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Teoria, analisi, composizione Rocco De Cia [8.2.

2019]

Strumenti per l’analisi musicale


JOHANN SEBASTIAN BACH
Preludio e Fuga n. 7 in Mi maggiore (BWV 876)
dal Libro II del Clavicembalo ben temperato

Premessa
In riferimento alla complessità di solito si colloca la Fuga al vertice della musica della
tradizione scritta occidentale, e con validi motivi: dal Settecento in avanti la Fuga è stata
intesa dai compositori come banco di prova del dominio della “scrittura severa”, un modo per
misurare la propria tecnica con i modelli del contrappunto rinascimentale e barocco (anche in
questo caso Beethoven ha rappresentato un unicum – basta pensare all’op. 106 o all’op. 133).1
Questo non vuol dire che analizzare un Preludio sia più semplice di analizzare una Fuga. Per
la Fuga abbiamo infatti a disposizione un’ampia scelta di strumenti teorici: il soggetto, il
controsoggetto, l’esposizione, il divertimento, la progressione, l’inversione, l’aumentazione
e la diminuzione, lo stretto, il trattamento delle dissonanze… Abbiamo insomma a nostra
disposizione un patrimonio di concetti che ci vengono in soccorso per classificare le grandi
sezioni e gli elementi più piccoli di cui una Fuga è composta: e la classificazione presuppone
il riconoscimento, e il riconoscimento può essere un primo passo verso la comprensione.
Nonostante la varietà inesauribile di soluzioni inventate dai compositori, nell’affrontare una
Fuga possiamo quindi contare su qualche solido punto di riferimento. Per il Preludio
dobbiamo invece valutare caso per caso, adattandoci di volta in volta a tecniche e strutture
assai differenti.
Il Preludio in Mi maggiore, al di là di una superficie scorrevole e trasparente, impone una
riflessione approfondita. L’analisi che propongo non esclude letture alternative o persino
contrastanti.
Nell’interpretazione di questo brano mi sembra che non possiamo far conto su una specifica
struttura di riferimento: la sua configurazione complessiva, pur offrendo alcuni evidenti
“segnali”, pare il risultato della graduale e “libera” (ma bisognerebbe discutere molto a
proposito di questa parola) espansione di alcuni elementi, più che l’applicazione di uno
schema precostituito.
Una delle principali difficoltà sta nel definire, dopo averla colta intuitivamente, la natura degli
elementi di base e il loro rapporto con il brano considerato nel suo complesso, “come un
tutto”. La lettura che propongo è, in sintesi: la configurazione complessiva (struttura) e i
singoli dettagli sono esito di una progressiva espansione e articolazione di un’idea iniziale,
il basso di b. 1.
Il termine idea per il basso di b. 1 non è privo di problemi. Difficilmente per queste sei note
potremmo parlare di tema o di soggetto: si tratta di termini tecnici che comportano
caratteristiche incompatibili con ciò che avviene nel Preludio. Potrei più genericamente
utilizzare i concetti materiale, oppure cellula: ma hanno implicazioni che non sono del tutto

1
Per J.S. Bach la Fuga non ha sicuramente rappresentato un banco di prova, né una forma, né una tecnica,
quanto piuttosto il modo per eccellenza di pensare la musica, un principio che ha irradiato ognuno dei generi
nei quali egli si è cimentato, dall’Aria alla Suite, dal Concerto al Corale.
1
Teoria, analisi, composizione Rocco De Cia [8.2.2019]

adatte al contesto. Non trovando altro, preferisco idea: seppure piuttosto neutro, mi sembra
allo stesso tempo preciso.
Da questa prospettiva, è importante mettere a fuoco gli elementi caratterizzanti dell’idea,
ovvero i tratti che la definiscono e la rendono riconoscibile e isolabile. In questo caso due
elementi mi sembrano determinanti: la nota di volta in tempo debole e l’arpeggio discendente.
Essi appaiono, in varie forme, nel corso dell’intero brano: un esempio di articolazione
dell’idea iniziale può essere individuato nel modulo della progressione di bb. 5-9, costituito
dall’inversione dell’arpeggio di b. 1 ampliato mediante l’inserimento di note di volta.
Possiamo interpretarlo come una sintesi dei due elementi di base.2

