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Premessa
Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, CIX (2012), fasc. I-II
464 ANTONELLA BAZZOLI
3
Vermiglioli 1833, pp. 567-568.
4
Cenciaioli 1977/78, p. 89.
5
Ivi, p. 92.
6
Borghini 2009, pp. 293-302. Ringrazio Manuel Vaquero Piñeiro per la segnala-
zione.
7
Ivi, p. 296.
8
De Maria 1981, p. 602.
9
A proposito del reimpiego del materiale d’età romana nel tempio cristiano di
Sant’Angelo, mi piace ricordare, per l’antichità e la suggestione del testo, il commento
di Giovanni Battista Caporali del 1536, così come lo riporta Vermiglioli nella sua opera
dedicata alla città umbro etrusca di Arna: « Gio. Battista Caporali nella sua versione
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 465
I
Il tempio e le sue scritte
dei primi cinque libri di Vitruvio così scrive di questo Tempio, favellando di quello di
S. Angelo: Questi Capitelli con le colonne loro, e di bei mischj, e di altre varie pietre
di pregio dure, le quali abbiamo, che tutte erano ad un tempio dedicato alla Dea Flora
lontano dalla nostra Città di Perugia cinque miglia, che si dice oggi il nome di Castello
Civitella d’Arno. Questo Tempio fu guasto e portate le spoglie dentro di Perugia là dove
alla porta della region settentrionale ne fu ornata una Chiesa ottagona chiamata al presente
Sant’Angelo » (Vermiglioli 1800, pp. 141-142).
10
Scortecci 1991, p. 428.
11
Viviani, pp. 875-876.
12
Ivi, pp. 888-891.
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Fig. 1
13
Così si chiamano le aperture a tre fornici, di cui il centrale maggiore dei due late-
rali, che parzialmente sono ancora riconoscibili lungo la parete circolare dell’ambulacro,
in particolare in corrispondenza del corpo radiale orientale e di quello settentrionale.
14
I tre ambienti radiali orientati a nord, sud e ovest erano caratterizzati da pianta
rettangolare ed erano dotati di due ingressi laterali ciascuno. Il vano orientale, invece,
era l’unico senza ingressi esterni (cfr. Viviani 1911, p. 887). Inoltre, a quanto riferisce
l’Orsini, sopra le arcate maggiori dei triforia posti a nord, sud e ovest, erano dipinte
tre croci, mentre sopra l’arcata maggiore orientata a est, si vedeva dipinta una mano
benedicente (cfr. Orsini 1792).
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 467
Fig. 2
Fig. 3
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 469
17
Ivi, p. 417.
18
Così era chiamata nel VII secolo la porta settentrionale della cinta muraria etrusca,
oggi conosciuta come Arco di Augusto, da cui usciva il cardo cittadino in direzione
nord.
19
Attraverso la Cassia il cristianesimo raggiunse anche Firenze dove, all’inizio del
V secolo, sorge la basilica cimiteriale di Santa Felicita, in un’area a sud dell’Arno utiliz-
zata come necropoli fin dall’età romana. Presso questa basilica suburbana è documentata
nel VI secolo la presenza di una vivace comunità di lingua greca, legata alla presenza di
truppe bizantine a Firenze, e formata in prevalenza da siriani, come testimoniano i nomi
e i toponimi di origine siriaca rinvenuti sulle lapidi sepolcrali ubicate all’interno della
chiesa. Tra le sepolture risultano sia personaggi di spicco della Firenze del VI secolo,
sia stranieri di provenienza orientale, tra cui milites e loro familiari, ben integrati nella
società fiorentina ma parlanti lingua greca (cfr. Costantini 2010, p. 180-182).
20
Scortecci 1991, p. 420. La consistenza del ducato bizantino di Perugia è confer-
mata da Menestò 1999, pp. 73-79.
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21
Il magister militum, generalissimo dell’esercito bizantino, investito del comando
delle truppe d’Occidente, divenne – a partire dal V secolo – un vero e proprio sovrano,
dotato di relativa autonomia e libertà d’azione.
22
Scortecci 1991, p. 423.
