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Epatite a

Epatite b
Epatite d
Epatite e
Epatite c
EPATITI

Quando parliamo di epatite, parliamo in realtà della patologia ed essa può essere causata da
diversi virus;
Gli Herpetici e anche il virus di Epistein-Barr , così come il virus del citomegalovirus, possono
causare l’epatite come complicanza perché i virus causano questa adenosplenomegalia,quindi
danneggiano il fegato.
Si parla di virus epatotrofi minori perché esistono i maggiori che causano l’epatite non come
complicanza, ma direttamente perché il fegato è il loro organo bersaglio.

I virus epatotrofi vengono indicati con le lettere dell’alfabeto (A,B,C,D,E,F).


Benchè siano tutti virus epatitici, in realtà appartengono tutti a famiglie diverse, hanno un genoma
diverso, hanno una morfologia diversa. Hanno genomi differenti alcuni sono a DNA altri ad RNA
L’epatite A e l’epatite E, sono virus definiti “nudi” quindi non sono inviluppati mentre l’epatite B, C
e D sono virus inviluppati.
Hanno inoltre via di trasmissione diversa: l’epatite A e l’epatite E, si trasmettono per via fecale
orale quindi ingestione ed eliminazione attraverso le feci.
I virus dell’epatite B, C e D invece hanno una trasmissione di tipo parenterale quindi attraverso il
sangue o i fluidi biologici, dunque gioca un ruolo molto importante anche la trasmissione sessuale.
E’ più trasmissibile sessualmente l’epatite B rispetto all’epatite C (in ordine decrescente).
Mentre l’epatite A e l’epatite E sono infezioni di tipo acute, quindi danno la patologia, il sistema
immunitario risolve l’infezione e l’immunità dura per sempre, nel caso delle epatiti B, C e D le
patologie possono cronicizzare, ovviamente in percentuale diversa a seconda dal virus che
andremo a considerare. L’epatite D può infettare un individuo che ha già il virus B perché come
antigene di superficie utilizza lo stesso antigene di B, quindi dà forme di coinfezione e
superinfezione dell’epatite B, ma da solo non può esistere.

-Epatite A:
appartiene alla famiglia dei “Picornaviridae”, è nudo RNA, singolo strend RNA polarità positiva. E’
importante per la replicazione virale il fatto di avere il single strand a polarità positiva, ed il fatto
che è un virus nudo condiziona la trasmissione dell’infezione e ci permette di trasmettere il virus
per via oro-fecale perché se fosse un virus inviluppato non potrebbe avere una trasmissione oro-
fecale in quanto l’inviluppo verrebbe dal punto di vista gastro intestinale completamente
distrutto, perderebbe l’infettività e non potrebbe arrivare al fegato.
È stabile proprio perché è nudo, ha ph acido, all’essiccamento, al trattamento con i detergenti,
alla potabilizzazione delle acque. Spesso infatti,l’epatite A si prende consumando cozze o di
acque contaminate dal virus oppure ultimamente si è assistito ,da un anno a questa parte ,ad un’
epidemia di epatiti A tra gli omosessuali proprio condizionata dal fatto di avere una trasmissione
oro-fecale.

Ciclo vitale: ingestione, attraversa l’autoclave gastrico e arriva all’intestino quindi passa al
sangue, dal sangue arriva all’organo bersaglio ovvero il fegato, il virus si replica a livello degli
epatociti, viene riversato nella bile quindi segue il circolo portale del fegato, tramite la bile passa
nell’intestino e viene eliminato tramite le feci. Il danno epatico si dice sia immunodipendente
poiché nel momento in cui il virus va a infettare gli epatociti, questi epatociti presentano
l’antigene alla risposta immune e quindi il sistema immunitario attacca le cellule infette e le
distrugge.
Distruggendo gli epatociti ,da un punto di vista emato-clinico, si verifica il rialzo delle transaminasi
ovvero degli enzimi epatici;questo rialzo è dovuto alla risposta immune che va a distruggere gli
epatociti. Ricapitolando: gli epatociti sono distrutti, gli enzimi degli epatociti si liberano nel sangue
e si ha il rialzo delle transaminasi.

Come si replica? E’ un virus nudo quindi può entrare solo per endocitosi:si forma l’endosoma, si
ha l’uncoating, si libera il genoma a singolo filamento a polarità positva. Questo single strand va sui
ribosomi, quindi non va nel nucleo, resta direttamente nel citoplasma, viene tradotto, si forma una
poliproteina che poi viene clivata nelle varie proteine che andranno a costituire il capside,
dopodichè deve replicare il suo genoma passando per l’intermedio di replicazione a polarità
negativa. Quindi sullo stampo negativo farà tanti positivi che poi andranno ad assemblarsi ed il
virus uscirà per esocitosi; essendo virus nudi, si accumulano dentro le cellule fino a quando la
cellula non scoppia e quindi fuoriescono per esocitosi, che è la tipologia tipica di replicazione del
virus nudo.
Il periodo di incubazione è di circa 3 settimane, abbiamo in ascissa le settimane e in ordinata la
concentrazione del virus. In queste tre settimane si verifica il picco dell’eliminazione, perché il
virus è presente nelle feci. Quindi noi eliminiamo il virus quando ancora non abbiamo i sintomi.

