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1. neutrofili cellule che mediano gli effetti dell’infiammazione acuta. Fa parte dei
leucociti ed è normalmente presente nel nostro organismo; ha una vita molto
breve cioè da 12 a 24 ore. Ha una elevata capacità battericida. Possono essere
azzurrofili se contengono nel loro interno delle idrolasi acide. Ciò perché i
neutrofili sono quelli che coadiuvano con i macrofagi per distruggere e portare a
morte il nostro germe, il nostro patogeno. Infatti il neutrofilo ha la capacità
quando è attivato (quindi quando è in grado uccidere) di produrre questi enzimi
e produrre i radicali liberi. Quindi la sua azione è quella di battericida.
2. l’eosinofilo Esso risponde di solito quando stimolato dal sistema immune e non
fa altro che avere un'azione difensiva. Però a differenza del neutrofilo quando
noi ritroviamo un’attivazione degli eosinofili di solito si tratta di una reazione
allergica. Infatti sia gli eosinofili che i basofili di solito sono quelle cellule del
nostro sistema immune che vengono attivati soprattutto quando si tratta di una
reazione allergica.Il rapporto eosinofili/neutrofili è molto a vantaggio dei
neutrofili perché per esempio ogni 55 neutrofili noi troviamo 2-3 eosinofili.
3. Mastociti sempre del processo infiammatorio acuto, sono delle cellule
soprattutto che si ritrovano sia nelle mucose che nei connettivi di quasi tutti i
tessuti ed organi. Quando attivati non fanno altro che liberare i cosiddetti
mediatori del processo infiammatorio. Uno dei mediatori più importanti è
l'istamina.
4. I basofili sono in numero minore, un po' come gli eosinofili. Anch’essi sono
ricchi di granuli perché anche essi hanno questa azione battericida. Come gli
eosinofili si ritrovano soprattutto aumentati quando noi ritroviamo dei patogeni
su base allergica.
5. monociti – macrofagi. Sono l'evoluzione della stessa cellula: prima sono
monociti e poi una volta che vengono attivati si trasformano in macrofagi
propriamente detti e i macrofagi sono quelli che insieme ai neutrofili
determineranno la fagocitosi degli agenti patogeni. Alcune delle manifestazioni
secondarie del processo infiammatorio possono essere causate anche dalla
presenza massiva di queste cellule infatti la febbre può essere considerata una
azione dei macrofagi stessi.
6. le piastrine: una volta che l'agente patogeno penetra ha creato un varco. La
piastrina nel suo normale funzionamento non fa altro che formare un coagulo
per cercare di ostruire le emorragie insieme anche ai fattori del complemento
che attivano tutto il processo di quella che sarà poi la coagulazione.
7. I fibroblasti riescono ad aiutare il trasporto dei globuli bianchi verso i tessuti che
sono stati interessati dal patogeno stesso e i fibroblasti sono anche importanti
perché producono quelle sostanze che sono basilari per quanto riguarda la
riparazione e la guarigione. Infatti i fibroblasti produrranno l’elastina e i
glicosamminoglicani che sono poi le strutture fondamentali per quanto riguarda
la guarigione.
8. I linfociti T e i linfociti B sono le cellule del nostro sistema immunitario sia di
immunità umorale che cellulo -mediata.
L’infiammazione acuta è un processo che consiste in 2 componenti principali:
- Eventi cellulari caratterizzati dalla migrazione dei leucociti nella sede del danno e
loro accumulo.
Le cellule endoteliali sono quelle cellule piccole che rivestono le pareti rivestono le
pareti dei nostri vasi e sono importanti perché quando noi abbiamo il processo
infiammatorio acuto, il vaso per permettere la migrazione dal torrente circolatorio dei
neutrofili o dei globuli bianchi verso i tessuti, l'endotelio deve subire una maggiore
permeabilizzazione; quindi le cellule endoteliali sono importanti perché devono
permettere la fuoriuscita dei globuli bianchi che devono raggiungere il posto dove
devono andare ad attaccare.
Nel caso in cui l'organismo non ha la capacità di eliminare l'agente che ha determinato
il danno , evidentemente questa risoluzione non si ha e si va verso l'infiammazione
cronica .
