Sei sulla pagina 1di 9

卐 Il Nazionalsocialismo 卍

1 La sconfitta militare
Negli anni compresi tra la fine del 1918 e il 1932, la Germania attraversò un periodo di profonda
crisi. Infatti, il 4 novembre del 1918 la grande guerra era ufficialmente terminata e la Germania ne
usciva sconfitta. Pochi giorni dopo, il 9 novembre, venne proclamata la repubblica, che
successivamente prese il nome di Weimar, dalla città in cui fu pubblicata, l'11 agosto del 1919, la
nuova Costituzione.
Il primo governo della Repubblica tedesca era presieduto dal socialdemocratico Friedrich Ebert,
aperto a una collaborazione con le forze liberali e conservatrici del paese. I membri del nuovo
governo, l'11 novembre del 1918, firmarono l'armistizio con le potenze alleate, ossia una resa
senza condizioni dettata dall'impossibilità di proseguire la guerra. Tuttavia, l'esercito tedesco non
era stato sconfitto in battaglia, ma ad annunciare la resa era stato il fronte interno, cioè una
popolazione ormai stanca di sopportare la fame e la miseria. I primi sintomi del cedimento si
verificarono nella base navale di Kiel, nel Baltico, dove i marinai ammutinarono il 4 novembre.
Seguirono le rivoluzioni di Monaco (7 novembre) e di Berlino (9 novembre, carpeggiata dai
socialisti Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg che avevano fondato la Lega di Spartaco, la quale
aspirava ad una nuova democrazia d'ispirazione sovietica), che provocarono l'abdicazione del
Kaiser Guglielmo II e l'armistizio.
Questo fatto non era stato accettato dalla destra estremista del paese, che aveva definito i nuovi
membri del governo come i criminali di novembre, in quanto sosteneva che “avevano pugnalato
alla schiena” la Germania, perché se non avessero incitato il popolo alla rivoluzione, le truppe
avrebbero potuto proseguire il conflitto e, al limite, vincerlo. Si trattava di una rozza falsificazione
della realtà, dato che la condizione della Germania, nel 1918, era disastrosa. Eppure, la violenta
polemica contro i presunti autori della “pugnalata alla schiena” venne ulteriormente alimentata da
uno dei primi atti dello stato parlamentare: la firma di un trattato di pace pesantissimo, imposto
alla Germania dai vincitori.
Questi avevano iniziato a riunirsi, a Versailles, il 18 gennaio del 1919, per volontà dei francesi.
Nella memoria tedesca il 18 gennaio era un giorno glorioso, poiché in quella data (18 gennaio
1871) Guglielmo I era stato incoronato, proprio a Versailles, kaiser (imperatore) del risorto Reich
(impero) tedesco. Così, la scelta della Francia doveva provocare alla Germania un'umiliazione
ancora maggiore.
Inoltre, a differenza di quanto era stato concesso alla Francia al Congresso di Vienna, la Germania
non fu ammessa alle sedute della Conferenza stessa e pertanto non poté neppure negoziare.

2 Trattato di pace
Nel Trattato di Versailles del 18 gennaio 1919, le potenze vincitrici (Stati Uniti, Gran Bretagna,
Francia e le altre nazioni alleate) imposero alla Germania gravose misure in termini territoriali,
economici e militari. Si trattava di misure simili a quelle adottate da Roma contro Cartagine alla
fine delle guerre puniche, proprio per questo motivo, si è spesso parlato di pace cartaginese.
Amputazioni territoriali. Innanzitutto, la Germania fu privata di ogni possedimento coloniale. In
Europa, dovette restituire alla Francia l'Alsazia-Lorena, che era stata conquistata nel 1871. Ad Est,
fu costretta a cedere alla Polonia parte della Prussia Occidentale, mentre la regione della Prussia
Orientale fu separata dal resto del Reich, mediante un corridoio che permetteva alla stessa Polonia
di avere uno sbocco sul mare a Danzica (dove vi è uno dei più importanti porti del Mar Baltico). In
breve, i Tedeschi dovettero rinunciare al 13% dei loro territori in Europa e ad un decimo della
popolazione prebellici.
Limitazioni militari. Alla Germania fu inoltre proibito di possedere sottomarini, carri armati,
aviazione da guerra e artiglieria pesante, la flotta fu drasticamente ridotta a poche decine di navi,
mentre all'esercito fu vietato superare il numero dei 100 mila effettivi. In pratica, così come la
flotta avrebbe potuto servire soltanto per la sorveglianza costiera, allo stesso modo l'esercito era
ridotto al rango di una forza unicamente capace di mantenere l'ordine in caso di rivoluzione. La
Saar, regione che si estende dal Reno fino ai confini con la Francia (ricca di carbone), avrebbe
dovuto subire per quindici anni l'occupazione alleata e, infine, tutta la Renania restare
permanentemente smilitarizzata.
Indennità di guerra. L'articolo 231 del Trattato, letteralmente, recitava: “La Germania riconosce
la responsabilità propria e dei suoi alleati per tutte le perdite e i danni subiti dai governi alleati e
dai loro cittadini in conseguenza dell'aggressione della Germania e dei suoi alleati”.
Considerata la principale, per non dire unica, responsabile del conflitto, la Germania (che nelle
opinioni del proprio governo aveva agito per far fronte alla mobilitazione dell'esercito russo)
dovette pagare tutti i danni che aveva provocato. L'entità dei risarcimenti da versare fu fissata in
269 miliardi di marchi d'oro, ma ridotti, nel 1921, a 132, pagabili in 40 rate annuali. Si trattava di
una cifra elevatissima, in quanto alla Germania furono addossate le spese che i paesi vincitori
avrebbero dovuto sostenere per pagare le pensioni di guerra agli orfani, alle vedove e ai mutilati.

