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Maurizio Giuliani

Lezioni di
Chirurgia Plastica

Hanno collaborato:

G. Zoccali
G. Orsini
E. R. Angelone

Presentazione
Questo libro, preparato con lobiettivo di presentare i concetti essenziali della
Chirurgia Plastica, in modo semplice e chiaro, potr garantire agli studenti
unadeguata preparazione nello specifico ambito chirurgico di riferimento,
riuscendo anche a mettere in evidenza, laddove necessario, i richiami a
discipline di base come la biologia, lanatomia, la fisiologia. Alla luce della
costante evoluzione delle scienze biomediche che ha comportato una
rivisitazione completa e complessa della medicina, mantenere questo proposito
stato realmente un formidabile impegno da parte dellAutore.
La scienza non statica e laggiornamento un aspetto fondamentale che
deve essere condiviso dagli esperti di un settore particolarmente dinamico come
quello della Chirurgia Plastica e dagli studenti che devono comprendere la
necessit di raggiungere costantemente nuovi gradi di apprendimento.
Nel complimentarmi sinceramente con lAutore, Maurizio Giuliani, Professore
di Chirurgia Plastica della Facolt di Medicina e Chirurgia dellUniversit
dellAquila, per la capacit di sintesi e, nel contempo, la completezza degli
argomenti trattati, sono certa che gli studenti e gli specializzandi che
utilizzeranno questo testo, sapranno apprezzare il senso armonico che emerge
dallanalisi degli argomenti affrontati e la particolare fluidit della loro
lettura, condizioni che rendono semplice e gradevole lo studio di una
specialistica complessa come la Chirurgia Plastica.
Maria Grazia Cifone
Preside della Facolt di Medicina e Chirurgia
Universit degli Studi - LAquila

INDICE

1.

Introduzione

pag. 1

2.

Anatomia e fisiologia della cute

pag. 5

3.

Biologia della cicatrizzazione

pag. 11

4.

Incisioni chirurgiche e suture

pag. 18

5.

Le ferite difficili

pag. 24

6.

Cicatrici patologiche

pag. 36

7.

Innesti e lembi

pag. 39

8.

Ustioni e congelamenti

pag. 55

9.

Tumori maligni della cute

pag. 69

10.

Anomalie vascolari

pag. 76

11.

Malformazioni congenite

pag. 86

12.

Patologie della mano

pag. 99

13.

Patologie della mammella

pag. 106

14.

Lesioni da radiazioni ionizzanti

pag. 123

15.

Laserchirurgia cutanea

pag. 126

16.

Linvecchiamento cutaneo

pag. 135

17. Argomenti di Chirurgia Estetica

pag. 145

18. Principi di Anestesia

pag. 160

Introduzione

CENNI STORICI

Le origini della chirurgia in Italia trovano le loro radici in due


discendenze: il ramo greco con le scuole della Magna Grecia, di cui
giusto ricordare la scuola di Agrigento (Empedocle), di Catania
(Filistone) e di Crotone (Alcmeone e Democede) ed il ramo etrusco
di cui si sa poco e niente ma che sicuramente doveva avere valenti
chirurghi a giudicare dagli strumenti estremamente raffinati
ritrovati dagli archeologi. Da queste due culture trae le sue origini la chirurgia
dell'antica Roma che per diversi secoli non conobbe gloria per la bassa considerazione
che i Romani avevano della medicina in generale a tal punto che lesercizio era
lasciato agli schiavi greci ed ai plebei. Successivamente Giulio Cesare diede i diritti
politici ai medici e pi tardi l'imperatore Augusto increment il loro stato sociale
esentandoli dal pagamento delle tasse. In questo periodo troviamo il primo lavoro
che parla di Chirurgia Plastica: il "De re medica" di Aulo Cornelio Celso (25 a.C. 50
d.C.) nel quale sono descritti alcuni principi fondamentali della specialit ovvero
osservazioni sulla tensione dei margini della ferita (non vi cogendum est...) e
sull'uso di lembi per riparare perdite di sostanza tegumentarie ("...neque enim
creatur ibi corpus, sed ex vicino adducitur..."). Durante il periodo imperiale la
chirurgia venne fortemente stimolata come testimoniano i ritrovamenti nella "Casa
del chirurgo" di Pompei e nel II secolo Galeno (131-199 d.C.) scrisse un trattato di
medicina in 20 volumi nei quali si ritrovano anche attente dissertazioni sul labbro
leporino e sulla ipospadia. Nel secolo successivo fu molto popolare Antillo e con le
testimonianze di Oribasio (medico dell'imperatore Giuliano l'Apostata), sappiamo che
erano praticati con successo interventi sulle palpebre, guance, fronte e naso secondo
i principi codificati da Celso. Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, e l'
avvento della cultura bizantina, compaiono i primi ospedali e tra i medici spicca
Paolo di Aegina (625-690) che riprende i concetti di Celso per riparare l'ernia
inguinale. Ma in questo periodo l'influenza della Chiesa inasprisce la separazione ed il
conflitto fra medicina e chirurgia: da un lato il concetto di compassione per il malato
e la reverenza a Cristo come Taumaturgo fanno aumentare la cura per il paziente,
dall'altro la disapprovazione della Chiesa per le incisioni sanguinarie ("...ecclesia

Introduzione

abhorret a sanguine...") frenano il settore chirurgico. I secoli successivi,


caratterizzati dai conflitti fra le culture Cristiana, Bizantina ed Araba, sono segnati
da una forte riduzione del fervore scientifico ma la rinascita delle arti mediche
avviene intorno all'anno 1000 con la fondazione della Scuola Medica di Salerno.
Costantino d'Africa, un monaco arrivato a Salerno nel 1060, d un nuovo impulso alla
chirurgia insieme a Ruggero di Parma e Rolando dei Capezzuti che scrivono la
"Rogerina" e la "Rolandina" dove trattano, fra l'altro, della riparazione delle soluzioni
di continuo dei tessuti molli del viso e della importanza delle suture nelle ferite della
faccia e del naso. Nascono le prime Universit: Teodorico da Lucca opera a Bologna
(1205) e analizza nei suoi scritti la differenza fra guarigione per prima e per
seconda intenzione mentre Guglielmo da Saliceto (1301) si sofferma sul trattamento
delle fratture del naso. Un allievo di quest' ultimo, Lanfranco da Milano, scrive due
volumi, "Chirurgia parva" e "Chirurgia magna", riprendendo le tecniche riparative del
naso del maestro, e fonda la Scuola di Chirurgia dell'Universit di Parigi. Si arriva cos
al XV secolo quando una famiglia di chirurghi empirici, i Branca, lavora a Catania:
sembra che il padre, Gustavo, praticasse la ricostruzione della piramide nasale con la
tecnica di Celso, mentre suo figlio Antonio con un lembo prelevato dalla faccia
interna dell'avambraccio del paziente diventando il primo ad usare una tecnica
Italiana per la ricostruzione del naso, del labbro e delle orecchie. L'eco di questo
successo fu enorme, sia in Italia che all'estero: se ne trova riferimento, ad esempio,
in un trattato del 1460 di Heinrich von Pfholsprundt, un famoso chirurgo militare
tedesco. Un membro della famiglia Vianeo, di Tropea in Calabria, fu allievo dei
Branca e divenne cos esperto nell'uso della metodica da far coniare il termine di
"magia tropoensium". Negli anni successivi, sulla chirurgia ricostruttiva, la Scuola
italiana continua a raccogliere successi e riconoscimenti con Gaspare Speranza
Manzoli (1410-1475), Alessandro Benedetti, Baldassarre Pavone di Catania, Leonardo
Fioravanti, Giulio Cesare Aranzio anatomista dell'Universit di Bologna, Geronimo
Fabrizio d'Acquapendente (1537-1619), anatomista e chirurgo di Padova, Durante
Sacchi di Fabriano che nel lavoro "Subsidium medicinae" descrive molte tecniche per
il labbro leporino e per la rinoplastica. Tutto questo fermento culturale, in un'epoca
ricca di genio umano, spianano la strada all'opera del Tagliacozzi, che vide la luce
nel 1597, e che venne riassunta in una frase del grande Leonardo da Vinci: "La forma
l'immagine plastica della funzione". Questo pu ancora oggi essere considerato lo
scopo della Chirurgia Plastica. Gaspare Tagliacozzi nacque a Bologna nel febbraio del
1545. Suo padre, Giovanni Andrea, era un tessitore di raso finanziariamente
benestante. Nel 1565 inizia gli studi in Medicina all'Universit di Bologna, gi allora

Introduzione

venerata come la pi antica d'Europa, e si forma con gli insegnamenti, fra gli altri, di
G.C. Aranzio e sul voluminoso trattato di Andreas Vesalius "Il tessuto del corpo
umano". Nel 1570 si laurea e viene immediatamente nominato professore di anatomia
e chirurgia e nel 1576 riceve la seconda laurea, in Filosofia, diventando membro del
Collegio di Medicina e Filosofia. Lo studio e la ricerca delle tecniche di ricostruzione
del naso erano gi state fortemente stimolate in Italia da diversi fattori: le guerre, i
duelli all'arma bianca per le strade, la sifilide e la legge di Sisto V che infliggeva
l'amputazione del naso ai ladri ed alle donne adultere. Qualunque fosse l'influenza,
Tagliacozzi dal 1586 in poi approfond questi studi con forte spirito critico,
evidenziando gli errori dei suoi predecessori sull'uso del muscolo dell'avambraccio e
respingendo le critiche di Ambroise Par che lo definiva un intervento troppo
doloroso e difficile. Il lavoro di Tagliacozzi culmina nel 1597 con la pubblicazione del
suo "De curtorum chirurgia per insitionem" che pu essere considerato una pietra
miliare nella storia della Chirurgia Plastica mondiale. Il libro divenne rapidamente un
best-seller chirurgico dell'epoca e Gaspare Tagliacozzi era al culmine della notoriet
nelle alte sfere accademiche ma nel 1599, all'et di soli 54 anni, mor
improvvisamente, lasciando alle sue spalle una pesantissima eredit. Di fatto il suo
brillante genio giacque sepolto per pi di 2 secoli prima di essere riscoperto. Come
tutti gli uomini di grande intelletto, aveva avuto grandi intuizioni ed era proiettato
nel futuro. Nonostante fosse scoraggiato da tutti, persegu le proprie idee aprendo la
strada a nuove frontiere chirurgiche fino ad allora impensabili e ponendo le
fondamenta della moderna chirurgia ricostruttiva. Dopo il grande fermento
scientifico culminato con le opere di Tagliacozzi, la Chirurgia Plastica Italiana
conobbe un lungo periodo di oscurantismo che dur pi di 2 secoli a causa
soprattutto di osteggiamenti di stampo etico e religioso da parte della Chiesa
Cattolica che considerava questo tipo di chirurgia non necessaria, voluttuaria e
"peccaminosa". Verso la fine del XVIII secolo, e per tutto il XIX, si assiste ad una lenta
e graduale ripresa della specialit con Giuseppe Costantino Carpue, Canella,
Signoroni, Fabrizi, Baroni, Petrali, Clementi, Cappelleti, Vanzetti, Fuschini,
Veronese, Chiminelli e Porta. Si arriva cos agli inizi del XX secolo quando compare
un'altra pietra miliare della storia della chirurgia plastica: Gustavo Sanvenero
Rosselli. Il Chirurgo nacque in Liguria nel settembre del 1897, nel 1926 lasci la
Clinica Chirurgica diretta da Malan a Torino per trasferirsi a Parigi da Lemaitre dove
conobbe Ferris Smith. Ebbe frequenti contatti con Joseph a Berlino, Burian a Praga,
Gillies a Londra, Morestin, Limberg e molti altri. Alla fine raggiunse Milano dove
rilev il Dipartimento di Stomatologia. Nel 1932 scrisse il libro "La chirurgia plastica

Introduzione

del naso", nel 1934 "La divisione congenita del labbro e del palato". Nel 1936, a
Berlino, propose una nuova tecnica di riparazione della palatoschisi e durante la
Seconda Guerra Mondiale oper al Baggio di Milano ed a Lecco con Bosio e Castoldi.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale trasform il Dipartimento di Stomatologia e fond
il "Padiglione Mutilati del Viso" ideato per le vittime della guerra. Grazie al suo
entusiasmo la specialit acquis definitivamente la propria identit, sebbene
nellimmaginario collettivo vi fosse ancora diffidenza e si tentasse di gettare
discredito sulla disciplina chiamandola "la chirurgia della bellezza". Nel 1956 fond in
Italia la prima Scuola di Specializzazione, prima a Torino e poi a Milano e grazie a
questo la chirurgia plastica ricevette il riconoscimento ufficiale, raggiunse dignit
scientifica e divenne materia di insegnamento. Gustavo Sanvenero Rosselli mor il 17
marzo del 1974, lasciando ai posteri la disciplina che aveva tanto amato,
profondamente trasformata dalle sue opere. Fu un chirurgo di eccezionale abilit
tecnica, dotato di creativit ed immaginazione, uomo di grande cultura e di grande
perseveranza nel raggiungimento dei propri scopi. Fu un grande pioniere della
moderna Chirurgia Plastica e gli specialisti italiani contemporanei si devono
considerare tutti suoi figli o nipoti.

Anatomia e fisiologia della cute

ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLA CUTE


La cute un organo del corpo
umano

dotato

di

unampia

gamma di funzioni che esulano


dalla

semplice

rivestimento

funzione
e

di

protezione

meccanica. La sua

estensione

media varia da 1,3 a 2m, il suo


peso pu arrivare anche ad una
decina di Kg, il suo spessore
compreso

tra

0,4mm

nelle

regioni palpebrali e 3-6mm in quelle palmo-plantari. Il colore della cute


dipendente da fattori individuali (razza, costituzione, et, regione corporea) ed
determinato dalla presenza di pigmenti (melanina, carotenoidi) e dalla quantit di
sangue contenuta nei vasi. La superficie cutanea non appare levigata. Vi si osservano
pieghe permanenti (pieghe genitali) e transitorie (da contrazione muscolare o
articolare), orifizi dei follicoli piliferi e delle ghiandole eccrine (pori sudoripari),
creste e solchi riscontrabili a livello palmo-plantare. Le creste appaiono come
leggere rilevatezze a disposizione parallela separate da piccole depressioni dette
solchi. Peculiari caratteristiche meccaniche della cute sono la distensibilit e
lelasticit. La cute divisa in due strati separati da una membrana (membrana
basale o giunzione dermo-epidermica). Lo strato superficiale di natura epiteliale e di
derivazione ectodermica detto epidermide, mentre lo strato profondo, di origine
mesodermica e struttura connettivale, costituito dal derma e dal tessuto adiposo
sottocutaneo. La presenza nel derma di vasi, nervi ed annessi cutanei (follicoli
pilosebacei, ghiandole apocrine, ghiandole eccrine) completa il quadro microscopico
della cute.
Lepidermide un epitelio pluristratificato in cui lelemento cellulare predominante
il cheratinocita, cellula di origine epiteliale in continuo rinnovamento e soggetta al
fenomeno della cheratinizzazione.
I cheratinociti si dispongono a formare quattro diversi strati: basale, spinoso,
granuloso e corneo; nelle regioni palmo-plantari tra gli strati granuloso e corneo
presente un quinto strato denominato lucido. Ognuno di questi possiede delle

Anatomia e fisiologia della cute

caratteristiche morfologiche proprie e rappresenta la fase evolutiva del sottostante


strato. Il cheratinocita, infatti, si riproduce e migra progressivamente dalla sede
basale verso la superficie cutanea subendo il processo della cheratinizzazione. Il
tempo necessario affinch una cellula dello strato basale raggiunga lo strato corneo
dipende dallet, dalla stagione, dal sesso, da influenze ormonali, ed di circa 28
giorni. Interposte ai cheratinociti si osservano poi le cellule ospiti dellepidermide,
tra cui vengono annoverate i melanociti, di derivazione neuroectodermica, le cellule
dendritiche di Langerhans, che sono di origine midollare, le cellule di Merkel, di
probabile derivazione epidermica ed i linfociti T epidermotropi. Nel complesso la
superficie epidermica presenta un aspetto orizzontale rettilineo, mentre il limite
inferiore confinante con la membrana basale ha un aspetto ondulato con
estroflessioni dermiche (papille dermiche) alternate a proiezioni epidermiche (creste
epidermiche). Lo strato basale costituito da 1-2 file di cheratinociti colonnari a
maggior asse orientato perpendicolarmente rispetto alla linea di confine con il
derma. Queste cellule hanno un grande nucleo di forma ovalare e citoplasma basofilo
ricco di ribosomi e tonofilamenti (filamenti intermedi di cheratina distribuiti con
ordine nel citoplasma). La membrana plasmatica del polo basale fa parte della
giunzione dermo-epidermica e vi si osservano gli emidesmosomi, strutture di
ancoraggio per mezzo delle quali gli elementi cellulari aderiscono alle porzioni pi
interne della membrana basale. Nella regione apicale questa cellula invece dotata
di veri desmosomi tramite cui avviene lunione e la comunicazione intercellulare. Nel
complesso lo strato basale svolge le funzioni proliferativa e di ancoraggio dermoepidermico. Lo strato spinoso o malpighiano costituito da 4-8 filiere di cellule
poligonali, con nucleo rotondo e citoplasma ben rappresentato ricco di filamenti di
cheratina. La caratteristica principale la presenza di numerosissimi desmosomi che
conferiscono un aspetto spinoso a questi elementi cellulari. Nel citoplasma delle
cellule localizzate nelle assisi superiori dello strato spinoso si osservano anche i
granuli lamellari o corpi di Odland. Lo strato granuloso formato da 2-3 strati di
cellule appiattite in cui si osservano grossi granuli citoplasmatici di cheratoialina
contenenti proteine, enzimi e fosfolipidi. Questo strato cellulare assente nelle
mucose e pu apparire ridotto o pi evidente a seconda che il processo della
cheratinizzazione sia molto attivo o rallentato. Lo stadio maturativo successivo
comporta la perdita del nucleo e lappiattimento della cellula. Lo strato corneo
infatti costituito da numerose assisi (15-20) di cellule piatte (corneociti), prive sia di
nucleo che di organuli citoplasmatici e in cui si evidenzia un citoplasma eosinofilo
costituito completamente da filamenti di cheratina aggregati in macrofibrille. Questi

Anatomia e fisiologia della cute

corneociti vengono continuamente rilasciati nellambiente esterno sotto forma di


squame. Nelle regioni palmo-plantari tra gli strati granuloso e corneo poi presente
un quinto strato, denominato lucido, costituito da 2-3 assisi di cellule contenenti
eleidina una sostanza omogenea e rifrangente.
Lepidermide ospita anche diversi tipi di cellule: i melanociti, le cellule di Merkel, le
cellule dendritiche di Langerhans e i linfociti T epidermotropi.
I melanociti originano dalle creste neurali e raggiungono lepidermide intorno alla
settima settimana di gestazione. Si localizzano a livello dello strato basale ma
possono essere presenti anche nel derma medio, nel bulbo del pelo e in regioni
extracutanee quali le mucose del cavo orale e del naso, luvea, la retina e le
leptomeningi. Il rapporto melanocita/cheratinocita varia considerevolmente in
relazione alla regione corporea: di 1 a 4 al volto e di 1 a 10 agli arti superiori. I
melanociti

presentano

un

aspetto

dendritico

con

grandi

prolungamenti

citoplasmatici, sono privi di desmosomi e la loro funzione principale la


melanogenesi.

Nel

loro

citoplasma

sono

presenti

caratteristici

organuli,

melanosomi, allinterno dei quali contenuto lenzima tirosinasi capace di


convertire laminoacido tirosina in melanina. I melanosomi vengono trasportati lungo
i prolungamenti dendritici e quindi trasferiti nei cheratinociti determinando la
pigmentazione dellepidermide. Linsieme del melanocita e delle cellule basali che
vengono raggiunte dai suoi prolungamenti (circa 36) costituisce lunit melanica
epidermica. Le cellule di Langerhans sono cellule dendritiche di origine midollare con
un fenotipo simile alle cellule della serie monocito-macrofagica. Esprimono infatti gli
antigeni del complesso maggiore di istocompatibilit (MHC) di classe II, i recettori
per il frammento Fc-Ig, la proteina S-100 e lantigene Ia. Sono situate negli strati
soprabasali dellepidermide ed i loro processi dendritici si estendono in alto fino allo
strato granuloso ed in basso fino alla giunzione dermo-epidermica. La loro funzione
principale quella di processare gli antigeni e presentarli ai linfociti T in
associazione con le molecole MHC di classe II, consentendo, in tal modo, la risposta
immunitaria. Le cellule di Merkel, di probabile derivazione epidermica, si localizzano
preferenzialmente in distretti cutanei sprovvisti di peli e dotati di unelevata
sensibilit tattile. Sono situate nello strato basale, intercalate tra i cheratinociti, ai
quali sono adese tramite una fitta rete di desmosomi. Presentano un nucleo lobulato,
un citoplasma chiaro contenente granuli specifici di forma sferica e si associano a
terminazioni

nervose

amieliniche

tanto

da

essere

considerati

dei

veri

meccanorecettori. Infine nellepidermide possibile trovare i linfociti T, che non


risiedono ma transitano attraverso la cute e che possono aumentare in maniera

Anatomia e fisiologia della cute

esponenziale in condizioni patologiche di natura infiammatoria. La giunzione dermoepidermica la struttura che separa lepidermide dal derma. E costituita dalla
sovrapposizione di due diversi strati che sono, dallesterno verso linterno, la
membrana plasmatica del polo basale dei cheratinociti e la lamina basale
propriamente detta, a sua volta costituita da tre strati sovrapposti: la lamina lucida,
la lamina densa e la lamina fibroreticolare. Nellinsieme la giunzione dermoepidermica appare come una linea omogenea, positiva alla colorazione PAS,
interposta tra lepidermide ed il derma. Il derma un tessuto di supporto per
lepidermide costituito da sostanza fondamentale in cui sono immerse sia una
componente cellulare (fibroblasti, cellule di origine ematica) che una componente di
natura fibrosa (fibre collagene ed elastiche). Il derma contribuisce in maniera
rilevante a determinare alcune caratteristiche della cute quali lo spessore, la
distensibilit, lelasticit, la forza di tensione. Nel derma sono contenuti vasi
sanguigni e linfatici, nervi e recettori sensoriali, che svolgono un ruolo nella
termoregolazione, nellomeostasi dei liquidi, nella percezione sensoriale e nel
sostegno e nutrizione dellepidermide. In base allorganizzazione strutturale si
distinguono due diversi compartimenti dermici: il derma papillare e il derma
reticolare. Il derma papillare compreso tra la giunzione dermo-epidermica ed il
plesso vascolare superficiale. E costituito da piccoli fasci di fibre collagene e da
fibre elastiche immerse nella sostanza fondamentale e con una disposizione
perpendicolare alla superficie cutanea. Il derma reticolare invece compreso tra il
plesso vascolare superficiale ed il tessuto sottocutaneo. I fasci di fibre collagene ed
elastiche presentano spessore maggiore e decorso parallelo rispetto al piano
cutaneo, mentre le componenti cellulare e vascolare sono modeste, come anche la
quantit di sostanza fondamentale che appare inferiore rispetto al derma papillare. Il
tessuto sottocutaneo rappresentato quasi esclusivamente da adipe organizzato in
lobi e lobuli separati da setti di natura connettivale. Il grasso sottocutaneo svolge le
funzioni di riserva energetica e di isolamento dermico. La circolazione sanguigna
della cute organizzata secondo uno schema che prevede lo sviluppo di due plessi
vascolari localizzati rispettivamente al confine tra il derma papillare e reticolare
(plesso superficiale) e tra il derma reticolare ed il tessuto sottocutaneo (plesso
profondo). Esistono vasi sanguigni che mettono in comunicazione i due plessi, mentre
dal plesso superficiale si distaccano vasi capillari che si dirigono nelle papille
dermiche. La circolazione prevede che il sangue arterioso raggiunga il plesso
superficiale tramite i vasi comunicanti e quindi si diriga verso lepidermide
percorrendo i capillari allinterno delle papille. Il sangue refluo percorre invece vasi

Anatomia e fisiologia della cute

venosi che hanno un orientamento parallelo a quelli arteriosi. La componente


nervosa della cute costituita da una ricca rete di fibre afferenti sensitive e fibre
simpatiche efferenti. I recettori della componente sensitiva possono essere
rappresentati da fibre nervose libere o associati in strutture quali i corpuscoli del
Pacini, di Golgi e di Meissner. Le fibre simpatiche regolano la perviet ed il diametro
dei vasi e la secrezione ghiandolare. Gli annessi cutanei sono costituiti dalle
ghiandole sebacee, dalle ghiandole sudoripare apocrine ed eccrine, dalle unghie e
dai follicoli piliferi.

Ghiandole Sebacee: hanno una struttura acinoso-ramificata, una secrezione

olocrina ed una distribuzione preferenziale al volto, cuoio capelluto, regione sternale


e perineo. I lobi della ghiandola sono connessi con il follicolo del pelo e la
secrezione, regolata dagli ormoni androgeni, drena in un comune dotto escretore
detto sebaceo. La sostanza secreta (sebo), costituita da una miscela di lipidi
frammisti a detriti cellulari, contribuisce alla formazione del film idrolipidico
cutaneo.

Ghiandole Sudoripare: sono ghiandole tubulari semplici e si dividono in

apocrine ed eccrine. Le ghiandole apocrine fanno parte del complesso follicolosebaceo localizzandosi soprattutto nelle regioni ascellari ed anogenitali. Prendono
origine dallepitelio follicolare e sono formate da una componente secretoria, situata
nel derma profondo, e da un lungo dotto che le collega con il follicolo pilifero. Le
ghiandole eccrine sono pi numerose, non associate ai follicoli piliferi e
maggiormente distribuite nelle regioni ascellari, palmo-plantari e al volto. Anchesse
sono costituite da un dotto escretore e da una porzione glomerulare secernente una
sostanza a base di NaCl, urea, acidi grassi, aminoacidi e proteine. Le ghiandole
sudoripare svolgono importanti funzioni quali la termoregolazione e la formazione del
film idrolipidico.

Follicoli piliferi: sono costituiti dal pelo e dalle guaine ad esso associate e si

trovano distribuiti su tutta la superficie corporea ad eccezione di alcune aree quali


palmo delle mani e pianta dei piedi, glande, prepuzio, piccole labbra e falangi
ungueali. Il follicolo pilifero pu essere considerato unintroflessione dellepidermide
la cui struttura, particolarmente complessa, divisa in senso prossimo-distale in tre
differenti tratti: infundibolo, istmo e tratto inferiore. La porzione compresa tra il
punto in cui lepidermide si invagina e lo sbocco del dotto sebaceo denominata
infundibolo; listmo rappresenta la parte centrale che dallo sbocco sebaceo giunge
fino al punto di inserzione del muscolo erettore del pelo; la porzione pi distale e
profonda, o tratto inferiore, la regione del follicolo in cui presente il bulbo

Anatomia e fisiologia della cute

pilifero dalle cui cellule (cellule della matrice pilifera) originano il fusto del pelo e la
guaina interna. Il fusto del pelo a sua volta costituito da tre strati concentrici quali
cuticola e corticale, i pi esterni e con funzione di sostegno, e una porzione centrale
chiamata midollare. Nel complesso il pelo contornato da tre diverse guaine che
dallesterno verso linterno sono la guaina perifollicolare, la guaina esterna e la
guaina interna.

Muscolo erettore del pelo: un piccolo muscolo liscio annesso al follicolo

pilifero la cui contrazione favorisce lo svuotamento della ghiandola sebacea e


lerezione del pelo.

Unghie: sono costituite da una lamina dura di cheratina (lamina ungueale) e

da alcuni tessuti strutturalmente e funzionalmente ad essa connessi (matrice


ungueale, letto ungueale, perinichio, iponichio). La lamina ungueale una
formazione cornea in continuo rinnovamento. Ha un aspetto ovoidale, una superficie
liscia o lievemente convessa e si localizza in regione dorsale delle falangi distali. E
adagiata sul letto ungueale, strutturalmente costituito da epitelio squamoso
cheratinizzato ed circondata prossimo-lateralmente da una piega cutanea
denominata perinichio. La lamina ungueale origina dalla matrice ungueale il cui
epitelio germinativo localizzato al di sotto della porzione prossimale del perinichio,
mentre allestremit delle dita separata dalla cute del polpastrello tramite un
solco denominato iponichio.
La cute pu essere considerata un vero e proprio organo che svolge numerose e
complesse funzioni:
- rivestimento e protezione. Ricoprendo completamente la superficie corporea e
grazie ad alcune caratteristiche quali lelasticit e la resistenza, la cute svolge
funzione di protezione verso insulti di natura meccanica (traumi), chimica (acidi,
alcali) e fisica (raggi ultravioletti, corrente elettrica). Rappresenta anche la prima
barriera nei confronti degli agenti patogeni,

svolgendo sia un ruolo di passiva

opposizione fisica che unattiva sorveglianza immunitaria.


Termoregolazione: la cute agisce sia da regolatore termico che da isolante.
Unimportante

quota

dellevaporazione

del

di

calore

sudore,

viene
mentre

rimossa

dallorganismo

lalternarsi

di

per

mezzo

vasocostrizione

vasodilatazione determina un rapido cambiamento della portata ematica capillare in


relazione alla temperatura dellambiente esterno. Grazie poi alla bassa capacit
termica del pannicolo adiposo la cute avvolge ed isola lintero organismo
consentendo di mantenere costante la temperatura corporea interna.

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Anatomia e fisiologia della cute

Funzione sensoriale: la cute dotata di uninnervazione sensoriale per mezzo della


quale in grado di percepire stimoli di natura meccanica, termica e dolorifica. E in
comunicazione con il sistema nervoso centrale e consente allindividuo di adattarsi
alle condizioni ambientali esterne.
Funzione secretiva: la cute in grado di eliminare cataboliti prodotti dallorganismo.
Tramite le ghiandole sudoripare e sebacee vengono di fatto secreti acqua, anidride
carbonica, sebo e piccole quantit di ioni minerali (calcio, cloro, potassio, magnesio
e sodio). Tale processo aumenta con laumentare dellattivit metabolica.
Funzione di assorbimento: funzione selettiva,

sempre pi sfruttata per la

somministrazione transdermica dei farmaci.


Funzione semeiotica: importante organo spia di patologie interne in grado di
comunicare con le sue variazioni molti segnali quali pallore, cianosi, secchezza,
pastosit ed edema.

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Biologia della cicatrizzazione

BIOLOGIA DELLA CICATRIZZAZIONE


La crescita, la rigenerazione e la riparazione sono i processi per la formazione di
nuovi tessuti. Durante lembriogenesi la divisione degli strati cellulari forma organi
distinti ed i tessuti aumentano di volume ma mantengono unarchitettura
estremamente organizzata. Lo studio della cute fetale durante il primo periodo di
gestazione ha fornito modelli di guarigione tissutale senza la formazione di cicatrici.
La normale guarigione di una ferita successiva alla nascita comprende una
combinazione di rigenerazione e riparazione. Tre sono i meccanismi necessari: a)
epitelizzazione, b) contrazione della ferita c) sintesi della matrice extracellulare.
Durante la riparazione si attiva una complessa catena di eventi per la formazione
della cicatrice. Il processo richiede il
coordinamento di una variet di
attivit cellulari, che comprendono:
la

fagocitosi,

la

chemiotassi,

la

mitogenesi, la sintesi del collagene


ed i componenti extracellulari della
matrice. In alcune circostanze il
processo

cellulare

porta

ad

una

riparazione irregolare in eccesso o in


difetto
patologiche

producendo
(ipertrofica,

cicatrici
cheloide,

cicatrice ipotrofica) o una lesione


cronica.

Guarigione della ferita


Sono possibili 4 tipi di guarigione
della ferita:
1. per prima intenzione,
2. per prima intenzione ritardata
3. per seconda intenzione
4. guarigione delle ferite a spessore parziale.
Guarigione per prima intenzione
La guarigione per prima intenzione si realizza quando una ferita viene chiusa subito
dopo la sua formazione. I bordi della ferita sono avvicinati direttamente usando la

12

Biologia della cicatrizzazione

sutura o altro mezzo meccanico. Il metabolismo del collagene provvede alla forza
tensile lungo i margini della ferita quando la sintesi normale. Gli enzimi
metalloproteinasi della matrice regolano il collagene e la degradazione della matrice
extracellulare e permettono il rimodellamento della ferita lasciando una cicatrice
relativamente sottile. La riepitelizzazione provvede alla copertura della ferita ed
agisce come una barriera contro la colonizzazione batterica.
Guarigione per prima intenzione ritardata
La guarigione per prima intenzione ritardata si manifesta quando una ferita lasciata
aperta perch inquinata o infetta. La cute ed i tessuti sottocutanei restano esposti e
vengono suturati quando la ferita detersa. Dopo 3 o 4 giorni i fagociti, accorrendo
nella lesione, danno inizio allangiogenesi e le cellule infiammatorie presenti
distruggono i batteri. I bordi della ferita sono avvicinati dopo diversi giorni. Il
metabolismo del collagene non disturbato e si sviluppa una forza tensile che
favorisce la chiusura immediata.
Guarigione per seconda intenzione
Nella guarigione per seconda intenzione la ferita rimane aperta e si chiude per la
contrazione e la riepitelizzazione dei bordi, la lesione si riduce ed incominciano a
definirsi i meccanismi di questo processo. I miofibroblasti, comunque, si pensa
giochino un ruolo importante. Questa cellula descritta come una cellula che
presenta caratteristiche e propriet strutturali tra un fibroblasto ed una cellula
muscolare liscia. I miofibroblasti derivano dai fibroblasti e sono presenti nella fase di
contrazione della ferita, contengono un sistema di microfilamenti di actina ben
definiti: beta e gamma. Le cellule appaiono nella ferita approssimativamente il terzo
giorno dopo la sua formazione e aumentano di numero fino a raggiungere un livello
massimo tra il decimo ed il ventunesimo giorno per scomparire quando la contrazione
completa. Esiste una correlazione diretta tra il numero dei miofibroblasti e
lestensione della contrazione della ferita.
Guarigione della ferita a spessore parziale
La lesione a spessore parziale interessa la parte superficiale del derma e pu guarire
con la riepitelizzazione. Le cellule epiteliali con gli annessi dermici, follicoli piliferi e
ghiandole sebacee si replicano fino a coprire il derma esposto. Si deposita una
minima quantit di collagene e manca la contrazione della ferita.
Il processo di guarigione delle ferite avviene con una cascata sequenziale ed ordinata
di cellule attive che hanno una funzione di fagocitosi, chemiotassi, mitogenesi,
sintesi di collagene e sintesi di altre componenti della matrice. Una soluzione di
continuo dei tessuti comporta il sanguinamento, la coagulazione, linfiammazione, la

13

Biologia della cicatrizzazione

duplicazione cellulare, langiogenesi, lepitelizzazione e la sintesi della matrice. La


lesione tissutale caratterizzata da un danno microvascolare e di stravaso di sangue
nella ferita. I vasi lesi si contraggono e viene attivata la cascata dei fattori della
coagulazione che riducono la perdita ematica. Le cellule infiammatorie rilasciano
ammine vasoattive e altri mediatori che contribuiscono alla formazione del plasma e
delle proteine nella ferita e permettono alle cellule efficaci di entrare. La
coagulazione guida lemostasi. Le piastrine intrappolate nel coagulo sono essenziali
per lemostasi cos come per una normale risposta infiammatoria. Gli granuli delle
piastrine contengono fattori di crescita, come i fattori di crescita piastrine-derivati
(PDGF), fattori di trasformazione della crescita (TGF-f3) e fattore IV piastrinico.
Queste proteine avviano la sequenza dei fattori di guarigione della ferita richiamando
ed attivando i fibroblasti, le cellule endoteliali ed i macrofagi. Le piastrine inoltre
contengono corpi densi che liberano amine vasoattive, come la serotonina in grado di
aumentare la permeabilit dei capillari. La fibrina il prodotto finale della
coagulazione intrinseca ed estrinseca da cui deriva il fattore I conosciuto anche come
fibrinogeno. La fibrina essenziale per linizio della guarigione delle ferite perch
provvede alla formazione della matrice nella quale le cellule possono migrare. Il
coagulo, formato da fibrina e fibrinogeno, intrappola le piastrine, le cellule del
sangue e le proteine del plasma. La rimozione della matrice temporanea di fibrina
impedisce la guarigione della ferita. Nella fase successiva della guarigione,
linfiammazione inizia con lattivazione del complemento e della cascata classica
molecolare, che guida l infiltrazione nella ferita da parte dei granulociti entro le 2448 ore dalla lesione. Queste cellule sono attratte nella sede della ferita da una
quantit di agenti, inclusi i componenti del complemento come il C5a, il
formilmetionilpeptide, prodotti dai batteri, e il TGF-13.
In breve tempo i granulociti cominciano ad aderire alle cellule endoteliali dei vasi
sanguigni vicini con un processo chiamato di marginazione ed incomincia una attivit
attraverso la membrana cellulare nota come diapedesi. I granulociti sono attratti
nella sede della lesione attraverso la chemiotassi grazie a messaggeri chimici
rilasciati dai tessuti danneggiati, dalle piastrine, dai batteri e dai prodotti
dellinfiammazione. La funzione maggiore dei granulociti quella di rimuovere i
batteri ed i frammenti della ferita, prevenendo in questo modo linfezione. La
deplezione di queste cellule non modifica significativamente la guarigione. I
macrofagi sono le cellule pi importanti presenti nella guarigione della ferita e
sembrano comportarsi come la chiave che regola la riparazione. Quando mancano i
monociti e i macrofagi tissutali si manifestano importanti alterazioni nei meccanismi

14

Biologia della cicatrizzazione

di riparazione tissutale con scarsa possibilit di guarigione, ritardata proliferazione


dei fibroblasti, inadeguata angiogenesi e cattiva fibrosi. Una volta che i monociti
circolanti sono passati attraverso la parete dei vasi sanguigni e dentro la ferita,
questi sono considerati: wound macrophage. Tra 48 e 72 ore dopo la lesione, il
macrofago rappresenta la cellula dominante allinterno della lesione sia per la
funzione di cellula fagocitaria, essendo produttore primario del fattore di crescita,
sia per la produzione e la proliferazione della matrice extracellulare (ECM) per i
fibroblasti, sia per la proliferazione di cellule muscolari lisce e di cellule endoteliali
che seguono allangiogenesi. I macrofagi sono attratti da una variet di elementi che
includono: il complemento, le componenti del coagulo, i frammenti delle
immunoglobuline G (IgG), i prodotti del disfacimento del collagene e dellelastina
ovvero le citochine: leucotriene B4, fattore piastrinico IV, PDGF, e TGF- linfociti
che sono le ultime cellule a raggiungere la ferita durante la fase infiammatoria
richiamate dalla interleuchina-1, dalle IgG e dai prodotti del complemento. Si ritiene
che la interleuchina-1 rivesta un ruolo chiave nella regolazione della collagenasi,
mostrando che i linfociti possono essere coinvolti nel rimodellamento del collagene e
dell ECM. Una buona guarigione richiede la migrazione di cellule mesenchimali:
stimolate dai fattori di crescita, la migrazione dei fibroblasti nella ferita avviene
attraverso lEMC ed in 7 giorni sono le cellule dominanti nella ferita. Dopo 5-7 giorni
dal trauma i fibroblasti cominciano a sintetizzare il collagene, che aumenta in modo
lineare da 2 a 3 settimane. I collageni costituiscono la pi grande famiglia di proteine
del corpo umano e la loro funzione quella di provvedere alla robustezza ed alla
integrit di tutti i tessuti. Il collagene Tipo 1 il maggior componente nella
ristrutturazione delle ossa, della cute e dei tendini. Il collagene Tipo II contenuto
in modo predominante nella cartilagine. Il collagene di Tipo III, assieme al Tipo I, si
trova in diverse proporzioni dipendenti dal tipo di tessuto. Il collagene Tipo IV
presente nella membrana basale mentre quello di Tipo V si trova nella cornea. Fino
ad oggi sono stati identificati almeno 13 distinti tipi di collagene con 25 uniche
catene polipeptidiche. Immediatamente dopo la lesione, il collagene esposto viene a
contatto con il sangue stimola laggregazione piastrinica e lattivazione dei fattori
chemiotattici coinvolti nella risposta alla lesione. In seguito, il collagene diventa il
substrato della matrice extracellulare della lesione. Linvasione dei fibroblasti
incomincia a sintetizzare e a secernere collagene tipo I e II per formare la nuova
matrice. Si definisce angiogenesi il processo che interessa la neoformazione dei vasi
sanguigni. Le piastrine entrano nella ferita nella fase iniziale di riparazione e di
secrezione, il TGF- indirettamente favorisce langiogenesi e attira i macrofagi. Le

15

Biologia della cicatrizzazione

piastrine inoltre secernono PDGF, che attrae i macrofagi ed i granulociti favorendo


langiogenesi. I macrofagi giocano un ruolo importante rilasciando una quantit di
sostante angiogeniche compreso il fattore (TNF-a) di necrosi tumorale e il fattore
essenziale di crescita dei fibroblasti (FGF). La funzione maggiore dellepitelio
differenziato quella di formare una barriera tra lambiente interno ed esterno. Una
rottura dello strato epiteliale favorisce la penetrazione dei fluidi e dei batteri della
cute. Nella lesione a tutto spessore la migrazione epiteliale avviene soltanto dai
margini della ferita. Lepitelio cresce incrociando la lesione e occupando i margini
con i fagociti che per primi detergono dai detriti e dal plasma. La mitosi delle cellule
epiteliali comincia 72 ore dopo il danno. La velocit di copertura epiteliale
incrementata se la lesione detersa, se la lamina basale intatta e se la ferita
mantenuta umida. Molti fattori di crescita modulano la riepitelizzazione tra cui il
fattore di crescita epidermico (EGF) che un potente stimolatore della mitogenesi
epiteliale e della chemiotassi ed il fattore di crescita dei cheratinociti. La sintesi del
collagene e la rottura si equilibrano in forma stabile allincirca il 21 giorno dopo la
lesione. Si ha la sintesi e la rottura del collagene che continua, mentre lECM
continuamente rimodellato. La degradazione del collagene si raggiunge da specifiche
matrici metalloproteinasi che sono prodotte da un gran numero di cellule nella sede
della lesione, compreso i fibroblasti, i granulociti e i macrofagi. Lattivit della
matrice metalloproteinasi si riduce e gli inibitori della metalloproteinasi sono
incrementati dalla TGF- che possono influenzare la capacit della TGF-3 di favorire
laccumulo della matrice. Le fibronectine sono molecole della matrice coinvolte
nella contrazione delle ferite, nellinterazione cellula-cellula e cellula-matrice, nella
migrazione

cellulare,

nella

deposizione

della

matrice

del

collagene

nellepitelizzazione; agiscono come una impalcatura per la deposizione del


collagene, sono prodotte dai fibroblasti, dalle cellule epiteliali e dai macrofagi e si
trovano nel tessuto stromale e nella lamina basale. Sono le prime proteine che
coprono la ferita fresca, perci formano parte della matrice provvisoria della ferita.
La loro funzione pi importante, nelle fasi della riparazione tissutale, quella di
favorire linterazione cellula-cellula e cellula-matrice e durante la guarigione della
ferita, la fibronectina diventa legame crociato al coagulo di fibrina facilitando
ladesione del fibroblasto. La sua quantit diminuisce man mano che la ferita matura
e il collagene Tipo I rimpiazza il Tipo III. La sostanza di superficie o stroma unaltra
componente importante della matrice della ferita, composta da proteoglicani e
glicosamminglicani (GAG). I proteinglicani costituiscono il nucleo proteico, hanno un
legame covalente con i GAC e fanno parte dei polisaccaridi. Ci sono quattro tipi

16

Biologia della cicatrizzazione

principali di GAG che fanno parte della struttura tissutale e della cicatrizzazione:
condroitinsolfato, eparan solfato, cheratan solfato e acido ialuronico. Lacido
ialuronico (HA) una sequenza periodica di disaccaridi senza nucleo proteico e
solfurico,questo si forma nella ferita molto prima degli altri tre GAG, tutti questi
composti sono solfatati e hanno un nucleo proteico. Il ruolo dei proteinglicani nella
cicatrizzazione della ferita poco conosciuto, sembra che inducano una
iperidratazione che facilita la mobilit cellulare, probabilmente forniscono le
propriet viscoelastiche del tessuto connettivo normale. Solo recentemente
incomincia ad essere chiaro che molti fattori di crescita sono responsabili della
modulazione della risposta infiammatoria. L identificazione di questi fattori ha
ampliato la conoscenza del processo di cicatrizzazione e pu inoltre permettere la
manipolazione della guarigione delle ferite. I fattori di crescita possono essere
mediati da funzioni cellulari coinvolti nella cicatrizzazione, questi sono costituiti da
proteine, di peso compreso tra 4.000 e 60.000 Daltons che interessano lattivit
cellulare quando sono presenti in piccole concentrazioni. Questi inviano un messaggio
biochimico particolare ad uno specifico bersaglio cellulare attraverso uno specifico
recettore di membrana. I fattori di crescita possono influenzare la funzione cellulare
attraverso molti differenti meccanismi endocrini, paracrini, autocrini ed olocrini. I
fattori di crescita endocrini sono prodotti da una cellula e quindi trasportati
attraverso il circolo in una sede distante dove agiscono. I fattori paracrini sono
prodotti da una cellula adiacente alla sede in cui il fattore agisce. I fattori di crescita
autocrini sono rilasciati dalla stessa cellula sulla quale agiscono. Infine i fattori di
crescita olocrini si comportano come la cellula che li ha prodotti. La maggior parte
dei fattori di crescita nella cicatrizzazione agiscono in maniera autocrina e paracrina.
I fattori di crescita coinvolti nella guarigione della ferita e meglio caratterizzati
comprendono l EGF, il PDGF, il FGFs acido e basico, il TGF-, TGF-, IL-1, e TNF-.
Il fattore di crescita epiteliale un polipeptide costituito da 53 amminoacidi ed
stato isolato dalle ghiandole salivari del topo. Si trova in un gran numero di tessuti e
viene rilasciato durante la degranulazione delle piastrine. Le cellule epiteliali hanno
il pi grande numero di recettori per lEGF; inoltre recettori sono presenti anche
nellendotelio, nei fibroblasti e nelle cellule della muscolatura liscia. LEGF esercita
unazione chemiotattica sulle cellule epiteliali, endoteliali e sui fibroblasti, e i
fibroblasti si comportano come uno stimolante mitogeno per questi tipi di cellule.
Oltre questo effetto sulle cellule epiteliali e sulla riepitelizzazione lEGF stimola
lattivit angiogenetica e quella collagenasica. I fattori di crescita del fibroblasto
sono stati in origine descritti come mitogeni per le cellule mesenchimali, ma in

17

Biologia della cicatrizzazione

seguito si osservato che stimolano langiogenesi e altre funzioni cicatrizzanti. La


famiglia delle FGF formata da minimo 7 membri comprendenti forme acide e
basiche che contengono il 50% di sequenze amminoacidiche analoghe al KGF. LFGF
basico 10 volte pi potente come stimolante angiogenico degli altri membri della
famiglia dellFGF; orbene sia la forma acida che basica dellFGF contribuiscono
allangiogenesi della ferita stimolando la proliferazione delle cellule endoteliali. Le
cellule endoteliali producono e rispondono all FGF. L FGF basico inoltre stimola la
sintesi del collagene, la contrazione della ferita, l epitelizzazione e la sintesi della
matrice. Il fattore di crescita dei cheratinociti increto dai fibroblasti e le sole
cellule che posseggono i recettori KGF sono le cellule epiteliali. Studi recenti hanno
mostrato che i derivati dermici dallazione del KGF in forma paracrina stimolano la
proliferazione delle cellule epiteliali durante la cicatrizzazione. Studi sulla
cicatrizzazione fatti su animali transgenici, che sono stati segnalati come carenti del
recettore KGF, hanno manifestato un forte ritardo nella cicatrizzazione. Perci, si
crede che il KGF giochi un ruolo importante nella cicatrizzazione attraverso la
regolazione della riepitelizzazione. Il fattore di crescita derivato dalle piastrine
localizzato nei granuli delle piastrine. E una glicoproteina da 30.000 a 32.000 D
con 2 subunit A e B la cui porzione omologa il 56%. Il codice genetico localizzato
sui cromosomi 7 e 22. Leterodimero AB il prodotto primario delle piastrine umane.
Altri tipi di cellule rilasciano fattori come il PDGF. Il PDGF attiva Il TGF-, stimola i
neutrofili, i macrofagi, la chemiotassi e la mitogenesi sia dei fibroblasti che delle
cellule muscolari lisce; stimola inoltre la sintesi del collagene, lattivit della
collagenasi e langiogenesi. Sebbene nessun recettore di PDGF sia presente sulle
cellule epiteliali o endoteliali, il PDGF sembrerebbe iniziare langiogenesi. Questo
pu essere secondario al potente effetto del PDGF sulle cellule infiammatorie. Ci
sono 5 isoforme diversi di TGF- tre dei quali (1, 2, 3) sono presenti nei
mammiferi. Il TGF- stato il primo fattre di crescita che si dimostrato efficace
nella guarigione della ferita in un modello animale. Infatti il TGF- come la vitamina
A, modifica linibizione causata dai glucocorticoidi. Si trova come un omodimero con
un peso molecolare di 25.000 D ed stato isolato da quasi tutti i tipi di tessuto. Si
trova in alte concentrazioni nei granuli delle piastrine ed rilasciato al momento
del danno. Il TGF- funziona in maniera tale da regolare la sua stessa produzione;
stimola anche i monociti a nascondere altri fattori di crescita includendo lFGF, il
PDGF, il TNF- e lIL-1, il TGF- chemiotassico per i macrofagi e stimola la
chemiotassi e la proliferazione del fibroblasto. Pu essere anche il pi potente
stimolatore della sintesi del collagene, attiva i fibroblasti a produrre fibronectina e

18

Biologia della cicatrizzazione

proteinglicani. In generale il TGF- evoca laccumulo dellECM e la fibrosi nella sede


della ferita. Linterleuchina-1 stata descritta originariamente come uno stimolatore
di proliferazione linfocitaria. E prodotta dai macrofagi cos come altri tipi di cellule.
E chemiotassico per le cellule epiteliali, i neutrofili, i monociti e i linfociti ma non
per i fibroblasti. Stimola la proliferazione dei fibroblasti, la sintesi del collagene e
lattivit collagenasica e ialuronidasica. Inibisce la proliferazione delle cellule degli
endoteli vascolari. Linterleuchina-1 gioca inoltre un ruolo nel rimodellamento della
ferita dovuto allinfluenza sullattivit collagenasica. Il fattore- di necrosi del
tumore ha costituito la prima scoperta come tumor killer-cell in vitro. E un peptide
amminoacidico prodotto dai macrofagi quando sono stimolati dal TGF-. E mitogeno
per i fibroblasti e stimola la sintesi del collagene e della collagenasi. Il TNF- pu
inoltre stimolare langiogenesi.

19

Incisioni chirurgiche e suture

INCISIONI CHIRURGICHE E SUTURE


In chirurgia plastica la tecnica operatoria segue
principi generali che non si discostano da quelli di
altre specialit chirurgiche. E per doveroso
sottolineare

l'assoluta necessit di trattare i

tessuti con estrema delicatezza, ricordando che,


se

contusi

danneggiati

da

manipolazioni

grossolane, essi sono pi facilmente soggetti ai


danni da sofferenza vascolare o da infezione. Ci, se importante anche per il
chirurgo generale, lo a maggior ragione per il chirurgo plastico, cui si chiede
sempre una cicatrice poco visibile o comunque migliore di altra gi esistente.

Incisioni chirurgiche
La prima regola per ottenere una buona sutura, e quindi una buona cicatrice, di
praticare una buona incisione: un'incisione corretta deve essere esattamente
perpendicolare al piano cutaneo, cos che i margini combacino perfettamente all'atto
della sutura.
Esistono diversi tipi di bisturi, che solo l'esperienza pu insegnare come e quando
scegliere: invece fondamentale sapere come impugnarli a seconda dell'effetto che
si vuole ottenere:

incisione corretta, perfettamente perpendicolare al piano cutaneo;

incisione obliqua rispetto al piano cutaneo.

Il bisturi impugnato con forza, come un coltello, serve a praticare un'incisione decisa,
a tutto spessore, di discreta lunghezza, su cute ricca di sottocutaneo: ad esempio per
un intervento di addominoplastica, sui glutei, sulle cosce.
Per incisioni pi lunghe, che non richiedono una penetrazione tanto decisa ma
devono piuttosto costituire una
prima traccia di quanto s'intende
fare,

il

bisturi

va

invece

come

un

violino

con

disinvoltura

impugnato

archetto

deve

di

altrettanta
essere

maneggiato: ad esempio nello

20

Incisioni chirurgiche e suture

scolpimento di un lembo cutaneo.

Quando infine si vuole ottenere precisione e delicatezza con brevi incisioni, come sul
viso, il bisturi verr impugnato come una penna. Diversamente da quanto accade per
le ferite accidentali, nell'incisione programmata per un determinato intervento il
chirurgo ha di solito la possibilit di scegliere la direzione della ferita (e quindi della
successiva cicatrice). Ci molto importante, perch la cute presenta delle linee di
elasticit o di tensione lungo le quali conviene praticare l'incisione per ottenere una
miglior cicatrizzazione. Il primo a studiare e descrivere minuziosamente questa serie
di linee fu Langer, da cui prendono il nome. Le linee di Langer sono disposte
perpendicolarmente alla direzione della contrazione dei muscoli sottostanti alla
cute, perch, come hanno rilevato Kraissl e Conway a proposito delle rughe del
volto, le pieghe cutanee sono determinate dal fatto che la cute non segue il muscolo
nel suo accorciamento. La cicatrice situata in tali pieghe tender ad essere
dissimulata dalla loro presenza ed in ogni caso la sua evoluzione nel tempo non
porter alla retrazione. Giova qui ricordare che le linee di Langer al viso coincidono
con le pieghe cutanee dovute alla mimica e con le eventuali rughe, mentre a livello
delle articolazioni coincidono con le pieghe articolari. Quest' ultimo fatto
importante soprattutto nella faccia palmare della mano e delle dita, dove d'obbligo
evitare di attraversare con l'incisione chirurgica le pieghe articolari per non creare
danni funzionali con la successiva cicatrice un evento traumatico o da un'incisione
chirurgica. In chirurgia plastica essa assume un'importanza particolare, perch la sua
qualit pu condizionare pesantemente la riuscita di un intervento. Per eseguire una
sutura corretta bisogna margini della ferita chirurgica per tutta la sua lunghezza e
per tutto il suo spessore, evitando al massimo ogni tensione sul piano cutaneo ed
ogni infossamento con la ricostruzione accurata dei piani profondi. Si otterr cos che
i labbri della ferita giungano quasi a collabire ed i punti di sutura cutanei avranno il
solo compito di mantenerli delicatamente a contatto senza provocare ischemie

21

Incisioni chirurgiche e suture

marginali, responsabili di molte deiscenze. Eventuali tensioni residue possono essere


distribuite alla cute circostante con l'applicazione di cerotti posti trasversalmente
sulla ferita o medicazioni adesive elastiche; infine potr essere utile immobilizzare la
regione interessata in una posizione che non solleciti l'elasticit della cute.

Materiali di sutura
Va innanzitutto ricordato che il filo di sutura, quali che siano le sue caratteristiche
fisiche e biologiche, costituisce in ogni caso un corpo estraneo: andr quindi scelto
sempre fra quei materiali che, dotati di buona resistenza, abbiano per un'azione
irritante minima nei confronti dei tessuti. Per la sutura dei piani profondi sono
ancora ampiamente in uso il catgut semplice e cromico, quest'ultimo preferito
quando si ritiene di dover prolungare maggiormente nel tempo la funzione di
trazione esercitata dalla sutura profonda. Attualmente sono sempre pi spesso usati i
fili riassorbibili sintetici (derivati poliglicolici quali Dexon e Vicryl), perch dotati di
miglior tollerabilit e pi lento assorbimento, oltre che di maggior resistenza. Per la
sutura della cute sempre valida la seta naturale, anche se molto spesso sostituita
da altri materiali, da quelli metallici (acciaio, tantalio) a quelli sintetici quali nylon,
mersilene, propilene. Il vantaggio di questi fili (siano essi intrecciati o sotto forma di
monofilamento) rispetto alla seta naturale sta nella loro maggior inerzia e nel fatto
che non si imbibiscono a contatto con i liquidi organici, e quindi lasciano una traccia
del loro passaggio meno evidente, una volta rimossi. Per contro la seta naturale tiene
meglio il nodo, rispetto al nylon e ai monofilamenti in genere, anche se ormai con
mersilene e propilene intrecciati questo problema sembra esso pure superato. Anche
l'ago estremamente importante in chirurgia plastica: quasi esclusivo ormai
l'impiego dei cosiddetti aghi atraumatici, cio aghi di acciaio che montano il filo
direttamente pinzato alla loro parte terminale, evitando cos l'ispessimento dato
dalla presenza della cruna, sia essa aperta o chiusa, e dal conseguente
raddoppiamento del filo. Per la cute esistono aghi atraumatici di varia curvatura e di
dimensioni diverse, proporzionate al calibro del filo, ma importante soprattutto
che abbiano sezione triangolare e punta molto aguzza, che ne facilitano il passaggio
attraverso l'epidermide ed il derma. Per i piani profondi, possono essere usati aghi a
sezione rotonda come in chirurgia generale, sebbene alcuni chirurghi plastici
preferiscano anche per il sottocute aghi atraumatici a sezione triangolare.

