a valle;
sollecitazioni termiche ed elettrodinamiche inammissibili sui componenti di impianto
(linee, apparecchiature, ... ) (vedi Cap. XX);
peggioramento della stabilit del sistema (vedi Cap. XII).
interferenze sui sistemi di telecomunicazione (vedi Cap. III).
sovratensioni di manovra e/o sostenute (vedi Cap. X);
rischi per tensioni di passo o di contatto indiretto nel caso di corto-circuiti monofasi a
terra (vedi cap. XXII).
Il calcolo delle correnti di corto-circuito in una sezione del sistema si propone la valutazione, sotto opportune ipotesi, della corrente presunta di corto-circuito, definita come la corrente che vi circolerebbe se il corto-circuito fosse sostituito da una connessione ideale di impedenza trascurabile e senza modifiche di alimentazione.
Per le pratiche applicazioni utile conoscere il campo entro cui pu variare il valore

198
della corrente di corto-circuito in una data sezione del sistema. Con questo scopo si fa riferimento alle cosiddette correnti di corto-circuito massime e minime che possono presentarsi in quella sezione in dipendenza di condizioni dell' alimentazione e del sistema definite
convenzionalmente (vedi 9.3).
La valutazione delle correnti di corto-circuito finalizzata a:
scegliere il potere di interruzione degli interruttori e le loro caratteristiche di intervento
in modo da realizzare una efficace protezione del sistema in esame (vedi VoI. I, Parte

a)

II);

b) determinare gli sforzi elettrodinamici nei componenti di impianto, maggiormente sollecitati, in modo da dimensionare nel modo pi opportuno gli stessi e i loro eventuali
vincoli (vedi Cap. XX);
c) determinare le sollecitazioni termiche nei componenti di impianto, in particolare nei cavi,
negli avvolgimenti delle macchine, etc. (vedi Cap. XIV).
d) determinare la tensione totale di terra che viene a stabilirsi in un sistema disperdente
per corto-circuito monofase a terra (vedi Cap. XXII).

In relazione agli obiettivi, il calcolo sar effettuato nella configurazione e sotto tutte le
ipotesi cui corrisponde il valore pi alto di corrente di guasto (corrente massima di cortocircuito) o quello pi basso (corrente minima di corto-circuito).
In particolare per quanto riguarda i punti a), b) e d) necessario fare riferimento alle
correnti di corto-circuito massime; per il punto c) si deve fare riferimento sia alle correnti
massime che minime in quanto queste ultime in dipendenza della loro durata possono determinare sollecitazioni termiche inammissibili.
La Norma di riferimento per il calcolo delle correnti di corto-circuito nelle reti trzfase a
corrente alterna attualmente la CEI 11.25, aprile 1992, che ha per titolo Calcolo delle
correnti di corto-circuito nelle reti trifase a corrente alternata.
Prima di prendere in esame le indicazioni fornite dalla Norma CEl 11.25, si ritiene
utile effettuare un'analisi che, seppure schematica, agevola la conoscenza fisica del fenomeno in esame.
9.2

Il regime transitorio causato dal corto-circuito

Una linea in cui avviene un corto-circuito pu essere schematicamente ricondotta ad


una impedenza alimentata da un generatore ideale di tensione.
In dipendenza dell'istante in cui si verifica il corto-circuito (o corrispondentemente dell'istante in cui viene applicata la tensione) il valore istantaneo della corrente ha l'espressione ben nota di quella di un circuito RL sollecitato da una tensione e = Ex (O) t + y) applicata
all'istante t = O (fig. 9.1). Si ha:

"L

E
-~t
i= ZX [sen (rot+y-<p)-e L sen (y-<p)]

[9.1]

/,'("

Fig. 9.1 - Circuito R, X sollecitato da una f.e.m. impressa e.

Il valore istantaneo della corrente di corto-circuito che si stabilisce in una sezione di una rete si ottiene in generale come somma di un termine sinusoidale (simmetrico) is che ne rappresenta
il valore permanente e di uno transitorio unidirezionale ic che
nasce allorquando l'argomento <p dell'impedenza diverso dalla

199

fase y della tensione impressa (fig. 9.2); in particolare dipende dall'istante in cui la tensione
viene impressa al circuito. Per y = <p n/2 massimo; per y = <p oppure per y = <p + n esso
si annulla. (In un circuito trifase per sempre presente).
La composizione dei due termini fa s che la corrente nei primi cicli presenti una asimmetria pi o meno accentuata (vedi figg. 9.2 e 9.3).
i,e

i,e

Fig. 9.2 - Componenti simmetrico i, e unidirezionale i, di una corrente di corto-circuito

Fig. 9.3 - Componenti simmetrico e unidirezionale


di una corrente di corto-circuito cui corrisponde il
massimo valore di picco della corrente di guasto

Per dato valore di Z e <p il massimo di i funzione del valore di y al tempo t = O in cui
si verifica il guasto.
Per determinare le condizioni in cui si presenta il massimo dei massimi dei valori di i
occorre annullare le derivate parziali di i (t) rispetto a y e a t.
Si ha:

d'
R
d ~ = cos (ffi t + Y - <p) - e-1: cos (y - <p) = O
t

di
(
) R -I<
dt
= ffi COS ffi t + Y- <p + L e L

[9.2]

sin y - <p = O

Dal confronto fra le [9.2] risulta:

ffi e

-I< t
L

-I< t
(
)
cos ( y - <p ) = - R
L e L sin y - <p

[9.3]

da cui:
t g (y-<p)= - ffiL = - t g <p
R

[9.4]

che verificata per qualsiasi valore di <p per y = O o n.


In conclusione la corrente di picco massima si ha quando il corto-circuito si determina

200
nell'istante in cui la tensione passa per lo zero.
La condizione (9.3] si verifica per y = O o

1t

quando:

(9.5]
e quindi quando la curva ic tangente nell'istante iniziale, alla curva is.

di

Se si impone nella (9.1] la condizione d t :::: O per y = O o

1t

si ha un'equazione trascen-

dente nella variabile t da cui possibile determinare l'istante t*, in cui si ha il massimo dei
massimi di i che si indica con 1*, in funzione dell' angolo <p.
I valori di t* cos determinati consentono di calcolare i valori di 1*.
Nel diagramma di fig. 9.4, in dipendenza di cos <p e di R/X viene rappresentato il rap-

porto x = I

e il tempo t* (Cl)

= 314).

L'analisi dei transistori che nascono nelle reti di potenza, gi al verificarsi di un guasto trifase netto,
molto complessa. infatti necessa1,8
9
rio risolvere un sistema di equaziot t*
ni differenziali pari al numero delle
maglie indipendenti della rete, te1,6
8
nendo conto anche del comportamento in regime perturbato dei ge1,4
neratori reali che la alimentano
(vedi VoI. I, Parte I, Cap. VIII), dei
motori che possono portare un con6
1,2
tributo alle correnti di corto-circuito
e del fatto che i rami della stessa
sono linee a costanti distribuite.
0,6
0,2
0,4
c~
Se, come lecito, per il livello
I
I
I
I
I 1_
I
di
approssimazione
richiesto ai cal0,4
0,6 0,8 l %
0,1 0,2
coli, i rami della rete. vengono assimilati a impedenze Zii = R;i + j Xii;
Fig. 9.4 - Valutazione del coefficiente x e del tempo t* in funzione del cos <p o del rapporto R/X.
i generatori e i motori a generatori
ideali di tensione con in serie una
reattanza di valore opportuno (vedi appresso), tutto il sistema di potenza viene ricondotto a
una rete di impedenze con pi punti di alimentazione.
In questa ipotesi, per determinare le correnti di corto-circuito trifase netto in un nodo
di tale sistema pu applicarsi il teorema di Thevenin. Si annullano i generatori ideali di tensione e si alimenta il nodo in cui avvenuto il guasto con un generatore avente una f.e.m.
E pari alla tensione che si aveva in quel punto prima che si verificasse il guasto.
x

10[ms]

facile dimostrare che a seguito dell' applicazione di Enasce in ogni ramo una corrente costituita da un termine sinusoidale (simmetrico) e da uno transitorio (unidirezionale)
con una costante di tempo pari a quella del ramo in esame.

L'impedenza della rete, vista dal nodo di guasto, verr:


[9.6]

Per il calcolo della corrente di corto-circuito nella sezione di guasto si pu scegliere


come costante di tempo del termine esponenziale Le/Req anche se ci, per quanto si detto
prima, non concettualmente giustificabile. Una analoga semplificazione pu introdursi per
il calcolo delle correnti di corto-circuito nei rami ponendo le loro costanti di tempo uguali
per tutti e pari al massimo del rapporto LiRi che si ha nei vari rami della rete.
Le valutazioni compiute su questa base risultano cautelative e quantitativamente approssimate ai valori reali. Per tener conto di tali approssimazioni le Norme introducono opportuni
coefficienti correttivi.
D'altra parte per valutare gli inconvenienti provocati dalle correnti di corto-circuito e
scegliere i pi opportuni sistemi di protezione e interruzione non di norma necessaria la
conoscenza della evoluzione nel tempo di queste correnti ma piuttosto quella di alcuni loro
valori che si presentano in definiti istanti.
necessario per fare una distinzione fra corto-circuiti vicini o lontani da generatori o
motori di potenza significativa.
Nel primo caso infatti la corrente di guasto viene sensibilmente influenzata, nei primi istanti
del corto-circuito, dalle reattanze dinamiche degli stessi.
La gi citata Norma CEI 11.25 tratta separatamente i due casi.
9.3

Calcolo delle correnti di corto-circuito in punti lontani dai generatori

Alla luce delle precedenti considerazioni la Norma CEI 11.25 fornisce il diagramma di
riferimento di fig. 9.5 per i casi di corto-circuito lontano dai generatori che vengono caratterizzati dall'essere praticamente costante la componente alternata simmetrica della corrente
presunta di corto-circuito.
In riferimento alla fig. 9.5 si possono definire le seguenti grandezze:
Co"ente di corto-circuito simmetrica.
Valore efficace della componente alternata di una corrente presunta di corto-circuito;
l'eventuale componente aperiodica della corrente di corto-circuito viene trascurata;
Co"ente simmetrica iniziale di corto-circuito I" k
Valore efficace della componente simmetrica alternata di una corrente presunta di corto-circuito nel momento di manifestazione del corto-circuito, se l'impedenza conserva
il suo valore iniziale.
Potenza (apparente) simmetrica iniziale di corto-circuito S" k
Valore fittizio definito come il prodotto della corrente simmetrica iniziale di corto-circuito I\ per la tensione nominale del sistema Vn e il fattore

J3 .

Componente continua (aperiodica) ioc della co"ente di corto-circuito


Valore medio degli inviluppi inferiore e superiore di una corrente di corto-circuito decrescente dal suo valore iniziale a zero.

202
Valore di cresta ip della corrente di corto-circuito
Massimo valore istantaneo possibile della presunta corrente di corto-circuito.
(L'ampiezza della corrente di cresta di corto-circuito varia secondo il momento di manifestazione del corto-circuito. Il calcolo del valore di cresta t~, della corrente di cortocircuito trifase si effettua per la fase e il momento di corrente massima di corto-circuito. I guasti ripetitivi non vengono presi in considerazione. Nel caso di corto-circuito
trifase, si suppone che il corto-circuito si procura simultaneamente su tutte le fasi).
Corrente simmetrica di corto-circuito d'interruzione h
Valore efficace di un ciclo della componente alternata simmetrica della presunta corrente di corto-circuito al momento della separazione dei' contatti del primo polo dell'apparecchiatura di manovra.
Corrente di corto-circuito permanente ik
Valore efficace della corrente di corto-circuito che rimane dopo l'estinzione dei fenomeni transitori.
Corrente
Inviluppo superiore

-'----+-\'Il',/

_o.

~"'

T '

.....

Componente continua (aperICdica) decrescento 'DC

- r--" --1\--lI--- --n-- ~ -T


II

"'J.__

',,~
"'Y .\l

"U ..

tf

lL.ij "

Tempo

~ ij __ .~

Inviluppo inferiore
l'' K = corrente iniziale simmetrica di corto-circuito
l~
= valore di cresta della corrente di corto-circuito
Ik = corrente di corto-circuito permanente
l~ = componente continua (aperiodica) decrescente della corrente di corto-circuito
A = valore iniziale della componente aperiodica ioc
Fig. 9.5 - Corrente relativa ad un corto-circuito lontano dal generatore

9.3 .1 Ipotesi e metodi di calcolo


Il sistema nel quale si stabilisce il corto-circuito si suppone inizialmente a vuoto; si procede a valutare la corrente simmetrica iniziale di corto-circuito l'\ (che coincide con la corrente di corto-circuito in quanto si lontani dai generatori) e, sulla base di questa, si valuta
ip e, se necessario, il suo andamento.
Il calcolo viene effettuato applicando il teorema di Thevenin e valutando la sorgente di
tensione equivalente e l'impedenza equivalente del sistema nel punto di corto-circuito.

203
La sorgente equivalente avr la tensione esistente nella sezione di guasto in assenza del
corto-circuito.
Per semplificare il calcolo si assume che essa abbia il valore c Vn !
essendo Vn la
tensione nominale della rete e c un fattore che tiene conto fra l'altro, delle variazioni di tensione nello spazio e nel tempo a seguito del corto-circuito.
Il valore di c varia a seconda che si calcoli il valore massimo o minimo della corrente di
corto-circuito. In assenza di norme nazionali, si consiglia di scegliere il valore c secondo la
Tab. 9.1 considerando che la pi alta tensione di una rete normale non si distacca dalla tensione nominale, in media, di +5% in bassa tensione e di circa + 10% in alta tensione.
Per la determinazione dell'impedenza equivalente occorre isolare la porzione di rete di
effettivo interesse per il calcolo, individuando i punti di alimentazione in corrispondenza ai
quali le parti di sistema a monte siano esprimibili attraverso la relativa potenza di cortocircuito (e quindi con un generatore reale di impedenza non nulla) oppure, se questa molto
grande, attraverso un sistema di sbarre di potenza prevalente (e quindi con un generatore
ideale di impedenza nulla). Tracciato lo schema unifilare della porzione di rete cos delimitata (schema di calcolo), si potr applicare la seguente procedura:

.J3 ,

Tab.9.1

Fattore di tensione c
Fattori di tensione c per calcolo
Tensioni nominali
Vn
Bassa tensione da 100 V a 1000 V
(Pubblicaz. IEC 38, Tab. 1)
a) 230 V/400 V
b) Altri valori
Media tensione
da > 1 kV a 35 kV
(Pubblicaz. IEC 38, Tab. 3)
Alta tensione
da > 35 kV a 380 kV
(Pubblicaz. IEC 38, Tab. 4 e 5)

di corrente di
corto-circuito massima
cmax

di corrente di
corto-circuito minima

1,00
1,05

0,95
1,00

1, lO

1,00

1,10

1,00

cmm

Nota: cV, non dovr superare la tensione massima Vrn delle apparecchiature della rete.

A) Se il corto-circuito simmetrico (corto-circuito trifase)


si rendono omogenee tutte le impedenze del sistema (si trascurano tutte le ammettenze
trasversali) esprimendole in valori relativi o riferendole tutte a una stessa tensione (in
generale quella della sezione di guasto) (vedi Cap. IV);
tutte le alimentazioni della rete e le macchine sincrone ed eventualmente i motori (vedi
9.4) sono sostituite dalle loro impedenze interne;
si alimenta il sistema cos formato con la sorgente equivalente di tensione avente un polo
connesso con la rete di impedenze in esame e l'altro con tutte le sbarre da cui questa
veniva alimentata;
A questo punto si possono adottare due vie:

204

1) Per sistemi aventi struttura semplice:

il sistema di impedenze che raffigura la rete vista dalla sezione di guasto si pu ricondurre a una impedenza a mezzo di una serie di trasfigurazioni che permettono via via di
semplificare la struttura (trasformazioni triangolo-stella e viceversa; sostituzione con impedenze equivalenti a impedenze in serie e in parallelo); (vedi VoI. III);
il rapporto della tensione del generatore ideale alla somma della impedenza cos determinata e dell'impedenza di guasto Zg d il valore della corrente di corto-circuito trifase cercato. (Per guasto franco Zg = O).
2) Per sistemi aventi struttura complessa:
si costruisce con uno dei metodi indicati al Cap. V la matrice delle impedenze [ZN].
Questa viene chiamata matrice di corto-circuito e risulta diversa dalla inversa di [}'N]
in quanto congloba le reattanze dei generatori, motori, e, eventualmente, le impedenze
dei carichi.
- si costruiscono
O
a) il vettore colonna g ]

O
O
O

O
O

rappresentativo delle correnti iniettate ai nodi essendo in cui si ha il corto-circuito trifase;


b) il vettore:
[v"N]

19s la corrente iniettata nel nodo s

rappresentativo delle tensioni in tutti i nodi (riferite al neutro) prima che si verifichi il guasto,
dedotto ad esempio a mezzo delle equazioni ai flussi di potenza nella condizione di funzionamento a vuoto;
c) il vettore:

rappresentativo delle variazioni di tensione in tutti i nodi a seguito della iniezione della corrente di guasto;
c) il vettore:
rappresentativo delle tensioni in tutti i nodi durante il guasto.
Si potr scrivere:
[9.7]

205

dove

[9.8]
Espandendo la [9.7] si ha:
V gl = VoI - ZIJgs

V g2

= V 02

Z2Jgs

[9.7']

Si ottiene pertanto un sistema di n equazioni in n + 1 incognite (le Vgi pi la I gs ,l.


Il problema resta determinato una volta nota la natura del guasto.
Se il guasto avviene con impedenza Zf si avr:

V gs
Se il guasto franco (Zf

= O)

= ZfI gS

si avr:

VgS =0
Nel primo caso il valore permanente della corrente di corto-circuito trifase nel nodo s,
vale:

[9.9]

mentre nel secondo:

=
gs

~os
Zss

Nella determinazione della corrente di guasto 19" il valore di Vos dovr essere moltiplicato per il fattore c.
Noto Igs si deducono immediatamente i valori delle tensioni in tutti i nodi della rete in
presenza del guasto; si ha infatti:
e

- V
V. =V.-Z _os
Zss
gl

Ol

lS

[9.10]

con

(Zf = O)

Il valore permanente della corrente di guasto trifase nel ramo ij vale:


[9.11]

impedenza fra i nodi i ej.


Sembra utile rimarcare che nota la matrice [ZN] le formule sopra dedotte hanno valore generale qualunque sia il nodo in cui avviene il corto-circuito trifase e che i termini della
diagonale principale di [ZN], Zll>ZW",Zjj""Znn rappresentano le impedenze di Thevecon

Zii

206
nin per guasto nel nodo 1,2, .. .i, ... n.
I valori ottenuti per le correnti di guasto, come si notato, sono quelli di regime permanente.
B) se il corto-circuito non simmetrico

- si tracciano preliminarmente, per la rete affetta da guasto dissimmetrico, (un corto-circuito monofase a terra, bifase, ... ) tre schemi monofasi, uno alla sequenza diretta, uno
alla sequenza inversa, uno alla sequenza omopolare ave compariranno le reattanze dei generatori e dei motori, le impedenze dei trasformatori e delle linee alle varie sequenze (vedi
Val. I, Parte I e Cap. VIII) tutte espresse in valori p.u.
Anche in questo caso la rete si supporr preliminarmente a vuoto.
- si costruiscono quindi:
a) La matrice [.lsN] di 3n x 3n elementi risultante dclle tre_matri~i di impedenze
nodali alle sequenze diretta, inversa e omopolare [Z~],[ZiN],[ZJ.
Tale matrice si ottiene per inversione della matrice delle ammettenze nodali
[l' N] costruita per le tre reti di sequenza con i criteri precedentemente illustrati.
Si ha s
1
[.lNJ
= [yNr
,
s

[9.12J
dove:

b)

[VsoJ, il vettore rappresentativo di tutte le tensioni nei nodi delle tre reti di sequenza prima che si verifichi il guasto, vettore che sar cos costituito
V dl
ViI
VOI
V d2

V i2
V o2

[VSOJ =

V di

Vii

~l

V dn

Vin

Von

207

c) [V,T], il vettore rappresentativo delle variazioni di tensione in tutti i nodi delle tre
reti di sequenza a seguito della iniezione della corrente di guasto, costruito con le
modalit del precedente.
d) [V,g] , il vettore rappresentativo delle tensioni in tutti i nodi delle tre reti di sequenza durante il guasto, costruito con le modalit del precedente.
e) [I;J, il vettore rappresentativo delle correnti di guasto iniettate nella generica
sezione r cos costituito:

o
O
O
O
O
O
[1;] =

O
si avr analogamente alla [9.6]:
[9.13]
dove [.l,N] una matrice di 3n x 3n elementi risultante dalle tre matrici di impedenze nodali ZN
ZN ZN.
cl' 1 , o
Se si espande la relazione matriciale [9.13] nei termini delle submatrici che si possono
definire per i diversi nodi della rete, si ha un sistema di n equazioni:

[v ,~] = [v ,~] - [2", ][T,',]


[9.14]

Tenuto conto che nella sezione di guasto la [V,~] sempre definita in base al guasto in
esame possibile determinare [1!] e quindi le tensioni in tutti i nodi durante il guasto e,
sempre in termini di componenti simmetrici, le correnti di guasto nei diversi rami della rete.

208
Eseguendo le trasformazioni inverse si determineranno le effettive correnti permanenti
di guasto.
Le ipotesi di calcolo specifiche che occorre adottare, secondo le Norme citate, per il
calcolo delle correnti massime di corto-circuito sono le seguenti:
l) Per tutta la durata del corto-circuito non vi sono modificazioni nel numero dei circuiti coinvolti, cio un corto-circuito trifase resta tale, e cos un corto-circuito fase-terra.
2) I commutatori sotto carico dei trasformatori sono considerati in posizione principale.
3) Non si tiene conto delle resistenze d'arco.
Per calcolare le correnti minime di corto-circuito, si deve tener conto delle condizioni
seguenti:

il fattore di tensione c corrisponde al calcolo della corrente minima di corto-circuito indicato nella Tab. 9.1;
bisogna scegliere la configurazione della rete e in alcuni casi, il contributo minimo delle
sorgenti e delle linee di alimentazione della rete, che conducono al valore minimo della
corrente di corto-circuito nel punto di guasto;
i motori devono essere trascurati;
le resistenze RL delle linee (linee aeree, cavi, conduttori di fase e di neutro) sono prese a
temperatura pi elevata:
0,004 (
)]
R L = [ l +~ 1}e -20C R L20

[9.15]

dove R L20 la resistenza alla temperatura di 20C e 1}e in C la temperatura del conduttore ammessa alla fine del corto-circuito. Il fattore 0,004/ o C si applica al rame, all' alluminio e
alle leghe di alluminio.
Per le linee di reti in bassa tensione sufficiente porre 1}e = 80C.
L'applicazione delle procedure illustrate comporta la determinazione delle impedenze
equivalenti di corto-circuito rappresentative delle parti di sistema a monte dei punti di alimentazione considerati e delle impedenze di sequenza dei componenti elettrici che intervengono
nello schema di calcolo.
Per la determinazione delle impedenze equivalenti nei punti di alimentazione, nelle Norme citate vengono indicate le seguenti modalit.
Quando un corto-circuito, come quello indicato nella fig. 9.6 a), alimentato da una rete
di cui sono conosciute solo la potenza iniziale simmetrica di corto-circuito o la corrente iniziale di corto-circuito pari rispettivamente a S\Qe 1\Q nel punto di connessione Q di tale alimentazione, l'impedenza (diretta) equivalente alla rete ZQ viene espressa come segue:
Q

iD
S"kQ

~ k3

VnQ

l''kQ

13 VnQ l"kQ
a)

k3

vnQ

AT

vn
tr :1

I""kQ

t, = VAT/Vb ,
b)

Fig. 9.6 - Schema della rete per la valutazione dell'impedenza equivalente a monte.

209

Z _ c V;Q _ c VnQ
Q -~- h3 I"
kQ

'\j)

[9.16]

kQ

Quando un corto-circuito, come quello indicato nella fig. 9.6 b) alimentato, attraverso un trasformatore, da una rete a media o alta tensione di cui si conosce solo la potenza
iniziale simmetrica di corto-circuito S\Q o la corrente simmetrica iniziale di corto-circuito
I\Q nel punto di connessione Q, l'impedenza equivalente Zqt riferita al lato bassa tensione
del trasformatore si pu calcolare come segue:

= C VnQ . ~ =
2

Z
Qt

S"kQ

t r2

c VnQ

h3
'\j)

I"kQ

~
t r2

[9.17]

dove:
VnQ

tensione della rete di alimentazione nel punto Q


potenza apparente simmetrica iniziale di corto-circuito della rete di alimentazione
nel punto Q
I kQ
corrente simmetrica iniziale di corto-circuito della rete di alimentazione nel punto Q
fattore di tensione
C
rapporto di trasformazione nominale con il commutatore di presa in posizione printr
cipale
Nel caso di reti di alimentazione a tensioni nominali superiori a 30 kV costituite da
linee aeree, l'impedenza equivalente ZQ pu venir assimilata ad una reattanza pura, cio ZQ
= + ;XQ. Negli altri casi, quando non venga fornito alcun valore preciso della resistenza
RQ delle linee di alimentazione della rete, si pu prendere RQ = 0,1 XQ con XQ = 0,995 ZQ.
La potenza simmetrica iniziale di corto-circuito S\Q o la corrente simmetrica iniziale di
corto-circuito I\Q, lato alta tensione del trasformatore di alimentazione, dev' essere data dal
distributore.
In generale, per i calcoli non richiesta la conoscenza dell'impedenza di corto-circuito
omopolare delle linee di alimentazione della rete. In casi particolari, tuttavia, pu esser necessario tener conto di questa impedenza.
Le impedenze di sequenza dei trasformatori si potranno ricavare come illustrato nel VoI.
I, Parte I; quelle delle linee, aeree o in cavo, si andranno a valutare come indicato nel Cap. 1.
Valutata, secondo le procedure precedentemente illustrate, la corrente di corto-circuito
permanente Ik si constata che nell'ipotesi di corto-circuito lontano da generatori e motori, si ha:

S\Q
II

[9.18]
cio la corrente di corto-circuito permanente Ik uguale a quella simmetrica iniziale I\ e a
quello di interruzione Ib.
A partire da I\ possibile ricavare la corrente ip e, se necessario, l'andamento della corrente unidirezionale aperiodica.
Per il calcolo della corrente ip le Norme forniscono le seguenti indicazioni.
Dopo aver determinato la parte reale R e la parte immaginaria X dell'impedenza equivalente vista dal punto di corto-circuito, si valuta il fattore

k == 1,02 + 0,98 e-3RIX

il valore di ip sar espresso come:

[9.19]

210

i p=
, kJiI\
ip = 1,15 k J2I"k

nel caso di schema della rete a struttura aperta;


nel caso di schema della rete a struttura magliata.
(vedi fig. 9.4 e successive considerazioni).
Nel primo caso l'andamento della componente uni direzionale aperiodica sar ricavato
con la relazione
.
hl" -2p f t-R/X
[9.20]
lDC=>l2 k e
dove:
tempo
frequenza nominale
Nel secondo caso si impiegher la relazione

f =

i DC = 1,l5 >I 21'\ e

9.4

-2pft-R/X

[9.21]

Calcolo delle correnti di corto-circuito in punti prossimi ai generatori


Corrente
Inviluppo superiore
Componente aperiodica
decrescente ioc

Tempo

corrente di corto-circuito simmetrica iniziale


valore di cresta della corrente di corto-circuito
corrente di corto-circuito permanente
componente decrescente (aperiodica) della corrente di corto-circuito
valore iniziale della componente aperiodica I~
Fig. 9.7 - Corrente di corto-circuito vicino a un alternatore (schema).

Nel caso di corto-circuiti prossimi ai generatori la Norma CEl 11.25 gi citata fa riferimento al diagramma di fig. 9.7.
Le grandezze 1\, ip , Ib ioc , A hanno significati identici a quelli gi illustrati nella fig. 9.5.
Dall' esame della fig. 9.7 si deduce la corrente di corto-circuito simmetrica di interruzione Ib (che si presenta dopo alcuni cicli) minore della corrente simmetrica iniziale di

211
corto-circuito 1\ e quella di corto-circuito permanente

h minore di h

1\ > Ib> h

[9.22]

Valutazione di 1\

9.4.1

La corrente di corto-circuito in esame risulta, come nel caso precedente, somma di due
componenti:
-la componente in c.a. di ampiezza decrescente;
- La componente aperiodica, di ampiezza iniziale A, decrescente fino a zero.
Le ipotesi e i metodi di calcolo da adottare in questo caso sono gli stessi visti in 9.3 con
le seguenti precisazioni:
a) Per gli alternatori, inseriti direttamente in rete, l'impedenza da prendere in conto nel
sistema diretto deve fare riferimento al valore della reattanza subtransitoria. D'altra parte la
tensione della sorgente di Thevenin che alimenta la rete, posta uguale a c V n /13 , durante questo transitorio, come noto, non rimane costante.
Per compensare tale errore le Norme suggeriscono di adottare un fattore di correzione Kc
Si ha:
[9.23 ]
con un fattore di correzione KG dato da
Vn
c max
KG = V rG 'l+x"d sin

[9.24]
<j)rG

dove:
Cmax

Vn
VrG
ZGK

ZG
X"d

fattore di tensione, vedi Tab. 9.1


tensione nominale della rete
tensione nominale (di targa) dell' alternatore
impedenza corretta dell' alternatore
impedenza dell' alternatore (Z G= RG + j X~ )
reattanza subtransitoria dell' alternatore riferita alla sua impedenza nominale

X"iZd

<j)rG

(X"d

LG /

angolo di fase IrG e


13
I seguenti valori di RG si possono impiegare con sufficiente precisione:
RG = 0,05 X"d per gli alternatori in cui V RG > 1kVe 5rG ~ 100 MVA
RG = 0,07 X"d per gli alternatori in cui VRG > 1kV e 5rG < 100 MVA
RG = 0,15 X"d per gli alternatori in cui VRG ~ 100 MVA

Oltre al decremento della componente continua, i fattori 0,05, 0,07,0,15 tengono conto del decrescere della componente alternata della corrente di corto-circuito durante il primo semi-periodo successivo al manifestarsi del corto-circuito. L'influenza delle diverse temperature di avvolgimento su RG non viene presa in considerazione. (1')

per

(*) La resistenza effettiva dello statore delle macchine sincrone in genere molto inferiore ai valori indicati
X"d vedi VoI. I, parte I, Cap. VII.

Re. Per i valori

212
Le impedenze inversa e omopolare dei generatori sincroni sono prese uguali a:
[9.25]
Per le macchine asincrone a poli salienti per le quali X"cl diverso da X"q, si prende
X(2)G = 1/2 (X" cl + X" q)
[9.26]
b) per gli alternatori inseriti in rete a mezzo di trasformatori le Norme suggeriscono:
per le impedenze degli alternatori e dei trasformatori di gruppo:

= KG,psu ZG
ZT,PSU = KT,psu ZTLV
ZG.PSU

[9.27]

[9.28]

con i fattori di correzione:

G,PSU -

C max

"

+x cl

KT,PSU =

'

Sin

Cmax

<IlrG

[9.29]
[9.30]

dove:
Zc.;,psu; b-r,psu
ZTLV

impedenze corrette degli alternatori (G) e trasformatori (T) del gruppo;


impedenza, lato bassa tensione, del trasformatore del gruppo.

Le impedenze ZG,PSU e b-r,psu saranno riportate, se necessario, al lato alta tensione per
mezzo del rapporto fittizio di trasformatore lf.
Le citate Norme CEI,
per i motori e compensatori sincroni, suggeriscono di utilizzare nei sistemi diretto e
inverso, una impedenza pari a:
c)

[9.31]
dove:
tensione nominale del motore
V,M
corrente nominale del motore
l,M
potenza apparente nominale del motore S,M = P,M (11, cos <Il,)
S,M
rapporto tra la corrente a rotore bloccato e la corrente nominale del motore
hR/I,M
I seguenti rapporti possono venir assunti con sufficiente precisione:
RM/XM = 0,10, con X M= 0,995 ZM per motori ad alta tensione di potenza nominale P,M per
coppia di poli ;;:: 1 MW
RM/XM = 0,15, con X M = 0,989 ZM per motori alta tensione di potenza nominale P,M per
coppia di poli < 1 MW
RM/XM = 0,42, con X M= 0,922 ZM per gruppi di motori a bassa tensione collegati con cavi.
I motori a convertitore statico sono trattati, per il calcolo delle correnti di corto-circuito, come dei motori asincroni. In questo caso si ha:
ZM
V,M

come indicato nell' equazione [9.31]


tensione nominale, lato rete, del trasformatore del convertitore statico o tensione
nominale del convertitore statico se ad alimentazione diretta

213

l,M

corrente nominale, lato rete, del trasformatore del convertitore statico o corrente
nominale del convertitore statico se ad alimentazione diretta
hM/l,M
3
RM/XM 0,10 con XM = 0,995 ZM
Il contributo alla corrente di corto-circuito dei motori a media e bassa tensione inseriti
direttamente sulla rete pu essere trascurato se

I.I'M < 0,01 1\


dove:
I.I,M
sto
l'' k

[9.32]

somma delle correnti nominali dei motori situati nelle vicinanze del punto di guacorrente di corto-circuito nel punto di guasto senza contributo dei motori.

Il contributo di motori a media e bassa tensione, collegati per mezzo di trasformatori a


due avvolgimenti alla rete affetta da corto-circuito, pu essere trascurato in caso di guasto a
valle dei trasformatori, se:
I. P

0,8

rM
-< -:------'--------,I. Prt - c 100 I. Prt

S~Q

[9.33 ]

0,3

dove:
I.P,M

S"kQ

somma delle potenze attive assegnate ai motori a tensioni media e bassa da tenere in considerazione
somma delle potenze apparenti assegnate di tutti i trasformatori che alimentano
direttamente i motori
potenza simmetrica iniziale di corto-circuito al punto di alimentazione Q, senza
il contributo dei motori

La stima secondo l'equazione [9.33] non ammessa quando i trasformatori siano a tre
avvolgimenti.
9.4.2 Valutazione di Ib
La separazione dei contatti del primo polo di un' apparecchiatura di manovra avviene
con un certo ritardo (tmin = tempo min. di intervento del rel + tempo min. d'apertura) rispetto all'istante in cui si instaurato il corto-circuito.
Pertanto per la corrente di interruzione I b , con corto-circuito in prossimit di un alternatore, la Norma propone la relazione:
[9.34]
con J..l, funzione di t min e del rapporto I\G/I,G (corrente di corto-circuito ai morsetti / corrente nominale dell'alternatore) (fig. 9.8).
9.4.3

Valutazione di Ik

Il valore della corrente di corto-circuito permanente Ik dipende dalle condizioni di saturazione della macchina e dall' assetto della rete.
Per la determinazione dei loro valori massimi e minimi le Norme propongono le seguenti relazioni

214

--_--_o:::---r----,-----,----r--...,.----,,-----.,

1.0 __

0.9+----+---+_-~~~-~---~~__~--~---+_--~

0.7 +------+----+---_+_---+--~~

0.6 +----+---+---+--~---+_--_+_--~--.:::~_..",..~

0.5+---~--~--~--~--~--_+--_+--~---~

Cortocircuito trifase l'kG I IrQ o I"... Il,,,

Fig. 9.8 - Fattore per il calcolo della corrente di interruzione di corto-circuito Ib

a) serie uno

a) serie due

2.8

2.8

2.6

2.6
.....
Xclnr

2.4

2.4

2.0

1.8

I--

1.6

1,4 ~

1.2

0.8

0.4
.0.2

2.2

1.4 I

I
~V ~ I-- t:::::j 1.6
1.8 !
~
~ c:::;;;-

r#

-" 2.0
2.2

I I

2.0
1.8

l,

1.0

0.4

Corrente di corto-circuito trifase f'kG / IrG

Fig. 9.9 - Fattori

- m "

-min

2.2

Il

1.2

'0.2
6

1.4

0.6

1.4
1.6
1.8
2.0.

1.6

0.8
mm

V ~

:;..
I~ ~ ~
P'
~

1.0

0.6

~1.2

1.2

~ l.:::: ~

lmu

2.2

,)(dl.~

I f--

I[

I:li ...
o

ml"

I
!
3

Corrente di corto-circuito trifase f'kG / IrG

per turboalternatori (le definizioni delle serie uno e due sono date nel testo)

215
a) serie uno

a) serie due

5.5

5.5

5.0

5.0

4.5

l
..

1m..

V
/

i. ~I-" ...-

2.5

~~

2.0

1.5

1.0
_11.2
1.7

2.0

jIIP'"

m1n

_~0.8

_I--

1.0

~~~1.2

3.0

l~

,.

2.5

1.7
2.0

2.0

1.0

it... .... ~

0.5

1..

J1./'(

3.5

1.5

1.0

4.0

l'''"

0.8
......I-" ...-

3.5

4.5

~0.6

4.0

3.0

XdNlt

~0.6

0.5

ol

0234568

Corrente di corto-circuito trifase


Fig. 9.10 - Fattori

min

l'kG /

"G

Corrente di corto-circuito trifase

l'kG / ,",

per alternatori a poli salienti (le definizioni delle serie uno e due sono date testo)

I kmax

= . max IrG
[9.35J

dove IrG la corrente nominale della macchina e i coefficienti . possono ricavarsi dagli abachi riportati nelle figg. 9.9 e 9.10 per turboalternatori e macchine a poli salienti.
Le curve di max della serie uno sono fondate sulle pi alte tensioni di eccitazione possibili, prese pari a 1,3 volte la tensione d'eccitazione assegnata al carico e al fattore di potenza assegnati per i turboalternatori (fig. 9.9 al, e a 1,6 volte la tensione di eccitazione assegnata per le macchine a poli salienti (fig. 9.10 al.
Le curve di max della serie due sono fondate sulle pi alte tensioni di eccitazione possibili, prese pari a 1,6 volte la tensione d'eccitazione assegnata al carico e al fattore di potenza assegnati per i turboalternatori (fig. 9.9 bl, e a 2,0 volte la tensione di eccitazione assegnata per le macchine a poli salienti (fig. 9.10 bl.
Nel caso in cui gli alternatori in esame siano muniti di regolatori automatici di tensione, che stabilizzano il valore della reattanza a quella transitoria, per la valutazione della corrente di corto-circuito permanente pu ragionevolmente operarsi come in 9.4.1 sostituendo
alla reattanza subtransitoria quella transitoria.
9.4.4. Valutazione di ip
Per la valutazione di ip si adottano le stesse relazioni utilizzate per il caso trattato in 9.3
[9.20] e [9.21].
9.5

Massime sollecitazioni termiche in condizioni di corto-circuito

Per valutare le massime sollecitazioni termiche che si verificano in un ramo percorso

216
da una corrente i di corto-circuito necessario determinare il valore dell'integrale fT i dt in
cui T la durata del guasto.
Per compiere tale valutazione comodo fare riferimento a una corrente efficace It termicamente equivalente che presenti la stessa energia specifica. Si deve avere infatti:
2

fT i2dt =I;T

[9.36]

Volendo tener conto del contributo del componente esponenziale pu allora utilmente
sfruttarsi 1'abaco di fig. 9.11 che, in funzione della durata T del corto-circuito e del coefficiente x di fig. 9.4, consente di valutare il parametro m da introdurre nella relazione

It = I\.'/m+1

[9.37]

Tale relazione d risultati sufficientemente approssimati per corto-circuiti lontani dai


generatori.
Nel caso di corto-circuiti prossimi ai generatori

dove m si valuta sempre a mezzo dell'abaco di fig. 9.11 ed n a mezzo dell'abaco di fig. 9.12.
Quando si in presenza di pi corto-circuiti a intervalli di tempo ravvicinati di valore
Tlci si ha:
1

It = -T L. i I~ Tki
con
n

Tk = L.l Tlci
l

A mezzo dei diagrammi di fig. 9.13 possibile calcolare la sovratemperatura assunta da


un conduttore quando sia stata valutata la densit di corrente di breve durata Sthr per Thr = 1 s.
Si ricorda che le massime temperature ammissibili a seguito di corto-circuito sono
200C per i conduttori nudi, massicci o cordati di rame o di alluminio caricato o non caricato meccanicamente. Per i cavi, vedi Tab. 14.2.

~
t4

""

"'""."'.""" '.~""

~f

'\.." '\.." 1.8 "


1.8
.~.~
'\..
1'-."
0,8
r-....
~" .1.~"""""
~

o
CI,01

~ .................
."-......" r-::",,-

---=

0,02

q05

~::""-

0.1

"'-

=--

0,5

l'

Fig. 9.11 - Abaco per la determinazione del parametro m.

217
l.0

~~
r-~
. . . ~~r--

~ F=:: .......r.... ""'H~~

r::::~~t--

0,8

r--

~~

'.

Q,6

l -

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' '.

...

t-.

t'-. r--. ~~'"

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0.4

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1.5 ......

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~ ....

2 ......

~25
.......

..... ~

"" '"'"

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r--

"~ ~5'" ~ ~ ... ~"'"

0,2

;:'~,

6 ...

o
007

st/'

0.C6

002

0,1

05

0.2

~ r-..

F::: ~ ""'""-"

!--

~ io.,

....

1"

Fig. 9,12 - Abaco per la determinazione del parametro n,

2OO~--~-----r----~----~---T~

'60

40

BO

100

'20

"C

f----+-

f----+

40

so

so

l\,--

a)

100

120 "C
l\,-

b)

Fig, 9.13 - Relazione tra la densit di corrente nominale di breve durata (Tk, = 1 5) e la temperatura del conduttore.
a) Linea continua: rame
Linea tratteggiata: piatto d'acciaio non legato e corda d'acciaio
b) Alluminio, leghe di alluminio e cavi di alluminio-acciaio

CAPITOLO X

SOVRATENSIONI

10.1 Premesse
Le sovratensioni vengono definite come anormali sopraelevazioni di tensione, rispetto a quella massima ammessa per il sistema.
Le sovratensioni possono avere:
a) carattere trasversale quando si verificano rispetto a terra o fra le fasi;
b) carattere longitudinale quando si verificano fra le spire di un avvolgimento di una
macchina.
A seconda della loro origine possono essere:
sovratensioni di origine interna quando sono prodotte da fatti o fenomeni inerenti l'esercizio degli impianti e sono in generale dovute a brusche variazioni delle condizioni di regime. Esse dipendono dalla tensione di esercizio dell'impianto;
sovratensioni di origine esterna quando dovute a fenomeni elettrici nell' ambiente in cui si
trova il sistema. Esse non dipendono dalla tensione di esercizio del sistema.

Le sovratensioni si caratterizzano a mezzo di alcuni parametri quali la forma (aperiodica, sinusoidale smorzata, ecc.), il valore massimo, la frequenza (se si tratta di fenomeni oscillanti), la durata di fasi tipiche del fenomeno (se questo di natura aperiodica), la polarit.
Il valore massimo di una sovratensione Ex viene di solito riferito al valore massimo della
tensione stellata ammesso per il sistema (fiVx /
Tale valore relativo prende il nome di
fattore di sovratensione.
Si ha:
[10.1]

.J3).

Come si vedra in seguito, a pari valore di cresta, le sovratensioni producono effetti diversi a seconda della loro forma d'onda.
Su questa base pu farsi un'ulteriore classificazione, in modo che all'interno di ogni categoria, gli effetti delle sovratensioni possono ritenersi dipendenti dal solo valore di cresta.
Si avranno allora:
-

sovratensioni atmosferiche caratterizzate da onde impulsive unidirezionali di breve du-

220
rata (misurabili in Ils) in genere originate da fulminazioni (fig. 10.1 );
sovratensioni di manovra, caratterizzate da onde oscillanti fortemente smorzate (aventi
frequenze dalle centinaia alle migliaia di Hz) in genere originate da inserzioni o disinserzioni di elementi di rete a vuoto o dall' apparizione o eliminazione di guasti. Possono essere considerate come impulsi unidirezionali di lunga durata (fig. 10.2);
sovtatensioni sostenute, caratterizzate da onde oscillanti poco smorzate a frequenza industriale o armonica causate nei casi pi gravi da eliminazioni di guasti, da ferrorisonanza, da
risonanze su armoniche, ecc. La loro pericolosit dovuta al ripetersi di picchi di polarit
opposta e di pari entit e all'alto contenuto energetico che spesso presentano (fig. 10.3).
Per studiare tali fenomeni transitori necessario riprendere in esame il fenomeno della
propagazione sulle linee, cosa che si far nei prossimi paragrafi.

Fig. 10.1 - Sovratensioni atmosferiche

Fig. 10.2 - Sovratensioni di manovra

Fig. 10.3 - Sovratensioni sostenute

221
Qui conviene ricordare che, se il fenomeno transitorio molto rapido (ad es. a seguito
di una eccitazione di tipo impulsivo), le grandezze elettriche che lo caratterizzano possono
assumere in uno stesso istante valori notevolmente diversi in punti anche molto vicini.
10.2 Richiami sul fenomeno di propagazione in una linea
Come noto, se si applica all' origine di una linea monofase una tensione di forma qualsiasi u = u (t) questa, per il carattere induttivo-capacitivo uniformemente distribuito della
linea, si propaga insieme a una corrente i = i (t). Queste due funzioni in generici punti della
linea presentano, nello stesso istante, valori diversi e pertanto si esprimono in generale come
u

=u

(x, t) ; i

= i (x,

t).

Dall'esame di questo fenomeno si ottiene che la tensione impressa e la corrente che ne


consegue si propagano sotto forma di onde migranti. La tensione in ogni punto della linea e in ogni istante risulta dalla somma di una onda diretta che viaggia dall' origine verso
l'estremit della linea e di una onda riflessa che viaggia in senso contrario.
La corrente analogamente risulta dalla dIfferenza di una onda diretta e una riflessa. Tali
onde viaggiano con velocit di propagazione che in assenza di perdite vale:
1

v=

ffc

che per le normali linee aeree industriali pari circa alla velocit della luce (300.000 km/s).
Sempre nelle ipotesi di linea senza perdite l'onda diretta e inversa di corrente si deducono da quelle corrispondenti di tensione rapportandc queste ultime al parametro

zo=t
che prende nome di impedenza d'onda della linea.
Pertanto nelle linee senza perdite le onde di tensione e corrente sono della stessa forma
e si propagano senza deformazioni (zo un parametro reale).
Eseguendo questo esame nelle linee con perdite si ottiene che le onde di tensione e corrente subiscono delle attenuazioni nel modulo e distorsioni di fase (deformazioni).
Nell'esame dei transitori rapidi hisogna poi tener conto che r, g, l, c sono funzioni della tensione e della corrente.
Per molti calcoli per si pu supporre che le onde di tensione e corrente rimangano simili e nel rapporto della impedenza d'onda, tenendc conto successivamente dell'attenuazione
e della distorsione.
10.3 Propagazione su una linea polifase. Analisi modale
Nei sistemi di potenza non si hanno linee monofasi ma linee trifasi con funi di guardia, in
presenza di terreno di conducibilit finita.
Per il generico conduttore i-esimo di una linea omogenea (~,) di n conduttori si pu
(*) Linea omogenea: linea non trasposta costituita da n = 3 P + q conduttori (3 p conduttori non trasposti,
q funi di guardia) le cui caratteristiche elettriche per data configurazione geometrica non variano per tutta la lunghezza della linea.

222
scrivere una coppia di equazioni differenziali analoghe a quelle viste nello studio di una propagazione monofase a partire da un elementino infinitesimo di lunghezza dx.
Si avr:

e analogamente per le correnti


aii

- ax

gil

aVI

VI

aV 2

aV

+ gi2 v 2 + .. +C il Tt + C i2 Tt+",+Cin al
n

Le equazioni di tutti gli n conduttori del sistema si potranno scrivere in forma matriciale:

_a[va(x, t)] = [r] [i(x, t)J+ [l] a[i (x, t)]


x
at
-

[i(x,t)]

ax

[10.2]

[][ ( )] []a[v(x,t)]
= g V x,t + c - - -

at

In tale sistema le matrici colonna [v (x,t)] e [i (x,t)] di ordine n rappresentano le tensioni


rispetto a terra e le correnti nei conduttori e nelle funi di guardia.
Le matrici quadrate [r], [g], [l] e [c] rappresentano i parametri elettrici della linea.
La matrice [r] una matrice diagonale i cui termini forniscono le resistenze dei conduttori e delle funi di guardia; la matrice [l] contiene le auto e mutue induzioni dei conduttori; [c]
le capacit; [g] le conduttanze trasversali proprie e mutue del sistema.
Le equazioni [10.2] sono assolutamente generali. Le difficolt principali per la loro soluzione derivano non s1tanto dai mutui accoppiamenti fra le tensioni e le correnti nei diversi
conduttori (cosicch non possono farsi considerazioni monofasi equivalenti) ma anche dalla
dipendenza molto complessa dei parametri elettrici della linea, dal tipo di sollecitazione e dal
terreno che si comporta in modo diverso al variare della frequenza (vedi anche 1.1.2). In particolare infatti la distribuzione delle correnti nel suolo modifica i parametri induttivi e resistivi
della linea.
Bisogna tener conto altres dell' effetto pellicolare e, in condizioni particolari, del fenomeno corona.
Prescindendo da questi problemi, per l'esame dei quali si rinvia a trattazioni specifiche, e
ammettendo quindi che gli elementi delle matrici [r] [l] [g] e [c] siano costanti, la soluzione
del sistema di equazioni in esame, che permette di vedere come avviene la propagazione in
questo caso, pu essere ottenuta a mezzo dell' analisi modale.
L'analisi modale si basa su un particolare algoritmo matriciale che consente di diagonalizzare la matrice dei coefficienti delle equazioni della propagazione, sostituendo cos alle grandezze di fase le grandezze modali legate alle precedenti tramite una trasformazione lineare.
La risoluzione delle equazioni della propagazione e quindi lo studio della linea risulta
molto pi semplice in funzione delle grandezze modali in quanto ciascun modo di propagazione non interferisce con gli altri per cui ci si riporta allo studio di sistemi monofasi ciascuno
caratterizzato da una propria velocit di propagazione e una propria impedenza d'onda.
Immaginando la linea inizialmente in quiete e le funzioni v (x,t), i (x,t) trasformabili

223
con Laplace, indicando con simboli maiuscoli le grandezze trasformate si avr dalle [10.2]:
d
dx

--[V] = [ZJm

[10.3]

d
--m=[Y][V]
dx

Infatti, poich trasformando scompare la variabile t, alle derivate parziali possono sostituirsi quelle totali, mentre operando in analogia a quanto si fa nei sistemi monofasi si scritto:
[r] + s [l] = [ZJ

[g] + s [c] = [Y]

Si ha allora:
2

d [V] = [MJ[V]
dX2
2

[10.4]

m=[MJ , m

dX2

dove [M] = [ZJ [Y] ; [M], = [Y] [Z] in quanto le matrici [ZJ e [Y] sono simmetriche.
Se si trascurano le perdite e quindi si pone
[r]

= [g] = O

Sempre nell'ipotesi di linea a riposo si ha

- - [ V ] = s[l]m

dx

[10.3']

d
-bm
= s[c][V]
da cui

:;2

[V] =

i [l] [c] [V]

[10.4']

e analogamente per la corrente.


Tenuto conto che per terreno omogeneo, isotropo e perfettamente conduttore la matrice [a] dei coefficienti di potenziale di Maxwell legata alla matrice [c] dalla relazione [c] =
[a]! e che [l] puo esprimersi come [l] = collo [a] la [10.4'] si pu scrivere:

d2

dx2 [V] = s

[10.4 "]

co ).!Jl] [V]
0

che rappresenta un sistema di equazioni differenziali del 2 ordine risolvibili in modo semplice in quanto [1] [V] rappresenta una matrice diagonale.
Ci fisicamente corrisponde a considerare il sistema polifase come costituito da n sistemi
monofasi non mutuamente accoppiati.
Risolvendo la [10.4 "] si ottiene:
[V] = [K j ] e,xlv + [K 2 ] e sx/v

224

con = l(~Eo~o) = velocit di propagazione, che uguale per tutti i sistemi monofasi componenti.
Determinati i vettori [K j ] e [K2 ] sulla base delle condizioni ai limiti, antitrasformando
si ottiene [v] nel dominio del tempo.
Se le perdite non sono trascurabili la soluzione non pi cos semplice.
La difficolt come gi detto nasce dai mutui accoppiamenti fra le tensioni e le correnti dei
vari conduttori.
Con opportune trasformazioni delle matrici colonna [V] e
si possono sostituire al
sistema reale n sistemi mono/asi non accoppiati.
Indicando con [TJ e [TJ le matrici di trasformazione da determinare si avr:

[V] = [Tu] [V*]

m = [TJ [1*]

[10.5]

dove [V1<] e [1'''] sono i vettori delle tensioni e delle correnti trasformate.
Si avr:

[10.6]

Il metodo si basa sul fatto che scegliendo opportunamente [Tu] e [TJ; [t'}/] e [t'}/]
sono matrici diagonali e rappresentano le matrici dei quadrati delle costanti di propagazione.
Se tali matrici Wj *2] (i = 1,2) sono diagonali il sistema reale si riconduce, come si voleva, a n sistemi monofasi disaccoppiati o a n modi indipendenti, caratterizzati ciascuno da
una pfXjpria costante di propagazione e una propria impedenza d'onda.
Senza diffondersi qui sulle tecniche matriciali che permettono di individuare le matrici di
trasformazione che consentono di risolvere il problema (tali matrici hanno colonne proporzionali agli autovettori di [M] e [M],) si vuole ricordate che alcune trasformazioni gi studiate
(ad es. quella con i componenti simmetrici) sono un caso particolare di analisi modale (vedi
Appendice I).
Se dunque all'ingresso di una linea trifase applicato un dato sistema di tensioni, a mezzo delle trasformazioni ora introdotte si possono ottenere le tensioni modali che potranno
essere esaminate singolarmente. A mezzo delle trasformazioni inverse si potr valutare punto
per punto la tensione effettivamente presente.
10.4 Attenuazione e distorsione delle onde che si propagano su una linea

Un' onda che si propaga su una linea subisce un decremento del suo valore di cresta (attenuazione) e una deformazione (distorsione) caratterizzata da un allungamento della sua forma, da un appiattimento delle sue eventuali irregolarit, da una riduzione della ripidit del suo
fronte.
Le attenuazioni e distorsioni delle onde sono determinate dalle perdite e dalle variazioni
delle induttanze e capacit delle linee.

225

Le perdite dipendono:
dalla potenza dissipata dalle resistenze dei conduttori e del terreno (quando interessato) che risultano modificate dalla non uniforme distribuzione della corrente di transito;
dalle potenze dissipate sugli isola tori per dispersioni superficiali e nel dielettrico;
dalle potenze dissipate per radiazione (alta frequenza) e fenomeno corona.
La induttanza varia prevalentemente per la presenza di correnti nel terreno; la capacit
per il fenomeno corona.
Nel caso di un sistema omogeneo costituito da n conduttori va considerata 1'attenuazione e la distorsione che si hanno su ciascuno degli n modi di propagazione.
Data la complessit dei fenomeni qui presi in esame, delle attenuazioni (e quando si pu
delle distorsioni) si tiene conto a mezzo di coefficienti da applicare a onde che si propagano
non attenuate e indistorte. Nel rinviare alla letteratura specifica, per compiere tali determinazioni qui a titolo di esempio si riporta la formula di Foust e Menger che fornisce 1'attenuazione di una onda avente valore di cresta E.
[10.7]
Il valore attenuato E' = a E
dove a =

l
in cui K = 0,02
l+KEt

10 6 70,14

10 6 ; E in volt; t in microsecondi.

10.5 Riflessioni e rifrazioni delle onde


Per lo studio delle sovratensioni interessante vedere cosa accade quando un' onda di
tensione (o di corrente) incontra una discontinuit.
Si consideri dapprima una linea monofase, che si supporr senza perdite e di impedenza
d'onda Zj, a cui si applicher (ad es. a mezzo di un generatore di tensione continua senza
impedenza interna), una tensione a gradino VI (t) = VI.
La propagazione dal punto di vista energetico avviene con il seguente meccanismo.
All' applicazione della tensione VI si caricher il primo condensatore elementare della linea dando luogo a un assorbimento di corrente il = (V/Zl) e poi successivamente gli altri condensatori per con un certo ritardo a causa delle induttanze elementari che fra tali condensatori sono frapposte.
Il generatore, con riferimento a un tempo t, fornisce una energia

W=

. t = -vi t = Zl

VI tI

Z,

.2

1l

[10.8]

che viene immagazzinata nella linea sotto forma elettrostatica ed elettromagnetica in parti
eguali.
Se si indica infatti con x il punto della linea che stato raggiunto al tempo t dall' onda che
si propaga e si ricorda che la velocit di propagazione

fk

si potr scrivere:

l 2 l x+-V
1 2 CX=2-/
1 2 l x=2-v
1 2 cx=
W =-/
j
j
j
1
2

[10.8']

226

J.

Fig. 10.4 - Riflessioni di onde in presenza di una discontinuit.

[10.8']
Fatta questa considerazione si prendano in esame ora due tronchi di linea successivi
connessi nella sezione O, che presentino impedenze d'onda diverse z[ e Z2> e aventi lunghezza infinita. Sulla linea di impedenza d'onda z[ si propaghi una tensione a gradino di ampiezza VI' Quando giunger in O essa viene in parte riflessa, in parte trasmessa (rifratta) sul
tronco di impedenza Z2 (fig. 10.4).
Per rispettare la continuit che di fatto esiste fra i due tronchi con impedenze di onda
diversa, tenuto conto del diverso comportamento delle onde di tensione e di corrente, si
potr scrivere con i simboli di fig. 10.4 (avendo indicato con il pedice r le grandezze riflesse
e con il pedice 2 quelle rifratte):
[10.9]

dove

vr

z[

t =-

[10.10]

Dalle [10.9] si ha:


~_~-2

z[

z[

Z2

[10.11]

analogamente

p[ e P2 sono definiti fattori di rifrazione e riflessione.

[10.12]

227

Sostituendo nella
perle correnti:

VI

V,

= V2

i valori di tensione delle [10.10] si ricava analogamente

[10.13]

Da queste relazioni si deduce che per Z2 > Zl,


Le cose vanno in senso opposto per Z2 < ZI'

V2

> VI e

z~

<

il ; V r

>O ;

ir

< O.

Casi di particolare interesse (fig. 10.5)

(a)

PI =2

P2 = 1

()

(( )

l
l

2R
PI = R+z

PI = O

R-z
Pz = R+z

P2 =-1

Fig. 10.5 - Sistemi con discontinuit di carico: a) linea aperta; b) linea chiusa su resistenza; c) linea in
corto-circuito.

A) Sistemi con discontinuit all' estremit di arrivo.

per linea a vuoto (Z2 = 00).


L'onda riflessa di tensione di valore pari all'onda incidente si sovrappone a questa
raddoppiandola; l'onda riflessa di corrente uguale e opposta all' onda incidente.
Comportamento analogo hanno linee chiuse su una Z2 molto grande (Z2 Zl)' Ad
esempio linea aerea seguita da un trasformatore;
(b) - per linea chiusa su una resistenza R.
Si hanno fondamentalmente due situazioni. Per R > ZI si tende a un comportamento
simile a quello di una linea a vuoto; per R < ZI si tende a un comportamento simile a
quello di una linea in corto-circuito:
(c) - per linea in corto-circuito Z2 = O.
L'onda riflessa di tensione compensa perfettamente quella incidente; 1'onda riflessa
di corrente si sovrappone a quella diretta raddoppiandola.
N.B.: per linee chiuse su una impedenza non resistiva i coefficienti di riflessione e rifrazione
(a) -

228
non sono costanti nel tempo.
B) Sistemi con discontinuit in serie (fig. 10.6).
(a)

P2
(b)

b---------

Fig. 10.6 - Sistemi con discontinuit in serie: a) linea aerea seguita da un cavo; b) linea aerea seguita da pi linee
aeree in parallelo.

l-

Zl

Y eq

l+zl Yeq

~
zl + z 2

2
P2

l+zl Yeq

(a) -

Linea aerea seguita da un cavo (Z2 < Zj)


L'onda riflessa di tensione si sottrae all'onda incidente e l'onda trasmessa risulta molto
pi piccola dell'onda incidente.

(b) -

Linea che converge in un nodo da cui si dipartono pi lineee in parallelo.


Nel caso in esame la tensione trasmessa V2 comune a tutte le linee in parallelo; la
totale corrente uscente dal nodo sar quindi: i2 = V2 (Uz a + l/zb + UZ c"') = V2 Yeq' Al
crescere delle linee in parallelo la Zeq diminuisce. In termini di propagazione il comportamento della linea analogo al caso trattato precedentemente.

10.6 Linee di lunghezza finita. Riflessioni multiple


Nelle considerazioni precedenti non si sono presi in esame gli effetti delle riflessioni
multiple successive a quelle verificatesi nella sezione di discontinuit in quanto, riferendosi
a linee di lunghezza infinita, l'onda riflessa (rifratta) non in grado di raggiungere l'estremit della linea in cui si ha in genere un'ulteriore discontinuit.
Nel caso di linee reali di lunghezza finita si possono dare le seguenti indicazioni sempre nell'ipotesi di sollecitazioni a gradino di ampiezza Vj determinata da un generatore avente impedenza internaa nulla. (Ai suoi morsetti la tensione avr sempre il valore costante Vj).
a) Linea a vuoto (Z2

= 00) fig.

10.7

Dal generatore si propaga un' onda di tensione Vj cui si accompagna una onda di corrente i j (fase 1); l'onda di tensione giunta all' estremit di arrivo per quanto gi si visto si
riflette raddoppiando il suo valore determinando un' onda di corrente di segno opposto che
va scaricando la linea (fase 2); l'onda di tensione di valore 2vj giunta sul generatore deve
riacquisire il valore imposto di Vj quindi nasce un' onda di tensione -Vj che propagandosi
verso l'estremit d'arrivo riporta la linea alla tensione Vj e determina una onda di corrente i) (fase 3); l'onda di tensione -v) e quella di corrente -ij giunte alle estremit d'arrivo si
riflettono scaricando completamente la linea (fase 4).
La linea si ritrova nelle condizioni iniziali; ci awiene con un periodo T = 4 L/v; dove
L = lunghezza della linea e v = velocit di propagazione.
Le perdite per quanto si visto in [10.4] nella realt modificano tale fenomeno cosicch dopo una serie di oscillazioni smorzate si raggiunge il regime caratterizzato per questa
condizione di sollecitazione (rettangolare) da corrente praticamente nulla e tensione praticamente uniforme; prima di raggiungere tale stato di equilibrio si hanno innalzamenti di
tensione fino al doppio del valore di quella impressa.

229

~
~i

- - - - - - - - - - - - l i z.. ~

:t:::t~u':f?ffi::::~~==J:

I
~~~li~~mr--------~I

ut

---u--u---------l
L __ ___

.-_u, ___ ---i

~-- __ ----- ________ ~

l' rASE

]l8 FASE

4- FASE

-'

11'
. __ u ________
un_J

Fig. 10.7 - Riflessioni di onde all'estremit di una linea aperta.

b) Linea in cortocircuito (Z2

= O) fig.