Quando vi è la fase prodromica e quindi i sintomi itterici e gli elevati livelli di enzimi epatici,e
dunque quando già il virus inizia a causare il danno, in realtà noi il virus non lo eliminiamo più.
Quando diventiamo sintomatici,cioè iniziamo a stare male perché c’è l’ittero,ovvero l’
ingiallimento non solo della cute ma anche della sclera corneale,nel momento in cui eliminiamo il
virus dalle feci non siamo più contagiosi.
Nel frattempo si sono formate le IgM e,abbastanza velocemente,nell’arco di 10 giorni circa, si ha lo
switch anticorpale con la produzione di IgG specifiche per l’epatite A si manterranno, bene o
male,per tutta la vita perché nel corso di questa, sicuramente incontreremo più volte il virus
dell’epatite A e nel momento in cui ciò accadrà, avremo già i cloni memoria delle
immunoglobuline specifiche, verranno amplificate nuovamente le IgG però non si formeranno mai
più le IgM e noi manterremo per sempre la nostra protezione immunitaria. Quindi quando
comparirà nuovamente la sintomatologia,il virus non sarà più presente nelle feci.

Questo è il grafico che mostra il rialzo delle transaminasi,quindi la presenza dei sintomi correlata
allo sviluppo delle immunoglobuline. Il rialzo delle transaminasi precede di qualche giorno la
formazione degli anticorpi.
L’epatite A è molto elevata nei paesi dove le condizioni igienico sanitarie sono più carenti. Noi
siamo circondati dai mari e quindi veniamo molto a contatto con le acque che possono essere
contaminate, con le cozze ecc.. quindi ci classifichiamo nella parte intermedia. Per l’epatite A
esiste sia una vaccino profilassi che una vaccino terapia. Può essere somministrato sia il siero
immune,quindi le immunoglobuline pronte,nel momento in cui sospettiamo di essere stati a
contatto con il virus, sia il vaccino che servirà proprio a stimolare la nostra risposta immunitaria.
Generalmente viene dato ai viaggiatori che si spostano da aree a bassa endemia ad aree ad alta
endemia. Viene somministrato anche ad omosessuali, tossicodipendenti, lavoratori dell’industria
alimentare che potrebbero trasmetterlo attraverso gli alimenti.

EPATITE B:
Appartiene alla famiglia degli Hepadnaviridae; è un virus che contiene un genoma a DNA che è
circolare ed è un doppio filamento,parzialmente bicatenario. Periodo di incubazione abbastanza
lungo, dai 2 ai 3 mesi, può dare infezione cronica, nella maniera e in percentuale esattamente
opposta a quello dell’epatite C, nel senso che il virus dell’epatite B cronicizza per il 10-20% dei casi
(negli adulti), mentre l’80-90% dei casi guariscono, quindi da un infezione acuta. Nell’epatite C
invece 80-90% cronicizzano e il 10-20% delle infezioni sono epatiti acute. Nei bambini la
cronicizzazione nei neonati da madre HPSAG positiva, e quindi con epatite B,può
arrivare anche al 50%. Nel momento in cui si guarisce dall’ epatite B, significa che si è in grado di
sintetizzare e produrre gli anticorpi contro un particolare antigene del virus.
L’antigene principale del virus è l’HBSAG. Se il nostro sistema immunitario è in grado di produrre
gli anticorpi anti-S, neutralizziamo il virus e possiamo superare l’infezione,invece se il nostro
sistema immunitario non sa produrre gli anti S il virus cronicizza. Il genoma è DNA parzialmente
bicatenario perché in realtà il filamento minus è incompleto. Le proteine più importanti del virus
dell’epatite B sono: l’antigene di superficie, chiamata proteina S, che tecnicamente si chiama
HBSAG, poi abbiamo l’antigene core o proteina C, che è la proteina che costituirà il capside
virale, e poi avremo l’antigene E, ovvero l’antigene della replicazione. Quindi queste tre proteine
(E, S, C) sono molto importanti perché sono i tre antigeni del virus
contro cui il nostro sistema immunitario produrrà gli anticorpi anti S o anche HDSAG, anti E o anti
HBAG, e anti C o anti CORE. Questo è molto importante perché il processo diagnostico del virus
dell’epatite B è abbastanza complesso. L’antirecettore virale (o antigene) che stabilisce il contatto
con la cellula dell’epatocita, si chiama HBSAG, un antigene che viene prodotto in quantità
abbondantissime nel virus. In realtà ne produce molto di più di quel che gli servirebbe, infatti
viene considerato il marcatore dell’infezione virale. Viene prodotto così abbondantemente perché
,essendo una sintesi che viene fatta a partire dal DNA a doppio filamento, è una sintesi che al
virus viene facile e ne produce una quantità in eccesso. Tra l’altro potrebbe anche costituire
l’antigene dell’epatite D.

REPLICAZIONE La prima fase è l’assorbimento,ovvero il legame tra recettore e antirecettore.