Queste considerazioni sono ovviamente possibili solo valutando il brano nel suo complesso,
con un unico sguardo che lo abbracci dall’inizio alla fine. Solo così possiamo intuire quanto
siano significativi, a tutti i livelli, i due elementi segnalati: nota di volta e arpeggio. Per fare
un esempio contrario: a b. 2 e a b. 4 notevole rilievo assume l’appoggiatura in battere alla
mano destra; nonostante la sua evidenza, nel seguito del brano non compare. Il suo ruolo,
nell’espansione del brano, è quindi marginale. Ciò non vuol dire che sia secondaria nella
definizione della struttura del brano: ricompare infatti in un punto cruciale, a b. 62.
Gli elementi essenziali della melodia sono infatti: 1) impulso in battere seguito da pause; 2)
variante di (1) con appoggiatura; 3) anacrusi ; 4) movimento continuo, prevalentemente
per arpeggio.
(1) (3) (2) (3) (4) (2)

2
Possiamo chiederci: davvero Bach per le bb. 5-9 ha pensato a un’inversione dell’arpeggio di b. 1 fiorita da
note di volta? Ovviamente a tale domanda non potremo rispondere. È però certo Bach conosceva la tecnica
compositiva dell’inversione: nel Libro II del Clavicembalo ben temperato possiamo citare le Fughe in Do
minore e Si maggiore. Il soggetto del Contrapunctus XII dell’Arte della fuga è un’inversione fiorita con note
di volta del Contrapunctus I.

Probabilmente nel Preludio in Mi maggiore “l’inversione dell’arpeggio fiorita da note di volta” non è stata
cercata in quanto tale, ma semplicemente “trovata”, potrei dire istintivamente. Tale istinto è però esito di anni
di esperienza, di consuetudini acquisite in casi analoghi, come quello dell’Arte della fuga. Il dominio di questa
tecnica può benissimo essere stato introiettato, passando da un livello conscio e deliberato a un livello
inconscio e intuitivo. Del resto, se Bach – come ogni altro compositore – avesse dovuto pensare ex novo ogni
passaggio delle sue opere, non avrebbe certo potuto lasciarci un’eredità così vasta.
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Dove ritroviamo tali elementi? Alle bb. 10-12, condensazione di bb. 1-4 (senza appoggiatura);
alle bb. 17-18, variante di bb. 1-2 (senza appoggiatura); alle bb. 61-63, ripresa di bb. 1-3 (con
appoggiatura – solo a b. 62).
Il rischio è di limitarci a una parafrasi verbale della notazione musicale. Quale senso ha
osservare: “Il brano inizia con un bicordo di terza Sol-Si alla mano destra sul battere della
prima battuta; seguono delle pause fino al levare della seconda battuta, dove troviamo un salto
di sesta ascendente Sol-Mi”? Si tratta di dati oggettivi, certo: ma sono inutili se non vengono
inquadrati in una prospettiva che metta in luce il loro rapporto con il brano considerato nel
suo complesso. Partendo da tali presupposti, ciò che dobbiamo fare è individuare e isolare i
tratti significativi dell’idea e spiegare quali relazioni collegano le varie parti di cui il brano è
composto.
In termini più generali: ascoltiamo il Preludio, e lo troviamo “sensato”, ovvero lo seguiamo
dall’inizio alla fine con attenzione e interesse. Il lavoro che dobbiamo fare è trovare le ragioni
alle basi della nostra “capacità di seguire con attenzione e interesse questo brano”: il tentativo
di comprendere il nostro modo di ascoltare.

A margine
Non escludo – anzi ritengo molto probabile – che l’analisi dei brani modifichi il nostro modo
di ascoltarli. Può significare: 1) portare alla coscienza modalità di ascolto attive però inconsce;
2) attivare modalità di ascolto latenti.
In realtà l’analisi che propongo vuole muoversi su due livelli: 1) una riflessione sulle modalità
di ascolto; 2) una indagine sulle relazioni fra gli elementi costitutivi del brano. Questi due
piani possono coincidere: la relazione fra la b. 1 e la b. 2 del basso, basata sulla trasposizione
dalla tonica alla dominante della medesima figurazione, dovrebbe essere evidente all’ascolto
(mentre la constatazione è facile, più difficile è spiegare i motivi di tale evidenza). Invece,
considerare le bb. 5-6 un’inversione dell’arpeggio iniziale fiorita con note di volta mi pare
più problematico, in quanto non sono sicuro della rilevanza percettiva di questa relazione:
posso riconoscere facilmente all’ascolto la presenza significativa di note di volta; l’inversione
dell’arpeggio è invece un dato che ricavo dalla lettura della partitura.