Fig. 10.8 - Riflessioni di onde all' estremit di una li


nea in corto-circuito.

10.8

Dal generatore si propaga una onda di tensione v[ cui si accompagna una onda di corrente i[ (fase 1); l'onda di tensione giunta all'estremita di arrivo si annulla determinando
un'onda di tensione -VI che scarica la linea mentre la corrente si raddoppia (fase 2); quando l'onda riflessa di tensione giunge sul generatore la linea scarica e il generatore rimpone la tensione v[ che determina una nuova onda di corrente che si somma alla precedente
triplicandone il valore; il fenomeno in assenza di perdite (r = O) proseguirebbe all'infinito
con una progressiva esaltazione della corrente.
10.7 Metodo generale per l'esame delle riflessioni multiple
Per l'esame delle riflessioni multiple che possono verificarsi in un sistema che presenti
alcune discontinuit pu utilmente impiegarsi un diagramma spazio-temporale a graticcio
che permette una immediata visualizzazione di tutte le onde incidenti, riflesse e rifratte che
si hanno nel sistema in ogni istante.
Il diagramma consente altres di tener conto delle attenuazioni delle onde.
Il principio del diagramma di riflessione a graticcio illustrato in fig. 10.9. Si abbiano
tre discontinuit 1,2,3 poste a differenti intervalli sulla linea che ha pertanto quattro tronchi aventi impedenze: Z1> Z2' Zj, Z4. Si supponga che nel tronco 2 si abbia un' attenuazione
caratterizzata da un coefficiente a e nel tronco 3 un'attenuazione p.
Si indichi con:
a
a'
b
b'

il coefficiente di riflessione per onde che provengono da sinistra;


il coefficiente di riflessione per onde che provengono da destra;

il coefficiente di rifrazione per onde che provengono da sinistra;


il coefficiente di rifrazione per onde che provengono da destra.

230

o ..... ....
~

0.3

E ..

'.

~,~;

::-

z,

Zt

. r-.. r- .!!,

---

-"'"
,..

~~
<t',

,,'~
....b-r

.!-~

6
7

~~ ..
ae.' ...-;""b

~~~

0'4. ~~ .
:::>
...".. -:b,
'

:.;o

......

.... ...
C

~
~

_."., ....,
- -()j4, . . ",

Oj',

'

10.9 - Diagramma a graticcio per l'analisi delle riflessioni multiple.

Per costruire il diagramma a graticcio. scelta un'opportuna scala dei tempi, si posizionino le discontinuit a distanze pari ai tempi che impiega l'onda per passare fra due sezioni
contigue, con queste ipotesi si procede come chiaramente illustrato in fig. 10.9. In questo
modo si tiene conto del fatto che nelle diverse sezioni si possono avere velocit di propagazione diverse.
Evidentemente la totale tensione che si ha in un punto della linea in un dato istante
fornita dalla sovrapposizione di tutte le onde che sono arrivate in quel punto fino a quell'istante spostate l'una rispetto all' altra da intervalli uguali alle differenze nei loro tempi di
arrivo a quel punto.
La metodologia illustrata ha carattere assolutamente generale; le impedenze e i fattori
di attenuazione dei vari tronchi possono essere qualsiasi.
10.8 Sovratensioni atmosferiche
Le sovratensioni di carattere atmosferico possono essere dovute a fenomeni di induzione (elettrostatica o elettromagnetica) e a fulminazioni dirette.
Le sovratensioni del primo tipo, pericolose solo per impianti a tensione d'esercizio non
molto elevata, si presentano in concomitanza a fulmini aventi un percorso sensibilmente parallelo alla linea e sufficientemente vicino ad essa (induzione elettromagnetica) o per effetti
elettrostatici dovuti a nubi cariche prossime ai conduttori. Questi si comportano come le
armature di un condensatore che, quando le nuvole si scaricano (con un fulmine a terra o su
un'altra nuvola), danno luogo a rapide migrazioni di cariche elettriche (onde di corrente).
Le sovratensioni del secondo tipo, come gi detto dovute a fulminazioni dirette, sono
senza dubbio le pi pericolose.
Tutte queste sovratensioni, aventi origine atmosferica, sono caratterizzate da andamenti unidirezionali con fronte di onda molto ripido (1-5 J.1s) e coda piu allungata (50-100 J.1s).
Le quantit di elettricit messe in gioco nei fenomeni di fulminazione sono mediamente di 20 Coulomb con massimi intorno a 50 C, con tempi di scarica molto brevi e correnti
che possono giungere fino a 200 kA.
A titolo indicativo nella fig. 10.10 se ne d una attendibile curva di distribuzione che

231

'0
li
2

O,,
~,

'"'"
120

$O

l.,

J40 U

Fig. 10.10 - Distribuzione di fulmini in rapporto alla loro corrente.

fornisce in ordinate la percentuale di fulmini la cui ampiezza supera la corrispondente corrente indicata in ascisse. La
possibilit che avvengano fulminazioni in una regione
data statisticamente dal cosiddetto livello ceraunico che
esprime il numero delle giornate temporalesche che mediamente si verificano in un anno. In Italia sono stati stimati
valori medi di fulmini a terra all'anno e per Km2 di 1,5-4 a
seconda delle zone (fig. 1O.11l.
Senza indagare sulla natura fisica del fulmine per la
qualcosa si rinvia a trattazioni specifiche, si vuole qui ve-

1,5 fulmini/anno Km 2

2,5 fulmini/anno Km 2

c=J

fulmini/anno Km 2

Fig. 10.11 - Valore medio del numero di fulmini a terra all'anno e per Km2 in Italia.

232
dere quali sovratensioni possono determinarsi a seguito di un fulmine che colpisca direttamente un conduttore, un sostegno o una fune di guardia.
Nel primo caso, se si indica cor if convenzionalmente la corrente di fulmine iniettata
sul conduttore e si trascurano le riflessioni d'onda, la sovratensione rispetto a terra del conduttore vale:
[10.14]
dove z'~ = (~ I;' / c;') non coincide con l'impedenza d'onda del conduttore in quanto 1'< e c;'
non sono quelle di servizio ma quelle omopolari. (In particolare nel calcolo dell'induttanza
omopolare non si terr conto del flusso concatenato interno che reso trascurabile dall' effetto pellicolare per la grande rapidit del fenomeno; mentre HT vale pochi metri perch
come se si fosse in presenza di un fenomeno a frequenza molto elevata; nel calcolo di c" si
terr conto del fatto che il raggio del conduttore aumentato per il manicotto ionizzato che
si forma per effetto cotona).
L'impedenza d'onda Z'< per conduttori unici si assume mediamente pati a 500 n.
Se un conduttore colpito in modo che si abbia propagazione nei due sensi si avr:
1

v" = - Z " if
2

[10.14']

Tenuto conto dei valori di if, v# pu ammontare come valore di cresta a parecchi milioni di volto
La tensione v# propagandosi sulla linea determina in genere una scarica fra 1'anello di
guardia e l'asta spinterometrica della prima catena di isolatori che incontra nel suo percorso. (#) Se allora si indica con R il valore della resistenza di terra del sostegno, cui appartiene la catena di isolatori, si avr con buona approssimazione che la tensione passer dal va-

= ~ i I (t)

a quello v;,'' = R il (t) molto pi piccolo (si ipotizza una buona messa a
2
terra) con la determinazione di una onda tronca (fig. 10.12).
v*(rj
Le catene d'isolatori presenti sulla linea con i
loro valori di tensione di tenuta ad impulso ~ definiscono pertanto il valore limite di tensione che pu
,
V
propagarsi verso le stazioni terminali. In queste, per
la presenza dei trasformatori che hanno impedenze
di onda elevate (P2:= 1) si possono avere sovratensioni prossime a 2v;'''.
Se il fulmine colpisce 1'estremit del sostegno
v'''
privo di fune di guardia, dopo un breve transitorio
iniziale durante il quale l'impedenza presentata dal
sostegno passa dal valore dell'impedenza d'onda
Fig. 10.12 - Onda tronca a seguito di fuldello stesso (circa 100-150 Q) a quello della sua
minazione diretta.
resistenza di messa a terra R, 1'estremit del soste
lore

V#I

-------

(*) Dalla fig. 10.10 risulta che 1'80% dei fulmini ha correnti superiori a 6 kA he per una impedenza d'onda di 500 n fornisce una tensione v = 1500 kV superiore alla tensione di tenuta ad impulso di una catena d'isolatori per una linea a 220 kV

233

gno si porta come si gi detto al potenziale:


e = R if
[10.15]
Da misure stato determinato che la resistenza presentata da un sostegno a un impulso rettangolare vale:
vt

Rst

=R

+ (2 - R) e

21

[10.16]

dove Z l'impedenza d'onda del sostegno;


R la resistenza di messa a terra;
v la velocit di propagazione;
Ila lunghezza del dispersore di terra del sostegno.
Dopo un tempo t di alcuni microsecondi (5-6 /-ls) Rst ~ R. In definitiva tale Rst il
rapporto, a transitorio finito, della tensione, che risulta dalle successive riflessioni, con la
corrente iniettata nel palo. A un conduttore, nella situazione piu gravosa, si potr avere
applicata una tensione massima:
[10.17]

(E, concorde con e, la tensione di fase) R di conseguenza deve essere opportunamente dimensionata.
Delle fulminazioni sulle funi di guardia si parler a proposito della protezione da esse
esercitata (vedi Cap. XV).
10.9 Sovratensioni di manovra. Generalit

ben noto come in ogni circuito elettrico una brusca variazione delle condizioni di regime determini un transitorio. Nei sistemi di potenza in corrispondenza di manovre di inse:zione
o disinserzione di elementi o di eliminazione di guasti intervengono sovratensioni, che essendo
legate alla tensione di esercizio, divengono sempre piu significative al crescere di questa.
I valori di picco e le forme d'onda delle sovratensioni di manovra sono una funzione molto
complessa delle caratteristiche del sistema (parametri elettrici di linee e trasformatori, potenza di corto circuito dei nodi, smorzamenti, ... ) e di quelle dell'elemento che provoca il
transitorio (interruttore, sezionatore, ... ).
Le sovratensioni di manovra che assumono particolare importanza nel dimensionamento
dei sistemi di potenza sono quelle dovute a:
inserzione di linee a vuoto (aeree oin cavo);
chiusure e richiusure a seguito di apertura;
eliminazione di guasti;
apertura di piccole correnti induttive (trasformatori a vuoto, reattori);
apertura di piccole correnti capacitive (linee aeree o in cavo a vuoto o banchi di condensatori) .
In quel che segue verr sinteticamente esposta la meccanica di formazione delle sovratensioni che nascono nei casi sopra ricordati facendc fondamentalmente riferimento, per quanto riguarda le forme d'onda e valori di cresta, alle linee aeree per le quali oggi si dispone di
una maggiore e pi affidabile messe di risultati di misure dirette e di sperimentazioni.

234

Per quanto riguarda i cavi non esistono particolari differenze sul modo con cui si formano le sovratensioni; si possono avere sensibili differenze nei valori di picco e nelle forme
d'onda per il diverso valore dei loro parametri elettrici.
10.9.1

Inserzione di linee a vuoto: sovratensioni per chiusura e richiusura a seguito di


apertura

Con grossolana approssimazione (sufficiente per a dare un'idea del fenomeno in esame) si pu fare riferimento per la chiusura di una linea a vuoto alla messa in tensione di un
circuito Le. La sovratensione che risulta alla estremit di arrivo (pari a quella che si ha ai
capi della capacit) sar data dalla somma di un termine permanente alla pulsazione della
tensione impressa e un termine transitorio alla pulsazione naturale ~.
.
'\ILe
Se la chiusura avviene nell'intorno del valor massimo della tensione impressa si hanno
le sovratensioni di manovra pi elevate.
Se la capacit del sistema presenta una carica residua all'istante della chiusura (richiusura) le sovratensioni possono essere ancora piu elevate.
Nei casi reali i picchi iniziali di sovratensione di chiusura oltre che dal valore della tensione impressa prima della chiusura dipendono:
dalla rete di alimentazione (potenza di corto-circuito e tipo di alimentazione delle sbarre);
dalla lunghezza e dalle caratteristiche della linea che viene inserita (possibilit che si
verifichi effetto Ferranti);
da eventuali trasformatori e reattori inseriti nella linea;
dalla maggiore o minore sincronizzazione della chiusura degli interruttori.
In relazione a quanto sopra la sovratensione in esame pu presentare oltre al termine a
frequenza naturale armoniche di ordine elevato.
I picchi massimi di sovratensione di chiusura fase-terra e fase-fase al variare dei fattori
sopra indicati risultano compresi fra 2 e 3 p.u. all'estremo aperto della linea e 1,5-2,5 alle
sbarre di manovra.
Per le sovratensioni per richiusura rapida trifase il valore della carica residua che la condiziona funzione:
del tipo di guasto che ha provocato l'apertura e della sequenza di apertura dei poli dell'interruttore;
delle perdite trasversali della linea;
di eventuali elementi in derivazione connessi sulla linea.
I picchi massimi per richiusura rapida trifase, nelle peggiori condizioni, risultano compresi fra 3 75 p.u. all'estremo della linea e 2 73 p.u. nelle sbarre di manovra.
Quando possa praticarsi la richiusura rapida monofase (polo per polo) nelle peggiori condizioni le sovratensioni praticamente si dimezzano.
Per ridurre le sovratensioni in chiusura vengono adottati opportuni provvedimenti negli
interruttori; in particolare:
resistenze in chiusura;
chiusura sincronizzata dei poli in corrispondenza dello zero di tensione a cavallo di ciascun polo.

235
Per ridurre le sovratensioni per richiusura oltre ai prowedimenti sopra citati possono
adoperarsi resistenze in apertura atte a ridurre i valori della carica residua.

10.9.2 Eliminazione di guasti


L'apertura degli interruttori preposti alla protezione delle linee provoca, per l'eliminazione dei guasti nelle peggiori condizioni (interruttori a piccola resistenza d'arco), picchi di
sovratensione non superiori a 2,5 p.u. Per la dinamica del fenomeno si pu fare riferimento
a quanto gi esposto nel VoI. I, Parte II ai paragrafi 4.6 e seguenti.
Particolare attenzione presenta il caso del guasto chilometrico in quanto si constatato sperimentalmente che per guasti che si presentano a circa 1 km dall'interruttore di protezione possono presentarsi situazioni critiche di interruzione anche se la corrente da interrompere minore di quella che si presenta per corto-circuito ai morsetti dell'interruttore.
Come gi si visto nel VoI. I, Parte II, la tensione di ristabilimento ai capi dell'interruttore risulta dalla differenza fra le oscillazioni presenti ai capi del condensatore a monte e
la tensione a valle dell'interruttore (vedi fig. 10.13). Quest'ultima in dipendenza dei feno-

Fig. 10.13 - Schema per lo studio del guasto chilometrico.

meni di propagazione che si verificano su detto tronco di linea ha nel caso specifico un andamento triangolare con frequenza molto pi elevata di quella della oscillazione a monte.
Infatti dopo l'estinzione dell'arco, la tensione VI del morsetto a monte dell'interruttore
riacquisisce, attraverso una oscillazione a frequenza /, la tensione impressa dal generatore;
la tensione V2 presenta lungo il tronco di linea a valle di lunghezza d una distribuzione lineare fra il valore V2 subito dietro l'interruttore e il valore zero nel punto di corto-circuito.
Indicati con x , la reattanza chilometrica e con
corto-circuito:

V =J2xdI
2

Ice

il valore efficace della corrente di


[10.18]

cc

Tale onda triangolare di tensione si propaga con la velocit v (pari praticamente a quella
della luce); il valore raggiunge il 15 di corto-circuito K in un tempo

't

= - .

v
Ricordando quanto gi visto a proposito della propagazione si avr che l'onda di ten-

sione in esame giunta in K deve determinare un'onda riflessa uguale e opposta che la annulli (condizione di corto-circuito); mentre quando arriva in J viene completamente riflessa

236
(condizione di circuito aperto). Su questa base il valore della tensione in
tempo risulta: per t

= O, V2 = V2 ; per t = 't, V2 = O; per t = 2't, V2 = - V2

J in funzione del
= 3't, V2 = O

per t

e cos via con la formazione di una onda triangolare a frequenza molto elevata! la > 50
Hz ('t molto piccolo).
pertanto ammissibile considerare costante e uguale a fiE per tutto il transitorio la
tensione di regime impressa dal generatore (la tensione sar praticamente a 90 con la corrente di c.c.).
La ripidit della tensione di ristabilimento quindi praticamente quella di V2 e si pu
scrivere:

dV 2

--=-=-v2xI v
dt
't
cc

[10.19]

In dipendenza del gradiente iniziale della tensione di ristabilimento suddetta e dell' ampiezza massima della prima oscillazione pu accadere, per particolari curve di rigenerazione dielettrica, che avvenga il riadescamento dell' arco.
Questo pu avvenire negli interruttori pneumatici che presentano una caratteristica di
rigenerazione dielettrica con una certa inerzia alla partenza.
Poich risulta:

dV 2
~ I
~
-d =-v2x cc v=-v2x
t

E
d v
roL+x
[10.20]

e quindi una proporzionalit inversa fra il gradiente iniziale della tensione di ristabilimento
e la distanza del punto di corto-circuito e una proporzionalit diretta fra questa e l'ampiezza della prima oscillazione, si ha che all' allontanarsi del punto di guasto dall'interruttore e
quindi al diminuire della corrente di corto-circuito si ha una zona pericolosa in corrispondenza della quale pu aversi riadescamento dell'arco.
Negli interruttori a volume d'olio ridotto, in dipendenza del diverso andamento della
caratteristica di rigenerazione dielettrica tale fenomeno non si verifica (fig. 10.14).
Una sovratensione che ha carattere analogo alle sovratensioni di manovra quella che
si presenta nelle reti a M.T. con neutro isolato in seguito a un arco intermittente a terra.
Questo si verifica inizialmente in dipendenza di una sovratensione atmosferica o di altro tipo, o di contatti accidentali temporanei di un conduttore con la terra.
Se l'arco percorso da una corrente non molto elevata ha un comportamento instabile
e si spegne ad ogni passaggio della corrente per lo zero. (fig. 10.15).
Per il sistema di figura si suppone di concentrare le capacit nei condensatori Cl = C2 =
C3, funzionamento a vuoto, cosicch tensioni correnti sono praticamente a 90 e che l'arco
non presenti resistenza.
Quando si innesca l'arco ad es. nella fase 1, la tensione di fase El deve passare dal valore che presentava a quell'istante a zero.

237

"

,.. ..
,,. , ........ .
,~

,.\ ,I
Y

01

1)1

Fig. 10.14 - Caratteristiche di rigenerazione dielettrica per interruttori ad olio ridotto


(a) e ad aria compressa (b) e tensioni di ristabilimento per guasto chilometrico.

Il centro stella delle tensioni di fase si porta all' estremo del vettore El e le tensioni nelle fasi 2 e 3 aumentano (vedi fig. 8.8 b). La scarica del condensatore Cl e la carica dei condensatori C2 e C3 avvengono con oscillazioni del sistema induttanza-capacit in serie con frequenza naturale elevata (qualche kHz). In queste oscillazioni ogni condensatore raggiunge
tensioni simmetriche rispetto a quelle preesistenti. Con il succedersi di spegnimenti e riadescamenti dell' arco si determinano transitori che possono portare sovratensioni anche superiori a 3,5 EX"
10.9.3

Interruzione di piccole correnti induttive (trasformatori a vuoto)

Quando un interruttore chiamato ad interrompere correnti induttive piccole rispetto


a quelle di corto-circuito per le quali dimensionato, pu accadere (in particolare per gli
interruttori pneumatici e a vuoto) che l'arco venga violentemente estinto prima del passaggio naturale della corrente per lo zero (fig. 10.16).
La brusca trasformazione dell'energia elettromagnetica dell'induttanza del trasformatore
in energia elettrostatica nella capacit dello
stesso, pu fare nascere pericolose sovratensioni che dipendono dalla natura del trasformatore, dalle caratteristiche della rete in cui
connesso e dall'interruttore. Se si riprende
in esame la relazione [4.14] del Cap. IV del
Val. I, Parte II:
c,

u=Ex+
Fig. 10.15 - Schema per lo studio dell'arco intermittente a terra in una rete a neutro isolato.

2
L' 2
Ex+ua ) + C lo

[10.21]

si ottiene che la tensione u ai capi dell'inter-

238

ruttore pu essere notevolmente al di sopra di


2 Ex (valore massimo della tensione impressa)
in relazione ai valori che pu avere nel caso
in esame io (corrente strappata). Tale sovratensione pu essere sufficiente a riadescare
l'arco nell'interruttore.
Una opportuna resistenza di apertura inserita fra i contatti degli interruttori pneumatici ne migliora il comportamento in queste
circostanze. Gli interruttori a volume d'olio
ridotto e a SF6 presentano un comportamento piu favorevole.

"

'--'

vT
V

12

corrente
tensione
tensione
tensione

assorbita dal trasformatore


ai capi del trasformatore
fra i contatti dell'interruttore
impressa

Fig. 10.16 - Schema per lo studio di una brusca interruzione di una piccola corrente induttiva (trasformatore a
vuoto).

10.9.4
Interruzione di piccole correnti
capacitive (lunghe linee aeree a vuoto, cavi a
vuoto, batterie di candensatori)
Anche all'apertura di correnti capacitive
piccole, rispetto a quelle massime per le quali l'interruttore stato proporzionato, si possono presentare condizioni di interruzione
particolarmente gravose (fig. 10.17).
Facendo riferimento al semplice schema
di fig. 10.17, supposto che la corrente si estin-

gua al primo passaggio per lo zero, si ha che il morsetto 2 dell'interruttore presenta la tensione massima di carica del condensatore (ic anticipa v di

%)mentre il morsetto 1 assume

la tensione imposta dal generatore.


Evidentemente dopo mezzo periodo dall'estinzione della corrente fra i punti 1 e 2 si
stabilisce una tensione uguale al doppio del valore massimo di v.
Se questo valore di tensione provoca la riaccensione dell' arco, il condensatore tender

<=:}! ,/'

~:'~

'",.a 40'

/',-

,-

ic
V,
V 12
V

corrente
tensione
tensione
tensione

assorbita dalla capacit


ai capi della capacit
fra i contatti dell'interruttore
impressa

Fig. 10.17 - Schema per lo studio di una brusca interruzione di una piccola corrente capacitiva (linee a vuoto,
cavi).

239

Interruzione

2 0 Riadesc.

3VI,I.L---''----

Fig. 10.18 - Sovratensioni che si presentano per una brusca


interruzione di corrente capacitiva in presenza di adescamenti.

a portarsi alla tensione impressa dal generatore con oscillazioni a frequenza naturale (vi sar
sempre una certa induttanza nel circuito) durante le quali nasce una corrente anch'essa a
frequenza naturale (la tensione impressa dal generatore mantiene in questa breve frazione
di tempo costante il suo valore) in quadratura con la tensione. Se l'arco si estingue al primo
passaggio per lo zero della corrente il morsetto 2 si trover a una tensione prossima 3 VM. Ci
si trova cos in condizioni analoghe a quelle di partenza. Ripetendo il ragionamento fatto se
si ha un ulteriore riadescamento si pu avere una tensione 5VM e cos via (fig. 10.18).
Detto fenomeno si pu con certezza eliminare con una sicura estinzione della corrente
al primo passaggio per lo zero senza successivi riadescamenti.
Mentre gli interruttori ad aria compressa e a SF6 soddisfano sempre questa esigenza,
per gli interruttori a volume d'olio ridotto si pu presentare qualche difficolt in quanto la
piccola corrente interrotta non provoca una sufficiente rigenerazione del dielettrico se non
si provvede all' adozione di camere di estinzione particolari e all'interruzione multipla
10.10 Sovratensioni sostenute a frequenza industriale o armonica
In questa categoria di sovratensioni si considerano quelle a frequenza industriale o armonica.
da tenere presente che le sovratensioni di manovra precedentemente esaminate presentano in genere, a seguito del transitorio iniziale, sovratensioni a frequenza sostenuta pi
o meno pericolose a seconda del loro massimo valore di cresta o del loro contenuto energetico. Prescindendo da questi fenomeni qui si esamineranno:
10.10.1 Sovratensioni dovute a brusche riduzioni di carico
Nel caso in cui si abbia una sola centrale in corrispondenza a un brusco distacco di
carico si tende ad avere un aumento di frequenza e un progressivo aumento delle sovraten-

240
sioni. La saturazione dei trasformatori provoca talvolta una notevole distorsione armonica.
L'azione del regolato re di tensione dell' alternatore della centrale pu contenere in limiti ragionevoli tali sovratensioni.
Per reti di grande potenza non si hanno variazioni di frequenza e distorsioni armoniche di rilievo.
I picchi di sovratensione possono raggiungere 1,5 72 p.u.
10.10.2

Sovratensioni per eccesso di velocit

Sovratensioni che possono nascere per un guasto del regolatore di velocit e possono
raggiungete nelle peggiori condizioni (concomitante distacco del carico) sovratensioni da 3
a 3,5 p.u.
Opportuni dispositivi di protezione e un buon regolatore automatico di tensione contengono queste sovratensioni entro 1,2 7 1,3 p.u ..
10.10.3

Sovratensioni temporanee

Nel campo delle sovratensioni sostenute hanno molto interesse le cosiddette sovratensioni temporanee, cio quelle che per il loro elevato contenuto energetico non possono essere scaricate a terra da scaricatori.
Esse sono:
sovratensioni per effetto Ferranti gi esaminate precedentemente (vedi Cap. II);
sovratensioni per guasto a terra di una o due fasi, che vengono esaminate nel capitolo
che tratta i guasti non simmetrici (vedi Cap. VIII);
sovratensioni per autoeccitazione degli alternatori;
sovratensioni per ferrorisoranza;
sovratensioni per risonanza su armoniche.

Le ultime tre categorie di sovratensioni verranno qui trattate.


10.10.3.1 Sovratensioni per autoeccitazione degli alternatori
Quando un alternatore alimenta una lunga linea a vuoto eroga una corrente che praticamente in quadratura in anticipo sulla tensione e che circolando nello stato re provoca un
flusso che si somma direttamente con quello di rotore, determinando quindi una vera e propria eccitazione anche se la corrente di eccitazione nulla.
Si pu stabilire una equivalenza fra corrente di stato re e quella di eccitazione a mezzo
del coefficiente di Potier, a (Ieee = aI) e tracciare la caratteristica di magnetizzazione della
macchina in funzione di tale corrente avendo fissato una nuova scala delle ascisse con Iee/a
(fig. 10.19).
Tenuto conto che per carico capacitivo (trascurando la resistenza di statore) la tensione di fase ai morsetti V, la f.e.m. E e la c.d.t. Xi sono in fase (vedi VoI. I, Parte I, par. 7.5)
si pu scrivere:

V = E + XdI

= E + (X. + X

r)

avendo evidenziato la reattanza di dispersione X. e di reazione


Per Ieee = O ; E = O e quindi:

[10.22]

x,.

241
VI'~I

:0

,I)

,
li

'I,
t.. e
10

6(.\0()

'000

-.-

(A'

....s:c
.s
hg. 10.19 - Autoeccitazione di un alternatore: a) caratteristica
di magnetizzazione; b) caratteristica di autoeccitazione; cl caratteristica della linea.

v = (X

+ Xr) I

= <p (I)

Tenuto conto che per Ieee == 0, XJ rappresenta per ogni valore di I (capacitivo) un punto della caratteristica di magnetizzazione a vuoto dell' alternatore si ha che la caratteristica di
autoeccitazione dell' alternatore v = <Il (I) pu essere immediatamente dedotta da quella di
magnetizzazione sommando in ogni punto al valore della tension determinata da una data
corrente capacitiva di statore la c.d.t. XI
D'altra parte fra la tensione di fase applicata all' origine della linea El e la corrente assorbita I] si ha:
- -A
in quanto
El =II~

El =AE2
Il

= CE 2

per 12 =

EI=V
e

I] =1

[10.23 ]

242
-

Se allora sul diagramma precedente si traccia la retta El

- A
Il C essa potr tagliare o

no la caratteristica dell' autoeccitazione. Se tale retta incontra detta caratteristica si ha autoeccitazione, in caso contrario no.
La condizione di tangenza alla curva di autoeccitazione stabilisce il limite di autoeccitazione della macchina (t g E = t g 11).
Detto fenomeno quindi tanto pi sensibile quanto pi piccolo l'angolo E e quanto
pi grande l'angolo 11 (vedi fig. 10.19).
Anche per corrente di eccitazione nulla a causa di un certo magnetismo residuo si ha
una certa f.e.m. a vuoto che trovandosi applicata alla linea d luogo a un assorbimento di
corrente che essendo magnetizzante fa aumentare V. La tensione cresce fino al valore determinato dal punto di intersezione della caratteristica di autoeccitazione con la retta El =

~ Il

Si ha:

A
tgE=-

[10.24 ]

per una linea senza perdite vale: Z c cot g O) L fu


tg 11 =Xd

[10.25]

Il fenomeno dell'autoeccitazione quindi tanto meno importante quanto minore 0), L e


La lunghezza limite di linea per cui si ha autoeccitazione si ha per
tg 11

per linea senza perdite: X d

=Z c

cotg O) L

= tg ~

ffc

[10.26]
[10.27]

posto Zc = K rapporto caratteristico della linea si ha che

Xd

[10.28]
Se all' eccitazione fornita dall'indotto si sovrapponesse una corrente nell'induttore dello stesso segno il fenomeno si aggraverebbe. Se invece si controeccita, il fenomeno si attenua.
Per facilitare la messa in tensione delle lunghe linee A.T. ed ovviare a questo inconveniente si installano in parallelo all'inizio, come si gia visto, bobine di reattanza.
Per una lunga linea a vuoto, avente tensione di fase in partenza E e costanti quadripolari A, B, C, D, il valore della reattanza X da inserire in parallelo si ricava a partire dal
valore che presenta la corrente di fase in questa nuova condizione (fig. 10.20):

243
j'

-I

Si ha:

i"
X

E
I

Fig. 10.20 - Inserzione di reattori per evitare


autoeccitazione.

l'-l"= E

(i -~ J

[10.29]

AX
CX-A

e quindi, ricordando che al limite, tg


si ha:

[10.30]

= tg 'Il = X d ,

[10.31]
10.10.3.2 Sovratensioni per ferrorisonanza
La ferrorisonanza un fenomeno che si manifesta come una oscillazione forzata (a frequenza fondamentale, subarmonica o a frequenze superiori) in un circuito non lineare e d
luogo a sovratensioni, abbassamenti anormali di tensione, inversione dell' ordine di successione delle fasi. Tale fenomeno caratterizzato dalla possibilit che si instaurino tre diversi
regimi nello stesso circuito in dipendenza delle condizioni iniziali. Lo studio dei circuiti ferrorisonanti complesso e pu essere eseguito matematicamente o con metodi di simulazione analogica elaborando opportuni modelli per le varie parti del sistema La ferro risonanza
si presenta abbastanza raramente sui sistemi di potenza; fra i casi registrati pi frequente
per linee che alimentino su una o due fasi trasformatori di potenza. Con grossolana approssimazione il fenomeno della ferrorisonanza pu essere illustrato facendo riferimento al semplice circuito di fig. 10.21 costituito da una induttanza con nucleo in ferro con in serie una
capacit, alimentato da un generatore sinusoidale
con tensione di valore efficace E, di potenza infinita nell'ipotesi che si trascurino le perdite.
Immaginando che la corrente possa assumere valori tali da portare in saturazione la induttanza, la tensione ai capi di questa potr esprimersi,
per data pulsazione 0), come:

c
Fig. 10.21 - Circuito per lo studio della ferrorisonanza.

Per la prima armonica si potr scrivere a regime in valori numerici:


[10.32]

Si riportino in un grafico (fig. 10.22) le suddette grandezze al variare della corrente I.


I valori di corrente che soddisfano la relazione [10.33] sono individuati sulla curva (4)
che rappresenta \1;" - IC nei punti A, B, C in cui questa viene intersecata dalla retta E =
costo I punti A e C rap~resentano condizioni di funzionamento stabile in quanto al crescere

244
della corrente cresce la f.c.e.m. che tende a
riportare il sistema nelle condizioni preesistenti.
li punto B rappresenta invece una
condizione instabile in quanto al crescere
della corrente diminuisce la f.c.e.m. e
quindi la corrente tende ulteriormente ad
aumentare per giungere nella nuova condizione stabile C dopo essere passata attra~. I
C

.. I

verso il punto di risonanza F (alla pulsazioI


ne O) si ha in F: O) C = V L ).

Fig. 10.22 - Generazione di una sovratensione per


ferrorisonanza. l: tensione ~i capi dell'induttanza; 2:
tensione ai capi della capacit; 3: tensione impressa.

interessante notare che in tali condizioni di risonanza (che si verificano sempre quando la capacit ha un valore intermedio fra
i valori che la reattanza pu assumere per valori bassi e alti di corrente) la corrente ha un
valore finito indipendentemente dal fatto che si trascurata la resistenza (ci rende accettabile tale approssimazione).
Se allora in regime di sovracorrente, un circuito dimensionato per funzionare in A sposta il suo funzionamento in C (e perch ci accada basta che si superi la corrente OB') si ha
ai capi della capacit una sovratensione per ferrorisonanza particolarmente pericolosa.
10.10.3.3

Sovratensioni per risonanza su armoniche

Negli impianti possono verificarsi, per condizioni di risonanza serie, pericolose sovratensioni ai capi della capacit del circuito (fig. 10.23).
In condizioni di risonanza, come noto, il rapporto fra la tensione E del circuito e

_.--_ .... _--~,I


I-"~-"---

.. -----."' . . ,

.. '

1[-

-----,

\
-

' _________ ......... ____ ... ____ ::_ ..1

Fig. 1O.23a - Sovratensioni per risonanza: interruzione


monofase dell' alimetazione del circuito.

Fig. 10.23b - Sovratensioni per risonanza: interruzione monofase dell' alimetazione di un TV (fusione di una
valvola in seguito a contatto fra primario e secondario).

245

quella esistente ai capi della capacit Ee vale:

Ee =
E

1
wCR

[10.33 ]

e quindi per R piccolo Ee pu essere estremamente elevata. Il fenomeno di una sovratensione per risonanza alla frequenza industriale si presenta molto raramente in condizioni normali. (Potrebbe presentarsi in impianti con grandi batterie di rifasamento).
Maggiori probabilit presentano le risonanze per terza armonica o armoniche superiori.
La terza armonica quasi sempre presente anche se con ampiezze ridotte per la saturazione dei nuclei dei trasformatori e a causa dell' effetto corona.

CAPITOLO XI

LA COMPATIBILIT ELETTROMAGNETICA (C.E.M.)


DEI SISTEMI ELETTRICI

11.1

Generalit

La C.E.M. si occupa, da un punto di vista generale, delle problematiche scaturenti dalla


mutua influenza tra le apparecchiature elettriche ed elettroniche, ovvero della influenza su
entrambe dell' ambiente elettromagnetico stesso.
Il Vocabolario Elettrotecnico Internazionale (VE.I.) fornisce la seguente definizione di
Compatibilit elettromagnetica:
Attitudine di un dispositivo, di un apparecchio, o di un sistema a funzionare in modo
soddisfacente nel suo ambiente elettromagnetico, senza produrre, esso stesso, delle perturbazioni elettromagnetiche intollerabili per tutti gli equipaggiamenti ivi presenti .
Questa definizione mette in luce due aspetti essenziali:
ciascun equipaggiamento non deve produrre un livello di perturbazione che oltrepassi
un limite tollerabile;
tutti gli equipaggiamenti devono presentare un certo livello di immunit.
Si possono definire tre tipi fondamentali di interazioni tenendo conto delle loro origini
e del ricettore:
quelle prodotte da un apparecchio su un altro apparecchio (effetto di un sistema su un
altro, interferenze all'interno di uno stesso sistema, ... );
quelle prodotte dall' ambiente circostante sull' apparecchiatura elettrica (effetti della fulminazione, ... );
quelle prodotte dall'apparecchiatura sul suo ambiente (influenza dei campi elettromagnetici sugli esseri viventi).
Il lavoro normativo che si svolge sotto il titolo generale di "Compatibilit elettromagnetica" procede sulla base dei seguenti criteri fondamentali:
- definire gli ambienti tipici (differenziando tra reti pubbliche, impianti in edifici civili, impianti in locali industriali, impianti in aree di controllo, etc);
indicare per ciascun tipo di disturbo un livello di compatibilit, inteso come quel livello di riferimento che ha una probabilit assegnata di essere superato;
stabilire per le diverse categorie di apparecchi utilizzatori un livello di suscettibilit, inteso come il rischio che 1'apparecchio sottoposto ad un disturbo di caratteristiche assegnate sia soggetto a malfunzionamento o danneggiamento;
fissare i limiti di emissione di un apparato, cio il livello massimo di disturbo che un

248

apparecchio utilizzatore pu generare o iniettare sul sistema di alimentazione, e i limiti di


emissione del sistema, cio il massimo livello di disturbo che l'insieme di apparecchiature
presenti nel sistema pu genrare;
introdurre il concetto di immunit, che indica il massimo livello di disturbo che un apparecchio deve potere sopportare senza inconvenienti (specificati per tipo di apparecchio).
L'immunit una caratteristica specifica dell' apparecchio, riferita al singolo disturbo che
pu interessare l'installazione. L'immunit di un sistema la prestazione dell'insieme degli
apparati componenti il sistema stesso e risulta pertanto condizionata dal componente con
prestazioni inferiori.
La differenza tra i livelli di immunit (riferiti all' apparecchio) e di compatibilit (riferiti
all' ambiente) costituisce il margine di immunit, owero il fattore di sicurezza che il progettista assume nel coordinare le caratteristiche di tolleranza ai disturbi ambientali per gli apparecchi che compongono un impianto.
Il livello di compatibilit elettromagnetica dunque un valore convenzionale scelto tra il
livello di immunit massimo ed il livello di perturbazione massimo, inteso come quel valore la
cui probabilit di essere superato molto piccola. In pratica si ammette sempre un piccolo
rischio di funzionamento non soddisfacente.
I concetti sopra esposti sono sintetizzati in fig. 11.1, ove sono rappresentati in termini
statistici i livelli di emissione dei disturbi, quelli di suscettibilit degli apparati e la relazione tra
i diversi parametri per il soddisfacimento della C.E.M.
Sono riportati: in Tab. Il.1 le classi ambientali normalizzate dall'ENEL con riferimento

Fig. 11.1 Rappresentazione probabilistica del coordinamento tra i livelli emissione e suscettibilit, con riferimento a quelli di compatibilit e immunit.

249
. d't elasst. el ett romagne te eam b'tenta t.
Esempto

T:bll1
a

CLASSE AMBIENTALE

Disturbi di

f----------

II

III

IV

a) AMBIENTI E COLLEGAMENTI TIPICI DI IMPIANTI ELETTRICI


- Campi magnetici:
. a freq. di rete
. ad impulso

Sala controllo ed Edificio di controllo Edificio di controllo


area di generazione o chiosco di Cabina

Locale schermato

- Tensione in cc, ca: Collegamenti tra ap


- Impulso o Transito- parati in locali scher
rio ad elevata energia
- Onde oscillo smorza-

Collegamenti in aree Collegamenti diretti Collegamenti diretti


ed edifici di Cabina ad apparecch. ATI ad apparecchiature
MT di Cabina Pri AT di Stazione e
Primaria
mafia
strumentazione
su
Collegamenti in aree

b) AMBIENTI E COLLEGAMENTI TIPICI DI EDIFICI E CENTRALI DI CONTROLLO


- Campo magnetico

Locali di edifici non Locali di edifici sog- Aree prossime alla


soggetti a fulmina- getti a fulminazione copertura di edifici o

Locali schermati

Collegamenti

- Impulso o Transito- Collegamenti tra apparati in edifici non


soggetti a fulminaz.

Collegamenti

Collegamenti diretti
a
strumentazione
ubicata su strutture

c) QUALITA' DELL'ALIMENTAZIONE
- Armoniche di ten- In Centri di Controlsione di rete
lo ed Elaborazione
- Residui ca su ali- dati con sistemi di
mentazione cc
alimentazione di con- Interruzione tensione alimentazione
- Riduzione tensione

In edifici di control- In installazioni in ge- In impianti elettrici


lo, con distribuzione nere, direttamente ed installazioni con
privilegiata, disac- derivata dalla rete di
coppiamento dalla

cl)

COLLEGAMENTI DI IMPIANTI ELETTRICI E CENTRI DI CONTROLLO

- Transitori di breve Di segnale e di co- In edifici di control- In aree di Cabina Di organi di controllo di apparecch. AT
municazione di Cen- lo di Cabina Primadi Cabina Primaria e
tri di Controllo ed ria, Stazione e CenStazione
trale
Diretti ad apparecch.

e) AMBIENTI CON ACCUMULO DI CARlCHE DI ELETTRICIT STATICA


- Scariche elettrosta- Locali o ambienti Locali o ambienti Locali o ambienti Aree o ambienti con
con U.R.>35% e ar- con U.R. non con- con U.R.>50% e ar- U.R. non controllata

j) AMBIENTI CON IRRADIAZIONE DA SISTEMI DI TELECOMUNICAZIONE


- Campi elettroma- Impianti ed installaz. Locale con divieto Aree di impiego di ri- Aree di influenza di
con divieto di impie- specif. di impiego di cetrasmettitori orno- sistemi di telecomuricetrasmett., consen-

250
(Tab. 11.2)

Alcuni limiti di livelli di emissione adottati dall'ENEL


Nr

MISURA

LIMITE DI EMISSIOINE

CAMPO DI

NOTA

APPLICABILIT

MISURE DI DISTURBI EMESSI DI TIPO CONDOTTO

01 Armoniche Coro distorsione to


rente Immesse tale singola ar

2%

5%

02 Armoniche Si- distorsione to


stemi Alimenta

1%

3%

1 Vpp

03

Residuo in C.A. frequenza 0.5 Vpp


Sistemi Alimen doppia rete

04

Tensione disturbo emessa da


apparati alimentati da staz.
energia dedicata
ad apparati tele

15 %

circuiti di alimen

unit di alimen

5 Vpp

15 Vpp

unit di alimen

lO

banda psofo- 3 mV (misurata psofometricamente)


metrica
banda
non
psofometrica: lO mVpp (righe, sommate in tensione)
0-4 kHz
lO mVpp (valore max per ogni riga)
superiore a 4

05 Disturbi di Tipo 0.15-0.5 MHz


Condotto
0.5-5 MHz
(Quasi-Picco) 0.5-30 MHz

66-56
56

79

73

circuiti di alimen

decr. lino circuiti di alimen

MISURE DI CAMPO ELETTROMAGNETICO IRBADIATO

01 Campo e1ettro- 30-230 MHz


magnetico
(Quasi -Picco)

40

50

apparato

agli impianti di generazione, di trasmissione e distribuzione, di controllo, etc; in Tab. 11.2 i


limiti di emissione adottati dall'ENEL; in Tab. 11.3 i corrispondenti limiti di immunit (livelli di severit) legati alla classe ambientale.
11.2 Classificazione dei disturbi elettromagnetici e meccanismi di accoppiamento

Nell'ambito della classificazione dei disturbi elettromagnetici occorre distinguere i concetti di disturbo e interferenza (EMI).
Per disturbo elettromagnetico si intende la causa, la interferenza elettromagnetica
rappresenta invece l'effetto del disturbo sull'apparato in esame.
Ogni problema EMI composto da tre elementi essenziali:
una sorgente di interferenza;
un ricevitore (o circuito vittima dell'interferenza)
un meccanismo di accoppiamento dell'interferenza dalla sorgente al ricevitore.
Lo schema generale in cui pu essere rappresentato un generico problema EMI illustrato nella fig. 11.2 seguente:
Sorgente di disturbo
interferente

[canale

l~

Ricevitore disturbato

Fig. 11.2 - Meccanismo di interferenza elettromagnetica.

251

(Tab. 11.3)

Alcuni limiti di livelli di immunit adottati dall'ENEL


PROVA
LIVELLO DI SEVERITA'
PROVA
Nr

SPECIALE ApPLICABILIT

D'ONDA E

PARAMETRI

1
-

l kVp

2 kVp

5 kVp

PROVE DI ISOLAMENTO

01

Tenuta ad
impulso

1.2/50 J.ls

02

Rigidit
Dielettrica

tensione c.a e/

o tensione c.c.

0.5 kV

0.5 kV
0.75 kV

l kV
1.5 kV

2 kV
3 kV

Resistenza di
isolamento

500 V c.a.
oppure 100 V
c.c.

1M

10M

100 M

03

tutti i circuiti
per filtri

PROVE DI IMMUNITA' A DISTIJRBI DI TIPO CONDOTTO

distorsione
Armoniche
Tensione di Rete totale singola
armonica
01

2%
1%

Residuo C.A. su
frequenza
0.5 Vpp
Alimentazione
doppia
rete alimentaz.
C.C.
Interruzione
Tensione
Alimentazione

5%
2%

10%
5%

15%
9%

l Vpp

5 Vpp

15 Vpp
circuiti di
alimentazione

durata fino a
(c.a.)

3 ms

lO ms

20 ms

200 ms

l s

1 ms

5 ms

20 ms

200 ms

1s

durata fino a
(c.a.)

02

03

04

Riduzione
Tensione
Alimentazione
C.C./C.A

valore e durata

Tensione in C.A.
Tensione in C.C.

sinuosoidale
continua

Impulso Elevata
Energia.

1.2/50 J.lS
(a vuoto)
8/20 J.lS
(c.to circ.)

50 % fino a 20 ms
20 % fino a 50 ms
lO V. eff. 20 V. eff. 50 V. eff. 250 V. eff.
250 V
lO V
20 V
50 V
0.5 kV
(50 Ap)

l kVp

2 kVp

4 kVp

5 kVp

(IOO Ap) (200 Ap) (400 Ap) (500 Ap)

05

Transitorio
tempo di salita 0.5 kVp
Elevata Energia. 05 J.ls,100kHz

l kVp

2 kVp

4 kVp

0.5 kVp

l kVp

2 kVp

4 kVp

06

Transitori Breve
onda di
calibrazione
Durata
Bassa Energia. forma 5/50 ns

07

Onde Oscillato- freq. 0.1 MHZ


rie Smorzate
freq. l MHZ

0.2 kVp
0.5 kVp

0.5 kVp
l kVp

1 kVp
2.5 kVp

Treni Onde
treno 20
Sinusoidali in sinusoidi ogni
B.T. O.Ol-lMHZ
20 ms

lO Vp

20 Vp

50 Vp

100 Vp

08

6 kVp
tutti i circuiti

PROVE DI IMMUNIT A SCARICHE ELETTROSTATICHE

01

Scariche
Elettricit
Statica

onda di
calibrazione
forma 5/30 ns

2 kV

4 kV

8 kV

15 kV

apparato

(segue)

252
(Tab. 11.3)

Alcuni limiti di livelli di immunit adottati dall'ENEL


PROVE DI IMMUNITA' A CAMPI ELETTROMAGNETICI

01

Campo
Magnetico a
F reguenza di
Rete

1...3s
esposizione
esposizione

continua

l Nm

02

Campo
Magnetico ad
Impulso

onda corrente
forma 8/20 J.ls

03

Campo
Magnetico
Oscillatorio
Smorzato

corrente a
frego 0.1 e 1
MHZ

Campo
Elettroagnetico
Irradiato

continuo,

1 V/m

04

400Nm

l kNm

30Nm

100Nm 400 Nm

100Nm 300 Nm

1 kNm

lO Nm

30Nm

100 Nm

3 Vlm

10 Vlm

speciale

apparato

modulato e
intermittente

Le vie di accoppiamento fra la sorgente di disturbo interferente ed il ricevitore sono


essenzialmente le seguenti:
- galvanica, quando i due elementi sono collegati tramite un conduttore; (accoppiamento tramite impedenze comuni; si verifica ogni volta che correnti provenienti da circuiti
diversi attraversano una impedenza comune a tutte le linee: collegamenti di ritorno a masse
e delle linee di alimentazione).
- capacitiva, quando i due elementi sono accoppiati tramite un campo elettrico;
- induttiva, quando i due elementi sono accoppiati tramite un campo magnetico;
- radiante, quando l'accoppiamento prodotto dall'effetto simultaneo dei campi elettrici e magnetici che si propagano per mezzo di onde.
Pi sinteticamente, con riferimento alle vie di propagazione, si suole distinguere i disturbi in due grandi categorie:
- disturbi di tipo condotto: il disturbo si propaga attraverso i conduttori che collegano
tra loro le varie parti di un circuito, o circuiti diversi. In particolare un'interferenza di questo tipo sempre presente lungo la linea di alimentazione connessa alla rete elettrica.
- disturbi di tipo irradiato: il disturbo si propaga nell' ambiente elettromagnetico circostante all' apparecchiatura disturbante sotto forma di onde elettromagnetiche.
La durata dei disturbi legata al tipo di fenomeno che li provoca; in tal senso si distinguono:
- fenomeni stazionarz; hanno un carattere continuo o periodico e di conseguenza i
corrispondenti disturbi hanno una lunga durata. Esempi tipici sono la presenza nella tensione di alimentazione di componenti inverse o di un contenuto armonico.
- fenomeni quasi stazionarz; quando comportano una evoluzione lenta nei confronti
della tensione di alimentazione; il disturbo in tal caso ha una durata contenuta. Esempio .
tipico il flicker di tensione.
- fenomeni transitorz; quando hanno una evoluzione pi rapida della frequenza fondamentale presente. Esempi tipici sono le perturbazioni dovute a manovre sulla rete.
Alcune fenomenologie determinano sui componenti, oltre alle deformazioni delle grandezze utili, un riscaldamento localizzato che pu portare alla loro distruzione. In tal caso
necessario conoscere l'energia iniettata sul componente. Mentre per alcuni componenti o

253
sistemi l'energia distruttiva sensibile e pu essere superata solo eccezionalmente (ad esempio a causa di una fulminazione), per i componenti elettronici, quali i semiconduttori, i circuiti integrati, etc, tale energia modesta e pu facilmente essere superata da un disturbo
irradiato.
In tal senso in tab. 11.4 sono riportati i campi di escursione delle energie distruttive di
alcuni componenti e sistemi.
Campi di escursione delle energie distruttive di alcuni componenti e sistemi
Componenti

Sistemi

Generatori Motori
Trasformatori di potenza
Piccole macchine
Elettriche
Strumenti di misura
Rel
Starter elettrici
Computers

Bobine di resistenza
Resistenze lineari semplici
Componenti Condensatori
Condensatori al tantalio
passivi
a bassa tensione
Bobile di induttanza

10 8 10 6

10 4

10 2

102

104

(Tab. 11.4)
106

10 8

r--

Tubi elettronici
Transistor di potenza
Transistor di poca potenza
Componenti
Diodi Zener
attivi
Diodi raddrizza tori
Diodi a microonde
Circuiti integrati

Il.3

Metodi di analisi dei disturbi elettromagnetici nei sistemi di potenza

La compatibilit elettromagnetica (CEM) degli impianti dedicati alla produzione ed alla


distribuzione dell'energia elettrica pu condizionare l'affidabilit dell'intero sistema elettrico. Tale problematica, di vasto e sempre pi importante respiro, pu essere studiata individuando gli elementi che sono sorgenti di disturbi elettromagnetici, quelli che ne sono vittima e le modalit secondo cui il disturbo interferisce con gli apparati suscettibili. Una netta
distinzione tra apparati sorgente e apparati vittime non agevole da effettuare poich ciascun elemento pu e deve essere considerato al tempo stesso sorgente e vittima. Lo studio
dei fenomeni associati alla CEM pu essere condotto, in via preliminare, dal punto di vista
teorico impiegando metodi di analisi e modelli computazionali che consentano di stabilire
una relazione tra una causa (p.e. una sorgente di interferenza) ed i suoi effetti (p.e. la rispo-

254
sta di un circuito che fa parte di una installazione). Tale relazione pu essere individuata in
molti modi in dipendenza del tipo di problema, della sua complessit e del grado di approssimazione accettato rispetto ad una formulazione esatta. I metodi possibili includono:
l'impiego della teoria dei circuiti per descrivere i disturbi condotti, come per esempio
le sovratensioni, le buche di tensione, le interruzioni di tensione, il problema delle armoniche e i possibili accoppiamenti attraverso le messe a terra comuni;
l'uso di circuiti equivalenti che prevedono sia elementi concentrati che parametri distribuiti, come per esempio nel caso di accoppiamenti elettromagnetici (EM) a bassa
frequenza (espressi a mezzo di mutue induttanze e capacit trasversali), accoppiamenti
tra campi e linee elettriche schematizzati impiegando la teoria delle linee di trasmissione ed i concetti relativi allo studio dei fenomeni di accoppiamento (crosstalk) nei cavi;
la formulazione del problema in termini di soluzioni formali delle equazioni di Maxwell
con le appropriate condizioni al contorno, come per esempio nel caso di problemi che
coinvolgono radiazione EM e scattering di antenna.
Il successivo impiego di metodi numerici di soluzione, basati sull'implementazione di
codici di calcolo automatico nei moderni calcolatori, consente di dare risposte soddisfacenti anche ai problemi pi complessi. D'altra parte, qualunque fenomeno che costituisce l'interfaccia tra una sorgente di interferenza elettromagnetica (EMI) ed il sistema vittima, pu
essere modellato con un diverso grado di approssimazione. La questione basilare diviene
allora 1'accuratezza del modello. Attualmente il limite pi importante nella individuazione
di modelli nello studio della CEM costituita dalla complessit dei fenomeni che intervengono nei sistemi e nelle installazioni reali. Ad esempio, possibile schematizzare piuttosto
accuratamente l'accoppiamento tra un campo EM e molte linee di trasmissione parallele,
oppure 1'accoppiamento induttivo tra una linea sede di elevate correnti e molte linee parallele di segnale. Ma, per esempio, quando cavi costituiti da conduttori non schermati o linee
coassiali con molte decine di conduttori sono installati all'interno di un autoveicolo, impossibile portare avanti in maniera esatta un processo di calcolo giacch i parametri elettrici (induttanze e capacit) sono troppo difficili da determinare e il numero di parametri indipendenti che descrivono il modello diventa cos grande che le dimensioni del codice di
calcolo ed i tempi di elaborazione diventano proibitivi anche sulle macchine dell'ultima generazione.
Un' altra difficolt pu essere dovuta alla intrinseca multidimensionalit del problema.
Compendio naturale dello studio della compatibilit elettromagnetica allora costituito dalle misure sul campo e dalle prove che le norme internazionali e nazionali stabiliscono
debbano essere eseguite su ciascun tipo di apparecchiatura, al fine di garantirne la compatibilit con l'ambiente in cui dovr funzionare.
11.4 I disturbi condotti e irradiati nei sistemi di potenza

11.4.1

I disturbi condotti

Fra i disturbi condotti nei sistemi di potenza hanno particolare rilievo le irregolarit
della tensione che sono classificate sulla base delle caratteristiche dell' alimentazione che
esse vanno ad influenzare. Si possono verificare:
-

Modifiche della simmetria della tensione

255
Variazioni della forma d'onda
Variazioni dell' ampiezza
La tipologia di variazioni dell' ampiezza della tensione comprende molteplici disturbi:
Variazioni lente: scostamento in percentuale dal valore nominale con durata di qualche
decina di secondi (quando non si mantiene entro la fascia di tolleranza contrattuale del
10%);

Fluttuazioni della tensione (flicker): scostamento in percentuale dal valore preesistente


di tipo ripetitivo e con uno spettro di frequenza fino a circa 35 Hz;
Buche di tensione: abbassamenti parziali o totali del valore efficace, con durate comprese tra lO ms e qualche decina di secondi;
Collasso di tensione;
Sovratensioni non impulsive: di segno opposto alle buche di tensione;
Transitori di commutazione: originati da apparecchi convertitori e raddrizzatori;
Transistori dovuti a instabilit di funzionamento;
Sovratensioni impulsive: variazioni del valore assoluto istantaneo della tensione; vengono definite:
- di lunga durata: durata compresa fra 1 ms e alcuni ms (origine atmosferica o in
relazione ai guasti);
- di media durata: durata compresa fra 1 e 100 J..lS (originate da manovre di interruttori o sezionatori e da interventi di fusibili);
- di corta durata: durata inferiore a 1 J..lS (originate da manovre di interruttori o sezionatori);
Nei sistemi di potenza i disturbi di tipo condotto, che fra 1'altro sono i pi facilmente
classificabili, hanno maggiore rilevanza.
Pertanto a tali disturbi in quel che segue si far prevalentemente riferimento.
11.4.2

Disturbi irradiati

La norma CEI 110-24 elenca nell'allegato A i Principali fenomeni elettromagnetici


oggetto di standardizzazione internazionale; relativamente ai disturbi di natura irradiata si
ha la seguente classificazione:
Fenomeni di campo irradiato in bassa frequenza
- campi magnetici (persistenti o transitori);
- campi elettrici (persistenti o transitori);
Fenomeni di campo irradiato in alta frequenza:
- campi magnetici;
- campi elettrici;
- campi elettromagnetici;
- onde persistenti;
- transitori;
Nel campo dei sistemi di potenza disturbi di natura irradiata si hanno a seguito di transitori rapidi dovuti a manovre di interruttori o sezionatori, per fenomeno corona, per fulminazioni, etc.

256
11.5 Analisi dei disturbi condotti nei sistemi di potenza
11.5.1

Modifiche della simmetria della tensione nelle reti elettriche

Una rete viene considerata in condizioni di regime squilibrato quando le tensioni di


fase differiscono in ampiezza oppure sono sfasate di un angolo diverso dal valore normale
di 120. Tale condizione implica la presenza di componenti inverse sia di tensione che di
corrente.
Gli squilibri di tensione in una rete elettrica trifase possono avere origine sia dal carico
alimentato, se esso non assorbe correnti equilibrate sulle tre fasi, sia dalla rete, se essa non
di costituzione simmetrica (una disposizione spaziale dissimmetrica dei conduttori si traduce in differenti valori di impedenze per le fasi), ovvero da entrambe le cause simultaneamente.
Nel primo caso lo squilibrio dovuto a carichi monofase collegati tra una delle fasi ed
il neutro o tra due fasi. Si tratta per lo pi di utenze di abitazione civile o di piccole utenze
di forza motrice alimentate in bassa tensione e di potenza modesta (non superiore generalmente a qualche decina di kW), ovvero di particolari carichi monofase alimentati direttamente in media tensione, quali forni elettrici, saldatrici, sistemi di trazione elettrica.
Con riferimento al secondo caso da sottolineare che la trasposizione dei conduttori,
mentre un provvedimento usuale per le lunghe linee elettriche di trasmissione ad alta tensione, non viene di regola effettuata per le linee di media tensione.
Si soliti indicare come grado di dissimmetria o grado di squilibrio, il modulo
del rapporto tra il componente inverso ed il componente diretto della grandezza di interesse (tensione o corrente).
In una rete elettrica si possono presentare due casi distinti che determinano una condizione di squilibrio:
Il sistema delle tensioni di alimentazione simmetrico ma alimenta un carico trifase
squilibrato, cio costituito da tre impedenze diverse;
Pur essendo il carico equilibrato (ad esempio un motore), il sistema delle tensioni di
alimentazione non simmetrico ma presenta una componente diversa dovuta all'effetto
di altri carichi squilibrati.
Nel primo caso lo squilibrio, indicativo delle caratteristiche del carico, pu essere misurato dal rapporto l/Id tra il modulo della corrente inversa e quello della corrente diretta.
In queste condizioni il sistema delle tensioni sul carico non pi simmetrico in quanto nasce una differenza di potenziale tra il centro stella del carico e quello dell'alimentazione e,
inoltre, le cadute di tensione sulle tre fasi non sono eguali tra loro.
Nel secondo caso, indicando con In la corrente nominale del carico che rappresenta il
modulo della terna diretta di correnti presenti nel caso in cui 1'alimentazione sia costituita
da un sistema simmetrico diretto di tensioni, lo squilibrio del sistema pu essere misurato
dal rapporto I/ In.
Al fine di effettuare una analisi teorica dello squilibrio dovuto ai carichi in un nodo
della rete di distribuzione, si fa riferimento allo squilibrio delle tensioni presenti sulle tre
fasi; in particolare esso pu essere misurato sia dal rapporto E/Ed tra i fasori che definiscono le componenti inversa e diretta del sistema delle tensioni di fase, sia dall' analogo rapporto V/Vd relativo alle tensioni concatenate.

257
In generale, dunque, lo squilibrio caratterizzato da un coefficiente complesso sf costituito da un modulo t che individua il grado di squilibrio e da una fase 8 che caratterizza la posizione reciproca delle due teme di sequenza diretta e inversa di tensioni.
Facendo riferimento alle tensioni di fase, si ha:
_
S

Eia

l
= =-E = te

[11.1]

cl

I due parametri t e 8 vengono di norma valutati sulla base del sistema delle tensioni
concatenate, il quale, non contenendo componenti omopolari, di pi facile determinazione. In tal caso si ottiene:

se =

v. = t
='-

e i (a-n!3)

[11.2]

Vcl

Lo squilibrio di tensione introdotto da un carico monofase di impedenza Zc su una linea elettrica trifase alimentata da un sistema di tensioni perfettamente simmetrico diretto,
nell'ipotesi di potere trascurare le impedenze di linea Zr rispetto a quella del carico, si pu
esprimere in forma approssimata come:
[11.3]

che, in termini della potenza apparente Acta di corto-circuito trifase della rete elettrica e
della potenza apparente nominale An del carico, si traduce nella:
[11.4]

Lo squilibrio di tensione risulta dunque inversamente proporzionale alla potenza di


corto-circuito della rete.
Al ridursi del livello della tensione della rete diminuisce la potenza di corto circuito,
cosicch appare chiaro come lo squilibrio della tensione sia pi significativo ai livelli di tensione pi bassi del sistema elettrico. Tenendo conto delle possibili escursioni delle potenze
di corto-circuito nelle reti di distribuzione, si evidenzia che, nell'ipotesi di una tensione perfettamente sinusoidale alle sbarre della stazione o della cabina di alimentazione, mentre
nelle reti di media tensione il massimo grado di squilibrio normalmente inferiore all' 1 %,
nelle reti di bassa tensione pu essere facilmente superato un grado di squilibrio del 2%
specialmente nei rami terminali delle linee. Tenendo conto inoltre che gli squilibri presenti
sulle reti ad alta e media tensione si ripercuotono sulle reti a tensione inferiore, nelle reti di
media e bassa tensione si possono facilmente manifestare in esercizio gradi di squilibrio
ancora pi elevati di quelli sopra indicati.
Gli effetti pi dannosi degli squilibri di tensione in rete si hanno sulle macchine rotanti per le quali si manifesta una modifica del regime elettromeccanico. La presenza nella tensione di alimentazione di un componente di sequenza inversa causa la riduzione della coppia motrice, in quanto ad essa si aggiunge una coppia di sequenza negativa di verso opposto a quella diretta. In fase di avviamento ci determina una riduzione della coppia di spunto

258
che in talune condizioni pu rendere difficile l'awiamento del motore.
Con la presenza di componenti inverse di tensione, inoltre, anche la velocit a regime
del motore subisce una riduzione la cui entit funzione del grado di squilibrio, delle caratteristiche del motore e del carico. In corrispondenza, le correnti assorbite dalle tre fasi
del motore si squilibrano notevolmente assumendo un grado di squilibrio maggiore di quello
della tensione di alimentazione; in tali condizioni, effettuando un confronto col funzionamento in condizioni di simmetria delle tensioni di alimentazione, anche se in una fase si
pu avere una riduzione della corrente, l'aumento che si ha nelle altre d luogo ad un incremento globale delle perdite.
La presenza di squilibri, anche di pochi percento, d luogo ad un sensibile aumento
delle perdite, ad un sovrariscaldamento della macchina e quindi ad una eventuale riduzione della sua vita media. Per il dimensionamento termico dei motori risulta evidente che,
oltre che della loro potenza nominale, bisogna tener conto del grado di squilibrio a cui
possono essere sottoposti.
Le problematiche legate agli squilibri della tensione sono anche presenti quando si
manifesta una qualunque perturbazione che comporti la riduzione della tensione di alimentazione in una fase, come ad esempio awiene per le buche di tensione. In questo caso vi
anche una riduzione della coppia motrice in quanto oltre a nascere una componente inversa di tensione, si riduce rispetto al valore nominale la componente diretta.
Una indagine sul grado di squilibrio che si manifesta in un nodo di carico della rete di
distribuzione comporta la valutazione, secondo le norme IEC, di due valori medi di 't, uno
a brevissimo termine denominato 'tnv, e l'altro a breve termine denominato 'tn,h' Il primo si
ricava effettuando la media quadrati ca dei valori di 't calcolati in base a un numero opportuno N di rilevazioni effettuate nell'arco di 3 secondi, il secondo si ricava come media quadratica degli M valori di 'tnv, che ci sono ottenuti nell' arco di lO minuti;
Si ha cio,

_
't nv, -

~ ~":
N

~ ";";

'tn,h

[11.5]

I valori di 'tnv, o di 'tn,h ottenuti nell' ambito del periodo di osservazione che non deve
essere inferiore ad alcuni giorni, se particolarmente gravosi, si possono elaborare per mezzo
di opportuni programmi di calcolo che li confrontano con i diagrammi di carico dei vari
utilizzatori monofasi al fine di ricavare per ciascuno di essi il contributo al grado di squilibrio totale. Ci consente di formulare opportune ipotesi di variazione del ciclo produttivo
e quindi di utilizzo di ogni carico monofase utili alla riduzione del grado di squilibro totale.
La normativa internazionale considera accettabile per i motori un grado di squilibrio
dell'l % per tempi lunghi, dell'1,5% per tempi brevi (alcuni minuti) e del 2% per tempi
molto brevi. Comunque, il2% finora considerato come un limite di riferimento invalicabile.
D'altra parte solo le reti ad alta e media tensione sono state finora oggetto di una quantit di rilevazioni del tasso di squilibrio tali da fornire indicazioni significative, mentre le
reti di bassa tensione non sono state sottoposte a misure sistematiche. Dalle indicazioni presenti in letteratura sembra che il tasso di tensione inverso resta generalmente compreso tra
lo 0.5 e 1'1.2% in reti di media tensione, e tra lo 0.6 e l'l % in reti di alta e altissima ten-

259
sione, bench precisato che tali valori in alcuni punti delle reti e in particolari istanti possono essere superati.
II.5.2

Variazioni della forma d'onda. Distorsione armonica

Una particolare importanza nel funzionamento del Sistema Elettrico di Potenza riveste
la distorsione armonica, originata dalla presenza di componenti non lineari nel sistema, che
determina una modifica permanente delle forme d'onda sinusoidali di tensione e di corrente in ogni punto del sistema.
Tale disturbo viene quantificato in termini di armoniche presenti ovvero di componenti sinusoidali a frequenza diversa dalla fondamentale.
Le componenti significative della distorsione armonica sono quelle di rango compreso
tra 2 e 40; possono essere per presenti anche componenti interarmoniche che, non avendo frequenza multiplo intero della fondamentale, fanno variare la semionda della tensione
da ciclo a ciclo; in tali casi 1'applicazione dello sviluppo in serie di Fourier fornisce risultati
approssimati.
La valutazione numerica della distorsione armonica si basa sull'individuazione di tre
parametri globali, i pi diffusi nella letteratura internazionale, in grado di fornire con immediatezza lo stato di funzionamento del sistema:
-

THD: tasso di distorsione armonica totale


n

V2

i=2

VI

1HD=I00 L~

[%]

[11.6J

v; = valore massimo di corrente o tensione dell'armonica i-ma;


Vi

= valore massimo di corrente o tensione della fondamentale,

IHD: tasso di distorsione armonica individuale


IHD = 100 il;

V;

v;

[%]

[11.7]

valore massimo di corrente o tensione dell'armonica i-ma;

Vi = valore massimo di corrente o tensione della fondamentale:


TIF: interferenza con i circuiti di telecomunicazione elettricamente vicini

[11.8J

= 5P...r
li,
l

= valore efficace della forma di onda effettiva;


= valore efficace dell' armonica i-ma;
= potenza del messaggio a frequenza k
= frequenza armonica;

260
I due coefficienti THD e IHD caratterizzano la qualit del sistema di potenza, mentre
TIF individua la capacit del sistema di influire sul funzionamento di altri sistemi, alterandoli.
Ai fini della valutazione della sollecitazione sugli isolamenti si fa riferimento ad un quarto parametro, detto fattore di ampiezza :
[1l.9]
~

VI

= valore massimo dell'armonica i-ma;


= valore massimo della fondamentale.

Per indagare sulla capacit di risposta del sistema necessaria la valutazione della risposta in frequenza della rete e dei punti di risonanza, e dunque la valutazione dell'impedenza della rete vista dai vari nodi.
La scelta di metodologie di calcolo o di simulazione della rete di potenza e l'individuazione dei modelli numerici o analogici dei vari elementi, legata alla natura dei carichi e
del sistema che li alimenta. Le varie metodologie di calcolo possono ricondursi a due metodi di base, l'una nel dominio del tempo e l'altra nel dominio della frequenza.
L'analisi effettuata nel dominio del tempo, sulla base di equazioni differenziali che assumono, nel caso pi generale, come variabili di stato le cariche dei condensatori e i flussi
degli induttori e mediante l'applicazione, a regime raggiunto, dell' analisi di Fourier, ben si
presta per lo studio di un sistema elettrico di potenza comprendente convertitori statici (il
cui funzionamento si basa su variazioni di stato istantanee dei dispositivi a semiconduttore
che li compongono).
L'analisi effettuata nel dominio della frequenza, applicata nell'ipotesi di validit del
principio di sovrapposizione degli effetti, consente di avere una espressione diretta in termini della frequenza dei parametri di valutazione dell'inquinamento armonico. I metodi nel
dominio della frequenza, per la semplicit concettuale dei modi di simulazione e per l'uso
di modelli matematici sperimentati per i vari componenti del sistema elettrico, presentano
una buona accuratezza dei risultati, anche se di contro risultano penalizzati da problemi di
convergenza (sono adottate in questo ambito tecniche di risoluzione di tipo iterativo).
In taluni casi possibile un approccio semplificato, ipotizzando che i carichi responsabili dell'inquinamento armonico e il sistema elettrico di alimentazione non interagiscano.
11.5.2.1

Origine delle armoniche nelle reti e loro effetti

La presenza di armoniche da attribuire alle caratteristiche non lineari dei componenti adottati nei sistemi elettrici.
Tra tutti i carichi non lineari presenti nelle utenze, i maggiori responsabili della distorsione armonica sono:
-

Trasformatori.
I trasformatori presentano una caratteristica magnetica non lineare che in condizioni
normali di funzionamento determina nella corrente magnetizzante la presenza di armoniche multiple di tre e di armoniche di quinto e settimo ordine non trascurabili.
La presenza delle armoniche diviene pi sensibile nelle particolari condizioni di fun-

261
zionamento in cui il punto di lavoro si sposta oltre il ginocchio della caratteristica stessa,
come tipicamente si verifica in presenza di sovratensioni, nelle manovre di inserzione e disinserzione di elementi di impianto, durante l'intervento degli interruttori per l'eliminazione di guasti.
Un'ulteriore causa di generazione di componenti armoniche nei trasformatori, da attribuirsi a condizioni di dissimmetria magnetica tra le fasi. In questa ipotesi la corrente di
eccitazione del trasformatore contiene armoniche sia pari che dispari.
-

Forni ad arco.
Carichi come i forni ad arco rappresentano una categoria di utenti molto inquinanti: a
causa della variazione della lunghezza dell' arco nel funzionamento del forno, la caratteristica tensione-corrente non lineare e variabile nel tempo e questo alla base dell' assorbimento di componenti di corrente a frequenza interarmonica (con la comparsa di tali disturbi anche nel sistema delle tensioni).
- Convertitori statiei di potenza
Il ritardo nell'innesco dell'arco invece responsabile della presenza componenti armoniche multiple della frequenza della fondamentale.

D'altra parte, l'effetto combinato di pi utenti che generano armoniche pu determinare su tutta la rete di distribuzione livelli di distorsione della tensione inaccettabili.
La fonte di inquinamento pi comune nelle reti di trasporto e trasmissione in A.T. il
sistema di conversione ACIDC localizzato in un nodo (linee di trasmissione in c.c. e interconnessioni miste alternata-continua; sistemi di trazione elettrica; alimentazioni in C.c. di
grosse utenze industriali, forni elettrici).
Nei sistemi a M.T. gli elementi disturbanti possono essere presenti in vari nodi della
rete e avere caratteristiche di funzionamento notevolmente diverse tra loro, con andamenti
nel tempo non sempre prevedibili con buona approssimazione. Si tratta di sorgenti di potenza (centrali eoliche, solari) e di particolari carichi (sistemi di trazione, forni elettrici, impianti elettrogalvanici).
La presenza diffusa di banchi di rifasamento pu determinare fenomeni di risonanza
parallelo a frequenze armoniche.
Nelle reti di distribuzione a b.t. le fonti inquinanti risultano difficilmente individuabili, appartengono a diverse categorie (spettri armonici differenti tra loro) e funzionano in
modo casuale nel tempo.
I valori di capacit propri di tali reti, tali da non fare nascere fenomeni di risonanza, e
gli elevati valori di resistenza smorzano il disturbo durante la sua propagazione, pertanto il
suo effetto locale.
La presenza di armoniche in rete causa sia di guasti che di maggiori consumi sui dispositivi della rete di potenza.
A tal proposito basti pensare agli effetti termici dovuti all' aumento delle perdite per
isteresi, correnti parassite, effetto pelle, perdite dielettriche, scariche parziali, che portano
ad una diminuzione del rendimento delle macchine elettriche e, entro certi limiti, della vita
degli isolamenti realizzati in materiale organico.
Fra i disturbi di tipo funzionale pu essere citata la presenza di coppie fluttuanti nelle
macchine rotanti, il malfunzionamento di microprocessori e il problema delle interferenze

262

con le linee telefoniche (per l'influenza dei campi elettrici armonici sui segnali di comunicazione elettricamente vicini e non sufficientemente schermati). Si possono inoltre verificare disturbi irradiati con aumento della rumorosit e disturbi alle apparecchiature elettriche.
In particolare si ha:
incremento delle perdite sui condensatori di rifasamento;
incremento delle perdite nel rame e delle perdite nel ferro per isteresi e correnti parassite con conseguente aumento delle sollecitazioni dell'isolamento nei trasformatori;
la nascita di coppie alternative, nelle macchine rotanti, di natura meccanica ed aumento delle perdite a causa dell'interazione fra il campo al traferro e la corrente non isofrequenziale degli avvolgimenti;
aumento delle perdite per effetto Joule e delle perdite nel dielettrico nei cavi;
alterazioni nel funzionamento dei rel sensibili al valore di cresta di tensione o corrente
o al passaggio per lo zero delle stesse;
danneggiamento dei fusibili, sottoposti ad eccessivo riscaldamento, con conseguente alterazione della caratteristica di intervento tempo-corrente.
Non da sottovalutare il fatto che le reti elettriche di distribuzione, ed in particolare
quelle urbane, presentano dei tratti pi o meno lunghi realizzati in cavo, le cui capacit di
servizio congiuntamente agli eventuali condensatori di rifasamento presenti in rete, possono generare pericolose condizioni di risonanza parallelo con esaltazione delle armoniche di
tensione.
11.5.2.2

Qualit della tensione nei sistemi di distribuzione in presenza di armoniche

Come si gi osservato prima, nei sistemi di distribuzione l'inquinamento armonico


ha un effetto locale. Per tale motivo non dovrebbero sorgere gravi problemi. Tuttavia alcuni carichi, quali: sistemi di elaborazione e trasmissione dati, computers, televisori, ... sono
molto sensibili alla purezza della forma d'onda della tensione di alimentazione.
Il problema principale non tanto la propagazione del disturbo quanto la sovrapposizione delle fonti inquinanti e la loro mutua interazione, maggiormente quanto pi elettricamente vicini sono i dispositivi inquinanti; pertanto occorre garantire una forma d'onda
di buona qualit in tutto il sistema.
L'orientamento attuale, consiste nel limitare l'effetto distorcente di ogni singolo elemento inquinante.
Gli orientamenti generali degli interventi normativi nei vari paesi sono impostati secondo tre diverse direttive:
limitazione delle singole armoniche di tensione e/o del coefficiente globale di distorsione THD;
limitazione delle armoniche di corrente iniettate in rete;
limitazione delle armoniche di corrente e delle conseguenti armoniche di tensione.
Definito l'aspetto normativo occorre individuare una strategia d'intervento idonea per
ciascun tipo di sistema e tale da mantenere il tasso di distorsione nei limiti previsti.
Per i sistemi di trasporto e trasmissione possibile adottare filtri (vedi appresso) opportunamente accordati e localizzati in modo tale da non spostare la risonanza della rete
verso valori di frequenza pericolosi; nei sistemi di distribuzione, specialmente in b.t., in-

263

vece necessario intervenire sul contenuto armonico introdotto da ogni singolo dispositivo e
ci realizzabile agendo sul piano normativo. In tale ambito, a livello internazionale, sono
stati proposti e discussi diversi modi per affrontare il problema, ovvero:
l'adozione di limiti per ogni utenza domestica;
l'adozione di limiti per ogni applicazione senza differenziarne i vari tipi;
l'adozione di limiti per ciascuna applicazione fornendo valori globali per ogni categoria
di apparecchi disturbanti, tenendo conto dell'uso, della durata e del fattore di contemporaneit;
l'adozione di limiti per ogni specifica applicazione tenendo conto del tipo, dell'uso e
del fattore di contemporaneit.
Il problema fondamentale nella scelta su chi far ricadere l'onere economico dell'intervento; mentre infatti, con l'applicazione del primo criterio, di tale onere dovrebbe farsi
carico l'Ente distributore o l'utente, con gli altri tre sarebbero i Costruttori a sostenere la
spesa.
Sembra comunque che l'ultimo tipo di proposta riscuota i maggiori consensi per la flessibilit ed elasticit mostrata. da rilevare tuttavia che in nessuna proposta si tiene conto
della capacit del sistema di propagare (esaltando o smorzando) l'eventuale disturbo, n
della possibile evoluzione del sistema stesso, n della sua possibile influenza elettromagnetica sui circuiti di comunicazione vicini.
11.5.2.3

Sistemi di filtraggio

I sistemi di filtraggio possono essere classificati in:


a) sistemi passivi;
b) sistemi attivi;
c) sistemi misti.
I sistemi di compensazione passiva costituiscono il tradizionale mezzo di risoluzione dei
problemi di distorsione armonica; posti normalmente in parallelo al carico da filtrare, costituiscono una via preferenziale a bassa impedenza per le armoniche di corrente generate da
quest'ultimo.
Un filtro ideale dovrebbe essere in grado di:
ridurre il contenuto armonico ad un valore accettabile;
regolare la potenza reattiva assorbita, in modo da rifasare correttamente l'impianto nelle varie condizioni di carico;
essere insensibile ai disturbi provocati dalla rete esterna (armoniche provenienti dagli
altri impianti);
sopportare forti sovraccarichi;
avere un costo contenuto e nel contempo buona affidabilit.
Quando le grandezze legate alla distorsione eccedono i limiti imposti dalle Norme occorre adottare filtri accordati e filtri passa-alto.
Il filtro accordato, o filtro selettivo, presenta un valore di impedenza sufficientemente
basso in corrispondenza ad un solo valore di frequenza, detta frequenza di accordo; il filtro
passa-alto presenta valori sufficientemente bassi di impedenza in corrispondenza di una larga banda di frequenze.

264

Un sistema completo di filtraggio passivo costituito da pi rami con filtri selettivi


accordati alle armoniche di ordine pi basso e da un filtro passa-alto la cui banda di frequenze di intervento parte dalla prima armonica per la quale non previsto un ramo accordato di filtro; tale configurazione motivata dalla inversa dipendenza dell' ampiezza delle
armoniche dal rispettivo ordine.
L'utilizzo pratico dei filtri passivi pone una serie di problemi:
anche se il filtro accordato alla frequenza che si vuole eliminare, esso presenta sempre
una certa resistenza; pertanto la corrente armonica fluisce in parte verso la rete, in quantit tanto maggiore quanto minore l'impedenza della rete rispetto a quella del filtro;
in altri termini, l'effetto filtrante tanto minore quanto maggiore la potenza di cortocircuito della rete;
un filtro costruito a livello industriale non pu avere una precisione estremamente spinta; spesso illusorio aspettarsi una riduzione dell' armonica filtrata superiore al 90%;
il funzionamento dei filtri risente della presenza di eventuali ulteriori utenze distorcenti allacciate ad altri nodi della rete, e quindi qualche filtro pu venirsi a trovare in
condizioni di sovraccarico. Il sistema risulta intrinsecamente instabile; se si deve scollegare, in un impianto qualsiasi, un filtro (ad esempio per manutenzione), quelli restanti
si sovraccaricheranno con il rischio di far intervenire le protezioni con il conseguente
distacco di tutto il sistema filtrante.
I sistemi attivi di filtraggio costituiscono un mezzo innovativo attraverso il quale si
consegue l'effetto di cancellazione delle armoniche del carico distorcente essenzialmente
per generazione di armoniche di corrente addizionali da parte di un convertitore statico.
Essi sono costituiti essenzialmente da un circuito di potenza, che rappresenta il generatore controllato di forma d'onda, e da un sistema di controllo adeguato agli scopi che si
vogliono conseguire. La caratteristica di notevole interesse dei filtri attivi la loro estrema
flessibilit in esercizio, poich possibile compensare spettri armonici ampi e variabili, grazie all'impiego di adeguate tecniche di controllo.
Il filtro attivo, opportunamente pilotato, in grado di cancellare le componenti non
volute della corrente assorbita, semplicemente riproducendole ed immettendole in rete in
opposizione di fase; ci comporta la rimozione, istante per istante, di tutte e sole le armoniche non ammesse.
Una strategia di tale tipo si caratterizza per un vantaggio basilare: la possibilit di effettuare, al riparo da qualsivoglia pericolo di risonanza temibile per i filtri passivi, una compensazione rapida ed accurata, oltre che selettiva, dell'inquinamento di rete al variare della
topologia di quest'ultima e delle sue condizioni di carico. Allo stato attuale, l'impiego dei
filtri attivi condizionato dalla realizzabilit tecnica di un generatore di forme d'onda non
sinusoidali capace di fornire potenze sufficientemente elevate e dal fatto che tali generatori
presentano costi iniziali notevolmente superiori rispetto ai filtri passivi. Una soluzione intermedia tra filtri passivi ed attivi rappresentata dai filtri misti, costituiti dall'insieme di
un filtro passivo e di un filtro attivo; con essi l'effetto risultante di filtraggio viene conseguito con l'azione congiunta dei due filtri.

265

Il.5.3 Variazioni dell' ampiezza


a) Le variazioni lente di tensione

Secondo i criteri tradizionali la irregolarit di una tensione in un sistema di distribuzione stata valutata in base allo scarto massimo della stessa rispetto al suo valore nominale. Ci ha portato a considerare di una rete solo le condizioni estreme di funzionamento
corrispondenti al minimo ed al massimo carico.
Il predetto criterio non consente di giudicare in modo completo il livello di regolarit
della tensione, in quanto lo scarto massimo di quest'ultima rispetto al suo valore nominale
un dato troppo povero di informazioni sull' andamento globale della tensione e quindi sul
comportamento degli apparecchi utilizzatori.
opportuno invece portare in conto non solo le condizioni di funzionamento pi
gravose per gli utenti, ma anche tutte le condizioni intermedie.
Le registrazioni della tensione nei nodi utilizzatori di una rete forniscono tutte le informazioni sulla sua irregolarit. Per le registrazioni, per la sovrabbondanza di informazioni in esse contenute, non consentono di interpretare rapidamente e facilmente il fenomeno per cui risultano, ad un primo esame, praticamente inutilizzabili. Inoltre, poich le
variazioni di una tensione registrata in un dato periodo di tempo non si ripetono identicamente nel futuro, risulta superfluo conoscerle in ogni particolare.
Bisogna invece caratterizzare nel suo complesso l'irregolarit di tensione con dei parametri semplici e manipolabili, che abbiano un contenuto previsionale per il futuro della stessa rete o di altra analoga, di modo che, stabiliti i prowedimenti da adottare per modificare
i valori di detti parametri, si possa calcolare e quindi realizzare la pi opportuna regolazione della tensione.
A tal fine opportuno ricercare adeguati parametri statistici sulla irregolarit di tensione, che possano essere assunti come parametri probabilistici validi. In tal senso, poich
le fluttuazioni della tensione in un punto di una rete di distribuzione, pur presentando alcune caratteristiche di periodicit prevedibili, sono in gran parte dovute al caso, appare lecito
trattare entro certi limiti lo scarto percentuale:
v

(t) =

V(t)- V
n

100

[11.10]

Ve

del valore efficace della tensione V (t) dal suo valor nominale Vn come una variabile aleatoria, la cui distribuzione in pratica pu essere approssimata alla gaussiana.
stato dimostrato e quindi verificato che l'inconveniente economico, dovuto all'applicazione su un apparecchio utilizzato re di una tensione diversa da quella di massimo rendimento, praticamente proporzionale al quadrato dello scarto percentuale di tensione, purch quest'ultimo non sia troppo grande.
Con riferimento ad un tempo elementare dt, l'inconveniente economico di uno scarto di
tensione v pu essere espresso da:
[11.11]

dove K un coefficiente che dipende dal tipo di apparecchio utilizzatore considerato e p

266
la potenza assorbita da questo nel tempo dt.
L'inconveniente economico per un periodo di tempo finito T pertanto fornito da:
[11.12]
dove dw = pdt l'energia assorbita nel tempo dt, W quella assorbita nel tempo T, v(w)
il valore percentuale dello scarto di tensione nell'istante in cui l'energia assorbita a partire
dall'istante iniziale w e Mjv 2 ) la media del quadrato dello scarto percentuale di tensione, valutata nella dimensione energia.
Nel caso in cui la potenza p costante nel tempo T, l'espressione 11.14 si semplifica
nella seguente:
[11.13]
dove M (v 2 ) la media nel tempo del quadrato dello scarto percentuale di tensione.
Il coefficiente K d all'inconveniente J la sua dimensione economica e si esprime in
L.I[(%)2 . kWhJ, mentre il prodotto W Mw (v 2 ) [coincidente con WNI(v 2 ) qualora la potenza p sia costante] definisce l'irregolarit della tensione e si esprime in (%)2. kWh.
Con riguardo ad una utenza, i cui apparecchi utilizzatori sottoposti istante per istante
alla stessa tensione non siano di natura troppo diversa, si pu ammettere che esista una
specie di valore medio del coefficiente K valido per il complesso delle installazioni dell'utenza considerata e dipendente dalla categoria alla quale l'utenza pu essere ascritta (utenza
domestica, rurale, artigianale, etc.). Ci consente di asserire che l'inconveniente economico
dell'irregolarit di tensione presso una utenza ancora espresso dalla [11.12] o dalla [11.13],
dove W deve intendersi la totale energia assorbita dalla utenza.
L'inconveniente economico dell'irregolarit di tensione per un complesso di utenze di
data categoria, ciascuna delle quali assorbe dalla rete una potenza costante, dato, per quanto prima visto, da:
[11.14]
dove K dipende dalla categoria di appartenenza delle utenze considerate e Wi e M (vn sono
rispettivamente l'energia assorbita dal generico utente durante il periodo di tempo preso in
esame e la media del quadrato dello scarto percentuale Vi (t) della corrispondente tensione.
La regolazione della tensione presso un nodo utilizzatore deve proporsi di ridurre nella misura pi conveniente la sua irregolarit cio la quantit M(v 2 ) [ovvero Mw(v 2 )].
A tal fine, tenendo presente che la varianza della variabile aleatoria v(t) data, in funzione della media M (v) di quest'ultima, da:

a 2 (v)=l f[v-M(v)fdt=M(v 2 )-[M(v 2 )f

Jo

[11.15]

in generale preferibile studiare separatamente l'azione degli organi di regolazione sullo


scarto quadratico medio cr(v) e sulla media lineare M (v) (vedi Appendice D.
Questo in quanto possono essere scelti e proporzionati pi adeguatamente gli organi

267

di regolazione, i quali in genere agiscono in modo diverso, e talvolta indipendente, su a(v)


e su M(v).
Pertanto la valutazione economica dell'irregolarit della tensione in un punto di una
rete di distribuzione coinvolge gli stessi parametri che caratterizzano statisticamente le t1uttu azioni lente di tensione intorno al suo valore nominale. Infatti, nella ammessa ipotesi di
distribuzione gaussiana della variabile aleatoria v (t), questa unicamente caratterizzata dal
suo valore medio M (v) e dallo scarto quadrati co medio a(v).
Ne consegue che il criterio economico proposto per la valutazione dell'irregolarit di
tensione ha un significato statistico pi profondo, e quindi anche un significato probabilistico nella assunzione di poter proiettare nel futuro i dati statistici riferentisi al passato.
~irregolarit di tensione di una rete di distribuzione pu essere misurata a mezzo di
voltmetri statistici.
Questi consentono di ottenere le medie lineare e quadrati ca degli scarti percentuali
della tensione, in un punto di una rete rispetto ad un valore di riferimento, che si assume
coincidente con la tensione nominale.
I voltmetri statistici non effettuano una registrazione continua dello scarto di tensione v (t) per poi farne le opportune integrazioni, ma piuttosto effettuano una serie di misure
di v (t) secondo una cadenza prestabilita, seguita da una adatta elaborazione dei dati.
I mezzi idonei a contenere l'irregolarit di tensione come sopra definita sono quelli
stessi che, secondo una visione tradizionale del problema, sono stati utilizzati per contenere
le massime variazioni di tensione rispetto al valore nominale. Per le loro modalit di impiego e il loro proporzionamento, per essere adeguati agli scopi qui definiti, differiscono
dai tradizionali.
I pi importanti fra i mezzi di regolazione della tensione sono i regolatori sotto carico e a vuoto dei trasformatori, le batterie di condensatori in parallelo fisse e modulabili e i
condensatori in serie alle linee.
Per maggiori dettagli si rinvia alla letteratura specifica sull' argomento.
b) Variazioni rapide di tensione

Il contenimento dell' ampiezza delle variazioni di tensione e di frequenza intorno ai loro


valori nominali ha da sempre costituito un indice significativo della qualit del servizio elettrico nelle reti di distribuzione.
Negli ultimi anni tuttavia il progresso nelle tecniche di applicazione dei dispositivi elettronici a stato solido, legato alla loro intrinseca evoluzione, ha favorito il diffondersi, in aggiunta alle utilizzazioni tradizionalmente disturbanti, di una gamma molto ampia di apparecchi utilizzatori con caratteristiche di prelievo tali da provocare, singolarmente o per aggregazione, retro azioni nei riguardi della rete di alimentazione con possibilit di determinare t1uttuazioni della forma d'onda della tensione.
Pertanto, questo problema, conosciuto da molto tempo dai distributori di energia
elettrica ed affrontato in modo sporadico, senza criteri di valutazione e prevenzione omogenei, negli ultimi anni si riproposto come aspetto generale della qualit del servizio
elettrico e si reso necessario affrontarlo in maniera sistematica, a livello internazionale.
La variazione di tensione, nella Norma IEC-EN 60555-1, viene definita come:
Variazione del valore efficace (o di picco) della tensione di alimentazione tra due livelli
adiacenti ciascuno dei quali si mantiene per una durata definita ma non specificata.

268
Mentre per fluttuazione di tensione, si intende una serie di variazioni di tensione o variazioni cicliche dell' inviluppo dell' onda di tensione.
Queste variazioni di tensione possono nascere direttamente nella fase di generazione
dell'energia elettrica (tipicamente negli alternatori trascinati da motori alternativi), ma con
pi frequenza e con effetti ben pi rilevanti la causa va ricercata nelle ripetute inserzioni e
disinserzioni di carichi di una certa entit e nelle variazioni di potenza (soprattutto reattiva)
richiesta da alcuni impianti utilizzatori.

Gli apparecchi o le macchine disturbanti possono essere classificati nei due gruppi seguenti:
a) Apparecchi che richiamano potenza variabile rapidamente, quali:
forni ad arco;
saldatrici;
laminatoi;
compressori o altre macchine a coppia pulsante.
b) Apparecchi a carico non fluttuante funzionanti in modo intermittente, quali:
alcuni motori ad avviamento frequente;
alcuni apparecchi elettrodomestici muniti di dispositivi elettronici per la regolazione
delle potenze assorbite dal carico.

In questo insieme di apparecchi, quelli che pongono in modo pi rilevante problemi


di fluttuazioni della tensione sono i forni ad arco e le saldatrici.
In un ciclo di funzionamento di un forno ad arco si distinguono, in generale, le fasi di
fusione, ossidazione e affinazione. Nella prima fase la potenza attiva e re attiva richieste sono
massime, e, soprattutto nel periodo iniziale, fluttuano notevolmente con conseguenze importanti sulle fluttuazioni della tensione.
Le saldatrici elettriche sono caratterizzate da repentini assorbimenti di potenza che
causano brusche variazioni di tensione; in particolare le saldatrici a resistenza (puntatrici), particolarmente diffuse in aree artigianali ed industriali, hanno un funzionamento intermittente ed il circuito di saldatura percorso da una corrente di intensit elevata con tensione di saldatura molto bassa, per un periodo di tempo molto breve; il risultato nei riguardi della rete di alimentazione consiste nelle intermittenze delle cadute di tensione provocate, con conseguente fluttuazione di tensione (oltre al manifestarsi di un forte assorbimento
di potenza re attiva e di dissimmetria introdotta nelle reti trifasi).
Nella panoramica degli apparecchi disturbanti un posto di rilievo occupato dagli
apparecchi elettrodomestici o similari muniti di dispositivi elettronici per la regolazione delle
potenze assorbite dal carico, regolati da sistemi con controllo a treni d'onda caratterizzati
da un prelievo di corrente non continuo e ripetitivo.
Essi, pure essendo la potenza unitaria elettronicamente controllata di solito non superiore a 1000 W, hanno un peso consistente sul disturbo nella rete a causa della loro larga
diffusione.
Dalle rilevazioni eseguite presso l'IMQ in questi ultimi anni e da una indagine conoscitiva presso qualificati Costruttori di elettrodomestici stato possibile definire una panoramica degli elettrodomestici disturbanti, aventi diffusione non trascurabile sul mercato; tale
panoramica presentata nella Tab. 11.5
Si capisce quindi come oggi sia diventato di fondamentale importanza limitare gli ef-

269
Tab. 11.5

Panoramica degli apparecchi con elettronica disturbante


SISTEMA DELLA
DIFFUSIONE (numero di
apparecchi per utente
domestico)

I TIPO DI APPARECCHIO

--

.. _--

POTENZA
UNITARIA
CONTROLLATA

[WJ

Asciugacapelli

OA

800 -;- 1200

