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LEZIONI A1/A2
L’alfabeto italiano
Le vocali sono: A – E – I – O – U
Ecco qui tutte le lettere dell’alfabeto italiano in ordine (associate ad alcune delle città più belle
d’Italia, utile quando hai bisogno di fare lo spelling di una parola!):
Ancona
Bologna
Cagliari
Domodossola
Enna
Firenze
Genova
Hotel
Isernia
Livorno
Milano
Napoli
Ostuni
Palermo
Quarto
Sassari
Torino
Urbino
Venezia
Zagarolo
N.B. Le lettere straniere sono usate solo in parole di origine straniera, pertanto non esistono città
italiane che iniziano per consonante straniera! Ecco alcune parole straniere che sono entrate nel
vocabolario italiano:
I numeri in italiano
Per gli altri numeri, invece, cioè i numeri a due cifre “regolari” esiste una specie di regola: basta
unire i numeri con lo zero e i numeri a una cifra facendo una “addizione” .
20 + 5 = venticinque (25)
40 + 7 = quarantasette (47)
60 + 9 = sessantanove (69)
70 + 4 = settantaquattro (74)
… e così via.
ATTENZIONE: i numeri UNO (1) e OTTO (8) cominciano per vocale, pertanto, nell’andare ad
unirli con i numeri con lo zero (che terminano per vocale), dovrai ricordare di non pronunciare (o
scrivere) la vocale finale del numero con lo zero. Ecco alcuni esempi:
20 + 1 = ventuno (21)
30 + 8 = trentotto (38)
60 + 1 = sessantuno (61)
Passiamo ora a…
I numeri a tre cifre con due zeri
100 cento
200 duecento
300 trecento
400 quattrocento
500 cinquecento
600 seicento
700 settecento
800 ottocento
900 novecento
Come puoi vedere, tranne per il primo (cento), tutti gli altri numeri a 3 cifre con due zeri si
formano unendo il numero a una cifra + cento.
Per formare gli altri numeri a tre cifre basterà compiere un’altra “addizione”. Ecco alcuni esempi:
Per concludere, abbiamo i numeri a quattro cifre con tre zeri; per formarli basta unire il numero a
una cifra con la parola “mila“, eccetto per mille (1000). Ecco la lista:
2000 duemila
3000 tremila
4000 quattromila
5000 cinquemila
6000 seimila
7000 settemila
8000 ottomila
9000 novemila
Per tutti gli altri numeri a quattro cifre vale sempre la regola dell’addizione:
1.000.000 = un milione
1.000.000.000 = un miliardo
Se hai bisogno di sapere l’orario puoi chiedere “Che ora è?” oppure “Che ore sono?“, entrambe le
forme sono corrette.
Per esempio:
h. 02:00 → Sono le 2
h. 07:00 → Sono le 7
h. 01:00 → È l’una
Ora devi sapere che in Italia ci sono due modi per dire l’ora:
Per esempio:
h. 08:50 → Sono le 8 e 50
h. 17:35 → Sono le 17 e 35
h. 09: 15 → Sono le 9 e 15
In esso usiamo i numeri da 1 a 12 per le ore, seguiti dai numeri da 1 a 60 per i minuti e poi, se è
necessario specificare, aggiungiamo “di mattina”, “di pomeriggio”, “di sera” o “di notte”.
Per esempio:
Che ore sono? Sono le 20 e 15 oppure le 8 e 15 di sera, è vero! Ma puoi anche dire che “Sono le 8 e
un quarto (di sera)”
h. 09:30
Che ora è? Sono le 9 e 30, ma puoi anche dire che “Sono le 9 e mezza (di mattina)”
numero dell’ora seguente + MENO + numero dei minuti mancanti all’ora seguente
Ad esempio:
ATTENZIONE!
Queste formule (“e un quarto”, “e mezza”, “meno”) sono utilizzate generalmente solo con il sistema
delle 12 ore!
Parlare del TEMPO in italiano
Giorni della settimana
lunedì
martedì
mercoledì
giovedì
venerdì
sabato
domenica
Ora, una cosa importante che devi sapere è che i giorni della settimana sono proceduti dall’ articolo
determinativo o dalla preposizione DI se ci riferiamo a qualcosa che succede ogni settimana in quel
giorno.
Per esempio:
La domenica (= ogni domenica) mangio sempre molto, però di lunedì (= ogni lunedì) vado in
palestra.
Se invece ci riferiamo a qualcosa che è successa un giorno particolare e basta, non useremo né
l’articolo né la preposizione.
Per esempio:
Martedì sono andata dal medico, mentre venerdì ho cenato al ristorante.
Mesi dell’anno
gennaio
febbraio
marzo
aprile
maggio
giugno
luglio
agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
Per esempio:
A luglio vanno tutti al mare.
Ah, non dimenticare che la preposizione A è usata anche con l’orario e i giorni festivi come Natale,
Pasqua, Capodanno, eccetera.
Per esempio:
A Capodanno mi sveglio sempre alle 8 e mezza!
Le date
L’ordine per scrivere o dire le date in italiano è: giorno + mese + anno
Per esempio:
Il primo allunaggio 1 è avvenuto il 20 luglio 1969.
Le stagioni
primavera
estate
autunno
inverno
Casi particolari
Usiamo… Con…
A le parole «alba» e «tramonto»
DI / articolo determinativo «mattina», «pomeriggio», «sera», «notte»
NEL secoli e anni
NEL la parola «weekend»
articolo determinativo espressioni che fanno riferimento al passato o al futuro (l’anno scorso,
il mese prima, la settimana dopo…)
Si è diffusa la credenza che i nomi che terminano in -a sono femminili, mentre quelli che terminano
in -o sono maschili. Questo è vero in molti casi, MA NON SEMPRE!
