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DI SIENA ERASMO GABRIELE VD 2020/2021

LE LESIONI MUSCOLARI

1) EZIOPATOGENESI: studio delle cause e differenziazione dei traumi in base alla classificazione di Craig
1973.
 Trauma Diretto: si deve ad un agente esterno ed è per questo frequente nelle discipline dove si realizza un
contatto fisico con l’avversario come nel calcio e nel rugby. Questa lesione si identifica nella contusione
e la gravità varia in relazione al danno prodotto.

 La classificazione di Reid 1992 in base alla gravità prevede 3 diversi gradi:


a) Lieve: il dolore diventa rapidamente modesto perché si assiste alla sola rottura di piccoli vasi. Non è
consigliato il riposo assoluto.
b) Moderato: diversamente dal grado lieve, in questo caso è consigliato il riposo per circa 2 giorni e quindi
una più marcata diminuzione del movimento.
c) Severo: in questo caso si assiste ad una lacerazione importante del muscolo che porta a dolore intenso e
persistente. E’ impossibile proseguire le attività e pertanto il riposo deve essere assoluto. Si assiste in
questo caso ad un abbondante stravaso ematico.

EMATOMA: raccolta di
sangue stravasato nello
spessore di un tessuto,
evidenziata da
tumefazione e dovuta
per lo più a forti
contusioni.

Altri tipi di danno frequentemente determinati da traumi diretti oltre a quello muscolare sono le fratture, le
lesioni tendinee e lesioni dei legamenti. I muscoli più frequentemente colpiti da traumi diretti sono il deltoide
(spalla), il quadricipite (parte anteriore della coscia) ed i gemelli (polpaccio). Tra i possibili e più frequenti
sintomi legati al trauma diretto ritroviamo la tumefazione (gonfiore), rossore, sensazione di calore, deficit
motorio nella zona interessata e, ovviamente, la presenza di ematomi.

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 Trauma indiretto: è il risultato di un’alterata distribuzione della tensione interna, ovvero si tratta di un
evento occasionale che si realizza in genere durante la fase dinamica della corsa o del salto. Il meccanismo
traumatico va ricercato nell’improvviso allungamento passivo del muscolo provocato dalle leve
scheletriche o da una contrazione troppo rapida a partire da una situazione di completo rilasciamento. La
lesione indiretta riguarda in genere la giunzione muscolo-tendinea, pur essendo possibili anche
localizzazioni a livello del ventre muscolare.

 Tra i fattori predisponenti le lesioni muscolari ritroviamo: riscaldamento inadeguato, condizioni climatiche
non favorevoli, presenza di deficit di (flessibilità) elasticità e/o di forza, presenza di pregresse lesioni
muscolari, disidratazione, squilibri (idrosalini e nutrizionali), fatica locale o generale (esercizio anaerobico
con accumulo di acido lattico), fattori psicologici, alterata coordinazione neuro-muscolare.
 Classificazione in base ai gradi:
a) Lesione di primo grado: coinvolgimento di poche fibre muscolari. L’insorgenza non è brusca e l’atleta
ha una sensazione di indurimento progressivo del muscolo, con accentuazione del doloro durante
l’allungamento muscolare.
b) Lesione di secondo grado: coinvolge, naturalmente, un numero superiore di fibre muscolari con
sanguinamento intramuscolare. In questo caso l’insorgenza è brusca e l’atleta ha la sensazione di un
colpo secco, per cui non può proseguire nell’attività.
c) Lesione di terzo grado: rottura parziale o totale di un muscolo. Il dolore è intenso e persiste anche a
riposo, si ha come una sensazione di un colpo dall’esterno che porta talvolta ad uno “schiocco” udibile.
 Classificazione comune delle lesioni da trauma indiretto:
a) Contrattura: conseguenza di uno stato di affaticamento generale del muscolo, con dolore mal
localizzato ed una sintomatologia dolorosa che si manifesta quasi sempre ad una certa distanza
dall’attività fisica.
b) Stiramento: la sintomatologia è immediata e le cause possono essere molteplici, pur trattandosi in ogni
caso di una conseguenza di un episodio doloroso acuto; la sede del dolore è ben localizzata.
c) Strappo (di primo, secondo e terzo grado): dolore acuto e violento attribuibile alla lacerazione di un
numero variabile di fibre muscolari (il grado fa riferimento alla quantità di tessuto muscolare lacerato).
Ovviamente, l’atleta è costretto ad abbandonare l’attività; lo strappo è molto spesso accompagnato da
stravaso ematico più o meno evidente.