~~~Pirapolvere

0.3

800 -;- 1200

i Dimmers
------------ f----

0.3

250 -;- 1000

Elettrodomestici a carattere
hobbistico

OA

300 -;- 1000

Lavabiancheria

0.9

300 -;- 800

0.02

70 -;- 90

---

---~

-~

Macchine per cucire


--

~-

.. _._--

----

i
---

0.3
1.1

f----

Termocoperte e similari
f-------

Ventilatori e aspiratori
----

---

--

Piccoli apparecchi da cucina


f-- -Televisori

-,

50 -;- 600
_.. -

100 -;- 200


-----

150 -;- 200

0.1
-

i 0.05

___ J

----li

1100 -;- 150

fetti che anche questi piccoli carichi disturbanti producono nelle reti di alimentazione in
cui sono inseriti ed ovviamente per averne il controllo bisogna valutare tali effetti con adeguati metodi e/o strumenti di misura.
Proprio a questo scopo, nella norma IEC-EN 60827, le fluttuazioni di tensione vengono divise in quattro categorie (a,b,c,d) ognuna delle quali valutabile con metodi e strumenti
diversi (vedi fig. 11.3 e Tab. 11.6). Tra questi c' la misura diretta del disturbo (jlicker) (deMetodi di valutazione delle fluttuazioni di tensione
Tipo di forma d'onda

a) o b) o c)

d)

Tab. 11.6

Corrente: distorsione ar-

Corrente: distorsione armonica

Misura diretta del flicker:


Flickermetro
oppure
Misura di tensione:
Calcolare AV/V dalle caratteristiche di progetto o da
misure dirette (valori di
picco o efficaci)
oppure
Misure di corrente:
Calcolare AV/V dalle misure di I (valori di picco o
efficaci) e di cos j
oppure

Misura diretta del flicker:


Flickermetro
oppure
Misura di tensione:
Calcolare AVIV dalle caratteristiche di progetto o
da misure dirette dei valori efficaci della semionda
oppure

Misura diretta del flicker:

Misure di potenze:
Misura diretta del flicker:

270

Il tipo a) costituito da una serie periodica di variazioni


regolari di tensione di forma rettangolare

v
Il tipo b) costituito da una serie di variazioni a gradino
distribuite irregolarmente nel tempo. Le loro ampiezze
possono essere uguali o no, positive e negative.

v
Il tipo c) costituito da una serie di variazioni di tensione che pu contenere o no alcune variazioni a gradino.

v
Il tipo d) costituito da variazioni di tensione continue e
casuali.

Fig. 11.3 - Categorie delle fluttuazioni di tensione fissate dalle Norme IEC-EN 60827.

271

terminato dalle fluttuazioni di tensione), metodo di valutazione valido per tutte le quattro
categorie.
Nella norma IEC-EN 60555-1, il flicker viene definito come impressione soggettiva
della fluttuazione di luminanza. Una nota suggerisce che il termine flicker non dovrebbe
essere usato al posto di fluttuazione di tensione, ma da sempre invalso l'uso di indicare
come flicker anche quest'ultima, confondendo cos l'effetto con la causa. In realt la parola
flicker, che in italiano si traduce con "sfarfallio", dovrebbe indurre ad evitare tale confusione ed a rendere priva di significato l'espressione "flicker di tensione", che tuttavia entrata
nell'uso comune.
Il fatto che gli apparecchi disturbati per eccellenza dalle variazioni rapide di tensione
sono le lampade ad incandescenza, soprattutto di piccola potenza, che in dipendenza delle
variazioni di tensione e quindi delle conseguenti variazioni della corrente assorbita, presentano una variazione della luminosit emessa con ovvi disturbi visivi per coloro che si trovano ad operare alla luce di questi apparecchi.
Le frequenze delle fluttuazioni alle quali tali disturbi sono avvertiti sono quelle che
vanno da 0,5 a 30 Hz.
Comunque, le variazioni di tensione arrecano disturbi anche alle lampade fluorescenti,
creano non pochi problemi alle apparecchiature elettroniche, specie quelle progettate per
scopi di controllo o asservimento, inoltre fanno aumentare la coppia di spunto e la corrente
assorbita nei motori elettrici facendone aumentare la temperatura.
Dagli studi effettuati risultato che riuscire a contenere le variazioni di tensione in
modo tale che il fenomeno del flicker non superi una determinata soglia gi una garanzia
affinch le stesse variazioni non arrechino disturbi di altra natura. Pertanto per dare dei limiti alle variazione di tensione ci si basati quasi esclusivamente sullo studio della percezione del flicker da parte di un osservatore umano.
Essendo implicata la fisiologia umana il disturbo generato da una stessa lampada
avvertito in modo differente da individuo ad individuo; inoltre lo stesso individuo sottoposto alla stessa sollecitazione, ma in condizioni psicofisiche differenti pu dare una diversa
valutazione del disturbo avvertito. Tale valutazione dunque fortemente soggettiva, e pertanto risulta chiaro che si deve fare riferimento ad analisi di tipo statistico, analoghe ad esempio a quelle fatte per le valutazione dei disturbi causati da forti campi elettromagnetici o a
quelli riguardanti l'elettrocuzione nei problemi concernenti la sicurezza elettrica.
Le analisi per ricavare le caratteristiche del cosiddetto "soggetto medio" sono state effettuate utilizzando una lampada ad incandescenza a filamento spiralato in atmosfera
inerte con caratteristiche elettriche 220 V,50 W. Lampade di minore potenza sono pi sensibili alle variazioni di tensione, ma riferirsi a queste avrebbe condotto a valutazioni eccessivamente severe dei livelli di disturbo.
Sottoponendo l'alimentazione della lampada ad una modulazione sinusoidale di ampiezza a data frequenza e lasciando ad osservatori "medi" il compito di percepire la variazione luminosa e di comunicare quando essa diveniva intollerabile, sono state dedotte le
seguenti leggi fondamentali:
la soglia di percezione non dipende dall'ampiezza assoluta della variazione di luminosit ma da quella relativa rispetto all'intensit dell'illuminazione media;
l'intensit dello stimolo percepito proporzionale al quadrato dell' ampiezza delle fluttuazioni (il segno della variazione, in aumento o in diminuzione, inifluente sulla sen-

272

sibilit di percezione);
l'occhio ha una risposta selettiva in funzione della frequenza delle fluttuazioni luminose periodiche e presenta un massimo di sensibilit quando la frequenza pari a 8,8 Hz
(ad ampiezza costante);
esiste una "soglia di percettibilit" o "soglia di sensibilit" al di sotto della quale il flicker non rilevato. L'ampiezza della fluttuazione di tensione a 8,8 Hz corrispondente a
tale soglia pari allo 0,25%.
esiste un effetto di memorizzazione, cio la durata dello stimolo percettivo sostanzialmente superiore alla durata della variazione di illuminazione che lo provoca (impulsi
troppo ravvicinati non vengono percepiti separatamente);
il livello di sensazione ottenuto quando due impulsi si susseguono con ampiezze A e B,
lo stesso di quello ottenuto con la sequenza B e A.
I risultati di tali studi hanno portato alla conclusione che il sistema occhio - cervello si
comporta come un filtro passabanda centrato sulla frequenza di 8,8 Hz, la cui curva di attenuazione in funzione della frequenza riportata in fig. 11.4.
Premesso quanto sopra uno strumento di misura che esprima in modo quantitativo un
definito livello di flicker deve tener conto delle caratteristiche della lampada e della risposta del sistema occhio-cervello agli stimoli luminosi. Per ottenere tali risultati necessario
introdurre all'ingresso dello strumento le fluttuazioni di tensione, simulare il comportamento
della lampada ricavando dunque le fluttuazioni di luminosit, simulare la reazione del sistema occhio-cervello e ricavare infine la sensazione visiva.
Quanto finora esposto si concretizza nella realizzazione di un strumento di misura, il
flickermetro, le cui caratteristiche funzionali (fig. 11.5), ricavate da precedenti studi dell'UIE, si trovano nella Norme IEC-EN 60868 e IEC-EN 60868-0.
All'ingresso si trova un trasformatore il cui compito quello di accettare un'ampia
gamma di tensioni nominali di rete per poi adattarle ad un livello compatibile con i circuiti
a valle.
Per non falsare la misura, un'attenzione particolare bisogna rivolgere alla banda passante di tale trasformatore che deve essere scelta in modo tale che le bande laterali di modulazione non vengano attenuate.
Il blocco 1 comprende un adattatore di tensione e un generatore interno per la verifica
della taratura.

a(f)

25

Hertz

Fig. 11.4 - Attenuazione a in funzione della frequenza f del filtro equivalente al sistema occhio cervello.

Blocco 2

Blocco l

Blocco 3

00m0duI0"'
'*1-H
quadradco

~n

Blocco 4

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Reglatrulo ..

Fig. 11.5 - Diagramma funzionale del flickermetro UIE.

-.J
V.l

274

L'adattatore di tensione serve a mantenere il valore efficace della tensione modulata in


ampiezza ad un valore di riferimento costante VR In pratica per ricavare il valore della variazione relativa di tensione AVN evitando di effettuare l'operazione di divisione si
previsto all'ingresso dello strumento un circuito che modifica il suo guadagno in modo da
riportare il valore efficace della tensione ad un livello costante; in questa maniera sufficiente nel resto dello strumento elaborare solo la variazione assoluta AV della tensione" adattata". In questo modo si rende lo strumento insensibile ad eventuali variazioni lente di tensione.
Il blocco 2 ha il compito di estrarre dal segnale di ingresso un valore di tensione dipendente dalla fluttuazione modulante. A questo scopo si utilizza un demodulatore di tipo
quadratico, col cui impiego si simula perfettamente il comportamento della lampada visto che quest'ultima in definitiva pu essere considerata come un convertitore tensione
~ potenza elettrica ~ flusso luminoso.
Il blocco 3 formato da due filtri in cascata: il primo filtro elimina la componente continua e quella a frequenza doppia di quella di rete; esso consta di una sezione passa-alto del
l ordine con frequenza di taglio a 3 dB di 0,05 Hz e di una sezione passa-basso costituita
di un filtro Butterworth del 6ordine con una frequenza di taglio a 3 dB di 35 Hz.
Il secondo il filtro di pesatura che serve a simulare il comportamento del sistema
occhio-cervello e la cui funzione di trasferimento stata ottenuta come interpolazione di
varie curve ricavate in Francia ed in Germania. (fig. 11.4)
Nel blocco 4 vengono eseguite due funzioni: elevazione del segnale al quadrato per
simulare sia la percezione non lineare del sistema occhio-cervello, sia la sua insensibilit
al segno della fluttuazione; livellamento a media mobile del segnale per simulare l'effetto
di memorizzazione del cervello. Tale funzione svolta da un filtro passa-basso del l ordine con costante di tempo di 300 ms.
All'uscita di questo blocco si ottiene un valore chiamato "sensazione istantanea del
flicker" che viene espressa in "per unit", intendendosi uguale ad l l'uscita che lo strumento produce quando al suo ingresso presente una fluttuazione corrispondente alla soglia di
percettibilit. Il livello di flicker dunque un numero che indica di quanto al di sopra o al
di sotto della soglia di percettibilit si colloca lo stimolo visivo corrispondente.
Questo numero, come si visto, dipende dall' ampiezza e dalla frequenza dello stimolo, ma il disturbo legato anche alla durata di esposizione al flicker, per cui risulta evidente
che il valore del livello istantaneo, essendo in generale variabile istante per istante, deve in
qualche modo essere "integrato" nel tempo, per ottenere cos un nuovo valore che viene
chiamato "severit del flicker".
In breve si pu dire che il livello istantaneo di flicker un indice della percettibilit
istantanea dello stimolo, mentre la severit d una indicazione della sua tollerabilit.
Vari metodi sono stati proposti per effettuare tale integrazione e passare dalla registrazione dei valori del livello istantaneo alla severit del flicker. Dopo avere scelto un intervallo base sufficientemente lungo affinch un osservatore possa avvertire il flicker, ed abbastanza breve per caratterizzare le varie fasi di funzionamento di apparecchi disturbanti con
ciclo di lavoro prolungato, si era dapprima pensato di caratterizzare la severit del flicker
calcolando semplicemente il valore medio nell'intervallo prescelto e la dispersione dei dati,
ma tale strada portava a risultati che poco rispecchiavano la realt; i metodi pi moderni si
basano sulla costruzione di una curva di probabilit cumulata (CPF), ricavando da questa

275
alcuni percentili che opportunamente pesati danno il livello di severit del flicker.
A questo scopo necessario fare riferimento ad una curva limite di tollerabilit; l'unica disponibile in una Norma internazionale quella pubblicata nella Norma internazionale
IEC-EN 60555-3 e valida per fluttuazioni di tensione di tipo rettangolare. Attraverso una
opportuna combinazione di percentili considerati significativi possibile riportare il disturbo prodotto da una qualunque manifestazione di flicker ad una fluttuazione di tensione
rettangolare equivalente che provocherebbe lo stesso disturbo.
Rimane da precisare che la curva IEC alle basse frequenze presenta un andamento
costante che per stato determinato da problemi legati all' avviamento dei motori e non
ha dunque un fondamento fisiologico.
Per effettuare l'analisi statistica in tempo reale del livello istantaneo del flicker e calcolarne dunque il livello di severit si utilizza il blocco 5.
Esso consta di un campionatore la cui velocit di campionamento deve essere costante
e non inferiore a 50 campioni al secondo, e di un classificatore con una risoluzione minima
di 6 bit (64 classi).
Il periodo di osservazione definito da due intervalli di tempo regolabili T ST e T LT
(short time e long time) da cui si ricavano i relativi valori di severit P ST e P LT Similmente
allivello istantaneo del flicker, anche tali valori sono espressi in "per unit" (p.u.); valori
inferiori ad 1 corrispondono a stimoli tollerabili, mentre per valori superiori ci si trova al
di sopra della curva limite IEC di cui si gi parlato.
La lunga durata definisce il tempo di osservazione totale, e deve sempre essere un
multiplo della breve durata: T LT = n;' T ST Se il trattamento dei dati viene fatto in tempo
reale, immediatamente dopo ciascun intervallo di tempo corto, si inizia l'analisi dell'intervallo successivo mentre in uscita vengono gi forniti i risultati dell'intervallo trascorso.
In questo modo per un periodo di osservazione dato T LT sono disponibili n risultati
di analisi di breve durata contemporaneamente ai risultati dell'intervallo completo.
T ST pu essere scelto tra 1-5-10-15 min.
T LT invece un multiplo intero di T ST , selezionabile tra 1 ed almeno 1008.
Visto che l'entit del disturbo, provocato dal funzionamento di un apparecchio perturbatore dipende dalle caratteristiche di funzionamento dello stesso e da quelle della rete, se
si vuole limitare l'ampiezza delle fluttuazioni della tensione possibile intervenire secondo
due distinte ottiche:
limitare la generazione del fenomeno, intervenendo sulla sorgente del disturbo (i provvedimenti possono consistere su una corretta condotta dei forni ad arco, in un adeguato avviamento dei motori, in una accurata ed opportuna costruzione degli apparecchi
elettrodomestici ... )
limitare gli effetti del disturbo generato, intervenendo sulle caratteristiche della rete di
alimentazione (sostanzialmente riconducibili ad una correzione decentrata delle fluttuazioni di tensione per certi apparecchi sensibili alle perturbazioni, ad una diminuzione
delle variazioni di corrente assorbita dall'apparecchio perturbatore, ad un aumento della
potenza di cortocircuito nel punto di connessione di quest'ultimo).
c) Le buche di tensione

Con il termine "buca di tensione" si indica un abbassamento rapido dell'ampiezza del-

276

la tensione variabile tra il 10% ed il 100% del valore nominale o preesistente, con durata
compresa tra lO ms ed alcune decine di secondi; buche di tensione di ampiezza inferiore al
10% non sono considerate come disturbi, buche di tensione del 100% di ampiezza (annullamento della tensione) di durata molto piccola sono pi propriamente chiamate "microinterruzioni"; generalmente si chiama "interruzione breve" una buca di durata inferiore a 300
ms, "interruzione" una buca di durata superiore a circa 300 ms.
La forma delle buche di tensione in genere molto complessa e svariata nei dettagli,
con caratteristiche di ampiezza, durata e frequenza di apparizione diversa, non solo durante i periodi transitori corrispondenti all'abbassamento della tensione e al suo successivo ristabilimento al valore nominale, ma pure nella fase intermedia in relazione anche al comportamento dinamico dei carichi.
Si conviene tuttavia usualmente di schematizzare le buche di tensione secondo una
forma semplice, per lo pi rettangolare, adeguata ad uno studio generalizzato degli inconvenienti da esse prodotti sugli utilizzatori.
Nel caso pi generale di una buca di tensione asimmetrica nelle tre fasi, risulta opportuno distinguere le perturbazioni nel sistema diretto ed inverso di tensione.
La buca cos schematizzata risulta individuata nella sua ampiezza e durata dalle seguenti
grandezze (fig. 11.6):
t: durata uguale a quella reale della perturbazione principale;
Vdm: valor medio della tensione diretta durante il tempo t;
Vim: valore medio della tensione inversa durante il tempo t.
Una delle inevitabili cause di nascita delle buche di tensione sono i guasti che si verificano sulle reti elettriche.
La corrente di guasto circolante durante l'intervallo di tempo di intervento delle protezioni provoca sensibili abbassamenti della tensione sulle fasi interessate dal guasto avvertiti anche dalle linee sane che si dipartono dalle sbarre a monte comuni.
L'ampiezza dell'abbassamento della tensione legata al tipo di guasto e si propaga inalterata a valle del punto di guasto, attenuandosi invece procedendo verso monte. La durata
dipende dal tempo di intervento delle protezioni; in particolare, se queste ultime sono dotate di dispositivi per la richiusura automatica possibile che al permanere del guasto si
producano nuove buche di tensione.
In particolare:
Quando si manifesta un guasto sulla rete ad alta tensione si verifica un buco di tensione
avvertibile sull'intera rete alimentata (AT., M.T., b.t.), avente durata pari al tempo che
intercorre tra il manifestarsi del guasto e la sua estinzione, ottenuta generalmente mediante

Vi

Vdk
vnl~1

Vdm~-----------L------~
L I_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

Vim

_ n n ___

E4

~~

Fig. 11.6 - Andamento schematizzato della tensione diretta ed inversa durante una buca di tensione.

>

277

l'apertura degli interruttori alle due estremit del tratto di linea interessato al guasto (circa O,1s). Se si provvede ad una richiusura (automatica o manuale) della linea e il guasto
ancora presente la buca si ripropone. Al contrario gli utilizzatori alimentati direttamente
dalle linee in alta tensione non sono invece affetti in modo sensibile dalle discontinuit
della tensione avente origine nelle reti a tensione inferiore.
Un guasto polifase su una rete di MT a neutro isolato avvertito da tutte le linee metallicamente connesse con le sbarre della cabina primaria; in particolare, per gli utenti alimentati dalla linea sede di guasto, esso provoca una microinterruzione se il guasto
transitorio, una interruzione se il guasto semipermanente; gli utenti alimentati dalle
linee sane invece risentono, al momento della comparsa del guasto e ad ogni richiusura
su guasto, generalmente di una buca di tensione di O.ls.
Un guasto monofase a terra su una rete di MT a neutro isolato provoca buchi di tensione sulla linea guasta, ma, a causa della limitata corrente di guasto, non risentito dalle
linee sane.
Gli utilizzatori alimentati in bassa tensione subiscono pienamente le discontinuit della
tensione che hanno origine sia sulle reti che li alimentano direttamente che su tutte le
reti a tensione pi elevata che si sviluppano nelle vicinanze.
Oltre ad avere origine dai guasti sulle reti di distribuzione, le buche di tensione possono avere origine anche dalle reti proprie degli utenti.
Nel caso di un impianto industriale le cause sono da ascriversi principalmente alla
messa in servizio di apparecchi che richiamano una elevata corrente all' avviamento per
alcuni apparecchi la corrente di avviamento raggiunge una intensit di punta nel primo
semiperiodo superiore a lO volte la corrente nominale).
In tali tipi di impianto sussistono normalmente diversi livelli di tensione, pertanto si
possono presentare buche di tensione che coprono tutti i diversi campi, sia di ampiezza che
di durata; in particolare, essendo normalmente la struttura di rete di tipo radiale, un guasto
trifase su un feeder di distribuzione primaria o comunque su un livello di tensione superiore si ripercuote non solo sulle macchine allacciate a tale livello, ma anche su quelle alimentate da linee a tensione inferiore derivate dalle prime.
Nel caso di un impianto elettrico in edifici civili, le buche di tensione sono dovute
tipicamente alle cadute di tensione provocate dalle correnti di spunto di ascensori, montacarichi, o da corto circuiti accidentali che si manifestano su alcune sezioni dello stesso
impianto.
In dipendenza dalle caratteristiche di una buca di tensione in un dato nodo utilizzatore
variano le ripercussioni indesiderate sulle apparecchiature alimentate dal nodo stesso.
Sulla base di studi effettuati e alla luce delle lamentele degli utenti alla societ di distribuzione, si sono potuti classificare gli equipaggiamenti sensibili ai disturbi provocati dalle
buche di tensione nelle categorie seguenti:
-

Motori asincroni di qualunque tipo

La buca di tensione determina una modificazione del regime elettromeccanico del gruppo motore asincrono-macchina operatrice. Il motore, a causa della buca di tensione, risulta
alimentato da un sistema trifase diretto di tensioni (tensione residua) di ampiezza inferiore
a quella normale e, se la buca non ugualmente presente sulle tre fasi, da un sistema trifase inverso di tensioni con conseguente variazione della caratteristica meccanica dello stesso.

278
-

Rel a minima tensione, protezioni contro i cortocircuiti.

A causa del loro funzionamento molto rapido (qualche centesimo di secondo), per gli
abbassamenti di tensione relativi ai loro valori di regolazione, possono causare l'interruzione dell' alimentazione del circuito che essi proteggono, e di conseguenza di tutti gli apparecchi utilizzatori ad esso collegati con conseguenti problemi ai cicli di lavorazione e perdite di prodotto.
Sorgenti illuminanti ad alta pressione (Illuminazione stradale e delle installazioni sportive, equipaggiamenti di insolazione per la fabbricazione dei semiconduttori, ... )
Con riferimento alle lampade a vapore di sodio ad alta pressione ed alle lampade a
vapore di mercurio, le prove hanno mostrato che interruzioni della alimentazione, anche se
di brevissima durata (0.1 s) sono sempre seguite da uno spegnimento della durata di alcuni
minuti.
Con riferimento alle lampade a vapore di sodio funzionanti a bassa pressione, prove
condotte con brevi interruzioni di alimentazione hanno mostrato una grande dispersione
dei risultati: in alcuni casi l'interruzione non stata awertita, in altri la lampada e rimasta
spenta per alcuni minuti.
Stabilizzatori della tensione di alimentazione (Sorgenti di tensione per equipaggiamenti
microelettronici come i Personal Computers, per gli equipaggiamenti automatici degli
uffici, equipaggiamenti di elettronica medica, apparecchi di misura, equipaggiamenti
elettrici domestici o di comando di processo nelle industrie, ... ).
Sulle apparecchiature a microprocessore che controllano e ottimizzano un sistema elettrico, le buche di tensione possono provocare anomalie nel processo di elaborazione con
conseguenti errori relativi ai dati elaborati, memorizzati, visualizzati ed alle azioni conseguenti intraprese in base ad essi. Nelle lavorazioni meccaniche in cui l'utensile comandato da azionamenti in corrente continua, si verificano brusche variazioni di velocit per cui
l'utensile si degrada in modo tale da non essere riutilizzabile al ripristino delle normali condizioni di alimentazione.
Poich le cause della presenza di buche di tensione nelle reti elettriche di potenza sono
di natura aleatoria, una analisi sistematica su questo tipo di disturbo e sulla frequenza con
cui si manifesta non pu che essere fatta sotto forma statistica e secondo un approccio probabilistico.
In genere si utilizzano apparecchiature a microprocessore tipo il QUASAR in grado di
rilevare e registrare presso un nodo della rete, su medio e lungo periodo, le variazioni di
tensione rapide e lente.
Lo strumento dotato di uno specifico programma software che, con l'ausilio di un
personal computer, svolge le funzioni di interfaccia con l'operatore per la configurazione
delle modalit di misura che lo strumento pu realizzare, per la lettura e per le opportune
elaborazioni dei dati registrati.
Dalle rilevazioni effettuate concernenti l'ampiezza, la durata, il numero medio per unit di tempo delle buche di tensione, si osserva una notevole variabilit di comportamento
tra reti urbane e reti rurali, tra zone geografiche diverse, e, in una stessa rete, tra periodi
diversi dell' anno. Essendo infatti questo tipo di disturbo legato al verificarsi di guasti, esso
dipende dalle condizioni climatiche, dalla posizione geografica (vento, salinit), dall'inquinamento atmosferico (zone industriali), dal tipo di rete (aerea, in cavo).

279
d) Collasso di tensione

Fenomeni di instabilit della tensione in un sistema di potenza, che possono portare al


cosiddetto collasso di tensione, si verificano in dipendenza di situazioni di carico eccessivo
sulle linee e di insufficiente elo non tempestivo rifasamento dei carichi. Problemi di questo
tipo si sono presentati sia in grandi sistemi di trasporto e trasmissione che in pi modesti
sistemi di distribuzione in stabilimenti industriali.
In queste circostanze si ha un decadimento inizialmente lento della tensione nei nodi
pi deboli seguito, in assenza di provvedimenti, da un successivo rapido abbattimento della
stessa con la propagazione del fenomeno a tutti gli altri nodi.
Tenuto conto delle modalit con cui il fenomeno si instaura esso pu essere analizzato
in via preliminare in modo statico.
Pu pertanto farsi riferimento al semplice sistema riportato in fig. 11.7 costituito da
un generatore che attraverso un trasformatore e una linea alimenti un carico di impedenza
le. Si supponga che la tensione El alle sbarre sia costante, che si trascuri l'ammettenza trasversale della linea la cui impedenza sia ZL = ZL ej~
Si hanno le seguenti relazioni:
[11.16]

[11.17]

[11.18]

P2
x

3E I cos <p
2ld1+cos (~_<p)]

[11.19]

Dalle [11.18] possibile ricavare le caratteristiche stati che che per dati El e lL legano
P 2 a E 2 al variare dell'impedenza del carico da le = 00 (linea aperta) a le = O (linea in c.tol
c.to) per diversi valori del fattore di potenza (fig. 11.8).
Analizzando tali caratteristiche si deduce quanto segue:
esiste una dipendenza non lineare fra impedenza di carico, tensione E 2 e potenza trasmessa. Se l'impedenza di carico diminuisce, la tensione diminuisce e aumenta la corrente e con essa la potenza trasmessa al
z,
z,
carico che raggiunge il suo massimo, come
E,
E,
facile verificare, per le = ZL'
Fig. 1l.7 - Schema elementare di un sistema di potenza.

Al di sotto Ji tale valore la potenza trasmessa non aumenta pi e il punto di funzionamento della linea entra nel ramo instabile della caratteristica; il fenomeno del collasso di
tensione diviene molto probabile quando il punto di funzionamento della linea, in esercizio
normale, prossimo al punto avente per coordinate P 2x e Ecr.

280
C06Ip =0.93 aot.
C06Ip =0.98 aot.

o~~--------------------------------------------------~~
Fig. 11.8 - Caratteristiche statiche del sistema di potenza di Fig. 11.9 al variare dell'impedenza di carico.