3 L'inflazione del 1923 e la crisi del 1929


Nel 1923 la Germania chiese di poter ritardare il pagamento dell'indennità di guerra, ma Francia e
Belgio respinsero la richiesta occupando il bacino carbonifero della Ruhr (nella Germania nord-
occidentale), così da recuperare in materie prime quanto non veniva corrisposto in oro.
Il governo tedesco esortò la popolazione della Ruhr alla resistenza passiva, cioè a creare uno
sciopero generale, col fine di bloccare la produzione di carbone, in modo tale che non potesse
essere sottratto dai francesi. Nel contempo, il governo tedesco promise agli operai che avrebbe
comunque pagato il loro salario.
Quest'operazione aumentò gravemente l'inflazione e, di conseguenza, il valore del marco crollò.
Basti pensare che se nel 1914 un dollaro era quotato 4 marchi, nell'agosto del 1923 4,6 milioni, in
settembre 100 milioni e in novembre 4.200 miliardi. Ormai il marco tedesco non valeva più nulla,
un kg di pane costava 428 miliardi di marchi e un kg di burro 5.600 miliardi.
I più colpiti dalla crisi furono i piccoli risparmiatori, principalmente appartenenti ai ceti medi,
mentre soltanto una piccola parte di grandi possidenti e di speculatori rimase indenne e, in certi
casi, ne trasse vantaggio.
L'economia tedesca si poté riprendere soltanto grazie al massiccio intervento di capitali
statunitensi. Però, proprio per questo motivo, quando esplose la crisi di Wall Street (1929), la
Germania fu il paese europeo più colpito. La produzione industriale subì un calo del 46,7%,
mentre i disoccupati se nel 1929 erano 1.320.000, nel 1930 circa 3 milioni e nel 1932 circa 6
milioni. Per due volte consecutive la repubblica democratica non era riuscita a garantire la
sopravvivenza fisica dei cittadini, pertanto non è un caso che i voti del partito nazionalsocialista,
che più di tutti si opponeva alla Repubblica di Weimar, abbiano avuto un incremento vertiginoso.

4 Adolf Hitler e la NSDAP


Il leader di questa forza politica emergente, Adolf Hitler, nacque, nel 1889, nella piccola cittadina
austriaca di Braunau am Inn. Nel 1907, si trasferì a Vienna cercando di entrare all'Accademia delle
arti figurative, ma venne respinto al test di ammissione. Fu durante questo periodo che
cominciarono a svilupparsi le sue idee antisemite, antisocialiste ed antidemocratiche.
Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, si arruolò volontario e si distinse sul campo
guadagnandosi numerosi riconoscimenti militari. Successivamente, Hitler si trasferì a Monaco di
Baviera, dove iniziò la sua attività politica, aderendo al "Partito dei Lavoratori Tedeschi" (DAP), di
cui ben presto divenne la guida. Nel febbraio del 1920 Adolf Hitler fondò un movimento politico
di estrema destra, il “Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori” (NSDAP). Questa
formazione espose il proprio programma in 25 punti il 24 febbraio del 1920. In quel testo erano
esplicitati soltanto gli obbiettivi sulla politica estera (ovvero la soppressione del Trattato di
Versailles e del Trattato di St. Germain, relativo all'Austria-Ungheria) e sulla cancellazione dello
stato liberale, ma vi erano già intenti antisemiti, nazionalisti e socialisti (come la statalizzazione di
tutte le imprese a carattere monopolistico).

