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Il Simposio è un dialogo platonico che indaga il tema dell’amore.

Qui l’amore diventa l’oggetto della


speculazione razionale poiché nel (e attraverso) il dialogo ciascun protagonista viene chiamato ad
esprimere la propria convinzione riguardo all’essenza dell’amore, descrivendolo con il discorso più bello
possibile. Il dialogo socratico porta i commensali a convenire sulla natura semidivina di Eros: figlio di Poros
e di Penia, d’ingegno e di povertà, caratterizzato dunque da una costitutiva mancanza che lo spinge a
ricercare ciò che potrebbe riempire un vuoto incolmabile. Eros dunque è l’emblema del desiderio
insaziabile e ricorrente di ciò che manca e che muove l’ingegno.

Questo dialogo intreccia la filiazione tra banchetto e filosofia. Si stabilisce un legame fondamentale tra
filosofia e convivialità, per cui il pensare è sempre concepito come un dialogo polifonico, un’attività di
condivisione. Un altro elemento che accomuna il banchetto, il filosofare e l’amare è l’appetito inteso come
desiderio di sperimentare, di entrare in relazione con ciò di cui sentiamo la mancanza. Socrate ci insegna
che il filosofo “sa di non sapere” perché è sempre attraversato dalla necessità di conoscere, di imparare di
più e altrimenti, di assaggiare nuovi cibi e nuovi saperi.

In questo dialogo prototipico della storia della filosofia troviamo alcuni elementi rivelatori. Dalla narrazione
infatti si può evincere che dato che la sera prima di questo incontro tra amici si era festeggiata
smodatamente la vittoria di Agatone in un concorso drammaturgico, i commensali, ancora provati dai
festeggiamenti, stabilirono insieme di moderarsi e di sfruttare l’incontro e la presenza di Socrate per
discutere e ragionare insieme piuttosto che gozzovigliare. Il Simposio, dunque, procede per sottrazione
rispetto alle consuetudini: si decise di comune accordo che nessuno si sarebbe ubriacato, che non ci
sarebbero state le flautiste e che tutto sarebbe stato condotto “secondo misura.” Questa eccezione però
conferma la consuetudine del vino, della danza, della musica, del dionisiaco. La musica, in particolare, aveva
un ruolo fondamentale nel simposio greco: la lira per il canto introduttivo, il flauto per accompagnare le
libagioni. Le flautiste erano spesso giovani donne, mentre era vietato a donne e bambini di partecipare al
banchetto come invitati. Secondo quanto racconta Senofonte nel suo Simposio vi erano altri
intrattenimenti: si ingaggiavano talora delle compagnie di professionisti, nel caso di Senofonte una flautista,
un’acrobata e un citarista-danzatore.

L’orchestrazione della nostra proposta stasera, cerca dunque di mettere assieme gli ingredienti tradizionali
dei simposi: la musica, la danza e la dimensione ludica del “banchettare” e del “filosofare”.

Abbiamo scelto stasera di proporvi alcuni passi tratti dal Simposio per condividere le parole di Platone, per
entrare in dialogo con il testo, per recuperare l’elemento dell’oralità, aspetto centrale della cultura greca.
Una narrazione, un ponte tra ieri e oggi.

Vi proponiamo poi un momento d’improvvisazione che permette di sperimentale la polifonia di voci riunite
nell’atmosfera del banchetto, la polifonia di discorsi, dottrine, riferimenti mitologici e filosofici che
attraversano il Simposio.

Voce fuori campo: incipit

Un pomeriggio di un anno tra il 405 e il 400 a.C., fuori dalle mura della città di Atene, Apollodoro incontrò
Glaucone e decisero di fare due passi assieme. Nella conversazione si trovarono a parlare di un banchetto
che aveva avuto luogo qualche tempo prima e che aveva assunto dei connotati eccezionali: argomento
perfetto per una conversazione tra amici. Apollodoro iniziò così a raccontare di questo banchetto in cui
prese parte Socrate e si parlò di eros: in principio, dunque, fu il Simposio di Platone.

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