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LA LETTERATURA ALTERNATIVA

Prosa-documento il cui ruolo è testimoniare il volto completo e spietato dell’altra Spagna, quella
della miseria, furfanteria, malcostume, volgarità e prostituzione.

FRANCISCO DELICADO
Uno dei primi autori a contribuire a questa letteratura d’evasione. Mai accolto nei circoli letterari
colti.

RETRATO DE LA LOZANA ANDALUSA: ambientato nella Roma rinascimentale descrivendo


quell’inquietante giro della malavita della Roma dei papi caratterizzata da bordelli, prostitute,
trafficanti…

L’autore è un fotografo-cronista, scruta e racconta con l’occhio impassibile di una telecamera,


completamente oggettivo. Non c’è intento educativo, solo assoluta adesione alla verità. Non
occorrono dottrina ed eloquenza, si serve del linguaggio del volgo. Il risultato è una birrazza
convivenza di parlate fra loro interferenti (lingua franca, italiano, spagnolo, dialetti…).

Erotismo: grande protagonista del racconto, l’amore è mestiere oggetto di compravendita,


contaminato dall’imbroglio e sfrenato esibizionismo.

Aldonza: eroina assoluta, prostituta che non possiede tratti d’eroismo tradizionale. No donna-
oggetto ma autonoma e spavalda, vive in un mondo che le ha imposto di essere una lozana, ma
ha preso la sua rivincita diventando maestra di furberia e indipendenza trasformando il suo
mestiere in arte. Piena d’ingegno.

I DIALOGHI
Per raccontare l’altro lato della Spagna si è sviluppato il genere dei dialoghi: critica alle ingiustizie,
corruzione della chiesa (satira anticlericale, degenerazione delle sfere ecclesiastiche), miseria, in
un modo + raffinato. Esempi due dialoghi anonimi:

CROTALÓN e il DIALOGO DE LAS TRASFORMACIONES, con tema molto simile. In entrambi gli
interlocutori sono il calzolaio Micillo e un gallo (il vero protagonista).

Gallo: essendo passato attraverso numerose reincarnazioni possiede un’enorme conoscenza,


notizie, esperienze di epoche diverse, può sconfinare nel fantastico e nella profezia, andare e
tornare dal passato sl presente, dalla storia al mito.

Momenti migliori: quando è stato un abate in un convento e quando da donna ha soggiornato in


un monastero femminile. Obiettivo: mettere in evidenza la corruzione del clero, accumulo
disonesto di ricchezze, sfruttamento dei timori della povera gente, pratica menzognera della
preghiera e dei riti sacri.

IL VIAJE DE TURCHIA di Cristobal de Villanon

Chiude l’epoca di Carlo V, racchiudendo tutte le componenti ideologiche e sociocult dell’epoca.

Parla di un’esperienza vissuta ma non sfocia nell’autobiografia, anzi prevale la componente


magico-fantastica. Dialogo a 3 voci che mette in risalto il protagonista (narratore inventato o
autore travestito).

Eroe: Pedro de Urdemalas, Ulisse spagnolo del quale Cervantes farà uno dei suoi eroi del teatro.

Altri due interlocutori: Juan de Votadiós (ebreo errante di Spagna, ipocrita che fa ricchezza
sfruttando le credenze dei semplici) e Matalascallando (nome allude alla sua furberia, ha sempre
la risposta pronta, socio in affari di Juan).

I 3 personaggi sono esempi della Spagna alternativa.

Juan e Matalascallando incontrano un monaco trasandato che si rivelerà essere Pedro, loro
vecchio compagno, che torna dalla Turchia dov’è stato prigioniero. Chiede notizie di cos’è
successo in Spagna mentre non c’era e inizia la descrizione dei malcostumi spagnoli in contrasto
con gli altri Paesi. Questo racconto provocherà turbamento in Pedro ma anche stupore e non
mancano momenti di satira, battute e sarcasmo. Pedro racconta del suo viaggio e del suo
passaggio in Italia e Francia. L’avventura si trasforma in piacere dell’avventura e in arricchimento
del sapere.

Genere picaresco: dallo spagnolo picaro=furfante.

Narrazione apparentemente autobiografica in 1^ persona, in cui il fittizio protagonista narra le


proprie avventure dalla nascita alla maturità. L’eroe è di bassa estrazione sociale, generalmente
orfano nato da genitori ignoti e abbandonato a se stesso. Nel romanzo picaresco si è voluto
prediligere il punto di vista della nascente borghesia da un lato x la ricerca del successo dall’altro
x il declino dell’ideale cavalleresco-aristocratico x il quale Dio è garante di un’immutabile armonia
sociale, contro l’individualismo del capitalismo in ascesa.