5 Mein Kampf
Per instaurare in Germania un regime autoritario, Hitler e i suoi seguaci tentarono un colpo di
Stato, il 9 novembre 1923, contro il governo bavarese, il cosiddetto putsh di Monaco. L'obbiettivo
era quello di conquistare il potere in quel distretto (lo Stato di Baviera), in modo da organizzare
una sorta di “marcia su Berlino” (sul modello della “marcia su Roma” fascista). Tuttavia, il colpo
di stato fallì, Hitler venne processato per alto tradimento e condannato a scontare cinque anni di
carcere nel penitenziario di Landsberg am Lech, in Baviera.
Durante questo periodo (luglio 1924) cominciò a scrivere il Mein Kampf (La mia battaglia),
un'opera che attaccava ferocemente il socialismo e il comunismo, che non accettava la democrazia,
che considerava gli ebrei un pericolo, che esaltava il “superuomo”, che parlava di “violenza
eroica” e di razze superiori, che disprezzava le masse glorificando il singolo. In questo scritto,
Hitler riprese l'idea della “pugnalata alla schiena” ordita dai marxisti, ritenuti responsabili di aver
provocato le rivoluzioni del novembre 1918. Tuttavia, egli sosteneva che i marxisti, in realtà, erano
manovrati dagli ebrei, i quali erano, a suo giudizio, i nemici della Germania e del popolo tedesco.

6 Il bolscevismo giudaico
Per Hitler gli ebrei rappresentavano una minaccia per l'intera umanità, in quanto sosteneva
che ormai da secoli ordivano una congiura per la conquista del mondo. La principale arma di cui
ora si servono è il marxismo, capace di distruggere l'unità nazionale. Attraverso il bolscevismo
russo hanno infatti cercato di conquistare la terra, così come mirarono anche in altre epoche allo
stesso fine ma attraverso mezzi differenti. Inoltre, sono stati loro a provocare, per mezzo delle
rivoluzioni, la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, tentando di trasformarla in un
paese comunista. Pertanto, è necessario procedere alla loro completa eliminazione.
In alcuni passi del Mein Kampf, Hitler menziona apertamente Mussolini, sottolineando la propria
stima per la radicalità con cui, nel suo paese, si è opposto al comunismo. Però, se entrambi
provarono un disprezzo analogo nei confronti del comunismo, bisogna evidenziare come
l'antisemitismo fosse comunque una componente del fascismo tardiva e poco rilevante.

7 Il razzismo di Hitler
L'antimarxismo e l'antisemitismo avvicina l'ideologia hitleriana alla concezione già presente nei
“Protocolli dei Savi Anziani di Sion”, adottata dagli avversari dei bolscevichi, i “Bianchi”, durante
la guerra civile del 1918-1920. Tuttavia, se in Russia l'odio verso gli ebrei era di tipo religioso,
nella visione hitleriana di stampo razziale.
Il nazionalsocialismo sosteneva infatti la teoria della superiorità assoluta e indiscutibile della
cosiddetta razza ariana (gli europei bianchi, di lingua indoeuropea), alla quale andava attribuito il
merito esclusivo del progresso dell'umanità e la cui purezza doveva essere preservata contro ogni
pericolo di inquinamento. Ogni incrocio tra due esseri di ineguale valore dà come prodotto un
termine medio tra il valore dei due genitori. Poiché la razza ariana è superiore a qualsiasi altra, il
suo destino sarà quello di conquistare il ruolo che le spetta per il diritto del sangue, ossia di
incontrastata dominatrice. Solo l'ariano ha il diritto di portare il nome di uomo e di essere
considerato il fondatore della cultura umana. L'ebreo, invece, essendo un essere semi-demoniaco,
vuole distruggere ciò che l'ariano produce. Infatti, se l'ebreo, con l'aiuto del credo marxista, vincerà
i popoli di questo mondo, allora provocherà la completa estinzione del genere umano.

8 Il fascino del nazionalsocialismo


Secondo lo psicoanalista Erich Fromm, l'adesione di milioni di tedeschi al nazionalsocialismo
rappresentò una sorta di rifugio di fronte al senso di impotenza tipico dell'uomo moderno. Infatti,
tale uomo si sente travolto da forze gigantesche che non può contrastare o combattere da solo e per
questo motivo sente la necessità di ricollegarsi ad altri uomini. Tuttavia, se i proletari possono
sentirsi uniti dal vincolo di classe, nel caso dei ceti medi questi legami possono essere soltanto di
tipo nazionale e razziale. Il nazionalsocialismo riusciva ad attenuare in milioni di individui il senso
di angoscia ed offriva un'eccellente spiegazione per le catastrofi che si erano abbattute sul paese
(sconfitta del 1918, inflazione del 1923, crisi del 1929), causate non più dal kaiser o dai suoi
generali, ma da una figura in carne ed ossa, gli ebrei, con la speranza che una volta eliminati la
Germania sarebbe tornata prospera e tutti i suoi problemi sarebbero scomparsi per sempre.

