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TITVLI
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EPIGRAFIA E ORDINE SENATORIO,


30 ANNI DOPO
a cura di
Maria Letizia Caldelli – Gian Luca Gregori

**

ROMA 2014
EDIZIONI QUASAR
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Comitato scientifico della collana

Maria Letizia Caldelli, Gian Luca Gregori,


Maria Letizia Lazzarini, Silvia Orlandi, Silvio Panciera

Opera realizzata con il contributo


di Sapienza Università di Roma,
École Pratique des Hautes Études
e British School at Rome

I contributi sono stati sottoposti a peer review

Tutti i diritti riservati

© Roma 2014 - Edizioni Quasar di Severino Tognon s.r.l.


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email: qn@edizioniquasar.it
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ISBN 978-88-7140-567-4
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Maria Carla Spadoni

I VOLUMNI PERUGINI SENATORI A ROMA?

Mario Torelli1 negli Atti del precedente convegno su “Epigrafia e ordine senatorio”, affer-
mando che il fenomeno della cooptazione nel Senato di Roma di gentes etrusche “si caratterizza
per la sua precocità”, riportava l’opinione di J. Heurgon, secondo il quale “nella fase più antica,
di IV e III sec. a.C., sarebbero di origine etrusca almeno tre gentes plebee particolarmente in vista
nella vita politica e militare romana, i Licinii, i Volumnii e gli Ogulnii” e concludeva dicendo che
“per le prime due famiglie si può pensare ad un precoce inurbamento (ciò che collocherebbe il
problema ad esse relativo nella questione del passaggio dalla monarchia alla repubblica)”. Nella
Lista prosopografica non compaiono infatti i Volumnii perché sarebbero rientrati in quei “casi sui
quali si discute, collocabili eventualmente agli inizi della repubblica”.
Comunque, è opinione diffusa da tempo che i Volumnii senatori a Roma nel V e IV sec.
a.C. siano di origine perugina o che abbiano comunque un rapporto familiare con i velimna/Volu-
mnii attestati a Perugia. Lo sostenevano già Vermiglioli e Conestabile nel XIX secolo; Heurgon,
Galsterer, Hölkeskamp, Benelli nel XX secolo; ancora in tempi recenti Benelli, Colonna, Bona-
mente: è dunque un motivo ricorrente2.
I Fasti infatti annoverano nel 461 a.C. il console P. Volumnius Amintinus Gallus; nel 307
e nel 296 a.C. il console P. Volumnius Flamma Violens3. Di questi personaggi non abbiamo altre
notizie e gli elementi nominali dei due non ci aiutano ad identificarli; tra l’altro è noto che il
proliferare dei cognomi fu frutto di una integrazione successiva nell’onomastica dei magistrati
romani. Le fonti antiche, infatti, non riportano i cognomi dei due consoli, né Livio III, 10; IX,
42; X, 16, né Diodoro XI, 84; XX, 45, né Dionigi di Alicarnasso X, 1. Si è notato, inoltre, che

1  Torelli 1982, 275 e 277.


2  Conestabile - Vermiglioli 1855, 100, 141; Heurgon 1958, 151-159; Galsterer 1976, 144; Hölkeskamp
1987, 180; Benelli 1994, 66; Bonamente 2004, 43; Benelli 2007, 144. Durante la discussione seguita alla mia
relazione al convegno “La storia e l’archeologia di Perugia nell’antichità”, tenutosi a Perugia nei giorni 4-7 feb-
braio 2004, Giovanni Colonna intervenne contestando l’ipotesi da me formulata che non ci fosse alcun legame tra
i Volumnii perugini ed i senatori di V e IV secolo. Gli Atti di quel convegno non sono mai stati pubblicati; solo nel
dicembre del 2012 è uscito un volume miscellaneo “Augusta Perusia. Studi storici e archeologici sull’epoca del bel-
lum Perusinum”, che comprende alcune relazioni allora presentate; nelle more di stampa ho ritirato il mio contributo
perché ormai troppo obsoleto e superato da articoli già pubblicati o in stampa o in fase di elaborazione, riguardanti
Perugia in età romana.
3  Torelli 1982, 277. Cfr. Broughton 1951, 36-37; 164-165; 176, con bibliografia precedente; vd. Degrassi

1947, 360 e 422.


