Sei sulla pagina 1di 3

Nascita e sviluppo[modifica | modifica wikitesto]

Ci sono innumerevoli aspetti nella complessa relazione tra cani e cavalli che sono stati cruciali per
entrambe le specie. I cavalli si originarono in America molti millenni fa, e alcuni fecero il viaggio
attraverso lo stretto di Bering verso l'Asia e l'Europa dove la specie crebbe florida. Gli uomini
cominciarono a cacciarli e scoprirono che erano un'ottima fonte di nutrimento. Alcuni disegni nelle
grotte di oltre 20000 anni fa in posti come Alta Mira provano la loro esistenza, anche se non erano
ancora usati per lavorare. Un eccellente esempio di come i cavalli potessero rivoluzionare la società è
l'improvvisa acquisizione dei cavalli dagli Indiani dopo la ribellione di Santa Fe nel 1680.
Pur essendoci controversia riguardo alla data esatta in cui i cavalli sono stati addomesticati e montati
per la prima volta, la stima data questo passaggio nel 3500 a.C. Sono state trovate prove che dal 3000
a.C. circa, vicino ai fiumi Dneper e Don, gli uomini hanno cominciato a usare il morso sui cavalli, poiché
uno stallone che era stato seppellito mostrava segni ai denti. Alcuni libri sacri lasciano pensare che i
cinesi montassero già nel Ventunesimo secolo a.C. Gli imperatori cinesi utilizzarono per la prima volta
la cavalleria tra l'esercito all'epoca di Kao Ti (Gaodi), fondatore della dinastia Han, intorno al 200 a.C.,
come soluzione alle enormi perdite subite dai grandi eserciti a cavallo delle popolazioni nomadi
provenienti dalle steppe del Nord. I cinesi assunsero da loro l'utilizzo di sella e staffe, che erano state a
loro volta introdotte in India nel Primo secolo a.C. come anello per alluce.
Le prime testimonianze di cavalli montati sono le descrizioni mitiche dell'esercito delle Amazzoni e dei
gruppi di cavalieri del re etiope Memnone. I greci per secoli non ebbero conoscenza dell'equitazione. Il
cavallo divenne un animale addestrabile solo quando, o per caso o in seguito a un ragionamento,
scoprirono che poteva essere sottomesso utilizzando un pezzo di metallo (morso) posizionato nella
bocca tra la mascella superiore e quella inferiore dove non sono presenti i denti. I numerosi morsi
trovati durante gli scavi archeologici eseguiti tra il 1906 e il 1912 sull'altopiano dell'Anatolia
centrale sono molto simili a quelli utilizzati nell'era moderna. Grazie al morso si poté domare il cavallo e
l'uomo poté guidarlo. Furono necessari molti secoli per riuscire a creare gli attrezzi necessari per
montare a cavallo: la sella, la ferratura e le staffe. La prima sella era una coperta ornamentale a cui
gli Assiri, tra l'Ottavo e il Settimo secolo a.C. attaccarono un'antenata della staffa. Gli altorilievi assiri
trovati a Nimrud (Iraq) aiutano gli esperti a confermare l'esistenza dei rudimentali attrezzi e la posizione
dei cavalieri in sella. Il cavallo portava una gualdrappa ampia e spessa sotto a una pelle di leopardo
utilizzata per ammorbidire la seduta del cavaliere. Al collo del cavallo era presente un collare, per
aiutare il cavaliere a stare in equilibrio a tutte le andature. La sella è mantenuta in posizione sul cavallo
da un pettorale, mentre le redini sono tenute basse da un contrappeso che impedisce che si muovano
troppo. Il cavaliere in sella ha la coscia nuda, ma le gambe fasciate da protezioni in cuoio sopra il
ginocchio e lungo lo stinco, simili alle ghette utilizzate modernamente.