Fanno eccezione:
Nomi maschili in -a: il problema, il tema…
Nomi femminili in -o: la mano, l’eco…
Nomi che terminano per consonante: il bar, lo sport, l’email…
ATTENZIONE! Non dimenticare che in italiano esistono anche i cosiddetti nomi di genere comune,
ovvero quei nomi che restano invariati per genere: allora un ruolo importante, per capire se si sta
parlando di un uomo o di una donna, lo ricoprono articoli ed aggettivi (che invece si accordano in
base al genere)!
Ad esempio:
Il/la giornalista, il/la turista, un/un’insegnante, il/la giudice …
Infine, è utile considerare quei nomi che sono completamente irregolari, i quali al femminile
cambiano completamente, cioè alcuni nomi di persone o di animali:
Dio → Dea
Marito → Moglie
Fratello → Sorella
Uomo → Donna
Maschio → Femmina
Padre → Madre
Cane → Cagna
Maiale → Scrofa
Toro → Vacca
Singolare e Plurale in italiano
Il plurale indica un cambiamento di numero (da “uno” si passa a “più di uno”). Pertanto in italiano
il plurale si forma cambiando la desinenza del singolare, ossia l’elemento variabile che si trova alla
fine di ogni parola e che indica genere e numero nei nomi; modo, tempo e persona nei verbi.
A partire dalla loro desinenza del singolare, i nomi si suddividono in 3 classi, con altrettante
possibili formazioni di plurale:
-co / -go (il pacco, lo psicologo) Non c’è una regola: -ci / -gi oppure –chi / -ghi
(i pacchi, gli psicologi)
Il dito – Le dita
Il ginocchio – Le ginocchia
l’uovo – Le uova
Il lenzuolo – Le lenzuola
L’osso – Le ossa
l’orecchio – Le orecchie
Il migliaio – Le migliaia
Il centinaio – Le centinaia
Il braccio – Le braccia
Questi nomi sono maschili al singolare ma diventano femminili al plurale.
L’uomo – Gli uomini
L’arma – Le armi
Questi nomi, invece, non cambiano il genere al plurale, ma assumono una desinenza inaspettata.
Alcuni nomi, invece, non cambiano al plurale: sono i cosiddetti NOMI INVARIABILI AL
NUMERO:
Nomi composti da una sola sillaba: il re / i re
Nomi che terminano con una vocale accentata: l’attività / le attività
Nomi che terminano in -i: la crisi / le crisi
Alcuni nomi maschili che terminano in -a: il sosia / i sosia
Nomi femminili che terminano in -ie: la carie / le carie TRANNE la moglie / le mogli e la
superficie / le superfici
Nomi che sono abbreviazioni di altri: la foto(grafia) / le foto, la moto(cicletta) / le moto
Nomi stranieri e terminanti per consonante: il computer / i computer, il DVD / i DVD
I NOMI DIFETTIVI, invece, sono quei nomi che hanno solo il singolare o solo il plurale.
L’aggettivo esprime una qualità o una caratteristica del nome a cui si riferisce e concorda con il
genere e il numero di quel nome.
Ma come si formano il femminile e il plurale degli aggettivi? Semplicemente cambiando la
desinenza finale del maschile singolare!
SINGOLARE PLURALE
MASCHILE FEMMINILE MASCHILE FEMMINILE
–chi se l’accento è sulla
–ca sia se l’accento è sulla penultima sillaba (antìchi)
penultima sillaba sia se è
-co (antìco – stàtico) –che in ogni caso
sulla terzultima (antìca – –ci se l’accento è sulla
stàtica) terzultima sillaba (stàtico)
rosa – blu – indaco rosa – blu – indaco rosa – blu – indaco rosa – blu – indaco
(il maglione rosa) (la felpa blu) (i pantaloni indaco) (le orchidee rosa)
1) Se i nomi hanno stesso genere, allora l’aggettivo mantiene quel genere e prende il numero plurale
Esempi:
La rosa e la margherita sono belle
Il tulipano e il ciclamino sono belli
2) Invece, se i nomi hanno generi differenti, allora gli aggettivi prendono il numero maschile plurale
Esempi:
Maria e Paolo sono simpatici
La rosa e il tulipano sono belli
POSIZIONE DELL’AGGETTIVO
In italiano la posizione dell’aggettivo non è fissa, pertanto esso può trovarsi sia prima sia dopo il
nome a cui si riferisce. Tale posizione, però, può far cambiare completamente il significato della
frase.
Per esempio, gli aggettivi che esprimono caratteristiche fisiche come “alto“, “vecchio“, “nuovo”
rispettano il loro significato “fisico” quando seguono il nome cui si riferiscono, ma assumono un
significato diverso se lo procedono!
Pertanto:
un dirigente alto è un uomo alto di statura che svolge una mansione dirigenziale, mentre un alto
dirigente è un uomo che ricopre un carica dirigenziale di alto livello;
un amico vecchio è un amico di età avanzata, mentre un vecchio amico è un amico che conosco
da molto tempo, ma non necessariamente anziano;
se compro un’auto nuova significa che compro un’auto non usata, mentre se compro una nuova
auto è possibile che mi riferisca al fatto che avevo un’auto e ne ho comprata un’altra, magari anche
di seconda mano;
un buon insegnante è un insegnante capace, ossia che sa insegnare bene, sa di cosa parla, ma non
necessariamente questi sarà anche un insegnante buono, cioè gentile, cordiale ecc.
un pover’uomo è un uomo sfortunato, a cui è accaduto qualcosa di spiacevole, mentre un uomo
povero è un uomo che non ha soldi
Esempi:
Quel pover’uomo ha perso la moglie (pover’uomo → uomo sfortunato).