La pendenza del ramo stabile della caratteristica relativamente modesta e pertanto si


hanno contenute variazioni di tensione anche per sensibili diminuzioni dell'impedenza
Zc; superato il punto critico anche piccole variazioni dell'impedenza comportano grandi variazioni della tensione sul carico e della potenza trasmessa.
Il tratto accettabile per l'esercizio della caratteristica in esame al di sopra del punto
critico dove si realizzano fra l'altro a pari potenza condizioni di minore corrente e quindi
di pi alto rendimento. evidente che sempre opportuno che la linea funzioni con
tensioni sensibilmente superiori a quella critica per poter far fronte a tutti i prevedibili
incidenti o aumenti improvvisi del carico (vedi appresso).
Se si fa riferimento alle caratteristiche per diversi valori del fattore di potenza si vede
come il funzionamento con cos <p in anticipo consenta un aumento della potenza trasmissibile a parit di margine di potenza rispetto al funzionamento critico.
Generalizzando questi concetti a un sistema di potenza, se si verificano queste situazioni su pi linee:
Pu arrivarsi al limite di sovraeccitazione dei generatori che alimentano quella parte del
sistema con la conseguenza che non essendo questi pi in grado di erogare la potenza
reattiva necessaria per regolare la tensione di rete, le sbarre a tensione costante si spostano pi a monte. Ci determina un aumento dell'impedenza ZL delle linee e una riduzione del margine fra le due impedenze di linea e di carico e quindi un peggioramento
delle condizioni critiche della rete.
In presenza di trasformatori o autotrasformatori, muniti di variatore di rapporto sottocarico inseriti nei nodi della rete, al diminuire della tensione in ingresso sui nodi il variatore reagisce riducendo il rapporto di trasformazione per aumentare la tensione a
valle con la conseguenza che le impedenze viste da monte si riducono con il quadrato
di tale rapporto e pu determinarsi un effetto destabilizzante.
Tali situazioni, considerate fino ad ora in forma statica, si aggravano in condizioni di-

281
namiche. Il fenomeno del collasso pu verificarsi in corrispondenza di brusche variazioni
del carico che fanno passare direttamente dal ramo superiore a quello inferiore della caratteristica (Fig. 11.9). In tal caso infatti il punto di funzionamento non si sposta pi lungo la
curva "a" (che rappresenta la caratteristica statica) ma lungo la curva "b" (che rappresenta
1'andamento della tensione in condizioni dinamiche) che pu presentare discontinuit.

Ez

------------=---L~L,
-- - -

- -

- -- -- -- -

-- -

-- - -- -

-- -

---~

-~ ------ -

,--

~/

-----------

---------~
--~--

--C:-->

Fig. 11.9 - Caratteristica statica e dinamica del sistema in esame a pari cos <p.

A partire da queste considerazioni possibile valutare in condizioni statiche e dinamiche il margine di stabilit disponibile per ogni nodo del sistema e quindi prendere tutti i
necessari provvedimenti per evitare situazioni critiche. Tali provvedimenti sono costituiti
fondamentalmente dal potenziamento del rifasamento, dalla garanzia di funzionamento delle
centrali pi potenti, dal blocco, in condizioni critiche, dei variatori di rapporto sotto carico
dei trasformatori, dalla riduzione programmata del carico con rel a minima frequenza quando occorre.

11.5.4 Sovratensioni, transitori e instabilit

In relazione ai disturbi condotti provocati da sovratensioni, transitori e instabilit, vedi


quanto esposto nel Cap. X e XII.
11.6 Analisi dei disturbi irradiati nei sistemi di potenza
11.6.1

Generalit

I disturbi di tipo irradiato si producono in presenza di campi elettromagnetici che,


propagandosi in un mezzo esterno, raggiungono il sistema sede di interferenza. Occorre

282
sottolineare che i fenomeni di radiazione diventano significativi quando la lunghezza d' onda associata piccola rispetto all'estensione del sistema influenzato.
Invece, in presenza di campi magnetici quasi stazionari che generano correnti e tensioni indotte, ci si riferisce, pi propriamente, ad un accoppiamento di tipo induttivo tra elemento interferente ed elemento interferito: in tal caso le dimensioni delle spire indotte sono
piccole rispetto alle lunghezze d'onda in giuoco. Dualmente, si produce un accoppiamento
di tipo capacitivo in presenza di campi elettrici quasi stazionari, anche rapidamente variabili, che inducono correnti e tensioni di disturbo nei circuiti sede di interferenza. I.:accoppiamento capacitivo presente in corrispondenza di tutti gli eventi perturbatori caratterizzati
da transitori di tensione, specie se di frequenza relativamente elevata, ed interessa soprattutto i cavi di collegamento delle apparecchiature. I.:entit dei disturbi dipende essenzialmente dalla capacit di accoppiamento che funzione del grado di esposizione dei collegamenti nei confronti delle linee di campo elettrico perturbatore.
I fenomeni di interferenza di radiazione si producono, ad esempio:
a seguito di transitori rapidi dovuti ad operazioni di manovra di interruttori e di sezionatori sotto carico che coinvolgono archi elettrici con elevate correnti, soprattutto in
presenza di fenomeni di riadescamento dell' arco;
per fenomeno corona;
in presenza di scariche parziali;
in relazione a radiazioni elettromagnetiche emesse da apparati di telecomunicazione.
Di particolare importanza da considerare il fenomeno della fulminazione atmosferica; in tal caso infatti sia in presenza di fulminazione diretta di linee elettriche aeree o di
apparecchiature, che per effetto del campo EM associato ad una fulminazione indiretta in
vicinanza dell'impianto esposto, si verificano interferenze (spesso distruttive) tra campi e
apparati.
In questa sede, con riferimento a quanto gi visto nel paragrafo 2, si pu affermare in
termini del tutto generali che per limitare la presenza di disturbi irradiati necessario adottare i seguenti provvedimenti:
1.
2.
3.

sopprimere o limitare efficacemente l'emissione della sorgente;


rendere il fenomeno di accoppiamento il meno efficiente possibile;
rendere l'elemento interferito meno suscettibile all'interferenza.

Come gi accennato, si pu operare una distinzione tra emissioni radiate e suscettivit


radiata cos come riportato nella fig. 11.10.
In particolare, sia per attenuare l'emissione di campi EM verso l'esterno che per proteggere la componentistica dall' ambiente
EM esterno, la schermatura costituisce un
~ C,mpOOM" ,'",m"m
di disturbo
elemento di fondamentale importanza Affinch si possa realizzare una schermatura
efficiente occorre che gli elementi che
a) Emissioni radiate
compongono lo schermo siano connessi
\~t=:;::~~ potenzialmente
Componente
tra loro tramite un buon collegamento di
terra. Infatti, per uno schermo omogeneo
suscettibile
7
l'efficienza dipende essenzialmente dalla
b) Suscettivit radiata
forma, dal materiale impiegato e dallo
Fig. 1l.1O - Esempi di emissine e suscettivit radiata.
spessore; in realt le discontinuit dello

\,

283
schermo quali le aperture create per il passaggio dei cavi, i fori di aerazione, i pulsanti, etc.
diminuiscono sensibilmente tale efficienza e questo effetto aumenta all'aumentare della frequenza. Per operare una schematizzazione si pu parlare di schermi per basse frequenze (al
di sotto di 100 kHz) e di schermi per frequenze superiori. L'operazione di schermatura riguarda i cavi e l'impiego di pannelli schermanti a protezione dei dispositivi elettronici. Con
riferimento agli schermi dei cavi e ai pannelli schermanti necessari per limitare accoppiamenti a bassa frequenza, in linea generale si possono indicare le seguenti linee cui ispirarsi:
per i cavi, scegliere accuratamente il materiale in base ai requisiti di specifica; usare la maggior quantit di materiale possibile, in relazione a vincoli quali il peso, l'ingombro etc.; connettere a terra la schermatura solo dal lato del ricevitore; per i pannelli schermanti, scegliere adeguatamente il materiale da adottare; usare lo spessore massimo possibile; minimizzare le dimensioni delle aperture; eliminare le discontinuit create dai cavi che entrano nella
struttura, se essi sono molto lunghi.
Per le frequenze pi elevate necessario, per i cavi, scegliere una geometria a massima
copertura ottica; connettere a terra la schermatura da entrambi i lati; per i pannelli schermanti, evitare le aperture, curare il collegamento di terra tra le parti che compongono la
struttura schermante, eliminare le discontinuit create dai cavi che entrano nella struttura.
Un altro aspetto importante riguarda !'installazione in opportune posizioni degli elementi che compongono il sistema. In particolare, ad esempio, si dovrebbero sempre adottare i seguenti provvedimenti: far passare i cavi il pi vicino possibile allo chssis; mantenere
separati i cavi che supportano segnali aventi caratteristiche elettromagnetiche diverse evitando percorsi paralleli molto lunghi e facendoli incrociare solo perpendicolarmente; non
fare percorrere ai cavi di andata e di ritorno maglie di grandi dimensioni; minimizzare comunque la lunghezza dei cavi; allocare i componenti lontano dalle aperture e dai pannelli
frontali; raggruppare i componenti del sistema che sono sorgenti di interferenza e separarli
da quelli che sono vittime; posizionare dei filtri opportuni sull' elemento schermante pi efficiente; proteggere le aperture create dal passaggio dei cavi con filtri passanti.

Il.6.2

Classificazione dei disturbi irradiati in base alle sorgenti

Come gi accennato precedentemente si pu operare una preliminare distinzione tra


disturbi irradiati a bassa frequenza e ad alta frequenza. Per i primi si possono avere campi
magnetici (continui o transitori) e campi elettrici; in alta frequenza si hanno campi magnetici, campi elettrici, campi elettromagnetici costituiti da onde continue o da transitori (singoli o ripetitivi).
Per quanto riguarda le sorgenti di disturbo si pu operare la seguente distinzione.
11.6.2.1 Linee elettriche aeree e in cavo
L'intensit del campo elettrico a frequenza industriale generato dagli elettrodotti dipende essenzialmente dalla tensione della linea e dalla distanza alla quale ci si pone (l'intensit
presenta un massimo nella zona sottostante ma decresce rapidamente allontanandosi da
essa). Sono stati riscontrati valori di campo elettrico al suolo fino ad alcuni kV1m, per le
linee a tensione nominale pi elevata (380 kV). Occorre sottolineare il fatto che il campo
elettrico al suolo spesso ridotto a causa dell' effetto schermante esercitato da oggetti quali
alberi, edifici, recinzioni, autoveicoli, etc. Gli edifici inoltre schermano l'ambiente interno
(vedi anche Cap. III).

284

L'intensit del campo magnetico a frequenza industriale generato dagli elettrodotti dipende dalle correnti che circolano nei conduttori di fase e dalla distanza dalla linea. A differenza della tensione, la corrente varia considerevolmente durante il giorno in relazione
all'energia richiesta dal carico e quindi anche il campo magnetico alquanto variabile. Il
campo magnetico dipende anche dalla disposizione dei conduttori e, per linee con pi terne, dall' ordine delle fasi. In aggiunta pu essere significativo il contributo dovuto a correnti
che circolano in qualsiasi conduttore di neutro o indotte in schermature o conduttori di
terra della linea, nel terreno vicino, o nei circuiti di telecomunicazione, tubazioni e altre
strutture metalliche che possono correre parallelamente alla linea. Sono stati riscontrati valori di parecchie decine di microtesla al suolo, al di sotto di elettrodotti che trasportano
correnti dell' ordine delle migliaia di ampere.
Il campo magnetico, a differenza di quello elettrico, non viene schermato da oggetti ed
edifici presenti in vicinanza delle linee.
Le linee elettriche aeree costituiscono inoltre delle vie preferenziali attraverso cui le
elevate energie elettromagnetiche associate alle fulminazioni atmosferiche penetrano all'interno degli impianti, sia nel caso di fulminazione diretta che in presenza di fulminazione
indiretta: in questo caso il campo elettromagnetico generato dal fulmine in vicinanza della
linea aerea interessa la linea stessa accoppiandosi con essa.
Per quanto concerne le linee in cavo, queste rappresentano importanti sorgenti di campo magnetico a frequenza industriale. I livelli dei campi prodotti, al suolo, possono anche
superare quelli generati da linee aeree. Altres importante l'azione di trasmissione dei disturbi che pu essere espletata dai cavi sui quali si possono propagare segnali indesiderati
dovuti ad accoppiamenti induttivi, capacitivi o ad interferenza di radiazione propriamente
tale.
11.6.2.2

Trasformatori di potenza

Le emissioni elettromagnetiche irradiate da trasformatori di potenza possono determinare essenzialmente la presenza di:
campi magnetici a bassa frequenza;
campi elettrici a bassa frequenza;
campi elettromagnetici ad alta frequenza.
Per quanto concerne l'entit del campo magnetico a bassa frequenza all'esterno della
macchina, questo dipende dalla corrente di carico, e pi significativo il contributo dovuto
alle correnti pi elevate che percorrono i conduttori di tensione pi bassa. Ad esso da
aggiungere il contributo degli elementi del circuito in tutta prossimit della macchina.
Con riferimento al flusso disperso, noto che lo spazio da esso interessato quello
compreso nel canale tra gli awolgimenti percorsi dalle correnti primarie e secondarie, ivi
compreso lo spazio occupato dagli awolgimenti stessi. Nel caso in esame necessario considerare le linee di forza che si richiudono all'esterno del trasformatore. L'entit del flusso
disperso associato a tali linee di forza dipende dalla tipologia costruttiva del nucleo e degli
awolgimenti del trasformatore; inoltre la presenza di elementi che presentano modesta riluttanza, come parti accessorie della macchina in materiale ferroso, determinano percorsi
preferenziali di richiusura delle linee di campo. Una predizione accurata della distribuzione spaziale del vettore induzione magnetica che crea il flusso disperso presenta delle com-

285

plessit di carattere pratico legate, oltre che alle diverse distribuzioni di forze magneto-motrici funzioni del numero e della disposizione degli avvolgimenti, anche alla difficolt di
individuare i reali percorsi esterni di richiusura delle linee di forza del campo. In tal senso,
di grande utilit risulta l'impiego di modelli di simulazione numerica basati, ad esempio,
sul metodo degli elementi finiti: l'accuratezza dei risultati ottenibili dai diversi modelli numerici impiegati nella letteratura tecnica anche verificabile dal confronto con diversi rilievi sperimentali che si possono realizzare con relativa semplicit, impiegando sonde di campo posizionate nelle zone ritenute pi significative. Dal punto di vista pratico, considerando trasformatori che rispettano criteri di similitudine geometrica a parit di tensione nominale, si pu ritenere che l'induzione magnetica che crea il flusso disperso dipenda, in prima
approssimazione, dalla radice quarta della potenza di macchina; per trasformatori con lunghezza costante di colonna al variare della potenza, si pu ritenere che la stessa induzione
magnetica dipenda, in prima approssimazione, dalla radice quadrata della potenza. Inoltre
l'emissione dovuta al flusso disperso, a parit di potenza, aumenta proporzionalmente alla tensione di esercizio dell' avvolgimento a tensione pi elevata.
L'emissione di campo magnetico associata alle correnti che percorrono gli avvolgimenti e
i conduttori esterni dipende dalla posizione relativa dei conduttori stessi e dalla fase delle
correnti che li interessano. Anche le sbarre e i cavi connessi ai terminali primari e secondari
influenzano la distribuzione spaziale dell'induzione. In generale si pu affermare che a parit
di tensione degli avvolgimenti, maggiore la taglia della macchina maggiori sono i valori di
campo magnetico rilevabili all'esterno e attribuibili ai conduttori percorsi dalle correnti, in
quanto aumentano le correnti stesse; in prima approssimazione, per macchine simili, pu essere assunta una diretta proporzionalit tra l'induzione e la potenza di macchina.
Con riferimento, quindi, all'entit del fenomeno emissivo di campo magnetico a bassa
frequenza nel suo complesso si deve in primo luogo ritenere che esso, per una stessa famiglia di macchine, sia di criticit crescente con la taglia della macchina.
Limitando infine il discorso a trasformatori di distribuzione MT/BT, si osserva che
l'emissione in esame risulta di maggiore rilevanza, fino a costituire il problema di criticit
maggiore, nel caso di macchine con isolamento a secco prive di carcassa. Quest'ultima infatti, essendo realizzata in materiale ferroso, gioca un ruolo positivo nel confinamento del
campo magnetico di dispersione, funzionando da schermo magnetico.
La principale sorgente di campi elettrici a bassa frequenza nei trasformatori di potenza
in genere costituita dalle parti a tensione pi elevata (avvolgimenti e relativi terminali). La
distribuzione del campo nello spazio dipende dalla geometria e dalla posizione dei terminali e delle connessioni esterne. La presenza di parti conduttrici in prossimit delle zone a
potenziale pi elevato intensifica ulteriormente la distribuzione spaziale del campo elettrico.
Con riferimento alla sola intensit di campo elettrico, essa direttamente proporzionale alla tensione maggiore del sistema al quale il trasformatore risulta destinato. Anche in
questo caso l'ausilio di rilievi sperimentali risulta di importanza fondamentale per la caratterizzazione dell' ambiente EM con riferimento a tale tipologia di emissione.
Dal punto di vista ingegneristico utile operare, anche in questo caso, una distinzione
fra trasformatore a secco senza carcassa e macchina in olio con annesso cassone: per i primi
pu risultare sensibile il contributo al campo elettrico a bassa frequenza da parte degli avvolgimenti ad alta tensione e dai relativi terminali; per i trasformatori in cassa, dal punto di
vista emissivo risulta di rilevanza certa il solo contributo dei terminali. Con riferimento a

286
tale situazione, nel caso di macchine di potenza e tensione pi elevate, il problema del contenimento del campo elettrico radiato, pur limitato ai soli terminali, pu presentare aspetti
emissivi severi; ad esempio, per le macchine MT/BT, in relazione alle tipologie di installazione di pi recente introduzione in cui, in spazi molto ridotti, coesistono apparecchiature
di potenza ed equipaggiamenti elettronici di controllo particolarmente suscettibili, lo stesso
problema pu presentarsi ugualmente critico.
L'emissione di onde elettromagnetiche ad alta frequenza, da parte dei trasformatori di
potenza, associata essenzialmente ad eventuali fenomeni di scariche parziali e all' effetto
corona sulle parti metalliche in aria. Per quanto riguarda il primo fenomeno, si possono
avere disturbi nell'intervallo di frequenza lO kHz-lO MHz. Il fenomeno corona pu portare alla generazione di interferenze nel campo di frequenze 150 kHz-30 MHz. Per i trasformatori di distribuzione MT/BT tali disturbi irradiati ad alta frequenza sono da considerarsi
di entit relativamente trascurabile anche se considerazioni analoghe a quelle su esposte
possono essere riportate con riferimento alla coesistenza ravvicinata di apparecchiature e
circuiteria di controllo particolarmente suscettibile.
Nei diversi casi sopra analizzati, le tecniche da impiegare per ridurre le emissioni irradiate da parte dei trasformatori di potenza si possono riassumere come segue.
Per quanto riguarda sia il campo magnetico che il campo elettrico a bassa frequenza,
si pu intervenire sia costruttivamente che individuando un cosiddetto volume di segregazione all'esterno del quale l'intensit dei campi risulti inferiore ad un preciso limite considerato tollerabile. Con riferimento alle scariche parziali, il problema attualmente considerato a livello normativo in quanto prevista la misura delle scariche parziali sia per trasformatori a secco che in olio. Gli attuali limiti di carica apparente prescritti vengono ritenuti
adeguati anche per quanto riguarda la compatibilit elettromagnetica. Per limitare l'effetto
corona generalmente sufficiente evitare la presenza di geometrie, sui terminali e sui collegamenti, che intensifichino localmente il campo elettrico; nei trasformatori ad altissima tensione il problema pu risultare critico ed necessario fare ricorso a soluzioni opportunamente studiate che impiegano opportuni schermi.
Dal punto di vista normativo, per la compatibilit elettromagnetica dei trasformatori
non stata pubblicata ufficialmente alcuna norma di prodotto per cui risulta necessario fare
riferimento alle norme di base e generiche, anche se attualmente queste, per la maggior parte
dei trasformatori di potenza, non possono essere applicate ma al pi essere assunte come
traccia; infatti le norme generiche riportano esplicitamente che le apparecchiature a cui si
riferiscono o non sono previste per la connessione ad una rete pubblica di alimentazione o
si considerano collegate direttamente alla rete pubblica di alimentazione a bassa tensione.
11.6.2.3

Stazioni e cabine elettriche di potenza

Si possono anche in questo caso distinguere le interferenze procurate dalla distribuzione spaziale del campo EM a bassa frequenza (associato alle correnti ed alle tensioni di
regime) e dagli accoppiamenti ad alta frequenza che si determinano in presenza di fenomeni transitori rapidamente variabili.
Per le interferenze in bassa frequenza occorre tenere conto dell'intensit delle tensioni
e delle correnti a frequenza industriale presenti sulle linee e sulle sbarre, valutando, anche
attraverso rilievi sperimentali, i livelli di campo esistenti e adottando opportune misure di
schermatura in presenza di apparecchiature sensibili a tali sollecitazioni. Occorre sottoline-

287

are che tutte le parti attive percorse da corrente, nella soluzione con isolamento in aria, sono
nude o attraversano isolatori, mentre nella soluzione blindata isolata in gas (tipicamente SF6)
sono contenute in involucri metallici conduttori che sono percorsi in senso inverso dalla
corrente indotta dai circuiti principali. Ne consegue una considerevole attenuazione del
campo EM intorno all'apparecchiatura blindata; d'altra parte gli spazi notevolmente ridotti
e la compattezza delle realizzazioni impone una attenzione particolare ai problemi connessi
con la CEM.
Per ci che riguarda l'interferenza ad alta frequenza si pu osservare che le operazioni
di manovra di interruttori e sezionatori, sia in condizioni normali di energizzazione e deenergizzazione di linee che in caso di intervento su guasto (gli interruttori), determinano
transitori di corrente e tensione sulle sbarre e campi EM rapidamente variabili nello spazio
circostante che danno luogo a fenomeni di interferenza elettromagnetica irradiata su apparecchiature e sistemi installati nell' area di stazione. Normali operazioni di manovra possono produrre transitori della durata compresa tra qualche microsecondo fino a qualche decina di microsecondi con contenuto armonico in frequenza superiore a 100 MHz e valori
di picco fino a centinaia di ampere. Inoltre, i conduttori e le sbarre di stazione percorsi da
tali correnti rapidamente variabili si comportano come delle vere e proprie antenne radianti che determinano nello spazio circostante, campi elettrici e magnetici transitori con valori
di picco che possono raggiungere alcune decine di kV/m e di A/m rispettivamente. Transitori ancora pi pericolosi, dal punto di vista dell'entit delle grandezze in gioco, si verificano in caso di intervento su guasti in quanto coinvolgono archi elettrici con elevate correnti.
Riadescamenti ripetuti dell' arco elettrico determinano la presenza di elevate componenti in
frequenza nello spettro armonico della forma d'onda temporale del campo EM. Altri fenomeni di irradiazione elettromagnetica si presentano per correnti transitorie iniettate nelle
maglie di terra da scariche in aria, scaricatori, trasformatori voltmetrici capacitivi; per commutazioni di reti di bassa tensione, specialmente se su carichi induttivi.
Le moderne stazioni elettriche di potenza sono equipaggiate con sistemi di controllo e
protezione che impiegano massicciamente microprocessori e circuiteria elettronica particolarmente suscettibile alle interferenze elettromagnetiche.
I fenomeni transitori di cui sopra costituiscono quindi una sorgente di interferenza irradiata di grande rilevanza in quanto possono determinare accoppiamenti che coinvolgono
elevate energie con i dispositivi e gli equipaggiamenti di controllo e con i cavi che trasportano i segnali di comunicazione con i centri di controllo remoti. Tali interferenze possono
causare pericolosi malfunzionamenti su tali apparecchiature le quali, d'altra parte, sono
progettate per minimizzare interruzioni del servizio e limitare danneggiamenti al macchinario di potenza quando si verifica un guasto.
Vari studi, modellizzazioni e rilievi sperimentali condotti sia su stazioni isolate in aria
che su stazioni con isolamento a gas con tensioni nominali fino a 500 kV, hanno evidenziato
la possibilit di pericolose interferenze causate da fenomeni rapidamente variabili che si
presentano durante le operazioni di manovra e che possono essere classificati come serie
ripetuta di transitori veloci e singoli transitori rapidi. In particolare, serie ripetute di circa
10.000 transitori veloci di durata complessiva di parecchie decine di millisecondi e frequenza
dominante intorno a parecchie decine di kHz sono stati osservati su manovre manuali di
sezionatori in fase di apertura o chiusura di tratti di sbarre di lunghezza pari ad alcune decine di metri terminati su interruttori aperti da un lato e sul trasformatore di potenza dal-

288
l'altro. Il singolo transitorio rapido della serie ha durata fino a qualche decina di microsecondi ed generato dal singolo arco che si crea tra i contatti in movimento; sono state misurate frequenze dominanti intorno a qualche MHz nello spettro armonico del campo elettrico e del campo magnetico. In tal caso sono state registrate forme d'onda di tipo unipolare per il campo elettrico e intensit massime crescenti da qualche unit a qualche decina di
kV/m per stazioni con tensioni nominali da 115 a 500 kV, raggiunte in poche centinaia di
nanosecondi; a questi valori di campo elettrico sono associati campi magnetici con forma
d'onda bipolare e valori di picco crescenti da qualche decina a qualche centinaio di Nm, al
crescere della tensione nominale del sistema.
Per quanto riguarda analoghe operazioni di chiusura e apertura mediante interruttori,
si sono rilevati campi di intensit minore (intorno a150% e oltre), frequenze dominanti nelle
forme d'onda fino a parecchie decine di MHz in relazione alle diverse operazioni effettuate. Ci si pu spiegare tenendo conto della maggiore rapidit con cui gli interruttori effettuano le manovre, rispetto ai sezionatori.
Con riferimento a stazioni con isolamento in gas, rilievi sperimentali effettuati in prossimit dei terminali aria-gas esternamente agli incapsulamenti hanno mostrato, rispetto ai
risultati ottenuti eseguendo analoghe operazioni in stazioni isolate in aria, la presenza di
transitori ripetuti di pi breve durata e contenenti in numero inferiore singoli transitori rapidi, e frequenze dominanti pi elevate (oltre i 100 MHz).
Analoghe problematiche si possono considerare per le cabine di distribuzione MT/BT
in cui le nuove tipologie di tipo compatto rendono critico il problema della limitazione degli accoppiamenti irradiati con gli equipaggiamenti elettronici.
Dalla breve esposizione precedente appare chiaramente la necessita di caratterizzare
dal punto di vista della CEM l'ambiente di stazione, individuando soprattutto livelli di immunit per le apparecchiature elettroniche di controllo e protezione, tali da garantirne il
corretto e affidabile funzionamento anche in presenza di disturbi irradiati di una certa severit come quelli di cui si discusso.
In particolare nel 1995 stato redatto un documento UNIPEDE (Automation and
Control Apparatus for Generating Stations and Substations - Electromagnetic Compatibility Immunity Requirements) in cui vengono riportati i requisiti di immunit coerenti con
l'ambiente EM presente in stazioni di generazione, sottostazioni, centri di controllo; ci costituisce il risultato di indagini sperimentali svolte in un periodo superiore ai dieci anni dalle maggiori societ elettriche mondiali. I requisiti di immunit si riferiscono sia a disturbi
irradiati che condotti, nel campo di frequenza O Hz - 400 GHz e soddisfano pienamente
tutti i requisiti richiesti dalle attuali norme armonizzate, aggiungendo tuttavia ulteriori elementi che sono tipici degli ambienti presi in considerazione. Il documento fornisce prescrizioni in materia di immunit degli apparati adibiti al controllo, automazione e comunicazione degli impianti di produzione trasporto e distribuzione dell'energia elettrica ed utilizzati dagli enti autori del documento (fra cui ENEL). Il documento non riguarda le apparecchiature di potenza (sistema primario) e le apparecchiature destinate alla tariffazione.
Esso parte da una classificazione delle tipologie di impianto, delle tipologie di zona di impianto, delle tipologie di modi di accoppiamento fra apparati ed ambiente EM, delle tipologie di fenomeni elettromagnetici. Gli impianti interessati dal documento sono le stazioni
di generazione, le sottostazioni AAT/ AT, le sottostazioni AT/MT, altri impianti industriali.

289
11.6.2.4 Gli apparecchi di manovra e protezione ed i quadri elettrici di media tensione

I circuiti di MT disturbano significamente gli apparati di misura e controllo dell'installazione, a causa della prossimit fisica con questi ultimi. Si possono verificare accoppiamenti
di tipo induttivo con la presenza di campi magnetici a bassa frequenza, e interferenze di
radiazione.
Per quanto concerne l'aspetto tecnico progettuale relativo alla compatibilit elettromagnetica nei quadri di media tensione, l'obiettivo quello di ridurre l'emissione delle apparecchiature di potenza aumentando contemporaneamente l'immunit degli apparati elettronici. A tal fine occorre progettare accuratamente l'isolamento per evitare scariche parziali,
installare opportuni filtri in uscita dai TA e TV, disporre in parallelo alle bobine e ai motori
carica-molle idonei dispositivi limitatori di tensione. Relativamente ai disturbi irradiati dalle manovre dell'interruttore o del sezionatore occorre rendere immune l'elettronica dei circuiti di comando e protezione adottando opportune precauzioni riguardanti la concezione
dei circuiti stampati, la scelta dei componenti elettronici, la realizzazione degli involucri
contenenti le parti elettroniche, l'interconnessione delle masse, il cablaggio, l'introduzione
di accorgimenti circuitali di filtro e protezione.
Per quanto riguarda le prove di suscettibilit e di emissione irradiate nelle apparecchiature di media tensione, queste sono definite dalle norme di base. In particolare, le prove di suscettibilit irradiata consentono di verificare il buon funzionamento degli apparati
in presenza di disturbi che provengono sotto forma di onde elettromagnetiche che si propagano nello spazio esterno e vengono effettuate in camera anecoica (camera schermata ricoperta su tutte le pareti, sul soffitto e sul pavimento da materiali che assorbono le onde
elettromagnetiche a radiofrequenza, limitando le riflessioni). Le prove di emissione si effettuano o in campo libero (con suolo reso buon conduttore mediante l'impiego di una piastra
metallica) o in camere semianecoiche, le quali differiscono dalle precedenti perch non hanno la superficie del pavimento rivestita di materiale assorbente. Per le prove di suscettibilit, all'interno della camera anecoica i campi elettromagnetici vengono generati da differenti
tipi di antenne a seconda della gamma di frequenze e della polarizzazione richieste; i campi
generati vengono calibrati con l'ausilio di captatori isotropici a larga banda. Le norme precisano i limiti di perturbazione accettabili; ad esempio la norma IEC 1000-4-3 raccomanda
di realizzare prove nella banda di frequenza 80-1000 MHz con tre livelli di severit (1, 3,
10 V/m) (fig. 11.11).
11.6.2.5

Gli apparecchi di manovra e protezione ed i quadri elettrici di bassa tensione

Per quanto concerne gli apparecchi di manovra e protezione e i quadri elettrici di bassa tensione, occorre sottolineare che l'entit delle forti correnti elettriche in gioco e le relative commutazioni, determinano un ambiente fortemente inquinato dal punto di vista elettromagnetico con la presenza di intensi campi elettrici e magnetici. L'introduzione, a partire dagli anni '80, di microprocessori e microcontrollori a basso consumo di energia ha consentito l'utilizzo della tecnologia digitale e dell'informatica nel mondo della distribuzione
elettrica in BT. Sono ormai di uso generale dispositivi e apparecchiature elettroniche che
consentono la misura delle grandezze elettriche primarie, il controllo degli organi di manovra e protezione oltre che la comunicazione con calcolatori che consentono di gestire in
modo completamente automatico anche l'impianto elettrico pi complesso. Ci ha deter-

290
Alea di campo

filtro d'ingresso
suD's6mentazione

filtro di

materiale anecoico da
disporre sul pavimento
per trasformar. la
camera semianecolca

slrumentazione
le misure sul
campione In prova

in anecoica
disposiINo
generatore di
campo, o
misuratore di
campo

Fig. 11.11 - Camera anecoica

minato la nascita di grossi problemi di immunit di tali apparecchiature ai disturbi EM dovuti alle apparecchiature di potenza. Recentemente con 1'avvento degli alimentatori a commutazione e della tecnologia digitale ad alta frequenza le apparecchiature elettroniche sono
diventate a loro volta fonte di disturbi che possono accoppiarsi, per esempio, con i cavi di
segnale.
Con riferimento all' aspetto normativo, la norma CEl EN 60947-1 All, che tratta delle
prescrizioni di emissione e di immunit applicabili in generale a tutta la famiglia dei prodotti soggetti alle norme del CT 17 B e quindi ai componenti impiegati nei quadri di BT
(interruttori automatici, quelli di manovra, i contattori, i contatti di prossimit, i pulsanti, i
commutatori, ... ), fa una distinzione tra apparecchi che non incorporano dispositivi elettronici e quelli che li incorporano. Per i primi stabilisce che non sono sensibili ai disturbi elettromagnetici e che non costituiscono sorgente di emissione; al contrario, per gli apparecchi
che incorporano dispositivi elettronici vengono prescritti dei limiti di emissione e dei valori
di immunit elettromagnetica che poi le singole norme di prodotto devono recepire, prescrivendone anche le modalit di verifica e i limiti delle prestazioni dei dispositivi stessi.
Occorre sottolineare che, con riferimento per esempio all'interruttore automatico di BT,
questo viene considerato come un blocco funzionale unitario di cui fanno parte anche i dispositivi elettronici di controllo e protezione: la verifica elettromagnetica viene effettuata
per l'interruttore nel suo complesso e non all'interno del microambiente interruttore per il
quale le interazioni interne sono verificabili direttamente nel momento stesso in cui le diverse parti esplicano le loro funzioni. Per quanto riguarda 1'emissione irradiata, la gi citata
norma CEl insieme alle norme generiche CEl EN 50082-1 e 2 e alle norme base CEl 110-5

291
e CEI 110-6, prescrivono i metodi e le apparecchiature di prova per la misura dell'emissione nel campo di frequenza 30-1000 MHz. In particolare l'interruttore automatico in prova
deve essere completo del suo involucro funzionale e connesso con i conduttori di alimentazione e di segnale con i quali si prescrive che debba essere installato per l'esercizio; la configurazione dei cavi di interconnessione deve essere, in pratica, quella prescritta dal costruttore dell' apparecchio. Il dispositivo deve essere posizionato come nelle condizioni ordinarie ma ricercandone le configurazioni di prova che diano luogo al massimo livello di disturbo emesso. Il luogo di misura pu essere sia una camera semianecoica che un campo aperto: in tal caso occorre verificare che non siano possibili riflessioni d'onda e comunque che
il livello del rumore d'ambiente sia almeno 6 dB al di sotto dei limiti di emissione prescritti
per l'oggetto in prova. In camera semianecoica qualora ci fossero rumori d'ampiezza significativa che vengono captati dai cavi e da questi condotti all'interno della camera, sufficiente in genere una buona schermatura dei cavi stessi per limitare il rumore entro i limiti
della norma.
Con riferimento alla immunit ai campi irradiati l'apparecchiatura deve fornire assegnate prestazioni quando investita da un campo a radiofrequenza, generato normalmente
da sorgenti trasmittenti dedicate quali trasmettitori radio e televisivi, radio trasmittenti portatili, apparati industriali o anche da radiazioni spurie generate da saldatrici, tiristori, lampade fluorescenti, interruzioni di correnti induttive, etc.
Le norme cui si fa riferimento sono la norma di prodotto IEC 947-2, Annex P/ed. 1995,
par. F.7 e le norme di base IEC 1000-4-3/ed. 1995 e EN 50140. Come per l'emissione, anche per l'immunit ai campi irradiati durante le prove occorre riprodurre per l'apparecchio
le condizioni di normale esercizio. Le prove di immunit si effettuano in camera anecoica
sia con il dispositivo in aria libera che con questo installato in una cella individuale; la prova in aria libera ritenuta significativa per garantire anche l'immunit del prodotto installato in cella.
Notevole importanza riveste anche l'immunit al campo magnetico a frequenza di rete
(IEC 1000-4-8).
Per quanto concerne il quadro elettrico di bassa tensione nel suo complesso, mentre
per le prove di immunit occorre riferirsi al componente singolo, almeno per i componenti
che hanno una funzione che si estrinseca in modo autonomo, per l'emissione ci si riferisce
al quadro elettrico nella sua globalit; cio l'insieme di tutta l'apparecchiatura che non
deve introdurre nell' ambiente disturbi elettromagnetici che possano interferire con gli altri
elementi presenti. Comunque la norma CEI EN 60439-1 A 11 permette di non effettuare
prove sul quadro se sono rispettate alcune condizioni: gli apparecchi e i componenti installati nel quadro siano definiti per gli ambienti elettromagnetici specificati, conformi alla classificazione delle norme CEI EN 50081-1 e 2 e siano conformi alle prescrizioni delle relative
norme di prodotto o alle norme generiche di CEM; le condizioni di installazione e di cablaggio siano in accordo con le istruzioni del costruttore degli apparecchi e dei componenti
con riguardo alle mutue influenze, alla schermatura dei cavi e alle messe a terra.
11.6.2.6 La fulminazione atmosferica e i problemi di compatibilit elettromagnetica
La fulminazione atmosferica una sorgente di interferenza presente anche in altre installazioni ma che assume particolare importanza negli impianti elettrici di potenza e negli
impianti industriali a causa della presenza di strutture di altezza elevata. La corrente di ful-

292
mine raggiunge valori di picco dell'ordine delle centinaia di kiloampere, gradienti di variazione temporale dell' ordine di 200 kA/lls per fulmini discendenti negativi, tempi alla cresta
da 0.2 a 20 I-ls per fulmini negativi, tempi all'emivalore da alcuni a diverse centinaia di microsecondi.
Dal punto di vista metodologico la fulminazione atmosferica costituisce una problematica affrontabile con gli stessi metodi della compatibilit elettromagnetica. Mentre per
quest'ultima si occupa essenzialmente del corretto funzionamento degli apparati, la norma
relativa al LEMP (Lightning Electromagnetic Pulse) tratta dell'integrit degli apparati in
relazione alle sovratensioni ed alle sovracorrenti che si possono manifestare a causa della
fulminazione atmosferica. L'impianto di protezione antifulmine, fondamentalmente costruito allo scopo di evitare gli effetti catastrofici del fulmine che colpisce una struttura, dovrebbe altres garantire anche che all'interno della struttura protetta non si manifestino livelli di interferenza superiori a quelli sopportabili dalle apparecchiature suscettibili presenti. La norma IEC 1312, ancora in fase di studio, si propone di illustrare i criteri da seguire
per garantire, oltre che la protezione dagli effetti macroscopici che il fulmine pu provocare a strutture e persone, anche la compatibilit elettromagnetica dell' ambiente protetto.
11.6.2.7 Gli azionamenti elettrici
La presenza massiccia di azionamenti elettrici in tutti i moderni impianti industriali ha
determinato la nascita di notevoli problemi di compatibilit elettromagnetica sia con riferimento ai disturbi condotti che a quelli irradiati. noto infatti che l'architettura generale di
un azionamento elettrico a velocit variabile, indipendentemente dal tipo di motore utilizzato, presenta i seguenti elementi: sezione elettronica di potenza, circuito di regolazione e
di comando per la sezione di potenza, organo attuatore costituito da un motore elettrico.
inoltre presente un sistema di regolazione automatica ad anello chiuso che utilizza segnali
di retroazione per le due variabili da controllare: coppia e velocit.
Gli azionamenti a velocit variabile con motori a corrente continua e convertitori a tiristori, hanno dominato il mercato fino alla fine degli anni '80.
Con l'introduzione sul mercato di transistori di potenza a basso costo (IGBT: insulated gate bypolar transistor), i moderni azionamenti impiegano sempre pi massicciamente,
in luogo di motori in corrente continua, motori in corrente alternata pi robusti e affidabili
dei primi.
Questa evoluzione ha portato alla necessit di sviluppare nuove strategie di controllo,
pur senza modificare la configurazione generale dell' azionamento. Tali nuove tipologie di
controllo hanno aggravato il problema della presenza di disturbi irradiati sia a bassa che ad
alta frequenza.
In particolare l'introduzione di azionamenti vettoriali con convertitori elettronici di
potenza a transistori ad alta velocit di commutazione con modulazione PWM (pulse width
modulation) avente attualmente una frequenza compresa tra circa lO e 20 kHz crea ulteriori problemi di compatibilit elettromagnetica per quanto riguarda l'aspetto dei disturbi irradiati ad alta frequenza.
Per regolamentare il problema della compatibilit elettromagnetica in tale settore divenuto ormai di importanza fondamentale, l'IEC congiuntamente con il CENELEC, ha approntato una norma (CEI EN 61800-3 - classificazione CEI 22-10) che ha come scopo quello di
specificare i requisiti di compatibilit elettromagnetica per azionamenti a velocit variabile con

293

motori in corrente continua ed in corrente alternata e con alimentazione da rete non superiore a 1000 V c.a. Questo provvedimento ha la veste di norma di prodotto con inclusi specifici
metodi di prove. Per quanto riguarda i disturbi irradiati, interessano: il campo vicino (distanza dal trasmettitore - parassita - minore di J2 n) il campo lontano (distanza dal trasmettitore
- parassita - maggiore di J2 n) 0" la lunghezza d'onda del segnale considerato).
11.7

Qualit del servizio (Power Quality)

Negli ultimi anni si andata diffondendo una crescente sensibilit nei confronti della
power quality del servizio elettrico in dipendenza da un lato delle maggiori esigenze degli
utenti e degli apparecchi da essi utilizzati (pi sofisticati e con un elevato livello di suscettibilit) dall' altro una maggiore presenza di disturbi, determinata dalla sempre pi grande
diffusione di componenti a comportamento non lineare.
Nei sistemi di potenza il problema della Power Quality si posto fondamentalmente
nell' area della distribuzione pubblica e industriale ma i suoi confini non sono assolutamente definiti.
Il termine qualit nato inizialmente con riferimento alle caratteristiche di prodotto
si di fatto esteso anche alla prestazione dei servizi che hanno assunto un importanza sempre maggiore nelle economie avanzate.
L'erogazione di energia elettrica si presenta sia con le caratteristiche del prodotto che
con quelle del servizio. La qualit dipende infatti da una pluralit di fattori alcuni inerenti
a un prodotto che deve avere particolari caratteristiche altri tipici di un sistema di erogazione di servizi.
Questa duplicit di aspetti unita alla capillarit e alle caratteristiche dei sistemi di potenza rendono il problema particolarmente complesso ed importante.
Sulla base delle conoscenze fino ad ora maturate, tenuto conto di quanto gi esposto
nei paragrafi precedenti sulla Compatibilit Elettromagnetica, nella Tab. 11.7 sono riportati
sinteticamente i disturbi che provocano un abbassamento della qualit della tensione nei
sistemi di distribuzione con le loro cause e i loro effetti.
Con riferimento alla continuit le cause di interruzione sono da attribuire a guasti (corto-circuiti, rottura di conduttori ... ) a sovraccarichi, ad aperture anomale di interruttori, ad
aperture di interruttori per esigenze di servizio.
I parametri descrittivi della qualit dell' alimentazione elettrica possono essere in definitiva raggruppati in due categorie:
Caratteristiche fisiche della tensione sotto la quale viene fornita 1'energia (frequenza,
simmetria, distorsione armonica, variazione di ampiezza);
Caratteristiche del servizio (continuit dell' alimentazione).
In letteratura ancora non si hanno degli indici di qualit universalmente accettati.
Indubbiamente per si pu ritenere che si ha un power quality accettabile quando sono
soddisfatti definiti requisiti.
In questo spirito la norma CENELEC EN 50160 fornisce nelle condizioni di esercizio
normali di un sistema elettrico di distribuzione a b.t. e M.T. valori di riferimento per la tensione fornita all'utente con riguardo a:
1) - frequenza
2) - ampiezza

3) - flicker

294
4)
5)
6)
7)
8)
9)
lO)
11)

distorsione armonica
simmetria
contenuto di segnali trasmessi dal distributore per funzioni di esercizio
variazioni rapide
buche
interruzioni
sovratensioni
interarmoniche

In proposito vedi Tab. 11.8 - 11.9


Per le grandezze da 1) a 6) i valori indicati nelle tabelle sono specificati con un grado
di confidenza statistica del 5% su intervalli di tempo assegnati; per le grandezze da 7) a 11)
esistono maggiori incertezze nei limiti imposti in quanto esse poco prevedibili e quindi difficilmente quantificabili.
Gli studi sulla power quality hanno come obiettivo:
a) La conoscenza la pi approfondita possibile dei disturbi o delle cause di guasto. Quindi
da un lato la ricerca di modelli e di metodologie di calcolo che permettano di valutare in
maniera previsionale la nascita di un disturbo, la sua propagazione, i suoi effetti; dall'altro 1'esecuzione di misl\re sul campo per avere il maggior numero possibile di dati da elaborare con tecniche statistico-probabilistiche e disporre di un utile elemento di raffronto
con le valutazioni teoriche. Con questa finalit si adoperano, come gi visto, analizzatori
di rete quali il QUASAR, il DRANETZ, il DATA 6100 che consentono di acquisire informazioni riguardanti gli andamenti delle grandezze caratteristiche relative agli specifici nodi
in cui esse sono inserite e di elaborarli a mezzo di procedure statistico-probabilistiche.
b) L'individuazione di tutte le procedure di progettazione e di esercizio per ridurre al massimo la frequenza e 1'entit dei disturbi; per migliorare il comportamento del sistema in
presenza di disturbi ed infine per aumentare l'immunit degli apparecchi utilizzatori.
11.7.1

La Normativa

I principali comitati che occupano di EMC sono:

IEC
A.CE.C Advisory Commitee on Electromagnetic Compatibilily
TC 77
Electromagnetic Compatibility
CLS.P.R. International Special Committee on Radio Interference
TC 66
IndustriaI - Process measurements and Control
CENELEC
TC 110
Eletromagnetic Compatibily
CEI
CT 210
Compatibilit Elettromagnetica
Anche numerosi organismi internazionali si occupano della normalizzazione della Compatibilit Elettromagnetica (LE.E.E., CLG.R.E., CCLT.T., etc.)
Le Norme possono essere suddivise in:
Norme di base
Norme generiche
Norme di prodotto.

295

Tab. 11.7

Origine ed effetti dei disturbi


._--

----- -

ORIGINE

DISTURBO

EFFETTI
----

Variazioni di frequenza

Distacchi di grossi gruppi


generatori.
Commutazione di grossi carichi.
Guasti

Variazione di velocit nei motori.


Malfunzionamento dei dispositivi
elettronici che utilizzano la
frequenza per generare la base
dei tempi.
Perdite nei lamierini magnetici

Variazioni rapide di tensione

Inserzione di apparecchi.
Carichi con assorbimento
variabile

Intervento intempestivo di
protezioni.
Flicker (se ripetitive).
Malfunzionamento di apparati
elettronici.

Variazioni impulsive di
tensione

Fulminazioni.
Manovre.
Guasti

Perforazione di isolamenti.
Danneggiamento di circuiti
elettronici.

Buchi e interruzioni brevi di


tensione

Guasti.
Manovre.

Intervento di rel di minima


tensione.
Irregolarit di funzionamento dei
motori.
Malfunzionamento di apparati
elettronici digitali.
Spegnimento di lampade a
scarica con ritardo di
riaccensione.

Armoniche

Carichi non linerai.


Azionamenti a velocit variabile.
Lampade.
Convertitori statici.
Elettrodomestici.
Saldatrici.
Forni ad arco.
Trasformatori.
Motori.

Malfunzionamento di protezioni.
Aumento perdite dielettriche.
Aumento perdite nel rame in
macchine e trasformatori.
Aumento delle perdite in rete.
Errori di apparati di misura.
Malfunzionamento di apparati
elettronici.
Funzionamento instabile di
motori.
Malfunzionamento dei
convertitori.
Interferenza sui circuiti di
telecomunicazioni.

Dissimetria

Carichi squilibrati

Comparsa di componenti di
sequenza inversa della tensione
con sovrariscaldamento di
macchine rotanti e
raddrizzamento.

r---

296

CENELEC 50160 - Caratteristiche principali della tensione in BT /rete pubblica)

Tab. 11.8

r----.-.-----

. Caratteristiche della tensione BT

Limiti previsti

-----t

freq
___ u.enza (per sistemi in__ t_erco_n_n_e_ss_il
_ _ __
_

ti'

valore

nominale della tensione


(a partire dal 2003)
---

50Hz1 % per il 95% di una settimana


: 50Hz +4 -6% per il 100% di una settimana
230/40010% per il 95% di una settimana

---------

dV,,; 5 o.Yo... VN

'I variazione rapida della tensione

i glOrno

f1icker

severit"; 1 per il 95 % di una settimana


- - - -

(ec~ezionalmente 10.% V,;-,,, ~"

buchi di tensione
(durata 10 ms - 1min)

!
da alcune decine a 10001anno (normalmente ;.durata < di 1s e profondit minore del 60%)

~olte

interruzioni brevi
--- - - - - I - d a alcune decine a
centinaia/anno (il 7;%
(durata minore di tre minuti) _ - - - - t d e l l e interruzioni breviha durata inferiore a 1s) _

110 _ 50 1 anno

interruzioni lunghe accidentali


(durata maggiore di 3 minuti)
, sovratensioni temporanee alla frequenza di rete
~fra fasi e terra

~Vl'lI~ensioni transitoriefra~e_e_te_r_ra_ __

max 6 kV

p;c~o

. ~~

dissimmetri~"; 2 % per il 95 % di U:a

grado di
seltlmana

,",ori ddriti d.ll. "O~' "" d 99% d; w

trasmissioni di segnali sulla rete di


alimentazione

giorno

----1---

I
I

I
I

L~~brio della tensione di alimentazione

max 1,5 kV efficaci

val~ri riportati di seguito per il 95 % di una


settunana

armoniche di tensione .

Armoniche dispari
Non multiple di 3

Non multiple di 3
% Vn

Ordine

Armoniche pari

Ordine

% Vn

Ordine

% Vn

1,5

11

3,5

15

0,5

6 ... 24

0,5

13

21

0,5

17

19

1,5

25

1,5

THD (V):::; 8%

297
CENELEC 50160 - Caratteristiche principali della tensione in MT /rete pubblica) Tab. 11.9
--------------- -

~sti

Caratteristiche della _ten


__s_io_n_e____T____________+-ld__DD__ti_p__
--

50Hz1 % per il 95% eli una settimana


I
50Hz +4 -6% per il 100% di una settimana ~

frequenza (per sistemi interconnessi)


f------

valore nominale (o dichiarato) della tensione

V N (o V) 10% per il 95% di una settimana

variazione rapida della tensione

dV,.; 4% V N (eccezionnalmente 6% V N ) per un


giorno

--------------------------r--

,---------- ---

flicker

severit"; 1 per il 95% di una settimana


--

buchi di tensione

da alcune decine a 1000/anno (normalmente


durata < di ls e profondit minore del 60%)

(durata lO ms - lmin

------------i------

interruzioni

b~

, da alcune decine a molte centinaia/anno (il 70%


delle interruzioni brevi ha durata inferiore a ls)

(durata minore di tre minuti)

interruzioni lunghe accidentali

lO - 50 / anno

(durata maggiore di 3 minuti)


_......._-

sovratensioni temporanee alla frequenza eli rete


fra fasi e terra

,max2VN (oV)

sovratensioni transitorie fra fase e terra

coordinamento dell'isolamento compatibile con


quello adottato dal distributore

squilibrio della tensione di alimentazione

grado di dissimmetria"; 2% per il 95% di una


settimana

r-----------trasmissioni di segoali sulla rete di


alimentazione

valori definiti dalla norma per il 99% di un


giorno
valori riportati di seguito per il 95% di una
settimana

I armoniche di tensione

Armoniche dispari
Non multiple di 3

Non multiple di 3
% Vn

Ordine

Armoniche pari

Ordine

% Vn

Ordine

% Vn

1,5

11

3,5

15

0,5

6 ... 24

0,5

13

21

0,5

17

19

1,5

25

1,5

THD (V)

8%

298
Le Norme di base definiscono nel dettaglio metodi di prova e di misura, strumentazione e configurazione di prova; si tratta di documenti di carattere generale e non orientati a prodotti specifici o
famiglie di prodotto.

Norme di base per la definizione degli ambienti elettromagnetici

_.~_D_E_S~RI_Z_IO=N=E~~~----+-_--_--_-_-_-- ~IE_C~~~
Ambiente elettromagnetico per
disturbi condotti in bassa
frequenza e segnali nei sistemi
, di alimentazione pubblica

_I

-l'-

1000-2-2 (1990)

Livelli di compatibilit per

, EN 61000 2-1

__

Descrizione dell'ambiente.
Fenomeni radiati e condotti
non legati alla frequenza di
rete.

1000-2-3 (1992)

Livelli di Compatibilit in

Futura 1 0 0 0 - 2 - 4 -

ambienti elettromagnetici

Doc 77B(C0)16

i Doc. 77B(Sec)16

Classificazione degli ambienti

61000-_C2E_"1N~L~-C~--I'

1000-2-1 (1990)

disturbi condotti in bassa


frequenza e segnali nei sistemi
i alimentazione pubblici.

I E-N-

Tab. 11.10

[EN
'6, 1000-2-2
,

=- t

j'

"

elettromagnetici
, I
Livelli di compatibilit per '
Doc. 77Doc. 77 A(Sec)88 disturbi condotti in bassa
'
frequenza e segnali in sistemi,d~i
alimentazione pubblica in
media tensione.
------

-----,

-------"----------~

Le Norme generiche definiscono i requisiti essenziali di EMe, per tutti i prodotti destinati ad
un determinato ambiente, richiamando le procedure di prova normalizzate (esse valgono qualora non
vi siano Norme di prodotto specifiche).

Norme generiche

Tab. 11.11

REQUISITO EMC

IEC

CEI

CENELEC
--~-

A.tnbiente domestico, cotnrrlerciale e industriale

~-----I

IrrUTIuolta
__

ed-rEe 1----;~-50081~-~-T77
_
(992)
I
__~~ ~:~parazl~___
__ _ _ _ I

Doe

CISPR

rEe

IrruTlunit

77

(~~~~~1

------1:------

EN 50082-1

_~2)

CEI 110-7
(1992)

CEI 110-7
(1992)

AxTIbiente industriale

"

DDc CISPR ed

EmISSIone

77

lnununit

--

IEe 77 (Sec) 143

--~

-1------

rEe

In preparaz10ne

EN 50081-2
(1993)

,
-------

prEN 50082-3

t~~

299
Per quanto attiene l'aspetto dell'emissione e dell'immunit ai disturbi, si distinguono diverse
norme o progetti di norma, in dipendenza del tipo di fenomeno considerato.

Normativa di emissione in bassa frequenza


FENOMENO

IEC

Tab. 11.12
CENELEC

CEI

Disturbi prodotti da apparecchi connessi alla rete pubblica


Definizioni

555-1 (1982)

EN 60555-1 (1986)

CEI 77-2 (1989)

Armoniche
(alimentazione fino a 16
A)

555-2 (1982)
Modifica 1 (1985)
Norma in revisione
Il progetto di norma
77 A (Sec) 90+90A
(futura 1000-3-2)

EN 60555-2 (1986)

CEI77-3 (1988))

----

r-------Fluttuazioni tensione e
flickers (alimentazione
fino 16A)

Armoniche
(alimentazione
maggiore di 16 A o
apparati soggetti ad
accordi speciali)

i Fluttuazioni tensione
I (alimentazione
maggiore di 16 A o
apparati soggetti ad
accordi speciali)
Guida per la
strumentazione ed i
metodi di misura delle
armoniche ed
interarmoniche

555-3(1982)
EN 60555-3 (1986) +
emendamento 1 (1990) Modifica A (1991)
Norma in revisione.
Il progetto di norma
77 A (CO)38 (futura
I
1000-3-3)

CEI77-4 (1989) +
variante V (1992)

I In fase di studio in

ambito 77 A: progetto
555-4, futura 1000-3-4

Futura 555-5, 1000-3-5


Attualmente doc.
77A(Sec)72

100-4-7 (1991)
Norma in revisione
Il progetto di norma
77 A(SEc)793

I
I
I
I
I

300

Tab. 11.13

Normativa di immunit ai disturbi elettromagnetici


-

- - - - - - - - - - - - - --

--

--

FENOMENO

IEC

CENELEC

CEI

Disturbi di rete
----

--

Buchi, interruzioni e
variazioni di tensione

Prog. 1000-4-11 (Doc.


77B(CO)17)

Annoniche,
interarmoniche, segnali
sulle reti

Doc. 77 A(Sec) 101

Fluttuazioni,
sbilanciamenti,
variazioni della
tensione

Doc. 77 A(Sec)87

ENV 61000-4-11
prEN 610004-11

--I

-----

1--

---

-"

Disturbi condotti in bassa ed alta frequenza


Doc. 77 A(Sec)86

Disturbi continui da
O Hz a 150 KHz

----- ----

-"-

Progetti 801-5 e 10004-5


(Doc. 65A177B
(Sec)136/101)

Impulsi: 1.2/50l1s e
8/20l1s, 10/70011s

I Trans;~o~i
I

veloci

801-4(1988)
Prog. 1000-4-4
(Doc. 77B(Sec) 112)
--

Disturbi indotti da
campi a radio
frequenze

Progetti 801-6 e 10004-6 (Doc. 65A177B


(Sec) 145/110)

Onde oscillatorie

Prog. 1000-4-12 (Doc.


77B(Sec) 116)

ENV 50141

Campi elettromagnetici in alta frequenza

re .

--

..
ampi eIettromagneUcl

_.

801-3 (1994) obsoleta.


Progetti seconda ed. e
1000-4-3: doc
65A177B(Sec)135/100

HD 481.3 SI - obsoleta
ENV 50140

... _ - -

CE! 65/7

Campi magnetici a bassa frequenza


---"-

A frequenza di rete

1000-4-8 (1993)

EN 61000-4-8

1000-4-9 (1993)

EN 61000-4-9

1000-4-10 (1993)

EN 61000-4-10

-----

Impulsivi
--

Oscillatori smorzati
-

---~

Scariche di elettricit statica


--"

Scariche elettrostatiche

801-2 (1991)
Futura 1000-4-2
Doc. 77B(Sec)111

EN 60801-2

CEI65/6

CAPITOLO XII

LA STABILIT DEI SISTEMI ELETTRICI DI POTENZA

12.1

Generalit

Un sistema fisico si dice stabile quando mantiene la sua condizione di equilibrio e tende
spontaneamente a ritornarvi allorch, per una causa qualsiasi, ne venga discostato. Le posizioni di equilibrio stabile sono le sole realmente durature per il sistema.
Per un sistema elettrico di potenza la condizione di equilibrio si identifica con la marcia
sincrona di tutti gli alternatori ad esso connessi.
In regime permanente essi ruotano alla stessa velocit elettrica (le velocit angolari sono
uguali a meno del numero di coppie polari n = 60 f ) e all' albero di ciascun rotore sussiste
p
l'uguaglianza tra la coppia motrice, proporzionale alla potenza fornita dal motore primo,
per esempio una turbina, e quella resistente, proporzionale alla potenza elettrica erogata
dalla macchina e alle perdite.
La stabilit coincide con 1'attitudine del sistema a mantenere il sincronismo ed a ritornarvi dopo che esso se ne allontani a seguito di una perturbazione.
All' atto di una perturbazione nasce un regime transitorio in cui tutte le grandezze elettriche caratteristiche diventano variabili nel tempo e le velocit angolari si discostano da quelle
di sincronismo. La perdita di sincronismo tra le varie parti del sistema comporta, per l'intervento delle protezioni, il sezionamento della rete e 1'eventuale distacco di unit generatrici.
Per ripristinate 1'equilibrio tra potenza generata e potenza assorbita pu essere necessario
distaccare successive aliquote di carico ed in caso di insuccesso possibile giungere al totale
collasso dell'intero sistema.
I principali tipi di perturbazione che possono avere luogo nei sistemi di potenza sono:
variazioni di carico;
guasti (corto-circuiti);
variazione di configurazione di rete (inserimento o disinserimento di linee o apparecchiature);
distacco di unit generatrici.
In dipendenza della natura e dell'ampiezza delle perturbazioni conveniente distinguere tre tipi di stabilit:

stabilit statica;
stabilit dinamica;

302

stabilit transitoria.
Negli studi di stabilit statica il sistema si considera affetto da piccole perturbazioni,
cio da lente e graduali variazioni della condizione di funzionamento, per esempio lente
variazioni di carico. Si pu ritenere che in queste condizioni di funzionamento il passaggio
del sistema da una configurazione di equilibrio ad un' altra awenga dolcemente, con moto
aperiodico e senza oscillazioni, quasi come in una successione di stati di equilibrio.
Per ogni elettrodotto in corrente alternata, anche in queste condizioni teoriche di funzionamento, indipendentemente dai vincoli termici, esiste una potenza massima trasmissibile oltre la quale il sistema perde il sincronismo. Tale potenza secondo quanto si gi visto
nel Cap. II viene definita limite di stabilit staliea.
Piccole perturbazioni possono avere implicazioni di natura diversa sul sistema di potenza, ma ugualmente portare alla perdita del sincronismo.
Si constatato sperimentalmente che sistemi elettrici che trasmettono potenze ben inferiori alloro limite di stabilit statica sono sede, in certi casi, di oscillazioni di potenza persistenti, di frequenza molto bassa (inferiore ad 1 Hz) che possono venire gradualmente amplificate fino a provocare la perdita del sincronismo e l'intervento delle protezioni. Il fenomeno causato dall'azione intempestiva del sistema di regolazione (essenzialmente di tensione).
La stabilit dinamica si pu definire come l'attitudine allo smorzamento di questo tipo
di oscillazioni, cio ad evitare questa instabilit oscillatoria del sistema.
La stabilit transitoria attiene allo studio del sistema affetto da grandi o rapide perturbazioni, quali si verificano pi frequentemente nella realt.
Il sistema sede di oscillazioni di grande ampiezza e non possibile descriverlo con un
semplice modello linearizzato.
La non linearit comporta difficolt nella risoluzione dei sistemi di equazioni differenziali
che reggono il comportamento del sistema, specie se esteso e con molte macchine interconnesse.
Sono questi gli studi di maggior importanza pratica ed ad essi stato rivolto un crescente
impegno negli anni pi recenti in cui l'impiego dei calcolatori ha dato la possibilit di trovare
soluzioni di tipo numerico (*).
12.2 Stabilit statica
12.2.1

Stabilit statica di un alternatore

Si consideri una macchina sincrona, in generale a poli salienti, inserita su un sistema di


(*) Nella letteratura la terminologia adottata nel classificare i vari tipi di stabilit non omogenea.
Il termine di stabilit statica (steady state stability) viene usato nella medesima accezione dai diversi
autori.
Tale fatto non si verifica per il termine di stabilit dinamica. Autori francesi usano il termine stabilit
dynamique riferito alla stabilita transitoria, e cos, nella medesima accezione in certi testi italiani. Taluni
autori parlano della stabilit dinamica, nella accezione sopra adoperata, usando il termine stabilit oscillatoria. Altrove fenomeni di instabilit dinamica vengono definiti steady state instabilities.
Anche se la stabilit statica e quella dinamica prendono in considerazione lo stesso tipo di perturbazioni e si possono studiare mediante lo stesso modello matematico, si ritenuto conveniente differenziare i due
concetti per le diverse implicazioni e per la difierente fenomenologia che comportano sul funzionamento del
sistema di potenza.