22

Incisioni chirurgiche e suture

Tecniche di sutura
Classicamente si distinguono due grandi gruppi fra i vari tipi di sutura: la sutura a
punti staccati e la sutura continua.
Sutura a punti staccati
il tipo pi usato ed costituita da una serie di punti che affrontano i margini della
ferita giacendo in direzione perpendicolare ad essa. L'ago deve penetrare nella cute
perpendicolarmente, a qualche millimetro dal margine cruento, approfondendosi nel
sottocute parallelamente al margine di
sezione; nel margine opposto della ferita
l'ago penetra nel sottocute prima e viene
fatto fuoriuscire poi dalla cute con le
stesse modalit, badando che la distanza
fra il foro dell'ago ed il margine sia
eguale sui due labbri della ferita, onde
evitarne slivellamenti. Quando per i due margini sono asimmetrici, non hanno
eguale spessore o sono sezionati a becco di flauto anzich perpendicolarmente, per
ottenere l'affrontamento senza slivellamenti sar necessario comprendere nel punto
maggior quantit di tessuto sul labbro meno mobile della ferita ovvero su quello pi
spesso o sezionato ad angolo ottuso. Il filo, una volta passato nei due margini, sar
annodato lateralmente alla linea d'incisione cutanea, ad evitare che il nodo decubiti
direttamente sulla ferita. Esso dovr avere giusta tensione e mai essere troppo
stretto per non provocare ischemie del tratto di cute compreso nel punto: meglio
dare qualche piccolo punto in pi, piuttosto che applicare pochi grossi punti annodati
strettamente, i quali nel migliore dei casi lasceranno un segno l dove il filo ha
decubitato sulla cute. Vi sono alcune varianti di questo tipo di sutura con
caratteristiche particolari.
Sutura punti staccati marginali di Dufourmentel
L'ago viene introdotto nel labbro
della

ferita

margine
cruenta,

esattamente

della
poi

si

al

superficie
approfonda

obliqua-mente nel sottocute per


passare

simmetricamente

sul

labbro opposto della ferita. Non


si

causa

ischemia

per

23

Incisioni chirurgiche e suture

compressione da parte dei fili n restano segni del passaggio dell'ago sulla cute e la
cicatrice quindi resta quasi invisibile.
Sutura a punti staccati ad U
Particolarmente utile quando si debba
esercitare

una

certa

trazione

si

debbano affrontare margini di spessore


molto diverso.
Il punto a U orizzontale si esegue dando
un primo punto semplice con le modalit
descritte; lateralmente ad esso, con la
stessa distanza dai margini, si esegue un secondo punto di ritorno in modo da
annodare i fili sullo stesso lato della ferita.
Nel punto a U verticale la seconda ansa del filo, anzich essere a lato della prima,
giace al davanti di essa, pi vicina al margine della ferita. In entrambi i casi, se la
tensione esercitata sui labbri della ferita notevole, pu essere utile interporre fra
le anse del filo e la cute piccoli rotoli di garza o garza vasellinata per evitare che
decubitino

sulla

cute.

Per

un

affrontamento pi preciso dei margini


cutanei utile il punto a U di BlairDonati, che un punto a U verticale la
cui

seconda

ansa

attraversa

solo

l'epidermide e il derma: con la prima


ansa si avvicinano i tessuti profondi, con
la seconda i margini cutanei giungono a combaciare perfettamente.
Sutura continua.
Nata per i tessuti profondi, si pu applicare anche alla cute; pi rapida di quella a
punti staccati, ma a volte a scapito della precisione nell'affrontamento dei margini e
del risultato estetico.
Sutura continua semplice a sopraggitto
Si d un primo punto, che viene annodato
subito, perpendicolarmente alla ferita; si
prosegue

quindi

senza

tagliare

il

filo,

facendogli percorrere un tragitto a spirale


nel

quale

l'ago

viene

sempre

infisso

perpendicolarmente alla ferita, mentre il

24

Incisioni chirurgiche e suture

filo giace obliquamente ad essa in superficie. L'ultimo punto viene annodato con il
primo perpendicolarmente alla linea di sutura con l'ultima ansa del filo.
Sutura continua con punti a materassaio
E in pratica costituita da una serie di punti a U orizzontali applicati l'uno accanto
all'altro senza mai interrompere il filo ed annodando solo il primo e l'ultimo di essi.
Epi precisa della precedente nell'affrontamento dei margini e d di solito un
risultato estetico migliore.
Sutura continua intradermica
E forse la sutura di maggior interesse per il chirurgo
plastico. Con essa si possono ottenere risultati estetici
veramente soddisfacenti ed attualmente (anche per
l'ottima qualit del materiale di sutura oggi disponibile)
viene usata con sempre maggior frequenza. Si esegue con
monofilamento di nylon o di acciaio che non provocano
reazione nel derma, non si imbibiscono e si sfilano
facilmente a breve distanza di tempo. Il filo viene fatto passare alternativamente da
un margine all'altro della ferita infiggendo l'ago nel derma e quindi teso facendo
trazione sulle due estremit, che vengono fissate alla cute con cerotti o annodate.
Dopo una settimana, per taluni anche solo 3-4 giorni, il filo pu essere rimosso e
sostituito con semplici cerottini embricati sulla linea cicatriziale. Questo tipo di
sutura non pu essere applicato quando l'incisione non rettilinea o i margini della
ferita sono in tensione.
Tecnica di sutura-non-sutura,
consiste nell'affrontare i margini cutanei di una ferita
senza far uso di ago e filo ma con lutilizzo di specifici
cerotti di carta che vengono applicati secondo le linee di
trazione della cute. Naturalmente pu essere utilizzata
solo in caso di ferite non molto profonde, poco estese,
lineari ed in sedi esposte.

25

Le ferite difficili

LE FERITE DIFFICILI
Le perdite di sostanza tegumentarie vengono classificate in: ferite, piaghe, ulcere.
Le ferite sono soluzioni di continuo tegumentarie di recente insorgenza; le piaghe
sono ferite estese con una lenta tendenza alla guarigione; le ulcere sono lesioni
secondarie, di vecchia data, con scarsa tendenza alla guarigione. Tra le ferite difficili
possono essere incluse le:
Lesioni d decubito
Ulcere venose, arteriose e miste
Ulcere diabetiche
Ulcere post-traumatiche
Ulcere post-ustione
Ulcere post-chirurgiche
Ulcere post-radioderrniti
Cicatrici distrofiche e acromiche
Ulcere da stravaso di chemioterapici
Necrosi post-settiche
E stato gi ampiamente descritto come il processo di riparazione cutanea sia
caratterizzato da una complessa cascata di eventi che coinvolge risposte cellulari e
umorali volte a restaurare la continuit del tessuto ed a ripristinare una condizione
morfologica e funzionale il pi possibile vicina a quella originaria. Per quanto
riguarda le ferite acute, il processo di guarigione si articola in quattro fasi principali:
coagulazione
infiammazione
proliferazione cellulare e riparazione della matrice
epitelizzazione e rimodellamento del tessuto cicatriziale.
Questi stadi raggruppano una sequenza di processi che in parte si susseguono e in
parte si sovrappongono mostrando una stretta interdipendenza con una tempistica
variabile e poco prevedibile ma di tutte le fasi quella del rimodellamento la pi
lunga, potendo durare anche 2 anni. Punto chiave del meccanismo riparativo la
tendenza dellorganismo a ricoprire la zona danneggiata attraverso la migrazione
dellepitelio di superficie. In seguito queste cellule, a contatto con il tessuto
sottostante, vengono sottoposte a una serie di segnali biologici che, allinterno di un
processo di riparazione normale, portano alla ricostituzione di una superficie

26

Le ferite difficili

epiteliale ben differenziata ed alla corretta reazione del tessuto mesenchimale


sottostante. Solitamente, il destino successivo della riparazione cutanea la
cicatrice, caratterizzata da un tipico addensamento del tessuto connettivo in cui le
fibre collagene si organizzano in spessi fasci paralleli ma quando per varie ragioni
lorganismo si discosta da questo processo, per difetto di riparazione, le ferite
evolvono in ulcere croniche. A differenza di guanto si osserva nelle ferite acute, in
quelle croniche la sequenza ordinata di eventi riparatori viene sovvertita o
arrestata in uno stadio intermedio. Ci che accade nelle ulcere croniche la
mancanza

di

unadeguata

riepitelizzazione

che

comporta

in

genere

un

prolungamento dello stato infiammatorio. Quando le cellule dellepidermide non


riescono

migrare

attraverso

il

tessuto

delta

ferita,

si

assiste

una

iperproliferazione ai margini della stessa che interferisce ulteriormente con la


normale migrazione cellulare attraverso il letto della ferita. La comprensione dei
processi cellulari che sottintendono alla guarigione fornisce informazioni preziose
sulle ferite che non guariscono.
Coagulazione
Durante la prima fase, il danno lesivo a carico dei vasi determina la fuoriuscita del
sangue e quindi la formazione del coagulo. Lo spazio compreso tra i margini della
ferita viene cos ad essere occupato da una ricca rete di fibrina, plasma, leucociti ed
altri elementi cellulari ematici. Le piastrine attivate durante il processo di emostasi
danno inizio alla guarigione della ferita rilasciando diversi mediatori solubili, tra i
quali fattori di crescita e di migrazione cellulare. Questi diffondono rapidamente
dalla ferita attirando nellarea della lesione diverse cellule infiammatorie.
Allinterno della ferita i fattori di crescita stimolano la proliferazione di vari tipi di
cellule (cellule epiteliali, fibroblasti, cheratinociti e cellule dellendotelio vascolare)
e ne regolano le funzioni, come la produzione delle proteine della matrice
extracellulare che forniscono il substrato per il nuovo tessuto di granulazione.
Infiammazione
La coagulazione del sangue e il processo di degranulazione delle piastrine danno il
via alla fase dellinfiammazione caratterizzata da una notevole vasodilatazione,
aumentata permeabilit capillare, attivazione del complemento e migrazione di
granulociti neutrofili e macrotagi verso la sede della ferita. I neutrofili e i macrofagi
svolgono unazione di protezione dalla contaminazione batterica e di detersione del
sito di lesione mediante digestione dei detriti tessutali danneggiati. Essi infatti sono
in grado di fagocitare e distruggere i microrganismi patogeni e di rilasciare proteasi
che degradano i componenti danneggiati della matrice extracellulare.

27

Le ferite difficili

Tra le sostanze liberate dai macrofagi ci sono le citochine, importanti messaggeri


attraverso i quali le cellule infiammatorie comunicano tra loro esercitando segnali di
stimolo e di inibizione che consentono il controllo della risposta infiammatoria. Nel
passaggio alla fase di proliferazione, i macrofagi svolgono dunque un ruolo
fondamentale rilasciando fattori di crescita e fattori chemiotattici che richiamano
nella ferita fibroblasti, cellule epiteliali e cellule dellendotelio vascolare per
formare, a circa 5 giorni dalla lesione, il tessuto di granulazione.
Proliferazione cellulare e riparazione della matrice
Con il progressivo decremento del numero di cellule infiammatorie nella ferita, i
fibroblasti, le cellule endoteliali ed i cheratinociti dellepidermide assumono il
controllo della sintesi dei fattori di crescita che continuano a promuovere la
migrazione e la proliferazione cellulare. Per soddisfare le elevate esigenze
metaboliche della proliferazione cellulare e della sintesi di nuova matrice
extracellulare in questa fase si osserva un marcato aumento della vascolarizzazione
dellarea della lesione e grazie alle cellule endoteliali si realizza la neoformazione di
capillari mentre i fibroblasti, cellule fondamentali del tessuto connettivo,
sintetizzano i componenti della matrice extracellulare. Questo tessuto, formato da
una densa popolazione cellulare di macrofagi e fibroblasti immersi in una matrice di
tessuto fibroso lasso riccamente vascolarizzato, costituisce il tessuto di granulazione.
La perdita di tessuto dovuta alla lesione viene inizialmente riempita da una matrice
provvisoria costituita prevalentemente da fibrina e fibronectina. Via via che i
fibroblasti vengono attirati nella matrice sintetizzano nuovo collagene, elastina e
altre molecole che formano la cicatrice iniziale e secernono la lisilossidasi, la quale
crea un reticolo nel collagene della matrice extracellulare. Tuttavia, prima che i
componenti della matrice di nuova sintesi possano integrarsi adeguatamente con la
matrice dermica esistente, necessario che vengano rimosse tutte le proteine
danneggiate. Tale compito viene svolto dalle proteasi liberate da fibroblasti e cellule
endoteliali, comprese le collagenasi e le gelatinasi, che fanno parte della
superfamiglia delle metalloproteasi di matrice (MPM). Per azione di queste sostanze
enzimatiche inizia il rimodellamento della matrice provvisoria e la modificazione del
tessuto di granulazione fino a ricostituire una matrice connettivale in cui il rapporto
tra collagene di tipo I e di tipo IV riportato a valori pi vicini alla norma. Da ultimo
si realizza lepitelizzazione della lesione ovvero la proliferazione e lo scivolamento
delle cellule epiteliali dai margini lberi della ferita verso il centro. Le cellule
epiteliali migrano sul tessuto di granulazione e vanno a ricostituire lo strato
epidermico, portando a termine la riorganizzazione tessutale relativamente al

28

Le ferite difficili

numero degli strati e loro differenziazione. Normalmente la proliferazione e la


riparazione durano diverse settimane finch il completamento della barriera
epiteliale induce un arresto dei fenomeni reattivi sia infiammatori che proliferativi
mentre langiogenesi ritorna a valori normali con rimozione dei vasi in eccesso.
Epitelizzazione e rimodellamento del tessuto cicatriziale
Lo stadio finale della riparazione di una ferita prevede la formazione della cicatrice
che inizia simultaneamente alla formazione del tessuto di granulazione e si completa
con il suo rimodellamento. Durante la fase di sintesi delle molecole della nuova
matrice extracellulare. che prosegue per diverse settimane dopo liniziale chiusura
della ferita, la cicatrice spesso visibilmente rossa e rilevata. Nellarco di diversi
mesi laspetto della ferita di solito migliora: passa dal rosso violaceo al rosa
biancastro, diviene pi morbida ed elastica e si appiattisce. Scompaiono inoltre
sintomi quali il prurito e il bruciore che spesso accompagnano le fasi iniziali del
rimodellamento cicatriziale. A livello cellulare questo processo caratterizzato
dallazione delle collagenasi che intervengono nel delicato equilibrio tra la sintesi e
la degradazione di fibre collagene e matrice extracellulare. Una parte della
popolazione di fibroblasti si modifica in miofibroblasti, acquistando motilit e
capacit contrattile e determinando la contrazione e la conseguente riduzione
dellestensione della ferita. Nella fase finale del rimodellamento la resistenza alla
trazione raggiunge il suo massimo con la formazione di tessuto cicatriziale
relativamente elastico costituito da tessuto connettivo fibroso denso. La frazione
solubile del collagene si riduce mentre aumenta quella insolubile nonch il numero e
lo spessore delle fibre collagene che passano da una distribuzione fibrillare
disordinata ad uno stato di aggregazione in grandi fasci sempre pi compatti e
organizzati. Le ferite croniche sono caratterizzate da un difetto di rimodellamento
della matrice extracellulare e da un arresto della fase di riepitelizzazione che
comportano un prolungamento dello stadio infiammatorio. Nelle ferite acute le
citochine infiammatorie raggiungono la concentrazione massima nel giro di qualche
giorno e poi, se la ferita non infetta, tornano a livelli molto bassi. Nelle ferite che
non

guariscono

livelli

permangono

elevati,

mantenendo

cos

lambiente

infiammatorio impedendo il passaggio alla fase proliferativa della guarigione. Nelle


normali risposte di riparazione tessutale giocano un ruolo importante numerose
proteasi, tra cui le metalloproteasi che regolano la migrazione cellulare ed il
rimaneggiamento della matrice extracellulare. La loro azione in parte modulata
dallintervento degli inibitori tessutali delle metalloproteasi e lequilibrio tra
lazione di questi e quella delle metalloproteasi appare cruciale nel determinare il

29

Le ferite difficili

buon esito della guarigione. Nel letto delle ferite croniche, probabilmente a causa
delleffetto proinfiammatorio del tessuto necrotico e di una pesante carica batterica,
si osservano profonde modificazioni a livello cellulare e biochimico tra cui un
aumento dei livelli delle proteasi che degradano la matrice extracellulare appena
formata. Ne risulta una compromissione della migrazione cellulare e della
deposizione di tessuto connettivo. Si ritiene che le ulcere venose si arrestino alla
fase infiammatoria e che quelle diabetiche non vadano oltre la fase proliferativa.
Nelle ferite acute la secrezione delle molecole della matrice extracellulare (come la
fibronecfina e la trombospondina) ha un andamento ben definito. Nelle ferite
croniche sembra esserci una iperproduzione di molecole della matrice come
conseguenza di una sottostante disfunzione e di unalterata regolazione cellulare . Il
fibrinogeno e la fibrina sono ben presenti nelle ferite croniche e si ritiene che queste
e altre macromolecole si leghino ai fattori di crescita e ad altre molecole che hanno
un ruolo nel favorire la riparazione della ferita. Cos i fattori di crescita, seppur
presenti nella ferita in grande quantit, possono venire intrappolati e quindi non
essere disponibili per il processo di riparazione. I fibroblasti del derma producono
importanti proteine della matrice quali la fibronectina, le integrine ed il collagene
con cui formano una lamina basale sulla quale migrano i cheratinociti. Una scarsa
responsivit di queste cellule pu dunque ritardare notevolmente la riepitelizzazione
della ferita. Vari studi hanno analizzato lessudato delle ferite croniche al fine di
comprendere i meccanismi che provocano larresto della guarigione. Molti altri sono
in corso per valutare se alcuni componenti possano rappresentare marker di facile
misurazione in grado di guidare le decisioni cliniche e monitorare la risposta al
trattamento. Parecchi dati dimostrano che lessudato, rispecchiando la produzione
da parte del tessuto per la maggior parte dei suoi componenti, sufficientemente
attendibile nel fornire informazioni sulla composizione dellambiente della ferita.
Lesame dellessudato ha rivelato che il letto delle ferite croniche esposto a un
ambiente ipossico e proteolitico che degrada i componenti della matrice
extracellulare e in cui vi unespressione di mediatori chimici dellinfiammazione
maggiore che nelle ferite acute. Per esempio le ulcere venose delle gambe devono
essere considerate una condizione di infiammazione cronica, come dimostra il fatto
che lessudato da queste prelevato contiene unelevata concentrazione di
interleuchine, proteasi e radicali liberi dellossigeno se comparato con quello delle
ferite acute. Lo stress ossidativo, in particolare, potrebbe essere implicato nella
patogenesi delle ulcere croniche, rendendosi responsabile del danno di molti
costituenti biochimici che intervengono nel normale processo di guarigione.

30

Le ferite difficili

Lessudato delle ferite croniche inoltre diverso, da un punto di vista biochimico, da


quello delle ferite acute: rallenta o addirittura blocca la proliferazione di cellule
come i cheratinociti, i fibroblasti e le cellule endoteliali che sono essenziali per il
processo di guarigione della ferita. Diversamente da quanto succede per le ferite
acute, lessudato delle ferite croniche:

inibisce la proliferazione dei fibroblasti

impedisce ladesione cellulare e la migrazione delle cellule e attraverso il letto

della ferita

mantiene la risposta infiammatoria attraverso livelli elevat di citochine

proinfiammatore

contiene macromolecole che, inibendo i fattori d crescita, bloccano la

proliferazione cellulare contiene livelli elevati di metalloproteasi di matrice o MPM


che distruggono o alterano la matrice neoformata.
Dal momento che lessudato delle ulcere croniche pu ridurre le possibilit di
guarigione, risulta chiara la necessit di intervenire sul letto della ferita per
ripristinare

lambiente

adatto

affinch

la

guarigione

possa

realizzarsi.

fondamentale dunque trattare adeguatamente le ferite difficili poich una lesione


cutanea che rimane aperta per troppo tempo:

obbliga quotidianamente alle medicazioni (procedimento che richiede tempo e

denaro);

provoca un dolore continuo

espone al rischio di contrarre infezioni che richiedono ulteriori cure.

Le piaghe da decubito
Le piaghe da pressione originano da un complesso
processo di distruzione dei tessuti. I termini: piaghe da
pressione, ulcere da decubito e piaghe da decubito
sono stati usati come sinonimi per riferirsi alle
ulcerazioni dei tessuti comunemente osservate nei
pazienti debilitati. Il termine decubito deriva dalla
parola latina decumbere che significa giacere disteso e sebbene questo termine
possa essere appropriato per i pazienti che sono costretti a letto non descrive
correttamente le ulcere dei pazienti che sono mobili. Poich il processo fisiologico
comune la pressione continua, piaghe da pressione il miglior termine
descrittivo. In aggiunta alla pressione continua, i fattori che contribuiscono alla
formazione delle piaghe da pressione includono: alterata percezione sensoriale,
incontinenza, esposizione allumidit, alterata attivit e mobilit, frizione e forze di

31

Le ferite difficili

taglio. Individualmente ciascuno di questi fattori non porta alla formazione di una
ulcera ma in combinazione con la pressione senza sollievo, pu dare origine ad un
danno irrevetsibile dei tessuti. Il sistema di classificazione pi comunemente
accettato quello della Conferenza di Sviluppo del Comitato Consultivo Nazionale
per laccordo sulle Piaghe da Pressione (1989).
Stadio

Descrizione

Stadio I

Cute intatta ma arrossata per pi di 1 ora dopo rilascio della pressione

Stadio II

Flittene o altra interruzione del derma + infezione

Stadio III

Distruzione sottocutanea del muscolo + infezione

Stadio IV

Coinvolgimento dellosso o articolazione + infezione

Nel corso degli ultimi 25 anni sono stati effettuati molti studi per determinare
lincidenza delle piaghe da pressione che coinvolge circa il 9% di tutti i pazienti
ospedalizzati. Comunemente citata in tutti gli studi la loro associazione con altri
problemi clinici, includendo malattie cardiovascolari (41%), malattie neurologiche
acute (27%) e lesioni ortopediche (15%). In aggiunta a questi, let un fattore
associato. Da un punto di vista eziopatogenetico la pressione il fattore eziologico
pi importante. La compressione sui tessuti molli d origine ad unischemia che, se
non rilevata, evolve verso la necrosi e lulcerazione e nei pazienti a rischio, questa
sequenza di eventi pu essere accelerata da altre fonti endogene come linfezione, il
diabete, una condizione neurologica alterata. Di tutte le ulcere da pressione, il 96%
insorge al di sotto della linea dellombelico ed il 75% sono localizzate intorno alla
cintura pelvica. Landis nel 1930 determin la pressione dei capillari sanguigni in un
singolo capillare che varia da 12 mm Hg, alla terminazione venosa, a 32 mm Hg alla
terminazione arteriosa: se la forza di compressione esterna supera la pressione del
letto capillare la perfusione compromessa e si svilupper unischemia. Tuttavia
questo effetto non istantaneo ma esiste una relazione inversa tra il grado di
pressione ed il tempo richiesto per linsorgenza. Altri elementi importanti nella
genesi della piaga da decubito sono linfezione, ledema e la denervazione locale: il
rapido indice di decadimento cutaneo che si osserva nelle piaghe da pressione
segno di un processo batterico poich la cute compressa ha una minore resistenza
allinvasione batterica. La cute compressa e denervata diventa edematosa a causa di
molti processi: una volta che la pressione esterna supera 12 mm Hg le vene diventano
turgide e la pressione totale del tessuto aumenta con uno stravaso di plasma ed
edema locale. La presenza di tessuto denervato aggrava ulteriormente questo
processo con la perdita del tono simpatico dei vasi sanguigni. Inoltre ledema anche
il risultato di mediatori infiammatori rilasciati in risposta al trauma della
compressione. La normale omeostasi tra la PGF e le PGE modificata in favore della

32

Le ferite difficili

PGE con aumentata perdita attraverso le membrane cellulari ed accumulo di fluido


interstiziale. Man mano che la concentrazione del plasma interstiziale cresce, il sebo
cutaneo, importante nella difesa contro le infezioni sia da streptococco che da
stafilococco, viene diluito perdendo progressivamente la capacit di barriera
protettiva.

Il piede diabetico
L eziologia principale del piede diabetico la neuropatia che presente in circa
l80% dei pazienti con ulcere al piede. La neuropatia ha componenti metaboliche,
ischemiche ed anatomiche. Alti zuccheri nel sangue alterano il pathway dei
mioinositali nei neuroni, portando cos ad un aumento delle concentrazioni
intracellulari di sorbitolo ed una diminuzione dellattivit del Na+. Ci porta
alledema ed alla disfunzione del nervo. Il processo parzialmente reversibile con
linibizione della conversione del glucosio in sorbitolo.
Alterazioni nella microcircolazione e nella distribuzione
di ossigeno nel nervo porta ad una perdita focale dei
nervi mielinici e non. Inoltre, questi nervi edematosi
viaggiano attraverso stretti tunnel anatomici che li
comprimono ed accelerano il loro deterioramento. La
sensibilit protettiva viene persa ed i pazienti sono incapaci di sentire danni
incipienti o esistenti al piede. La neuropatia autonoma ha 2 effetti: lanidrosi e
lapertura degli shunt AV. Lanidrosi comporta lesioni cutanee e fornisce un punto
potenziale di entrata ai batteri. Lapertura di shunt AV permette al sangue di
aggirare parzialmente i capillari cutanei con un ridotto nutrimento cutaneo.
Aggirando lalta resistenza del letto capillare cutaneo, il grado di afflusso attraverso
la gamba aumenta e la temperatura risultante del piede di 2-3 pi alta del
normale. Si pensa che questo afflusso maggiore attraverso losso contribuisca al
collasso precoce delle ossa della parte centrale del piede (piede Charcot) che si
osserva in 1 diabetico su 800. Infine, la neuropatia motoria pu portare alla graduale
denervazione dei muscoli intrinseci del piede con perdita progressiva della flessione
metatarso-falangea e linsorgenza di un piede a tenaglia. Quando il paziente spinge,
durante la normale andatura, la mole del peso rimane sulle articolazioni metatarsofalange e non trasferita alle dita con il risultato finale che la maggior parte delle
ulcere si formano sopra le teste metatarsali.
Classificazione di Wagner :

Callosit, ulcere guarite, deformit cutanee.

Ulcera superficiale.

33

Le ferite difficili

Dal sottocute allosso, tendini, legamenti, capsula.

Osteite, osteomielite, ascesso.

Gangrena del dito.

Gangrena del piede.

Fino al 60% dei diabetici con ulcere che non guariscono presente una malattia
vascolare. Le arterie interessate sono principalmente quelle distali rispetto
allarteria poplitea, specificatamente le arterie tibiali e peronee. I diabetici hanno
una ridotta risposta immunitaria e quindi hanno unaumentata sensibilit alle
infezioni. Le infezioni superficiali del piede diabetico sono solitamente causate da
batteri gram-positivi, come lo Streptococco o lo Stafilococco aureo ma quelle pi
profonde tendono ad essere polimicrobiche e sono sostenute da cocchi gram-positivi
e bacilli gram-negativi aerobi cos come dagli anaerobi. La cancrena sinergica di
Meleney causata da uno streptococco anaerobio in associazione con lo Stafilococco
aureo.

Le ulcere cutanee
Le ulcere cutanee (UC) rappresentano una patologia
di elevato significato sociale in termini di spesa
pubblica assistenziale e di perdita di giornate
lavorative. Studi epidemiologici su vasta scala
riguardanti le ulcere cutanee sono piuttosto rari:
nel 1800 nellospedale di Bristol (Gran Bretagna) il
19% dei pazienti chirurgici ricoverati ed il 42% di quelli afferenti allambulatorio
chirurgico erano affetti da UC. In tempi pi recenti gli studi epidemiologici indicano
una prevalenza variabile dallo 0.15 all1.02 %. Tale variabilit giustificata da una
consistente differenza dei campioni di popolazione esaminati e dalla modalit di
raccolta dei dati. Tuttavia, chiaro che si tratta di patologie a carico delle fasce
avanzate di et. La prevalenza varia dallo 0.3% a 60 anni all1% a 65 anni fino a
raggiungere il 5% a 90 anni. Nel complesso stato calcolato che il rischio di
sviluppare una UC nel corso della vita coinvolge il 2.7 % della popolazione. I dati
riportati derivano da studi condotti in paesi occidentali industrializzati laddove
fattori genetici e di stile di vita (sedentariet, dieta) favoriscono le patologie
vascolari di base e linsufficienza venosa cronica (IVC). La patogenesi
genericamente secondaria ad unalterata funzione delle strutture vascolari

34

Le ferite difficili

venose, arteriose e linfatiche ovvero ai danni


ischemici

conseguenti

ad

una

prolungata

pressione (decubito). La UC identifica una lesione


derivante dalla perdita di sostanza cutanea in
assenza della normale tendenza di una ferita alla
guarigione spontanea: la naturale conseguenza
di fenomeni di degenerazione tissutale e/o delle
strutture sottostanti (fascia muscolare, muscoli,
tendini). Qualunque sia la causa primitiva il
danno sostenuto da unalterazione del sistema
vascolare che mantiene il bilancio omeostatico

Le ulcere cutanee: classificazione


Venose
Arteriose
Miste
Microangiopatiche
Pressione e cause chimico-fisiche
Neuropatiche
Infettive
Metaboliche
Ematologiche
Neoplastiche

delle strutture cutanee con la riduzione di:


1) diffusione per impedimento degli scambi di

Deficit pompa muscolare

nutrienti tra circolo ematico e tessuti (come per edema o formazione di cuffia
fibrinica perivascolare) 2) perfusione per inadeguatezza della quantit di sangue nel
tessuto. Nella eziopatogenesi dellulcera cutanea lomeostasi tissutale pu essere
alterata su 4 livelli diversi: 1) livello di organo (es. larto inferiore); 2) livello
tissutale specifico (microcircolo cutaneo); 3) livello cellulare (cellule endoteliali,
ematiche, fibroblasti e, attraverso questi ultimi, lintera matrice extracellulare); 4)
livello subcellulare

(processi metabolici, ph, temperatura, osmolarit, funzione

coagulativa, anticorpi ed immunocomplessi circolanti, funzione complementare,


etc.). E evidente che tali livelli di controllo dellequilibrio nutritivo e funzionale
della cute sono intercomunicanti e lanomalia di uno di essi crea delle modificazioni
a catena. Da questa impostazione fisiopatologica deriva uno schema classificativo
sulla base del distretto circolatorio danneggiato e del profilo anatomico/funzionale.
Nella tabella riassuntiva non sono riportate le ulcere linfatiche come entit
autonoma poich la compromissione del sistema linfatico essenzialmente
secondaria alla condizione di insufficienza venosa cronica e ne rappresenta una
frequente complicanza. E stato considerato invece fattore causale il deficit della
funzione di pompa muscolare, primitivo o secondario, che responsabile di
unalterata funzionalit del distretto circolatorio venoso in assenza di apparenti
patologie strutturali.
Da tutto quanto espresso in precedenza appare chiaro che la cura delle ferite difficili
caratterizzata da un coacervo di presidi terapeutici finalizzati ad una gestione
globale e coordinata delle lesioni non soltanto per accelerare i processi endogeni di
guarigione ma anche per promuovere lefficacia delle differenti misure terapeutiche.

35

Le ferite difficili

I protocolli di cura prevedono una fase iniziale comune caratterizzata dalla


preparazione del letto della ferita (wound bed).
Il wound bed prevede:

deibridement della ferita con medicazioni avanzate in grado di eliminare i tessuti

necrotici (es. idrogel, fibrinolitici);

gestione dellessudato e della carica batterica con medicazioni assorbenti e

modicamente

antisettiche

(schiume

poliuretaniche,

alginati;

idrocolloidi;

medicazioni a base di argento);

correzione del microambiente, biologico, con medicazioni che stimolano la

riparazione tissutale (acido jaluronico in matrice o in granuli) o innesti ingegnerizzati


che sostituiscono i tessuti alterati.
Lo scopo di tutto questo iter terapeutico quello di condurre una ferita difficile ad
una corretta guarigione o per Io meno verso unadeguata preparazione del letto della
ferita al fine d rendere possibile un successivo intervento ricostruttivo. Tra le
possibilit di trattamento delle ferite difficili possiamo inoltre schematicamente
includere:

tecniche ancillari (elastocompressione, angioplastica, ossigenoterapia iperbarica

vacuum assisted closure therapy, perdurale continua);

medicazioni avanzate;

tessuti ingegnerizzati;

chirurgia;

Lelastocompressione la tecnica utilizzata per il trattamento e la prevenzione delle


ulcere da stasi venosa e linfatica. Il meccanismo di azione s basa sullaumento della
pressione interstiziale al fine di controbilanciare laumentata pressione venolinfatica e capillare. Lelastocompressione, inoltre, fondamentale per migliorare il
ritorno

venoso

aumentando

la

compressione

estrinseca

sulla

rete

venosa.

Langioplastica tecnica che consente la rivascolarizzazione degli arti inferiori


colpiti da ischemia critica Viene utilizzata quando valori di pressione sistolica alla
caviglia inferiori ai 50 mmHg ed allalluce inferiori ai 30 mmHg sono associati a
dolore incoercibile presente da pi di 2 settimane o ad ulcera o gangrena delle dita
del piede. La perdurale continua una tecnica che consente di ottenere una
analgesia continua e determina anche una vasodilatazione a livello periferico.
L ossigenoterapia iperbarica una metodica non invasiva che molto utilizzata nei
processi degenerativi in quanto favorisce la rigenerazione tissutale. Tale tecnica,
infatti, consente di avere un metabolismo aerobio, di ridurre le concentrazioni di
acido lattico mediante metabolizzazione ossidativa, permette di ridurre ledema e di

36

Le ferite difficili

conseguenza lischemia tissutale; essa, infine, ha una importante azione antinfettiva


ed determinante nel demarcare la cosiddetta zona migliorando cio la vitalit dei
tessuti scarsamente ossigertati La VAC un sistema non invasivo il cui meccanismo di
azione quello di applicare una pressione negativa controllata e localizzata, la quale
favorisce la guarigione di ferite acute e croniche Tale metodica consente lottimale
rimozione degli essudati ripristina la pressione ottimale e quella del flusso capillare e
stimola la granulazione. Le medicazioni avanzate sono rappresentate da materiali di
copertura che hanno caratteristiche di biocompatibilit: determinano, infatti,
uninterazione del materiale con i tessuti, evocando una specifica risposta.
Generalmente si tratta di medicazioni occlusive che realizzano un ambiente umido
nellinterfaccia tra la lesione e la medicazione stessa. Esistono molti tipi di
medicazioni avanzate (idrogel, schiume in poliuretano, medicazioni allargento
microcristallino medicazioni composte, ecc.), e la scelta tra esse determinata dal
particolare caso clinico. Generalmente le medicazioni avanzate vengono utilizzate
sempre, in associazione o meno ad altre metodiche proprio perch consentono di
preparare il letto della ferita in quanto favoriscono il debridement, consentono Ia
corretta gestione degli essudati e correggono il microambiente biologico delle ferite.
I tessuti ingegnerizzati sono tessuti viventi processati in laboratorio, costituiti da
cellule autologhe (prelevate mediante biopsia cutanea del paziente) seminate in un
biomateriale naturale (acido jaluronico). Oggi possibile produrre in laboratorio il
derma, lepidermide, la cartilagine sono ancora in fase di preparazione il tessuto
adiposo e la cute one-step (derma + epidermide). In chirurgia plastica gli innesti
di.cute ingegnerizzata vengono utilizzati come riparazione di perdite di sostanza
(derma e poi cheratinociti) o come preparazione del letto della ferita (solo derma),
infine come riempitivo. Campi di applicazione tipici sono: le ulcere diabetiche degli
arti inferiori, le ulcere venose, arteriose, miste; le ulcere da decubito postchirugiche. La chirurgia viene riservata ai casi in cui sono presenti lesioni distrofche
su osteomielite, o quando. c esposizione ossea o articolare; la tecnica di scelta
anche nelle lesioni da decubito di IV stadio, soprattutto a livello ischiatico, e quando
siamo di fronte ad ulcere da stravaso di chemioterapici. Essa si avvale di numerose
possibilit ricostruttive, che spaziano dai lembi fasciocutanei a quelli miocutanei fino
ai lembi liberi

37

Cicatrici patologiche

CICATRICI PATOLOGICHE
Cicatrice ipotrofica
La cicatrice atrofica o ipotrofica determinata da una diminuita produzione di
tessuto di granulazione e da una ritardata epitelizzazione secondaria a fattori
esogeni (deficit alimentari, infezioni, corpi estranei, fenomeni compressivi) ed a
fattori endogeni (turbe circolatorie, malattie metaboliche, patologie cutanee,
malattie infettive croniche, deficit immunitari). Clinicamente si presenta come
unarea depressa traslucida, ipopigmentata, talvolta marezzata per la presenza di
teleangectasie periferiche, con occasionali ulcerazioni. La cicatrice atrofica
particolarmente possibile nei pazienti affetti da diabete mellito: dati sperimentali
indicano che non liperglicemia che inibisce la guarigione della ferita ma,
piuttosto, la mancanza di insulina. Altre anormalit manifestate nei diabetici
comprendono un deterioramento dei fibroblasti, della proliferazione delle cellule
endoteliali, della epitelizzazione, una riduzione del deposito di collagene ed una
ridotta forza della cicatrice. Fattori ambientali possono contribuire alla normale
guarigione della ferita. Tutti i fattori richiesti per una normale sintesi del collagene
(ossigeno, amminoacidi essenziali, adeguata energia calorica per permettere la
sintesi delle proteine) sono condizione indispensabile per un fisiologico iter
cicatriziale: lascorbato (vitamina C) un cofattore richiesto per lidrossilazione
della prolina e la lisina durante la formazione del collagene. La sua carenza
(scorbuto) pu causare una inadeguata produzione di collagene idrossilato, che
degradato rapidamente o non riesce a formare legami crociati adeguati. Basse
concentrazioni di elementi quali zinco, rame e ferro interferiscono con la guarigione
cos come alcuni farmaci (steroidi e sostanze antineoplastiche) interagiscono
negativamente con la proliferazione cellulare o la
sintesi delle proteine. Una parte significativa nel
turnover tissutale nella cicatrizzazione normale
mediata dagli elementi della matrice del gruppo delle
metalloproteinasi (MMP). Le MMPs costituiscono un
gruppo di endopeptidasi zinco-dipendenti che includono
le collagenasi, le gelatinasi e le stromelisine. Un aumento del turnover della matrice
extracellulare pu ostacolare il normale sviluppo del tessuto cicatriziale.

38

Cicatrici patologiche

Cicatrice ipertrofica e cheloide


La cicatrice ipertrofica ed il cheloide sono proliferazioni di tessuto fibroso cutaneo
conseguenti ad un trauma o ad un evento infiammatorio locale. La prima insorge
circoscritta nella sede primaria della lesione mentre il cheloide interessa anche le
aree adiacenti. Materiale estraneo esogeno o endogeno nellarea traumatizzata o
sede di un evento infiammatorio, un trauma, infezioni batteriche locali e particolari
regioni anatomiche (padiglioni auricolari, collo, spalle, tronco superiore) possono
favorire lo sviluppo delle due anomalie cicatriziali. Esistono anche fattori generali
predisponenti di tipo familiare (autosomici dominanti e recessivi) e di tipo razziale.
Le

neoformazioni

insorgono

dopo

qualche

mese

dallevento

traumatico

infiammatorio come papule o placche rilevate, di color rosa-rosso, dure, di forma


sovrapponibile alla lesione primitiva traumatica. In questa fase non possibile
distinguere una cicatrice ipertrofica da un potenziale cheloide. La crescita pu
cessare dopo qualche mese oppure continuare in maniera anche intermittente per
tempi pi lunghi. La cicatrice rimane sempre ben circoscritta, mentre il cheloide
dopo qualche mese si estende oltre larea originale. Entrambe le lesioni possono
essere pruriginose ed il cheloide viene spesso associato a dolore e parestesia locale.
Alcune volte soprattutto i cheloidi possono essere particolarmente sfiguranti e
inabilitanti. Grossi cheloidi sono stati descritti in pazienti affetti da sclerosi
sistemica, da progeria, da pachidermoperiostosi e da altre rare sindromi complesse.
La cicatrice anomala comincia generalmente a svilupparsi nelle settimane subito
dopo il danno, mentre il cheloide si pu sviluppare fino ad un anno pi tardi.
Istologicamente la differenza tra cicatrice ipertrofica e cheloide minima, tutte e
due differiscono dalla cicatrice normotrofica per la ricca vascolarizzazione, per lalta
densit del mesenchima e per l addensamento dello strato dermico. Le fibre di
collagene sono organizzate in un vortice, inoltre la sostanza mucinosa presente in
grande quantit nei cheloidi ma la densit dei fibroblasti minore che nelle cicatrici
ipertrofiche. La microscopia a scansione elettronica mostra la differenza morfologica
ultrastrutturale nelle cicatrici ipertrofiche che hanno fibre collagene meno marcate
che nella cute normale o cicatriziale. Si osserva altres che nelle cicatrici
ipertrofiche le fibre collagene sono accorciate e sono disposte in modo ondulato.
I cheloidi sono sempre meno organizzati e presentano larghe e irregolari fibre
collagene e ridotta distanza interfibrillare. Il nodulo di collagene assente nelle
cicatrici mature, ma presente nelle cicatrici ipertrofiche e nei cheloidi, contiene
un alta densit di fibroblasti e le fibrille del collagene sono unidirezionali ed
estremamente orientate. Biochimicamente si osservano marcate differenze tra la

39

Cicatrici patologiche

cute normale, la cicatrice matura e la cicatrice anomala, infatti la sintesi del


collagene 3 volte maggiore nei cheloidi che nelle cicatrici ipertrofiche e 20 volte
nei cheloidi rispetto alla cute normale. La quantit di collagene solubile aumentata
anche nei cheloidi ed indicativo laumento della sintesi di collagene e laumentata
degradazione o riduzione del legame crociato. Le cicatrici mature hanno un
contenuto pi alto di collagene di quello che si trova nei cheloidi. Lattivit della
collagenasi 14 volte pi grande nei cheloidi che nella cicatrice normale mentre
nella cicatrice ipertrofica aumentata di 4 volte rispetto alla cute normale. C
inoltre nel siero della cicatrice anomala una diminuzione di inibitori della proteinasi
(1 antitripsina e 2 macroglobulina) che contribuiscono ad un aumento della
deposizione di collagene sia nei cheloidi che nelle cicatrici ipertrofiche. La
valutazione biochimica della matrice extracellulare indica un aumento della
fibronectina e acido ialuronico nei pazienti con cicatrizzazione anomala rispetto a
quelli con cute normale. Il tipo di collagene presente anchesso diverso nei pazienti
con cicatrizzazione anomala. Il tessuto cheloideo contiene il 32% di collagene tipo III
rispetto al collagene di tipo normale. Il collagene di tipo II ha un legame crociato
immaturo, il che indica un processo patologico durante il quale la matrice
extracellulare non matura e perci non raggiunge una stabilit normale. Linfluenza
del fattore della crescita sulla cicatrice abnorme fino ad ora poco chiara. Una
cicatrice ipertrofica con seguente a proliferazione fibroblastica riduce la risposta all
EGF ma non al TNF- o PDGF. Diversamente dai fibroblasti normali quelli delle
cicatrici ipertrofiche dimostrano di non aumentare la sintesi del collagene quando
sono influenzati dal TGF-. La miglior terapia dei cheloidi e delle cicatrici
ipertrofiche resta poco chiara e di non facile scelta. Lescissione chirurgica da sola
comporta unaltissima percentuale di recidive e deve essere preceduta o seguita da
irradiazione e/o somministrazione intralesionale di
steroidi. Il trattamento non chirurgico dei cheloidi
pu essere suddiviso in due gruppi maggiori: fisico e
farmacologico. Tra gli esempi di trattamento fisico si
annoverano

la

radioterapia,

gli

ultrasuoni

la

crioterapia, la pressoterapia, la laserterapia e la


pressoterapia protratta per 4-6 mesi. I protocolli farmacologici sono diversi ma quelli
usati maggiormente sono gli steroidi per via intralesionale, la penicillamina, lacido
retinoico, il destrano solfato, agenti antineoplastici, strisce adesive di zinco e gel di
silicone, linterferone (nelle cicatrici ipertrofiche) linterferone- (nei cheloidi).

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Innesti e lembi

INNESTI E LEMBI
Innesti o trapianti
Classificazione
Gli innesti di tessuti possono essere classificati in base:
1. al rapporto esistente tra donatore e ospite;
2. in rapporto alla sede di impianto rispetto alla sede di origine;
3. rispetto alle modalit tecniche adottate per l'esecuzione chirurgica del trapianto.
1) Dal rapporto esistente tra donatore e ospite risultano:
a) trapianto autologo, o autotrapianto. Il trapianto un lembo di tessuto trasferito
da una se de all'altra dello stesso organismo, per cui donatore e ricevente sono la
stessa persona. Esempio di trapianto autologo pu essere dato da un lembo di cute
prelevato dalle cosce o dall'addome e trapiantato sul viso o sul le mani dello stesso
paziente. Altro esempio rappresentato da segmenti tendinei prelevati dal campo
degli estensori dei piedi e trapiantati in funzione di flessori delle mani; altro ancora,
un frammento osseo prelevato dalla tibia o dalla spina iliaca antero-superiore e
trapiantato nelle mani o sul volto.
b)trapianto omologo: lembo di tessuto trasferito da un individuo all'altro della stessa
specie (fra uomo e uomo, fra ratto e ratto, fra cane e cane). Esempio di trapianto
omologo: lembi cutanei donati dalla madre al figlio a copertura di aree di distruzione
cutanea o lembi di cute di cadavere utilizzati allo stesso scopo nei grandi ustionati.
Tipico esempio di trapianto omologo rappresentato dai trapianti corneali.
Sempre nel campo degli omoinnesti, il diverso grado di vicinanza genetica esistente
tra donatore e ospite della stessa specie, trova una pi precisa classificazione:
trapianto singinesico indica il tessuto trasferito tra diretti consanguinei (da padre o
madre a figlio, per esempio, e viceversa); isotrapianti corrispondono a tessuti
scambiati tra individui consanguinei che, in seguito a prolungate ibridazioni, hanno
raggiunto un alto grado di uniformit genetica; trapianti isoistogenici sono lembi di
tessuto scambiati tra individui consanguinei che hanno raggiunto attraverso
l'ibridazione una completa identit nella qualit, numero e distribuzione dei singoli
elementi genetici. Negli animali risultanti isoistogenici fra di loro l'unico elemento
differenziale rappresentato dal cromosoma sessuale Y. Non vengono compresi fra
gli omologhi i trapianti scambiati tra gemelli monovulari, perch risultano dalla
suddivisione di un unico ovocita, pur trattandosi di due distinti individui.

41

Innesti e lembi

c) Trapianto eterologo: tessuto trasferito da un individuo all'altro di specie diversa.


2) La classificazione risultante dalla posizione originaria del trapianto rispetto alla
sede in cui viene trasferito la seguente:
a) Trapianto isotopico: tessuto trasferito da una sede ad un'altra topograficamente
coincidente. E' un trapianto autologo isotopico un frammento osseo prelevato dalla
tibia di una gamba e trasferito nella identica posizione dell'arto controlaterale.
b)Trapianto ortotopico: tessuto trasferito nella sede anatomica naturale senza che
l'area donatrice coincida necessariamente con quella ricevente.
Si definisce trapianto ortotopico un lembo cutaneo prelevato dall'addome e trasferito
sulle mani o sul volto, o un segmento del nervo surale posto nella soluzione di
continuo del nervo mediano.
c)Trapianti eterotopici vengono definiti quei tessuti trasferiti in una posizione
anomala rispetto alla loro originale sede anatomica. Trapianti autologhi eterotopici
sono, per esempio, lembi di cute trasferiti a riparare soluzioni di continuo di mucosa
o frammenti di osso o di cartilagine trasferiti a scopo di sostegno in una sede dove
normalmente cartilagine od osso non esistono.
3) L'utilizzazione clinica riconosce diverse modalit di esecuzione chirurgica dei
trapianti.
Si definiscono trapianti liberi quei tessuti cutanei (o tendinei, nervosi, cartilaginei,
ossei, fasciali, di grasso, ecc.) che vengono completamente staccati dal territorio di
origine e trapiantati liberamente in altra sede. Trapianti peduncolati sono quei
tessuti cutanei - includenti anche il grasso sottocutaneo - che vengono trasferiti da
una sede all'altra immediatamente adiacente dello stesso organismo mediante
l'ausilio di un peduncolo nutritivo che ne assicura una sufficiente irrorazione fino al
definitivo attecchimento nella nuova sede di impianto. Trapianti peduncolati
tubolizzati sono quei tessuti cutanei provvisti di grasso sottocutaneo che, grazie a
particolari accorgimenti chirurgici vengono fatti lentamente migrare da una sede ad
un'altra, anche molto lontana, dello stesso organismo, acquisendo negli intervalli fra
una dislocazione e l'altra nuovi, sufficienti peduncoli nutritivi. Fra i trapianti
peduncolati viene inoltre inserito il trapianto vascolare (artery flap degli
anglosassoni), rappresentato da un lembo cutaneo includente anche il tessuto
sottocutaneo ricavato dall'area di irrorazione di una determinata arteria, che viene
isolata col relativo vaso venoso al l'atto del prelievo del trapianto e spostata rispetto
al suo orientamento originale per seguire il lembo cutaneo nel la sua nuova sede di
impianto. Per innesto cutaneo si intende un tratto di epidermide e derma di
grandezza e spessore variabili, che, avulso dalle connessioni vascolari con la sua zona

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Innesti e lembi

di origine (area donatrice), viene trasferito ad altra area (ricevente), sede della
perdita di sostanza cutanea.
Innesti di cute
Per innesto cutaneo si intende un tratto di epidermide e derma di grandezza e
spessore variabili, che, avulso dalle connessioni vascolari con la sua zona di origine
(area donatrice), viene trasferito ad altra area (ricevente), sede della perdita di
sostanza cutanea. (Fig.1)

Fig.2: Spessore degli innesti di cute

Fig.1 Tecnica di prelievo cutaneo con il


dermotomo manuale

Gli innesti di cute si definiscono:

autologhi (il donatore il paziente stesso);

omologhi (il donatore appartiene alla stessa specie);

eterologhi (il donatore appartiene ad una specie diversa).

Nellambito degli innesti autologhi si distinguono innesti sottili, di medio spessore o


spessi e innesti di cute totale. (Fig.2)
I primi comprendono nel prelievo, oltre allepidermide, il solo derma papillare
(trapianto dermo-epidermico a 1/3 di spessore) o il derma papillare e parte del
derma reticolare o addirittura gran parte di questultimo (trapianto dermoepidermico a 2/3 di spessore). Gli innesti di cute totale, invece, prevedono nella loro
compagine lo strato epidermico ed il derma in toto fino allipoderma.
Lattecchimento di un innesto cutaneo si realizza in tre fasi:
a) fase di inbibizione plasmatica, che tipica delle prime 24-36 ore, nella quale la
nutrizione del trapianto avviene a spese della trasudazione plasmatica dei capillari
dellarea ricevente. In questa fase il colorito dellinnesto appare pallido.
b) fase di rivascolarizzazione: a partire dalla terza giornata si creano anastomosi va
scolari tra il letto ricevente e il trapianto per la migrazione di gettoni di angioblasti

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Innesti e lembi

che avanzano con sempre maggior facilit nei vasi dellinnesto. In questa fase il
colorito del trapianto roseo.
c) fase di organizzazione: a partire dal 4-5 giorno lo strato di fibrina e leucociti
che separa letto ricevente ed innesto viene invaso dai fibroblasti. Saranno questi
elementi del tessuto connettivo i responsabili della minore o maggiore retrazione
cicatriziale successiva. Il colorito dellinnesto in questa fase e nel periodo seguente
si presenta ancora roseo, tendente nel tempo ad assumere un aspetto simile alla cute
circostante. evidente che gli innesti sottili attecchiscono pi facilmente di quelli
spessi o di cute totale: ci dovuto al fatto che tali innesti sono in grado di
sopravvivere meglio alla prima fase di imbibizione plasmatica, e che quindi anche la
seconda fase, quella della rivascolarizzazione, pu completarsi pi rapidamente. Gli
innesti cutanei rappresentano il metodo pi largamente in uso per la copertura di
aree cruente di una certa dimensione, esiti di traumi o di ustioni, o come immediata
correzione di deficit tegumentari susseguenti alla exeresi di neoplasie cutanee. Il
loro impiego altres utile ed, a volte, indispensabile, nella correzione di aree
cicatriziali o in caso di cicatrici retraenti, soprattutto a livello delle superfici
articolari. Si utilizzano generalmente innesti cutanei di spessore sottile o medio nei
casi in cui la copertura rappresenta una necessit immediata; esempio tipico
rappresentato dalle perdite di sostanza cutanea post-traumatiche, laddove si in
presenza

di

un

letto

ricevente

non

sufficientemente

deterso,

quindi

lattecchimento di un trapianto di spessore maggiore diverrebbe insicuro. Altri casi


sono rappresentati dalla copertura di piaghe o ulcere torpide, al solo scopo di
favorire o completare la sterilizzazione della lesione (uso temporaneo). Questo tipo
di innesti cutanei viene prelevato facendo uso di una metodica chirurgica
estremamente semplice, potendo disporre de gli strumenti idonei. Le aree donatrici
possono essere le pi svariate, ma si preferisce per evidenti ragioni estetiche dare la
priorit alle zone del corpo meno visibili, o meglio pi facilmente occultabili. Dette
aree sono le regioni glutee e le superfici anteriori e posteriori delle cosce.
Linnesto di cute totale comprende lintero spessore della cute. A causa del suo
spessore, questo tipo di trapianto cutaneo, pi lentamente rivascolarizzato,
rispetto agli innesti sottili o medi, e richiede quindi condizioni ottimali, quali un
adeguato apporto ematico e una totale immobilizzazione. Rispetto agli innesti sottili,
la cute totale presenta peraltro diversi vantaggi:
a) ha minor tendenza alla retrazione, soprattutto quando trapiantato in unarea
dove notevole la presenza di tessuto mobile e morbido, quali il viso, il collo, le
ascelle;

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Innesti e lembi

b) ha minore tendenza alla iperpigmentazione;


c) la copertura , dal punto di vista funzionale, migliore.
Linnesto a tutto spessore viene generalmente impiegato per la definitiva copertura,
per esempio, di una perdita di sostanza del viso, laddove si ritiene di poter ottenere
un risultato estetico migliore rispetto alluso di un lembo di vicinanza, oppure
quando ci non possibile o facilmente realizzabile. Questi tipi di trapianto offrono
la soluzione ideale per la ricostruzione, per esempio, delle palpebre, dove la
differenza di tessitura e colore praticamente indistinguibile. Altra indicazione
estremamente importante rappresentata dalla copertura di difetti residuati dalla
escissione di neoplasie cutanee, in particolare quelle situate nel distretto cefalico.
Le cause principali di fallimento di questa metodica sono rappresentate da:
a) Ematoma;
b)Fattori meccanici esterni (insufficiente immobilizzazione ed improprio bendaggio);
c) Necrosi del letto ricevente ( sconsigliabile apporre un innesto direttamente sul
tessuto adiposo, in quanto questo assai povero di vasi);
d) Infezione.
L'area cruentata dal prelievo di un lembo epidermico ripara spontaneamente nello
spazio di 8-10 giorni, grazie ad una rapida proliferazione dell'epitelio partente dai
lumi delle ghiandole sudoripare e sebacee e dai margini della lesione. La stessa area
donatrice pu essere utilizzata per un successivo prelievo a distanza di tre settimane
dal primo. Un tempo analogo necessario per la guarigione di un'area sottoposta al
prelievo di un trapianto a 1/3 di spessore. Anche in questo caso possibile
riutilizzare l'area donatrice a distanza di un mese circa per un successivo prelievo e
ci si spiega con la diminuzione nel numero dei lumi ghiandolari che si incontrano
negli strati pi profondi del derma. Non raramente la guarigione di queste aree
donatrici si verifica con la partecipazione di processi connettivali che tendono a
lasciare qualche esito cicatriziale. Le aree scelte per il prelievo di un trapianto
cutaneo a tutto spessore guariscono, in rapporto alla loro estensione, mediante
l'affrontamento e la sutura diretta dei margini; quando ci non sia possibile mediante
il trasferimento di un trapianto libero a mezzo spessore prelevato in altra sede.