23
« In modulo certamente ridotto e appiattito su un solo piano – vista anche la
diversità di rango del destinatario, l’imperatore nell’uno e il magister nell’altro – il
Sant’Angelo ricorda, anche nella singolare distribuzione degli spazi interni, la chiesa
palatina di San Vitale a Ravenna, riconosciuta come edificio adibito alle cerimonie
religiose riservate alla corte ». Ivi, p. 425.
24
Cfr. Bonazzi 1875, pp. 120-137.
25
Fabio Palombaro sostiene addirittura che il tempio di Sant’Angelo « nasce con
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 471
Non deve stupire che l’edificio sorto sul luogo della sepoltura e
della resurrezione di Cristo abbia costituito il prototipo architettonico
per tante chiese paleocristiane costruite in Occidente: il monumento
più importante della cristianità rappresentava la vittoria di Cristo
sulla morte terrena, e quindi una speranza di salvezza e di vita eterna
in suo nome. Si tratta ancora oggi del più grande messaggio della
Chiesa d’Oriente, come spiega molto bene Henry Grégoire in un suo
articolo sulla chiesa bizantina 26:
« Se si vuole andare al nocciolo del cristianesimo orientale bisogna assi-
stere alla celebrazione della liturgia della Pasqua: tutti gli altri riti non sono
che riflessi o simboli di questa liturgia: Le tre parole del troparion, – l’inno
pasquale – ripetute migliaia di volte in toni sempre più trionfanti, ripetute
fino all’estasi e a una traboccante gioia mistica: șĮȞĮIJȦ șĮȞĮIJȠȞ ʌĮIJȘıĮȢ
“con la sua morte egli ha calpestato la morte sotto i suoi piedi”: qui è il
grande messaggio della Chiesa d’Oriente ».
una comparabilità al Santo Sepolcro, addirittura superiore a quella del Santo Stefano
Rotondo di Roma ». Egli peraltro ritiene che la chiesa dedicata all’arcangelo Michele sia
del V secolo e che Perugia già da allora abbia guardato con attenzione a ciò che avve-
niva a Roma e a Gerusalemme, come dimostrerebbe anche la somiglianza del tempio
perugino con il Santo Stefano romano. Secondo lo studioso il Santo Sepolcro di Geru-
salemme sarebbe stato il modello architettonico di riferimento sia per la chiesa di Santo
Stefano Rotondo che per il tempio di Sant’Angelo in Perugia (Palombaro 2007, p. 122).
26
Grégoire 1961, p. 172.
27
Orsini 1792, p. 30.
28
Belardi 2008, p. 131. Il rilievo architettonico del tempio di Sant’Angelo è stato
eseguito, sotto la guida dell’autore, dall’Università degli Studi di Perugia (Sezione In-
terdisciplinare di Disegno e Architettura del Dipartimento di Ingegneria Civile e Am-
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30
Le coppie di colonne a est, nord e sud sono in granito grigio, quella a ovest è
in marmo proconnesio; le coppie a nordest e a nordovest, a sudest e a sudovest, sono
invece in marmi policromi: nero antico, bigio venato e cipollino. Borghini fa notare
come il ritmo binato del colonnato si ripercuota anche nella disposizione dei capitelli
che «replicano quasi perfettamente la logica della coppia. Capitelli corinzi a foglie
lisce si corrispondono specularmente tra di loro, così come corinzi asiatici (ad acanto
spinoso), corinzi con fiori d’abaco figurati (...). Il criterio di specularità risponde ad
un principio corrente dell’architettura paleocristiana e bizantina, che già caratterizzava
gli impianti costantiniani del San Pietro e della basilica lateranense» (ivi, pp. 295-296).
31
Guénon 1975, pp. 201-206.
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32
Testini, 1980, p. 345.
33
Cenciaioli 1977/78, p. 88.
34
Cfr. Fiori 2008, pp. 69-316.
