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Recercare

XVI 2004
Recercare
rivista per lo studio e la pratica Sommari in inglese / English summaries
della musica antica Susan Scott
journal for the study and practice of early music
grafica / graphics
organo della / journal of the Paola Borriero
Fondazione Italiana per la Musica Antica
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ISSN 1120-5741
ISBN 88-7096-403-5
RECERCARE XVI 2004

Brian E. Power
The Swiss connection.
Manuscript transmission and the introits of Trent Codex 93
7

Bettina Hoffmann
Dal concerto alto al concerto basso:
accordature delle viole da gamba nell’Italia del Cinquecento
23

Patrizio Barbieri
Music printers and booksellers in Rome (1583–1600)
With new documents on Coattino, Diani, Donangeli,
Tornieri, and Franzini
69

Paolo Gozza
Anche i megafoni hanno un’anima:
la Tromba parlante (1678) di Geminiano Montanari
113

Huub van der Linden


Benedetto Pamphilj as librettist: Mary Magdalen
and the harmony of the spheres
in Handel’s Il trionfo del Tempo del Disinganno
133

Diana Blichmann
‘Ariette teatrali’ in den venezianischen Ospedali?
Versuch einer näheren Bestimmung der Solomotetten
in der Zeit Antonio Vivaldis
163
Peter Williams
Remarks on the text of Domenico Scarlatti’s sonatas
215

Comunicazioni

Biancamaria Brumana
Mecenatismo musicale dei Cesi:
madrigali di Dragoni per Federico Cesi e Olimpia Orsini
241

Elena Biggi Parodi


Preliminary observations on the Ballo primo
of Europa riconosciuta by Antonio Salieri:
Milan, La Scala Theatre, 1778
263

Libri e musica
303

Recensioni: ROBERT L. KENDRICK, The sounds of Milan, 1585–1650 (Davide Daolmi). Sche-
de: VINCENZO RUFFO – ANDREA FESTA, Completorium cum quinque vocibus. Otto salmi e un cantico
a cinque voci per l’ora di compieta, a c. di M. Tarrini (am). GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA,
Motecta festorum totius anni cum communi sanctorum quaternis vocibus, a c. di D. V. Filippi (am).
Chromatic and enharmonic music and musical instruments in the 16th and 17th centuries («Schwei-
zer Jahrbuch für Musikwissenschaft») (Stefano Lorenzetti). SIGISMONDO D’INDIA, Mottetti con-
certati a due, tre, quattro, cinque e sei voci. Novi concentus ecclesiastici e Liber secundus sacrorum
concentuum (1610), a c. di G. Collisani (am). Tullio Cima, Domenico Massenzio e la musica del
loro tempo, atti del convegno, a c. di F. Carboni, V. De Lucca, A. Ziino (Renzo Ernesto Ca-
merini). OSVALDO GAMBASSI – LUCA BANDINI, Vita musicale nella cattedrale di Forlì tra XV e XIX
secolo (Silvia Gaddini). L’archivio musicale della basilica di San Giovanni in Laterano. Catalogo
dei manoscritti e delle edizioni (secc. XVI–XX), a c. di G. Rostirolla (am). “Rifiorir d’antichi suoni”.
Tre secoli di pianoforti, a c. di Alain Roudier, Bruno Di Lenna (Patrizio Barbieri). Piano. An
encyclopedia. Second edition, a c. di Robert Palmieri (Patrizio Barbieri).

Note per gli autori / Directions to contributors


321
Biancamaria Brumana

Mecenatismo musicale dei Cesi:


madrigali di Dragoni per Federico Cesi e Olimpia Orsini

Federico I Cesi, padre del futuro fondatore dell’Accademia dei Lincei, aveva di-
ciannove anni quando, nel 1581, insieme alla consorte Olimpia Orsini, risulta dedi-
catario del Primo libro de madregali a quatro voci di Giovanni Andrea Dragoni,1 allievo
di Palestrina e maestro di cappella della importante basilica romana di San Giovan-
ni in Laterano. Ma non è questo l’unico esempio di mecenatismo che lega la fami-
glia Cesi alla musica tra il Cinquecento e gli inizi del Settecento. Mecenatismo
declinato soprattutto al femminile, come se alle donne più che agli uomini si addi-
cesse il patrocinio di un’arte effimera, ma non per questo meno importante nel
creare i connotati di una identità nobiliare insieme ad architettura, scultura, pittura
e poesia.
Prima di passare ad una breve rassegna della musica in casa Cesi, vorrei richia-
mare l’attenzione su alcune caratteristiche peculiari del mecenatismo musicale, dove
l’intervento del committente sull’opera è meno palese che, ad esempio, in un ciclo
pittorico con dichiarati intenti programmatici.2
Mecenate è colui che desidera accreditare il rilievo della propria posizione
sociale con elargizioni nei confronti degli artisti. Nel caso della musica, retribuisce,
in maniera più meno stabile, esecutori e compositori che operano nella sua dimo-
ra; ma sostiene anche esecuzioni pubbliche nei luoghi di culto di cui si fa protetto-
re, nei teatri o nelle vie della città. Certo, il ‘ritorno di immagine’ per colui che
investe parte dei suoi beni in musica non è immediatamente evidente nella musica
strumentale e nella musica sacra di tipo liturgico; mentre nei testi dei madrigali e
più tardi in quelli delle cantate, degli oratori e dei melodrammi è sempre possibile
individuare elementi di encomio. Ma anche quando non esiste un legame esplicito
1 Di Gio: Andrea Dragoni / maestro dicapella [!] / di S. Giovan Laterano / il primo libro de madrigali / a

quatro voci. / Nuovamente posti in luce,Venezia, appresso l’herede di Girolamo Scotto, 1581. EMIL VOGEL,
ALFRED EINSTEIN, FRANÇOIS LESURE, CLAUDIO SARTORI, Bibliografia della musica italiana vocale profana dal 1500
al 1700, 3 voll., Pomezia, Staderini, 1977 (d’ora in avanti NV), n. 865; RISM A/I, D 3495. Esemplari
dell’opera si trovano in: Harburg über/Donauwörth, Fürstlich Oettingen-Wallerstein’sche Bibl. (Basso),
Modena, Bibl. Estense (Canto e Tenore) e Napoli, Bibl. Nazionale (Canto, Alto e Basso). Nel NV non
è segnalato l’esemplare di Napoli (presente invece nel RISM) che, essendo l’unico a tramandare il
fascicolo dell’Alto, ha reso possibile la trascrizione in notazione moderna dei madrigali.
2 La musica e il mondo. Mecenatismo e committenza musicale in Italia tra Quattro e Settecento, a cura di