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Innesti e lembi

Innesto o trapianto di cute: (Fig.3)


a: perdita di sostanza
b: prelievo da area donatrice
c: posizionamento e fissaggio
d: medicazione

Fig.3: Esecuzione tecnica di un innesto di cute

Innesti di cartilagine
Tra i materiali di sostegno, la cartilagine un tessuto che ben si presta ad essere
utilizzato come innesto, qualora si voglia sfruttare le sue prerogative strutturali di
elasticit, flessibilit e resistenza.
Tuttavia, mentre alcuni decenni addietro era considerata il miglior materiale per
questo scopo, tanto che Gillies lo definiva come impareggiabile e Sanvenero
Rosselli il materiale di gran lunga pi adatto; progressivamente ha perso terreno;
Sanvenero Rosselli, infatti, pi tardi afferma che divide con losso il numero delle
indicazioni in fatto del miglior materiale da innestare.
Attualmente, pur essendo ancora uno dei materiali pi largamente usati dal chirurgo
plastico, il suo impiego si andato delimitando a precise indicazioni cliniche nelle
quali pur tuttavia in grado di fornire sicuri risultati, sia morfologici che funzionali,
restando in questi casi, insostituibile. Non tratteremo in questa sede della biologia
generale di questo innesto n dei suoi vari tipi (omoinnesto, isoinnesto, eteroinnesto
con cartilagine viva, con cartilagine morta) ma soltanto degli innesti autoplastici, gli
unici che abbiano sino ad oggi una valida applicazione clinica secondo il criterio della
restaurazione biologica in senso stretto; infatti se si vogliono realizzare condizioni
ottimali di successo, gli innesti cartilaginei dovranno essere autogeni e viventi ed il
materiale di restauro dovr non solo provenire dallindividuo che ne ha bisogno, ma
anche avere la maggiore identit possibile con quello perduto o che si deve
sostituire. Gli innesti di cartilagine omoplastica, per la loro particolare costituzione
strutturale (cellule immerse nella sostanza fondamentale che le protegge dal
contatto diretto di eventuali cellule linfoidi), sopravvivono per molto tempo e pi a
lungo di altri omoinnesti (cute, osso, ecc.), e pertanto vengono utilizzati con una

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Innesti e lembi

certa frequenza, data la facilit del loro prelievo (ad es. settorinoplastica
correttiva), sia come omoinnesti freschi, sia come omoinnesti conservati e posti in
frigorifero a 4 C.
La cartilagine un particolare tessuto di origine mesenchimale costituito
fondamentalmente da:
a) sostanze intercellulari (matrice) che contengono fibre collagene ed eventualmente
elastiche, immerse nella sostanza fondamentale, la quale oltre a sostanze proteiche
non specifiche ed una proteina complessa specifica (il condroproteide) il cui gruppo
prostetico (lacido condroitinsolforico) un polisaccaride solforato;
b) elementi cellulari (condrociti), contenuti in numero di 1, 2, 3, 4, in particolari
lacune della sostanza intercellulare, che costituiscono la cellula parenchimale
cartilaginea, alla quale legato il destino dellinnesto stesso.
Caratteristica del tessuto cartilagineo la completa assenza di vasi nel suo contesto,
come si riscontra nella cornea e nellepidermide; la sua nutrizione avviene
unicamente per imbibizione mediante scambi osmotici con lambiente che lo
circonda: il pericondrio in condizioni normali, larea ricevente quando diventa
innesto. La facilit di prelievo di questo innesto, la sua relativa abbondanza come
materiale donatore, la possibilit di poter essere con facilit modellato nelle forme
pi diverse, la capacit di mantenere costante il suo volume originario, sono
prerogative che lo rendono utile e talora insostituibile. Linnesto di cartilagine
tuttavia non prende mai solida connessione organica con la nuova sede di impianto;
altro svantaggio che in breve tempo pu subire fenomeni di torsione dal lato
pericondrale e ci pu alterare in modo notevole un risultato inizialmente brillante.
Il problema della torsione dellinnesto cartilagineo stato recentemente studiato ed
almeno in parte ne stata fornita spiegazione assai attendibile: nella cartilagine
esisterebbero forze interreagenti che solo un evento traumatico metterebbe in
evidenza; tali forze intrinseche deformanti determinerebbero la anomalia solo
dopo che una lesione o un intervento chirurgico abbiano rotto lequilibrio delle due
superfici con formazione di zone di tensione e relativa compressione che tendono poi
a perpetuare nel tempo la deformazione. Ottima procedura quella di modellare
linnesto in maniera tale da contenere esattamente su ogni lato un eguale strato di
cartilagine sub-pericondrale. Mentre in tutte le variet di cartilagine le cellule hanno
caratteri pressoch uniformi, sia pur con disposizione e densit diversa, la sostanza
intercellulare si presenta con caratteri fisici e strutturali diversi. Si distinguono cos
tre tipi di cartilagine a seconda della natura delle fibrille della sostanza
fondamentale: cartilagine ialina, cartilagine elastica e cartilagine fibrosa.

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Innesti e lembi

Innesti ossei
Losso un tessuto connettivo molto differenziato la cui caratteristica durezza
dovuta ai sali di calcio precipitati nella sostanza fondamentale interposta ad una
densa matrice di fibre collagene. La parte esterna o corticale formata da osso
compatto, mentre la parte interna rappresentata da uno spazio virtuale, la cavit
midollare, riempita da midollo osseo e rivestita da una membrana vascolare,
lendostio. Fra questi due strati compreso losso spugnoso caratterizzato da
trabecole ossee intercalate a midollo. Esternamente losso avvolto da una
membrana fibrosa detta periostio. Lunit strutturale di base del tessuto osseo
losteone; costituito da lamelle concentriche che circondano un canalicolo
centrale, canale di Havers, nel quale sono presenti vasi sanguigni e fibrille nervose.
Tra le lamelle esistono cavit ovali, le lacune, contenenti gli osteociti i cui
prolungamenti protoplasmatici, attraverso i canalicoli si mettono in contatto con
altri osteociti limitrofi. Gli osteociti prendono origine dagli osteoblasti situati nello
strato profondo del periostio e dellendostio. Gli osteoblasti assumono propriet
osteoformative durante lo sviluppo, laccrescimento ed i processi di riparo del losso.
La ricostruzione di perdite di sostanza scheletriche mediante innesti ossei una
pratica terapeutica frequente e di notevole importanza nella chirurgia ricostruttiva.
Il successo di questo tipo di intervento legato a fattori di carattere generale, buone
condizioni

del

paziente,

scrupolosa

osservazione

dellasepsi,

atraumaticit

nelleseguire le varie manovre. Il processo di guarigione legato soprattutto a fattori


di carattere biologico: losso attecchisce nella nuova sede soltanto se linnesto
autologo (autoinnesto), se cio proviene dallo stesso individuo in cui viene innestato.
Linnesto omologo (omoinnesto), effettuato con osso prelevato da altro individuo
della stessa specie, soggetto invece ad un processo di riassorbimento e viene
progressivamente ma completamente sostituito da osso neoformato proveniente
dallospite. Linnesto eterologo (eteroinnesto), una pratica di rara applicazione in
chirurgia ricostruttiva. Lesperienza clinica ha dimostrato che losso spugnoso
presenta caratteristiche anatomoistologiche pi favorevoli allattecchimento rispetto
allosso corticale. Losso spugnoso in fatti stabilisce entro pochi giorni anastomosi
dirette con i vasi sanguigni dellospite; la sua particolare struttura e il suo
metabolismo gli permettono di sopravvivere durante le prime ore, sfruttando
limbibizione dei liquidi biologici dellospite stesso. In queste circostanze parte degli
osteociti sopravvive e mantiene integra la matrice calcificata dellinnesto; gli
osteoblasti riassumono le proprie capacit osteoformative e producono nuovo tessuto
osseo necessario alla riparazione. Nello stesso tempo anche gli osteoblasti

48

Innesti e lembi

dellospite, al punto di contatto con linnesto, entrano in attivit e contribuiscono


alla saldatura definitiva dellosso trasferito nella nuova sede. Perch questi processi
si svolgano in condizioni ottimali necessario che losso venga inserito nellospite a
diretto contatto con tessuto osseo sano e ben vascolarizzato.
Losso corticale presenta caratteristiche anatomo-istologiche diverse e meno
favorevoli allattecchimento. Il deficit nutritizioiniziale dovuto alle difficolt di
stabilire comunicazioni con lospite provoca la morte di quasi tutte le cellule e
linnesto va incontro a rapido riassorbimento. Pertanto nella maggior parte dei casi
viene utilizzato in blocco con losso spugnoso, cui conferisce la rigidit richiesta da
alcune esigenze cliniche. Le zone donatrici utilizzate con maggior frequenza per i
prelievi degli innesti sono la cresta iliaca e le coste.
Innesti di tendine
necessario ricorrere allinnesto tendineo ogni qualvolta non sia possibile unire le
due estremit di un tendine precedentemente leso sia per un difetto della sutura
primaria sia per una mancata sutura primaria.
Linnesto pu essere:
a) autologo;
b) omologo liofilizzato;
c) protesi tendinee.
a) Linnesto tendineo autologo quello prelevato dallo stesso individuo. E linnesto
pi usato sia per le sue garanzie di attecchimento sia per le numerose fonti di
prelievo.
b) Linnesto tendineo omologo liofilizzato un trapianto prelevato da soggetti della
stessa specie e conservato. Il suo uso limitato poich i risultati sono generalmente
scarsi ed il suo impiego non giustificato se non in particolarissimi casi in cui non sia
disponibile altro materiale.
c) E una protesi sostitutiva del tendine, costituita da materiale in silastic rinforzato
nelle sue estremit distali da metallo ancora in fase sperimentale.
Le sedi di prelievo per un innesto tendineo sono:
1) il tendine palmare superficiale;
2) il tendine plantare gracile;
3) i tendini estensori comuni delle dita del piede;
4) la parte prossimale del flessore superficiale delle dita della mano.
Qualunque sia la zona di prelievo dellinnesto tendineo esso deve avere le seguenti
caratteristiche:
a) essere di lunghezza adeguata;

49

Innesti e lembi

b) avere un calibro ridotto;


c) essere privo di paratenon.
a) E essenziale prima di procedere al prelievo di un innesto rendersi conto della
lunghezza necessaria per colmare il gap tra i monconi del tendine leso. Se, ad
esempio, la perdita di sostanza andr dalla regione volare del carpo alla estremit
delle dita lunghe, si render necessario un prelievo di pIantare gracile. Qualsiasi
altra zona di prelievo non potr soddisfare le esigenze operatorie.
b) Un innesto di notevole calibro non sar certamente linnesto ideale. Sapendo che
la riabitazione e di conseguenza il rimaneggia mento biologico di un innesto tendineo
di pendono da fattori estrinseci ad esso, lattecchimento sar tanto pi celere ed
efficace quanto pi rapida sar la rivascolarizzazione dellinnesto. Un tendine di
medie e di picco le dimensioni sar di conseguenza linnesto ideale.
c) La presenza o lassenza del paratenon condizionano la sopravvivenza funzionale
del trapianto stesso.
Innesti dermo-adiposi
Gli innesti dermo-adiposi sono utilizzati come materiale biologico di imbottitura e di
sostegno nelle perdite di sostanza sottostanti al piano cutaneo (sottocutaneo,
muscolare, scheletrico) e nella riparazione di alcuni difetti congeniti, (atrofia
congenita della faccia), nel deficit volumetrico congenito o acquisito del seno, cos
pure negli esiti di lesioni complesse traumatiche del viso nelle quali si siano
evidenziate depressioni isolate o diffuse che alterano la morfologia del viso. Gli
innesti dermo-adiposi, dopo il trasferimento, vanno incontro a modificazioni
determinate dal riassorbimento di circa la met del volume e del peso iniziale:
mentre infatti una parte del tessuto sottocutaneo innestato si mantiene inalterata, la
rimanente, in misura percentualmente variabile, va incontro ad atrofia ed a processi
regressivi e viene sostituita da tessuto connettivale fibroso, la cui funzione di
sostegno risulta clinicamente parimenti apprezzabile. E stato anche osservato che il
riassorbimento minore se linnesto di grasso viene prelevato in blocco
comprendendo in superficie il derma e in profondit lo strato aponeurotico (innesto
composito). In base a questi dati, nel formulare un piano terapeutico bisogna tenere
presente di prevedere di ipercorreggere il difetto e prelevare quindi una quantit di
tessuto superiore al fabbisogno reale del 30%. Il tessuto adiposo, come noto,
presenta diversit morfologiche regionali: le zone donatrici tipiche sono la regione
addominale e quella glutea, ma preferibile questultima in quanto offre maggior
superficie ed inoltre rimane sempre meno esposta. Lintervento deve essere
praticato con manovre atraumatiche e in assoluta asepsi: linfezione provocherebbe,

50

Innesti e lembi

infatti, una liponecrosi nel periodo particolare della fase dellattecchimento, con
grave pregiudizio del risultato.
Innesti di fascia.
La fascia aponeurotica rappresenta un prezioso materiale biologico per la sua
caratteristica resistenza e robustezza. E stato dimostrato che la fascia innestata
attecchisce per la sua maggior parte, ben si adatta alle sollecitazioni meccaniche
nella nuova sede ed estremamente resistente alle infezioni. Numerose sono le
condizioni patologiche nelle quali utilizzata con successo: laparoceli postoperatori,
fistole della trachea o dellesofago, perdite di sostanza del diaframma o delle
meningi, ernie muscolari, paralisi del nervo faciale, ptosi palpebrale, lesioni
tendinee, artroplastiche.

I lembi
Definizione
Con il termine di lembo si intende un artifizio chirurgico che prevede lallestimento
di porzioni di tessuto (singolo o composto) che viene trasferito da una sede ad
un'altra del corpo dello stesso individuo conservando un peduncolo nutritizio con la
sede del prelievo: il peduncolo sar permanente (lembo allestito nella immediata
prossimit della zona in cui verr trasferito) o temporaneo (lembo trasferito in pi
tempi ad una zona lontana a quella di prelievo). Le condizioni per il buon esito nel
trasferimento di un lembo peduncolato sono le seguenti:
-

un peduncolo vascolare tale da garantire un sufficiente afflusso di sangue

arterioso ed un agevole deflusso di quello venoso ( molto pi frequente la necrosi di


un lembo per difetto di circolazione reflua -congestione- che non per insufficiente
apporto di sangue arterioso);
-

la forma e le dimensioni proporzionate a quelle del suo peduncolo (la lunghezza

del lembo non deve essere superiore alla larghezza).


Lembi cutanei di vicinanza
Essi vengono scolpiti sulla cute contigua alla perdita di sostanza da ricoprire ed
hanno come caratteristica comune il fatto che il loro peduncolo non verr reciso
dopo il trasferimento ma rimarr definitivamente a far parte della nuova situazione.
Classicamente si distinguono:

lembi di scorrimento (Fig.4);

lembi di avanzamento (Fig.5);

lembi di rotazione (Fig.6);

lembi di trasposizione (Fig.7).

Fig.4: Lembo di scorrimento

51

Innesti e lembi

Fig.5: Lembi di avanzamento

Fig. 6: Lembo di rotazione

Fig. 7: Lembi di trasposizione

Lembi cutanei a distanza


Quando si rende necessario ricoprire una deficit cutaneo in una zona dove per ragioni
anatomiche sia interdetto l'uso di un lembo locale, possibile ricorrere ad un lembo
allestito in una zona donatrice diversa. La selezione dell'area donatrice viene fatta
tenendo presente da una parte la qualit (colore, spessore, tessitura) della pelle di
cui si ha bisogno, dall'altra l'opportunit di scegliere un metodo di trasferimento che
comporti il minor numero possibile di tempi chirurgici ed il minor danno per il
paziente. I lembi di lontananza possono essere distinti in diretti ed indiretti, a
seconda che le condizioni anatomiche consentano o meno di avvicinare tra di loro la
zona ricevente e donatrice. Nel primo caso il lembo viene allestito e parzialmente
trasferito sulla zona ricevente, alla quale, in un secondo tempo, avvenuto
l'attecchimento delle parti connesse, sezionato il peduncolo verr completamente
fissato e modellato secondo le necessit. I lembi indiretti sono costituiti per la
maggior parte dai lembi tubulati. L'allestimento di un lembo tubulato deve obbedire
a regole precise, venendo meno alle quali si andrebbe incontro pi o meno
fatalmente a disturbi trofici. In primo luogo la regione sulla quale si intende
preparare un lembo tubulato dovr possedere una cute priva di cicatrici o di altre
condizioni patologiche. La regione prescelta dovr essere libera da pressioni fortuite
e non dovr far parte delle superfici di decubito nelle posizioni naturali. Ancora la

52

Innesti e lembi

costruzione del lembo non dovr attraversare confini naturali di aree di


vascolarizzazione, quali la linea alba addominale o la linea inguino-crurale.
Lembi biologici
Una menzione a parte meritano i cosiddetti lembi biologici che sono quelli in cui
nel peduncolo presente un gruppo vascolare formato da una arteria diretta cutanea
ad andamento assiale accompagnata da una o pi vene. Questo gruppo vascolare pu
essere coperto dal peduncolo cutaneo, e in tal caso il lembo assume il nome di
peninsulare, oppure, mediante preparazione anatomica del gruppo vascolare pu
trasformarsi in lembo ad isola. Nel primo caso il peduncolo cutaneo-vascolare pu
restare cos fatto o subire un trattamento di disepitelizzazione che ne consente il
trasferimento nella sede di utilizzazione passando sotto un ponte cutaneo. Viceversa
esso pu essere tubulizztto temporaneamente costituendo un tramite aereo che
verr successivamente eliminato ad attecchimento avvenuto della parte utile.
Ovviamente il principale vantaggio dei lembi biologici, noti anche come lembi
arterializzati, consiste nell'affrancamento, salvo casi particolari, dalla necessit della
autonomizzazione.
Lembi miocutanei
L'applicazione clinica dei lembi miocutanei ha fatto segnare un notevole passo avanti
a tutta la chirurgia ricostruttiva poich ha permesso il superamento di vincoli
dimensionali e temporali legati ai lembi solo cutanei. I vantaggi di questi lembi sono
dovuti alla possibilit di utilizzare isole cutanee di grandi dimensioni, di spessore
notevole e di una mobilit pressoch assoluta (rotazioni sul peduncolo fino a 180 in
tutte le direzioni). Tuttavia, l'uso dei lembi miocutanei non deve essere
indiscriminato, poich ai fattori positivi deve venir contrapposto il grave svantaggio
costituito dalla disinserzione di un muscolo scheletrico. La scelta del lembo deve
essere preceduta da una valutazione accurata dei motivi a favore e a sfavore,
essendo sempre pronti a rinunciare al suo trasferimento se si vede una soluzione
chirurgica meno lesiva. La notevole variet dei sistemi vascolari della cute formata
dalle arterie cutanee pure che giungono al sottocute e al plesso della fascia
superficiale contribuendo al rifornimento del plesso dermico (ad es. arteria
epigastrica superficiale) e dalle arterie miste che, originando dal peduncolo
vascolare di un muscolo, si portano ai plessi cutanei (ad es: arterie provenienti dalle
intercostali). Infine, vi sono le arterie miocutanee dirette ed indirette che, a
partenza dal peduncolo vascolare del muscolo, perforano la fascia e si dirigono verso
la cute anastomizzandosi con i plessi che incontrano. Per questo motivo, anche dopo
interruzione dei vasi cutanei propriamente detti, si pu avere la completa

53

Innesti e lembi

sopravvivenza della cute in quanto pi che sufficientemente nutrita dai vasi


perforanti miofasciali. In tal modo si sono potuti individuare sulla superficie corporea
tanti distretti autonomi quante sono le zone anatomiche in cui si possa reperire un
muscolo in sede immediatamente sottocutanea. Tali distretti, le isole miocutanee,
traggono quindi nutrimento dal peduncolo vascolo-nervoso del muscolo che offre un
sufficiente apporto sanguigno e neurotrofco alla massa cutanea sovrastante.
Lembo miocutaneo di m. sternocleidomastoideo
Le regioni che possono essere raggiunte con il trasferimento di questo lembo
corrispondono alla met omolaterale della regione cefalica (emifaccia, collo e nuca).
E inoltre, possibile ricostruire perdite di sostanza ossea della mandibola con il
trasferimento di un segmento di clavicola insieme al lembo. Le controindicazioni
all'uso di questo lembo sono legate all'eventuale presenza di metastasi dei linfonodi
laterocervicali e retrosternomastoidei, al sospetto che precedenti interventi
chirurgici sul collo abbiano compromesso le connessioni vascolari fra la componente
fasciomuscolare e la cute, alla presenza di patologie a carico della tiroide o di altri
organi con sede nel collo, al torcicollo congenito o a facilit a mialgie reumatiche del
muscolo.
Lembo miocutaneo di m. grande pettorale
Il muscolo gran pettorale pu fornire un lembo cutaneo di vasta estensione (circa 15
x 25 nell'adulto normotipo) atto a coperture e ricostruzioni di buona parte della
parete toracica anteriore e posteriore, di tutta la regione cervico-facciale ed
endorale. Le controindicazioni di questo lembo sono rappresentate dal suo pi
limitato uso in pazienti di sesso femminile (minor superficie cutanea utilizzabile a
causa della mammella e cicatrici deturpanti in tale sede). (Fig.8)

Fig. 8: Lembo miocutaneo

54

Innesti e lembi

Lembo miocutaneo di m. trapezio


La duplice disposizione anatomica sia dei fasci muscolari del trapezio sia dei suoi
peduncoli vascolari permette ricoperture di notevole estensione in tutte le perdite di
sostanza del capo, del collo ed endorali. Le controindicazioni sono dovute al fatto
che, vista l'importanza della muscolatura, esso non deve essere disinserito in pazienti
in giovane et per evitare compromissioni nello sviluppo della colonna vertebrale.
Lembo miocutaneo di m. gran dorsale
Il lembo miocutaneo di muscolo gran dorsale pu essere considerato uno dei pi
versatili e duttili che il corpo umano possa offrire: infatti, sia come lembo ad isola
sia in toto, pu essere utilizzato nelle perdite di sostanza del volto, della regione
temporo-auricolare, nucale ed occipitale; della regione endorale, della regione
cervicale anteriore e mandibolare; della spalla e del braccio omolaterali. Inoltre,
assume una grande importanza nelle ricostruzioni mammarie immediate o a distanza
dopo mastectomia. Infine, pu essere utilizzato nelle perdite di sostanza della
regione ascellare ed epigastrica omolaterali. L'ultima indicazione di tale lembo
data dalla possibilit di correzione del linfedema postmastectomia del braccio per
mezzo di uno scarico mediato dalle fibre muscolari (Bocca, 1980).
Lembo miocutaneo di m. grande gluteo
Si tratta di un doppio lembo, che pu essere trasferito su un peduncolo sia superiore
sia inferiore. Le sue indicazioni sono date da tutte le perdite di sostanza (decubiti,
traumi, radionecrosi, ecc.) della regione sacrale, ischiatica e trocanterica.
Lembo miocutaneo di m. tensore della fascia lata
Il lembo miocutaneo di tensore della fascia lata consente copertura delle regioni
dell'anca, ipogastrica, perineale e sovrapubica.
Lembo miocutaneo di m. gracile
Le regioni che possono essere raggiunte con il trasferimento di questo lembo
corrispondono al bacino ed a tutto l'arto inferiore.
Lembo miocutaneo di m. peronieri
Il lembo miocutaneo di muscoli peronieri permette la copertura del terzo medio e
distale della gamba. Il lembo scolpito sul peroniero lungo, a causa del pi prossimale
esaurimento della compagine muscolare, pi corto e pu essere ruotato soltanto
sulla regione del terzo superiore e medio della gamba. Per ottenere la massima
lunghezza del lembo, esso deve essere allestito in blocco su ambedue i muscoli.
Controindicazioni all'uso di questi lembi sono le alterazioni dell'apparato vascolare
arterioso che impediscono una sufficiente nutrizione.
Lembomiocutaneo di m. abduttore V dito del piede

55

Innesti e lembi

Il lembo miocutaneo di muscolo abduttore del V dito del piede, grazie alla sua
mobilit sul peduncolo prossimale, permette la copertura sia della regione
malleolare esterna sia della regione medio-plantare.
Lembi fasciocutanei
Possono essere considerati come lembi cutanei con supporto fasciale (vascolare e
strutturale).

Hanno le stesse caratteristiche ma con un diverso rapporto

lunghezza/larghezza, che diviene di 1:3 o pi, e non necessitano di autonomizzazione


preventiva. Sono soprattutto indicati per le coperture degli arti dove i muscoli
scheletrici (necessari per i lembi miocutanei) non possono essere disinseriti se non a
scapito di un grave deficit funzionale.
Lembi mio-fasciocutanei
Vengono utilizzati nei casi in cui si voglia ampliare la superficie di un lembo
miocutaneo. Infatti, a causa della disposizione anatomica dei vasi mio-fasciocutanei,
si pu ottenere un trasferimento di cute maggiore se, insieme al muscolo, si solleva
parte della fascia adiacente da esso nutrita che a sua volta irrora la pelle ad esso
soprastante. Esempi di questo tipo di lembi sono quelli di muscolo trapezio
orizzontale, che pu essere prolungato fino al terzo superiore del braccio se si
solleva in blocco con la fascia deltoidea-brachiale, oppure di grande pettorale che
pu essere scolpito fino all'epigastrio.
Lembo fasciocutaneo di fascia surale
Questo lembo pu essere considerato come il sostituto del lembo miocutaneo di
gastrocnemio. Di esso conserva i vantaggi e le indicazioni senza i rischi connessi alla
disinserzione dei muscolo vettore. Il lembo di fascia surale indicato per le
coperture del terzo medio e superiore della gamba; la sua notevole estensione in
larghezza e in lunghezza consente ricostruzioni di deficit cutanei anche importanti. A
causa della sua larghezza, il lembo pu essere scolpito anche mediale o laterale per
le pi varie esigenze di trasferimento, divenendo, in tal modo notevolmente pi
mobile.
Lembo fasciocutaneo di fascia trapezio-deltoideo-brachiale
Si tratta di un lembo indicato per qualsiasi copertura a livello del capo e del collo,
del torace e del dorso (regione del cingolo scapolo-omerale). Le sue possibilit di
trasferimento sono le medesime del lembo miocutaneo di trapezio orizzontale con
prolungamento deltoideo-brachiale ma a differenza di questo non richiede il
sacrificio dei rami orizzontali del muscolo. La notevole lunghezza del lembo (cm 40 x
12) e la sua mobilit consentono ricostruzioni anche del naso e del mento, del vertice
del capo e della regione ascellare.

56

Innesti e lembi

Lembo fasciocutaneo antibrachiale


Si tratta di un lembo di cospicue dimensioni (cm 8 x 15), scolpito sulla regione volare
dell'avambraccio, che pu essere utilizzato sia come lembo locale (coperture della
regione del gomito) sia come lembo a distanza, data la mobilit dell'avambraccio
stesso, per ricostruzioni della regione cranio-facciale e soprattutto del palmo della
mano controlaterale.
Lembo radiale (lembo cinese)
Si tratta di un lembo cutaneo (o fasciocutaneo) nutrito assialmente dall'arteria
radiale, con il ritorno venoso assicurato, probabilmente, da un'inversione del flusso
delle vene radiali satelliti. Utilizzato per coperture sia locali sia a distanza, pu
essere ruotato sul peduncolo prossimale (stesse indicazioni del lembo fasciocutaneo
antibrachiale) o sul peduncolo distale (mano omolaterale, volto, arto inferiore,
ecc.). La rotazione sul peduncolo distale quella che offre le possibilit di copertura
con maggior apporto trofico, grazie alla ricca vascolarizzazione del lembo (flusso
sanguigno controcorrente dall'arteria ulnare), in ogni sede del corpo, data la sua
mobilit (180 sul peduncolo arterioso).
Tale lembo, sia a causa del sacrificio dell'arteria radiale, sia per le sequele estetiche
reliquate all'avambraccio, deve essere utilizzato solamente in caso di reale
necessita.

57

Ustioni e congelamenti

USTIONI E CONGELAMENTI
Ustioni
Lustione soluzione di continuo che riconosce diversi gradi di profondit,e agenti
etiologici diversi: liquidi bollenti, fuoco, metalli surriscaldati,energia elettrica, acidi
e alcali. Lazione di danno di tali agenti dipende dallentit e dalla durata della loro
applicazione. Liquidi a temperature relativamente basse sui 60-70 C richiedono un
tempo di applicazione relativamente maggiore, rispetto ad un liquido bollente, per
provocare lo stesso ordine di danni. Per produrre quindi lo stesso effetto ustionante
possono agire alte temperature per un tempo minimo, e temperature pi basse per
un tempo maggiore. I diversi agenti ustionanti possiedono propriet caratteristiche
(ossidazione, riduzione, causticazione, idrolisi, ecc.) capaci di condizionare
lintensit dellazione lesiva. Risulta ovvio che una grave ustione costituisca uno tra i
pi traumatici eventi che si possa affrontare in termini di disagio e di pericolo per la
vita. Recenti statistiche indicano che la frequenza dellustione sorprendentemente
alta. Su 100 ustionati 70 sono di origine domestica e i rimanenti 30 sono da attribuirsi
a cause industriali, di cui le pi frequenti sono: getti di ghisa fusa, contatto con
lamine metalliche, esplosione di recipienti contenenti acidi o alcali, fuoco da
benzina o altri liquidi infiammabili. Nellambito domestico, predominano le ustioni
da acqua o da altri liquidi bollenti, da vapore acqueo, da fuoco, da esplosioni di gas,
da termofori e impianti di riscaldamento.
Criteri valutativi delle ustioni
Estensione = percentuale della superficie corporea interessata;
Profondit = grado;
Localizzazione = gravit del danno in
rapporto alla importanza funzionale ed
estetica

della

localizzazione

dellustione.
La valutazione estensiva di una ustione
pu essere fatta in cm2 o calcolando la
percentuale

di

superficie

corporea

colpita. Il metodo pi semplice,anche se


ne riesce una valutazione approssimativa,

testa e collo

9%

arto superiore destro

9%

arto superiore sinistro

18%

arto inferiore destro

18%

arto inferiore sinistro

18%

regione anteriore del tronco

18%

regione posteriore del tronco

18%

genitali

58

1%

Ustioni e congelamenti

quello indicato dallo schema di Wallace, che divide la superficie corporea in aree
rispettivamente del 9% o di multipli del 9:
La profondit di una ustione prevede:
il I grado che pu essere causato da unesposizione prolungata al sole o da un breve
contatto con una fonte di calore pi intensa. Caratteristica espressione di questa
lesione il dolore urente, che si manifesta in coincidenza con la comparsa di altri
sintomi come leritema e un modesto edema degli strati pi profondi della cute dopo
un periodo di latenza variabile in relazione alla natura dellagente ustionante. Una
ustione di primo grado pu guarire in pochi giorni senza lasciare esiti riconoscibili a
distanza, se si eccettua una pigmentazione pi o meno intensa.
Nel II grado lazione di danno maggiore tanto da
provocarela morte e la sofferenza di molti elementi
cellulari

dello

strato

malpighiano.

Tipica

espressione del secondo grado la bolla, creatasi


per lo scollamento degli strati dellepidermide in
seguito alla pressione dei liquidi trasudati dai
capillari alterati. Anche la bolla pu comparire dopo un periodo di latenza variabile e
le sue dimensioni pare dipendano dalle caratteristiche dellagente ustionante. La
cupola della bolla formata da epidermide pi o meno spessa, a seconda della
regione colpita. Il liquido che la riempie appare dapprima sieroso e dopo qualche
giorno pu assumere una consistenza gelatinosa;esso lassamente aderente al
derma. Aperta la bolla, si scorge lo strato papillare del derma, di colorito rosso vivo,
estremamente dolente alla pressione, limitato da un alone eritematoso, caldo,
urente. Le ustioni di secondo grado sono in genere causate da una breve esposizione
ad intense vampate di calore, da liquidi bollenti o da getti di vapore riscaldato, o
possono costituire la zona periferica di una ustione pi profonda. I sintomi soggettivi
sono molto pi accentuati delle lesioni di primo grado. Il dolore, molto intenso,
perdura per 5-6 giorni. Il periodo della risoluzione legato alla quantit del tessuto
distrutto e alleventuale sopraggiungere di complicazioni infettive. La guarigione di
una ustione di secondo grado non si accompagna mai ad esiti cicatriziali di una
qualche importanza, e qualora vi siano, sono da attribuirsi a danni profondi (III
grado), passati inosservati.
Nel III grado si verifica la morte dei tessuti cutanei, a
tutto spessore fino ed oltre lipoderma o fasce
muscolari. Se lagente ustionante il fuoco o un corpo
caldo, larea necrotica si presenta secca, dura, di

59

Ustioni e congelamenti

aspetto grigio rossastro o anche pi scura. Se lagente ustionante rappresentato da


acqua bollente o da altri liquidi, laspetto dellarea lesa varia in rapporto alle
caratteristiche della cute del soggetto colpito. Nei bambini di colorito biancastro,
negli adulti la naturale pigmentazione della cute conferisce ai tessuti necrotizzati un
colore grigiastro. Quando non si tratti di una vera e propria carbonizzazione,
esercitando una modesta pressione sullarea ustionata si avverte al di sotto e
marginalmente ad essa una consistenza pastosa, dovuta alledema in rapida
formazione. Il dolore, meno accentuato che nei secondi gradi, si manifesta
particolarmente alla periferia delle aree di necrosi. Levoluzione varia in rapporto
alla estensione e profondit e gli esiti della guarigione spontanea sono sempre
cicatriziali. Allaspetto didattico delle lesioni da ustione corrisponde una realt
clinica quasi sempre diversa, che indica come prevalente il carattere misto delle
lesioni. Ogni lesione di secondo grado sfuma inevitabilmente in lesione di primo
grado e partecipa molto spesso a quelle di terzo, come lesioni di necrosi a tutto
spessore sfumano marginalmente nei gradi minori e possono contenere isole non
identificabili di secondo grado. Una valutazione del danno o una valutazione che si
avvicini verosimilmente alla realt necessaria per limpostazione di una coerente
terapia medica e la prognosi della gravit di pi tardivi interventi chirurgici. La
localizzazione delle ustioni di terzo grado pu assumere particolare importanza
prognostica quando vengono interessate quelle zone del nostro corpo che, colpite
isolatamente o come parte di una ustione pi estesa, presentano particolari difficolt
di trattamento. Per questi motivi sono state definite come aree di crisi le seguenti
regioni: il volto e il collo; le ascelle, le pieghe del gomito e le mani;la regione sacrogenito-perineale; gli arti inferiori dallaltezza dellinguine ai piedi. Volto e collo se
colpiti da ustione di terzo grado richiedono particolari cure immediate e tardive.
Quasi sempre sono interessate le alte vie respiratorie ed facile pertanto
linsorgenza di forme bronco-polmonari. Ledema, specie nei bambini, pu essere
molto intenso e tale da ostacolare la respirazione.
Ascelle e pieghe dellinguinali: la spontanea guarigione di queste aree provoca una
notevole diminuzione nei movimenti degli arti superiori e pericolose posizioni viziate
degli arti inferiori, che per fatti retrattivi arrivano a formare, molto spesso, un
angolo retto con lasse verticale del bacino.
Mani e piedi: la conformazione anatomica di queste regioni porta a concentrare in
uno spazio estremamente limitato e superficiale elementi di notevole importanza
funzionale come tendini, vasi, nervi, ossa. Risulta facile quindi un loro danno,
prodotto da una qualsiasi ustione di terzo grado, anche se non molto profonda.

60

Ustioni e congelamenti

Ledema, che non pu espandersi per mancanza di spazio, la stasi venosa e linfatica
che ne deriva, possono portare ad una precoce sclerosi dei piani di scorrimento dei
tendini e dei piccoli muscoli della mano.
Arti inferiori: lustione delle cosce rappresenta un motivo indiretto di aggravamento
di tutte le altre lesioni, in quanto sottrae alla terapia chirurgica le aree donatrici di
elezione, da cui si eseguono i prelievi per riparare le zone di distruzione cutanea.

Fisiopatologia dellustione
La

malattia

ustione

contrassegnata da una serie


di

eventi

clinicamente

patologici
la

malattia

ustione evolve attraverso


tre fasi: un primo periodo
di deficit circolatorio, un
secondo tossi-infettivo ed un terzo ipoproteinemico-distrofico.
I fase o periodo di deficit circolatorio: universalmente nota col termine di shock
secondario. Questa sindrome caratterizzata da agitazione, sete, vomito, polso
piccolo e frequente, caduta dei valori pressori, dispnea,oliguria, dolore ed effetti
emotivi del trauma subito. Pu essere controllata solo con una ben dosata terapia
sedativa generale e locale. La sete costituisce uno dei primi sintomi. Permettendo
allustionato di ingerire la quantit di liquidi che desidera, si corre il rischio di
vedere insorgere un quadro di intossicazione da acqua. Il meccanismo patogenetico
dello shock secondario sembra abbastanza chiaro quando si invochi la diretta azione
del calore sulla cute che provoca coagulazione massiva del sangue nei vasi, unazione
di

danno

dellendotelio

dei

capillari,

con

abbassamento

della

pressione

colloidosmotica e lazione dei tossici comporta una aumentata capacit dellalbero


circolatorio con abbassamento della pressione idrostatica capillare. In condizioni
fisiologiche, lo scambio di liquidi tra il letto circolatorio e linterstizio avviene quasi
interamente nei capillari e i fattori principali che regolano il passaggio dei sali e
dellacqua attraverso le loro pareti sono:
1) pressione idrostatica del sangue nei capillari
2) permeabilit capillare
3) differenza tra la pressione osmotica del plasma e quella del liquido interstiziale.
4) drenaggio linfatico.
Dallanalisi di questi fattori risulta che da una parte la pressione idrostatica tende a
produrre una enorme filtrazione di liquido del plasma negli spazi interstiziali,

61

Ustioni e congelamenti

dallaltra che leffetto delle proteine plasmatiche quello di sottrarre acqua al


liquido interstiziale e di avviarla verso il liquido plasmatico pi concentrato. Questi
fattori, nel caso di ustione, sono i primi, ad essere alterati. Si avrebbe perci una
lesione massiva, dove la quantit di liquido interstiziale sarebbe limitata soltanto
dalla capacit di distendersi del tessuto. La quantit delledema viene influenzata
dalle condizioni idrosaline dellorganismo, come si pu dimostrare dal suo aumento
introducendo in animali da esperimento, ustionati, soluzioni isotoniche di NaCl. Il
rapporto albumine-globuline sempre aumentato rispetto al plasma. Tale fatto
spiegato dalla maggiore grandezza delle molecole globuliniche e quindi dalla
maggiore difficolt al passaggio attraverso la membrana capillare. Poich lacqua e
gli elettroliti vengono perduti dal plasma ancor pi rapidamente, ci porta ad un
aumento della concentrazione proteica del sangue, tendendo cos a compensare la
oligoemia risultante dalle perdite di liquido, con lassorbimento di liquido
interstiziale dai tessuti sani verso il sistema vasale. Questo fatto rappresenta
senzaltro uno dei pi complessi meccanismi di compenso delle ustioni in pazienti
non tempestivamente trattati. Lacqua e gli elettroliti circolanti liberamente nei
capillari, a causa dellinsulto termico, vengono spostati per laumentata permeabilit
del capillare. La quantit di globuli rossi distrutta in una ustione varia molto da caso
a caso. Costituisce un problema di un certo interesse nelle ustioni di terzo grado,
mentre di minore importanza nei casi di ustioni di secondo grado, anche se estese.
Il meccanismo dellimmediata distruzione dei globuli rossi pu riassumersi come
segue:
a) i globuli rossi, presenti nella zona venuta direttamente a contatto con lagente
ustionante, subiscono listantanea emolisi con la messa in circolazione di
emoglobina,da cui emoglobinuria.
La quantit di emoglobina libera circolante in un soggetto ustionato di recente pu
dare una precisa valutazione della gravit della lesione.
b) Emolisi ritardata pu osservarsi dopo 24 ore, come conseguenza di parziale danno
dei globuli rossi.
c) La coagulazione del sangue nei capillari lesi contribuisce a ridurre gli eritrociti
circolanti.
Da un punto di vista clinico si pu presumere che in una ustione grave la distruzione
dei globuli rossi si aggiri approssimativamente intorno al 10-15% della massa totale,
nelle prime 48 ore.
La fase dello shock compresa entro limiti di tempo variabili tra i 2-5 giorni.

62

Ustioni e congelamenti

II fase o periodo tossi-infettivo


Di regola si fa coincidere linizio del periodo tossi-infettivo con la comparsa della
febbre. I fattori chiamati in causa per spiegare i meccanismi patogenetici sono
essenzialmente due: lintossicazione e linfezione. Ad alimentare lo stato di
intossicazione di un ustionato possono contribuire vari elementi: lassorbimento di
sostanze, prodotto di disfacimento delle cellule dei focolai di ustione. Marginalmente
alle aree di distruzione cutanea e propriamente allinterno dei focolai di distruzione
stessa, si liberano sostanze proteolitiche capaci di favorire la disintegrazione dei
tessuti e la demolizione dei grossi aggregati proteici. Sembra certo che listamina
partecipi al quadro della intossicazione generale e non sia estranea alla genesi di
alcuni fenomeni. Liperpotassiemia una concausa dello stato tossico e sarebbe da
ricercarsi nellemolisi nonch nella necrosi e nellalterato metabolismo degli
elementi cellulari La sepsi considerata una componente patologica obbligata della
malattia; almeno negli ustionati di una certa gravit. Il focolaio di ustione pu essere
inquinato o primitivamente, al momento dellepisodio ustionante, o in tempo
successivo. La presenza di terriccio, catrame, indumenti, ecc. allatto delloffesa
termica sono la causa pi frequente dei linfezione. Inoltre va tenuto presente che
con la disepitelizzazione viene eliminata la barriera di difesa dallinfezione. Nei
focolai di ustione sono stati reperiti cocchi piogeni (stafilococco aureo, streptococco
anemolitico e beta emolitico), bacilli gram-negativi (alcune specie di proteus,
piocianeo, coli), cocchi gram-positivi (stafilococco aureo emolitico e anemolitico),
bacilli anaerobi purulenti (clostridium tetani). La sintomatologia clinica dello stato
tossico inizia verso il 4-5 giorno della malattia ustione e prosegue con febbre
continua, accompagnata da cefalea nausea, lingua patinosa. Si possono osservare
turbe di ritmo cardiaco e diminuzione della gittata sistolica, da cui modica
ipotensione. Fin dai primi giorni della fase tossica, compaiono i sintomi di
ulcerazione

gastrointestinale,

caratterizzati

da

nausea,

vomito,

improvvisa

ematemesi e melena. Progressivamente la malattia evolve verso il quadro ben


definito della sepsi. La febbre si mantiene elevata, continuo-remittente o
intermittente, con ampie oscillazioni da minime di 37 a massime di 40. Le puntate
febbrili si accompagnano a brivido,cefalea,agitazione. Sono frequenti anche emboli a
carico dei polmoni, per messa in circolo di materiale trombotico delle aree lese,
nonch ascessi a varia localizzazione. La durata e la gravit della fase tossi-infettiva
sono direttamente proporzionali alla gravit dell ustione ed alle eventuali
complicazioni. Infatti, se la comparsa del movimento febbrile, il suo decorso e la sua

63

Ustioni e congelamenti

remissione sono da attribuirsi allassorbimento di sostanze tossiche dai focolai di


ustione, il prolungarsi della febbre per periodi di alcuni mesi, nei grandi ustionati,
trova sua valida giustificazione nel sovrapporsi di uno stato settico, favorito dalle
condizioni locali e generali, che fin qui abbiamo esaminato.
III fase o periodo ipoproteinemico-distrofico
Dal periodo tossi-infettivo il grande ustionato passa insensibilmente in una fase che,
per le sue caratteristiche cliniche, stata definita ipoproteinemica-distrofica,
sfociante, qualora non siano messe in atto adeguate terapie, in una condizione di
conclamata cachessia. Negli ustionati minori la risoluzione del quadro generale pu
aversi in poche settimane. Nelle ustioni estese di terzo grado, superanti il 30% del la
superficie corporea, levoluzione della malattia lenta e complessa. In questo
periodo lorganismo si trova impegnato, con tutte le sue forze, a lottare per la
sopravvivenza. Tutte le sue energie sono mobilitate nel tentativo di guarigione delle
vaste aree di distruzione cutanea mediante processi di rivascolarizzazione,
mobilitazione connettivale, di ricanalizzazione di vasi trombizzati, ecc. Da un punto
di vista patogenetico, le cause della distrofia possono essere individuate in
unalterazione del metabolismo nella disvitaminosi, in stati carenziali, nellanemia
ecc. Esistono numerosi dati sperimentali che confermano lalterato bilancio e
ricambio delle vitamine. Sembra che, anche per effetto degli antibiotici, lorganismo
di un ustionato abbia perduto la peculiare capacit di produrre e accumulare queste
sostanze.
Lanemia sarebbe legata a vari fattori, che possono cos riassumersi:

alterata sintesi del nucleo dellematina;

alterato ricambio del ferro per uneccessiva fissazione o dispersione istogena

(specie nellarea lesa);

alterata sintesi della globina forse conseguente alla carenza proteica generale;

riscontro di emoglobina libera in alta percentuale, legata a fatti emolitici

manifestazioni emorragiche a livello gastro-intestinale e del focolaio di ustione,

specie durante il periodo delle granulazioni


Visto alla luce delle alterate attivit regolatrici dellorganismo, il quadro clinico di
un ustionato, nel terzo periodo, risulta caratterizzato da: febbricola, astenia,
adinamia muscolare, anemia marcata, anoressia, dimagrimento. La distrofia generale
si ripercuote sul focolaio di ustione, la cui riparazione procede con notevole
lentezza. La comparsa del tessuto di granulazione, quasi sempre appiattito, pallido e
anemico,rappresenta non gi un punto di partenza per la definitiva guarigione, bens
la fonte di nuove complicazioni. La prima di queste il dolore,che richiede ad ogni

64

Ustioni e congelamenti

medicazione una particolare preparazione e somministrazione di analgesici, capaci di


peggiorare le condizioni generali. Linfezione del tessuto di granulazione
facilissima: i coaguli e lessudato rappresentano un pabulum ideale per la crescita e
lo sviluppo di qualsiasi tipo di germi. La leggera febbre del periodo distrofico subisce
allora improvvise e violente riaccensioni, che talvolta durano settimane. La
complicanza maggiore e pi grave per rappresentata dallemorragia. Emorragie
violente, provocate dalle medicazioni, e le continue piccole emorragie di ogni giorno
che si manifestano ai pi modesti traumi. Se a tutto questo aggiungiamo lanoressia,
cui sovente il paziente preda, linteressamento delle aree di crisi, che complica
la introduzione di liquidi e ostacola le anestesie, le trombosi dei tronchi venosi pi
facilmente reperibili, qualche embolo polmonare, si pu comprendere limportanza
clinica e la gravit di questo periodo terminale dellustione. Ai diversi gradi di
ustione fanno riscontro tipici quadri anatomo-patologici, cui corrispondono
caratteristici aspetti evolutivi.
Lustione di I grado istologicamente caratterizzata da uno slaminamento dello
strato corneo, edema dermico, dilatazione vasale. I vasi sono zaffati da emazie, fuse
in ammassi. La reazione leucocitaria precoce. Si tratta dunque di lesioni reversibili.
Nella ustione di II grado lelemento bolloso presenta un tetto o volta, formato
dallepidermide, sollevato in toto e un pavimento costituito dalle papille del derma,
denudato dallepitelio o con qualche residua cellula basale degenerata. Le cellule
dello strato malpighiano sono tumide ed edematose con evidenti alterazioni della
trama nucleare. Nel derma si nota accumulo di edema, tumefazione e dissociazione
dei fasci collageni, dilatazioni vasali e linfatiche. Col passar del tempo appare, ai
margini, una reazione istioleucocitaria, con carattere reattivo e demarcante. La
riparazione piuttosto rapida, completandosi nel giro di 2-3 settimane. Essa avviene
a partenza dai margini o dagli annessi cutanei rimasti indenni anche al centro della
lesione. Laspetto della cute,avvenuta la riparazione, quasi sempre iperemico,
sottile e ipotrofico. Levenienza di una cicatrice cheloidea rara ma non esclusa.
Nella ustione di III grado lepidermide e il derma sono interessati da fenomeni di
necrosi massiva. Lo strato epidermico appare uniformemente pallido e coagulato in
una massa unica col derma. I vasi superficiali e profondi del corion sono trombosati.
La reazione istio-leucocitaria intensa e si approfonda al di sotto della zona
ricoperta dallescara. Ogni tipo di fibra distrutto. La rigenerazione avviene
attraverso i seguenti stadi:

65

Ustioni e congelamenti

a) eliminazione dei tessuti necrotici (lescara, dopo una iniziale tenace aderenza con
la cute circostante e con il fondo, per il sopravvento di processi autolitici,viene
gradatamente distaccata ed eliminata;
b) comparsa del tessuto di granulazione, costituito da un connettivo cellulare a tipo
embrionale, raccolto attorno ad anse vascolari di neoformazione;
c) nuovi vasi si formano per gemmazione, dalla parete dei capillari preesistenti. Si
dispongono in una fitta rete a tralci paralleli, ortogonali alla superficie cutanea. La
loro fragilit notevole e le emorragie facili;
d) le cellule, di tipo plasmocitario, linfocitario e fibroblastico, riempiono gli spazi
intervasali;
e) le fibre assumono i caratteri di fibre collagene, mentre scarse sono quelle
elastiche.
Le lesioni di I e II grado evolvono spontaneamente verso la guarigione; nelle lesioni di
III grado, invece, in rapporto anche alla loro estensione. I meccanismi riparativi si
rivelano sempre insufficienti e imperfetti, per cui la guarigione pu essere
notevolmente ritardata o non realizzarsi affatto. Da qui la necessit di intervenire
con adeguate e tempestive terapie mediche e poi chirurgiche come procedura
indispensabile per ottenere un riparo funzionalmente ed esteticamente valido e per
ridurre il periodo di malattia del paziente.

Lesioni da sostanze chimiche


Le sostanze chimiche potenzialmente dannose per la salute sono presenti ovunque
nella vita di oggi. Una esposizione a tali sostanze pu verificarsi in casa, a lavoro,
mentre si gioca. La classificazione pi semplice degli agenti nocivi li divide in
composti alcalini, acidi e organici. Le sostanze alcaline sono idrossidi, carbonati e la
soda caustica e le lesioni si manifestano pi spesso negli addetti alla pulizia di forni,
delle industrie e delle fogne e in chi ha contatto con i fertilizzanti. Sono un
costituente importante del cemento e dei derivati cementizi. Le sostanze acide sono
presenti in molte aree. Sono contenute nelle sostanze per la pulizia dei bagni e nei
composti per la rimozione della ruggine e si possono trovare nelle aree residenziali e
commerciali a contatto o vicino a piscine. I composti organici causano sia lesioni da
contatto che effetti sistemici. Tra questi troviamo i fenoli, i solventi ed i derivati del
petrolio. Il grado di severit del danno proporzionale al tipo, alla concentrazione
ed al volume della sostanza chimica che lo ha indotto e alla durata del contatto con
essa. Le conseguenze saranno direttamente proporzionali al fattore tempo. Un danno
continuo dei tessuti pu verificarsi quando vi sia un ritardo nella rimozione del
composto chimico nocivo. Sono molto pochi gli antidoti specifici. Qualunque sia la

66

Ustioni e congelamenti

sostanza, il trattamento iniziale consiste nel rimuovere i vestiti impregnati (inclusa la


biancheria intima, le scarpe ed i guanti), spazzolare la cute se la sostanza una
polvere e, lavare copiosamente con acqua. Nessuna sostanza si dimostrata migliore
dell'acqua. Il lavaggio deve continuare per tutto il tempo, dal momento del
rinvenimento della lesione fino a che il paziente non sia giunto alla osservazione in
ospedale. Non bisogna perdere tempo cercando un antidoto specifico e disperdere
energie nel tentativo di neutralizzare l'acidit o la basicit; la generazione di calore
che si determina in tale operazione contribuirebbe infatti ad aggravare la lesione. In
linea di massima, il lavaggio dovrebbe essere continuato fino a che si possa
intraprendere un trattamento definitivo o il paziente riferisca una diminuzione del
dolore e del bruciore delle lesioni. Diversamente dagli acidi, le sostanze alcaline si
legano alle proteine dei tessuti e richiedono un lavaggio prolungato per ridurre gli
effetti nocivi. L'irrigazione con acqua o soluzione salina rappresenta in urgenza il
trattamento migliore. Il paziente con una lesione agli occhi da sostanze alcaline
presenta gonfiore ed immediato blefarospasmo. Nel tentativo di consentire un
lavaggio adeguato, le palpebre devono essere mantenute aperte per permettere
l'irrorazione dell'occhio. Si preferisce usare, se a disposizione, semplice acqua o una
soluzione salina bilanciata. Certamente il lavaggio non deve essere ritardato e deve
essere continuato mentre il paziente viene portato ad un centro specializzato dove
pu essere visitato da un oculista. Contatti prolungati con gasolio, kerosene o
benzina diesel possono produrre una ustione chimica che nelle prime fasi pu
apparire come lesione solo parzialmente profonda, ma successivamente a tutto
spessore. Se il tempo di esposizione protratto e se il danno coinvolge ampie
superfici corporee, si pu determinare un assorbimento sistemico responsabile di
insufficienza d'organo e di morte. Questa complicanza si manifesta entro 6-24 ore e
coinvolge i polmoni, il fegato ed i reni. La benzina che contiene piombo tetraetile
(ormai non pi usata) molto tossica. Il contatto con essa richiede che i pazienti
siano immediatamente trasferiti in un centro ustioni. Estrema cautela dovr avere il
personale di soccorso a causa della possibile combustione degli idrocarburi volatili.
L'acido fluoridrico l'acido inorganico che determina il danno maggiore. Le lesioni
sono dovute alla penetrazione dello ione fluoro e al suo legame con strutture
profonde. La sua attivit cessa quando si combina con il calcio o il magnesio a
formare un sale insolubile. Questo acido viene ampiamente utilizzato dalle industrie
di semiconduttori ed presente nei prodotti per la rimozione della ruggine sia ad uso
industriale che domestico. Il trattamento immediato consiste nella copiosa
irrigazione con acqua o, se prontamente a disposizione, con soluzioni di benzalconio

67

Ustioni e congelamenti

cloruro. Il dolore causato da tali lesioni molto intenso e pu essere un indicatore


dell'efficacia dell'intervento terapeutico. In accordo a questo, bisogna fornire solo un'
anestesia leggera in quanto grosse dosi di narcotici diminuendo il dolore privano il
medico del pi importante indice di inattivazione del fluoro.

Lesioni da elettricit
Le lesioni da elettricit condividono molte caratteristiche con quelle termiche. Ci
sono, tuttavia, differenze nel modo in cui la corrente elettrica causa il danno dei
tessuti. Tale danno per la maggior parte dovuto alla produzione di calore da parte
della corrente. Si pensa che i diversi tessuti dell'organismo abbiano diverse resistenze
elettriche, la resistenza elettrica pi alta a livello delle ossa. Di conseguenza, le
ossa si comportano come un elemento del campo elettrico che produce calore e
questo spiega la presenza di lesioni profonde vicino alle ossa in assenza di lesioni
superficiali. I dati recenti hanno messo in discussione questa teoria suggerendo che
un arto pu comportarsi come un modello a compartimento singolo. Sebbene tale
questione sia irrisolta, certo comunque che dopo un insulto elettrico (soprattutto
se con corrente ad alto voltaggio) le lesioni dei tessuti profondi siano maggiori di
quelle osservate in superficie. Un fenomeno comune la progressiva perdita di
vitalit dei tessuti che si manifesta nei primissimi giorni dall'evento lesivo. I muscoli,
in particolare, possono apparire vitali e contrattili subito dopo, ma non pi ad un
esame successivo. La spiegazione pi classica di tale fenomeno consiste in una
trombosi ritardata del microcircolo causata da un "effetto singolare" della corrente
elettrica. stato difficile tuttavia dimostrare sperimentalmente questa trombosi e
l'eziologia di tale lesione ritardata non chiara, sebbene gli studi pi recenti
focalizzino l'attenzione sulla progressiva distruzione dei tessuti ad opera di mediatori
rilasciati dalle cellule danneggiate. Un danno aggiuntivo viene causato dalle ustioni
ad arco che si manifestano a livello delle superfici flessorie del corpo e specialmente
al polso, a livello della fossa antecubitale e di quella poplitea. La contrazione
muscolare o il tetano indotti dalla corrente rende la vittima incapace di staccarsi
dalla sorgente elettrica e ci aumenta enormemente il danno. Inoltre i vestiti della
vittima spesso possono prendere fuoco e perci avremo anche ustioni superficiali
causate da tale evento. L'incidenza di lesioni associate molto elevata. L'insulto
elettrico, soprattutto quando dovuto al contatto con i fili dell'alta tensione, si
verifica spesso ad una certa altezza dal suolo. Dovranno perci essere ricercate
lesioni traumatiche conseguenti alla possibile caduta. L'estensione di un danno da
elettricit strettamente correlata con l'intensit di corrente. Questa sconosciuta
al clinico ma pu essere ricavata dal voltaggio. Dato che il voltaggio e l'amperaggio

68

Ustioni e congelamenti

sono direttamente proporzionali, una lesione con corrente ad alto voltaggio implica
un danno potenziale dei tessuti profondi. Sebbene sia controversa la teoria delle
differenze di resistenza dei diversi tessuti del corpo, deve essere chiaro che,
maggiore la resistenza di una struttura, maggiore sar il calore generato dalla
corrente mentre l'attraversa. La corrente alternata, specialmente quella a basso
voltaggio, pi pericolosa: a 40-200 cicli per secondo in grado di causare la
fibrillazione del miocardio. Fra le sorgenti di tale corrente, negli Stati Uniti, vengono
incluse le prese di casa, dove la corrente fornita a 60 cicli per secondo.
L'estensione di un danno da elettricit strettamente correlata anche con la durata
del contatto ed il cammino della corrente attraverso il corpo, sebbene alle volte non
si sia in grado di stabilire un punto di entrata ed un punto di uscita. Il punto di
contatto determina esso stesso una lesione, specialmente quando la corrente
attraversa il cuore, il collo e la testa. In tali circostanze aumenta il rischio di disturbi
rispettivamente cardiaci e neurologici. Il primo intervento nel danno da elettricit
quello ovviamente di spostare il pi velocemente possibile la vittima dalla sorgente
elettrica. Resta inteso comunque che il soccorritore dovr stare attento a non
entrare egli stesso in contatto con tale sorgente. Se i vestiti stanno prendendo fuoco,
bisogna adoperarsi per spegnere tale incendio. A questo punto il trattamento lo
stesso di quello che viene effettuato per qualsiasi traumatizzato. L'arresto cardiaco e
respiratorio sono abbastanza frequenti. Spesso i pazienti sono soggetti giovani ed in
buona salute e le chances di una rianimazione sono eccellenti. Gli sforzi prolungati
per la rianimazione cardiopolmonare sono quindi giustificati.