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l’aggettivo violens è attestato per la prima volta in età di Plauto4. Il cognome Violens è stato
anche ricollegato a Iolaus-Vile-Ercole e ad un culto locale perugino in onore di questa divinità,
perpetuato nel toponimo Monte Vile, località sede di una necropoli non lontana da quella del
Palazzone; ma questa ipotesi, di Heurgon5, non è convincente, soprattutto per il fatto che Monte
Vile non è un toponimo antico.
Pur nella esiguità dei dati, si può dire comunque che Amintinus fu un patrizio, mentre
Flamma fu certamente un plebeo6. E questa è una differenza sostanziale. Potrebbe quindi non
sussistere nessuna parentela tra i due, anzi potrebbero essere personaggi addirittura provenienti
da città diverse, stanziatisi a Roma probabilmente tra il VI e il V sec. a.C., completamente lati-
nizzati; una conferma potrebbe essere il fatto che rivestirono il consolato in un momento della
politica romana non certo filo-etrusca7. Cercare un legame con l’Etruria e con Perugia in partico-
lare, come si è fatto, appare allora forse azzardato; Cassola rileva che sin dall’epoca regia tante
famiglie etrusche si erano trasferite a Roma e si erano presto pienamente integrate e latinizzate
e a proposito di L. Volumnius Flamma Violens ammette la possibilità di legami “con ambienti
etruschi, ma nella misura in cui li avevano altri nobili romani e del tutto indipendentemente dal
suo nome”8.
Il recente convegno “L’Ipogeo dei Volumi, 170 anni dalla scoperta”, tenutosi a Perugia nei
giorni 10-11 giugno 2010 (i cui Atti sono usciti nel 2011 a cura di Luana Cenciaioli) ha riacceso i
riflettori sul grande ipogeo9, una tomba gentilizia che non ha esempi uguali in tutta l’Etruria setten-
trionale10 e offerto lo spunto per proporre alcune riflessioni sui Volumnii perugini, proprio a partire
dalle attestazioni epigrafiche del gentilizio etrusco velimna e dalla cronologia del sepolcro11.

4  Gagé 1961, 30.


5  Heurgon 1958, 151-159.
6  Riferimenti precisi in Liv. 9, 42, 25; 10, 15, 12.

7  Il consolato di Amintinus cade tra il foedus Cassianum del 499 a.C. e l’incendio gallico; quello di Flamma

quando già da 4 anni era iniziata l’invasione dell’Etruria da parte dei Romani.
8  Cassola 1968, 202-203.

9  La tomba fu scoperta casualmente il 4 febbraio 1840 (Cenciaioli 2011, 15-32); la prima pubblicazione si

deve a Giovan Battista Vermiglioli nello stesso anno della scoperta: “Il sepolcro dei Volumnii scoperto in Perugia nel
febbraio del 1840 ed altri monumenti inediti e romani da far seguito alle Iscrizioni Perugine pubblicate nella seconda
Edizione negli anni 1833-1834, tip. Bartelli, Perugia s.d.”. Il monumento, che si articola in dieci ambienti, fu costruito
con grande dispendio di energie, come rivelano la sua struttura architettonica, l’ampiezza, l’apparato decorativo ed il
corredo; ne furono promotori due fratelli, arnθ e larθ velimna, che posero a perenne ricordo un’iscrizione sullo stipite
destro della porta d’ingresso (ET Pe 5.1 = CIE 3754 = TLE 566): arθ larθ velimnas arzneal husiur suθi acil hece, ma a
terminare l’opera fu solo arnθ, come si deduce dalla collocazione della sua urna in posizione centrale nella parete di fon-
do del tablinum; suo fratello era probabilmente morto quando il sepolcro era in costruzione. In base alle iscrizioni sulle
urne, nell’ipogeo trovarono posto sette persone della stessa famiglia, appartenenti a quattro generazioni. arnθ vi collocò,
traslocandole forse da un altro sepolcro (diverse sono infatti per tipologia e stile) le urne del nonno θefri e del padre aule;
vi pose quella dei fratelli larθ e vel già morti e la sua ancora vuota. Alla quarta generazione appartiene l’urna di veilia,
figlia di arnθ, unica donna ad essere sepolta nell’ipogeo perché ancora nubile e quasi sicuramente morta in giovane età
(Colonna 2011, 118; Lippolis 2011, 140-142). Si può anche supporre, con Colonna, che originariamente sulla banchina
nella parete di fondo del tablino fossero collocate le urne dei tre fratelli, larθ, arnθ, vel; sulla banchina di destra quella
di aule e di θefri; alla morte di veilia, la sua urna prese il posto di quella di larθ; quest’ultima fu spostata sulla banchina
destra, mentre quella di θefri fu fatta scivolare all’ingresso. La banchina di sinistra probabilmente fu destinata alla pro-
genie maschile di arnθ, ma non venne mai occupata. Le deposizioni, compresa quella di veilia, avvennero dunque per lo
più nello stesso torno di tempo, durante la terza generazione, quella dei tre fratelli, larθ, arnθ, vel.
10  Così sostiene Colonna 2011, 123.