INFIAMMAZIONE ACUTA E CRONICA
Perché in alcuni casi abbiamo un'infiammazione acuta e in altri casi abbiamo
un'infiammazione cronica? Molto dipende dalla tipologia dell'agente . se di natura fisica
chimica e biologica , che determini un danno facilmente affrontabile ed eliminabile ,
determinano un'infiammazione acuta con risoluzione del danno e guarigione della
ferita. Invece , nel caso in cui l'agente patogeno non sia eliminato , allora a questo
punto si può determinare un'infiammazione cronica che dura nel tempo e teoricamente
può portare alla guarigione con cicatrizzazione.
Quando abbiamo un agente patogeno facilmente digeribile ed eliminabile abbiamo
un'infiammazione acuta , quando abbiamo un agente patogeno non altrettanto
facilmente digeribile ed eliminabile abbiamo una cronicizzazione.
nel caso di microbatteri che sono dei microrganismi che hanno delle caratteristiche
tali , che una volta fagocitati dai macrofagi risultano in ogni caso non digeribili dal
macrofago stesso e gli enzimi lisosomiali presenti all'interno dei macrofagi non sono in
grado di distruggere il batterio stesso. Il micobatterio rimane murato vivo all'interno del
fagocita e lì continua ad essere presente.
I citotipi coinvolti sono macrofagi, plasmacellule e linfociti; i quali cercheranno
di sanare/riparare il danno senza. Questo processo flogistico cronico duraturo
nel tempo, provocherà la distruzione del tessuto in questione causando la
fibrosi.
La persistenza dell’agente patogeno determina due tipi di risposte:
1) risposta immuno-cellulo mediata;
2) i macrofagi che cercano di permanere in loco per cercare di distruggere
l'agente patogeno.
L'infiammazione cronica può essere divisa in due tipi: infiammazione cronica
interstiziale e infiammazione cronica granulomatosa.
L'infiammazione cronica può nascere come tale oppure può essere secondaria ad
un'infiammazione acuta.
LE GUARIGIONI
Le rasi che caratterizzano la guarigione del tessuto sono:
1. FASE infiammatoria→ abbiamo la vasodilatazione che ha permesso l’arrivo da
parte dei neutrofili, aumentando la permeabilità capillare.
I. Nella prima settimana si ha un’iniziale vasocostrizione che forma un deposito
di fibrina sulla ferita (sostanza giallastra che sembra un lieve essudato che
compare al momento in cui acquisiamo, anche, una ferita banale, che poi
formerà un coagulo).
II. Aumenta poi la permeabilità capillare, i globuli bianchi passano e si forma
l’edema
III. Una volta che i neutrofili avranno portato a termine il loro compito ed
il tessuto è libero da qualsiasi agente patogeno: intervengono i
fibroblasti
→ si trovano in qualsiasi tessuto e attivandosi producono
collagene, che viene utilizzato per guarire rerite che alterano
gravemente la superficie corporea, come le ustioni: ferite in cui
parte della cute e dell’epitelio di rivestimento vengono
completamente alterate ed estirpate.
Il collagene è la matrice prima per la “riepitelizzazione”;
l’ipossia stessa attiva dei fattori di crescita per aumentare la
vascolarizzazione, dunque viene attuata la neoangiogenesi.
⇒ L’epitelio comincia a crescere e svilupparsi
nuovamente: si passa così alla:
2. FASE DI PROLIFERAZIONE → con la produzione di collagene; dopo questa rase la
ferita si considererà guarita.
Per ottenere ciò, si avrà il rimodellamento della rerita stessa che può avere
tempi di durata anche lunghi, come una ferita chirurgica caratterizzata da
suture che hanno il compito di unire dei lembi.
ISPEZIONE FERITE
Quando si parla di ferita, si parla di una rase che è secondaria al processo
infiammatorio.
Prima di tutto bisogna effettuare un’ispezione della ferita:
- capire di che ferita si tratta (se netta, frastagliata o contusa), in
quanto varierà anche l’approccio clinico.
ES: se netta, infatti, la guarigione sarà più rapida rispetto ad una
ferita frastagliata.
- valutare il danno (ad esempio se c’è perdita di sostanza:
escoriazione).
- valutare se i tessuti che si trovano al di sotto sono stati alterati e
ciò è subito visibile: se infatti avremo un vaso rotto, si noterà la
presenza di un’emorragia; se vi saranno nervi, tendini, dal
movimento o più esattamente dall’atteggiamento dell’atto si
potranno capire eventuali danni.
- veriricare se la zona è critica, quindi con un coinvolgimento di zone
come l’occhio, la bocca, i denti, se c’è un’eventuale rottura.