Ho dato 5 euro ad un uomo povero (uomo povero → uomo senza soldi).
Ci sono, poi, degli aggettivi che vanno sempre dopo il nome. Si tratta di quelli che indicano:
nazionalità: la capitale francese
appartenenza a una categoria: un pittore impressionista
luogo e posizione: la mano destra
colore, forma, materia: una rosa blu, una tovaglia tonda
Gli articoli italiani non possono mai essere usati in maniera isolata, ma vanno sempre prima dei
nomi (da cui prendono genere e numero).
Quando gli articoli accompagnano un nome invariabile1 la loro presenza è fondamentale per
distinguere genere e numero.
N.B. La vocale dell’articolo LA cade se la parola che segue inizia per vocale. Al suo posto useremo
un apostrofo ‘.
L’isola, l’ancora, l’iniziativa
ATTENZIONE: Se la parola comincia con ie-, la “a” dell’articolo non cade: la iena
2. Articoli indeterminativi: si usano in riferimento a cose o persone indeterminate, non note o non
menzionate in precedenza.
Gli articoli indeterminativi non hanno plurale. Pertanto per esprimere una quantità indeterminata al
plurale dobbiamo usare il plurale degli articoli partitivi.
FUNZIONE INTERROGATIVA
Se in forma interrogativa, CHE, QUALE e QUANTO, e le rispettive forme plurali e femminili,
possono essere utilizzati sia in domande dirette (= che terminano con il punto interrogativo “?” o,
all’orale, con un’intonazione interrogativa) che in domande indirette (= richieste ma sotto forma di
affermazione, spesso usate invece delle domande dirette per maggiore cortesia).
Esempi di utilizzo in domande dirette:
Che tempo farà domani?
Quale vestito preferisci?
Quanto tempo ci resta?
Esempi di utilizzo in domande indirette:
Vorrei sapere che tempo farà domani.
Dimmi quale vestito preferisci.
Mi piacerebbe essere informata su quanto tempo ci resta.
FUNZIONE ESCLAMATIVA
Se in forma esclamativa, CHE, QUALE e QUANTO sono collocati in frasi che terminano
generalmente con il punto esclamativo “!” nello scritto, con maggiore enfasi della voce nell’orale.
Esempi di utilizzo in forma esclamativa:
Quanto freddo fa oggi!
Che bugiardo che sei!
Quale onore parlare con lei!
Gli aggettivi possessivi singolari, dunque, sono sempre preceduti da un articolo determinativo!!
Unica eccezione a questa regola sono gli aggettivi possessivi che accompagnano i nomi di famiglia
al singolare: in questo caso, infatti, non sono preceduti dall’articolo determinativo. Con i nomi di
famiglia al plurale, invece, l’articolo va messo.
Esempi:
la Mia madre si chiama Sofia. → nome di famiglia al singolare → NO articolo
il Tuo fratello ha 13 anni. → nome di famiglia al singolare → NO articolo
Il loro zio fa l’architetto. → “loro“, però, NON SEGUE LA REGOLA! → SÌ articolo
ATTENZIONE!
Esistono anche altri 2 aggettivi possessivi:
• proprio/a/i/e → può essere usato al posto dell’aggettivo possessivo di terza persona
singolare o plurale MA solo se è il soggetto della frase a possedere!!
Ad esempio:
Ogni persona porta il proprio zaino. → In questa frase è possibile usare “proprio” al posto di “suo”
perché è il soggetto della frase (ogni persona) a possedere.
Invece:
Ho chiesto a Maria di portare il suo (proprio) zaino. → Qui non possiamo usare “proprio” in
quanto il soggetto della frase è “io” ma chi possiede è Maria!
altrui → assume il significato di “di un altro/a” oppure “di altri/e” e lo si usa di solito per indicare
un possessore non definito ma solo per persone!
Ad esempio:
Non si deve giudicare la vita altrui → Non si deve giudicare la vita di altri (non sappiamo di chi
stiamo parlando ma sono sicuramente delle persone). Dal momento che può essere sostituito dalla
preposizione “di” + un nome, “altrui” generalmente segue il nome (proprio come farebbe la
preposizione!).
Come usare C’È e CI SONO
C’È e CI SONO sono espressioni che indicano la presenza di qualcosa o qualcuno in un
determinato posto.
C’È è usato con un soggetto singolare.
Esempio:
Oggi c’è il sole.
CI SONO è usato con un soggetto plurale.
Esempio:
Nella macedonia ci sono molti frutti.
Le stesse espressioni possono essere utilizzate nella forma interrogativa e nella forma negativa:
FORMA INTERROGATIVA: cambia solo l’intonazione della voce
Esempio:
C’è il sole oggi?
Ci sono ancora i formaggi nel frigo?
FORMA NEGATIVA: NON + c’è / ci sono
Esempio:
Non c’è il sole oggi.
Non ci sono più i formaggi.
N.B.
Ci sono ancora i formaggi?
Quando utilizziamo la parola “ancora” nelle domande, vogliamo sottolineare che per un certo
periodo di tempo sapevamo che qualcosa (o qualcuno) era in un determinato posto; con la domanda
vogliamo sapere se in questo momento è sempre in quel posto.
Ci sono ancora i formaggi? → Per un certo periodo di tempo i formaggi erano qui. In questo
momento sono sempre qui?
Per dare una risposta affermativa, useremo ancora:
Sì, ci sono ancora.