Claudio Annibaldi, Bologna, Il Mulino, 1993; STEFANO LORENZETTI, Musica e identità nobiliare nell’Italia
del Rinascimento. Educazione, mentalità, immaginario, Firenze, Olschki, 2003.
242 BIANCAMARIA BRUMANA

tra il committente e l’opera, la musica rimane sempre un simbolo dell’importanza


sociale del personaggio.
La forma più documentata di mecenatismo musicale è quella di dare alle stampe
delle composizioni facendole apparire sotto il nome di un personaggio illustre. Molte
volte il dedicatario sosteneva in prima persona le non lievi spese dell’edizione; ta-
laltra il musicista cercava con la dedica di ingraziarsi il potente in vista di una futu-
ra occupazione al suo servizio; altre volte ancora il compositore non traeva alcun
vantaggio economico dalla dedica, ma era semplicemente un modo per mettersi
sotto la protezione di quel personaggio grazie a un concetto di famiglia allargata.
Di solito più alto era il rango del dedicatario, più importante era il musicista. Le
dediche, redatte con sottile arte retorica, evidenziano sempre l’umiltà, vera o pre-
sunta, della condizione del musicista per esaltare, nel contrasto, la posizione eccelsa
del committente. Costui, fornito di innumerevoli doti, è sempre un amante della
musica: la pratica in prima persona o ha nei confronti di questa arte un’alta capaci-
tà di giudizio, anche quando, passando dal Cinquecento al Seicento, il mecenate
perderà sempre più le caratteristiche dell’uomo cólto del Rinascimento — e per
ciò stesso a conoscenza di ogni aspetto del sapere e dell’arte — per compiacersi
solo del suo potere.
Nella Roma pontificia, in particolare, la natura non dinastica del trono fa sì che
ogni famiglia cardinalizia, in grado di esprimere dal suo seno un potenziale candi-
dato al soglio di Pietro, funzioni a tutti gli effetti come una piccola corte che ga-
reggia con altre in ogni aspetto dell’ascesa al potere, dall’acquisto di beni e titoli
alla politica matrimoniale, dallo sfarzo dell’esistenza al mecenatismo artistico e mu-
sicale. Ed è così che giovani rampolli delle famiglie in lizza sono eletti alla porpora
cardinalizia ancora adolescenti, oppure si sentono quasi in dovere di esercitare il
mecenatismo musicale in età a dir poco precoce.

Musica in casa Cesi

1. A Todi, dal 1525 al 1606, si avvicendò una vera e propria dinastia di vescovi
appartenenti alla potente famiglia umbro-romana dei Cesi3 che, nell’esercizio delle
proprie funzioni non mancò di influenzare l’attività musicale della città e della cap-
pella del duomo in particolare.4

3 Per le notizie sui vari membri della famiglia Cesi cfr. EDOARDO MARTINORI, Genealogia e cronistoria

di una grande famiglia umbro-romana, i Cesi, illustrata nei loro monumenti artistici ed epigrafici e nelle memorie
archivistiche con introduzione, note ed appendice di Giuseppe Gabrieli, Roma, Tipografia Compagnia Na-
zionale Pubblicità, 1931.
4 Per quanto attiene i rapporti fra i Cesi e Todi cfr. VALERIA SARGENI, Musica e musicisti nella cattedrale

di Todi. Il periodo pretridentino, «Esercizi. Musica e spettacolo», 16–17, n.s. 7–8, 1997–1998, pp. 33–76;
EAD., Musica e musicisti nella cattedrale di Todi dopo il concilio di Trento (secoli XVI-XVII), «Bollettino della
Deputazione di Storia Patria per l’Umbria», C, 2003, pp. 335–379; GALLIANO CILIBERTI, Musica e società
in Umbria tra Medioevo e Rinascimento, Turnhout, Brepols, 1998, pp. 247–251, 282–284.
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 243

Paolo Emilio, cardinale dal 1517, assunse la guida della diocesi tuderte il 1 giu-
gno 1523, ma solo dodici giorni dopo ne cedette l’amministrazione al fratello Fe-
derico, anch’egli cardinale, che ricoprì l’incarico fino al 1545. Paolo Emilio, tutta-
via, continuò ad interessarsi delle vicende musicali della cattedrale: nel 1525 un
cantore al servizio della cappella, un certo «Magister de Mantua detto el Monaco»,
si rivolse direttamente al cardinale per chiedere di essere congedato e costui, nella
sua qualità di ‘patrono’, acconsentì alla richiesta e provvide alla scelta del successo-
re, Girolamo da Milano, dopo averlo sentito cantare e suonare personalmente. Un’ul-
teriore prova della sollecitudine di Paolo Emilio per il decoro musicale della catte-
drale di Todi ci viene da una lettera ai canonici del 18 novembre 1525, nella quale,
rilevando con disappunto che l’organo non è ancora stato collocato nel luogo pre-
disposto ad accoglierlo, chiede che si provveda in occasione della sua visita nella
cittadina umbra nel febbraio successivo.5
Durante l’episcopato di Giovanni Andrea Cesi (1545–1566), che si occupò per-
sonalmente del governo della diocesi, fu istituita una nuova prebenda destinata a
un sacerdote cantore e, almeno dal 1560, l’organista fu affiancato da un maestro di
cappella. Per impedire che il francese Francesco Bouyer si licenziasse da questo in-
carico sollecitò, ma senza successo, anche il contributo del cardinale di Urbino, Giulio
Feltrio della Rovere, allora governatore di Todi e legato di Perugia. Nell’aprile del
1563 promosse due sacre rappresentazioni con significativi interventi musicali dei
quali riferiscono le cronache: il Trionfo della Passione e il Trionfo della Resurrezione.6
Angelo Cesi, vescovo dal 1566 al 1606, cercò di accrescere e rendere più stabile
l’organico della cappella. Particolarmente attivo nell’applicare i decreti tridentini
— nella fattispecie la valorizzazione del culto dei santi locali —, nel 1596 organiz-
zò solenni festeggiamenti con musica in occasione della traslazione nella cripta di
San Fortunato dei corpi dei cinque santi Callisto, Cassiano, Fortunato, Degna e
Romana. Nel carnevale del 1584 fece anche allestire una mascherata moraleggian-
te, il Consiglio d’Apollo, nel corso della quale furono eseguite canzoni, madrigali e
sinfonie.7
2. Passando da Todi a Roma è interessante rilevare che Giovanni Federico III
Cesi, fratello minore del Linceo, scelse per la sua Accademia dei Divisi un’impresa
musicale: un leggio con un libro di musica aperto in cui le quattro parti di una
composizione polifonica sono disposte ‘a libro corale’ e il motto «Tamen divisa sua-
vis». Nel 1591 Francisco Soto dedicò a Olimpia Orsini il Quarto libro delle laudi da
lui composte su richiesta dei Padri della Congregazione dell’Oratorio;8 e nel 1600
Romolo Cesi, vescovo di Narni, risulta dedicatario della parte del tenore delle Nuove
laudi ariose della Beatissima Vergine curate da Giovanni Arascione e Giovenale Anci-
na.9
5 SARGENI, Musica e musicisti nella cattedrale di Todi. Il periodo pretridentino, pp. 53–56.
6 SARGENI, Musica e musicisti nella cattedrale di Todi. Il periodo pretridentino, pp. 61–64.
7 SARGENI, Musica e musicisti nella cattedrale di Todi dopo il Concilio di Trento, pp. 335–346.
8 Il quarto libro delle laudi, Roma, Gardano-Donangeli, 1591 (RISM B/I, 1591/3).
9 Nuove laudi ariose della Beat[issi]ma Vergine, Roma, Mutij, 1600 (RISM B/I, 1600/5).
244 BIANCAMARIA BRUMANA

