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n. 3.

2 -PSICHIATRIA 07/10/2021
Prof. Serafini
Argomento: isteria, DSM 4 e 5, ansia patologica, paura, attacchi di panico, fobie.

ISTERIA

Che fine ha fatto l’isteria? Dov’è stata


riconcettualizzata oggi nei moderni
manuali? Quello che vedete qui, è quello
che è accaduto a proposito dell’isteria, non
esiste più l’isteria nei manuali.
Esisteva un tempo la vecchia nevrosi
isterica, oggi trovate questo (vedi slide):
cioè trovate quelli che nel DSM 4 erano
chiamati disturbi somatoformi e oggi sono i
disturbi da sintomi somatici correlati che
han raccolto una buona eredità dall’isteria.
Trovate il disturbo istrionico di personalità,
che è uno dei disturbi del cluster B di
personalità; trovate sicuramente i disturbi
dissociativi. Buona parte, alcuni che sono
nella fattispecie il disturbo dissociativo
dell’identità o anche chiamato disturbo di personalità multipla ben raffigurato anche dall’industria
cinematografica e poi trovate l’amnesia dissociativa, la fuga dissociativa e il dissociativo NAS (non
altrimenti specificato).
Questi sono in generale tutti i disturbi (quelli in blu) somatoformi o attuali da sintomi somatici e correlati.
Quindi l’isteria così come era, come l’abbiamo descritta non esiste più, continua a esistere il concetto
generale, la sintomatologia, che poi si declina in maniera diversa a seconda dei vari disturbi all’interno di
queste sindromi. Sono sindromi che sono state rinominate, però rimane il concetto fondamentale: sono una
serie di disturbi molto simili all’isteria per i quali oggi come oggi si ipotizzano una via di rimando organico
[non si sente bene dalla registrazione, frase rimaneggiata]. Io non ho fatto in tempo a mostrarvi altri passaggi
storici fondamentali, ma insomma l’isteria può essere tutta una serie di disturbi, che determinano una
significativa disabilità, possono andare ad alterare o addirittura provocare cecità. C’è il caso famoso di una
musicista che recuperava la sua vista solo alla presenza del terapeuta. Con qualcuno di voi si parlava del
fatto che i quadri clinici che vediamo oggi sono diversi da quelli che si vedevano un tempo, ma questo è
chiaramente un segno dei tempi. Non esiste in psichiatria alcun disturbo che non risenta dell’ambiente
socioculturale di appartenenza, concetto fondamentale che si chiama alloplasticità ovvero: la capacità di
questi disturbi di modularsi in base all’ambiente nel quale si manifesta e questo è fondamentale perché i
disturbi psichici si evolvono e cambiano in continuazione. Quindi i quadri clinici che noi troviamo nelle vare
epoche storiche cambiano.

Questi sono i vecchi disturbi somatoformi nel DSM4 che sono rimasti sostanzialmente quelli. Il disturbo di
somatizzazione dove tutto è incentrato sul corpo. Le somatizzazioni altro non sono che il trasferimento della
sintomatologia ansiosa attraverso il meccanismo di conversione dall’aspetto psichico a quello somatico. Per
cui questi sono i pz che di solito sono poco amati all’interno degli ambienti internistici, sono quelli che

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soffrono di mal di schiena, quelli che soffrono di dolori gastroenterici non in maniera specificati, sono quelli
che spesso i colleghi specialisti non psichiatri definiscono funzionali. Probabilmente andando avanti le
neuroscienze e la neurobiologia ci diranno
molto sui disturbi. Già adesso noi abbiamo
una eziopatogenesi che si definisce
multifattoriale, però abbiamo una serie di
disturbi che stanno sempre più
confermando l’organicità di queste malattie.
Quindi non è che oggi come oggi nella
maggior parte dei casi non esista una
eziopatogenesi organica, è che le nostre
conoscenze non sono in grado di
chiarificare questo aspetto. Era lo stesso
Sigmund Freud che parlando delle nevrosi,
si esprimeva chiaramente dicendo che erano
malattie organiche. Quindi andando avanti
chiariremo sempre di più questo aspetto.
Disturbi di conversione sono la conversione del disagio psichico nel disagio somatico. Il disturbo algico ha al
centro il dolore, come suggerisce il nome stesso. La vecchia ipocondria è diventato disturbo somatoforme,
DSM4. L’ipocondria è la convinzione morbosa di poter avere un certo tipo di patologia che può diventare
anche delirio ipocondriaco, cioè laddove questa condizione assuma le caratteristiche che vi ha mostrato il
prof. Amore nelle prime lezioni, quindi il delirio diventa una convinzione privata e privatistica nel degno
dell’assurdità delle tematiche, è impermeabile alla critica e al giudizio altrui ed è nel senso
dell’autoriferimento, allora è diventata una convinzione delirante a tema ipocondriaco. Questo si esprime
anche nelle sindromi depressive, questa connotazione prevalentemente ipocondriaca.
Il dismorfismo corporeo è la convinzione legata all’alterazione presunta di una parte del corpo. Questo è
molto interessante perché lo si trova spesso nelle pz con anoressia nervosa, cioè nella storia di queste
pazienti andando a spulciare bene nei
rilievi anamnestici si nota spesso la
presenza di questo tipo di disturbo
che poi pian piano nel tempo diventa
vera e propria distorsione
dell’immagine del corpo e assume
caratteristiche molto gravi del
disturbo alimentare appunto noto
come anoressia nervosa.
Alla base dei disturbi somatoformi vi
è lo stesso concetto che vi ho
mostrato a proposito dell’isteria: non
vi è la condizione organica che possa
giustificare la sintomatologia che si
manifesta nel malato.