L’antirecettore è costituito dall’HBSAG che si lega al recettore che si trova a livello degli epatociti.
Il virus entra per fusione: è inviluppato, quindi potrebbe entrare per fusione o per endocitosi.
Entra per attività delle proteine effusogene e il nucleocapside si libera nel citoplasma. Prima di
iniziare la sua replicazione, l’HBV deve completare il suo genoma perché è parzialmente
bicatenario e non potrebbe essere tradotto in entrambi i filamenti. Deve completare il filamento
meno, portandosi appresso una trascrittasi inversa che, su stampo di DNA, copia il DNA mancante
e completa il filamento minus. Una volta ottenuto un doppio filamento a DNA circolare, si forma il
CCCDNA (covalently closed circular DNA) quindi un DNA circolare covalente chiuso,ovvero che si
superavvolge.
A questo punto,viene trascritto ad opera delle polimerasi cellulari, quindi dell’RNA polimerasi,
utilizza i nostri enzimi,si formano i vari messaggeri e dai messaggeri stessi le proteine del virus. A
questo punto deve essere replicato il genoma: viene
replicato perché viene copiato l’intero stampo di RNA e sull’RNA viene rimosso l’RNA e si forma un
ibrido RNA-DNA. Si forma un intero filamento di RNA che è la copia di tutto il genoma, si forma
l’ibrido, l’RNA viene rimosso e la polimerasi ricopia il filamento mancante. Siccome tutto questo
avviene molto velocemente, mentre il virus esce dalla cellula per gemmazione, esce così
velocemente che il filamento minus, quello interno, rimane incompleto. Questa incompletezza è
causata proprio dalla velocità replicativa del virus dell’epatite B.
TRASMISSIONE Ha una trasmissione di tipo parenterale, quindi lo troviamo nel siero e nel sangue
ad alta carica virale, concentrato;a concentrazione intermedia nei fluidi biologici che
riguardanol’apparato genitale quindi sperma e secrezioni vaginali; A concentrazioni basse nelle
urine, nelle feci, nel sudore, nelle lacrime, nel latte materno. Comunque in tutti i fluidi biologici il
virus può essere ritrovato. Possiamo avere una trasmissione di tipo orizzontale, da adulto ad
adulto,quindi ad esempio tramite tatuaggi nel caso in cui i centri che se ne occupano non utilizzano
oggetti ben sterilizzati,oppure uso di siringhe( caso tossicodipendenti), esposizione lavorativa nel
caso in cui si verifica incidente occupazionale. Altro modo di trasmissione è attraverso il rapporto
sessuale,ovvero rapporti con individui portatori cronici HBSAG, che hanno l’epatite cronica e
dunque il partner si infetta. Più è concentrato il virus, più si ha la possibilità di trasmetterlo. Vi è
anche una trasmissione perinatale, ovvero al momento del parto o nelle prime settimane di vita,
più rara è invece la trasmissione verticale ovvero quella che si verifica all’interno dell’utero.
Possiamo avere un’infezione sintomatica o asintomatica: sintomatica presenta sintomi ben
precisi quali ittero, rialzo delle transaminasi ,oppure può decorrere in maniera asintomatica.
Sia che sia sintomatica o che sia asintomatica, ha lo stesso arco di evoluzione quindi
o abbiamo l’infezione acuta che si risolve oppure l’infezione cronicizza. Nel momento in cui
cronicizza possiamo avere il carrier asintomatico oppure nel tempo si può sviluppare la malattia
epatica quindi la cirrosi o il cancro quindi l’epatocalcinoma. L’epatite fulminante copre l’1% dei casi
di tutte le infezioni. Gli antigeni epatici dell’epatite B sono tre, quindi durante la risposta
immunitaria possiamo sviluppare anticorpi nei confronti dell’antigene S, dell’antigene C e
dell’antigene E. L’antigene S è quello di superficie quindi quello che stabilisce il contatto con gli
epatociti, l’antigene Core è l’antigene capsidico e l’antigene E invece è quello di replicazione. Le
cause del danno epatico ovviamente sono dovute alla risposta immunitaria perché nel momento in
cui il virus infetta la cellula,presenta sulla superficie gli antigeni del virus e quindi la risposta
immunitaria che è prevalentemente di tipo cellulo-mediata nel caso delle infezioni virali, i linfociti
citotossici in particolare vanno ad attaccare le cellule infette (presentanti l’antigene), e quindi si ha
il danno epatico immunomediato.