Chirurgia ricostruttiva
Gli esiti devastanti di gravi, ma anche moderate lesioni da
calore, sono evidenti per tutti coloro che hanno in cura questi
sfortunati individui. Se la terapia e le tecniche chirurgiche
migliorano costantemente, bisogna riconoscere dolorosamente
che un grande numero di pazienti non ritorner al livello di
funzionalit professionale e personale precedente all'evento
traumatico. Uno dei pi importanti obiettivi raggiunti in questi pazienti per quanto
riguarda la terapia ricostruttiva stato il comprendere che in molti di essi, tanto pi
aggressivo il trattamento iniziale, tra cui una precoce escissione e l'apposizione di
innesti, tanto ridotta sar in seguito la necessit di un intervento di ricostruzione. Ad
esempio, una precoce ed estesa escissione ed innesto a livello delle contratture delle
palpebre ha virtualmente eliminato la necessit di una tarsorrafia di protezione del
globo oculare sottostante le ferite da ustione e ci, a sua volta, ha reso obsoleto

69

Ustioni e congelamenti

l'intervento di correzione delle deformit che conseguivano all'intervento di


tarsorrafia.
Nonostante per gli ottimi risultati raggiunti grazie agli interventi aggressivi e
precoci e grazie ad una terapia acuta ben pianificata, il problema e la necessit di
interventi di ricostruzione permangono. Molte delle tecniche di ricostruzione
sviluppate dalla chirurgia plastica sono applicabili anche nel paziente ustionato ma,
nonostante ci, la ricostruzione resa spesso difficile da numerosi fattori: 1)
presente un'ampia area di tessuto distrutto, sfregiato o anormale rispetto al paziente
con altri tipi di problema; ci rende difficile o insoddisfacente l'impiego di una
procedura di ripristino del tessuto locale; 2) le deformit indotte sono spesso
complesse, con perdita di tessuto, fenomeni cicatriziali, perdita della funzionalit,
dolore a diversi livelli che creano una ferita tridimensionale, non curabile in maniera
soddisfacente con le normali metodiche; 3) gli effetti devastanti di una ustione
spesso limitano il contributo che il paziente pu fornire alla propria riabilitazione e
alla ricostruzione. Per tutte queste ragioni, come nel caso di ustioni acute, la terapia
ricostruttiva deve essere realizzata da una quipe multidisciplinare per indirizzare i
vari problemi al pi competente, per risolverli e per assicurarsi il migliore risultato
possibile

dalle

procedure

di

ricostruzione.

In

generale, la ricostruzione viene rimandata fino a


che

non

eccezione

matura
il

caso

la

cicatrice

in

cui

la

ipertrofica.
cicatrice

Fa

possa

compromettere una funzione vitale, come ad


esempio

la

contrattura

della

palpebra,

che

determina l'esposizione della cornea, e lo sviluppo di cheratiti. Nella maggior parte


dei casi per risultati migliori vengono ottenuti quando le cicatrici si sono
stabilizzate e la gamma di movimenti normale o ha raggiunto un "plateau" con i
trattamenti non chirurgici.
Sebbene la discussione delle procedure specifiche di ricostruzione vada al di l dello
scopo di questo capitolo, deve essere fatta una breve menzione. L'uso degli espansori
cutanei, per fornire una maggiore quantit di tessuto locale per la ricostruzione,
risultato particolarmente utile per le ustioni al cuoio capelluto e la ricostruzione
delle aree di alopecia. Nonostante rimanga comunque elevato il grado di
complicazioni con questa tecnica, tale procedura offre un metodo chiaro e ben
tollerato per risolvere un problema a lungo considerato praticamente intrattabile.
Essa trova applicazione anche nella ricostruzione di deturpanti cicatrici ipertrofiche
in altre aree del corpo, sebbene in tali casi le indicazioni siano meno chiare e le

70

Ustioni e congelamenti

complicazioni siano maggiori. Allo stesso modo, il trasferimento di lembi liberi trova
un'applicazione sia nei difetti primari che in quelli secondari, soprattutto quando non
c' tessuto locale a sufficienza o quando l'immobilizzazione, necessaria per il
trasferimento del lembo peduncolato, pu essere controindicata.

Congelamenti
I congelamenti sono provocati dall'esposizione dei tessuti a basse temperature.
L'effetto citolesivo del freddo aumenta con il diminuire della temperatura e
l'aumentare della durata dell'esposizione. Diversa la resistenza dei tessuti viventi
alle basse temperature: nervi, muscoli e vasi sono particolarmente sensibili mentre
cute, connettivo, tendini ed osso sono pi resistenti.
La patogenesi delle lesioni da freddo riconosce essenzialmente due meccanismi: la
formazione di cristalli di ghiaccio intra ed extracellulari e la vasocostrizione, con
conseguente vasoparalisi e costituzione di trombi. I classici congelamenti dei militari
e degli, alpinisti sono oggi resi meno frequenti dalla moderna sofisticata tecnologia
dell'abbigliamento: al contrario, tuttora patologia frequente, durante i mesi
invernali, in soggetti particolari, in cui sono deficitarie le normali reazioni al freddo,
sia vegetative che comportamentali (etilisti, tossico-dipendenti,

psicopatici,

vasculopatici, nomadi, ecc.). Non vanno dimenticati i congelamenti da contatto con


prodotti dell'industria del freddo (azoto liquid, ossigeno liquido, anidride carbonica
solida, ecc.). Tali congelamenti possono essere:
patologici, in genere di natura infortunistica, in lavoratori dell'industria del freddo;
iatrogeni, in pazienti sottoposti a crioterapia e criochirurgia e in questo caso gli
effetti destruenti della basse temperature sono appositamente ricercati con fini
terapeutici. In analogia con le ustioni, anche i congelamenti possono essere
classificati in gradi. Si riconoscono cos congelamenti di 1 grado, caratterizzati da
cianosi ed edema; congelamenti di 2 grado, caratterizzati dalla presenza di flittene;
congelamenti di 3 grado quando si verifica necrosi della cute, talora accompagnata
da necrosi dei tessuti sottostanti. In fase di Pronto Soccorso indispensabile
riscaldare le parti congelate, possibilmente mediante immersione in acqua a 40-42
C; in .genere sono sufficienti 15 30 minuti,

temperature pi elevate sono

estremamente dannose, in quanto possono determinare un'ustione.

71

Tumori maligni della cute

TUMORI MALIGNI DELLA CUTE


Definizione
I tumori epiteliali della cute pi rappresentativi sono il carcinoma squamocellulare,
nelle forme invasive ed in situ quali cheratosi attiniche,

morbo di Bowen ed

eritroplasia di Queyrat, ed il carcinoma basocellulare.


I tumori epiteliali non melanocitari della cute, con circa 80.000 nuovi casi allanno,
rappresentano il secondo gruppo di neoplasie pi frequenti nelluomo. La loro
incidenza pari a 55 nuovi casi su 100.000 individui allanno nella donna ed 85 nuovi
casi su 100.000 individui allanno nelluomo, con una mortalit dello 0.3-0.8% da
ascrivere unicamente al carcinoma squamocellulare invasivo e metastatico.

Carcinoma squamocellulare
E il tumore epiteliale maligno invasivo della cute,
pseudomucose
squamocellulare,

mucose.

Il

carcinoma

noto anche come carcinoma od

epitelioma spinocellulare o spinalioma,

insorge

preferenzalmente su di una lesione precancerosa o


come forma invasiva di iniziali carcinomi in situ. La
sua incidenza di 6/100.000 per le donne e di 12/100.000 per gli uomini in Europa
che sale a 30-60/100.000 negli Stati Uniti ed Australia. Esposizione solare, radiazioni
ionizzanti, fototerapia, fotochemioterapia, processi infiammatori e degenerativi
cronici

della

cute,

esposizione

cancerogeni

chimici,

virus

oncogeni,

immunodepressione sono i fattori di rischio considerati nella patogenesi di questa


neoplasia.
Laspetto della lesione varia in relazione alla fase di crescita. Inizialmente si
presenta come un piccolo elemento papulo-nodulare cheratosico o verrucoso che,
successivamente, assume laspetto di un nodulo duro esofitico, ulcerato spesso anche
a carattere infiammatorio. Il rischio di metastasi varia ed dipendente dalla sede,
dal grado di differenziazione, dalle dimensioni e dal tipo di lesione preesistente
(carcinomi in situ, dermatosi infiammatorie o degenerative croniche). Lincidenza di
metastasi pi elevata nei carcinomi di dimensioni maggiori ai 2cm di diametro e
4mm di spessore od in quelli che insorgono su radiodermiti croniche o su cicatrici da
ustioni, ovvero nelle sedi di transizione tra cute e mucose, come labbra, pene e

72

Tumori maligni della cute

vulva. Nei carcinomi che insorgono su cute fotodanneggiata, lincidenza di metastasi


bassa. Lincidenza di metastasi, prima ai linfonodi, poi agli organi interni
(polmone, pleura, fegato, scheletro, ecc.).varia a seconda della sede della neoplasia:
se insorge sulla cute , infatti raramente da metastasi mentre se si sviluppa sulle
mucose e nelle aree di passaggio cute-mucose metastatizza con alta frequenza con
una sopravvivenza media a 5 anni pari al 20-25%.
I carcinomi squamocellulari mostrano aspetti istologici non differenti da quelli insorti
in altri organi. Si osserva una proliferazione di cheratinociti atipici che invadono il
derma e mostrano indici di differenziazione e cheratinizzazione diversi a seconda del
grado di malignit. Diametro, spessore e livello di invasione costituiscono i fattori
prognostici importanti.
La terapia chirurgica costituisce latto terapeutico fondamentale che, nei tumori a
basso rischio, assicura una risposta completa nel 95% dei casi. Maggiori dimensioni o
sedi ad alto rischio quali labbra, lingua, genitali, richiedono escissioni pi ampie ed
un attento controllo istologico. Radioterapia, infiltrazioni locoregionali con
interferone -2b, retinoidi sistemici, possono essere proposti nei pazienti con elevato
rischio operatorio.

Cheratosi attiniche
Il termine di cheratosi attinica o solare giustificato
dalleffetto mutageno sulla cute delle radiazioni
solari UVB (290-320 nm) che generano dimeri di
timidina con conseguenti mutazioni sia di telomerasi
che di geni soppressivi tumorali quali il p53. Entrambi
questi eventi contribuiscono alla trasformazione
neoplastica dei cheratinociti. Le cheratosi attiniche, quali carcinomi in situ, sono
potenziali precursori del carcinoma squamocellulare invasivo.

Il rischio di

trasformazione di circa l1%. I fattori di rischio sono gli stessi del carcinoma
squamocellulare: fototipo cutaneo basso (I-II secondo Fitzpatrick, dosi cumulative di
radiazioni solari alle quali ci si esposti nel corso della vita, sesso maschile ed et
avanzata. Il rischio di progressione aumenta con laumentare del numero complessivo
delle lesioni nel singolo paziente. Le lesioni appaiono come piccole papule o placche
eritematose, spesso multiple e di forma irregolare, da 1 a 2.5cm di dimensione,
sovrastate da una piccola squama aderente, localizzate pressoch esclusivamente in
sedi fotoesposte quali il viso, il cuoio capelluto dei soggetti calvi, il collo, il dorso
delle mani, la superficie estensoria degli avambracci, meno frequentemente delle
gambe. Istologicamente, le cheratosi attiniche mostrano una proliferazione di

73

Tumori maligni della cute

cheratinociti

atipici

confinati

nellepidermide.

Possono

essere

proposti

sia

trattamenti fisico-chirurgici, quali crioterapia, laserterapia, diatermocoagulazione


superficiale, terapia fotodinamica, che medici per uso topico, quali 5-fluorouracile,
imiquimod al 5%, diclofenac ialuronato al 3%.

Morbo di Bowen
E un carcinoma squamocellulare in situ a tutto spessore dellepidermide, pi
comune nei soggetti anziani ed in relazione non al fotodanneggiamento bens alla
presenza di ceppi virali oncogeni HPV. Ha laspetto di una chiazza o placca
psoriasiforme od eczematoide ben delimitata, a lento accrescimento. Lo sviluppo di
infiltrazione, nodosit od ulcerazione deve far sospettare lavvenuta invasione del
derma da parte di cellule neoplastiche inizialmente distribuite nel contesto di tutta
lepidermide.

Asportazione

chirurgica,

fotodinamica,

applicazione

topica

immunomodulatori (imiquimod,

crioterapia,

di

elettrochirurgia,

chemioterapici

terapia

(5-fluorouracile)

od

interferone) possono essere variamente utilizzati

per trattare la neoplasia.

Eritroplasia di Queyrat
E la forma di carcinoma squamocellulare in situ delle mucose o zone di transizione
genitali od orali. Sembra rilevante il ruolo oncogenetico dellHPV 16 e 18. A
differenza del morbo di Bowen, ha laspetto di una chiazza o placca eritematosa
irregolare a limiti netti, a superficie vellutata, e, viste le sedi pi a rischio, presenta
una prognosi pi insidiosa del morbo di Bowen. Sono attuabili le stesse procedure
terapeutiche riferite per le altre forme di carcinomi in situ.

Carcinoma basocellulare
Il

carcinoma

basocellulare,

noto

anche

come

epitelioma basocellulare o basalioma, si ritiene che


origini da cellule pluripotenti dellepidermide, sia
dello strato basale che della guaina epiteliale
esterna del follicolo pilifero, e mostra un carattere
solo

localmente

infiltrativo

distruttivo.

La

possibilit di metastasi infatti un evento eccezionale (1:50.000). Un danno attinico


cronico della cute, mutazioni di geni quali il PTCH (omologo del gene patched
nella Drosophila) e p53, eventuale esposizione a sostanze cancerogene (arsenico,
radiazioni ionizzanti), danni cutanei cronici, sono i pi significativi fattori
patogenetici correlati al carcinoma basocellulare. E la neoplasia in assoluto pi
frequente nelluomo e rappresenta il 75% dei tumori maligni della cute. La sua
incidenza in Europa di 40-80/10.000 e sale a 1600/10.000 in Australia. Il carcinoma

74

Tumori maligni della cute

basocellulare si presenta come una lesione papulosa o nodulare, con peculiare tinta
cerea, spesso solcata da teleangectasie e delimitata da caratteristiche perle
epiteliomatose. In relazione alla variante clinica e alla fase di crescita, si possono
evidenziare aspetti nodulari, erosivo-ulcerativi a superficie crostosa,

pigmentari,

sclerodermiformi, e/o simil eczematoidi. Le forme cliniche sono quindi la nodulare,


che quella pi frequente, la superficiale, la sclerodermiforme, la pigmentata, e
lulcerativa. Sono possibili forme multiple nel 30% dei soggetti. La testa ed il collo
sono le sedi dove insorge pi di frequente (85%) seguite dal tronco e dagli arti (15%).
Eccezionalmente la neoplasia da metastasi, prima ai linfonodi, poi agli organi interni.
Dal punto di vista istopatologico laspetto pi significativo rappresentato dalla
proliferazione di lobuli e trabecole di cellule basalioidi, simili per morfologia alle
cellule basale dellepidermide o delle guaine del follicolo pilifero, con caratteristica
disposizione a palizzata periferica, che dallepidermide si affondano nel derma. Il
grado di cheratinizzazione, inteso come la capacit delle cellule neoplastiche di
produrre cheratina, in genere basso o nullo. Da segnalare unevidente reazione
dello stroma che circonda i lobuli neoplastici, evento che partecipa del basso grado
di invasivit del tumore. Aspetti istologici peculiari aggiuntivi sono da ricondurre alle
diverse forme cliniche. La prognosi buona e lincidenza di recidive pari al circa
5%. La scelta della terapia dipende da diversi fattori quali dimesione, sede, variante
anatomo-clinica, condizioni del paziente, preferenza del paziente, manualit
delloperatore. Lasportazione chirurgica consente una guarigione del 98-99% con un
adeguato controllo dei margini di asportazione. Terapia fotodinamica, crioterapia,
curettage ed elettrochirurgia, radioterapia, vengono impiegati con successo. Tra le
terapie mediche proposte ricordiamo infiltrazioni locoregionali di interferone -2b,
applicazioni topiche di 5-fluorouracile. Recentemente, nuove esperienze ancora
sperimentali hanno proposto luso di imiquimod al 5%, tazarotene allo 0.1%,
diclofenac ialuronato al 3%.

IL MELANOMA
Il melanoma una neoplasia maligna che deriva
dal

melanocita

si

localizza

nella

grande

maggioranza dei casi a livello della cute, pur


potendo originare in altre sedi quali esofago,
retto, meningi e uvea. Lincidenza del melanoma
cutaneo sta aumentando significativamente in tutti
i Paesi del mondo, pur avendo variazioni significative in relazione alla latitudine e
alla razza. La prevalenza di 45 casi per anno per 100.000 abitanti in Australia e

75

Tumori maligni della cute

Nuova Zelanda, mentre in Italia di circa 5-7 casi per 100.000 abitanti per anno. La
frequenza estremamente bassa in Africa e in Asia. Il melanoma insorge pi
frequentemente tra la 4a e la 5a decade nella donna e tra la 5a e la 6a nelluomo. I
fattori di rischio individuali includono il fototipo I e II (soggetti con pelle chiara,
occhi azzurro/verdi e capelli rossi/biondi, che al sole si scottano sempre e si
abbronzano poco), presenza di un nevo congenito gigante, numero elevato di nevi,
nevi clinicamente atipici, numerose lentiggini/efelidi, ed una storia personale e/o
familiare di melanoma. Lesposizione alle radiazioni ultraviolette (UV) ed in
particolare le ustioni in et infantile rappresentano fattori ambientali predisponenti
il cui ruolo ormai accertato, mentre ancora controversa la partecipazione di
alcuni cancerogeni chimici e/o lassunzione di estrogeni. Nella maggioranza dei casi
il melanoma insorge de novo su cute sana, mentre solo nel 10-30% dei soggetti
insorge su un nevo pre-esistente. Inoltre, il melanoma pu essere di tipo sporadico o,
nel 10% circa dei casi, di tipo familiare. La classificazione pi utilizzata nella pratica
clinica quella proposta da W. Clark, che prevede la suddivisione in lentigo maligna
melanoma, melanoma a diffusione superficiale, melanoma nodulare, melanoma
acrale lentigginoso. Tutti i tipi di melanoma, con la sola eccezione del melanoma
nodulare, sono caratterizzati da una fase di crescita orizzontale che pu durare mesi
o anni, seguita da una fase di crescita verticale. Durante la fase di crescita
orizzontale le cellule melanocitarie atipiche proliferano esclusivamente allinterno
dellepidermide (melanoma in situ) e solo successivamente superano la membrana
basale e si localizzano anche a livello del derma (melanoma invasivo). La lentigo
maligna melanoma rappresenta circa il 10% di tutti i melanomi osservati, insorge pi
frequentemente in soggetti di sesso femminile di et superiore ai 60 anni, ed
associata allesposizione cronica alle radiazioni UV. Le sedi preferenziali sono quelle
fotoesposte ed includono il volto, il collo e le estremit superiori. La lesione cutanea
si presenta come una macula o una placca di colore variegato, variabile dal marrone
chiaro al marrone scuro al nero, a margini irregolari, variamente rilevata sul piano
cutaneo, che tende a crescere lentamente di dimensioni. Nel tempo, nel contesto
della lesione possono insorgere papule e noduli, suggestivi della crescita verticale
della neoplasia associata ad una maggiore aggressivit. Inoltre, la lesione pu
contenere aree di colore rosso e/o aree bianco/bluastre indicative rispettivamente di
neovascolarizzazione e di regressione. Il melanoma a diffusione superficiale la
forma pi frequente nella popolazione caucasica costituendo il 50-70% di tutti i
melanomi, e sembra essere associato allesposizione intermittente alle radiazioni UV.
Lincidenza pi elevata nella 5a decade di vita, in soggetti di sesso femminile. Le

76

Tumori maligni della cute

sedi pi frequentemente coinvolte sono il dorso nei maschi e gli arti inferiori nelle
femmine. Dal punto di vista clinico si manifesta come una placca di colore
marrone/nero, forma e bordi irregolari, e dimensioni variabili da pochi millimetri a
numerosi centimetri. In alcuni casi, la lesione pu presentare aree di colore rosso,
e/o bianco/bluastre, e ulcerazione spontanea. La fase di crescita orizzontale ha una
durata variabile da mesi ad anni, mentre la fase di crescita verticale caratterizzata
dalla comparsa di papule e/o noduli. Il melanoma nodulare costituisce il 15-35% di
tutti i melanomi riscontrati in soggetti caucasici. Si tratta di una neoplasia che si
presenta come un nodulo demble ed caratterizzata da unelevata aggressivit
biologica e prognosi sfavorevole. Insorge pi frequentemente in soggetti di sesso
maschile, tra i 30 e i 40 anni, a livello del dorso, regione testa/collo ed estremit.
Nella maggioranza dei casi la lesione di colore variabile dal marrone chiaro al
marrone scuro/nero, talora ulcerata In alcune evenienze, la lesione pu assumere un
colore rosa-rossastro o essere parzialmente o totalmente acromica. Il melanoma
acrale lentigginoso una forma clinica pi frequente in soggetti di razza asiatica,
mentre rappresenta il 5-10% dei melanomi negli individui caucasici. Le sedi di
localizzazione comprendono i palmi delle mani, le piante dei piedi e le regioni
subungueali. Anche in questo tipo di melanoma la lesione consiste, nelle fasi iniziali,
in una placca asimmetrica, di colore marrone/nero e bordi irregolari, mentre nelle
fasi tardive si ha la comparsa di papule e/o noduli. Altre forme di melanoma, di pi
raro riscontro, comprendono: 1) il melanoma mucoso, che pur presentando aspetti
clinici tipici , proprio in relazione alla sede dinsorgenza, generalmente
diagnosticato in fase tardiva e associato ad una prognosi sfavorevole; 2) il melanoma
dei tessuti molli, generalmente asintomatico, che si manifesta come una massa
sottocutanea localizzata in corrispondenza di tendini, aponeurosi e fasce muscolari;
3) il melanoma desmoplastico, che si presenta come un nodulo duro, spesso
amelanotico, localizzato al volto, e caratterizzato da una prognosi sfavorevole; 4) il
melanoma su nevo blu cellulare, che insorge su un nevo blu pre-esistente, localizzato
generalmente al cuoio capelluto. Le diagnosi differenziali cliniche del melanoma
includono pi frequentemente il nevo melanocitico, ed in particolare il nevo di Clark,
il nevo di Spitz/Reed, il nevo blu e il nevo persistente, il carcinoma basocellulare
pigmentato e, raramente, il granuloma piogenico e la cheratosi seborroica. Alcune
caratteristiche cliniche quali asimmetria della lesione, bordi irregolari, colore
variegato e superficie irregolarmente rilevata sono altamente indicative di lesione
melanocitaria sospetta o maligna. Lanalisi dermatoscopica della lesione cutanea
permette inoltre di evidenziare alcuni criteri non visibili ad occhio nudo (e.g. rete

77

Tumori maligni della cute

pigmentata atipica, punti/globuli irregolari e strutture di regressione) e di stabilire la


diagnosi definitiva di melanoma. Tale metodica, ormai diffusamente utilizzata nella
pratica clinica, ha permesso di aumentare ulteriormente laccuratezza della diagnosi
clinica di melanoma consentendo di stabilire la diagnosi definitiva in una fase sempre
pi precoce. Lesame istopatologico rappresenta tuttavia lindagine fondamentale al
fine di stabilire o confermare la diagnosi di melanoma. Gli aspetti istopatologici
caratteristici includono la presenza di una lesione asimmetrica e mal circoscritta
costituita da melanociti atipici, singoli o raggruppati in teche, di forma e dimensioni
irregolari e non equidistanti tra loro, localizzati allinterno dellepidermide e nel
derma. Un aspetto tipico importante ai fini diagnostici la presenza di melanociti
atipici singoli in tutti gli strati dellepidermide. Lo spessore di Breslow, calcolato con
apposito micrometro applicato al microscopio, ed il livello di invasione (livello di
Clark) sono gli aspetti istopatologici pi importanti per stabilire la prognosi. Una
volta formulata la diagnosi di melanoma e misurato lo spessore di Breslow, il
paziente deve essere sottoposto a stadiazione completa al fine di individuare
eventuali metastasi a livello degli organi interni. La stadiazione della malattia
prevede lesecuzione di indagini di laboratorio (e.g. emocromo e funzionalit
epatica) e strumentali (RX o TC, in relazione allo spessore e alla sede del melanoma).
Recentemente, la biopsia del linfonodo sentinella stata introdotta quale metodica
di routine per la stadiazione del melanoma. I diversi stadi della malattia vengono
attualmente classificati secondo i criteri proposti dallAJCC (American Joint
Committee of Cancer). Il melanoma metastatizza in prima istanza per via linfatica,
prevalentemente ai linfonodi loco-regionali di drenaggio della sede del melanoma
primitivo ed in seguito per via ematica coinvolgendo, in ordine decrescente di
frequenza, polmone, fegato, encefalo e apparato scheletrico. Il melanoma
diagnosticato in una fase molto precoce (melanoma in situ) curabile con la sola
asportazione chirurgica. Al contrario, in una fase avanzata non esiste purtroppo
alcuna polichemioterapia n terapie chirurgiche in grado di curare il melanoma. E
pertanto fondamentale ricordare che il melanoma , tra tutti i tumori, quello pi
facilmente individuabile in una fase precoce perch insorge in un organo che
visibile a tutti, ed , in virt di questo, che oggigiorno nessuno dovrebbe morire pi
di melanoma.

78

Anomalie vascolari

ANOMALIE VASCOLARI
Emangioma
Gli emangiomi si manifestano tipicamente nel periodo neonatale ovvero nelle prime
2 settimane di vita mentre quelli profondi sottocutanei o quelli viscerali pi
tardivamente (2-3 mesi). Circa il 30-40% delle lesioni sono presenti alla nascita con
un segno cutaneo premonitore, che pu essere una macchia pallida appena visibile
("nevo anemico"), una chiazza rossa telangiectasica o
maculare o una macchia ecchimotica. Circa 1'80%
delle neoformazioni crescono come lesione singola,
mentre il 20% prolifera in siti multipli: sono pi
frequenti nel sesso femminile rispetto al sesso
maschile

(3-5:1).

Gli

emangiomi

crescono

rapidamente durante le prime 6-8 settimane di vita: quando la neoformazione


penetra nel derma superficiale la cute diventa sollevata, bozzoluta e di colore
cremisi. Sono spesso presenti vene drenanti locali, secondo una schema tipico
radiale. Esistono pochi elementi indicatori durante la fase di proliferazione precoce
che possono predire il volume massimo della lesione o pronosticare l'esito
dell'involuzione: in genere l'emangioma raggiunge il massimo di proliferazione entro
il primo anno con un incremento volumetrico proporzionato allo sviluppo corporeo
fino alla comparsa dei primi segni di involuzione. La fase involutiva generalmente si
prosegue fino ai 5-10 anni di vita e mediamente si completa entro 5-7. Lemangioma
proliferativo costituito da cellule endoteliali chiare, in rapida divisione. Con la
regressione,

l'attivit

endoteliale

diminuisce

gradualmente

le

cellule

si

appiattiscono e maturano. I mastociti compaiono nella fase di proliferazione tardiva


e nella fase di involuzione precoce e interagiscono con i macrofagi, i fibroblasti ed
altri tipi di cellule. Al microscopio ottico, l'involuzione e caratterizzata da una
progressiva

deposizione

di

tessuto

fibroso

livello

perivascolare

interlobulare/intralobulare. Nella fase involutiva ancora presente la membrana


basale multilaminata, segno distintivo ultrastrutturale di una lesione nella fase
proliferativa. II concetto che la neoformazione sia "angiogenesi dipendente",
proposto per la prima volta da Folkman negli anni '70, permette di comprenderne a
fondo il ciclo di vita.

79

Anomalie vascolari

Le molecole angiogeniche agiscono sulle cellule endoteliali e sui periciti per iniziare
la formazione del network capillare. Normalmente questo processo strettamente
regolato

dai

soppressori

della

crescita

endoteliale

cosi

che

la

struttura

microvascolare viene mantenuta allo stato quiescente. Studi preliminari indicano che
il fattore di crescita basico dei fibroblasti (bFGF), un peptide angiogenico, elevato
nelle urine dei neonati con emangiomi proliferativi. Successivamente i livelli urinari
di bFGF diminuiscono su valori normali durante il periodo di involuzione normale o di
regressione accelerata indotta dalla terapia antiangiogenica. Le fasi cliniche del ciclo
di vita di un emangioma possono essere confermate dai markers cellulari
immunoistochimici. Un'angiogenesi up-regolata viene documentata, da un punto di
vista biochimico, dall'espressione dell'antigene nucleare di proliferazione cellulare,
che risulta essere mediata in parte da due peptidi angiogenici: il fattore di crescita
endoteliale vascolare (VEGF) ed il bFGF. Anche la
collagenasi di tipo IV presente negli emangiomi
proliferativi,

suggerendo

che

la

distruzione

del

collagene necessaria per assicurare lo spazio allo


sviluppo

dei

capillari.

L'endotelio

in

crescita,

alternativamente, potrebbe essere un segnale per il


flusso dei mastociti e per l'induzione autocrina degli inibitori tissutali delle
metalloproteinasi (TIMP-1), soppressori della formazione di nuovi vasi sanguigni. I
mastociti possono secernere modulatori che riducono l'emangiogenesi. Con l'avvento
della fase involutiva, l'endotelio diventa senescente ed il parenchima, una volta con
molti elementi cellulari, viene sostituito dal tessuto fibroso e adiposo. La maggior
parte delle lesioni sono diagnosticabili con lanamnesi e con lesame fisico ma un
emangioma profondo, della regione del collo o del tronco, pu essere confuso con
una malformazione linfatica (LM) e dunque necessita di mezzi diagnostici pi
sofisticati come l'ultrasuonografia e la risonanza magnetica. Lemangioma congenito
si presenta rilevato e di colore rosso-violaceo con un alone periferico pallido ma pu
essere confuso con altre patologie clinicamente simili come la malformazione
capillare (macchia di vino) ed arterovenosa, il granuloma piogenico, l' angioblastoma
di Nakagawa (angioma a glomerulo), le anomalie venose o linfatiche, il glioma ed il
sarcoma infantile. Lemangioma cervico-facciale pu essere accompagnato da
disturbi oculari (microftalmia, cataratta congenita, ipoplasia del nervo ottico), non
unione sternale, rafe sopraombelicale, arterie embrionali persistenti intra ed extra
craniali, assenza di vasi ipsolaterali carotidei/vertebrali, costrizione del lato destro
dell'arco aortico, dilatazione del sifone carotideo e malformazione di Dandy-Walker o

80

Anomalie vascolari

altri difetti della cavit posteriore. L'emangioma lombosacrale una delle differenti
lesioni ectodermiche come l ipertricosi ("macchia pelosa"), la malformazione
capillare (chiazza di vino), l acordoma ("coda fulva") e la fossetta sacrale (seno), che
segnalano un disrafismo spinale occulto sottostante (lipomeningocele, colonna legata
e diastematomielia). Circa il 20% degli emangiomi sono gravati da complicanze gravi
come lulcerazione, la necrosi, la distorsione dei tessuti coinvolti, lostruzione di una
struttura vitale come l'occhio o della regione sottoglottidea ma solo l'1% sono
pericolose per la vita come la diversione del flusso sanguigno attraverso un
emangioma esteso in grado di determinare un'insufficienza cardiaca ad alta energia o
il fenomeno di Kasabach-Merritt (variante a cellule affusolate tipo Kaposi con
intrappolamento delle piastrine). La necrosi, la distorsione e l'ostruzione sono
possibili nelle lesioni cervico-facciali cos come la forma orbito-palpebrale pu
bloccare lasse visivo con ambliopia da deprivazione o anomalie di crescita della
cornea (ambliopia astigmatica). Dal punto di vista terapeutico un emangioma
cutaneo ben localizzato, pu essere trattato con corticosteroidi per via intralesionale
(triamcinolone) o sistemica (prednisone, prednsolone). Con l'uso di corticosteroidi
per via orale, endovena o per via intralesionale, il 30% delle neoformazioni mostra
una regressione accelerata, il 40% risponde in maniera equivoca (risposta di
stabilizzazione) ed il 30% non risponde affatto. L'interferone alfa-2 (IFN)
ricombinante un nuovo presidio terapeutico per il trattamento di emangiomi ad
alto rischio da utilizzare con prudenza e con precise indicazioni come: mancata
risposta ai corticosteroidi, controindicazioni ad un uso prolungato di corticosteroidi,
complicanze durante il trattamento corticosteroideo, rifiuto da parte dei genitori
alla somministrazione di corticosteroidi. Il dosaggio empirico dell'IFN di 2-3 milioni
di unita/m2 con una iniezione giornaliera sottocutanea. La chirurgia, infine, una
metodica di scelta non solo negli emangiomi localizzati o peduncolati ma talvolta
anche nelle forme estese mentre la fotocoagulazione con il laser riveste
esclusivamente un ruolo di terapia complementare.

Malformazioni vascolari
Le malformazioni vascolari sono errori di sviluppo embrionale. Possono essere
suddivise in base al tipo predominante di vasi ed alle caratteristiche del flusso:
1. malformazioni capillari (MC) flusso lento=capillare e telangiectasie;
2. malformazioni linfatiche (ML);
3. malformazioni venose (MV);
4. malformazioni arterovenose (MAV), flusso veloce=arterioso e arterovenoso.

81

Anomalie vascolari

La patogenesi delle malformazioni vascolari non completamente chiarita ed


ancora coperta da consunti eponimi e teorie non dimostrate circa il possibile ruolo
della pressione e del flusso sulla morfogenesi vascolare ("leggi" di Thoma) ma la
genetica molecolare sta progressivamente definendo il complesso iter evolutivo e la
terminologia molecolare sta rimpiazzando la designazione dei vecchi termini. Sono
conosciuti i geni per due patologie recessive da deficienze enzimatiche che si
presentano con papule cutanee vascolari: la fucosidosi autosomica e la sindrome di
Fabry legata al cromosoma sessuale. Uno dei geni responsabili della telangiectasia
emorragica ereditaria (morbo di Rendu-Osler-Weber) localizzato sul cromosoma 9q
(Endoglin) e codifica per una glicoproteina endoteliale che lega, trasformandolo, il
fattore di crescita beta.
Diversi geni difettosi, che producono chinasi simili ai fosfoinositoli, provocano ataxiatelangiectasica (sindrome di Louis-Bar). Un tipo familiare di malformazione multipla
venosa mucocutanea riscontrabile sul cromosoma 9p mentre quella per le anomalie
venose intracraniche familiari si trova sul cromosoma 7q. Ognuna delle quattro
sottocategorie delle malformazioni vascolari ha un aspetto istopatologico specifico.
Un endotelio piatto, quiescente e allineato una caratteristica comune a tutte le
anomalie vascolari dismorfiche. La malformazione capillare (MC) comprende vasi
uniformi, ectasici, con le pareti sottili e con dimensioni che variano da quelle dei
capillari a quelle delle venule, localizzati nel derma papillare al di sopra del reticolo.
Elementi neurali perivascolari insufficienti possono essere la causa di un'alterata
modulazione neurale del tono vascolare e dell'ectasia progressiva caratterizzante
queste anomalie. La malformazione linfatica (ML) ha pareti di spessore variabile, che
includono sia la muscolatura liscia che quella striata, con un accumulo nodulare di
linfociti nello stroma del tessuto connettivo mentre quella venosa (MV) presenta
pareti sottili con isole irregolari di muscolatura liscia. I network venosi displastici
drenano verso le vene adiacenti, molte delle quali sono varicose e carenti di valvole.
La malformazione linfaticovenosa (MLV) combinata compare in modo particolare
nella regione craniofacciale. Le arterie nella MAV istologicamente si dimostrano
displastiche e costituite da pareti fibromuscolari ispessite, lamina elastica
frammentata e stroma fibrotico. Le vene in una MAV immatura
appaiono

"arterializzate"

(iperplasia

muscolare

reattiva)

differenza di una MAV matura nella quale i vasi evidenziano una


fibrosi degenerativa ed un'atrofia muscolare. Nessuna delle
malformazioni

vascolari

produce

markers

immunoistochimici

dell'angiogenesi (VEGF e bFGF) o collagenasi di tipo IV.

82

Anomalie vascolari

Malformazioni capillari ("Macchia di vino")


La malformazione capillare clinicamente una macchia vascolare a chiazze, di
colore rosso presente alla nascita, persistente per tutta la vita e localizzata sulla
faccia, sul tronco o sugli arti. La MV deve essere differenziata dal nevus flammeus
neonatorum che compare nel 50% dei neonati a livello della glabella, delle palpebre,
del naso, del labbro superiore ("bacio d'angelo") e dell'area della nuca ("morso di
cicogna"). La maggior parte delle

MC sono innocue ma alcune sono segnali di

pericolo ed espressioni di patologie di rilevante gravit. La sindrome di Sturge-Weber


comprende la MC facciale associata ad anomalie vascolari oculari e ipsolaterali della
pia madre. Le displasie vascolari della leptomeninge possono causare emiplegia
controlaterale e ritardo variabile nello sviluppo della capacit motoria e cognitiva..
Si possono osservare calcificazioni piriformi degli strati esterni della corteccia
cerebrale, tipicamente nel lobo temporale ed in quello occipitale; queste alterazioni
sono probabilmente secondarie ad una circolazione anomala. I bambini, che
mostrano un aumento ipsolaterale della vascolarit coroidale, sono a rischio di
distacco della retina, di glaucoma e di cecit, pi probabile se la MC coinvolge anche
le aree neurosensoriali V1 e V2. La MC facciale incline a scurirsi ed probabile che
possa sviluppare alterazioni iperplastiche nella cute. Si possono manifestare noduli
ispessiti di color porpora nell'adolescenza; a qualsiasi et pu comparire un
granuloma piogenico. Curiosamente, queste alterazioni cutanee si verificano molto
raramente a livello del tronco e degli arti. La MC facciale talvolta associata
all'ipertrofia dei tessuti molli e dello scheletro sottostante mentre labbra gengive si
ingrossano a livello delle aree delle chiazze vascolari. Una MC estesa a livello di un
arto associata ad una ipertrofia assiale e trasversale, spesso presente alla nascita.
Le varicosit venose non si sviluppano durante l'infanzia e l'ipertrofia dell'arto, se
presente, di solito non peggiora durante la crescita. Le malformazioni capillari
dell'arto possono far parte di anomalie vascolari complesso-combinate, come la
sindrome di Klippel-Trenaunay e quella di Parkes Weber. La MC cefalica sulla linea
mediale pu indicare la presenza di un encefalocele occipitale sottostante cos come
quella dorsale pu segnalare la presenza di disrafismo spinale cervicale o
lombosacrale. La malformazione capillare associata con un nevo pigmentato (pi
comune nei neonati giapponesi e di razza nera) viene definita phacomatosis
pigmentovascularis e suggerisce un difetto comune nella migrazione delle cellule
della cresta neurale. Per il trattamento della MC viene utilizzato con successo il laser
pulsato con risultati migliori nel periodo neonatale e nell'infanzia ed uno
schiarimento significativo nel 70-80% dei pazienti. L'ipertrofia dei tessuti molli e

83

Anomalie vascolari

dello scheletro necessita di strategie chirurgiche: la resezione del contorno per la


macrochilia risulta molto efficace mentre la correzione ortognatica indicata per
l'eccesso mascellare verticale asimmetrico o per il prognatismo mandibolare. In casi
rari, necessaria l'escissione di un'intera unit estetica facciale.
Telangiectasia congenita della cute marmorata (sindrome di Van Lohuizen)
La sindrome di Van Lohuizen caratterizzata da un network vascolare cutaneo
reticolato, serpiginoso, depresso e di colore blu-violetto. Le lesioni si sviluppano
secondo una distribuzione segmentata o localizzata, raramente generalizzata. Le
regioni pi comunemente coinvolte sono il tronco e le estremit. Possono essere
presenti ulcerazione congenita e atrofia della cute coinvolta. La biopsia rivela una
dilatazione dei capillari e delle vene del derma e talvolta laghi venosi con pareti
sottili negli strati sottocutanei. La condizione migliora soprattutto dopo il primo anno
di vita ma persistono l'atrofia cutanea, la colorazione vascolare e l'ectasia venosa. La
patologia dovrebbe essere differenziata da una situazione accentuata di vascolarit
cutanea normale chiamata "cutis marmorata o livedo reticularis".
Telangiectasia essenziale generalizzata
Linsorgenza di questa malformazione e molto variabile:
pu comparire prima della pubert ma pi frequentemente
si manifesta nella IV-VI decade della vita con una
prevalenza per il sesso femminile (2:1). Le lesioni primarie
sono a forma di spillo e di macchie vascolari rosso-porpora
raccolte in gruppi sugli arti inferiori, con uno sviluppo
prossimale e, progressivamente, disposte a formare strati di telangiectasie
variamente intrecciate. Il trattamento con il laser a luce pulsata relativamente
efficace. La telangiectasia emorragica ereditaria, o sindrome di Rendu-Osler-Weber,
compare in 1-2 casi ogni 100.000 nati vivi comprende un gruppo di patologie
autosomiche con lo stesso fenotipo causato da diversi geni e specificate da una
displasia vascolare multisistemica con emorragie ricorrenti. La forma omozigote
letale. Clinicamente la malattia pu manifestarsi nell'infanzia ma pi comunemente
dopo la pubert con maculopapule di colore rosso chiaro, del diametro di 1-4mm, a
livello della faccia, della lingua, delle labbra, della mucosa nasale ed orale, della
congiuntiva, del lato palmare delle dita e del letto ungueale, delle muscose interne e
dei visceri. L'epistassi la sintomatologia pi comune ma sono possibili anche
ematemesi, ematuria o melena ed emorragie del sistema nervoso centrale. In alcune
forme si sviluppano malformazioni arterovenose, soprattutto a livello del cervello,
della spina dorsale, del fegato e dei polmoni.

84

Anomalie vascolari

Atassia-telangiectasia
L'atassia-telangiectasica

un

disordine

neurovascolare

autosomico

recessivo

ereditario che compare dai 3 ai 6 anni di vita. Il quadro clinico presenta a


considerare telengectasie rosso-vivido che insorgono prima sull'area nasale e
temporale della congiuntiva bulbare e successivamente sul volto, sul collo, sul torace
e sulla superficie flessoria dell'avambraccio. Anche l'atassia cerebellare inizia nella
seconda infanzia con una progressiva degenerazione neuromotoria. Questi pazienti
hanno una disfunzione endocrina, instabilit cromosomica, deficienza immunologica
e ritardo di crescita. La morte di solito avviene nella seconda decade della vita a
causa di infezioni polmonari ricorrenti e bronchiectasia o per un tumore maligno
linforeticolare.
Malformazioni linfatiche
Le malformazioni linfatiche possono essere distinte in forme microcistiche,
macrocistiche o combinate mentre la vecchia terminologia li definiva "linfangioma"
(ML microcistica), "igroma cistico" (ML macrocistica) e si propongono con vescicole
displastiche o tasche riempite con fluido linfatico. Le ML si manifestano alla nascita,
o in epoche successive e non hanno tendenza alla regressione ma si espandono o si
contraggono a seconda del flusso/riflusso del liquido linfatico, di fenomeni
infiammatori, di sanguinamenti intralesionali. I vasi linfatici dilatati anomali nella
cute e nella mucosa si presentano come vescicole. Le ML del collo, della fronte e
dell'orbita sono spesso forme miste, micro e macrocistica, con asimmetria facciale,
distorsione dei lineamenti, ipertrofia dei tessuti ossei e dei tessuti molli. La ML la
base pi comune per la macrocelia, la macroglossia, la microtia e la macromelia. La
crescita eccessiva della mandibola si manifesta come malocclusione, con morso
aperto anteriore o occlusione di classe III. Una lingua ingrossata, coperta di
vescicole, rende difficoltoso il linguaggio ed complicata da infezioni ricorrenti,
edema, sanguinamento, scarsa igiene dentale e carie. La LM micro-macrocistica della
regione cervico-facciale pu causare ostruzione delle vie respiratorie mentre la
cervico-ascellare coinvolge comunemente il torace ed il mediastino con possibile
soffusione pleurica e polmonare ricorrente. Una malformazione linfatica estesa a
livello di un arto inferiore associata a linfedema, distorsione scheletrica ed
ipertrofia, la forma pelvica manifesta linfangectasia perineale e quella viscerale
("linfangiomatosi") pu indurre ipoalbuminemia secondaria ad una enteropatia.
Qualsiasi infezione virale o batterica pu provocare una infiammazione/infezione
della ML: antibiotici anche a dosi massicce e farmaci antinfiammatori non steroidei
rappresentano la terapia di scelta poich il rischio di una setticemia presente per

85

Anomalie vascolari

tutta la vita. Cisti ampie possono essere trattate aspirando il liquido linfatico e
iniettando agenti sclerosanti mentre le ML cutanee, circoscritte e ben definite
("lymphangioma circumscriptum") possono giovarsi del trattamento chirurgico.
Malformazioni venose
Le malformazioni venose sono presenti alla nascita ma non sono sempre evidenti. Le
MV, spesso impropriamente denominate "emangioma cavernoso", sono patologie
ereditarie, a lento accrescimento, singole o multiple, cutanee e/o viscerali. Queste
anomalie a flusso lento si manifestano, come macchie bluastre o masse vascolari blu
chiaro, sulla faccia, sugli arti o sul tronco in forme
localizzate

glomangiomatosi

estese,

lievi

familiare,

o
ad

deformanti.
esempio,

La
una

sindrome dominante autosomica che si manifesta con


lesioni venose dermiche nodulari blu che possono
comparire dovunque sulla cute: istologicamente, si
differenziano dalle tipiche MV per la presenza di numerose cellule del glomo che
fiancheggiano i vasi venosi ectasici. La MV cutaneo-mucosale familiare anchessa
ereditaria in modo autosomico dominante mentre la sindrome di Bean una
combinazione rara di anomalie cutanee e viscerali. La malformazione venosa craniofacciale di solito unilaterale e produce un effetto di massa responsabile di una
marcata asimmetria facciale, enoftalmia/esoftalmia (MV intraorbitaria) mentre
quella orale coinvolge, in modo caratteristico, la lingua, il palato e l'orofaringe, con
deformit nellallineamento dentale. Le MV della faringe e della laringe
comunemente evolvono verso un'apnea ostruttiva durante il sonno. Le MV degli arti
inferiori possono interessare solo la cute o estendersi ai muscoli, alle articolazioni ed
alle ossa ma raramente producono una dismetria sebbene la malattia possa causare
un iposviluppo secondario al disuso. Una piccola malformazione cutanea pu essere
trattata con la terapia sclerosante (sodio tetradecilsolfato all' 1%) ma la sclerosi di
una MV estesa potenzialmente pericolosa e deve essere trattata da specialisti
esperti per le possibili complicanze sistemiche come la tossicit renale e larresto
cardiaco. Dopo un ciclo di scleroterapia pu essere utile la chirurgia plastica per
eventuali correzioni funzionali ed estetiche.
Malformazioni arterovenose
La malformazione arterovenosa pu essere presente alla nascita o manifestarsi pi
tardivamente La patologia viene spesso sottovalutata nell'infanzia anche perch il
rossore della MAV pu essere facilmente scambiato per un emangioma o per una
"macchia di vino". L'epicentro viene chiamato "nido" e comprende arterie afferenti,

86

Anomalie vascolari

fistole micro e macro-arterovenose (FAV) e venedilatate. La forma intracranica pi


comune di quella extracranica, seguita, come frequenza, dalla quella degli arti, del
tronco, dei visceri. Qualunque sia la localizzazione, le eventuali conseguenze sono
alterazioni

ischemiche

della

cute,

ulcerazione,

dolore

non

trattabile

sanguinamento intermittente, aumento dell'output cardiaco (MAV di un arto intero o


della zona pelvica). La diagnosi clinica viene confermata dall'ultrasonografia,
dall'esame ecocolordoppler, dalla RMN e documentata dal sistema clinico a stadi di
Schobinger:
stadio I: rossore/macchia, calore e derivazioni AV;
stadio II: come lo stadio I, ma pi estesa, vene tortuose in tensione, pulsazioni, e
anomalie all'ascoltazione;
stadio III: come sopra ma con alterazioni distrofiche, ulcerazioni, sanguinamento,
dolore persistente;
stadio IV: come lo stadio II con associato lo scompenso cardiaco.
Un trattamento precoce embolico/chirurgico di una malformazione silente
discutibile ma dovrebbe essere preso in considerazione se possibile ottenere
facilmente una escissione mentre il protocollo terapeutico convenzionale
indifferibilealla comparsa di: dolore ischemico, ulcerazione cutanea recidivante,
emorragie, aumento dell'output cardiaco (stadio IV di Schobinger). L'angiografia
precede l'intervento radiologico o chirurgico e l'embolizzazione superselettiva pu
essere palliativa per il dolore, il sanguinamento o lo scompenso cardiaco ovvero nei
pazienti per i quali la escissione chirurgica porterebbe a gravi mutilazioni.
Malformazioni vascolari complesso-combinate
Le malformazioni vascolari di tipo complesso-combinato includono MVC, MLC, MVLC e
MAVLC. Sono spesso associate ad ipertrofia dei tessuti molli e dello scheletro. Queste
forme composte sono difficili da individuare ma possono essere classificate
utilizzando acronimi, basati sulle caratteristiche di flusso e sull'architettura del vaso
dismorfico. Come le malformazioni vascolari pure, le anomalie complessocombinate possono essere classificate a flusso lento o a flusso veloce.
Malformazioni vascolari complesso-combinate a flusso lento
La sindrome di Klippel-Trenaunay (MVLC) e un eponimo adeguato per un tipo di
anomalia combinata a flusso lento associata con

l'ipertrofia dell'arto. Le

malformazioni capillari sono multiple, costellate da vescicole emolinfatiche,


tipicamente localizzate secondo uno schema geografico sul lato anterolaterale della
coscia, della natica e del tronco. Le vene anomale laterali sono prominenti a causa di
valvole insufficienti o assenti e spesso si registrano anomalie a carico delle vene

87

Anomalie vascolari

profonde ed ipoplasia linfatica. L'ipertrofia dell'arto pu variare da media a


grottesca. Alcuni pazienti con la sindrome di Klippel-Trenaunay classica presentano
un arto corto o ipotrofico. La sindrome di Proteus una patologia sporadica che
riguarda i tessuti vascolari, scheletrici e molli, caratterizzata da una crescita
asimmetrica. Anomalie sottocutanee simili a tumori includono tessuto connettivo,
tessuto adiposo (lipoma e lipomatosi aggressiva), strutture delle cellule di Schwann e
tessuto vascolare. Si localizzano generalmente sul torace e sull'addome. Le anomalie
vascolari sono del tipicamente complesso-combinate. Possono essere presenti
macrocefalia (iperostosi del cranio), asimmetria degli arti, parziale gigantismo delle
mani e/o dei piedi ed ispessimento plantare cerebriforme (piede a "mocassino"). Pu
essere presente anche un nevo verrucoso lineare rendendo la sindrome di Proteus
sovrapponibile a quella di Solomon (sindrome dei nevi dell'epidermide). La sindrome
di Maffucci caratterizzata dalla coesistenza di anomalie vascolari esofitiche con
esostosi ossea ed encondromatosi. Le lesioni vascolari sono di tipo venoso complesso;
possono verificarsi nel tessuto sottocutaneo, nell'osso (particolarmente a livello degli
arti), a carico delle leptomeningi o del tratto gastrointestinale. La degenerazione
maligna (condrosarcoma), si verifica nel 20-30% dei pazienti.
Malformazioni vascolari complesso-combinate a flusso veloce
Queste anomalie vascolari a carico degli arti inferiori sono piuttosto rare.
L'arteriografia nei bambini mostra in genere una ipervascolarita diffusa dell'arto con
fistole artero-venose multiple che diventano evidenti tardivamente in prossimit
delle articolazioni. Entro i primi 2 anni, opportuna una valutazione clinica e
misurata della lunghezza della gamba: se la discrepanza della lunghezza >1,5 cm,
necessaria una ortesi per prevenire lo zoppicamento ed una scoliosi secondaria. Per
le anomalie combinate a flusso veloce, quando il bambino ha raggiunto i 3-4 anni
d'et, sono indispensabili i controlli strumentali (ultrasuonografia, ecocolordoppler)
dei vasi (arteriosi e venosi) dell'arto. Il trattamento fondamentalmente
conservativo e prevede calze elastiche di compressione per l'arto con insufficienza
venosa ed un sistema profondo funzionante. Le vene varicose superficiali possono
essere trattate chirurgicamente ma solo in presenza di un sistema venoso profondo
compromesso nei pazienti con un corteo sintomatologico significativo (affaticamento
degli arti, pesantezza o incapacit ad indossare le scarpe a causa di vene dorsali
ingrossate). Non utile correggere la dismetria degli arti superiori ma, al contrario,
necessaria lepifisiodesi percutanea se la differenza di lunghezza della gamba
2cm. La resezione chirurgica a pi stadi del profilo o l'amputazione selettiva

88

Anomalie vascolari

necessaria nell'ipertrofia grottesca che impedisce l'adattamento delle scarpe o


interferisce con la deambulazione.

89

Malformazioni congenite

MALFORMAZIONI CONGENITE
Si intendono per malformazioni congenite le alterazioni della normale morfologia
corporea, presenti in epoca perinatale, determinate da un errore di sviluppo nel
corso della vita intrauterina. Non esistono dati statistici relativi all'incidenza assoluta
di tutte le malformazioni ma nel nostro territorio, come in tutti i paesi evoluti, si
apprezza una marcata diminuzione del numero dei nati malformati; questo dato da
mettere in relazione al generico decremento della natalit ed al migliorato standard
economico-sociale-culturale medio. L'eziologia della malformazioni congenite
imputabile a diversi fattori: endogeni o fetali ed esogeni o materni tra di loro
interagenti in diverse combinazioni ed a diversi livelli.
Fattori endogeni
Questo gruppo comprende le alterazioni del patrimonio genetico del neonato:

Le malattie genetiche per cui evidenziabile, in ambito familiare, una


trasmissione per via ereditaria (per es. alcune polidattilie);

le

malattie

genetiche

riferibili

ad

una

mutazione

spontanea

(per

es.

pseudoermafroditismo maschile);

le malattie da alterato numero dei cromosomi, sia autosomici (per es. sindrome
di Down), sia sessuali (per es. sindrome di Turner, di Klinefelter, ecc.);

gli effetti dell'esposizione dei genitori ad agenti teratogeni, di provenienza


ambientale (radiazioni e sostanze chimiche), che possono agire come mutageni,
della linea cellulare germinale.

Fattori esogeni
In questo gruppo riassume tutti i fattori "ambientali", capaci di interferire sullo
sviluppo di un normale zigote ovvero:

traumi meccanici;

costituzione nel sacco amniotico di briglie costrittive, esito di processi flogistici;

deficit circolatori o comunque ridotta ossigenazione a livello placentare;

gravi malattie sistemiche metaboliche e ormonali (diabete, morbo di Cushing,


distiroidismi, ecc.); deficit nutrizionali;

assunzione di farmaci ( accertata la teratogenicit di ormoni, antiblastici,


cortisonici, antiepilettici, alcuni analgesici e psicofarmaci, alcuni antibiotici);

alcoolismo, tabagismo, tossicodipendenza; esposizione a radiazioni ionizzanti;

90

Malformazioni congenite

malattie infettive, da protozoi (per es. toxoplasmosi), da spirochete (per es.


sifilide), da batteri (per es. listeriosi), da virus (per es. rosolia);

incompatibilit Rh.

