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Dieta anti-infiammatoria per la

prevenzione del cancro


Silvia Petruzzelli

Lug 21, 2015 Posted by Silvia Petruzzelli Articoli, Auto-cura,


Dieta Antinfiammatoria, Il Cibo dell'uomo, Macrobiotica,
Prevenzione, top-news Berrino, Prevenzione

Vi riportiamo questa pubblicazione, i cui autori sono:

F. Berrino, A. Villarini, P. Pasanisi, E. Bruno, G. Gargano, G. Sardanu


G., P. Curtosi

L’infiammazione è una reazione di difesa dell’organismo contro


stimoli irritativi, ferite, o infezioni.

Nella sua descrizione classica l’infiammazione si manifesta con


arrossamento (rubor), aumento di temperatura (calor), tumefazione
(tumor), tutti fenomeni legati alla vasodilatazione e alla fuoriuscita di
globuli bianchi e di siero dal letto vascolare, con conseguente dolore
(dolor) e alterazione della funzione dell’organo. Si tratta della
cosiddetta immunità innata, cioè delle difese che non richiedono
una precedente esperienza di contatto con l’agente lesivo (come
richiede invece la risposta anticorpale, o immunità acquisita). La
reazione deve essere rapida, quindi comporta l’immediata
attivazione di alcuni geni e complesse reazioni a cascata che
amplificano la risposta. Inizialmente prodotti batterici (in particolare
lipopolisaccaridi) o sostanze rilasciate dai tessuti lesi reclutano i
leucociti che a loro volta rilasciano citochine che orchestrano
complessi processi riparativi locali e attivano anche la produzione di
mediatori da organi distanti (fegato).

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Fra i primi geni ad essere attivati nel processo infiammatorio vi sono
quelli dell’interleuchina 1β (IL-1) [1] e del fattore di necrosi tumorale
alfa (TNF-α) (Kornman KS Nutr 2004 20:44) che a loro volta
attivano il fattore di trascrizione NF-kB (Mantovani A 2008 Nature
454:436)[2]. La successiva “cascata infiammatoria” comporta il
rilascio di citochine infiammatorie, in particolare di interleuchina 6
(IL6), di molecole di adesione intercellulare (ICAM-1), del fattore di
crescita vascolare endoteliale (VEGF), e l’attivazione della ciclina D1,
di enzimi della degradazione della matrice extracellulare (matrix-
metalloproteasi-9, MMP-9), degli enzimi della sintesi delle
prostaglandine (ciclo-ossigenasi-2, COX2) e dei geni antiapoptotici
(BCL-2), nonché la immediata produzione di proteina C-reattiva
(CRP) e altre proteine “di fase acuta” da parte del fegato, e
l’aumento dei leucociti.

L’infiammazione è un meccanismo fondamentale per la


riparazione dei tessuti, ma il prolungamento di uno stato
infiammatorio è tutt’altro che benefico. Anche il lieve stato
infiammatorio cronico associato alla sindrome metabolica e in
generale all’eccesso di calorie che caratterizza la nutrizione nei
paesi occidentali ricchi (Hotamisligil GS Nature 2006, 444:860)
favorisce la comparsa di patologie croniche quali il diabete, le
malattie cardiovascolari, la demenza di Alzheimer e i tumori maligni.
L’induzione di proliferazione cellulare da parte di IL6 e di crescita dei
vasi sanguigni stimolata dal VEGF, in particolare, può favorire lo
sviluppo di tumori. La connessione fra infiammazione e tumori
dipende da due vie principali, una estrinseca, e una intrinseca
(Mantovani A 2008 Nature 454:436). La prima dipende da malattie
infiammatorie quali la gastrite cronica da Helicobacter Pilori, le
epatiti virali, l’infestazione vescicale da Schistosoma hematobium , o
da malattie autoimmunitarie come la celiachia, o dalle malattie

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infiammatorie croniche dell’intestino, tutte condizioni associate ad
un aumentato rischio di cancro. La seconda da alterazioni genetiche
con attivazione di oncogeni (ad es. RET, RAS e MYC) responsabili
sia della neoplasia sia dell’infiammazione, in assenza di cause
infiammatorie indipendenti. Sta di fatto che in quasi tutti i tumori
sono presenti cellule e mediatori dell’infiammazione.