DIAGNOSI La diagnosi può essere o una diagnosi diretta o una diagnosi indiretta. La diagnosi
diretta è quando cerchiamo o il virus o una parte di esso(quindi l’antigene) o anche l’acido
nucleico, quindi direttamente un costituente virale. La diagnosi indiretta invece è quando la
risposta del nostro organismo ha il virus. Gli antigeni virali che ricerchiamo sono l’HBSAG, l’HBAG,
oppure il genoma o gli anticorpi. Gli anticorpi anti-S che sono soltanto di classe IgG, gli anticorpi
anti-E che sono sempre solo di classe IgG e gli anticorpi anti-Core che possono essere di classe
IgM o di classe Ig (totali). Se io devo sapere se un paziente ha l’epatite cerco l’HBSAG. Se io ho un
paziente HBSAG positivo mi aspetto di trovare le IgM anti-core, se trovo le IgM anti-core positive
posso trovare l’acido nucleico.
-Quindi se ho un paziente in epatite acuta ho: l’HBSAG , l’HBAG, l’acido nucleico, l’IgM anti-core
come risposta indiretta e l’antigene core lo potrei avere pure.
-Se io guarisco trovo l’HBSAG mentre non trovo l’antigene S, E, Core e l’acido nucleico. Come
anticorpi trovo le Ig totali contro il Core, le Ig totali anti-E e le Ig totali anti-S. Si può stabilire se un
paziente è cronico o meno solo dopo sei mesi.
-Nel caso in cui vi è cronicizzazione trovo: l’HBSAG perché il virus si replica sempre, l’HBAG lo
trovo quasi sempre a meno che non si parla di un fenomeno che si verifica nell’epatite B che è
detto “ E minus”, nel senso che ci sono degli individui che non presentano l’antigene E ,e questo
può indurre in errore la diagnosi. Come anti-core trovo l’Ig, le anti-E le trovo a meno che non vi è
“E minus”, l’anti-S non lo trovo. Guarisco dall’infezione proprio se riesco a neutralizzare l’HBSAG
quindi se io sono cronico, è proprio la mancanza di anti-S a rendermi tale. Io non sono capace di
neutralizzare il virus quindi resterò sempre anti-S negativo. Se io ricercando gli
anticorpi,trovo anti-S (IgG) e anti-core (Ig) vuol dire che sono guarito. Se io trovo solo gli anti-S
significa che sono vaccinato e non potrò mai avere l’anti-core. Avere anti- core ed anti-S mi
permette di fare una distinzione col vaccinato che ha soltanto l’anti- S.
INFEZIONE ACUTA SINTOMATICA

L’epatite B ha la possibilità di cronicizzare. Circa il 10-20% dell’epatite B cronicizza, mentre l’80-90% dei casi
vanno incontro a guarigione (abbiamo, dunque, delle infezioni di tipo acuto) e l’1% va incontro ad
un’epatite fulminante. Se per più di sei mesi il marcatore dell’infezione (che risulta essere l’HBsAg) si
riscontra positivo ai test di screening, si parla di casi di epatite cronica.
Quali sono i marcatori che ci permettono di identificare la replicazione del virus?

1. L’HBsAg;

1. L’HBeAg, che è proprio l’indice di intensa replicazione;

2. L’HBV DNA, ovvero la presenza dell’acido nucleico.

Essi sono rilevabili nel sangue o nel siero circa un mese e mezzo dopo l’avvenuto o presunto contagio.
Questi marcatori restano positivi per un determinato periodo di tempo. Dunque l’HBsAg viene utilizzato
come marcatore di infezione. Citomegalovirus ed EBV vengono definiti come epatotropi minori. Se in un
paziente si ha un innalzamento delle transaminasi, volendo fare una diagnosi si vanno a ricercare
determinate cose. Primo sospetto che si ha, se il paziente ha la transaminasi altra, è che quest’ultimo abbia
l’epatite. Inoltre, per potere capire di che tipo di epatite si tratta, si va a ricercare:

1. L’HBsAg per l’epatite B;

1. Per l’epatite A si positivizzano le IgM anti HAV, quindi la diagnosi per l’epatite A è indiretta;

2. Nel caso del Citomegalovirus, che può essere un epatotropo, si andranno a ricercare le IgM;

3. Nel caso dell’EBV si andranno a ricercare le VCA IgM.

Occorre, in questo caso, fare una diagnosi differenziale. Il fatto che il soggetto abbia la transaminasi alta
può configurare un’epatite, ma non si può stabilire effettivamente di che epatite si tratta. Dunque, se un
soggetto è affetto da un’epatite presumibilmente acuta perché ha un rialzo di transaminasi, non è possibile
stabilire di che epatite si tratta, per cui occorre fare una diagnosi differenziale andando a ricercare tutti
quei marcatori che caratterizzano le epatiti, ovvero:

1. Per l’epatite A le IgM;

1. Per l’epatite B l’HBsAg;

2. Per il Citomegalovirus le IgM;

3. Per l’EBV le IgM.

ACCERTAMENTO DIAGNOSTICO DI INFEZIONE DA HBV

1. HBsAg: L’HBsAg viene utilizzato come marcatore di infezione

1. HBsAb: Inoltre è proprio il marcatore anti-s a stabilire che il soggetto è guarito perché si formano
gli anti-HBsAg quando il sistema immunitario è in grado di rispondere e, quindi, di neutralizzare il virus.
Quindi se è cronico non si formano gli anti-s perché il sistema immunitario non sarà capace di formare
gli anti-s.
2. Anti-HBc IgM: gli anti-core IgM sono marcatori di infezione acuta. Se sono positive le Ig è
un’infezione passata, mentre se sono positive le IgM è un’infezione in atto. Dunque, insieme all’HBsAg
si hanno anche le IgM, però l’IgM non viene richiesta ma viene richiesto il marcatore dell’infezione. Se
poi il marcatore dovesse essere positivo e se il medico dovesse trovare l’HBsAg positivo, non basterà
solo l’HBsAg ma si andrà a ricercare anche l’anti-core IgM e l’anti-core Ig per definire se si
tratta di un’epatite acuta o se si tratta di un’epatite cronica. Se in un primo momento bisogna
semplicemente richiedere l’HBsAg, quando viene definita la causa del rialzo di transaminasi non
basterà più, per cui bisognerà stabilire se si tratta di un’infezione acuta o di un’infezione cronica.
Quindi l’HBsAg viene ricercato per capire se il virus replica e non soltanto nel caso di infezione acuta,
ma anche nel caso di infezione cronica e tranne in quei mutanti definiti e-minus in cui manca il gene e
l’antigene non viene codificato.