- da cosa è stata causata
- quanto tempo è passato dall’insorgenza della rerita
- controllare se è sporca e di cosa
CONTAMINAZIONE FERITE
Le ferite traumatiche sono quelle che non vengono programmate e per il 99%
sono delle rerite che si possono infettare da sostanze presenti nel momento del danno:
come terra o letame, sassi, vegetali, vetri, da questo il tetano, la lettospirosi, la rabbia
causata dal morso di un cane.
Bisogna quindi valutare subito il tempo dall’insorgenza della ferita:
– a 6 ore essa deve essere il più pulita possibile,
– superate le 6 ore si può rischiare di andare incontro a
necrosi.
Le ferite da contusione, dove non abbiamo l’apertura della cute, ma la presenza
di un’emorragia o di uno stravaso emorragico che può determinare quella che è la
massiva contusione anche di organi interni.
Può essere accompagnata da un dolore, ad esempio una rrattura costale può portare
alla perforazione delle pleure, quindi portare ad uno pneumotorace importante che se
non viene curata presto può portare a morte il paziente.
TRATTAMENTO FERITE
La prima cosa da rare in una qualunque ferita è:
lavarla abbondantemente con acqua e sapone, non utilizzare alcun tipo di
disinrettante che sia su base
alcolica o particolarmente aggressivo.
Dopodiché bisogna chiudere l’eventuale emorragia, comprimere o legare per rar sì
che venga indotto il processo di coagulazione.
Per la pulizia della ferita spesso viene effettuata un’anestesia locale per
evitare che il dolore possa peggiorare la situazione clinica del paziente; se la
ferita è profonda e la persona è particolarmente sensibile, quest’ultima viene
sedata.
Bisogna poi esplorare la zona interessata rimuovendo i corpi estranei che
possono essere di varia natura, partendo dai sassi arrivando ai proiettili.
ES: In una ferita da armi da fuoco infatti non si può avere una guarigione se
prima la pallottola non viene estratta, perché sarà poi questo corpo estraneo a
determinare il processo inriammatorio.
Se la ferita presenta già un margine necrotico, bisogna pulire e rimuovere la zona necrotica
e permettere il processo di riepitelizzazione mediante il collagene o dei polimeri
sintetici.
Dopo il lavaggio con acqua e sapone, segue il lavaggio con fisiologica per cercare di
rimuovere attraverso garze sterili tutto quello che è possibile dalla ferita.
Si hanno solo 24h di tempo per effettuare il siero sia per l’antitetanica sia per
l’antirabbica (che può essere causati
da morsi di cani o roditori).
Spesso si deve anche effettuare la
profilassi antibiotica: oggi infatti i batteri
hanno una maggiore resistenza in quanto
si sono selezionati quelli più resistenti ai
comuni antibiotici. Essa va ratta
soprattutto in quelle ferite che non
tendono a guarire, in quelle al cui
interno vi sono ancora dei batteri che
continuano a proliferare → in questo
caso la ferita va riaperta e ripulita,
queste saranno denominate ferite di
terza intenzione.
CLASSIFICAZIONE
FERITE
Le ferite possono essere classificate:
– in base alla profondità:
– SUPERFICIALI interessano solo la cute e il tessuto sottocutaneo
– PROFONDE interessano le fasce muscolari, i muscoli, i tendini e il periostio
– PENETRANTI in seguito a un trauma o un accidente, possono anche
raggiungere una cavità (addominale o toracica)
– TRAPASSANTI ovvero quelle che possono attraversare l’intero spessore di una
porzione anatomica
– in base alla causa:
– ACCIDENTALI autoinflitte, dolose, sportive, domestiche o lavorative
– CHIRURGICHE
– in base al prodotto della ferita:
– ESCORIAZIONI si ottengono con uno scivolamento su una zona dura: avvengono
perché la cute ha
incontrato una barriera dura ed è avvenuto lo sfregamento di essa.
Nella maggior parte dei casi sono superficiali, quindi interessano cute e
sottocute; a seconda dell’estensione, però, possono aprire le porte ai batteri
(anche i segni di un tatuaggio possono essere considerate escoriazioni).
– FERITE DA TAGLIO → possono determinare un’alterazione della cute e
possono essere definite in base all’oggetto che ha causato la rerita e dalla
forza che è stata impressa.
Possono essere profonde al punto tale da far fuoriuscire gli organi interni:
dipende molto anche dall’elasticità del taglio o se questo ha determinato
un’emorragia (in questo caso si valuta se l’emorragia è superficiale o
profonda: se viene tagliata una vena, avremo un’emorragia massiva, ma se
viene tagliata un’arteria noteremo il sangue zampillare); il dolore dipende
dalla zona colpita.
