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SCHOPENHAUER

Schopenhauer si pone come punto di incontro tra esperienze filosofiche eterogenee. È influenzato da:
- PLATONE: riprende il mito della caverna (mondo sensibile = illusorio, solo il mondo ideale è quello vero)
Ripresa del concetto di idee come forme eterne non soggette alla caducità del nostro mondo.
- TRADIZIONE FILOSOFICO-RELIGIOSA INDIANA: buddhismo, libro dei veda, mondo come illusione
- ILLUMINISMO: vita psichica in stretta correlazione con il corpo
- ROMANTICISMO: da questo riprende il rapporto tra finito e infinito. Per Schop. l’infinito è una realtà
negativa.
- IDEALISMO
- KANT: nell’uomo c’è una radice noumenica, libertà contro il determinismo, ma non ha colto che il fenomeno
è illusorio.

Il punto di partenza della filosofia di Schopenhauer è il ripristino della distinzione kantiana tra fenomeno e noumeno,
ovvero tra la “cosa così come appare” e la “cosa in sé”:

Kant Schopenhauer
Fenomeno Unica realtà accessibile alla mente Illusione, qualcosa guardando al quale
umana. Oggetto della rappresentazione. non capisco la realtà delle cose.
Polo oggettivo di una realtà soggettiva.
noumeno Concetto-limite Realtà che si “nasconde” dietro
l’ingannevole trama del fenomeno e che
il filosofo ha il compito di scoprire
Il noumeno va ripristinato in quanto è la realtà conoscibile delle cose

La rappresentazione ha due aspetti essenziali e inseparabili, la cui distinzione costituisce la forma generale della
conoscenza: da una parte c’è il soggetto rappresentante, dall’altra l’oggetto rappresentato.

Il fenomeno di cui parla Schopenhauer è la rappresentazione soggettiva, cioè esiste solo dentro la coscienza. Il
mondo è dunque una rappresentazione del soggetto ed è costruito, come diceva Kant, dall’intelletto e le sue
categorie. Le categorie che Schopenhauer individua sono: spazio, tempo, causalità.

Cosa troviamo di nuovo in questo filosofo? L’aver egli detto che originariamente l’uomo è corporeità. (≠ tradizione
da Socrate in poi aveva fatto coincidere l’uomo con l’anima e il pensiero).

L’essenza profonda del nostro io, o meglio la cosa in sé del nostro essere globalmente considerato, è la brama, o la
volontà di vivere (essenza nascosta non soltanto dell’uomo, ma dell’intero universo).
Il corpo non è che la manifestazione esteriore dell’insieme delle nostre brame interiori, oggettiva la brama
di vivere. Noi siamo animali da un’oscura brama di vivere, siamo un accumulo di desideri che sono visibili
nel movimento del corpo, nell’azione del nostro corpo.
Come faccio a conoscere la volontà di vivere? La conosco attraverso il corpo.

La volontà di vivere è inconscia, unica, eterna, incausata e senza scopo, una forza libera e cieca. Essa si manifesta nel
mondo fenomenico nelle idee e nei vari individui del mondo naturale.

IL PESSIMISMO
Affermare che l’essere è una manifestazione di una volontà infinita equivale a dire, secondo Schop., che la vita è
dolore.
Infatti, volere significa desiderare e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di
qualcosa che si vorrebbe avere. Il desiderio è dunque assenza.
Poiché nell’uomo la volontà è più cosciente, e quindi più ‘affamata’ che negli altri esseri, l’uomo risulta il più
bisognoso e mancante tra loro, destinato a non trovare mai un appagamento definitivo.
Ciò che gli uomini chiamano godimento o gioia, non è altro che una cessazione di dolore: perché ci sia piacere è
necessario che ci sia uno stato precedente di tensione o dolore.
Il piacere è soltanto una funzione derivata del dolore.
Accanto al dolore, che è una realtà durevole, e al piacere, che è una realtà momentanea, Schop. pone la noia.
La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando attraverso
l’intervallo fugace, e per lo più illusorio, del piacere e della gioia.

