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Gli archivi di Morgana

Atti e testi
3
Le cadeau du village
Musiche e Studi per Amalia Collisani

a cura di
Maria Antonella Balsano, Paolo Emilio Carapezza,
Giuseppe Collisani, Pietro Misuraca,
Massimo Privitera, Anna Tedesco

Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari


Ministero dei beni e delle attività
culturali e del turismo
Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali

Regione Sicilia
Assessorato dei Beni Culturali e dell’identità siciliana
Dipartimento dei Beni Culturali e dell’identità siciliana

Università degli studi di Palermo


Scuola delle Scienze Umane e del patrimonio culturale
Dipartimento di Scienze Umanistiche

Le Cadeau du village : musiche e studi per Amalia Collisani / a cura di Maria Anto-
nella Balsano … [et al.]. - Palermo : Associazione per la conservazione delle tradizioni
popolari, 2016.
ISBN 978-88-97035-17-6
1. Musica – Scritti in onore. I. Collisani, Amalia <1946->.
II. Balsano, Maria Antonella <1948->.
780.72092 CDD-23 SBN Pal0293510

CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”

© 2016 Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari


Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino
Piazzetta Antonio Pasqualino, 5 · 90133 Palermo · tel. (+39.91) 328060 · fax 328276
www.museodellemarionette.it - mimap@museomarionettepalermo.it

In copertina: Hippolyte Lecomte, Tre figurini per l'opera Pygmalion di Jacques-Fromental


Halévy (1826), Paris, Bibliothèque nationale de France, D216-4 (1, FOL19-21).
INDICE

Paolo Emilio Carapezza


Prefazione .........................................................................................................9

PRELUDIO
Daniele Caibis
Frammento e fiore, per pianoforte...................................................................17

I. IDEE, AFFETTI, PERCEZIONI


Brenno Boccadoro
«La Tierce majeure qui nous excite naturellement à la joye […]
nous imprime jusqu’à des idées de fureur, lors qu’elle est trop forte».
Rameau e gli affetti .........................................................................................21

Piero Violante
Il suono delle nostre passioni ............................................................................37

Michał Bristiger
Leggendo la Filosofia della musica di Giuseppe Mazzini ............................45

Dario Oliveri
Due volti della Notte. Su Arthur Schopenhauer e Richard Wagner ...............56

Carmelo Calì
Fenomeni, pratiche e teorie musicali ................................................................73

Ilaria Grippaudo
Tempo congelato e musica in Sussurri e grida di Ingmar Bergman ................89

Anna Tedesco
«È dell’opera il fin la meraviglia». Il ‘meraviglioso’ e l’opera del Seicento oggi......107

Stefano Lombardi Vallauri


Sul logoramento dell’esperienza musicale (e parzialissimo riscatto) ..............133

Indice 5
Alessandro Arbo
L’opera musicale nello spazio cibernetico: implicazioni ontologiche ed estetiche.....149

II. TRADIZIONI, STRUMENTI, ORALITA’


Sergio Bonanzinga
Declinazioni del femminile nella musica siciliana di tradizione orale...........177

Giovanni Giuriati
’Mbrusino, Liszt, la tarantella montemaranese e il clarinetto. Alcune riflessioni
sul ruolo individuale nel processo creativo delle musiche di tradizione orale......225

Ignazio Macchiarella
Estetiche negoziate .......................................................................................243

Giovanni Paolo Di Stefano


I costruttori di pianoforti in Sicilia ................................................................259

III. MUSICHE, STORIE, FONTI


Giuseppe Collisani
L’Amor volubile e tiranno di Alessandro Scarlatti e Giovanni Domenico Pioli...291

Paolo Emilio Carapezza


Iridescenti alberi sonori: la foresta incantata di Domenico Scarlatti..............315

Consuelo Giglio
Il dramma per musica di Metastasio a Palermo ...........................................339

Maria Antonella Balsano


Pisani in Babilonia, ovvero duetto a voce sola tra un Antirossiniano
irriducibile e un correligionario fedifrago.......................................................357

Angela Fodale
‘Il canto dell’esilio’: lacrime, temporali e arpe 
(I Puritani, III, 1 e Nabucco, III, 4) .............................................................383

6 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


Ivano Cavallini
Paradigma culturale e canone popolare: musica e nazione nei paesi slavi
della Mitteleuropa nel diciannovesimo secolo ...............................................393

Pietro Misuraca
La fontana, il mare, la sirena, la neve, lo stagno. Metafore acquatiche e
simbolismo della liquidità nel Pelléas et Mélisande......................................417