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Facciamo ora un cenno a quella che è


l‘ipocondria. Il sintomo che
l’ipocondria può essere vissuto proprio
come una credenza tenace di malattia,
una vera e propria convinzione che
può assumere delle caratteristiche
deliranti e il contenuto della
rappresentazione ipocondriaca nasce
con questo fenomeno che si chiama
psichestesia, che è una abnorme
sensibilizzazione sul piano della
psichestesi. Cioè il soggetto vive un
particolare senso di allerta, di
iperattivazione sul piano somatico che
di solito può anche essere limitato a
una parte del corpo. A partire da una
singola psichestesia che è un termine che è stato introdotto da due psicopatologi italiani negli anni ‘50, si può
arrivare pian piano alla sindrome ipocondriaca. La sindrome ipocondriaca determina un significativa
alterazione del livello di funzionamento e della qualità di vita. Non è facile anche per i caregivers, cioè
coloro che stanno attorno a malati di questo tipo.
L’interpretazione riguarda soprattutto malattie che hanno un richiamo, un rimando anche alla vita emotiva
del pz e questo accade quasi sempre nelle nevrosi. Ricordate che tutto ciò che accade nelle nevrosi ha un
determinato tipo di rimando psicologico alla vita del paziente. Quindi in qualche modo, in epoche vulnerabili
della vita si ipotizza che sia accaduto qualcosa che non possa essere stato vissuto per la grande valenza
traumatica del soggetto e che quindi finito nel grande calderone dell’inconscio, da lì venga rimosso e
riemerga successivamente e provochi questi disturbi.

Nel disturbo da sintomi somatici e correlati, nell’attuale DSM 5 si riprende la concezione dei disturbi
somatoformi, però c’è un aspetto interessante che vale la pena sottolineare: mentre nel DSM4 il disturbo da
somatoforme negava l’esistenza a priori di un aspetto organico (cioè la malattia doveva essere o funzionale o
organica), nel DSM 5 non è così. Nel DSM5 il disturbo somatoforme, denominato in maniera diversa,
denominato disturbo da sintomi somatici, può anche nascondere una eventuale eziologia organica. Perché si
è proceduto attraversi questo cambio di paradigma? Perché si è constatato che in tante situazioni l’eziologia
organica esisteva, ma non si era in grado di metterla in evidenza, quindi proprio per una questione legata a
un affinamento delle conoscenze, a una capacità clinica che spesso non era soddisfacente non si riusciva ad
arrivare alla diagnosi. Quindi il DSM 5 riconosce questo aspetto e riconosce anche al clinico una importanza
di potere andare a identificare quel certo tipo di quadro clinico, poter porre la diagnosi differenziale e
ammettere l’esistenza di entrambi i disturbi. Esiste una eziologia organica dalla quale parte un certo tipo di
fastidio e questo fastidio nel tempo si trasforma in disturbo somatoforme , ma ha una base più che sicura,
non ha a che fare con il panorama nevrotico di un soggetto in pasta ?, ma poggia all’interno di un rimando
organico.

Domanda: [Quando parlavamo del fatto che in molti casi ci sia un correlato organico rispetto a quello che
era il quadro nevrotico, ma significa che ancora non si sono scoperti altri casi o solo in alcuni casi si ha un
correlato organico? La seconda domanda era cosa si intende per quadro organico, ovvero se si intende
l’effetto sul corpo o si tratta di una alterazione preesistente?]
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Risposta: [Per rispondere a questo quesito spesso si parla di correlato, anche quando si fanno gli studi
neuroimaging, oggi si trova la parola correlato neuroanatomico e si associa a quel tipo di disfunzionalità.
Questo cosa significa? Che se noi non sappiamo a priori, non possiamo dire se si tratta del disturbo che
determina quel livello di alterazione e quindi c’è una causalità diretta o se c’è un correlato e le due cose
coesistono, e quindi è difficile andare a comprendere se viene prima l’uno o l’altro.
Per quanto riguarda la prima domanda penso che le nostre conoscenze non siano ancora adeguate da poter
filtrare il dato neuroanatomico, neurobiologico in generale e quindi darci un rimando che sia più specifico a
questo tipo di patologia. C’è un livello di complessità intrinseco, nell’ambito degli studi che riguardano
La neurobiologia che sia la genetica, che sia la neuroimmunologia, che sia l’epigenetica. Ci sono molte
branche che stanno approfondendo questi concentti, ma l’unico problema è la replicabilità degli studi.
Molto spesso quando tu hai dei dati di correlazione questi dati non possono essere replicati, ripetuti in
esperimenti che sono alla base della scienza di Galileo Galiei che ci ha dimostrato chiaramente che per
avere un dato affidabile e specifico, devi avere la replicabilità.]