3. HBeAg: Trovare la mancanza dell’HBeAg, però, non indica sempre che si è guariti in quanto esistono
gli e-minus e non ci si può fidare soltanto di questo, ma occorre fare tante indagini. La
diagnosi dell’epatite B non è semplice, ma è molto complessa e, allo stesso tempo, affascinante in
quanto attraverso essa è possibile capire l’evoluzione del percorso.

4. Anti-Hbe: Gli anticorpi anti-e indicano l’assenza della replicazione virale.

5. HBN-DNA: l’acido nucleico ci fa capire se il paziente è in replicazione oppure no.

Inoltre per poter dire che si tratti di un’epatite cronica o meno occorre aspettare circa sei mesi. Se dopo sei
mesi l’HBsAg è sempre positivo e l’infezione cronicizza questo antigene continua a rimanere rilevabile nel
sangue, se invece si arriva alla guarigione, l’HBsAg (l’antigene di origine virale) scompare e compaiono gli
anticorpi specifici, l’HBsAb.

Osservando la tabella sovrastante è possibile notare che:

1. Nel caso dell’epatite acuta, possono presenti le IgM ma le IgG non ci sono. Le anti-e non sono
presenti, le anti-s non sono presenti, mentre i tre antigeni sono presenti.

1. Nell’epatite cronica, come differenza si hanno le Ig degli anti-core che si sono positivizzati. Gli
antigeni sono sempre presenti. Se si guarisce si hanno gli anticorpi anti-core, gli anti-s e, inoltre, si
possono avere o non avere gli anti-e a seconda se si tratta di e-minus o meno. Gli anti-e nel tempo,
passati 10 o 20 anni dalla guarigione, si perdono e quindi possiamo anche non ritrovarli. Se si
trovano solo gli anti-s, il soggetto è vaccinato.

PREVENIONE DELL’INFEZIONE DA HBV

La prevenzione si può effettuare:

1. Con la somministrazione del siero iperimmune: quando ci si punge con un soggetto HBsAg
positivo, facendo il prelievo, se io so di essere immune mi accorgo di avere gli anticorpi (cioè il
titolo anticorpale protettivo) e in questo caso posso anche non preoccuparmi. Se io, invece, non
dovessi avere gli anticorpi protettivi, mi faccio il siero iperimmune e poi una dose di vaccino se sono
stata vaccinata precedentemente, mentre la vaccinazione completa se non sono mai stata
vaccinata.

1. Con il vaccino.

PROCEDURA PER LA GESTIONE DELLE ESPOSIZIONI OCCUPAZIONALI AD HIV E VIRUS EPATITI B, C

Generalmente nel momento in cui si verifica un incidente occupazionale con qualsiasi modalità (facendo un
prelievo, venendo a contatto con i fluidi biologici del paziente tramite un taglio o una puntura, con
contaminazioni mucose e/o di cute non integra), si fa il prelievo all’operatore che si è punto e al paziente.
Ciò viene fatto perché bisogna stabilire se il paziente ha l’epatite B, C o HIV. Il paziente, per effettuare il
prelievo, deve dare il consenso scritto perché, se lui si oppone, non è possibile fare il prelievo e, di
conseguenza, non è possibile sapere com’è la fonte dell’incidente occupazionale. Bisogna ricercare nel
paziente:

1. l’HBsAg;

1. l’anti core per sapere se l’ha avuta in passato e l’anti HIV.

Oltre a fare il prelievo alla fonte, occorre fare il prelievo anche all’operatore che si è punto. Bisogna cercare,
invece, nell’operatore che si è punto:
1. l’HBsAg: in questo caso si tratta semplicemente di una pratica burocratica per dimostrare che a
tempo zero l’operatore era negativo, nel caso in cui volesse chiedere risarcimenti all’azienda.
Dunque, il prelievo a tempo zero è importante in quanto stabilisce che a tempo 0 l’operatore non
era affetto da HIV e virus epatiti B e C. Inoltre risulta essere importante perché stabilisce il titolo
anticorpale, ovvero se l’operatore è protetto dall’eventuale infezione della fonte. Avendo un titolo
protettivo, non bisogna fare né la prevenzione né la vaccinazione.

1. l’anti s per sapere se è immune.