9 Nazionalsocialismo e millenarismo
Situazioni analoghe si verificarono nel medioevo e nell'età moderna, quando si tentava di sfuggire
all'impotenza generata dalla peste, attribuendo la colpa agli ebrei. Secondo lo storico Nerman
Cohn, il nazismo presentava enormi similitudini con numerosi movimenti, presenti nel Basso
Medioevo e nella prima Età Moderna, che attendevano il millennio, ossia un periodo di
abbondanza, pace e felicità collettiva. Esempi di questo tipo si sono verificati in Boemia, cioè la
rivoluzione taborita del 1420, ma anche nella stessa Germania, ovvero la rivolta dei contadini
guidati da Thomas Muntzen nel 1525, oppure la conquista, da parte degli anabattisti, della città di
Munsten nel 1535. La situazione sociale che aveva generato questi moti millenaristici era simile a
quella della Germania degli anni Venti, caratterizzata dall'instabilità economica, dalla
disoccupazione su vasta scala e dal disorientamento psicologico. Numerosi individui attendevano
un profeta che annunciasse l'arrivo del millennio, così come a molti uomini il messaggio di Hitler
parve una grande promessa, che avrebbe portato la Germania in un'età completamente nuova (il
Terzo Reich o Reich dei mille anni), caratterizzata dalla presenza di quella prosperità e di quella
sicurezza che la repubblica non aveva saputo garantire. Anche lo storico George Mosse sostenne
che il nazionalsocialismo conquistò le masse non con un programma politico, ma attraverso
promesse salvifiche.
D'altronde, siamo difronte ad una fede che, sin dall'inizio, era disponibile all'idea di massacrare gli
ebrei in massa, in quanto considerati la fonte del male patito dal popolo tedesco.

10 L'ascesa del Partito Nazista


Gli effetti della crisi del 1929 raggiunsero ben presto la Germania, che era riuscita a risollevarsi
soltanto con l'aiuto di ingenti capitali statunitensi. Infatti, la conseguente sospensione degli aiuti
economici provocò l'immediato tracollo dell'economia tedesca. Numerose fabbriche dovettero
cessare le proprie attività, la produzione e le esportazioni calarono bruscamente, mentre i
disoccupati superarono i 6 milioni nel 1932. Sul piano politico, numerosi operai che persero il
posto aderirono in massa al Partito comunista (KPD, erede della Lega di Spartaco) e si
rafforzarono le opposizioni al governo democratico, fondato sull'alleanza tra i cattolici del Partito
del Centro (Zentrumspartei) e i membri del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD).
In una situazione così tesa e all'aumentare della crisi, la fortuna del Partito nazista (nettamente
opposto allo schieramento democratico), soprattutto a destra, andò sempre crescendo, infatti, nelle
elezioni del 1930 i propri deputati passarono da 12 a 107, con oltre 6 milioni di voti. Anche i
comunisti si rafforzarono notevolmente superando i 4 milioni di voti.
Il governo democratico non riusciva né a fronteggiare la crisi economica, né gli opposti estremisti,
che sfociavano in scontri aperti tra i gruppi di destra e sinistra. Il ruolo del Parlamento si indebolì
notevolmente, a tal punto che il governo arrivò a rispondere del suo operato soltanto al presidente
Hindenburg. Nel 1932, i partiti di governo appoggiarono la rielezione del generale Hindenburg,
per evitare la candidatura di Hitler. Alla fine venne rieletto con 19 milioni di voti, contro 13,4
milioni ottenuti dal leader nazionalsocialista. Nelle successive elezioni anticipate del luglio 1932,
i comunisti sfiorarono i 6 milioni di voti, ma oltre il doppio fu ottenuto dai nazionalsocialisti, che
avevano ormai ottenuto l'appoggio della piccola borghesia e delle classi popolari.
11 La presa del potere e l'incendio di Reichstag
Nelle elezioni del novembre del 1932, la NSDAP si riconfermò partito di maggioranza relativa con
il 33,1% dei suffragi e, il suo capo, Adolf Hitler, fu nominato cancelliere da Hindenburg, il 30
gennaio 1933. In tal modo, il nazionalsocialismo saliva al potere in maniera legale.
Quello che Hitler iniziò a presiedere era un governo di coalizione, dove vi erano soltanto due
ministri appartenenti al Partito nazista, mentre gli altri erano dei conservatori legati all'industria e
all'aristocrazia agraria. La borghesia e i grandi proprietari terrieri non erano favorevoli alla
democrazia, pertanto non si opposero al fatto che venisse nominato cancelliere un uomo che
intendeva distruggere il regime parlamentare. Anzi, speravano di sfruttare il partito nazista per i
propri fini, senza tener minimamente in conto che avrebbe potuto instaurare un regime assoluto
che potesse compromettere la loro stessa libertà.
L'occasione per instaurare una dittatura fu offerta a Hitler, la sera del 27 febbraio, dall'incendio del
Reichstag, sede del Parlamento a Berlino. Probabilmente l'attentato fu ordito dagli stessi nazisti,
ma si sparse ben presto la voce che l'incendio fosse frutto di un complotto comunista per
impadronirsi del potere. Ebbe così inizio una vera e propria caccia all'uomo, che provocò in poche
ore la morte di numerosi membri dell'opposizione. In tal modo, i nazisti riuscirono a dare inizio a
una politica fondata sul terrore, infliggendo un colpo decisivo alla democrazia grazie ad un
decreto straordinario emanato il 28 febbraio, in base al quale venivano drasticamente limitate le
libertà politiche e civili e posti sotto controllo la stampa e i partiti politici.
Sulla base del principio dell'emergenza, la polizia poteva arrestare chiunque senza l'obbligo di
dichiararne il motivo, tenerla rinchiusa a tempo indeterminato senza processo, perquisirne
l'abitazione e confiscarne i beni. Inoltre, alla polizia era concesso di spiare chiunque, di controllare
le telefonate, di disperdere le assemblee, di sciogliere le associazioni e di chiudere i giornali che
fossero ritenuti pericolosi per la sicurezza dello Stato. In un colpo solo, vennero spazzati via in
Germania tutti i diritti dell'uomo e del cittadino.
Il segnale più allarmante fu l'istituzione dei lager (campi di concentramento) per gli oppositori
politici. Il 31 luglio, nell'intero territorio del Reich, si potevano già contare quasi 27 mila detenuti
in stato preventivo, di cui circa 15 mila in Prussia, più di 4000 in Baviera e 4500 in Sassonia.

