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Il suo è uno dei soliti discorsi infiammati del Ventennio, con in più la
prospettiva del conflitto: «Tuonando contro le potenze
demoplutogiudaiche», l'oratore ha esclamato anche che il popolo
italiano «bramoso di scendere in campo, "scalpitava come polledra di
sangue generoso"». (2)
Il loggione aveva battuto le mani, anche se in modo eccessivamente
vivace e sospetto: gli universitari fascisti scherzavano col fuoco.
Quegli applausi «troppo scroscianti e insistenti» erano stati attribuiti
«alla forte fede e all'esuberanza di quei figli di Mussolini i quali fra
poco avrebbero impartita una sonora lezione a coloro che ci tenevano
prigionieri del nostro mare». (3)
Tra gli universitari, tira aria di fronda. E' già successo altre volte. Ad
esempio, alle Idi di Marzo del 1939, quando il ritmo militare della
sfilata era stato inframmezzato da «impercettibili passi di danza» sul
motivo della «Danza delle ore» di Ponchielli, proprio sotto il palco delle
autorità e davanti alla statua di Giulio Cesare, dono del duce a Rimini.
«Ad un campione italiano dei medioleggeri, che era sul palco - Benito
Totti - … non erano però sfuggiti quei passi insoliti e diversi. E, sceso
dal palco, quel campione aveva cercato di raggiungere i camerati (tra
i quali Luigi [Titta] Benzi, Guido Nozzoli, ecc.) che si erano dati alla
fuga. Era riuscito, comunque, ad affibbiare un cazzotto ad uno di essi
rimasto in coda, Ennio Macina, figlio di un ex sindacalista che negli
anni Venti aveva conosciuto il "santo manganel"». (4)
«L'edificio in briciole»
In viaggio di nozze
Antonio Montanari
Note
(1) Marco Innocenti, L'Italia nel 1940, Mursia, Milano, 1990, pp. 90-
91.
(2) Liliano Faenza, Fascismo e gioventù, in "Storia e storie", n. 5,
1981, p. 11.
(3) Ibidem.
(4) Ibidem.
(5) Guido Nozzoli, Dalla Gil sono usciti tutti, in «Autobiografia di una
generazione, Fascismo e gioventù a Rimini», collana di «Storie e
storia», Maggioli, Rimini, 1983.
(6) Galeazzo Ciano, Diario 1935-1944, Rizzoli, Milano, 1982, p. 412.
(7) Oreste Cavallari, Rimini imperiale!, Rimini, 1979, p. 80.
(8) L. Faenza, cit., p. 29.
(9) Cfr. i telegrammi prefettizi, pubblicati a p. 7 de Il mio 10 giugno
1940, supplemento a «Famiglia Cristiana» del 13. 6. 1990.
(10) L. Faenza, cit., p. 29.
(11) Ibidem, pp. 28-29.
(12) Cavallari, cit., p. 80
(13) Ibidem.
(14) L. Faenza, cit., p. 29.
(15) L. Faenza, cit., p. 8
(16) L. Faenza, cit., p. 12.
(17) Silvio Bertoldi, La chiamavano patria, Mondadori, 1989, p. 185.
(18) Testimonianza inedita.
(19) Intervento di V. Accreman in «Autobiografia di una
generazione…», cit. , p. 35.
(20) S. Ceccarelli, ibidem, p. 72.
(21) Giuseppe Bottai, Diario 1935-1944, Rizzoli, Milano, 1989, p.
193.
(22) L'argomento è stato affrontato con testimonianze dirette, in una
recente trasmissione di Rai3 (La mia guerra), a cura di Leo Benvenuti
ed Enza Sampò; ed è trattato nel cit. Il mio 10 giugno 1940, con
dichiarazioni dei protagonisti.
Appendice
Amarcord riminesi del 1940.
Turismo: «Nel novembre 1939 al Podestà ing. G. Mattioli successe, in
qualità di Commissario Prefettizio, l'avv. Eugenio Bianchini…» che
guidò, come prevedeva la legge del tempo, anche l'«Azienda balneare».
Leggiamo dal libro di Luigi Silvestrini Un secolo di vita balneare al
lido di Rimini, edito nel 1945: «Compito arduo e talora ingrato quelli
della Reggenza Comunale in tempo di guerra! (…) Più delicata ancora
si presentava la direzione dell'Industria balneare: seguire il crescente
sviluppo dell'Azienda fra le ristrettezze e le difficoltà del momento, ed
offrire alla colonia bagnante il maggior conforto possibile, ed anche
quegli svaghi compatibili colla gravità delle circostanze». (P. 201).
Aggiunge Flavio Lombardini: «Quando nel marzo 1940 cominciarono
a circolare le prime voci su di un possibile intervento dell'Italia in
guerra…, a Rimini sorsero le prime preoccupazioni ed i primi timori
circa l'andamento della stagione balneare in fase di avanzata
preparazione… Il 10 giugno, a stagione iniziata, la drammatica
decisione del Sovrano… I riminesi accusano il colpo».
L'arrivo delle prime notizie sulle difficoltà e sugli insuccessi militari,
spinge «la folla dei bagnanti… a fare sollecitamente le valigie», per
tornarsene a casa. «A metà luglio sono pochi gli ospiti che indugiano
ancora sulla spiaggia a godersi un sole splendido di piena estate, ma
quando le sirene cominciano a urlare il loro grido d'allarme, anche i
più restii se ne vanno e i riminesi restano soli con la loro tristezza e le
loro preoccupazioni, a meditare sulle prime conseguenze di una
guerra che sarà per loro disastrosa». (Rimini secolo XX, Garattoni,
Rimini, 1968, pp. 48-49).
Federico Fellini se ne è andato dalla nostra città agli inizi del '39, si
trova adesso a Roma, redattore del Marc'Aurelio, bisettimanale
umoristico.
«Il direttore del periodico è un uomo di fede: alle 13, quando la radio
trasmette il bollettino delle operazioni, tutti in piedi, e sull'attenti»,
scrive Enzo Biagi nel suo fresco Noi c'eravamo (ed. Mondadori, pp.
184-185): il 10 giugno «Federico è solo in sede, via Regina Elena, 68.
Ha un lavoro da terminare, ed è un pomeriggio afoso. Dal cortile sale
la voce di un altoparlante: "Sentii" ricorda "lui che parlava dal balcone,
ma non pensai a niente. Scesi, e vidi nel cortile la portiera che stava
occupandosi di una gattina che aveva partorito in una scatola di
cartone. Mi avviai verso piazza Barberini, uno in bicletta urlava: 'C'è
la guerra'. Entrai in un caffè, e chiesi un Aperol: 'Lo vuole con la
buccia di limone?' mi domandò il barista. Poi commentò: 'Accidenti,
che casino'"».
Nota bibliografica