11  Ciò soprattutto per comprendere meglio i rapporti tra i velimna e P. Volumnius Violens.
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Nella tomba trovarono posto quattro generazioni di velimna, come attestano le urne con
iscrizione etrusca, deposte in un lasso di tempo molto stretto; solo in un momento successivo12 vi
fu collocata l’urna di P. Volumnius Violens, la cui iscrizione è incisa in latino sulla cassa, in etru-
sco sul coperchio13: P. Volumnius A. f. Violens Cafatia natus, pup velimna au cahatial; si tratta di
un’urna in marmo lunense datata dalla maggior parte degli studiosi, anche in base agli elementi
stilistici, alla piena età augustea14.
Le altre epigrafi, rinvenute al momento della scoperta incise sulle pareti15, ma già abba-
stanza rovinate, sono ormai evanide, come ha dimostrato la ricognizione fatta nel 2011, a causa
probabilmente delle caratteristiche del materiale (l’arenaria, detta localmente “tassello”), molto
friabile: esse si trovavano tutte nell’atrio; non si riferiscono ad elementi del corredo di nessuno
dei defunti, ma accompagnavano un trofeo di famiglia, fatto di elmi, armi e schinieri appesi o in-
chiodati alle pareti, come sottolineato da Cherici16, “antichi oggetti di famiglia ostentati in quella
che - in una tomba chiaramente ricalcata sul modello della casa signorile - si identifica come la sua
parte pubblica e celebrativa, l’atrio”. Due erano incise sulla parete a destra dell’ingresso17, una18
era incisa sullo stipite dell’ingresso del tablinum, sopra l’urna di θefri. Un’altra19 secondo il CIL
era graffita “sulla parete della terza cella a destra della stanza principale”, sopra un’olla cineraria.
Forse la lettura di quest’ultima andrebbe emendata in C(AIVS) ARRI(VS) M ¢EÜSIA (gnatus), un
personaggio i cui rapporti con i velimna rimangono sconosciuti. Dato che il metronimico torna
in una iscrizione perugina bilingue di donna, mesi in etr. e Mesia in latino20, si può supporre, con
Hadas Lebel, di essere di fronte ad uno dei tanti casi di latinografo21: la formula onomastica latina
infatti rende quella etrusca aθ. arntni mesi22. Va detto inoltre che il gentilizio etrusco, nelle forme
mesi / mesial torna ancora a Perugia in altre epigrafi23. Colonna24 integra Musia o Mysia, inter-
pretandolo come nome schiavile di un personaggio che così “da schiavo era stato chiamato per
metonimia col nome della regione di provenienza”.
Ampio il dibattito negli studiosi sulla datazione della tomba e dei personaggi sepolti.

12  Lo rivela anche la sua posizione, vicino all’ingresso del tablinum.


13  ET Pe 1.313 = CIL, XI 1963 = I² 2037 = CIE 3763 = ILS 7833 = TLE 605; vd. Benelli 1994, 18-20 nr. 7;
Lebel 2004, 357 nr. XXIII. La predilezione per la h a scaletta piuttosto che a cerchietto rivela un certo conservatorismo
nella incisione dell’epigrafe; vd. Benelli 1994, 45.
14  Sporadiche le attribuzioni alla più generica prima età imperiale o età flavia. Vd. a tale proposito Ambrogi

1990, 181-188 e Cenciaioli 2011, 20-21, con ampia bibliografia precedente.


15  Benelli 2007, 139, a proposito delle iscrizioni sulle pareti sostiene che “non si può escludere che alcune di

queste fossero relative a deposizioni (magari di personaggi subalterni legati alla famiglia, forse di servi), in alcune delle
olle trovate all’interno della struttura”.
16  Cherici 1993, 18. Vd. anche Cherici 2002, 99-100 e 127-129; Colonna 2011, 116-117.

17  ET Pe 0.2 = CIE 3755 a = TLE 567 a; ET Pe 0.1 = CIE 3755 b = TLE 567 b.

18  ET Pe 0.3 = CIE 3756 = TLE 568.

19  CIL, XI 1964, cfr. p. 1276 = CIE 3764.

20  CIL, XI 2005 = I² 2061, cfr. p. 1075 = CIE 4190 = TLE 607 = ET Pe 1.846.

21  Vd. Lebel 2004, 358 nr. XXIV.

22  Vd. anche la bilingue di Chiusi: CIL, XI 2282 = CIE 1468 = TLE 502 = ET Cl. 1.858. Lebel 2004, 355; vd.

Kaimio 1975, 120, 141.


