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La fisica della bicicletta

Manubrio Cinelli di bici da corsa

Reggisella in carbonio e sella ergonomica moderna di bici da corsa

Ruote per bici da corsa

Freno a pattino
Meccanica

La bicicletta è una macchina che trasforma l'energia muscolare in energia cinetica: durante il
movimento della pedalata viene infatti applicata sui pedali una coppia di forze che vengono
trasferite e amplificate, a mezzo delle pedivelle che fungono da leva, al movimento centrale. Così
facendo si genera una rotazione dell'asse del movimento centrale: questo, una volta in movimento,
con dei vincoli meccanici trasferisce il momento risultante alla corona anteriore che la trasferisce
alla catena. La catena applica una coppia di forze ai rapporti posteriori, mettendoli in rotazione. Gli
ingranaggi, essendo vincolati alla ruota posteriore, producono il movimento di rotolamento o
avanzamento sul terreno di appoggio. L'energia è trasferita infine a tutto il telaio e alla ruota
anteriore attraverso dei vincoli meccanici, come per esempio la forcella anteriore.

La bici ha un rendimento maggiore della corsa a piedi perché, a livello logico-meccanico, è


intrinsecamente una leva costituita dal movimento della pedivella (il braccio della leva), a cui è
agganciato il pedale, attorno al perno del cosiddetto movimento centrale della pedalata. A differenza
della corsa, dove parte dell'energia meccanica è spesa per vincere la forza di gravità, nella bicicletta
gran parte del movimento è trasmesso in avanti in maniera molto più efficiente. Tuttavia questi
vantaggi, per concretizzarsi in una superiorità della bici rispetto alla corsa, necessitano di una
“strada”, ossia di un terreno con determinate prerogative di liscezza e “sinuosità”.[6]

L'equilibrio

«Le persone sono come le biciclette: riescono a mantenere l'equilibrio solo se continuano a
muoversi»
(Albert Einstein)

La bici si (auto)stabilizza, controbilanciando la componente della gravità, grazie all'angolo di


inclinazione del vincolo della ruota rispetto alla perpendicolare (rispetto al suolo) (la proiezione
dello sterzo sul terreno (avancorsa) deve risultare più avanti rispetto al centro della ruota), alla
distribuzione del peso delle parti anteriori che sono poste più in avanti rispetto all'asse sterzante e
alla precessione dell'effetto giroscopico della ruota anteriore che tende a farla sterzare in maggior
grado, facendo così intervenire i due fattori precedenti (avancorsa e distribuzione dei pesi delle
parti anteriori); affinché quest’ultimo effetto sia sufficiente a instaurare il regime di (auto)equilibrio
della bicicletta, occorre che si generi un adeguato momento angolare, ossia che la velocità di
rotazione della ruota anteriore sia superiore a un valore minimo.[7] Una ricerca ha mostrato che
dilettanti e ciclisti esperti mantengono l'equilibrio in maniera diversa quando sono in bici.[8]

I consumi energetici
L'immagine rappresenta le varie componenti della potenza necessaria per far avanzare una bicicletta
a velocità crescente lungo una pendenza del 5%. In blu è rappresentata la potenza impiegata per
vincere la resistenza dell'aria, in giallo quella per salire lungo il piano inclinato, in rosso quella per
vincere la resistenza al rotolamento e in verde quella necessaria per accelerare.