– FERITE DA PUNTA → è una ferita meccanica e può variare in base a cosa ha
determinato l’incidente,
abbiamo l’orificio/inizio dalle dimensioni variabili in proporzione alla
dimensione dell’oggetto interessato ed in base alla profondità della forza
impressa sull’oggetto.
Possono essere denominate superficiali, complesse (se vi sarà
l’interessamento di vasi e nervi), penetranti o trapassanti.
I sintomi sono l’emorragia nel caso di ferita complessa, l’impotenza funzionale
se vengono lesi nervi o muscoli, la possibilità di mantenere internamente dei
corpi estranei o le complicanze tecniche.
– FERITE LACERO-CONTUSE Ă esempio di un bambino morso da un cane che
ha come caratteristiche non solo l’aggressione, ma anche la lacerazione;
possono essere quindi date da morsi di animali, da fratture, ingranaggi, ruote e
cinghie di trasmissione, quindi tutte quelle cose che possono incidere, ma anche
strappare. Bisogna stare attenti alla localizzazione della ferita perché la
lacerazione e la contusione possono alterare gli organi e i tessuti o le
strutture anatomiche.
– FERITE D’AR:A DA FUOCO → quindi ferite da penetrazione, in cui si può avere il
foro di entrata e non sempre il foro di uscita, che può non essere presente
quando il proiettile incontra un ostacolo o la distanza non è così ravvicinata
da provocare il foro di uscita.
Per la medicina forense, si possono avere ferite da armi da fuoco: a doccia, di
striscio o semicanale, a setone, a canale completo, a fondo cieco,
trapassanti o da scoppio.
La gravità è data dalla temperatura del bossolo al momento dell’esplosione che
può essere molto elevata, quindi nella ferita si può ritrovare nel margine del
foro di entrata l’ustione e penetrando, il proiettile stesso, può determinare
gravi complicanze portando anche a morte: ciò può interessare visceri, nervi,
vasi, strutture scheletriche.
– FERITE A LEMBO prodotte da azioni laceranti che ha una forza che agisce sulla
superfcie in maniera
tangenziale.
Spesso interessano zone particolarmente estese, quindi la rimarginazione
richiede più tempo e più sedute ambulatoriali per poterle portare a guarigione
– CONTUSIONI → ferite in cui non vi è alterazione della cute, ma ne
derivano la rottura dei vasi, lo schiacciamento dei tessuti che avvengono
internamente senza l’apertura cutanea: in questo caso i tessuti sottostanti
possono essere soggetti a emorragie, necrosi o presentare solo
l’ematoma.
Si possono distinguere in: lievi, se la contusione causa una piccola ecchimosi;
di media gravità, se sarà presente l’ematoma; grave, se invece sarà presente
la necrosi.
COMPLICANZE FERITE
Le ferite possono determinare delle complicanze che possono essere diverse:
– può essere la formazione del cheloide, ovvero la non corretta riepitelizzazione
della ferita che può portare ad iperproliferazione da cui potrebbe trasformarsi
un tumore;
– altre complicanze possono essere dettate da un non corretto accollamento
delle strutture ossee, infiammazione, la penetranza di batteri e quindi
infezioni (come la gangrena gassosa), la formazione di punti di rottura e
quindi punti deboli che poi possono determinare la formazione di ernie (es.
una ferita addominale a lungo andare può essere considerato un punto
debole per un’ernia).
PROCESSO GUARIGIONE FERITE
La guarigione si può suddividere in tre tipi:
DI I INTENZIONE → non vi è perdita di superficie.
ES: taglio perfetto in cui non abbiamo perdita di strutture, quindi una rerita
chirurgica in cui i due lembi devono essere semplicemente accollati
mediante clips o punti di sutura per permettere la perfetta adesione della
zona.
DI II INTENZIONE → vi è perdita di materiale e sostanza, quindi mancanza di struttura;
bisogna cercare di attivare la riepitelizzazione per far sì che la ferita si rimargini. ES:
ustioni, ferite lacero-contuse
DI III INTENZIONE → in seguito ad un intervento chirurgico in cui qualcosa è andato
storto nel post- operatorio
⇒ la ferita è infettata: il chirurgo riapre la ferita e determina il
programma chirurgico e si occupa
di accollare e suturare la ferita per attivare il
processo di guarigione.