C’è ancora molto da scoprire e questo può essere molto stimolante in discipline come la psichiatria, però
certo bisogna fare estrema attenzione perhcè ci muoviamo in un ambito di precarietà e anche le nostre
definizioni nosografiche sono in rapida modifica, in rapido cambiamento nel tempo. Se voi prendete il
DSM1,2,3,4 e 5 notate tutti questi cambiamenti nosografici molto accentuati nel corso del tempo.
Due parole sui disturbi dissociativi, dobbiamo procedere rapidamente e poi cercheremo di organizzare delle
ADE per i più interessati di voi, che possono essere momenti interessanti di approfondimento. Poi vi dicevo
oggi ci sono anche delle lezioni su Youtube che sono molto dettagliate.

Giunge un pz da me, che non ha particoalri


fattori di rischio dal punto di vista
cerebrovascolare e cardioascolare e riferisce
di avere avuto improvvisamente una
amnesia, la classica amnesia dissociativa
poggia sulla base della dissociazione: su una
base chiaramente legata a questo
meccanismo di sconnessione tra quelle che
sono le principali funzioni psichiche del
grande palcoscenico. Quindi la coscienza, il
senso dell’indentità, la sensopercezione
cominciano ad essere completamente
sconnesse tra di loro. Quindi che succede? Il
soggetto si trova a sperimentare diversi tipi
di disagio e di alterazione che si focalizzano più su alcuni discorsi che su altri. Per esempio nell’amnesia
dissociativa voi avete una dissociazione che colpisce il soggetto particolarmente sul piano mnemonico:
quindi soggetti che hanno normalmente una buona memoria all’improvviso non riescono più a rievocare
importanti notizie personali che fanno parte del proprio bagaglio mnemonico e questo tipo di alterazione ha
normalmente una eziologia di tipo traumatica o stressogena. Ricordate che l’isteria e tutti i disturbi
dell’isteria hanno sempre come minimo comun denominatore il trauma e oggi come oggi la cosa interessante
è che l’epigenetica sta mostrando in maniera chiara ciò che la psicologia e la psichiatria ci dicono ormai da
decenni: esistono degli eventi che possono aver una valenza stressogena nell’ambiente perché vanno
addirittura a modificare la struttura chimica del nostro DNA, attraverso delle operazioni di accensione e
spegnimento di determinati geni. Quindi queste si chiamano acetilazioni e metilazioni del DNA. Questo può
avvenire in maniera differenziale si stanno studiando una serie di meccansmi attraverso cui
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l’alimentazione,l’esercizio fisico, l’ambiente più o meno stimolante possono andare ad agire direttamente su
questo. Quindi questo sta svelando qualcosa che ipoteticamente era stato intuito dalla psicologia e dalla
psicologia tempo fa. Di solito è accaduto quasi sempre qualcosa di stressante e traumatico nella vita di questi
soggetti e questo qualcosa determina questo importante evento amnesico. Molto spesso questa diagnosi viene
fatta in modo differenziale, cioè si va prima a escludere che non ci siano stati altri eventi cerebrovascolari,
ma non solo, e bisogna stare particolarmente attenti. Quando troverete queste caratteristiche andate prima a
escludere ovviamente qualsiasi causa che può essere puù comunemenete associata a tutto questo. Quindi
andate a indagare l’organicità, cioè quello che conosciamo.