23  ET Pe 1.752, 1.794, 1.1098. Cfr. Lebel 2004, 261, 366, 379, 380.

24  Colonna 2011, 116.


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Se c’è concordanza sull’epoca in cui visse P. Volumnius Violens, cioè l’età augustea, anche
per le caratteristiche stilistiche della sua urna25, in marmo, di evidente produzione urbana della fine
del I sec. a.C, le proposte avanzate per l’ipogeo dei velimna vanno dal IV al I sec. a.C.26 Vermiglioli
datò all’età imperiale le urne, mentre già il Conestabile pensava al IV sec. a.C. Nel 1905 Körte
proponeva la fine del IV - inizi del III sec. a.C.; Zalapy nel 1918 la seconda metà del II sec. a.C.
Offrendo una nuova edizione della tomba, von Gerkan e Messerschmidt nel 1942, considerando
P. Volumnius Violens un quarto fratello, ritenevano che il completamento della tomba risalisse
intorno al 75 a.C. Nel 1954 Thimme proponeva come cronologia per le urne la seconda metà del
II sec. a.C.
Nel 1984 Maggiani, in base alla paleografia, datava le iscrizioni alla seconda metà del III
sec. a.C. e più recentemente ha ritenuto “la tomba dei Volumi saldamente ancorata ad una datazio-
ne tra terzo e ultimo quarto del III sec. a.C.”27.
Secondo Benelli e Colonna28, il complesso si data all’ultimo quarto del III sec., intorno
al 220, negli anni precedenti la guerra annibalica e il più giovane dei fratelli, larθ, sarebbe morto
intorno al 200 a.C.
Lippolis propone una datazione dell’ipogeo compresa tra il II ed il I sec. a.C. sulla base de-
gli elementi architettonici, della tipologia delle urne, degli elementi stilistici ed epigrafici: le par-
ticolarità del corredo farebbero dei velimna una famiglia importante che raggiunse la sua massima
fortuna con arnθ. Indubbiamente egli costruì il sepolcro con sfarzo, rivendicando alla famiglia un
passato nobiliare conquistato con le armi e un’ascesa sociale iniziata con il nonno θefri e portata
a termine da lui stesso, che si ritrae sul lato destro del frontone verso la camera funeraria in veste
di soldato29; il servizio militare nell’esercito romano, in epoca successiva alla riforma di Mario,
segnerebbe l’avvenuta promozione sociale.
Secondo Hadas Lebel30, θefri velimnas sarebbe nato verso il 210 e morto verso il 160 a.C.
Lo studioso sottolinea anche che il prenome θefri è attestato epigraficamente solo a Perugia e in
soli due casi31, per un membro dei velimna ed uno degli spurina. Le attestazioni di quest’ultimo
gentilizio sembrano appartenere ad una sola famiglia32, trasferitasi a Perugia nel II secolo e prove-
niente o dall’ambiente italico o cerite/tarquiniese; il prenome θefri deriverebbe da un prestito più
o meno antico dal sabellico *tifaris, o dal latino arcaico *Tibarios, oppure da un prestito tardivo
dal prenome cerite θef(a)ri(e). Introdotto a Perugia dalla gens degli spurina, si sarebbe ben presto
diffuso tra le famiglie aristocratiche, come i velimna, nella consapevolezza della somiglianza esi-
stente tra la forma etrusca θefri/ θefarie e quella latina Tiberius.

25  Per la descrizione dell’urna, vd. Cenciaioli 2011, 20-21; per la tipologia e le caratteristiche stilistiche, vd.

Ambrogi 1990, 187, che la data ad epoca successiva all’Ara Pacis; Kaimio 1975, 211 pensa alla fine del I sec. a.C., e
così anche Sisani 2011, 211.
26  La bibliografia è passata in rassegna in Lippolis 2011, 135-140; cfr. anche Colonna 2011, 123.

27  Maggiani 2011, 187.

28  Benelli 2007, 139-144; Colonna 2011, 123-124.

29  Lippolis 2011, 156-159; egli nota (155-156) che il personaggio ha sulla spalla una furca, alla quale sono

appesi gli oggetti del bagaglio del militare e che solo con la riforma attuata da Mario nel 107 a.C. si impose ai soldati
l’obbligo di trasportare personalmente il proprio bagaglio.
30  Lebel 2004, 138, ma già Thimme 1954, 147.

31  ET Pe 1.306, θefri velimnaś ed ET Pe 1.1220, θefriś spurinaś. Lebel 2004, 146-148.

32  ET Pe 1.1220 = CIE 4045; ET Pe 1.1221 = CIE 4465; ET Pe 1.1222 = CIE 4464; ET Pe 1.408 = CIE 3858;

ET Pe 1.797 = CIE 4134.


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Roncalli33 nota che nell’iscrizione sullo stipite i due fratelli arnθ e larθ si definiscono
arzneal husiur, figli di una arznei quasi a sottolineare l’aggancio per linea matrilineare ad una
delle più antiche e nobili famiglie perugine, nota anche dal Cippo perugino, come se i velimna
fossero entrati da poco nell’aristocrazia perugina e, aggiungo io, magari solo e proprio con arnθ
che ideologicamente accomuna e ratifica l’adeguamento al suo status sociale del padre aule e del
nonno θefri e costruisce un sepolcro principesco che ne fissi per sempre la memoria. Roncalli ri-
cordando inoltre come Benelli34 abbia sottolineato che “le formazioni con il suffisso -na, così rare
nel patrimonio onomastico perugino, potrebbero essere più tardive, formate su modelli esterni
(meridionali)” avanza l’ipotesi che “forse qui si trattava di un modello portato con sé dalla fami-
glia stessa”, che quindi è da supporre proveniente dall’Etruria meridionale.
Per affermare questo bisogna dimostrare che il gentilizio velimna sia attestato anche in
Etruria meridionale ma, oltre le 21 attestazioni perugine, ne conosciamo una sola, a Chiusi, ed è
di una donna, un’esponente della gens velimna che probabilmente a seguito del matrimonio si era
spostata in questa città35.
Sembrerebbe allora più logico supporre che si tratti di una famiglia autoctona, che riuscì ad
emergere socialmente e ad affermarsi proprio nell’epoca in cui veniva costruito il famoso sepol-
cro, instaurando legami matrimoniali con altre famiglie aristocratiche perugine, come i nufrzna,
veltsna, vipi, meteli e velχei. Lo dimostra il rinvenimento di una tomba con sole deposizioni fem-
minili36, scoperta nel 1797 vicino al più famoso ipogeo, di donne della famiglia velimna. Nove
furono le urne rinvenute, cinque con iscrizione37.
Non ci sono elementi sufficientemente validi per ipotizzare che si tratti delle mogli dei per-
sonaggi deposti nell’ipogeo dei velimna, ma la vicinanza delle tombe potrebbe essere già un indi-
zio a favore. Comunque Nielsen38 propone di vedere in ET Pe 1.287 la madre di veilia velimnei, sia
per l’adozione dello stesso prenome, sia soprattutto per le somiglianze stilistiche delle loro urne.
Il gentilizio etrusco velimna ritorna in altre epigrafi su cassa o coperchio rinvenute nella
stessa necropoli del Palazzone39 e poi conservate in collezioni private40, ma per lo più disperse;
nella maggior parte dei casi si tratta di donne coniugate con un esponente della gens velimna. Cer-
tamente sarebbe interessante datare le iscrizioni etrusche per capire in quale periodo potrebbero