Tali fattori estrinsecano il loro potenziale teratogeno con differente gravit a


seconda del periodo di gestazione in cui agiscono. In linea generale, quanto pi
precoce la noxa patogena, tanto pi grave la malformazione che ne consegue:
particolarmente a rischio , dunque, il periodo organogenetico (1 trimestre di vita
intrauterina). I meccanismi patogenetici che portano alla costituzione di un errore di
sviluppo variano da una malformazione all'altra ma in linea generale possono essere
ricondotti a due fondamentali: displasico e disrafico. Con il meccanismo displasico
l'anomalo sviluppo di una struttura anatomica deriva da una precoce o tardiva
comparsa dei normali fenomeni di inibizione dello sviluppo stesso: nel primo caso si
verificher una ipoplasia (focomelia), nel secondo una iperplasia (macrodattilia). Con
il meccanismo disrafico la malformazione deriva dalla mancata saldatura di fessure e
soluzioni di continuo normalmente presenti in particolari stadi della vita embrionaria
(fistole). E fondamentale sottolineare che liter patogenetico che porta alla
mancata saldatura dei diversi abbozzi

embrionari da riferire ad un difetto di

sviluppo e quindi di progressione del mesenchima; per questo che nella sede di una
malformazione disrafica si osserva regolarmente non solo un'anomala fissurazione ma
anche un deficit dei tessuti di origine mesenchimale (ossa, cartilagini, muscoli, ecc.).
importante ricordare che i

quadri malformativi osservati nella pratica clinica

derivano non solo dall'errore di sviluppo di una struttura anatomica ma anche dal
conseguente abnorme riarrangiamento delle regioni circostanti (per es. all'inibizione
di sviluppo della porzione radiale dell'arto superiore pu conseguire un tentativo di
riparazione da parte della porzione ulnare indenne, con costituzione di una mano ad
assetto speculare).

Malformazioni della testa e del collo


Lo studio delle malformazioni congenite non pu prescindere dalla conoscenza dello
sviluppo dell'embrione e l'osservazione della testa embrionale essenziale per la
comprensione della patogenesi del maggior numero di malformazioni ivi reperibili. La
faccia si costituisce per effetto della riunione di 5 processi, o bottoni mesodermici,
rivestiti di ectoderma, attorno allo stomodeo, che rappresenta la cavit buccale
primitiva. Tali processi si formano verso la III-IV settimana di gestazione e sono
separati da solchi che, successivamente, tra la V e lVIII settimana s obliterano, per
effetto della spinta "a tergo" esercitata dal mesoderma. In posizione centrale, a
costituire il tetto dello stomodeo, c' il voluminoso processo frontale, impari e

91

Malformazioni congenite

mediano, destinato a dividersi dando origine ai 4 processi nasali (2 mediali e 2


laterali). Il pavimento dello stomodeo invece formato dai 2 processi mandibolari,
che rappresentano l'estremit anteriore del larco branchiale. Sui lati dello
stomodeo, derivati dal margine superiore dei 2 processi mandibolari, si evidenziano i
2 processi mascellari (o zigomatici). Dalla fusione dei 4 processi nasali e dei processi
mascellari derivano il labbro superiore, il naso e le cavit nasali, la porzione
anteriore del palato osseo (palato primario, ossia la porzione di palato situata al
davanti del forarne incisivo). Le malformazioni della faccia pi frequenti sono da
inquadrare nell'ambito delle disrafie (errori di fusione in corrispondenza dei solchi
tra un bottone e l'altro).
Labioschisi
Col termine di labioschisi (o cheiloschisi o labbro leporino) si intende la schisi del
labbro superiore che origina da un difetto di fusione tra il processo mascellare e i
processi nasali. Possono essere classificate in:

cheiloschisi cicatriziale, nella quale non esiste una vera schisi ma presente una

cicatrice

verticale

esito

di

un'azione

malformativa

arrestatasi

regredita

spontaneamente;

cheilochisi incompleta, quando la schisi interessa il labbro in vario grado dal

bordo fino al pavimento della narice senza coinvolgerlo;

cheiloschisi completa, quando la schisi interessa il labbro a tutto spessore, il

pavimento della narice ed il palato primario.


In tutte le cheiloschisi, ma in maggiore misura in quelle
complete, sono sempre presenti una ipoplasia dell'osso
mascellare

ed

una

deformazione

dell'ala

nasale

omolaterale. La cheiloschisi pu essere monolaterale o


bilaterale: in queste ultime sempre presente la
protrusione, in alto ed in avanti, del prolabio spesso
ipoplasico. La riparazione chirurgica ha come obiettivo il ripristino della continuit
anatomica labiale ed allo scopo esistono varie tecniche chirurgiche, tutte finalizzate
alla realizzazione, sulla cute del labbro, di una cicatrice spezzata, di modo da
prevenire una deformit secondaria alla retrazione cicatriziale durante lo sviluppo
corporeo

del

soggetto.

La

scelta

della

tecnica

dipende

essenzialmente

dallesperienza del chirurgo. Attualmente si tende a dare meno rilevanza, rispetto ad


un tempo, alla tecnica di incisione e sutura dei margini cutanei della schisi,
enfatizzando al contrario l'importanza di ricostituire il corretto assetto anatomico dei
muscoli del labbro e del naso, che vanno identificati, mobilizzati mediante un

92

Malformazioni congenite

adeguato scollamento sottoperiosteo cos da non interromperne le inserzioni


periostali e suturati in modo da ripristinare una condizione di normalit. Il
meccanismo patogenetico del labbro leporino giustifica il costante reperto, sullo
stesso lato, di anomalie dentarie e nasali, in misura variabile in relazione alla gravit
della schisi. Ne consegue l'opportunit di affrontare la terapia di tali anomalie in
modo sincrono: ormai nozione consolidata la necessit dello sbrigliamento e
riposizionamento dell'ala nasale e del setto nel corso del medesimo intervento di
correzione della schisi nonch di un precoce e continuato trattamento ortodontico.
L'epoca ritenuta ideale per il primo intervento variabile ma il pensiero scientifico
attualmente pi diffuso suggerisce di iniziare l'iter terapeutico non prima dei 5 mesi
di vita, sia per motivi di sicurezza anestesiologica e sia per poter agire su strutture di
dimensioni compatibili con la manualit chirurgica. Procrastinare la chirurgia oltre gli
8-9 mesi appare inaccettabile dal punto di vista psicologico e, nei casi pi gravi, dal
punto di vista funzionale (difficolt alla corretta alimentazione e fonazione). Nel
caso

coesista

la

schisi

dell'arcata

alveolare

(labbro

leporino

completo),

l'orientamento attuale di attendere i 9 anni di et, epoca di eruzione del dente


canino. Su tutta la chirurgia delle malformazioni grava il dilemma se sia meglio
iniziare la chirurgia precocemente o tardivamente: a favore della prima soluzione
depone la scelta di ripristinare al pi presto la normalit anatomica e funzionale
della struttura anomala, a favore della seconda le inevitabili sequele cicatriziali che
interferiscono negativamente sull'ulteriore corretto sviluppo delle strutture coinvolte
nel processo cicatriziale e che sono tanto pi gravi quanto pi l'intervento precoce.
Palatoschisi
La schisi del palato origina da un meccanismo patogenetico differente da quello della
schisi del labbro, con la quale tuttavia frequentemente associata. Il palato
secondario si costituisce verso la VII-VIII settimana di gestazione. Le due lamine
palatine, originate dai processi mascellari in precedenza verticali per la presenza
della lingua, ruotano di 90 disponendosi su un piano orizzontale e congiungendosi
sulla linea mediana: avviene cos la separazione della cavit orale dalle fosse nasali.
Il palato molle si costituisce successivamente.
La schisi del palato secondario pu essere completa, quando interessa sia il palato
duro sia il palato molle o incompleta quando limitata al palato molle (veloschisi) e
determina complicanze cliniche di vario ordine:
alimentari (la comunicazione tra cavit orale e nasale impedisce la suzione per
l'impossibilit di creare il vuoto nella cavit orale. A lungo andare l'ostacolo ad una
normale assunzione di cibo pu causare un iposviluppo generalizzato).

93

Malformazioni congenite

Infettive (la continua presenza di detriti alimentari nella cavit nasale e l'alterato

flusso d'aria sono fonte di uno stato flogistico cronico, con subentranti riniti,
faringiti, salpingiti e otiti e ipertrofia infiammatoria a carico delle adenoidi e delle
amigdale).

Fonetiche (sono le complicanze pi inabilitanti e di pi difficile soluzione: la loro

gravita legata al grado di compromissione del palato molle. La mancata chiusura


posteriore della cavit nasale, specie durante la pronuncia delle consonanti
esplosive, determina una rinolalia aperta assai sgradevole e spesso tale da rendere
incomprensibile il linguaggio). Il trattamento chirurgico delle palatoschisi ha come
obiettivi la separazione tra cavit orale e cavit nasale e la mobilit del palato
molle. Per quanto riguarda la ricostruzione del palato duro, le tecniche proposte
possono essere classificate in: tecniche impostate sulla scultura e sintesi sulla linea
mediana di due lembi mucoperiostei scolpiti sulla volta palatina, bipeduncolati, con
peduncolo anteriore e posteriore; tecniche impostate sulla scultura e sintesi sulla
linea

mediana

di

due

lembi

mucoperiostei

scolpiti

sulla

volta

palatina,

monopeduncolati, a peduncolo posteriore; tecnica impostata sulla rotazione e sutura


sui due lati della schisi di un lembo di mucosa scolpito sul vomere e "doppiato" su se
stesso, allo scopo di ricostituire un rivestimento epiteliale sia al versante nasale che
al versante orale. attualmente la tecnica ritenuta pi idonea, in quanto pare dia i
minori danni alla crescita trasversale del massiccio facciale. Per quanto riguarda la
ricostruzione del palato molle (velopendulo), le metodiche proposte possono essere
distinte in: tecniche che avvicinano i due lati della schisi con una semplice sutura
lineare e tecniche che avvicinano i due lati della schisi avvalendosi di una doppia
plastica a Z, una sul versante orale ed una sul versante nasale. L'epoca pi adatta per
l'intervento generalmente compreso tra 9 e 12 mesi di vita con l'obiettivo di
bilanciare da un lato la necessit di fornire al bambino uno strumento anatomico atto
alla fonazione, prima che si siano completati i circuiti nervosi a ci preposti,
dall'altro la necessit di evitare cicatrici che, quanto pi precoci, tanto pi possono
interferire sullo sviluppo dell'intero massiccio facciale. Nel periodo postoperatorio
pu residuare una rinolalia conseguente ad incompetenza velofaringea. Qualora essa
sia dell'ordine di 0,5 cm2 (durante la fonazione) o comunque ribelle alla logopedia,
indicata l'esecuzione di interventi detti ortofonici:

"allungamento" del palato molle, ottenuto mediante separazione del palato molle

dal palato duro (push-back);

realizzazione di una sinechia velofaringea, mediante scultura di un lembo

faringeo trasferito al palato molle allo scopo di restringere l'entit dell'insufficienza;

94

Malformazioni congenite

creazione di una sporgenza nel contesto della parete posteriore della faringe,

mediante un innesto o un impianto per ridurre la distanza tra faringe e palato molle;

ricostruzione di uno sfintere velofaringeo competente mediante rotazione di

lembi miomucosi scolpiti a carico dei muscoli faringei (faringoplastica).

95

Malformazioni congenite

Colobomi
Con questo termine generico si indica un gruppo di malformazioni del volto,
abbastanza rare, rappresentate da una o pi schisi in corrispondenza dei solchi
embrionari. Possono essere classificati in: colobomi obliqui (naso-oculari e orooculari), prodotti da un difetto di fusione tra il processo mascellare ed il processo
nasale laterale e colobomi trasversi (oro-aurali), risultanti da un difetto di saldatura
tra il processo mascellare ed il processo mandibolare. I colobomi mandibolari sono
meglio inquadrabili nell'ambito delle disrafie mediane per essere il risultato della
mancata saldatura sulla linea mediana dei primi archi branchiali; si possono
presentare semplicemente come una piccola incisura sul bordo rosa del labbro
inferiore o possono giungere a determinare la schisi totale della sinfisi mentoniera e
della lingua.
Come gi esposto a proposito della cheiloschisi, anche i colobomi possono presentare
diversi livelli di gravit: dalla variet cicatriziale alla schisi pi accentrata. La
chirurgia ricostruttiva dei colobomi si basa sui medesimi principi informatori esposti a
proposito delle labio e palatoschisi: ricostruzione funzionale dei tessuti delle parti
molli, integrata dalla ricostruzione dell'impalcatura scheletrica con particolare
attenzione per l'articolato dentale e per eventuali problemi di fonazione.
Fistole
Il capitolo delle fistole congenite comprende: le fistole del padiglione auricolare
attribuibili ad un residuo del primo solco branchiale, collocate al davanti dell'elice o
del trago o sulla porzione ascendente dell'elice; le fistole laterali del collo; la disrafia
mentosternale, associata ad iposviluppo della mandibola, si presenta in genere come
un'area ovalare di cute atrofica, eritematosa, in corrispondenza della linea mediana
del collo, sottesa da un cordone fibroso sottocutaneo che impedisce la libera
estensione del capo. Le fistole congenite nel loro aspetto pi caratteristico si
manifestano

con

corrispondenza

la

presenza

dellostio

di

d'apertura

una

modesta

ma

possono

secrezione
essere

sieromucosa

anche

del

in

tutto

asintomatiche; lo sbocco cutaneo pu per ostruirsi producendo una raccolta


simulante una cisti facilmente sede di processi infettivi. La chirurgia delle fistole
congenite insidiosa, in quanto esse possono estendersi ben al di l dei loro sbocco
superficiale e addirittura essere in comunicazione con strutture profonde. E quindi
necessario effettuare di routine una fistolografia preoperatoria, con un mezzo di
contrasto o almeno con un colorante vitale ritenendo sempre possibile lanomalia
delle strutture sottostanti di origine mesenchimale. Le malformazioni di origine
displasica sono di pi difficile inquadramento nosografico, per il meccanismo

96

Malformazioni congenite

patogenetico molto pi variabile rispetto alle disrafie. Diverse malformazioni di


origine displasica possono coesistere tra di loro e con malformazioni di origine
disrafica.
Craniosinostosi e craniofaciostenosi
Sono quadri malformativi indotti dalla precoce ossificazione di una o pi suture
craniche. La sindrome di Crouzon una patologia a trasmissione ereditaria con
carattere autosomico dominante ma pu insorgere anche come mutazione spontanea.
Oltre a varie deformit della volta cranica, si osservano: accorciamento in senso
antero-posteriore dell'orbita e del terzo medio della faccia, iperteleorbitismo, con
conseguente esoftalmo e deformit nasale "a becco di pappagallo". La sindrome di
Apert si propone con una trasmissione autosomica recessiva ed caratterizzata, oltre
che da anomalie craniche, da una marcata ipoplasia del terzo medio della faccia e da
una sindattilia grave a carico delle mani e dei piedi. La chirurgia di queste
malformazioni riconosce un'indicazione prevalentemente funzionale, in quanto alla
patologica stenosi ossea possono conseguire ipertensione endocranica, ritardo
psicomotorio, danno visivo, alterazioni respiratorie: il miglioramento estetico ne
rappresenta un inevitabile indotto. L'atto chirurgico consiste essenzialmente nella
liberazione craniotomica delle suture sinostotiche e nell'avanzamento del massiccio
facciale mediante frattura di Le Fort III.
Epicanto
Identifica una plica cutanea in corrispondenza del canto mediale dell'occhio che pu
essere mono o bilaterale e presente in forma isolata o nell'ambito di una sindrome
pi complessa (sindrome di Down). La correzione dell'epicanto si basa sull'esecuzione
di una plastica a lembi alternati multipli.
Schisi mediana del labbro
E una rara malformazione, totalmente distinta dalla cheiloschisi disrafica, che
riconosce due diversi meccanismi patogenetici: pu essere correlata ad un processo
di duplicatura speculare della porzione centrale della faccia ovvero pu derivare dal
mancato sviluppo e avanzamento dell'intero processo frontale; tale forma
raramente isolata ma per lo pi associata ad altri segni, quali l'assenza della
columella, ipotelorismo, ipoplasia dell'osso frontale, dei lobi prefrontali e assenza dei
bulbi e dei tratti olfattivi (oloprosencefalia, condizione pressoch incompatibile con
la vita).
Oloprosencefalia
Si pu manifestare anche senza segni di schisi del labbro. Nella sua variante estrema
si configura la cosiddetta ciclopia, in cui il mancato sviluppo e avanzamento delle

97

Malformazioni congenite

strutture derivate dal processo frontale sono causa della fusione sulla linea mediana
dei due abbozzi oculari, al di sopra dei quali si pu talora identificare un'appendice
proboscidiforme,

derivata

dagli

abbozzi

nasali.

Nella

sua

variet

minima

l'oloprosencefalia si estrinseca come un tragitto fistoloso, spesso a fondo cieco, sul


dorso del naso, cui talora si associa un ipotelorismo di entit variabile.
Ipertelorismo e ipotelorismo
Non sono quadri patologici a s stanti, ma alterazioni morfologiche presenti talora
isolatamente ma pi spesso nell'ambito di una malformazione complessa. Essi
consistono nell'alterazione in eccesso o in difetto della distanza interpupillare.
Poliotia
Consiste nella presenza di piccole formazioni poste al davanti del trago o lungo la
linea oroaurale, a contenuto cartilagineo, derivanti dai residui dei primi due archi
branchiali.
Sindrome di Franceschetti
caratterizzata da microtia, atresia del condotto uditivo, micrognatia mandibolare,
appiattimento delle ossa malari, palato ogivale, con conseguente viso "a profilo
d'uccello" (se la sindrome si presenta monolateralmente, prende il nome di sindrome
di Treacher Collins). Tale quadro clinico deriva da iposviluppo dei primi due archi e
della prima tasca branchiale.
Anomalie mediane dell'osso joide e della cartilagine tiroidea
Anomalie congenite spesso associate a colobomi mandibolari.
Pterigium colli
Sorta di plica cutanea, in corrispondenza del margine superiore del muscolo trapezio,
mono o bilaterale. Bench sia riscontrabile anche come forma isolata, una stigmata
caratteristica della sindrome di Turner.
Microtia
un'ipoplasia di vario grado del padiglione auricolare, talora associata ad iposviluppo
o totale assenza del condotto uditivo esterno ed anche a ipoplasia dell'orecchio
medio. Pi rara l'anotia (assenza totale dell'orecchio esterno). Nella variet pi
comune si osserva la presenza del lobulo, alquanto deformato e orientato
verticalmente, sormontato da una piccola bozza, contenente rudimenti cartilaginei
dello scheletro auricolare. Il problema della ricostruzione del padiglione di ordine
esclusivamente estetico. E opportuno che gli interventi previsti vengano pianificati
cos da essere conclusi attorno ai 6-7 anni, epoca in cui il bambino, entrato nel
mondo della scuola, rischia maggiormente con la sua deformit di suscitare il dileggio

98

Malformazioni congenite

dei compagni. In tempi successivi viene collocato in posizione idonea il lobulo e


ricostruito il solco retroauricolare.
L'ipoplasia del padiglione pu estrinsecarsi anche parzialmente, a carico solo del
terzo medio o del terzo superiore, configurando il quadro clinico dell'orecchio a
coppa.

Malformazioni del tronco


Addome
Onfalocele
Identifica la mancata riduzione dell'intestino e, nei casi pi gravi, anche del fegato e
della milza nella cavit addominale in corrispondenza della cicatrice ombelicale. Non
pu essere considerato una vera ernia, essendo il sacco "erniario" privo di
rivestimento peritoneale. Tale condizione perpetua lo stato presente tra la VI e la XII
settimana di vita intrauterina in cui l'intestino medio migra dalla cavit addominale
nel sacco vitellino attraverso il canale onfalomesenterico.
Gastroschisi
E un deficit della parete addominale lateralmente all'inserzione del cordone
ombelicale. Sventramenti addominali congeniti, con conseguenti ernie viscerali, sia
lungo la linea alba (diastasi dei muscoli retti), sia in corrispondenza dei noti punti di
minore resistenza della parete addominale (triangolo di Petit, quadrilatero di
Grynfeltt). In tutte queste forme il trattamento consiste nella revisione e riduzione
dei visceri ectopici e nell'avvicinamento con punti in materiale non riassorbibile dei
mu-scoli diastasati, eventualmente previo rinforzo delle pareti mediante innesti o
lembi di fascia/derma ovvero mediante impianto di fogli/reti di materiale
alloplastico.

Torace
Pectus excavatum
Malformazione dello sterno e delle cartilagini costali, responsabile di una depressione
sulla

parete

toracica

anteriore.

Nella

sua

espressione

pi

modesta

tale

malformazione ha solo conseguenze inestetiche; nella variante pi grave pu essere


associata a disturbi cardiorespiratori, per dislocazione e compressione degli organi
mediastinici. La chirurgia della forma pi modesta consiste semplicemente nel
colmare la depressione, in genere mediante impianto di protesi fabbricate su misura;
meno frequente il ricorso al trasferimento di unit muscolari, a causa dei reliquati
cicatriziali nella regione donatrice. Nella forma pi grave necessario effettuare una
sternotomia e costotomia, rimuovere il piastrone osseo sternocostale e reinnestarlo
dopo adeguato modellamento, fissandolo con opportune placche; in tal caso

99

Malformazioni congenite

opportuno che l'intervento venga effettuato in collaborazione con il chirurgo


toracico.
Asimmetria mammaria
Se di grado modesto, pu essere considerata un reperto di scarso rilievo clinico. Se
molto marcata, pu essere considerata una vera malformazione. Si riconoscono
asimmetrie:

per ipertrofia unilaterale;

per ipertrofia bilaterale di diversa entit;

per ipoplasia unilaterale;

per ipoplasia da un lato e ipertrofia dall'altro.

Polimastia e politelia
Nella polimastia (presenza di mammelle soprannumerarie) e politelia (presenza di capezzoli soprannumerari) le strutture anatomiche soprannumerarie sono
generalmente disposte lungo la linea della cresta lattea embrionaria ed originano da
un arresto del processo di involuzione degli abbozzi mammari primitivi. Sono stati
segnalati, sia nel maschio che nella femmina, anche casi di capezzoli soprannumerari
all'interno della medesima areola (politelia intrareolare) per un difetto di fusione
degli abbozzi galattofori di un medesimo capezzolo.
Atelia e amastia
Latelia

(assenza

di

uno

entrambi

capezzoli) e lamastia (assenza totale di una o


entrambe le mammelle), creano un evidente
ostacolo all'allattamento per la femmina ma
hanno

unimportanza

puramente

estetica.

Vengono trattate con le medesime tecniche ricostruttive impiegate per la


ricostruzione mammaria post-mastectomia.
Sindrome di Poland
una sindrome la cui patogenesi da considerare un difetto di sviluppo dell'arto
superiore e prevede:

assenza della porzione sternocostale del muscolo grande pettorale;

ipoplasia della mano, dell'avambraccio e del braccio;

sindattilia;

brachidattilia.

E frequentemente associata ad agenesia o l'ipoplasia dei muscoli serrato, grande


dorsale e deltoide, ipoplasia delle coste, scoliosi, destrocardia ed ipoplasia

100

Malformazioni congenite

mammaria. I diversi difetti anatomici elencati possono ovviamente essere presenti


con vario grado di espressivit e con varie combinazioni.
Malformazioni del capezzolo
Tutte queste malformazioni sono determinate da una congenita brevit dei dotti
galattofori: rivestono quindi una importanza sia estetica che funzionale poich,
specie nei casi pi gravi, ne risulta compromessa la lattazione

papilla plana (capezzolo appiattito);

papilla fissa (capezzolo bilobato);

papilla circumvallata obtecta (capezzolo introflesso).

Le tecniche chirurgiche che consentono di incrementare la sporgenza del capezzolo possono essere
sostanzialmente suddivise in due gruppi: interventi
con conservazione dei dotti galattofori ovvero con
sacrificio dei dotti galattofori: questi ultimi offrono il
migliore risultato estetico ma, impedendo la funzione
dell'allattamento,

vanno

impiegati

solo

in

pazienti

molto

selezionate

compiutamente informate dell'irreversibilit dell'intervento stesso.

Regione vertebrale
Spina bifida
Con questo termine si intende una serie di malformazioni di varia gravit,
determinate da un errore nella saldatura, lungo la linea mediana, degli archi
vertebrali e caratterizzate da una perdita di sostanza della colonna vertebrale
attraverso cui pu erniare il contenuto del canale spinale. La variet pi lieve prende
il nome di spina bifida occulta nella quale il deficit osseo colpisce una sola vertebra,
in regione sacrale, e non apprezzabile alcuna protrusione viscerale; spesso la cute
soprastante portatrice di un nevo, un lipoma, un ciuffo di peli o appare atrofica. Le
variet pi gravi vanno complessivamente sotto il nome di spina bifida cistica; a
seconda dei visceri erniati si riconoscono:

il meningocele (ernia delle guaine meningee);

il meningomielocele (nel sacco erniario si ritrovano,oltre alle meningi, elementi

nervosi quali nervi, lacauda equina o il midollo);

il mielocele (la mancata saldatura sulla linea mediana riguarda anche i tessuti

della doccia neurale, per cui sul piano cutaneo si apre il canale midollare. spesso
gemente liquor cerebrospinale).
La spina bifida cistica in genere associata a paralisi degli arti inferiori e
incontinenza sfinteriale.

101

Malformazioni congenite

Malformazioni dei genitali esterni


Ipospadia
La pi frequente malformazione dei genitali esterni maschili l'ipospadia, condizione
in cui il meato uretrale si apre sulla superficie ventrale del pene, prossimalmente
alla punta del glande. E una tipica disrafia, perch secondaria alla mancata fusione
delle pieghe genitali, disposte lateralmente al seno urogenitale, verso la VII
settimana di vita intrauterina. A seconda della maggiore o minore precocit della
noxa teratogena, si ha una collocazione del meato in posizione pi o meno
prossimale, dal perineo alla corona del glande.
E possibile distinguere:

l'ipospadia perineale che la forma pi grave, spesso associata ad una marcata

femminilizzazione di tutto l'apparato genitale, con pene piccolo in parte inguainato


nella cute scrotale, atteggiata a guisa di grandi labbra e criptorchidismo;

l'ipospadia peniena che identifica la forma pi frequente;

l'ipospadia balanica ovvero la forma pi lieve, spesso compatibile con una

normale attivit sessuale e riproduttiva.


In tutte le forme di ipospadia pressoch costante un maggiore o minore
incurvamento del pene, determinato dalla presenza di un cordone fibroso, di tipo
cicatriziale, in corrispondenza del decorso dell'uretra. Per l'ipospadia sono state
proposte varie tecniche ricostruttive allo scopo di confezionare il segmento di uretra
mancante per un ripristino della anatomia e della fisiologia urinaria ed eiaculatoria.
Ipospadismo
Condizione determinata da un'abnorme brevit dell'uretra, in cui si osserva
l'incurvamento del pene in erezione, senza ipospadia: tale atteggiamento ostacola
grandemente e talora impedisce l'espletamento di un normale atto sessuale.
Epispadia
Malformazione rara, consistente nello sbocco del canale uretrale sulla superficie
dorsale del pene. Raramente l'epispadia balanica o peniena: pi frequente e grave
la variet penopubica, associata a estrofia vescicale ed incontinenza urinaria. Si
realizza tra la IV e la VI settimana di vita intrauterina quando gli abbozzi del
tubercolo genitale sono ancora due. Se in questa fase gestazionale tali abbozzi si
dislocano caudalmente e l si fondono, cosicch il seno urogenitale rimane aperto in
senso cefalico invece che caudale, la doccia uretrale si sviluppa senza essere coperta
superiormente dal tubercolo genitale e ne consegue l'epispadia. In questa fase la
sottile membrana cloacale si rompe ed allora la deformit si estende in direzione
cefalica, creando la condizione di estrofia vescicale, con iposviluppo della

102

Malformazioni congenite

muscolatura ipogastrica e diastasi delle ossa pubiche. Il trattamento chirurgico delle


variet minori dell'epispadia ricalca quello impiegato per l'ipospadia. Viceversa la
correzione dell'epispadia penopubica con estrofia vescicale richiede procedure pi
complesse, in cui il chirurgo plastico interagisce con l'urologo o con il chirurgo
pediatrico.
Atresia vaginale
Rappresenta l'unica malformazione dei genitali esterni femminili che interessa la
chirurgia plastica. E una patologia malformativa estremamente rara.

103

Patologie della mano

PATOLOGIE DELLA MANO


Malformazioni congenite della mano
Tra le deformit della mano vengono distinte quelle non suscettibili di trattamento
chirurgico, perch caratterizzate da assenza completa o parziale delle strutture
scheletriche con grave compromissione funzionale della mano e quelle per le quali
viene riconosciuta una precisa indicazione chirurgica ovvero la sindattilia, la
polidattilia, la clinodattilia, la camptodattilia, la ectrosindattilia, i solchi congeniti,
la commissura del pollice ristretta, l'agenesia del pollice. La correzione chirurgica
delle deformit congenite pu essere programmata a partire dai due anni di et
mentre nelle patologie malformative nelle quali, con lo sviluppo, si manifestano
deviazioni delle strutture capsulolegamentose o scheletriche (sindattilia con fusione
apicale, ectrosindattilia serrata), l'intervento chirurgico deve essere pi precoce.

Sindattilia
Questa malformazione caratterizzata dalla fusione di due o
pi dita della mano, pi frequentemente III e IV dito: in
rapporto all'estensione pu essere parziale o totale, mentre
rispetto al carattere pu essere distinta in sindattilia
membranosa (cutanea) e sindattilia serrata (fibrosa, ossea).
Gli aspetti clinici sono molteplici e prevedono la:
- sindattilia parziale: caratterizzata da una plica interdigitale posta in sede pi
prossimale, all'altezza della filiera interfalangea (aspetto tipico dei palmipedi);
- sindattilia lassa totale: costituita dalla unione completa delle dita ma con elementi
ben conformati e la presenza di un tipico solco longitudinale interdigitale.
- sindattilia serrata: con la fusione variamente combinata delle strutture falangee.
Il protocollo chirurgico della sindattilia si articola sui seguenti tempi principali:
a) ricostruzione della commissura interdigitale;
b) separazione delle dita fuse;
c) riparazione delle superfici cruente residue alla separazione delle dita.

Polidattilia
Questa malformazione caratterizzata dalla presenza di un intero raggio digitale
soprannumerario o di parte di esso. In rapporto alla sede sono possibili la polidattilia
radiale (pi frequente), la polidattilia cubitale e la polidattilia intermedia (rara). Le

104

Patologie della mano

variet cliniche possono prevedere la presenza di una


semplice appendice digitale collegata da un peduncolo
cutaneo, di un raggio digitale intero nella sua componente
metacarpo-falangea ovvero di parte di esso nella sola
componente falangea, con una o pi falangi. Nella
polidattilia del primo raggio si possono realizzare vari
gradi del difetto: pollice bifido, falange duplicata con unica base, o con due falangi
normalmente sviluppate e talvolta con unico apparato ungueale ed unico
polpastrello, o con dito soprannumerario variamente formato ed articolato a livello
metacarpo-falangeo. Nella duplicazione le singole falangi si presentano pi piccole
del normale. Nella polidattilia intermedia, lelemento soprannumerario si articola
con una semplice superficie articolare di un metacarpo che pu accennare a
sdoppiarsi alla sua estremit. Per la correzione chirurgica delle deformit localizzate
al pollice, ed in particolare nella duplicazione, sono
stati proposti metodi di resezione longitudinale od a
scalino delle parti interne delle due falangi e
successivo accostamento delle due met restanti per
ricostituire una unica falange ungueale funzionale. Pi
frequentemente preferibile la disarticolazione di una
sola falange, generalmente quella esterna, che si presenta pi piccola e meno attiva,
utilizzando per tutte le altre componenti capsulo-legamentose, per correggere la
deviazione in clinodattilia della falange restante, e tutto il rivestimento cutaneo,
opportunamente modellato per il modellamento del polpastrello.

Ectrosindattilia
Si possono osservare aspetti determinati da sindattilia tra due o pi dita
(generalmente tra II-III e IV dito), che si presentano pi corte per meccanismi
differenti, per fusione e per mancanza di una o pi falangi: queste malformazioni
vengono definite ectrosindattilie. Le falangi mancanti possono essere quelle
intermedie o quelle distali con assenza dell'apparato ungueale. Le dita appaiono pi
corte, fuse nella loro estremit e deviate nel loro asse principale. Sono pertanto
possibili i seguenti quadri clinici (nei quali costante la sindattilia):
-

mano con tutte le componenti scheletriche ma con iposviluppo totale;

mano con dita pi piccole, presenza dell'apparato ungueale, mancanza di una o

pi falangi;
- mano con dita pi corte da amputazione amniotica di una o pi falangi ungueali
con estremit spesso fuse e convergenti tra loro.

105

Patologie della mano

Solchi congeniti
I solchi congeniti sono presenti sotto forma di depressioni circolari di profondit
variabile a carico delle dita. In corrispondenza dei solchi la cute si presenta sottile e
strettamente adesa al periostio ma i raggi della mano possono essere integri, per
lunghezza, forma e volume anche se talvolta si verificano strozzamenti apicali di uno
o pi elementi con amputazioni subtotali. Quando sono coinvolti pi elementi, la
cicatrice pu riunire le loro estremit deformando l'asse digitale e talora il difetto si
estrinseca con l'aspetto di una ectrosindattilia. A causa della stasi determinata dallo
strozzamento, pu essere presente linfedema distale.

Agenesia del I raggio digitale


Tra le deformit per difetto numerico la pi grave l'agenesia del I raggio. Diversi
sono i gradi del difetto che possono osservarsi potendo mancare il 1 raggio per
intero oppure solo in parte (segmenti rudimentali) configurando la mano tetradattile.
Il 1 raggio talora pu essere presente, ma ipotrofico in toto, con assenza della
muscolatura dell'eminenza tenar, cui possono associarsi considerevoli alterazioni
della funzione propria del pollice a carico dei tendini ed anche della muscolatura
estrinseca; talvolta pu mancare il pollice propriamente detto, mentre presente il
metacarpo e la muscolatura. E importante segnalare che una mano malformata non
pu essere paragonata ad una mano mutilata perch il paziente ha assunto nel tempo
compensi ed abitudini funzionali. Sulla base di queste considerazioni buona norma,
prima di porre l'indicazione all'intervento ricostruttivo, praticare un attento studio
clinico della lesione, delle conseguenti abitudini funzionali acquisite, della richiesta
e dell'aspettativa del paziente e del vantaggio reale che offre l'intervento. Per la
mano tetradattile sono state proposte due tecniche chirurgiche: la pedo-chirodattiloplastica e la tecnica di Nicoladoni: la prima prevede l'utilizzo del primo dito del
piede omolaterale a cui veniva ancorata la mano per l'autonomizzazione vascolare
mentre la seconda l'allestimento di un lembo tubulato, monopeduncolato, in sede
addominale, ancorato alla mano, che successivamente viene distaccato dal
peduncolo dell'addome. Successivamente il neopollice viene armato con innesto di
osso autologo, prelevato dalla cresta iliaca e solidarizzato al metacarpo mediante
osteosintesi. L'intervento viene completato con il modellamento del lembo e della
sua estremit. Pi recente l'intervento di pollicizzazione del secondo dito secondo
Buck Gramko o il trapianto del secondo dito del piede con la tecnica microchirurgica
proposto da Ohmori.

106

Patologie della mano

Retrazione del 1 spazio interdigitale


La prima commissura digitale pu presentarsi ridotta isolatamente o pi di frequente
in associazione con altri quadri malformativi della mano da cui ne deriva una
considerevole limitazione della funzione prensile. Il difetto suscettibile di
correzione chirurgica mediante lembi alternati o innesti di cute a tutto spessore. Se
la commissura molto ridotta, tanto da non rendere possibili queste tecniche, si
potr praticare un'incisione trasversa della commissura pi o meno profonda,
discontinuando il piano muscolare, fino ad ottenere un sufficiente divaricamento del
pollice. Un lembo di cute piano a base prossimale allestito dalla superficie dorsale
della prima falange del pollice o dell'indice potr essere ruotato a chiudere la
soluzione di continuo mentre la zona donatrice verr riparata con innesto libero.

Clinodattilia
Questa deformit caratterizzata da deviazione in senso radiale o ulnare di una o
pi falangi digitali. Possono essere colpite anche pi dita, talvolta tutte le dita
lunghe come pure il pollice. La deviazione pu essere sostenuta dalla presenza di
falangi soprannumerarie o di rudimenti di esse ma anche dalla retrazione laterale
della capsula articolare e dei tendini.

Camptodattilia
Il difetto pu colpire uno o pi raggi della mano ed essere espresso con vari gradi di
complessit. La camptodattilia caratterizzata da una flessione patologica della
falange media che si presenta sublussata sulla falange basale per la congenita brevit
capsulo-legamentosa, tendinea e cutanea dal lato palmare: la malformazione
comporta la compromissione della funzione estensoria del dito. Sono state proposte
tecniche da attuare precocemente sin dai primi anni, consistenti nella riduzione
incruenta con apparecchio gessato modellante o con apparecchio munito di congegno
elastico che mira a estendere progressivamente il dito ma con risultati modesti. Sono
possibili correzioni chirurgiche che per, ad oggi, non offrono risultati incoraggianti.

Malattia di Dupuytren
Il morbo di Dupuytren prevede una alterazione cronica e
progressiva dell'aponeurosi palmare superficiale e di alcune
formazioni anatomiche da essa dipendenti. La lesione insorge
limitatamente

in

alcuni

dei

fasci

fibrosi

longitudinali

costituenti l'aponeurosi e si manifesta con un loro progressivo


ispessimento e retrazione. Successivamente il processo
degenerativo coinvolge un sempre maggior numero di fasci che si retraggono

107

Patologie della mano

singolarmente sempre pi, trasmettendo la loro retrazione ad una o pi dita della


mano. Ne consegue, come effetto pi vistoso, l'ingravescente limitazione della loro
estensione. E una malattia tipica dei popoli di discendenza europea, essendo
praticamente assente nelle razze gialla e nera. Si presenta spesso con carattere
familiare, talvolta con ereditariet dominante. pi frequente nel sesso maschile, in
un range di et compreso tra 50 e 70 anni e colpisce pi spesso la mano destra ma
pu essere bilaterale. Molte e discusse sono le teorie etiopatogenetiche che mettono
in causa alterazioni del trofismo per lesioni nervose, microtraumi cronici,
disvitaminosi (vitamina E), disendocrinie (tiroide e paratiroidi), diatesi (gottosa e
fibroblastica), tossicosi, flogosi croniche, stasi linfatica, alterazioni nell'embriogenesi
(sclerosi di residui embrionari del primitivo muscolo flexor brevis manus). La fascia o
aponeurosi palmare superficiale riveste il palmo della mano subito al di sotto della
cute e del sottocutaneo. detta superficiale per distinguerla da un setto fibroso
profondo teso sotto ai tendini dei muscoli flessori delle dita, tra essi ed i muscoli
interossei. Piuttosto esile in corrispondenza dell'eminenza tenar e ipotenar, la fascia
superficiale acquista a livello della porzione centrale del palmo della mano una
precisa individualit anatomica. Essa delimita anteriormente la loggia muscolotendinea media della mano; ha consistenza fibrosa a forma grossolanamente
triangolare con apice prossimale al legamento trasverso del carpo, dove si inserisce il
tendine del muscolo piccolo palmare, e con base distale che raggiunge la met
inferiore del palmo, dove si espande su ciascuna delle quattro ultime dita
arrestandosi a 10-15 mm dagli spazi interdigitali. Si distinguono in essa due tipi
principali di fibre:
- fibre longitudinali raggiate superficiali: in continuit con il tendine del muscolo
piccolo palmare, pi numerose;
- fibre longitudinali raggiate profonde: si dipartono dal legamento trasverso del
carpo, meno numerose.
Nell'insieme formano un ventaglio aperto dall'alto al basso diretto verso la radice
delle ultime quattro dita, e si raccolgono a livello dei solchi medio ed inferiore del
palmo in quattro nastri fibrosi, detti benderelle pretendinee, disposti davanti alle
guaine dei tendini flessori. Le poche fibre che non partecipano alla costituzione di
queste strutture si superficializzano per perdersi sulla faccia profonda del derma. A
livello delle teste metacarpali, dai margini laterali delle benderelle pretendinee, si
distaccano le fibre sedimentali, che si approfondano contribuendo alla formazione
dei condotti osteo-fibrosi dei tendini flessori delle dita, e le fibre perforanti, che
attraversano l'aponeurosi palmare profonda e terminano, a livello del dorso della

108

Patologie della mano

mano, sulla guaina fibrosa del tendine estensore del dito corrispondente. A livello
della radice delle ultime quattro dita le benderelle pretendinee assumono il seguente
comportamento:
- le fibre centrali superficiali terminano sulla pelle del cuscinetto e del solco digitopalmare, le profonde sulla guaina dei tendini profondi;
- le fibre mediali e laterali, allontanandosi tra di loro alla base delle ultime quattro
dita e unendosi con quelle del dito vicino in un chiasma, formano le arcate digitali
che servono di passaggio ai tendini superficiali e profondi di ciascun dito. Dalle
estremit delle arcate digitali le fibre assumono un andamento elicoidale e,
contornando l'articolazione metacarpo-falangea, formano sulla faccia laterale e
mediale delle dita la lamina latero-digitale. Nella prima falange le fibre di questa
lamina si inseriscono sul tendine estensore comune e sulle espansioni tendinee degli
interossei ovvero sulle capsule della prima articolazione interfalangea mentre sulla
seconda falange la lamina latero-digitale continua ancora sulle facce laterali e
mediali delle dita per andarsi ad inserire dorsalmente sul tendine estensore con una
formazione anatomica indicata anche come legamento retinacolare di Landsmeer. La
sintomatologia inizia con l'occasionale reperto di un nodulo sottocutaneo palpabile, a
volte doloroso, a livello della testa del 4 o 5 osso metacarpale con la progressiva
insorgenza di pliche ed ombelicature cutanee (stigmate). Pi avanti si palpa una vera
e propria corda che solleva longitudinalmente la cute palmare e che inizia a
determinare la progressiva retrazione in flessione del dito corrispondente.
Contemporaneamente compare la retrazione dei legamenti interdigitali con
conseguente limitazione dei movimenti di abduzione e adduzione delle dita; negli
stadi pi avanzati il dito si presenta in flessione accentuata della I e della II falange
mentre la III pu presentarsi in posizione indifferente di lieve flessione o nella pi
caratteristica posizione di iperestensione. II morbo di Dupuytren pu presentarsi in
associazione con la retrazione dell'aponeurosi plantare (morbo di Madelung) o con
l'indurimento e sclerosi dei corpi cavernosi (morbo di La Peyronie). Non molto
raramente si presentano forme ad evoluzione rapida e con precoci complicanze
articolari o forme diffuse interessanti anche le fasce di avvolgimento delle eminenze
tenar e ipotenar. Dal punto di vista anatomopatologico il nodulo primitivo, che
compare solitamente nella benderella pretendinea al davanti dell'articolazione
metacarpo-falangea, costituito da connettivo fibroblastico giovane che invade
progressivamente il derma superando il pannicolo adiposo sottocutaneo ed
ancorandosi cos alla cute. Il processo degenerativo si diffonde rapidamente al resto
dell'aponeurosi palmare superficiale e ad alcune formazioni fibrose contigue. Nel

109

Patologie della mano

periodo terminale, alla dissezione, si trovano grossi cordoni fibrosi che, partendo dal
legamento trasverso del carpo, si portano distalmente fino a livello delle
articolazioni metacarpo-falangee dove la sclerosi si continua nella fascia digitale e
nelle sue espansioni. Tali formazioni si presentano anch'esse grossolanamente
iperplastiche e retratte a formare grossi cordoni fibrosi a decorso irregolare che
mantengono in flessione la prima e seconda articolazione metacarpo-falangea ed
interfalangea. Quest'ultima per, a volte, pu presentarsi estesa invece che flessa, a
causa dell'interessamento del legamento retinacolare, la cui retrazione, stirando le
terminazioni degli interossei, iperestende la falange. Istologicamente si repertano
pochi fibrociti avvolti in un groviglio di fibre collagene con rari isolotti di fibroblasti.
La cute presenta lispessimento dello strato corneo con scomparsa delle papille
dermiche. Le guaine tendinee, le capsule ed i legamenti articolari, pur non essendo
invasi, possono, in casi inveterati, presentare una retrazione dovuta alla posizione. In
casi molto avanzati si possono osservare vere sublussazioni, specie a carico della
prima articolazione interfalangea. I vasi ed i nervi non vengono invasi dal processo
patologico, tuttavia sono inglobati e strozzati dai cordoni fibrosi che ne determinano
imprevedibili dislocazioni. La terapia chirurgica la sola che permette la completa
guarigione della malattia. Le tecniche chirurgiche prevedono linterruzione semplice
dellaponeurosi o aponeurotomia, lasportazione dellaponeurosi o aponeurectomia
radicale, laponeurectomia selettiva (rimozione esclusiva dei distretti anatomici
coinvolti dal processo patologico).

110

Lesioni da radiazioni ionizzanti

PATOLOGIE DELLA MAMMELLA


La mammella un organo pari e simmetrico, situato nella regione anteriore del
torace, ai lati della linea mediana, localizzata tra il terzo e il sesto spazio
intercostale.
costituita dalla cute e da un gruppo di ghiandole, che nell'insieme compongono la
ghiandola mammaria. Le mammelle sono presenti in entrambe i sessi, sono
sviluppate identicamente fino alla pubert ma successivamente lo sviluppo
dell'organo nel maschio si ferma mentre ha il suo deciso sviluppo nella femmina. Il
volume e la forma della mammella nella donna molto variabile in rapporto alla
quantit e alla disposizione del tessuto adiposo. Lo spazio compreso tra le mammelle
si chiama seno, ma questo termine viene spesso utilizzato per indicare entrambe le
mammelle. La mammella femminile si pu suddividere in quattro quadranti, formati
dalla due linee perpendicolari che hanno come centro il capezzolo e la struttura
prevede: tessuto ghiandolare, con 15-20 lobi, ciascuno drenato da un dotto
galattoforo, tessuto fibroso di sostegno (legamento di Cooper e di Giralds), che
circonda e suddivide il tessuto ghiandolare, tessuto adiposo, in cui immersola
ghiandola propriamente detta. Esternamente all'apice della mammella si trova il
capezzolo, circondato dall'areola, un'area circolare pigmentata di 3-5cm. Sono
entrambi dotati di fibre muscolari lisce e la loro contrazione evoca l'erezione del
capezzolo ed il corrugamento dell'areola per facilitano il deflusso del latte durante
l'allattamento. L'areola presenta piccole sporgenze determinate dalle ghiandole
sebacee sottostanti e l'apice del capezzolo possiede 15-20 pori lattiferi collegati ai
dotti galattofori. La mammella maschile invece rudimentale, costituita da un
leggero rilievo, al cui centro si trova l'areola, con un piccolo capezzolo. La ghiandola
formata da piccoli alveoli, scarsi in numero e privi di lume. I dotti lattiferi sono
brevi e poco ramificati

Patologie della mammella femminile


Le anomalie estetiche della mammella femminile sono molteplici ma possono essere
riassunte in 3 gruppi principali:

ipertrofia (ipertrofia, iperplasia),

ptosi,

ipoplasia ed ipotrofia.

111

Lesioni da radiazioni ionizzanti

Lipertrofia mammaria (pura, mista, adiposa o falsa ipertrofia) estremamente


variabile comprendendo quadri clinici che vanno dal semplice seno prosperoso alla
gigantomastia considerata una vera e propria patologia malformativa invalidante.
Un seno che si sviluppato eccessivamente durante la
pubert o che ha acquistato pi volume a seguito di
un graduale aumento di peso, oltre ai problemi che la
sua estetica pu determinare sul piano psicologico,
affettivo e sociale, pu causare fastidiosi disturbi
fisici: le dimensioni ed il peso delle mammelle,
infatti, espone il soggetto a vizi della postura con
dolori alla schiena fino alla scoliosi ed a ricorrenti patologie cutanee come
intertrigini ed eczemi del solco sottomammario. La mastoplastica riduttiva
lintervento chirurgico finalizzato al ripristino di forme e volumi della mammella
ipertrofica con esiti cicatriziali generalmente ben nascosti anche dallabbigliamento
intimo e con lobiettivo di conservare la funzionalit della ghiandola, ottenere un
risultato estetico buono e duraturo nel tempo, provocare il minimo danno possibile ai
tessuti ed ai vasi. La tutela di tali principi affidata ai requisiti basilari di una
corretta mastoplastica ovvero:
- rispetto della rete vascolare e linfatica per prevenire complicanze quali necrosi
cutanee e ghiandolari;
- la conservazione del sistema galattoforo per mantenere la capacit di allattare e
della sensibilit tattile del complesso areola-capezzolo;
- la riduzione della mammella in tutti i suoi diametri ed il raggiungimento di una
simmetria ottimale;
- risultato estetico ottimale con cicatrici di buona
fattura.
La ptosi pu riguardare una mammella ipertrofica,
normale o addirittura atrofica poich rappresenta un
fenomeno biologico di dislocazione in basso del seno
nella sua globalit ed strettamente correlato con il
cedimento del sistema di sospensione della ghiandola mammaria
(legamento di Cooper e di Giralds) per cause secondarie
allinvecchiamento dei tessuti, a cospicui dimagrimenti, a
gravidanze seguite da allattamento. Le tecniche chirurgiche di
correzione (mastopessi) poggiano sugli stessi principi che
regolano le mastoplastiche riduttive ma ovviamente in una

112

Lesioni da radiazioni ionizzanti

mammella di normali dimensioni il cono mammario viene rimodellato senza alcuna


riduzione del parenchima ghiandolare ma solo della cute .Lobiettivo dunque quello
di riposizionare la ghiandola mammaria ed il complesso areola-capezzolo nelle sedi
originali e fisiologiche. Nelle mammelle molto piccole possibile integrare il volume
complessivo con linserimento di una protesi di materiale alloplastico biocompatibile.
Lipoplasia e lipotrofia mammaria identificano quadri clinici di inadeguato volume
mammario:il primo per cause congenite o acquisite (gravidanza, allattamento)
relativo a soggetti giovani, il secondo un danno estetico legato alla involuzione
senile del parenchima mammario. Lobiettivo del chirurgo plastico in una
mastoplastica additiva la realizzazione di un seno attraente e simmetrico che, in
quanto al volume, coincida con i desideri della paziente e sia proporzionato al suo
aspetto. Come per ogni altro intervento di chirurgia plastica correttiva, l'aumento
volumetrico del seno richiede un accurato screening preoperatorio non solo clinico
ma anche psicologico allo scopo di valutare attentamente l'entit del difetto fisico e
le motivazioni che animano la richiesta della donna. Tutto ci di fondamentale
importanza perch condiziona non soltanto la strategia terapeutica da adottare ma
anche la scelta di sottoporre o meno il soggetto all'intervento. Per quanto concerne
le vie di accesso alle tradizionali ascellare, periareolare e sottomammaria,

negli

ultimi anni se ne sono aggiunte altre quali la transareolare e la addominale, mentre


per il posizionamento della protesi le opzioni possibili sono retroghiandolare e
sottomuscolare. La scelta della tasca retroghiandolare indicata nelle pazienti con
tessuto mammario ben rappresentato, lieve ptosi delle mammelle ed atleticamente
attive mentre la tasca sottomuscolare va utilizzata nei soggetti con un seno scarso ed
atleticamente inattive. L'impianto sottoghiandolare propone indiscutibili vantaggi
quali una proiezione ottimale delle mammelle ed una consistenza naturale alla
palpazione mentre i vantaggi della protesi in sede sottomuscolare si identificano con
un basso rischio di contaminazione batterica e con la conservazione dei rapporti
anatomici. Storicamente si ritiene che la prima mastoplastica additiva venne
realizzata in Germania nel 1895 utilizzando del grasso autologo di un lipoma del
dorso e che il primo grossolano impianto di silicone risale al 1947. Rapidamente nel
corso degli anni l'interesse della popolazione femminile per questo tipo di chirurgia
crebbe in forma esponenziale stimolando gli studiosi del settore ad individuare
materiali biocompatibili sempre pi sofisticati in grado di soddisfare al meglio le
esigenze delle donne e dei Chirurghi Plastici. Dal 1979 al 1992 negli Stati Uniti
d'America sono state sottoposte a mastoplastica additiva circa 100-150.000 donne
ogni anno con un volume d'affari di circa 300- 450 milioni di dollari per attivit

113

Lesioni da radiazioni ionizzanti

chirurgiche e 50 - 75 milioni di dollari in materiali di consumo. Nel 1994 tale


procedura chirurgica era negli USA il 3 intervento di chirurgia estetica (dopo la
lipoaspirazione e la blefaroplastica) sebbene per due anni (dal 16 Aprile 1992 al
gennaio 1994) il Governo americano su sollecitazione
della FDA ne avesse di fatto proibito l'esecuzione. Nel
1992 la eco di questo provvedimento legislativo fece
rapidamente il giro del mondo e coinvolse nello stesso
tempo, pazienti, operatori del settore e chirurghi in una
sorta di convulsa isteria collettiva anche se le motivazioni
clinico-scientifiche erano al pi poco chiare se non proprio oscure. Quando e come
nasce dunque il problema sulle protesi mammarie al silicone? La controversia ha le
sue radici storiche in un articolo scritto nel 1982 da A. Van Nunen sulla rivista
Arthritis and Rheumatism nel quale l'Autore riportava il caso di 3 donne operate di
mastoplastica additiva ed affette da malattie del tessuto sottocutaneo. La
pubblicazione del fisico australiano ebbe una discreta risonanza nel mondo
scientifico e, anche se le pazienti in oggetto non erano realmente portatrici di
impianti ma erano state sottoposte ad iniezioni intramammarie di paraffina o silicone
liquido, la FDA americana richiese alle ditte produttrici pi rigorosi controlli
premarketing che dovevano prevedere dati di sicurezza ed innocuit comprovati da
studi sperimentali su animali e volontari. Ma la vera esplosione del caso nella
opinione pubblica americana ed internazionale va attribuita alla giornalista Conie
Chung che nel 1990 in un suo show televisivo trasmise al pubblico un chiaro
messaggio ovvero che le protesi di silicone erano un "pericoloso capriccio delle donne
ingenue" ed invitava le pazienti operate ad informarsi adeguatamente ed a
denunciare eventuali malattie concomitanti. La stessa Chung si fece parte attiva nel
cercare ed intervistare donne che riferivano presunte malattie secondarie alla
mastoplastica additiva. Tutto ci determin nella popolazione femminile una ondata
di panico, grande preoccupazione nella classe medica e sconcerto negli operatori del
settore. Il 10 aprile 1991 David Kessler, commissario governativo per la FDA, stabil e
notific alle ditte produttrici che il termine ultimo per presentare la adeguata
documentazione era fissata in 90 giorni. I gruppi di ricerca coinvolti si affrettarono a
produrre quanto richiesto ma la FDA ritenne le conclusioni scientifiche incomplete e
sebbene l'American Society of Plastic and Reconstructive Surgeons si dichiarasse
favorevole a mantenere le protesi sul mercato,

il numero delle "operate" che

lamentavano disturbi di vario genere cresceva notevolmente. Il 31 dicembre 1991una


giuria federale di San Francisco dispose un risarcimento pari a 7,34 milioni di dollari

114

Lesioni da radiazioni ionizzanti

a favore di una donna che si dichiarava affetta da una rara ma non ben precisata
malattia del tessuto connettivo complicanza dell'intervento chirurgico. Il 10 febbraio
1992 la FDA sosteneva che le protesi al silicone dovevano essere rimosse dal mercato
ed utilizzate unitamente nelle mastectomizzate e nelle volontarie da inserire in
protocolli di sperimentazione. Il 16 aprile 1992 il Commissario Governativo Kessler
pose di fatto le protesi in gel di silicone fuori legge (con le eccezioni descritte in
precedenza) ma consentiva l'uso degli impianti con soluzione salina. E facile
prevedere come nei mesi successivi a tali disposizioni si avviasse un fitto
contradditorio nella comunit scientifica americana ed internazionale: ricerche e
trials multicentrici affermavano o negavano la relazione tra una malattia locale e/o
sistematica secondaria alla presenza del silicone ma nessun autore ha mai ventilato
un nesso di causalit con il cancro della mammella. Gi nel 1991 un gruppo di studio
della Dow Corning segnalava la possibilit di una risposta immunologica al silicone ma
allo stesso tempo affermava che un'ampia revisione clinico-sperimentale non
produceva risultati convincenti sul contatto cronico dell'organismo umano con
materiale siliconato e l'insorgenza di patologie del connettivo o tipo reumatico.
Anche

la

sperimentazione

animale

non

ebbe

miglior

fortuna

perch

la

somministrazione sottocute di silicone liquido nei ratti produceva solo sarcomi,


tumori molto frequenti in questi animali se esposti ad una sostanza irritante e
l'inserimento di vere e proprie protesi in cani da esperimento dimostrava solo una
aspecifica, cronica reazione infiammatoria del tessuto circostante. Nel 1993 F. Vasey
reumatologo della University of South Florida College of Medicine, in un suo libro
affermava che la diffusione del silicone nell' organismo sarebbe stata in grado di
scatenare fenomeni autoimmunitari ma i controlli di laboratorio condotti su donne
operate non segnalavano valori apprezzabili di autoanticorpi. Dello stesso parere era
Nir Kossovsky patologo della Ucla MedicaI Center secondo il quale il silicone sarebbe
in grado di legarsi con "molecole native alterate" costituendo un complesso in grado
di evocare una reazione immunitaria prima ed una malattia autoimmunitaria
successivamente. In sintonia con gli Autori precedenti era anche Marc Lapp patologo
sperimentale della University of Illinois School of Farmacy che pubblic la sua teoria
per la quale il silicone costituirebbe un "trigger" per una "overstimulation" del sistema
immunitario. Oggi, alla luce delle pi recenti acquisizioni in materia, possibile
ritenere che le molecole di silicone siano in grado di stimolare reazioni antigeneanticorpo ma questo non significa che abbiano la potenzialit di indurre malattie del
tessuto connettivo e la stessa reazione infiammatoria non coincide con una reazione
immunitaria specifica ovvero autoimmunitaria. Comunque nel 1994 il British

115

Lesioni da radiazioni ionizzanti

Department of Health pass in rassegna in maniera analitica e minuziosa tutta la


produzione scientifica sui possibili effetti immunologici delle protesi di silicone e li
giudic complessivamente "disappointingly poor". Nello stesso anno un gruppo di
ricerca della Mayo Clinic riport sul New England Journal of Medicine i risultati di uno
screening statistico-epidemiologico (749 donne operate nel periodo 1964-1991 versus
1498 donne di controllo) che non palesava malattie del connettivo, sintomi ad esse
riferibili e/o alterazioni ematochimiche. Nel 1995 sulla stessa rivista furono editi a
stampa i dati emersi da un altro studio retrospettivo (Nurses Health Study) condotto
su 90.000 infermiere di cui 1183 portatrici di protesi mammarie e nel 1996 sul
Journal of The American MedicaI Association vennero riportate le conclusioni del pi
grande studio di coorte mai realizzato sull'argomento (Women's health Cohort Study):
400.000 soggetti di cui 11.000 sottoposti ad intervento chirurgico. Considerando
l'entit della casistica rivista era ovvio che venissero individuati casi con malattie del
connettivo (sclerodermia, artrite reumatoride, lupus eritematoso, etc.) anche tra le
pazienti operate ma in nessun caso stato possibili determinare il nesso di causalit
con le protesi. Sull'argomento ci sarebbe molto ancora da dire ma per brevit
abbiamo voluto riportare soltanto alcuni aspetti salienti con lo scopo di far chiarezza
su un problema scientifico che per troppo tempo stato di difficile comprensione
anche per gli "addetti ai lavori". In conclusione, ai nostri giorni, bene precisare che
le vigenti normative sanitarie consentono la libera circolazione e l'utilizzo illimitato
delle protesi mammarie in gel di silicone in tutti gli Stati europei cos come, pi
lentamente sta avvenendo in America dove ogni Stato, in materia,

legifera

autonomamente.

