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3 – Gastroenterologia 05/10/2020
Prof./Prof.ssa Giovanni Camerini
Argomento: Ernia iatale
ERNIA IATALE
Lo iato esofageo è costituito dalle due crure del diaframma e il cardias è mantenuto in sede dalla
membrana frenoesofagea (di Laimer-Bertelli) che deriva dalla fusione della fascia endoaddominale
endotoracica con quella trasversalis, sono due strutture molto importanti da capire dal punto di vista
anatomico per poter capire come si farà il trattamento chirurgico.
Tornando all’ernia iatale che è la più frequente e può essere classificata in:
I) ERNIA DA SCIVOLAMENTO (di tipo 1) quella in cui il fondo dello stomaco migra
per scivolamento nel mediastino e questo è rappresentato dal 90% dei casi
II) ERNIA PARAESOFAGEE (ernie di tipo 2) in cui la giunzione gastroesofagea è in loco,
correttamente ma il fondo dello stomaco migra verso lo iato esofageo
III) ERNIE MISTE ( di tipo 3 ) cioè I +II
IV) ERNIE DI TIPO 4 in cui oltre allo stomaco migra nel mediastino qualche altro organo
EPIDEMIOLOGIA
A seconda di come noi classifichiamo questa malattia e a seconda di come noi la cerchiamo questa
malattia ha una prevalenza nei vari studi che varia dal 10 al 80% della popolazione quindi è una
prevalenza tra le più alte. Possiamo dire non sbagliando che nella popolazione degli ultracinquantenni
circa la metà dei soggetti ha un’ernia iatale, quindi è molto importante il termine di prevalenza.
FATTORI DI RISCHIO
L’obesità per prima e soprattutto quella androide in cui la disposizione del grasso è in sede
intraddominale, ma comunque tutte le situazioni cliniche in cui si assiste ad un aumento della
pressione intraddominale quindi la stipsi, la tosse cronica, la cirrosi epatica e quindi questo è un
fattore di rischio molto importante: la pressione intraddominale.
Il secondo fattore di rischio è l’età perché andando avanti con gli anni la membrana esofagea diventa
sempre più lassa e poi altri fattori meno importanti come la pregressa chirurgia nella regione e
qualsiasi tipo di trauma toraco-addominale o un violento e brusco aumento della pressione
intraddominale oltre a tutta un insieme di deformità scheletriche, congenite o acquisite che si
accompagnano spesso alla presenza dell’ernia iatale. Soprattutto i primi due fattori sono importanti,
se pensate come l’obesità abbia una prevalenza che continua ad aumentare nel mondo come l’età
media quindi è ben evidente come questa patologia dell’ernia iatale continui ad avere un aumento
nella sua prevalenza.
Se noi confrontiamo una popolazione normale cioè con un BMI di 20 e una popolazione che abbia
invece > 20 quindi 20-25, 25-30 o 30-35 e questo BMI già configura una situazione di obesità, ebbene
in questa situazione la prevalenza di ernia iatale è di 4.2 volte rispetto al normale.
Ora definiamo gli elementi anatomici che ci difendono dal reflusso gastroesofageo (Fondamentali per
capire perché nell’ernia iatale si assiste spesso ad una malattia da reflusso gastroesofageo):
Il primo meccanismo che ci difende è il LES (sfintere esofageo inferiore).
Il secondo sono le crura del diaframma che devono avere un ben preciso rapporto anatomico con il
LES, cioè devono essere esattamente corrispondenti al LES per aumentare la pressione dello stesso.
L’ultimo meccanismo a valvola dell’angolo di His costituito dal fondo dello stomaco che comprime
l’ultima porzione quella intraddominale dell’esofago
quando abbiamo appena mangiato e il fondo dello
stomaco pieno di cibo.
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n.3 – Gastroenterologia 05/10/2020
Prof./Prof.ssa Giovanni Camerini
Argomento: Ernia iatale
I due sintomi cardine tipici esofagei della malattia da reflusso sono: la pirosi retrosternale quindi
non l’epigastralgia, ma il bruciore dietro lo sterno e il rigurgito cioè l’arrivare al livello della bocca,
della faringe in assenza di conati di vomito quindi non è un riflesso di reflusso come il vomito ma c’è
il ritorno spontaneo di materiale contenuto prima nello stomaco che può essere acido o alcalino e il
fastidio che può determinare sia chimicamente che patologicamente in queste regioni.