Le persone con stato infiammatorio cronico, diagnosticabile con


la concentrazione plasmatica di CRP, hanno un maggior rischio di
ammalarsi di cancro del colon (Erlinger TP et al Jama 2004,
291:585; Helzlsouer KJ, et al. Eur J Cancer 2006, 42: 704) e
probabilmente di altri tumori, inclusi carcinomi dell’ovaio (Siemes
C, J Clin Oncol 2006, 24: 5216)[3], mesoteliomi e carcinomi del
polmone associati a pneumoconiosi.

Anche lo stimolo irritativo causato dalla crescita di un tumore


causa infiammazione. Lo scopo è quello di contrastare la
crescita e riparare i tessuti danneggiati, ma può essere
controproducente perché le sostanze prodotte dalle cellule
dell’infiammazione (le citochine infiammatorie) stimolano la
proliferazione cellulare, e possono promuovere la crescita del
tumore. Le persone che per vari motivi devono prendere farmaci
anti-infiammatori quotidianamente per molti anni si ammalano meno
di alcuni tipi di tumori, in particolare dell’intestino (Chan AT 2007
New Engl J Med 356:2131). Lo stimolo infiammatorio può essere
attivato anche da molecole endogene quali quelle del colesterolo
LDL ossidato, o la proteina beta-amiloide, che per la loro
persistenza possono cronicizzare il processo infiammatorio, e
favorire patologie quali aterosclerosi e morbo di Alzheimer.

Pare utile, quindi, ridurre gli stimoli infiammatori, e molto si può


fare con la dieta.

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L’alimentazione è strettamente connessa alle difese
immunitarie: da un lato la fame e la malnutrizione proteica
sopprimono le funzioni immunitarie e aumentano la suscettibilità alle
infezioni, dall’altro l’ipernutrizione e l’obesità determinano
un’attività immunitaria aberrante che favorisce la comparsa di
malattie infiammatorie croniche come il diabete, l’aterosclerosi,
le broncopneumopatie croniche, la steatosi epatica non
alcolica, e vari tumori.

La cosa più importante è ridurre i cibi che favoriscono


l’infiammazione.

I principali cibi pro-infiammatori sono i cibi di provenienza animale


(eccetto il pesce), in particolare i prodotti animali ricchi di grassi
(carni, insaccati, uova, formaggi). La ragione è che le carni
(bianche e rosse) e i formaggi sono ricchi di acido arachidonico,
da cui l’organismo sintetizza le prostaglandine infiammatorie.
Le carni conservate, inoltre, possono favorire l’infiammazione
perché addizionate di nitriti. Più studi hanno evidenziato
l’associazione di alti livelli ematici di mediatori dell’infiammazione
(CRP, sICAM, IL-6, E-selectina, omocisteina) con pattern alimentari
caratterizzati da carni, carni conservate, uova, patatine fritte, snack
salati, grassi idrogenati, formaggi grassi, dolciumi, bevande
zuccherate, pizza, farine raffinate, mentre pattern con cereali
integrali, frutta secca, verdura verde, frutta, tè, sono associati a
livelli bassi (Nettleton JA,Am J Clin Nutr. 2006;83:1369-79;
Esmaillzadeh A,J Nutr. 2007;137:992-8)[4]. Un pattern alimentare
“occidentale” è stato recentemente riscontrato associato a un
rischio di recidive fino a tre volte superiore in pazienti operati di
carcinoma del colon in stadio localmente avanzato (Meyerhardt JA
2007 JAMA 298:754)

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Condizioni importanti che favoriscono l’infiammazione sono il
soprappeso (la persone grasse sono più soggette a malattie
infiammatorie) e il diabete ( i diabetici soffrono più frequentemente
di infezioni).