33  Roncalli 2011, 205-208.


34  Benelli 2002, 523.
35  ET Cl 1.1616 = CIE 2121: larθi : velim/nei.

36  Massa Pairault 2002, 497-498. Come hanno dimostrato Nielsen 1999, 65-125 e Defosse 2007, 871-881,

a Perugia troviamo ben 11 ipogei di sole donne, un’usanza che prevedeva che le femmine non trovassero posto nelle
tombe di deposizioni maschili, a meno che non si trattasse di nubili morte in giovane età (è il caso di veilia dei velimna);
lo studio delle deposizioni e delle iscrizioni ha rivelato che i criteri seguiti nella decisione di una sepoltura comune
potevano essere o quello matrilineare o quello culturale (appartenenza ad uno stesso collegio sacro, sacerdotesse, etc.).
37  ET Pe 1.286 = CIE 3715, fasti : nacerei : velimna[ś] (moglie di un velimna e madre della seguente); ET Pe

1.285 = CIE 3714, velimnei : nufurznaś : naceria/l : sec (figlia della precedente e sposa di un nufurzna); ET Pe 1.289 =
CIE 3718, venθnei veltsnaś (moglie di un veltsna); ET Pe 1.287 = CIE 3716, veilia velt/snei velim/naś (figlia della pre-
cedente, moglie di un velimna e probabilmente madre della seguente, avuta da altro matrimonio); ET Pe 1.288 = CIE
3717, larθi : meteli : nufrznaś : veltsneal : seχ (figlia della precedente). Cfr. Cipollone 2004, 43, nrr. 124-126. Il Vermi-
glioli parla di 6 urne con iscrizione, considerando CIE 3714 due epigrafi distinte. Vd. anche Nielsen 1999, 89-93, nr. 11.
38  Nielsen 1999, 89-90 e 126, fig. 22.

39  ET Pe 1.516 = CIE 3971, raufi velimnas; ET Pe 1.600 = CIE 4059, la vi /velimna ar.

40  ET Pe 1.987 = CIE 4298, veilia cafati velimnas; ET Pe 1.1052 = CIE 4347, fasti : vipi : velimnaś : hermial :

śeχ; ET Pe 1.1114 = CIE 4395, mehnati velimnaś caial; ET Pe 1.1242 = CIE 4482, titi : velimnaś : acril : śec.
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essere vissuti gli esponenti maschili della gens; ciò ci aiuterebbe a capire l’evoluzione cronologica
del gentilizio e forse potrebbe aprire uno spiraglio tra le molteplici ipotesi sulla datazione del se-
polcro ed il destino di questa famiglia.
I velimna appartengono quindi ad una famiglia tipicamente perugina, che in epoca succes-
siva alla guerra sociale e nel clima della imperante latinizzazione dovettero scegliere un gentilizio
che non si discostasse troppo dal loro originario, così velimna si trasformò in Volumnius. In queste
e in circostanze analoghe il processo potrebbe essere stato facilitato dal fatto che alcuni gentilizi
fossero di origine italica, oppure che esistesse nell’onomastica romana un antico gentilizio etrusco
già latinizzato e, come sostiene Benelli, “la presenza di radici comuni fa sì che in molti centri vi
fossero famiglie omonime, omonime magari anche di importanti gentes romane, senza che per
questo esistesse un qualche rapporto fra di loro”41.
Secondo Hadas Lebel42, sarebbe stato determinante il fatto che alcuni gentilizi fossero di
origine italica: “il leur suffisait de repérer le GE romain d’où leurs propres GE étaient issus pour
ensuite se les approprier”.
Questo procedimento è noto dall’ultima deposizione bilingue. L’iscrizione etrusca riporta
il prenome pup(li); ora Benelli e Hadas Lebel43 notano come esso sia sconosciuto nell’epigrafia
etrusca di Perugia, quindi è probabile che non appartenesse al repertorio onomastico locale, ma
che fosse un prestito dal latino Publius, in un’epoca successiva all’approvazione della lex Iulia,
che imponeva ai cittadini romani l’uso dei tria nomina. La stessa cosa vale per il cognome, che
è assente, segno che velimna/Volumnius originariamente non l’aveva44. Lo aggiunse prendendolo
da un personaggio famoso45, che conosceva perché una copia dei fasti consolari doveva esistere in
ogni municipio italico.
Si deve escludere quindi in modo categorico un qualunque rapporto tra il perugino P. Vo-
lumnius Violens, le cui ceneri riposano nella bella urna di marmo dentro l’ipogeo dei velimna, e i
consoli attestati a Roma dai Fasti.
Ma cosa sappiamo noi di P. Volumnius Violens perugino? Perché la sua urna si trova dentro
l’Ipogeo?
Certamente egli si rifaceva ai velimna che vi erano sepolti46 e forse non solo ideologica-
mente, nel senso che potrebbe essere un loro discendente, ma quante generazioni separano arnθ
da lui?47 Il fatto di voler far incidere l’epigrafe funeraria anche in etrusco denota l’intenzione di ri-
agganciarsi alla tradizione locale, ed è bene sottolineare il clima in cui questo avvenne, fortemente
caldeggiato dal programma augusteo.
Secondo Colonna48 “i figli o comunque gli eredi di coloro che avevano fondato la tomba
hanno lasciato la città, contro ogni loro aspettativa, verso la fine della guerra annibalica, o subito
dopo andando a vivere altrove”; dopo la morte del più giovane larθ, verso il 205 a.C. la tomba