PRELUDIO
L’idea si caratterizza – ovvero esprime la
propria identità, rendendosi riconoscibile – per
alcuni elementi significativi (tratti ricorrenti
nell’intero brano): in particolare sono rilevanti
la nota di volta in tempo debole cui segue un
arpeggio discendente.
1-4

La mano destra si integra ritmicamente con la sinistra: prima con due interventi
isolati (b. 1 e b. 2), poi – quando il basso procede per suoni singoli (b. 3) – con una
sequenza continua (prevalentemente arpeggi ascendenti – del resto l’arpeggio, in
versione discendente, era già presente al basso a b. 1).
Elementi caratterizzanti alla mano destra: figure ritmiche anacrusiche (b. 3 e 4);
appoggiatura in battere che ripete la nota immediatamente antecedente; intervallo
di sesta.
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La cesura è di natura armonica: dalla tonica alla dominante, dalla dominante alla
tonica. Se la b. 1 espone gli elementi a partire dai quali il brano si espanderà
prendendo forma, le bb. 1-4 costituiscono il primo tragitto dotato di significato
autonomo: ciò è rilevante in particolare per il fraseggio.

Alla mano destra progressione ascendente di


quarta.
Il Re (bb. 5-6) implica l’area armonica della
sottodominante, pur senza modulare. Giunti al
punto di massima espansione (b. 9) la direzione
5-9
5-12

si inverte.

Pedale di tonica al basso: condivide con la voce intermedia il ritmo   (croma in


levare, semiminima in battere).
La comparsa di semicrome (qui a b. 9, più avanti a b. 46, 56 e 67-68) coincide in
genere con la conclusione di una sezione.
10-12 Ricalcano il modello delle bb. 2-4, modulando alla dominante.
Le bb. 13-15 ripropongono in Si maggiore la progressione di bb. 5-7; la voce
intermedia imita liberamente la mano destra a distanza di ottava.
13-16
La b. 16 ha funzione di raccordo con note di volta per seste parallele, e riporta
verso Mi maggiore.
13-20

Le bb. 17-18 sono parafrasi dell’incipit, con note di volta per terze parallele (levare
b. 18) mentre le bb. 19-20 portano al basso il modulo della progressione di bb. 5-9.
17-20
Il Mi maggiore non è affermato stabilmente: è zona di transito verso il Do minore
di b. 20.
Sopra un basso modellato sulla b. 3, il soprano procede con movimento continuo
21-24 di crome. Elemento caratterizzante: arpeggio ascendente cui segue la terzina di
crome discendenti Mi-Re-Do ripetuta tre volte.
Progressione discendente di tono: il modulo (bb. 25-26) è conformato sulle bb. 1-
2, con inversione dei ruoli fra mano destra e sinistra, e con alternanza fra arpeggio
25-28 discendente e ascendente.
Armonia instabile: passa attraverso il Si maggiore di fine b. 24 e il La maggiore
21-31

di bb. 26-28.
Progressione discendente di tono: il modulo (b. 29) è conformato su b. 21; la b. 31
chiude la sezione con una variante della progressione (rimane comunque
caratteristico, pur con ritmo modificato, il movimento del basso, che sale di grado
29-31 e scende di salto: Fa-Sol, Mi-Fa, Re-Mi, La-Si).
Il cromatismo discendente in parte interna (Re-Re-Do) troverà sviluppo a b. 34.
L’armonia rimane instabile: dal La maggiore / Fa minore di bb. 29-30 al Si
maggiore di fine b. 31 (come si evince da b. 32 nemmeno questo Si maggiore può
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essere inteso come tonica – tende piuttosto a identificarsi come dominante di Mi
maggiore).
Progressione ascendente di quarta: il modulo (bb. 32-34) riprende quello di b. 5
espandendolo tramite un arpeggio ascendente (bb. 32-33) cui si aggiunge una
figura discendente (b. 34).
L’armonia – sempre instabile – passa attraverso Mi maggiore (bb. 32-33) e La
maggiore (bb. 34-38).
32-37
La b. 34 è costituita da quattro linee discendenti
composte in due figure spezzate (la voce interna della
mano destra è caratterizzata dall’emersione del
cromatismo). Il ritmo   era stato introdotto a b. 5.