In alcuni casi però si giunge esattamnente


a questo, l’amnesia o la fuga dissociativa.
Così come può colpire la memoria può
manifestarsi con una fuga improvvisa
patologica del soggetto tale per cui accade
realmente che tali soggetti prendano un
treno, si spostino rapidamente vadano in
un’altra città e poi non riescano a
rievocare il motivo per cui hanno
compiuto questo gesto. Quindi è un
allontanamento inaspettato dal proprio
posto di lavoro, dalla propria abitazione
sempre in concomitanza di qualcosa
particolarmente stressante che si accaduto
nella loro vita più recente.
Assai interessante, ma devo dire , poco diffuso come vorrebbe l’industria cinematografica è il disturbo
dissociativo dell’identità o disturbo di personalità multipla che fu descritto in maniera magistrale da
Stevenson in soli tre giorni nella novella che lui scrisse “Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr. Hide”. Sono
stati fatti diversi film su questo e per citarne alcuni ricordiamo “Scheggie di paura” giusto per citarne uno,
ma ce ne sono molti su questo tema che sembra affascinare molto la popolazione generale e il grande
pubblico. Quindi è sicuramente un disturbo assai particolare del quale non si conosce l’eziopatogenesi, si
ipotizza che ci sia una multifattorialità anche in questo caso e si ipotizza ovviamente anche la natura
stressante di questo disturbo. Qui si tratta proprio di personaltà che in manier alterna e improvvisa prendono
il predominio e vanno ad accendere un nuovo modus operandi nella vita di questo soggetto, proprio in
concomitanza dell’evento di natura stressante o traumatica.
C’è il disturbo di depersonalizzazione che riprende la vecchia depersonalizzazione: autopsichica,
somatopsichica e allopsichica nell’ambito del grande panorama dei flussi della coscienza dell’Io. Quindi quel
penoso senso di estraneità, oggi come oggi è stato raccolto nel quarto disturbo che si manifesta nell’ambito
dei dissociativi. E poi abbiamo un disturbo non altrimenti specificato, dove finiscono quei tipi sindromici che
non soddisfano i criteri per i precedenti disturbi.

Domande: [Ma il disturbo dissociativo, di cui ne avevo sentito parlare,che è legato a un trauma invece,
quindi un vento traumatico dal quale il pz si dissocia in quale rientra?]
Risposta: [In tutti e quattro, sappiamo che l’eziologia è comune, sappiamo soltanto che dipende dal trauma.
I disturbi dissociativi hanno quella come origine, poi ovviamente per capire quale tipo di trauma oggi come
oggi bisogna fare attenzione. Già la definizione di trauma può essere un problema, perché quello che è un
trauma per me, magari non lo è per voi. Tanto è vero che il DSM cerca una definizione quanto più
universale possibile, deve essere o una lesione grave o qualcosa che ha messo a repentaglio la vita, ecco
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questo può essere sufficientemente traumatico. Però l’unico grande problema che rimane abbastanza
irrisolto è perché in alcuni soggetti quel determinato acquisisca quelle determinate caratteristiche
traumatiche e in altri no. Quello che penso io, è che a fare la differenza sia il livello di reattività
dell’individuo, la sua sensibilità e le caratteristiche caratteriali, temperamentali che fanno la differenza,
cioè che determiano la modalità reattiva. Perché altrimenti non si spiega come mai certe cose siano una
valenza traumatica generale. Ma anche dopo le grandi calamità naturali, che sono definibili in qualche
modo traumatiche, ci sono dei soggetti che sviluppano un vero e proprio disturbo post-traumatico da stress
e quelli che invece sono immuni da tutto questo. Quindi questo è un problema che dobbiamo risolvere.]

Adesso ritorniamo sulle forme cliniche, la


definizione dell’ansia stamattina l’abbiamo
data, quindi se vi è una lingua che si presta
molto al definire l’ansia dalle diverse
angolazioni, è la lingua italiana. Vedete
quanti termini che abbiamo? Molto spesso
quando si parla di ansia, si parla anche di
arousal e di iper-arousal. Utilizzato anche
molto dalla lingua anglosassone, l’iper-
arousal è un po' come entrare in questa stanza,
vedere la luce accesa e non riuscire a
spegnerla. Pensate a quello che succede nel
SNC, quando voi continuate ad avere una
serie di strutture cerebrali che continuano a
essere iperattivate. Tanto per dirne una, l’amigdala è una struttura localizzata a livello sottocorticale, molto
vicino all’ippocampo, che può essere iperattiva in tanti di questi disturbi, la cosiddetta iperattivazione si può
vedere con le tecniche FMRI dell’amigdala. È un qualcosa di assolutamente presente nella sindrome da
attacchi di panico, di cui adesso andremo a parlare.

L’ansia è associata a significativa disabilità ed è


risaputo da decenni, quando parliamo di ansia
parliamo di una patologia che può arrivare a
caratterizzare nella vita il 25% dei soggetti,
parliamo di 1:4. Quindi è un disturbo più che
frequente nella popolazione e che compromette ,
sia le caratteristiche fisiche che sociali del
soggetto, al pari di tutta una serie di patologie che
vengono definite croniche nel mondo: le
patologie cardiovascolari in primis. Forse molti di
voi si ricorderanno quello storico lavoro del ’98
sul Lancet, rivista più che prestigiosa, nella quale
due ricercatori Murray e Lopez, definivano come
entro il 2020 la depressione sarebbe diventata la seconda causa di disabilità al mondo, beh ci siamo
avvicinati pericolosamente molto prima del 2020 e poi tutto si è più che attualizzato e sono state fatte altre
proiezioni che vedono entro il 2030 arrivare la depressione come prima causa di disabilità. Adesso vi parlo di
depressione, ma come vi ho detto, spesso l’ansia si associa alla depressione e quindi abbiamo essenzialmente
questo tipo di sindromi ansiose depressive. Su questo stamattina ci siano già soffermati, ma quello che non vi
ho detto è che nella concettualizzazione analitica è che se a qualcuno si deve la prima nosografia dei disturbi
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d’ansia quel qualcuno è proprio Sigmud