Poiché la volontà di vivere, che è tensione perennemente insoddisfatta, si manifesta in tutte le cose, il dolore non
riguarda solo l’uomo, ma investe ogni creatura (PESSIMISMO COSMICO: il male non è solo nel mondo, ma nel
principio stesso da cui il mondo dipende).
L’uomo, però, soffre di più poiché ha maggiore consapevolezza.

Il fatto che alla natura interessi solo la sopravvivenza della specie trova la sua massima manifestazione emblematica
nell’amore, uno dei più forti stimoli dell’esistenza.
Il fine dell’amore, o lo scopo per cui esso è venuto dalla natura, è solo l’accoppiamento.
L’individuo, dunque, proprio nel momento in cui crede di realizzare maggiormente il proprio godimento e
la propria personalità, è in realtà vittima della natura.

LE VIE DELLA LIBERAZIONE DAL DOLORE


Schop. afferma che l’esistenza, in virtù del dolore che la costituisce, risulta una cosa tale che si impara poco per volta
a non volerla.
Si potrebbe allora pensare che questo tipo di filosofia sia una filosofia del suicidio universale, ma non è così, anzi, il
filosofo rifiuta e condanno il suicidio. Questo per 2 motivi:
- Il suicidio, invece che negare la volontà, risulta essere un atto di affermazione della volontà stessa.
- Esso sopprime soltanto una manifestazione fenomenica della volontà di vivere, e lascia intatta la cosa in sé,
la quale, pur morendo in un individuo rinasce in mille altri.

Pertanto, la vera risposta al dolore del mondo non consiste nell’eliminazione di una vita (suicidio), ma nella
liberazione della stessa volontà di vivere.
Com’è possibile per l’uomo spezzare le catene della volontà, se quest’ultima costituisce la sua stessa essenza
e la struttura metafisica dell’universo?
Il percorso salvifico dell’uomo avviene in 3 momenti essenziali: l’arte, la morale e l’ascesi.

1. ARTE
Mentre la conoscenza scientifica è imbrigliata nelle forme dello spazio e del tempo, l’arte è conoscenza
libera e disinteressata, che si rivolge alle idee, ossia alle forme pure delle cose (es. nell’arte questo amore
diventa l’amore).
Il soggetto che contempla le idee non è più l’individuo naturale particolare, sottoposto alle esigenze pratiche
della realtà, ma il puro soggetto del conoscere, il puro occhio del mondo.

Per il suo carattere contemplativo e per la sua capacità di muoversi in un mondo di forme eterne, l’arte
sottrae l’individuo alla catena infinita dei bisogni e dei desideri quotidiani, offrendogli un appagamento
immobile e compiuto.
L’arte è catartica: grazie ad essa l’uomo contempla la vita, elevandosi al di sopra della volontà, del
dolore e del tempo.

Musica = arte più profonda e universale, capace di metterci in contatto, al di là dei limiti della ragione, con le
radici stesse della vita e dell’essere.

MA la funzione liberatrice dell’arte è pur sempre temporanea. Essa costituisce un conforto alla vita, ma il
cammino il cammino dell’autentica redenzione richiede altri sentieri.
2. MORALE O ETICA
L’etica è quella visione del mondo che ci offre ragioni che quietano la volontà. Essa fa cessare la catena di
lotta e conflitti che sgorgano dai desideri poiché implica un impegno nel mondo a favore del prossimo.

La morale non si fonda sull’intelletto, ma il fondamento è il sentimento di compassione (il comune


riconoscimento del destino di infelicità e di morte cui siamo soggetti, genera in noi un sentimento di
compassione).
Questa compassione vuole che l’individuo rifiuti la sua supremazia, il primato. Come si fa a rifiutarlo?
Con l’educazione filosofica che matura l’unico sentimento che ci può salvare: quello di compassione.