Inoltre, purtroppo ad oggi non esiste vaccino per l’HCV né la profilassi, per cui non è possibile intervenire
ma è solamente possibile effettuare i controlli. Se la fonte dovesse rivelarsi HCV positiva, si potrebbero
solamente effettuale dei controlli che vengono fatti a tempo 0, a 45 giorni, a 3 mesi e a 6 mesi e sperare di
non avere contratto il virus. Per l’HIV, invece, se il paziente dovesse essere positivo c’è la possibilità di fare
la terapia antiretrovirale che, somministrata entro le 48h dalla presunta infezione, blocca la replicazione del
virus per tentare di non farlo attecchire e non infettarsi con l’HIV. Dunque, le terapie sono in grado di
diminuire la capacità infettiva dell'Hiv riducendo significativamente il rischio di trasmettere il virus ad altre
persone. Inoltre, fino a 6 mesi, vengono fatti esami differenti perché mentre al tempo 0 si cercano gli
anticorpi e l’antigene (quindi l’HBsAg, l’antivirus per il virus C, l’anticorpo per l’HIV e il titolo), a 45 giorni si
cerca l’acido nucleico del virus, così come a 3 mesi e a 6 mesi si ricercheranno nuovamente gli anticorpi.
Dunque, si tratta di controlli differenti. La prassi si considera conclusa dopo i 6 mesi: dopo 6 mesi è
possibile definire di non essersi infettati. Riepilogando, in caso di incidenti occupazionali da esposizione
accidentale a materiale biologico potenzialmente infetto, l’operatore informerà il medico di riferimento e si
recherà in Pronto Soccorso a farsi refertare, dove verranno praticate le prime cure necessarie: verrà
eseguito un prelievo ematico all’operatore e verrà eseguito un prelievo ematico alla fonte tramite una
provetta da destinare al laboratorio per gli esami di competenza. In attesa dei risultati, ci si rivolge all’ufficio
prevenzione e protezione dei lavoratori il quale aiuterà l’infortunato a seguire l’iter diagnostico corretto per
l’espletamento delle procedure di competenza specialistica (45 giorni, 3 mesi e 6 mesi).

VACCINAZIONE PER L’EPATITE B

Dal 1991 la vaccinazione per l’epatite B è obbligatoria per tutti i nuovi nati.

L’EPATITE D (EPATITE DELTA)

Il Deltavirus ha un genoma a RNA circolare a single strand. Esso risulta essere inviluppato, ha la stessa via di
trasmissione dell’epatite B (molto spesso, infatti, i soggetti si infettano contemporaneamente). Non si
conosce bene, anche se stimato, il periodo di incubazione (circa 2 o 2 mesi e mezzo) e può dare infezione
cronica. Il virus dell’epatite D ha una caratteristica importante: nell’envelope come antirecettore virale
presenta l’HBsAg. Dunque, ciò sta ad indicare che si possono infettare con l’epatite delta soltanto i soggetti
che già sono infetti con l’epatite B perché il virus utilizza lo stesso antigene, quindi lo stesso legame
recettore-antirecettore.

CARATTERISTICHE CLINICHE DELL’EPATITE D

Quindi l’epatite D, come caratteristiche cliniche, evolve in una:

1. COINFEZIONE: si tratta di un’infezione simultanea di epatite B ed epatite D. Essa dà come


coinfezione una malattia acuta severa con un basso rischio di infezione cronica. Quando si
manifesta sottoforma di coinfezione, il soggetto si infetta contemporaneamente con l’epatite B e D
e quindi ha una minore severità.

1. SUPERINFEZIONE: può dare, inoltre, una superinfezione con maggiore severità della malattia. Si
può presentare come epatite acuta con un alto rischio di malattia cronica. Se il soggetto si infetta
successivamente con epatite D, ha una prognosi può severa.
LA REPLICAZIONE

La replicazione, ovviamente, necessita dell’HBsAg e le modalità di infezioni seguono le stesse vie di quelle
dell’epatite B, quindi:

1. Parenterale;

1. Percutanea, in caso di incidente occupazionale;

2. Sessuale;

3. Perinatale.
L’EPATITE E (HEV)

Il virus dell’epatite E somiglia un po’ al virus dell’epatite A. Esso ha un acido nucleico formato da RNA a
single strand, non è inviluppato ma è sempre un virus nudo. Come è possibile notare, sono quasi le stesse
caratteristiche del virus dell’epatite A. Il virus dell’epatite E è una zoonosi, per cui è possibile acquisirlo dagli
animali.

L’EPATITE C (HCV)

Il virus dell’epatite C, invece, appartiene alla famiglia dei Flaviviridae e ha un genoma formato da RNA a
single strand a polarità positiva. Esso è inviluppato (presenta capside icosaedrico e inviluppo), si trasmette
per via parenterale e ha un periodo di incubazione abbastanza lungo. Inoltre è il virus per eccellenza
dell’epatite cronica: la maggior parte delle infezioni, infatti, non riescono a risolversi ma circa l’80% dei casi
le infezioni cronicizzano.
REPLICAZIONE DEL VIRUS DELL’EPATITE C (HCV)

Il genoma è RNA a singolo strand a polarità positiva, per cui per replicarsi si deve prima formare la
poliproteina. Il genoma contiene dei geni precoci che vengono identificati con early e dei geni non
strutturali che vengono indicati con NS1, NS2, NS3 etc.

La poliproteina verrà successivamente clivata a formare tutte le proteine enzimatiche e strutturali che
andranno ad assemblare il virus. Nel caso dell’epatite C, la cosa più importante è che essendo un virus a
RNA, durante la replicazione il virus varia. Questo è un problema che riguarda tutti i virus che hanno un
genoma a RNA: l’RNA polimerasi che replica il genoma non presenta il sistema di proof-reading (correzione
di bozze) come nel caso della DNA polimerasi. Essendo, tra l’altro, un virus che ha un genoma abbastanza
piccolo, esso si replica in maniera molto veloce. Nell’individuo verrà a crearsi una situazione molto
particolare, tipica del virus dell’epatite C: è possibile generalmente ritrovare negli individui un genoma
master (quindi la prevalenza di un genoma) e poi tanti altri genomi che variano per alcune fasi. Il virus
dell’epatite C è così veloce nella sua replicazione che le mutazioni si accumulano anche nell’arco della
stessa giornata: dalla mattina alla sera il virus può cambiare. E’ questa la motivazione fondamentale per cui
non è stato possibile creare il vaccino: è un virus che cambia molto e proprio per questa potenzialità di
cambiamenti non si riesce a trovare un vaccino che sia capace di neutralizzarlo.