Questi sono i due sintomi esofagei tipici poi noi abbiamo ovviamente tutto un altro insieme di sintomi
extra-esofagei che sono importanti perché quando sono presenti sono indicativi di una grave malattia
del reflusso e io vi consiglio per ricordarvi di organizzare la loro catalogazione per apparati, quindi
sintomi respiratori, quindi il reflusso quando ovviamente prende la biforcazione tra l’albero e la via
respiratoria quella del canale alimentare, se l’acido scende per i bronchi tende a essere responsabile
di tossi croniche, episodi asmatiformi e tutto un insieme di malattie a carico dell’albero respiratorio.
Poi sintomi tipici dell’apparato otorino-laringoiatrico, insomma sono le laringiti, la voce bassa
mattutina, le otalgie, fino ad arrivare alle lesioni dentarie e poi soprattutto l’ernia iatale ma anche il
reflusso, possono essere responsabili di sintomi di ingombro (soprattutto se molto grande l’ernia iatale)
e quindi può causare delle turbe del ritmo cardiaco, in quanto viene in contatto
il fondo dello stomaco erniato col pericardio, quindi può produrre aritmie e quant’altro.
SINTOMATOLOGIA
Se ora ci collochiamo nel campo dell’ernia iatale dal punto di vista della sintomatologia, i sintomi
possono essere di 2 categorie:
- I primi legati al reflusso perché l’abbiamo visto anatomicamente e fisiopatologicamente
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Prof./Prof.ssa Giovanni Camerini
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- L’altra categoria di sintomi, sono quelli in base ai quali noi chirurghi diamo indicazione
all’intervento e sono quei sintomi legati soprattutto al fatto che questa quantità di stomaco che
passa attraverso lo iato esofageo è relativamente troppo grande rispetto allo iato stesso,
creando quindi dei sintomi che sono: disfagia, nel senso che c’è una compressione da parte
dello stomaco sull’ultima parte di esofago oppure dei sintomi di cattiva vascolarizzazione
della mucosa gastrica perché c’è una sorta di iniziale strozzamento di questo tessuto erniato
che non ancora si manifesta sotto forma di dolore, di disfagia totale, di quei sintomi che poi
ci indicano che è iniziata la fisiopatologia dello strozzamento per arrivare proprio alla necrosi
del fondo dello stomaco però quei sintomi che preludono di vari mesi e anni a questa
situazione; quindi sintomi ostruttivi o da cattiva irrorazione del fondo dello stomaco.
Sappiamo che le pareti dei visceri cavi sono la mucosa, la sottomucosa, la muscolare e
l’avventizia però le esigenze maggiori dal punto di vista del metabolismo sono a carico della
mucosa e quindi è evidente che questa la prima che va a soffrire quando l’irrorazione del
viscere non è adeguata. Succede quindi che questa mucosa di esfolia e può dare luogo ad uno
stillicidio ematico che è causa nel lungo periodo di una anemia ipocromica sideropenica,
questa può essere di nuovo indicazione all’intervento chirurgico
Questi sintomi per questo sono importanti perché sono quelli per cui quando vedremo le linee guida
per decidere se l’ernia che abbiamo di fronte è di quelle per cui dobbiamo proporre l’intervento o
meno.
cronici).
DIAGNOSI STRUMENTALE
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n.3 – Gastroenterologia 05/10/2020
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separazione è maggiore di 2 cm siamo di nuovo di fronte alla situazione che possiamo definire
endoscopicamente un’ernia iatale presente.
Qual’ è il difetto dell’endoscopia? Noi possiamo avere la giunzione squamo-colonnare che migra
prossimalmente come conseguenza di quella metaplasia che si chiama Esofago di Barret e questo
altera la definizione di ernia iatale. Poi il cardias è molto mobile (l’esofago è un organo molto mobile),
si contrae, poi si allunga, poi si accorcia, non è una situazione statica quella che va ad evidenziare
l’endoscopia. Con la manovra di insufflazione eccessiva durante l’endoscopia e questo altera i
rapporti anatomici.
L’endoscopia è importante nella diagnosi di ernia iatale, ci esclude tutta una serie di altre patologie
che possono essere molto gravi e che possono dare dei sintomi sovrapponibili. Essa va fatta nei
pazienti che hanno una età superiore ai 50 anni che abbiano i cosiddetti sintomi di allarme, ovvero la
disfagia, il sanguinamento occulto o manifesto che sia, la perdita di peso e l’anemia che è la
conseguenza del sanguinamento stesso.
L’endoscopia serve anche a sapere se c’è l’esofagite; ci sono diversi modi di classificarla, ad oggi va
di “moda” quella di Los Angeles.
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La PH-impedenzometria non è utile in teoria per la diagnosi di ernia iatale (per la diagnosi si usa la
manometria), però se dobbiamo sottoporre un paziente ad intervento è bene, se lo stesso ha sintomi
da reflusso, fare prima la PH-metria prima e dopo l’intervento per capirne il beneficio ottenuto con
lo stesso.