Freud, il quale proprio all’inizio del 1900
diede una prima categorizzazione dei
disturbi d’ansia: le nevrosi di transfert e le
nevrosi attuali.
Le nevrosi di transfert secondo Freud erano
legate essenzialmente ad alcuni conflitti
insorti in età infantile e riattualizzati nella
vita del soggetto, mentre le nevrosi attuali
erano legate proprio a problemi della vita
attuale del paziente. Lui si spinge anche
molto oltre, dando proprio una definizione,
da una parte delle nevrosi di transfert (la
nevrosi isterica, la nevrosi ossessiva e la
nevrosi di transfert propriamente detta). In
psicanalisi sapete cosa significa il transfert? È il movimento di idee, pensieri, ricordi, materiale significativo
da paziente al terapeuta e poi esiste anche il controtransfert che è esattamente il movimento contrario, cioè il
movimento che il terapeuta produce sulla figura del paziente in risposta al transfert.
Nelle nevrosi attuali invece ci sono: le nevrosi ipocondriache, le nevrosi d’angoscia e la nevrosi
nevrastenica. Ci vorrebbe una lezione a parte solo per la neruroastenia che ha subito tutta una serie di destini
alterni e in parte sparita dai manuali diagnostici, in parte riconfluita in una patologia della quale
probabilmente vi parleranno i neurologi che è la fibromialgia. Questo per capire quale fosse la valenza della
neuroastenia a quel tempo: Roosvelt fece costruire negli stati Uniti dei nosocomi che fossero in grado di
ospitare soltanto questa tipologia di malati, per capire quanto era frequente e quanto rappresentasse un
problema per l’intera società.
Se l’ansia è fisiologica migliora la nostra performance,cioè migliora la velocità dei nessi associativi, migliora
la vostra capacità di pensiero, migliora la capacità di dare dei giudizi alla realtà e così via. Se diventa
patologica è esattamente il contrario. Quindi banalmente mi trovo all’esame, mi viene fatta la domanda alal
quale non so rispondere, non riesco a girarci
attorno e quindi mi blocco. Si crea un aspetto
monoideico, non riesco a smettere di pensare al
mio non saper rispondere. Questo non può che
essere definito monoideismo e nei casi più gravi
si arriva anche a un vero e proprio stato
confusionale e ci troviamo nell’ambito di una
situazione disfunzionale. L’ansia si associa
spesso alla iperattivazione di alcune aree
celebrali. Questo senso di iperattivazione si
chiama iper-arousal, e quali sono i criteri che mi
permettono di capire se l’ansia è diventata
patologica e disfunzionale? Come faccio a distinguere un’ansia fisiologica della quale soffriamo tutti dalla
mattina alla sera, soprattuto in un’epoca come questa nella quale viviamo, nella quale ci è piombata addosso
una pandemia della quale non sappiamo assolutamente nulla e ci ha messo in serie difficoltà. Attraverso dei
criteri precisi, che sono gli stessi che troviamo nei manuali. Per esempio il primo punto: il livello di
preoccupazione è persistente e pervasiva, non è una preoccupazione che si arresta, è continuo, è sfinente, è
logorante e pervasivo.

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Al secondo punto: il sentimento penoso di apprensione è diventato aspecifico, si stende a tutto. Non è più
l’ansia della madre che ha due figli piccoli in casa e non riesce a far fronte alla situazione particolarmente
stressante nella quale vive ed è poco aiutata. Può nascere così all’inizio il disturbo ansioso, laddove si
incontrano tutta una serie di fattori di rischio diventa disturbo d’ansia, e allora si svincola completamente
dall’oggetto, non è più legato alla situazione dei bambini in casa, diventa ansia patologica legata a qualsiasi
contesto.
Difficoltà nel controllare il proprio livello di preoccupazione, questo è fondamentale. Tutti abbiamo le nostre
preoccupazioni però alcuni riescono a mantenere una capacità di autocontrollo, nel soggetto ansioso questa
capacità viene completamente perduta. Non è soltanto il troppo che altera la qualità della vita, è il troppo che
non riesce più a essere controllato dal soggetto. Questa è una delle caratteristiche che si vede bene nel
panico, nella triade psichica del panico. Uno degli aspetti fondamentali è proprio l’impossibilità a controllare
anche lo stesso livello di aggressività del soggetto. Proprio la incapacità a controllare i propri pensieri
disfunzionali.