12 Il popolo e l'individuo
La negazione dei diritti del singolo fu parte integrante dell'ideologia nazista. Il ministro della
propaganda Joseph Goebbels sostenne che l'elemento che contraddistingueva il nazionalsocialismo
dal liberismo era quello di porre al centro non l'individuo, ma il popolo (Volk), o meglio la
comunità popolare. Il movimento fondato da Hitler fu dunque, da certi punti di vista, socialista,
dato che entrambi intendevano subordinare il singolo ad un'unità collettiva. Come scrisse lo stesso
Goebbels: “Essere socialista vuol dire sottomettere l'io al tu; socialismo vuole dire sacrificare l'io
al tutto”. Nel Mein Kampf, Hitler affermò che la scelta del colore rosso per la bandiera del proprio
movimento doveva indicare la componenti anti-liberale della NSDAP. Tuttavia, al centro della
propria bandiera, differentemente dai comunisti, non vi erano i simboli del lavoro, ma una svastica
(antico simbolo solare di origine indiana), che stava a significa, nelle intenzioni del Furer, la
luminosità e la perfezione della razza ariana. Il bianco della bandiera doveva invece indicare la
causa nazionalista. 卍

13 L'assunzione dei pieni poteri


Con il decreto del 28 febbraio 1933, benché la Repubblica di Weimar non fosse stata abolita, era
stata scavalcata ed i caratteri liberali del paese ormai soppressi. Così il paese muoveva a grandi
passi verso la dittatura, infatti con la stessa operazione di aggiramento nei confronti del
Parlamento, Hitler si affrettò a far votare una legge-delega, il 23 marzo, apparentemente
finalizzata a porre fine ai disagi del popolo e dello Stato, ma nella realtà destinata a concedere i
pieni poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) al suo governo. In sostanza, il governo avrebbe
potuto sia emanare leggi, ignorando le regole fissate dalla Costituzione, sia stipulare trattati
internazionali, senza avere la ratifica del parlamento.
Solo il Partito socialdemocratico si oppose in parlamento, tutti gli altri, fatta eccezione per il
Partito comunista, che non era più rappresentato al Reichstag, in quanto era già stato dichiarato
fuorilegge, lo approvarono con la speranza che Hitler permettesse loro di sopravvivere come forze
di opposizione. Tale speranza si rivelò del tutto infondata, infatti con il decreto del 14 luglio
furono messi al bando tutti i partiti esistenti e fu vietata la formazione di nuovi movimenti
politici, riconoscendo ufficialmente come unico partito quello nazista.
Nel 1934 il processo di concentrazione di tutti i poteri divenne completo, allorché alla morte di
Hindenburg, Hitler assunse anche il titolo di presidente del Reich e modificò la formula del
giuramento a cui erano vincolati i militari. Da quel momento in poi, questi ultimi non avrebbero
più dovuto giurare fedeltà alla patria o alla costituzione, ma ad Adol Hitler, in qualità di “Fuhrer
del Reich e del popolo tedesco”.