Per dare una risposta negativa, useremo più:
No, non ci sono più.
Chiaramente, le due espressioni “c’è” e “ci sono” possono essere coniugate in tutti i tempi e in tutti
i modi, basta coniugare il verbo “essere” in maniera adeguata.
Esempi:
Ci sarà anche Sara al mio compleanno domani.
Penso che ci siano troppi errori nel tuo esame.
Ieri c’era il vento ma oggi no.
Le preposizioni semplici italiane
In italiano le preposizioni sono: DI, A, DA, IN, CON, SU, PER, TRA, FRA.
DI
Indica:
• possesso → La valigia è di Giada.
• materiale → Il bicchiere è di vetro.
• argomento → Il libro è di geografia.
• modo in cui si fa qualcosa → Al mattino vado sempre di fretta!
• origine, provenienza → Io sono di Bari, mentre Carlo è di Roma.
A
Indica:
• stato in luogo (= posto in cui mi trovo) → Francesco è a casa.
• moto a luogo (= posto in cui sto andando, con città) → Domani vado a Milano per lavoro.
• termine (= cosa o persona a cui è rivolta l’azione) → Racconto il segreto a Maria.
• tempo (= con mesi e orari) → A febbraio vado sempre in montagna.
DA
Indica:
• moto da luogo (= posto da cui arrivo) → Siamo appena tornati da Pisa.
• moto a luogo (= con le persone!) → Nel pomeriggio ho un appuntamento dal dentista.
• tempo (= da quando si svolge un’azione che dura ancora nel momento in cui si parla) →
Vivo in questa casa da 5 anni.
• agente (= nelle frasi passive, chi compie l’azione) → Questo libro è stato scritto da uno
scrittore famoso.
• fine (= obiettivo per il quale una cosa viene creata) → Questa è una macchina da scrivere.
IN
Indica:
• stato in luogo → Ti sto aspettando in macchina.
• moto a luogo (= posto in cui sto andando, con nazioni e regioni) → Questa estate vado in
Spagna con la mia famiglia.
• modo in cui mi sento (con sentimenti) → Mi sento in colpa per non averlo aiutato con quel
lavoro.
• mezzo di trasporto che uso → Andiamo a Torino in aereo.
• tempo (= con stagioni e momenti della giornata) → In primavera ci sono molti fiori.
CON
Indica:
• compagnia (= persona con cui facciamo qualcosa) → Vado in Brasile con Biagio.
• strumento con cui faccio qualcosa → Scriviamo con la penna.
SU
Indica:
• posizione di qualcosa (o qualcuno) che si trova sopra qualcos’altro (o qualcun’altro) → Il
libro è sul tavolo.
• argomento (tranne con il verbo “parlare”, che regge solo la preposizione “di”!) → Scrivo un
articolo sulla guerra in Siria.
PER
Indica:
• moto per luogo (= luogo attraverso cui passo per andare in un altro) → Vado a Milano
passando per Roma.
• durata di tempo → Ha fatto la cantante per 3 anni.
• causa → Piango per il dolore.
TRA, FRA
Sono sinonimi e indicano:
• la posizione di qualcosa che si trova in mezzo a 2 o più cose → Casa mia è tra la chiesa e la
farmacia.
• alternativa → Per la cena di stasera puoi scegliere tra carne o pesce.
• relazione (= con persone) → Tra Marco e Teresa c’è grande amore.
• tempo (= nel senso futuro, tempo tra il momento in cui parlo e quello dell’evento) → Tra
due mesi partono per Londra.
Le PREPOSIZIONI ARTICOLATE
Prima di tutto, come si formano le le preposizioni articolate?
Si formano unendo preposizioni semplici + articoli determinativi, creando una sola parola.
Non tutte le preposizioni semplici, però, possono formare preposizioni articolate; ciò avviene solo
per le proposizioni semplici di, a, da, in e su.
Ecco una tabella riassuntiva di come si formano tutte le preposizioni articolate:
il lo la l’ i gli
di del dello della dell’ dei degli
a al allo alla all’ ai agli
da dal dallo dalla dall’ dai dagli
in nel nello nella nell’ nei negli
su sul sullo sulla sull’ sui sugli
Quindi, la domanda sorge spontanea: come facciamo a sapere se utilizzare una preposizione
semplice o articolata? Purtroppo non esiste una regola infallibile, ma alcune tendenze. Vediamole
insieme!I casi in cui bisogna usare le preposizioni articolate sono gli stessi in cui bisogna utilizzare
quelle semplici…
Una volta determinato quale preposizione bisogna usare, non bisogna dimenticare che le
preposizioni articolate concordano con il sostantivo che segue, proprio cone gli articoli
determinativi. Questo significa che useremo:
– Dell’, all’, dall’, nell’, sull’ davanti a nomi femminili e maschili singolari che cominciano per
vocale
– Della, alla, dalla, nella, sulla davanti a nomi femminili singolari che iniziano per consonante
– Delle, alle, dalle, nelle, sulle davanti a nomi femminili plurali, sia quelli che iniziano per
consonante che quelli che iniziano per vocale
– Del, al, dal, nel, sul davanti a nomi maschili singolari e dei, ai, dai, nei, sui davanti a nomi
maschili plurali, tranne se il sostantivo comincia per z- e y- oppure s + consonante o anche gn-,
ps-. In questi casi utilizzeremo al singolare dello, allo, dallo, nello e sullo e al plurale degli, agli,
dagli, negli, sugli.