Il livello ansioso va ad alterare


profondamente la funzionalità del soggetto,
quindi vi è una alterazione delle aree più
significative della vita del soggetto. Se sei un
ansioso patologico cominci a non funzionare
a livello lavorativo, a livello famigliare, a
livello sociale. Infine c’è il criterio
temporale: tutti questi sintomi si devono
manifestare nell’arco dei 6 mesi, i 6 mesi
sono la finestra temporale che ti permette di
definire il disturbo.
Se il distrurbo dura meno, secondo il DSM e
secondo i manuali in generale non può
essere definibile disturbo d’ansia
generalizzato, è qualcos’altro, per esempio diventa un disturbo dell’adattamento: adattamento con ansia,
adattamento con umore depresso, adattamento con disturbi della condotta e così via. Questo ci dicono i
manuali: se è sotto ai 6 mesi è qualcos’altro , se ha superato i sei mesi diventa disturbo d’ansia generalizzato.

Esiste anche una pseudonevrosi che altro non è che


una patologia organica ben precisa che produce una
sintomatologia ansiosa: ad esempio un
ipetiroidismo, voi sapete che si associa a una
sintomatologia che può richiamare da vicino,
alcuni aspetti dell’ansia; oppure un
feocromocitoma. Ci sono tante patologie che
vengono definite pseudonevrosi.
Oltre al disturbo d’ansia generalizzato, esistono
altri disturbi: la vecchia nevrosi da attacchi di
panico adesso si chiama disturbo da attacchi di
panico con o senza agorafobia; la vecchia nevrosi
fobica, oggi si chiama fobia specifica e fobia

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sociale, il DOC è la vecchia nevrosi


ossessiva ed oggi abbiamo anche tutta
l’area traumatica e post-traumaatica
dello stress.
Esistono tutta una serie di sintomi legati
all’ansia come: il nervosismo, il senso di
tensione spesso interna del soggetto (il
soggetto vi riferisce di avere questo
tremore interno, uno dei sintomi più
fastidiosi in assoluto), l’acatisia ovvero
l’incapacità a stare seduti, di doversi
muovere in continuazione e che tra
l’altro può essere anche associata
all’assunzione di alcuni farmaci. Altra
alterazione associata all’ansia è l’umore
disforico. Che cos’è la disforia? È esattamente l’aver
i nervi a fior di pelle, saltare in continuazione per
qualsiasi cosa anche di minima stimolazione e quindi
avere una vera e propria ridotta soglia di tolleranza
alle frustrazioni. Questo è fondamentale perché
questo determina un vero e proprio livello di
irrequietezza che può diventare in agitazione
psicomotoria. Quando poi vi parleranno dei toni dei
disturbi dell’umore vi definiranno molto bene cosa si
intende per labilità del tono dell’umore e disforia.

Ricordatevi sempre che l’ansia colpisce entrambi i versanti, sul piano del versante psichico determina un
vero e proprio senso di impotenza: il soggetto che soffre di ansia giunge a non riuscire a dare una
spiegazione plausibile del proprio livello di malessere e si genera questo penoso senso di impotenza. Sul
piano somatico, lo avete visto, si manifesta da diversi punti di vista.

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Non esiste organo o apparato che non risenta


della sintomatologia di tipo ansioso e questo è
fondamentale. Perché per esempio l’ansia a
livello cardiovascolare si traduce in
tachicardia, in aumento della pressione
arteriosa. Quanti tipi di sintomalogia
gastroenterica sono annoverati sotto la famosa
sindrome da colon irritabile. Questi malati
vengono curati usando molecole di tipo
farmacologico. Il basso dosaggio di un
farmaco triciclico nel colon irritabile, oppure
un basso dosaggio del beta-bloccante o della
benzodiazepina nell’ipertensione essenziale,
trovano un’ampia e vasta collocazione. Non
ci dimentichiamo che alla base dell’ansia esiste sempre il sentimento disfunzionale sulla paura e questo ci
proietta immediatamente verso la parte successiva.
Il prof legge una frase di Munch che rappresenta perfettamente la neuroastenia e come dicevo prima artisti,
filosofi, molto prima degli psicopatologi hanno capito molto prima determinati di sindromi. Cioò che noi ad
oggi manca è la presenza di markers affidabili, l’eziologia non può che definirsi multifattoriale, ma è anche
vero che oggi esistono studi molto interessanti che stanno mostrando affetti neurobiologici sempre più
precisi e avrete anche sentito parlare della medicina di precisione, della medicina personalizzata. O ggi la
sfida grande dei clinici è individuare il sottotipo di malattia e su quella andare ad agire in maniera molto
precisa, con presidi terapeutici che vadano in maniera selettiva proprio su quel sottotipo. È una delle grandi
promesse che stiamo sempre di più perseguendo nel corso del tempo sulla quale dobbiamo ancora lavorare
molto, però ci sono veramente delle idee molto promettenti su questo e si stanno aprendo delle traiettorie
nuove. L’ansia è una dimesione trasversale, ma soprattutto volevo andare direttamente al panico.