Ci sono sempre più prove, d’altro canto, che l’infiammazione


contribuisce all’insorgenza della resistenza insulinica e quindi
del soprappeso e del diabete [5](Shoelson 2006 J Clin Invest
116:1793; Wellen KE & Hotamisligil GS 2005 J Clin Invest 115:1111;
Cani PD 2007 Diabetes 56:1761) e la resistenza insulinica
favorisce la comparsa di tumori aumentando la biodisponibilità
di ormoni sessuali e fattori di crescita (Berrino F 2006 Ann NY
Acad Sci 1089:110).

Conviene quindi ridurre i cibi ad alta densità calorica e in


particolare eliminare lo zucchero e i cibi che lo contengono,
soprattutto le bevande zuccherate, i dolci commerciali, i cereali
zuccherati per la colazione, e in generale ridurre i cibi ad alto
indice glicemico ed insulinemico e ridurre le fonti di grassi
saturi (carni rosse, salumi e latticini), che ostacolano il buon
funzionamento dell’insulina. La glicosilazione delle proteine è causa
di infiammazione; queste molecole attivano i recettori RAGE
(receptors of advanced glication endproducts) che a loro volta
attivano NF-kB (Bengmark J Parenter Enteral Nutr. 2007 31:430 *).

Patate, patatine, pane bianco, riso bianco e snack e cibi


preparati con farina 00 sono controindicati per l’alto indice
glicemico. Le persone con una dieta ad alto indice glicemico hanno
più alti livelli di proteina C reattiva (Levitan EB, Metabolism.
2008;57:437. Liu S, Am J Clin Nutr. 2002;75:492).

Può essere utile evitare tutti gli alimenti che contengono glutine,

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cioè soprattutto grano tenero ma anche grano duro, farro, orzo,
segale e avena.

Ci sono testimonianze, ma non studi formali, che i vegetali della


famiglia delle solanacee (patate, pomodori, melanzane),
favoriscano l’infiammazione. La solanina, in particolare, avrebbe
l’effetto di scatenare il dolore in alcune persone. Comunque, mentre
una dieta ricca di verdura è associata a una ridotta concentrazione
di CRP, due studi sperimentali non hanno visto un cambiamento
significativo della CRP e altri mediatori dell’infiammazione dopo un
mese di assunzione di pomodori o succo di pomodoro (Blum A, Clin
Invest Med. 2007;30:E70-4; Riso P,J Agric Food Chem.
2006;54:2563-6)

E’ utile inoltre assumere cibi con proprietà anti-infiammatorie.

Il cereale più indicato per una dieta anti-infiammatoria è il riso


integrale (Wang O et al Asia Pac J Clin Nutr. 2007; Suppl 1:295), sia
perché contiene specifiche sostanze (non presenti nel riso bianco) –
in particolare il polifenolo tricina [6]– che contrastano la sintesi di
prostaglandine infiammatorie e di leucotrieni (*un’altra famiglia di
molecole dell’infiammazione imparentate alle prostaglandine), sia
perché con un’alimentazione prevalentemente a base di riso
integrale si riducono tutti gli stimoli infiammatori potenzialmente
presenti in altri cibi.

Quando c’è uno stato infiammatorio acuto consigliamo, in


effetti, di mangiare solo riso integrale per alcuni giorni o alcune
settimane, eventualmente condito con un po’ di gomasio o di
semi di zucca.