41  Benelli 1994, 52-53.


42  Lebel 2004, 380.
43  Benelli 1994, 53 nt. 11; Lebel 2004, 156.

44  Coli 1946/47, 277-279.

45  Berrendonner 2003, 155 nt. 33; su questa prassi vd. Solin 2001, 411-427.

46  Lebel 2004, 357.

47  Pfiffig 1984, 556-558, ne fa il figlio di un certo aule velimna, cugino o fratello di veilia.

48  Colonna 2011, 124-126.


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sarebbe stata abbandonata perché gli eredi tra il 204 ed il 203 sarebbero andati in esilio lontano
dall’Italia, addirittura nell’Egitto tolemaico “dove potrebbe essere arrivato con loro il Liber Lin-
teus”49: un’ipotesi affascinante, ma non dimostrata!
Secondo Lippolis50 la famiglia “attraverso il suo ruolo emergente” potrebbe essere stata
coinvolta “dalle drammatiche vicende del difficile periodo compreso tra l’87 e il 79 a.C., quando a
Roma e in tutte le città d’Italia si susseguono eccidi e proscrizioni tra le fazioni rivali di una guerra
civile senza quartiere”.
Se si accetta la datazione più alta, bisogna ammettere, con Colonna, che siano state deter-
minanti le vicende della seconda guerra punica, gli effetti dei saccheggi e delle devastazioni che
certamente provocò in tutto il territorio perugino, ma va anche sottolineato che, nonostante ciò,
la classe dirigente perugina si mantenne fedele a Roma, tanto che nel 216 a.C., dopo la battaglia
di Canne, un contingente perugino fu determinante per la difesa di Casilino sul Volturno contro
Annibale51.
Se invece si accetta una datazione più bassa, è giocoforza pensare alla guerra sociale; come
ho già sottolineato altrove52, gli Etruschi e gli Umbri che vennero a Roma verso la fine del 91 a.C.
vanno identificati con gli esponenti della classe dirigente, i principes Italicorum populorum, i
grandi proprietari terrieri; protestavano contro la legge agraria che avrebbe stravolto le loro strut-
ture agrarie, legate ad estesi latifondi sia su terreni privati, sia su ager publicus, ma anche contro
la rogatio, che, se approvata, avrebbe determinato la perdita di importanti privilegi e dei diritti da
tempo acquisiti, a favore di una classe intermedia di agricoltori-servi, che sarebbe stata agevolata
dalla concessione della cittadinanza romana.
Infatti, i torbidi, che le fonti53 ci testimoniano in queste regioni nell’anno 89 a.C. con chiaro
sfondo sociale, erano nati spontaneamente proprio in seno a quella classe intermedia che da poco
aveva ottenuto la civitas etrusca e aspirava ora direttamente alla cittadinanza romana; sono quei
“contadini e pastori liberi” che nell’87 a.C. si raccolsero numerosi intorno a Mario, quando sbarcò
a Talamone54. Gli aristocratici, e quindi forse anche i velimna perugini, potrebbero essere stati
coinvolti proprio in queste lotte intestine, che realisticamente è meglio indicare come una guerra
civile tra classi sociali contrapposte55.

49  Non c’è accordo sulla data e sul luogo di redazione, indicato genericamente, in base alla paleografia, Etruria

settentrionale. Sul Liber linteus vd. recentemente (con bibliografia precedente) Maggiani 2007, 408-426, che indica
come terminus post quem l’ultimo quarto del III sec. a.C. e ritiene che “è stato scritto da uno scriba tarquiniese…
utilizzando un tessuto prodotto nella stessa Tarquinia verso la fine del III o agli inizi del II sec. a.C….fu realizzato per
una committenza chiusina…Le vicende che hanno portato in Africa il prezioso Liber, finito in piena età imperiale come
materia prima nella bottega di un mummificatore egiziano dell’Alto Egitto, sono ignote”. Belfiore 2010, 55-63 pensa
che si tratti di un calendario rituale di fine III - inizi II sec. a.C., portato in Egitto da mercanti.
50  Lippolis 2011, 158-159.