Esempio di guarnitura con pedivelle e corona

Movimento centrale

Sede del movimento centrale


Pedale

L'energia necessaria per far avanzare la bicicletta (fino ai 10–20 km/h), su strada piana e in assenza
di vento, è prevalentemente quella necessaria a vincere gli attriti meccanici, da tenere in
considerazione che l'attrito volvente degli pneumatici è molto variabile a seconda della tipologia del
mezzo e quindi dei pneumatici, in quanto per le biciclette da montagna si ha un valore di
coefficiente di attrito volvente pari a circa 0,13, che scende fino a 0,0034 per le biciclette da corsa.
Alla velocità di circa 18–20 km/h la resistenza aerodinamica, che cresce col quadrato della velocità,
non è più trascurabile e diventa di gran lunga preponderante al crescere della velocità il coefficiente
di resistenza aerodinamica moltiplicato per la sezione frontale. In linea di massima si ha un
coefficiente aerodinamico per area frontale pari a 0,276 per le biciclette da montagna che decresce
fino a 0,193 per le bici da corsa[9]. A influenzare la velocità ci sono vari fattori come la condizione
del fondo stradale, la sezione dei copertoni, la resistenza aerodinamica, ecc. In generale con il
diminuire della sezione delle coperture diminuisce la resistenza e a parità di potenza aumenta la
velocità.

La pressione delle coperture ha grande importanza: solitamente le coperture riportano la pressione


consigliata di gonfiaggio, al di sotto della quale le prestazione decadono e la copertura si rovina. Il
vento favorevole o sfavorevole, per quanto flebile, influenza notevolmente le prestazioni.
Analogamente è importante la superficie frontale del ciclista che è causa della resistenza
aerodinamica per attrito con l'aria. La posizione tenuta da chi va in bicicletta influenza molto la
resistenza aerodinamica, così come anche la presenza di cavi per i freni e altro.[10] I ciclisti cercano
infatti la postura corretta, così come il più possibile la scia di chi li precede per mantenere la
velocità desiderata con il minimo sforzo.

La postura del ciclista a velocità superiori ai 20–25 km/h comincia a essere molto importante. La
postura meno efficiente è quella a busto eretto che si assume sulle "biciclette olandesi"; in quelle da
corsa, con le mani sull'impugnatura bassa, si offre meno superficie alla resistenza dell'aria, e ancora
meno nelle biciclette reclinate o recumbent, ma recentemente nella seconda decade del terzo
millennio sono comparse anche biciclette dalla postura prona[11].

La larghezza degli pneumatici è un fattore importante a seconda del tipo di terreno e velocità. Se
usati su strada asfaltata e velocità elevate (sopra i 20–25 km/h) gli pneumatici stretti tipici delle
biciclette da corsa offrono un minor attrito volvente, quindi hanno prestazioni migliori. Su asfalti
rovinati sono preferibili pneumatici più larghi tipici delle biciclette da città perché garantiscono un
ammortizzamento migliore delle asperità dell'asfalto. Su terreni terrosi e accidentati si utilizzano
pneumatici larghi dotati di tasselli più o meno pronunciati (tacchetti), in modo da evitare lo
slittamento della gomma. Per percorsi misti, strade asfaltate e fuoristrada, si utilizzano pneumatici
larghi, con le dentature disposte solo lateralmente, in modo da avere minore resistenza in città e
garantire la tenuta in piega su terreni terrosi, argillosi, ecc.

L'andamento che massimizza la percorrenza, a parità di energia spesa, è quando la velocità è


costante. Velocità tipiche, indicative e soggettive, sono 15–25 km/h in pianura. Velocità superiori a
30 km/h cominciano a diventare impegnative se sostenute per più di qualche minuto. Velocità dai
35 ai 50 km/h sono tipiche dei gruppi di ciclisti anche amatoriali quando sono in gruppo e si
alternano alla testa del gruppo, con picchi di 65 km/h. Velocità superiori ai 50 km/h sono tipiche di
professionisti, soprattutto se non si sta correndo in gruppo. Su strada piana possono essere raggiunte
dai professionisti velocità di circa 60–65 km/h fino a 75 km/h in volata. In discesa si possono
superare i 100 km/h.[12] Scendere sotto una certa velocità minima è difficile perché l'equilibrio e la
stabilità dell'andatura diventano precari.[7]

A titolo indicativo la tabella seguente illustra la relazione tra velocità e energia e potenza
meccaniche necessarie all'avanzamento di una bicicletta da corsa. I parametri usati sono: peso del
ciclista 75 kg, peso della bicicletta 10 kg, pneumatici da corsa.[13][14]

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