35
Sicuramente, infatti, è da escludere che anche questa lettera in origine abbia fatto
parte di un trigramma, che cioè i due caratteri mancanti siano andati perduti in seguito
al danneggiamento dello spigolo dell’abaco. Infatti, senza dire che lo spazio a sinistra della
lettera è relativamente largo e non lascia intravedere alcun segno, la lesione dell’angolo
dell’abaco è minima: se anche il campo epigrafico in direzione della voluta esterna si fosse
integralmente conservato, esso non sarebbe stato comunque sufficientemente ampio per
ospitare altre due lettere. Gli altri eta in trigramma, inoltre, sono sempre incisi verso lo
spigolo dell’abaco, in posizione opposta al fiore centrale del capitello: se questo avesse
fatto parte di un trigramma, avrebbe occupato il terzo posto, contrariamente a quanto
avviene in tutti gli altri trigrammi, in cui il segno H è sempre in prima posizione.
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 475
Fig. 4
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36
È bene precisare che le abbreviazioni in epigrafia possono ottenersi per sospen-
sione (scrivendo solo le prime lettere di una parola e omettendo le rimanenti), oppure
per contrazione (abbreviando una parola attraverso la soppressione di una o più lettere).
Quest’ultima forma, che è peraltro la più ricorrente nel linguaggio epigrafico, è anche
quella più usata, in latino come in greco, per rappresentare i cosiddetti nomina sacra
(Testini 1980, p. 350).
37
« Il nome del Redentore si esprime con sigle di carattere puramente alfabetico
che derivano per abbreviazione e con sospensione da ǿȘıȠȣı e da ȋȡȚıIJȩı » scrive
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 477
Fig. 5a Fig. 5b
Fig. 6a Fig. 6b
Margherita Guarducci, elencando vari monogrammi cristologici tra cui quello dello I (iota)
inserito nell’H (eta), sigla che deriva dalle prime due lettere del nome greco di Gesù e
che risulta tra i più antichi monogrammi utilizzati in Oriente (Guarducci 1978, p. 310).
38
Testini 1980, pp. 354-357.
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Fig. 7a Fig. 7b
39
I punti tondi tra le lettere sono tra i segni divisori più utilizzati in epigrafia greca.
Da un punto di vista cronologico sembra che il loro uso sia successivo a quello dei
punti triangolari e quadrati (ivi, p. 362); si tratta in ogni caso di segni d’interpunzione
coerenti con l’uso della punteggiatura in età altomedievale.
40
Il segno I è interpretato in maniera diversa da Cenciaioli, la quale ritiene che
« quello che sembrava uno I risulta essere un P non profondamente inciso e con l’oc-
chiello non ripassato da vernice » (Cenciaioli, 1980, p. 88).
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41
Loconsole 2005, p. 19.
42
Dopo il IV secolo, seguendo il processo discendente della lingua greca, l’eta greco
si trasformò in acca latina e il monogramma si latinizzò, portando alla nascita del noto
e diffusissimo trigramma IHS, che tanta fortuna continuò ad avere nel XV secolo e anche
oltre. Il trigramma, da solo o insieme a XPS (anch’esso fatto di lettere greche ‘latinizzate’)
si ritrova in moltissime scritture di ogni tipo e, ad esempio, nell’iconografia del crocefis-
so. Si tratta delle abbreviazioni dei due nomi greci del Messia ǿȘıȠȣı ȋȡȚıIJȩı: il secondo
nome, che significa l’unto, l’eletto, era comunemente indicato attraverso il monogramma
che, secondo la leggenda, Costantino avrebbe inserito sul labaro delle proprie legioni.
Il trigramma IHS, trasformatosi nel XV secolo nel noto simbolo bernardiniano, si trova
ancora oggi inciso su architravi di porte e facciate, dimostrando di aver mantenuto nei
secoli la sua valenza sacra, ma anche simbolica e profilattica. Anche nel borgo medievale
di Porta Sant’Angelo, che prende il nome dal tempio sorto sulla sommità del colle, il
simbolo IHS si trova inciso, con diverse varianti, su alcuni architravi di edifici privati.