Gli scavi archeologici riportarono alla luce molte carrozze datate intorno al 2500 a.C., dando una prova
maggiore che i cavalli venivano usati per lavorare. I carri venivano usati come armi da guerra, ma
furono sostituiti dall'uso degli equini come cavalleria leggera o pesante. Gli equini ebbero un ruolo
importante attraverso la storia umana globale, sia in guerra sia in lavori pacifici come il trasporto, lo
scambio e l'agricoltura, con l'aiuto di carrozze o di altri mezzi. L'equitazione è una delle attività più
antiche a cui si è dedicato l'uomo. Nel 1834 l'archeologo francese Charles Texier scoprì, sull'altopiano
dell'Anatolia centrale, le rovine di Khattushash, la capitale dell'Impero Ittita, che si estendeva su 120
ettari. All'interno di questa enorme area sorgeva il luogo dove erano situati il palazzo imperiale, gli
edifici pubblici, i magazzini e gli archivi, simili a biblioteche, in cui erano conservati migliaia di
documenti statali incisi su tavolette d'argilla in caratteri cuneiformi. Proprio in questi posti, durante degli
scavi eseguiti tra il 1906 e il 1912 dalla Società orientalista tedesca sotto i comandi dell'esperto Hugo
Winckler, furono trovate, tra tutti i reperti, quattro tavolette d'argilla, poi datate attorno al 1500-1440
a.C., con 946 righe incise sui due lati: esse contenevano un insieme di regole sull'allenamento dei
cavalli.
L'opera fu dedicata al re Suppiluliumas I il Grande e scritta da Kikkuli, parte del popolo dei mitanni che
fu in seguito integrato a quello degli ittiti. Questo documento, che è stato intitolato “L'arte di governare e
allenare i cavalli” dagli esperti, costituisce la prima testimonianza scritta sinora rintracciata
sull'allenamento dei cavalli; questo è un chiaro indizio dell'esistenza di una tradizione di allevamento
equestre ancora prima delle testimonianze dell'attività degli ittiti con i cavalli nell'area del Mediterraneo.
Le quattro tavolette costituiscono un vero e proprio 'manuale' con un programma basato su un ciclo di
180 giornate, con regole precise riferite alla preparazione di cavalli per utilizzarli con i carri da guerra.
Invece, il più antico e meglio noto manuale in cui è trattato anche il modo di montare a cavallo è
“Sull'equitazione” di Senofonte.
Viaggiare a cavallo ha reso possibile l'incontro di grandi imperi come la Persia, che si estendeva
dalla Turchia e l'Egitto fino ai confini dell'India fino alla sua distruzione da parte di Alessandro Magno.
I Persiani utilizzavano corrieri che facevano circa 2000 miglia di viaggio da Sardis a Susa in 7 giorni,
ma il loro sistema di messaggi aveva molte branche fino ai più remoti angoli dell'impero. La cavalleria
era spesso un fattore determinante nella vincita di battaglie strategiche che cambiarono il corso della
storia. L'incredibilmente veloce estensione della dominazione islamica e araba attraverso grosse parti
di Europa, Africa e Asia è stata resa possibile dai cavalieri che montavano cavalli arabi. La loro
avanzata era stata respinta solo dalla cavalleria dei franchi nella battaglia di Poitiers nella Francia
centrale dove le innovazioni recenti della staffa hanno avuto un ruolo decisivo. Quella battaglia e quelle
che seguirono respinsero i musulmani fuori dalla Francia. È stato l'intervento della cavalleria polacca
sotto Sobieski a salvare Vienna durante l'assedio del 1683 all'ultimo momento e a privare i turchi dello
strategico possesso dell'Europa centrale. I cavalli hanno aiutato l'uomo in altri modi oltre alla guerra, al
viaggio e al trasporto. Hanno infatti facilitato la caccia in molte parti del mondo, per esempio gli Indiani
d'America nella caccia ai bisonti. Un altro compito per cui i cavalli si sono adattati eccezionalmente e in
cui spesso si divertono, è lavorare con il bestiame. Sono inoltre quasi indispensabili per i pastori,
perfino nel Ventunesimo secolo.
Nella storia greca e romana chi sapeva equitare acquistava un valore aggiunto nelle società. Da allora
in poi il titolo di cavaliere divenne espressione di nobiltà, ma, nei secoli successivi, i nobili furono
costretti ad imparare l'arte di equitare per poter partecipare alla vita politica e militare.