Il panico altro non è che un’ansia violentissima.


Si tratta di un’angoscia molto violenta che ha un
inizio improvviso che dura di solito pochi
minuti, proprio perché scuote l’organismo e non
può più essere tollerata a lungo. Abbiamo tutta
una serie di sintomi caratteristici del panico:
alcuni pz presentano più alcuni tipi di sintomi
rispetto ad altri. Però le palpitazioni, la
sudorazione, il tremore , tutte queste sindromi
che colpiscono il sistema nervoso
neurovegetativo sono assai frequenti. Il senso di
asfissia, soggetti che soffrono di attacchi di
panico giungono 10-20 volte nell’arco di una
stessa settimana in pronto soccorso, dove
vengono indagati, perché sapete molto bene che
questa è una sintopatologia che può essere molto simile a quella dell’infarto del miocardio. Quindi bisogna
fare tutta la diagnosi differenziale, il percorso diagnostico a volte richiede tempo e costi per il sistema
sanitario ed enorme disabilità per il soggetto. Dolore, nausea, senso di svenimento, senso di derealizzazione.
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Vi ricordate la derealizzazione allopsichica? Il


senso di estraneità nei confronti del contesto si
chiamava anche derealizzazione e finisce come
uno dei sintomi caratteristici del panico. Sul piano
psichico che succede? Avete la cosiddetta triade:
paura di perdere il controllo, paura di morire e
paura di controllare la propria alterazione
comportamentale. Associato al panico ci può
essere o non essere l’agorafobia e ricordatevi
sempre che l’agorafobia è un segno prognostico
sfavorevole: laddove è presente la sindrome è più
grave, risponde di meno alle terapie e quindi in
generale è un predittore di gravità. Ad oggi è uno
di quelli che il DSM chiamerebbe specificatore di malattia: qualcosa che ti definisce il livello di gravità. Se
c’è l’agorafobia la sindrome è molto più refrattaria alle terapie e molto più grave.
Sul panico abbiamo detto un po' tutto, ecco altra caratteristica fondamentale delle nevrosi sono le fobie.
Bisogna capire che differenza c’è tra la paura e la fobia, perché la genesi è comune. La paura è una emozione
assolutamente naturale degli esseri umani, è una delle emozioni primordiali che ci ha portato a mettere in
atto una serie di meccanismi adattativi nel corso della sopravvivenza. La fobia che cos’è? E’ sì una paura, ma
una paura morbosa, è una paura irragionevole, è una paura spesso senza un oggetto e vissuta fortemente in
senso egodistonico: cioè il soggetto ne è completamente consapevole dell’assurdità, di quello che è il tema
fobico, ma non riesce a farne a meno. Lo diceva anche Freud “L’IO non è più padrone a casa propria”.
Qualsiasi oggetto, qualsiasi situazione, qualsiasi
avvenimento può diventare l’oggetto della fobia.
Tanto è vero che esistono una serie di fobie, tra le
più varie e tra le più bizzarre. C’è per esempio
l’ereutofobia che è la paura di arrossire, poi ci
sono quelle più conosciute che sono l’agorafobia,
la claustrofobia, la nosofobia e la patofobia (la
paura di avere malattie che poi confluiscono più
generalmente nel’ipocondria). E poi le paure
possono riguardare sia le situazioni, sia gli oggetti
che gli esseri viventi.
Alla base delle fobie c’è il cosiddetto meccanismo
fight or fly: cioè cosa posso fare nel senso del
pericolo? Posso mettere in atto due reazioni, la
prima quella del combattere: cerco di affrontare l’oggetto fobico, mettendo in atto una reazione controfobica.
Cioè elevo le mie difese per combattere il pericolo. Al tempo stesso posso anche fuggire, “molto meglio
fuggire” diceva Al Pacino in “Profumo di donna”. L’evitamento è un caratteristica fondamentale di questo
tipo di disturbo. Evitamento che diventa evitamento patologico. Tanto presente questo tipo di caratteristica,
tanto da essere annoverata nei criteri diagnostici del disturbo stesso. Possono esserci situazioni tipiche e non
tipiche a determinare l’agorafobia. Situazioni tipiche sono ad esempio non solo i luoghi affollati, un tempo
era veramente l’agorà, la classica situazione che scatenava questo disturbo. Oggi può essere anche un centro
commerciale , dove c’è una grande quantità di persone che va ad attraversare spazi molto ristretti e questa

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n. 3.2 -PSICHIATRIA 07/10/2021
Prof. Serafini
Argomento: isteria, DSM 4 e 5, ansia patologica, paura, attacchi di panico, fobie.