51  Liv. 23, 17,11 e 20, 2-3.

52  Spadoni 2009, 35-37, con bibliografia precedente.

53 Liv., per. 74: A. Plotius legatus, L. Porcius praetor Etruscos, cum uterque populos defecisset, proelio

vicerunt. Vd. Oros. 5, 18, 17; Flor. 2, 6,13.


54 Plut., Mar. 41, 4-5: “Approdò a Talamone in Etruria e, sbarcato, fece proclamare la libertà per gli schiavi.

Gli uomini liberi del luogo, contadini e pastori, accorsero in massa verso il mare attratti dalla sua fama; egli portò con
sé i più robusti e in pochi giorni riunì un grande esercito ed equipaggiò quaranta navi”.
55  Non vedo come un esponente della migliore aristocrazia (arnθ velimna) possa servire come semplice miles

nell’esercito romano (e trarne grande prestigio tanto da desiderare di essere così rappresentato nella propria tomba a
perenne ricordo) e a maggior ragione entrare a far parte dell’esercito mariano; le oligarchie terriere etrusche non si
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Nonostante l’ampio spazio a disposizione per altre deposizioni, il sepolcro dei velimna ri-
mase inutilizzato per una o due generazioni, o per mancanza di eredi maschi diretti di arnθ o perché
si preferirono altre sepolture. Fu riaperto in età augustea quando P. Volumnius Violens volle esservi
sepolto, ostentando una presunta o piuttosto reale continuità generazionale con i membri di quella
stessa famiglia. Della sua ascendenza diretta sappiamo solo che era figlio di una Cafatia, un’espo-
nente di una gens aristocratica, la cui tomba56 si trovava nella necropoli del Palazzone, non lontano
da quella dei velimna. Dalla qualità e tipologia della sua urna si può dedurre che fosse sicuramente
ricco; ciò vuol dire che le risorse economiche della famiglia erano rimaste intatte? O proveniva da un
ramo collaterale che nel frattempo aveva fatto fortuna? Certamente questi velimna/Volumi erano ai
vertici dell’aristocrazia locale in età augustea, tanto che P. Volumnius Violens57, suo figlio e omoni-
mo, rivestì la suprema magistratura cittadina in un momento particolare per Perugia romana, quel-
lo del cambiamento costituzionale operato con la restitutio58, segno anche questo che i Volumnii
non avevano sostenuto Lucio Antonio durante la guerra del 41-40 a.C.
Oltre ai personaggi già analizzati, non è alto il numero dei Volumnii conosciuti a Perugia.
La testimonianza più interessante viene da una tomba scoperta nella primavera del 1932 a Mon-
tevile dove furono trovate cinque urne cinerarie con iscrizione etrusca59, una urna bisoma sempre
iscritta60, una con iscrizione probabilmente latino-etrusca di cui restano solo alcuni caratteri latini61
ed una con iscrizione latina: L. Volcacius L. f. Macer62. Tutti questi individui erano membri della
stessa famiglia, in quanto presentano lo stesso gentilizio, velχei/Volcacius. Uno di loro63, arnθ
velχei, reca il metronimico velimna. Le urne sono datate su base linguistica e paleografica dal
Buonamici “non oltre il 60 a.C.”; l’epigrafe in latino si può collocare tra la fine del I sec. a.C. e gli
inizi del I sec. d.C. Bisogna quindi ammettere un certo rapporto di parentela tra gli esponenti di
questa tomba e L. Volcacius Tullus che fu console nel 33 a.C. con Ottaviano.
Le altre attestazioni del gentilizio Volumnius si trovano per lo più in iscrizioni di liberti,
come quelli presenti in una tomba scoperta al Frontone, non molto distante dall’Ipogeo, le cui urne
si datano nella prima metà del I sec. a.C.64 o quello citato in un’urna scoperta a Castel del Piano65.

schierarono apertamente, e inoltre va sottolineato che le confische sillane interessarono i territori di Arezzo, Chiusi,
Fiesole, Volterra e non riguardarono minimamente il territorio di Perugia, segno questo che l’aristocrazia perugina non
aveva condiviso le scelte di Mario.
56  ET Pe 1.558-1.561 = CIE 4013-4016; vd. Racano 2011, 35-41 nrr. 25, 51, 54, 86; le urne sono attualmente

collocate intorno al sepolcro dei Volumnii.


57  CIL, XI 1944 = ILS 6618; il personaggio, IIII vir e IIvir è onorato dai municipes et incolae. Inverte la pa-

rentela ritenendolo suo padre Pfiffig 1984, 554-555. Non sappiamo se gli antenati etruschi velimna avessero rivestito le
magistrature cittadine ma, come notano Berrendonner 2003, 165 e Benelli 2007, 138, l’uso di citare cariche in epigrafi
funerarie etrusche è molto raro.
58  Non ho mai sostenuto che la frase “Perusia restituta” stia ad indicare la ricostruzione materiale della città,

come ingiustamente sottolineato da Sisani 2011, 223 nt. 78.Vd. Spadoni 2010, 111-117.
59  ET Pe 1.139, 1.140, 1.141, 1.144, 1.145.

60  ET Pe 1.142.

61  [- - -]VRMN[- - -].