Massimo Privitera
‘Guilbert juge de Jean-Jacques’ ovvero Yvette interpreta Rousseau ................439

Carlo Serra
Oedipus: la dissonanza ritmica come motore del Sublime.............................473

Marco Crescimanno
Federico Incardona tra Mitteleuropa e Mediterraneo....................................491

Gabriele Garilli
La presenza dei suoni. Verso una comprensione estetica di
“…zwei Gefühle…”. Musik mit Leonardo di Helmut Lachenmann.............509

POSTLUDIO
Marco Spagnolo
Hommage, per violino e pianoforte..............................................................533

SCRITTI DI AMALIA COLLISANI...........................................................547

Indice 7
Paolo Emilio Carapezza*
Iridescenti alberi sonori: la foresta incantata di Domenico Scarlatti

1. Rousseau e Scarlatti
Perché ho scelto questo dono per Amalia? Per opposizione dialettica. I suoi
più recenti studi vertono infatti sulla musurgia humana di Jean Jacques
Rousseau (1712-1778): questi è d’una generazione più giovane di Domeni-
co Scarlatti (1685-1757), ma forse non s’incontrarono mai; e la costituzione
discorsiva della musica, che quello copia, compone e considera, è in opposi-
zione dialettica con la musica costruttiva per cui questo rimane immortale.
Un aforisma di Michal Bristiger, tra i maestri elettivi che Amalia ed io
abbiamo in comune, recita infatti:

Qualcuno acutamente definì l’attività creativa di Domenico Scarlatti,


dividendola in tre settori: sonate per il futuro, opere e cantate per il presente,
composizioni sacre tradizionali. Opere e cantate in realtà sono soltanto
un’espressione dell’epoca; non la trascendono, come invece le sonate, che
dopo 250 anni sono ancora musica viva.1

Domenico Scarlatti componeva dunque musica sacra per il passato, opere


e cantate per il presente, sonate per clavicembalo per il futuro: quelle all’om-
bra di suo padre Alessandro, queste al sole del suo stesso genio. Ma il primo
studio di Amalia, la sua dissertazione di laurea, il suo primo libro è Il Prome-
teo di Scriabin2: nella partitura di questo “poema del fuoco” c’è anche una
tastiera cromogena, che – invece di timbri sonori – produce colori lumino-
si; e l’autore ne avrebbe voluto anche una osmogena, che producesse odori.
All’inverso di Domenico Scarlatti, Amalia ha dunque considerato dapprima
la musurgia universalis e poi la musurgia humana. Ella infatti è oggi tra gli
studiosi più autorevoli di Jean Jacques Rousseau3: le sonate di quello sono
Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��315
variopinte sculture e architetture nello spazio sonoro, cioè costruzioni; la
musica da questo prodotta e considerata è invece discorso:

Rousseau si volge a considerare le componenti linguistiche della musica,


formali e sostanziali, che trasformano le ragioni del suono in quelle del
senso. La musica è un linguaggio […] e il sistema armonico […] è soprattutto
strumento di chiarezza linguistica […] <per> conferire coerenza e significato
ad una composizione musicale, come avviene nel discorso di parole.4

Le opposizioni dialettiche possono illuminare peraltro reciprocamente


tesi e antitesi, ed anche conciliarle giungendo alla sintesi. Tanto mi piacque
comunque quella primizia di Amalia, che dopo averla seguita – come tuto-
re – nell’elaborazione, volli poi pubblicarla nella collana Puncta del nostro
Istituto di Storia della Musica, fondato da Luigi Rognoni, nostro primo mae-
stro. Non solo, ma reclutai subito Amalia come collega universitaria: la scelta
non poteva essere più felice.
A Domenico Scarlatti dedicai – molti anni or sono – la metà d’un corso
di lezioni; anche allora un’opposizione dialettica, Domenico Scarlatti e Franz
Josef Haydn: il colore delle immagini, la dialettica delle idee5. Questa è la pri-
ma volta che scrivo distesamente su di lui: ma gli spartiti delle sue sonate – o
meglio Essercizi per gravicembalo6 – sono, sin dalla mia prima adolescenza,
tra quelli che più di frequente pongo sul leggìo del mio pianoforte. Così ne
scrissi, più di quarant’anni fa:

La forma è quella del tempo di danza (ormai riscattata dalla funzione


coreutica) bipartito, tipico della suite evoluta: ma in quest’ambito, invece
del fluido continuum del veicolo sonoro, egli introduce gran numero di
concrete immagini diverse ben articolate, ancoràndole a zone tonali lungo
un arco modulante che va di solito dalla tonica alla dominante e viceversa
[…]. Le immagini, nitide nell’aurea sonorità del clavicembalo, si succedono,
s’incrociano, si sovrappongono.7

In alcune sonate c’è una moltitudine di soggetti, in altre pochi; e talvolta


sono persino monotematiche, o variazioni su uno o due soggetti.
Nella dialettica delle costituzioni della musica, queste sonate stanno vici-
ne al polo della costruzione e lontane da quello del discorso. Dei tre grandi
nati nel felicissimo 1685 Domenico Scarlatti è il più moderno; la sua è la

316 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


musica strumentale più nuova e varia dell’epoca, la prima a liberarsi dal mo-
torismo e dalla quadratura del rococò: «la realizzazione di un nuovo suono
[…] un audace sperimentalismo […] qualcosa di unico, quasi un gioco».8 Per
trovare un altro innovatore a lui pari dobbiamo aspettare, nella generazione
successiva, Carl Philip Emanuel Bach (1714-1788); ma le sue sonate, figlie
della drammaturgia shakespeariana, stanno, agli antipodi di quelle del nostro
Domenico, verso il polo del discorso. Entrambo procedono comunque “per
idee chiare e distinte”.

2. Il colore delle immagini uditive e visive


Le sonate ossia “essercizi per gravicembalo” di Domenico Scarlatti sono
quanto mai varie, complesse e spesso difficili da analizzare; la materia sono-
ra è proteiforme: assume forme variopinte e sempre diverse, immagini ben
solide e nette, spesso cristalline, che nella mente di chi le percepisca da acu-
stiche trapassano in visive e addirittura tàttili. L’armonia ha spesso funzione
timbrica; è Domenico l’inventore dei grappoli (clusters) di note: nella sonata
K119 (F78, L415),9 specialmente alle misure 160-175, ne troviamo di quat-
tro, di cinque, di sei note contigue! Sicché due accordi consecutivi arrivano
a contenere fino a otto delle dodici note del totale cromatico; quanto mai
opportuno quest’aggettivo: chromata in greco significa colori. Assai aspre
suonano tali dissonanze in contesto non dodecafonico bensì tonale. E l’ad-
densamento di colori, come nell’ action painting di Jackson Pollock, stimola
non solo vista (e udito), ma anche tatto!
Lo schema classico per delineare la struttura di queste sonate è quello pro-
posto nel 1953 da Ralph Kirkpatrick10: suddiviso in due parti, contenenti
i seguenti elementi (sottolineati quelli indispensabili), ancorati a determi-
nate aree tonali. Prima metà: inizio, continuazione, transizione, pre-crux,
post-crux, conclusione, conclusione aggiuntiva, finale. Nella seconda metà “il
comportamento di Scarlatti dopo la doppia stanghetta resta completamente
imprevedibile”:11 assai spesso evita ripetizioni letterali, ancorché tonalmente
trasposte; preferisce sviluppare o almeno variare. Lo sviluppo12 può fagocita-
re la ripresa: neppure la post-crux è indispensabile13.
Lo schema delineato da Kirkpatrick può essere compreso in uno, più ge-
nerale, basato sui dislivelli di tensione energetica. Prima metà: piattaforma
d'inizio14, variegata ascesa energetica15, apice di tensione16, distensione riso-

Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��317


lutiva17; seconda metà: riprende la tensione e cresce fino a un secondo e più
elevato apice18, distensione finale19. La prima metà disegna dunque un arco
a tutto sesto; la seconda metà parte di solito, se non dalla pietra di volta, da
un punto già elevato di tensione, per aumentarla, mantenerla più o meno a
lungo all'apice, e poi discendere più o meno rapidamente.
Valga un solo esempio: una coppia di sonate in FA (F297/298, K 349/350,
L170 e 220).
Nella prima parte della prima sonata la piattaforma di partenza compren-
de Inizio (miss. 1-8) e Continuazione (9-16), l’ascesa la Precrux (17-26),
l’apice la Postcrux (27-47), la distensione la Conclusione (48-57) e il Finale
(58-68); nella seconda parte la suprema tensione del grande Sviluppo (70-
120) ingloba tutte le sezioni, tranne Conclusione (122-131) e Finale (132-
144), che costituiscono la distensione.
Nella prima parte della seconda sonata la piattaforma di partenza con-
siste nel solo Inizio (1-3), l’ascesa nella Transizione (4-9) e nella Pre-Crux
(10-14), l’apice nella Post-Crux prima aperta (15-20) e poi chiusa (21-26),
la distensione nella Conclusione (27-34); nella seconda parte la tensione è
al massimo nel breve Sviluppo (35-45), poi nelle due sezioni (ouvert e clos)
della Post-Crux ora variata (46-61) essa va calando, e si risolve nella definitiva
distensione della Conclusione (62-68) anch’essa variata. Ma per alcune so-
nate neppure questo mio schema è sufficiente.20 Domenico è sempre diverso,
imprevedibile, sorprendente. Le sue sonate sono come La foresta incantata:
una cagnetta, Lilli, esclama: «Mamma mia! Che foresta è mai questa? Ele-
fanti volanti e conigli con la giubba!»; e un gran cervo con ramose corna,
Bambi, le spiega: «Questa è la foresta incantata. Qui può accadere qualsiasi
cosa: e in effetti vi accade!».21
Per l’analisi delle sonate di Scarlatti il problema capitale è dove porre la
crux:

La collocazione della crux dipende sempre da due fattori: stabilizzazione


della tonalità conclusiva e definizione del parallelismo tematico tra le due
metà.22

La soluzione di tal problema è non di rado difficile: all’inizio del paralleli-


smo tematico la tonalità conclusiva può essere infatti preceduta dalla sua do-
minante, o dalla sua omonima o anche dalla sua relativa maggiore o minore..

318 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


Prima della postcrux può esserci una pausa generale, che segna la cesura; ma tal-
volta questa separa invece la transizione dalla precrux. Dato che spesso Dome-
nico varia e sviluppa le tessere del suo caleidoscopio, nella seconda parte delle
sue sonate la postcrux può coincidere con l’ultima parte dello sviluppo: come
per esempio nella coppia di sonate F316/K370/L316 e F317/K371/L17.
La postcrux assai di rado può essere l’inizio della distensione; è invece di
solito – per intensificazione di modulazioni e dissonanze – il momento di
massima tensione.23 Queste due possibilità le troviamo affiancate nel dittico
in SIb F306/K360/L400 e F307/K361/L427: nel primo pannello infatti la
tensione giunge all’apice proprio nella postcrux (miss. 29-40 e 81-92); nel
secondo invece proprio ivi (miss. 29-34 e 72-75) la tensione subito si placa,
ma non del tutto: in entrambo i casi non siamo ancora al SIb, ma all’omo-
nimo minore (sib). In entrambo i pannelli la totale distensione giunge nel
momento conclusivo: conclusione e finale (miss. 41-54 e 93-108 nel primo
pannello; 35-47 e 76-88 nel secondo). Conclusione e finale quasi sempre
sono festosi o addirittura giubilanti.
Tali tettonica e dinamica non sono diverse da quelle che governeranno le
forme strumentali discorsive (drammatiche o dialettiche) a partire da Carl
Philip Emanuel Bach e Franz Joseph Haydn, ma nella musica affatto costrut-
tiva del nostro Domenico le troviamo già, con notevole anticipo, perfetta-
mente in opera.24 Nessun compositore è più imprevedibile e vario del nostro
Domenico: inesauribili i suoi fantastici ghiribizzi, le capriole, gli arabeschi,
le acrobazie musicali nel tempo e quelle manuali nello spazio. Per ben ap-
prezzarle, è necessario sonarseli da sé, o quanto meno guardare le mani di chi
suona.

Quella di Domenico è musurgia universalis, che può sì talvolta compren-


dere la musurgia humana fondata sul discorso o sulla danza, ma non è mai
ad essa riducibile. Il suo principio costituzionale è infatti quello enunciato,
due secoli dopo, da Edgard Varèse (1883-1965), che si fonda sulla definizio-
ne, di un secolo anteriore, del filosofo polacco Jóseph Maria Hoene Wroński
(1776-1853): «La musique est la corporification de l’intelligence qui est
dans les sons».25 Corporificazione, solida e variopinta, sono le sonate di
Domenico: sculture di bronzo sonoro multicolore, fantasiose architetture.
L’armonia non v’è in funzione semantica discorsiva, ma in funzione timbrica

Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��319


costruttiva, come nel son organisé di Edgard Varèse26 e nella metallurgia sono-
ra di Helmut Lachenmann (1935) e di Emanuele Casale (1974): «sculture e
gioielli di bronzo o d’acciaio, ageminati d’oro e d’argento, intarsiati di rubi-
ni, smeraldi, topazi e zaffiri».27
La musica di tali compositori, mentre si sente nello spazio sonoro, si vede
nello spazio visivo. Spazio e tempo vi sono in corrispondenza biunivoca: i
salti mirabolanti attraverso l’intera tastiera e i frequenti incroci delle mani
nelle sonate di Domenico non vi sono tanto per compiacere la regina Ma-
ria Barbara, sua mecenate e committente, pesante di corpo ma agilissima di
mani e di intelletto, quanto per dislocare fisicamente le immagini nello spa-
zio. E la struttura fondamentale di queste sonate è il bicinio, il contrappunto
a due voci. Nel rinascimento, cioè nell’età d’oro del contrappunto, quello a
due voci era considerato un genere a sé. Gioseffo Zarlino, il massimo tra i
teorici della musica, nel suo celebre trattato, Le istitutioni harmoniche, tratta
separatamente «Il modo che si de’ tenere nel fare li contrappunti […] a due
voci»28 e «Il modo che si ha da tenere nel comporre le cantilene a più di
due voci».29 E nel XX secolo un compositore costruttivo, Igor Strawinski30,
così si paragonava al discorsivo Arnold Schönberg: questi – dice al suo fido
Robert Kraft – preferisce «un contrappunto denso, a otto parti […] io inve-
ce un contrappunto spoglio, di due parti».31 Su ciascuna delle due parti sia
Strawinski che Scarlatti caricano spesso però grandi masse armonicamente
complesse che colorano lo spazio sonoro.
Ha ragione Enrico Baiano: «nelle sonate di Scarlatti quasi tutto è teatra-
le»; ma solo talvolta, specialmente in quelle andante o adagio, «i temi sono
personaggi».32 Ed è vero che «tra le sonate di stile cantabile vi sono sublimi
arie»,33 ma sempre fossilizzate, cristallizzate, come ne La carriera di un liber-
tino di Strawinski: sì, “tutto è teatrale”, ma “teatro” in senso etimologico,34
cioè “da guardare” con gli occhi della mente, cioè da contemplare. Da con-
templare nello spazio sonoro, che viene spesso riempito da grappoli di note
contigue, succose di dissonanze generatrici di colori cangianti; e attraversato
da lunghe discese ed ascese, da acrobatiche picchiate e cabrate delle mani che
sfrecciano e s’incrociano sulla tastiera. Le sonate di Scarlatti sono rutilanti
immagini d’un caleidoscopio sonoro, dove si combinano in gran quantità
elementi disparati provenienti da tradizioni culte e folkloriche differenti,
soprattutto da quelle napoletane, siciliane e andaluse: cioè di regioni il cui

320 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


“vastissimo patrimonio” sonoro «è frutto della ricca mescolanza di popoli,
culture e tradizioni diverse».35
Le sonate di Domenico sono di solito pannelli di polittici: per lo più or-
ganizzate in dittici, trittici, talvolta tetrattici o ancor più,36 nella stessa to-
nalità, o in tonalità affini, e con strette parentele tematiche. Per mostrarne
il gioco delle immagini nel caleidoscopio sonoro propongo qui di seguito
l’analisi di tre retablos esemplari: due trittici e un dittico.37
___________________________________________________

A) Trittico
I – F85, K126, L402, in do:38 tre b in chiave;
II – F86, K127, L186, in LA-b: quattro b in chiave;
III – F87, K128, L296, in si-b: cinque b in chiave.

Un trittico, ma (come l’esastico citato qui sopra nella nota 36) anomalo.
Differiscono infatti le tonalità, sprofondanti da bbb a bbbb a bbbbb in chiave.
Oltre che da tale progressivo inabissarsi, i tre pannelli sono collegati da pa-
rentele tematiche: lunghe e replicate sciabolate d’arpeggi discendenti, nonché
scale e progressioni pure discendenti.
I. Il primo pannello è uno straordinario caleidoscopio sonoro: nello svi-
luppo tutte le figure vengono rimescolate e ricombinate. La sonata inizia in
do, con una progressione discendente di trilli e di scale. L’incisivo soggetto
anacrusico della transizione modulante, riapproda – sorpresa! – alla tonica:
ed ecco la pre-crux, dove riecheggia variato l’inizio.
Alla dominante (Sol) la postcrux: replicate fulminanti sciabolate d’ar-
peggi discendenti di dritta e manca39 alternate e progressioni gradualmente
calanti di veloci scale discendenti rinsestate di terzadecima. La conclusione
di zigzaganti saette, seguite da frammenti delle scale discendenti, prima di
nuovo rinsestate, poi rinterzate, è interrotta dal lungo lampo d’una veloce
scala cromatica ascendente di doppia ottava della conclusione aggiuntiva. Ma
subito ritornano le ultime tre misure della conclusione, seguite dalle cinque
misure del finale, che da essa variandola deriva.
Nella girandola dello sviluppo modulante riappaiono rimescolate e variate
tutte le figure di conclusione, postcrux, conclusione aggiuntiva e finale (questo
ampliato: da 5 a 10 misure). Vengono riprese infine, stavolta alla tonica, la

Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��321


conclusione e la conclusione aggiuntiva, di nuovo alternate, ma assai sviluppate
e variate, e il finale abbreviato e variato (solo 2 misure).
II. La seconda sonata, in LA-b, riprende subito le sciabolate d’arpeggi
discendenti della prima, ma impreziosite dall’intarsio di dissonanze, subito
trasposte alla dominante. Dopo 4 misure di transizione, la pre-crux (altre 4
misure, ma subito ripetute) è anche qui alla tonica. Appare quindi la post-
crux: al relativo minore, ma oscillante verso il maggiore, dunque Do, che –
dopo 5 misure – approda al SI-b, dominante della dominante; e – finalmente
in questa (MI-b) – ritorna (!) la pre-crux, abbreviata a 4 misure, cioè senza
ritornello. E poi (altra sorpresa: in Sol) la conclusione (mis. 41), che dopo
3 misure torna al MI-b, e ivi si ripete (mis. 45) ma abbreviata, accelerata e
inghirlandata, subito seguita (mis. 48) dal finale: una triplice, precipitosa e
precipitante, scala di decimasettima.
Grandioso e complesso il caleidoscopico sviluppo: inizia modulante sulla
post-crux, che approda al SOL. Ed ecco (mis. 69) una miracolosa ripresa della
post-crux, levitante e trasfigurata, mescolata con la seconda frase della conclu-
sione: approda dopo sei misure (mis. 75) alla dominante (MI-b) e subito alla
tonica (LA-b). In questa viene quindi ripresa (mis. 81), variata e abbreviata,
la pre-crux, che sfocia (mis. 85) nella conclusione, seguita dal finale (m. 92).
III. La terza sonata (in si-b), quasi tutta in terzine, inizia con le sciabola-
te d’arpeggi discendenti, che divengono però ascendenti nella continuazione
(mis. 5). Nella transizione (m. 9) acciaccate terzine oscillanti, prima statiche,
poi in progressione ascendente e quindi discendente (m. 11), poggiano sulla
placida valle d’una scala sinuosa che scende di sesta e risale di quinta. In LA-b
inizia (mis. 13) e in RE-b finisce (mis. 22) la pre-crux, dove riappaiono tra-
sposte le iniziali sciabolate d’arpeggi discendenti e ascendenti. La post-crux
(mis. 23) sviluppa la transizione: riappaiono le acciaccate terzine, che – ca-
lando di grado ogni due misure – vanno a sfociare, sempre in RE-b (relativo
maggiore della tonica), nella conclusione (mis. 29), ch’è l’unica sezione senza
terzine. Nella conclusione aggiuntiva (mis. 33) riappaiono gli arpeggi discen-
denti e le terzine: queste persistono e si intensificano, in progressione, nel
finale (mis. 37).
C’è poi anche qui un grandioso e complesso sviluppo modulante: ecco le
sciabolate d’arpeggi discendenti (mis. 40) dell’inizio, poi le acciaccate terzine
oscillanti (mis. 48) della transizione e della post-crux, quindi una fantasio-

322 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


sa alternanza (mis. 56) di elementi della pre-crux e della post-crux. Riappare
questa nella ripresa, ma intera, ben sviluppata e cresciuta, alla tonica (mis.
75); ed è ivi seguita (mis. 85) non dalla conclusione, ma direttamente dalla
conclusione aggiuntiva, anch’essa sviluppata e accresciuta, e poi (mis. 90) dal
finale mutato e abbreviato a due sole misure.
___________________________________________________

B) Dittico
I – F96, K137, L315, in RE: due # in chiave;
II – F97, K138, L464, in re: un b in chiave.