Nel 1614, in occasione delle nozze della principessa Anna Maria Cesi con Mi-
chele Peretti, principe di Venafro e fratello del cardinal Montalto, fu allestita nel
Palazzo della Cancelleria una festa spettacolare alla quale presero parte i principali
musicisti della Roma dell’epoca. Nell’edizione a stampa del libretto, l’Amor pudico
di Giacomo Cicognini, si trova anche una dettagliata descrizione della festa che
costituisce un raro e prezioso documento della vita culturale dell’epoca.10 Tra gli
interpreti dell’opera, nel ruolo di Anterore, c’è un certo Stefano da identificare,
probabilmente, con Stefano Landi (1587–1639) che nel 1602 fu ammesso al Semi-
nario Romano grazie all’interessamento del cardinale Bartolomeo Cesi, del duca
Federico e della di loro madre Beatrice Caetani.11 Molti anni più tardi, nel 1640,
Anna Maria Cesi è la dedicataria di un volume di Canzoni spirituali a una, a due et a
tre voci da cantarsi, e sonarsi sopra qualsivoglia istromento di Pietro Paolo Sabbatini;12
mentre ad un’altra donna della famiglia Cesi, un’Anna Maria monaca di S. Lucia in
Selci, sono dedicati nel 1617 gli Affetti amorosi spirituali di Paolo Quagliati, «compo-
nimenti» si legge nella dedica «accarezzati prima, et favoriti da lei, quando tal volta
s’è compiaciuta cantarli et abbellirli con le sue artificiose maniere et soavissima
voce».13 Tra i Cesi ci fu anche un compositore, don Pietro Cesi (Roma c. 1630-c.
1680),14 del quale ci sono pervenute delle Lamentationes Jeremiae prophetae (Roma,
Mascardi, 1653), dei Mottetti a una, due, e tre voci con una Messa, e Salve a cinque (Roma,
Mascardi, 1654), una Messa a quattro, con altre sacre canzoni (Roma, Fei, 1660) e due
mottetti in raccolte antologiche del 1668 e del 1672.15
Ultimi esempi di mecenatismo musicale dei Cesi agli inizi del Settecento sono
quelli di Maria Isabella (1676–1753) andata in sposa al principe Francesco Maria
Ruspoli (1672–1731) e di Federico Pierdonato (1664–1762),VI duca di Acquaspar-
ta. Il nome di Maria Isabella è legato — oltre che ad una raccolta di Rime degli
Arcadi e ad alcune opere in prosa16 — alla committenza dell’Oratorio della SS. An-
nunziata eseguito con musica di Antonio Caldara nel Palazzo Ruspoli il 24 marzo
10 JAMES CHATER, Musical patronage in Rome at the turn of seventeenth century: the case of Cardinal Mon-

talto, «Studi musicali», XVI, 1987, pp. 179–227: 198–205; JOHN WALTER HILL, Roman monody, cantata, and
opera from the circles around Cardinal Montalto, 2 voll., Oxford, Clarendon, 1997, vol. I, pp. 279–296;
GIANCARLO ROSTIROLLA, Alcune note sulla professione di cantore e di cantante nella Roma del Sei e Settecento,
in Il melodramma a Roma tra Sei e Settecento, a c. di Saverio Franchi («Roma moderna e contempora-
nea», IV/1, 1996), pp. 37–74: 47–49.
11 ARNALDO MORELLI, Landi, Stefano, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enci-

clopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, vol. LXIII, 2004, pp. 406-411.
12 PIETRO PAOLO SABBATINI, Canzoni spirituali a una, a due et a tre voci da cantarsi, e sonarsi sopra qualsi-

voglia istromento. Libro secondo. Opera decimaterza, Roma, L. Grignani, 1640 (NV 2512).
13 PAOLO QUAGLIATI, Affetti amorosi spirituali [...], Roma, G.B. Robletti, 1617 (NV 2290).
14 GUNTHER MORCHE, Cesi, Pietro, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, Kassel, Bären-

reiter, 2000, vol. IV, coll. 612–613.


15 RISM A/I, C 1761, C 1762, C 1763; RISM (Recueils imprimés XVIe-XVIIe siècles) 1668/1 e 1672/1. Si ha

notizia anche di suor Sulpitia Cesis, autrice di una raccolta di Motetti spirituali a 8 voci, edita a
Modena nel 1619 (RISM A/I, C 1764), ma secondo Martinori i Cesi emiliani non hanno alcun rappor-
to con la omonima famiglia umbro-romana (MARTINORI, Genealogia e cronistoria, p. 113).
16 Rime degli Arcadi. Tomo quinto, Roma, A. De Rossi, [1717]. I componimenti in prosa sono: La

confusione de’ sponsali, Le gare della virtù e La virtù trionfante, tutti editi a Roma nel 1719, 1720 e 1722
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 245

171517 e a numerosi melodrammi: La costanza in amore rappresentato a Foligno nel


1710 e replicato l’anno successivo a Roma con musica di Caldara e dedica al prin-
cipe Ruspoli;18 Il tradimento traditore, dato al teatro Grimani di Venezia con musica
di Antonio Lotti nel 1711;19 l’Astianatte di Francesco Gasparini al teatro Alibert di
Roma nel 1719; Il Crispo di Giovanni Maria Bononcini al teatro Capranica di Roma
nel 1721; e L’Oreste di Benedetto Micheli allestito nello stesso teatro nel 1723.20
Federico Pierdonato Cesi,21 nel cui palazzo fu «da’ primarij musici recitato un ora-
torio in onore dell’Assuntione di Maria Vergine, a cui v’intervenne la più parte
della nobiltà di Roma che applaudì al spirito di Sua Ecc.za et all’esquisitezza della
musica», come riporta un ‘avviso’ di Roma del 3 ottobre 1705,22 viene definito dal
Valesio «uomo spensierato e goditore»23 e appare anche come dedicatario de L’Ana-
gilda, un dramma per musica di Antonio Caldara rappresentato a Foligno nel car-
nevale del 1722.24 Dal libretto a stampa dell’opera risulta anche che Cesi doveva
avere al suo servizio un certo numero di musicisti, perché tra gli interpreti del-
l’opera compare come direttore della musica «don Giambattista Fronduti da Gub-
bio maestro di cappella di Federico Cesi duca d’Acquasparta» e come primo violi-
no e direttore d’orchestra «Giulio Toscani virtuoso del duca d’Acquasparta».