62  SE 8, 1934, 355; SE 10, 1936, 410; CIL, I² 2772, cfr. p. 1076; Syme 1964, 124-125; Cipollone 2004, 31

nr. 54.
63  ET Pe 1.142.

64  CIL, XI 1959-1962.

65  CIL, XI 2024, forse lavorava in una villa rustica?


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Solo due sono gli ingenui: L. Volumnius Perusinus66, di provenienza sconosciuta, databile alla pri-
ma metà del I sec. d.C. e Volumnius Primigenius67, di I sec. d.C., la cui moglie, Caenia Crescens,
apparteneva ad una aristocratica famiglia locale68.
Forse con il I sec. d.C. la famiglia si estinse, oppure utilizzò altre sepolture (che non sono
ancora state rinvenute).
Ribadendo infine che la gens perugina dei velimna/Volumnii non ha mai avuto alcuna aspi-
razione a carriere nell’Urbe, e che nulla avvalora l’ipotesi di una consanguineità tra loro e i consoli
di Roma con lo stesso gentilizio, per completezza va detto che Volumnius è da considerarsi tra i
gentilizi romani da più tempo attestati69, è estremamente diffuso in età imperiale praticamente in
tutta l’Italia70, ma lo è a sufficienza anche in età repubblicana.
Secondo Livio (2, 40) Volumnia sarebbe stato il nome della moglie di Coriolano. Epigra-
ficamente è noto nel III sec. a.C. in territorio falisco nella forma uelmi/n(e)o71. A Pompei torna in
bolli, prodotti di figline di area vesuviana72, ed in un titulus pictus di età tardo repubblicana o au-
gustea73. Ancora, a Segni Volumnii sono noti sin dal III sec. a.C., come attesta un’iscrizione su orlo
di olla in ceramica proveniente dal deposito votivo dell’acropoli, L VOL74. Un L. Volumnius [- f.]
Marsus fu censor prima della guerra sociale75. Tra la fine dell’età repubblicana e gli inizi dell’età
imperiale due personaggi, C. Volumnius Flaccus e Q. Volumnius Marsus, quattuorviri, dedicarono
a proprie spese un criptoportico76. Si tratta dunque di una delle famiglie più importanti, se non la
più importante dell’élite cittadina; l’omonimia di Volumnius Flaccus con un legato di Bruto nel 43
a.C. ha fatto supporre che la famiglia riuscisse a sedere in Senato già nella metà del I sec. a.C.77.
Nel santuario di Colle Noce, tra i materiali rinvenuti in una grande vasca, si è trovato un bollo su
tegola, in cartiglio rettangolare, presente in diversi esemplari, con la dicitura P VOLUMN, databile
tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio dell’età imperiale78.
Il gentilizio è attestato anche in alcuni bolli rinvenuti in area tiburtina79; non si conoscono
bolli (o non sono stati ancora trovati) nel perugino e nei territori circostanti.

66  CIL, XI 2085.


67  CIL, XI 1957.
68  Il gentilizio nella forma etrusca è caini, attestato in un ipogeo scoperto vicino a S. Costanzo, cfr. ET Pe

1.959, 1.960, 1.1186, 1.1166, 1.969; anche CIL, XI 1957 è stata rinvenuta nei pressi della medesima chiesa.
69  Lebel 2004, 366.

70  Attestazioni a Clusium, Puteoli, Roma, Lupiae, Atinum, Aquinum, Classis, Pompei, Tergeste, Iulium Carni-

cum, Patavium, Ateste, Vicetia, Verona, Mediolanum, Arusnates, Brundisium, Luceria, Beneventum, Reate, Cupra ma-
ritima, Capua, Neapolis, Mutina, Veleia, Luna, Volci, Falerii, Centumcellae, Tarquinii, Pyrgi, Veii, Ravenna, Sinalunga,
Ostia, Bovillae, Tusculum, Praeneste, Velitrae, Larinum, Cosa, Placentia, Stabiae, Spoletium.
71  Vetter 339-340.

72  CIL, X 8042, 110.

73  CIL, IV 8769.

74  Cifarelli 1992, 776: si tratta di una iscrizione su bordo di olla, L(ucius) Vol(umnius); Id. 2003, 37; Ambrosiani

2002-2003, 266.
75  Cifarelli 2010, 569-572.

76  CIL, I² 1505 = X 5971. Cfr. Badian 1963, 142; Licordari 1982, 41; Cébeillac-Gervasoni 1991, 196; Cifarelli

1992, 775-778.
77 Cic., ad fam. 11, 12 e 11, 18. Vd. Licordari 1982, 41; Salomies 1996, 84, con bibliografia precedente.

78  Reggiani 2005, 140; Cifarelli 2007, 221-222.

79  Persichetti 1893, 265-266 e Persichetti 1903, 172.


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Abstract

In the traditional interpretation, spanning from the XIX century to the present day, origins from Perusia are attributed to
the Roman senators P. Volumnius Amintinus Gallus (consul in 461 BC) and P. Volumnius Flamma Violens (consul in 307
and 296 BC). This work aims to demonstrate that there is no direct link between them and the gens Volumnia of Perusia,
which didn’t reach its peak until the third century BC, when it joined the ranks of the local aristocracy.

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