Per evitare eventuali irritazioni causate dalle fibre, in particolare in


caso di infiammazioni del tubo digerente, consigliamo inoltre di

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mangiare il riso integrale sotto forma di crema di riso (riso molto
cotto passato al setaccio per eliminare le fibre). Se è presente
un’infiammazione del tubo digerente è bene addensare la crema di
riso con l’amido del kuzu (da sciogliere a freddo e aggiungere alla
crema in ebollizione, un cucchiaino per ogni tazza di riso). Ciò aiuta
a ridurre la permeabilità intestinale a sostanze incompletamente
digerite, che favoriscono stimolazioni immunitarie inappropriate, che
portano a infiammazione intestinale, allergie alimentari (Crowe SE
gastroenterology 1992:1075), e possono favorire il morbo di Crohn
(Soderholm JD Gastroent 1999:65) e in generale le malattie
autoimmuni.

Il riso integrale fermentato con il fungo koji (aspergillus oryzae),


lo stesso usato per la produzione del miso, è in grado di ridurre
significativamente le ulcere nella colite sperimentalmente indotta nel
topo (Kataoka K Dig Dis Sci 2008: 1601). Si tratta dell’amasake, un
dolcificante disponibile commercialmente, contenente
prevalentemente maltosio (35%) e destrine, ma anche fruttosio e
glucosio, sali minerali, fibre e vitamine del gruppo B. Anche l’orzo
fermentato ha un potente effetto protettivo nei confronti della
colite sperimentale dei ratti, più efficace della sulfasalazina
(Kanauchi O Gastroenterol 1998:179).

Estratti di riso nero somministrati a pazienti coronaropatici hanno


aumentato significativamente la capacità antiossidante totale del
plasma , e ridotto la concentrazione di s-VCAM-1 e di proteina
reattiva C (hs) (Wang Q, Asia Pac J Clin Nutr 2007 suppl 1:295).
Sostituendo nella dieta di pazienti coronaropatici il riso bianco con
riso integrale e creme di legumi si riduce la perossidazione lipidica e
l’omocisteina (oltre alla glicemia e l’insulinemia) (Jang, Arterioscler
Thromb Vasc Biol 2001: 2065).

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Utili per ridurre l’infiammazione sono anche gli alimenti ricchi di
grassi di tipo omega-3, in particolare il pesce grasso (come il pesce
azzurro o i pesci dei mari freddi), ricchi di una sostanza – l’acido
eicosapentaenoico – da cui l’organismo sintetizza le prostaglandine
anti-infiammatorie[7]. Anche molti vegetali di non comune consumo
contengono omega-3 – l’acido alfa-linolenico, che nel nostro
organismo può essere trasformato in eicosapentaenoico. Ne sono
ricchissimi i semi di lino, l’erba porcellana (portulaca oleracea), e,
in grado minore, varie altre erbe selvatiche, le noci, la soia, i semi di
zucca. Si può assumere anche olio di lino, ma solo se è fresco,
appena spremuto, perché si altera all’aria e alla luce. Se si vuole
mangiare una gallina o un uovo, meglio limitarsi a polli che vivono
liberi in campagna e mangiano erbe selvatiche ricche di omega-3
(condirli con curcuma, cumino, origano e cannella).

Gli oli di semi, invece, ricchi di acido linoleico- il precursore ω-6


dell’acido arachidonico – non sono raccomandati. Può andare bene,
in piccole quantità, l’olio extravergine di oliva e l’olio di riso.

Il consumo di frutta e verdura è associato a più bassi livelli


plasmatici di proteina reattiva C (CRP) (Gao X J Nutr 2004: 913;
Watzl B AJCN 2005:1052).Il contenuto antiossidante totale della
dieta è significativamente associato a più bassi livelli di PCR
(Brighenti 2005 Br J Nutr 93:619, Valtuena 2008 Am J Clin Nutr
87:1290)

Ci sono poi specifiche sostanze vegetali con attività anti-


infiammatoria[8] che conviene assumere, meglio in quantità
moderata perché eccessi potrebbero avere effetti paradosso:

La curcuma – un ingrediente del curry – usata da millenni


come anti-infiammatorio nella medicina ayurvedica e nella

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medicina cinese [9]
Lo zenzero [10]
I mirtilli e, in grado minore, altri frutti di bosco e le prugne,
ricchi di antocianine
La borragine, contenente l’acido gamma-linolenico, anch’esso
precursore di prostaglandine anti-infiammatorie
La frutta e le verdure ricche di flavonoidi, come le cipolle,
specie le rosse, ricche di quercetina, che vanno però
accuratamente “yanghizzate“ (appassite soffriggendole a
lungo in poco olio) per eliminare i composti solforati volatili, le
mele (che consigliamo di cuocere con il kuzu), anch’esse
abbastanza ricche di quercetina, e i prodotti tradizionali di soia,
ricchi di isoflavoni come la genisteina[11]
L’uvetta sultanina[12]
Le crocifere, ricche di isotiocianati[13]
Il tè verde [14]
Il cioccolato nero[15], ma non più di 10 g al giorno
La vitamina E – presente nei cereali integrali, nell’olio
extravergine di oliva[16] e negli oli di semi spremuti a freddo
La vitamina D [17]

Queste osservazioni sono coerenti con i risultati delle


sperimentazioni cliniche controllate hanno dimostrato che la dieta
mediterranea fa regredire la sindrome metabolica e la
concentrazione plasmatica di mediatori dell’infiammazione
(Esposito), che una dieta ipocalorica e a basso indice glicemico
previene il diabete (Tuomilheto), che una dieta ispirata alla
filosofia macrobiotica riduce l’insulinoresistenza e la
biodisponibilità di ormoni sessuali e fattori di crescita (Berrino;
Kaaks), che una restrizione del consumo di grassi associata a
perdita di peso riduce le recidive del carcinoma mammario

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(Klebowski), e con gli studi osservazionali che hanno mostrato che
la sindrome metabolica, oltre al rischio di diabete e di malattie
cardiovascolari, aumenta il rischio di cancro del colon (Giovannucci)
e della mammella (Agnoli), che la restrizione calorica senza
malnutrizione riduce l’infiammazione e il livello plasmatico di fattori
di crescita (Fontana), che un pattern alimentare simil mediterraneo
riduce drammaticamente il rischio di diabete (Hu 2001 NEJM), di
malattia coronarica (Stampfer 2000 NEJM) e significativamente il
rischio di cancro del colon (Platz 2000 CCC) e della mammella
(Wu), che la sindrome metabolica aumenta il rischio i recidive nel
cancro della mammella (Pasanisi), che i livelli di insulina o C-peptide
e di fattori di crescita aumentano il rischio di recidive sia nel cancro
della mammella (Goodwin; Pasanisi) sia nel cancro del colon
(Meyerhardt).

[1] L’IL-1 attiva la cicloossigenasi di tipo 2 e la ossido nitrico (NO)


sintasi , aumentando l’espressione di prostaglandine E2 e di NO.
Quando la IL-1β interagisce con il recettore per IL-1 di tipo 1, si attiva
l’espressione di altri mediatori fra cui la IL6. Certi polimorfismi
genetici di IL-1 sono associati a più alti livelli di mediatori
dell’infiammazione (e a maggior rischi di Alzheimer e periodontiti).

Molte sostanze antinfiammatorie inibiscono la cicloossigenasi di tipo


2 e la ossido nitrico sintasi sopprimendo l’attivazione di NF-kB (Surh
Y MutR 2001:243).

[2] TNF-α e IL-1 attivano la chinasi IKKβ che fosforila IkB (l’inibitore
di NF-kB) attivando NF-kB, un fattore di trascrizione che a sua volta
attiva numerosi mediatori dell’infiammazione, fra cui anche TNF-α e
IL-1.

[3] Conditions associated with increased inflammation to the

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ovaries, such as ovulation (2,3), pelvic inflammatory disease (4),
endometriosis (5), polycystic ovary syndrome (6), exposure to talk
and asbestos (7) have been associated with increased risk of
ovarian cancer, whilst those reducing inflammation such as tubal
ligation (8), hysterectomy (9,10), or use of anti-inflammatory drugs
(11-13) confer protection.