Patologie della mammella maschile


Ginecomastia
Il termine ginecomastia fu introdotto da
Galeno nel II secolo a.c. che defin la
ginecomastia come un abnorme accumulo
di grasso nella mammella maschile mentre i
patologi moderni la inquadrano come un
aumento

di

tessuto

mammario

esclusivamente dovuto ad ipertrofia del parenchima. La ginecomastia pu essere:


vera, quando determinata da un ipersviluppo ghiandolare, falsa o
pseudoginecomastia, quando secondaria ad un eccessivo accumulo di adipe,
mista, quando coesistono entrambe le condizioni. La ginecomastia vera pu essere
idiopatica e correlabile con uno squilibrio ormonale anche temporaneo che induce lo

116

Lesioni da radiazioni ionizzanti

sviluppo in senso femminile dell'abbozzo ghiandolare mentre la ginecomastia falsa


del tutto idiomatica ma pi frequente nei soggetti con tendenza all'obesit.
Lincidenza della patologia nelladolescenza pari al 48,5% (51% nei caucasici,46%
nella razza nera) mentre negli adulti pari al 40%. tenendo per a mente che nella
adolescenza una condizione di pseudoginecomastia fisiologica e tende a
regredire spontaneamente nel corso di 23 anni.
Da un punto di vista eziopatogenetico la patologia riconosce le seguenti cause:

eccessiva produzione di estrogeni (ermafroditismo, neoplasia del testicolo),

deficit di testosterone. (Sindrome di Klinefelter cariotipo XXY o mosaico XXYXY),

alterazione della recettivit locale agli stimoli ormonali.

malattie epatiche.

terapie

farmacologiche

prolungate

(estrogeni,digitalici,

cimetidina,

penicilline, antidepressivi,etc).
Nel soggetto adulto la ginecomastia dovuta essenzialmente ad una eccessiva
deposizione di grasso o, contemporaneamente, alla associazione di deposizione di
grasso e di ipertrofia della ghiandola. Lesatto meccanismo eziopatogenetico
sconosciuto anche se la maggior parte degli Autori ritiene laumento dei valori di
estrogeni plasmatici come risultato di una conversione extraghiandolare degli
androgeni in estrogeni. La malattia sempre bilaterale e clinicamente, secondo
Simon, pu essere classificata in 4 gradi:
1. I grado: aumento minimo del volume ghiandolare visibile il rilievo mammario.
2. IIa grado:aumento moderato del volume ghiandolare rilievo mammario
accentuato.
3. IIb grado: aumento consistente del volume ghiandolare con eccesso cutaneo.
4. III grado: cospicuo aumento del volume ghiandolare, marcato eccesso cutaneo
che configura una ptosi di vario grado.
Istologicamente la ginecomastia caratterizzata dalla presenza di aree di ipertrofia
e iperplasia dei dotti ghiandolari e dello stroma con possibilit di alternata
prevalenza di una delle due componenti: Williams distingue una ginecomastia
florida dove prevale la componente duttale con formazione di pseudolobuli ed una
ginecomastia quiescente con il tipico aspetto delle forme di vecchia data,
caratterizzate da una abbondante componente stromale compatta, con pochi
fibroblasti e con scarso numero di dotti. Nella ginecomastia in et
adolescenziale,lapproccio terapeutico deve essere prudente e di attesa poich il
quadro clinico pu essere transitorio e regredire spontaneamente. E opportuno un

117

Lesioni da radiazioni ionizzanti

costante controllo specialistico (pediatra, endocrinologo) e la terapia chirurgica


trova indicazione soltanto su richiesta dei pazienti. Il trattamento chirurgico
persegue 2 obiettivi:
1. Modellamento della regione mammaria e ripristino morfologico della tipologia
maschile.
2. Esiti cicatriziali minimi
Terapia chirurgica
(classificazione di Cohen)
Gruppo 1: ginecomastia ghiandolare adenomammectomia.
Gruppo 2: ginecomastia ghiandolare e ptosi adenomammectomia+correzione della
ptosi
Gruppo 3: ginecomastia adiposa lipoaspirazione.
Gruppo 4: ginecomastia adiposa con modesta componente
ghiandolare lipoaspirazione + adenomammectomia.

La ricostruzione della mammella


La perdita di una o entrambe le mammelle costituisce
un'autentica mutilazione, in quanto viene distrutto ci che
rappresenta nel comune immaginario conscio e inconscio
l'essenza

stessa

della

donna:

il

seno.

La

donna

mastectomizzata subisce un attacco durissimo alla propria


identit femminile, con gravi ripercussioni psicologiche,
emozionali e relazionali.
I chirurghi del passato erano tendenzialmente contrari alla ricostruzione dopo
interventi oncologici. I risultati ottenibili d'altra parte erano limitati dalle difficolt
tecniche riguardanti il trasferimento di abbondanti quantit di tessuto cutaneo e
sottocutaneo.
Tali Limiti sono da considerare oggi in gran parte superati, grazie alle nuove tecniche
disponibili, inoltre sempre pi sesso si praticano di routine interventi meno demolitivi
che in passato, quasi sempre con conservazione del muscolo grande pettorale e
impostati in modo da lasciare come esito una cicatrice ad andamento trasversale,
cosicch si pu affermare che i risultati attualmente ottenibili dalla chirurgia
ricostruttiva della mammella sono di qualit molto elevata.
Ogni

donna

mastectomizzata

da

considerare

candidata

all'intervento

di

ricostruzione, che va quindi interpretato non come un atto accessorio ma come


momento integrante dell'iter terapeutico del carcinoma mammario.

118

Lesioni da radiazioni ionizzanti

Il chirurgo generale e l'oncologo che seguono la paziente devono essere


responsabilmente coinvolti nella decisione di procedere alla ricostruzione oppure
evitarla.
L'indagine clinica preoperatoria deve accertare la qualit dei tessuti residui nella
regione da ricostruire:
la disposizione delle cicatrici, l'abbondanza e lo spessore del tessuto sottocutaneo,
l'elasticit della cute, la presenza del plano muscolare sottostante. E importante
sapere se la paziente o stata in trattamento chemioterapico e se stata
sottoposta a terapia radiante.
Nel caso di resezioni mammarie parziali (quadrantectomie) possibile effettuare
ricostruzioni basate sull'impiego di lembi scolpiti

nel

contesto

del

parenchima

mammario residuo; tali lembi consentono di confezionare una neo-mammella di


forma gradevole, bench pi piccola di quella originale.
La procedura di ricostruzione totale della mammella basata sulla soluzione di
quattro distinti problemi, che possono essere affrontati anche contemporaneamente
in senso cronologico, ma sempre rispettandone la sequenza:
ripristino dei tessuti cutanei e sottocutanei toracici;
creazione del rilievo mammario;
ricostruzione del complesso areola-capezzolo;
simmetrizzazione della mammella controlaterale con quella ricostruita
L'iter di ricostruzione della mammella pu essere iniziato contestualmente
all'intervento di mastectomia.
Tale scelta, praticata con sempre maggiore frequenza, va effettuata sulla scorta di
diversi parametri clinici, in particolare:
- la prognosi a medio-lungo termine
- le condizioni generali di salute.
Qualora questi elementi siano sfavorevoli, opportuno procrastinare l'intervento di
ricostruzione.
Ripristino dei tessuti toracici
Allorch i tessuti residuati alla demolizione si rivelino insufficienti e siano stati
asportati i muscoli pettorali, sar necessario portare in quella sede un' adeguata
quantit di tessuto cutaneo e sottocutaneo. A questo fine si pu ricorrere alla
rotazione di lembi piani peduncolati di prossimit Pu trattarsi in tal caso o di un
lembo toracico laterale o di un lembo toraco-epigastrico.
Quando la demolizione abbia invece conservato cute elastica e sana, mantenendo il
muscolo pettorale e lasciando una cicatrice trasversale, il semplice scollamento

119

Lesioni da radiazioni ionizzanti

cutaneo pu consentire l'avanzamento in alto di abbondante tessuto addominale. Pi


frequentemente si ricorre in questi casi all'espansione cutanea, grazie alla quale si
pu aumentare la superficie cutanea in misura tale da ottenere una mammella
ricostruita addirittura ptosica, rendendo cos pi naturale il risultato.
Quando invece la mastectomia ha residuato tessuti fortemente retratti per azione
della cicatrice residua o in condizioni qualitativamente scadente per terapie radianti
successive

necessario ricorrere al trasferimento di tessuti da sedi lontane,

ricorrendo ad un lembo miocutaneo.


La rotazione del muscolo gran dorsale consente una valida sostituzione del muscolo
gran pettorale, quando questo sia stato asportato nonch il trasferimento di isole
cutanee di varia misura, forma ed orientamento secondo le necessit ricostruttive.
Il lembo miocutaneo di retto addominale (Transverse Rectus Abdominis Myocutaneous
flap, TRAM) rappresenta oggi un caposaldo della ricostruzione mammaria in quanto,
grazie all'abbondanza del tessuto sottocutaneo comprendibile nel lembo consente di
ripristinare non solo la perdita di sostanza cutanea, ma anche il volume mammario,
senza impiego di protesi e in un solo tempo operatorio, anche contestuale all'atto
demolitivo. Sia il lembo di gran dorsale sia il TRAM possono essere trasferiti come
lembi peduncolati come lembi liberi microchirurgici.
La ricostruzione contemporanea della cute toracica e della salienza mammariaviene
proposta anche mediante trasferimento microchirurgico di lembo miocutaneo di
grande gluteo, in donne magre in cui non sia sufficiente il tessuto addominale.
Creazione della salienza mammaria
Come sopra detto, la salienza mammaria pu essere validamente ripristinata con
tessuti autologhi mediante trasferimento di unit miocutanee.(In alternativa, ottimi
risultati sono ottenibili mediante impianto di una protesi purch, come ogni impianto
alloplastico, collocata al di sotto di un tessuto spesso ed eutrofico.
Le protesi attualmente disponibili sul mercato sono costituite da una sacca di
materiale impermeabile. ripiena di un materiale fluido, che dona alla protesi una
consistenza simile a quella del parenchima mammario. Ne esistono di svariate forme
e dimensioni e sono classificabili in base alle caratteristiche della sacca contenitrice
e del contenuto. La legislazione che regolamenta l'utilizzo delle protesi mammarie,
in ordine sia alle indicazioni sia al tipo di protesi, varia da paese a paese.
Attualmente (2003) in Italia consentito l'impianto di qualsiasi tipo di protesi
regolarmente commercializzata, sia con indicazioni ricostruttive sia con indicazioni
estetiche.

120

Lesioni da radiazioni ionizzanti

Oltre a presentare le consuete problematiche connesse all'impiego degli impianti in


genere, il risultato dell'uso delle protesi mammarie, sia con finalit ricostruttive sia
con finalit estetiche, pu essere inficiato dall'entit della reazione capsulare
periprotesica: qualora di grado elevato (Baker III e IV), la regione impiantata appare
innaturalmente tondeggiante, dura e anelastica al tatto. Sono state elaborate per
tale motivo protesi con diverse caratteristiche chimico-fisiche, con l'obiettivo di
ridurre la formazione della capsula. Per quanto riguarda le caratteristiche della sacca
contenente, capsule pi morbide si ottengono mediamente quando la superficie non
liscia ma testurizzata, cio opportunamente irregolare. Il rivestimento in Carbofilm
sembra essere quello che induce la reazione pi modesta, ma si tratta di una
sostanza costosa e di colore nero, alquanto visibile dall'esterno attraverso i tessuti. Il
rivestimento in poliuretano in forma spugnosa dilaziona la fase fibroblastica a spese
del prolungamento della fase di attivit dei macrofagi, i quali sono in grado di
fagocitare il poliuretano: se ci per un periodo di tempo limitato (qualche anno) pu
impedire la formazione e l'organizzazione della capsula, determina per un
infarcimento del sistema reticoloendoteliale (SRE), non essendo il poliuretano
apprezzabilmente catabolizzato dall'organismo. Per tale motivo riteniamo molto
discutibile l'impiego di tale tipo di rivestimento. Per quanto riguarda il contenuto,
ormai accertato che una quota microscopica ma costante di esso trasuda attraverso
le pareti della sacca contenente, che non pu mai essere considerata totalmente
impermeabile (fenomeno di bleeding). Per tale motivo sono state proposte sacche a
doppia camera, che garantirebbero un migliore isolamento del fluido all'interno della
protesi: in realt anche questo artificio non si dimostrato risolutivo, provocando
anzi nuovi problemi legati alla possibilit che fluidi biologici endogeni (siero) migrino
all'interno della doppia camera. Il gel di silicone trasudato determina un ulteriore
ispessimento e indurimento della capsula periprotesica: ci disturba molto il risultato
estetico, determinando talora anche disturbi soggettivi, quali dolore e senso di
tensione, tuttavia costituisce una barriera alla migrazione sistemica del gel, che
potrebbe avere conseguenze anche molto gravi (deformit da deposito ectopico,
infarcimento linfonodale e del SRE, embolia). L'uso di sostanze biodegradabili
(soluzione fisiologica, oli vegetali, polivinilpirrolidone, idrossimetilcellulosa, ecc.)
come materiale di riempimento avrebbe il significato di impedire reazioni
indesiderate in seguito a bleeding; anche tali protesi tuttavia non si sono dimostrate
totalmente sicure, in quanto frequentemente hanno indotto diversi effetti
indesiderati, quali svuotamenti "spontanei" in assenza di traumatismi apprezzabili e
calcificazioni periprotesiche.

121

Lesioni da radiazioni ionizzanti

Tra i materiali di riempimento attualmente oggetto di sperimentazione ricordiamo il


gel di poliacrilamide e l'acido jaluronico.
Da quanto sommariamente esposto appare evidente che a tutt'oggi le protesi
mammarie, bench ampiamente impiegate con altissima percentuale di risultati
ottimi, non sono da considerare un impianto per cui si sia giunti a mettere a punto
l'optimum e la ricerca al riguardo tuttora aperta. In verit le caratteristiche della
reazione

capsulare

periprotesica

sono

solo

parzialmente

attribuibili

alle

caratteristiche delle diverse protesi; contano molto anche la reattivit della singola
paziente (per es. pazienti con tendenza alla cicatrizzazione ipertrofica), una cattiva
condotta chirurgica intraoperatoria (emostasi poco accurata, manualit grossolana),
un decorso postoperatorio complicato da sieromi, traumatismi anche modesti, ecc.
La frequenza di tale reazione varia nelle diverse casistiche dal 5% al 15% ed
sicuramente minore per chirurghi esperti e con l'impiego di protesi prodotte da
aziende di indiscussa seriet.
Ricostruzione del complesso areola-capezzolo
Il tessuto pi idoneo per ricostruire l'areola quello dell'areola controlaterale. Essa
pigi essre prelevata nella misura del 50% e trasferita come innesto; analogainente
il capezzolo residuo pu esserearzialmente amputato e innestato in sede
controlaterale. Tale tecnica viene elettivamente impiegata quando si effettui
contestualmente un modellamento in senso riduttivo della mammella controlaterale.
Alcuni oncologi oppongono a tale metodica la considerazione che anche la mammella
"sana" a rischio di malattia neoplastica e che quindi in tale modo si trasferirebbe in
sede di mastectomia un tessuto a rischio. possibile ricorrere anche ad innesti di
mucosa delle piccole labbra o innesti di cute perineale, anche se il colorito non mai
esattamente uguale a quello dell'areola. Tale metodica non in genere molto gradita
alle pazienti, in quanto la considerano un'ulteriore mutilazione.
La metodica pi innocua e attualmente pi praticata consiste nel costruire un
rilievo simulante il capezzolo con l'ausilio di lembi scolpiti alla sommit della salienza
mammaria ricostruita, variamente conformati. Il particolare colorito del complesso
areola-capezzolo viene successivamente ottenuto mediante tatuaggio
Simmetria delle mammelle
Il pi delle volte non possibile ottenere una nuova mammella esattamente
conformata come la controlaterale. Per ovviare a tale inconveniente quest'ultima
deve essere allora sottoposta ad una mastoplastica riduttiva, se di volume
eccessivo o ad una mastoplastica additiva, se di volume insufficiente, o ad una
mastopessi, per modellarne la forma. Va ricordato che una buona percentuale di

122

Lesioni da radiazioni ionizzanti

pazienti si ritiene soddisfatta dalla semplice creazione della salienza mammaria,


rifiutando non solo il raggiungimento della simmetria ma spesso anche la
ricostruzione dell'areola e del capezzolo. In verit le caratteristiche della reazione
capsulare periprotesica sono solo parzialmente attribuibili alle caratteristiche delle
diverse protesi; contano molto anche la reattivit della singola paziente (per es.
pazienti con tendenza alla cicatrizzazione ipertrofica), una cattiva condotta
chirurgica intraoperatoria (emostasi poco accurata, manualit grossolana), un
decorso postoperatorio complicato da sieromi, traumatismi anche modesti, ecc. La
frequenza di tale reazione varia nelle diverse casistiche dal 5% al 15% ed
sicuramente minore per chirurghi esperti e con l'impiego di protesi prodotte da
aziende di indiscussa seriet.

123

Lesioni da radiazioni ionizzanti

Mastoplastiche
I pi comuni inestetismi delle mammelle sono:
l'ipertrofia (o iperplasia);
la ptosi;
l'ipoplasia (o ipotrofia).
Mastoplastica riduttiva
L'ipertrofia mammaria pu essere di varia entit fino a
raggiungere, in taluni casi, dimensioni tali da essere
considerata una vera malformazione (gigantomastia).
La condizione di ipertrofia, specie se di grado elevato,
pu determinare disturbi non solo di carattere estetico
ma anche funzionale: tensione dolorosa della cute,
solchi sulle spalle per la compressione delle spalline
del reggiseno, lordosi e scoliosi, intertrigini ed eczemi
nel

solco

sottomammario.

Esistono

ipertrofie

ghiandolari pure, o meglio iperplasie (pi frequenti


nelle adolescenti), ipertrofie miste, in cui il pur voluminoso tessuto ghiandolare
infiltrato abbondantemente da tessuto adiposo (in genere postgravidiche), ipertrofie
esclusivamente adipose (sempre associate ad adiposit generalizzata di tutto il
corpo). All'ipertrofia mammaria si associa regolarmente la condizione di ptosi,
provocata dal peso della mammella.
Numerose sono le tecniche chirurgiche per la correzione della condizione di
ipertrofia. Tutte riconoscono due momenti fondamentali:
- la resezione cutaneo-ghiandolare;
- il rifacimento del cono mammario con riposizionamento in sede adeguata del
complesso areola-capezzolo.
Le diverse tecniche possono essere distinte in base alle caratteristiche del
peduncolo destinato a mantenere l'irrorazione della porzione di mammella residua. Si
riconoscono tecniche con peduncolo superiore, inferiore, centrale o con due
peduncoli. Inevitabili sono le incisioni periareolare, verticale che attraversa
l'emisfero mammario inferiore ed orizzontale, nel solco sottomammario, disposta in
modo da costituire un disegno a T rovesciata o ad L. La stragrande maggioranza delle
tecniche attualmente in uso mantiene la continuit del complesso areola-capezzolo
con

la

porzione

di

mammella

residua

per

non

sopprimere

la

funzione

dell'allattamento ovvero di mantenere il tipico trofismo e la particolare sensibilit e

124

Lesioni da radiazioni ionizzanti

reattivit. L'entit della resezione ghiandolare varia da poche centinaia di grammi


per mammella fino a raggiungere e superare i 1 kg.
I risultati sono in genere molto buoni e si mantengono nel tempo, anche se
inevitabilmente una gravidanza e/o l'allattamento possono indurre una modesta
recidiva, specie nella donna molto giovane.
Le complicanze pi temibili sono la necrosi (da insufficienza vascolare) del complesso
areola-capezzolo e le raccolte ematiche e/o sierose.
Mastopessi
La ptosi mammaria una condizione per cui, a causa del cedimento dei tessuti che
sostengono la ghiandola mammaria, il capezzolo si viene a trovare in una posizione
pi bassa rispetto all'ideale piano perpendicolare al punto di mezzo dell'omero. Come
gi esposto, tale situazione accompagna di regola l'ipertrofia mammaria ma pu
essere presente anche in mammelle di dimensioni normali o anche ipoplasiche; pu
essere conseguente ad un allattamento, ad un cospicuo dimagramento o
semplicemente all'invecchiamento. Ovviamente le implicazioni di una ptosi
mammaria sono esclusivamente di carattere estetico.
Le tecniche chirurgiche di correzione (mastopessi) sono impostate sugli stessi principi
della mastoplastica riduttiva. Ovviamente in una mammella di dimensioni normali il
cono mammario viene rimodellato senza subire alcuna riduzione a carico del
parenchima ghiandolare, ma solo della cute. La tecnica d'approccio mirata ad
ottenere cicatrici il meno lunghe possibile, cos da poter essere occultate anche da
un reggiseno minuscolo. Il mantenimento della funzionalit e della sensibilit del
complesso areola-capezzolo mandatorio. mammelle molto piccole possibile
associare alla pessi un'integrazione del volume, mediante contestuale impianto di
una protesi.
Le complicanze di una mastopessi sono paragonabili a quelle di una mastoplastica
riduttiva, anche se in misura molto ridotta.
Mastoplastica additiva
Il desiderio di incrementare il volume delle
mammelle

corrisponde

accentuare

la

al

propria

desiderio
immagine

di
di

femminilit.
Le indicazioni all'intervento sono pertanto
rappresentate da tutte le forme di scarsit
del volume mammario. Ovviamente tale
concetto

di

"scarsit"

estremamente

125

Lesioni da radiazioni ionizzanti

variabile e quanto mai condizionato da fattori anche molto "lievi", quali i modelli
d'abito proposti dalla moda, le immagini femminili utilizzate dalla pubblicit e cos
via.
La condizione di inadeguato volume mammario si pu osservare nella ragazza
giovane, per mancato o inadeguato sviluppo della ghiandola mammaria (ipoplasia) o
nella donna pi avanti negli anni, spesso dopo gravidanza e allattamento, per
involuzione del parenchima mammario (ipotrofia): in quest'ultimo caso non
infrequente la coesistenza di ptosi, come sopra descritto.
Per completezza espositiva si ricorda che le tecniche proposte per conseguire
l'aumento del volume mammario ricalcano quelle impiegate per il reintegro del
volume nella ricostruzione della mammella.
Tuttavia la tecnica assolutamente dominante e la sola ragionevolmente proponibile
nell'ambito della chirurgia estetica consiste nell'impianto di protesi.
La tasca, in cui viene collocata la protesi, pu essere ricavata:
-tra il piano ghiandolare e il piano del muscolo grande pettorale;
-al di sotto del muscolo grande pettorale.
A favore della scelta sottopettorale stanno varie considerazioni:
in genere desiderabile che un impianto sia posizionato il pi possibile in profondit;
il muscolo pettorale svolge una sorta di massaggio continuo sulla protesi, favorendo
cos la costituzione di una capsula meno spessa;
specie nel soggetto magro, sono meno visibili innaturali sporgenze dei margini delle
protesi; pi agevole l'esecuzione di esami quali la mammografia e l'ecografia.
A favore della scelta sottoghiandolare sono altre considerazioni:
l'atto chirurgico meno aggressivo;
la tasca sottopettorale controindicata in soggetti molto dediti ad attivit sportive,
in cui il muscolo debba fornire prestazioni elevate;
in sede sottoghiandolare la protesi ha minore tendenza a "risalire" verso la regione
succlavia.
La via d'accesso cutanea pu essere:
-nel solco inframammario;
- periareolare;
-transascellare, in corrispondenza dell'apice inferiore del cavo ascellare.
La scelta della via scaturisce dalla valutazione della conformazione del torace della
paziente, delle caratteristiche della cute, delle abitudini di vita, del tipo di protesi
scelta. In ogni caso ci si deve aspettare, in corrispondenza dell'incisione, una
cicatrice lineare lunga dai 4 ai 6cm.

126

Lesioni da radiazioni ionizzanti

Da qualche anno stato proposto anche l'accesso per via transombelicale, con
l'ausilio dell'endoscopio. Al momento per i risultati non appaiono validi, in quanto
tale tecnica limita sia la possibilit di scelta del tipo di protesi (si impiegano
esclusivamente protesi riempibili con soluzione fisiologica' al termine della fase di
posizionamento) sia la possibilit di modellare adeguatamente la forma delle nuove
mammelle. Si sottolinea che spetta solo al chirurgo la scelta della protesi e della
tecnica pi opportuna per la singola paziente. Si ribadisce altres che a tutt'oggi non
mai stata dimostrata alcuna potenzialit carcinogenetica n inducente patologia
autoimmune per nessuna delle protesi in uso. Alle comuni controindicazioni gi
discusse in senso generale per ogni intervento di chirurgia estetica, per l'intervento
di mastoplastica additiva vanno aggiunte le sindromi su base autoimmune, in quanto
la presenza di un corpo estraneo pu fungere da adiuvante per l'espressivit clinica di
tali patologie. L'intervento si effettua di regola in anestesia generale. In casi ottimali
l'intervento pu essere effettuato in regime di day-hospital. In ogni caso in genere la
degenza postoperatoria non supera le 24 ore. Non sono necessarie trasfusioni di
sangue n predepositi. opportuno che la donna non effettui lavori pesanti n
pratichi sport per 3-4 settimane dopo l'intervento. buona regola che per circa 2
mesi indossi regolarmente un reggiseno opportunamente sostenuto (in genere il
chirurgo plastico a suggerire il modello pi idoneo); opportuno che un buon
reggiseno venga indossato anche successivamente in occasione di attivit particolari
(sport, lavori pesanti). Il risultato estetico, gi molto gratificante fin dai primi giorni,
ottimale e stabile dopo qualche mese, quando, se l'intervento stato eseguito a
regola d'arte e non sono sopravvenute complicazioni, le mammelle sottoposte ad
impianto assumono consistenza morbida e una forma naturalmente sostenuta. E
importante che la paziente non dimentichi di effettuare tutti i controlli che il
chirurgo plastico richieder, allo scopo di identificare e trattare fin dall'inizio
eventuali complicanze. Tali complicanze, peraltro sempre meno frequenti (5-10% dei
casi), consistono per lo pi nella costituzione di una contrattura capsulare di grado
elevato. Ben pi gravi complicanze sono l'infezione o la rottura delle protesi: esse
per sono da considerare come eccezionali e da imputare ad un errore di tecnica
operatoria, ad un difetto di fabbricazione delle protesi o a un trauma di straordinaria
entit. Una complicanza psicologica da non sottovalutare pu essere l'elaborazione di
una condizione psichica di "invasione del proprio corpo da parte di un oggetto
estraneo": se non risolta, tale condizione richiede la rimozione della protesi. La
donna portatrice di protesi mammarie pu tranquillamente viaggiare in aereo,
compiere escursioni ad alta quota o praticare immersioni in profondit, senza rischi

127

Lesioni da radiazioni ionizzanti

di rottura di una protesi di buona qualit, purch il cambiamento di pressione cui si


sottopone avvenga gradualmente. Pu ovviamente sottoporsi anche ai routinari
controlli senologici, compresa la mammografia: naturalmente dovr preventivamente
informare lo specialista che si appresta a visitarla o ad effettuare un esame
strumentale di essere portatrice di impianto di protesi mammaria. Le protesi
attualmente in uso si ritiene abbiano una durata media di 10 anni, trascorsi i quali
molto opportuno, anche se non indispensabile in tutti i casi, programmare la loro
sostituzione: infatti, bench costituite da materiale inerte, nel corso degli anni
tendono ad usurarsi e quindi ne diviene pi facile la rottura accidentale.

128

Lesioni da radiazioni ionizzanti

LESIONI DA RADIAZIONI IONIZZANTI


Si intendono per radiazioni ionizzanti quelle che provocano nella materia la
formazione di particelle cariche elettricamente (ioni). Per quanto diverse possano
essere dal punto di vista fisico, le radiazioni ionizzanti con cui l'organismo pu venire
a contatto (raggi alfa, beta, gamma, X, neutroni accelerati, protoni di rinculo, UV,
ecc.), i fenomeni biologici, scatenati nella materia vivente dall'assorbimento di
energia radiante, sono sostanzialmente analoghi e riconducibili a:
- danno diretto degli acidi nucleici, con conseguenti alterazioni strutturali dei
cromosomi;
- ionizzazione dell'acqua intra- ed extracellulare, con formazione di ioni e radicali
liberi;
A tale danno molecolare pu conseguire un blocco, anche parziale, della sintesi
proteica, con degenerazione e necrosi cellulare, ovvero mutazioni del genoma con
sviluppo di cellule aberranti (neoplastiche). Per dosi molto piccole, possibile la
spontanea riparazione del danno cellulare, con completa restituito ad integrum. Per
dosi pi elevate invece il danno cellulare non reversibile a parit di dose, sono
meno nocive le piccole somministrazioni articolate in un ampio lasso di tempo,
probabilmente perch in tale modo si permette la realizzazione di fenomeni
riparativi nelle popolazioni cellulari meno colpite. Non tutte le cellule sono
egualmente sensibili a tutte le radiazioni: tale sensibilit aumenta in proporzione al
loro contenuto in acidi nucleici ed quindi maggiore nelle cellule di tipo cambiale,
in fase di moltiplicazione ovvero genericamente in intensa attivit metabolica. Sono
quindi particolarmente sensibili tutti i tessuti del bambino e, nell'adulto, l'apparato
linfatico, le gonadi, i tessuti epiteliali e viceversa appaiono radioresistenti i muscoli
e i nervi. Le forme cliniche conseguenti all'esposizione a radiazioni ionizzanti possono
essere inquadrate nel modo seguente:
Sindromi da irradiazione generale acuta, osservate,oltre che nell'animale da
esperimento, nei soggetti coinvolti in esplosioni nucleari e fughe radioattive.
Sindromi da irradiazione localizzata, osservabili in:
- soggetti sottoposti a terapie radianti: in questo caso la dose di raggi in genere
piuttosto elevata, in quanto destinata per lo pi a distruggere una forma neoplastica.
L'impiego di apparecchiature e metodiche sempre pi raffinate, in mani esperte,
dovrebbe oggi permettere di ridurre al minimo la patologia iatrogena da radiazioni

129

Lesioni da radiazioni ionizzanti

ionizzanti. La notevole latenza che intercorre tra irradiazione e patologia da raggi fa


s che a tutt'oggi non ne sia obsoleto il reperto. Le sedi ove pi comune il reperto di
lesioni iatrogene da raggi corrispondono alle regioni pi frequentemente colpite da
forme neoplastiche ed al loro stazioni linfonodali: la parete toracica e il pilastro
anteriore dell'ascella (carcinoma mammario), la regione sacrale e inguinale (cancro
uterino), il cavo orale e il collo;
- lavoratori di industrie nelle quali si manipolano materiali radioattivi e personale
addetto ai servizi di radiodiagnostica e radioterapia: in quest' ultimo caso in genere
la singola dose di raggi assorbita modesta, ma pu divenire rilevante con il passare
del tempo se l'esposizione alle radiazioni si ripete frequentemente. Nell'ambito della
patologia professionale viene pi frequentemente colpito il dorso della mano. In ogni
caso, la sintomatologia abbastanza uniforme e dipendente dalla dose di raggi
assorbita. Nei casi pi gravi il risentimento sistemico imponente, con esito anche
mortale per lesioni del sistema nervoso centrale, emorragie interne diffuse, leucemie
e altre forme neoplastiche. Nei casi pi lievi si configura il quadro del cosiddetto
male da raggi caratterizzato da sintomi nervosi (anoressia, nausea vomito, cefalea,
insonnia) ed ematologici (leucopenia, anemi, trombocitopenia) A livello locale la
risposta cutanea (radiodermite) si articola fondamentalmente in due momenti:
risposta acuta e risposta cronica.
Radiodermite acuta
Si manifesta dopo pochi giorni dall'irradiazione con unta maggiore evidenza quanto
pi elevata la dose assorbita. La forma pi lieve consiste solo in un blando eritema,
che regredisce in breve tempo senza reliquati: talora pu verificarsi una transitoria
interruzione delle funzioni annessiali (caduta dei peli, arresto delle serezioni
sudoripara sebacea). Con laggravarsi della sintomatologia compaiono anche prurito,
desuamazione, edema, flittene e infine necrosi tissutale simulando cos il quadro di
una ustione di 2 e 3 grado (radionecrosi).
Radiodermite cronica
Pu rappresentare l'esito obbligato in cui sfociano senza soluzione di continuo le
radiodermiti acute medie e gravi, ovvero pu insorgere come tale, quale unica
tardiva manifestazione di una pregressa irradiazione.
La radiodermite cronica si manifesta clinicamente come un'atrofia di tipo cicatriziale
del sottocutaneo e della cute, che appare acromica al centro della lesione e
fortemente ipercromica e costellata di teleangectasie alla periferia; frequente
anche il reperto delle cosiddette macchie di carbone, costituite da lesioni iperpigmentate corrispondenti ad ammassi di emosiderina. Soggettivamente il paziente

130

Lesioni da radiazioni ionizzanti

lamenta sempre dolore acuto e intenso, che in genere il sintomo che lo spinge a
consultare lo specialista.
A tale quadro clinico corrispondono sul piano istopatologico: nell'epidermide
ipercheratosi e acantosi, "swelling" dello strato spinoso, edema dello strato basale;
nel derma edema, vescicolazione, atrofia degli annessi e delle fibre elastiche, fibrosi
delle fibre collagene; a livello vascolare necrosi fibrinoide delle pareti e trombosi
disseminate. Le radiodermiti croniche gravi o inveterate evolvono inevitabilmente
nella radionecrosi. Essa generalmente si manifesta dapprima come una o pi
ulcerazioni superficiali, piccole, tendenti alla confluenza; successivamente coinvolge
i piani sottostanti fino a giungere, nei casi pi clamorosi, alla distruzione massiva dei
tessuti profondi. Il fondo dell'ulcera radiodermitica tipicamente sanioso, pallido ed
emana un caratteristico fetore, dovuto all'abbondante popolazione microbica, il cui
sviluppo, essendo la vascolarizzazione molto carente, non pu essere contrastato
stabilmente. Il dolore in genere pi modesto che nella forma non necrotica,
verosimilmente per distruzione delle fibre sensitive. Di particolare gravit sono le
radionecrosi in corrispondenza di strutture, la cui esposizione e conseguente
degenerazione si traduce in un danno funzionale (in particolare nervi e tendini)
ovvero addirittura in un rischio di vita (grossi vasi, sierose, dura madre, ecc.).
Radiodermiti e radionecrosi sono da molti Autori considerate vere e proprie
precancerosi: in effetti, in una percentuale variabile dal 15% al 35% dei casi, a
seconda delle statistiche, si osserva, specie nelle forme pi inveterate, l'insorgenza
di un tumore maligno. In genere si tratta di un epitelioma spinocellulare, anche se
talora si sono osservati basaliomi, sarcomi e melanomi. Le radiodermiti acute si
trattano in genere con topici antinfiammatori. Invece la terapia delle radiodermiti
croniche e delle radionecrosi esclusivamente chirurgica. Essa consiste nella
generosa escissione di tutta la regione irradiata: il segno discriminante tra il tessuto
sano e quello irradiato . in genere la sua "povert"
circolatoria. Questo tempo operatorio in genere
complicato dallo stato di diffusa sclerosi cicatriziale,
particolarmente temibile in prossimit dei grossi vasi,
duri e fragili cos da essere possibile fonte di gravi
emorragie. All'asportazione del tessuto radiodermitico
corrisponde puntualmente la risoluzione del sintomo dolore, fin dalle prime ore
postoperatorie. Per la ricostruzione, necessario utilizzare un trapianto, dotato di
un robusto assetto vascolare: esso infatti deve essere in grado di fornire alla sede
ricevente una rete circolatoria tale da sopperire alla sua carenza. Non infrequente

131

Lesioni da radiazioni ionizzanti

osservare, in seguito al trapianto di un robusto lembo, la spontanea risoluzione di


piccole lesioni distrofiche limitrofe, che per motivi vari non si siano potute rimuovere
insieme alla lesione principale.
Si utilizzano elettivamente lembi miocutanei o, in alternativa, fasciocutanei.

132

Laserchirurgia cutanea

LASERCHIRURGIA CUTANEA
La teoria quantistica sulla emissione di fotoni da parte di atomi bersagliati da altri
fotoni di pari lunghezza d'onda, elaborata da Einstein nel 1917, rappresenta la teoria
fisica su cui si fonda l'emissione di un raggio LASER ed i processi fondamentali che
regolano tutte le interazioni della luce con la materia sono: l'assorbimento e la
diffusione. Quando la luce colpisce la superficie cutanea circa i 15% viene riflesso a
causa del differente indice di rifrazione tra l'aria (n=1, 0) e lo strato corneo (n=1, 55)
mentre il restante 95% viene non solo assorbito ma anche diffuso dalle strutture
tissutali: nell'epidermide normale l'assorbimento il processo dominante nella
maggior parte dello spettro ottico mentre nel derma si verifica una forte diffusione a
livello delle fibre collagene basata sulla lunghezza d'onda. Analogamente quando il
raggio laser raggiunge il tessuto bersaglio pu essere riflesso o assorbito trasferendo
l'energia ai cromofori cutanei (emoglobina, melanina, acqua e pigmenti) sottoforma
di calore. E' noto che il calore prodotto dal laser nel momento dell'impatto con un
cromoforo si diffonde nel tessuto organico secondo un meccanismo di rilasciamento
termico ovvero il tempo necessario perch il punto irradiato perda il 50% del calore
incidente senza trasmetterlo per diffusione nelle zone adiacenti (trt) e che l'efficacia
terapeutica regolata dalla teoria della fototermolisi selettiva elaborata da
Anderson e Parrish nel 1983 per descrivere un danno tissutale termico di target
microscopici e pigmentati attraverso impulsi assorbiti in modo selettivo. La
fototermolisi selettiva, dunque, prevede un complesso coacervo di interazioni
chimico-fisiche con 3 principi basilari:
a) una lunghezza d'onda che raggiunga e venga assorbita dall'obiettivo selezionato;
b) un tempo di esposizione uguale o inferiore al tempo di raffreddamento del target;
c) una fluenza sufficiente per una temperatura utile a produrre l'effetto terapeutico.
Quando possibile raggiungere tali condizioni, unitamente al massimo confinamento
termico, prevedibile la maggiore efficacia terapeutica e dunque il miglior risultato
clinico.
La laserchirurgia cutanea oggi dispone di numerose macchine che possono essere
genericamente suddivise in tre categorie principali:
1. laser non selettivi o chirurgici (azione d'organo, cromoforo principale l'acqua);
2. laser macroselettivi o di tessuto (azione di tessuto, cromoforo principale
lossiemoglobina);

133

Laserchirurgia cutanea

3.

laser microselettivi o subcellulari (azione cellulare, cromoforo principale

pigmenti endogeni ed esogeni).


Le differenti possibili interazioni laser-tessuto dipendono dunque dalla densit
energetica erogata e dalla unit di tempo in cui viene rilasciata ma sono certamente
condizionate anche dal tipo di interazione fotoindotta ovvero l'effetto fototermica,
fotomeccanico e fotochimico. Le principali applicazioni dei laser chirurgici (ad
emissione continua o impulsata) sono fondate sulla conversione dell'energia
elettromagnetica radiante in energia termica (effetto fototermico) con risultati
clinici che vanno, in base al tempo di irraggiamento ed a parit di energia, dal
semplice surriscaldamento, alla coagulazione, alla vaporizzazione, fino alla
carbonizzazione del tessuto. L'effetto fotomeccanico si ottiene invece con i laser QSwitched ad impulso breve in grado di erogare spot con alte potenze di picco
nell'ordine di nanosecondi capaci di provocare una improvvisa espansione termica del
cromoforo e la formazione di onde d'urto pressorie cos intense da frammentare il
target mediante una esplosione cellulare mirata. La reazione fotochimica selettiva,
infine, pu essere ottenuta sia con cromofori endogeni come l'emoglobina o la
melanina e sia con cromofori esogeni (pigmenti): l'energia laser, infatti, ha la
possibilit di eccitare transizioni elettroniche o vibrazionali capaci di determinare
una frattura "fredda" dei ponti e dei legami intramolecolari con un danno delle
strutture biologiche indipendente dalla produzione di calore e legato a profonde
alterazioni strutturali delle molecole target che assorbono i fotoni. Le applicazioni
del laser nelle malattie e negli inestetismi della pelle rappresentano un settore
scientifico e di ricerca in continua espansione per la migliore interpretazione e
conoscenza delle interazioni laser-tessuto, per il progresso tecnologico nella
realizzazione dell hardware e dei sistemi di cessione finale della radiazione laser e
per il progressivo ampliamento delle indicazioni cliniche. E' bene ricordare che i
moderni sistemi sono in grado di emettere un fascio luminoso monocromatico,
coerente e collimato in modalit continua, pseudocontinua, pulsata (impulso breve o
lungo) e Q-Switched,

che le emissioni di tipo continuo possono suddividersi in

intermittenti o abbinate a flashscanner e che le interazioni con le strutture


biologiche sono strettamente correlate alla lunghezza d'onda, al tempo di
esposizione del tessuto,
alla durata dell'impulso,
alla potenza erogata ed
alle
spot.

dimensioni
I

laser

dello
possono

134

Laserchirurgia cutanea

dunque essere utilizzati con successo nel trattamento di moltissimi quadri clinici
ovvero neoformazioni benigne e maligne della cute (nevi dermici, nevi epidermici,
verruche, xantelasmi, macchie, cheratosi attiniche basaliomi superficiali, etc),
anomalie vascolari congenite e acquisite (angiomi, couperose, teleangectasie degli
arti inferiori, eritrosi, etc), cicatrici acneiche e chirurgiche, esiti di ustioni, psoriasi,
vitiligine, striae distensae, rughe, peli superflui, tatuaggi.
E' noto che il laser Nd:YAG con i suoi 1064 nm di lunghezza d'onda trova un peculiare
settore

d'impiego

nella

patologia

vascolare ma offre buoni risultati


anche nella epilazione permanente e
nel

trattamento

monocromatici

dei
neri

tatuaggi
o

blu.

Quest'ultimo argomento merita alcune riflessioni poich, sebbene siano stati condotti
numerosi studi e sperimentazioni, ancora non completamente chiarito il percorso
biologico del pigmento intradermico rendendo a tutt'oggi molto difficile ottenerne la
rimozione senza esiti apprezzabili. Indagini istologiche sui tatuaggi hanno dimostrato
che le particelle d'inchiostro inizialmente sono contenute nel citoplasma di cellule
fagocitiche e, successivamente, soltanto nei fibroblasti dermici con una elevata
concentrazione nelle zone perivascolari sotto uno strato di fibrosi sostituto del
tessuto di granulazione. Nelle decorazioni professionali ed amatoriali la profondit e
la densit dell'inchiostro sono molto diverse anche se nelle applicazioni amatoriali
riscontrabile una maggiore variabilit per dimensione, forma e sede anatomica:
spesso possibile il riscontro visivo di una
progressiva attenuazione del colore perch
probabilmente le particelle migrano pi in
profondit per l'azione di cellule fagocitiche
mobili. Pertanto la rimozione dei tatuaggi con
la

fototermolisi

selettiva

ancora

parzialmente sconosciuta ma chiaro che gran parte dell'inchiostro, solo


apparentemente eliminato dalla pelle, non viene di fatto rimosso ma in buona parte
drenato nei linfonodi. E' dunque difficile prevedere il numero delle sedute necessarie
per riabilitare un'area tatuata: in molti pazienti la prima applicazione produce una
reazione pi evidente con ampie zone di schiarimento a differenza di altri nei quali
l'effetto decisamente meno apprezzabile anche se prelievi bioptici dimostrano
sempre la frammentazione del pigmento ed intuitivo che pi la decorazione
recente, minore il volume dell'inchiostro e l'area di cute tatuata e pi basso il

135

Laserchirurgia cutanea

numero delle sedute necessarie. Cos, ad esempio, in alcune casistiche internazionali


quando lo spessore del tatuaggio inferiore a 0,92 mm con una media di 7
trattamenti si pu ottenere uno schiarimento pari all' 87,5% mentre con valori
superiori a 1,78 mm sono prevedibili una media di 9,3 applicazioni per un
miglioramento clinico dell'81,3%. La richiesta dellepilazione laser in continua
espansione con un interesse crescente anche nel sesso maschile che si rivolge sempre
di pi allo specialista per il trattamento di aree cutanee considerate inestetiche
come ad esempio il dorso o per risolvere vere e proprie patologie ad andamento
cronico come le follicoliti recidivanti della barba o del dorso talora causa di notevole
disagio per il paziente. Come noto, qualunque trattamento laser per lepilazione
non finalizzato alla risoluzione definitiva del problema ma sarebbe pi opportuno
parlare di epilazione persistente il cui obiettivo ridurre il numero dei peli almeno
del 70% con un significativo rallentamento dei tempi di ricrescita che possono
superare anche 1 anno. La crescita del pelo, qualunque sia il tipo di follicolo
associato (vello, terminale, sebaceo), ciclica con una fase di crescita e di caduta. Il
comportamento di sviluppo del pelo definito a mosaico ovvero vi assenza di
sincronismo di crescita con i peli dei follicoli vicini. Il ciclo del pelo ha inizio con la
fase telogen in cui il follicolo notevolmente accorciato al di sotto della ghiandola
sebacea con il pelo in espulsione con estremit a forma di clava,

privo di zona

cheratogena che funge da guida per lo sviluppo del nuovo. Ancor prima
dellespulsione inizia la complessa fase anagen nella quale in nuovo pelo inizia a
formarsi fino alla fase in cui (Anagen V) il follicolo contiene contemporaneamente
due peli, il vecchio che sta per essere espulso ed il nuovo che continua la sua
crescita che pu durare mesi od anni.Nella fase catagen in follicolo completo arresta
la sua crescita, cessa la produzione di melanina ed inizia il riassorbimento delle
strutture della zona inferiore del follicolo con la papilla che si allontana da bulbo che
inizia ad assumere laspetto a clava. La durata della fase anagen e telogen varia a
seconda del distretto cutaneo con sensibili differenze. La crescita eccessiva ed
indesiderata dei peli pu essere legata ad una patologia legata agli androgeni
(irsutismo) o non (ipertricosi). Il pattern androgeno dipendente dellirsutismo
caratterizzato dallo sviluppo di peli in aree quali guance, labbro superiore, mento,
braccia, cosce, regione addominale e leziopatogenesi riconducibile a differenti
condizioni:

136

Laserchirurgia cutanea

Farmaci (steroidi, minoxidil, danazolo, difenilidantoina, interferone, streptomicina,


ciclosporina, acetazolamide, penicillina)
Porfirie
Mucopolisaccaridosi
S. di Cornelia De Lange
Epidermolisi bollosa distrofica
Neoplasie (gastrointestinali, bronchiali, mammella, utero)
Nevi (Becker, nevi pelosi)
Coda di fauno
Traumi (iniezioni, ingessature, pressione, agenti irritanti)
Ipertricosi lanuginosa congenita

Lipertricosi caratterizzata da una crescita eccessiva di peli diffusa o localizzata


senza pattern androgeno dipendente. Pu interessare entrambi i sessi ed essere
familiare, acquisita o congenita. Nella tabella riassuntiva sono riportate le possibili
patologie associate.

idiopatica (aumentata attivit della 5-alfa-redattasi,

aumentata sensibilit recettoriale al

testosterone)
La sindrome dellovaio policistico
(S. di Stein Leventhal)
S. di Cushing
Iperplasia congenita surrenalica
Neoplasie ovariche o surrenaliche
Prolattinoma
Disgenesia delle gonadi
Cause iatrogene

I trattamenti medici proposti per la cura delleccessiva crescita dei peli sono riservati
alle forme androgeno dipendenti pertanto hanno ovvie limitazioni legate al sesso e
allet dei pazienti (ciproterone acetato, spironolactone, cimetidina, finasteride,
dutasteride).
I trattamenti chirurgici sono finalizzati alla cura di eventuali neoplasie associate
mentre lapproccioestetico dellipertricosi varia da metodiche semplici quali la
rasatura,

la decolorazione,

le creme depilatorie, la ceretta, lelettrolisi con la

quale si tenta di distruggere la papilla pilifera impedendo la ricrescita del pelo.


Lavvento dei laser chirurgici ha rivoluzionato il protocollo terapeutico non eziologico
dellipertricosi e dellirsutismo infatti la distruzione del follicolo pilifero da parte di
un qualsiasi laser adatto allo scopo si basa sullinterazione tra la luce emessa dalla

137

Laserchirurgia cutanea

sorgente e la melanina, cromoforo bersaglio, localizzata a livello del pelo.