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43
Mi sembra importante evidenziare che a pronunciare la formula alpha – omega
nel Libro dell’Apocalisse, sia un Angelo mandato da Dio. Dopo essersi presentato come
« Colui che viene per rendere a ciascuno secondo le proprie opere » (Ap 22, 12), l’An-
gelo conclude: « beati coloro che lavano le loro vesti: avranno parte all’albero della vita
e potranno entrare per le porte nella città » (Ap 22, 14). Le porte di cui parla l’Angelo
sono quelle della Gerusalemme Celeste e non è un caso, a mio avviso, che le iscrizioni
si trovino proprio in una chiesa dedicata al Sant’Angelo. Allo stesso modo non credo sia
casuale che le epigrafi si trovino in corrispondenza delle arcate sud e nord che, come
abbiamo visto, nella tradizione esoterica antica rappresentavano porte simboliche, legate
al passaggio dalla vita terrena a quella celeste.
44
Un confronto epigrafico utile è dato dalla lapide sepolcrale del III o IV secolo,
conservata nel Museo Bizantino di Atene (cfr. Guarducci 1978, pp. 319-321).
45
Un esempio in tal senso potrebbe essere dato dall’iscrizione dedicatoria latina,
proveniente dalla chiesa di San Pietro in Spoleto e datata al V secolo, che si chiude
con una croce monogrammata seguita da un omega privato di alpha. Chi ha studiato
l’iscrizione ritiene tuttavia che nella parte iniziale del testo, purtroppo andata perduta,
possa essere stato presente un alpha iniziale (cfr. Binazzi 1989, p. 95).
46
Cfr. Guarducci 1978, p. 311 e p. 321.
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Fig. 8a Fig. 8b
Fig. 9a Fig. 9b
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47
Loffreda 2003, pp. 147-153.
48
Id., 1994, pp. 604-607.
49
Id., 1994, pp. 323-324.
50
Id., 1992, pp. 313-314.
51
Il riferimento teologico si trova nel prologo del vangelo di Giovanni: « In lui
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II
Lettere, numeri, simboli
era vita e la vita era la luce degli uomini » (Gv 1,4). Il concetto è ripetuto in un passo
successivo: « Di nuovo Gesù parlò loro: - Io sono la luce del mondo, chi segue me non
camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita - » (Gv 8,12). Luce e vita erano
dunque due attributi di Gesù.
52
Guarducci 1978, p. 439.
53
Ivi, p. 283.
54
L’acrostico, di provenienza siro-anatolica, è formato dalle iniziali del termine
greco ǿȋĬȊ&, che significa pesce, e che corrisponde alle iniziali della frase: « ૅǿȘıȠઁȢ
ȋȡȚıIJઁȢ ĬİȠ૨ ȣੂઁȢ ȈȦIJȒȡ », ovvero « Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore ». Con molta
probabilità la sigla diede origine alla mistica immagine di Cristo raffigurato come pesce
(Guarducci 1978, pp. 489-490).
55
Testini 1980, p. 149 e pp. 359-361.
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 485
56
Guarducci 1978, pp. 549-551.
57
Al trigramma ȋȂī è stato attribuito anche un significato psefico, basandosi
sul valore numerico delle lettere greche che lo costituiscono. Esso corrisponderebbe
a 643 e troverebbe un’equivalenza con la frase ĮȖȚȠı ȩ Ĭİȩı, il cui valore isopsefico
è appunto 643.
58
Ivi, p. 311.
59
Ciascuna delle 7 vocali dell’alfabeto greco è ripetuta nel testo 22 volte, tante
quante sono le consonanti dell’alfabeto ebraico. Gli studiosi Böhlig e Wisse hanno pro-
posto la lettura: « ǿȘȠȣ İıIJȚȞ ਙȜijĮ țĮ IJઁ ੯ » ovvero « Gesù è l’alfa e l’omega » (v. Moraldi
2008, p. 282).
60
Ivi, p. 275.
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61
Guarducci 1978, pp. 310-315.
62
I valori numerici corrispondenti alle lettere dell’alfabeto greco sono i se-
guenti: Į = 1 ȕ = 2 Ȗ = 3 į = 4 İ = 5 ȗ = 7 Ș = 8 ș = 9 Ț = 10 ț = 20 Ȝ = 30 ȝ = 40 Ȟ = 50
ȟ = 60 Ƞ = 70 ʌ = 80 ȡ = 100 ı = 200 IJ = 300 ȣ = 400 ij = 500 Ȥ = 600 ȥ = 700 Ȧ = 800.