ATTENZIONE! La preposizione semplice “con” si può combinare con gli articoli determinativi,
diventando:
il lo la l’ i gli
con col collo colla coll’ coi cogli
L’uso di queste forme, però, non è molto diffuso, infatti si preferisce utilizzare la forma staccata
“con il”, “con lo”, “con i”… Tuttavia, è importante che tu sappia che entrambe le forme sono
corrette.
Per esempio:
Sbuccio la mela con il coltello.
Sbuccio la mela col coltello.
Chiaramente, come si può intuire, le preposizioni semplici per, tra, fra quando sono seguite
dall’articolo determinativo rimangono invariate, cioè non si uniscono all’articolo.
Per esempio:
Questo è il detersivo per il bucato.
ANDARE e VENIRE
I verbi ANDARE e VENIRE sono molto frequenti in italiano, ma creano anche molta confusione.
Oggi faremo chiarezza su quando e come usarli!
I verbi ANDARE e VENIRE indicano entrambi uno spostamento.
ANDARE significa “spostarsi verso un luogo o una persona” e si usa con la preposizione DA per
le persone, con la preposizione A per i luoghi.
Esempio:
⁃ Che fai?
⁃ Vado dal medico: credo di avere la febbre.
⁃ Io invece sto andando al cinema a vedere un film e poi da Marco per una pizza.
⁃ Va bene. Divertiti!
VENIRE significa “spostarsi nel luogo in cui si trova o dove va la persona con cui si parla o la
persona che parla” e si usa sempre con la preposizione DA per le persone e A per i luoghi.
Esempio:
⁃ Stasera vado a mangiare ad un ristorante… Vieni con me?
⁃ Certo! Vengo volentieri al ristorante con te!
ATTENZIONE
Esistono però delle eccezioni, ovvero dei luoghi con i quali si usa la preposizione IN invece della
preposizione A!
Questi sono:
–Nomi propri di Stati: in Francia, in Svezia…
–Nomi propri di regioni: in Sardegna, in Baviera…
–Luoghi generici come:
Biblioteca
Banca
Montagna
Campagna
Città (centro / periferia)
Pasticceria e simili (macelleria, gelateria…)
Piscina
Garage
Pizzeria
Discoteca
N.B.
C’è però un’altra cosa che bisogna sapere: quando usiamo ANDARE e VENIRE con gli avverbi di
luogo “qui, qua, là, lì, laggiù, lassù, quaggiù, quassù”, non usiamo mai le preposizioni!
Esempio:
Vado lì
Vado quaggiù
Vengo lassù
Vengo là
Colombia colombiano/a
Cuba cubano
Egitto egiziano/a
Israele israeliano/a
Italia italiano/a
Lituania lituano/a
Messico messicano/a
Pakistan pakistano/a
Polinesia polinesiano/a
Singapore singaporiano/a
Venezuela venezuelano/a
–ese
Bangladesh bengalese
Canada canadese
Cina cinese
Danimarca danese
Finlandia finlandese
Francia francese
Irlanda irlandese
Norvegia norvegese
Portogallo portoghese
-ino
Algeria algerino/a
Argentina argentino/a
Tunisia tunisino/a
–ense
Stati Uniti d’America statunitense
Panama panamense
–eno
Cile cileno/a
Iraq iracheno/a
-o
Grecia greco/a
Russia russo/a
Turchia turco/a
Particolarità
Alcuni aggettivi di nazionalità hanno suffissi diversi dagli altri:
-ita vietnamita
-egno salvadoregno/a
-ota keniota
polacco/a
-acco
slovacco/a
Se non vi va di stare a raccontare i fatti vostri, la risposta più comune – e banale – è “Niente!”
Ma ovviamente ci sono anche alternative migliori e più simpatiche per dire la stessa cosa, come:
“Non molto”
“Niente di speciale”
“Niente di che”
“La solita”
“Il solito”
“Sempre le stesse cose”
“Tutto uguale”
Alternative se la persona è triste:
Infine, se la persona che è di fronte a te sembra triste, preoccupata o turbata da qualcosa, allora
potresti usare domande del tipo:
“Che succede?”
“Qualcosa non va?”
“Tutto bene?”
Queste, infatti, mostrano preoccupazione e interesse per lo stato dell’altra persona, soprattutto se
fatte con la giusta intonazione. Se la persona se la sente, ti dirà quello che le succede!
ATTENZIONE!
Un errore che chi studia l’italiano commette spesso è quello di usare “Grazie di / per + un verbo
all’infinito“
Esempi:
Grazie di chiamare
Grazie per rispondere
Grazie di aiutarmi
In italiano, però, questa struttura non è corretta!
Infatti, in questi casi, la struttura grammaticalmente corretta è:
Grazie + DI / PER + ausiliare all’infinito + participio passato del verbo
Esempi:
Grazie di aver chiamato
Grazie per aver risposto
Grazie di avermi aiutato
Oppure la struttura alternativa è:
Grazie + DI / PER + sostantivo
Esempi:
Grazie della chiamata
Grazie per la risposta
Grazie dell’aiuto
Scopri i 5 errori più frequenti compiuti da chi studia italiano!
2) Il verbo “ringraziare”
N.B. Quando usiamo “ringraziare”, trattandosi di un verbo, dobbiamo fare molta attenzione a
coniugarlo correttamente! Pertanto, diremo:
Ti ringrazio! → in contesti informali, se la persona da ringraziare è un nostro amico, parente,
conoscente stretto…
La ringrazio! → in contesti formali, se ci stiamo rivolgendo al nostro datore di lavoro, professore,
medico oppure se non conosciamo la persona che abbiamo di fronte
Vi ringrazio! → se le persone da ringraziare sono più di una, sia in un contesto formale che in un
contesto informale
Anche questo verbo può essere rafforzato con altri termini. Avremo dunque espressioni come:
Ti ringrazio di cuore!
