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2009
LOESCHER EDITORE
TORINO
OSSERVAZIONI SULLA
DATA DRAMMATICA DEL
DIALOGUS DE ORATORIBUS DI TACITO
1
L’esatta data di composizione del Dialogus non è nota, e costitui-
sce un’altra vexata quaestio; l’opinione prevalente è che essa sia da fis-
sare in un anno fra il 96 e il 102 d. C. È stata invece ormai accanto-
nata l’idea, che aveva goduto in passato di un certo credito, del Dialo-
gus come opera giovanile di Tacito (da datare intorno all’80 d. C.): fra
i principali argomenti che vanno contro questa ipotesi, è la distanza
troppo ridotta che vi sarebbe cosí fra data drammatica e data di com-
posizione. Per una rassegna delle posizioni sul problema e delle diver-
se date proposte cfr. C. O. Brink, Can Tacitus’ Dialogus be dated? Evi-
dence and historical conclusions, «HSCPh» 96, 1994, 251-280.
RFIC 137, 2009, 424-443
LA DATA DRAMMATICA DEL DIALOGUS DE ORATORIBUS 425
2
Il giorno esatto della morte di Cicerone, il 7 dicembre del 43 a. C.,
è noto soltanto da questo passo; Decembres è sicura integrazione di Giu-
sto Lipsio, giustificata dal fatto che, come sappiamo da altre fonti, Ci-
cerone fu inserito nelle liste di proscrizione alla fine di novembre.
3
In realtà la quasi totalità della tradizione manoscritta del Dialo-
gus legge centum et decem anni, mentre un solo codice (C C) riporta la
lezione centum et XX; ma che quest’ultima sia la lezione corretta è ga-
rantito dal confronto con dial. 24, 3, dove Curiazio Materno, nel ri-
prendere quasi alla lettera le parole di Apro, fornisce la cifra di 120
(… cum praesertim centum et viginti annos ab interitu Ciceronis in
hunc diem effici ratio temporum collegerit).
4
Nel passo di Tacito sex et quinquaginta è una necessaria correzio-
ne del Lipsio per il tràdito novem et quinquaginta (da considerare for-
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in tal caso il suo sesto anno sarà compreso fra il luglio del 74 e il giu-
gno del 75 d. C. Secondo altri la durata del regno di Vespasiano an-
drebbe calcolata a partire dal 21 dicembre del 69, quando egli venne
riconosciuto ufficialmente dal senato come unico princeps, oppure di-
rettamente dal 70 d. C., il primo degli anni interi del nuovo principa-
to (cfr. R. Syme, Tacitus, Oxford 1958, II 670); ma anche in questo caso
il sesto anno di regno non cade oltre il 75 d. C.
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La durata del saeculum naturale era variamente fissata a seconda
delle diverse fonti e tradizioni (cfr. Cens. 17, 2 sgg.); l’età di 120 anni
è però una delle piú ricorrenti, ed è indicata da numerosi autori: cfr.
soprattutto Cic. Cato 69, e gli altri passi raccolti da A. Gudeman, P.
Cornelii Taciti Dialogus de oratoribus, mit prolegomena, Text und ad-
notatio critica, exegetischem und kritischem Kommentar, Biblio-
graphie und index nominum et rerum, Leipzig-Berlin 19142, 59 sg. e
n. 4 (in generale 55 sgg. per la discussione del problema della data
drammatica).
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A sostegno di questa conclusione può essere anche addotta la cir-
costanza che quando Vipstano Messalla ribatte nel seguito dell’opera
alle argomentazioni di Apro, approssima ulteriormente, parlando, an-
ziché di 120, di 100 anni (dial. 25, 1 …tamquam parum proprie anti-
qui vocarentur quos satis constat ante centum annos fuisse).
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Cfr. anche D. Bo, Le principali problematiche del Dialogus de
oratoribus. Panoramica storico-critica dal 1426 al 1990, Hildesheim-
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Zürich-New York 1991, 125 sgg., dove si potrà trovare tracciata la sto-
ria della questione.