Questo è un tracciato di PH-metria. Di questa il
chirurgo commenta 2 cose: la prima è che un
pochino di reflusso è una situazione fisiologica ed
è da che punto in poi questo reflusso non è più
fisiologico ma patologico; ci sono i criteri di De
Meester che prevedono il fatto che un paziente se
ha un tempo di esposizione all’acido esofageo
superiore al 4.5% di tutta la misurazione delle 24
ore, questo tempo di esposizione è patologico. Un
certo numero di reflussi sono normali ma se sono
più di 40 non siamo più nella normalità. La
clearance esofagea deve essere sempre inferiore a 2.30 minuti, altrimenti quello che abbiamo di fronte
è un esofago che non si svuota bene e questo avrà delle implicazioni sulla terapia chirurgica.
La seconda cosa importante da valutare è la correlazione tra gli eventi che noi misuriamo e cioè i
reflussi e i sintomi, cioè se vi sia correlazione tra i sintomi che il paziente ha (pirosi retrosternale) e i
reflussi.
L’ultimo dato diagnostico per l’ernia iatale è la TC, soprattutto in urgenza, per vedere se siamo di
fronte a una complicazione di ernia iatale ovvero a un intrappolamento o a uno strozzamento del
fondo dello stomaco; per questo ci sono dei criteri TC molto importanti che ci aiutano a capire quale
è la situazione.
TERAPIA
Quando siamo di fronte ad un’ernia iatale bisogna dettare di modificare le abitudini di vita o
somministrando farmaci che agiscono in vario modo.
Le modificazioni dello stile di vita sono:
- Perdita di peso
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- Evitare quegli alimenti che o inibiscono la pressione del LES o che incrementano la situazione di
acidità (caffè, cioccolato, alcol); bisogna mangiare pasti piccoli (un grosso pasto aumenta molto la
pressione nello stomaco ed è favorito il reflusso); è preferibile assumere pasti liquidi; non bisogna
coricarsi subito dopo mangiato.
Una indicazione si ha quando essa causa una malattia da reflusso così grave che non può essere curata
con i PPI.
Altra indicazione è quella in cui essa è così grossa da causare dei sintomi di ingombro tali da
provocare una insufficienza respiratoria del paziente. Personalmente io diffido molto di questa
indicazione perché in genere per lo più c’è sempre una malattia cardiologica o respiratoria
concomitante all’ernia iatale e quindi più capitare di operare pazienti che poi dopo l’intervento sono
rimasti dispnoici proprio perché studiati male anche da importanti cardiologi e che avevano altra
patologia causa della insufficienza respiratoria.
Altra indicazione ancora all’intervento è quella legata all’ischemia ovvero all’iniziale strozzamento
del fondo dello stomaco (questi sintomi sono: l’anemia cronica, la disfagia e il dolore epigastrico e
retrosternale importante).
I sintomi sono in pratica la cosa più importante per definire la indicazione chirurgica.
Un tempo c’erano altri criteri che si basavano sull’esperienza dei grandi chirurghi del passato
(Skinner, Belsey, Hill, Allen, Stylopulos) e cioè quando mezzo stomaco era nel mediastino o quando
i 3\4 dello stomaco erano al di sopra dello iatus; poi si è dimostrato che anche quando il paziente
avesse tutto lo stomaco nel mediastino però non fosse sintomatico non c’è indicazione ad operarlo.
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Stylopulos ha dimostrato che la mortalità per intervento fatto in urgenza non è così alta come si
riteneva in passato (non del 30-40% ma solo del 5.4%) a fronte di una mortalità che c’è anche per
l’ernia iatale che c’è anche negli interventi in elezione (1.4%).
Perciò quello che deve indicare un paziente all’intervento chirurgico sono solamente i sintomi.
Le linee guida della SAGES una delle società chirurgiche più importanti riportano quanto detto.