I madrigali per Federico I Cesi e Olimpia Orsini

1. Federico Cesi (1562–1630),25 marchese di Monticelli e, dal 1588, primo duca


di Acquasparta, fu anche decemviro di Todi nel 1586 e dal 1613 anche principe di

rispettivamente; cfr. SAVERIO FRANCHI, Drammaturgia romana. II (1701–1750), Roma, Edizioni di storia e
letteratura, 1997, pp. 154, 163, 186.
17 FRANCHI, Drammaturgia romana. II, pp. 113, 116.
18 Un esemplare del libretto di trova in Roma, Bibl. Nazionale; cfr. ORIETTA SARTORI, Notizie di

interesse musicale in un antico periodico a stampa: il «Foglio di Foligno», «Esercizi. Musica e spettacolo»,
16–17, n.s. 7–8, 1997–1998, pp. 87–119: 113–114. Per la replica romana del 1711 cfr. CLAUDIO SARTORI,
I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, 7 voll., Cuneo, Bertola & Locatelli, 1990–1994, n. 6807;
FRANCHI, Drammaturgia romana II, p. 83.
19 SARTORI, I libretti italiani a stampa, n. 23385.
20 Per le opere romane cfr. FRANCHI, Drammaturgia romana II, pp. 154, 168, 176, 194.
21 MARTINORI, Genealogia e cronistoria, pp. 83–84. Federico Pierdonato Cesi divenne duca di Acqua-

sparta nel 1705, alla morte del padre Giuseppe Angelo, quinto duca. Nel 1721 fu nominato camerie-
re segreto di cappa e spada di Clemente XI. Morì a Cingoli, nel convento dei monaci della congre-
gazione silvestrina, dove si era ritirato. Aveva sposato Teresa Nuti (1675–1711) dalla quale ebbe due
figli, Carlo Federico e Federico.
22 Avvisi di Roma dal gennaio 1705 al giugno 1706, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott. lat. 2733, c.

102v; cfr. FRANCHI, Drammaturgia romana II, p. 30.


23 FRANCESCO VALESIO, Diario di Roma, ed. mod. a cura di Gaetana Scano e Giuseppe Graglia, 6

voll., Milano, Longanesi, 1977–1979, vol. V, p. 229;


24 SARTORI, I libretti italiani a stampa, n. 1879. Un esemplare del libretto si trova in Roma, Bibl. del

Conservatorio Santa Cecilia.


25 MARTINORI, Genealogia e cronistoria, pp. 66–67, 114; FEDERICO CESI, Opere scelte, a cura di Carlo

Vinti e Antonio Allegra, Perugia, EFFE, 2003, p. LXXIII.


246 BIANCAMARIA BRUMANA

San Polo e Sant’Angelo grazie a Paolo V che assegnò questo titolo al primogenito
della famiglia. Nel 1579 sposò Olimpia Orsini, dalla quale ebbe undici figli, il pri-
mo dei quali fu Federico II (1585–1630) il futuro fondatore dell’Accademia dei Lincei.
Visse a Roma nel palazzo Cesi in via della Maschera d’oro che il padre Angelo
aveva acquistato da Sigismondo de’ Rossi conte di Sansecondo.26 Federico senior
condusse una vita sfarzosa, mantenendosi al livello delle più illustri famiglie roma-
ne che, come i Cesi, aspiravano ad avere un papa nella loro dinastia. La tradizione
non ce ne offre un ritratto edificante: si parla di lui come di un uomo rozzo e
violento che non apprezzava la passione del figlio per gli studi. Dissipò le sostanze
familiari, la cui gestione dovette affidare al futuro Linceo, dopo aver tentato di pri-
varlo di parte dell’eredità a favore de secondogenito Giovanni Federico. Morì il 24
giugno del 1630 (circa un mese prima del figlio che si spense, a quarantacinque
anni, il 1 agosto dello stesso anno) e fu sepolto nella chiesa del Gesù, accanto alla
moglie già scomparsa nel 1616.
Di Olimpia Orsini (1562–1616) si dice invece che fosse una donna dotata di
particolare nobiltà e mitezza d’animo.27 Le sue virtù cristiane e la sua devozione
sono ricordate da Francisco Soto (1534–1619) nel Quarto libro delle laudi a tre et
quatro voci, pubblicato nel 1591 dal soprano e compositore spagnolo su richiesta dei
padri della Congregazione dell’Oratorio e dedicato appunto ad Olimpia.28
All’illustrissima et eccellentissima signora osservandissima, la signora Olimpia Or-
sina Cesi duchessa d’Acquasparta.
L’affettione, e devotione, che Vostra Eccellenza ha di continuo dimostrato a’ santi e
lodevoli essercitij dell’Oratorio, e tra le altre cose, alle canzoni e laudi spirituali, che
alcune volte ha sentito cantare, commendandole molto, et prendendone interno gusto
e piacere, mi hanno spinto a dedicarle questa operetta nuovamente composta, sì che
dovendosi mettere in luce e dar alla stampa, ho giudicata non esser conveniente che
uscisse in publico sotto altra protettione che di Vostra Eccellenza, alle cui christiane
virtù i nostri padri tanto più affettionati sono et obligati, quanto maggiori si rappre-
sentano loro i meriti, e qualità di quella. Accetterà dunque con lieto viso questo pic-
ciol dono, non come cosa alla dignità sua proportionata, ma come un segno della
grata volontà, et osservanza, che a lei si deve.
Di V. Eccellenza devotissimo servitore Francesco Soto

Durante la frequentazione degli esercizi oratoriali Olimpia ebbe modo di ascol-


tare delle laudi «commendandole molto, et prendendone interno gusto e piacere».
26 Il palazzo Cesi in via della Maschera d’oro, Gaeta, Stabilimento grafico militare, 1998.
27 MARTINORI, Genealogia e cronistoria, pp. 66–67, 114. La data di nascita di Olimpia si deduce a
ritroso dall’iscrizione che compare sulla tomba nella chiesa del Gesù di Roma, nella quale si dice
che morì il 12 marzo 1616 a 54 anni; cfr. VINCENZO FORCELLA, Iscrizioni delle chiese e d’altri edifici di
Roma dal sec. XI ai nostri giorni, 14 voll., Roma, Tipografia delle Scienze Matematiche e Fisiche, 1869–
1884. Ringrazio per la segnalazione il prof. Saverio Franchi.
28 Una ristampa anastatica dell’edizione de Il quarto libro delle laudi di Giovanni Soto è stata pub-

blicata a cura dell’AMIS (Bologna, 1971); un’edizione moderna è apparsa a cura di Marco Gemmani
(Bologna, AERCO–Associazione emiliano-romagnola cori, 1999 [Quaderni della rivista Farcoro, 4]).
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 247

L’intento della raccolta è quello di esaltare le doti di pietà cristiana che, nel clima
post-tridentino, ben si addicono ad una donna dell’entourage papale e più in gene-
rale ad ogni donna di nobile lignaggio: si veda ad esempio il Secondo libro di madri-
gali spirituali che Giovanni Pierluigi da Palestrina nel 1594 dedicherà a Cristina di
Lorena andata in sposa nel 1589 a Ferdinando dei Medici.29 Nel testamento, redat-
to a Tivoli il 3 ottobre 1615, Olimpia esprime il suo desiderio di essere sepolta
nella cappella di san Francesco della Chiesa del Gesù, di avere funerali senza pompa
e di essere vestita con un semplice abito da cappuccina del terz’ordine francesca-
no.30