HCV CLASSIFICAZIONE

Il fatto di cambiare molto ha fatto sì che nell’ambito del virus HCV si potessero distinguere genotipi che
variano tra loro per una certa percentuale di omologia e, addirittura, si parla di quasispecie a seconda se le
mutazioni sono più o meno abbondanti nel genoma. La genotipizzazione riveste un ruolo molto importante
dal punto di vista diagnostico.

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DI GENOTIPI DI HCV

Si tratta di genotipi principali che si ritrovano a livello mondiale. Nella nostra area geografica è più ritrovato
il genotipo 1b, ovvero quello più resistente alla terapia anche se ormai si parla di eradicazione di HCV
perché nuovi farmaci hanno fatto delle scoperte molto importanti, tant’è che si parla della sconfitta, in
questo periodo, dell’HCV. In questo momento permane il problema, però, dell’accessibilità di tutti i pazienti
alle cure perché al momento si è scelto di somministrare le cure ai soggetti più giovani in quanto non c’è la
possibilità di somministrare i farmaci in maniera estesa.

Inoltre il genotipo 3, ad esempio, è tipico dei tossicodipendenti, mentre il genotipo 2 si trova perlopiù nei
paesi africani. Quindi è possibile notare come ogni regione sia caratterizzata dalla circolazione di un
genotipo particolare.

DANNO EPATICO ATTRIBUIBILE ALLA RISPOSTA IMMUNITARIA

Per quanto riguarda l’epatite C, il danno è immunomediato, quindi è la risposta immunitaria a creare il
danno negli epatociti. Quando gli epatociti sono infetti, espongono sulla loro superficie l’antigene e i
linfociti citotossici vanno a distruggere le cellule infette, per cui si dice che il virus, in realtà, causa un danno
di tipo immunomediato.
MODALITA’ DI TRASMISSIONE DI HCV

La via di trasmissione è di tipo:

1. Parenterale: attraverso siringhe (non monouso perché questa modalità di trasmissione


caratterizzava più il passato benché, purtroppo, ancora oggi si assiste allo scambio di siringhe tra
tossicodipendenti), attraverso piercing, tatuaggi;

1. Sessuale: si trasmette sessualmente, anche se in maniera meno rilevante rispetto all’HBV perché la
carica virale con cui il virus si ritrova è inferiore nei liquidi biologici di organi genitali di uomo e
donna rispetto all’HBV.

2. Trasmissione familiare: la trasmissione familiare risulta essere frequente, ma questo è tipico di


tutte le epatiti.

COME EVOLVE LA MALATTIA DA HCV?

1. Nel caso di INFEZIONE ACUTA può essere apparente o inapparente, per cui il soggetto può essere
sintomatico o asintomatico e può andare incontro, dopo l’attivazione del sistema immunitario, a
guarigione. Questo si verifica tra il 20 e il 30% dei casi.

1. Nel caso di INFEZIONE CRONICA che può essere più o meno grave, l’epatite cronicizza e dopo un
certo periodo può evolvere a cirrosi e dalla cirrosi si può passare all’epatocarcinoma.

HCV, COFATTORI E PROGRESSIONE DELLA MALATTIA

Esistono dei cofattori nella progressione della malattia che possono determinare che se l’evoluzione
normalmente è lenta, normalmente necessita un periodo di tempo abbastanza esteso (10-15 anni) affinché
la malattia evolva da malattia epatica a cirrosi ed epatocarcinoma.

Esistono, inoltre, dei cofattori come:

1. La coinfezione con altri virus: non raramente è possibile trovare soggetti infetti con l’epatite B e C
contemporaneamente, ma anche epatite B e HIV contemporanei o addirittura tutte e tre le
infezioni. Ciò accade perché la via di trasmissione è la stessa: considerando che alcuni soggetti non
si creano molti scrupoli nello scambiarsi le siringhe, può capitare che acquisiscano più infezioni
nello stesso modo.

1. L’alcolismo è un altro cofattore che velocizza la progressione.


2. E’ possibile, inoltre, fare riferimento anche a predisposizioni genetiche come l’età del paziente,
l’obesità il diabete. Quest’ultimi risultano essere fattori che determinano una progressione rapida
della malattia.

170 milioni di casi nel mondo erano infetti da epatite nel 2000. Lo stesso non si può dire per l’Asia o per
l’Africa, in cui la situazione risulta essere addirittura peggiore. Nei posti in cui le condizioni igienico-sanitarie
sono inferiori, il picco epidemiologico è inversamente proporzionale e quindi la diffusione della malattia è
più elevata.