303

lq

jXqlq

jXdld

Fig. 12.1 - Diagramma di funzionamento a regime di un alternatore.

sbarre a potenza prevalente, tale da potere ritenere costanti il valore e la frequenza della tensione ai morsetti della macchina. (*)
Trascurando le resistenze di stato re, in regime permanente se si indica con l'angolo
di coppia della macchina, ossia l'angolo esistente tra la tensione Vai suoi morsetti e la f.e.m.
a vuoto E, la potenza attiva e re attiva erogata valgono (vedi VoI. I, Parte prima, par. 7.8.1):
2

l.

EV . u
" +
V - [1
1 Stn 2"u
--P =--Stn

[12.1]

p= E V sin

[12.2]

Xd

Xq

Xd

Xd

VE
V2
2
Q=---COS+-cos
Xd
Xd

v2
Xq

VE
V2
Q=---cos+Xd
Xd

Fig. 12.2 - Andamento della potenza erogata


in regime statico da un alternatore a rotore
liscio (a) e da uno a poli salienti (b).

. 2

+-Stn

[12.3 ]
[12.4]

rispettivamente per alternatori con rotore a poli


salienti (Xd ::t Xq ) e rotore liscio (Xd = X q ).
Le espressioni, qui determinate con riferimento ad una fase dell'alternatore, hanno validit nella stessa forma, anche per i sistemi trifase purch per VedE si intendano i valori

(*) Per sistema di sbarre di potenza prevalente (al limite infinita) si intende un sistema di sbarre cui risultino
connessi n generatori di potenza P rilevante ciascuno con impedenza interna Z. Tali generatori possono considerarsi equivalenti a uno solo avente potenza nP e impedenza interna Z/n. Al crescere di n la potenza del generatore diviene prevalente (al limite infinita) e la impedenza interna trascurabile (al limite nulla). In relazione a quanto
sopra per tale generatore equivalente si pu ipotizzare che rimangano costanti:
la frequenza per qualsiasi variazione di carico (sempre trascurabile rispetto a quella del generatore equivalente);
la tensione ai morsetti in quanto non si varia l'eccitazione della macchina e la caduta di tensione dovuta alla
sua impedenza interna trascurabile (al limite nulla).

304
concatenati. Se Ved E sono espressi in k Vele X in Q, le potenze attive e reattive risulteranno
espresse rispettivamente in MWe MVAR.
Nell'ipotesi di non modificare l'eccitazione della macchina, se questa inserita su un sistema di sbarre a potenza prevalente, Ved E rimangono costanti e conseguentemente P e Q
diventano solo funzioni del parametro o. L'ipotesi di sbarre di potenza prevalente (o infinita)
una astrazione, ma estrapolabile in prima approssimazione a sistemi di sbarre reali cui
siano connesse reti sufficientemente interconnesse.
In queste ipotesi in fig. 12.2 vengono riportati gli andamenti di P = /(0) per un alternatore a rotore liscio ed uno a poli salienti. interessante rimarcare che il componente in
sin 20, essendo Xq < Xd, positivo e pertanto anticipa il valore massimo della potenza ad
un angolo minore di 90.
I ragionamenti fin qui svolti possono ripetersi quando macchine sincrone funzionano da
motori e assorbono potenza. In queste condizioni o e P cambiano segno ed i diagrammi P = / (o)
si presentano identicamente nel terzo quadrante da (O a - n).
In regime permanente, per una certa condizione di carico P, la velocit angolare della
macchina costante e pari ad O) (velocit di sincronismo) e la coppia motrice Cm eguaglia la
coppia elettrodinamica resistente Cf che pari a P/O).
Si ha:

[12.5J
cio a regime vi una proporzionalit diretta fra coppia motrice, potenza erogata e posizione
del rotore individuata a mezzo del fasore E avente coordinata angolare o rispetto alla tensione alle sbarre V. [P = (EV / X) sin o] .
Se Cm varia cos lentamente che in ogni istante tale condizione di equilibrio Cm = Cr
possa ritenersi soddisfatta si dice che l'alternatore in condizione di regime statico; ci in
generale si verifica in un sistema quando ogni generatore subisce perturbazioni cos modeste
che ogni rotore passa alla successiva condizione di equilibrio con movimento aperiodico,
senza oscillazioni.
Questa successione di stati di equilibrio potr mantenersi fintanto che ad ogni tendenza
che ha il generatore ad accelerare (aumento di Cm) nasce una reazione che tende a farlo ritardare (aumento di Cr) e viceversa.
Se l'alternatore eroga la potenza elettrica P con un angolo di coppia 00 < 90, l'aumento
della coppia motrice ottenuto agendo gradualmente sul distributore del motore primo comporta un incremento dell' angolo o, con conseguente aumento della coppia resistente che viene ad adeguarsi. La macchina continua a ruotare al sincronismo.
Quando Cm raggiunge il valore PmaiO) e lo supera, la macchina non pu mantenere tale
condizione di equilibrio in quanto tende ad erogare potenze minori e quindi incapaci di produrre una Cr adeguata. L'equilibrio perduto equivale alla perdita del sincronismo della macchina.
Per alternatori a rotore liscio la potenza massima erogata si raggiunge per o= 90, mentre per alternatori a poli salienti tale potenza si raggiunge per o< 90. Questi ultimi in regime
permanente raggiungono prima P roax (vedi fig. 12.2). Tenuto conto di ci, per le successive
considerazioni, per semplicit, si far riferimento agli alternatori a rotore liscio.
Il valore Prom cio la massima potenza che l'alternatore pu fornire nelle condizioni di

305

equilibrio cos definite, prende il nome di limite di stabilit statica.


L alternatore sar stabile quando per d > O dP > O e viceversa quando per d < O dP < O;
pertanto la condizione di funzionamento stabile per macchine ad eccitazione costante si avr
per cos S > O.
Nelle ipotesi fatte per una macchina che funzioni come generatore o motore sincrono
il campo di funzionamento stabile quello indicato in fig. 12.3
+90"

O~--+-------I>v

-130

E
-90"

Fig_ 12.3 - Campo di stabilit statica di un alternatore (motore) connesso con una rete di potenza infinita.

Tenuto conto che la reazione di ogni macchina sincrona per una perturbazione legata
alla variazione di potenza erogata, per dare una misura della capacit che essa ha di mantenere l'equilibrio si pu introdurre la grandezza dP / d che omogenea ad una potenza e viene
chiamata potenza sincronizzante.
Per alternatori a rotore liscio essa vale:

dP

Ps
ed massima per

= d8 =

EV
Xd

COS

[12.6]

= O e minima per = 90.

12.2.2 Stabilit statica di trasmissione di un sistema


Il concetto di stabilit statica introdotto per la singola macchina sincrona, pu es~ere
esteso ad un sistema elettrico completo. Si consideri l'impianto di fig. 12.4 costituito da un
generatore sincrono mosso da una turbina che alimenta un motore sincrono mediante il
complesso trasformatore elevatore, linea,
trasformatore abbassatore.
Il sistema viene rappresentato con
uno schema equivalente semplificato in
cui si trascurano le perdite e le ammettenze trasversali, e le reattanze vengono riferite ad un unico valore di tensione.
Fig. 12.4 - Schema per lo studio della stabilit statica
di un sistema di potenza.
Le macchine sincrone sono del tipo

306
a rotore liscio, XGed XMne indicano le rispettive reattanze, EG ed EM le f.e.m. a vuoto.
L'equazione di tale circuito :
[12.7]
essendo X la reattanza complessiva
[12.8]
La potenza attiva erogata dal generatore, pari a quella assorbita dal motore sincrono,
vale

Pe

= 3 EG I

cos

f = 3 EM I cos i

[12.9]

Se nel diagramma vettoriale in fig. 12.5 si traccia la retta A ortogonale al vettore EG , si


trova

AB

X I cos ., = EM sin

&

[12.10]

o indica qui lo sfasamento complessivo tra EG ed E

M Esso legato alla mutua posizione


degli assi polari delle due macchine sincrone. Si pu definire come la differenza delle rispettive ascisse angolari, riferite ad un comune asse di riferimento e moltiplicate per il numero di coppie polari delle rispettive macchine (*). L'equazione [12.9] tenuto conto della
[12.10] diventa:

[12.11]
analoga alle espressioni trovate in precedenza per il singolo alternatore o per la singola linea, con O somma degli sfasamenti introdotti da ciascun componente. Tale equazione rappresentata in fig. 12.5.
Si verifica che, nelle ipotesi qui assunte il funzionamento pu essere stabile solo se l'angolo o compreso tra - 1t/2 e + 1t/2, cio per dP/do> O.
Infatti, per una condizione di funzionamento individuata dal punto A della fig. 12.6
con ascissa 00 < 1t/2 ad un piccolo aumento della coppia resistente Cr corrisponde un aumento di o e della
jxT
potenza elettrica trasmessa. La macchina tende a rallentare, ma il regolatore di velocit fa crescere Cm in
modo da riequilibrare la situazione.
Si perviene quindi ad una nuova condizione di
...
I
equilibrio,
purch l'angolo iniziale OD sia inferiore a
...... 1
....
90. Per il punto B di fig. 12.6 per il quale o> 1t/2 ad
un aumento di carico del motore il corrispondente
Fig. 12. 5 - Diagramma vettoriale del
circuito di figura 12.4.
incremento di o seguito da una diminuzione della
(*) La valutazione dell' angolo <5 prescinde dagli eventuali sfasamenti che possono essere introdotti dai due trasformatori, se essi non appartengono al gruppo O. Tali sfasamenti, in quanto costanti al variare della potenza trasmessa, sono ininfluenti ai fini della valutazione della stabilit, e l'angolo <5 viene considerato al netto di tali valori.
Di tale circostanza deve tenere conto l'eventuale predisposizione di un sistema di misura diretta dell' angolo <5.

307

Fig. 12.6 - Andamento della potenza trasmessa in funzione dell'angolo

o.

potenza elettrica trasmessa, con aumento del divario tra Cr e Cm all' albero del motore, che
perde il sincronismo. La potenza Px trasmessa per o= n/2 rappresenta la massima potenza
trasmissibile nell'ipotesi che non abbiano luogo variazioni brusche del carico del motore o
della potenza generata, n mutamenti di struttura del sistema. Questa potenza prende il
nome di limite di stabilit statica del sistema di trasmissione in esame.
12.3

Equazione del moto del singolo generatore

Quando manca l'equilibrio fra coppia motrice e resistente si ha, trascurando lo smorzamento.

=Jd

C -C
m

flm

d t2

[12.12]

m cm:
Cm coppia motrice fornita dal motore primo;
C coppia resistente, di natura elettrica, corrispondente alla somma delle perdite e della
potenza attiva erogata;
J momento di inerzia del rotore;
flm ascissa angolare del rotore misurata rispetto ad un riferimento fisso (solidale allo statore) espressa in radianti meccanici.
Si scelgono i versi di riferimento tali che Cm positiva tende ad accelerare il rotore nel
verso prescelto positivo per l'ascissa fl.
It:!..I~EL~<:_p_<:r!p!nente sussiste equilibrio tra la coppia motrice fornita dal motore pri!!}Q.~ q:uelljlJesistente corrispondent alla potenza elettrica erogata. La macchina ruota alla
velocit di sincronismo W
-'-P~~-ifm-;t~uniforme del rotore risulta
S'

flm(t)

= w, t + om

308
m

la posizione angolare del rotore, in radianti meccanici, all'istante iniziale.


In regime variabile la [12.13] diventa
t'}m

(t)

= o)s t + (t)

[12.13]

Derivando questa rispetto al tempo si ha:


dt'}
O)= _
_
m =0)

dt

d
+dt

[12.14]

ed ancora
[12.15]

~g1mJ~~~...Ywci.trektiY_a_ l.~L~9_~!!..;:is~2_~lla velocit di

sincronismo.
a [12.12] si riscrive, trascurando le perdite e la potenza dissipata negli avvOIgimenti
smorzatori:
[12.16]

in cui

Ce la coppia resistente elettrica. Moltiplicando ambo i membri della

[12.16] per O)

[12.17]

p m = potenza motrice fornita dal motore primo;


Pe = potenza elettrica erogata.
Pa = potenza accelerante o decelarante a seconda se prevale PmO Pe'

n momento angolare del rotore JO) che compare a primo membro della [12.17], valutato in corrispondenza della velocit di sincronismo O)s viene chiamato costante di inerzia M
della macchina.
[J slrad mecc]

M = J O)s

[12.18]

Tenuto conto che nel moto del rotore la velocit non si discosta significativamente da
quella di sincronismo, si pu ritenere
[12.19]
M=JO)s=.JO)
e quindi

Al posto della costante di inerzia M si preferisce spesso usare un' altra costante,
1/2 J

00;

1/2 M O)s

[M] 1 MVA] = es]

[12.20]

309
Essa rappresenta l'energia cinetica rotazionale corrispondente alla velocit di sincronismo rapportata alla potenza della macchina stessa. un parametro temporale poco variabile con la potenza nominale della macchina.

M = 2H AN

[12.21]

ffis

La [12.19] riscritta in valori p.u., assumendo come riferimento la potenza nominale della
macchina diventa (1,)
vAv.5tcv ,; ,
,.:t" , .' , . -te.
f

2H d =.P"'~ p _ p
2

ffis

dt 2

\~. .

p. U. ]

[12.22]

../

Se!o la frequenza nominale del sistema, espressa in Hz, esprimendo gli angoli
dianti elettrici
2rc!o
ffi
s
p

oin ra-

=~~

essendo p il numero di coppie polari, si ottiene:


2
H -do -p -p
2p
-a-m
e
rc f o d t

[12.23 ]

La [12.22 ] o la [12.23] costituiscono l'equazione del moto del generatore, in cui o


espresso in radianti meccanici o elettrici rispettivamente.
Per piccole variazioni Ll Prn di potenza meccanica sviluppata, a partire dalle condizioni
iniziali
P rn = P rno
P e = Peo
possibile linearizzare la relazione Pe = Pe (o)
~(o)

d~1
= Px Sin o = ~o +To

LlO = ~o +P, LlO


o

p =
s

d~ I
do

[12.24]
potenza
sincronizzante

tenuto conto che:


P rn

= P rno + LlPrn
= 00 + Llo (t)

o(t)

la [12.24] si riscrive
[12.25]

(',) Per semplicit si adottano gli stessi simboli per le potenza P" Pm, P, espresse in valori relativi.

310
ovvero, dato che Pma

= Pea
[12.26J

Tale equazione del tipo


[12.27J
in cui il segno dipende solo dalla potenza sincronizzante P s Per 80 compreso tra 0 e 90
risulta P s > O e la soluzione della [ 12.27] del tipo

8(t)

A sin (O) t + <l'o) + cast

[12.28J

essendo A e <l'o costanti che si determinano imponendo le condizioni iniziali. Tale risposta
oscillatoria (nella realt sar smorzata) indica la conservazione del sincronismo (stabilit statica). La frequenza di tali oscillazioni vale

f =

~~1tfoP,
21t

[12.29J

Per 8 >90 P s < O e la soluzione del tipo


[12.30J
cio un aumento aperiodico dell' angolo 8 che indica la perdita di sincronismo.

12.4 Stabilit statica nei sistemi a molte macchine


I sistemi elettrici reali sono estesi e comprendono molte macchine con un grado di interconnessione elevato in dipendenza della struttura della rete di trasmissione.
La schematizzazione di macchina inserita su una rete di potenza prevalente, alla quale
spesso si fa ricorso, una semplificazione accettabile per problemi di carattere locale, ossia
quando il fenomeno in esame coinvolge prevalentemente una sola macchina. Se la perturbazione assai vicina ad essa, il transitorio infatti strettamente condizionato dal suo comportamento dinamico.
Del resto, anche se il problema non presenta carattere locale, la schematizzazione
accennata, per quanto drastica, pu consentire risultati significativi, almeno per uno studio di
prima approssimazione.
Una analisi completa del sistema implica un modello complesso, in generale non lineare
e di ordine elevato, le cui complicazioni dipendono dal numero delle macchine, dalle caratteristiche del sistema elettrico di connessione e da quelle dei carichi.
possibile sviluppare una analisi dell'intero sistema che, pur assumendo modelli semplificati per le macchine, per i carichi e gli altri elementi della rete, consente di mettere in evidenza le caratteristiche fondamentali delle macchine, tenendo conto delle interazioni dovute al
sistema di connessione.

311
12.4.1

Il modello semplificato

In condizioni di equilibrio sincrono tutte le macchine della rete ruotano alla medesima
velocit elettrica di sincronismo, Ol" e le rispettive posizioni angolari differiscono di quantit costanti che dipendono dalle condizioni di carico delle singole macchine.
Dato un sistema ad N generatori, trascurando le perdite e le potenze dissipate negli
avvolgimenti smorza tori, le equazioni del moto si scrivono

d 2 'O

Mi - - 2

dt

i = 1, ... ,N

P rni - Pei

essendo 'O espresso in radianti elettrici. Indicando con


rotore, si pu scrivere:

dOli
dt
=

la velocit elettrica assoluta del

i = 1, .. ,N

(Prni - Pe)

Oli

[12.31]

[12.32J

Per tenere conto delle azioni esterne capaci di far variare la potenza meccanica generata o la potenza elettrica erogata, si pu introdurre un vettore di ingresso ii. Le potenze P mi e
Pei risultano allora funzioni solo della velocit Oli e degli angoli 'O i delle macchine, e del vettore d'ingresso u. appena introdotto Le equazioni [12.32J in tal caso rappresentano un modello matematico del sistema di ordine 2N con variabili di stato Ol), 0l2> ... , Olo, 'O), '02> ... ,'0 ed
un vettore di ingresso Indicando con il vettore di stato, si avr:

u.

Ol)

012
Olo

x= 'O)

u=

'0 2

[12.33 J

'0 0

E pertanto

dOli
d= -1

[P (- -)
P (- -l]
mi U, X ei U, X

Mi

[12.34J
d'O

d/ =

Oli - Ol,

Tali relazioni sono della forma

x =/(x, u)

[12.35J
Per una rappresentazione dinamica completa del sistema occorrerebbe aggiungere al-

312
tre equazioni differenziali che descrivono il comportamento dinamico delle parti elettromagnetiche (p. es. il circuito di campo) e dei regolatori, ma tale approssimazione non pregiudica la generalit del metodo illustrato.
Linearizzando tali equazioni per un dato punto di equilibrio possibile dedurre un
sistema di equazioni le cui soluzioni, ottenute a mezzo di programmi di calcolo specifici,
sono utilmente adoperate per verificare la stabilit statica di un sistema a molte macchine e
per effettuare una prima valutazione dei periodi di oscillazione elettromeccanica presenti.
12.5 Stabilit dinamica
Lo studio della stabilit per piccole variazioni del sistema di potenza mostra che l'allontanamento crescente dal punto di equilibrio, nel caso di instabilit, si pu manifestare in
due maniere diverse:
un andamento esponenziale crescente, cui stato associato il concetto di instabilit aperiodica o statica;
un andamento oscillatorio caratterizzato da oscillazioni di ampiezza via via crescente.
A quest'ultimo comportamento si associa il concetto di instabilit oscillatoria o dinamica.
Un sistema di potenza che trasporta potenze inferiori ai limiti di stabilit statica dei
singoli rami pu essere sede di oscillazioni persistenti di potenza di periodo molto lungo
che possono venire amplificate fino a portare alla perdita del sincronismo. Si tratta di un
problema di smorzamento di oscillazioni elettromeccaniche che pu manifestarsi con i moderni sistemi di r/golazione della tensione, specie in certe configurazioni caratteristiche del
sistema di potenza.
Si definisce stabilit dinamica l'attitudine del sistema di potenza di smorzare, in un dato
punto di funzionamento, tali oscillazioni elettromeccaniche.
12.5.1 Lo smorzamento delle oscillazioni nel moto del generatore. Vinfluenza del
regolatore di tensione
La soluzione dell'equazione del moto [12.27 ] mostra che per potenza sincronizzante
maggiore di zero le oscillazioni del generatore sono armoniche non smorzate. In realt tali
oscillazioni inerziali non proseguono indefinitamente, ma si estinguono spontaneamente dopo
un certo lasso di tempo.
La principale causa di questo smorzamento positivo naturale dovuta agli avvolgimenti
smorzatori e anche ai circuiti di campo. All' atto delle pendolazioni del rotore si destano in
questi correnti indotte che, per la legge di Lenz, danno luogo a coppie che si oppongono al
moto relativo delle due ruote polari, di statore e di rotore, stabilizzando la posizione di quest'ultimo.
La potenza dissipata in tali avvolgimenti proporzionale alla velocit relativa, d 0/dt
del rotore, e si traduce nell'aggiunta di un termine positivo nell'equazione del moto
[12.36]
[12.37]

313
La soluzione diventa di tipo oscillatorio smorzato
8 (t) = A eh! sin (w' t + <Po)
essendo

w'=~w2_b2

[12.38]

Queste semplici considerazioni non possono spiegare, da sole, la comparsa di oscillazioni amplificate, che avrebbero luogo se il coefficiente b divenisse negativo. Infatti non si
pu in alcun caso determinare tale situazione.
La realt del fenomeno pi complessa e pu essere spiegata considerando che la potenza elettrica erogata non solo funzione dell'angolo, ma anche della tensione del generatore, che non , a rigore, costante.
quindi
[12.39]
Esiste pertanto una componente della coppia risultante nel rotore che varia con la tensione.
Tale tensione tende a variate per due cause distinte:
il moto relativo del rotore;
l'intervento del regolatore di tensione.
Si consideri lo schema di fig. 12.7. Si suppone che si sia verificato un incremento di
carico con l'intervento dei sistemi di regolazione
che fanno aumentare la potenza motrice, adeE
guandola al carico richiesto. Il sistema tende ad
~+-/
cosI
una nuova posizione di equilibrio, caratterizzata
da un angolo 8 maggiore, attraverso piccole e
Fig. 12.7 - Schema di un sistema in antenlente oscillazioni elettromeccaniche attorno a
na connesso con sbarre di p_.
questo nuovo valore.
Per comprendere l'influenza della variazione della tensione E sullo smorzamento, si considerino i tre casi possibili (fig. 12.8).

------l/E,.

/
/

E,
(a)

(b)

(C)

Fig. 12.8 - Influenza della variazione della tensione sullo smorzamento delle oscillazioni.

La linea tratteggiata indica la nuova posizione di equilibrio per l'incremento di carico.


Se nella fase in cui cresce l'angolo 8, E cresce (fig. (a) ha luogo un incremento della
coppia resistente (n E) con effetto smorzante sul moto del rotore. Analogamente nella fase

314

contraria, se al diminuire di 8 diminuisce E. L'estremo di E descrive una spirale convergente che indica smorzamento positivo.
Se la tensione viene mantenuta rigorosamente costante (fig. (b)) nessun contributo, positivo o negativo, viene offerto allo smorzamento.
Se invece la tensione oscilla in opposizione di fase con 8 (fig. (c)) l'estremo di E descrive una spirale crescente che indica uno smorzamento negativo.
Tale situazione si verificata con alcuni moderni regolatori di tensione stati ci caratterizzati dall'impiego di guadagni e velocit di risposta elevati. L'inevitabile sfasamento tra le
variazioni di tensione indotte dai regolatori e la velocit relativa del rotore comporta, a basse frequenze di oscillazione, una situazione del tipo (c), a smorzamento negativo.
I vecchi regolatori lenti non portavano, per la loro insensibilit, contributo significativo a questo tipo di piccole perturbazioni.
12.5.2 Instabilit oscillatorie nei sistemi a molte macchine
I sistemi a molte macchine sincrone presentano parecchi modi di oscillazione: se i generatori sono in numero complessivo N esistono N-l modi, ciascuno caratterizzato da una
propria pulsazione e da un fattore di smorzamento. Tali costanti dipendono, secondo una
legge complessa, dalle inerzie delle singole macchine, dalle potenze sincronizzanti e dai coefficienti di smorzamento mutuo.
Particolare interesse riveste la determinazione di quei modi critici di oscillazione caratterizzati da un valore molto basso del coefficiente di smorzamento. Questi modi possono
destare nel sistema di potenza oscillazioni di ampiezza crescente che possono evolversi in
oscillazioni persistenti (a causa della non linearit del sistema l'ampiezza dell' oscillazione
cessa di crescere) ovvero in oscillazioni amplificate che provocano l'intervento dei rel di
protezione con la perdita del sincronismo tra le diverse aree del sistema.
Tali oscillazioni insidiose sono state osservate in sistemi di potenza che presentano particolari configurazioni.
Ad esempio, un' area molto magliata connessa al resto del sistema, supposto di potenza
infinita, mediante una lunga linea (collegamento debole) (fig. 12.9).
I periodi di queste oscillazioni sono elevati (2-10 s) ed esse sono state rilevate quando
la potenza trasmessa supera un certo valore.
La spiegazione fisica di ci risiede nel fatto che questi sistemi sono suscettibili di oscillazioni molto lente. A frequenze di
oscillazione molto basse gli effetti
smorzanti degli avvolgimenti smorzatori e dei circuiti di campo sono ridotti e per contro vengono esaltati gli
effetti amplificanti dovuti ai regolatori di tensione, il cui contributo allo
smorzamento negativo cresce rapidamente al diminuire della frequenza di
oscillazione.
Nel caso di fig 12.9 esiste un
Fig. 12.9 - Schema di un sistema di potenza magliato a molte
modo di oscillazione in corrisponmacchine per lo studio della instabilit oscillatoria.

315

denza del quale i vari generatori dell' area oscillano quasi insieme (a causa della forte magliatura) rispetto alla rete a potenza prevalente. Tale modo assai lento (frequenza bassa)
per la grande reattanza del collegamento e l'elevata inerzia complessiva della macchina equivalente all' area.
Nella verifica delle condizioni di smorzamento delle piccole oscillazioni viene impiegata l'analisi modale mediante il calcolo degli autovalori della matrice dinamica che descrive il comportamento linearizzato del sistema nell'intorno del prescelto punto di equilibrio.
12.6 Stabilit transitoria

Le perturbazioni che si verificano nella realt sono in gran parte brusche e di grande
ampiezza. La stabilit studiata in queste condizioni di funzionamento viene detta stabilit
transitoria del sistema.
A seguito di una perturbazione di grande ampiezza il sistema attraversa un regime transitorio caratterizzato da grandi oscillazioni. Se alla fine del transitorio le macchine sincrone
riassumono le rispettive velocit di sincronismo, riguadagnando la condizione di equilibrio,
il sistema si dice stabile.
Si definisce stabilit transitoria del sistema la sua attitudine al mantenimento del sincronismo a seguito di perturbazioni rapide e di grande ampiezza.
In un sistema instabile la perturbazione d luogo, allorch l'ampiezza delle oscillazioni
supera certi valori, alla perdita del sincronismo e all' apertura di linee o di generatori per
intervento delle protezioni. La rete viene divisa in pi parti in ciascuna delle quali esiste in
genere squilibrio tra potenza generata e potenza assorbita dal carico. Se non viene effettuata in ciascuna area una pronta regolazione di frequenza, agendo sulla riserva rotante di potenza e sul carico (rel alleggeritori a minima frequenza), la perturbazione si pu aggravare
portando, per eliminazione di successive aliquote di carico, al totale collasso del sistema.
La stabilit transitoria una componente fondamentale della affidabilit del sistema in
regime transitorio ed giustificata l'esigenza di garantirla a livello progettuale.
Dal punto di vista della trattazione analitica la grande ampiezza delle oscillazioni non
consente la linearizzazione del sistema di equazioni differenziali che descrive il comportamento elettromeccanico del sistema, con difficolt di natura matematica inerenti alla risoluzione
delle equazioni.
In una prima trattazione semplificata vengono fatte alcune assunzioni:
si considera che ciascun generatore oscilli individualmente, e lo si caratterizza con un proprio angolo ;
il regime transitorio elettrico a rigore di tipo aperiodico, e dovrebbe essere descritto
introducendo le equazioni differenziali dei singoli componenti elettrici e quelle elettromeccaniche dei singoli generatori. Una drastica semplificazione si pu ottenere considerando le differenti durate dei transitori elettrici e meccanici. La durata dei transitori elettrici trascurabile rispetto ai periodi di oscillazione inerziale delle macchine sincrone, cui legata la durata delle oscillazioni elettromeccaniche.

lecito, come confermano rilievi sperimentali, approssimare il regime elettrico con una
successione di regimi sinusoidali, in cui ampiezze e fasi delle sinusoidi sono variabili da periodo a periodo. Ci giustifica l'applicazione dei metodi di calcolo fasoriale impiegati per lo

316
studio del regime permanente.
Tenuto conto che durante il transitorio le velocit di rotazione individuali si discostano poco da quella sincrona, lecito considerare i parametri della parte stati ca del sistema
(reattanze di linee e trasformatori) costanti e valutati alla frequenza nominale.
opportuno distinguere tre periodi nella analisi del regime transitorio.

il periodo iniziale, di durata 1-1,5 secondi dall'inizio della perturbazione. Ha luogo la prima oscillazione dei rotori, l'eventuale distacco e successiva richiusura della linea guasta.
In questa fase si pu trascurare l'intervento del regolatore di velocit. Si pu intervenire sul sistema solo con provvedimenti di natura elettrica (inserzione e disinserzione di
linee o condensatori, distacco di carichi o generatori)
Trascurare l'intervento del regolatore di velocit porta ad assumere che la potenza motrice applicata a ciascuna macchina sia costante. li regolato re non interviene in questo intervallo di tempo a causa della sua insensibilit, perch la modesta variazione di velocit
che si verifica insufficiente ad azionarlo. li suo intervento non riuscirebbe comunque a
variare apprezzabilmente la potenza meccanica sviluppata a causa della inerzia di risposta
degli organi di regolazione, di natura meccanica, con costanti di tempo elevate.
Quanto all' apporto del regolatore di tensione, da notare che, nonostante il destarsi,
all' atto del corto circuito (la perturbazione pi critica), di una reazione d'armatura fortemente smagnetizzante, il flusso concatenato coi circuiti rotorici non pu variare istantaneamente ma deve diminuire lentamente a causa della natura fortemente induttiva di tali circuiti. Si pu pertanto assumere in prima approssimazione un modello della macchina sincrona in cui sia costante la f.e.m. al traferro o meglio la sua componente secondo l'asse di
quadratura. Tale schematizzazione tiene conto implicitamente dell' apporto del regolato re
di tensione. AlI'abbassamento di tensione ai morsetti della macchina il flusso interno tende
a diminuire ma il regolatore reagisce aumentando la corrente di eccitazione. Nella prima
fase del transitorio il naturale comportamento elettrico della macchina, e poi il successivo
apporto del regolatore portano a giustificare l'ipotesi di flusso concatenato costante.
Un secondo periodo che si estende fino a circa 5 -1 O secondi dall' inizio del guasto ed in
cui si sviluppa la piena azione dei regolatori di tensione e di velocit.
Un terzo. periodo nel quale si sviluppa un transitorio elettromeccanico di lunga durata
(fino a diverse decine di minuti) e si manifestano gli effetti a lungo termine.
12.6.1

Stabilit transitoria di una macchina sincrona connessa ad una rete di potenza


infinita

L'equazione che descrive il moto del rotore di un generatore

H d 2 il
lo dt 2 =

1t

p. = Prn - P.

[p.u.]

[12.40]

li comportamento dinamico della macchina dipende dalla differenza Pm - P e ; quando


questa positiva la macchina accelera; quando negativa le masse rotanti del gruppo decelerano.
li sistema viene studiato nel periodo iniziale (fino ad 1-1,5 s dall' inizio della perturbazione) e la potenza motrice si considera costante per le ipotesi assunte.
Per quanto si riferisce alla potenza erogata dall' alternatore non si possono adottare le

317
formule [12.11J in quanto queste si riferiscono al regime statico. In regime transitorio (vedi
VoI. I, Parte II, par. 7.8.2) si ha il diagramma di fig. 12.10:

Eo

E'
I-<:::---~--------iill'r -

- - - - -

--"l

I
I
I
jXqlq
I
I
- - - - - , - , -__01- - - - - - - - - .....

jXd Id

Fig. 12.10 - Diagramma delle tensioni di un alternatore a poli salienti.

turbina
PIIO

Fig. 12.11 - Schema di un sistema potenza elementare per lo studio della stabilit transitoria.

Si avr pertanto:

Pe

V E'.
Xd

:= -,-SIn

V
+~
2

[1 1).
~-~,

Xq

SIn

[12.41]

Xd

Si ricorda che anche per alternatori a rotore liscio compare in transitorio il termine in sin
2 in quanto Xq X' d e che quindi si ha uno spostamento del massimo della espressione dopo
i 90.
In generale sia per macchine a poli salienti che a rotore liscio tale termine molto piccolo e pu trascurarsi, pertanto:

Pe

VE'
:= - , -

Xd

SIn

[12.42J

La f.e.m. E' al traferro, per quanto osservato precedentemente, si ritiene costante.


L'espressione [12.42J viene chiamata caratteristica transitoria potenza-angolo.
Si faccia riferimento al sistema di fig. 12.11:
Nell'ipotesi che vengano trascurati gli avvolgimenti smorzatori, le perdite e le ammettenze trasversali, si ha:
E'V
~ : = - - sin
[12.43 J

XI

318
con
[12.43 ']
Si noti che a regime la posizione angolare del rotore viene indicata dallo sfasamento
tra Eo e V. Per macchine a poli salienti (Eo in fase con E') non c' discontinuit nell'andamento di tale angolo tra prima e dopo la perturbazione; si pu quindi tracciare nello stesso
piano P-o la curva delle potenze elettriche trasmesse in regime statico e transitorio che si
intersecano nel punto di funzionamento antecedente al verificarsi del disturbo. Per le macchine a rotore liscio, dato che E' non giace sull' asse in quadratura, occorrerebbe considerare, anche per le condizioni di funzionamento antecedenti alla perturbazione, l'andamento
della potenza trasmessa in funzione della f.e.m. E' e dell'angolo o' tra E' e V. Normalmente,
comunque, possibile trascurare, con buona approssimazione, la salienza presentata in transitorio dalla macchina a rotore liscio.
Se in corrispondenza dell'istante iniziale caratterizzato da una potenza Po si ha un brusco aumento di potenza motrice da Po a P1 il punto di funzionamento deve portarsi in B,
fig. 12.12.

~~

"><

Pc

Cl.

j
00

O,

90

Fig. 12.12 - Andamento della potenza trasmessa in funzione dell'angolo o. Effetto di un brusco aumento della potenza motrice.

Nell'intervallo AB si ha un surplus di potenza che servir ad aumentare l'energia cinetica della macchina. Se si indica tale potenza come b.P sulla base dell' equazione che regola le oscillazioni del rotore si pu scrivere:
Hd 2 0
H .d8
Il P = n/o d t 2 = n/o o do
[12.44]
Separando le variabili si ha

n/o JO(t} llPdo= fO(t}..


1 (d o(t))
odo=--Hoo
00
2 [ dt

2],(t)
[12.45]
0

319
L'integrale che appare a primo membro rappresenta 1'area in tratteggio ABC per (t) =

! e quindi si pu asserire che la velocit angolare del rotore rispetto a quella di sincronismo funzione crescente di quest' area.
Quando il rotore raggiunge il punto B in cui si ha equilibrio tra le coppie (Cm nPme Cf
nPe ) il rotore non si ferma perch massima la sua velocit relativa.
Oltrepassato B (Cm < Cf) la velocit relativa diminuisce progressivamente fino ad annullarsi in D, dove BFDE = ABC, avendo il rotore consumato nel percorso BD 1'esubero di
energia cinetica che aveva accumulato in AB.
Il rotore in D non pu fermarsi in quanto eroga una potenza maggiore di quella fornitagli e quindi deve ritornare indietro con una velocit relativa (negativa) sempre proporzionale all' area sottesa che assume valore massimo in B dove non si ferma.
Le oscillazioni continuerebbero indefinitamente se non intervenissero le azioni frenanti che, provocando uno smorzamento delle oscillazioni, portano in B finalmente la posizione del rotore.
Se il rotore prosegue il suo moto fino a superare G, esso non torna pi indietro; difatti
p m ridiviene superiore a P e ed il rotore continua ad accelerare e perde il sincronismo.
La condizione di stabilit :
ox

f(Pm -Pe ) d ~ t-o(Pe -Pm ) d

[12.46]

0
Evidentemente il mantenimento della stabilit dipende dal valore della potenza inizialmente trasmessa e dall' entit della perturbazione. Dalla [12.46] si ricava:

Px sin

[ x - o] + Px cos

x -

Px cos o~ Px cos

+ Px cos x - Px sin

[1t - 2 J [12.47J

e quindi
[12.48J
Per cui, nota la potenza inizialmente trasmessa e o, pu ricavarsi x ed il massimo incremento di potenza compatibile con la stabilit.
Dall'interpretazione grafica, vedi fig. 12.12, della [12.46J derivata la denominazione
di criterio delle aree per tale metodo diretto di analisi della stabilit del sistema.
12.6.2 Applicazioni del criterio delle aree
Come si gi osservato, la schematizzazione di macchina sincrona collegata ad una rete
di potenza infinita pu essere accettata in presenza di problemi a carattere locale, quando la
perturbazione comporta oscillazioni di ampiezza significativa solo su una macchina della rete.
Un esempio offerto dal caso di una centrale lontana che alimenta mediante una o pi linee
un nodo della rete magliata di potenza.
I risultati ottenuti danno tutte le indicazioni
qualitative che caratterizzano il comportamento
Fig. 12.13 - Schema di un sistema di potentransitorio di un sistema complesso. Come ulterioza elementare per lo studio della stabilit
re esempio di applicazione del metodo delle aree
transitoria.
si consideri i caso di fig. 12.13 nel quale si ha un

320

p'

b)

a)

Fig. 12.14a-b - Andamento della potenza trasmessa in funzione dell'angolo O. Effetto di una brusca variazione di
reattanza.

sistema di trasmissione a doppia terna chiuso su un sistema di sbarre a tensione costante.


Si suppone che una delle due linee venga aperta. La reattanza del collegamento aumenta e la caratteristica potenza-angolo si trasforma dalla curva (a) in quella (b), fig. 12.14a.
Nell'istante di apertura la potenza erogata dal generatore passa bruscamente da Po a
P' o, essendo l'angolo 00 invariato.
L'applicazione del criterio delle aree mostra che la verifica della stabilit si traduce nel
confronto tra le due aree tratteggiate, fig. 12.14a.
Nell'ipotesi che tale uguaglianza sia verificata il sistema stabile e o' rappresenta la
sua nuova posizione di equilibrio.
La massima escursione angolare del rotore resta individuata dall' ascissa o" che rende
uguali le due aree.
Diversamente, l'impiego dello stesso criterio consente di valutare la massima potenza
iniziale trasmissibile perch il sistema risulti stabile a questo tipo di perturbazione.
Occorre, nel diagramma di fig. 12.14b, traslare verso l'alto la retta P o = cost fino al valore limite P OMAX che rende uguali le due aree evidenziate.
Tale valore costituisce il limite di stabilit transitoria per questo tipo di perturbazione.
Si noti che la stabilit pu essere mantenuta anche se l'angolo o supera nel transitorio
il valore di n/2.
La presenza di un corto-circuito in un sistema di potenza un fattore destabilizzante.
Per valutarne l'influenza utile fare le seguenti considerazioni.
La potenza attiva in un sistema trifase non simmetrico (ad es. affetto da guasto) espressa in funzione delle componenti simmetriche dalla:

= 3 (Pcl + ~ + Po) = Re

3 O~. cl I cl + . J i + . J o)

[12.49]

Delle tre quantit P d, P j , P o le ultime due, dovute agli squilibri esistenti, hanno in generale valore trascurabile cosicch la potenza attiva trasmessa praticamente quella espressa
a mezzo dei componenti diretti Ed, Id COS <j>d.
In questa ipotesi un guasto che si verifichi nel sistema pu essere sempre rappresentato a mezzo di una impedenza equivalente al guasto Zg tale che assorba una corrente pari al

321
componente diretto della corrente di guasto, avendo ai suoi capi una tensione Vd pari al
componente diretto della tensione nel punto di guasto.
Si avr:

z
g

~d
Id

[12.50]

Per studiare ai fini della stabilit gli effetti di un corto-circuito su un sistema, si sostituir al corto-circuito un'impedenza di guasto determinata con il criterio prima illustrato. A
chiarimento di quanto sopra si consideri un sistema che presenti un guasto fra i punti A e
B, a tensione costante.
Facendo riferimento alle sole reattanze e indicando con Xg la reattanza di guasto, ne
risulta uno schema circuitale come in fig. 12.15.

x'

r - - - -

-1-156"'-- - - - -

I
I
A

I
J

l,

io '/."

O(

eX,

'.o

''I

i- IV

I
I

.;

Fig. 12.15- Schema circuitale di un corto-circuito in un ramo di un sistema potenza.

Se si trasforma la stella di reattanze XI X2 Xg nel triangolo equivalente (costruzione in


tratteggio) e si ricava la reattanza del lato AB
X '-X
- 1+ X2+ X I X2

Xg

[12.51]

si osserva che questa l'unica significativa ai fini della trasmissione potenza in quanto le
altre due reattanze X" e X'" non hanno alcuna influenza sulla potenza trasportata da A aB,
essendosi presupposte sbarre a tensione costante.
L'effetto del guasto pu quindi evidenziarsi con un aumento delle reattanze del sistema di un termine pari a XI X/Xg
Conviene osservare che X g == Zg l'impedenza che a seguito di guasto si aggiunge a
quella di sequenza diretta. Esempio:
Per corto-circuito monofase:

322
Ed

-=-=Z +Zd +Z
1d

0 1

e cos negli altri casi.


Resta quindi dimostrato che la presenza di un corto-circuito comporta al suo instaurarsi un aumento della impedenza (reattanza) del sistema.
Si consideri il sistema di fi!!Ura:

p=oo

~----------------------~~
Fig. 12.16 - Schema per lo studio della stabilit transitoria in un sistema affetto da corto-circuito.

La severit del guasto ai fini della stabilit, influenzata dalla localizzazione del guasto, da cui dipende la variazione complessiva di reattanza.
La posizione pi critica alle sbarre della centrale subito a valle dell'interruttore di
linea, dove un guasto trifase netto (Xg = O) comporta l'annullamento della potenza erogata
dal generatore e la sua accelerazione, durante la persistenza del guasto, per opera della totale potenza di turbina Pm
La caratteristica potenza-angolo prima del guasto la curva (a); durante il corto-circuito trifase netto alle sbarre della centrale la potenza si annulla e la caratteristica coincide
con l'asse delle ascisse (fig. 12.17). (*)
p
Il sovrappi di energia cinetica, accumulata dal rotore nella fase di accelerazione,
dato dall' area rettangolare evidenziata.
Si supponga che al tempo la il cortocircuito venga interrotto aprendo la linea
sede del guasto. La caratteristica diventa la
curva (b).
Per il criterio delle aree se la seconda
area maggiore della prima la macchina
" Il. =n; - ;
stabile ed il nuovo punto di regime ha ascissa j.
Fig. 12.17 - Andamento della potenza in funzioIl valore ", ottenuto costruendo il trane dell'angolo d. Effetto delle variazione di reattanza per corto-circuito nel sistema.
pezoide equivalente all' area rettangolare
(*) In questa fase si annulla la potenza attiva erogata dalla macchina che eroga soltanto potenza reattiva.

323
prima evidenziata corrisponde alla massima escursione del rotore.
Si pu definire limite di stabilit transitoria per questo tipo di perturbazione la potenza PoMAX per cui o" = oe = n-Oj.
da osservare che per tempi di apertura la grandi, anche oa grande e o" si avvicina oe.
Per dato P m esiste un tempo di interruzione del guasto per cui o" = oe superato il quale
la macchina perde il passo.
Per assegnati valori di Pm e la l'angolo di avanzamento elettrico del rotore (oa- (
tanto minore quanto maggiore l'inerzia della macchina; infatti durante il guasto il moto
del rotore uniformemente accelerato e l'avanzamento del rotore (oa- ( nel tempo la
1 Cm 2
Oa- Oo=2T t a
0)

0)

con Cm coppia motrice e J momento d'inerzia della macchina.


Dalla relazione [12.45]
.r

()2

~fLlPdo=~ do
0(1)

si ha:

[12.52]

2 dI

00

0)2 =~JLlPdo
2nlo

d
( -dt
che integrato fra 00 e

0(1)

[12.53 ]

00

o d:
[12.54]

e quindi
t=

12.7

l ~sin

0(1)

do

[12.55]

OJ (o-o)-cos 0 +cos o
0

La stabilit transitoria nei sistemi elettrici a molte macchine

Nei sistemi elettrici di potenza che comprendono molti nodi e molte unit generatrici
importante stabilire in sede di progetto la stabilit in regime transitorio per le perturbazioni pi critiche (corto-circuiti trifasi).
Ci richiede l'analisi del transitorio elettromeccanico nel primo periodo (1-1,5 secondi
dopo l'inizio della perturbazione) in quanto il comportamento del sistema alla prima oscillazione, in assenza di un contributo decisivo delle regolazioni, indice della sua tendenza
intrinseca a conservare il sincronismo.
Tale studio viene condotto sulla base di ipotesi semplificative, necessarie per costruire un
agevole modello. Esso mira a risultati essenzialmente qualitativi, all' accertamento della conservazione o della perdita del sincronismo per il guasto considerato.
Si possono pure determinare parametri significativi dei sistemi di protezione e verificare la bont dei provvedimenti adottati per ottenere l'affidabilit voluta.

324

Le ipotesi assunte in generale nello studio di questi transitori elettromeccanici, sono le


seguenti:
la potenza meccanica Pmi sviluppata da ciascun motore primo si ritiene costante. Ci
equivale a trascurare l'intervento dei regolatori di velocit;
i moduli delle f.e.m. interne E'i delle macchine si ritengono costanti; si trascura la potenza dissipata negli avvolgimenti smorzatori e le perdite;
si considerano solo le componenti a frequenza di rete delle tensioni e delle correnti statoriche, trascurando in particolare le componenti unidirezionali di corrente che nascono all' atto di corto-circuiti, con la relativa coppia;
i carichi vengono rappresentati con ammettenze inserite tra ciascun nodo e quello di riferimento;
si trascura l'effetto delle variazioni di velocit sulle f.e.m. indotte negli avvolgimenti statoncl.
Lo studio procede secondo i seguenti passi:
1) Si risolvono le equazioni ai flussi di potenza che descrivono il sistema prima della
perturbazione. Ci richiede la costruzione della matrice delle ammettenze nodali, jYN [. Vengono determinate le tensioni ai nodi, in modulo e fase, e gli angoli Oi iniziali di tutti i generatori.
2) Si costruisce la matrice delle ammettenze nodali !yEN ! che tiene conto del tipo di
perturbazione. Tale matrice differente da quella impiegata inizialmente, ed include le ammettenze dei carichi e dei generatori.
3) Si risolvono le equazioni ai potenziali nodali con la nuova matrice delle ammettenze
nodali. A partire dalle f.e.m. E'i e dalle loro fasi determinate prima si trovano i nuovi valori
delle tensioni V. ai nodi della rete, in modulo e fase, e la nuova distribuzione delle correnti.
4) Si valut;;:~o le potenze elettriche erogate da ciascun generatore, Pei = RJI{) i) e vengono integrate le equazioni del moto dei singoli generatori
Mi

J20
d t 2'

= Pmi -Pei

[12.56]

con un metodo numerico (p. es. metodo di Eulero, metodo di Eulero modificato, formula di
Runge-Kutta del quarto ordine etc.).
A partire dalla conoscenza dei valori all'istante t = tk si trovano i (oJ all'istante t hl .
5) Con i nuovi valori {OJk+1 si calcolano i valori delle tensioni ai nodi CVJk+1 risolvendo nuovamente le equazioni ai potenziali nodali (passo 3).
Si ripetono ciclicamente i passi 3) e 4) calcolando i valori {oJ agli istanti discreti tk'
Per ogni modifica della struttura della rete (es. apertura o richiusura di linee per intervento delle protezioni) si varia di conseguenza la matrice delle ammettenze nodali.
6) L'interpretazione delle curve del moto Oi (t) consente di verificare se il sistema stabile per la perturbazione considerata.
12.8 Il transitorio di lunga durata

La stabilit in regime transitorio di un sistema elettrico di potenza una componente

325
fondamentale della sua affidabilit, intesa come la sua capacit di superare brusche perturbazioni senza che l'esercizio del sistema venga a risentirne sensibilmente.
Un sistema stabile per una assegnata perturbazione supera favorevolmente il transitorio causato dal guasto e ritorna a funzionare al sincronismo.
Se il sistema instabile si perde il sincronismo tra i suoi generatori e l'inevitabile intervento delle protezioni porta all' apertura di alcune linee ed alla possibile suddivisione del
sistema in parti (<<isole) elettricamente separate tra loro. Non detto comunque che il sistema non superi tale condizione anomala ritornando al suo funzionamento normale. In ciascuna delle parti createsi esiste, in generale, uno squilibrio che si riflette in una variazione
della frequenza dell' area stessa. Una pronta ed efficace regolazione della frequenza effettuata ristabilendo tale equilibrio consente a ciascuna parte di continuare a funzionare regolarmente indipendentemente dalle altre, potendosi in un secondo tempo effettuare il parallelo con la rimanente parte della rete. Complessivamente cos pu venire ripristinata la normalit di funzionamento senza che il carico risenta del guasto.
Viceversa se non si riesce prontamente a regolare la frequenza il successivo distacco
dei generatori per opera delle protezioni pu portare al collasso totale della rete.
Per determinare l'esito di un guasto che comporta la perdita del sincronismo occorre
studiare il transitorio elettromeccanico di lunga durata che pu durare svariati minuti.
In questa fase ha luogo l'intervento totale di tutti i sistemi di regolazione presenti, per
grandi escursioni delle relative variabili; nonch l'intervento di tutti i rel di protezione.
Dal punto di vista della gestione del sistema un elemento fondamentale diventa il distacco di aliquote programmate di carico, per ristabilire la frequenza nominale del sistema.
Tenere conto di tutti questi fattori porta ad una modellazione del sistema completamente differente da quella impiegata per lo studio dei periodi precedenti. Ci anche in relazione alla circostanza che il transitorio si estende per un periodo lungo e non possibile
integrare le equazioni differenziali con gli stessi passi di calcolo (0.01 s) impiegati precedentemente. Questo impone la scelta di grandezze pi lentamente variabili degli angoli
per descrivere il fenomeno.
Recenti programmi di calcolo sono stati sviluppati introducendo una frequenza media
dell' area, opportunamente definita, che tiene conto del fatto che i generatori non perdono
completamente il sincronismo tra loro, per quanto oscillino l'uno rispetto all' altro. Tale grandezza varia molto pi lentamente delle frequenze individuali dei rotori, ed possibile usare
passi di integrazione di O, 1-1 s.
Oltre ai problemi intrinseci che tali programmi presentano, in relazione alla ricerca di
una modellazione efficace, si pone il problema di scegliere il guasto (o la sequenza di guasti) pi opportuno per valutare l'affidabilit del sistema.
Tali programmi trovano il loro migliore impiego nella determinazione della migliore strategia di distacco del carico al verificarsi della pi gravosa emergenza del sistema.
Per un esame pi dettagliato dei programmi di calcolo esistenti per l'analisi della stabilit
di un sistema di potenza, vedi:
- M.A. Pai, Computer techniques in power system analysis, Tata Mc Graw-Hill.
- R.N. Dahr, Computer aided power system operation and analysis, Tata Mc Graw-Hill.

326
12.9 I provvedimenti per migliorare la stabilit
I mezzi pi efficaci per aumentare la stabilit del sistema sono:
-

Aumento della tensione di trasmissione.

In accordo con le espressioni della potenza massima viste in precedenza:

V2
X

p=x

[12.57]

la potenza massima trasmissibile aumenta, a parit di altre condizioni, col quadrato della
tensione di esercizio. I..:uso di tensioni pi elevate il mezzo pi efficace per aumentare la
stabilit del sistema.
-

Riduzione della reattanza serie del sistema.

Come mostra la stessa formula P x = \P/X dove X la reattanza complessiva interposta


tra i due nodi a tensione costante, la riduzione della reattanza di uno qualunque degli elementi
del sistema favorevole alla stabilit del sistema.
Per gli alternatori la realizzazione di tale provvedimento comporta un forte aumento
di costo e problemi tecnico-economici. Il problema viene superato con 1'adozione dei moderni regolatori di tensione che stabilizzano il valore della reattanza della macchina a quello transitorio.
Per i trasformatori la diminuzione della reattanza equivalente (tensione di corto circuito) non pu essere spinta per non incorrere in correnti di corto circuito troppo elevate stante
la vicinanza ai generatori. I trasformatori in A.T. presentano una tensione di corto circuito
pari a 0,1-0,2 p.u.
Per le linee l'adozione dei conduttori a fascio consente una sensibile riduzione (20% ed
oltre, al crescere del numero dei conduttori del fascio) della reattanza di servizio, oltre a vantaggi di altra natura.
Un provvedimento economico per la riduzione della reattanza serie delle linee costituito dall' adozione di condensatori in serie, concentrati in genere in uno o due punti intermedi della linea da compensare. Indicando con X la reattanza totale della linea e con Xc la
reattanza capacitiva dei condensatori inseriti in ciascuna fase, si ricorda che grado di compensazione serie il rapporto

=
s

Xc

La determinazione del valore da assegnare a K richiede lo studio della stabilit transitoria per la perturbazione pi gravosa. Pu essere necessario limitare tale grado di compensazione per evitare fenomeni di risonanza subsincrona (vedi Cap. II).
- Adozione di FACTS (vedi anche Cap. VII).

La prontezza di risposta dei dispositivi FACTS un fattore particolarmente importante


in quanto per salvare la rete da una grave condizione di squilibrio dovuta a una brusca
perturbazione necessario intervenire nei primi 2-3 secondi del conseguente transitorio.
Per valutare l'effetto dell'azione dei FACTS sulla stabilit transitoria si consideri il caso
di fig. 12.18 per il quale la perturbazione un corto-circuito trifase netto sulle sbarre elimi-

327

(11

sin 6

Pm

Fig. 12.18 - Applicazione del criterio delle aree per il semplice modello a due macchine di una linea: senza compensazione (a), con compensazione shunt (b), con compensazione serie (c), con controllo della fase (d).

328
nato dopo un tempo t. In particolare si effettua il confronto della linea non compensata
con quello che presenti una compensazione shunt, compensazione serie e con controllo di
fase supponendo che nei quattro casi si abbia lo stesso tipo di guasto eliminato nello stesso
tempo t.
Prima del guasto la linea trasmette una potenza pari alla Pm (potenza meccanica), in corrispondenza ad un certo angolo o (indicato con 01> Op1> Os1> Ba1> nei diversi casi). Successivamente, al verificarsi del guasto, la potenza trasmessa diventa nulla, mentre la potenza meccanica
per ipotesi, si considera costante: il generatore, dunque, accelera raggiungendo l'angolo 02, (o
Opb Bsb 0a2, a seconda del caso considerato) nell'istante in cui il guasto viene eliminato.
Dopo l'eliminazione del guasto, la potenza elettrica supera quella meccanica e il generatore decelera, ma l'angolo B continua ad aumentare, grazie all' energia accumulata nella massa
del rotore. Solo quando l'energia di decelerazione, rappresentata dall'area A 2 (o corrispondentemente Apb Asl, A a2 ) uguaglia l'energia di accelerazione prima accumulata rappresentata dall'area AI (ApI, Al> A al ) si raggiunger il massimo angolo di rotore, denominato 03 (Op3, Bs3 , (03).
Se questo angolo inferiore a quello critico (indicato in fig. 12.18 con Bcri" Operi', Oscrio
O,cri'), il sistema pu dirsi transitoriamente stabile e la differenza tra l'energia decelerante A 2
e quella che si avrebbe in corrispondenza all'angolo critico viene detta margine di stabilit
transitoria (indicato in fig. 12.18 con A marg , Apmarg, Asmarg, Aamarg).
Il confronto delle diverse curve di fig. 12.18 mostra che pu essere realizzato un notevole aumento del margine di stabilit (rispetto al caso di linea non compensata) con ciascuna delle tre modalit di compensazione: sostenendo la tensione nel punto di mezzo della
linea con la compensazione shunt, diminuendo la reattanza di linea con la compensazione
serie o aumentando lo sfasamento tra le tensioni di estremit, con il controllo di fase.

- Aumento della inerzia dei generatori.


Per quanto tale fattore sia uno dei parametri fondamentali della stabilit della trasmissione, la tendenza costruttiva attuale porta a riduzioni del valore di H nei moderni gruppi a
grande potenza specifica. Nel passato si fece ricorso all' aumento dell'inerzia dei generatori,
provvedimento peraltro alquanto costoso.
- Fast valving.
Consiste nell' azionamento di opportune valvole di intercettazione del vapore, nelle omonime turbine, che d luogo ad una brusca riduzione della potenza sviluppata, ossia della coppia risultante sul rotore.
- Inserzione di resistenze di frenatura.
Si tratta di resistenze di carico che vengono chiuse temporaneamente sulle sbarre di centrale durante l'intervento delle protezioni, generando una coppia elettrica resistente che diminuisce l'accelerazione complessiva. Il loro dimensionamento pu essere contenuto perch vengono mantenute inserite al pi per qualche secondo, e ci limita l'energia assorbita.
- Distacco temporaneo di aliquote di carico.
L'intervento rapido di certi rel alleggeritori di carico pu migliorare la stabilit transitoria nei casi in cui il guasto determina deficit di potenza in un'area.

CAPITOLO XIII

DIMENSIONAMENTO DELL'ISOLAMENTO DI UN SISTEMA

13.1 Considerazioni generali


Per il corretto funzionamento degli impianti risulta necessario prendere una serie di
provvedimenti atti ad evitare che il macchinario e le apparecchiature in genere subiscano
danni per effetto delle sovratensioni, ovvero far s che la probabilit di danni a causa di tali
eventi sia ridotta al minimo, senza che ci comporti costi eccessivi. Infatti anche gli oneri
delle protezioni possono risultare non trascurabili, e la loro entit ai fini della convenienza
deve essere confrontata non solo con il costo dell'impianto da proteggere ma anche con altri fattori, quali la natura del servizio.
Per proporzionare l'isolamento di un elemento di impianto e conoscerne il comportamento in esercizio occorre che i materiali isolanti impiegati nella sua costruzione e l'elemento
stesso nel suo complesso siano sottoposti nelle prove di laboratorio a tensioni di ampiezza,
forma e condizioni di applicazione prescritte dalle Norme. A seconda del fenomeno che si
vuole simulare tali tensioni di prova avranno frequenza industriale, oscillatoria, impulsiva, ecc.
Sulla scorta delle esperienze acquisite risulta utile osservare che il verificarsi di una scarica attraverso un isolamento soggetto ad una sollecitazione elettrica (specie se di tipo impulsivo) ha, in un definito intervallo, carattere aleatorio, nel senso che a parit di condizioni la scarica pu verificarsi o meno
Quanto detto porta ad inquadrare tali fenomeni in un ambito statistico-probabilistico,
rilevando che il rischio di guasto di un isolamento per una sovratensione pu essere valutato
e posto in forma statistica quando:
le leggi di probabilit delle tensioni di tenuta dell'isolamento e delle sollecitazioni elettriche possano essere previste per le varie condizioni di esercizio: (*)
le correlazioni tra i valori discreti della tensione di tenuta dell'isolamento, della tensione
applicata e delle altre variabili significative siano note o si possano ritenere nulle;
i modelli matematici usati per la risoluzione siano definiti ed accurati.
Supponendo soddisfatte le condizioni precedenti e ipotizzando di eseguire S serie di 5*
prove ciascuna, con una tensione di prova di forma assegnata, ma con valore di cresta diverso
per ogni serie, si pu considerare la tensione di scarica come una variabile di tipo aleatorio,
(,,) Per la definizione di tensione di tenuta, vedi 13.4.

330
v., avente una certa distribuzione con densit di probabilit p (va)' (Il prodotto p (va) . d Va
fornisce la probabilit che la tensione v sia compresa tra Va e Va + d Va) (vedi Appendice I).
Supponendo una distribuzione di tipo gaussiano, caratterizzata da un valore medio Vrn
ed una dispersione a v , la probabilit di scarica da associare ad una tensione massirrp!llJ
pressa V vale (fig. 13.1):

p (V) =
PfVJ li

l~p (v) d va

La probabilit di tenuta sar data da 1 P(V).

100 -

Stabilita in modo statistico la densit di


probabilit dei valori di cresta di una data sovratensione eS (V), avente anch' essa distribuzione gaussiana, se con q si indica il numero
medio di tali sovratensioni in un anno, il
numero di esse che in media in un anno ha
probabilit di avere un valore di cresta compreso fra V e V + d V sar:

0,5

q' eS (V) . dV

[13.2]

Fig. 13.1 - Probabilit di scarica di un componente elettrico al variare della tensione impressa.