[4] Pazienti operati di carcinoma del colon localmente avanzato con


uno stile alimentare ricco di verdure, cereali, legumi e povero di
formaggi carni, salumi, snack, patate e dolciumi hanno un rischio di
recidive due volte più basso. Il rischio di recidive inoltre è associato
ad alti livelli sierici di C-peptide, a bassi livelli di IGFBP-2 e alla vita
sedentaria (Meyerhardt **)

[5] TNF-α e IL-1 attivano JNK e IKKβ, che fosforilano in serina il


substrato 1 del recettore dell’insulina (IRS-1) impedendo l’azione
dell’insulina

[6] La tricina inibisce l’attività di COX-1 e COX-2 in preparati


ensimatici , la sintesi di PGE2 in culture cellulari e l’incidenza di
adenomi in tipi ApcMin (Cai H Mol Cancer Ther 2005:1287)

[7] Supplementi alimentari di ω-3 (Meydani SN JN 1991:547) e di α-


tocoferolo (Devaraj S Circulation 2000: 191) riducono IL-1. Gli ω-3
riducono il TNF-α in chi lo ha alto ma lo aumenterebbero in chi lo ha
basso (Grimble RF AJCN 2000: 2489)

[8] La curcumina del curry, l’epigallocatechina-3-gallata del tè, la


genisteina della soia, il resveratrolo dell’uva nera, la genisteina della
soia, la vitamina D, l’acido linoleico coniugato dei latticini prodotti
con il latte delle mucche che hanno pascolato in montagna (e dal
microbiota intestinale) e il butirrato prodotto dalla fermentazione
batterica delle fibre nell’intestino sopprimono l’espressione di COX-

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[9] sopprime l’attività della PGE2 (inibisce l’attivazione di COX-2 da


parte del TNF-α) e di NF-kB (previene la fosforilazione di IkB
inibendo l’attività di IKK). Curcumina, quercetina, genisteina,
sostanze antitumorali e antinfiammatorie non tossiche, inibiscono la
generazione di ROS inibendo lipoossigenasi, cicloossigenasi,
xantina deidrogenasi e NO sintasi inducibile, nonché la produzione
di NO indotta da IFN-γ nei macrofagi. La curcuma inibisce inoltre la
IL-12 (prodotta dai macrofagi, microglia e cellule dendritiche in
risposta a IFN-γ e ad altri ligandi, quali lipopolisaccaridi e CD40) e la
differenziazione di Th1 (CD4+ T-helper tipo 1), associate alle
malattie autoimmuni (Bright JJ Nutr 2004:39). Anche l’iperico
riduce la produzione di IL-12 (Kang BY Planta Med 2001:364).

[10] Estratti di ginger aumentano l’espressione di PPAR e


prevengono l’attivazione di NF-kB (Chung SV 2009 J Med Food
12:345)

[11] L’auraptene – un polifenolo della buccia (*?) degli agrumi – ha


anche proprietà anti-infiammatorie. I flavanoni (ad es l’esperidina
degli agrumi) non hanno invece proprietà anti-infiammatorie perché
mancano del doppio legame fra C2 e C3 (Comalada M, 2007
Biochem Pharmacol 72:1010) .

[12] Estratti di uvetta sultanina sopprimono la proliferazione cellulare


e diminuiscono la produzione di ICAM-1 in cellule stimolate da TNF-
α (Kaliora AC 2008 Nutr Cancer 60:792)

[13] Il solforafano e il fenetil-isotiocianato inibiscono l’attività


trascrizionale di NF-kB (in quanto inibiscono la fosforilazione di
IkB) (Xu C 2005, Oncogene 24:4486)

