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dell’Età dell’Oro
La Religione Siderale
In un tempo non lontano i proto-filosofi, sacerdoti e poeti, avevano
osservato le stelle per discernere un disegno e una presenza divina nel
loro ciclico e regolare accadere. Un dialogo platonico, probabilmente
apocrifo, l’Epinomide, raccoglie le tesi per cui gli astri, con il loro
incedere sarebbero immagine diretta della volontà divina, proprio per il
loro moto regolare, differente da quello degli animali e degli uomini e
perciò più vicino al vero.
Perciò, a differenza di noi, gli antichi riconoscevano negli astri una divinità
lampante, che sotto gli occhi di tutti dettava la volontà divina, prima che
gli uomini attribuissero nomi e prerogative agli dei antropomorfi. Così, i
Solstizi, fenomeni che a quegli osservatori apparvero macroscopici e
carichi di significato, aprivano due volte l’anno uno spazio numinoso e
fermo, in mezzo al divenire delle stagioni, rivolgendone il corso in
senso ascendente e discendente. Non perché questo influenzasse una
mente ingenua e naturalistica, ma invece, proprio nel fenomeno
astronomico, piuttosto si inserivano spazi soprannaturali, indipendenti,
che sembravano svelare non la naturalità dei cicli terrestri, ma il presente
eterno che li sosteneva dal suo profondo imperscrutabile.
L’Età dell’Oro
Ma ben prima che quei culti stranieri arrivassero a rimettere nuovi nomi
alle cose perenni, il periodo dell’anno era stato stabilito sacro e celebrato
da tempi remoti, con altri fondatori. Accadeva che Saturno giungesse nel
Lazio in esilio, dopo che Giove l’aveva vinto ed esautorato, e trovasse asilo
presso il re Giano. Restò con lui, a governare nel periodo che si chiamò
l’Età dell’Oro, in cui non esistevano diseguaglianze né conflitti sociali e
ovunque erano abbondanza e pace. Un’opera di divulgazione
ottocentesca riassume le vicende che legano Saturno a Giano e all’Età
dell’Oro:
Le Apocalissi
Nel Cristianesimo il ricordo onomastico di San Giovanni Battista e San
Giovanni Evangelista contrassegna i due solstizi, servendosi
dell’assonanza tra i nomi di Giano e Giovanni. Il loro Nome dà inizio al
tempo del Solstizio, quando la linea temporale dell’anno per un attimo è
fermata, arrestata e aperta, perché possa essere osservata e compresa.
Ad alcuni veggenti dell’antichità questo passaggio era stato rivelato
in visione come una apocalisse, o la rivelazione di cose nascoste: il
momento in cui il tempo si ferma ed è come se il cosmo aprisse il velo
per lasciare scorgere il suo funzionamento interno. Così sono la
visione di Er e la visione di Empedontimo, o il sogno di Scipione — e
quindi l’Apocalisse per definizione, quella di Giovanni, il veggente che
appunto è celebrato in questa data –, esempi di questo funzionamento
“apocalittico” del tempo: dove la dimensione temporale è come se
velasse un meccanismo sottostante, di rotazione, che informa i cicli
cosmici, il transito delle anime tra la vita e la morte, e in egual misura
le stagioni.
Il ciclo della vita e della morte avviene attraverso lo stesso corpo cosmico
divino, come onda del suo respiro, descritto nelle forme che si
dinamizzano attraverso la sua persona. Come una apocalisse, la visione
dispiegata da Krisna mostra il destino delle anime e l’avvicendarsi dei
tempi. La visione ha lo scopo di mostrare il tempo dei mortali e il tempo
eterno, nella loro reciproca relazione. Krishna è l’Eterno, dove ogni
modificazione, che nel tempo è frammentata, avviene simultaneamente.