2) DIAGNOSI (anamnesi, clinica, diagnostica per immagini con ecografie e RMN)


a) Anamnesi: storia clinica del paziente, fondamentale per capire il momento il momento in cui l’atleta
ha avvertito il dolore e quindi individuare il muscolo interessato, tipo di dolore, modalità di insorgenza.
b) Clinica: si verifica la presenza di gonfiori, ematomi, dolore, avvallamenti, risalendo a rotture parziali
o totali del muscolo.
c) Diagnostica (ecografie): mostra un quadro completo della condizione muscolare. L’ecografia permette
infatti di affrontare un’indagine dinamica osservando il muscolo durante la fase di rilassamento e
contrazione.

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d) Diagnostica (RM, Risonanza Magnetica): permette di ottenere delle immagini più oggettive della
lesione. Infatti, oltre ad avere un campo di vista più ampio, permettono di esaminare nei tre piani dello
spazio tutte le componenti (osso, muscolo, tendine e parti molli superficiali); questo è tuttavia un
esame statico.

3) TRATTAMENTI: Cosa fare in caso di lesione muscolare? Anzitutto, è necessario sospendere


immediatamente l'attività sportiva ed immobilizzare la zona colpita. Se nei casi più gravi tale sospensione
è d'obbligo, in quelli più lievi il soggetto, vista la sopportabilità del dolore, è naturalmente portato a
stringere i denti e continuare. In questo modo però aumenta notevolmente il rischio di aggravare la
situazione, per cui si consiglia di fermarsi il prima possibile, anche se il dolore avvertito è di lieve entità.
Più in particolare, la terapia da utilizzare per la cura di una lesione muscolare dipende dal tipo di muscolo
coinvolto, dal grado della lesione e dalla sua localizzazione. Generalmente, si procede con il trattamento
terapeutico R.I.C.E. (Rest=Riposo, Ice=ghiaccio, Compression: compressione, Elevation=elevazione), che
richiede che l'arto vada messo a riposo, raffreddato, trattato con un bendaggio compressivo e sollevato per
ridurre l'edema (accumulo di liquidi). E’ inoltre fondamentale evitare, all’inizio, qualunque forma di
calore, e quindi massaggi, pomate, fanghi ecc. Successivamente si possono praticare terapie “mirate” come
la TENS (stimolazione nervosa elettrica transcutanea, per alleviare il dolore) e la LASERTERAPIA.

TENS LASERTERAPIA

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In particolare, il laser può influenzare diversi meccanismi biologici del corpo con maggior precisione rispetto
alla TENS. Infatti, il laser:
a) Riscalda il tessuto per un sollievo immediato da dolore e rigidità localizzati a livello articolare o muscolare
con effetto antidolorifico.
b) Stimola la funzionalità vascolare locale, per rilassare la muscolatura e aiutare a ridurre infiammazione,
edema e sintomatologia dolorosa con effetto antinfiammatorio.
c) Promuove il metabolismo cellulare, per stimolare i processi di riparazione tissutale e ripristino funzionale
in caso di lesioni muscolari che non possono essere risolte chirurgicamente.
La laserterapia trova ampio utilizzo anche nell’ambito fisioterapico, in cui rientrano molti altri trattamenti tra
cui: crioterapia (trattamento del freddo), tecarterapia (trasferimento di energia ai tessuti lesi), ultrasuoni a
freddo, massoterapia (massaggio terapeutico dei muscoli) ecc…