LAZARILLO DE TORMES (vedi appunti)

Il + importante racconto della scena letteraria alla fine del regno di Carlo V. Dopo le 3 edizioni del
1554 (stampate a Burgos, Anversa e Alcalà de Henares) fino al 1599 fu ristampata appena 6 volte
con decurtazioni e revisioni, per il calo d’interesse del pubblico. In Spagna s’impose all’interesse
di pochi ma qualificati lettori come Mateo Alemán e Miguel de Cervantes. Andò a costruire il
genere picaresco (narrazione moderna).

Prologo-dedica: indirizzato a un'illustre letterato “Vuestra Merced” a cui l’autore si rivolge


raccontando la propria vita, celandosi dietro un rigido anonimato. Nel prologo è racchiusa la
chiave dell'intera interpretazione, diretto a un vasto pubblico, poi sembra cambiare direzione
interessandosi di spiegare il "caso" della sua vita a vuestra merced, il pubblico non conta più.

Resoconto autobiografico della sua vita, dalle umili origini, al passaggio attraverso i vari padroni,
fino al raggiungimento della maturità e trasformazione da Lazarillo a Lazaro.

È la storia di un accattone, delle sue umilissime origini dell'infanzia di furti raggiri, della maturità
assestata su un benessere comprato al prezzo di un compromesso. Vuole captare il pubblico per
sbattergli in faccia una realtà crudele.

Avvertimento ai lettori: si diverta chi vuole, ma se troverà divertente il racconto, sarà perché si
sarà arrestato per limiti d'intelligenza alla sua ridanciana superficie. Gli altri avranno di che
meditare.

Lazaro nel momento in cui scrive è prigioniero di vizi, ha raggiunto una posizione sociale stabile e
cerca in tutti modi di difenderla (è integrato fra la gente perbene). È un ex picaro che racconta le
fasi della sua maturità le varie sfide a cui il caso l’ha sottoposto.

Chi è Lazaro oggi? È diventato un pregonero di vini per conto dell'arciprete di San Salvador, è in
un ménage a trois che gli garantisce cibo e vestiario. È il coronamento dell'antieroe che ha
devastato ogni valore tradizionale.

Appena le malelingue tentano di suscitare uno scandalo sulla sua posizione attuale, egli è subito
pronto a scrivere un racconto-giustificazione di tutta la sua vita.

Ed è proprio il prologo il vero ultimo capitolo del romanzo, dove viene sottolineata la sua
trasformazione e le sue scelte di vita.

La vicenda prende avvio con una descrizione anagrafica: madre Antona Pérez, padre Tomé
González, nato nel fiume Tormes, scelta della madre di affidarlo a dei padroni per inserirlo nella
cerchia della gente perbene (los buenos).

Parla dell'abbandono della famiglia con assoluto distacco e freddezza senza alcun brivido
emozionale. La decisione materna di allontanarlo verso un benessere che esclude il concetto di
onestà sarà la stessa del figlio.

Enfatizzazione del caos (o impresa, avventura). Scoperta delle proprie risorse di astuzia e
autonomia. Tema della fame sempre presente. Lotta per la sopravvivenza.

L'opera è divisa in sette trattati, con altrettanti padroni da cui imparerà a una lezione.

Al primo padrone, il cieco, un concentrato di negatività, si deve la prima istruzione di Lazarillo; è


dal suo buio morale prima che fisico che prende avvio l'illuminazione del ragazzo. Determinante è
l'episodio in cui gli fa sbattere la testa contro la statua di una testa di toro, per insegnargli a
imparare a vivere sulla logica dell’autodifesa, non distinguendo didattica e crudeltà gratuita.
Venne ripagato con la vendetta. Il primo padrone permarrà nella formazione del ragazzo
accompagnato da una sorta di oscura gratitudine.

Il secondo padrone, il chierico di Maqueda, sottopone il bambino a una fame malvagia e


immotivata. L'odio di Lazarillo stavolta è assoluto. Tenta di mangiare un po' di pane, viene
scoperto poi cacciato.

Il terzo padrone all'inizio appare come uno scudiero raffinato. Poi si rivela povero e delude
Lazarillo. Finge di essere aristocratico perché non vuole lavorare per non mischiarsi con i ceti
inferiori. Lazarillo è confuso, non può rubargli nulla e non si ribella per compassione.

Così si chiudono gli istituti sociali degenerati: la famiglia scompaginata, il piccolo laicato precario,
il clero corrotto, la nobiltà fantasma. Lazarillo ha rubato e imbrogliato, ma la società la privato
della sua coscienza morale. La partita si chiude in pareggio.

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