ACCERTAMENTO DIAGNOSTICO DI INFEZIONE DA HCV

Come è possibile fare diagnosi? Nel momento in cui il medico osserva e transaminasi, deve stabilire di che
tipo di epatite si tratta. Anche nel caso dell’epatite C è possibile avere una:

1. DIAGNOSI INDIRETTA, ovvero la ricerca degli anticorpi;

1. DIAGNOSI DIRETTA, ovvero la ricerca del genoma. Quindi è una diagnosi di tipo biomolecolare.

Gli anticorpi sono immunoglobuline totali, per cui non è possibile distinguere la fase acuta dalla guarigione
proprio perché sono immunoglobuline totali. Facendo un prelievo e cercando gli anticorpi contro il virus
HCV:

1. se il prelievo risulta negativo, significa che l’individuo non ha mai incontrato il virus;

1. se l’HCV risulta positivo, significa che l’individuo è venuto a contatto con il virus.

L’anti HCV positivo, però, non stabilisce se l’individuo è guarito: potrebbe essere anche guarito o ha ancora
l’infezione in corso, per cui necessita di un altro test. L’altro test consiste nella ricerca del genoma, per cui si
va a cercare l’acido nucleico (RNA):

1. se l’RNA è negativo, l’individuo e guarito e quindi fa parte del 20% dei soggetti che hanno avuto
l’infezione acuta e sono guariti;

1. se l’anti HCV è positivo, non è possibile stabilire se si tratta di un’epatite acuta o cronica. Ciò potrà
essere stabilito solamente dopo 6 mesi attraverso il genoma. Dopo 6 mesi il genoma dovrebbe
essere positivo se si tratta di un’infezione cronica, mentre negativo se si tratta di un’infezione acuta
già guarita. Il processo diagnostico dell’HCV è il più semplice perché non si hanno tutti gli anticorpi
presenti nel caso dell’epatite B.

Dopo avere scoperto di essere affetti da un’epatite cronica, bisogna valutare il genotipo. Sapere il genotipo
è importante perché:

1. permette di capire che tipo di evoluzione può avere la patologia considerando che esistono
genotipi più aggressivi, più resistenti alla terapia etc.);

1. può dare informazioni circa le condizioni di un paziente: alcuni genotipi sono tipici degli
omosessuali, mentre alcuni genotipi sono tipici di alcune aree geografiche etc.

Dunque, ricapitolando il processo diagnostico:

1. Attraverso gli anticorpi è possibile vedere se un individuo è positivo o negativo. Se è positivo si va a


ricercare il genoma dopo 6 mesi per sapere se si tratta di un’infezione cronica;

1. Si ha, successivamente la determinazione del genotipo virale;

2. Terapia farmacologica: se dopo un mese di terapia farmacologica la carica virale scende di almeno
un logaritmo (quindi di almeno 10), significa che la terapia funziona e che, probabilmente, si andrà
a negativizzazione. Dunque, si tiene monitorata la carica virale fino a quando il paziente non
negativizza l’acido nucleico.
EPATITE ACUTA DI HCV – DATI SIEROLOGICI

E’ possibile osservare nella foto sottostante i dati sierologici rispetto all’epatite acuta o cronica.
Nel caso dell’epatite acuta, quando l’’anti HCV incontra il virus si positivizzano gli anticorpi e quest’ultimi
restano positivi per tutta la vita: si ha una fase sintomatica, una fase in cui c’è l’acido nucleico. Quest’ultimo
a 6 mesi si negativizza e la transaminasi si negativizza. Nel caso dell’epatite cronica, l’anti HCV rimane
sempre positivo, i sintomi possono essere o meno presenti, il picco delle transaminasi varia e l’HCV RNA si
replica sempre. Quindi l’epatite acuta è molto diversa dal punto di vista dei parametri biochimici rispetto
all’epatite cronica.

Questo è un test che ci permette di determinare il genotipo virale.

Come si fa a determinare il genotipo? La carica virale si determina in PCR. Nel caso del genotipo, invece, si
fa una PCR in cui viene amplificato il genoma virale. Per fare ciò si utilizzano delle striscette di carta bianca
in nitrocellulosa. Andando a mettere a contatto il genoma con la striscetta di nitrocellulosa, siccome i
primer utilizzati sono biotinilati, si determina, aggiungendo una sostanza cromogena, lo sviluppo di un
colore (ovvero le strisce). In base alla striscia che si colora, si ha una griglia di lettura attraverso la quale è
possibile che si tratti di un genotipo 1, di un genotipo 3, 4 con possibilità di determinare anche i sottotipi.

EPATITE C: LA PREVENZIONE

Non esiste un vaccino per prevenire la malattia ma, per farlo, bisogna semplicemente prevenire il contagio.
Quest’ultimo si previene evitando i comportamenti a rischio, quindi evitando possibilmente la
tossicodipendenza, recandosi in posti altamente controllati e sicuri per i piercing e tatuaggi, evitando la
promiscuità sessuale o, comunque, proteggendosi durante i rapporti sessuali. Mentre per il papilloma virus
il condom non è protettivo, nel caso del virus dell’epatite C, così come per l’epatite B e per l’HIV, il condom
invece risulta essere protettivo.

PARAMETRI EMATOLOGICI

Anche i parametri ematologici variano: si ha il rialzo della transaminasi, ma si ha anche una lieve leucocitosi
(ovvero un aumento dei globuli bianchi) con possibile inversione della formula leucocitaria (linfociti e
neutrofili). E’ un po’ come l’EBV.

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