I. La prima sonata, in RE, è dapprima quasi tutta consonante: limpidi


brillanti, affatto immacolato quello dell’inizio. Carboncini dissonanti pun-
teggiano appena quelli della continuazione (mis. 11), della transizione (mis.
14) e della pre-crux (mis. 17), che modula (mis. 21) alla dominante (LA) e
sfocia nella post-crux (mis. 25) subito in minore (la). Segue in maggiore (LA)
la giubilante conclusione (mis. 32). Transizione e pre-crux riappaiono fuse e
sviluppate, generando la conclusione aggiuntiva (mis. 44) e il finale (mis. 49).
Ma nello sviluppo (mis. 53), subito in minore (re) le tenebre prevalgono
sulla luce: una catena di quattro dissonanze consecutive,40 modulando attra-
verso il si, giunge al mi (mis. 62), dove ingloba ben cresciute la pre-crux (mis.
65), che cadenza in LA (mis. 73), e subito in re (mis. 65) – dopo una lunga
pausa – la post-crux. Questa consiste ora in una catena di dissonanze inin-
terrotte: subito dieci consecutive, e – dopo brevi attimi di respiro – altre tre
(mis. 81-82) e un’altra (mis. 83) e un’altr’ancora (mis. 84). Una limpida ca-
denza (mis. 85) approda al maggiore (RE) della giubilante conclusione (mis.
88), seguita dalla conclusione aggiuntiva (mis. 99) e dal finale (mis. 106).
II. Nel secondo pannello (in re) le dissonanze riappaiono subito all’ini-
zio: ma, secondo le regole della fonetica della lingua italiana,41 non più di
tre consecutive. Discrete poi e isolate nella pre-crux (mis. 13), appena questa
sfocia (mis. 21) nella dominante (la). Ancor più discrete, fuggevoli tritonici
carboncini, nei brillanti dell’acrobatica lunghissima post-crux (mis. 28) e del-
la cromatica conclusione (mis. 50), che rimangono stabili in la.
Ma le tenebre si addensano quanto mai fitte (dodici asperrime dissonanze
consecutive!) all’inizio in LA (mis. 59) dello sviluppo, che modula frattanto

Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��323


al re (mis. 62) e al sol (mis. 68); si riducono a carboncini isolati nei brillanti
della pre-crux, che torna (mis. 73) – ben sviluppata e cresciuta – alla tonica
(re) e va a sfociare nella ripresa della post-crux (mis. 94) e della cromatica
conclusione (mis. 116).
___________________________________________________

C) Trittico
I – F74, K115, L407, in do: tre b in chiave;
II – F75, K116, L452, in do: tre b in chiave;
III – F76, K117, L244, in DO: nessun accidente in chiave:

Assai affascinante questo trittico: per l’ineffabile bellezza, la varietà di


soggetti e strutture, la perfezione armonica:
I. Nel primo pannello (in do), l’inizio consta di una coppia di quattro
battute simmetriche: ouvert e clos. Fondato sull’arpeggio di tonica, è una rap-
presentazione ideale del Suono, “il suono tondo”, come lo definirà Giacinto
Scelsi:

Il Suono è sferico, tondo. E invece lo si scinde sempre in durata, altezza […]


Niente affatto! Ogni sfera ha un centro […] Chi giunge al centro del Suono
è musico; se no, è un artigiano. È assai rispettabile un artigiano della musica;
ma non è un vero musico, un vero artista.42 […] Si può considerare il Suono
come la forza cosmica […] il primo moto dell’Immobile […] l’inizio della
creazione.43

La transizione (mis. 9) consta di 2+2 misure cromatiche, e di 3+1+3


misure diatoniche (ingegnosa variante dell’inizio), che approdano al SOL.
Dopo una lunga pausa, appare (mis. 21) agile e leggera la precrux, piena di
grazia: alla doppia elevazione delle sue prime due misure segue una misu-
ra che riprende il cromatismo dell’inizio della transizione (ma ora inverso:
discendente). Seguono (m. 24) 4+4 misure modulanti, che riapprodano al
SOL. Ivi attacca (mis. 32) la postcrux (8 miss.) che, pesante e dissonante, con-
trasta con la limpida levità della precrux. Le quattro misure della conclusione
(mis. 40) sono un’ingegnosa variante dell’inizio. Poi (mis. 44) le tre misure
del finale s’inabissano, fino all’imo Sol, la nota più grave della tastiera scar-
lattiana.