Le lettere digamma, qoppa e sampi, corrispondenti ai valori 6, 90 e 900, scomparvero
con l’assunzione dell’alfabeto ionico.
63
Il gusto per l’isopsefia nel mondo greco di età imperiale è ben documentato
da un’epigrafe rinvenuta a Philai, in Egitto, sopra una parete del tempio di Iside poi
trasformato in luogo cristiano. L’iscrizione di tarda età imperiale recitava: ȚȢ ȥȘijȠȢ ࢡİȠȢ
ĮȖȚȠȢ ĮȖĮࢡȠȢ ıʌį, ovvero: « Un solo numero: dio santo buono 284 ». Sommando i va-
lori psefici delle tre parole ࢡİȠȢ ĮȖȚȠȢ ĮȖĮࢡȠȢ il risultato è infatti sempre lo stesso: 284
(Guarducci 1978, p. 469).
64
Farinella 2004, pp. 145-147.
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 487
7. Dies octavus
Il simbolismo che si cela nelle iscrizioni del tempio di Sant’An-
gelo è davvero sorprendente. Secondo la psefia è otto (8) il valore
numerico corrispondente alla lettera eta 65. Si tratta indubbiamente di
un numero sacro che ricorre spesso in senso messianico nel Vecchio
Testamento 66, ma che solo con l’avvento del cristianesimo acquisisce
il significato di una nuova prospettiva di salvezza. Secondo Paolo
Farinella l’ottavo giorno, il primo che segue il sabato ebraico, rap-
presenterebbe « quasi uno stendardo che distingue ormai i giudeo-
cristiani dagli Ebrei e dai pagani e conferisce loro una nuova identi-
tà » 67. Per gli Ebrei, infatti, il settimo e ultimo giorno della settimana
è il sabato che, come si legge nel libro della Genesi, Dio benedisse e
consacrò, poiché fu nel settimo giorno che il Signore portò a termine
il creato e cessò il suo lavoro (Gen 2, 1-4).
Il dies octavus, corrispondente alla domenica cristiana, è nel Nuo-
vo Testamento il giorno della resurrezione di Cristo 68. Ottenuto dalla
65
Già nell’antica numerazione greca precristiana la lettera eta con apice in alto a
destra simboleggiava il numero 8, mentre con apice in basso a sinistra rappresentava
il numero 8000.
66
Il numero 8 nel Vecchio Testamento ritorna varie volte, sempre collegato a
concetti di consacrazione o di attesa messianica: Davide è l’ottavo figlio di Jesse; la
purificazione del Tempio avviene all’ottavo giorno, dura otto giorni e termina al sedi-
cesimo; la circoncisione ordinata da Dio ad Abramo è prescritta per gli Ebrei all’ottavo
giorno dalla nascita.
67
Farinella 2004, p. 148. Il tema complessivo è trattato dall’autore alle pp. 121-179.
68
Al primo giorno dopo il sabato, come giorno in cui Cristo resuscitò, fa riferimen-
to l’evangelista Luca: « Nel primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono
al sepolcro portando con sé gli aromi che avevano preparato » (Lc 24, 1). Troviamo il
simbolismo del numero 8 anche in un altro passo di Luca, particolarmente significati-
vo, a mio avviso, poiché si lega alla figura dell’Angelo che diede nome Gesù al figlio
di Maria: « Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione gli fu
messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’Angelo prima di essere concepito nel
grembo della madre » (Lc 2, 21).
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69
Aurelius Augustinus Hipponensis, Epistolae, LV, 13 (ed Alimonti-Carrozzi 1992).
Traduzione in nota dal sito www.augustinus.it « La domenica invece è stata indicata
chiaramente come giorno sacro non per i Giudei, ma per i Cristiani per causa della
risurrezione del Signore e da allora si cominciò a celebrarla come giorno di festa. (...)