Il numero probabile di scariche all' anno


sar dato dal prodotto della densit di probabilit del manifestarsi della sovratensione
eS (V) per la probabilit di scarica dell'isolamento sottoposto a sollecitazione:

Q=

i~=q' eS (V). P (V) d V

[13.3]

Ripetendo tale calcolo per diversi tipi di sovratensioni possibile scegliere il livello di
isolamento pi opportuno per ogni elemento, sulla base di un numero accettabile di scariche in un certo tempo (rischio di scarica), tenendo sempre presente il rapporto fra il costo
indotto dalla perturbazione e quello dei provvedimenti idonei alla riduzione del numero
delle scariche.
Per ridurre, a parit di tensione V, il numero medio delle scariche in un anno, cio il
prodotto eS (V) . p (V), si pu operare come segue:
1. aumentare il livello di isolamento, producendo cos una traslazione della caratteristica
di scarica P (V) dell' elemento verso valori pi elevati di V (fig. 13.2a);
2. adottare provvedimenti per ridurre le sovratensioni, con conseguente traslazione della
densit di probabilit dei valori di cresta di V verso valori pi bassi, con eventuale variazione della dispersione (fig. 13.2b);
3. adottare elementi di protezione che comportino 1'abbassamento della caratteristica di
scarica dell' elemento da proteggere in quanto interviene prima la caratteristica di probabilit di scarica dell' elemento di protezione (fig. 13 .2c).
13.2

Approccio probabilistico semplificato del coordinamento degli isolamenti

L'attuazione puntuale dei procedimenti statistici prima illustrati pu risultare spesso

331

(VJ

(V}

P(VJ

P (v)

l~pl(VJ

/
/

/
v

a)

b)
(V)

P(V)

Fig. 13.2 - Rischio di scarica di un componente elettrico al variare dell'isolamento (al, al


variare della sollecitazione (bl, in presenza di elementi protettori (c).

lunga e complicata.
possibile per far uso di un'altra procedura, che pur mantenendo molti dei vantaggi
del metodo statistico rigoroso, ne riduce le difficolt di applicazione.
In fig. 13 .3a mostrata una distribuzione di probabilit di sovratensioni per un caso
particolare. Per comodit detta distribuzione stata particolarizzata per una sollecitazione
massima virtuale Va corrispondente ad una probabilit di riferimento molto elevata nella
distribuzione di probabilit.
Allo stesso modo la distribuzione della rigidit dielettrica di fig. 13.3b stata particolarizzata per una rigidit dielettrica minima virtuale Vd scelta in corrispondenza ad una probabilit di riferimento molto bassa nella distribuzione di probabilit.
Nelle figure 13.3c-d-e la distribuzione di sovratensioni e quella della rigidit dielettrica
sono state sovrapposte per mezzo del coefficiente di sicurezza 't che pone in relazione Va con
Vd , e supposto rispettivamente uguale a 1, O; 1,2 e 1,4.
L'area definita dall'integrale
Q=

I~=q o (V). P (V) dV

[13.4]

fornisce la probabilit di scarica per ogni valore assunto da 't.


I parametri statistici che descrivono un particolare tipo di isolamento ripristinabile (vedi
dopo) non variano molto fra loro, come pure le distribuzioni che rappresentano alcuni tipi di
sollecitazioni elettriche. cos possibile determinare delle curve di tipo generale che legano 't

332

a)

b)

cl

d)

e)
I
I
I

I
I
I

Q2 ____

L__ _

I
I

----~---~---

Fig. 13.3 - Rischio di scarica e coefficiente di sicurezza. Approccio probabilistico


semplificato.

Q per classi specifiche di isolamento. La fig. 13.3/ mostra un esempio di tali curve.

La possibilit di adottare procedimenti di tal genere risulta molto utile e conduce rapidamente alla determinazione di soluzioni approssimate.
13.3 Comportamento degli isolanti elettrici alle sollecitazioni
I diversi isolanti impiegati negli impianti elettrici subiscono varie sollecitazioni che dipendono dalle tensioni loro applicate e da altri fattori, determinando, col passare del tempo, per gli isolanti solidi e liquidi, una progressiva diminuzione della loro attitudine a sopportare, senza alcun cedimento, un determinato valore di sollecitazione elettrica (vedi anche VoI. I, Parte I - Cap. V).

333
Indagini effettuate con riferimento a varie forme di sollecitazione hanno evidenziato il
fatto che fra le varie cause che promuovono la degradazione, sono determinanti quelle di
natura elettrica, termica e meccanica.
In generale queste cause d'invecchiamento svolgono un'azione concomitante, dando luogo a fenomeni di polimerizzazione, di ossidazione, di fragilizzazione, etc., correlati con la temperatura raggiunta dal materiale che pu dipendere da cause esterne o anche da cause di
origine interna connesse con le perdite dielettriche.
A pari tensione, la sollecitazione pu divenire inammissibile in dipendenza di fattori
ambientali (come variazioni di temperatura e umidit, presenza di polveri e fumi, depositi di
sostanze conduttrici etc.) e di difetti imputabili al materiale costituente l'isolante o al processo
di lavorazione (come impurit, fessurazioni, inclusioni di bolle d'aria, presenza di acqua etc.).
Questi fattori possono comportare, nelle diverse situazioni, una riduzione della resistivit
e della rigidit dielettrica degli isolanti favorendone la scarica.
utile ricordare che la geometria del sistema condiziona la distribuzione della sollecitazione stessa nei vari punti dell'isolante in esame.
Ad esempio si visto:
come 1'aumento del diametro dei conduttori e l'adozione di conduttori multipli determini,
a pari tensione, gradienti tali da non provocare il fenomeno corona;
come 1'adozione di opportuni schermi possa portare a sollecitazioni uniformi negli isolatori passanti a condensatore;
come infine la presenza di anelli di guardia possa uniformare la sollecitazione che si ha in
una catena di isolatori a sospensione.
Al crescere della tensione, in dipendenza della sua forma d'onda, della sua durata e frequenza di applicazione il comportamento del dielettrico pu variare notevolmente.
ben noto ad esempio il diverso comportamento degli isolanti sollecitati con tensioni a
frequenza industriale e ad impulso. La scarica ad impulso esterna o di perforazione avviene a
tensioni pi alte di quelle di cresta della tensione di scarica a frequenza industriale. li rapporto
fra tali due valori di cresta (rapporto d'impulso) sempre maggiore di uno e assume ad esempio il valore di circa 1,2 per scarica su catene di isolatori e fino a 2,4 per la perforazione
dell'olio dei trasformatori.
In relazione a quanto detto, stato allora definito per durata di vita di un isolante
quell'intervallo di tempo durante il quale possibile applicare ad esso un determinato valore
di sollecitazione elettrica prima che i valori delle sue propriet caratteristiche (rigidit dielettrica, conducibilit, fattore di perdita etc.) raggiungano dei limiti, opportunamente prestabiliti (ad esempio per la rigidit dielettrica si assume normalmente il 50% del valore iniziale),
oltre i quali il grado di affidabilit dell'isolante sarebbe compromesso.
facile allora capire come, nel campo della progettazione, la previsione della durata di
vita di un isolante, in determinate condizioni d'esercizio, sia un fattore molto utile specialmente in riferimento al progetto pi economico di un apparato o impianto da realizzare.
A tal fine gli studi dei fenomeni dell'invecchiamento dei materiali isolanti hanno consentito di pervenire, attraverso opportune analisi fenomenologiche, alla formulazione di alcuni
modelli matematici che rappresentano, in maniera pi o meno approssimata, l'evoluzione del
processo di degradazione.
Le prove di vita su materiali isolanti, in presenza di sollecitazione elettrica sinusoidale,

334
hanno in particolare mostrato che, a pari temperatura esterna, la durata del materiale diminuisce sensibilmente quando, al variare della tensione applicata, si determina all'interno
delle cavit, presenti nel materiale, contenenti aria o altri gas, un campo elettrico superiore
alla rigidit dielettrica del gas contenutovi. Si manifestano, in tal caso, all'interno dell'isolante delle scariche (scariche parziali) che, attraverso la loro azione erosiva, accelerano i processi di degradazione fino a produrre la perforazione per scarica in quei punti ove 1'erosione abbia raggiunto uno stato tale da portare la rigidit dielettrica ad un valore inferiore al
gradiente locale della tensione applicata.
13.4 Livelli d'isolamento
Il livello d'isolamento di un elemento di impianto ne caratterizza l'isolamento come attitudine a sopportare le sollecitazioni dielettriche ed rappresentato dai valori delle tensioni
nominali di tenuta a sovratensioni di varia forma presupposte.
La tensione di tenuta ad impulso (cio che non d luogo a scarica) rappresentata dal
valore di cresta della tensione ad impulso con onda normale, di entrambe le polarit, da applicare a un elemento sotto specificate condizioni durante la prove di tenuta ad impulso.
La tensione di tenuta a frequenza industriale il valore efficace della tensione alternata
sinusoidale da applicare a un elemento sotto specificate condizioni durante le prove di tenuta
a frequenza industriale.
Secondo la normativa internazionale si caratterizza il livello d'isolamento nel modo seguente:
10 Per isolamenti aventi una tensione massima di dimensionamento Vx in valore efficace
inferiore a 300 kV, con:
a) la tensione nominale di tenuta a impulso atmosferico V, (valore di cresta con onda

1,2150 J..ls) con la polarit pi pericolosa;


b) la tensione nominale di tenuta a frequenza industriale Vf (valore efficace).
2 0 Per isolamenti aventi una tensione massima di dimensionamento di 300 kV o superiore,
con:
a) la tensione di tenuta ad impulso positivo di manovra Vrn (valore di cresta con onda
25012500 J..ls);
b) la tensione di tenuta ad impulso atmosferico V, come sopra.
Tutto questo per gli impianti a partire da 1 kV. Per la b.t. si considera solo il livello d'isolamento a frequenza industriale Vf.
I livelli d'isolamento sono stati unificati, e nelle tabelle che seguono se ne danno i valori (vedi Tab. 13.U.
La scelta fra i valori indicati per le tensioni ad impulso va fatta tenendo conto: se il sistema o no esposto alle sovratensioni atmosferiche (vedi dopo), dell'entit delle sovratensioni
previste; del rischio di scarica ammissibile, delle caratteristiche degli scaricatori o spinterometri e della loro ubicazione e, per i sistemi a media tensione, dello stato del neutro.
13 .5 Coordinamento degli isolamenti
Il coordinamento degli isolamenti consiste nel correlare le tenute di isolamento dei vari

335
Tab. 13.1
Livelli di isolamento per sistemi a M. T, A. T AA. T (Norme CEI28.3 - Fascicolo n. 796)
Tensione nominale della rete V (k V efficaci
concatenati)
3
6
10
15
20
30

Tensione massima di Tensione nominale di Tensione nominale di tedimensionamento


Vx tenuta ad impulso at- nuta a freq. industriale
(kV efficaci concatena- mosferico Vt (kV di VE (k V efficaci contro
ti)
cresta onda 1,2/50 Jls) massa)
3,6
7,2
12
17,5
24
36

20-40
40-60
60-75
75-95
95-125
145-170

10

20
28
38
50
70

Tensione nominale del- Tensione massima di Tensione nominale di Tensione nominale di tela rete V (kV efficaci dimensionamento di Vx tenuta ad impulso at- nuta a freq. industriale
(kV efficaci concatena- mosferico Vt (kV di VE (kV efficaci contro
concatenati)
ti)
cresta onda 1,2/50 Jls) massa)
66

72,5

325

140

132

145

650
550
450

275
230
185

150

170

750
650
550

325
275
230

1050
950
850
750

460
395
360
325
275

220

245

Tensione nominale del- Tensione massima di


la rete V (kV efficaci dimensionamento di V x
(kV efficaci concatenaconcatenati)
ti)

Tensione nominale di
tenuta a impulso di
manovra Vm (kV di cresta, onda 250/2500 JlS)

Tensione nominale di tenuta a impulso atmosferico Vt (kV di cresta,


onda 1,2/50 Jls)

380

420

1050
950

1425-1300-1175
1175-1050

500

525

1175
1050

1550-1425-1300
1425-1300-1175

750

765

1550
1425
1300

2400-1950-1800
2100-1800-1550
1800-1550-1425

336
componenti di un sistema di potenza al fine di rendere minimi i danni e le discontinuit di
servizio causate dalle sovratensioni. A tal fine si pu procedere in modo tale che:
1. sia garantito l'isolamento del sistema alle normali sollecitazioni di esercizio e alla maggior parte di quelle anormali;
2. le sovratensioni che superano il livello di tenuta vengano scaricate o deviate;
3. i guasti dovuti a fulminazioni provochino preferibilmente la rottura o la perforazione
di un dielettrico solido o liquido piuttosto che il danneggiamento delle apparecchiature;
4. il controllo dei punti nei quali pi frequentemente possono avvenire i guasti avvenga alla
luce dell'importanza relativa dei vari componenti del sistema, proteggendo maggiormente le parti di impianto pi costose.
Ciascun elemento di impianto esposto (*) in modo diverso alle sovratensioni e influisce in modo diverso sulla continuit del sistema.
Innanzi tutto da ricordare che si possono distinguere due tipi di isolamento:
l'isolamento ripristinabile, cio quello che, scomparsa la sollecitazione, riacquista completamente le sue propriet isolanti (ad es. isolamento in aria);
l'isolamento non ripristinabile, che viene danneggiato completamente o parzialmente dalla
scarica (ad es. isolamento di un cavo in carta impregnata).
Essi comportano differenti problemi di dimensionamento e di protezione; i primi sono di
facile realizzazione mentre i secondi sono pi complessi, pi costosi e con tempi di riparazione lunghi.
A ci deve aggiungersi l'aspetto economico del problema; infatti un aumento dell'isolamento del sistema e un largo e razionale uso di elementi di protezione, se permette un rischio
di scarica molto ridotto e piccoli tempi di interruzione del servizio, comporta notevoli oneri
finanziari.
Da una valutazione di questi elementi si pu giungere a un coordinamento degli isolamenti ottimale dal punto di vista tecnico e da quello economico. Data la vastit del problema
ci si limiter qui ad alcune considerazioni di carattere generale.
Nei sistemi di potenza ovvio che si tende ad assicurare una sempre maggiore continuit
del servizio man mano che aumentano i livelli di tensione in dipendenza dei sempre pi grandi
quantitativi di potenza che si hanno al crescere della tensione.
Inoltre mentre per le tensioni molto elevate le sovratensioni di manovra sono pi gravose
o della stessa entit delle sovratensioni atmosferiche, queste ultime divengono pi importanti
per i sistemi a tensione inferiore.
Sulla base di queste considerazioni possono fissarsi, come si visto, due campi in cui
operare un differente coordinamento dell'isolamento, al di sopra e al di sotto di 300 kV.
Nella zona superiore si pu definire un livello di isolamento nominale per ogni elemento
che si trovi a una data tensione di esercizio che garantisca per gli isolamenti ripristinabili
una tensione virtuale di tenuta a impulsi da fulminazione e di manovra con una probabilit

(*) Un impianto si dice in situazione esposta o non esposta quando sottoposto o no a sovratensioni di
origine atmosferica (generalmente impianti connessi a linee aeree nel primo caso e connessi a linee in cavo
di una certa estensione nel secondo).

337
di scarica massima del 10% che pu dedursi dalla Tab. 13.1; per gli isolamenti non
ripristinabili una tensione convenzionale di tenuta definita opportunamente. Tali livelli
devono essere superiori a quelli dei dispositivi di protezione adottati.
Per tensioni pi basse si associa direttamente alla tensione di esercizio del sistema una
coppia di valori che rappresentano i livelli nominali di isolamento ad impulso e a frequenza
industriale. Per quest'ultimo si sceglie un valore di tensione sufficientemente elevato, per
dare una garanzia di buon comportamento dell'isolamento di fronte alle sollecitazioni di
manovra.
Evidentemente in questo caso il livello di isolamento a impulso di ogni elemento deve
essere proporzionato in modo tale che sia superiore allivello di protezione assicurato dallo
scaricatore (o spinterometro) installato in quel punto (vedi Cap. XIV).
Per le linee aeree - data la semplicit con cui si pu variare il loro isolamento il problema viene in genere esaminato come a s stante sulla base della continuit del servizio desiderata, dell' ambiente in cui si trovano, delle relative condizioni meteorologiche, di particolari situazioni di esercizio ecc. Normalmente il loro isolamento viene dimensionato sulla base
dei valori indicati nella Tab. 13.1 con la eventuale possibile riduzione dell'isolamento delle
ultime campate che precedono una stazione, per preservare quest'ultima da sovratensioni
impulsive particolarmente gravose.
Quando si adottano isolatori rigidi (M.T. non oltre i 20 kV) le tabelle fornite dai costruttori sui valori di scarica superficiale permettono di scegliere il tipo di isolatore in base
allivello d'isolamento necessario.
Per gli isolatori sospesi occorre eseguire la scelta dei tipi di elementi in base alle sollecitazioni meccaniche e assegnare quindi il numero di elementi delle catene in base allivello di
isolamento. Per uniformit lo stesso tipo di isolatore viene adottato in tutta la linea tanto nelle
catene di ormeggio (pi sollecitate) quanto in quelle di sospensione.
L'assegnazione del numero degli elementi di una catena pu essere fatto sulla base dei
valori delle tensioni di scarica a impulso e a frequenza industriale forniti dai costruttori per
condizioni normali di temperatura e pressione, corretti proporzionalmente alla densit dell'aria corrispondente all' altitudine media e alla temperatura media del tronco di linea che interessa. A titolo indicativo mediamente nelle linee italiane con elementi di tipo normale si adottano 11 elementi nelle linee a 150 kV; 15-18 in quelle a 220 kV; 21-22 in quelle a 380 kV
In pratica conviene usare un numero di elementi uguale in tutte le catene di sospensione
fino ad una altitudine di 1000 m, un elemento in pi ogni 500 m di altitudine in pi, un numero ancora superiore di 1-2 nelle catene di ormeggio. (*)
Nel caso di conduttori di grande sezione ed elevato carico di rottura le catene di ormeggio possono essere multiple; sono invece in genere semplici quelle di sospensione salvo quelle
prescritte doppie per ragioni di sicurezza (attraversamenti di ferrovie, strade, ecc.).
13.6 Isolamenti e distanziamenti di sicurezza

Le norme CEI 11.18 Dimensionamento degli impianti in relazione alle tensioni danno
(*) In zone marine e/o in presenza di inquinamento atmosferico si adopereranno isolatori speciali (antisale,
... vedi VoI. I, Parte II).

338
Tabella 13.2
Distanze di isolamento in aria per sistemi con tensione massima inferiore a 300 k V

~ensione del sistema

Livello di isolamento

(kV efficaci)

massima

nominale

3,6

10

7,2

20

12

10

28

17,5

15

38

24

20

50

36

30

70

52

45

95

72,5

66
132

145

170

245

150

220

Tensione di tenuta
a frequenza
a impulso
d'esercizio
atmosferico
(kV efficaci)
(kV di cresta)

20
40
40
60

Distanza di isolamento
(cm)
fase-terra

fase-fase

9
lO

60

lO

75
75

12
13

95
95

16
17

125
145

22
27

27

170

32

32

250

48

48

140
185

325
450

63
90

63
90

230

550

110

110

275

650

130
110

110

230

550

275

650

325
275

750
650

325

12
13
16
17
22

130

130
145

130
130

750

130
145

360

850

160

160

395
460

950

180

180

1050

200

200

145
145

prescrizioni sulle distanze di isolamento e sui distanziamenti di sicurezza che vanno rispettati
nelle officine elettriche (centrali - stazioni - cabine).
Le prescrizioni per le distanze di isolamento riguardano per le parti in tensione le distanze fase-terra e fase-fase.

339
Tabella 13.3
Distanze di isolamento in aria per sistemi con tensione massima superiore a 300 k V
Tensione del sistema
(kV efficaci)
massima

nominale

Livello di isolamento
Tensione di tenuta
a impulso di
a impulso
manovra
atmosferico
(kV di cresta)
(kV di cresta)
1050
950

428

380

1175

Distanza di isolamento
(cm)
fase-terra

fase-fase

264

320

312

360

1175
1050

1300
1425

Tali distanze sono riferite ai livelli di isolamento prima definiti; per le distanze faseterra necessario tener conto anche del livello di inquinamento dell'ambiente e delle caratteristiche geometriche dell'isolamento superficiale (forma della superficie dell'isolatore e lunghezza della linea di fuga). Esse vengono determinate dalla tenuta alla tensione di esercizio
in ambiente inquinato; si ha una legge di quasi proporzionalit fra tenuta e distanza. La tenuta dell'aria alle sovratensioni di manovra aumenta invece molto meno che proporzionalmente all' aumentare della distanza di isolamento e pertanto il rapporto fra tenuta alle sovratensioni di manovra e tensione massima di esercizio si riduce all'aumentare della tensione di esercizio mentre la tenuta alle sovratensioni atmosferiche aumenta linearmente con le
dimensioni della linea e quindi con la tensione di esercizio.
N elle tabelle 13.2 e 13.3 sono fornite le distanze di isolamento in aria in condizioni
normali (assenza di corto-circuiti e velocit del vento pari a 26 km/h) per sistemi con tensione massima inferiore e superiore a 300 kV; nelle tabb. 13A.e 13.5 sono fornite le distanze ridotte di isolamento in aria per condizioni di massimo sbandamento per elementi mobili con tensione massima inferiore e superiore a 300 kV.
Tali sbandamenti sono conseguenti a:
azione del vento avente una velocit di 130 km/h e agente nella direzione pi critica
per l'isolamento dell'elemento;
forza elettrodinamica prodotta da quella condizione di corto-circuito nel sistema cui l'elemento appartiene che risulta pi critica per l'isolamento dell' elemento.
Per i valori fase-terra si attua una distinzione tra valori da controllare in relazione allo
sbandamento nella condizione eccezionale di vento e allo sbandamento nella condizione eccezionale di corto-circuito.
Si noti che le distanze di cui alla precedente tabella, vanno incrementati dell' 1,25 % del
valore iniziale ogni 100 m oltre i 1000 m.
Delle condizioni di inquinamento e delle caratteristiche geometriche dell'isolamento
superficiale si terr conto secondo quanto precisato dalle Norme 11.18.

340
Tabella 13.4
Distanze ridotte di isolamento in aria, relative alle posizioni sbandate di elementi mobili
per sistemi con tensioni massime inferiori a 300 kV
Tensione del
sistema
(kVefficaci)

Livello di isolamento
Tensione di tenuta
a frequenza
a impulso
d'esercizio
atmosferico
(kV efficaci)
(kV di cresta)

Distanze ridotte di isolamento


(cm)
fase-terra
corto-circuito

fase-terra
vento

fase-fase

lO

lO

14

12

15

19

18

21

28

25

29

39

58

46

68

66

98

masso

nomm.

3,6

lO

7,2

20

12

10

28

17,5

15

38

24

20

50

36

30

70

52

45

95

250

140

325

185

450

37

230
275

550
650

46
55

230

550

46

275
325

650

55
65

20
40
40

72,5
145

170

245

66
132

150

220

60
60
75
75
95
95
125
145
170

750

275

650

325

750

55
65

360

850

72

395

950

460

1050

79
92

Per quanto riguarda i distanziamenti di sicurezza utile richiamare le definizioni delle


Norme:
Zona di guardia: spazio attorno ad un elemento di impianto in tensione entro il quale non

341
Tabella 13.5
Distanze ridotte di isolamento in aria, relative alle posizioni sbandate di elementi mobili
per sistemi con tensioni massime superiori a 300 kV
Tensione del
sistema
(kV efficaci)
masso

nomino

Livello di isolamento
Tensione di tenuta
a impulso di
a impulso
manovra
atmosferico
(kV di cresta) (kV di cresta)

950
420

380

1050
1175

Distanze ridotte di isolamento


(cm)
fase-terra
corto-circuito

1300

fase-fase

112

168

159

1175
1050

fase-terra
vento

188

1425

ammessa la presenza di persone o di oggetti mobili estranei all'impianto che siano collegati o accessibili a persone (ad es.: scale, attrezzi, veicoli, materiali vari).
Distanza di guardia: distanza minima fra un elemento in tensione e la superficie che delimita la zona di guardia attorno a tale elemento.
Distanza di vincolo: distanza minima che deve esistere fra un elemento in tensione e la superficie accessibile all'operatore sulla quale questi deve stare almeno con entrambi i
piedi perch l'operatore stesso e gli oggetti mobili ad esso collegati, in assenza di limitazioni materiali, non penetrino nella zona di guardia.

utile ricordare che le distanze di sicurezza da rispettare debbono soddisfare quanto


prescritto dal D.P.R. 547 del 27.04.1955.
Nelle norme CEI citate le distanze prescritte per il dimensionamento degli impianti, in
relazione alle esigenze di accesso e di lavoro, sono assunte, in alcuni casi, maggiori di quelle
previste dal citato D.P.R. per ragioni di razionalizzazione e di armonia con le Norme per il
coordinamento degli isolamenti.
Tali distanze sono riferite alla condizione base, che considera un operatore di statura ed
addestramento normali e dotato di piccoli utensili manuali.
Nel caso di accesso agli impianti per operazioni di manutenzione o lavori in condizioni eccedenti le suddette condizioni base, le distanze devono essere determinate di volta in
volta tenendo conto delle condizioni reali.
da rimarcare che non vengono considerate parti nude in tensione quelle:
incluse in apparecchiature con involucro metallico oggetto di Norme specifiche (per es.:
Norme CEI 17-6);
protette da pareti metalliche messe a terra con grado di protezione IP3X o superiore
(Norme CEI 70-1);
protette da pareti piene non metalliche (strutture murarie, setti isolanti) la cui superficie
accessibile sia a distanza di guardia o superiore rispetto ai punti in tensione o sia a distanza inferiore ma si possa contare su un effetto isolante della parete.

342
Tabella 13.6

Distanze di !!,uardia e di vincolo di base per sistemi con tensione massima inferiore a 300 kV
Tensione del sistema
(kVefficaci)
maSSlffia

nominale

Livello di isolamento
Tensione di tenuta
a impulso
a frequenza
atmosferico
d'esercizio
(kVefficaci) (kV di cresta)

20

Distanza di
guardia
e di
separazione

verticale dvv
(distanza di
circolazione)

orizzontale

15

303

200

15

306

200

15

310

200

315

200

320

200

330

200

345

200

366

203
234

377

256

dg
(cm)

3,6

lO

7,2

20

12

lO

28

17,5

15

38

24

20

50

36

30

70

52

45

95

250

72,5

66

140
185

325
450

109

132

230

550

131

275

650

230

550

152
131

275

650

152

325
275

750
650

167
152

325

145

170

245

150

220

40
40
60
60
75
75

Distanza di vincolo
di base dv (cm)

dvo

18

95
95

20
22

125
145

28
34

170

40
60
78

387
392

277
256
277
292
277
292

750

167

360

850

184

395

950

207

432

332

460

1050

230

455

355

427

309

Nelle tabb. 13.6 e 13.7, sempre riprese dalle citate Norme CEI, alle quali si rinvia per
un' analisi pi approfondita dell' argomento, sono riportate le distanze di guardia e di vincolo di base per tensioni inferiori e superiori a 300 kV.

343

Tabella 13.6
Distanze di guardia e di vincolo di base per sistemi con tensione massima superiore a 300 kV
Tensione del sistema
(kV efficaci)
massima

nominale

Livello di isolamento
Tensione di tenuta
a impulso
a impulso di
atmosferico
manovra
(kV di cresta) (kV di cresta)

950
420

380

Distanza di
guardia
e di
separazione
dg (cm)

1050
1175

Distanza di vincolo
di base dv (cm)
verticale dvv
(distanza di
circolazione)

orizzontale

334

559

459

394

619

519

dvo

1175
1050

1300
1425

Per impianti a quota superiore a 1000 m s.l.m. le distanze di guardia debbono essere
incrementate dell'1,25% con le stesse modalit prima ricordate.
Per garantire tali distanziamenti di sicurezza rispetto a parti nude in tensione si possono adottare:
a) delimitazioni materiali ad altezza totale, atte cio a contenere i movimenti dell'operatore per l'intera sua altezza operativa; ci assicurato dalla presenza di ripari o altri ostacoli equivalenti con i requisiti precisati dalle Norme.
b) delimitazioni materiali ad altezza parziale, atte cio a contenere gli spostamenti orizzontali dell' operatore ma non i movimenti delle sue braccia; ci assicurato dalla presenza di
parapetti o da altre delimitazioni materiali equivalenti con i requisiti precisati dalle Norme.
c) delimitazioni per semplice distanziamento, interponendo cio una opportuna distanza fra l'operatore e le parti nude in tensione, senza ostacoli materiali; esse devono essere di
regola evidenziate mediante delimitazioni monitorie.
Per le superfici di circolazione delle persone, costituite da tratti di terreno o altri piani
accessibili alle persone necessario prevedere la separazione da parti nude in tensione mediante delimitazioni materiali (ripari, parapetti o delimitazioni equiparabili), ovvero distanze di
vincolo verticale rispetto a parti nude in tensione sovrastanti, non essendo ammesse delimitazioni orizzontali per semplice distanziamento.
Per le linee aeree equipaggiate con conduttori nudi la distanza in metri fra i conduttori ai punti di attacco ai sostegni di linea ai sensi di quanto prescritto dalle Norme CEI 11.4
"Linee elettriche aeree esterne". non deve essere minore di:

D= n~f +L +0,01 V

f=
L
n

[13.5]

freccia in m. nelle condizioni di conduttori e corda di guardia scarichi a 15;

= lunghezza in m. della catena di isolatori sospesi;

= coefficiente uguale a 0,6 per conduttori omogenei di alluminio o sue leghe;


altri conduttori;

0,5 per gli

344

V =tensione in kV.
Per isolatori rigidi o disposti in ammarro: L =
Per linee di classe zero, prima e seconda: ridurre il risultato della formula del 30%.
Per campate di linee, di qualsiasi classe, per le quali f + L sia maggiore di 40 m, la formula di cui sopra non si applica.
Per queste sufficiente che la distanza in m. fra conduttori non sia inferiore a m 3,80
+ 0,01 V per i conduttori di alluminio o sue leghe, e a 3,20 + 0,01 V per gli altri conduttori.
Per le campate di linee di classe zero e prima che abbiano una lunghezza misurata orizzontalmente fino a 25 m, la distanza non deve essere minore di 0,10 m e per quelle comprese tra m 25 e 40, la distanza non deve essere minore a 0,20 m.
Per le distanze da rispettare nella realizzazione delle linee aeree vedi anche Cap. XXI.

CAPITOLO XIV

LA PROTEZIONE DEI SISTEMI ELETTRICI DI POTENZA

14.1

Premesse

I sistemi elettrici di potenza possono essere soggetti a condizioni anormali di funzionamento alle quali bisogna far fronte con opportuni provvedimenti tendenti da un lato a evitarle dall' altro a limitarne gli effetti.
In particolare si fa riferimento alle sovracorrenti che possono provocare sollecitazioni
termiche ed elettrodinamiche inammissibili e alle sovratensioni che possono essere non sopportate dagli isolamenti previsti.
Vi sono inoltre altre condizioni di guasto che, pur non essendo caratterizzate da sovracorrenti o sovratensioni, possono determinare inacettabili situazioni di esercizio e pericoli
per l'uomo. Si veda ad esempio, il caso dell' interruzione di un conduttore o di un guasto
monofase a terra con elevata impedenza di guasto.
14.2

I sistemi di protezione contro le correnti di esercizio anormali

Le correnti di esercizio anormali che si presentano nei sistemi elettrici di potenza possono avere il carattere di sovracorrenti (cio di correnti superiori a quelle massime ammesse
per il sistema) dovute a condizioni di sovraccarico o corto-circuito o di correnti di modesta
entit che intervengono in alcune particolari condizioni di guasto.
Le correnti di sovraccarico si stabiliscono in circuiti elettricamente sani e vanno eliminate solo se permanenti. Sono quindi tollerabili dai diversi elementi d'impianto per durate
tali da non fare nascere sollecitazioni termiche inammissibili.
Le correnti di corto-circuito denunciano una situazione di guasto quindi, anche in dipendenza del loro valore, vanno eliminate al pi presto
I mezzi di carattere preventivo che, nei limiti del possibile, permettono che non si verifichi una sovracorrente sono:
per quanto si riferisce al sovraccarico duraturo l'adeguato dimensionamento dei singoli
componenti di impianto e il loro ,::orretto uso avendone presenti le caratteristiche (si
noti per che in condizioni di emergenza pu essere necessario esercire in condizioni di
sovraccarico alcuni elementi di impianto);
per quanto si riferisce ai corto-circuiti un razionale dimensionamento degli isolamenti
che tenga in conto le possibili sollecitazioni di carattere elettrico, meccanico e termico,

346
una accurata costruzione e un vigile esercizio delle singole parti di impianto.
I mezzi di carattere repressivo adottabili per dominare le sovracorrenti sono: gli interruttori automatici e le valvole a fusibile (vedi VoI. I, Parte II, Cap. IV).
Nei sistemi in A.T. si adoperano esclusivamente gli interruttori automatici di tipo pneumatico, in SF6 e a volume d'olio ridotto a elementi modulari con interruzione multipla.
Per i sistemi di M.T. e b.t. vedi il Cap. IV del VoI. III.
Gli interruttori dovranno avere un potere di interruzione adeguato alla massima corrente di corto-circuito prevista per il punto in cui saranno installati, una caratteristica d'intervento che permetta di discriminare i sovraccarichi dai corto-circuiti e di garantirne il funzionamento nei tempi prestabiliti, una capacit di sopportare le sovracorrenti senza danno
per durate compatibili con la curva di massimo ritardo.
La corrente nominale dell'interruttore andr scelta nella serie normalizzata dei tipi in
commercio per la tensione di esercizio prevista cercando, nei limiti del possibile che questa
sia uguale o immediatamente inferiore alla portata del cavo o della linea da proteggere.
Per i sistemi di potenza in b.t. la normativa pi recente fornisce indicazioni complementari in vista del conseguimento di una pi efficace protezione dei cavi contro i sovraccarichi. Definita preliminarmente come corrente di impiego di un cavo quella che in regime
permanente corrisponde alla massima potenza da trasmettere (in regime variabile si considera la corrente termicamente equivalente che in regime permanente porterebbe il cavo alla
stessa temperatura) si stabilisce la seguente relazione:
[14.1]

dove IB la corrente d'impiego; IN la corrente nominale del dispositivo di protezione; I z la


portata del cavo.
Questa relazione assicura in genere una adeguata protezione contro i grossi sovraccarichi duraturi in quanto il dispositivo di protezione interviene prima che si superi la portata
del cavo; pu per non dare sufficienti garanzie contro i piccoli sovraccarichi prolungati in
quanto il sicuro intervento della protezione avviene solo quando si supera la sua corrente di
funzionamento I f che pu essere sensibilmente superiore a IN e quindi a Iz. Dallo scarto fra
I f e IN dipende la zona di possibile sovraccarico senza sicuro intervento. Per limitare tale
zona si introdotta una ulteriore condizione.

I f :s; 1,45

Iz

[14.2]

che rappresenta un compromesso fra una maggiore sicurezza di protezione e la possibilit


di sfruttare il cavo fino al limite della sua portata.
Per quanto attiene la verifica delle sollecitazioni derivanti dalle correnti di corto-circuito occorre che l'energia specifica Pt, che l'interruttore o la valvola a fusibile posta a protezione lascia passare durante il suo intervento, non superi quella che il cavo pu sopportare.
La sezione del cavo deve quindi soddisfare la relazione:
[14.3]
ottenuta nell'ipotesi che il comportamento termico del cavo, in queste circostanze, possa
considerarsi adiabatico.
Nella [14.3] si ha:

347

Pt = energia specifica che passa nel cavo durante il corto-circuito, in N.s (vedi Vol. I, Parte
II, Cap. III).
t = tempo di intervento del dispositivo di protezione (si assume < 5 s);
5 = sezione del conduttore o dei conduttori da proteggere in mm2 ;
K = 115 per cavi in Cu isolati in PVC (per cavi in Al,K = 74);
K = 135 per cavi in Cu isolati in gomma naturale e butilica (per cavi in Al,K = 87);
K = 146 per cavi in Cu isolati in gomma etilenpropilenica e polietilene reticolato (per cavi
in Al,K = 94).
Tab. 14.1
Valori del coefficiente K in funzione delle temperature
iniziali e finali di corto-circuito per conduttori di rame e
di alluminio adoperati come anima di cavi
1
5
6
2
3
4
Temperatura
Temperatura finale di cc 9cc (OC)

iniziale 90
(OC)

(I)

8<:Il

...

.:::
o

tj
;::!

-o

c:
o

.9
.5
8;::!

<:Il

.:::

......o
;::!

-o
c:
o

160

180

200

220

250

130
120
110
100
90
85
80
75
70
65
60
50
40
30
20

37
53
65
76
86
90
94
99
103
107
111
118
126
133
141

140

64
74
83
92
100
104
108
111
115
119
122
129
136
143
150

81
89
97
105
112
115
119
122
125
129
132
139
145
152
158

95
102
109
116
122
125
129
132
135
138
141
147
153
159
165

106
113
119
125
131
134
137
140
143
146
149
155
161
166
172

120
126
132
138
143
146
149
151
154
157
160
165
170
176
181

130
120
110
100
90
85
80
75
70
65
60
50
40
30
20

24
34
42
49
55
58
61
64
66
69
72

41
48
54
59
64
67
69
72
74
76
79
83
88
92
97

52
58
63
67
72
74

61
66
70
75
79
81
83
85
87
89
91
95
99
103
107

68

78
81
85
89
92
94
96
98
99
101
103
105
110
114
117

77

81
86
91

77

79
81
83
85
90
94
98
102

73
77

81
85
86
88
90
92
94
96
100
104
107
111

348
Qualunque sia il tipo di isolante se vi sono giunzioni o terminazioni saldate a stagno

K = 115 (Cu), K = 74 (Al).


I valori di K sopra riportati valgono per cavi in bt, per sezioni superiori a 10 mm2 e
durata del guasto minore di 5 s. Per sezioni inferiori a lO mm2 e durate superiori a 5
s. i valori di K riportati sopra valgono in modo approssimato.
Il valore di K in ogni caso deducibile dalla Tab 14.1 ripresa dalle Norme CEI, fase.
1890- Linee in cavo.
La temperatura iniziale si pu assumere pari a quella massima di servizio in regime
permanente; quella massima di corto-circuito pari a quella massima di corto-circuito per i
(Tab. 14.2)
Massime temperature di servizio e di corto circuito per gli isolanti pi comunemente adoperati
nei cavi di energia (Norme CE! 11.7 - Fase. 1890)
Isolante del cavo
Carta impregnata con olio fluido
Carta impregnata
Gomma ordinaria, G 1, ElI
Gomma butilica (G2) e CSP (G6)
Gomma etilenpropilenica
PVC qualit R, R2, TII
PVC qualit RE, TI2
Polietilene reticolato
Gomma siliconica
Gomm G 9

(l)

Max tempo di servizio (0C)


90(1)
50780(21
60
85
90
70
70
90
180
90 15)

Max tempo di C.c. (OC)


220(1)
200(1)
200
220
250(4
160 1J )
150(31
250(4)
350
250

Valori prowisori in quanto non specificati da Norme CEl.

(2) In funzione della tensione nominale (Norme CEI 20-1) e del tipo di miscela impregnante.
(l)

(41

(51

Per sezioni;:: 240 mm' queste temperature devono essere ridotte a 140C.
Per sezioni> 240 mm2 e tensione nominale 0,6/1 kV questa temperatura deve essere ridotta a 220C se
il cavo munito di una guaina di PVc.
Per cavi privi di rivestimento protettivo si applica una riduzione nelle temperature nei casi e nella misura
specificata al par. 3.7.3 "Prowedimenti per limitare i danni da incendio di cavi, comma g).

diversi isolanti adoperati (vedi Tab. 14.2).


Per conduttori di rame isolati con gomma siliconica, aventi temperatura iniziale di 180
C e temperatura finale di 350C, il coefficiente K vale 133 As l/2 mm 2
Qualora la sovracorrente sia di breve durata ma non possa ritenersi costante (fenomeni transitori non trascurabili per il contributo della componente uni direzionale o di macchine rotanti, intervento dei dispositivi di protezione entro il primo ciclo, ecc.), la determinazione della sezione minima del conduttore deve essere effettuata mediante la relazione
seguente:
[14.3']
dove: ice> in A, il valore istantaneo della corrente di corto-circuito nel tempo da O a t.

349
La determinazione della sezione minima del conduttore con le formule [14.3] e [14.3'],
presupponendo per la temperatura iniziale di corto-circuito la temperatura massima di servizio ammissibile per quel dato tipo di isolamento, pu portare a valori di sezione esuberanti rispetto alla portata richiesta ed alla corrispondente temperatura raggiunta in regime
permanente.
Le relazioni precedenti possono essere utilmente impiegate per il dimensionamento
degli schermi, delle guaine e delle armature metalliche.
Per applicare correttamente le [14.3 ] e [14.3'] necessario conoscere la caratteristica
dell' Pt del dispositivo di protezione adoperato e se questo assicura soltanto la protezione
dal corto-circuito o la protezione dal corto-circuito e dal sovraccarico.
Nel caso in cui l'interruttore automatico o il fusibile assicuri soltanto la protezione dal
corto-circuito si ha:
a) se si adoperano valvole a fusibile: l'energia specifica passante decresce all' aumentare
della corrente di corto-circuito tendendo a un valore costante per valori molto elevati di
questa. Pertanto per proteggere un cavo sufficiente che la [14.3] sia verificata per cortocircuito nel punto terminale della linea; in qualsiasi altro punto la corrente di corto-circuito
sar maggiore e la protezione sar sicuramente garantita (fig. 14.1).
b) se si adoperano interruttori automatici, l'energia passante diminuisce istantaneamente
in corrispondenza dello sgancio magnetico, successivamente aumenta in quanto il tempo di
intervento rimane pressoch costante al crescere della corrente. Pertanto per proteggere un
cavo necessario che la [14.3] sia verificata per corto-circuito all'inizio e alla fine della linea (fig. 14.2).

utile notare che l'energia specifica passante da un cavo costante al variare di Icct ma
cresce per valori di Ice modesti in quanto in questi casi la durata del guasto aumenta e il
comportamento termico del cavo non pu pi essere considerato come adiabatico perch
non pi trascurabile lo scambio termico con l'ambiente circostante.

l.

Icc

Fig. 14.1 - Energia specifica passante in un cavo


protetto da fusibile che protegge il cavo solo da
corto-circuiti.
C = P t sopportabile dal cavo
F = P t lasciata passare dal fusibile

(I t)

I.

Icc

Fig. 14.2 - Energia specifica passante in un cavo


protetto da interruttore automatico che protegge il cavo solo da corto-circuiti.
C = P t sopportabile dal cavo
A = P t lasciata passare dall'interruttore

350

Le correnti di corto-circuito da prendere in conto, in sistemi trifasi di bt, per effettuare tali verifiche sono:
per corto-circuito all'inizio della linea, la massima corrente di guasto e quindi quella di
corto-circuito trifase;
per corto-circuito d'estremit, la minima corrente di guasto e quindi quella relativa al
guasto fase-neutro (o fase-fase quando il neutro non distribuito)
Deve essere (riferimento figg. 14.1 e 14.2):

lccmax::; lb
lcc min ;::: la
Per la valutazione della corrente minima di corto-circuito si terr conto di una eventuale sezione ridotta del neutro.
Nei casi in cui l'impedenza della conduttura da proteggere prevalente rispetto alle
altre impedenze del circuito (cavi di bt) il calcolo della corrente di corto-circuito monofase
(per guasto d'estremit) pu effettuarsi in modo semplificato a mezzo della relazione:

I =
cc
lcc
0,8

V
1,5
p
L
m

0,8 V
1,5 p (1 + m) L / Sr

[14.4]

corrente di corto-circuito in A;
fattore che tiene conto dell' abbassamento della tensione per effetto del corto-circuito; (*)
tensione in Volt (concatenata per guasto fase-fase per linee senza neutro; di fase per
guasto fase-neutro per linee con neutro);
fattore che tiene conto dell'aumento di p a 20 per effetto del corto-circuito;
resistivit del conduttore in Ohm.mm2 /m;
lunghezza della conduttura in m;
rapporto fra SrfSn per linee con neutro; m = 1 per linee senza neutro (Sr = Sezione
di fase; Sn = sezione di neutro).
Per sezioni superiori a 95 mm 2 si applicano i seguenti fattori di riduzione:
0,90 per la sezione 120 mm 2 ;
0,85 per la sezione 150 mm2 ;
0,80 per la sezione 185 mm2 ;
0,75 per la sezione 240 mm 2

Nell'ipotesi che il dispositivo di protezione sia previsto per la sola protezione dei corto-circuiti, facendo coincidere il valore di lcc con il valore di taratura dello sganciatore magnetico dell'interruttore automatico o con il valore minimo della corrente di corto-circuito per la quale una valvola a fusibile assicura l'intervento, la [14.4] permette di ricavare

L=

0,8 VSr
1,5 (1 + m) p. Ice

[14.5]

(") Ai sensi di quanto prescritto dalla Norma CEI 11.25 al posto di 0,8 (indicato dalle Norme CEI 64.8)
dovrebbe porsi 0,95.

351

la lunghezza di cavo protetta dal dispositivo installato all'inizio della conduttura.


Quando la lunghezza della linea supera quella massima ammissibile necessario cambiare ove possibile la caratteristica dell'interruttore o aumentare la sezione dei cavi. In alcuni casi (illuminazione stradale) si pu anche interporre una valvola a fusibile nei tratti terminali delle linee.
Ci consentito in quanto la corrente di transito, tenuto conto del tipo di carico presente, va diminuendo via via lungo il percorso e pertanto la corrente nominale della valvola
pu essere sensibilmente inferiore a quella nominale dell'interruttore.
Particolare cura deve essere dedicata alla verifica del comportamento delle derivazioni
pi lontane per le quali, spesso, necessario adottare sezioni sovrabbondanti anche per 1'alimentazione di carichi di modesta entit.
Nella pratica progettuale non , tuttavia, infrequente il caso di conduttori in cavo di
sezione decrescente dal punto in cui installato il dispositivo di protezione verso l'estrema
periferia (feeder di data sezione e derivazioni, non ulteriormente protette, di sezione pi
piccola; feeder formato da pi tronchi di sezione decrescente a partire dal punto di installazione dell'unico dispositivo di protezione, etc.). In questo caso occorrer tener presente
quanto segue:
ai fini della verifica dei sovraccarichi si dovranno prendere in considerazione tutti i tronchi;
ai fini della verifica delle correnti di corto-circuito, ed in particolare ai fini della verifica
della lunghezza massima protetta, sar opportuno sostituire al conduttore reale un conduttore equivalente di sezione uniforme, e pari a quella pi piccola, e lunghezza ricavabile dalla relazione:
[14.6]
con:
Li
Smin

lunghezza del tronco di sezione Sj;


sezione minima.

Quando invece uno stesso dispositivo deve assicurare la protezione delle linee dai sovraccarichi e dai corto-circuiti la predetta verifica della lunghezza massima protetta non necessaria.
Se si ricorda, infatti, che per garantire la protezione dal sovraccarico necessario che:

e che in un interruttore magnetotermico, per Norma, deve essere:

si avr che, automaticamente resta soddisfatta la relazione:

Ir

1,45 Iz

in quanto Iz ~ IN'
In queste condizioni il dispositivo di protezione dei sovraccarichi interviene in genere
in tempo utile anche per corto-circuito all'estremit di arrivo della linea in cui si verificano
correnti di guasto poco discoste da quelle di massimo sovraccarico. Le figg. 14.1 e 14.2 si

352

"

-----------------

A
Ice

Fig. 14.3 - Energia specifica passante in un cavo


protetto da un unico fusibile dai sovraccarichi e corto-circuiti.

Icc
Fig. 14.4 - Energia specifica passante in un cavo
protetto da un unico interruttore dai sovraccarichi
e corto-circuiti.

trasformano in questo caso nelle 14.3 e 14.4.


Quanto sopra pu non essere valido per alcuni tipi di interruttori, specialmente per
quelli che non limitano le correnti di guasto per l'intera gamma delle correnti di corto-circuito. In questi casi la [14.3] deve essere verificata.
La verifica della massima lunghezza protetta deve pure essere eseguita quando per sistemi che presentino alcuni interruttori in cascata, alcuni di questi, per esigenze di selettivit, presentano In > Iz e pertanto non possono assicurare compiutamente la protezione dai
sovraccarichi.
Per i sistemi di M. T e A. T la filosofa di protezione dei cavi dalle sovratemperature
provocate da sovraccarico e corto-circuito la stessa. Per il sovraccarico quanto espresso
dalle relazioni [14.1] e [14.2] sempre valido salvo a ridefinire il rapporto MIz. Per la protezione dal corto-circuito di cavi MT la costante K, da adoperare per la verifca pu essere
stimata, per cavi isolati in carta impregnata 129 con anima di rame (Cu) e 83 per anima di
alluminio (Al); per cavi isolati in EPR 143 (Cu) e 92 (Al) e infine per cavi isolati in gomma
butilica 125 (Cu) e 86 (Al).
Analogamente a quanto fatto prima, una volta nota la caratteristica dell'Pt del dispositivo di protezione adoperato, si potr decidere in quali punti della linea necessario verificare la [14.3 J.
Per i cavi ad olio fluido particolarmente importante conoscere il transitorio termico
per potere anche determinare le variazioni transitorie di pressione dovute alla variazione di
volume dell' olio contenuto nel cavo.
Nella letteratura specializzata sono indicati i metodi per compiere tale determinazione
(vedi ad es. I.;Elettrotecnica, n. 4 e n. 10 1958).
Per i conduttori nudi adoperati nei sistemi a bt, a MT e a AT non deve superarsi la
temperatura di 80.
Le massime correnti ammissibili in queste condizioni sono deducibili dalle Tabb. 1.5 e
1.8 del VoI. I, Parte II.

353
In presenza di correnti di corto-circuito di breve durata si ritiene che i conduttori nudi
possano tollerare temperature fino a 200C (Cu) e 180C (Al) con temperatura iniziale di
50C senza danneggiamenti. Per se la permanenza a tale temperatura o a temperature superiori dovesse prolungarsi, si potrebbero avere sforzi non previsti ed eccessivi, in particolare, nelle lunghe sbarre sprovviste di giunti di dilatazione e possibili ricotture del materiale
di cui sono formati i conduttori.
Nel caso di conduttori nudi K pu essere stimato pari a 143 (Cu) e 99 (Al).
Sembra utile ricordare che, ove il corto-circuito avvenga in prossimit di generatori,
dovr farsi riferimento a una corrente di corto-circuito equivalente che tenga conto dell'aumento transitorio di questa (vedi Cap. IX).
14.3

Conseguenze e classificazione dei guasti

Una condizione di guasto, generalmente un corto-circuito, pu causare:


- una corrente elevata in modo anormale con effetti termici ed elettrodinamici rilevanti
(vedi anche Cap. XX);
un arco elettrico con temperature estremamente elevate che vaporizza distruggendole,
le sostanze circostanti;
un notevole abbassamento della tensione; (creazione di buchi di tensione. Vedi Cap. XI).
un forte squilibrio in un sistema trifase;
la interruzione del flusso di potenza trasmessa al carico;
la instabilit del sistema;
gravi condizioni di pericolo per l'uomo in rapporto alle correnti iniettate, in queste condizioni, nel terreno.
I guasti che interessano i sistemi di potenza possono essere classificati in modo differente a seconda della loro localizzazione, durata e difficolt di eliminazione.
Secondo la localizzazione possono distinguersi guasti interessanti ('''):
le centrali di produzione;
le stazioni elettriche;
le linee di trasporto;
le reti di trasmissione;
le reti di distribuzione;
le cabine;
gli impianti utilizzatori.
Secondo la durata e dr/ficolt di eliminazione si hanno:
guasti autoestinguentisi che spontaneamente si estinguono in tempi molto brevi (qualche ciclo) senza che sia necessario l'intervento delle protezioni;
guasti transitori che vengono eliminati con una apertura molto breve (qualche decimo
di secondo) seguita da una richiusura della rete di alimentazione (**);
(*) In questo capitolo si esamineranno le protezioni relative ai sistemi di trasporto e trasmissione; le stazioni
elettriche sono trattate nel Cap. XXIII; le reti di distribuzione, le cabine e gli impianti utilizzatori sono trattati nel
VoI. III; le protezioni delle centrali elettriche esulano da questa trattazione.
(**) I guasti transitori vengono classificati anche come microinterruzioni. Tali guasti, in genere poco avvertiti dalla utenza domestica, possono comportare disservizi per quella industriale a meno che questa non venga
protetta a mezzo di apparecchiature di manovra insensibili alle microinterruzioni.

354
guasti semipermanenti che vengono eliminati con una apertura relativamente lunga (decina di secondi) della rete di alimentazione seguita da una richiusura;
guasti permanenti che necessitano dell'intervento del personale che effettua la riparazione per la ripresa del servizio.

I guasti possono poi essere:


monofasi a terra;
bifasi con o senza connessione a terra;
trifasi con o senza connessione a terra;
doppi monofase a terra.
I guasti infine possono essere franchi o con impedenza di guasto.
Su 100 interruzioni risulta mediamente che circa il 75% sono dovute a guasti monofase; 15% a guasti bifase; 8% a guasti trifase; il restante 2% a guasti indeterminati.
Di questi circa 1'85% di natura autoestinguente o transitoria; il 10% di natura semipermanente; il 5 % di natura permanente.
Per quanto riguarda le cause che determinano i guasti si pu affermare che sono principalmente responsabili: le cause atmosferiche (fulmini, condensa, pioggia, ghiaccio, vento)
per il 70% dei casi; le avarie dei componenti per il 20%; le manovre sugli i~pianti e altro
per il restante 10% .
14.4 Cenno sulla valutazione economica della interruzione del servizio
Per la valutazione economica della interruzione del servizio a seguito di un guasto, si
fa solitamente riferimento ai seguenti quattro parametri:
la potenza interrotta (potenza richiesta al momento dell'interruzione) P;
la durata dell'interruzione T;
la frequenza delle interruzioni F;
la natura del carico non alimentato.
In prima approssimazione si ammette che il costo c di una interruzione proporzionale al prodotto di P x T. Si ha:
[14.7]

dove Co il costo unitario del disservizio espresso in OkWh ed E (in kWh) l'energia interrotta e quindi non distribuita.
Con riferimento a un anno si ha:
[14.7']

essendo la sommatoria estesa al numero totale di interruzioni di un anno. La :r, Ei rapportata alla potenza media Pm consumata annualmente dalla utenza di cui si vuole valutare la interruzione del servizio, fornisce il tempo di interruzione equivalente annuo
[14.8]

355
Come valori di prima approssimazione per utenti alimentati in AT, T pu essere stimato pari a circa 30 minuti per anno;
per utenti alimentati in MT, T' == 300 minuti per anno;
per utenti in bt T' == 600 minuti per anno.
I! costo unitario Co che compare nella relazione [14.7J dipende dalla natura del carico
interrotto e deve essere valutato volta per volta.
Ai fini della valutazione economica delle interruzioni risulta evidente che a pari tempo di
interruzione risultano pi onerose quelle che si presentano con una frequenza pi elevata.
Bisogna tenere conto infatti che per molte utilizzazioni dell'energia elettrica per ogni
mancanza di alimentazione alla durata propria della interruzione si deve sommare un tempo pi o meno lungo per la ripresa del servizio.
14.5 Struttura delle reti dei sistemi elettrici di potenza
La struttura delle reti di trasporto e trasmissione in generale di tipo magliato. Ai fini
della protezione dei singoli rami delle reti si supporr quindi che la potenza possa affluire
da ambedue i nodi di estremit.
Per quanto riguarda i sistemi di distribuzione a MT e bt vedi il VoI. III al Cap. IV.
14.6

Caratteri dei sistemi di protezione dalle correnti di esercizio anormali delle reti di
trasporto e trasmissione

Gli obiettivi fondamentali di un sistema di protezione contro correnti anormali nelle


reti ad AT e AAT sono:
a) individuare e isolare le condizioni di guasto al pi presto possibile in ogni punto
del sistema;
b) compiere queste operazioni riducendo al minimo la parte non alimentata;
c) ripristinare quando possibile (guasti autoestinguentisi, transitori e semipermanenti) il servizio in tempi molto brevi;
d) discriminare in modo univoco le condizioni normali da quelle anormali in modo
da evitare interventi intempestivi;
e) essere molto affidabile in modo da garantire nel tempo la continuit del comportamento previsto.
Tali obiettivi vengono conseguiti quando le protezioni hanno i seguenti caratteri:
selettivit (soddisfa le condizioni a) e b));
sensibilit (soddisfa la condizione d));
rapidit (soddisfa la condizione a));
sicurezza (soddisfa la condizione e)).
I rel che sono di corredo agli interruttori e ne rendono automatico il funzionamento
costituiscono la parte logica decisionale del sistema di protezione che deve possedere i requisiti sopra citati. Per garantire il ripristino del servizio (soddisfare la condizione cl l'interruttore oltre ad essere munito dei rel sensibili alle correnti anormali dovr avere anche un
dispositivo di chiusura costituito da:
- un elemento di temporizzazione di solito a due gradini, rapido (0,3 sec.) e lento (2-20 sec.);

356
-- un elemento di comando automatico di richiusura di tipo monofase o trzfase.

Gli automatismi utilizzati per la protezione dei sistemi in AT e AAT hanno subito una
continua evoluzione.
In quel che segue si daranno quindi solo alcune indicazioni sulle filosofie di protezione adottate in questi ultimi anni senza passare alla descrizione dei rel utilizzati, sottolineando per che le tecnologie dello stato solido sono oggi largamente preferite (vedi anche il
Cap. III del VoI. I - Parte ID.
14.7

Protezione a confronto di direzione e di fase con filo pilota

Si confrontano i sensi di circolazione delle correnti o le loro fasi alle due estremit del
tronco da proteggere, tenendo presente che le correnti sono equiverse e praticamente in fase
solo in condizione di funzionamento normale e per guasti esterni al tronco stesso (fig. 14.5.).
Il sistema di protezione a confronto di direzione cos costituito:
a) da un dispositivo di messa in marcia costituito da un rel sensibile a uno qualun-

que dei fenomeni che accompagnano l'apparizione di un corto-circuito (rel di max corrente, min. tensione, a impedenza). Tale scelta dipende dal rapporto minima corrente di corto-circuito/massima corrente di esercizio. Se tale rapporto
IO

'"
> 1 si useranno rel di max corrente altrimenti a impedenza;
h
b) da un rel direzionale che
d il consenso di apertura;
c) da un rel di blocco che
+
impedisce 1'apertura quando la corrente fluisce in senso contrario a
Fig. 14.5 - Schema di protezione a confronto di direzione
con filo pilota. a = rel max corrente; b = rel direzionale;
quello desiderato.
c = rel di blocco; E = bobina di apertura.
Perch tale sistema funzioni
selettivamente necessario un collegamento con filo pilota o con onde convogliate fra i due dispositivi installati alle estremit
del tronco.
Per le protezioni a confronto di fase vengono confrontate, sempre con un collegamento via radio, due correnti monofasi opportune alle due estremit. Tali sistemi di protezione
sono stati oggi superati da quello a distanza, che nelle pi moderne realizzazioni di tipo
digitale.
fA
fA
A
B
----~~--~--------------~---{-~----

~_i'HRDJ-

14.8

Protezioni a distanza

La protezione a distanza caratterizzata dall' avere un tempo di intervento dipendente


dalla distanza del guasto.
Tale sistema nella versione di tipo elettromeccanica costituito:

357
a) da un dispositivo di messa in marcia costituito da un rel sensibile a uno qualun-

que dei fenomeni che accompagnano 1'apparizione di un corto-circuito (massima


corrente - minima tensione - impedenza). Tale scelta dipende dal rapporto minima corrente di corto-circuito/massima corrente di esercizio. Se tale rapporto >
1 si useranno rel di max corrente altrimenti a impedenza;
b) da un rel di misura della distanza, del tipo a impedenza o reattanza. Il primo
sensibile anche alla resistenza di guasto, il secondo no, per pi complicato (quest'ultimo impiegato solo per protezioni contro guasti monofasi a terra);
c) da un elemento direzionale di consenso;
d) da un dispositivo che regola il tempo di intervento. Questo di solito viene regolato a gradini (fig. 14.6). Un primo con il minimo di tempo di scatto (tI) che copre
tutto il tronco da proteggere, un secondo con tempo t 2 > tI che copre il tronco
successivo, talvolta un terzo con un tempo t 3 > t 2
Evidentemente di questi dispositivi ne viene installato uno ad ogni estremit del tront

l'

--;---+--

Fig. 14.6 - Tipo di regolazione dei tempi di intervento per protezioni a distanza.

co da proteggere con tempi di intervento fra di loro crescenti, uno da sinistra verso destra,
1'altro in senso opposto.
Per ovviare all' errore di misura di distanza si ricorre talvolta all'uso di interruttori a
richiusura automatica.
Nella protezione a distanza digitale, i valori delle tensioni e correnti esistenti ai secondari dei TA e TV di misura installati nei nodi che delimitano il tratto di linea da proteggere,
sono inviati a un convertitore analogico-digitale e successivamente elaborati a mezzo di un
microprocessore. La distanza del punto in cui si verificato il guasto, valutata a mezzo un
algoritmo memorizzato nel dispositivo, viene confrontata con quella del tronco di linea da
proteggere e dei successivi in modo da poter stabilire, in accordo con la filosofia gi illustrata, i tempi ottimali d'intervento della protezione. opportuno notare che con un modesto incremento di costo possibile una archiviazione delle condizioni di guasto e quindi

358
l'analisi a posteriori delle condizioni di esercizio della linea cos protetta.
I vantaggi di tali ultimi dispositivi sono riassumibili nei seguenti:
trattamento pi semplice dei procedimenti che sono necessari per realizzare funzioni di
protezione complesse con possibilit di ottenere tempi d'intervento pi piccoli;
facilitata memorizzazione degli eventi;
possibilit di autocontrollo ben superiori a quelle degli equipaggiamenti analogici;
possibilit di variare la filosofia di protezione modificando solo la logica del dispositivo.
Gli svantaggi sono da addebitare fondamentalmente alle possibili influenze elettromagnetiche che i sistemi circostanti possono esercitare sui dispositivi.