2. Nel 1581, però, il giovane Federico Cesi non aveva ancora evidenziato i lati
poco gradevoli del suo carattere e dalla raccolta di Dragoni risulta essere un aman-
te e un mecenate della musica, forse in grado di praticare egli stesso quest’arte in
modo eccelso. E l’altrettanto giovane consorte Olimpia non aveva ancora sviluppa-
to la sua mesta e totale dedizione alle pratiche religiose, sebbene risulti circondata
dell’aura celestiale e pura evocata dal suo nome e particolarmente adatta a una donna
del suo rango. La coppia sembra prediligere una musica nobile e al tempo stesso
gradevole; la stessa musica che ci lasciano immaginare alcuni affreschi del palazzo
Cesi di Acquasparta, completato proprio intorno al 1579 — l’anno delle loro noz-
ze — e nel quale appaiono ripetutamente gli stemmi inquartati delle due famiglie
Cesi e Orsini.31 Si veda in particolare l’iconografia musicale dell’affresco raffigu-
rante Apollo e le Muse che adorna la volta della Stanza delle fatiche di Ercole.32
Giovanni Andrea Dragoni (ca. 1540–1598),33 che aveva circa ventidue anni più
dei suoi nobili committenti, nel 1581 era già un musicista autorevole. Allievo di
Palestrina, dal giugno 1576 occupava il posto di maestro di cappella di una delle
principali basiliche romane, San Giovanni in Laterano, e mantenne tale incarico
fino alla morte. Le sue numerose composizioni sacre, sia manoscritte che a stampa,
comprendono anche due sezioni della famosa Missa Cantantibus organis Caecilia —
resa nota ed edita da Casimiri nel 1930 — alla cui realizzazione contribuirono i

29 BIANCAMARIA BRUMANA, Les musiques pour la naissance d’un grand-duc et le début du mécénat musical

de Christine de Lorraine, in Symphonies lorraines. Compositeurs, exécutants, destinataires, actes du colloque


de Lunéville (20 novembre 1998) publiés sous la direction de Yves Ferraton, Paris, Klincksieck, 1998,
pp. 281–293.
30 MARTINORI, Genealogia e cronistoria, pp. 66–67.
31 Nella volta della loggia verso il giardino che dà accesso al piano nobile sono affrescati quattro

grandi stemmi, il terzo dei quali reca le insegne di Federico I Cesi e di Olimpia Orsini; cfr. GIOVANNA
SAPORI – CARLO VINTI – LINO CONTI, Il palazzo Cesi di Acquasparta e la rivoluzione scientifica lincea, Perugia,
Delta, 1992, p. 33.
32 SAPORI – VINTI – CONTI, Il palazzo Cesi di Acquasparta, p. 27. La Stanza delle fatiche di Ercole è la

prima dell’ala sinistra del piano terreno, destinato ad uso privato. Altri elementi di iconografia musi-
cale sono presenti nella Stanza di Orfeo ed Euridice, sempre al piano terreno, e nella Stanza delle
Muse al piano nobile.
33 PATRICIA ANN MYERS, Dragoni, Giovanni Andrea, in The New Grove Dictionary of Music and Musi-

cians, London, Macmillan, 2001 (d’ora in avanti NG 2001), vol. VII, pp. 554–555.
248 BIANCAMARIA BRUMANA

più noti compositori romani dell’epoca.34 La sua produzione profana era iniziata
nel 1574 con il madrigale a cinque voci Alba cruda inserito nel Quarto libro delle
Muse, un’antologia curata dal cantore pontificio Tommaso Benigni e per questo
intitolata Benigni spirti.35 Tra il 1575 e il 1579 aveva pubblicato tre libri di madrigali
a cinque voci,36 il primo dei quali (dato alle stampe col parere «dell’eccellentissino
M. Giovanni Palestrina mio precettore») contiene componimenti per le nozze di
Giovanni Pepoli con Angela Boncompagni. Dragoni, dunque, non era nuovo alla
composizione di musiche epitalamiche come, in senso lato, si possono considerare
anche quelle dedicate ai Cesi e come pochi anni più tardi, nel 1584, saranno quelle
del Primo libro di madrigali a sei voci scritto per le nozze di Lucio Savelli con Placida
Colonna.37
Nella dedica del Primo libro di madrigali a quattro voci, indirizzata a Federico Cesi,
il musicista dichiara di avere infiniti obblighi nei confronti del suo protettore (chia-
mato con l’appellativo di «patron mio») e — dato ancora più interessante — di
«ridurmi col mezzo loro [la pubblicazione di questi madrigali] alla sua memoria
per quel vero et devoto servitore ch’io me le dedicai molti anni sono». In sostanza,
il musicista, che già in precedenza si era messo sotto la protezione del Cesi, rinnova
ora pubblicamente la sua dedizione al nobile personaggio. Non sappiamo a quando
risalga il primo contatto fra il musicista e il suo patrono, ma possiamo collocarlo
intorno al 1570, quando Federico, poco più che fanciullo, si trovò a subentrare al
padre Angelo, scomparso in quell’anno, anche come mecenate musicale.
All’illustrissimo sig. et patron mio sempre osservandissimo il signor Federico Cesis
S’io fussi del valor ch’io non sono, darei a V.S. illustrissima della devotion mia se-
gno più proportionato al suo merito, et a gl’infiniti oblighi ch’io le tengo. Ma non
conoscendo in me qualità degna di comparir alla sua presenza, fuor che la musica,
nella qual con molta diligenza sin da primi anni m’esercitai, ho preso occasione d’ho-
norar del suo nome questi ultimi parti del mio debile ingegno, et ridurmi col mezzo
loro alla sua memoria per quel vero et devoto servitore ch’io me le dedicai molti
anni sono, pregandola a non misurar l’affetto dell’animo mio con la bassezza del dono,
ma più tosto con la benignità solita stimar il picciol dono per la gran devotion del-
l’animo dal qual procede. Il che accrescerà in me in un tempo gl’oblighi, et la voluntà
di produr tuttavia frutti più degni di V.S. illustrissima alla quale in questo mezzo bacio
reverentemente la mano, pregando Dio per l’accrescimento della sua felicità. Di Roma
alli 10 d’ottobre 1581.

34 RAFFAELE CASIMIRI, La Missa “Cantantibus organis Caecilia” a 12 voci di Giov. P. da Palestrina e de’ suoi

scolari, «Note d’archivio per la storia musicale», VIII, 1931, pp. 233–244. Oltre a Dragoni, composero
parti di questa messa Francesco Soriano, Palestrina, Annibale Stabile, Ruggero Giovannelli, Curzio
Mancini.
35 RISM B/I, 1574/4; cfr. GAETANO GASPARI, Catalogo della Biblioteca musicale G. B. Martini di Bologna,

Bologna, Libreria Romagnoli Dall’Acqua, 1893 (rist. anastatica: Bologna, Forni, 1961), vol. III, p. 32.
36 NV 866, 867, 868.
37 NV 870.
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 249

3. Veniamo ora al contenuto del libro di madrigali per svelarne l’architettura e


gli intenti programmatici. Il volume contiene venticinque componimenti musicali,
raggruppati in tre cicli: si tratta cioè di tre corone di madrigali, nelle quali l’unità
poetico-musicale di un singolo brano prende luce in un contesto più ampio, un
ciclo di madrigali appunto, nel quale sono messe in musica diverse stanze di un
unico testo poetico.38