può essere una tipica situazione agorafobica. Ma anche addirittura indossare cravatte strette, collane, anelli,
cinture di sicurezza o andare a prendere il brevetto da subacqueo possono essere situazioni innescanti la
cosiddetta agorafobia.
Esistono tutta una serie di misure controfobiche interessanti, che se parlate bene e a lungo con i vostri
pazienti, magari loro riusciranno anche a esprimere. Per esempio coltivare amicizie con i medici, muoversi
sempre in prrossimità dei presidi sanitari o in qualche modo portare occhiali scuri, avere le goccine
ansiolitiche nella borsetta, sono tutte tecniche controfobiche che si utilizzano per fronteggiare in maniera
adattativa la situazione disfunzionale.

Faccio solo un accenno veloce alla fobia sociale. Per la


fobia sociale vale esattamente quello che abbiamo
detto per le fobie specifiche, cioè un senso di paura
morbosa, irragionevole, egodistonica che però ha a che
fare con situazioni sociali. Quindi mangiare in
pubblico, telefonare in pubblico, parlare davanti agli
altri diventano assolutamente impossibili se si soffre di
questo disturbo. Ma anche banalmente tentare di
conoscere qualcuno, approcciare le persone dell’altro
sesso, chiacchierare con estranei, diventa qualcosa che
si associa a un disagio enorme e le persone riescono a
mettere in atto tutta una serie di meccanismi di difesa
tra cui l’evitamento. Evitamento che però scava il
terreno al quello che è il grave ritiro social. Diceva
Aristotele “ se non vivi in mezzo agli altri o sei
profondamente diverso, quindi sei Dio, oppure sei
bestia”. E aveva perfettamente ragione, ogni essere
umano deve vivere nell’ambito di un determinato
contesto sociale e il venir meno di questo aspetto
determina poi una chiara sindrome da isolamento
sociale e di ritiro sociale. L’evitamento patologico da
situazioni socialmente rilevante è quello che poi si
manifesta e troverete
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Argomento: isteria, DSM 4 e 5, ansia patologica, paura, attacchi di panico, fobie.

tra i criteri diagnostici, nei manuali per porre la


diagnosi di questo disturbo.
Generalemente esiste tutta un’area traumatica
dello stress. Ricordatevi che anche qui avete dei
criteri spefici e che essere in qualche modo
sottoposti a uno stress e a un trauma può
determinare un disturbo acuto e un disturbo
post-traumatico da stress. Tanto per citare uno
dei prodotti meglio riusciti nell’ambito dei film
dedicati a questo, uno dei film che fu fatto
meglio era Rambo: faceva vedere quanto
potesse avere una valenza cromatica aver
vissuto certi tipi di situazioni, l’esperienza della
guerra. Lì si vedeva molto bene il fatto di
entrare all’interno di una società che in qualche
modo non ti vedeva più come un suo simile.
In questi tipi di disturbi si manifestano davvero
queste alterazioni caratteristiche e una delle più
tipiche è la rievocazione del livello del trauma
attraverso incubi, attraverso i cosiddetti flash-
back,che sono uno dei sintomi più caratteristici
del disturbo acuto e post-traumatico da stress.
Ci sono dei disturbi post-traumatici ad esordio
ritardato che possono uscir fuori a distanza di
anni, a volte di decenni da quello che è stato
l’evento traumatico. Ricordo ancora il caso di
un pz che seguivamo in ambulatorio che aveva
subito un brutto evento traumatico vent’anni
prima, si trovava in una fase delicata della
propria vita: era un imprenditore che stava andando in pensione. Lui era stato uno sempre dedito al lavoro,
lavoro che aveva sempre costituito una parte importantissima della sua vita e si trovò ad affrontare un
momento nel quale riemerse un disturbo con valenza di tipo post-traumatico esattamente, che lo portò a
chiudersi in casa. Lo portò a non prendere più l’aereo, i mezzi pubblici per potersi spostare anche per lavoro
e allora l’obiezione che ci fu fatta quando noi portammo questo caso per esempio alla presenza di altri
colleghi fu: “va bene, la vostra analisi può essere corretta, ma che tipo di correlazione c’è tra un trauma
vissuto vent’anni prima e una sintomatologia che viene fuori a distanza di anni?”. Qui non c’è correlazione
probabilmente a livello lineare niente. Quello che però conta è una ipotesi diagnostica che risultò essere un
modello particolarmente plausibile per il paziente, sul quale si lavorò sia in termini farmacologici che
psicoterapeutici e si riuscì ad arrivare a una risoluzione del disturbo. Quindi non è tanto la correlazione
lineare, perché quello nessuno vi dice che veramente possa esistere o non esista. È il modello di cura che
offre una modalità di lavoro per attenuare il disagio.

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