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Nasce ufficialmente con l’uscita nel 1599 di “Primera parte de la vida del picaro Guzman de
Alfarache” di Mateo Aleman e con la continuazione apocrifa del 1602 “Segunda parte de la vida
del picaro Guzman de Alfarache”. L’etichetta nasce dopo e raggruppa tutte le opere successive e
minori ai 2 o 3 modelli e capolavori.
È arduo definirla: la letteratura del picaro è stata considerata come il riflesso di una condizione
storico-sociale in decadenza, rappresentata attraverso un giovane non integrato, vittima della
lotta x la sopravvivenza. Questa classificazione ha portato alla ricostruzione della vita e della
società attraverso i dati dei romanzi. Poi però si è capito che nel picaresco non s’ntendeva
raccontare il reale ma una favola che non contrastasse con la realtà: poetica della imitatio, non il
vero ma il verosimile. Quindi no realtà quotidiana vera ma situazione storico-sociale che
condiziona la fantasia individuale dello scrittore e la fisionomia della sua opera.
Un’altra opinione riguarda il sentimento dei conversos che la società aveva reso stranieri nel
proprio paese e vittime dell’opinione pubblica. Ambizione e panico x le rivelazioni di una possibile
indagine genealogica -> ripudio del picaro x l’onore come fonte di falsi valori.
Tema del picaro come emblema di libertà molto apprezzato -> doppiezza del linguaggio, minaccia
all’ordine pubblico e la beffa della malavita verso la giustizia forniva una sicura copertura in cui i
comportamenti s’ispiravano a vere “acutezze d’azione”.
Lo sdoppiamento del narratore rappresenta il punto di vista forza motrice dello sviluppo
strutturale del racconto. L'operazione generatrice è scrivere le loro storie con un'azione
retrospettiva motivata da una condizione particolare di quel momento. Non è quindi un resoconto
puro e semplice di un antieroe. Per le continuazioni c'è solo da riempire una cornice con degli
avvenimenti. Il protagonista non diventa picaro attraverso le esperienze vissute ma si dà e si
accetta fin da subito come reietto.
Possiamo definire un modello del contenuto del tipico romanzo picaresco sempre basandoci sul
capolavoro del “Guzman”: il picaro non è l'evasore della morale ma ne va alla ricerca, deve
imparare da sé i valori e cresce in un vagabondaggio, spesso esiliato dalla patria, e si forma mai
in reale contatto con gli altri perché diffidano di lui, e lui appena avrà un po' di esperienza a sua
volta diffiderà di tutti. Dalla sua solitudine scopre la menzogna altrui e nel suo isolamento trova
una superiorità (“atalaya”) da cui giudica e condanna. Ogni avventura gli fa scoprire l'inganno del
mondo (desengano). Lo sciocco che è diventato picaro diventerà saggio.
Secondo alcuni il fido della genealogia nel racconto è paragonabile al fido della predestinazione
nel libero arbitrio della vita umana. Le cose non si possono mutare, unica salvezza attraverso la
conversione -> dallo stato di salvezza si giudica la vita passata di peccatore. Il romanzo nasce
dalla doppia prospettiva volta a rappresentare l'attenzione tra bene/male, inganno/disinganno, è
volta ad opporre alla fine di ogni episodio una morale che permette di interpretare e capire il
mondo e trovare la via per la redenzione.
Medico converso, pubblica LIBRO DE ENTRETENIMIENTO DE LA PICARA JUSTINA: libro salottiero, senza
tratti cupi del Guzman, si articola in 4 libri che raccontano gli antecedenti infamanti di Justina, i
suoi viaggi e mestieri, vicende alle prese con la corruzione della giustizia, e la fortuna finale col
suo arricchimento e matrimonio con Guzman de Alfarache.
Grande satira contro alcuni ordini religiosi, giustizia, minoranze. Accusa la Spagna e il
cristianesimo di ostilità.
Critica: opera arida dal punto di vista narrativo, con sovrabbondanza esasperata di giochi
concettosi e verbali e di magie linguistiche che stordiscono il lettore.
Opera che teatralizza la scrittura, in modo anche quevedesco, in cui l’autore voleva certamente
mostrare il suo dominio di strutture retoriche e narrative manipolando la lingua iperbolicamente.
Lopez burla i libri ispiratori introducendo alla fine di ogni capitolo riflessioni moraleggianti non
attinenti alle vicende narrative, e non giova alla struttura dell’opera, anzi la imbruttisce.
LA HIJA DE CELESTINA (poi modifica titolo “La ingeniosa Elena”): Elena tipica femme fatale che usa
la propria bellezza in ogni tipo d’inganno.
L’inizio è in medias res con la scomparsa del narratore interno e la conclusione con la morte della
protagonista.
Gli spazi concessi all'aspetto delinquenziale della storia e il grande spessore descrittivo dedicato
agli spazi urbani delle grandi città manifestano l'approssimarsi della forma picaresca alla forma
novela.
VICENTE ESPINEL
1618 “Vida del escudero Marcos de Obregón”: ricca di elementi autobiografici che definiscono il
suo un “libro di memorie”. Espinel si propose di modificare il rapporto storia/finzione tessendo
nella struttura elementi realmente accaduti con finzione tipica del romanzo bizantino in un
equilibrio raffinato tra il vissuto vero e inventato.
Presenti digressioni in modo saggistico sulle materie più diverse (archeologia, medicina, galateo,
dialetto…), descrizioni dei soggetti tipici di Siviglia, elogia gli amici, le burle, le beffe…
La varietà degli argomenti e la variazione del punto di vista sono parte del gioco dell'intreccio tra
autobiografia reale ed esperienza fittizia.