L’etica si concretizza in giustizia (non danneggiare gli altri) e successivamente in carità (giovare agli altri).
Questo deve muovere dal riconoscimento che il nostro destino è comune, che la volontà è maligna. Occorre
ridurre il più possibile l’egoismo tramite la giustizia e la carità.

L’angoscia e il rimorso che il malvagio prova per il male compiuto, attestano l’oscura consapevolezza
dell’unità della vita. Il fare del male vuol dire non riconoscere l’unità della vita (collegamento con Hegel: gli
ebrei, che con la loro religione di esclusiva devozione al loro unico dio si sono messia confliggere con gli altri
popoli, si sono condannati all’infelicità perché hanno negato l’unità della vita).
Si deve evitare l’egoismo che infligge il male al prossimo. Bisogna agire all’altezza della
consapevolezza dell’unità della vita (del comune destino degli uomini).

Anche l’etica non realizza la liberazione, perché l’individuo moralmente sensibile, oltre che del suo, si carica
del dolore degli altri, dunque acuisce il suo dolore. Infatti, la morale ai massimi livelli consiste nella pietà,
cioè nel far propria la sofferenza di tutti gli esseri passati e presenti, e nell’assumere su di sé il dolore
cosmico.

Dunque, sebbene implichi una vittoria sull’egoismo, la morale rimane pur sempre all’interno della vita e
presuppone un attaccamento a essa.

3. ASCESI
L’unica via puramente liberatoria è l’ascesi, che rappresenta quello che si dovrebbe fare per uscire
dall’orrore dell’essere. L’orrore dell’essere possiamo attenuarlo con l’arte e la morale, ma non possiamo
estirparlo. Questo orrore dovrebbe portarci a scegliere la via per lui davvero liberatoria che è l’ascesi
(negazione dell’essere).

Il primo gradino dell’ascesi è la castità, che libera dalla prima e fondamentale manifestazione della volontà di
vivere, cioè dall’impulso alla generazione e alla perpetuazione della specie (con la castità l’individuo non
procrea esseri destinati a soffrire).
Poi estirpa i propri desideri, il proprio volere, il proprio godere, usa solo il necessario per vivere. Vive per dire
no alla catena dei desideri.
Tramite una tale liberazione radicale raggiunta dall’uomo, l’intero mondo può essere redento. La
soppressione della volontà di vivere è l’unico vero atto di libertà che sia possibile all’uomo (mette a capo al
nirvana buddhista)
Quest’ascesi atea mostra il totale pessimismo di schop. Non c’è fiducia nel mondo. L’asceta è il simbolo che
dice NO alla volontà.

Critiche:
Non si capisce come sia possibile che con la conoscenza nasca il contraddittorio. La volontà di vivere con la coscienza
umana genera la possibilità di essere negati.
Se colui che si toglie la vita sbaglia, non si capisce perché dica che l’asceta vince con le sue scelte la volontà. Non
dovrebbe la volontà esistere ugualmente per gli altri?
Schop. critica ogni forma di ottimismo:
- Ottimismo cosmico
Quando si dice che il mondo è governato dalla provvidenza divina o guidato da una ragione immanente. MA
ovunque il mondo dimostra la sua miseria e dunque nega che questo sia opera di un dio buono o di una
ragione cosmica.
- Ottimismo sociale
Quando si dice che l’uomo per natura è buono, socievole. MA questa è un’idea falsa perché per natura
l’uomo è malvagio, egoista, afferma il proprio diritto illimitato su tutto. È colui che gode delle disgrazie del
prossimo o ne invidia i successi. È vero che essi danno vita ad una società, è vero che fanno nascere delle
regole, ma questo lo fanno per difendersi dai loro stessi istinti aggressivi.
- Ottimismo storico
Nella storia non c’è nessun progresso: cambiano gli attori, le scene, le situazioni, ma permane il dolore. Non
ci si può sottrarre dal dolore.

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