Di questa attività è simbolo l’ottavo giorno, ch’è pure il primo, poiché la risurrezione
non elimina, ma glorifica il riposo (... ) Prima della risurrezione del Signore ai santi
patriarchi pieni di spirito profetico non era certo nascosta l’allegoria dell’ottavo giorno
con cui viene significata la risurrezione; infatti qualche salmo è intitolato “per l’ottava” e
i bambini venivano circoncisi l’ottavo giorno dopo la nascita, e nell’Ecclesiaste, per sim-
boleggiare i due Testamenti, si dice: Da’ loro sette parti e a quelli otto. Tale significato
simbolico però rimane riservato e segreto e fu insegnato solo che si doveva celebrare
il sabato. Infatti i morti godevano già il riposo ma non v’era ancora la risurrezione di
nessuno fino a quando venisse chi risorgendo dai morti ormai non morisse mai più e
la morte non dominasse più su di lui. Solo dopo avvenuta la risurrezione del corpo del
Signore (...) si sarebbe cominciato a celebrare ormai la Domenica, ossia l’ottavo giorno,
che è pure il primo ».
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 489
70
Risale agli inizi del secolo scorso il ritrovamento dell’importante necropoli etrusca
detta « dello Sperandio », documentata come sepolcreto almeno fino all’età romana.
71
Orsini 1792, p. 70.
490 ANTONELLA BAZZOLI
72
La funzione di psicopompo, colui che accompagna le anime nell’aldilà, deriva
all’arcangelo principalmente da alcuni manoscritti apocrifi, ma si può ricavare, seppure
indirettamente, anche dal vangelo canonico. Nella parabola del ricco epulone e del
povero Lazzaro si legge infatti: « Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel
seno di Abramo » (Lc 26, 22).
73
Il ruolo di Michele come pesatore delle anime è di origine copta. Presso i mono-
fisiti di Egitto l’arcangelo Michele avrebbe fatto proprie alcune caratteristiche dell’antico
dio egizio Toth, raffigurato nel Libro dei Morti nella cerimonia della psicostasia (pe-
satura delle anime), mentre con la mano velata in segno di rispetto regge la bilancia.
L’attributo della bilancia ritorna, pressoché identico, anche nella diffusissima iconografia
medievale e rinascimentale dell’arcangelo Michele che pesa le anime dei defunti.
74
Il testo narra la storia di Adamo ed Eva dopo la cacciata dal paradiso e fino
alla loro morte. L’edizione dell’Apocalisse di Mosè a cura di Sacchi, parte integrante
dell’opera citata nell’indice, fa riferimento all’editio princeps del Tischendorf (Apocalypses
Apocrypae, Lipsia, 1866) integrata con il manoscritto dell’Ambrosiana nell’edizione pub-
blicata dal Ceriani (Monumenta sacra et profana, Milano, 1868, pp. 19-24).
75
« (...) il Signore dell’Universo dal santo trono su cui era seduto stese le mani in
questo modo e sollevò Adamo per consegnarlo all’arcangelo Michele con queste parole:
- Portalo su nel paradiso fino al terzo cielo e lasciavelo fino a quel giorno grande e
terribile che riservo al mondo -. Allora Michele sollevò Adamo e lo lasciò dove Dio gli
aveva detto ». (Sacchi 2002, p. 603).
76
« Dopo tutto ciò l’arcangelo chiese riguardo agli onori funebri da rendere al ca-
davere; e Dio ordinò che tutti gli angeli si radunassero davanti a lui, ciascuno secondo
il suo grado (...) E allora parlò all’arcangelo Michele: - Va’ in paradiso e portami tre
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lenzuoli di lino di Siria -. E Dio disse a Michele, Gabriele, Uriele e Raffaele: - Stendete
i lenzuoli sul corpo di Adamo, portate l’olio profumato e versatevelo sopra -. E così
facendo resero al cadavere gli onori funebri (...) L’arcangelo Michele disse a Seth:
- Così onorerai chiunque muore fino al giorno della resurrezione -. Dopo aver dato
questa disposizione continuò: - Non osservate il lutto per più di sei giorni. Nel settimo
giorno sospendetelo e gioite, perché in esso gioisce Dio e gioiamo noi angeli insieme
con l’anima giusta che ha lasciato la terra - ». (Ivi, pp. 603-608).