La ringrazio molto!
Vi ringrazio tanto!
2. Se vogliamo essere più originali possiamo dire anche: FIGURATI (informale) o SI FIGURI
(formale, quando diamo del Lei)
Esempio:
– La ringrazio per aver accettato il mio invito, avvocato.
– Si figuri!
4. Ancora, possiamo usare l’espressione NON C’È DI CHE! oppure la sua variante E DI CHE?!.
Queste due espressioni in particolare sono usate per non far sentire in debito con noi la persona che
ci ringrazia.
Esempio:
– Ti ringrazio molto per avermi accompagnata dal medico!
– Non c’è di che! / E di che?
5. Per rispondere a qualcuno che ci ringrazia per avergli fatto un favore (in questo caso intendiamo
qualcosa di più del semplice passare una bottiglia di acqua) possiamo usare:
È STATO UN PIACERE → per dire alla persona che non lo abbiamo fatto controvoglia, ma con
piacere, con gioia.
QUANDO VUOI (informale) / QUANDO VUOLE (formale) → per dire alla persona che, per
qualsiasi necessità, noi siamo pronti ad aiutarla anche in futuro.
Esempio:
– Grazie per averci aiutato a realizzare questo video!
– È stato un piacere! / Quando vuoi!
ATTENZIONE
Se vuoi rafforzare la vostra risposta, potete unire due di queste risposte (ma non di più!!)
Esempio:
– La ringrazio per la sua disponibilità!
– Prego! Si figuri!
–
Le DOPPIE in italiano: Dove e Quando si usano?
Innanzi tutto, per riconoscere se una consonante raddoppia o no, ci vuole tempo, esercizio e “molto
orecchio”. Quindi, a meno che una parola tu non la veda scritta, avrai bisogno di parlare e
ascoltare tanto!
Sfortunatamente, non esiste una regola precisa che stabilisce quando una consonante deve
raddoppiare. Ma ci sono una serie di regole che possono aiutarti ad evitare gli errori più frequenti.
Vediamole insieme!
2. Il suffisso “iere”
Le parole che finiscono in “iere” vogliono sempre la doppia “z” (che normalmente invece non
raddoppia).
Es: corazziere, tappezziere, biscazziere.
Fin qui sembra tutto abbastanza semplice, no? Ma adesso vediamo invece quando NON mettere le
doppie!
3. Non raddoppiano
• la consonante b del suffisso a/e/i-bile.
Es: incredibile, adorabile, indelebile.
• la c davanti a vocale u + altra vocale (a parte l’eccezione della parola taccuino!)
Es: acuire.
• la g e la z seguite da -ione.
Es: stagione, colazione
• le parole che contengono -zia, -zio e -zie (a parte le eccezioni: pazzia, razzia).
Es: egiziano, pazienza, spazioso.
• le parole composte quando sono precedute dai prefissi contro, sotto e tra.
Es: controvoglia, sottovoce, trascorrere.
• le parole composte in cui la seconda parola inizia con s+consonante.
Es: sovra+stare = sovrastare, contra+stare = contrastare
Sì, sono tante regole da ricordare. Quindi magari ti stai chiedendo: perché mai preoccuparsi tanto
per una consonante in più o in meno?
Beh, la risposta è che in realtà le doppie sono molto importanti, perché spesso cambiano
completamente il significato di una parola! Qualche esempio?
Nono – nonno
Pala – palla
Caro – carro
Tono – tonno
Rosa – rossa
Casa – cassa
Mese – messe
Sono – sonno
Coro – corro
Boh!
Mi piacerebbe saperlo!
Ma che ne so!
BENE
Questo è un avverbio, più esattamente, un avverbio di modo, quindi si usa per descrivere e dirci
come si svolge un’azione e, di conseguenza, si usa in relazione con un verbo!
Esempi: “Parlo bene”, “Nuoto bene”, “Canto bene”… e così via.
“Bene”, pertanto, descrive come l’azione espressa dal verbo è eseguita; in particolare, si usa per
indicare che sappiamo svolgere, tale azione, in maniera soddisfacente, ossia in modo corretto,
appropriato. Il contrario dell’avverbio “bene” è: male.
Esempio: “Io parlo molto male il Tedesco”
Ora tocca a:
BELLO
Anche questo è un aggettivo, quindi possiamo avere le declinazioni: “bello“, “belli“, “bella” e
“belle“. Si usa riferimento all’ estetica di un luogo, persona o oggetto, quindi ne si apprezza
l’apparenza. Il suo contrario è: brutto.
Esempio:
“La mia maglietta, acquistata su LearnAmo Collection, è davvero bella, per questo i nostri
studenti dovrebbero dare un’occhiata al nostro negozio online!”
“Questa maglietta a righe, invece, è brutta”
Infine, abbiamo:
BUONO
Si tratta di un aggettivo che si può declinare in “buono“, “buoni“, “buona“, “buone“. Si può
utilizzare in riferimento a persone per dire che sono gentili ed altruiste.
Esempio: “Mio padre è, davvero, buono: nonostante spesso mi comporti male, non mi rimprovera
mai!”
Viene utilizzato, inoltre, per esprimere la qualità di un oggetto, di solito la bontà, il gusto.
Esempi: “Il gelato italiano è molto buono!” o “Questo risotto è molto buono!”
2) uomo: questo sostantivo, come sappiamo, si riferisce agli individui di genere maschile, ma può
anche essere usato per riferirsi all’intera umanità.