Linterazione altamente selettiva in quanto le strutture limitrofe non vengono di
norma danneggiate dal raggio. Lefficacia del
trattamento tanto maggiore quanto pi le
strutture del follicolo pilifero si trovano in una
elevata attivit mitotica. Pertanto solo i peli
che si trovano nella fase anagen risponderanno
al singolo trattamento e di ci bisogner tener conto nel programmare gli intervalli
tra le sedute. La Food and Drug Administration ha approvato diverse apparecchiature
per il trattamento dellipertricosi e/o dellirsutismo ed in particolare il laser rubino,
il laser ad alessandrite, il Laser Nd:Yag, il laser a diodi, e lIPL. Le lunghezze donda
necessarie per lassorbimento del cromoforo (melanina) devono essere tali da
raggiungere la profondit del derma (600-1200 nm) e il tempo desposizione minore o
uguale al tempo di rilassamento termico per preservare i tessuti circostanti dai
possibili danni termici. (10-50 msec). La soglia di energia richiesta per danneggiare in
maniera efficace i follicoli variabile tra i 30 ed i 70 J/cm. Il laser a Rubino (ruby
laser, 694 nm) quello che stato maggiormente studiato, anche perch stato
praticamente il primo. Le fluenze adoperate variano tra 30 e 60 J/cm, con spot di
6-10mm e impulsi di 3-5 msec, fino a 100 msec ai delle apparecchiature pi recenti
che avrebbero il pregio di ridurre quegli effetti collaterali. Questi consistono in
eritema, edema, ipo ed iperpigmentazioni, papule, vescicole, follicoliti, porpora,
sono pi frequenti nei soggetti con fototipo alto e rappresentano a tuttoggi il limite
maggiore di utilizzo. Il laser ad Alessandrite (755nm) pur essendo uno degli strumenti
pi datati e pertanto meglio conosciuti, ancora oggi tra i pi diffusi per i
numerosi aggiornamenti tecnologici che lo hanno notevolmente perfezionato e reso
progressivamente sempre pi sicuro. Utilizza manipoli con spot da 5 a 18mm anche
se il pi usato quello da 10mm. e pu essere dotato di scanner. Le fluenze sono
variabili da 10 a 50 J/cm e la durata dellimpulso pu andare da 2 a 100 msec anche
se le pi utilizzate sono comprese tra i 2 e i 40 msec, in funzione della fluenza. Gli
effetti collaterali, pi frequenti nei soggetti di carnagione scura, sono gli stessi del
laser rubino ma oggi notevolmente ridotti sia dallutilizzo dei sistemi di
refrigerazione e/o dispersione di calore che dai sistemi computerizzati dei moderni
apparecchi che permettono di gestire al meglio ed in automatico le combinazioni
fluenze/durata impulso pi idonee a seconda del fototipo. Il laser ad Ittrio Alluminio
Granato drogato con Neodimio (Nd:Yag,1064 nm) uno strumento che ha uno spot da
generalmente di 5-7 mm e pu essere dotato di scanner che definisce aree di varie

138

Laserchirurgia cutanea

dimensioni e forme (trapezoidali, esagonali, romboidali, rettangolari e quadrate) che


permettono di velocizzare notevolmente il lavoro. Le energie utilizzate sono variabili
da 30 a 75J/cm a seconda della sede anatomica e del fototipo. In realt per la
maggioranza dei soggetti vengono impiegate energie comprese tra 30 e 60 J/cm,
considerando che il ricorrere a fluenze maggiori comporta di solito eccessivo dolore
per il paziente: per lanalgesia stato utilizzato il sistema refrigerante ad aria o da
contatto. Gli effetti collaterali possibili sono simili a quelli riportati per i laser rubino
ed Alessandrite, ma con una incidenza inferiore. Il laser a diodo (810nm) con spot
fino a 9mm (molto utilizzato quello da 4mm), con o senza scanner, fluenze medie
di 10-40J/cm e durata dellimpulso variabile da 40 a 250 msec, rappresenta una
delle innovazioni tecnologiche pi recenti nel campo dellepilazione con risultati
generalmente brillanti e scarsa incidenza di effetti collaterali. Un altro sistema
molto interessante attualmente lIPL (luce pulsata) che rappresenta una delle
ultime novit nel campo della fototerapia anche se tecnicamente non si dovrebbe
considerare un vero e proprio laser. Si tratta, infatti, di una luce pulsata intensa che
emette uno spettro di luce continua con fluenze che possono variare tra i 500 e 1200
nm, anche se i filtri usati pi di frequente sono compresi tra i 510 e 695 nm per una
durata dellimpulso variabile tra i 2 e i 25 msec per spot. La luce pulsata offre una
vasta possibilit di utilizzo in varie lesioni cutanee ma lindicazione pi interessante
dellIPL , comunque, il fotoringiovanimento che si pu realizzare grazie alle
modifiche del tessuto connettivo e alla stimolazione del collagene indotta dalla
penetrazione della luce. Buoni risultati si possono ottenere anche nel trattamento di
numerosi tipi di lesioni vascolari e pigmentarie. La luce pulsata, altres, presenta
notevoli vantaggi applicativi nel campo dellepilazione in quanto consente di
interagire con la melanina presente nei peli castani e neri con una specificit
leggermente inferiore rispetto a quella del laser Nd:Yag. Viceversa nelle strutture
che contengono poca melanina o feomelanina (biondi e rossi) lIPL consente risultati
decisamente superiori rispetto agli altri laser. Uno dei limiti applicativi consiste nella
necessit della perfetta conoscenza, da parte delloperatore, dei parametri di
impostazione dello strumento in quanto gli effetti collaterali di tipo pigmentario e
cicatriziali, in caso di erroneo impiego, potrebbero dar luogo ad esiti permanenti.
Esistono in commercio anche apparecchiature combinate che permettono di lavorare
contemporaneamente con lunghezze donda emesse dallIPL e dal Nd:Yag laser. Per
tutti i pazienti opportuno compilare una scheda che riporti in maniera dettagliata
dati anamnestici che riguardano eventuali patologie ed in particolare androgeno
correlate o comunque endocrine, le terapie recenti o in atto e le sedi anatomiche del

139

Laserchirurgia cutanea

loro inestetismo ovvero il consenso informato. Tutti i soggetti debbono possedere una
precisa documentazione fotografica prima del protocollo terapeutico e ai controlli
prima della seduta successiva. La cadenza delle applicazioni varia da 4 a 6 settimane
luna dallaltra. I soggetti vanno fatti radere a domicilio tre giorni prima del
trattamento: in caso di depilazione con ceretta sarebbero opportuni tempi
leggermente pi lunghi. Il numero delle sedute generalmente compreso tra 6 e 9
sedute essendo di norma minore nei soggetti con fototipo pi scuro. Anche le energie
impiegate variano in funzione del fototipo e del laser impiegato (ad esempio 30J/cm
nei soggetti scuri e 45-60J/cm nei soggetti chiari per il Nd:Yag laser). Il dolore che
si associa alle alte energie generalmente ben tollerato sia per lutilizzo del sistema
di refrigerazione che per la notevole motivazione dei soggetti in cura. Refrigerare il
campo operativo fondamentale anche per ridurre lincidenza degli effetti
collaterali. Il trattamento con il laser determina
certamente un miglioramento del quadro clinico sia in
termini di riduzione quantitativa dei peli che del loro
spessore. La percentuale di rarefazione dei peli
superflui (10-15% a seduta) stata stimata tra il 30 ed
il 75% e dipende ovviamente dal tipo di sorgente
impiegata e dal fototipo. Il follow up medio a 18 mesi dimostra risultati stabili.
L'utilizzo della fototerapia nella psoriasi con radiazioni ultraviolette A (UVA)
impiegate da sole o in associazione con psoraleni (PUVA) e/o retinoidi (RePUVA)
ampiamente conosciuta ed ritenuta valida seppure con le limitazioni dovute alla
possibile insorgenza di effetti collaterali come la carcinogenesi cutanea. L'impiego
delle radiazioni UVB ha rivoluzionato il trattamento fototerapico nella malattia
psoriasica grazie anche alla messa a punto di apparecchi ad azione selettiva in grado
di ottenere bande di emissioni sempre pi ristrette e dunque piefficaci cos come la
possibilit di combinare terapie fisiche e farmacologiche (psoraleni, ciclosporina,
etc.) ha consentito di ridurre la concentrazione cumulativa di UVB limitando la
tossicit dei farmaci stessi. Nell'ambito delle radiazioni ultraviolette di tipo B, il
trattamento con la luce monocromatica ad eccimeri a 308 nm (MEL) rappresenta una
delle novit terapeutiche pi recenti in grado di offrire eccellenti risposte cliniche
sulla base di una drastica diminuzione dei livelli di citochine infiammatorie sulla cute
psoriasica. A conclusione di tutto quanto sopra riteniamo opportune alcune
considerazioni sulle complicanze e sui rischi correlati all'utilizzo dei sistemi laser.
Ipopigmentazioni, iperpigmentazioni, cicatrici patologiche o depresse, infezioni,
insuccessi, sono eventi indesiderati ma che sono purtroppo parte integrante della

140

Laserchirurgia cutanea

laserchirurgia cutanea e sono presenti in percentuale variabile in tutti i follow up ma


possono diventare rilevanti e gravi con un approccio empirico e grossolano al sistema
laser. Altrettanto importante la conoscenza dei rischi legati al raggio laser ovvero
delle norme di sicurezza parte integrante di un centro di chirurgia laser e non
possono essere sottaciuti i pericoli derivanti dai fumi di origine chirurgica. Tra i rischi
possibili i pi pericolosi sono le lesioni oculari: i sistemi laser infatti possono essere
altamente dannosi per gli occhi anche con brevi esposizioni ad un raggio diretto o
riflesso. Il laser ad anidride carbonica,

ad esempio, selettivo per l'acqua e

pertanto lo strato lacrimale che copre la cornea assorbe prontamente un raggio


vagante con una inevitabile, immediata ma transitoria ustione corneale mentre altri
apparecchi come il Nd:YAG, il KTP, il Dye, etc. per le loro specifiche caratteristiche
fisiche riescono a superare la barriera iniziale di acqua ed il cristallino umano
rifocalizza e rafforza l'energia in entrata dirigendola a densit di potenza elevata
verso il segmento posteriore dove la retina, la macula e la fovea possono subire danni
gravi ed irreversibili. Non possono, infine, essere sottaciuti i pericoli derivanti dai
fumi: la ricerca ha dimostrato che, a prescindere dalla fonte di energia, il fumo
chirurgico contiene sempre carbonio (mutageno), sangue e microrganismi patogeni in
esso contenuti ed una serie di gas tossici tra cui benzene, formaldeide ed acroleina:
studi specifici hanno anche segnalato che durante la vaporizzazione tissutale con il
CO2 nei fumi sono presenti particolari nocivi tra cui vi rioni intatti e DNA virale ovvero DNA provirale del virus HIV anche se incapaci di riprodursi forse per la stessa,
specifica azione del raggio laser.

141

Linvecchiamento cutaneo

LINVECCHIAMENTO CUTANEO
I sistemi viventi sono il frutto di una rete integrata
di

funzioni

come

sviluppo,

differenziazione,

crescita, difesa, riproduzione, invecchiamento e


morte. Linvecchiamento un processo graduale
che

coinvolge

ogni

parte

dellorganismo,

provocando una alterazione nella funzionalit di


tutti gli organi e una riduzione della loro capacit di conservazione. Tale processo si
verifica a livello cellulare e rispetta un programma geneticamente determinato, i
geni coinvolti, comunque, non sono stati del tutto identificati. La perdita di funzione
delle cellule e degli organi dipende non solo da un programma geneticamente
determinato ma anche dallaccumulo di danni provocati dallambiente. Molti studiosi
sostengono, infatti, che linvecchiamento degli esseri viventi derivi pi dalla loro
interazione con lambiente che dalla inevitabile conseguenza di una fatalit
preprogrammata. In unaltra definizione linvecchiamento infatti considerato come
il frutto dellaccumulo di danni molecolari nel corso della vita. Il patrimonio genetico
gioca comunque un ruolo fondamentale sulla velocit dinvecchiamento e sulla
durata di vita di un organismo, in quanto i fattori ambientali avranno effetti
differenti su due individui che presentano patrimoni genetici diversi. La ricerca
scientifica nella biologia molecolare e nella immunologia cellulare ha permesso di
migliorare le conoscenze nel processo dinvecchiamento. La cute lorgano in cui
linvecchiamento maggiormente influenzato dai fattori genetici e ambientali e
soprattutto la sede in cui linterazione di tali fattori diventa molto stretta.
Linvecchiamento cutaneo un processo complesso ed associato a cambiamenti
morfologici e chimici. Lepidermide umana subisce durante linvecchiamento
significative alterazioni strutturali. Si assiste ad un assottigliamento epidermico del
10-50% nelle zone non esposte a fattori ambientali nei soggetti tra i 30 e gli 80 anni
di et, tale atrofia epidermica influenza soprattutto lo strato cellulare spinoso. I
cambiamenti maggiori, comunque, si verificano entro lo strato basale che
rappresenta la sede delle cellule germinative ed in particolare vede coinvolte due
sottopopolazioni: le cellule staminali epidermiche e quelle in attiva proliferazione.
Le cellule basali mostrano una grande eterogeneit nella grandezza con un
complessivo aumento di volume. Si assiste inoltre ad una riduzione del 35% della

142

Linvecchiamento cutaneo

superficie di contatto tra il derma e lepidermide a causa dellindebolimento delle


giunzioni dermo-epidermide. Tutti questi cambiamenti determinano la cosiddetta
discrasia epidermica caratterizzata da una diminuita attivit mitotica, aumento
della durata del ciclo cellulare e del tempo di migrazione dallo strato basale allo
strato corneo. Linvecchiamento dellepidermide viene spesso messo in relazione con
la carcinogenesi, con limmunosorveglianza, con linfiammazione e con la funzione di
barriera. La ridotta capacit da parte delle cellule di dividersi e quindi di essere
insensibili a stimoli mitogenici ha indotto a considerare la senescenza replicativa
come un meccanismo di prevenzione al cancro. A tale proposito pu apparire
paradossale una considerazione: linvecchiamento epidermico predispone allo
sviluppo del cancro. La senescenza replicativa mantenuta da tre molecole
fondamentali: la proteina inibitoria p16 che deattiva il complesso CdK4/ciclica D, la
proteina p53, coinvolta in molti processi cellulari tra cui il riparo del DNA e la morte
cellulare programmata e la telomerasi che attivamente rigenera i telomeri
cromosomiali, strutture nucleari che si accorciano ad ogni divisione cellulare. Le
cellule senescenti daltronde sono caratterizzate da una aumentata resistenza
allapoptosi, in tal modo sono in grado di sopravvivere per periodi anche lunghi senza
dividersi o morire, consentendo ai danni al DNA o alle proteine di accumularsi.
Nella cute invecchiata quindi si verificano:

progressivo accumulo di proteine e lipidi danneggiati dal punto di vista ossidativo,

evento che scaturisce soprattutto da una riduzione dei meccanismi anti-ossidanti;

riduzione dei meccanismi di riparo del DNA evento che genera instabilit genetica

e velocit di mutazione.
Laccumulo di mutazioni al DNA o di proteine danneggiate fa in modo che nelle
cellule senescenti si giunga, pur lentamente, al punto di trasformazione neoplastica
situazione in cui la cellula diviene immortale. I processi dinvecchiamento sono stati
rilevati anche in altri tipi cellulari dellepidermide.
Melanociti - Il numero di melanociti diminuisce del 8-20% per ogni decade dopo i 30
anni e inoltre si verifica una eterogeneit delle loro caratteristiche morfologiche e
funzionali.
Cellule di Langerhans Sono le cellule presentanti lantigene pi importanti nella
pelle. Nei soggetti anziani tali cellule si riducono significativamente di numero e
mostrano alterazioni morfologiche (minore formazione di dendriti e ridotta capacit
di captare lantigene). La funzionalit danneggiata di queste cellule potrebbe
spiegare la diminuita funzione immunitaria della cute nei soggetti anziani. Le fibre
elastiche, il collagene, i fibroblasti e la matrice extracellulare sono i costituenti

143

Linvecchiamento cutaneo

principali del derma e quelli maggiormente esposti ai fattori dellinvecchiamento. Il


collagene il maggior costituente del derma rappresentando il 75% del peso secco, le
sue fibre considerate come limpalcatura strutturale della pelle, instaurano tra loro
dei legami che recano alla cute stabilit e resistenza alla rottura. Linvecchiamento
comporta una rigidezza cutanea e un aumento di legami tra le stesse fibre di
collagene. Due importanti meccanismi sono alla base di tali fenomeni: processi
controllati da enzimi, che sono coinvolti nello sviluppo e nella maturazione e processi
non enzimatici di glicosilazione che seguono la maturazione del tessuto. Il
meccanismo del primo tipo converte i legami immaturi tra le fibre di collagene
rendendo le strutture mature e stabili, mentre il secondo meccanismo porta alla
formazione di prodotti finali di glicosilazione. Tali prodotti possono recare danno
molecolare in quanto sono in grado di formare legami con proteine a lunga vita come
il collagene. Linvecchiamento cutaneo comunemente associato ad un aumentato
raggrinzimento della pelle, alla formazione di pieghe cutanee e ad un generale
rilassamento tissutale. Nel considerare le ragioni che hanno indotto tali cambiamenti
necessario distinguere linvecchiamento biologico, geneticamente determinato, da
quello indotto da fattori ambientali (esposizione al sole). Nel primo caso si parla di
processo intrinseco, nel secondo di processo estrinseco. Bench leziologia tra tali
meccanismi molto diversa, alcuni cambiamenti dannosi (distruttivi o deleteri)
osservati nella pelle invecchiata protetta dal sole, sono similari a quelli che
caratterizzano la pelle foto-esposta. Comunque, in questultima condizione, i
processi comuni sono sovrimposti con cambiamenti specifici in risposta a radiazione
UV, includendo pesante elastosi e degenerazione di collagene.

Invecchiamento intrinseco
Il processo dellinvecchiamento intrinseco nella cute simile a quello che si verifica
nella maggior parte degli organi interni e che coinvolge un lento deterioramento
della loro funzione. In generale nel tessuto cutaneo lepidermide, diventa
strutturalmente pi sottile e i corneociti sono meno aderenti luno allaltro, il
numero e la capacit biosintetica dei fibroblasti si riduce. Lavanzare dellet
provoca inoltre alterazioni nelle fibre di collagene, nellelastina e in altri costituenti
della matrice extracellulare, per esempio:

le fasce di collagene si orientano in modo casuale e si riducono di numero;

le fibre di elastina mostrano segni di elastolisi, lespressione del gene

dellelastina si riduce con progressiva scomparsa di tessuto elastico nel derma


papillare;

144

Linvecchiamento cutaneo

i proteoglicani rappresentano un costituente della matrice extracellulare

importante per la fisiologia della pelle, bench presenti in quantit minore rispetto
al collagene. La decorina un piccolo proteoglicano che forma legami con il
collagene di tipo I e la cui distruzione comporta fibrille di collagene anormali e
riduzione nella resistenza alla rottura. La pelle umana adulta contiene una forma
troncata di decorina considerata come un suo frammento catabolico. Tale forma ha
unaffinit con il collagene enormemente inferiore rispetto alla forma normale ci
potrebbe contribuire alla instabilit della pelle.
Linvecchiamento cutaneo biologico deriva da una combinazione di tre eventi
fondamentali:

ridotta capacit proliferativa delle cellule;

diminuita sintesi di matrice nel derma;

aumentata espressione di enzimi che degradano la matrice.

Teoria della senescenza cellulare


La senescenza cellulare cio la ridotta capacit delle cellule (cheratinociti,
fibroblasti e melanociti) di duplicarsi coinvolge larresto della crescita cellulare nella
fase G1 del ciclo cellulare e la non possibilit di rientrare nella fase S in presenza di
stimoli mitogenici. Tali fenomeni sono dovuti ad una repressione di quei geni
regolatori della crescita importanti per la progressione del ciclo cellulare e per la
sintesi di DNA. I regolatori negativi della crescita sono sovraespressi, includendo p21
e p16, noti inibitori delle proteinchinasi dipendenti dalla ciclina. Nelle cellule
senescenti possibile osservare oltre un arresto irreversibile della crescita anche
resistenza alla morte per apoptosi e alterate funzioni di differenziazione. Si verifica
quindi, laccumulo di cellule senescenti con alterata espressione genica e alterato
fenotipo che potrebbero eventualmente giustificare la ridotta funzionalit e integrit
del tessuto, tipiche caratteristiche dellinvecchiamento.
Lalterata funzionalit tissutale spiegherebbe almeno in parte i cambiamenti
osservati nella matrice della cute invecchiata. Nei fibroblasti presenescenti, infatti,
lattivit degli enzimi degradanti la matrice extracellulare come la collagenasi
(MMP1) e la stromielisina (MMP3) presente a livelli molto bassi, mentre gli inibitori
delle metalloproteasi della matrice (TIMP1 e TIMP3) sono espressi ad alti livelli.
Questi andamenti di espressione vengono completamente invertiti nei fibroblasti
senescenti. Nella pelle degli individui anziani si verifica una diminuzione nella
biosintesi di collagene e tale cambiamento inclinerebbe la cellula da un fenotipo che
produce

matrice

ad

uno

che

la

degrada

contribuendo

alla

riduzione

disorganizzazione del collagene. Accanto a tali fenomeni si rileva una ridotta

145

Linvecchiamento cutaneo

espressione del gene per lelastina che determina la scomparsa del tessuto elastico
nel derma.

Teoria dello stress ossidativo


Lo stress ossidativo costituisce una teoria, relativa allinvecchiamento, alternativa a
quella

della

senescenza

cellulare.

Il

programma

genetico

alla

base

dellinvecchiamento cutaneo biologico caratterizzato da geni sensibili allo stato


redox della cellula, ci suggerisce che linvecchiamento fortemente influenzato da
stress ossidativi. E noto che lepidermide possiede una attivit antiossidante
estremamente efficiente e superiore a quella rilevata in molti tessuti. La riduzione di
tale efficienza stata proposta come fattore importante per linvecchiamento.
Comunque, il ruolo della ridotta capacit antiossidante nella pelle invecchiata
ancora molto controverso. Da una parte, in tale condizione, molti studi scientifici
descrivono una riduzione di alcuni enzimi come Cu, Zn-superossidodismutasi (SOD),
catalasi e glutatione per ossidasi, dallaltra altri suggeriscono che linvecchiamento
cutaneo non sia dovuto ad un generale declino nella capacit antiossidante.
Comunque tutti sono concordi nel sostenere che laccumulo di radicali liberi durante
la vita molto probabilmente promuove linvecchiamento cellulare poich i
meccanismi cosiddetti scavenging (spazzini), non sono efficienti al 100% ad ogni
stadio della vita. Tale considerazione sostenuta da un recente studio in cui
dimostrata la maggiore vulnerabilit di fibroblasti provenienti da soggetti anziani alla
presenza di proteine ossidate generate da stress ossidativo e la loro incapacit nel
rimuoverle efficientemente quanto i fibroblasti di soggetti giovani.

Invecchiamento estrinseco
Laccumulo di danni provocati dallinterazione con fattori ambientali (per es.
esposizione allumidit per linizio della osteoartrosi) o dallo stile di vita (per es.
mancanza di esercizio per linvecchiamento del muscolo scheletrico) pu essere
definito come invecchiamento accelerato o estrinseco. Negli organismi superiori, in
particolare nelluomo, linvecchiamento cutaneo molto legato allo stile di vita.
Sono stati identificati molti fattori che intervengono a tale proposito: radiazione
solare, infezioni di microrganismi, forze gravitazionali, campi elettromagnetici,
alimentazione, stress psicologici, fumo di sigarette e altri inquinanti aerei, anossia,
ferite e traumi. Linvecchiamento estrinseco un processo biologico complesso che
coinvolge i vari strati della pelle con danni maggiori a carico del tessuto connettivo
del derma. Tale forma (tipologia) dinvecchiamento risulta principalmente dovuto
allesposizione alla luce ultravioletta e per tale motivo chiamato anche
fotoinvecchiamento (photoageing).

146

Linvecchiamento cutaneo

Dal punto di vista clinico il fotoinvecchiamento caratterizzato da perdita di


elasticit, aumento di rugosit e secchezza, pigmentazione irregolare, profondo
raggrinzimento (corrugamento), formazione di vesciche e ridotta guarigione di ferite.
I tre principali componenti del derma, collagene, elastina e glicosamminoglicani, gi
coinvolti

nellinvecchiamento

intrinseco,

sono

protagonisti

anche

di

quello

estrinseco.

Il segnale istopatologico maggiore (pi importante) del fotoinvecchiamento il


pesante accumulo di materiale cosiddetto elastotico nel derma superiore e mediano.
In tale materiale si ritrovano i componenti della matrice extracellulare che pur
costituendo il network di fibre elastiche normale, presentano in queste circostanze
una organizzazione strutturale e una funzionalit notevolmente modificate. La
degradazione delle fibre elastiche presenti e la disregolata produzione di elastina e
fibrillina cooperano probabilmente nella formazione del materiale elastotico.
-La degradazione delle fibre elastiche attribuibile allaumentata attivit
dellelastasi dermica, proveniente dallinfiltrato infiammatorio di neutrofili e anche
dagli stessi fibroblasti dermici in risposta alla radiazione acuta UV. Dal punto di vista
istochimico, chiaramente evidente una deplezione di microfibrille intatte e fibre
elastiche nella cute fotodanneggiata. La deposizione di nuovo materiale un evento
che pu verificarsi dal momento che stata rilevata unaumentata espressione dei
geni per lelastina e per la fibrillina nella cute fotodanneggiata. Il materiale prodotto
chiaramente non funzionale e contribuisce alla formazione della massa amorfa
tipica della pelle invecchiata.

Il sistema di fibre collagene, includendo il collagene di tipo 1 e la decorina


downregolato nella pelle fotodanneggiata. Infatti alla ridotta produzione di collagene
si unisce la degenerazione dellambiente circostante ad opera di particolari enzimi.
Numerosi dati di letteratura sostengono che la riduzione nel contenuto di collagene
dovuta ad una aumentata degradazione. E stato inoltre dimostrato in vitro che
laccumulo di collagene degradato ha la capacit di ridurre lattivit proliferativa dei
fibroblasti e la sintesi di collagene.

Gli enzimi ritenuti importanti nella degradazione della matrice nella pelle
appartengono alla grande famiglia delle metalloproteasi (MMP).
Lespressione di tali enzimi indotta da radiazioni UV. Le azioni combinate di 4
principali metalloproteasi:

Collagenasi (MMP1);

Gelatinasi di 92 kDa (MMP2);

Gelatinasi di 72 kDa (MMP9);

147

Linvecchiamento cutaneo

Stromielina 1 (MMP3);

sono in grado di degradare il collagene della pelle e il sistema elastico.


Nella pelle normale lespressione basale di questi enzimi relativamente bassa e pu
essere marcatamente aumentata dallirradiazione con raggi UV sia in vivo sia in
prove in vitro. La degradazione della matrice dermica non giustifica da sola i
numerosi cambiamenti che appaiono nella cute fotodanneggiata. Unaltra probabile
causa origina da difetti nei processi di riparo, tali difetti possono portare ad
alterazioni permanenti nella struttura e nellorganizzazione delle fibre di collagene e
di elastina e influenzare fortemente le propriet biochimiche della pelle. Da tempo
stata ben documentata linfluenza che let pu esercitare sulla velocit di
guarigione di una ferita e molti dei meccanismi descritti potrebbero risultare
coinvolti anche nei processi di riparo della cute in seguito a danno da radiazione UV.
E importante sottolineare che i due processi di invecchiamento (intrinseco ed
estrinseco), hanno sia effetti quantitativi che qualitativi sulle fibre di collagene e di
elastina nella pelle. La deficienza di collagene che si verifica in tali processi per
dovuta a meccanismi significativamente differenti. Nellinvecchiamento intrinseco si
assiste ad una ridotta sintesi di collagene e ad una aumentata espressione di
metalloproteasi. Nellinvecchiamento estrinseco la radiazione UV induce la sintesi di
collagene ma lespressione delle MMP cos alta che la degradazione del collagene
risulta essere pi evidente (oppure risulta avere il peso maggiore). Si pu quindi
concludere che il bilancio tra sintesi di collagene e degradazione, che alla base
della deficienza di collagene differente nella pelle invecchiata naturalmente e in
quella fotoinvecchiata. Alcune anormalit come il collagene frammentato e
raggruppato, tipiche della pelle esposta a radiazione UV, sono osservate anche nella
pelle protetta dal sole nellinvecchiamento cronologico. Altre, invece, come
laccumulo di materiale elastotico e altri detriti acellulari, non sono osservate in
modo rilevante nella pelle invecchiata ma protetta dal sole.
Teoria del modello micro-infiammatorio dellinvecchiamento
Nel 1996 fu proposto il modello micro-infiammatorio dellinvecchiamento della pelle.
Nel corso dello studio di tale modello fu osservato che tutti quei fattori tipici
dellinvecchiamento

avevano

la

capacit

di

indurre

la

sintesi

di

ICAM-1

nellendotelio. Ci suggerisce che tutti quei fattori in grado di accelerare


linvecchiamento, hanno la capacit di innescare una forma di risposta infiammatoria
che

si

auto-mantiene.

Il

modello

permette

di

riconoscere

nuovi

fattori

dellinvecchiamento e di presagire se una particolare aggressione alla pelle potr

148

Linvecchiamento cutaneo

innescare la sintesi di ICAM-1 nellendotelio. In base a questo modello si potrebbero


anche considerare interventi per ridurre la velocit dinvecchiamento.

Invecchiamento e Ormoni
La cute spesso considerata come una ghiandola endocrina in ragione della sua alta
attivit ormonale (Labrie et al 2000). Gli ormoni trovati nella pella umana sono la
melatonina e lormone anti-stress DHEA. Questultimo convertito in metaboliti
simili ad estrogeni e androgeni ritrovabili solo nella pelle. Leffetto pi importante
degli estrogeni consiste nello stimolare il collagene e lacido ialuronico, noto fattore
didratazione (dumidit). Linvecchiamento comporta una riduzione non solo di
estrogeni e collagene, ma anche di enzimi necessari per la conversione del DHEA. E
importante sottolineare che le donne trattate con estrogeni sintetici mostrano una
pelle pi soda. Altri effetti positivi del DHEA sono legati alla sua azione protettiva
sulla pelle. Uno studio recente ha dimostrato, a tale proposito, che il DHEA applicato
topicamente in grado di proteggere i delicati vasi sanguigni della pelle,
preservando la salute della pelle stessa. Il meccanismo attraverso il quale il DEHA
salvaguarda la cute non noto, ma senza dubbio la sua attivit anti-infiammatoria
pu rivestire un ruolo importante in tale direzione.

Invecchiamento e Stress Ossidativo


I processi ossidativi e i radicali liberi (conducono allaccumulo) rappresentano le
principali cause sottostanti laccumulo di danno cellulare (Wenk et al 2001; Kohen
1999). Molti studiosi sono concordi nel credere che la teoria dei radicali liberi, valida
per molte malattie, possa essere applicata anche allinvecchiamento cutaneo. I
radicali liberi sono piccole molecole instabili generate da un ambiente fortemente
ossigenato, in cui richiesta lazione stabilizzatrice di un sistema anti-ossidante.
La pelle di soggetti giovani al pari (di quella) dei soggetti anziani esposta a
numerosi stimoli che inducono danno cellulare, ma nei primi c sufficiente energia
per riparare eventuali danni al DNA, per promuovere il rinnovo cellulare e inoltre in
tali soggetti sono prontamente disponibile gli enzimi con attivit anti-ossidante come
SOD e catalasi. Linvecchiamento comporta una diminuzione di energia per il riparo e
il rinnovo cellulare e gli stessi enzimi anti-ossidanti sono meno disponibili.
Lesposizione alla radiazione solare genera radicali liberi nella pelle e le aree
cronicamente esposte al sole (mani, viso, collo e braccia) sono quelle in cui
linvecchiamento pi evidente.
Il collagene, importante proteina della pelle, suscettibile al danno provocato dai
radicali liberi, danno che comporta la rottura della molecola e la diversa formazione
di nuovi legami. La conferma del ruolo dei radicali liberi nellinvecchiamento

149

Linvecchiamento cutaneo

cutaneo deriva dallevidenza che lapplicazione topica di anti-ossidanti conferisce


una significativa protezione e anche parziale inversione di alcuni aspetti
dellinvecchiamento.

Invecchiamento e Prevenzione
La salute della pelle, concomitantemente al passare del tempo, mantenuta
applicando sostanze a livello topico, ma anche mediante interventi dallinterno con
una corretta alimentazione. Gli acidi grassi essenziali, anti-ossidanti e altre sostanze
contenute negli alimenti sono fondamentali nel mantenere la pelle sana. Cibi ricchi
di RNA (sardine, tonno e legumi) aiutano a migliorare lenergia cellulare, cibi ricchi
di anti-ossidanti (frutta, vegetali e tea verde) proteggono dal danno ossidativo e dai
radicali liberi. Una protezione migliore pu essere ottenuta anche mediante
lingestione di supplementi alimentari come vitamina A, C, E, selenio, vitamine del
gruppo B, zinco, rame e manganese. Gli anti-ossidanti comunque risultano essere
maggiormente efficienti quando sono applicati topicamente, in particolare stato
dimostrato che la loro applicazione prima dellesposizione alla radiazione solare ha
effetti protettivi maggiori. La vitamina C, importante perch inibisce lattivit dei
radicali liberi, anche richiesta per la sintesi di collagene, sintesi che declina nel
corso della vita. Lapplicazione topica di vitamina C, con un mezzo che attraversa la
pelle, pu aumentare la disponibilit di tale sostanza per la produzione di collagene.
La vitamina C, inoltre, in grado di rigenerare la vitamina E rendendola capace di
svolgere una azione anti-ossidante protettiva nelle fibre di elastina della pelle.
Acido -lipoico. E' un anti-ossidante in grado di potenziare gli effetti benefici di altri
anti-ossidanti.
e idrossi acidi -acido glicolico e acido salicilico. Sono sostanze, note da circa
ventanni, in grado di migliorare la qualit della pelle grazie alla loro azione
esfoliante. Lesfoliazione rimuove le cellule morte dalla superficie in modo che le
cellule nuove e giovani si rendono visibili. Le sostanze idrossi sono ottime anche
come stimolatori della produzione di collagene e della crescita.
Dimetilaminoetanolo (DMAE). Linvecchiamento provoca un avvallamento del tessuto
cutaneo in seguito alla distruzione delle strutture di supporto della pelle come
collagene ed elastina. Dati recenti di letteratura dimostrano che il DMAE ha la
capacit di fermare lavvallamento cutaneo in quanto funziona come stabilizzatore
delle membrane cellulari.
Tossina del Botulino. Il Botox una soluzione diluita della tossina botulinica di tipo
A. Negli ultimi dieci anni tale preparato viene utilizzato nelluomo per migliorare le
linee despressione e le rughe del viso.

150

Linvecchiamento cutaneo

Le rughe
La ruga pu essere definita come un solco lineare permanente della pelle, di
profondita' variabile. In base ad una classificazione causale si distinguono:
- rughe di espressione
- rughe gravitazionali
- rughe attiniche
- pieghe da sonno
Le rughe di espressione o muscolo-mimiche
Sono quei solchi che si formano sulla cute del volto a causa della trazione ripetitiva
esercitata dai muscoli mimici. Sono piu' evidenti nei soggetti che fanno largo uso
della mimica facciale, sono piu' marcate in alcune sedi o dal lato piu' usato per
l'espressione. Gia' all'eta' di 30 anni sono ben visibili e diventano progressivamente
piu' profonde ed infine permanenti. Distinguiamo le seguenti rughe e i muscoli mimici
corrispondenti:

frontali orizzontali: muscolo frontale (mimica dell'attenzione)

glabellari verticali: muscoli corrugatori sopracciliari, orbicolari dell'occhio,

procero (mimica della concentrazione)

glabellari orizzontali: procero

perioculari sottorbitarie e del canto esterno, "a zampa di gallina": muscolo

orbicolare dell'occhio

superiore e m. zigomatici (sorriso e mimica della gioia) operilabiali radiali:

muscolo orbicolare della bocca o labio-geniene: muscoli triangolari delle labbra e


muscoli mentonier (mimica della tristezza)

trasversali del collo: muscolo platisma.

Le rughe gravitazionali o pieghe di lassita' cutaneo-muscolare


Compaiono quando le fibre elastiche e i fasci di collagene alterati del derma non
sono piu' in grado di controbilanciare la forza di gravita'. Diventano sempre piu'
evidenti

con

la

progressiva

ipotrofia

delle

strutture

di

sostegno

(cronoinvecchiamento). Comprendono:

i solchi naso-genieni, secondari allo "scivolamento" del tessuto adiposo e della


cute

le rughe labio-geniene accentuate dall'abbassamento degli angoli della bocca

blefarocalasi e ptosi delle sopracciglia

"borsette" latero-mentoniere e "doppio mento" per riduzione di volume del III


inferiore del volto.

151

Linvecchiamento cutaneo

Le rughe attiniche
Sono dovute al danno cumulativo esercitato dalla radiazione solare sulle fibre
elastiche (elastosi solare) e collagene. Sono presenti nelle regioni fotoesposte.
Nell'adulto sono poco evidenti, compaiono precocemente nei soggetti con fototipo 1
e 2 esposti ripetutamente e per periodi prolungati alle radiazioni UV naturali o
artificiali. Corrispondono a una piu' o meno marcata accentuazione della tramatura
cutanea che determina un quadro di sottili rughe diffuse, con cute "corrugata", "a
pergamena", o, in stadio avanzato, " a tessuto sgualcito" a causa dell'estrema perdita
di elasticita' della pelle.
Le pieghe da sonno
Sono unilaterali e determinate dalla postura notturna prevalente. Generalmente
intersecano altre rughe e sono localizzate a livello frontale o fronto-temporale
nell'uomo, e a livello delle guance nella donna. Inizialmente sono reversibili,
scompaiono

variando

la

postura;

successivamente,

tendono

divenire

progressivamente permanenti. Al fine di individuare il trattamento correttivo piu'


adeguato per ogni singola ruga, e' fondamentale un'accurata valutazione dei fattori
causali determinanti la sua formazione.

152

Argomenti di chirurgia estetica

ARGOMENTI DI CHIRURGIA ESTETICA


La Chirurgia Plastica quella branca della chirurgia interessata al riparo di
malformazioni o difetti di natura congenita o acquisita. La chirurgia riparativa,
ricostruttiva e correttiva o estetica si avvale del termine " plastico ", da plasmare,
che esprime una funzione chirurgica ma che lascia indeterminato il concetto
limitativo anatomico della specialit. Dalla sua denominazione infatti impossibile
stabilire quali tipi di lesione, quali alterazioni anatomiche e funzionali sono
elettivamente di competenza di questa antica ed allo stesso tempo moderna
disciplina chirurgica. I limiti di competenza territoriale sono omessi nella definizione
della chirurgia plastica perch non esiste territorio di superficie del nostro organismo
in cui non possa svolgere la sua azione terapeutica. Non dunque chirurgia d'organo
o di distretto ma di tutto il corpo, non chirurgia che si caratterizzi per la specificit
delle tecniche ma per la peculiarit degli intenti ovvero ricondurre quanto appare
deviato entro i confini della normalit, con il ripristino anche della funzione che le
anomalie di forma possono determinare. da tale convincimento, per cui normalit e
bellezza morfologica costituiscono concetti innati e universali, che trae il sostegno
una vecchia semplicistica convinzione secondo cui in Chirurgia Plastica il momento
della diagnosi sarebbe privo di difficolt perch unanomalia di forme e volumi
sarebbe chiaramente valutabile "al primo sguardo". In realt sufficiente ipotizzare
un programma chirurgico di correzione dell'aspetto per rendersi conto della
complessit dell'inquadramento del problema "difformit morfologica" che
risolvibile solo cercando di ricondurre le singole strutture alterate il pi vicino
possibile alla perfezione anatomica nel rispetto dei rapporti armonici reciproci previa
una minuziosa analisi delle deviazioni osservate. In Chirurgia Plastica il momento
centrale per cui richiesta la massima competenza non probabilmente quello della
esecuzione tecnica bens quello della pianificazione operatoria vale a dire la scelta
del protocollo chirurgico e,quando sia necessaria una sequenza di interventi,la loro
collocazione temporale che pu essere di settimane, mesi o anche anni. Un'altra
delle peculiarit della Chirurgia Plastica il fattore tempo nel cui ambito e
relativamente al quale vanno considerati sia la chirurgia che il risultato. Col
trascorrere del tempo avvengono due fenomeni biologici obbligati:
a) il paziente evolve per il naturale processo di maturazione ed invecchiamento
modificando il composto fisiognomico e la struttura corporea;

153

Argomenti di chirurgia estetica

b) i tessuti traumatizzati dalla chirurgia subiscono mutamenti anatomici intrinseci


con conseguenti alterazioni morfologiche e del comportamento biologico senza
dimenticare la cicatrice che evolve anch'essa ipotecando il risultato finale. Per
questa sua particolare correlazione con il fattore tempo, la Chirurgia Plastica stata
con saggezza definita da G.Sanvenero-Rosselli "chirurgia a quattro dimensioni". Sulla
base di tali considerazioni scaturisce un problema teoretico solo apparentemente
semplice: che cosa la normalit morfologica o dellaspetto?
Dai tempi pi antichi, filosofi, artisti e biologi si sono impegnati per dare una
risposta a questo interrogativo: basti ripensare il concetto di canone estetico
dell'arte ellenica, romana, medievale, rinascimentale o gli studi di geometria
applicata alla forma umana di Leonardo o gli scritti di antropometria e fisiognomica
del XIX e del XX secolo nonch le problematiche connesse con l'esistenza delle
diverse etnie. Dalla definizione della normalit" si passa automaticamente al
problema "definizione della bellezza" che della normalit dovrebbe rappresentare la
quintessenza, la massima espressione. La bellezza morfologica, pur nella sua attuale
indefinibilit, sembra essere un concetto connaturato alla mente umana e
rispondente, bench a livello inconscio, ai principi dell'armonia matematica che
improntano l'intera architettura dell'universo come noi lo conosciamo. Platone
definiva la bellezza come quella cosa che tutti sanno cosa sia ma che nessuno riesce
a definire: il vocabolo ormai tra quelli pi comuni ma viene usato come se si
trattasse di esprimere un valore misurabile e definibile mentre si riferisce solo ed
esclusivamente ad un significato ideale. Quella bellezza di cui parliamo tutti giorni
nella realt costretta dai vincoli di certi schemi che non troveremo mai neppure in
quelle persone di riferimento che ci piacciono e che quotidianamente giudichiamo
belle. Le argomentazioni sulla bellezza contenute nelle innumerevoli pagine della
filosofia comune sono talmente tante da annullarsi: il pi sofisticato dei computer
non sarebbe in grado di formulare una definizione che le coaguli tutte senza rischiare
di elaborare un compendio prolisso e maniacale. Paradossalmente soltanto la
Chirurgia Correttiva morfodinamica in grado di proporre un metro di giudizio
capace di fornire un possibile quanto del bello abbandonando le congetture del
passato e semplicemente assumendo come unit di misura il "grado di soddisfazione
per il proprio aspetto modificato". E dunque necessario ammettere che la ricerca
insensibile della bellezza stia chiusa nel cervello umano come un contenitore capace
di indurre certi popoli ad adornarsi anche in modi dolorosi oppure di spingere le
persone comuni all'uso del tatuaggio, del piercing, del trucco o dei semplici oggetti
ornamentali. Ci sembra dunque chiaro che gli schemi della bellezza individuati fino

154

Argomenti di chirurgia estetica

dall'epoca egiziana ed ognuno dei canoni della letteratura, da Schack a Hogarth fino
a Romm, possono essere utilizzati pi come richiamo per l'arte pittorica o scultorea
che per la pratica chirurgica nella quale resterebbero magari soltanto come guida
dimensionale. Coloro che sono soddisfatti delle loro fattezze restano indifferenti agli
stimoli dei confronti esterni e non avranno mai intenzione di modificare il loro "stato
morfologico". Certamente per esistono anche nuove ragioni che spiegano la attuale,
spasmodica ricerca del bello: mentre la tecnica pittorica o scultorea ha espunto per
secoli qualsiasi ipotesi di variabilit di un corpo umano da ritrarre, al contrario i volti
moderni anzich statici o diagrammatici, e quindi collettivi, appaiono fluidi e
mutanti, e dunque individuali, come i personaggi virtuali che sorgono innovati ogni
giorno sulle pagine dei giornali e dei media. Ci sembra dunque necessario ed utile
sostituire il concetto di bellezza con quello di armonia e sia conveniente riferirsi a
quelle dimensioni proporzionate" di cui si parla nella Chirurgia Plastica considerando
che nessun mezzo elettronico potrebbe estrapolare i significati delle espressioni
"fisionomia

attraente,

"atteggiamento

elegante,

"distinzione"

"aspetto

piacevole. Comunque affermare che bello quanto, per aspetto esteriore o per
qualit intrinseche, provoca impressioni gradevoli corretto ma elude ancora la
definizione del concetto di bellezza in s e daltronde persino Platone, nel suo Ippia
Maggiore, riusc soltanto a rendersi conto della relativit del bello. Procedendo dalla
"non bellezza individuale ad una condizione migliorata, diversa per ogni soggetto
e delimitata dalla sua soddisfazione, si potrebbe anche credere che il criterio
chirurgico sia il solo a consentire la definizione di "bello" come massimo correttivo
della condizione di "non bello ricavata dalla somma dell'intensit della percezione
dell'immagine corporea con il grado di miglioramento estetico atteso ma il Chirurgo
Plastico,a detta di Jack Anderson,deve restare soltanto un buon artigiano anche se il
pubblico talvolta lo incensa come un "artista: il suo impegno infatti non deve essere
di operare sempre in modo eccezionale bens di "non operare mai male. possibile
altres che il Chirurgo resti influenzato dalla sua cultura artistica e dal suo senso
della misura ma non potr mai applicare regole fisse come se si trattasse di disegnare
le linee di prospettiva per una figura geometrica: la Chirurgia Estetica dovrebbe
pertanto essere fondata sui principi generali dell'armonia e della proporzione ma
considerando unico ed irripetibile ogni singolo paziente. La Chirurgia Estetica dunque
riconosce indicazioni esclusivamente soggettive ed ha competenze riconducibili non a
quadri clinici patologici ma a tratti morfologici non graditi al soggetto, compatibili
con la normalit ma subordinati a numerose variabili quali il gusto personale, il
profilo psicologico,

let,

la professione,

155

lambiente socio-culturale,

larea

Argomenti di chirurgia estetica

geografica, etc. In conclusione, dove la natura stata meno clemente oggi


possibile rimediare, correggere, migliorare tenendo per bene a mente che le
motivazioni che spingono un individuo sano a sottoporsi ad un intervento sono
esclusivamente psicologiche e strettamente correlate con una conflittualit esistente
tra laspetto esteriore e limmagine interiore del proprio s: nei casi in cui la
condizione conflittuale lieve e sostenuta da motivazioni di realt la Chirurgia
Estetica giustificata e dar, se condotta lege artis, ottimi risultati se al contrario
palese una condizione psicotica con motivazioni inconsce sar pi adeguata una
consulenza psichiatrica e non certo una soluzione chirurgica.

Chirurgia estetica del volto


Il naturale processo di invecchiamento umano determina un generale cedimento dei
tessuti che sul viso e sul collo provocano la formazione di pieghe e rughe che
impietosamente dichiarano l'et del soggetto. Questo evento naturale ed inevitabile
particolarmente mal sopportato dalla nostra societ industrializzate in cui ad un
progressivo generalizzato allungamento della vita con un crescente numero di anziani
in buona salute, si contrappongono le leggi della
produttivit che tendono ad eliminare dal panorama lavorativo e sociale chi non
possa offrire di s un'immagine di giovinezza e quindi di dinamismo. Gli interventi
che hanno l'obiettivo di correggere l'invecchiamento del volto sono definiti
ritidoplastiche o ritidectomie o pi semplicemente face-lifting e sono in generale
caratterizzati dallo scollamento e distensione dei tessuti molli del viso e del collo. I
costanti aggiornamenti nelle tecniche operatorie trovano opportuna ragione di essere
nelle migliorate conoscenze del distretto cervico-facciale, nell'impiego pi idoneo di
parte di un organo o di una struttura e nell'utilizzo di strumenti e strategie
operatorie sempre pi sofisticate nel tentativo di ottenere risultati migliori e
soprattutto duraturi nel tempo. Ancora oggi, dunque, il face-lift non trova univocit
di vedute da parte dei chirurghi plastici ed in virt del gran numero di protocolli
proposti, con relative varianti, continua ad avere connotazioni tecniche differenti:
dalla sola mobilizzazione cutanea alla sospensione fasciale superficiale, dal
sollevamento muscolare allo scollamento sottoperiosteo (facial-mask) fino al pi
recente lifting endoscopico.Come tutti gli interventi di chirurgia estetica anche la
ritidoplastica non sfugge alla necessit di unaccurata visita preoperatoria ed un
minuzioso esame obiettivo per una adeguata pianificazione dell'intervento.

156

Argomenti di chirurgia estetica

Classificazione delle alterazioni cervico-facciali (Dedo)


Classe I

Minima deformit, angolo cervico-mentoniero ben definito, platisma


tonico, assenza di grasso cervico-mentale.

Classe II

Lassit della cute cervicale, iniziale aspetto a tendina, platisma


tonico, assenza di grasso cervico-mentale.

Classe III

Accumulo di grasso cervico-mentale.

Classe IV

Accentuazione muscolare, (salienza presente a riposo o su


contrazione).

Classe V

Retrognatia congenita o acquisita.

Classe VI

Osso ioide basso.

Per una migliore chiarezza espositiva riteniamo opportuno ricordare i tre


procedimenti operatori fondamentali:
1) la ritidoplastica cervico-facciale con plicatura o imbricazione delle strutture
fasciali dell'area parotidea-masseterina (ritidoplastica superficiale);
2) la ritidectomia cervico-facciale con sospensione platismatica e facciale
(ritidoplastica profonda);
3) il face-lift sottoperiosteo nelle sue varianti fronto-temporo-zigomatico e transtemporale (mask lift).
Le diverse strategie operatorie dunque si differenziano sostanzialmente in base al
piano anatomico dello scollamento mentre la via di accesso comune e, nella sua
variante allargata,

coinvolge la porzione anteriore del cuoio capelluto (incisione

coronale) per prolungarsi successivamente nella regione temporale e retrotragale


(Rees-Woodsmith)

fino

circoscrivere

per

intero

il

lobo

dellorecchio.

Posteriormente il taglio impegna la convessit del padiglione auricolare per 2-3 mm


dal solco retroauricolare fino alla proiezione del trago per poi procedere con
andamento curvilineo in basso, nella regione occipitale e nel capillizio. Il tempo
chirurgico

successivo,

rappresentato

dallo

scollamento,

deve

genericamente

attenersi allobbligo di salvaguardare lintegrit dei rami del nervo facciale e del
nervo grande auricolare con il massimo rispetto delle fonti vascolari: la dissezione
sottocutanea (ritidectomia classica o superficiale),

particolarmente utile per i

pazienti anziani, libera lembi di cute in eccesso che vengono escissi. Il risultato
finale dunque legato alla rimozione pi o meno generosa della cute ed alla
successiva aderenza cicatriziale tra pelle e sottocutaneo con la formazione di un
unica unit compatta e liscia. Nella ritididectomia profonda, indicata nei soggetti di
et compresa tra 50 e 60 anni, il piano anatomico della dissezione coinvolge la cute
ed il sistema muscolo-aponeurotico-superficiale (SMAS) che viene isolato ed ancorato
alla fascia masseterina, parotidea, al periostio dellarcata zigomatica ed alla fascia

157

Argomenti di chirurgia estetica

temporale cui fa seguito il rimodellamento della cute eccedente. Il coinvolgimento


dello SMAS finalizzato a dare maggiore stabilit alle strutture anatomiche ed un
risultato pi duraturo nel tempo. Nella variante allargata subiscono aggiustamenti
anche il muscolo orbicolare dellocchio e la muscolatura mimica periorale. Il face-lift
sottoperiosteo prevede un piano di scollamento sotto il periostio e dunque un
sollevamento en bloc dei tessuti molli soprastanti che, separati dal piano osseo,
vengono ricollocati adeguatamente e nel modo desiderato con suture alle ossa della
regione cranio-facciale ed alla fascia temporale. E utile ricordare che il periostio
un tessuto inestensibile e dunque lobiettivo della tecnica non quello di tirare i
tessuti ma di consentire un delicato push up di riposizionamento. Il protocollo
chirurgico prevede la rimozione solo di piccole quantit di cute ma in grado di
migliorare considerevolmente i tratti fisionomici e di correggere in modo efficace
anche le principali rughe di espressione (rughe glabellari, solchi nasogenieni). E
comunque una tecnica aggressiva indicata negli individui in fasce di et ancora
giovani che oltre ai primi segni dellinvecchiamento desiderano anche un sostanziale
cambiamento fisiognomico. La recente introduzione della videochirurgia nella pratica
clinica ha aperto nuovi orizzonti anche nella chirurgia plastica dove giorno dopo
giorno trova nuovi possibili settori di applicazione. Nella esecuzione del lifting
sottoperiosteo, in casi selezionati, lendoscopio si dimostrato uno strumento molto
utile permettendo al chirurgo di verificare, con la visione diretta, il piano di
dissezione, i punti anatomici di riferimento, i vasi ed i nervi da salvaguardare, la
realizzazione di manovre mirate e precise utilizzando piccole incisioni (1 cm) in
alternativa alle pi tradizionali ed estese vie di accesso. Il problema neck lift,
tipico nei pazienti avanti negli anni, parte integrante di una ritidoplastica ed
migliorabile con un approccio diretto mediante una piccola incisione nel solco
sottomentoniero per consentire la sintesi dei bordi anteriori del muscolo platisma e
lexeresi mirata dei cordoni ipertrofici. Nella pianificazione del ringiovanimento del
viso, la ritidectomia pu essere associata ad altre differenti procedure ancillari tra
cui:
la blefaroplastica;
la cheiloplastica additiva;
la liposuzione;
il lipofilling;
il resurfacing.
La blefaroplastica un intervento correttivo che
pu coinvolgere le palpebre superiori, inferiori o entrambe e prevede la rimozione

158

Argomenti di chirurgia estetica

prudente della cute in eccesso e dei depositi adiposi, erniati, responsabili delle
inestetiche borse palpebrali. Nella bleroplastica superiore lincisione chirurgica
giace sul solco tarso-orbitale (8-10 mm dal bordo ciliare) ed quindi ben dissimulata
mentre nella palpebra inferiore decorre a circa 1 mm dal bordo ciliare. Nei soggetti
giovani

con

borse

adipose

inferiori

pu

essere

utilizzata

anche

la

via

transcongiuntivale che non consente la rimozione della cute eccedente ma non lascia
alcuna cicatrice esterna. La cheiloplastica additiva prevede un insieme di possibilit
tecniche finalizzate allimbellimento delle labbra prevalentemente nella loro
componente mucosa: le labbra sottili sono infatti genericamente avvertite come
simbolo di vecchiaia e di malvagit. Laumento del volume pu essere ottenuto con
un lipofilling (impianto di tessuto adiposo autologo), con un innesto dermo-adiposo
autologo o con lutilizzo di fillers di sintesi costituiti da materiali eterologhi
biocompatibili: sono assolutamente da evitare materiali alloplastici permanenti
poich trattandosi di una regione anatomica in continuo movimento e soggetta a
microtraumi ripetuti, sono possibili reazioni infiammatorie con conseguente
innaturale indurimento del tessuto labiale. La liposuzione nel progetto di
ringiovanimento del volto trova una sua precisa collocazione da sola o in associazione
al fece-lift nei pazienti per i quali necessaria una maggiore definizione delle
guance o la rimozione di tessuto adiposo eccedente nella regione cervicale (doppio
mento). Viene di routine eseguita con delicate manovre di lipoexeresi e cannule di
piccolo diametro (2 mm) per ridurre al minimo il rischio di rimozioni eccessive o
danni alle strutture vascolo-nervose. Il lipofilling il procedimento chirurgico inverso
rispetto alla lipoaspirazione e prevede il prelievo di tessuto adiposo autologo da
reimpiantare per correggere eventuali perdite di sostanza del sottocutaneo. Nella
chirurgia estetica del volto la tecnica oltre che per la cheiloplastica additiva utile
per attenuare la depressione dei solchi naso-genieni,

delle rughe della regione

gabellare e per ricostituire la bolla del Bichat restituendo al viso la tipica rotondit
giovanile. Il resurfacing comprende un insieme di tecniche ancillari finalizzate al
miglioramento estetico della cute con lattenuazione o la eliminazione degli
inestetismi superficiali quali photoaging,

iperpigmentazioni,

rughe sottili,

ipercheratosi. Lobiettivo comune la distruzione guidata dellunit epidermidederma superficiale e, con la successiva riepitelizzazione, il ripristino di un mantello
cutaneo levigato e giovanile. Lobbiettivo terapeutico pu essere raggiunto mediante
peeling chimici profondi (acido tricloroacetico, fenolo), con la dermoabrasione e con
la fotovaporizzazione laser (C02 , Erbium:YAG).

159

Argomenti di chirurgia estetica

Rinoplastica
Nellambito della Chirurgia Estetica la rinoplastica lintervento maggiormente
richiesto ed al tempo stesso un banco di prova
tra i pi impegnativi per il chirurgo plastico. La
perfetta
fisiologia,

conoscenza
della

dellanatomia,

patologia,

delle

della

tecniche

operatorie senza una adeguata e specifica


esperienza personale non rappresentano una
garanzia per pianificare un progetto di modifiche strutturali del naso: la percentuale
di insuccessi (5-7%) registrati nelle casistiche internazionali confermano quanto sia
difficile realizzare un intervento che soddisfi pienamente loperatore ed il paziente.
Le cause vanno senzaltro ricercate nel panorama veramente complesso delle
deformit della piramide nasale, dalla necessit di avere la padronanza assoluta di
pi tecniche chirurgiche e, non ultimo, nella difficolt oggettiva di apprendere e/o
insegnare la rinoplastica stessa.
La moderna e corretta pianificazione della rinoplastica prevede:
1.

il colloquio preoperatorio;

2.

lo studio del caso clinico;

3.

la scelta e l applicazione corretta della strategia terapeutica;

Il colloquio preoperatorio, attento ed analitico, medico-paziente parte integrante


dellintervento chirurgico. Definire al meglio la personalit della persona consente al
chirurgo plastico di apprezzare se la richiesta motivata o dettata da tendenze
inconsce e di valutare lentit del beneficio sia sul piano estetico che sul piano
psichico.
Studi specifici sullargomento distinguono le motivazioni in due gruppi principali:
A) Motivazioni inconsce
Questo gruppo comprende soggetti

con personalit gravemente

disturbata,

psiconevrotici o individui con patologia da falso s, pazienti nei quali la richiesta


parte da motivazioni inconsce, per cui linsoddisfazione per il proprio aspetto fisico
un sintomo di disadattamento o di falso riconoscimento al s corporeo. In queste
circostanze lintervento chirurgico sconsigliabile e dannoso poich i pazienti, nella
maggior parte dei casi,

rimangono ancora pi frustrati dal proprio aspetto

realizzando tutte le premesse per una grave forma di depressione narcisistica con
sentimenti di vera e propria rabbia nei confronti del chirurgo che non li ha
soddisfatti.

160

Argomenti di chirurgia estetica

B) Motivazioni di realt
Al contrario il secondo gruppo composto da soggetti con una sintomatologia
strettamente correlata alla deformit nei quali lo stress e lansia sono per lo pi
legati ad essa, essendo lo stato psicologico disturbato, reattivo ad un difetto fisico
realmente presente e dunque eventuali sentimenti aggressivi nei confronti
delloperatore si manifestano soltanto in caso di errore tecnico o di profonda
delusione per le loro aspettative reali.
Studio del caso clinico
Con lo studio del caso clinico si entra nella fase operativa del protocollo terapeutico.
Un attento esame obiettivo locale ed una indagine fotografica-morfometrica del viso
sono elementi indispensabili per la formulazione della diagnosi, per la pianificazione
della strategia chirurgica e per la previsione del risultato finale. La valutazione
fisionomica del volto, infatti, non unarte libera, frutto semplicemente del senso
artistico del chirurgo ma, al contrario, fortemente legata a concetti matematici di
misura e di proporzione. Il volto distinto in 3 terzi: superiore (dalla linea dei capelli
alla glabella), medio (dalla glabella al punto sub-nasale), inferiore (dal punto subnasale al mento) ed in 5 unit estetiche principali (fronte, occhi, naso, labbra,
mento). Larmonia ideale tra le varie componenti regolata dalla conoscenza di 4
angoli fondamentali: langolo naso-frontale (125-135), langolo naso-facciale (3540), langolo naso-labiale (90-132) e langolo naso-mentale (120-132). Inoltre il
dorso del naso,

nella sua visione laterale, contenuto tra il nasion ed il punto

pronasale, la sua inclinazione data dallangolo naso-facciale e la lunghezza ideale


di 45 mm nelle donne e 49 mm negli uomini.
Scelta ed applicazione corretta della strategia terapeutica
Per la realizzazione della rinoplastica nel corso degli anni sono state messe a punto
numerose tecniche operatorie,

ognuna con i suoi vantaggi e svantaggi ma, nel

ribadire la necessit di un bagaglio teorico-pratico il pi ampio possibile, giusto che


il chirurgo plastico si affidi al metodo per il quale sente maggiore esperienza,
sicurezza e facilit di esecuzione. La richiesta pi comune quella di ridurre, snellire
il naso e la tecnica chirurgica prevede il rimodellamento completo dellarchitettura
osteo-cartilaginea dalla punta al dorso attraverso una incisione vestibolare (la parte
interna delle narici) e dunque non visibile allesterno. In casi particolari
(reinterventi, soggetti politraumatizzati) pu essere utile il metodo open che
utilizza una piccola incisione nella columella per realizzare uno scollamento ampio
del rivestimento cutaneo ed una visione diretta delle strutture anatomiche da
correggere. Meno frequente la rinoplastica additiva necessaria nei casi clinici con

161

Argomenti di chirurgia estetica

deficit strutturali della piramide nasale (traumi, infezioni) realizzabile con luso di
autoinnesti di osso e/o cartilagine opportunamente modellati ed inseriti nellarea
anatomica carente. Non sempre, infine, la rinoplastica da sola pu essere in grado di
restituire un giusto equilibrio armonico al viso ma possono rendersi necessari
aggiustamenti accessori del mento (profiloplastica, genioplastica) e degli zigomi
(malaroplastica).