4) PROCESSO DI LACERAZIONE E GUARIGIONE:

a) Fase distruttiva: è quella caratterizzata dalla formazione dell’ematoma e dalla necrosi delle fibre muscolari.
b) Fase riparativa: è quella caratterizzata dalla fagocitosi del tessuto necrotico, rigenerazione delle fibre,
produzione del connettivo cicatriziale e neoformazione dei capillari sanguigni.
c) Fase di rimodellamento: consiste nella maturazione delle fibre neoformate, nella contrazione e
riorganizzazione del tessuto cicatriziale e restaurazione della capacità funzionale del muscolo riparato.
Riparazione e rimodellamento spesso avvengono simultaneamente. Dal terzo giorno dalla lesione inizia la
proliferazione di nuovi vasi sanguigni, fino ad arrivare alla settima giornata in cui l’eventuale perduta tissutale
viene rapidamente sostituita; dopo 20 giorni la quantità di collagene iniziale viene ripristinata. Entro i 120
giorni successivi alla lesione, la cicatrice riacquista circa l’80-95% della resistenza alla trazione del tessuto
originale.

Le figure mostrano il processo di riparazione/guarigione, che coinvolge un numero impressionante di cellule.


All’inizio i macrofagi rimuovono le parti necrotizzate delle fibre muscolari mentre i fibroblasti formano il
tessuto connettivo di cicatrizzazione nella zona centrale (CZ). Successivamente, nelle zone di rigenerazione
8RZ), le cellule satellite (staminali) iniziano ad attivarsi; il tessuto connettivo inizia a diventare sempre più
denso e le miofibre (cellule del tessuto muscolare) si rigenerano man mano, compensando il gap della zona
CZ. Alla fine, l’intreccio delle miofibre si completa con una piccola quantità di tessuto cicatriziale (va
ricordato, però, che la quantità di tessuto cicatriziale è inversamente correlata alla qualità dei processi riparativi
stessi…motivo per cui essere salute e praticare spesso attività sportiva è fondamentale!).

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5) COMPLICANZE:

a) Miosite Ossificante: Formazione eterotopica (“fuori sede”) di tessuto osseo e talora cartilagineo; è l’esito
di un trauma contusivo diretto che ha portato ad una formazione che, evidentemente, non è stata guarita.

b) Cisti siero-ematica: Mancato riassorbimento dell’ematoma che viene circondato da tessuto fibroso. Può
essere dovuta alla mancanza di compressione, ad una inadeguata crioterapia o a massaggi incongrui o
traumatizzanti.

c) Fibrosi Muscolare: La guarigione da un infortunio muscolare può avvenire attraverso la rigenerazione


delle fibre muscolari o attraverso la formazione di una cicatrice fibrotica. Questi processi sono associati,
eseguiti contemporaneamente e in modo competitivo. In alcuni casi, l’equilibrio tra i due meccanismi può
alterarsi a favore della cicatrice fibrotica soprattutto in seguito a gravi traumi o recidive. La cicatrice
fibrotica altera la meccanica muscolare, riducendo la capacità contrattile del muscolo, e quindi, la capacità
di sviluppare forza rispetto al tessuto muscolare sano.
d) Infezioni: prendono il nome di piomiositi, più diffuse nei paesi tropicali e nei pazienti
immunocompromessi.
e) Rabdomiolisi: patologia che evidenzia necrosi del tessuto muscolare caratterizzata da rilascio di
mioglobina in circolazione e conseguente insufficienza renale. L’uso di droghe, alcool, diuretici, malattie
concomitanti e allenamento in ambienti molto caldi possono rappresentare dei fattori predisponenti.
f) Ernia muscolare: sporgenza del muscolo attraverso un difetto fasciale.
g) Sindrome compartimentale acuta (ACS): La lesione muscolare può causare edema o ematoma all’interno
del muscolo, causando un aumento della pressione tissutale in un compartimento inestensibile. L’aumento
di pressione e gli insulti metabolici da necrosi dei tessuti determinano interruzioni microvascolari causa
della ACS.
h) Trombosi venosa profonda (TVP): La presenza di edema o ematoma causato dalla lesione muscolare può
causare una compressione venosa e determinare una TVP.

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