Esempio: “L’uomo è capace di compiere meraviglie e orrori” (non ci riferiamo a un uomo in
particolare, ma alla razza umana nel suo insieme)
5) paese: questo sostantivo è molto usato perché in italiano ha due significati ben distinti.
Un paese con la “p” minuscola si riferisce di solito a un medio-piccolo centro urbano
Esempio: “Devi portare la lettera in paese”
Con la “P” maiuscola, invece, si riferisce di solito a uno Stato.
Esempio: “L’Italia è il Paese che amo”
8) casa: questa parola può essere è utilizzata per indicare una “casa” come struttura e dimora fissa.
Esempio: “Ho comprato una casa nuova”
Può essere inteso anche come luogo accogliente e sicuro
Esempio: “YouTube è la mia casa”
1 – “E”
Questa ha una funzione aggiuntiva, cioè mette sullo stesso piano due o più cose diverse, creando
una sorta di addizione.
Per esempio: “A Capodanno sono andata a un veglione e ho nuotato in una piscina bellissima”
2 – “O e OPPURE”
Queste due congiunzioni hanno funzione disgiuntiva, cioè dividono due o più elementi, ponendoci,
solitamente, dinanzi a una scelta.
Pertanto, queste due congiunzioni hanno una funzione opposta a quella della congiunzione “E”.
Ecco un esempio: “Mi hanno proposto di lavorare come maestro di italiano o di fare l’assistente di
volo”.
4 – “INFATTI”
Questa congiunzione esplicativa serve a introdurre una spiegazione, una conferma o una
giustificazione a ciò che si precedentemente detto.
Esempio: “Adoro la pizza, infatti la mangio quasi tutti i giorni!”
5 – “PERCHÉ e SICCOME”
Queste due congiunzioni causali introducono la causa, la ragione, per la quale una determinata cosa
è successa.
Per esempio:
“Non sono andato al compleanno perché avevo la febbre.”
“Siccome avevo la febbre, non sono andato al compleanno”.
Avete notato la differenza? Pur avendo lo stesso significato, la struttura delle due frasi cambia.
Infatti, quando usiamo “PERCHÉ” l’effetto precede la causa, mentre quando usiamo “SICCOME”
la causa precede l’effetto!
7 – “QUALORA”
Questa congiunzione con valore ipotetico introduce un’ipotesi. Infatti, potremmo dire che ha lo
stesso significato di “SE”.
Vediamo un esempio: “Qualora dovessi tardare, avvertici con un messaggio”.
8 – “MENTRE”
Dovete fare particolare attenzione a questa congiunzione perché può avere due funzioni
completamente diverse.
“MENTRE” può avere valore temporale, esprimendo contemporaneità, oppure valore avversativo,
cioè crea un contrasto, un’opposizione.
Valore temporale
“Rocco giocava alla playstation, mentre Graziana guardava la televisione”
Queste due azioni avvenivano contemporaneamente, cioè nello stesso momento.
Valore avversativo
“Rocco amava giocare alla playstation, mentre Graziana odiava i videogiochi”
È evidente che, in questo secondo esempio, le due azioni sono in contrasto, quindi la congiunzione
MENTRE introduce un’opposizione a quanto detto nella prima.
9 – “MA”
Questa congiunzione, a differenza di “MENTRE”, ha solo valore avversativo.
Per esempio: “Gli ho fatto varie offerte, ma ha sempre rifiutato”.
Le migliori alternative a “MI PIACE”
1) Non mi dispiace
Questa alternativa è senza dubbio meno forte di “mi piace”. Si usa per indicare che abbiamo gradito
qualcosa, ma non in maniera eccezionale.
Esempio: “Non mi è dispiaciuto l’ultimo film di Tarantino”
2) Apprezzo
Questa alternativa è piuttosto formale ed esprime un gradimento moderato e contenuto.
Esempio: “Apprezzo molto il Suo interessamento nel mio progetto”
3) Mi garba
Questa alternativa, invece, è piuttosto informale, però molto usata, specialmente dai più giovani.
Esempio: “Quelle moto mi garbano un bel po’!”
4) Mi va
Questa alternativa può essere usata in due modi:
1) Seguita da un sostantivo Esempio: “Ti vanno due birre?”
2) Seguita da “di + infinito”. esempio: “Ti va di fare un giro in centro?”
5) Mi va a genio
Esempio: “Finalmente ho trovato un segretario che mi va a genio”
6) Adoro
esprime un forte gradimento ed è probabilmente la forma che gli italiani usano più spesso.
Esempio: “Io adoro insegnare l’italiano: è la mia passione!”
7) Amo / sono innamorato di
Oltre ad avere una connotazione sentimentale, queste alternative sono anche utilizzate per esprimere
gradimento!
Esempio: “Amo camminare sotto la Torre degli Asinelli. Sono innamorata delle strutture imponenti”
E voi? Di cosa siete innamorati? Fatecelo sapere nei commenti!
8) Vado pazzo/matto per
Quest’espressione si usa quando qualcosa ci piace davvero tantissimo, al punto da farci impazzire!
Esempio: “Rocco va matto per la cioccolata fondente, mentre io vado pazza per il tartufo”
9) È una figata/uno sballo!
Esempi: “La pallacanestro è davvero una figata”
oppure: “Il sushi è uno sballo!”
10) Mi fa morire
Anche questa alternativa, sebbene si usi moltissimo, è colloquiale.
Pronomi DIRETTI e pronomi INDIRETTI in italiano
Innanzitutto, cos’è un pronome? Un pronome è quella parte variabile del discorso che si usa in
sostituzione del nome; indica direttamente persone o cose presenti nella realtà o già nominate,
oppure richiama il contenuto di intere frasi.