10
Cfr. E. Norden, Die Antike Kunstprosa vom VI Jahrh. v. Chr.
bis in die Zeit der Renaissance, Stuttgart 19585, I 325 sg. e n. 2 (trad.
it. La prosa d’arte antica dal VI sec. a. C. all’età della Rinascenza,
Roma 1986, I 336 e n. 38).
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Si tratta in particolare di Ov. Arist. 2, 219 sg. scilicet imperii prin-
ceps statione relicta / imparibus legeres carmina facta modis?; Vell. 2,
124, 2 una tamen veluti luctatio civitatis fuit, pugnantis cum Caesa-
re senatus populique Romani ut stationi paternae succederet; 2, 131,
2; Lucan. 1, 45, ecc.; questi e altri esempi citati da E. Köstermann, Sta-
tio principis, «Philologus» 87, 1932, 358-368, 430-444: 359 sgg.; cfr. an-
che Gudeman, Taciti Dialogus cit., 59 e nn. 1-2.
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M. Beck, Das dramatische Datum des Dialogus de oratoribus.
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Tale interpretazione comporta peraltro la necessità di emendare il
tràdito qua … fovet in quo … fovet: se si considera infatti la sexta sta-
tio come conclusa, la relativa con il verbo al presente fovet non può ri-
ferirsi a quest’ultimo termine, ma solo a principatus.
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Come tuttavia abbiamo già osservato (vd. sopra, 426-427 n. 6), il
confronto con hist. 2, 79 induce piuttosto a pensare che Tacito consi-
derasse come dies imperii di Vespasiano il 1° luglio.
19
Letta, come già altri prima di lui, dà alla locuzione in hunc diem
colliguntur un significato pregnante, come se essa stesse a significare
che l’azione del Dialogus si tiene esattamente nel giorno anniversario
della morte di Cicerone; ma l’espressione avrà piú probabilmente un
significato generico (‘ad oggi, al presente’), come anche in altri passi
di Tacito (sicuramente in hist. 4, 64, 1 e ann. 12, 42, 2, e cosí forse an-
che in Agr. 30, 3 e hist. 1, 30, 2).
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Sarà utile, per chiarezza, riportare le parole dello stesso Letta (La
data fittizia cit., 106): «se, considerando correttamente come termine fi-
nale il 76, calcoliamo il primo anno solo dal 1° gennaio (entrata in ca-
rica dei consoli Irzio e Pansa) al 7 dicembre del 43 a. C. (data esatta
della morte di Cicerone), il secondo dal 7 dicembre del 43 al 6 dicem-
bre del 42 e così via, vediamo che il 6 dicembre del 76 d. C. segna la
fine del 119° anno e il 7 dicembre l’inizio del 120°, cioè che il 120°
anno da quello della morte di Cicerone comincia 15 giorni prima del
21 dicembre del 76 e quindi prima che sia terminato il 7° anno di re-
gno di Vespasiano».
LA DATA DRAMMATICA DEL DIALOGUS DE ORATORIBUS 431
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Come decisiva riprova in favore di questa data, Gudeman (Taciti
Dialogus cit., 56 sg.) adduceva il passo di dial. 37, 2, dove si parla di
Licinio Muciano come ancora vivo; poiché in un passo della Naturalis
historia (dedicata a Tito nel 77 d. C.) Plinio il Vecchio si riferisce allo
stesso personaggio con un verbo al perfetto (Plin. nat. 32, 62), Gude-
man ne inferiva che nel 77 Muciano era morto, e che dunque l’azione
del Dialogus doveva di necessità essere anteriore a quell’anno: ma que-
sto argomento si basa su presupposti assai tenui, e condivisibili sono in
questo caso le riserve di Letta (La data fittizia cit., 109 n. 23) e Beck
(Das dramatische Datum cit., 168 sgg.). Piú interessante è forse l’in-
dicazione cronologica, pur assai vaga, che si ricava da dial. 5, 7 (parla
Apro) quid aliud infestis patribus nuper Eprius Marcellus quam elo-
quentiam suam opposuit, qua accinctus et minax disertam quidem,
sed inexercitatam et eius modi certaminum rudem Helvidi sapientiam
elusit? Si fa qui riferimento a uno scontro fra Elvidio Prisco e Eprio
Marcello, un noto delatore che con le sue false accuse aveva causato nel
66 d. C. la condanna a morte di Trasea Peto, suocero di Prisco, e l’e-
silio dello stesso Prisco; rientrato a Roma dopo la morte di Nerone, que-
sti attaccò senza successo il suo avversario in senato in almeno tre oc-
casioni fra il 69 e il 70 d. C. (cfr. Tac. hist. 4, 6-8 e 43; poco importa
ai nostri fini stabilire a quale episodio preciso si alluda qui): l’uso in
questo contesto dell’avverbio nuper sconsiglia di porre una distanza ec-
cessiva fra questi avvenimenti e la data drammatica del Dialogus, e
può costituire un ulteriore piccolo argomento a conferma della data del
74-75 d. C.