14 Il ruolo del Fuhrer


L'idea che tutti i poteri dovessero andare nelle mani del solo Fuhrer (guida) e che il regime
parlamentare andasse cancellato, era presenta sin dall'inizio nella concezione di Hitler. Nel Mein
Kampf egli sostenne che il nazionalsocialismo si distingueva dagli altri schieramenti politici in
virtù del cosiddetto principio del Fuhrer, secondo cui ogni decisione capitale speva soltanto al capo
del movimento. Egli era il centro dei miti, dei simboli, una sorta di capo profetico, capace di
intuire il futuro meglio di chiunque altro. Il leader diventava così una figura in grado di condurre la
razza ariana al trionfo.
Anche per Hitler, come anche per Lenin, la conquista del potere non era un valore in sé, ma
unicamente un mezzo per far raggiungere un fine ad una collettività. Nel caso di Lenin l'obbiettivo
era la supremazia del proletariato, mentre per Hitler l'egemonia della razza ariana.

15 Funzione razziale dello stato


In politica interna, per Hitler, i compiti supremi dello stato, dopo l'eliminazione del pericolo
ebraico-marxista, consistevano nel preservare e migliorare la razza ariana. Pertanto, già dal 14
luglio del 1933 era stata introdotta in Germania una legislazione che imponeva la sterilizzazione
forzata degli alcolisti cronici e di tutti coloro che fossero affetti da malattie ereditarie.
Ma fu con le cosiddette Leggi di Norimberga, emanate il 15 settembre 1935, che la legislazione
razziale trovò la sua più completa espressione. Attraversato tali ordinamenti furono vietati i
matrimoni misti e, più in generale, proibito ogni rapporto sessuale tra ebrei e cittadini di sangue
tedesco o affine. Alla base della legge per la protezione del sangue e dell'onore tedesco, stavano il
riconoscimento che la purezza del sangue tedesco è la premessa per la conservazione del popolo
tedesco e il proposito irriducibile di assicurare il futuro della nazione tedesca. Inoltre, gli ebrei
furono privati della cittadinanza tedesca e furono obbligati a esibire sugli abiti la stella gialla di
David, in modo da essere ben riconoscibili in pubblico.
Hitler aveva illustrato chiaramente nel Mein Kampf anche i suoi obiettivi di politica estera. Egli
sosteneva che il popolo (Volk) tedesco avrebbe potuto raggiungere una millenaria prosperità
soltanto se fosse riuscito a conquistare il cosiddetto spazio vitale ad Est, che avrebbe fornito alla
razza superiore le materie prime e la manodopera a sostegno del suo dominio sul pianeta. Ciò
significava un'espansione a spese degli Slavi, popoli razzialmente inferiori, manipolati dagli ebrei
marxisti, che dovevano essere tenuti per sempre in condizione di servitù. Essenziale per la
Germania era il controllo degli immensi spazi della Russia, il cui possesso l'avrebbe portata al
dominio dell'Europa e dell'Asia. Dunque, già negli anni Venti, Hitler aveva messo in conto una
guerra offensiva contro l'URSS. Mostrandosi come il maggiore avversario del Trattato di
Versailles, egli riuscì a presentarsi ai conservatori tedeschi, come colui che avrebbe fatto rinascere
la Germania come grande potenza. I ceti dirigenti tedeschi si sarebbero accontentati di recuperare i
territori sottratti nel 1918 e di trasformare il Reich nella principale potenza economica europea,
mentre il progetto di Hitler era la creazione di un gigantesco impero continentale germanico.

16 La corrente dei fratelli Strasser


Il nazionalsocialismo, come tanti altri movimenti nati nel turbine ribollente della sconfitta e della
rivoluzione tedesca del 1918, inizialmente fu qualcosa di più “socialista” (anche se non in senso
socialdemocratico) e di più “popolare”, rispetto a quel che divenne in seguito. Pertanto, tra coloro
che avevano aderito al partito vi erano anche personaggi che credevano realmente nella causa
socialista. Tale fu il caso dei fratelli Otto e Gregor Strasser, capi di una corrente radicale all'interno
dalla NSDAP. I due fratelli, che operavano nella Germania settentrionale, si ponevano in posizioni
ostili verso alcuni pilastri della società tedesca tradizionale. A loro giudizio i nazionalsocialisti, in
quanto socialisti, erano nemici dell'attuale sistema economico capitalistico, che prevedeva lo
sfruttamento delle fasce più deboli e lo squilibrio dei compensi. Pertanto, intendevano distruggere
ad ogni costo questo sistema. Nel congresso nazionale della NSDAP del 1926, Gregor e Otto
Strasser presentarono un programma politico che puntò sulla nazionalizzazione dei mezzi di
produzione, su una riduzione della proprietà privata e su un'alleanza con l'URSS.
Hitler, di fronte a questa corrente estremista che metteva in discussione alcuni presupposti del
nazionalsocialismo, il 13 aprile del 1928 rilasciò una dichiarazione che interpretava in senso
restrittivo il paragrafo 17 del programma del 1920, sostenendo che la formula “espropriazione
senza indennizzo dei poderi”, non prevedeva una divisione dei latifondi, ma si rivolgeva in primo
luogo alle comunità ebraiche che avevano ottenuto territori tedeschi con metodi illegali.
Infine, nel giugno del 1930, Otto Strasser venne espulso dalla NSDAP, mentre Gregor rimase nel
partito, ma le sue posizioni non ebbero mai successo.