14.9 Provvedimenti di protezione contro le sovratensioni


I provvedimenti di protezione contro le sovratensioni si possono sostanzialmente inquadrare in due grandi categorie:
-

provvedimenti di carattere preventivo;


provvedimenti di carattere repressivo.

Alla prima categoria appartengono tutti gli accorgimenti che sono atti a ridurre l'entit
delle sovratensioni che sollecitano le parti di impianto.
Alla seconda invece quelli che permettono di convogliare a terra sovratensioni eccedenti dati livelli di isolamento.
Ambedue questi provvedimenti vanno visti nell' ambito pi generale del coordinamento
dell'isolamento delle diverse parti dell'impianto.
Di seguito si esamineranno in dettaglio questi elementi.

14.9.1
14.9.1.1

Provvedimenti di carattere preventivo


Funi di guardia

Le funi di guardia tesate superiormente ai conduttori, nonostante l'onere economico


che comportano, sono vantaggiosamente impiegate nelle linee ad A.T.
Tali funi, disposte secondo i criteri che si illustreranno in seguito, esercitano una efficace azione schermante sui conduttori, sottraendoli all'influenza delle nubi cariche di elettricit. La presenza della fune di guardia, che essendo connessa a terra francamente ha il
potenziale di questa, determina infatti una deformazione del campo elettrostatico, che preesisteva alla sua installazione creando una zona (sufficientemente estesa) a potenziale molto
piccolo rispetto a terra (fig. 14.7).
Perch la fune di guardia eserciti efficacemente tale azione protettiva sembra opportuno che l'angolo fra la verticale passante per la stessa e la retta che la congiunge con il conduttore pi esterno non superi i 25 .;. 30.
In tal modo pu essere posizionata la fune di guardia (vedi 21.9.1). Nel caso di pali a
Y o di portali, le funi di guardia divengono due e vengono posizionate con criteri analoghi.
Nel caso di fulminazione diretta della testa di un sostegno, avente resistenza di terra R,
le impedenze dei due tronchi di fune di guardia che si trovano in parallelo a R riducono la

359

ig
Zg

Fig. 14.7 - Campo di protezione di una fune di guardia.

<}--

)...

--t>

(z~g

Fig. 14.8 - Fulminazione sulla testa di un traliccio


munito di fune di guardia

sovratensione sulla testa del sostegno, che dal valore calcolato in precedenza (vedi 10.8)
e

= Ri f
[14.9]

passa al valore

1
e'=---1
1

lf

R + Zg /2

[14.9']

dove con Zg si indicata la impedenza d'onda della fune (fig. 14.8). Per campate sufficientemente lunghe si pu non tener conto delle riflessioni nei sostegni contigui.
Se le funi di guardia sono due bisogna tener conto della mutua influenza che viene a
stabilirsi fra le stesse quando sono percorse da correnti.
Si pu scrivere che, essendo Zm la mutua impedenza fra le due funi, l'onda di tensione
V g che si propaga su ogni conduttore vale:

ig Z + ig Zm = v = i (_Z-,,-g_+_Z=m)
2

[14.10]

Pertanto l'impedenza d'onda del complesso delle due funi si riduce e presenta notevole influenza su e' se R non piccola.
Dette correnti ig che si propagano sulle funi di guarduia presentano altres sensibili accoppiamenti di natura elettromagnetica con i conduttori di linea. li rapporto fra l'impedenza
mutua Zmg e quella della fune di guardia, Zm/Zg, prende il nome di fattore di accoppiamento.
Tali correnti inducono sui conduttori onde di tensione aventi la stessa polarit di e' e
valore:

360
[14.11]
Su ogni catena di isolatori viene pertanto a insistere una tensione

ei = e'+J2 E - eg = (1-

~mg J 1 1 2
g

-+R Zg

if +

12E

[14.12]

Per fulminazioni della fune di guardia non si presentano di norma sovratensioni superiori a quelle della [14.12]. La tenuta pu essere garantita anche nei confronti delle pi elevate correnti di fulmine quando la minima distanza, nelle peggiori condizioni, fra fune di
guardia e conduttori di fase sia di 10-13 m per campate rispettivamente di 300-400 m.
14.9.1.2

Messa a terra del neutro

La posizione del neutro di un sistema elettrico rispetto alla terra ha una notevole
influenza sulla entit delle sovratensioni di origine interna che in esso possono nascere.
Si pu fare la seguente distinzione:
a) se i centri stella delle macchine della rete (trasformatori e generatori) sono tutti o in
parte connessi con collegamenti a bassa impedenza a dispersori di terra aventi resistenza modesta, il neutro della rete si dir connesso direttamente a terra;
b) se questi collegamenti diretti mancano e la connessione elettrica a terra avviene
tramite le capacit trasversali degli elementi del sistema (fondamentalmente quelle delle linee e di cavi) e le impedenze dei TV connessi fra le fasi e la terra si dir
che il neutro della rete isolato da terra;
c) se il collegamento a terra di tutti o parte i centri stella delle macchine avviene tramite una impedenza (in genere una resistenza o una reattanza) il sistema si trova
in una condizione intermedia fra le precedenti e si dir che la rete ha il neutro
connesso a terra tramite una resistenza, una reattanza, ecc.
In altra sede si definito coefficiente di messa a terra K il rapporto fra la tensione verso
terra che assume una delle fasi sane in un dato punto dell'impianto, in conseguenza di un
corto-circuito unipolare a terra netto, e il massimo valore che pu assumere la tensione concatenata d'esercizio nello stesso punto. Il valore massimo di K, K" vale (,~)
K = max (Vb' VJ
x

-J3E

[14.13]

Sulla base delle relazioni trovate nel Cap. VIII, con i soliti simboli si ottiene

(*) Nell'ipotesi di guasto a terra nella fase a.

[14.14]

361

~!

____ L
1

--

~-_.-

--

os

--------~_~2----~0~-------------1:
1

- - - - 1 - - - _,
1
I

Fig. 14.9 Andamento del coefficiente di messa a ter


ra K in funzione del rapporto X/Xd

K dipende fondamentalmente dal rapporto ZjZd. In via approssimata, nell'ipotesi


che Zi = Zd =Xd , Ro = Ri = e che, come
gi ammesso, l'impedenza di guasto
uguale a zero, K, in funzione del parametro XjX d varia come in fig. 14.9.
Per il caso teorico di connessione a
terra che dia Xo = 0, K = 0,5, e cio entrambi i conduttori presentano rispetto a
terra una tensione uguale a met della tensione concatenata, in accordo con la considerazione che la rete da trifase si tra-

sformata in bifase.
Nella realt per neutro a terra K assume valori leggermente superiori a 0,5 essendo Xj
Xd compreso fra 1 e 3.
Non facendo le ipotesi semplificative ammesse, si ha che per (XjXd ) S; 3 e (RjR d ) S; 1
K S; 0,8.
In queste condizioni si dice che il neutro efficacemente a terra. Infatti, secondo una
definizione adottata internazionalmente, tale situazione si manifesta quando la tensione verso terra delle fasi sane durante un guasto monofase a terra non supera, escluso il periodo
transitorio, 1'80% della tensione concatenata di esercizio.
Per variare tale valore K in una stazione basta variare il numero dei trasformatori messi a terra. Nelle reti ad A.T di solito K assume valori compresi fra 0,6 e 0,75.
Se la rete funziona con il neutro isolato, Xo tende a valori molto grandi e K ~ 1, quindi
le tensioni delle fasi sane tendono alla tensione concatenata (vedi Cap. VIII, fig. 8.8a,b).
Sempre sulla base delle relazioni sviluppate nel capitolo che tratta i corto-circuiti non
simmetrici si pu determinare il rapporto fra la tensione orno polare che presentano i neutri
di eventuali avvolgimenti non connessi a terra ma collegati al punto in cui avviene il guasto,
e la tensione nominale.
La tensione omopolare richiesta coincide con quella che esiste ai capi del bipalo omopolare; infatti i componenti diretti e inversi della corrente (essendo simmetrici) non possono alterare la tensione del centro stella dell'avvolgimento in esame che si suppone simmetrico,

)1

----r-

0.

--------

I
I
.- 2

-------2~------~---------------~

I
I

Fig. 14.10 - Andamento della tensione omopolare in


funzione di X/X".

Fig. 14.11 - Andamento del rapporto i"m fra la coro


rente di corto-circuito monofase e quella trifase al
variare del rapporto X/Xd'

362
mentre essendo questo isolato da terra non possono scorrervi componenti omopolari.
EsprimendQ tale rapporto sempre in funzione di XjXd si ottiene il grafico di fig. 14.10
dal quale si vede come per Xo > O, cio per rete con neutro a terra, la eo si mantiene sempre
inferiore a 1.
Conviene prendere in esame (fig. 14.11) infine come varri il rapporto fra la corrente di c.c.
monofase e quella trifase a terra con XjX d Ci in quanto la gran parte dei guasti sulle reti
sono unipolari ed quindi utile sapere come, in dipendenza dello stato del neutro, tali correnti si modifichino. Si noti come per XjXd < O t'm tende ad assumere valori molto grandi.
Dall'esame dei grafici delle figg. 14.9-10-11 e dai dati sperimentali fino ad oggi acquisiti si possono trarre le seguenti conclusioni.
Nei sistemi con neutro a terra le sovratensioni a frequenza industriale e in generale di
origine interna possono essere agevolmente contenute entro valori 2,5-3 l'ampiezza della tensione stellata nominale dell'impianto mentre nelle reti con neutro isolato, a causa fondamentalmente del fenomeno degli archi intermittenti a terra (fenomeno che non si presenta
quando il neutro connesso a terra), si possono avere sovratensioni anche supe~iori a 6 p.u.
tra fase e terra nelle fasi sane.
Dal punto di vista del dimensionamento dell'isolamento e della scelta delle caratteristiche dei dispositivi di protezione i neutri andrebbero quindi connessi efficacemente a terra.
Quali conseguenze comporta questo prowedimento?
Prescindendo dalle reti di b.t. che funzionano con neutro messo a terra prevalentemente
per ragioni di sicurezza ma anche di funzionamento (vedi VoI. III, 8.8), si ha che le reti di
M.T. (lO -:- 20 kV) e quelle di AT. (130-220-380 KV) si comportano in modo sostanzialmente diverso in dipendenza del diverso valore che presenta la reattanza omopolare nei due
casi, quando si opera con neutro isolato.
In questa circostanza la X o dipende: nelle reti di MT, che hanno estensione in genere
limitata, solo dalle capacit trasversali che danno luogo a valori di Xo negativi molto grandi
rispetto a Xd ; nelle reti ad AT. molto estese, le reattanze capacitive trasversali divengono
confrontabili con quelle induttive longitudinali.
In corrispondenza a ci, mentre nelle reti di M.T. a neutro isolato le correnti per guasto uni polare a terra sono comprese tra qualche A, per reti di modesta estensione, fino a
poche centinaia di A per reti molto estese; in reti di AT. (generalmente molto estese) per
guasto unipolare a terra, sempre nell'ipotesi di neutro isolato, possono verificarsi fenomeni
di risonanza [(XjXd ) = - 2 nei grafici esaminati] con elevatissime correnti di guasto e sovratensioni alla frequenza di rete fra fasi e terra.
'
da osservare che al crescere delle correnti di guasto a terra:
nascono interferenze nei circuiti di tele comunicazione paralleli alla linea affetta da guasto unipolare a terra;
diviene pi complesso il dimensionamento degli impianti di terra;
si hanno sforzi elettrodinamici, sovrariscaldamenti, cadute di tensione che per potrebbero risultare inammissibili;
peggiora la stabilit della trasmissione.

Per le reti ad A. T si optato per la messa a terra franca del neutro in quanto i loro problemi di isolamento hanno carattere prevalente; per la loro importanza sono corredate da
sistemi di protezione molto rapidi e selettivi e da impianti di terra efficaci e d'altra parte,

363
anche per neutro isolato, hanno correnti di guasto unipolare a terra molto elevate
Per le reti di M.T. i problemi di isolamento sono meno importanti rispetto a quelli che
comportano le correnti di guasto. Queste, per neutro a terra franco, in dipendenza del fatto
che i sistemi di protezione e gli impianti di terra sono in generale qui meno efficaci che in
A.T., possono comportare notevoli disturbi ai sistemi di tele comunicazione e') e pericoli per
l'uomo.
D'altra parte per neutro isolato tali correnti di guasto sono piccole, se non si autoestinguono possono permanere a lungo in quanto non facilmente rilevabili e possono dar luogo
a sovratensioni molto pericolose per archi intermittenti a terra.
In Italia, in dipendenza delle strutture di reti esistenti, la M.T. funziona prevalentemente
a neutro isolato. Sono per in sperimentazione altre soluzioni per migliorare la continuit
del servizio del sistema. Si procede secondo due direttive:
l Si tende a migliorare la sensibilit e selettivit dei sistemi di protezione in M.T. eserciti
a neutro isolato.
2 Si adottato per alcune linee la messa a terra del neutro a mezzo di resistenza o a mezzo
di bobina di Petersen.
Nel primo caso, che pu aversi quando il neutro del trasformatore sul lato M.T. sia
accessibile (cosa che avviene di norma), si adottano per la messa a terra resistenze (in olio)
di centinaia di Ohm per limitare la corrente di guasto a terra fra valori non troppo piccoli
(in modo da potere adoperare sistemi di protezione semplici e sicuri) e non troppo grandi
(per evitare disturbi alle telecomunicazioni) e nel contempo contenere in valori ammissibili
le sovratensioni conseguenti a tali guasti.
Evidentemente l'adozione di resistenze di messa a terra trasforma ogni guasto
.----------------3
transitorio in un corto circuito (cosa che
~-+-----r----2
non
avviene per i guasti transitori autoeI
stinguentesi
per le reti a neutro isolato) e
=~=~
pertanto in questo caso debbono adottarsi
I
degli interruttori a richiusura rapida trifase
.q
~---~--~~--~-------1
(dopo 3/10 di s.) seguita da una eventuale
zt
richiusura lenta (dopo 15 s.) per eliminare
i guasti transitori e semipermanenti.
Jr-------------~2
Quando invece si adotta la bobina risonante di Petersen si inserisce fra il neutro e la terra una reattanza (in olio) capace di far circolare nel punto in cui si ha un
guasto a terra una corrente induttiva h teoricamente uguale a quella le che per effetto delle capacit della rete si avrebbe in
quel punto se il neutro fosse isolato.
Infatti supposto di trascurare, come
Fig. 14.12 - Comportamento della bobina risonante di
lecito le reattanze induttive e le resistenze
Petersen per guasto monofase a terra.

:ti;

(',) Le reti di M.T. sono molto estese e qundi facile che si trovino prossime a sistemi di telecomunicazione
che vengono disturbati elettromagneticamente dal componente omopolare della corrente di guasto.

364
di fase rispetto alle reattanze capacitive, la corrente di guasto per il caso in esame (vedi fig.
14.12) uguale alla somma delle correnti di capacit 12 e 13 dei conduttori non affetti da
guasto.
Tali correnti, ovviamente in quadra tura in anticipo rispetto alle tensioni concatenate
applicate alle capacit, El - E2 e El - E3 danno luogo a una corrente risultante in quadratura in anticipo rispetto alla tensione di fase El' avente modulo pari a le = fj (5El CO Cl
se C2 = C3 = C.
D'altra parte la tensione El fa circolare in coL una corrente pari a E/coL. Se si sceglie L
in modo tale che h = lo si ottiene
L=_l_

3 co 2 C

[14.15J

che esprime una condizione di risonanza fra L e C (il fattore 3 deriva dal fatto che il componente omopolare della corrente di guasto, che l'unico che interessa la bobina L, in essa
transita tre volte).
I.:effetto di compensazione della bobina risonante di Petersen non mai completo perch la corrente di guasto non perfettamente capacitiva in quanto ha sempre una componente attiva. Tuttavia anche con un disaccordo del 15-20% il funzionamento sempre regolare.
I vantaggi di una tale installazione possono cos riassumersi:
possibilit di mantenere l'esercizio di una linea anche con una fase a terra perch circola nel terreno solo la componente attiva della corrente di guasto;
possibilit di rendere transitori la maggior parte dei guasti uni polari a terra con autoestinzione dell' arco;
migliore coordinamento dell'isolamento che in una rete con neutro isolato.
Quando l'arco non si auto estingue pu diventare per complessa la individuazione del
tronco guasto e la sua selettiva eliminazione a causa del piccolo valore delle correnti.
Inoltre si deve notare che al variare delle configurazioni della rete bisogna variare L;
ci pu essere fatto a mezzo di prese da azionare a vuoto o a mezzo di un nucleo di ferro
tuffante che ne regoli automaticamente il valore.
Tali accorgimenti per non sembra abbiano dato risultati molto soddisfacenti e questo
uno dei limiti all'impiego di tali dispositivi, che fra l'altro possono dar luogo a fenomeni
di risdnanza non desiderati.
14.9.1.3

Altri provvedimenti preventivi

Si possono considerare come provvedimenti preventivi altres tutti quelli che comportano la riduzione delle sovratensioni di origine interna.
In particolare per quanto riguarda le sovratensioni di chiusura e richiusura sono efficaci in tal senso le resistenze utilizzate negli interruttori e la sincronizzazione delle operazioni di chiusura. Altres per ridurre gli effetti delle fulminazioni debbono essere opportunamente studiate e progettate le reti di terra dei sostegni.
Un ulteriore provvedimento di carattere preventivo che migliora la continuit del servizio l'installazione, nelle reti aeree di M.T. a neutro isolato, dell' interruttore shunt, costi-

365

tuito da tre interruttori uni polari installati tra le fasi e la terra in corrispondenza delle sbarre delle stazioni AT/MT.
Questo dispositivo, in occasione di un guasto monofase a terra, provvede a mettere
transitoriamente a terra la fase guasta. La rilevazione del guasto affidata a rel direzionali
di terra (varmetrici); la selezione della fase guasta a tre rel di massima tensione.
Se il guasto di tipo transitorio ed determinato da un arco, si hanno ottime probabilit che esso si estingua.
L'interruttore shunt in questa circostanza sostituisce vantaggiosamente l'apertura-richiusura rapida degli interruttori di protezione senza dar luogo ad una avvertibile perturbazione per l'utente, in quanto la messa a terra di una fase (nei sistemi a MT a neutro isolato)
non deforma il triangolo delle tensioni concatenate che alimentano i trasformatori MT!bt.
14.10

Dispositivi di protezione contro le sovratensioni

Un' efficace protezione dalle sovratensioni a fronte ripido (sovratensioni per fulminazione e anche di manovra nei limiti in cui queste possono essere assimilate a fenomeni impulsivi) pu essere ottenuta a mezzo di opportuni dispositivi che, connessi fra ciascun conduttore di fase e la terra, consentono, una volta che si superi una certa tensione di adescamento, di scaricare a terra, direttamente o tramite una idonea resistenza, la sovratensione
riducendo la sollecitazione che quest'ultima esercitava sul conduttore e sulle apparecchiature circostanti.
Questa azione pu pensarsi analoga a quella degli sfioratori idraulici su onde di piena
in un canale.
Si possono distinguere due tipi di apparecchiature che presentano strutture e caratteristiche funzionali completamente diverse:
- gli spinterometri;
- gli scaricatori.
Per la descrizione di tali apparecchiature vedi VoI. I, Parte II, Cap. VI.
14.11

Distanza limite di protezione di uno scaricatore

li livello di protezione assicurato da uno scaricatore locale. Qui si vuole vedere


fino a che parte circostante allo scaricatore si estenda tale livello di protezione.
Si esaminino in proposito due casi tipici (fig. 14.13a,b) per i quali si supponga che il
A

b)

a)

Fig. 14.13 - Schema per la determinazione della distanza di protezione


proteggere.

di uno scaricatore da un oggetto da

366

Fig. 14.14 - Forma d'onda di una


sovratensione.

carico B costituisca, fino a che non si superi la sua tensione VT di tenuta a impulso, un circuito aperto nei riguardi delle sovratensioni a impulso che si propagano
sulla linea. La forma d'onda della sovratensione che investe la linea sia quella di fig. 14.14 con fronte d'onda
lineare di pendenza 11 = [kV/JlS] avente una durata non
inferiore ai fenomeni di propagazione che qui si esaminano.
Si prenda come iniziale l'istante in cui l'onda si presenta al primo nodo del sistem~essendo T il tempo
necessario a percorrere il tratto AB (BA) di lunghezza .

10 Caso (Ad es. scaricatore posto all'ingresso di una stazione)


Punto A: La tensione varia con legge:
Va = 11 t
per t < 2 T
Va = 11 t + 11 (t - 2n
per t > 2T
(il 2 termine dovuto alla riflessione in B).

[ 14.16]

Punto B: La tensione varia con legge:

VB = 211 (t -

[ 14.17]

Se in un istante che si indica con t x la tensione al nodo A raggiunge la tensione d'innesco a impulso dello scaricatore Vi, cosa che pu verificarsi per t x inferiore o superiore a 2T,
si ha:
per t x < 2T
per

tx

[ 14.18]

> 2T

L'effetto della presenza dello scaricatore che interviene all'istante t x si risente nel nodo

B solo a partire dall'istante t x + T; prima di tale istante la tensione in B continua a crescere.


Un istante prima che si risenta in B l'effetto della presenza dello scaricatore, la tensione in B ha raggiunto il valore
[ 14.19]
Tale valore rappresenta la massima sollecitazione cui sottoposta l'apparecchiatura in

B e deve essere inferiore o al limite uguale alla tensione di tenuta della stessa

v,.

Si ha quindi:

211 t x

::;;

Vt

[ 14.20]

Confrontando le [14.18] con la [14.20] si ottiene


Vt~2Vi

Vt

V, + 2nT

per t x < 2T
nf'r

t x > 2T

[ 14.21]

367
La presenza di un tratto di linea di lunghezza determina quindi un ritardo dell'effetto di depressione che lo scaricatore esercita sul nodo B, con la conseguenza che la tensione
in questo punto cresce oltre il valore V;.
Il tratto deve allora essere di lunghezza tale da non portare la tensione massima in B
al di sopra di V, prima che intervenga lo scaricatore.
Se tale che il doppio del tempo che necessario a percorrerla superiore al tempo
necessario per l'innesco dello scaricatore (2T > txl, la protezione dell'apparecchiatura in B
assicurata solo se la tensione di tenuta ad impulso almeno uguale al doppio della tensione d'innesco.
Se ci non avviene allora bisogna accorciare la lunghezza . Tenendo conto della seconda delle [14.21], che ora valida, si ricava

T<V,-Vi
- 21']

e poich

vT

in cui v la velocit di propagazione, che per le linee aeree si pu porre circa uguale a 300
m/lLs, si ha:
* <

~ (V

- 21']

- V ) = 150 (V - V )
I
1']
I
I

[ 14.22]

viene definita distanza limite di protezione dello scaricatore.

r Caso (Ad es. scaricatore posto subito a valle di un carico che si comporta come
un circuito aperto).
Punto A: La tensione varia con legge;
[ 14.23]
Punto B: La tensione varia con legge:

VB =

1']t

VB =

1']t

per

+ 1']

(t -

2n

< 2T

per t> 2T

[ 14.24]

Indicando ancora con t x l'istante in cui si innesca lo scaricatore deve essere:


[ 14.25]
Analogamente a quanto visto prima, l'effetto di depressione si risente nel nodo B dopo
un tempo pari a t x + T in cui la tensione in B raggiunge, quando si ha riflessione in A, un
valore che deve essere minore della tensione di tenuta ad impulso dell' elemento. Si ha

VBx = 1'] (t x + n + 1'] (Ix - n ::; V,

[ 14.26]

Confrontando la [14.25] con la [14.26] si ottiene


V, ~

V; + 21']T

che identica a quella trovata precedentemente.


Si ha dunque anche in questo caso la [14.22]

[ 14.27]

368

."'=~(V
2T1

Ad es. ponendo T1

= 200 kV/lls;

Vt

-V.)= 150 (V -V.)


l
T1
t
l

= 125

kVe

Vi

= 80

kV

),/' = 150 (125 - 80) == 34 m

200

Il tempo necessario a percorrere tale distanza largamente inferiore alla durata del fronte d' onda t'~.

14.12

Criteri di utilizzazione degli scaricatori e spinterometri

Come si nota dall'espressione [14.22J il campo di protezione di uno scaricatore piuttosto limitato nello spazio. In conseguenza di ci gli scaricatori devono essere montati il pi
vicino possibile alle apparecchiature da proteggere (ordine di grandezza 10-50 m). In vicinanza di trasformatori di regolazione o di bobine di reattanza di valore rilevante occorre
predisporre scaricatori a monte e a valle di essi perch in detti punti il campo di protezione
degli scaricatori viene interrotto per effetto delle riflessioni. Negli altri casi lo scaricatore va
installato immediatamente prima del trasformatore.
Bisogna pure installare scaricatori nei punti di arrivo delle linee aeree e sulle sbarre
delle stazioni.
Gli spinterometri vengono normalmente impiegati per la protezione degli isolatori e
talvolta per la protezione di linee aeree. Pi in particolare:
- nel campo delle alte e altissime tensioni vengono normalmente impiegati scaricatori
a resistenza non lineare, preferibilmente a ossido di zinco (ZnO), per proteggere gli impianti
dalle sovratensioni atmosferiche e possibilmente dalle sovratensioni di manovra. Particolare attenzione deve aversi nella scelta della tensione nominale degli stessi per evitare, nei limiti del possibile, interventi intempestivi e nel contempo essere sicuri del loro disinnesco al
cessare della sovratensione.
Il livello di protezione assicurato da uno scaricatore rappresentato dal pi alto valore di tensione V che si presenta ai capi dello stesso, al suo intervento. Tale valore coincide
con la tensione restante Vr o con quella di adescamento Va, a secondo quale delle due pi
elevata (vedi VoI. I, Parte II, Cap. IV).
Tale livello di protezione Vp per ragioni costruttive proporzionale alla tensione di
disinnesco Vd
[ 14.28J
dove h nel campo della A.T. vale intorno a 2,5.
La tensione Vd rappresenta il valore efficace della massima tensione di esercizio di fase
per la quale lo scaricatore riesce a disinnescarsi interrompendo la corrente susseguente a
quella di scarica i,.
Per la scelta di uno scaricatore bisogna praticamente fare riferimento a questo valore
di tensione Vd; infatti perch lo scaricatore possa in ogni caso disinnescarsi (in caso contra-

369

do potrebbe scoppiare o danneggiarsi) occorre che la massima sovratensione temporanea,


che pu presentarsi nel punto in cui si installer lo scaricatore, sia inferiore a detto Vd
[ 14.29]

Per i sistemi ad A.T. e A.A.T. gli spinterometri sono impiegati in genere solo per proteggere le catene di isolatori delle linee aeree e gli isolatori passanti delle apparecchiature,
negli altri casi si adoperano sempre gli scaricatori.
Nel campo delle medie tensioni stato recentemente sperimentato un dispositivo di
protezione costituito dall'accoppiamento in serie di uno scaricatore a ZnO con uno spinterometro a corna (dispositivo ICS, vedi VoI. III, Cap. IV).
Dopo l'innesco l'ICS si comporta come uno scaricatore evitando la nascita delle onde
tronche che derivano dal funzionamento del solo spinterometro e determinando una pi
sicura interruzione della corrente susseguente a 50 Hz. Inoltre esso in grado di sostenere
la tensione di servizio anche quando una causa accidentale (volatili, neve, .. .) corto-circuiti
le corna spinterometriche.
Tale dispositivo, di facile installazione, presenta un costo minore di uno scaricatore a
ZnO in quanto non essendo sottoposto costantemente alla tensione di esercizio ha un contenuto di ZnO inferiore a quello di uno scaricatore equivalente.
Gli orientamenti attuali in Italia, in cui si adopera in MT il neutro isolato, sono per la
media tensione:
adozione di spinterometri a corna a bassa taratura nelle aree prossime alle stazioni AT/
MT (5 7 10 km) nelle quali essi presentano condizioni di funzionamento accettabili;
adozione di dispositivi ICS nelle zone al di fuori di quest' area in cui il funzionamento
degli spinterometri diventa critico in dipendenza dei valori che assumono in tali punti
le sovratensioni temporanee.
Per i sistemi di bt si comincia a manifestare l'orientamento di impiegare scaricatori a
ossido di zinco o a gas in nodi utilizzatod importanti che presentino un' elevata probabilit
di sovratensione.

CAPITOLO XV

CONSIDERAZIONI SUL TRASPORTO DELL'ENERGIA ELETTRICA


IN CORRENTE CONTINUA IN A.T.

15.1 Generalit
Il problema della trasmissione di ingenti potenze a grandi distanze, dei collegamenti
sottomarini in cavo e della interconnessione delle reti, ha portato alla realizzazione ed al
progetto di sempre pi importanti impianti in corrente continua in A.T.
Dalla Tab. 15.1 che riporta le caratteristiche principali degli impiant di tale tipo agevole rimarcare come dai 20 MW a 100 kV dell'impianto di Gotland del 1954, si passati in
questi anni con l'interconnessione del Pacifico ai 2900 MW che da Dalles raggiungono Sylmar e Mead a mezzo di due linee aeree lunghe ciascuna oltre 1300 km alla tensione di 400
kVe con la linea a 400 kV che collega Sylmar e Mead, chiudendo un triangolo, a una vera
e propria rete ad altissima tensione in corrente continua.
Il perch del sorgere di quest nuovi impianti pu ravvisarsi nel modo migliore in un
confronto tecnico economico fra le linee di trasmissione ad A.T. a corrente continua ed alternata, che consente d'altra parte di illustrarne i vantaggi e gli inconvenienti. A tal proposito opportuno esaminare preliminarmente gli schemi classici di trasmissione in c.c.
15.2

Schemi di trasmissione

In fig. 15.1 sono mostrati i tre schemi fondamentali di trasmissione adottati nella trasmissione in C.c. ad A.T.. Lo schema unipolare di fig. 15.1a prevede il ritorno della corrente
via terra (comprendendo anche il caso di ritorno via mare), mentre lo schema bipolare di
fig. 15.1b lo prevede a mezzo di conduttore isolato. Con il ritorno in conduttore isolato non
si ha interruzione del servizio quando viene danneggiato l'isolamento verso terra di un punto dell'impianto; di contro l'interruzione del servizio totale a seguito di rottura di uno dei
conduttori, le sovratensioni in caso di guasto possono essere particolarmente elevate e le
tensioni verso terra sono assoggettate a squilibri sulle due polarit e a variazioni incontrollate.
Si hanno quindi notevoli difficolt nei riguardi delle protezioni, un maggior costo
d'impianto rispetto al ritorno via terra (il materiale conduttore doppio e si hanno maggiori
perdite di energia in quanto la resistenza del conduttore isolato maggiore di quella di terra).
Il ritorno via terra permette invece un migliore coordinamento dell'isolamento riducendo il costo impianto. In contrapposto si hanno i seguenti inconvenienti:

V.>

-....J

Caratteristiche principali degli impianti di trasmissione a corrente continua


Impianto

Gotland

Manica

Stalingrado- Konti-skan
Donbass

(Tab. 15.1)

Nuova
Zelanda

SardegnaToscana

Vancouver

Interconnessione
del Pacifico
I

Anno
Potenza MW
Tensione kV
Corrente A
Stazioni
d'estremit
Tensioni
alternate
d'estremit
kV

1954
20
100
200

1961
160
100
800

1962
750
400
940

Stalingrado
Vastervik
Lydd
Visby
Echinghen Donbass

1965
250
250
1000

1965
600
250
1200

1966
200
200
1000

1967-69
312
260
1200

1968
1440
400
1800

1971
1440
400
1800

Goteborg
Aalborg

Benmore
Haywards

Codrongianus

S. Dalmazio

Arnott
Stratford

Dalles
Sylmar

Dalles
Mead

130
30

275
220

220
220

130
150

16
170

220
220

230
230

230
230

230
230

Lunghezza
delle linee
aeree km

475

86

575

290

41

1330

1350

Lunghezza
dei cavi km

96

64

87

42

116

28

1 cavo
(ritorno
via mare)

3 cavi
in parallelo
(ritorno
via mare)

Connessione
dei cavi

1 cavo
2 cavi
(ritorno (1 per polo)
via mare)

2 cavi
2 cavi
(1 per polo) in parallelo
(ritorno
via mare)

373
a) corrosione delle strutture metalliche in vicinanza agli impianti di terra;
b) disturbi alle telecomunicaizoni, per la presenza delle armoniche di corrente;

cl disturbi nelle bussole magnetiche per la navigazione a causa dell' alterazione del
campo magnetico terrestre (ritorno via mare).
Per i gravi inconvenienti cui d luogo il sistema bipolare isolato di fig. 15.1b, esso non
normalmente impiegato Questo anche in considerazione del fatto che gli inconvenienti
relativi al ritorno via terra (mare) possono essere portati a limiti praticamente accettabili.
Infatti la corrosione su strutture metalliche vicine ai dispersori pu essere ridotta opportunamente con una accurata scelta della ubicazione dei dispersori stessi, il disturbo alle telecomunicazioni pu spesso ritenersi trascurabile anche in virt della installazione di filtri livellatori, ed infine opportunamente rimediabile il disturbo alla navigazione.
Lo schema bipolare di fig. 15.1e evita gli inconvenienti tecnici dei due schemi precedenti. Infatti vi la messa a terra nel punto centrale delle stazioni di conversione con i gi
accennati vantaggi, ma il ritorno della corrente effettuato attraverso un conduttore isolato
evitando cos i disturbi del ritorno via terra. Inoltre a seguito della interruzione di una polarit, !'impianto pu continuare a funzionare a potenza ridotta sulla polarit restante utilizzando per il ritorno la via di terra.
Poich non sono per ora accettabili tensioni fra conduttori di linea e
,
terra superiori a 600 kV, ritenendo pari
I
a 150 MW la massima potenza di un
a)
ponte, per un sistema unipolare, la
massima potenza di scambio 600

MW (quattro ponti in serie da 150

MW ciascuno per ogni stazione).


b)
Lo schema bipolare di fig. 15.1e
consente invece di ottenere potenze di

scambio molto pi elevate e precisaI

mente sino a 1200 MW (quattro ponti


in serie fra un conduttore di linea e la
c)
terra cio 8 ponti in serie per ogni stazione).
Da quanto detto risulta che lo
schema di fig. 15.1e il pi conveniente dal punto di vista tecnico, per per
Fig. 15.1- Schemi di trasmissione in corrente continua
potenze relativamente piccole pu risulin A.T.
tare poco conveniente dal punto di vista economico. In tal caso si adotter lo schema di fig. 15.1a che peraltro pu rappresentare la
prima tappa verso la realizzazione di una trasmissione bipolare di potenza doppia.

CV

cp

GJ

15.3

Confronto fra sistemi ad A.r. in corrente continua e corrente alternata

Per procedere ad un confronto tecnico-numerico si consideri un sistema di trasmissione in c.c. bipolare ed un sistema trifase in c.a, che trasmettano la stessa potenza, abbiano le

374
stesse perdite percentuali e conduttori di eguale sezione (fig. 15.2).

Sistema in c.c. bipolare

Sistema in c.a. trifase

Fig. 15.2 - Confronto fra un sistema in corrente alternate trifase e un sistema in corrente continua.

Potenza
3 Ef Il == '\/f3EI
Id Vd
J
c
1
Perdite in linea
3P l R
2P d R
Livello di isolamento
Ji .Ef . Cl
Vi2 . C2
Cl> C2: fattori moltiplicativi che tengono conto delle sovratensioni di origine interna ed atmosferica.
Comparando le perdite si ha:

3I~R = 2I~ R, da cui:

Id == -b/2 Il

Comparando le potenze:

3Ef .11 = Id Vd, da cui:


Assumendo in prima approssimazione

Cl

==

C2,

risulta:

livello di isolamento in c.c.


livello di isolamento in c.a.
Si conclude che la linea in c.c., oltre ad avere due soli conduttori invece di tre con evidente risparmio, a pari potenza trasmessa e perdite pu essere esercita con un livello di isolamento pari all'87% di quello in c.a.
Un altro metodo di confronto consiste nel considerare una linea in c.a. funzionante
con due circuiti trifase in relazione alla possibilit di convertirla in una linea in c.c. con tre
circuiti, ciascuno con due conduttori a Vi2 da terra. In tale caso si ha:
- potenza in c.a. == 2 . 3 . Ef Il;
- potenza in c.c. == 3 . V d h
Procedendo sulla base dello stesso livello di isolamento (posto
corrente (Il == Id) si ha:
potenza in c.c. = 3Vd Id = Ji == 141
potenza in c.a. 6 Ef Ii
'
perdite % in c.c.
perdite % in c.a.

Cl

== (2) e della stessa

perdite in c.c. x potenza in c.a. == _1_ == O71


potenza in c.c. perdite in c.a. Ji
'

375
Si conclude che la potenza trasmessa in c.c. pu essere incrementata del 41 % con una
riduzione delle perdite percentuali in linea del 29%.
Procedendo invece sulla base della stessa percentuale di perdite in linea e uguale livello d'isolamento risulta
perdite in c.c.
potenza in C.c.
da cui:
si ha:

I; R = 6 nR

perdite in c.a.

potenza in c.a.

6 Ef

~-----=

Il

3 Vd Id

Id = J2I i
potenza in c.c.
potenza in c.a.

= 3 Vd Id = 2
6 E f Ii

La potenza in c.c. pu essere cos incrementata del 100% con le stesse perdite percentuali.
da precisare infine che, per comodit di confronto, si supposto cos <p = 1 mentre in
realt sempre minore di 1, e ci ad ulteriore svantaggio della c.a. nei paragoni effettuati.
Nei sistemi a corrente alternata la capacit e la lunghezza limite di trasporto e la continuit del servizio sono condizionate dalla stabilit del sistema.
Per le linee a corrente continua non esistono invece problemi di stabilit che ne limitino la lunghezza e la capacit di trasporto. Quest'ultima resta determinata solo dalla massima percentuale di perdite ammessa.
D'altra parte i sistemi in corrente alternata possono diventare competitivi con quelli in
corrente continua se si prendono opportuni provvedimenti atti ad aumentarne i limiti di
stabilit stati ca e dinamica adottando tensioni estremamente elevate (anche superiori a 1
MV) e linee equipaggiate con conduttori multipli (con fasci fino a 8 7 12 conduttori per
fase).
In condizioni di regime permanente nelle trasmissioni in corrente continua mancano
le cadute di tensione reattive in linea e le correnti capacitive trasversali. La regolazione della tensione pi facile e non sono necessarie bobine di reattanza o batterie di condensatori
per compensare in un senso o nell'altro la potenza reattiva della linea. Questo molto importante nel caso dei cavi i quali assorbono in c.a., gi per lunghezze di qualche decina di
chilometri, potenze re attive parecchie volte pi grandi della potenza attiva che essi trasportano (vedi al Cap. II il par. 2.6.1). Una compensazione con bobine di reattanza diviene pertanto antieconomica e da non prendere in considerazione.
Quando la distanza di trasmissione supera i 50 km la potenza attiva trasmissibile con
un cavo in c.a. ad A.T. assai modesta di fronte all'enorme potenza re attiva assorbita. Inoltre, a pari capacit di trasmissione, i costi dei cavi in corrente continua sono minori di quelli in corrente alternata. Fra l'altro la corrente continua per trasporti di energia a mezzo di
cavi sottomarini permette di risparmiare il cavo di ritorno.
Quindi nel caso di trasporti sottomarini di potenza a distanze rilevanti i cavi in corrente
continua rappresentano l'unica soluzione.
un luogo comune che i dielettrici dei cavi si comportino assai meglio in C.c. che non
in c.a., anche in dipendenza del fatto che in c.c. mancano le perdite nel dielettrico.
Questo per vero fino ad un certo punto.

376

Bisogna ricordare infatti che, mentre l'andamento del campo elettrico nel cavo retto
in c.a. dalle costanti dielettriche dello stesso, in c.c. la distribuzione del campo retta dalla
resistivit di isolamento dei materiali del cavo.
Ci porta come conseguenza fondamentale che mentre i gradienti di potenziale, che in
definitiva condizionano la vita di un cavo, variano assai poco in c.a. con la temperatura per
la indipendenza con questa delle costanti dielettriche; in c.c., poich la resistivit di isolamento varia sia con la temperatura che con l'invecchiamento, i gradienti possono subire notevoli variazioni e avere grandi differenze da materiale a materiale a causa delle differenze di resistivit di isolamento nei materiali componenti il cavo.
Un ulteriore grande vantaggio dei trasporti a c.c. che la frequenza della rete generante in c.a. indipendente da quella della rete ricevente in c.a.
Questa particolarit torna utile, non solo ai paesi (ad es. Giappone) in cui si hanno reti
a frequenza diversa da interconnettere, ma anche in molti altri casi.
noto che le interconnessioni delle reti offrono notevoli vantaggi, quali la diminuzione della riserva di potenza, una migliore utilizzazione degli impianti esistenti e un aumento
della sicurezza di alimentazione. Tutto ci particolarmente interessante dal punto di vista
economico.
Ora, in alcuni casi, un accoppiamento in corrente alternata non conviene, per problemi di regolazione dei flussi di potenza, di stabilit e di livelli di corto-circuito troppo elevati
nei punti di interconnessione.
In tutti questi casi la corrente continua offre una valida soluzione.
Secondo le condizioni di rete, l'accoppiamento pu essere ad es. realizzato collegando
fra loro due stazioni principali delle due reti con una linea aerea in c.c. oppure possibile
realizzare un accoppiamento in c.c. in AT di tipo corto, nel quale cio raddrizzato re e invertitore sono posizionati nello stesso punto che viene collegato con l'altra rete con una linea in c.a.
Ad esempio per lo sfruttamento integrale di grandi impianti idroelettrici ad acqua
fluente possono impiegarsi turbine a velocit variabile in modo da dare sempre il massimo di potenza in uscita. Con una connessione in corrente continua questo asincronismo
pu ammettersi.
Inoltre, senza influenzare la frequenza e le fluttuazioni di tensione, da una stessa sorgente possono essere alimentati con due linee a C.c. un sistema con carico fortemente variabile (ad es. stabilimento metallurgico) e uno con l'esigenza di una frequenza costante
(ad es. stabilimento tessile).
Quindi le difficolt di esercizio proprie dei sistemi in parallelo in c.a. dovute a complicati controlli di frequenza, tensione ed energia trasportata vengono eliminate con le connessioni in c.c., in quanto la frequenza e tensione di ciascun sistema ricevitore possono essere controllati indipendentemente dagli altri mentre i carichi possono essere mantenuti ai
desiderati livelli. Con questo frazionamento si riduce la potenza di corto-circuito in quanto
in caso di guasto le linee a C.c. non danno contributo di potenza reattiva allo stesso. Questo
rende, fra l'altro, possibile la connessione di un grande a un piccolo sistema di potenza senza che sia necessario cambiare completamente le apparecchiature di protezione su quest'ultimo.
probabile che in futuro vengano limitate le concessioni per installare nuovi elettrodotti. Ci comporter nuove linee di potenza pi elevata su tracciati gi esistenti, e quindi

377
un aumento della potenza delle linee e dei cavi. La corrente continua offre al riguardo ottime soluzioni in quanto, a pari capacit di trasmissione, sia le linee aeree che in cavo sono
meno ingombranti di quelle in alternata ed quindi possibile procedere ad una sostituzione con linee in c c. di capacit notevolmente pi elevata (fino a tre volte).
importante ricordare anche che i minori ingombri e il minor numero di cavi comportano tempi di riparazione e servit meno onerose.
Risulta utile accennare anche al problema del trasporto sotterraneo di energia nelle zone
metropolitane.
L'espandersi continuo delle aree urbane ha condotto ad un aumento della lunghezza
delle linee sotterranee tale da rendere competitivo e spesso vantaggioso l'uso di cavi in C.c.
Si esaminino ora gli svantaggi per le trasmissioni in C.c. Alcuni di questi sono dovuti
alla modesta esperienza che si possiede in proposito, altri sono invece inerenti al sistema e
possono costituirne una limitazione. Le stazioni sono, come evidente, molto pi complesse e costose delle stazioni in c.a. e presentano perdite di conversione considerevolmente pi
elevate. Come tutti gli impianti complicati l'esercizio pi difficile e pi soggetto a guasti.
Gli invertitori non producono la potenza re attiva necessaria per il loro regolare funzionamento e per la rete alimentata la cui frequenza fissata dai generatori in essa presenti.
Se questi hanno un carico piccolo in confronto a quello proveniente dalla linea di trasmissione in C.c. o addirittura il sistema in c.a. non ha generatori, allora la inversione pu diventare difficile.
Le correnti rettificate non sono assolutamente continue e quelle invertite non sono sinusoidali. Questo comporta difficolt di esercizio fra cui la interferenza con altri circuiti
vicini e quindi la necessit di adottare filtri opportuni per migliorare la situazione.
Ancora non esistono interruttori soddisfacenti per le trasmissioni in c.c. Quindi all'inizio e fine di una linea debbono esserci degli elementi valvolari per l'interruzione e non possono esserci linee derivate.
I sistemi di protezione contro la sovratensione per c.a. non sono adatti per la c.c.
Le misure delle grandezze in C.c. vengono fatte a mezzo di opportuni sistemi a reattanza saturabile pi complessi di quelli in c a.
Il confronto economico fra le trasmissioni in c.a. e quelle in c.c. a parit di potenza
trasmessa, di distanza di trasmissione e di utilizzazione della massima potenza trasmissibile
influenzato dai seguenti fattori.
Il costo di installazione minore per le linee aeree in C.c. mentre sensibilmente maggiore per le stazioni di conversione che non per quelle di trasformazione. A seguito dei progressi conseguiti nel campo del trasporto in c.c. e in c.a. il bilancio economico globale subisce continui ritocchi e la convenienza va esaminata caso per caso.
Restano tuttavia dei casi in cui intervengono altri fattori che rendono giustificata ed
opportuna l'adozione di trasmissioni in corrente continua (trasmissioni in cavo sottomarino
per lunghezze superiori a qualche decina di chilometri; collegamenti fra reti a frequenze
diverse; alimentazioni di industrie per le quali si voglia rendere il carico alimentato non disturbante le condizioni di esercizio delle reti di estremit).
Per completare il quadro delle considerazioni svolte occorre citare le reti a c.c. in AT
multiterminali (MTCC), che fungono da collegamento asincrono tra reti a corrente alternata, owero sono integrate con queste ultime quali vie di trasporto dell' energia elettrica su
lunghe distanze tra i centri di produzione e di utilizzazione.

378

15.4 Stazioni di conversione


La trasmissione di grandi potenze in corrente continua ad A.T. esige che gli elementi di
conversione siano capaci di tollerare forti correnti di conduzione ed elevate tensioni inverse.
Il mutatore a vapore di mercurio stato per molti anni il solo capace ci soddisfare tali
esigenze. Si sono costruiti mutatori a vapore di mercurio fino a 1200 A e tensioni inverse
fino a 150 kV
La fig. 15.3 riproduce lo schema di un mutatore a vapore di mercurio.
Il mutatore a vapore di mercurio, ancora oggi presente in molti impianti stato sostituito, grazie allo sviluppo dell'elettronica di potenza, da complessi serie-parallelo di tiristori (vedi fig. 15.4).
La connessione dei gruppi si esegue in serie sul lato a corrente continua,
in modo da elevare la tensione, ed in
parallelo sul lato a corrente alternata.
Per ottenere tensioni raddrizzate le
pi livellate possibile, i gruppi fra loro
connessi devono essere in numero pari
in modo che i trasformatori, ad esempio
nel caso di due soli gruppi (fig. 15.5),
creino due teme di tensioni secondarie
sfasate di 30 elettrici per cui il funzionamento del complesso equivalente a
quello di un sistema dodecafase. Il numero dei ponti in serie dipende dal tipo
di schema di trasmissione adoperato.
All' arrivo del sistema di trasmissione bisogna convertire la corrente continua in corrente alternata. Questo processo, cui si d il nome di inversione,
viene realizzato pure a mezzo di mutatori a vapori di mercurio o tiristori, inseriti in schemi del tutto analoghi a
quelli della stazione di raddrizzamento.
L'inversione consiste nell'inviare
corrente
dalla linea a corrente continua
hg. 1).5 - ~chema dI un mutatore monoanodlco
100 kV-50A. (A) anodo, (B) griglia, (K) catodo.
in ogni fase del trasformatore di inversione, a turno.
Occorre per imprimere al trasformatore a mezzo dei generatori collegati alla rete ricevente ovvero, in mancanza di questi, a mezzo di adatti sincroni, la frequenza della tensione trifase e la sua forma d'onda.
Opportuni filtri posti in derivazione alla rete ricevente a corrente alternata consentono
di ottenere una buona forma d'onda eliminando le armoniche di ordine superiore che provengono dalla stazione di inversione.

379

Fig. 15.4 - Ponte convertitore trifase totalmente controllato con SCR.

Id

Fig. 15.5 - Ponte convertitore doppio trifase.

15.5 Cenni sulla regolazione e compensazione della potenza reattiva

sempre possibile far fronte alle esigenze di regolazione delle trasmissioni a corrente
continua in virt della flessibilit e rapidit del controllo dei tiristori installati nelle stazioni
di conversione.
Inoltre per avere un buon funzionamento di un impianto eli trasmissione in corrente
continua, collegante due reti in alternata alle sue estremit, necessario che tali reti forniscano alla stazione di conversione a cui esse sono collegate una data potenza reattiva.

380
La potenza reattiva assorbita dai convertitori dovuta al funzionamento stesso dei meccanismi di conversione e dipende dall'angolo di ritardo di innesco e dalla reattanza di commutazione, costituita essenzialmente dalla reattanza di dispersione degli avvolgimenti del
trasformatore e da quella del sistema a corrente alternata connesso.
Il problema della produzione di potenza reattiva, viene cos ad acquistare, in particolare per le stazioni di inversione, una notevole importanza, in quanto per esse la potenza reattiva assorbita pu essere pari a circa il 50-70% della potenza attiva fornita. Essa pu essere
compensata tramite motori sincroni o condensatori statici, o mediante gli uni e gli altri insieme. Tali dispositivi, oltre a sopperire alla richiesta di potenza reattiva da parte dei gruppi
di conversione, vengono anche a far fronte alla esigenza di ridurre l'ampiezza delle armoniche di corrente esistenti nella rete in c.a. connessa al gruppo di conversione.
Nei paragrafi precedenti si fatta una rassegna panoramica dei problemi di base delle
trasmissioni a c.c. ad alta tensione. Rilevando che negli ultimi anni sono stati realizzati impianti di trasporto in C.c. per circa 20000 MW, si possono ipotizzare interessanti vie di sviluppo nella trasmissione di potenza sia in continua che mista alternata/continua, soprattutto in relazione ai problemi di gestione e di razionalizzazione delle reti elettriche molto estese e complesse. I limiti imposti a questa esposizione non consentono di trattarli pi diffusamente n di accennare alle molte altre questioni (dimensionamento dei filtri, isolamento,
fenomeno corona, radio-interferenze, disturbi magnetici alle bussole, elettrodi di messa a
terra e marini, etc.) relative ai sistemi esaminati, ognuna delle quali richiederebbe una trattazione particolare.

CAPITOLO XVI

L'AFFIDABILIT DEI SISTEMI DI POTENZA

16.1

Generalit

Inizialmente il termine affidabilit fu riferito ad apparati che presentavano soltanto due


stati di funzionamento, in cui una determinata funzione era soddisfatta o no. Vedi ad esempio le applicazioni aerospaziali e gli apparati con componenti elettronici.
In tale ottica l'affidabilit fu definita come probabilit di successo della missione a
cui un oggetto destinato, in assegnate condizioni operative; [IEC].
In termini affidabilistici per missione o prestazione di un oggetto si intende
l'obiettivo o il compito, da conseguire o soddisfare. pertanto necessario precisare le
condizioni operative sia normali (agenti atmosferici, sollecitazioni, abilit del personale) sia
in concomitanza con possibili eventi eccezionali (naturali o provocati dall'uomo) nonch
l'inizio temporale e la durata della prestazione.
Il successo o stato di buon funzionamento indica quella condizione nella quale il componente in grado di fornire prestazioni definite soddisfacenti
L'insuccesso o guasto l'opposto del successo o funzionamento ed indica l'inabilit del
componente a compiere le proprie funzioni.
Il successo e l'insuccesso vanno individuati tenendo conto dell'uso specifico a cui, in
certe definite condizioni al contorno, 1'oggetto destinato, e cio in maniera pertinente alla
prestazione.
I guasti possono classificarsi in relazione alle cause (per cattivo uso, per debolezza intrinseca, per usura), alla rapidit del loro manifestarsi (improvvisi, graduali), all'entit (parziali, totali) e ad altre considerazioni (primari, secondari, intermittenti).
La definizione di affidabilit sopra riportata, che come si vedr, deve essere modificata
in senso estensivo per i sistemi di potenza, fornisce gi due indicazioni fondamentali:
1'affidabilit di un sistema potr essere valutata in termini quantitativi a mezzo dei metodi di calcolo probabilistici;
il sistema di cui si vuole valutare 1'affidabilit dovr essere definito a mezzo di parametri opportuni e modelli rappresentativi del suo comportamento. L'analisi dei sistemi offre
un grosso contributo per la soluzione di tali problemi.
I sistemi elettrici di potenza hanno caratteristiche diverse dai sistemi a due stati cui si
fatto preliminarmente riferimento. Per essi sono eventi molto improbabili l'alimentazione
totale o la totale disalimentazione.
vero che sono costruiti con lo scopo di fornire in qualunque momento la potenza

382

elettrica richiesta con buona qualit del servizio (cio con tensione e frequenza che presentino definite caratteristiche) a tutti i punti di distribuzione; ma in generale si avr una certa
discontinuit del servizio o meglio un difetto di qualit del servizio statisticamente distribuita
nello spazio e nel tempo.
La misura della affidabilit non pu essere fatta anche in questo caso che in termini
probabilistici. Infatti la capacit di funzionamento dei sistemi e dei loro componenti sensibilmente influenzata da varie cause di incertezza che introducono un certo grado di aleatoriet nelle previsioni e una certa dispersione nei risultati di esercizio. Si tratta soprattutto
del valore dei carichi richiesti dalle utenze e dell' apparizione dei guasti determinata da vari
fattori quali: sollecitazioni presenti; condizioni ambientali; modalit costruttive; tenuta dei
materiali impiegati.
I sistemi elettrici di potenza progettati per funzionare in maniera continuativa per molti
anni (10 .;. 20) non possono essere previsti esenti da guasti perch ci implicherebbe costi
di impianto e di esercizio elevatissimi, non compensati economicamente dalla mancanza di
interruzioni. La valutazione della affidabilit di un sistema complesso, quale un sistema di
potenza, deve partire quindi da quella dell'affidabilit dei suoi componenti tenuto anche presente che nel caso in esame sono previste riparazioni o ricambi di componenti. TI significato di affidabilit viene pertanto generalizzato introducendo il concetto di disponibilit .
Questa viene intesa come la probabilit che il sistema sia funzionante al tempo t tenuto conto delle riparazioni. Infatti il sistema non arresta la sua funzione al verificarsi del guasto ma continua con la riparazione e il susseguente funzionamento. Pertanto il comportamento dinamico di un sistema sar caratterizzato da una successione di stati in cui il sistema funzionante o in riparazione.
Nelle considerazioni che seguono si far preliminarmente riferimento al caso di componenti non riparabili per passare poi a quello dei sistemi riparabili.
16.2 Componenti non riparabili. Affidabilit
Si consideri il caso di un'apparecchiatura generica, non riparabile, che si trovi in assegnate condizioni operative; viene definita affidabilit dell'apparecchiatura la probabilit R (t), di
trovare funzionante l'apparecchiatura al tempo t; essa viene indicata con il simbolo R (iniziale
di Reliability). Se si indica con x la durata della vita dell' apparecchiatura, l'affidabilit nel tempo
t pu esprimersi con

R (t)

= p (x > t)

[16.1]

ossia come probabilit che la durata di vita risulti maggiore del fissato tempo t.
La probabilit che l'apparecchiatura sia non funzionante al tempo t viene indicata col
simbolo F (Failure) e risulta essere il complemento ad 1 della R

F (t) = p (x

~ t) =

1-R (t)

[16.2]
Le definizioni precedentemente date individuano delle grandezze espresse in termini
di probabilit; una valutazione diretta pu essere effettuata in base alla definizione di probabilit.
Per un lotto di apparecchi possibile misurare il numero di elementi ancora funzio-

383
nanti al tempo t o il numero di elementi non funzionanti al tempo t.
Si consideri un lotto formato da No elementi, identici e operanti nelle stesse condizioni, e
si ipotizzi che lo stato (funzionamento o guasto) di ciascun componente non influenzi lo stato
dei rimanenti N o -1 elementi. Si indichi con N (t) la variabile aleatoria rappresentante gli elementi funzionanti al tempo t.
intuitivo che la probabilit che in un certo istante t la variabile aleatoria N (t) assuma
l'uno o l'altro dei suoi valori possibili K = 0,1, ... N o funzione dell' affidabilit R (t).
Se si indica con N j (t), il valore di N (t) riscontrato nel corso di una definita osservazione,
si pu dimostrare che si ha una stima ( *) dell' affidabilit come

N (t)
R(t)=-'-

No

[16.1' ]

[16.2']

e quindi

Risulta particolarmente utile introdurre una funzione di affidabilit che rappresenti la


variazione nell'unit di tempo del numero di elementi guasti di un lotto, rapportata al numero
degli elementi in funzionamento. Questa grandezza, indicata solitamente col simbolo (t),
prende il nome di frequenza o tasso di guasto, ed espressa analiticamente dalla
(t) =

---=l. d Ni (t)
NJt)

[16.3 ]

dt

Sempre con riferimento al lotto di No componenti prima definito, risulta interessante ricavare un parametro globale, che caratterizza la sicurezza intrinseca di funzionamento del
componente: tale il tempo medio fino al guasto, indicato con MrrF (Mean Time To Pailure),
che rappresenta il valore atteso della variabile aleatoria x, durata del buon funzionamento del
componente. Esso pu misurarsi a partire dai risultati dell'osservazione, come media delle
determinazioni, relative ad ognuno degli No elementi, della variabile aleatoria x e cio come
media delle No diverse durate di vita osservate nel corso di una prova.
[16.4]
16.3 Modelli di guasto
Considerando l'andamento nel tempo del verificarsi di un guasto in un componente,
possibile individuare tre zone distinte:
zona di mortalit infantile o di rodaggio;
zona di mortalit durante la vita utile o dei guasti casuali;
zona di mortalit per invecchiamento o dei guasti per usura.
Anche se non detto che necessariamente per ogni componente si abbia la presenza di
tutte le zone, nel seguito ci si riferir al caso in cui siano presenti tutte e tre, che peraltro il
caso pi ricorrente,
La funzione affidabilistica che meglio si presta a rappresentare, per il suo andamento carat-

(*) Sul problema della determinazione delle grandezze affidabilistiche e sul significato della loro stima ci si
soffermer ulteriormente nel seguito.