In lode de gl’illustrissimi sig. Fede. Cesis et Olimpia Orsina


[1] Già di Mennon la bella madre havea
[2] Quando a caso un mattin la destra riva (seconda stanza)
[3] Era il leggiadro viso suo qual suole (terza stanza)
[4] Le Gratie e ‘l gaudio gli facean corona (quarta stanza)
[5] Alma Olimpia già ‘l tempo da me tanto (quinta stanza)
[6] Nacqui per te per te ho vissuto et vivo (sesta stanza)
[7] Così dicendo d’angoscioso humore (settima stanza)
[8] Ove seco in perpetua primavera (ottava stanza)
[9] Alma beata et bella (prima parte) [Sannazaro]
[10] Altri monti altri piani (seconda parte)
[11] Qual è la vite a l’olmo (terza parte)
[12] Pianger le sante dive (quarta parte)
[13] Dunque fresche corone (quinta parte)
In lode della caccia de lepri
[14] Diensi a vario mestier gli ingegni industri
[15] Questo ogni vil pensier discaccia e tolle
[16] Chi non movesse i frettolosi passi
[17] Alternando alte voci e allegre note
[18] Ma la nascosa lepre ch’a le spalle
[19] Arrivata non lungi a mezza costa
[20] Ecco Dorceo veloce, ecco Melampo [a tre voci]
[21] L’occulta infelice ecco all’hor ch’intende
[22] Il veltro snel ch’a correr non l’impaccia
[23] Esser augel vor(r)ebbe o a l’onde mergo
[24] I veltri all’hor d’oprarsi hanno desio
[25] Stratiata e morta al deputato loco [a cinque voci]

Il primo gruppo di madrigali, dedicato a Federico e Olimpia (nn. 1–8),39 fa rife-


rimento all’amore dei due giovani e alla loro unione; più precisamente è l’omaggio
che Federico rivolge alla sposa. Lei, Olimpia, deve scendere dal cielo per avvolger-

38 ANDREA CHEGAI, Marenzio e il madrigale multisezionale: segmentazione del testo e modelli di esordio, in

Studi marenziani, a cura di Iain Fenlon e Franco Piperno, Venezia, Fondazione Levi, 2003, pp. 167–
199.
39 Cfr. Appendice 1.
250 BIANCAMARIA BRUMANA

lo nel suo «stellato manto» (come la Vergine) e condurlo nel «regno santo», dove
vivranno in eterna felicità. Il giovane innamorato, apparentemente non corrisposto,
muore per raggiungere l’amata, ma la sua scomparsa segna solo il passaggio simbo-
lico a una nuova e più alta condizione, quella coniugale.
Il testo poetico — anonimo ma da attribuirsi con ogni probabilità a un poeta
dell’entourage della famiglia — è composto da otto ottave di endecasillabi con rima
abababcc. In esso si finge che il poeta, passeggiando sulle rive del Tevere in un matti-
no di primavera, sia colpito dal suono di una voce «celestiale», «ch’uscir credei di
divin nume». Si tratta di un fanciullo dalle splendide sembianze — facilmente iden-
tificabile con Federico Cesi, dedicatario dell’opera — che canta una canzone in
maniera eccelsa («Con grato suono ei dunque in questi accenti / arrestò il ciel a
udirlo et gli elementi»). La quinta e la sesta strofa — finzione nella finzione —
contengono le parole d’amore del giovane per Olimpia. Poi compare improvvisa-
mente la dea d’amore che, non potendo sopportare la sofferenza del giovane, lo
conduce in cielo, lasciando il poeta solo e triste. Nel madrigale Alma Olimpia, la
musica fluisce senza soluzione di continuità tra un verso e l’altro. Non si riscontra-
no cesure nette in tutte le voci contemporaneamente, ma l’inizio di un nuovo ver-
so è affidato ad una o due voci il cui discorso musicale si inserisce nel contesto
precedente in una concatenazione stretta e sempre varia. Solo in corrispondenza
dell’inizio del quinto verso, che segna anche l’inizio della seconda parte della stro-
fa, il distacco si fa evidente: Tenore e Basso attaccano in maniera omoritmica e sen-
za prolungamenti sonori significativi della sezione precedente, mentre Canto e Alto
tacciono prima di entrare ad imitazione sulle stesse note all’ottava superiore (batt.
39–45). I vocalizzi, nel complesso molto contenuti, sono collocati alla fine del se-
condo, del quarto e del sesto verso, ma anche su «stellato manto»; mentre l’impor-
tanza degli ultimi due versi è sottolineata dalle ripetizioni del testo che si fanno
qui particolarmente numerose e dal frazionamento dei valori sulle parole «viva fe-
lice». L’inizio del madrigale, che contiene il nome della dedicataria, è scandito in
maniera omoritmica e a valori uniformemente ampi da tutte le voci. Nel terzo
verso, nel quale si allude ad Olimpia che scesa dal cielo deve portare con sé nel
«regno santo» il consorte, l’idea dello ‘strappare’ dal contesto terreno per andare
verso l’alto è resa madrigalisticamente dal Basso che si fa largo tra le altre voci che
ancora intonano il verso precedente salendo per gradi di una nona (Do2–Re3, batt.
15–22), e dal Tenore e dall’Alto che si aggiungono con un disegno analogo (Teno-
re: Sol2–Sol3, batt. 17–21; Alto Do3–Do4), batt. 17–20), mentre il Canto tace.
Il secondo gruppo di madrigali (nn. 9–13) utilizza il testo della quinta ecloga
dell’Arcadia di Sannazaro (1456–1530). In essa il malinconico Ergasto canta sul se-
polcro di Androgeo, lamentandosi per la scomparsa del pastore che col suo soave
canto era solito allietare i compagni; ora però la sua anima è beata e vive «in altri
monti ed altri piani», dove può seguire le ninfe «in più felici amori» e dove, tra
Dafni e Melibeo, canta «col suon de’ nuovi inusitati accenti». Il parallelismo tra l’eclo-
ga del Sannazaro e le stanze in lode dei Cesi è evidente: in entrambe la morte di
un abile cantore (Androgeo-Federico) e il lamento del poeta; ma al tempo stesso,
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 251