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[14] Estratti di tè verde contrastano l’iperespressione di TNF-α
indotta da una dieta arricchita di fruttosio (Cao H 2007 J
Inflammation 4:1) L’epigallocatechinagallata (EGCG) del tè verde
(Yang F JN 1998:2334) e la curcuma (Brennan P Biochem
Pharmacol 1998:965) riducono l’attivazione di NF-kB indotta da
TNF-α. EGCG riduce NF-kB nelle cellule Her-2/neu+ inibendo la
fosforilazione del recettore e quindi l’attivazione della via
fosfatidilinositolo3 chinasi/Akt chinasi) (Pianetti S CR 2002:652)

[15] Il consumo moderato (fino a 20 g tre volte alla settimana) di


cioccolato nero è associato a livelli significativamente più bassi di
PRC (di Giuseppe R 2008 J Nutr 138: 1939), verosimilmente
dipendente dal contenuto in polifenoli. La capacità antiossidante dei
polifenoli del cioccolato , tuttavia, è marcatamente ridotta
dall’aggiunta di latte, che interferirebbe con l’assorbimento
intestinale degli antiossidanti (Serafini M 2003 Nature 424:1013)

[16] L’olio di oliva ha ridotto IL-6 e PRC in un esperimento con


pazienti cardiopatici (Fitò M 2008 Eur J Clin Nutr 62:570

[17] potenzia l’effetto oncosopressore del TGF-β, che attiva la 15-


PGDH (prostaglandine deidrogenasi), in particolare in presenza di
genisteina, che inibisce CYP24, che degrada la Vitamina D (Lechner
D 2006 Anticancer Res 26:2597

Articolo riproducibile citando la fonte con link al testo originale


pubblicato su Il Cibo della Salute di Silvia Petruzzelli.

Dopo una pluriennale esperienza in aziende multinazionali, decido di


cambiare vita per ritrovare me stessa. Lascio la carriera per tornare

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alla natura, ad una vita semplice. Intraprendo quindi gli studi di
Naturopatia. Affascinata dalla Medicina Tradizionale Cinese,
proseguo con il percorso di Shiatsu, approfondendo
successivamente i principi energetici del cibo attraverso lo studio e
la pratica dell’Alimentazione Naturale Macrobiotica, in Italia e
all'estero. Per migliorare le tecniche di cucina, seguo i corsi di Alta
Cucina Naturale presso il Joia Academy, fondata dal maestro Pietro
Leemann. Coautrice dei libri Il Cibo della Gratitudine, ho collaborato
alla stesura del libro Medicina da Mangiare di Franco Berrino,
curando la parte relativa alla prevenzione e contribuendo con
numerose ricette di “Cibo Medicina”. Ho fondato questo blog
http://www.ilcibodellasalute.com allo scopo di divulgare uno stile di
vita sano, consapevole e sostenibile. Esperta di cucina macro-
mediterranea, cucino (insieme a mio marito Claudio Grazioli) ed
offro supporto per chi voglia migliorare il proprio benessere
attraverso l'alimentazione. Sono Docente di Alimentare Naturale
Macrobiotica e MTC presso l'Associazione Chicco di Riso, gestisco
(insieme a Claudio) il B&B biologico Il Melograno Nano, a Barga
(LU). Conduco corsi teorici e pratici su tutto il territorio nazionale (e
anche all'estero), fornendo suggerimenti e ricette sull'alimentazione,
divulgando uno stile di vita sano e gustoso, allo scopo di
sensibilizzare e promuovere la cultura del cibo sano e della
sostenibilità ambientale. Cerco di approfondire costantemente le
tematiche dell'alimentazione, attraverso lo studio di Alimentazione e
Gastronomia (a livello universitario) e Alimentazione Energetica
(Dietetica in Medicina Tradizionale Cinese). Il mio sogno? Poterci
avviare verso una Consapevolezza, ovvero la via per ritrovare noi
stessi, per vivere in armonia con la natura, imparando ad essere
artefici della nostra vita e del nostro destino. Per essere in salute,
liberi, felici.

http://www.ilcibodellasalute.com/dieta-anti-infiammatoria-per-la-prevenzione-del-cancro/ 31/03/20, 15:01


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