Il modulo di bb. 32-34 viene ridotto a due battute (bb. 38-39) in progressione
ascendente di tono. Il basso isola una singola nota di volta (b. 38, 40 e 42). La
38-42 seconda ripetizione del modulo si arresta alla prima battuta (b. 42).
32-60

L’armonia è più intensamente cromatica, e attraversa (in virtù del movimento


ascendente) La maggiore (b. 38), Si maggiore (b. 40) e Do minore (b. 42).
Massima espansione verso l’acuto: il Do (b. 43) è il punto di arrivo di una
traiettoria ascendente che tocca il Fa (b. 37), il Sol (b. 39) e il La (b. 41). Il
43-46 culmine del Do acuto viene ribadito con enfasi altre due volte, a b. 44 e 45.
L’armonia passa da Do minore (b. 43) a Sol minore (b. 44): quest’ultima tonalità
viene confermata dalla cadenza di bb. 46-47.
47-50 Riprende le bb. 21-23 portandole in Sol minore, su cui si cadenza (bb. 49-50).
Riprende la progressione di bb. 25-28, attraversando le armonie di Fa minore (bb.
51-56 51-52), Mi maggiore (bb. 53-54), La maggiore (b. 55), e indirizzandosi verso la
dominante di Mi maggiore grazie alla settima diminuita La-Sol (b. 56).
La sezione viene chiusa con una variante della figura di b. 1 (l’arpeggio viene
57-60 riempito da note di passaggio) in progressione ascendente sopra un pedale di
dominante di Mi maggiore.
61-62 Ripresa di bb. 1-2.
Progressione discendente basata sulla b. 3; nuovamente il Re implica l’area
61-71

63-67
armonica della sottodominante, pur senza modulare.
Cadenza conclusiva seguita dall’ultima apparizione della figurazione della nota di
67-71
volta.

FUGA
Esposizione del Soggetto: proposta al basso.
1-30 Esposizione

Alcuni elementi caratteristici: salti verso l’acuto (Mi-Si e Sol-Do) e discese per
moto congiunto; particolare rilievo hanno la quinta ascendente della testa del
1-7 Soggetto (Mi-Si) e il Do di b. 3, enfatizzato dalla posizione in tempo debole;
rilevanti pure la nota ribattuta e la coppia di crome con nota di volta (bb. 4, 6, 7);
le bb. 3-4 vengono ripetute in progressione discendente di grado alle bb. 5-6
(confrontato con il Do di b. 3, il Do di b. 4 ha meno “peso” perché è già stato
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ascoltato nella battuta precedente e perché viene assorbito dal movimento della
progressione); il ritmo     ricorre con particolare frequenza nell’intera Fuga,
spesso in figurazioni che si raddoppiano per terze o per seste parallele (vedi ad
esempio bb. 59-61).

La progressione del soggetto (bb. 3-4 e 5-6) si aggancia alla risposta: la b. 7 del
basso è infatti trasposizione alla terza di b. 6; la b. 8 inizia con un Do, una terza
sotto rispetto al Mi di b. 7, e mantiene il ritmo   variando la direzione degli
intervalli.
Risposta al tenore. Mutazione sul secondo suono: di conseguenza, troviamo due
salti ascendenti di quarta (Si-Mi e Re-Sol, bb. 8-10) anziché uno di quinta e uno
di quarta (Mi-Si e Sol-Do, bb. 1-3); il terzo suono, fuori mutazione, ribatte il
7-13 secondo.
La risposta non implica una modulazione improvvisa alla dominante: la dominante
è anzi un’area armonica transitoria (la si attraversa a bb. 10-12).
Proposta al contralto.
Compaiono brevi imitazioni
fra le voci: all’8va basso-
contralto, bb. 16-18 (e poi a
b. 23 all’8va soprano-tenore).
Si tratta di una sorta di
14-20 “anticipazione” degli stretti
che seguiranno.
La cadenza a Mi maggiore delle bb. 18-19, pur avendo tutte le caratteristiche
tipiche della conclusione (salto discendente di quinta al basso, risoluzione della
sensibile al tenore, risoluzione della settima al contralto) non viene percepita come
una cesura perché il fraseggio del soggetto, esposto dal contralto, prosegue nelle
battute seguenti.
Risposta al soprano. A partire da b. 22 ci spostiamo nella tonalità di Si maggiore,
21-30 che viene confermata alle bb. 29-30 con una cadenza (si tratta dell’unica cesura
principale, coordinata in tutte le voci, dell’intero brano).3
Immediatamente dopo l’affermazione del Si maggiore torniamo in Mi maggiore
(b. 30) con uno stretto: imitazione tenore-basso alla quinta discendente, a distanza
di battuta. Lo stretto inizia in secondo piano, poiché alle bb. 30-32 tenore e basso
sono sovrastati da contralto e soprano, con una breve progressione ascendente (bb.
30-45 Stretti