L'approfondimento tecnico dell'arte di montare a cavallo fu ovviamente sempre appannaggio della
cavalleria e per questo motivo chi ha scritto libri di tecnica equestre (Federico
Grisone, Fiaschi, Pignatelli, Mazzuchelli, Caprilli, ecc.) è spesso collegato all'ambiente militare. Non vi è
altra attività dell'uomo in cui, nel corso dei secoli, siano stati scritti tanti testi di approfondimento. Ma il
rapporto che si stabilì nei secoli tra uomo e cavallo, si modificò gradualmente nell'ultimo periodo storico,
da quando cioè il motore a scoppio trasformò il modo di viaggiare e il modo di fare la guerra. Dal
Novecento in poi l'equitazione perse la propria importanza utilitaristica e si trasformò in attività
esclusivamente ludico-sportiva. Nell'Italia della prima metà del Novecento, si segnalò l'opera del
conte Paolo Orsi Mangelli, con la sua celeberrima scuderia.
I cavalli più antichi e famosi sono i mustang, discendenti dai cavalli scappati agli spagnoli.
Nel XVII e XVIII secolo alcuni di questi cavalli scapparono e si moltiplicarono nelle grandi pianure fino
ad arrivare a diversi milioni. I predatori raramente riuscivano ad ucciderli perché erano veloci, avevano
un udito fino, un eccellente olfatto e potevano sferrare calci molto potenti. Secondo J. Frank Dobie, nel
suo libro “Mustangs”, alcuni di questi cavalli andavano perfino a caccia di lupi e leoni di montagna per
ucciderli. In Australia esistono animali simili conosciuti come “brumbies”, resi famosi dal poema
di Banjo Patterson, “L'uomo del Fiume Nevoso”, di cui esiste una riduzione cinematografica. La storia di
paesi come Wyoming, Arizona, Utah e Texas deve molto allo sviluppo della monta. Le mandrie, che
erano essenziali per la loro economia, non sarebbero state controllabili senza l'uso dei cavalli e quelli
selvaggi fornivano un'abbondante risorsa. Nello stesso tempo la superba cavalleria di tribù
come Comanche e Sioux ha decisamente ritardato l'insediamento degli europei. Molti sport equini
praticati modernamente derivano da compiti necessari dei cavalieri del passato. Un esempio è
il dressage, che deriva dalle manovre di battaglia come il “capriole”, un salto sul posto con un calcio dei
posteriori, che doveva essere devastante per i soldati a terra che lo circondavano. Rodei, caccia alla
volpe, reining, team penning, tent pegging, combattimento con i tori, buzkashi, salto
ostacoli e polo sono altri esempi. Oltre a questi ci sono le corse, lo sport dei re, seguito da milioni di
persone in tutto il mondo e dove il giro economico per scommesse è molto ampio.

Sviluppo dell'equitazione moderna[modifica | modifica wikitesto]


Per la prima volta nel Medioevo il cavallo cominciò a essere utilizzato anche per fini agonistici e di
piacere, come si fa modernamente. Montare a cavallo per piacere diventò ordinario per l'aristocrazia,
ed allenarsi divenne velocemente un obbligo per tutti gli aristocratici. Il principale sport a cavallo
divennero i tornei, che non solo richiedevano cavalli bene addestrati, ma soprattutto l'abilità dei cavalieri
nel condurre il proprio destriero. Nel Rinascimento in molte corti d'Europa nacquero le prime scuole
d'equitazione ufficiali dove uno o più maestri erano al servizio dei cortigiani. Questi esperti non
insegnavano soltanto equitazione, ma anche l'uso delle armi, la danza, la musica, la pittura e la
matematica. La prima scuola fu l'Accademia di Napoli, che divenne più famosa nel Sedicesimo secolo
grazie a Giovan Battista Pignatelli, attirando allievi da tutta Europa. Quest'uomo napoletano divenne un
esperto, superando tutti i suoi compagni sia nel cavalcare che nell'addestrare cavalli e cavalieri[1]. Fu lui
il fondatore dei primi maneggi a Napoli, chiamati "cavallerizze". Non si hanno notizie precise dell'attività
d'autore di Pignatelli, ma è certo che, attraverso la sua opera di maestro, Napoli si confermò in quel
periodo come il centro della nascita dei principi dell'equitazione e della nuova cultura che cominciava a
formarsi attorno al cavallo. La nobiltà di tutta Europa si recava in questa città per imparare quest'arte.