3. Chiusura delle crure: a questo punto dobbiamo nell’ernia iatale richiudere questo iato
diaframmatico che è troppo grosso naturalmente; dobbiamo misurarlo e se non è troppo
grande lo iato diaframmatico lo chiudiamo con dei punti avvicinando i pilastri come
dell’immagine a dx. Quando è troppo grande dobbiamo calcolare la superficie dello iato
esofageo più o meno considerandolo come un triangolo facciamo base x altezza diviso 2 per
calcolare la superficie è > 12-14 cm , facciamo tutti questi calcoli, in questo caso con queste
misurazioni, come in figura, siamo in una
situazione in cui lo iato ha 12 cm^2 allora
dobbiamo mettere una protesi perché i punti
che noi daremo tra i due pilastri sarebbero
troppo in tensione e taglieranno le crura del
diaframma che sono costituite da un
tessuto muscolare che quindi non sono
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5. Costruzione della plastica antireflusso: alla fine ultima parte dell’intervento, su questa
porzione di esofago intraddominale sufficientemente lunga costruiamo una plastica
antireflusso —> si fa facendo passare il fondo dello stomaco dietro l’esofago e lo fissiamo al
pilastro dx con 3 punti, all’esofago con 3 punti e poi di nuovo all’esofago con altri 3, questa
è una pratica antireflusso, vedete a 270° o a 180° posteriore, la parte anteriore dell’esofago è
lasciata libera e si chiama Fundus Plicazio, iniziate a ricordarlo secondo Toupet o
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alternativamente la Fundus Plicazio potrebbe essere chiuso completamente cioè a 360°, le due
emivalve vengono unite tra loro e questa è una plastica a 360° ed è l’intervento di Nissen che
è forse il più famoso per il reflusso. Il difetto di questo intervento è che potrebbe essere,
essendo la plastica a 360°, un ostacolo un po’ troppo rigido per la deglutizione soprattutto
quando la clearance esofagea è stata dimostrata alla manometria non essere abbastanza buona;
in questo caso noi abbiamo tolto un sintomo al paziente che è il reflusso e ne abbiamo aggiunto
uno peggiore che è la disfagia. Per questo va studiata molto bene la motilità dell’esofago
prima di procedere con l’intervento.
Le complicazioni dell’intervento non sono tante, la mortalità è molto bassa; non andiamo a fare
resezioni ed anastomosi ma riposizioniamo semplicemente stomaco ed esofago nella loro sede
naturale. Morbilità e mortalità molto basse ma mai dire al paziente che avremo il 100% del risultato
perché non è vero. La guarigione dei sintomi da malattia da reflusso dopo l’intervento si ha nell’80%
dei casi, inoltre nelle ernie iatali si possiano avere delle recidive che possono essere intorno al 10%
se interroghiamo i pazienti sintomatici, ma se facciamo su loro uno studio radiologico su tutti i
pazienti operati vediamo che le recidive sono ben di più e cioè vanno dal 25 al 40%.
Ancora un accenno per valutare quando fare l’intervento non per l’ernia iatale ma per la malattia da
reflusso.
Ovviamente facciamo le 8
settimane di terapia con PPI ben
fatta; se persistono i sintomi
l’intervento è indicato. L’intervento
per malattia da reflusso, parliamo di
un giunto gastro-esofageo senza
ernia, e se questo ha dato le
complicazioni come esofagite,
stenosi, il Barret è bene che noi lo
facciamo in quanto possiamo
ottenere qualcosa di più della sola
terapia medica.
Quindi le indicazioni ad intervenire
solo la persistenza dei sintomi
nonostante i PPI, le complicazioni
(severa esofagite, metaplasia intestinale, ulcerazioni o stenosi), le manifestazioni extraesofagee del
reflusso (a carico dell’apparato gastroenterico e otorinolaringoiarico), il reflusso alcalino perché le
PPI agiscono molto bene sul reflusso acido ma non agiscono su quello alcalino.
In questa altra diapositiva sono riportate le linee guida di quest’altra società scientifica di chirurgia
(raccomandazioni EAES) che ripropone le stesse indicazioni.
I passaggi tecnici chirurgici sono simili, quando curiamo la malattia da reflusso ma in assenza di ernia
iatale ugualmente dobbiamo vedere lo iato esofageo che qui risulta normale, portiamo una porzione
intra addominale di esofago sufficiente di circa 3-4 cm, passiamo dietro l’emivalva che deve essere
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costituita dal fondo dello stomaco perché il fondo di questo si rilascia quando arriva il bolo come
effetto della stimolazione vagale, il corpo dello stomaco no (se non mettiamo il fondo dello stomaco
creeremo una importante disfagia); ci si assicura che la tasca sia bella morbida dal di dietro (manovra
dello sciuscià come i lustrascarpe); lasciamo che la plastica stia lì da sola, non bisogna fissare con dei
punti un organo che non vuole stare in un punto.
Se lo stomaco non è bello mobile, mobilizziamo i vasi gastrici brevi in modo che lo stomaco sia bello
mobile e facciamo una di quelle plastiche che abbiamo visto o quella di Nissen che è quella a 360° o
quella di Toupet a 180° posteriore.
Solo un accenno alla discussione sulla validità dell’una o dell’altra: gli studi di Broeders e di Tank
dimostrano che la Toupet, quella parziale, funziona altrettanto bene sui sintomi da reflusso ma da
meno disfagia (è l’intervento che personalmente preferisco).
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