Otoplastica
Il padiglione auricolare una complessa struttura caratterizzata da una conchiglia
cartilaginea rivestita da cute sottile. Le malformazioni dellorecchio esterno
compaiono prevalentemente dal 3 al 6 mese di sviluppo e possono essere
classificate secondo Tanzer in:

Anotia.

Ipoplasia completa (microtia) con o senza atresia delmeato acustico interno.

Ipoplasia del terzo medio dellorecchio.

Ipoplasia del terzo superiore dellorecchio con orecchio contratto (a coppa e

pendente), criptotia ed ipoplasia dellintero


terzo superiore.

orecchio prominente o ad ansa.

Le orecchie ad ansa possono rappresentare un


grave

handicap

psicologico

nellinfanzia,

nelladolescenza e nellet adulta senza distinzione nei due sessi. Latteggiamento


a ventola del padiglione auricolare determinato da un coacervo di anomalie
prevalentemente caratterizzate da dismorfismi delle pieghe fisiologiche (elice,
antelice) e da un eccessivo sviluppo della conca che pu raggiungere laspetto di
unemisfera. Osservando un orecchio normale ci si accorge che la conca forma un
angolo di 90 con la testa ed altrettanto langolo conca-scafa mentre langolo
auricolo-mastoideo (tra elice e cranio) di circa 30. Queste misurazioni consentono
di poter valutare correttamente larmonia delle strutture anatomiche e definire
ciascuna singola malformazione:

deformit dellelice e dellantelice,

ipersviluppo della conca ed i rapporti con langolo conca-mastoide,

dimensioni del lobulo dellorecchio e relazioni planari con lelice.

Tra i fattori da considerare nello studio preoperatorio opportuno ricordare che


lintervento chirurgico di otoplastica pu essere eseguito precocemente anche allet
di 6 anni (et prescolare), senza interferenze sullo sviluppo del padiglione auricolare,
per prevenire possibili gravi ripercussioni psicologiche (insicurezza, depressione) dei

162

Argomenti di chirurgia estetica

pazienti, spesso oggetto di scherno da parte dei coetanei. Le tecniche chirurgiche pi


moderne sono finalizzate a correggere le cause delle anomalie di forma con il
risultato finale di una generale rotazione della struttura verso la mastoide. Laccesso
chirurgico collocato sulla faccia posteriore del padiglione auricolare, in una delle
pieghe naturali per essere ben dissimulato, e lintervento prevede la resezione delle
porzioni di cartilagine in eccesso ed il rimodellamento delle aree malformate previa
una accurata interruzione delle fibre elastiche per cancellare la morfologia
tridimensionale esistente e prevenire la recidiva della deformit. I limiti principali
della maggior parte delle metodiche oggi utilizzate sono:
a) scarsa precisione nella definizione dellantelice,
b) eccessiva adesione del padiglione auricolare al piano cefalico con scomparsa
dellangolo cefalo-auricolare ed un aspetto estetico innaturale;
c) risultati non sempre stabili nel tempo.

Lipoaspirazione
La lipoaspirazione o liposuzione identifica una consolidata tecnica chirurgica di
manipolazione del tessuto adiposo finalizzata al miglioramento della silouette
corporea mediante una armonica ed omogenea sottrazione dello stesso. Lintervento
sostanzialmente riconducibile ad una lipoestrazione con delle cannule, diverse per
forma e dimensione che, soggette ad una pressione negativa mediante un aspiratore,
vengono introdotte nel sottocutaneo con piccole e proporzionali incisioni della cute.
La prima documentazione storica risale al 1921 quando Dujarrier utilizz una curette
uterina per rimuovere il grasso dalle ginocchia di una nota ballerina dellepoca: il
tentativo si rivel disastroso e drammatico concludendosi con lamputazione di un
arto per gravi lesioni alla rete vascolare. Linteresse per la metodica emerse
nuovamente negli anni 60: Schrudde asportava depositi adiposi rompendoli prima
con uno strumento chirurgico tagliente per aspirarli successivamente con una cannula
a pressione negativa mentre Kesserling e Meyer nel 1978 introdussero una maggiore
potenza di aspirazione preceduta sempre da una frammentazione del tessuto. Il
successivo fondamentale passo avanti tecnico fu la cannula smussa collegata
direttamente ad una pompa da vuoto messa punto da Fournier, Otteni ed Illouz che
miglior

notevolmente

la

metodica

ed

risultati

clinici.

Altri

importanti

aggiustamenti sono da attribuire ad Hetter, Teimourian e Klein che individuarono


limportanza della capacit aspirativa dello strumento, delle cannule di piccole
dimensioni con punte differenziate e del cocktail farmacologico per linfiltrazione
preoperatoria. Oggi la lipoaspirazione un intervento chirurgico molto diffuso ed
indicato per il trattamento di adiposit localizzate resistenti alla dieta ed

163

Argomenti di chirurgia estetica

allesercizio fisico: il paziente ideale giovane o di mezza et con motivazioni


di realt, in buona salute, con un peso corporeo vicino a quello fisiologico, con una
adeguata elasticit cutanea e con una minima lassit dellunit anatomica
cute/grasso superficiale/sistema fasciale superficiale. Lesame obiettivo locale un
momento importante nella valutazione del paziente ed utilizza 3 criteri semeiologici
principali:
- pinch test: con il pinzamento del tessuto adiposo, prima e dopo contrazione
muscolare, vengono comparati i profili anatomici e lo spessore del grasso.
Se riscontrabile una sensibile riduzione volumetrica con la contrazione muscolare,
ed

il

pinzamento

dimostra

depositi

adiposi

minimi,

la

lipoaspirazione

controindicata;
- lift test: utile per oggettivare la morfologia dellunit anatomica cute-grasso
superficiale-fascia superficiale. Nellesame clinico se la quantit di cute e grasso
preso con le mani adeguata e dimostra un buon ritorno dopo aver lasciato la presa,
il soggetto candidabile allintervento. In circostanze diverse si dovr optare per
soluzioni terapeutiche alternative.
- driver test: il test particolarmente indicato nello screening delle adiposit
addominali. Il paziente viene fatto inclinare in avanti nella posizione del tuffatore:
se il volume non si modifica sostanzialmente c
lindicazione ad una lipoexeresi, in caso contrario
sar pi opportuno ricorrere ad una dermolipectomia
(addominoplastica)
liposuzione.

anche

Lintervento

associata
chirurgico

ad

una

sempre

preceduto da una accurata mappatura delle aree da


trattare che vengono individuate e circoscritte con una penna dermografica a
paziente in piedi. La scelta del tipo di anestesia viene concordato con lanestesista in
relazione al caso clinico, al volume di tessuto adiposo da rimuovere, allet ed al
profilo psicologico del paziente. Le incisioni per introdurre le cannule sono piccole
(3-5 mm), in genere posizionate nelle pieghe cutanee naturali e laspirazione vera e
propria, a tunnel incrociati, preceduta dal pretunnelling per determinare un
livello di dissezione uniforme e ridurre il rischio delle irregolarit cutanee
postoperatorie. Nel corso degli anni si prestata grande attenzione alle perdite
ematiche intraoperatorie: con il metodo iniziale (lipoaspirazione secca) il sangue
perso era mediamente compreso tra il 20% ed il 45% del volume aspirato mentre con
la successiva wet technique la percentuale oscillava tra il 15% ed il 30%. Con la
diffusione della lipoaspirazione tumescente (infiltrazione preoperatoria del

164

Argomenti di chirurgia estetica

sottocutaneo con un cocktail farmacologico in rapporto di 1:1 con la quantit di


grasso da rimuovere) messa a punto da Klein il problema dellanemia si fortemente
ridimensionato attestandosi il quantitativo di sangue perso su valori pari all1%. Il
costante monitoraggio dellaspirato ed il test del pinzamento intraoperatorio sono
elementi fondamentali per stabilire la fine dellintervento. Prima delle suture pu
tornare utile passare una cannula senza pressione negativa in senso radiale oltre i
margini topografici per sfumare i bordi della zona trattata e rifinire il risultato. Il
tempo operatorio si completa col far indossare al paziente una guaina elastica per
limitare ledema , le ecchimosi e prevenire la formazione di ematomi o sieromi. La
ospedalizzazione del malato termina con la ripresa della deambulazione e della
alimentazione per via orale. I punti di sutura vengono rimossi dopo pochi giorni
mentre la guaina elastica deve essere indossata (giorno e notte) per almeno 3
settimane: lattivit fisica pu essere ripresa dopo circa 6 settimane. Eventuali
revisioni dellintervento o ritocchi non possono essere pianificate prima di 6 mesi,
tempo necessario perch il risultato clinico si stabilizzi.

Meloplastiche
Gli arti, superiori ed inferiori, non sfuggono ai fenomeni degenerativi legati
allinvecchiamento o alla ptosi secondaria a massicce perdite di peso corporeo.A
differenza di altri distretti anatomici gli interventi chirurgici correttivi e gli
ineludibili esiti cicatriziali postoperatori sono in queste sedi difficilmente occultabili
e dunque la loro realizzazione decisamente subordinata a reali motivazioni di
ordine

fisico

psichico.La

meloplastica

superiore

consente

di

correggere

adeguatamente la flaccidit o leccedenza cutanea con la rimozione di opportune


quantit di tessuto lungo la faccia mediale dellarto ma con una cicatrice finale non
dissimulabile a braccia nude. Le tecniche di meloplastica inferiore (lifting delle
cosce) prevedono due procedure con approccio chirurgico differente:
a) la tecnica con accesso verticale, localizzato sulla faccia mediale della coscia,
consente lexeresi di cospicue porzioni di cute e sottocute con un notevole
miglioramento funzionale ed estetico della gamba ma utile nei pazienti con quadri
clinici gravi o invalidanti residuando una cicatrice lunga, molto evidente e non
sempre di buona qualit;
b) il metodo con incisione orizzontale, collocata nella porzione centrale della piega
inguinale, nel solco genito-femorale e nel solco sottogluteo, prevede uno
scollamento ampio nel piano sottocutaneo dellarea anatomica da correggere ed il
lifting preceduto dalla resezione, in forma vagamente ogivale, del tessuto in eccesso.
Inizialmente la cicatrice facilmente occultabile ma i quotidiani movimenti della

165

Argomenti di chirurgia estetica

deambulazione ed una possibile recidiva della ptosi determinano con il trascorrere


del tempo un inevitabile dislocamento in basso della cicatrice. Gli interventi di
meloplastica

possono

eventualmente

essere

integrati

perfezionati

dalla

lipoaspirazione.

Addominoplastica
L'addome un distretto che condiziona in maniera determinante il profilo e l'armonia
del nostro corpo. Alterazioni di questa regione possono modificare notevolmente la
silhouette corporea al punto da richiedere una correzione chirurgica che, in casi
estremi e particolari, riveste carattere non soltanto estetico ma anche funzionale.
L addome nel corso degli anni pu subire alterazioni morfologiche anche di cospicua
entit per fattori costituzionali (debolezza connettivale) o acquisiti (aumento
ponderale, dimagrimento, gravidanze, etc.) che possono determinare la formazione
di pieghe pendule al di sopra del pube o di un vero e proprio grembiule, distorsioni
dellombelico e sfiancamento della parete muscolare addominale.
I pazienti con anomalie della silhouette addominale possono essere classificati in 6
gruppi differenti:
Classe I

Tessuto adiposo in eccesso,cute tesa, parete

Lipoaspirazione

muscolare tonica e trofica.


Classe II

Tessuto adiposo nella norma,cute rilassata,

Mini lift addominale.

parete muscolare tonica e trofica.


Classe III

Classe IV

Tessuto adiposo nella norma, cute e

Mini lift addominale e

muscolatura dei quadranti addominali inferiori

plastica della parete

rilassati.

muscolare.

Tessuto adiposo nella norma o in eccesso,cute

Addominoplastica.

rilassata, diastasi dei muscoli retti.


Classe V

Tessuto adiposo nella norma o in eccesso,

Addominoplastica.

grave rilassamento cutaneo e muscolare.


ClasseVI

Grave rilassamento cutaneo e muscolare

Plastica delladdome e dei

delladdome e dei fianchi con o senza eccesso

fianchi (Body contouring).

di grasso.

Classicamente un intervento di addominoplastica pu essere richiesto e indicato per


due motivi fondamentali: una eccessiva quantit
di grasso (addome pendulo) o una eccessiva
quantit di cute (addome grinzo). Un quadro
particolare

ed

intermedio

tra

due

rappresentato dall'addome globoso. L'addome


grinzo rappresenta il quadro pi lieve di dismor-

166

Argomenti di chirurgia estetica

fismo addominale ed molto pi frequente nella donna dopo il parto. La paziente


presenta un variabile eccesso di cute nelle regioni sottombelicale mediana e
paramediane con grinze e strie cutanee che possono essere diversamente orientate
sia in senso orizzontale che verticale. L'ombelico pu mostrare un dismorfismo pi o
meno marcato. I restanti quadranti addominali non sono interessati da alterazioni
trofiche di rilievo,

fatta eccezione per l'eventuale presenza di strie rubre e

smagliature. Si parla di addome globoso quando al quadro precedentemente descritto


si associa un eccesso di grasso dei quadranti inferiori e laterali. Le alterazioni
possono spingersi in varia misura verso, le aree sopraombelicali e spesso, nella
porzione media ed inferiore, pu coesistere una diastasi dei muscoli retti. L'addome
pendulo rappresenta il quadro clinico estremo fra le alterazioni della parete
addominale. Tutti i quadranti sono interessati da un notevolissimo rilassamento della
cute con perdita dei normali rapporti fra i piani superficiali (cute e sottocute) e
quello fasciale sottostante: l'alterazione si rende estremamente evidente nella
regione sottombelicale sia medialmente che lateralmente anche oltre le spine.
iliache anteriori superiori. L'addome pendulo si associa quasi sempre ad una notevole
diastasi dei muscoli retti con sfiancamento di tutto il sistema muscolo-aponeurotico.
A queste condizioni di base si possono associare altre alterazioni quali: strie cutanee,
cicatrici da pregressi interventi chirurgici, diastasi dei muscoli retti, ernie della
parete

addominale

che

devono

essere

tenute

in

considerazione

nella

programmazione del protocollo terapeutico. In ogni caso una minuziosa valutazione


clinica preoperatoria ed una accurata selezione dei pazienti rappresentano i requisiti
fondamentali per il conseguimento di un risultato morfologico e funzionale ottimale.
L'addominoplastica rappresenta uno tra gli interventi pi frequentemente richiesti al
chirurgo plastico. Il trattamento chirurgico di un dismorfismo addominale varia in
rapporto alla entit della condizione patologica di base. Per questo motivo, quando
oggi si parla di addominoplastica, si fa riferimento a tecniche chirurgiche diverse che
il chirurgo plastico deve selezionare per la risoluzione di ciascun caso. Il classico
intervento di addominoplastica, codificato negli anni 60 con il nome di
"addominoplastica standard" prevede alcuni tempi fondamentali:

incisione cutanea,

scollamento e stiramento in basso del lembo superiore,

plastica dei muscoli retti quando presente,

riposizionamento dell' ombelico,

sutura della ferita chirurgica.

Nell'addominoplastica "standard" l'incisione cutanea descrive una forma irregolarmen-

167

Argomenti di chirurgia estetica

te a losanga, con una parte inferiore quasi onzzontale ed una superiore pi arcuata
che supera in alto l'ombelico.

Il disegno prima, e l'incisione poi, devono essere

pianificati preoperatoriamente in maniera perfetta in quanto anche piccole


imprecisioni possono causare risultati insoddisfacenti. Una volta eseguita la
escissione della losanga cutanea, si scolla il lembo di cute dell'addome superiore fino
all'altezza dell'arcata costale e lo si disloca in basso fino all'incisione inferiore. Dopo
aver individuato con misurazioni precise la nuova sede dell' ombelico, si procede a
far "emergere" la cicatrice ombelicale attraverso una incisione cutanea fino alla
superficie del lembo superiore dopo averIo stirato in basso.
L'intervento si conclude con la sutura cutanea e la medicazione modicamente
compressiva che viene rimossa dopo 3 - 4 giorni. Nel corso degli anni la tecnica
standard stata utilizzata sempre meno frequentemente, riservandola ai soli casi
clinici di addomi molto voluminosi e/o penduli. Le variazioni della tecnica che si sono
susseguite in questi ultimi anni hanno essenzialmente interessato il disegno,

la

lunghezza dell' incisione e l'utilizzo di tecniche complementari quali la liposuzione.


Alla base delle variazioni di forma dell'incisione vi la necessit di ridurre al minimo
la sua estensione laterale lasciando la sutura finale all' interno degli indumenti
intimi. Per questo motivo l'evoluzione dei tracciati preoperatori ha seguito nel tempo
il divenire dei costumi e della moda.
Oggi nella addominoplastica estetica si cerca di utilizzare un planning personalizzato che tenga conto oltre che della situazione locale anche delle abitudini e della
vita sociale della paziente. Per queste ragioni si tende ad eseguire disegni in cui la
linea di incisione inferiore appaia costituita da una porzione centrale leggermente
arcuata sulla regione pubica e due porzioni laterali oblique verso alto,

che

decorrono parallelamente ai ligamenti inguinali 1-2 cm. medialmente ad essi. Nei


casi di addome grinzo, o comunque nei casi in cui non necessaria un'asportazione
completa dei tessuti fino alla linea ombelicale, si esegue l'intervento di
"miniaddominoplastica".
Questa metodica prevede una exeresi limitata di tessuto senza riposizionamento
dell'ombelico. Un cenno a parte merita la liposuzione il cui utilizzo nella addominoplastica ha recentemente subito un notevole incremento. La possibilit di
asportare quantit anche cospicue di sottocutaneo mediante laspirazione con
cannula, ha permesso il trattamento di addomi con accumuli localizzati nei quadranti
inferiori con la sola tecnica della liposuzione. Alla stessa maniera, l' aspirazione delle
porzioni laterali alla incisione nonch delle regioni dei fianchi ha permesso di
migliorare i risultati ottenuti con la addominoplastica. Le prospettive future di

168

Argomenti di chirurgia estetica

questo tipo di procedura chirurgica sono probabilmente proprio nella combinazione


di interventi pi limitati quali la mini addominoplastica e la liposuzione al fine di
ottenere risultati soddisfacenti con una chirurgia indubbiamente meno invasiva.

169

Principi di anestesia

PRINCIPI DI ANESTESIA
Sarebbe impensabile oggi sottoporsi ad una qualsiasi procedura chirurgica senza
anestesia eppure fino al 1840 la possibilit di eseguire un intervento senza provare
dolore era semplicemente utopistico. Tanto vero che la chirurgia veniva effettuata
solo per i casi in cui la morte era certa e nessun altro tipo di trattamento era stato
efficace. Il 30 marzo del 1842 il dottor Crawford Williamson Long utilizz per primo
letere per asportare due cisti del collo del sig.Venable che era un grande sniffatore
di etere. Il dottor Long estese luso delletere anche in ostetricia sebbene i suoi
lavori non sono molto noti poich mor a soli 63 anni e non ebbe molto tempo per
incrementarne la applicazione ed emblematica la descrizione della sua morte
avvenuta per emorragia cerebrale proprio al capezzale di una donna di cui assisteva
al parto: dopo aver avuto un malore cadde al suolo ed i familiari della puerpera
corsero in suo aiuto ma lui rifiut e le sue ultime parole furono: la salute della
madre e del bambino prima di tutto. Gi nel 1772 era stato scoperto il protossido di
azoto insieme allossigeno da parte di Joseph Priestley ma bisogna attendere il 1844
per registrare la prima applicazione fortuita di questo gas come analgesico.
Avendone scoperte le sue propriet esilaranti,

il protossido veniva utilizzato

esclusivamente nei salotti di conversazione o nei locali pubblici per goderne dei
piacevoli effetti (il gas che fa ridere). In uno di questi salotti era presente anche
Horace Wells un giovane dentista che partecip insieme al suo amico Cooley per
sperimentare personalmente le straordinarie propriet di questo gas. In Cooley,
purtroppo, il gas fece tuttaltro che un buon effetto e scatenando in lui il suo animo
violento e litigioso; ne nacque una rissa placata la quale i due amici vennero rispediti
presto ai loro tavoli. Tornati al loro posto ben presto Wells si accorse di una grossa
macchia di sangue che si andava formando sotto la sedia del suo amico Cooley.
Infatti durante la rissa Cooley era stato ferito ad una gamba ma non si era accorto di
questa lesione n aveva provato alcun dolore. Wells allora ebbe lilluminazione e
pens che in qualche modo il gas aveva ridotto la sensibilit al dolore per cui si
convinse di utilizzarlo come analgesico nella sua pratica clinica di dentista. Non
trovando volontari disponibili si sottopose di persona allesperimento. Chiam un suo
collega dentista e dopo aver inalato il gas si sottopose allestrazione di un molare
che da tempo lo infastidiva ma che non si era mai deciso a farsi togliere per timore
del dolore. Lestrazione fu un successo poich il dott. Wells non avvert alcun dolore.

170

Principi di anestesia

Entusiasta di questa scoperta si present al Massachusetts General Hospital di Boston


per

eseguire

una

dimostrazione

pubblica

di

ci

che

aveva

sperimentato

personalmente. Venne trovato un paziente disposto a farsi estrarre un dente con la


promessa di non provare alcun dolore. Forse la fretta e la smania di Wells di
dimostrare lefficacia del suo metodo fecero fallire la dimostrazione ed il giovane
malcapitato grid di dolore per tutta la durata dellintervento poich Wells inizi e
fin lestrazione dentaria prima che il gas facesse effetto. La maggior facilit di
reperire letere piuttosto che il cloroformio ne agevol la diffusione e lutilizzo.
Proprio per questo motivo che un apprendista di Wells,

William Thomas Green

Morton considerato il padre dellanestesia moderna poich fu il primo che


pubblicamente utilizz con successo una miscela anestetica di etere solforico. Il 16
ottobre 1846,

data storica per lanestesia il dott. Morton si present al

Massachusetts General Hospital di Boston on una sfera munita di una via di ingresso
ed una di uscita e dentro una spugna imbevuta di etere. Fece respirare al Sig. Abbott
i vapori della sfera e il dott. Warren capo chirurgo in carica al General Hospital
asport un grosso tumore del collo senza che il paziente provasse alcun dolore. Al
termine dellintervento, il dottor Warren rivolgendosi alla platea che assisteva disse:
Signori, non c nessun imbroglio. La scoperta fu sensazionale e fu annunciata
ufficialmente il 18 novembre 1846 sul Boston Medical and Surgical Journal (antenato
dellattuale New England Journal of Medicine). Wells da parte sua si sent tradito da
Morton e tra il 1847 e il 1848 pubblic numerosi articoli per rivendicare la validit
della sua prima intuizione ed inizi a sperimentare il cloroformio (scoperto nel 1831
contemporaneamente da Samuel Guthrie in America, Justus von Liebig in Germania
e Eugne Soubeiran a Parigi) e diventandone presto dipendente. Il 23 gennaio 1848 si
suicid recidendosi larteria femorale e tenendo un fazzoletto impregnato di
cloroformio in bocca. Morton ebbe i riconoscimenti della comunit scientifica e
conscio dei risvolti commerciali non rivel mai la composizione della miscela inalata
dal Sig. Abbott che chiam Letheon. Tuttavia presto si scopri che altro non era che
etere solforico e nonostante il brevetto non gli fu riconosciuto alcun compenso,
inoltre accusato di aver spinto Wells al suicidio fu ben presto dimenticato e fin di
vivere a Boston drogandosi con letere. La necessit di avere a disposizione molecole
da utilizzare in anestesiologia ha spinto numerosi studiosi ad una ricerca incessante
di nuovi farmaci. In particolare lattenzione verso molecole con attivit analgesica
inizia gi nel 1859 quando Karl Scherzer di ritorno da una spedizione mineralogica in
Per consegn allamico Albert Newmann una notevole quantit di foglie di coca da
cui venne estratta una sostanza incolore sottoforma di cristalli. Newmann chiam

171

Principi di anestesia

questa sostanza coca-in ossia sostanza contenuta nelle foglie di coca. Schroff, un
medico viennese,

nel 1862 osserv che i cristalli di coca-in posti sulla cute

procuravano una insensibilit agli stimoli dolorosi. La stessa esperienza venne


ripetuta da Von Aurep dopo la sua somministrazione sottocutanea. Nel 1884 lo stesso
Freud pubblic un interessante articolo descrivendo lutilizzo di questo alcaloide nel
trattamento di alcune patologie psichiatriche. Successivamente venne utilizzata in
chirurgia oftalmica cercando di migliorarne le caratteristiche di tollerabilit e
potenza. Nel 1904 infatti Fourneon introdusse la amilocaina e lanno successivo,
Einhorn sintetizz la lidocaina tutte sostanze con propriet anestetiche che
trovarono il loro impiego solo nel 1948. Oggi la Anestesiologia moderna
fortunatamente dispone di una serie di molecole estremamente utili e maneggevoli
ma dobbiamo ringraziare la curiosit e la tenacia di molti studiosi se oggi possibile
sottoporsi ad un intervento chirurgico senza provare alcun dolore e nella massima
sicurezza.
Valutazione preoperatoria
La scelta di un tipo di anestesia piuttosto che un altro legato essenzialmente alla
procedura chirurgica da eseguire ed alle caratteristiche del paziente che si sottopone
allintervento. Nel corso della visita anestesiologica preoperatoria il medico
anestesista valuter accuratamente lo stato di salute del paziente pianificando la
gestione perioperatoria pi adeguata. Unaccurata anamnesi ed un attento esame
obiettivo sono i determinanti per la selezione degli esami ematochimici e degli
accertamenti diagnostico-strumentalipreoperatori. Al termine della valutazione
clinico-anamnestica possibile determinare la classe di rischio del malato secondo la
classificazione proposta dalla Societ Americana di Anestesiologia (classificazione
ASA = American Society of Anesthesiologist). tab.1
Tab.1 - Classificazione dello stato fisico secondo
lAmerican Society of Anesthesiologist
Stadio

Descrizione

Paziente normale

Paziente con malattia sistemica di media entit

Paziente con malattia sistemica severa, che limita lattivit ma che non provoca
totale incapacit

Paziente con malattia sistemica che causa incapacit totale con costante rischio di
vita

Paziente moribondo con aspettativa di vita non superiore alle 24 ore con o senza
intervento chirurgico

Lannotazione dopo la numerazione dello stadio indica intervento chirurgico


durgenza e generalmente

172

Principi di anestesia

Durante la visita preoperatoria altres necessario richiedere il consenso informato


scritto discutendo con il paziente ogni terapia ed eventuali suggerimenti da adottare
per una adeguata preparazione allintervento (farmaci da assumere, digiuno da
seguire,

preparazione della persona,

eliminazione dello smalto dalle unghie,

lasciare anelli e gioielli vari alla propria abitazione, protesi dentarie mobili da
rimuovere prima di entrare in sala operatoria, ecc). Una attenta pianificazione della
strategia terapeutica ed anestesiologica riduce lincidenza di errori che possono
essere fatali per il malato. Lintroduzione e la rapida diffusione nella pratica clinica
di nuove e alternative metodiche diagnostiche e terapeutiche che utilizzano le fibre
ottiche o il laser consentono lesecuzione di tutta una serie di procedure che un
tempo richiedevano ampie ferite chirurgiche e che oggi invece si possono effettuare
con un ridotto coinvolgimento emodinamico del paziente per i minimi danni tissutali
provocati. Pertanto molti di questi interventi possono essere eseguiti in regime
ambulatoriale o di day-surgery con notevole riduzione del discomfort per il malato
evitando lunghi ed estenuanti ricoveri ospedalieri. Questi repentini cambiamenti ha
posto gli anestesisti di fronte a problematiche tecniche e cliniche di particolare
rilievo costringendo gli addetti ai lavori a ricercare una metodica anestesiologica
adatta a soddisfare ogni esigenza. E possibile identificare potenzialmente quattro
tipi di anestesia:
1. lanestesia locale che produce una perdita della sensibilit di una piccola area
del corpo grazie allazione degli anestetici locali con diverse tecniche di
somministrazione;
2. la MAC (Monitored Anestesia Care), termine coniato dalla societ americana di
anestesia

che

individua

una

particolare

pratica

anestesiologica

atta

alla

somministrazione di farmaci analgesici e sedativi con un controllo delle funzioni vitali


del paziente;
3. lanestesia regionale con perdita della sensibilit dolorosa di una parte ampia del
corpo attraverso la somministrazione di anestetici locali e identificati nel blocco
centrale spinale o peridurale, nel blocco periferico dei plessi nervosi;
4. lanestesia generale che contempla la perdita della coscienza e di ogni tipo di
percezione da parte del paziente.
1) Anestesia locale
Gli AL sono farmaci che a contatto con le strutture nervose producono un blocco
reversibile e prevedibile della conduzione dello stimolo. Appartengono ad un gruppo
di composti chimici il cui capostipite la cocaina: un alcaloide naturale la cui azione
anestetica fu dimostrata sulla congiuntiva umana nel 1884 dalloculista viennese Karl

173

Principi di anestesia

Koller. Nel corso del tempo numerosi composti sono stati sintetizzati nelle pi
disparate formulazioni per ottenere un AL con caratteristiche ideali. La struttura
chimica di un AL di uso clinico pu essere suddivisa in 4 subunit: la subunit 1 la
porzione aromatica della molecola costituita dal nucleo benzenico e responsabile
della liposolubilit. Lintroduzione di un ulteriore gruppo lipofilico a questo nucleo
aumenta ulteriormente la solubilit lipidica della molecola ed influenza il grado di
dissociazione e la compatibilit del farmaco con il suo recettore; la subunit 2
contiene il legame estereo o amidico, condizionando un diverso metabolismo. Gli
aminoesteri sono degradati dalle pseudocolinesterasi plasmatiche mentre gli aminoamidi sono metabolizzati per dealchilazione ossidativa epatica; la subunit 3
costituita da una catena di idrocarburi il cui allungamento o laggiunta di un radicale
alchilico contribuisce ad aumentare la liposolubilit; la subunit 4 unamina
terziaria responsabile della idrosolubilit della molecola. A pH fisiologico gli
anestetici sono presenti in parte in forma ionica, idrosolubile, ed in parte in forma
non ionica, liposolubile: il rapporto tra queste due forme dipende dal pKa della
sostanza. Solo la forma liposolubile, ovvero non ionica, capace di passare
attraverso la membrana nervosa ed arrivare all'assoplasma: qui si raggiunge un nuovo
equilibrio tra parte ionizzata e non ionizzata. Nell'assoplasma, mezzo acquoso, solo
la forma ionica, in grado di diffondere verso la parte interna del canale del sodio
ed ostruirlo, impedendo cos la depolarizzazione. Sembra anche che lattivit
farmacocinetica si svolga prolungando il tempo in cui il canale del sodio si trova nello
stato di inattivazione. Esistono tuttavia altre modalit di azione ad esempio la
benzocaina si suppone che agisca facendo espandere la membrana con occlusione
fisica dei canali del sodio. Gli anestetici, una volta iniettati a livello perineurale,
vengono assorbiti dal sangue e successivamente ridistribuiti dapprima ai tessuti molto
vascolarizzati quali polmoni, sistema nervoso centrale e quindi ai muscoli. Nei grassi
si accumula una quota importante di farmaco solo in occasione di una
somministrazione prolungata. Gli aminoamidi vengono metabolizzati a livello epatico
escreti per via renale, mentre gli aminoesteri sono metabolizzati in gran parte nel
sangue

grazie

alle

pseudocolinesterasi

da

alcuni

di

essi

si

forma

acido

paraminobenzoico altamente allergizzante. La scelta di un anestetico locale deve


essere guidata principalmente da: onset time, potenza, durata di azione, capacit
di sviluppare blocco differenziale e potenziale tossico associato alla molecola.

Onset time: il tempo necessario per raggiungere una concentrazione minima

per il blocco nervoso. Varia in funzione del pKa della sostanza (quanto pi alcalino
il pKa tanto pi lento sar l'onset del blocco anestetico) e della diffusibilit della

174

Principi di anestesia

molecola (maggiore idrosolubilit agevoler la diffusione della molecola in mezzo


acquoso). L'attraversamento delle membrane biologiche invece dipende dal peso
molecolare e dalla liposolubilit della molecola. La forma non ionizzata liposolubile
e pu attraversare le membrane ma diffonde nel citoplasma con maggior difficolt.
Le soluzioni commerciali hanno un pH acido, variabile da 3 a 4.5, mentre il pKa dei
vari anestetici locali varia tra 7,9 e 8,1 con una grossa quota di forme ionizzate
quindi non liposolubili. Lonset pu essere ridotto mediante aumento della dose, del
volume e della concentrazione di anestetico utilizzato. Esistono poi altri artifici che
consentono di modificare il pKa o il suo pH mediante riscaldamento della soluzione o
aggiunta di bicarbonato cos da ottenere un aumento della proporzione di molecole
presenti in forma non-ionizzata. Aggiungendo bicarbonato di sodio alla soluzione,
innalzando cio il pH della soluzione fino a 7, si ottiene una aumento della quota non
ionizzata (liposolubile), inoltre una parte della CO2 del tampone passa nella cellula
determinando una riduzione del pH intracellulare: la quota ionizzata intracellulare di
anestetico non potendo oltrepassare la membrana nervosa, rimane pi a lungo dentro
la cellula (fenomeno della trappola ionica). L'aggiunta di bicarbonato alle soluzioni di
bupivacaina contenenti adrenalina riduce l'acidit della soluzione stessa e
contribuisce ad aumentare la quota di adrenalina attiva. Ovviamente riveste
importanza anche il pH dei tessuti nei quali il farmaco viene iniettato ad esempio
l'acidosi presente nei tessuti infiammati determina un aumento della quota ionizzata
non diffusibile di anestetico riducendone l'efficacia. Anche il riscaldamento a 37C
delle soluzioni permette di ridurre il pKa e di avere maggiore quantit di forma non
ionizzata a pH fisiologico.

Potenza: la dose minima efficace che permette di ottenere le condizioni

desiderate per eseguire un intervento, pi specificamente la concentrazione


minima (Cm) di farmaco richiesta per determinare, entro 5 minuti, la riduzione del
50% del potenziale di azione di una fibra nervosa immersa in una soluzione a pH 7,27,4 e stimolata con una frequenza di 30 cicli al secondo.

Tossicit: definita come la reazione dellorganismo ad una deteminata dose di

farmaco. In laboratorio si definisce con la mortalit espressa come quantit di


farmaco minimo necessario per sopprimere il 50% degli animali usati come test (Dose
Minima Letale 50); la tossicit sistemica o locale (citotossica). La tossicit
sistemica coinvolge il sistema nervoso centrale che pi suscettibile rispetto a
quello cardiovascolare. I sintomi pi frequenti sono rappresentati da sonnolenza,
disorientamento che progressivamente pu evolvere verso il coma. Disturbi visivi,
uditivi, parestesie fino alle convulsioni completano il quadro clinico ingravescente.

175

Principi di anestesia

Per concentrazioni cardiotossiche si manifesta una grave ipotensione segno di


depressione cardiaca che pu causare anche larresto cardiaco per allungamento del
tempo di conduzione atrioventricolare.

Durata d'azione: strettamente condizionata dall'entit del legame con le

proteine plasmatiche, dalla rimozione della stessa da parte del circolo, dalla dose
complessivamente somministrata oltre che dalle caratteristiche intrinseche. Quando
effettuiamo una infiltrazione l'anestetico viene posto ad una certa distanza dal nervo
ed ha bisogno di un determinato periodo di tempo per la diffusione con una
altrettanto lunga durata di azione per lo scarso assorbimento vascolare e le elevate
dosi usate.

Scelta dellAL: per scegliere l'anestetico migliore da usare nel singolo paziente

occorre tenere conto delle caratteristiche del paziente, del farmaco, della dose
sicura in relazione alla sede di somministrazione e del tipo di blocco da ottenere.
L'et del paziente un fattore importante: al di sotto dei sei mesi, ad esempio,
sconsigliabile la somministrazione di bupivacaina per mancanza di capacit
metabolica da parte del fegato e per la grossa quota libera da legame proteico
presente nel sangue. La richiesta di anestetico locale si riduce con l'aumentare
dell'et del 40%, tra giovane di 20 anni ed un anziano di 80 anni. Successivamente
bisogna ricordare che condizioni di bassa gittata cardiaca, ipossia, acidosi
(soprattutto se metabolica + respiratoria) e cirrosi sono fattori che riducono il
metabolismo degli anestetici e ne aumentano la quota attiva. Analogamente
l'ipoproteinemia, le cardiopatie cianogene e alcune interferenze medicamentose che
aumentano la tossicit cardiaca e neurologica. La sicurezza di un AL dipendente
proporzionale alla potenza e inversamente correlato alla tossicit. Se la potenza
elevata e la tossicit bassa ed il margine di sicurezza sar ampio. Il rapporto tra
potenza e tossicit viene detto indice anestetico. Una parte degli interventi di
chirurgia plastica possono essere eseguiti in anestesia con blocco nervoso periferico,
per infiltrazione o per applicazione topica. Tuttavia la chirurgia della cute obbedisce
ad alcuni principi basilari. Laspetto e la funzione di una cicatrice dopo la sintesi di
una breccia di escissione cutanea possono essere stimati preventivamente valutando
la tensione statica e dinamica della cute circostante. La tensione statica
rappresentata dalle linee di forza che tengono la cute in tensione quando il corpo
immobile mentre quella dinamica causata dalla combinazione di forze associate al
movimento articolare e dei muscoli. Ai fini estetici soprattutto per il volto
lanestesia per infiltrazione preferibile al blocco nervoso regionale in quanto non
interferisce con il movimento muscolare che allunga la configurazione del difetto

176

Principi di anestesia

cutaneo. Le tecniche per via topica utilizzano metodi fisici e chimici. Tra i metodi
fisici la ionoforesi e la fonoforesi rivestono un ruolo fondamentale.
Ionoforesi: il rilascio del farmaco utilizza una corrente galvanica. La differenza di
potenziale causa un movimento di ioni nella cute dove sono applicati lanodo e il
catodo. Vari studi hanno valutato lefficacia della tecnica utilizzando una soluzione
di lidocaina al 4% che tuttavia produce una analgesia di breve durata rispetto
allinfiltrazione del farmaco (14,5 9,5min vs 22,2 7,3min) ma superiore alla
semplice applicazione del gel di lidocaina (analgesia di 2,16,5min). Kassan ha
indicato, in una review del 1996, lefficacia della tecnica nel 80-100% di tutti gli
interventi in cui stata utilizzata (trattamenti laser delle discromie cutanee,
iniezione di farmaci, fillers, dermoabrasione,

biopsie, elettrocoagulazione di

teleangectasie). Nonostante indubbi vantaggi rappresentati da un onset ridotto (~


10min) e dalla non invasivit della tecnica, la necessit di utilizzare uno strumentario
particolarmente ingombrante e la difficolt di trattamento di aree ampie (ridotte
dimensioni dellelettrodo) o zone del viso e delle dita ne riducono il campo di
applicazione. Leffetto collaterale pi rilevante lustione dellarea del tessuto
esposto alla corrente tanto che per ridurre questi effetti si utilizza unintensit
<1mA/cm.
Ionoforesi: la penetrazione del farmaco avviene attraverso un carrier (acqua o
gel) ionizzato dallenergia degli ultrasuoni. In realt quale sia il meccanismo dazione
per il rilascio dellanestetico non ben chiaro, sembrerebbe che alterazioni
termiche, meccaniche e chimiche del tessuto trattato possano essere i responsabili
delleffetto. I migliori risultati sono stati ottenuti con la lidocaina crema al 25%
anche se ci sono reports in letteratura che descrivono lazione degli ultrasuoni
sullefficacia

di una soluzione acquosa di lidocaina al 2% e confrontata

allimmersione del tessuto in un bagno di farmaco che non mostra alcun effetto.
Sono necessari ulteriori studi per chiarire in via definitiva la vera utilit e il campo di
applicazione di questa tecnica.
Tra i metodi chimici prenderemo in considerazione lutilizzo di:

soluzione acquosa di anestetico

soluzione di anestetico in solvente organico

emulsione acqua/olio di anestetico

miscela estetica

patch di anestetico

anestetico incapsulato nei liposomi.

177

Principi di anestesia

I fattori principali che regolano lassorbimento per via topica sono rappresentati
dalle caratteristiche intrinseche della molecola (ad esempio la polarit, le
dimensioni, ecc) e dalla modalit di rilascio (tipo di veicolo). La maggior parte degli
anestetici (benzocaina, lidocaina, mepivacaina, prilocaina, tetracaina) sono stati
disciolti in acqua e i loro sali applicati per via topica hanno dimostrato un scarsa
efficacia analgesica. Infatti solo una piccola porzione di base indissociata esiste in
questa soluzione per cui la penetrazione di una quantit sufficiente di farmaco
raggiunta solo con lutilizzo di elevate concentrazioni incrementando allo stesso
modo il rischio di effetti collaterali soprattutto in considerazione dellampiezza delle
aree da trattare. Una maggiore concentrazione della base libera ottenibile
solubilizzando il farmaco in solventi organici come il dimetil sulfossido (DMSO), il
dimetil-acetamide, il propilen-glicole. Luso di tali preparazioni nonostante produca
una effetto duraturo (>3 ore) non scevro da effetti collaterali come secchezza della
cute, lesioni dermiche con edema, eritema ed ipersensibilit che li rendono
inaccettabili nella pratica clinica. Per questo la tecnologia farmaceutica ha messo a
punto una miscela estetica in cui la base anestetica disciolta in olio prima di
addizionare lemulsionante. Fermo restando che tutti gli anestetici possono essere
utilizzati,

nella formulazione della Eutetic Mixture of Local Anesthetics (EMLA)

lassociazione lidocaina+prilocaina ha trovato una pi ampia applicazione per i


margini di sicurezza sufficientemente elevati di entrambi i farmaci. Numerosi campi
di applicazione si giovano della analgesia efficace e adeguata prodotta dallEMLA nel
65 93% di tutti i pazienti testati con ridotti effetti collaterali legati soprattutto ad
un uso improprio e in pazienti pediatrici. In particolare Engberg e Coll. hanno
eseguito un studio raccogliendo i casi di metaemoglobinemia da miscela ed
individuando i dosaggi di sicurezza da adottare soprattutto nei pazienti pediatrici che
notoriamente hanno un valore ematico pi elevato di meta emoglobina. In realt in
letteratura

vengono

casi

descritti

di

metaemoglobinemia

anche

con

altre

formulazioni a base di benzocaina (formulazione sprayHurricane , gelCepacol) e


ipoteticamente con tutti i farmaci (nitrati e derivati anilinici) che sono in grado di
ossidare il ferro dellHB riducendo la capacit di rilascio di ossigeno nei tessuti. Nel
1964 Lubens e Sanker hanno utilizzato con successo su un considerevole campione di
pazienti (>8.000 pz.) un patch contenente 9gr di lidocaina crema al 30% applicato
con metodo occlusivo su epidermide integra ottenendo dopo 30 minuti una anestesia
sufficiente per eseguire exeresi di cisti sebacee, di nevi, di piccole neoformazioni
muco-cutanee dei genitali esterni e di tutte quelle lesioni di diametro < 1,5cm.
Sebbene tali risultati siano confortanti, la tecnica non ha ricevuto una adeguata

178

Principi di anestesia

diffusione per varie ragioni e soprattutto perch necessaria la preparazione


galenica personalizzata e per le elevate concentrazioni di anestetico impiegate che
incrementano il rischio di effetti collaterali. Al momento nel Regno Unito
commercializzato un patch con ametocaina al 4% in soluzione acquosa dimostratosi
efficace nel 95% dei trattati con un onset di 40 minuti e per una durata dazione di
circa 3 ore, con un profilo farmacologico promettente nel confronto con lEMLA.
Tuttavia questa formulazione attende lapprovazione della FDA statunitense per la
commercializzazione mondiale. Una innovativa modalit di somministrazione dei
farmaci rappresentata dallimpiego dei liposomi che rappresentano carrier per una
variet di molecole non solo anestetiche incapsulate in queste membrane biologiche
costituite da strati di fosfatidil colina,

colesterolo ed elettroliti. In relazione al

numero di strati e delle dimensioni delle vescicole si identificano diversi tipi di


liposomi (tabella sulla classificazione dei liposomi).se il diametro supera i 2060 nm
non penetrano nelle membrane cellulari poich i canali lipidici hanno una dimensione
compresa tra 30 e 2060 nm. Le ragioni che spingono per limpiego dei liposomi
vengono elencati di seguito:

lelevata capacit di penetrazione nello strato corneo per la struttura simile alle

membrane cellulari;

capacit di inglobare farmaci sia idrosolubili che liposolubili;

esercitano un effetto occlusivo;

idratando la cheratina migliorano la permeabilit della membrana;

non hanno mostrato reazioni locali di irritazione o ipersensibilit;

essendo simile alle membrane biologiche sono biocompatibili e biodegradabili;

determinano un rilascio controllato di farmaco (azione depot);

la concentrazione ematica di anestetico minima;

prolungata durata dazione;

proteggono i farmaci dalla degradazione metabolica.

Alla luce di queste affermazioni risulta evidente che lapplicazione di anestetici con
la tecnologia liposomiale si dimostra molto efficace pertanto numerose molecole
sono state incapsulate (benzocaina, lidocaina, prilocaina, EMLA, tetracaina,
dibucaina). Quella pi studiata la tetracaina 0,5% che dopo 1 ora di applicazione
occlusiva ha mostrato un notevole effetto terapeutico (>4 ore). Il campo di
applicazione davvero promettente ma sono necessari ulteriori studi per pianificare
la migliore strategia di utilizzo. Durante le ultime tre decadi numerosi metodi sono
stati utilizzati nellanestesia topica, tutti mostrano vantaggi e svantaggi mettendo a
disposizione del medico diversi presidi tra cui effettuare le proprie scelte cercando

179

Principi di anestesia

ogni volta di individuare il farmaco giusto nella formulazione pi appropriata alle


esigenze del momento. Tradizionalmente lutilizzo dellanestesia locale per
infiltrazione viene riservata alla piccola chirurgia o negli interventi di chirurgia
plastica circoscritti.
b) Anestesia regionale
Il blocco nervoso regionale riservata a quei pazienti per i quali necessario un
protocollo terapeutico che coinvolge pi distretti anatomici come alternativa valida
ed efficace dellanestesia generale.
Linnervazione sensitiva molto complessa ed in alcune zone presenta delle
sovrapposizioni che rendono difficile ottenere unanalgesia adeguata. Se per una
analgesia completa e totale localizzata allemisoma inferiore necessario effettuare
molti blocchi periferici pi opportuno utilizzare il blocco nervoso centrale
(subaracnoideo o peridurale) o il blocco nervoso periferico coadiuvato da una
adeguata sedazione del paziente.
C) Sedazione e Anestesia
Molte procedure di chirurgia plastica, estetica e chirurgia laser sono dolorose e
nonostante lanestesia locale provvede ad uneccellente analgesia in molti casi
esistono diversi scenari clinici in cui limpiego di farmaci adiuvanti per via
endovenosa sono indispensabili per ottenere una sedazione con il miglioramento del
confort del paziente. Le indicazioni vengono cos schematizzate:
- durante lesecuzione di un blocco nervoso periferico soprattutto se per ottenere
una adeguata anestesia necessario un numero elevato di iniezioni;
- nel resurfacing, che rappresenta una procedura altamente algogena;
in pazienti eccessivamente ansiosi;
- in pazienti pediatrici che beneficiano delleffetto sedativo, ansiolitico e amnesico
della sedazione cosciente.
Scamman ha descritto i tre elementi chiave della sedazione cosciente come:
- sedazione sicura che richiede la comunicazione con il paziente il monitoraggio e la
disponibilit dellequipaggiamento di rianimazione;
- controllo dellansia presenza di amnesia e riduzione degli stimoli ambientali;
- controllo del dolore tramite la somministrazione di anestetici locali e di farmaci
sedativi e analgesici. Attualmente i farmaci pi utilizzati sono le benzodiazepine
(midazolam), propofol, analgesici oppioidi (alfentanil, fentanil, remifentanil) e
anestetici volatili (alogenati). La valutazione del livello di sedazione pu essere
eseguita utilizzando indifferentemente una delle numerose scale proposte dai vari
autori.

180

Principi di anestesia

In particolare nella nostra esperienza facciamo riferimento alla scala di Ramsay che
ci sembra la pi facile da applicare con ottimi risultati nel controllo dei pazienti.
tab.2

Tab.2 Scala di Ramsay per il grado di sedazione

Sveglio, agitato, irrequieto

Collaborante, orientato, tranquillo

Assopito o addormentato, risposta ai comandi

Addormentato, risposta vivace allo stimolo verbale

Addormentato, risposta lenta allo stimolo verbale

Addormentato, nessuna risposta allo stimolo verbale o doloroso

In considerazione della variabilit interindividuale di risposta a dosi standard di


farmaci opportuno un monitoraggio scrupoloso onde evitare incidenti che possono
risultare a volte fatali. I protocolli prevedono lutilizzo di farmaci diversi adattabili
alla tipologia della procedura chirurgica e del tipo di paziente accuratamente
studiato con una attenta valutazione preoperatoria. Qualora si rendesse necessario il
controllo delle vie aeree utile la maschera laringea riservando lanestesia generale
vera e propria con intubazione tracheale solo ai pazienti pediatrici o non collaboranti
(pazienti psichiatrici). Per questa tipologia di anestesia la Societ Americana di
anestesia ha coniato il termine di Monitored Anestesia Care (MAC) individuando
quelle situazioni in cui lanestesista chiamato al monitoraggio delle funzioni vitali e
alla somministrazione di farmaci sedativi e analgesici anche in ambienti al di fuori
della sala operatoria (NORA = non operatine room anestesia = anestesia fuori dalla
sala operatoria). Lassociazione di tecniche di analogo-sedazione rappresentano
almeno il 30% di tutte le procedure chirurgiche ed una percentuale in continuo
aumento. intuitivo che i pazienti nel corso di procedure chirurgiche interagiscono
con numerosi farmaci e presidi ed evidente che alcuni di loro possono manifestare
una reazione anafilattica o anafilattoide spesso non riconosciuta come tale o
attribuita ad altre cause come gli episodi di ipotensione e le turbe del ritmo che
vengono interpretate come sintomi di insufficienza cardiaca o di eccessiva perdita
ematica oppure il broncospasmo sintomo manifesto scatenato dalla manovra di
intubazione. Per tale motivo risulta difficile quantizzare la vera incidenza del
problema allergia in sala operatoria. In genere la maggior parte delle reazioni

181

Principi di anestesia

allergiche si manifestano repentinamente, entro 3-4 minuti dalla somministrazione


del farmaco allergenico, e sembrerebbe che i miorilassanti utilizzati in anestesia
generale rivestono un ruolo di primo piano nellinnescare una reazione avversa. In
realt non solo i farmaci ma anche alcuni presidi utilizzati durante procedure
chirurgiche a base di lattice sono identificati come agenti anafilattici che in questo
caso si manifesta pi tardivamente ovvero 60-90 minuti dallinizio dellesposizione e
solo dopo che la quantit in circolo sia diventata sufficiente. Tuttavia a prescindere
dalla natura dellantigene una reazione anafilattica caratterizzata da un corredo
sintomatologico che coinvolge il sistema cardiocircolatorio, il sistema respiratorio e
lapparato tegumentario. tab.3

Tab.3 - Sintomatologia della reazione anafilattica


Sistema cardiovascolare

Tachicardia, vasodilatazione periferica con riduzione delle


resistenze vascolari, ipertensione polmonare, ipotensione
arteriosa sistemica.

Sistema respiratorio

Edema laringeo con stridore, broncospasmo e aumento


delle resistenze nelle vie aeree, edema polmonare con
ipossiemia

Apparato
mucose)

tegumentario

(cute

Orticaria e rush cutaneo, edema periorbitale e periorale,


edema della lingua e dellorofaringe

A volte lanafilassi viene confusa con altri quadri clinici altrettanto drammatici come
lembolia polmonare, linfarto miocardio, la reazione vaso-vagale, ecc. In definitiva
gli agenti che pi frequentemente causano reazioni anafilattiche o anafilattoidi sono
i farmaci dellanestesia generale, gli anestetici locali ed il lattice. La patogenesi di
queste reazioni ancora incerta e controversa infatti mentre le reazioni
anafilattiche sono IgE mediate che sono in grado di legarsi a mastociti e basofili non
solo del sangue ma anche tissutali riproponendo il ruolo centrale di mediatori chimici
vasoattivi, nelle reazioni anafilattoidi si assiste alla attivazione di alcune proteine
plasmatiche del gruppo del complemento o al rilascio di mediatori chimici da parte
dei basofili e mastociti stimolati direttamente dallallergene. tab.4

182

Principi di anestesia

Tab.4 - Allergie dei farmaci dellanestesia generale


Incidenza
Anestesia generale

1:1.000 1:6.000

Barbiturici

1:30.000 (F/M=3:1)

Ketamina

Rara

Propofol

Rara

Benzodiazepine

Eccezionale

Neurolettici

Eccezionale

Morfinici

Rara

Miorilassanti

Elevata

Anche gli anestetici locali provocano reazioni allergiche o pseudoallergiche


classificati in 4 tipi diversi. tab 5

Tab.5 Tipologia di reazione evocate dagli anestetici locali


1) Reazioni di tipo tossico

Effetti sul sistema nervoso centrale

Effetti sul sistema cardiovascolari

Effetti locali

2) Reazioni non correlate

Reazioni vaso-vagale

alluso del farmaco

Reazione da stimolazione simpatica

Reazione da trauma chirurgico

3) Reazioni

Metaemoglobinemia da prilocaina

idiosincrasiche

Metaemoglobinemia da EMLA

4) Reazioni allergiche e

Orticaria e angioedema

pseudoallergiche

Anafilassi vera

Dermatite da contatto

Sembrerebbe che le reazioni tossiche sano le pi frequenti e siano anche dose


dipendente. In realt le manifestazioni cliniche sono in fase di riduzione progressiva
(o, 6-1% di tutte le procedure) da quando sono stati abbandonati gli anestetici locali
esteri dellacido paraaminobenzoico e prediligere quei farmaci di derivazione
amidica di cui non si mai dimostrata istologicamente una reazione IgE mediata. Per
i pazienti che riportano unanamnesi positiva per reazioni atipiche verificatesi dopo
somministrazione di un anestetico locale possibile eseguire un test di screening per

183

Principi di anestesia

identificare precisamente il farmaco responsabile secondo un percorso diagnostico


preciso. tab.6
Tab. 6 Percorso diagnostico per singolo anestetico in caso di
anamnesi suggestiva per allergia
Anestetico

Via di

Ml

Diluizione

locale

somministrazione

Prick

Induiluita

Intradermo

0.05

1/100

Intradermo

0.05

1/10

Sottocute

0.10

1/10

Sottocute

0.10

Indiluita

Sottocute

0.10

Indiluita

Per i pazienti a rischio possibile eseguire un trattamento desensibilizzante. tab. 7

Tab. 7 schema di trattamento desensibilizzante preoperatorio


1. ketotifene 2 cps da 2 mg nei 4 giorni che precedono lintervento
2. betametasone 2 cpr da 0.5 mg die per 3 giorni prima dellintervento e 4 mg ev 1 ora prima
dellanestesia locale
3. desclorfeniramina maleato 1 cps da 2 mg 1 ora prima dellanestesia locale

Anche il materiale a base di lattice pu provocare reazioni anafilattiche ed in base ai


dati epidemiologici

recenti in fase di aumento crescente. Le manifestazioni

cliniche sono soprattutto a carico dellapparato tegumentario dove si pu sviluppare


una dermatite da contatto con eczema, orticaria fino alledema della glottide con
una evoluzione in alcuni malati rapida e ingravescente (entro 2-3 minuti) o pi
lentamente (60-90 minuti) dose dipendente. Sono stati identificati molti pazienti a
rischio esposti cronicamente al contatto con il lattice sia per ragioni professionali
(patologia occupazionale in addetti alla sala operatoria o nei lavoratori impiegati
nellindustria della gomma) che per malattie che richiedono luso di presidi in
gomma (catetere vescicale ad esempio). A questi si aggiungono tutti quei soggetti
con atopie alimentari verso cibi come lavocado, banana, castagne, kiwi, noci e
arachidi. Purtroppo i RAST test presentano dei grossi limiti di specificit e di
sensibilit mentre i test cutanei sono comunque potenzialmente capaci di scatenare
una reazione anafilattica grave. Per questo motivo la FDA Americana non ha

184

Principi di anestesia

approvato nessun tipo di test cutaneo che pu essere eseguito per individuare i
soggetti a rischio. In tal caso sempre utile adottare una serie di precauzioni come
utilizzare siringhe di vetro,
ventilazione al neoprene,

cateteri endovenosi privi di lattice,

valvole respiratorie in silicone,

lattice e tutto il materiale lattice-simile.

185

pallori per

eliminare i guanti in

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