30-31); a b. 33, dopo una cadenza in Mi maggiore, queste due voci tacciono,
30-37 lasciando in evidenza l’imitazione.

La nota iniziale del soggetto passa da semibreve a minima: il dimezzamento del


valore dell’incipit del soggetto è una consuetudine diffusa fin dal Rinascimento.

3
La presenza del La al tenore a b. 27 è un dettaglio imprevedibile all’analisi – ma all’ascolto non ce ne
accorgiamo, tanto suona “inevitabile”.
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Stretto: imitazione contralto-soprano alla quarta ascendente, a distanza di battuta


(rivolto all’ottava dello stretto di bb. 30-37). Questo secondo stretto ha maggiore
evidenza del primo, dal momento che contralto e soprano rientrano dopo quattro
battute di pausa, e sovrastano le due voci inferiori.

Nel giro di poche battute, con ampi salti, viene toccato il punto di massima
37-45 espansione verso l’acuto dell’intero brano: a b. 40 il soprano arriva al Do, e pure le
altre voci si portano in alto (al confronto la discesa è molto più graduale,
giungendo al La solo a b. 55).
Alle bb. 40-42 attraversiamo le tonalità di Fa minore e Si maggiore per poi
tornare in Mi maggiore; questa sezione chiude portandosi a Do minore (b. 44).

Alle bb. 40-41 troviamo un inusuale ritardo 9-8


preparato come 2-1.

A tre voci: soprano e contralto dialogano in imitazione sopra il basso.4 Il modello è


decisamente ampio, contando quattro battute (bb. 45-48) che vengono poi trasposte
scendendo di seconda (bb. 49-52); l’inizio della seconda ripetizione (b. 53) si
innesta nella successiva esposizione.
Il modello può essere a sua volta suddiviso in base all’imitazione fra soprano e
contralto: le bb. 45-48 del soprano corrispondono alle bb. 47-50 del contralto, con
un incastro in imitazione alla quinta inferiore a distanza di due battute. Particolare
rilievo assume il gruppo di quattro crome con nota di volta, che compare ogni due
battute.
45-53 Divertimenti

Pure il modello del basso copre due battute, con una nota lunga unita a un gruppo
di crome (anche in questo caso con nota di volta). La progressione è a intervallo di
quinta discendente (Sol b. 46, Do b. 48, Fa b. 50, Si b. 52): la somma di due
quinte discendenti corrisponde, su quattro battute, all’intervallo di seconda
discendente sul quale – come già evidenziato – si basa la progressione della coppia
soprano-contralto (bb. 45-48 e 49-52). A b. 51 troviamo un salto di settima
ascendente anziché di seconda discendente come aggiustamento di registro, al fine
di non scendere sotto il Do grave.
Provenendo da Do minore, attraversiamo le tonalità di Fa minore (b. 47), Si
maggiore (b. 49), Mimaggiore (b. 51) e La maggiore (b. 53) e Fa minore (b. 54).
La scrittura contrappuntistica è gestita secondo il principio dei ritmi
complementari: il movimento più rapido, in crome, si alterna fra le tre voci (prima
al contralto, poi al soprano, poi al basso, poi di nuovo al contralto…); alle note più
lunghe (semibrevi) in una voce corrispondono note più brevi (minime e
semiminime) nelle altre.5