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La data fittizia cit., 103.
23
Sulla stretta relazione fra l’ambientazione del Dialogus a ridosso
della recitatio del Cato di Materno e il contenuto dell’opera tacitiana,
soprattutto nell’ottica della riflessione sul rapporto fra eloquenza e po-
tere, insiste adesso A. Gallia, Potentes and potentia in Tacitus’s Dia-
logus de oratoribus, «TAPhA» 136, 2009, 169-206 (che a proposito del-
la specifica questione della data drammatica sembra peraltro inclina-
re per la soluzione sostenuta fra gli altri da Beck, cioè quella del 77
d. C.: cfr. 177 sg. e n. 23).
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Sulla figura di Materno e sul suo ruolo nel Dialogus cfr. G. Ma-
nuwald, Der Dichter Curiatius Maternus in Tacitus’ Dialogus de ora-
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Come osserva Hass-von Reitzenstein, Beiträge cit., 96 sgg., Tacito
poteva in realtà trovare un precedente diretto per questa finzione sce-
nica in un altro dialogo ciceroniano, il De natura deorum: esso è am-
bientato nel passato (la data drammatica non è in questo caso definita
con esattezza, ma si deve collocare fra il 77 e il 75 a. C.; la composi-
zione del dialogo risale invece al 45 a. C.), ma annovera fra i suoi per-
sonaggi lo stesso Cicerone, che si limita ad assistere in qualità di au-
ditor (nat. deor. 1, 17) al dibattito fra Cotta, Velleio e Balbo, senza
prendervi parte attiva. Tuttavia il ruolo rivestito da Cicerone nel De
natura deorum non è paragonabile a quello di Tacito nel Dialogus, in
quanto l’autore vi figura non come un giovane studente, ma come un
uomo maturo ed esperto, a cui beneficio si tiene il dibattito fra gli al-
tri presenti.
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Si confronti Cic. de orat. 1, 23 repetam non ab incunabulis no-
strae veteris puerilisque doctrinae quendam ordinem praeceptorum,
sed ea quae quondam accepi in nostrorum hominum eloquentissimo-
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Piú esattamente il racconto di Scevola risalirebbe, nella finzione
dell’autore, all’anno 88 a. C., come risulta dall’accenno di Lael. 2 al
tribunato di P. Sulpicio Rufo e al consolato di Q. Pompeo Rufo, che
cadono in quell’anno; Cicerone, nato nel 106 a. C., aveva dunque 18
anni. L’inizio della frequentazione con l’Augure doveva comunque ri-
salire almeno all’anno precedente, come si ricava da Brut. 306, dove
Cicerone torna a rievocare i suoi studi di diritto civile con Scevola.
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Cfr. ancora Cic. Cael. 9-11, passo da cui apprendiamo anche che la
durata del tirocinium fori era di regola fissata in un anno (anche se la
frequentazione con il maestro, o con i maestri, poteva protrarsi piú a
lungo). Per notizie piú dettagliate su questa pratica cfr. J. Regner,
s. v. tirocinium fori, in RE VIA.2 (1937), coll. 1450-1453, e inoltre S. F.