77
Fu Grimoaldo I, duca di Benevento e poi re dei Longobardi, ad attribuire per
primo la sua vittoria dell’8 maggio 650 sull’esercito bizantino, al miracoloso intervento
di Michele. L’immagine dell’arcangelo fu poi coniata su alcune monete longobarde da
re Cuniperto, al posto di quella della Vittoria.
78
Il ruolo di angelo guaritore sembra derivargli, seppure indirettamente, dal passo
del vangelo in cui si narra che a Gerusalemme, presso la Porta delle Pecore dove si
radunavano ciechi e paralitici, « un angelo in certi momenti discendeva nella piscina
e agitava l’acqua, il primo a entrarvi guariva da qualsiasi malattia fosse affetto ».
(Gv 5, 1-4).
79
Per maggiori approfondimenti sulla diffusione del culto micaelico in Italia, si
veda il contributo di Mario Sensi sui santuari dell’Italia centrale intitolati all’arcangelo
(v. Sensi 2007, pp. 241-280).
492 ANTONELLA BAZZOLI
80
Il numero dei 153 pesci che Gesù fece trovare ai suoi apostoli nelle reti, rap-
presenterebbe allegoricamente il numero di quanti saranno salvati da Cristo, nel giorno
del giudizio finale.
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 493
81
Aurelius Augustinus Hipponensis, Epistolae, LV, 17 (cfr. nota 69): « Per questo
motivo il numero cinquanta moltiplicato per tre con l’aggiunta del numero tre, per
meglio esprimere l’eccellenza del simbolo, si trova pure in quei grossi pesci che già il
Signore ordinò di trarre su dal lato destro della barca dopo la risurrezione, per dimo-
strare la nuova vita; e le reti non si ruppero, per indicare che allora non ci sarà più
inquietudine da parte degli eretici. Allora l’uomo perfetto e quieto, purificato nell’anima
e nel corpo dalle parole di Dio caste come l’argento della terra purificato col fuoco,
purgato sette volte dalle scorie, riceverà per ricompensa un danaro affinché facciano
diciassette. Poiché pure in questo numero, come in altri che forniscono mutevoli sim-
bolismi, si trova un meraviglioso significato simbolico. Né senza un motivo nel Libro
dei Re si legge intero il solo salmo decimosettimo poiché è simbolo di quel regno in
cui non avremo l’avversario. (...) il numero diciassette elevato al quadrato di tre fa la
somma di centocinquantatré. Contando da uno a diciassette, addizionando tutti i nu-
meri intermedi, otterrai la somma suddetta; cioè a uno aggiungerai due e otterrai tre;
a tre aggiungerai tre e fa sei; aggiungi quattro, fa dieci; aggiungi cinque e fa quindici;
aggiungi sei, fa ventuno; di questo passo aggiungi tutti gli altri oltre a diciassette e fa
centocinquantatré ».
494 ANTONELLA BAZZOLI
Marziano fa dire a Filologia che il vero volto degli dèi (vera deum
facies) e il sacro nome della Mente, sono rappresentati da tre lettere
sacre corrispondenti al numero 608.
Marziano preferisce non rivelare le tre misteriose lettere del
nome del Sole, ma attraverso l’uso della psefia si scopre un’equiva-
lenza numerica tra il numero 608 e la somma dei valori numerici
82
Ed. Ramelli 2004, pp. 100-101.
83
Ivi, p. 101. Traduzione in nota di Ilaria Ramelli: « Salve, o autentico aspetto dei
numi e volto del padre, cui, con il numero seicentootto, tre lettere formano il nome
sacro della mente e il suo segno. Concedi, o padre, di ascendere alle accolte celesti degli
dèi e sotto il sacro nome conoscere il cielo stellato ».
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 495
dei caratteri phi (500), rho (100), eta (8), che insieme formano il
trigramma ijȇǾ 84. Si tratta di un teonimo di origine egiziana, cor-
rispondente alla divinità solare Rê (o Râ) 85, attestato fra l’altro da
un’iscrizione intagliata su diaspro, conservata nel Museo Archeologico
Nazionale di Roma 86.