Marcos è un antipicaro, orgoglioso della propria hidalguia, incarnazione del concetto di onore che
va oltre I pregiudizi sociali e tocca il vero onore, quello della virtù -> spesso tra gli insegnamenti
c'è l'esaltazione della società e l'augurio della continuità politico-sociale. Esalta l'obbligo di
riverenza E unità nei confronti dei superiori. Anche al cospetto di materiali picareschi come la
fame, il carcere, le osterie, Marcos dà sempre una visione esemplare e positiva del mondo.
La sua genealogia non è segnata da vizi e miserie, nella maggior parte degli avvenimenti narrati
egli non è protagonista ma osservatore e testimone.
Molto importante nella struttura la modalità tipica teatrale barocca nei racconti e l'inserimento di
forme tipiche dell’emblematica e del simbolismo nei commenti dello scudiero.
Del tutto scomparso è il mondo degli inganni e del crimine in “El donado hablador” e “Vida y
aventuras de Alonso, mozo de muchos amos” (1^ parte 1624, 2^ parte 1626).
Protagonista è un ragazzo che vuole vivere onestamente. Scene cosparse dei personaggi e tipi
sociali, situazioni di vita quotidiana e ceti piccolo-borghesi. Motore è la sua cofessione a un padre
vicario (1^ parte) e a un curato (2^ parte).
Incontinenza verbale: racconta tutto sui suoi padroni, e li arricchisce con narrazioni-descrizioni,
con citazioni bibliche ed erudite. Persino il suo confessore lo caccia per l'insopportabilità della
sua verborrea: conferma del ruolo comico della formula del racconto orale.
1626 “Buscon” di Quevedo. 1620 “Lazarillo de Manzanares” di Juan Cortés de Tolosa e “Segunda
parte del Lazarillo de Tormes” di Juan de Luna.
IL PICARO BUFFONE
1646 “La vida y hechos de Estebanillio Gonzales, hombre de buen humor, escrita por èl mismo”:
a lungo considerata opera autobiografica di un picaro vero o un’opera anonima, ma grazia studi
recenti possiamo attribuirla a Gabriel de la Vega, ispirato da un personaggio realmente esistito
che faceva il buffone nelle campagne delle fiandre. Sfondo: Guerra dei Trent’anni. Geografia molto
dettagliata, oltre i confini della Spagna.
Il protagonista racconta delle sue avventure, viaggi, occupazioni fino a quella del “bufon”.
Una specie di “gracioso” prestato dal teatro al romanzo con funzione di far ridere x contrasto tra
la sua codardia e coraggio come valore dominante generale. Danno solo x le persone della stessa
stoffa del protsgonista, lascia indenni le figure dei nobili/superiori.
Racconto denso di contrasti iperbolici, deformazione grottesca della costante comicità -> della
picaresca resta ben poco. Estebanillo si definisce tonto dall’inizio e vuole rimanerci, no vergogna
o preoccupazione x l’eticità o meno dei comportamenti suoi e degli altri. Apologia del disimpegno,
indipendenza, ozio della vita picaresca. Ride dei momenti tragici, no scrupoli x le tribolazioni
altrui. Non tutto è comico comunque: umiliazioni affrontate con la filosofia del “per belli riuscire
bisogna soffrire”. Mangiare e bere no bisogno come gli altri picari ma piacere. Altra componente
del antipicaro è la formazione sia italica che ispanica. Sensibilità europea che lo porta ad
esprimersi nei viaggi con la lingua del luogo in cui si trova x essere considerato nativo del posto.
Abbondanti gli inserimenti di versi di romances, canzoni, proverbi, grande varietà di formule
retoriche che rientrano tra le caratteristiche dell’acutezza.
Carcere presentato in forma allegorica come un inferno popolato da diavoli. Le sue vicende
personali sono quelle tipiche del picaro ed insieme ai toni grigi compare la satira e l’ironia (include
anche una classificazione delle tipologie dei ladri).
Opera valutata come una sottile critica alla borghesia arricchita e all'aristocrazia alleata con la
malavita -> in più compare un'implicita lode del buon governo in una società di ladri basata sulla
libertà senza invidia né ingiustizia: rispetto al caos iniziale, una specie di utopia alla rovescia.
1644 “El siglo pitagórico y vida de don Gregorio Guadaña”. 2 opere: la prima racconta di
un'anima che migra attraverso i corpi di varie persone di carattere e condizione sociale ben
diversi con la presentazione di ognuno di essi dando un quadro dei costumi dell’epoca; la
seconda racconta l’avventura, Gregorio Guadaña, in cerca di amori nella capitale. Critica contro
l'amministrazione della giustizia. Da segnalare la carrellata di acutezze verbali e ammiccamenti
concettuali che tendono sempre al desengaño ma di picaresco c'è rimasto ben poco se non
niente (a parte la “peregrinatio”).
Di notevole rilievo come resoconti delle varie esperienze. Si agganciano alla tradizione dei
memoriale e si associano al picaresco nella selezione degli eventi più succosi.
PICARESCA ALL’ESTERO
Spesso erroneamente viene attribuita l’etichetta di picaresco a qualunque forma di discorso
autobiografico che comporti memoria retroattiva, uno schema itinerante o una critica sociale. La
diffusione fu + a livello traduttivo che non imitativo: il “Lazarillo” fu tradotto in inglese e in francese
poco dopo la pubblicazione.
Spesso vennero presentati testi manipolati, privati dei brani didascalici e moraleggianti, oppure
venivano mescolate le vicende dei vari protagonisti.
1735 Lésage scrive “L’Histoire de Gil Blas de Santillane” in cui mescola e attinge ambientazioni
da “Marcos de Obregon”, “Lazarillo” e “Estebanillo”, rielaborando in modo prettamente
illuministico e per niente spagnoleggiante.