4
I cambiamenti di densità (qui – a b. 44 – con il passaggio da quattro a tre voci, prima – a b. 33 – con
l’improvviso svuotamento del tessuto sonoro, da quattro a due voci) sono in genere uno degli strumenti più
rilevanti e significativi per articolare la struttura della Fuga.
5
Il principio dei ritmi complementari è del resto una caratteristica tipica della scrittura di J.S. Bach.
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Il modello deriva direttamente dal Soggetto (cfr.


basso bb. 3-4 e soprano bb. 47-48). Alla quarta
ascendente Re-Sol si aggancia un altro salto di
quarta (Do-Fa) in posizione metrica invertita.
Il tenore rientra dopo nove battute di pausa esponendo il soggetto in La maggiore
(il Fa minore delle bb. 54-55 viene inteso come grado secondario di La
53-70 Esposizione | Stretto

53-58 maggiore). A b. 58 torniamo in Mi maggiore, tonalità in cui il brano si conclude,


toccando transitoriamente le aree di dominante (bb. 60-61) e sottodominante (bb.
65-66).
Stretto: imitazione soprano-basso alla quinta discendente, a distanza di battuta (cfr.
59-65
bb. 30-37).
Il basso prosegue poi esaurendo il soggetto a b. 67. La conclusione non si può
classificare come una vera e propria coda; caratteristico è però l’impiego di un
65-70 dettaglio armonico significativo con la funzione di “segnale”, a sottolineare la
conclusione: in questo caso la settima diminuita della dominante (La-Do-Mi-
Sol) a b. 68.

Dove arriva il soggetto?


Nella versione esposta all’inizio dal basso (bb. 1-8) lo ritroviamo al soprano (bb. 38-45) e poi
in conclusione, di nuovo al basso (bb. 60-67). Nelle altre occorrenze la conclusione è
leggermente modificata (ad esempio al tenore, b. 14) oppure tagliata (ad esempio al contralto,
b. 21).

Controsoggetto?
Il controsoggetto è in genere un elemento importante della Fuga: si tratta di un contrappunto
che troviamo fin dalla prima risposta; di solito accompagna in soggetto in ogni sua
apparizione. Da esso derivano di frequente idee importanti per i divertimenti. In questa Fuga
non troviamo però un vero e proprio controsoggetto. Confrontando basso (bb. 7-13) e tenore
(bb. 14-20) le battute uguali sono 9-12 e 16-19, che corrispondono alle bb. 23-26 del contralto;
nel seguito del brano non abbiamo altre occorrenze di questa figurazione. Per quale motivo?
Probabilmente perché in questa Fuga l’intento principale è mettere in luce la particolare natura
del soggetto, progettato per costruire stretti a distanza di battuta. La focalizzazione sul
soggetto mette in secondo piano la necessità di un controsoggetto.

Basso, bb. 9-12.

Mutazione
È un fenomeno tipico dell’esposizione della Fuga. Sarebbe troppo complicato spiegare la
mutazione con le conoscenze a nostra disposizione in questo momento: mi limito a introdurre
il problema. In breve, si tratta di una modificazione degli intervalli della testa – ossia della
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parte iniziale – del soggetto: quando nella proposta compare il suono della dominante, nella
risposta questo suono viene sostituito dalla tonica.
In linea di principio, nella Fuga la prima voce entra proponendo il soggetto alla tonica; la
seconda voce risponde con il soggetto alla dominante. Questo vuol dire che la seconda voce
traspone il soggetto una quinta sopra o una quarta sotto rispetto alla prima voce. Una
trasposizione letterale determinerebbe però in alcuni casi una fuoriuscita dal rapporto tonica-
dominante: si utilizza quindi la mutazione, una modificazione degli intervalli utile a
mantenere tale rapporto.6
La mutazione riguarda quindi l’esposizione, e in particolare la risposta, ossia l’ingresso della
seconda voce. Se si utilizza la mutazione abbiamo una risposta tonale, se non si utilizza
abbiamo una risposta reale.
• Risposta reale Nella testa del soggetto non compare il suono della dominante: in
tal caso nella risposta tutti i suoni del soggetto sono trasportati una quinta sopra (oppure
una quarta sotto) rispetto alla proposta. Nella risposta reale gli intervalli rimangono
esattamente gli stessi della proposta.
• Risposta tonale Nella testa del soggetto compare il suono della dominante: in tal
caso si utilizza la mutazione. Nella risposta il suono della dominante si trasforma in
tonica; tutti gli altri suoni sono regolarmente trasportati una quinta sopra (oppure una
quarta sotto) rispetto alla proposta. Nella risposta tonale gli intervalli cambiano in
corrispondenza della mutazione.
Alcuni esempi tratti dal Clavicembalo ben temperato.