384
teristico, il diverso comportamento nelle tre zone prima definite, il tasso di guasto (t).
Essa assume, nel caso classico degli esempi citati, il caratteristico andamento a vasca da bagno, riportato in
figura 16.1.
Fig. 16.1 - Andamento del tasso
L'espressione matematica del tasso di guasto pu esdi guasto durante la vita di un
sere
pi
o meno complessa; alcuni dei pi usati modelli macomponente.
tematici sono i seguenti:
1 ) tasso di guasto costante;
2 ) tasso di guasto linearmente crescente nel tempo;
3) tasso di guasto linearmente decrescente nel tempo;
4) modello di Weibull: (t) = k t m
n primo modello, detto anche di Poisson, quello che rappresenta il comportamento nel
periodo della vita utile.
Esso di gran lunga il pi usato, anche perch talvolta lo si adotta in via preliminare per
la notevole semplificazione che comporta nei calcoli.
16.4 Componenti riparabili. Disponibilit
Per i componenti per i quali prevista la riparazione, si fa riferimento, per quanto detto
prima alla disponibilit valutata mediante la probabilit che al tempo t il componente sia
funzionante: questa nuova funzione, infatti, porta in conto anche il possibile buon funzionamento del componente che segue alla riparazione di un guasto, e perci si differenzia sostanzialmente dalla R(t) che esprime la probabilit che il componente sia stato funzionante con
continuit fino al tempo t. Questa nuova funzione si indica col simbolo A (Availability).
Per i sistemi che non prevedono riparazioni, si ha ovviamente A(t) = R(t). Se invece, si
prevede la riparazione, si ha R(t) ~A(t), e al tendere all'infinito del tempo t si ha che l'affidabilit
tende a zero, mentre la disponibilit tende ad un valore di regime diverso da zero.
In analogia al tasso di guasto (t) viene definita la grandezza Il (t), detta tasso di riparazione. Questa grandezza viene spesso assunta costante nel tempo.
Si faccia ora riferimento all'evoluzione di un singolo elemento e siano Xi le durate dei
tempi di funzionamento e ri i tempi di riparazione.
Se si introducono due nuove variabili aleatorie rappresentanti il tempo di funzionamento
e il tempo di fuori servizio indicate rispettivamente con u(t) (Up Time) e d(t) (Down Time) si
ha con riferimento all'osservazione di fig. 16.2:
[16.5]
u(t) = Si Xi
d(t)

= Si ri

[16.6]

Si pu valutare allora la A( 00) come:

Aoo = lim
t ~ 00

Fig. 16.2 - Periodi di funzionamento e di riparazione durante la vita di un componente

u (t)
u (t) + d (t)

[16.7]

Introducendo altri parametri globali, per

385
analogia al MTTF prima definito, e cio lo MTTR (Mean Time To Repair) inteso co-me tempo
medio di riparazione e lo MTBF (Mean Time Between Failure) inteso come tempo medio tra
guasti si ha:
MTBF
Aoo= MTTR+MTBF
[16.8J
Pi spesso ci si riferisce al complemento della disponibilit, detto indisponibilit 1, e che
vale, ovviamente:

100 = _--=M=---T---'Y=---R-'------_
MTTR+MTBF

[16.9]

16.5 Determinazione delle grandezze affidabilistiche


Il valore vero di una grandezza affidabilistica relativa ad un componente, trattandosi di una variabile aleatoria, si potrebbe determinare solo dalla osservazione del comportamento di un numero molto grande (teoricamente infinito) di componenti identici. Questo
non possibile, n sarebbe accettabile economicamente, trattandosi di prove distruttive.
necessario, perci, procedere a stimare dei valori di tali grandezze andando ad
osservare il comportamento di un campione di elementi, estratti a caso dalla popolazione completa. In generale se vengono effettuate osservazioni, nelle stesse condizioni, su
pi di un campione, le stime assumeranno valori diversi per ciascun campione La stima cio,
anch'essa una variabile aleatoria dotata di una propria funzione di distribuzione.
Ne consegue la necessit di individuare degli intervalli di valori caratterizzati dall'avere una assegnata confidenza (probabilit che il valore vero ricada realmente alloro interno).
La statistica fornisce le metodologie per individuare, ipotizzando certi comportamenti statistici per una popolazione, l'intervallo di fiducia da attribuire ad un parametro stimato in
relazione alla numerosit del campione sul quale vengono condotte le osservazioni.
Un ulteriore problema nella determinazione delle grandezze affidabilistiche, quello
relativo alle condizioni operative in cui vengono effettuate le osservazioni. Teoricamente
sarebbe necessario eseguire tante osservazioni quante sono le condizioni operative che caratterizzano specificamente ogni singola missione in relazione alla quale si vogliono determinare i parametri affidabilistici di un componente. Ci risulterebbe particolarmente oneroso o addirittura impossibile.
Risulta necessario, in pratica, estrapolare o interpolare le caratteristiche di affidabilit,
osservate in specifiche condizioni di riferimento, mediante opportuni metodi ed estendere,
cos, i risultati a condizioni operative differenti da quelle per le quali sono state ottenute le
osservazioni originali.
16.6 Affidabilit dei sistemi complessi
L'affidabilit di un sistema complesso costituito da un insieme di componenti interconnessi o raggruppati allo scopo di compiere una missione, potrebbe, in linea di principio,
essere stimata per osservazione diretta dell'intero sistema, considerato alla stregua di un
unico componente.
evidente che un simile approccio presuppone in primo luogo l'esistenza fisica del
sistema, nonch l'osservazione del suo comportamento in condizioni operative reali o per-

386
lomeno significative ai fini di una estrapolazione dei risultati. Procedendo in questo modo,
non risulterebbe possibile fare delle previsioni in sede di progetto, se non in maniera empirica
per confronto con sistemi simili gi realizzati.
Per questo motivo sono stati messi a punto dei procedimenti che permettono, per i sistemi complessi, il calcolo delle funzioni di affidabilit, in particolare delle R (t) ed F(t), a partire
dalla conoscenza della funzioni di affidabilit dei singoli elementi componenti e della struttura
del sistema.
Prima di accennare ai procedimenti pi comunemente impiegati, necessario esaminare
le strutture base pi ricorrenti e cio le strutture serie e parallelo.
16.6.1 Struttura serie e struttura parallelo di n elementi
Quando ciascun elemento essenziale al buon funzionamento di un sistema (per cui il
malfunzionamento di un qualsiasi elemento comporta il malfunzionamento dell'intero sistema) allora si dice che la struttura serie, o
I
2
meglio che il grafo di affidabilit di ciascun
n
o-....,~~-<o~-~~--o- - - - - o-"-"'~~-o
elemento connesso in serie con gli altri (fig.
Fig. 16.3 - Grafo di atiidabilit per componenti In
16.3 ).
serie.
L'affidabilit di una simile struttura,
definita allora come probabilit che siano funzionanti al tempo t tutti gli n componenti.
Se si ipotizza che i guasti dei componenti siano fra loro statisticamente indipendenti, allora detta Ri (t) 1'affidabilit dell'i-esimo componente, si ha che 1'affidabilit dell'intero sistema
Rs risulta
[16.10]
1

da cui si pu ricavare la guastabilit Fs come

Fs (t) = 1 -

K (t)

[16.11]

Quando il buon funzionamento di un solo componente e sufficiente per il buon funzionamento di un sistema, per cui il sistema
non funziona solo se tutti i componenti non funzionano, allora si
dice che il sistema parallelo o meglio che il grafo di affidabilit di
ciascun componente connesso in parallelo con gli altri (fig. 16.4).
Se si ipotizza che i guasti dei componenti siano fra loro
statisticamente indipendenti, allora detta F (t) la guastabilit
dell'i-esimo componente, si ha che la guastabilit dell'intero
sistema Fp risulta

n
Fig. 16.4 - Grafo di affidabilit per componenti in
parallelo.
R(tl

[16.12]
e

Fig. 16.5 - Andamento della affidabilit nel tempo (a) per due elementi in parallelo; (b) per un solo elemento; (c) per due elementi in serie

da cui si ricava 1'affidabilit come


[16.13]

Si sono prese a riferimento la R, (t) e la Fp (t) rispettivamente per il sistema serie e pel
quello parallelo unicamente per semplificare le espressioni formali delle funzioni.
Si fa notare esplicitamente che i termini serie a parallelo, nel campo dell' affidabilit, hanno un significato completamente diverso da quello che essi assumono nel campo dell'elettrotecnica. Essi rispecchiano semplicemente la maniera di presentarsi dei grafi di affidabilit dei
componenti e non necessariamente il loro collegamento fisico.
La figura 16.5 consente un confronto fra la struttura serie, parallelo e il singolo componente, ipotizzando componenti identici e funzionanti ciascuno a tasso di guasto costante. Risulta evidente il vantaggio della struttura parallelo e lo svantaggio di raddoppiare gli elementi
in un sistema serie.
Risulta interessante notare che in un sistema serie, l'affidabilit decresce all' aumentare
del numero delle parti componenti e risulta minore dell'affidabilit del componente meno fidato. Essa pu essere migliorata quindi o riducendo il numero o migliorando la qualit dei
componenti.
Nel caso dei sistemi parallelo l'aumentare del numero dei componenti comporta un aumento dell'affidabilit; questa risulta sempre maggiore di quella dell'elemento pi fidato. In
questo caso si dice che il sistema ridondante.
16.7 Metodi per il calcolo dell'affidabilit dei sistemi complessi
Esistono vari metodi per il calcolo della affidabilit di sistemi complessi.
Di seguito, con il solo scopo di illustrarne la filosofia, si dar un cenno su alcuni di essi.
16.7.1 Metodo dello spazio degli eventi
Questo metodo si basa sulla individuazione di tutti gli stati che pu assumere un sistema,
ossia di tutte le combinazioni possibili degli stati dei suoi componenti. Ogni stato ottenuto
costituisce un evento (un punto) di quello che prende il nome di spazio degli eventi.

Xi = componente i funzionante

Xi = componente

i non funzionante

Fig. 16. 6 - Grafo di affidabilit per 1'applicazione del metodo


dello spazio degli eventi.

Evidentemente vi saranno eventi che comportano il successo della missione ed eventi che
comportano l'insuccesso.
L'affidabilit (la guastabilit) della struttura sar data dalla somma delle probabilit che
caratterizzano il verificarsi degli eventi che comportano il successo (l'insuccesso) (*).
Lo svantaggio del metodo insito essenzialmente nella necessit di individuare tutti i punti
dello spazio degli eventi. Per un sistema di n componenti, ciascuno dei quali ammetta due stati

(*) Ci in quanto

il verificarsi di un evento esclude che possa verificarsene un altro.

388
possibili (funzionante o non funzionante) il numero dei punti risulta pari a 2n
Esempio:
Eventi E favorevoli:

El = X,X 2 X3
E2 = X,X2 X3
E3 = X,X2 X3
E4 = X,X2 X3
E5 = X, X2 X3
Eventi E sfavorevoli:

E6 =X 1 X 2 X 3
E7 =X I X 2 X 3
E3 =X 1 X 2 X 3

R (t)

= p (El) + p (E2 ) + p (E 3 ) + p (E4 ) + p (E5 )

F (t) =P (E6 ) + p (E7 ) + p (Es) +


16.7.2 Metodo dei collegamenti (TIE - SET)

Fig. 16.7 - Grafi di affidabilit per l'applicazione del


metodo TrE - SET

Tale metodo si basa sull'individuazione


dell'insieme minimo di collegamenti tra ingresso e uscita di un grafo di affidabilit che rendono possibile il successo.
~affidabilit della struttura viene calcolata come probabilit della somma degli eventi

dell'insieme minimo.
Questo metodo semplifica rispetto a quello precedente l'individuazione degli eventi, ma
pu comportare maggiori difficolt di calcolo perch in esso gli eventi non sono mutuamente
escludentisi.
Esempio: con riferimento all' esempio di
figura 16.6, si hanno due cammini:

Fig. 16.8 - Grado di affidabilit per l'applicazione


del metodo CUT-SET

16.7.3

Si osservi che gli eventi X3 e X I X2 non si


escludono mutuamente perch contenuti nell'evento X I X2 X3

Metodo dei tagli (CUT - SET )

un metodo del tutto analogo a quello dei collegamenti e si basa sull'individuazione dei
tagli che non rendono possibile il successo.
~ affidabilit viene calcolata a partire dalla guastabilit valutata come probabilit della
somma degli eventi individuati.

389

Esempio: con riferimento alla figura 16.8 si hanno due tagli:

R (t) = 1 - F (t)

16.8 Metodi che consentono di valutare anche la disponibilit di sistemi complessi


16.8.1 Metodo di Markov
Si definito precedentemente lo spazio degli eventi, associabile al funzionamento di un
sistema. Esso rappresenta l'insieme dei possibili stati S che il sistema pu assumere in un generico istante di tempo in relazione allo stato di funzionamento di ciascuno dei suoi componenti.
Se ogni componente pu assumere a stati diversi, il sistema di n componenti, sar caratterizzato da a n stati possibili.
Sia Si il generico stato del sistema al tempo t o e si voglia individuare la probabilit che
il sistema, in un istante t si trovi in uno stato Sk in funzione del tempo t - t o trascorso.
Se la probabilit che il sistema si trovi in Sk al tempo t dipende solo dall'ultimo stato
assunto dal sistema, ad esempio Si, allora si dice che l'evoluzione nel tempo degli stati del
sistema un processo markoviano.
In altri termini Si riassume in s, ai fini della valutazione della probabilit di transizione in altri stati, tutta la storia del sistema, dipendendo l'evoluzione futura di quest'ultimo
solo da Si e non da come e da quando il sistema pervenuto in Si.
Se si ha inoltre che la probabilit di transizione da uno stato all'altro non dipende dall'istante t considerato, ma solo dalla differenza t-t o , allora si dice che il processo markoviano omogeneo.
Nel caso pi generale di sistemi rip arabili , bisogna prevedere anche le transizioni di
ritorno, per effetto della riparazione, ad uno stato precedentemente occupato.
possibile in ogni caso, impostare le equazioni che consentono di individuare le probabilit relative ai vari stati. Da queste ultime sono ricavabili poi le grandezze affidabilistiche che interessano [R (t), A (t), MTTF ecc.] per definire il comportamento del sistema.
Per rappresentare un sistema costituito da n componenti a due stati risultano necessarie 2n equazioni differenziali in 2 n incognite.
Risulta evidente allora la difficolt di trattare sistemi con numero di componenti n elevato per l'elevato numero di equazioni e anche per l'elevato numero di dati (valori delle
frequenze di guasto e di riparazione). Pur adottando opportuni accorgimenti nella gestione
dei programmi di calcolo automatico per la risoluzione di questi problemi si ha la pratica
impossibilit di trattare sistemi con pi di 10 componenti.
In conclusione pu dirsi che il calcolo dell' affidabilit dei sistemi il cui comportamento sia schematizzabile con modelli markoviani pu essere impostato e condotto a termine,
con la precisione voluta, solo per sistemi con numero limitato di componenti.
Risulta comunque utile la possibilit di applicare a piccoli sottosistemi, con componenti caratterizzati da tassi di guasto dipendenti dal solo ambito del sotto sistema stesso, il
modello markoviano e risolvere poi il sistema principale con altri metodi di risoluzione.

390
16.8.2 Metodo di Montecarlo
Si detto a proposito della misura delle grandezze affidabilistiche come possa essere
utilizzata l'osservazione del comportamento di un lotto di componenti, estratto da una popolazione, per stimare il comportamento dell'intera popolazione.
Se si utilizza un modello matematico che descrive il comportamento di un sistema e le
grandezze di ingresso vengono simulate in valore, opportunamente con tecniche numeriche, si pu ricavare per ogni determinazione delle grandezze di ingresso una determinazione del parametro di uscita sul quale si vuole indagare.
I valori ricavati in questo modo, analogamente a quanto awiene per i risultati della
osservazione di un sistema fisico, costituiscono una storia campione.
Il metodo di Montecarlo si basa sulla costruzione di una serie di storie campione che
descrivono il comportamento dinamico del sistema a mezzo della successione degli stati che
attraversa e dei tempi di permanenza in ciascuno di essi. Costruendo, per il periodo di tempo
in esame, un consistente numero di storie campione, si pu risalire ai tempi medi di permanenza Ti in ciascuno stato e all' andamento delle probabilit che il sistema si trovi nel generico
stato Si nell' arco di tempo considerato.
Il metodo Montecarlo presenta, rispetto agli altri metodi, diversi vantaggi:
consente la soluzione di sistemi complessi con approssimazione adeguata;
permette di ricavare qualsiasi parametro di affidabilit;
consente di considerare anche il caso di distribuzioni complesse dei tempi di guasto e
di riparazione;
.
consente di tener conto delle strategie di manutenzione preventiva e correttiva;
consente di assegnare alle frequenze di guasto e di riparazione una distribuzione di probabilit invece che valori deterministici.
Vengono richiesti tempi di calcolo all'elaboratore elettronico proporzionali alle dimensioni del sistema che si analizza ed alla precisione con cui si vogliono ottenere i risultati.

16.9 Considerazioni finali sulla disponibilit di un sistema di potenza

utile rilevare come sia importante la valutazione dell' onere economico accoppiato a
un certo livello di affidabilit o disponibilit del sistema, definito quest'ultimo a mezzo di
opportuni indici di rischio che misurano la frequenza, ampiezza e durata dei disservizi che
possono verificarsi durante la vita dell'impianto.
Al crescere della disponibilit cresce, e non proporzionalmente, il costo dell'impianto
(sia come costi di investimento che di esercizio).
Questo per non va valutato autonomamente in quanto il disservizio provoca sull'utente
una serie di oneri (fastidio, mancanza di produttivit, pericolo ... ) che si cercato di quantizzare in modi diversi.
Una volta attribuito un valore economico agli indici di misura della disponibilit si potrebbe essere in grado di ottimizzare le condizioni di funzionamento del sistema elettrico.
Se importante affinare le metodologie di calcolo per valutare la disponibilit di un
sistema complesso non meno importante lo sforzo per realizzare componenti di impianto
che presentino il voluto grado di affidabilit con il minimo costo.
Dai rilievi di esercizio e da prove funzionali condotte in laboratorio si riescono oggi ad

391
ottenere tanti utili elementi che permettono di scegliere il componente adeguato al sistema in
cui esso deve essere inserito. Tenuto conto infatti che il costo di ogni componente cresce con
il livello di affidabilit desiderato opportuno operare la scelta riferendosi al sistema in cui
esso sar inserito in modo da avere un insieme omogeneo.
La scelta degli elementi dovrebbe essere fatta anche tenendo conto dei successivi oneri
di manutenzione. questo un ulteriore elemento che va tenuto presente per garantire la
disponibilit dei sistemi nel tempo. Anche in questo caso dovrebbe effettuarsi una ottimizzazione del sistema con 1'obiettivo di ottenere un definito grado di disponibilit con il minimo onere di manutenzione.
A conclusione di queste considerazioni di carattere generale sembra utile sottolineare
!'importanza del rilievo dei dati e delle informazioni. Tali operazioni vanno compiute cercando di limitare i dati a quelli realmente indispensabili.
Su queste basi pu essere condotta l'analisi della disponibilit di un sistema elettrico ai
seguenti livelli fondamentali:
l) generazione;
2) trasmissione;
3) distribuzione;
4) utilizzazione.

1. Sistema di generazione
I problemi connessi sono di due ordini distinti:
a) problema statico;
b) problema dinamico.
Il problema statico si pone in fase di progetto e di pianificazione del sistema, e consiste essenzialmente nel prevedere una certa riserva di generazione. Valutata, cio, la massima potenza richiesta dal carico, la potenza totale installata deve essere adeguatamente superiore a tale valore al fine di:
consentire la manutenzione programmata dei gruppi di generazione;
far fronte ad eventuali fuori-servizio non prevedibili dei gruppi (per es. dovuti a guasti);
far fronte ad eventuali aumenti di carico al di l del valore stimato.
L'entit della riserva deve essere commisurata alla massima potenza installata nel sistema.
La riserva di generazione pu essere minore quando il sistema elettrico interconnesso con altri sistemi adiacenti; si pu, in tal caso, sopperire ad una deficienza di generazione
attingendo maggiore potenza attraverso le linee di interconnessione.
Il problema dinamico si pon~ in fase di esercizio del sistema, e consiste nel prevedere
una certa riserva rotante, ossia un certo numero di gruppi di generazione tenuti in funzionamento con carico nullo, pronti a far fronte ad una eventuale insufficienza di generazione
dovuta ad improvviso aumento del carico oppure al guasto di un gruppo. Si evita in questo
modo, che un evento accidentale porti a variazioni di frequenza, oppure a variazioni indesiderate delle potenze di scambio con l'interconnessione, o ancora in condizioni particolari,
alla perdita di passo di qualche generatore, la qual cosa esalterebbe l'insufficienza originaria e potrebbe segnare l'inizio del distacco in rapida successione di tutte le macchine.
L'entit della riserva rotante dipende dai seguenti fattori:

392

livello di affidabilit desiderato;


possibilit di alleggerimento di carico automatico o manuale;
possibilit di ridurre il carico riducendo la tensione;
possibilit di attingere potenza dall'interconnessione;
incertezza da cui affetta la previsione del carico;
tempo di avviamento dei gruppi in riserva stati ca;
tasso di guasto dei gruppi funzionanti.

Sistema di trasporto e trasmissione


Il livello di disponibilit di tale sistema dipende essenzialmente dai seguenti fattori:
tasso di guasto e di riparazione delle parti componenti (linee, trasformatoti, ecc.);
struttura della rete pi o meno articolata;
entit delle riserve disponibili;
sistemi di protezione;
automatismi presenti;
interventi locali (compensatori sincroni, batterie di induttori o di condensatori, variazione di rapporto dei trasformatori);
intervento umano per il dispatching e per la riparazione dei guasti;
esposizione del sistema agli agenti esterni.
Tanto in fase di progetto che in fase di analisi di un sistema bisogna, allora, considerare 1'influenza sull' affidabilit di ciascuno dei suddetti fattori.

2.

3. Sistema di distribuzione
I problemi e le possibilit di intervento allivello del sistema di distribuzione sono legate agli stessi fattori considerati per il sistema precedente.
Le soluzioni adottate, per, sono di solito molto differenti nei due casi, sia per la diversa estensione dei due sistemi e sia perch le conseguenze di un disservizio sono solitamente
meno gravi nella rete di distribuzione che in quella di trasmissione. per da tenere presente che per il sistema di distribuzione deve essere considerata oltre che la continuit del
servizio, la qualit della tensione.
4.

Sistema di utilizzazione
Uno scarso livello di disponibilit, tenendo conto anche in questo caso della qualit
del servizio, provoca dei danni alle utenze valutabili in termini economici una volta che si
conosca il sistema utilizzatore. Gli accorgimenti per migliorare la disponibilit possono essere di due tipi distinti:
accorgimenti che tendono a migliorare l'alimentazione (generazione autonoma di emergenza, batterie modulabili di condensatori, dispositivi di regolazione di tensione);
accorgimenti che tendono a rendere l'utenza meno sensibile alle variazioni della alimentazione (individuabili volta per volta in funzione del sistema utilizzatore).

CAPITOLO XVII

INTRODUZIONE ALLA PIANIFICAZIONE DEI SISTEMI


ELETTRICI DI POTENZA

17.1 Generalit

Scopo di un sistema elettrico la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia


elettrica; in esso, tuttavia, l'energia elettrica rappresenta soltanto una conveniente forma intermedia in una catena di trasformazioni energetiche che interessano, sia all'ingresso che
all'uscita del sistema elettrico, tutt'altre forme di energia.
Ulteriore e peculiare caratteristica del sistema che l'energia elettrica deve essere prodotta nello stesso momento in cui la richiede il carico; l'impossibilit di immagazzinare l'energia elettrica richiede quindi che, in ogni istante, la capacit di produzione del sistema sia almeno uguale alla domanda. Questo aspetto particolare fa assumere all'industria elettrica, oltre alle caratteristiche di un produttore di beni, anche quelle di un fornitore di servizi.
L'impresa elettrica si inserisce allora nel pi ampio sistema energetico dal quale preleva le proprie fonti primarie, provvedendo sia alla trasformazione quasi esclusiva di alcune
forme di energia (idraulica, geotermica, nucleare) sia alla trasformazione di fonti utilizzabili
anche direttamente (combustibili fossili solidi, liquidi e gassosi), e nel quale inietta, secondo modalit dettate dal carico, il suo prodotto. Come qualunque altra impresa economica
anche l'industria elettrica opera secondo le leggi di mercato; l'energia elettrica deve essere
prodotta al minimo costo e venduta soddisfacendo nella maniera pi ampia possibile alle
richieste dell'utenza. I criteri che guidano l'attivit dell'impresa elettrica risultano quindi
fondamentalmente quelli della economicit e della sicurezza nella fornitura. Per potere operare secondo i criteri sopra enunciati, l'impresa elettrica, come industria di trasformazione,
deve tenere conto di tutti gli aspetti del mercato, delle sue fonti, nonch dell' andamento
della richiesta del suo prodotto, in modo da stabilire la maniera migliore, di produrre, trasportare e distribuire energia elettrica.
Sotto il nome di pianificazione si comprendono tutte le attivit funzionali dell'impresa elettrica rivolte ad operare le scelte migliori per soddisfare alle richieste di energia
elettrica. Tra i fattori pi importanti da tenere in conto occorre considerare:
la diversit e la variabilit nel tempo, sia come qualit che come quantit, delle fonti
primarie;
i lunghi tempi occorrenti per la realizzazione degli impianti, soprattutto quelli di produzione, nonch la forte incidenza degli oneri di capitale sui costi globali dell' energia
elettrica;

394

la lunga, seppur differenziata, durata di vita utile degli impianti;


la variabilit, istante per istante, della richiesta di energia elettrica con una tendenza di
fondo all'aumento nel tempo;
il fatto che il sistema elettrico, grazie alla interconnessione, rappresenta un sistema integrato in cui coesistono impianti di natura diversa aventi ciascuno caratteristiche tecnico-economiche diverse e quindi adatti a svolgere ben definite funzioni;
l'interazione tra sistema elettrico, ambiente e territorio.
Dall'esame di tali fattori deriva che una impresa elettrica che voglia raggiungere l'obiettivo di assicurare la migliore copertura del fabbisogno dell'utenza deve:
determinare, con un anticipo almeno pari ai tempi di costruzione degli impianti, l'andamento della richiesta in modo da essere in grado di far fronte, da una parte, alla sostituzione degli impianti che, giunti alla fine della loro vita utile, escono dal servizio, e
dall' altra, agli incrementi naturali dei consumi;
seguire l'evoluzione delle fonti energetiche primarie onde non correre il rischio di trovarsi con un sistema soddisfacente come potenza installata ma carente come disponibilit di energia, ovvero di produrre energia a costi non competitivi;
sviluppare, sulla base dei due punti precedenti, strategie di produzione e di distribuzione che consentano di ottenere i pi elevati fattori di economicit e di continuit del
servizio.
Il processo di pianificazione deve allora comprendere almeno una decina di anni e fornire, sulla base dell' andamento previsto della domanda di energia elettrica e dell' offerta delle
varie fonti primarie, il tipo e la potenza dei nuovi impianti di produzione da costruire, la
loro ubicazione e gli anni della loro entrata in servizio, gli impianti da tenere in funzionamento e le potenze da essi erogate, l'assetto di rete nonch l'insieme di impianti di trasmissione e distribuzione necessari per integrare e rafforzare quelli esistenti, i piani di manutenzione e di approvvigionamento, le politiche di invaso e svaso dei serbatoi degli impianti idroelettrici, etc. Sul processo pesano le incertezze dovute al carattere aleatorio sia della domanda che della disponibilit delle centrali, delle linee e delle fonti primarie, ed i vincoli esistenti sulla localizzazione degli impianti, sulla capacit da parte dei generatori di fornire potenza attiva e reattiva, sui profili di tensione nelle reti, sull'utilizzazione di alcune fonti primarie, etc.
Il problema della pianificazione di un sistema elettrico, sopra delineato nelle sue linee
fondamentali, non risolubile con un approccio di tipo globale, sia per le difficolt di carattere analitico nel descrivere alcune grandezze, sia per l'enorme quantit di dati e incognite da manipolare. In linea di principio, difatti, dati e incognite sono fisicamente grandezze continue nel tempo; si dovrebbero pertanto descrivere e determinare i valori di tali
funzioni ad ogni istante passato e futuro, coinvolgendo l'esame di fenomeni transitori di
natura elettrica, elettromeccanica e di regolazione primaria. ovvio, d'altra parte, che il processo di ottimizzazione deve anche tener conto della capacit del sistema a seguire le variazioni imposte, cio a realizzare il piano ottimo di copertura prestabilito. Questo fatto porta
ad escludere dal processo, proprio perch non controllabili e quindi non ottimizzabili, tutti
quei fenomeni che hanno durata inferiore ai tempi caratteristici di variabilit del carico nelle centrali e dell' assetto di rete. Dati e incognite possono dunque ritenersi variabili a gradinata, costituenti cio funzioni del tempo con discontinuit di prima specie ad intervalli di

395

tempo pari a quello elementare; quest'ultimo poi, a seconda del problema in esame, pu
assumersi di durata anche notevolmente diversa (da alcuni minuti ad anno). Questa semplificazione permette di sostituire alle funzioni dei vettori di tipo numerico ottenendo, invece
di equazioni integro-differenziali, un sistema di equazioni algebriche con notevoli vantaggi
per lo svolgimento dei calcoli.
Un'ulteriore necessaria semplificazione consiste nel suddividere il problema in una serie di sottoproblemi in cascata, nella quale i risultati dell'uno sono i dati di ingresso del
successivo, differenziati sulla base dell' arco temporale coperto e dell'intervallo di tempo elementare considerato; risulta ovvio, difatti, che pi lontano nel tempo un evento che si vuole
analizzare, minore il grado di dettaglio sul fenomeno necessario per garantire ai risultati
una sufficiente precisione.
Sulla base delle precedenti considerazioni giustificabile la usuale suddivisione delle
attivit di pianificazione in due gruppi: quello delle attivit rivolte alla determinazione della
vita futura dell'impresa elettrica (<<attivit di programmazione) e quello delle attivit connesse al funzionamento a breve termine dell'impresa (<<attivit di esercizio).
Il problema di fondo della programmazione allora quello di conoscere 1'andamento
futuro della richiesta di energia e della disponibilit delle fonti energetiche e di impostare,
su tali dati, il piano migliore di nuovi impianti da realizzare per soddisfare la domanda; il
problema dell' esercizio ancora quello di prevedere la richiesta di energia ma di stabilire
sulla base degli impianti esistenti la maniera migliore per soddisfarla. I due tipi di attivit
non sono ovviamente indipendenti tra loro in quanto lo stato attuale del sistema il punto
iniziale della evoluzione e, d'altra parte, il sistema futuro da costruire ex novo dovr obbedire alle regole dell'esercizio.

17.2 Programmazione del sistema elettrico


Obiettivo di tale attivit l'individuazione di un piano, articolato nel tempo e nel territorio, di realizzazione di nuovi impianti di produzione, trasmissione e distribuzione in grado di soddisfare gli incrementi di richiesta al minimo costo.
L'orizzonte temporale della programmazione si pone a lungo termine (decine di anni)
per la programmazione strategica volta ad individuare la struttura generale del sistema
futuro, mentre si riduce a pochi anni per la programmazione esecutiva, volta a scegliere
gli impianti di cui iniziare la realizzazione.
L'intera procedura di programmazione viene annualmente ripetuta, resa cio scorrevole, allo scopo di tenere conto delle indicazioni pi recenti sull'evoluzione dei consumi,
sulle prospettive economiche ed energetiche delle fonti primarie, sullo stato di attuazione
dei programmi precedenti.
Come gi detto, il primo passo della programmazione la previsione dei futuri fabbisogni di energia e potenza. Per le metodologie previsionali pi usualmente seguite, si rimanda a quanto detto nel VoI. I, Parte I, Cap. III; nel seguito verranno definiti, nelle loro
linee essenziali, i problemi della strutturazione del sistema elettrico ed impostati i metodi
per la loro risoluzione.

396

17.3 Copertura del diagramma di carico di un sistema di potenza


Per coprire in modo soddisfacente dal punto di vista tecnico ed economico il diagramma di carico di un sistema di potenza (vedi anche VoI. I, Parte I, Cap. II!), necessario che
le centrali all'uopo predisposte siano in grado di soddisfare istante per istante le richieste
dei carichi (si gi visto che la potenza elettrica non di fatto accumulabile) garantendo
un' adeguata riserva per poter far fronte alle situazioni di emergenza e alle loro necessit di
manutenzione.
Per la copertura di un diagramma di carico giornaliero tipico (fig. 17.1) (di solito si
prendono in considerazione i diagrammi rilevati il terzo mercoled non festivo di ogni mese)
si utilizzano: per la zona di base le
centrali ad acqua fluente (che devoGW
no funzionare a potenza costante) e
le centrali termiche (convenzionali,
20
geotermiche e nucleari) che devono
funzionare anch'esse a potenza co15
stante per garantire un miglior rendimento ed evitare inammissibili sollecitazioni nelle caldaie e nelle turbine;
10
per la zona intermedia le centrali termiche (convenzionali) appositamente costruite per consentire avviamen5
ti e variazioni di carico notevoli in
tempi brevi; per la zona di punta le
centrali idroelettriche a serbatoio, le
24
h
20
8
12
16
4
centrali di pompaggio e le centrali
turbogas che consentono una facile
Fig. 17.1 - Diagrammi giornalieri di carico rilevati nel periomodulazione della potenza.
do estivo e invernale.
L'energia prodotta in pi dalle
centrali termiche di base elo da quelle relative alla zona intermedia pu essere utilmente
spesa per creare accumuli nelle centrali di pompaggio.
In relazione a quanto sopra, nella fig. 17.2 si d una rappresentazione di una possibile
copertura del diagramma di carico.
Se si fa invece riferimento a un diagramma annuale di durata del carico (vedi VoI. I,
Parte I, cap. 1m, la possibile copertura rappresentata in fig. 17.3.
importante notare che, nel caso di aree interconnesse, una fetta del diagramma di
carico pu essere coperta da energia importata. Ovviamente l'energia in esubero, oltre che
per le centrali di pompaggio, pu essere esportata.
17.4 Strutturazione del sistema elettrico di produzione
La composizione del sistema di produzione, cio la suddivisione dei carichi futuri sui
diversi tipi di centrali, viene ottenuta con considerazioni di carattere generale sui modelli
semplificati del sistema.
Innanzitutto si osserva che la capacit di assicurare l'alimentazione dei carichi dipende

397

10

1 - Centrali
2 - Centrali
3 - Centrali
4 - Centrali
5 - Centrali
6 - Centrali

24

18

(ore)

ad acqua fluente
termiche di base (nucleari, geotermiche)
termiche di base (convenzionali) 3' - Energia in esubero per i pompaggi
idrauliche a serbatoio
di pompaggio
turbogas
Fig. 17.2 - Copertura in energia del diagramma di carico.

Potenza 100%
Turbine a gas
Pompaggi

Pompaggi

--Termoeletlriche

Fig. 17.3 - Curva monotona dei carichi per una rete elettrica e sua possibile copertura.

398

dalla disponibilit delle fonti energetiche primarie e dalla disponibilit degli impianti di produzione.
Se si prende in considerazione la distribuzione territoriale dei carichi, bisogna tener
conto anche delle disponibilit degli impianti di trasmissione. Agli effetti del dimensionamento del sistema di produzione termoelettrico si assume l'ipotesi che i vari tipi di combustibile abbiano disponibilit illimitata e sicura; analogamente per gli impianti termonucleari
con ricarica continua del combustibile durante il normale funzionamento; per gli altri tipi
di filiera occorre tener presente che tale ipotesi verificata solo nel periodo compreso tra
ricariche successive. Nel caso degli impianti idroelettrici non si pu assumere l'ipotesi di
disponibilit infinita di energia primaria (in ogni intervallo di tempo elementare gli apporti
di acqua sono limitati). Inoltre, per effetto della variabilit delle condizioni meteorologiche,
gli apporti di acqua hanno carattere aleatorio e vengono quindi rappresentati con opportune distribuzioni probabilistiche. Ricavate le caratteristiche degli apporti, quelle delle disponibilit di potenza ed energia si ottengono tenendo conto dei limiti sulla portata massima
derivabile e sulla capacit di accumulo dell'impianto.
Gli impianti, per essere mantenuti in efficienza, richiedono una adeguata manutenzione, per effettuare la quale vanno previsti periodi di fuori servizio. In aggiunta a tale indisponibilit programmata va considerata quella accidentale dovuta a guasti dei componenti.
Mentre la prima pu essere predeterminata, la seconda si presenta con caratteristiche aleatorie; ne deriva che la disponibilit del sistema ad alimentare i carichi pu essere prevista
solo in termini probabilistici sulla base dell' affidabilit dei componenti e dell'intero sistema. I risultati dell' analisi della disponibilit degli impianti di produzione si traducono nella
determinazione di una opportuna riserva, cio di un insieme di impianti cui devoluto,
tra gli altri, il compito di subentrare, nella presa di carico, agli impianti non disponibili per
guasti.
17.5 Strutturazione di un sistema di produzione termoelettrica. Orientamenti nella scelta
della taglia delle unit generatrici
Il problema, che riguarda soprattutto il parco termoelettrico di base, viene risolto tenendo conto dell'economia del sistema di produzione (che richiederebbe gruppi di potenza
unitaria sempre pi elevata) e della affidabilit nella fornitura di energia elettrica (che invece richiederebbe gruppi di modesta potenza unitaria in modo da contenere la riserva). Difatti, l'entit del margine tra la potenza installata e il valore della punta massima risulta funzione crescente dei tassi di fuori servizio per guasti sulle unit di generazione, della taglia di
tali unit, del livello di affidabilit voluto per il sistema.
La scelta della taglia ottima costituisce dunque un particolare problema di ottimazione. Nel caso di un sistema in via di sviluppo una politica di inserimento delle nuove unit
quella di installare via via unit della potenza massima tra quelle della serie unificata senza
superare una prestabilita percentuale della totale potenza installata. Si tratta allora di ottimizzare il valore di tale aliquota massima. L'analisi viene svolta su un periodo di alcuni decenni affinch il brusco aumento di riserva che si determina per l'inserimento dei nuovi
gruppi risulti compensato dalla successiva evoluzione della domanda. Da valutazioni effettuate tenendo anche in conto il sistema di trasmissione, il valore della taglia massima ottima
risulta abbastanza elevato, dell'ordine del 10% della potenza installata. Per sistemi di gran-

399
di dimensioni le potenze unitarie limiti risultano in genere maggiori di quelle che la tecnica
costruttiva riesce a realizzare; onde, per tali sistemi, economica l'adozione di unit di potenza pari alla massima disponibile.
17.6 Esercizio di un sistema elettrico

La determinazione dell' esercizio di un sistema di produzione e trasmissione dell' energia elettrica si configura come un problema di ottimizzazione; si vuole difatti fornire energia elettrica agli utenti nelle migliori condizioni di economia e di sicurezza.
I dati del problema sono la consistenza e le caratteristiche di tutti i componenti del
sistema, gli andamenti della richiesta di potenza attiva e reattiva, gli apporti idrologici alle
centrali idroelettriche, i costi del combustibile tradizionale e non. Le incognite sono gli andamenti delle potenze attive e reattive da produrre da parte di ogni generatore e l'assetto di
rete nell'arco temporale considerato. Tutti i vincoli sono di tipo fisico, imposti dalle caratteristiche specifiche dei vari elementi del sistema; anzitutto le equazioni dei load-flow per la
rete; il volume d'acqua turbinato nel periodo deve essere uguale alla somma degli apporti
naturali nello stesso periodo; la potenza generata non pu essere che inferiore o uguale alla
massima e maggiore o uguale al minimo teorico (che pu essere anche zero); le correnti nelle
linee non devono superare ben determinati valori; i profili di tensione non devono uscire
da bande consentite; la potenza attiva erogata dai generatori non pu variare con gradienti
eccessivi; etc.
Come funzione obiettivo da rendere minima si sceglie il costo complessivo della fornitura di energia elettrica nell'arco temporale di un anno. La scelta di tale periodo si impone
per i seguenti motivi:
il bilancio economico di ogni azienda annuale;
il ciclo di maggiore durata riscontrabile nei consumi di energia elettrica ha durata annuale;
periodi di durata superiore possono comprendere sostanziali modifiche del sistema elettrico e quindi interessano pi propriamente le attivit di programmazione.
Scegliendo come obiettivo il costo di esercizio si privilegia la economicit del sistema;
per tener conto anche della sicurezza si introducono altri vincoli oltre quelli fisici gi menzionati.
L'esperienza ha suggerito un complesso di vincoli di sicurezza, abbastanza significativi
e di semplice traduzione in termini matematici, tra i quali:
limitare i transiti di potenza sulle linee e sui trasformatori a valori inferiori ai limiti intrinseci sopra ricordati, in modo che l'uscita dal servizio di una linea o di un trasformatore non provochi flussi di potenza troppo elevati sulle altre linee e trasformatori;
tenere in servizio una sufficiente riserva rotante;
tenere in conto l'aleatoriet degli apporti naturali di acqua in modo che l'eventuale ritardo nel loro presentarsi non renda il sistema carente in energia o potenza.
Essendo l'esercizio un problema di ottimizzazione, in esso vanno considerati solamente i fenomeni sui quali si possa intervenire per condurre il sistema in condizioni di massima
economia e sicurezza.
L'intervento sul sistema va cio calcolato sulla base dei dati sullo stato e poi attua-

400

to. Considerati i ritardi nella acquisizione delle informazioni, nella loro elaborazione per
l' ottenimento del migliore intervento e nella modifica degli elementi attuatori di tale intervento, vengono esclusi dal complesso dei fenomeni ottimizzabili quelli che hanno durate
caratteristiche inferiori al minuto primo. Gli interventi in risposta a questi ultimi fenomeni
sono pi grossolani, basati su poche informazioni e con elaborazioni che forniscono risultati del tipo tutto o niente, orientati a favore della sola sicurezza del sistema, che solo successivamente viene ricondotta in condizioni ottimali con aggiustamenti pi lenti.
Il problema dell'esercizio temporale viene articolato tenendo conto dei vari cicli riscontrabili nei consumi di energia elettrica. Si ha allora:
l'esercizio a lungo termine che copre la durata dell'intero anno suddiviso in settimane.
L'analisi fornisce risultati di tipo globale quali: l'energia da prodursi settimanalmente
da ogni tipo di centrale; i gruppi da tenere in servizio; i periodi di manutenzione;
l'esercizio a medio termine; in esso si considera la settimana divisa in 7 giorni e per ogni
giorno si determina l'energia da prodursi giornalmente da ogni centrale, i gruppi da
tenere in servizio o manutenzionare;
l'esercizio a breve termine che copre il giorno suddiviso in intervalli elementari di mezz' ora. Il tipo di risultati analogo ai precedenti e viene utilizzato per l'esercizio istantaneo nel quale rientri la dimensione spaziale.

Le precedenti situazioni di esercizio, vengono svolte senza considerare la presenza della rete di connessione tra impianto di produzione e carichi. come se tutte le centrali e
tutti i carichi fossero connessi ad un unico sistema di sbarre di affidabilit infinita (modello
sbarra).
Delle due variabili in cui si articola il carico e la produzione - lo spazio e il tempo nelle precedenti fasi di esercizio, viene conservato il tempo. Lo spazio, ma non il tempo,
viene preso in considerazione nell'esercizio istantaneo per il quale si rimanda al par. 5.8
(dispatching) .
Mentre per i problemi di dispatching esiste una uniformit di soluzioni tra le varie imprese elettriche, lo stesso non pu dirsi per gli altri problemi di esercizio soprattutto a causa della diversit nella struttura di rete e nella composizione del parco macchine.

17.7 Strutturazione di un sistema elettrico di trasmissione


La scelta di massima del sistema di trasmissione viene effettuata conoscendo, per via
previsionale, l'entit e l'ubicazione sia delle centrali di produzione che dei carichi, stabilendo, inizialmente con metodi di ottimizzazione, la struttura di base della rete che soddisfi al
criterio, riconducibile a quelli di economia e sicurezza, di limitare i transiti di potenza sulle
linee.
Individuati cos i nodi complessivamente erogatori o deficitari di potenza, il problema si sposta sulla determinazione della capacit di trasporto di ogni collegamento. In prima approssimazione viene verificato che le linee afferenti ad ogni nodo siano in grado di
trasportare il saldo di potenza sopra determinato; viene poi accertato che tale disponibilit
esista nelle condizioni di massimo flusso nella rete sia in assetto normale che nelle condizioni di fuori servizio di generatori o linee. I prowedimenti da adottare, in caso di verifica
negativa, consistono nello spostamento o aumento delle unit generatrici o nel rinforzo dei

401
collegamenti.
La struttura cui si perviene viene successivamente verificata per vedere se soddisfa gli
altri vincoli di carattere tecnico (profilo di tensione, stabilit) ed economico.

17.8 Strutturazione di un sistema di produzione misto termoidroelettrico


Tale strutturazione pi complessa di quella di un sistema puramente termoelettrico
essendo legata alle caratteristiche idrologiche dei bacini.
Le variabili che entrano in conto sulla scelta ottima sono molteplici: le portate da derivare; i volumi dei bacini e dei serbatoi (per bacini di modulazione, settimanale o giornaliera, si intendono impianti con durata di invaso minore di 400 ore e maggiore di 2; per serbatoi di regolazione stagionale un impianto con durata di invaso maggiore o uguale a 400 ore;
le vasche di carico degli impianti ad acqua fluente possono avere durata di invaso sino a 2
ore); le potenze da installare. Un metodo per affrontare il problema quello di considerare
un sistema puramente termoelettrico di riferimento nel quale si effettuano le sostituzioni
pi convenienti con impianti idroelettrici; tale metodologia risulta valida soprattutto nei sistemi in cui la produzione idroelettrica marginale.
Nel caso di impianti ad acqua fluente l'energia disponibile non modulabile deve collocarsi alla base del diagramma di durata della produzione termoelettrica, mentre gli impianti
a serbatoio si collocano nella zona intermedia e di punta del diagramma. (vedi fig. 17.2).
17.8.1

Introduzione di centrali ad acqua fluente

In questo caso, date le caratteristiche funzionali dell' impianto ad acqua fluente, l'energia disponibile, non modulabile, deve collocarsi alla base; il diagramma di durata della produzione termoelettrica vedr diminuire la sua area totale.
Le caratteristiche dell'impianto ad acqua fluente siano, ad esempio le seguenti:
EF , energia prodotta alla potenza P Fg garantita per tutto l'anno;
PFM , potenza massima;
CF, costo annuo dell'impianto.
Il diagramma di durata della produzione termoelettrica, fig. 17.4, vedr ridotta l'altezza della zona di base ed aumentata quella della zona intermedia per effetto
della quantit di energia prodotta dalle
centrali ad acqua fluente tra le potenze P FM
e PFg
~introduzione dell'impianto comporta:

Fig. 17.4 - Diagramma di durata di produzione


termoelettrica.

costo annuo dell'impianto CF;


costo annuo degli impianti di tipo
intermedio di potenza L1P = P FM - P Fg ;
costo dell' energia prodotta negli impianti termoelettrici di tipo intermedio,
L1E;

402
p

Fig. 17.5 - Diagramma di durata di produzione


con centrali a serbatoio.

risparmio
risparmio
risparmio
risparmio

nella
nella
nella
nella

Il

Fig. 17.6 - Diagramma di durata di produzione


con centrali a bacino.

installazione di impianti di base di potenza PFg ;


produzione, a mezzo di impianti termoelettrici di base dell' energia EF ;
installazione di impianti di base di potenza ~P;
produzione con impianti di base dell'energia ~E' = ~EF + ~E

L'impianto ad acqua fluente risulta economico se la somma dei costi inferiore alla
somma dei risparmi:
CF

+ Ki

~P

q ~E

:::;

Cb

EF + Kb PFg +

Cb

~E'

+ Kb M

[17.1]

Ovvero se:
[17.2]

17.8.2 Introduzione di centrali a serbatoio


Gli impianti a serbatoio si collocano nella zona intermedia e di punta del diagramma
della produzione, fig. 17.5; ragionando in maniera analoga al caso precedente, la condizione di convenienza economica per l'introduzione di tale tipo di impianto data da:
[17.3 ]

17.8.3

Introduzione di centrali a bacino

Nel caso di impianti a bacino di capacit tale da riportare nei periodi di massimo carico la limitata energia disponibile, conviene collocare tale impianto alla punta in sostituzione
di impianti termoelettrici dello stesso tipo, fig 17.6. La sostituzione risulta conveniente se:
[17.4]

CAPITOLO XVIII

INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI DI POTENZA

18.1

Generalit

li continuo incremento della domanda di energia elettrica con requisiti sempre pi spinti di continuit e qualit del servizio compatibili con vincoli di carattere economico globale
hanno portato a sistemi elettrici di potenza di grandi dimensioni e complessit.
La loro progettazione e gestione richiede ovviamente una accurata pianificazione (vedi
Cap. XVII) e una continua azione di controllo in modo da garantire in ogni istante la corretta alimentazione dell'utenza in condizioni di stabilit.
Come idonea struttura di gestione si recentemente imposto un sistema di controllo
organizzato a livelli gerarchici e basato su un vasto impiego di elaboratori elettronici. Secondo lo schema di fig. 18.1 si prevede in generale, per un grande sistema elettrico, un centro di elaborazione nazionale che coordina un certo numero di aree regionali in cui suddiviso il sistema. Ogni area regionale sar a sua volta gestita da un elaboratore che coordina
un insieme di centri di telecontrollo locali che gestiscono infine i terminali periferici (vedi
Cap. VII e VoI. III, 9.8).
I problemi che stato necessario risolvere per organizzare tale struttura possono essere indicati sinteticamente nei seguenti:
affidabilit dei sistemi di elaborazione (spesso si adottano sistemi ridondanti);
affidabilit dei sistemi di telemisure e tele controllo (onde convogliate, canali telefonici
o radiofonici, );
definizione di software idoneo per la gestione del sistema;
definizione di tutti i dati necessari per la gestione del sistema.
Prima di procedere nella descrizione di un sistema di controllo, sembra utile richiamare alcuni concetti base sui sistemi di teleoperazione.
18.2 Sistemi di teleoperazione
Si definiscono sistemi di teleoperazione quei sistemi che consentono la realizzazione di
operazioni di telecontrollo, telemisura, telecomando, teleregolazione e permettono di centralizzare in appositi centri operativi, sia la raccolta delle informazioni sulle condizioni di
funzionamento dell'impianto, sia il servizio di manutenzione ad esso relativo.
Le operazioni di telecomando e teleregolazione possono anche essere svolte automati-

404
camente per mezzo di opportuni elaboratori. Questi, dopo avere valutato i dati relativi alle
condizioni di funzionamento dell'impianto, forniti dalle apparecchiature di telesorveglianza
e telemisura, provvedono automaticamente ad effettuare, per mezzo delle apparecchiature
di telecomando e teleregolazione, le operazioni necessarie a mantenere l'impianto stesso
nelle migliori condizioni di funzionamento e di affidabilit.
Le informazioni trasmesse si possono distinguere in due categorie: dati e ordini.
I primi possono essere trasmessi dalla stazione elettrica (periferia) verso il centro operativo, i secondi in senso opposto.
I dati si possono suddividere in:
telesegnali (TS): sono informazioni che permettono di individuare lo stato di organi a
due o pi posizioni stabili. Tali organi sono ad esempio: interruttori, sezionatori, commutatori sotto carico e dispositivi bistabili;
telemisure (TM): rappresentano il valore di grandezze continuamente variabili nel tempo. Sono fornite da convertitori e trasduttori di misura oppure da dispositivi numerici.

Gli ordini si possono distinguere in:


telecomandi (Te): riguardano l'azionamento di organi a due posizioni. Le informazioni
inviate dal posto centrale allivello di terminale periferico, operano in uscita con un contatto di un rel, che resta chiuso per un determinato tempo;
teleregolazioni (TR): riguardano l'azionamento di organi di controllo automatico. A partire da un impositore numerico o analogico, un valore di riferimento viene trasmesso
ad un regolatore posto nella stazione periferica.
I messaggi scambiati tra il centro operativo e le stazioni periferiche sono costituiti da
un treno continuo di cifre binarie (bit), che possono assumere due soli valori: O (assenza di
impulso) e 1 (presenza di impulso).
In questa successione continua di impulsi si possono distinguere otto raggruppamenti
di 14 bit, detti canali.
Il primo canale del messaggio il canale di sincronismo e serve per mettere al passo il
generatore dei tempi in ricezione con quello in trasmissione.
Il secondo canale del messaggio il canale di indirizzo e serve per individuare la parte
dell'impianto cui destinato il messaggio.
I canali di sincronismo e di indirizzo sono seguiti da 6 canali destinati a portare l'informazione utile.
Tutti i canali sono protetti contro eventuali errori dalla presenza di 4 bit di controllo.
L'insieme di provvedimenti adottati allo scopo di rivelare gli errori dovuti al rumore
esistente sul supporto di trasmissione, ne rende sicuro il funzionamento. Per la trasmissione dei telecomandi e teleregolazioni sono state adottate precauzioni aggiuntive allo scopo
di evitare in modo tassativo esecuzioni errate.
Gli impulsi binari, prima della trasmissione sul supporto fisico, vengono trasferiti su
una frequenza portante, normalmente come modulazione di frequenza o di fase.
Il supporto fisico di trasmissione pu essere costituito indifferentemente da: linea aerea o cavo, ponte radio, onde convogliate ...
In quest'ultimo caso, attraverso l'uso di appropriati equipaggiamenti, la stessa rete di
trasmissione pu divenire un eccellente sistema di trasmissione a lunga distanza. Il sistema
ad onde convogliate costituito dal terminale e dall' equipaggiamento di linea.

405

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4.TERMINALI

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Fig. 18.1 - Schema di un sistema di controllo gerarchico per un sistema di potenza,

Gli apparati terminali comprendono gli equipaggiamenti di modulazione e demodulazione, i generatori delle frequenze portanti e le unit di segnalazione e alimentazione.
L'equipaggiamento di linea costituito:
dalla bobina di sbarramento, posta in serie alla linea ad A. T. che presenta un'alta impedenza per il segnale ad alta frequenza (48 kHz; 392 kHz) e una bassa impedenza
per la propagazione dell'energia ad A.T.;
dal condensatore di accoppiamento, che con l'unit di accoppiamento separa la linea
ad A.T. dall'equipaggiamento portante.
Il segnale transita nelle stazioni intermedie per mezzo di un ponte ad H. F. formato da
due condensatori di accoppiamento, dalle due unit di accoppiamento e da una linea di raccordo.
Il terminale nella stazione ricevente accoppiato alla linea ad A.T. come il terminale di
trasmissione.
Il tipo di accoppiamento pi usato quello fase-terra perch pi economico, permettendo comunicazioni a media distanza. Nella versione bifase si hanno i tipi fase-fase e intersistem, usati per collegamenti a lunga distanza.
18.3

Compiti e obiettivi del sistema di controllo

I compiti svolti da un sistema di controllo, del tipo di quello configurato nelle premesse, si articolano in tre fasi distinte.
Nella prima fase, predittiva, partendo dalle richieste d'energia e di potenza previste per
le utenze e dalle disponibilit apprezzate per le centrali di produzione e per la rete di trasporto e trasmissione, si elaborano piani di produzione e di utilizzazione della rete a medio
e breve termine con l'obiettivo di ottimizzare lo sfruttamento del sistema disponibile com-

406

patibilmente con la continuit del servizio.


Nella seconda fase, attuativa, che rappresenta il momento centrale del controllo, si interviene sulla produzione delle potenze attive e reattive e sull' assetto di rete secondo i piani
preordinati per condizioni normali, di emergenza e di ripristino.
Nella terza fase, consuntiva, dal confronto fra piani previsti e attuati si traggono elementi per migliorare le norme operative. In particolare per le prime due fasi si ritiene utile
aggiungere quanto segue:
A)

Fase predittiva

Le previsioni a medio termine (annuali) riguardano:


le curve di invaso e svaso dei singoli serbatoi idroelettrici stagionali;
le possibili produzioni delle centrali termoelettriche e i corrispondenti fabbisogni di
combustibile;
la manutenzione programmata delle centrali e degli impianti;
i programmi di scambio con le reti interconnesse.
Le previsioni a breve termine (settimanali e giornaliere) riguardano:
-

i diagrammi di utilizzazione ottima delle singole centrali;

- la riserva rotante necessaria per far fronte agli scostamenti fra previsione e realt e
la sua dislocazione nella rete;
.
- gli assetti di rete disponibili per garantire i transiti previsti.
B)

Fase attuativa

Nella fase attuativa si provvede in regime normale:


a regolare le potenze attive e reattive delle centrali;
a regolare le potenze reattive dei nodi in cui prevista la regolazione;
a regolare i varia tori sottocarico dei trasformatori;
a effettuare controlli preventivi dello stato e sicurezza, del sistema (vedi dopo).
In emergenza (quando si delinea una situazione di insufficienza delle disponibilit del
sistema) si prevedono due possibili modi di intervento:

a) per incidenti a evoluzione lenta, si provvede:


ad avviare gruppi di riserva o turbogas;
a richiedere soccorso ad altre reti;
a variare la tensione di alimentazione dell'utenza (con la con seguente diminuzione del
carico prelevato);
ad attuare un piano preordinato di riduzione del carico;
b) per incidenti a evoluzione rapida, si provvede:
ad attuare piani di alleggerimento automatico a mezzo di rel sensibili alle variazioni
di frequenza;
ad attuare un piano di distacchi immediati del carico.
In ripristino (quando, avvenuto il disservizio, bisogna ripristinare le condizioni preesistenti) si provvede ad attuare i piani di ripresa del servizio. (Riavviamenti o risincronizzazioni dei generatori, richiusura di linee, rialimentazione di carichi).

407

Il sistema di controllo per potere svolgere le funzioni sopra dette nel modo migliore
deve consentire:
- di visualizzare in modo sintetico e nei singoli particolari le condizioni di funzionamento del sistema nel suo complesso e nelle sue parti in modo da stimarne lo stato in
ogni istante;
di calcolare particolari funzioni che permettono di apprezzare a ogni istante la sicurezza di funzionamento del sistema (per sicurezza di un sistema elettrico si intende una
misura della capacit del sistema di operare in condizioni normali, se sottoposto a un
definito insieme di disturbi) (vedi 5.6);
di registrare infine automaticamente la vita dei componenti pi importanti quale supporto ai programmi di manutenzioni e rinnovi.
I sistemi di elaborazione consentono di svolgere stime di stato e di sicurezza in quanto
ben noto che per un sistema elettrico sempre possibile scrivere:
a) sistemi di equazioni algebriche che riguardano il bilancio delle potenze (vedi Cap. V);
b) sistemi di equazioni e disequazioni algebriche che pongono vincoli a certe variabili (correnti, temperature, tensioni) ai fini della sovraccaricabilit di vari componenti (generatori, linee, trasformatori, ... ) e ai fini del mantenimento entro una data banda, delle variazioni di alcune grandezze (tensioni, frequenza, ... );
c) sistemi di equazioni differenziali che rappresentano il comportamento dei componenti del sistema (vedi Capp. VI-VII-Xm.
Si avr allora:
stato normale: se tutti i vincoli espressi dalle a) e b) sono soddisfatti.
stato di emergenza: se un sottoinsieme dei vincoli bl non soddisfatto.
stato di ripristino: se un sottoinsieme dei vincoli a) non soddisfatto.
sicurezza: se, preso in esame un possibile insieme di situazioni, mediante metodi di analisi stazionaria e transitoria, si stima che il sistema non passa in stato di emergenza.
Sembra utile sottolineare che nella fase predittiva e consuntiva gli elaboratori vengono
prevalentemente utilizzati fuori linea mentre nella fase attuativa si tende a lavorare sempre
pi in tempo reale sfruttando metodi di controllo automatico di tipo interattivo che tengano nel giusto conto l'esperienza degli operatori ritenuta ancora oggi insostituibile.

CAPITOLO XIX

CALCOLO MECCANICO DELLE LINEE AEREE

19.1

Premesse

Il calcolo meccanico delle linee aeree ha lo scopo di determinare i tiri di tesa tura dei
conduttori a varie possibili temperature di posa e di proporzionare i sostegni e le fondazioni dei medesimi, in modo tale che, al verificarsi delle condizioni di carico e di temperatura
previste, le sollecitazioni meccaniche nei suddetti elementi non superino prefissati valori limite ammessi e garantiscano adeguati franchi sul terreno.
Il calcolo meccanico dei conduttori non prevede la determinazione del tipo di conduttore impiegato e della sua sezione che vengono scelti normalmente in base a criteri di carattere elettrico (c.d.t., perdite, riscaldamento, tornaconto economico, ecc.) ed altre considerazioni complementari.
Il calcolo meccanico dei sostegni non prevede normalmente la scelta del tipo di sostegno da adoperare (in c.a.c., tubolare in ferro, a traliccio, ecc.) che avviene in base anche ad
altre considerazioni (tensione nominale della linea, profilo altimetrico del tracciato, ecc.)
(vedi anche VoI. I, Parte II).

19.2

Generalit sul calcolo meccanico dei conduttori

Si consideri un conduttore aereo sospeso alle estremit fra due sostegni. Esso, come si
vedr, assume la configurazione di un arco di catenaria che dipende dal peso del conduttore, dalla distanza fra i punti di sospensione (campata), dal tiro totale T cui stato tesato,
dalle variazioni di temperatura e di sovraccarico (vento e ghiaccio) intervenute in seguito
alla tesa tura stessa.
In particolare, per dato carico:
un aumento del tiro provoca una diminuzione della freccia della catenaria e viceversa;
un aumento di temperatura provoca un rilassamento del conduttore, ossia una diminuzione del tiro ed un aumento della freccia, e viceversa.
Per dato tiro:
un aumento del carico del conduttore (carico = peso + sovraccarico) provoca un aumento della freccia, e viceversa.
In altri termini, al variare delle condizioni di temperatura e sovraccarico, varia lo sfor-

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zo a cui il conduttore e sottoposto. Ebbene, il tiro (o la freccia) nelle condizioni di posa,


deve essere stabilito in modo tale che, allorquando si presentano le condizioni pi gravose
previste, lo sforzo interno cui soggetto il conduttore sia inferiore, con un certo grado di
sicurezza, a quello che ne provocherebbe la rottura.
In definitiva, il calcolo meccanico si propone la determinazione della tabella di posa
dei conduttori, la quale fornisce, in corrispondenza ai diversi valori di temperatura che consentono la pratica tesatura dei conduttori stessi, la componente orizzontale t dello sforzo
interno nel conduttore, in kg/mm2 (tiro), il tiro totale T, in kg, e la freccia fin m. Si vedr
che, il tiro t costante in tutti i punti della catenaria e, moltiplicato per la sezione 5 in mm2
del conduttore, fornisce il tiro totale T, quando trascurabile la componente normale.
La tabella di posa si costruisce per conduttori scarichi (senza sovraccarico) (Tab. 19.1)
e prevede anche la freccia massima che si ha in corrispondenza della massima temperatura
prevista.

Tabella di posa

(Tab 19.1)

Campata

dislivello = ............. m

d = ............. m
:t

(OC)

t (kg/mm 2 )

T (kg)

f(m)

Una volta fissata la condizione pi gravosa fra quelle previste,.la tabella di posa pu
essere determinata a mezzo della equazione del cambiamento di condizione che interpreta la legge di dipendenza del tiro o della freccia dalle variazioni di temperatura e dal
carico per dato conduttore e campata.
Nei paragrafi che seguono, la trattazione verr articolata in due parti. Nella prima si
svilupper lo studio di una singola campata con punti di attacco fissi (linee a media e bassa
tensione), nella seconda si prender in considerazione una serie di campate comprese tra
due successivi sostegni di ormeggio (tratta) di una linea di trasmissione a isolatori sospesi
(linee ad A.T.).
Preliminarmente verranno ricavate le equazioni della catenaria, sia per attacchi a livello che a dislivello, nonch le relazioni tra i parametri utili per determinare l'equazione del
cambiamento di condizione.
19.3 Catenaria di un conduttore tesato fra due punti
Il sistema delle forze che agisce sul conduttore di una linea aerea