Bonner, Education in ancient Rome (from the Elder Cato to the
Younger Pliny), London 1977, 84 sg.; J.-M. David, Le patronage judi-
ciaire au dernier siècle de la République romaine, Rome 1992, 332 sgg.
34
La stessa locuzione iuvenis admodum, pur nella sua genericità,
può avvalorare questa conclusione: in Agr. 7, 2 essa è precisamente ap-
plicata a Domiziano diciottenne, al momento della presa del potere da
parte del padre Vespasiano nel 69 d. C. Altrove Tacito usa iuvenis ad-
modum per indicare genericamente un’età giovanile, in riferimento a
Vespasiano (hist. 2, 78, 2), Elvidio Prisco (hist. 4, 5, 1) e Aquilio Re-
golo (hist. 4, 42, 1; cfr. Syme, Tacitus cit., II 671; Bo, Le principali
problematiche cit., 153 n. 11). Semplicemente iuvenis, senza l’avverbio
admodum, Tacito definisce se stesso in Agr. 9, 6 in relazione all’anno
77 d. C. (data del consolato del suocero Agricola, che in quell’anno gli
concesse sua figlia in sposa).
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Cfr. Syme, Tacitus cit., I 63 sgg. Tacito era di qualche anno piú an-
ziano rispetto a Plinio il Giovane (cfr. Plin. epist. 7, 20, 3-4), la cui data
di nascita si fissa con certezza al 61-62 d. C. Egli fu questore sotto Tito
(al piú tardi nell’81 d. C.), pretore nell’88 d. C. e consul suffectus nel 97
d. C.; le età minime richieste per queste magistrature, pur soggette a
oscillazioni, erano di 25 anni per la questura, 30 per la pretura, e 42 (al-
meno per gli homines novi) per il consolato (cfr. Syme, Tacitus cit., II
652 sgg.). Alla luce di questi dati, già un po’ troppo tarda sembra esse-
re la data del 58 d. C., sostenuta ultimamente da A. R. Birley, The life
and death of Cornelius Tacitus, «Historia» 49, 2000, 230-247: 236.
LA DATA DRAMMATICA DEL DIALOGUS DE ORATORIBUS 439
Ergo apud maiores nostros iuvenis ille qui foro et eloquentiae paraba-
tur, imbutus iam domestica disciplina, refertus honestis studiis, dedu-
cebatur a patre vel a propinquis ad eum oratorem qui principem in ci-
vitate locum obtinebat. Hunc sectari, hunc prosequi, huius omnibus
dictionibus interesse sive in iudiciis sive in contionibus adsuescebat, ita
ut altercationes quoque exciperet et iurgiis interesset utque sic dixerim
pugnare in proelio disceret.
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Si notino i numerosi echi verbali fra i due passi: adsectabar ∼ hunc
sectari (sector o adsector è verbo tecnico per designare il tirocinium fori
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al seguito di un oratore: cfr. dial. 20, 4; Plin. epist. 2, 14, 10; Gell. 13,
18, 3; 20, 6, 1, ecc.); non modo in iudiciis studiose audiebam ∼ sive in
iudiciis sive in contionibus; ut fabulas quoque eorum et disputationes
… penitus exciperem ∼ ut altercationes quoque exciperet.
37
Cfr. p. es. T. J. Luce, Reading and response in the Dialogus, in
T. J. Luce-A. J. Woodman (ed.), Tacitus and the Tacitean tradition,
Princeton 1993, 11-38: 21; M. Winterbottom, Returning to Tacitus’ Dia-
logus, in C. W. Wooten (ed.), The orator in action and theory in Gree-
ce and Rome, Leiden 2001, 137-155: 149; cfr. anche Williams, Change
and decline cit., 38 sg., 45, che tuttavia legge la rappresentazione del
cap. 2 del Dialogus soprattutto come un espediente letterario teso a giu-
stificare la presenza di Tacito al dibattito.