Le implicazioni di carattere linguistico, storico e filosofico della
preghiera al Sole di Marziano meriterebbero, a mio avviso, ricerche
e approfondimenti specifici. In questa sede basterà evidenziare alcuni
aspetti che potranno servire a stimolare future indagini sull’argomento.
Colpisce la sostanziale equivalenza tra i caratteri del trigramma
di Perugia ȦȇǾ (dove all’omega seguono il rho e l’eta), e quelli del
trigramma egiziano ijȇǾ (dove al phi, che funge da articolo, seguono
il rho e l’eta).
Si può ipotizzare che si tratti di un fenomeno di sincretismo
religioso, attraverso il quale il teonimo di antica tradizione egizia
sarebbe stato assorbito dal nuovo credo cristiano, passando forse
attraverso correnti di tipo gnostico o mitraico. Che i fenomeni di
sincretismo religioso si prestino facilmente a divergenti e incerte
interpretazioni, lo prova peraltro il tentativo, da parte di due tra
i più noti commentatori medievali di Marziano Capella, di svelare
il segreto del misterioso numero 608, dietro il quale si celerebbe il
nome del dio Sole. Secondo Remigio d’Auxerre il misterioso numero
della Mente divina si otterrebbe dalla somma dei valori di tau (300),
eta (8), tau (300), ovvero dalle tre lettere che formano il teonimo
T H T. Secondo Giovanni Scoto Eriugena, invece, la cifra sacra si ot-
terrebbe dalla somma dei valori numerici eta (8), ipsilon (400), sigma
(200), corrispondenti al teonimo +<& 87.
Nonostante la divergenza tra le due letture, va notato che entram-
bi i teonimi sono costituiti da tre lettere, sono tra loro isopsefici e si
riferiscono, proprio come la sigla ijȇ+, a divinità dal carattere solare
di antica tradizione egiziana.
L’uso dell’isopsefia per siglare il nome divino, attraverso simboli
alfabetici considerati sacri, non venne meno con l’affermarsi del cri-
84
Dal IV libro della Refutatio di Hippolytus si apprende che il trigramma ijȡȘ era
usato a scopo magico per designare un daimon. Cfr. Mastrocinque 2004, p. 106.
85
Ramelli 2004, note al libro II, p. 819. Si noti anche la corrispondenza tra il teo-
nimo ijȡȘ e il termine ijȡȘȞ, che in greco esprime il concetto di « mente ».
86
Mastrocinque 2004, p. 100
87
Ramelli 2004, note al libro II, p. 819.
496 ANTONELLA BAZZOLI
88
La città di Filippopoli corrisponde all’attuale Plovdiv, in Bulgaria.
89
Testini, p. 358.
90
Da un punto di vista paleografico, la somiglianza tra il ȇ (rho) greco e il P (pi)
latino potrebbe far pensare che le epigrafi +3Ȧ ȦPH di Perugia siano varianti del tri-
gramma di Filippopoli ȦȆ+, con la lettera Ȇ (pi) che avrebbe subìto una trasformazione,
latinizzandosi in ȇ (pi).
91
Loconsole 2005.
92
L’epigrafe ȦȆ+, secondo il Grègoire, sarebbe una sigla gnostica (cfr. Grégoire,
La nouvelle Clio, 4, 1952, pp. 373-377).
LE ISCRIZIONI GRECHE DI SANT’ANGELO IN PERUGIA 497
Conclusione
93
Orsini 1792, p. 79, nota 39.
94
Riferendosi alla chiesa di Ascoli intitolata all’Arcangelo Michele, l’Orsini osser-
vava che: « le ultime due arcate verso l’altar grande sono sostenute da due colonne
di granito bigio (...). Hanno esse i capitelli di marmo, d’ordine corintio, di bellezza
straordinaria, e nell’abaco di quello che è a sinistra vi sono a rovescio segnate queste
lettere HYMN » (cfr. Orsini 1790, pp. 171-173).
498 ANTONELLA BAZZOLI
95
Ringrazio Attilio Bartoli Langeli per i suggerimenti e le indicazioni che mi ha
fornito, specialmente nella fase di stesura del testo.