Vanno e ritornano dalla vita alla morte e di nuovo alla vita, coloro che con il
sacrificio agli antenati hanno versato le offerte scarificali, che rientrano
come il seme attraverso la pioggia. Chi ha colto la spinta ascensionale
all’Uno, invece, vedendolo attraverso il cielo fermo della rivelazione
divina, va verso l’immortalità. In Occidente, gli antichi veggenti
compresero questo duplice passaggio che informa la Natura della Grazia,
con la visione dei Solstizi: da un lato dell’anno solare è posta la porta degli
uomini, dall’altra la porta degli dei:
Il movimento verticale, quello che da sud volge a nord, che viene indicato
nello yoga come la via dei Siddha, ed è quello che il Sole si appresta a
compiere nel solstizio di inverno, perciò detto la Via degli Dei. Direzione
presieduta da Saturno, il vecchio Cronos, colui che divorava i suoi figli,
o il dio agricolo, che conserva i semi nel sottosuolo, come custodisce i
tributi dei cittadini nell’erario. Divora perché, al momento opportuno, il
seme possa dare frutto. Dissecca, perché il seme, per dare frutto,
deve prima morire, sepolto.
Plutarco che dice che Neith-Atena era identificata con Iside, il cui titolo
era Kore, tra i molti altri, e di cui scrive: «A Sais, nell’andito di Neith, che i
greci identificano con Atena, si trovava un’iscrizione in cui la Dea
esprimeva se stessa in questi termini: “Io sono tutto ciò che è stato e che
sarà, e nessun mortale ha sollevato la mia veste (cioè, ‘sono vergine’); il
frutto del mio grembo è il Sole”». Aion è una parola che mostra il midollo
vivo del mito e della teologia, Aion è il seme del vivente, di tutto ciò che
vive, il Protogonos, è padre e madre, abita il cosmo, lo emana senza
emanazione, lo è. Si trova nel “midollo”, come sede della vita, quindi “forza
vitale”, durata della vita umana, amplificata nella durata delle generazioni,
per raggiungere senza modificazioni al tempo illimitato, che scorre
incessante, l’eternità. È l’eternamente incarnato. Il luminoso invisibile
reggitore del vivente. Esiste nel manifestarsi, è pura manifestazione
di sé, avvolto nel serpente dello Zodiaco.
Lucas Cranach il Vecchio, Adorazione del Bambin Gesù da parte di San Giovanni Battista, circa 1530-40
Più che a noi, a cui siamo abituati a riferire tutto, si deve pensare che una
congiunzione interessa soprattutto coloro che stanno nascendo.
Riflettevo tra me che, nonostante la preoccupazione generale che si
proietta su questo evento, in sé non è paragonabile alla tensione
“esplosiva” di una congiunzione Urano-Saturno, ad esempio. E qualcosa
mi ha bisbigliato all’orecchio di verificare il tema natale di mio nonno
materno. Era del 1897. E lì trovo proprio la congiunzione Urano-Saturno
con cui facevo il paragone. Se l’anno in sé non presenta eventi particolari,
furono però proprio “i ragazzi del ’97” a partire per la Grande Guerra,
quelli nati sotto la congiunzione forse più pericolosa che si possa
identificare. Questo perché, di fronte ai grandi eventi, si deve spostare
l’attenzione al mondo più vasto attorno e dopo di noi, che è quello
strategicamente interessato ai fatti che si determinano in cielo. Noi
saremo certamente in cuor nostro chiamati a chiederci se abbiamo
fatto tutto quello che potevamo, e se abbiamo colto la voce del
destino-Saturno, e se l’abbiamo portata, nonostante debolezze e
ostilità, alla sua migliore espressione, proprio come Giove. Ma più di
questo non possiamo proiettare, perché il nostro futuro, di già nati, si trova
esattamente alle nostre spalle.
Infine ecco che tutto accade nell’Acquario, a rappresentare ciò che tutti
desideravano, l’Età dell’Acquario: adesso che ce l’abbiamo davanti non
sembra essere quello che si aspettava. Si presenta subito una stagione
fredda e solitaria, narcisistica e ipertecnologica, proprio come l’Acquario.
Opposta al calore leonino, dove ci si abbracciava felici, come animali
stretti nel proprio amorevole e feroce branco famigliare e locale — al
contrario l’Acquario come Ida e Pingala è il soffio freddo, intelligente, che
ama la distanza, tesse relazioni, ma non legami, conosce, studia, ma, non
poco, giudica, esclude, sceglie, discrimina. Ma questo è il respiro del
tempo, il flusso che scende e il soffio che sale. Noi siamo la “cosa”
che scende e che sale, il soffio immortale. Come semi da cui tutto
nasce e si espande.