La fama di Pignatelli fu talmente grande che, sino al Seicento inoltrato, per evidenziare la propria
bravura i cavallerizzi più famosi si vantavano di aver ottenuto un allenamento equestre alla scuola del
gentiluomo napoletano o dei suoi allievi. Lo stesso Luigi XIII imparò l'arte di montare a cavallo
da Antoine de Pluvinel, uno degli alunni di Pignatelli[2].
Per tutto il Cinquecento e fino all'Ottocento in tutti i palazzi reali e le corti si poteva trovare un
cavallerizzo che insegnasse al signore e alla sua corte l'arte dell'equitazione. Claudio Corte, nobile
pavese che aveva imparato l'arte dell'equitazione a Napoli, divenne cortigiano di Elisabetta I
d'Inghilterra. Pirro Antonio Ferraro invece venne ospitato alla corte di Filippo II di Spagna. Oltre a questi
luoghi, le accademie divennero, durante il periodo del Rinascimento e il Seicento, centri di allenamento
per le tecniche di equitazione. Le più famose furono l'Accademia cavalleresca di Udine (1609),
l'Accademia dei cavalieri del Sole di Pavia, ma soprattutto la Stella di Messina e la Delia di Padova.
Erano luoghi esclusivi, dedicati solo a cavalieri e aristocratici, per questo era necessario non essere
parte di nessuna “arte o mercanzia”. Lo scopo dei nobili era avere un luogo dove potevano esercitarsi a
combattere e a montare a cavallo per poter essere officialmente riconosciuti come cavalieri.
A Palermo il viceré don García di Toledo si fece protettore di un'accademia di cento cavalieri che, oltre
a combattere nelle guerre, partecipavano a tornei e altri momenti di divertimento. Da questi luoghi si
diffuse l'arte dell'equitazione in tutta Europa. Grazie a tale espansione in Francia, in Austria,
in Spagna e in altri paesi nacquero scuole che adoperavano nuove tecniche: la Scuola di equitazione
spagnola di Vienna (1729) e il Cadre Noir di Saumur (1825), come istituzioni di Stato, sono
probabilmente gli ultimi eredi dell'equitazione accademica nata durante il Rinascimento in Italia.
In Francia il fondatore della prima scuola di equitazione moderna fu François Robichon de la
Guérinière, scudiero di Luigi XV, che aprì un'accademia a Parigi nel 1715 e diresse il maneggio delle
Tuileries dal 1730 fino alla propria morte. Scrisse inoltre un'opera chiamata “L'école de cavalerie”, la
scuola di cavalleria, che parlava dei metodi e delle tecniche da lui utilizzate per insegnare l'equitazione.
Ispirata da questo libro nacque quindi la Scuola spagnola di Vienna.
Nel Diciannovesimo secolo l'addestramento dei cavalli si focalizzò sull'utilizzo del cavallo per scopi
militari: i cavalieri e i cavalli erano utilizzati per attraversare la battaglia velocemente, superando
facilmente il terreno irregolare, riunendosi in gruppo e separandosi rapidamente per sfuggire al fuoco
dei nemici. L'equitazione istintiva, nata dai popoli nomadi, ritrovò popolarità a contrasto con la rigidità
accademica. La preparazione del cavallo per scopi militari, la base delle attività sportive praticate nel
Ventunesimo secolo, divenne lo scopo principale. Oltre allo sport e al divertimento si sviluppava,
soprattutto oltre Manica, la caccia a cavallo e la monta di questi animali in grandi spazi aperti come
prati o foreste.

Potrebbero piacerti anche