in entrambe, il passaggio dell’eletto alla beatitudine di una mitica età dell’oro. Non
sappiamo dunque se l’idea apparentemente luttuosa della morte del giovane Cesi
abbia suggerito l’accostamento all’ecloga di Sannazaro; o se, viceversa, sia stato questo
notissimo componimento poetico ad ispirare l’omaggio a Cesi (si calcola che in
Italia, solo nel Cinquecento, furono pubblicate circa settanta edizioni dell’Arcadia).
Tra l’altro, questo di Dragoni, è il primo trattamento musicale dell’intera ecloga.40
Girolamo Scotto, nel 1541, si era limitato a rivestire di note solo la prima strofa
Alma beata et bella.41 Dopo Dragoni, si cimentarono nella stessa impresa Andrea Ga-
brieli nel 158842 e Cristofano Malvezzi nel 1590.43
Il terzo gruppo di dodici madrigali (nn. 14–25), anonimi, è in lode della cac-
cia della lepre.44 In questi componimenti, eseguiti forse anche nelle sale del Palazzo
Cesi in via della Maschera d’oro, sembrano prendere consistenza sonora le scene di
caccia che decoravano la facciata dell’edificio e che in seguito andarono irrimedia-
bilmente perdute.45 Qui, in modo agile e spigliato, con un linguaggio fatto anche
di buonsenso popolaresco, si esalta lo sport per eccellenza della nobiltà del medioe-
vo e del Rinascimento. Altri si dedichino al gioco, alla lettura, alle pratiche occulte,
alla poesia, all’amore; l’unico «spasso» del poeta «fia tra macchie e vepri / Con lieta
compagnia di colle in colle / Cacciando gir le timidette lepri». L’ultimo ‘tempo’ di
questa ‘sonata’ in tre movimenti ante litteram costituita dal libro di madrigali per
Federico e Olimpia Cesi, è un finale vivace e brillante nel quale l’andare su e giù
tra monti e valli, il suono dei corni, le grida dei cacciatori e l’inseguimento dei
cani recuperano l’animazione delle cacce musicali del Trecento. La struttura irrego-
lare del ciclo è già evidente nella ampiezza dei testi poetici utilizzati per i singoli
madrigali che vanno dai tre del madrigale Arrivata non lungi (n. 19 della raccolta / VI
del ciclo) ai dodici del madrigale Diensi a vari mestier (n. 14 / I), passando per i sei
dei nn. 15–18 (II–V) e 20–23 (VII–X), i sette nel n. 25 (XII) / e i nove del n. 24 (XI).
Anche il tessuto polifonico ha spessori diversi: si assottiglia a tre voci nel madrigale
Ecco Dorceo e si dilata a cinque nell’ultimo componimento, il cui contenuto è tragi-
co per la «sventurata lepre» che è «stratiata e morta», ma allegramente conviviale
per i cacciatori che, dopo aver arrostito la preda, se ne cibano avidamente lasciando
ai cani solo le ossa («Si figge al ferro et si condanna al fuoco / Poi ch’a le bragie
alquanto distrutta / Come se fusse rea di mille colpe / Si taglia a pezzi et isbranata
tutta / I veltri han l’ossa e i cacciator la polpa»). Un finale di tono leggiero che
sembra fare da contrappeso al clima apparentemente funebre dei primi due cicli.
Anche qui si parla di morte: ma l’ironica e scherzosa morte della lepre che ricon-
duce l’intera raccolta al carattere gioioso di una festa di corte, come qualche de-

40 SILKE LEOPOLD, Madrigali sulle egloghe sdrucciole di Iacopo Sannazaro. Struttura poetica e forma musicale,

«Rivista italiana di musicologia», XIV, 1979, pp. 75–127.


41 NV 2602, 2603 (Secondo libro di madrigali a 5 voci).
42 NV 1037 (Primo libro di madrigali a 5 voci).
43 NV 1557 (Madrigali a tre voci con alcuni alla misura breve).
44 Cfr. Appendice 2.
45 Il palazzo Cesi di via della Maschera d’oro, pp. 7–8.
252 BIANCAMARIA BRUMANA

cennio più tardi saranno i finali lieti dei melodrammi. Il libro di madrigali che Dra-
goni scrisse per Federico e Olimpia Cesi si rivela, dunque, una architettura perfetta
e un ciclo celebrativo concluso, attraverso il quale possiamo immaginare sontuose
feste nuziali con banchetti allietati da episodi scenici — come la raffigurazione del-
l’ascesa al cielo del giovane Federico per raggiungere la sua Olimpia — e da musi-
che raffinate e dilettevoli.

Note critiche alla trascrizione


Nella edizione dei testi sono state sciolte le abbreviazioni. Quando nell’originale compare (nella
stessa voce o in voci diverse) sia la forma completa che quella con elisione, si è preferito scegliere la
prima.
Stanza quinta, verso 5: Deh.
Stanza settima, verso 7: nell’Alto erroneamente veggia.
Stanza ottava, verso 7: anche tal’io.
Battuta 16, Basso: Re minima.
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 253
254 BIANCAMARIA BRUMANA
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 255
256 BIANCAMARIA BRUMANA
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 257

Fig. 1: G. A. Dragoni; Il primo libro de madrigali a quatro voci (Venezia 1581): fron-
tespizio della parte del Canto.
258 BIANCAMARIA BRUMANA

Fig. 2: G. A. Dragoni, Il primo libro de madrigali a quatro voci (Venezia 1581): par-
te del Canto del madrigale Già di Mennon.
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 259

Appendice

1. Stanze in lode de gl’illustrissimi sig. Fede. Cesis et Olimpia Orsina

[Prima stanza] Quinta stanza


Già di Mennon la bella madre havea «Alma Olimpia già ‘l tempo da me tanto
Tinto ‘l ciel dei più vaghi almi colori Desiato ne vien che dal ciel scenda
E ‘n compagnia de l’amorosa Dea Et traendomi teco al regno santo
Vestia d’herb’e di fior la terra Clori Come diceste già divo mi renda
Le rive e i colli risonar facea Deh avvolgi me nel tuo stellato manto
Filomena lodando i novi albori Ma pria la mente d’ogni error m’emenda
Et l’amorose ninfe in bel lavoro Onde teco ne l’alte alme contrade
Tessevan ghirlandette ai lor crin d’oro. Viva felice in sempiterna etade.

Seconda stanza Sesta stanza


Quando a caso un mattin la destra riva Nacqui per te per te ho vissuto et vivo
Premendo io per diporto al sacro fiume Questa vita mortal che cangiar chieggio
A sé mi trasse una celeste et diva Per l’alta tua beltate ho in odio e ‘n schivo
Voce ch’uscir credei di divin nume Quanto può dar del mondo il sovran seggio
Hor mentre questo et quel troncon che S’esser privo di te devo esser privo
priva
Me di colui che fuor d’human costume Voglio d’ogni altra età che viver deggio
Canta trapasso con ardente zelo Che s’esser mia non vol l’empia mia sorte
Un fanciul veggio gl’occhi fiso al cielo. Morte a me il viver sia vita la morte».

Terza stanza Settima stanza


Era il leggiadro viso suo qual suole Così dicendo d’angoscioso humore
Esser sorta del mar la vaga Aurora In copia bagna le vermiglie gote
O qual in drappo tra rose et viole Ma non pate la Dea cotal dolore
Finge pittor discreto a l’aura Flora Ch’in bianca nube in fretta più che puote
Gli cedea di splendore invido il sole Spargendo l’aria di celeste odore
Quand’il dono di Cerere arde e indora Calò su ‘l Tebro le dorate rote
Le chiom’et gl’occhi et l’altre membra Et qual d’arco salir veggiamo il telo
belle
Arder facìano il gran re de le stelle. Tolse al mondo il garzone et dielo al cielo.