38
Cfr. p. es., sempre all’interno del Dialogus, le parole di Apro (20,
4), che accenna a quei iuvenes in ipsa studiorum incude positi, qui
profectus sui causa oratores sectantur. Anche Quintiliano consiglia di
attenersi a tale uso come ultima tappa del percorso formativo del fu-
turo oratore (cfr. inst. 10, 5, 19 quare iuvenis, qui rationem invenien-
di eloquendique a praeceptoribus diligenter acceperit, … exercitatio-
nem quoque modicam fuerit consecutus, oratorem sibi aliquem, quod
apud maiores fieri solebat, deligat quem sequatur, quem imitetur; iu-
diciis intersit quam plurimis, et sit certaminis cui destinatur frequens
spectator): interessante è tuttavia l’inciso quod apud maiores fieri so-
lebat, che sembra costituire un’almeno parziale conferma delle parole
di Messalla, e lascia intendere che anche Quintiliano guardava al tiro-
cinium fori come una pratica in buona parte appartenente al passato
(cfr. anche inst. 12, 11, 5-6).
LA DATA DRAMMATICA DEL DIALOGUS DE ORATORIBUS 441
Atque hercule sub eius modi praeceptoribus iuvenis ille de quo loqui-
mur, oratorum discipulus, fori auditor, sectator iudiciorum … sive ac-
cusationem susceperat sive defensionem, solus statim et unus cuicum-
que causae par erat. Nono decimo aetatis anno L. Crassus C. Carbo-
nem, uno et vicesimo Caesar Dolabellam, altero et vicesimo Asinius Pol-
lio C. Catonem, non multum aetate antecedens Calvus Vatinium iis ora-
tionibus insecuti sunt quas hodieque cum admiratione legimus.
39
Il ricordo del passo del Laelius è presente non soltanto nel cap. 2
(vd. sopra, 437 sg.), ma anche in questo cap. 34 del Dialogus, come mo-
stra specialmente il parallelismo fra le due espressioni deducebatur a
patre (dial. 34, 1) e a patre … eram deductus (Lael. 1); cfr. K. A.
Neuhausen, Ciceros Vater, der Augur Scävola und der junge Cicero,
«WS» n. F. 13, 1979, 76-87: 85 sg.
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Cfr. Cic. de orat. 3, 74 (parla lo stesso Crasso) … quippe qui om-
nium maturrime ad publicas causas accesserim annosque natus unum
et viginti nobilissimum hominem et eloquentissimum in iudicium vo-
carim. La possibilità di un guasto nella tradizione manoscritta del Dia-
logus è esclusa dall’osservazione che le età dei quattro oratori menzio-
nati da Messalla sono elencate in ordine crescente; Gudeman (Taciti
Dialogus cit., 457, ad l.) pensava che Tacito avesse seguito qui una qual-
che fonte retorica, dove era già contenuto l’errore.
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Cfr. Plin. epist. 7, 20, 4 equidem adulescentulus, cum iam tu fama
gloriaque floreres, te sequi, tibi ‘longo, sed proximus intervallo’ et esse
et haberi concupiscebam. Et erant multa clarissima ingenia; sed tu
mihi – ita similitudo naturae ferebat – maxime imitabilis, maxime imi-
tandus videbaris. Lo stesso Plinio il Giovane, la cui carriera per tanti
aspetti procede in parallelo rispetto a quella di Tacito, esordì come av-
vocato a 19 anni, come egli stesso ricorda in un’altra epistola a Titinio
Capitone (epist. 5, 8, 8).
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EMANUELE BERTI
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Mi associo qui all’opinione di quanti vedono in Curiazio Materno
non solo il principale portavoce delle idee di Tacito nel Dialogus (per
cui è nel suo ultimo discorso che va cercata la definitiva risposta al
quesito sollevato all’inizio dell’opera), ma anche una vera e propria ‘con-
trofigura’ dell’autore; le mie opinioni in proposito sono meglio preci-
sate nell’Introduzione a Tacito, Dialogo sull’oratoria, a cura di E. Ber-
ti, Milano 2009, XXXIX sgg.