Nella Fuga in Mi maggiore dal Libro II il suono della dominante (Si) non compare. Troviamo
quindi una risposta reale, senza necessità di mutazione: nella risposta l’intero soggetto viene
portato una quinta sopra. Al Mi-Fa-La-Sol-Fa-Mi della proposta corrisponde il Si-Do-Mi-
Re-Do-Si della risposta: la sequenza di intervalli è 2M↑-3m↑-2m↓-2M↓-2M↓ sia nella
proposta sia nella risposta.

6
In realtà la mutazione ha una storia che inizia ben prima della definizione delle funzioni armoniche di tonica
e dominante: si trova già nella polifonia rinascimentale, dove viene però interpretata come rapporto fra modi
autentici e plagali.
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Nella Fuga in Do minore dal Libro I il suono della dominante (Sol) compare nella testa del
soggetto: è la quarta nota. Troviamo quindi una mutazione che determina una risposta tonale:
al Sol della proposta corrisponde il Do della risposta. Da notare che il Sol torna come decima
nota del soggetto (inizio b. 2), ma in questo caso non è più considerato parte della testa: infatti
a questo secondo Sol corrisponde, nella risposta, il Re (inizio b. 4). La mutazione viene quindi
applicata esclusivamente al primo Sol. La sequenza degli intervalli della proposta è (dalla
prima alla decima nota, ovvero fino all’inizio di b. 2) 2m↓-2m↑-4G↓-2m↑-3M↑-2m↓-2m↑-
2M↑-5G↓; nella risposta questa sequenza si trasforma in 2m↓-2m↑-5G↓-3m↑-3M↑-2m↓-
2m↑-2M↑-5G↓: la mutazione modifica infatti il terzo e il quarto intervallo del soggetto.

Nella Fuga in Do maggiore dal Libro I il suono della dominante (Sol) è la quinta nota del
soggetto. Non viene considerata parte della testa del soggetto. Troviamo quindi una risposta
reale: nella risposta l’intero soggetto viene portato una quinta sopra. Al Sol della proposta
corrisponde il Re della risposta. La sequenza di intervalli è 2M↑-2M↑-2m↑-2M↑-2M↓-2m↓-
4G↑-5G↓-4G↑-2M↑-2M↓-2M↓-2m↓ sia nella proposta sia nella risposta.
Anche per quanto riguarda la mutazione, ogni soggetto fa storia a sé: si possono individuare
dei princìpi generali, ma le variabili sono innumerevoli.

Stretto
Lo stretto è caratterizzato da entrate ravvicinate del soggetto. Mentre nelle esposizioni una
voce propone il soggetto per intero prima che entri la voce imitante, negli stretti la risposta
inizia prima che la proposta sia conclusa. Lo stretto determina una sorta di aumento della
densità, di “surriscaldamento” imitativo: per questo viene utilizzato soprattutto nelle sezioni
conclusive dei brani; ma un impiego massiccio di stretti si può vedere fin dall’inizio della
Fuga in Do maggiore dal Clavicembalo ben temperato, Libro I, e nel Contrapunctus VII (per
augmentationem et diminutionem) dell’Arte della fuga; altri esempi memorabili si trovano nel
Clavicembalo ben temperato, alla fine della Fuga in Si minore del Libro I e nella Fuga in Si
minore del Libro II.

Pedale
Indica un suono tenuto – almeno una battuta, ma spesso molto più a lungo – sopra il quale le
altre voci si muovono anche in dissonanza. Di norma è alla dominante o alla tonica. È
particolarmente frequente nelle composizioni per organo, e da tale strumento trae il nome,
essendo spesso realizzato da un suono tenuto con la pedaliera.

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