Quarta stanza Ottava et ultima stanza


Le Gratie e ‘l gaudio gli facean corona Ove seco in perpetua primavera
E ‘l riso e ‘l gioco et danzavangli intorno Si viv’et gode l’età sua novella
Di tanti privileghi il ciel le dona Ch’ivi tempo o stagion mattin né sera
Ch’Amor di stargli incontro ha doglia et Mai non distingue la maggior facella
scorno
Non però un sol momento l’abbandona Qual chi dormendo al ciel con l’alma ito era
Ch’ei vive sol del suo bel lume adorno Cui desto grave duol prem’et flagella
Con grato suono ei dunque in questi ac- Tal io perdendo così amata et cara
centi
Arrestò il ciel a udirlo et gli elementi. Vista tenni la vita aspra et amara.
260 BIANCAMARIA BRUMANA

2. In lode della caccia de lepri

[n. 1 del ciclo = n. 14 della raccolta] [n. 5 = n. 18]


Diensi a vario mestier gli ingegni industri Ma la nascosa lepre ch’a le spalle
Altri al gioco a piacer l’hore dispensi Si sente il cacciator trem’et l’impaccia
Legga altri de gli eroi li fati illustri Quel suono e quel tumulto angoscia dalle
Altri le cose occulte a cercar diensi Et perché scampo ogni animal procaccia
Altri poetando scriva et orn’e adombre Veggiendosi ivi a gran periglio esposta
Con finto velo bei concetti e i sensi. Snida et va dove ‘l timor la caccia .

Alla dolc’aura altri posando e a l’ombre [n. 6 = n. 19]


Dei tremolanti faggi e dei ginepri Arrivata non lungi a mezza costa
Canti come d’amor la cura ingombre S’accorge mal’ haver preso il suo scampo
Che ‘l spasso mio sol fia tra macchie e vepri Che sta di su l’infesta parte opposta.
Con lieta compagnia di colle in colle
Cacciando gir le timidette lepri. [ n. 7 = n. 20] A tre voci
Ecco Dorceo veloce ecco Melampo
[n. 2 = n. 15] Che d’haverla tra denti arde et scintilla
Questo ogni vil pensier discaccia e tolle Ecco altri cani escono ratti a campo
E in esercitio passar gl’anni e i lustri Quella hor fugge in Cariddi hor fugge in Scilla
Fia meglio assai che nel pigro otio et molle La schiera intanto favoreggia e accende
Dolce mi fia cercar le tane e i lustri Quei cani al corso et ne gioisce et brilla.
Et sormontar sopra gli alpini sassi
Et scender nelle valli ime e palustri. [n. 8 = n. 21]
L’occulta infelice ecco all’hor ch’intende
[n. 3 = n. 16] Gridi et latrati et quel sonar di corno
Chi non movesse i frettolosi passi O mei risponde e in van soccorso attende
Chi non saltasse al giubiloso grido Facendo tra le cave ella soggiorno
Al suon de corni al gran romor che fas(s)i Intenta è pur se ‘l bel Narciso a caccia
Ecco il sagace can compagno fido Fosse venuto a quelle valli intorno.
«Saltella pur» né ritener si puote
Gli par ch’hor hor la lepre esca dal nido. [n. 9 = n. 22]
Il veltro snel ch’a correr non l’impaccia
[n. 4 = n. 17] Sasso sterpo cespuglio a salto a salto
Alternando alte voci e allegre note Più che l’aura leggier segue la traccia
La bella schiera va di passo in passo Escon cani di giù di costa et d’alto
Girando ‘l monte in spatiose rote La lepre hor gira hor volge ratta il tergo
Da l’erte cime ruinose al basso A questo a quel che le dà fiero assalto.
Vengon le pietre a salti onde la valle
Par si scota et risulti al gran fracasso.
MECENATISMO MUSICALE DEI CESI 261

[n. 10 = n. 23] Da l’alte cime giuso al pian si scende


Esser augel vor(r)ebbe o a l’onde mergo Et tra di lor di quella caccia gioco
Perché se cala se costeggia o monta Di passo in passo in ragionar si prende.
Le sono i can per fianc’e a faccia e a tergo
Uno già già l’arriva ecco l’affronta [n- 12 = n. 25] A 5
L’altro l’azzanna et finalmente il fio Stratiata e morta al deputato loco
Del non suo fallo a torto paga e sconta. La sventurata lepre al fin caduta
Si figge al ferro et si condanna al fuoco
[n. 11 = n. 24] Poi ch’a le bragie alquanto fia distrutta
I veltri all’hor d’oprarsi hanno desio Come se fusse rea di mille colpe
Con morsi a gara chi di lor più fieda Si taglia a pezzi et isbranata tutta
Né lassar ponno il crudo assalto e rio I veltri han l’ossa e i cacciator le polpe.
Vi corre poi ch’il fiero impeto seda
Et raccoglie di terra e al palo appende
Et qual trofeo riporta indi la preda.

Biancamaria Brumana è professore associato di Storia della musica all’Università di


Perugia, dove è responsabile del corso di laurea in Beni musicali e un master nello
stesso settore. Ha pubblicato numerosi studi sulla storia della musica dal Medioevo al
primo Novecento, con un particolare interesse verso l’oratorio musicale e la storia delle
istituzioni musicali, come cappelle e teatri. Ha redatto cataloghi di fondi musicali e di
singoli autori in collaborazione con il RISM. Ha collaborato con il Dizionario biogra-
fico degli italiani, il Dizionario universale della musica e dei musicisti, il New
Grove dictionary of opera, e Die Musik in Geschichte und Gegenwaert. È
direttore della rivista Esercizi. Musica e Spettacolo e della collana di quaderni mo-
nografici ad essa collegata.
262 BIANCAMARIA BRUMANA

SUMMARY

The powerful Umbrian-Roman Cesi family, which reached its height of splen-
dor between the sixteenth and seventeenth centuries, counting bishops, cardinals,
dukes, counts, and marchesi among its members, as well as the founder of the Ac-
cademia dei Lincei, used musical patronage, among other things, to help create the
image of a well-rounded aristocratic identity. After a reconnaissance of the musical
activities promoted by the family in various cities of Umbria and in Rome (activi-
ties exercised mainly by the women of the family), an analysis is offered of the
Primo libro de madrigali a quatro voci by Giovanni Andrea Dragoni (Venice, 1581),
dedicated to Federico I Cesi (1562-1630) and Olimpia Orsini (1562-1616) to cele-
brate their wedding in 1579 and the completion of the Cesi palace of Acquasparta,
whose decorations contain numerous visual references to music and a Music Room.
The first cycle of madrigals in the collection (nos. 1-8) refer to the love of the two
young people and their passage to the new, higher state of marriage. The second
(nos. 9-13), linked with the first in content, utilizes the text of the fifth eclogue of
Sannazaro’s Arcadia and represents the first treatment in music of the entire poetic
composition. The third group of madrigals (nos. 14-25), in praise of the hunt, is
distinguished by an agile, easy poetic and musical progression and seems to give
shape in sound to the hunting scenes that decorated the façade of the Cesi palace
in Rome on Via della Maschera d’Oro.

Biancamaria Brumana is associate professor of music history at the University of Perugia,


where she directs the undergraduate major and the master’s program in Musical heritage. She
has published numerous studies on the history of music from the Middle Ages to the early
twentieth century, with a special interest in the oratorio and the history of musical institutions
such as music chapels and theaters. She has edited catalogues of music collections and of indi-
vidual authors in collaboration with RISM, and has contributed to the Dizionario biografico
degli italiani, the Dizionario universale della musica e dei musicisti, The New Grove
Dictionary of Opera, and Die Musik in Geschichte und Gegenwaert. She is editor of
the journal Esercizi. Musica e Spettacolo and the series of monographs connected with it.

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