17 Lo scontro con le SA
Un pericolo analogo al nazionalsocialismo di sinistra minacciò Hitler ed il suo programma dopo la
presa del potere. Si era infatti creata un'opposizione interna al partito, rappresentata da alcune
frange delle SA (Sturmabteilung o Squadre d'assalto) di Ernst Röhm (delle milizie utilizzate dal
regime nazista contro gli oppositori), ostili alle gerarchie militari, all'esercito regolare e avverse
agli stretti rapporti che si erano creati tra nazismo e capitalismo. Infatti, secondo Röhm, Hitler si
era discostato dal progetto anticapitalista del partito, accordandosi con i grandi affaristi, con gli
industriali e col mondo dell'aristocrazia, i cosiddetti Junker. Röhm sperava di trasformare le
Camicie brune (SA), che nel 1934 erano circa 2 milioni, nel nerbo di un nuovo esercito tedesco
che fosse popolare, in modo da rappresentare il Volk tedesco. Egli riteneva che a capo del nuovo
esercito avrebbero dovuto esserci i leader delle SA, una prospettiva che terrorizzava i Junker.
Il Fuhrer, al contrario, era sempre più impegnato a guadagnare l'appoggio dell'esercito, che
avrebbe dovuto utilizzare nello scontro con l'URSS, inoltre temeva che il prestigio e il potere di
Röhm avrebbero potuto mettere in discussione il suo assolto controllo sul movimento nazista.
Per uscire da tale situazione, Hitler dovette procedere ad una radicale epurazione del partito,
accusando Röhm e il suo Stato maggiore di un immaginario complotto contro il governo e
ordinandone la soppressione fisica. Ebbe così luogo, il 30 giugno 1934, la notte dei lunghi coltelli,
durante la quale Röhm e i suoi collaboratori vennero uccisi dalle fedelissime SS.

18 Il potere delle SS
I membri rimasti delle SA persero ogni potere reale, furono disarmati e si dovettero occupare
soltanto di propaganda ed assistenza. Invece, aumentò enormemente il potere e il prestigio delle
cosiddette SS (Schutz Staffel o Squadre di protezione). In origine, si trattava della guardia del
corpo di Hitler e di altri gerarchi del partito. Capo delle SS dal 1929 era stato Heinrich Himmler.
Nel corso del 1934, Himmler fu nominato capo di tutta la polizia tedesca, compresa la Gestapo
(Geheime Staatspolizei o Polizia segreta di Stato), incaricata di reprimere ogni dissenso politico.
Ciò permise a Himmler e alle SS di dominare l'intero sistema dei campi di concentramento,
principale strumento per distruggere ogni opposizione politica. Per la loro gestione, fu creato un
corpo specifico all'interno delle SS, le cosiddette SS-TV (SS-Totenkopfverbände o reparti testa di
morto), che comprendevano 5000 effettivi. Nel 1935, erano già attivi sei lager, ognuno dei quali
aveva circa 3500 detenuti. Intorno al 1936-1939, cinque di questi campi vennero chiusi, ma, al loro
posto, ne vennero fondati altri cinque. Anche le popolazione dei detenuti subì un notevole
mutamento, infatti, se all'inizio i prigionieri erano per lo più oppositori politici, piano piano questi
ultimi divennero una minoranza e il numero prevalente di reclusi apparteneva alla categoria dei
cosiddetti elementi antisociali, che comprendeva gli omosessuali, le prostitute, gli alcolizzati, i
delinquenti e persino i Testimoni di Geova che si rifiutavano di giurare fedeltà allo stato e di
prestare il servizio militare.

19 Il Fronte del lavoro


Politici ed intellettuali marxisti avevano considerato il nazismo come una sorta di fascismo, ossia
un puro agente del capitalismo, che si sarebbe servito di Hitler per bloccare le rivendicazioni
operaie ed impedire la rivoluzione proletaria. In realtà, anche numerosi esponenti industriali
avevano sospettato per lungo tempo verso il movimento nazionalsocialista, dato che al suo interno
si trovavano gruppi disposti a modificare radicalmente il sistema sociale della Germania.
Tali atteggiamenti, da parte della borghesia, vennero in seguito abbandonati, poiché il Fuhrer
mostrò con chiarezza i propri intenti antisocialisti. Infatti, il 24 ottobre 1934, fu istituito il Fronte
tedesco del lavoro, un'organizzazione parastatale tedesca, col fine di sostituire i sindacati
tradizionali, già sciolti con la forza il 2 maggio 1933, giorno in cui vennero occupate le sedi ed
arrestati i dirigenti. Nel Fronte tedesco del lavoro vennero riuniti obbligatoriamente i lavoratori di
tutte le branche, compresi i datori di lavoro e i liberi professionisti. Agli aderenti era fatto divieto
di avanzare rivendicazioni salariali o di classe, infatti si trattava di una struttura corporativa che
aveva il fine di realizzare la pace del lavoro (tipica di ogni ideologia nazionalista). Il Fronte era
guidato da Robert Ley, che esaltava la coesione di questa organizzazione, considerandola il
supremo socialismo, in quanto imprenditori e lavoratori al posto di osteggiarsi collaboravano verso
un fine comune.