I pronomi diretti in italiano sono:
Pronomi diretti
mi
ti
lo, la
ci
vi
li, le
I pronomi diretti hanno il ruolo di complemento oggetto. Si usano, pertanto, quando il verbo non è
seguito da nessuna preposizione e rispondono alla domanda “Chi? Che cosa?“.
Per esempio:
Anna compra il libro = Anna lo compra
In questo caso, il pronome diretto lo sostituisce il complemento oggetto: “il libro”.
Facciamo un altro esempio:
Luca sogna sempre le sue cugine = Luca le sogna
In questo caso, il pronome diretto le sostituisce il complemento oggetto: “le sue cugine”.
*Perché “visti” invece di “visto” e “vendute” invece di “venduto” nonostante ci sia il verbo
ausiliare avere?
La risposta è piuttosto semplice: quando si mette un pronome diretto prima di un verbo al passato
prossimo, il participio passato di quest’ultimo deve essere concordato con il numero e il genere
del soggetto, anche se si sta usando il verbo “avere” come ausiliare.
Per esempio:
– Hai comprato le mele?
– Sì, le ho comprate!
Gli italiani usano moltissimo i pronomi diretti di forma debole! Infatti, raramente sentirai frasi
come:
Mario sogna me
oppure
Luca ha visto noi
Come avrai notato, di solito i pronomi diretti vanno prima del verbo, tranne in cinque casi, nei
quali si trovano dopo il verbo.
Primo caso:
1) Se ci sono due verbi uniti da una preposizione:
Verrò a trovarti domani!
Giungo per portarti cattive notizie.
Passo a prenderla più tardi…
Attenzione! In questo caso, il pronome diretto può anche precedere il primo verbo!
Per esempio:
Ti vengo a prendere dopo.
Secondo caso:
2) Se il verbo è all’imperativo:
Spostalo!
Non tirarlo!
Se hai ancora dei dubbi e vuoi approfondire l’imperativo italiano, dai un’occhiata alla
lezione che abbiamo realizzato su questo tema!
Terzo caso:
3) Se il verbo è al gerundio:
Guardandola attentamente, ho notato che stava piangendo.
oppure
Prendendolo violentemente, si rompe.
Quarto caso:
4) Se il verbo è all’infinito:
Mangiarla potrebbe farti ingrassare.
Quinto caso:
5) Se c’è l’avverbio ECCO:
Eccola!
Eccomi!
Eccoti!
*Hai notato qualcosa di strano con la terza persona plurale “loro“? Eh già, questo pronome indiretto
si usa sempre dopo il verbo!
Però, in alternativa, molte grammatiche considerano corretto l’uso del pronome indiretto di terza
persona singolare maschile “gli” come pronome indiretto di terza persona plurale. Infatti, dobbiamo
ammettere che quest’ultimo è molto diffuso nel linguaggio di tutti i giorni.
Per esempio:
Enzo parla ai suoi genitori → Enzo gli parla
L’unico problema è che usando “gli” come pronome indiretto di terza persona plurale si potrebbe
creare ambiguità con “gli” pronome indiretto di terza persona singolare!
Infatti, in assenza di contesto, se dicessimo “Enzo gli parla”, molti potrebbero pensare che ci stiamo
riferendo a una singola persona piuttosto che a più persone.
Come avrai notato, di solito anche i pronomi indiretti vanno prima del verbo, tranne in tre casi, nei
quali si trovano dopo il verbo.
Primo caso:
1) Se il verbo è all’imperativo:
Non dirgli cosa è successo!
Portale il regalo!
2) Se il verbo è al gerundio:
Scrivendogli una lettera, risolverai il problema!
Se hai ancora dei dubbi e vuoi approfondire il gerundio italiano, dai un’occhiata alla
lezione che abbiamo realizzato su questo tema!
3) Se il verbo è all’infinito:
Parlarti mi aiuta a riflettere.
Ora arriva la parte difficile: usare sia i pronomi diretti sia i pronomi indiretti
nella stessa frase!
Per esempio:
Francesco dice a me la notizia → Francesco me la dice
oppure
Luca scrive a Claudia una lettera
Secondo te, come si trasforma una frase del genere usando i pronomi diretti e indiretti?
Facciamo così: ti diamo prima le tre regole necessarie per usare pronomi diretti e indiretti insieme e
poi vediamo se riesci a trasformare questa frase!
Ok, ora hai le tre regole che ti servivano. Come si trasforma, quindi, la frase di prima?
Luca scrive a Claudia una lettera
Con questa frase abbiamo bisogno di mettere in pratica le regole #1 e #3:
Luca gliela scrive
Adesso, rimane un’ultima questione da discutere… Cosa succede con il pronome di terza persona
plurale “loro“?
Federico regala a loro i suoi gioielli
Come si trasforma questa frase?
Qui vale lo stesso discorso che abbiamo fatto prima, vale a dire che ci sono due soluzioni possibili:
1) Mantenere “loro” dopo il verbo;
2) usare “gli“, con rischio di ambiguità
Dunque, la frase Federico regala a loro i suoi gioielli si potrebbe trasformare in due modi:
Federico li regala loro oppure Federico glieli regala
Ma adesso tocca a te! Trasforma, usando i pronomi diretti e indiretti, le seguenti frasi:
Marcello e Federico hanno cucinato gli spaghetti a tutta la famiglia!
Loro hanno raccontato a te e tuo fratello tutta la verità.
I miei amici scrivono sempre a me dei messaggi!
Hanno donato i loro abiti ai poveri.