20 Il problema della disoccupazione


Per far fronte alla massiccia disoccupazione, dato che nel 1932 il numero di disoccupati
raggiungeva i 6 milioni, Hitler varò un programma ambizioso ed innovativo. Prima di tutto,
concesse i cosiddetti prestiti matrimoniali, ovvero sovvenzioni statali alle coppie in cui la donna
rinunciasse al lavoro extra-domestico, poi, attraverso la legge del 27 giugno 1933, venne costruita
un'imponente autostrada nazionale, che assorbì un vasto numero di disoccupati. Tra il gennaio e il
luglio 1933 la disoccupazione calò di circa un milione di unità, tra il 1936 e il 1938 scese ancora,
passando da 3,7 milioni a poco meno di mezzo milione. Nel 1939, la disoccupazione era
praticamente stata eliminata e l’economia della Germania tornata a fiorire.
Per certi aspetti il programma di Hitler fu analogo a quello di Roosvelt, però se il primo raggiunse
questi obbiettivi attraverso una dittatura ed ebbe come scopo primario l'espansionismo
imperialistico, il secondo riuscì a non distruggere la democrazia e si preoccupò di porre lo stato al
centro dell'economia nazionale. Pertanto, accanto ad un vasto piano di opere pubbliche, il perno di
questa politica economica fu l’industria bellica per il riarmo. Le spese per l'esercito salirono nel
1933-1934 a 1,9 miliardi di Reichmarks, pari al 24% delle spese di bilancio complessive, nel 1936-
1937 a 5,8 miliardi, pari al 37% del totale, nel 1938-1939 a 18,4 miliardi, il 58% del totale. Due
terzi del bilancio statale e il 22% del reddito nazionale erano assorbiti dal riarmo.
21 I costi della ripresa economica
I costi della ripresa economica gravarono principalmente sulla classe operaia. Il principio della
partecipazione ai profitti delle grandi imprese (paragrafo 14 del programma del 1920) non venne
minimamente preso in considerazione, inoltre in assenza di una contrattazione sindacale, i salari
furono congelati al livello della crisi economica mondiale del 1932.
Lo sforzo di subordinare ogni esigenza alla preparazione bellica, causò una stasi nella produzione
dei beni di consumo (senza mai raggiungere i livelli dell'URSS stalinista). Mentre, la scelta di
mantenere una buona disponibilità di prodotti destinati al consumo di massa, intrapresa per non
rischiare in un malcontento che avrebbe potuto mettere in discussione l'ampio consenso del regime
nazista, porterà la Germania, durante la Seconda guerra mondiale, a non essere nelle condizioni
più adatte per sostenere una guerra di logoramento e perciò punterà verso una guerra lampo.
Su queste basi, il regime lanciò, nel 1936, un piano quadriennale, di cui fu nominato
responsabile, con il titolo di commissario, Herman Goering, avente come obiettivo ufficiale il
raggiungimento dell'autarchia, per far fronte alle necessità dell'espansione demografica della
Germania. Però, poiché Hitler pensava che la soluzione ideale per l'espansione demografica fosse
la conquista di uno spazio vitale, era necessario attrezzare la Germania per la guerra. In un
memoriale del 1936 relativo al piano quadriennale, Hitler sostenne che, in 4 anni, prima di tutto
l'armata tedesca doveva essere portata in completo assetto da guerra, poi che l'economia tedesca
doveva essere messa nelle condizioni per poter affrontare una guerra.

22 Economia e politica nel Terzo Reich


Gli obbiettivi ultimi di Hitler furono sempre di tipo razziale, compresa l'eliminazione del
marxismo, che al contempo significava lottare contro l'ebraismo internazionale e raggiungere la
pace del lavoro, presupposto per l'espansione del popolo tedesco verso Est, necessaria per non
ricadere in una situazione analoga al 1918. Tutta queste decisioni di politica estera, benché le
strutture sociali in Germania fossero rimaste intatte, vennero prese unicamente da Hitler. Anche se
le aziende rimasero in mani private e i loro profitti crebbero fortemente grazie al riarmo, Hitler non
agì per tali fini, ma unicamente in virtù dei propri scopi politici e strategici.

Potrebbero piacerti anche