324 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


La seconda parte inizia con un libero sviluppo: le prime 5+5 misure fi-
nemente cesellate dal tremulo (= trillo) si basano sulla transizione e sull’ini-
zio. Seguono, dopo lunga pausa, 15 misure modulanti, basate sulla precrux:
partono dal do (mis. 58) e approdano ad 8 misure in SOL. A mis. 81 c’è la
ripresa: riappare in DO, variata e sviluppata, la precrux. Segue subito in do
(mis. 92), anch’essa variata e sviluppata, ancor più acre, pesante e tenebrosa,
la postcrux (7 miss.). Quindi (mis. 99), sviluppata ed ampliata a 7 misure, la
conclusione, seguita dalle 3 misure del finale, quasi affatto mutate: per ricon-
nettersi all’inizio! L’ultima nota, il Do grave, potrebbe ben essere sostituita
dalla ripetizione dell’intera sonata, per realizzare la profezia dell’inizio: il
Suono tondo, sfera rotante!
II. Anche il pannello centrale è in do. 4 misure d’inizio, 6 di continuazio-
ne, 4 di transizione. Modulante è la lunga precrux (2+4+6 misure), che sfo-
cia in una proporzionalmente lunga cadenza: 10 misure cesellate da un trillo
continuo sul Sib centrale, che sale infine di grado lungo una doppia ottava,
sempre trillando, e lì, al sommo, si ferma a lungo (punto coronale).
Attacca (mis. 37), dopo un sospiro, la postcrux, subito in mib; ma, dopo
sei misure spunta (in MIb) il sole, che splende sin alla fine di questa prima
parte. Dopo cinque misure, sempre nella luce, appare la conclusione: 15 misu-
re, incluse le quattro del finale.
Lo sviluppo è un pot-pourri modulante, breve e denso (12 misure), del-
le quattro sezioni iniziali della prima parte. La ripresa attacca (mis. 75) con
la precrux, anch’essa modulante, raddensata e sviluppata, ma troncata della
lunga cadenza. Sfocia direttamente sulla postcrux (mis. 92), conclusione (mis.
103) e finale (mis. 115), tutti e tre in do, variati e sviluppati.
III. I primi due pannelli (in do) erano come due giornate piovose (minore)
ma con sprazzi di sole (maggiore). Il terzo (in DO) è una bellissima giornata di
tarda primavera, ma con nubi di passaggio nel pomeriggio (la prima e maggior
parte dello sviluppo e l’inizio della ripresa). Ma in serata una folata di vento (m.
116) riporta il sereno: e torna a risplendere tèpido il sole.
Sui generis la struttura di questa fluida sonata conclusiva: non basta qui lo
schema di Kirkpatrick; sembra piuttosto una sorta di rondò. Dopo i soggetti
dell’inizio (in DO) e della continuazione, che n’è una variante (m. 9, in SOL),
arriva in DO la transizione (m. 22): una folata di vento, che – a discrezione
dell’interprete – può esser lieve o impetuoso; Scarlatti non indica né dinamiche

Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��325


né variazioni d’agogìa. Più che transizione è un refrain (rampe di scale ascen-
denti e discendenti) che, in diversi modi e toni, tornerà insistente a irrompere
e interrompere tutti gli altri soggetti, che sono invece apparentati tra loro. A
mis. 30 appare in re la precrux, troncata dopo quattro misure dal refrain in SOL
abbreviato. A mis. 39 c’è la postcrux, presto interrotta a mis. 44 dal refrain, prima
in RE e poi in SOL, assai allungato. A m. 58 riprende la postcrux, anch’essa am-
pliata. Giunge (mis. 73) la conclusione, e poi (mis. 81) il brevissimo finale.
Ed ecco (mis. 84) il lunghissimo sviluppo modulante, fondato sui soggetti
tra loro apparentati di inizio, continuazione, precrux e postcrux. Il vento del
refrain, dopo aver riportato (mis. 116, in FA) il sereno, ritorna insistente: di
nuovo in FA (mis. 128), poi in fa (mis. 132). Ed ecco, finalmente alla tonica
(DO), la postcrux (mis. 138), l’ultima folata del refrain (mis. 147), e infine la
conclusione (mis. 152) e il brevissimo finale (misure 160-162).

3. Kant, Scarlatti e Scriabin


Abbiamo visto all’inizio come siano diametralmente opposte le con-
cezioni della musica di Scarlatti e di Rousseau. La filosofia di questo non è
quindi adatta all’esegesi delle sonate di quello. Ma a chi legga la Critica del
Giudizio (1790) di Immanuel Kant (1724-1804), e specialmente i paragrafi
ivi dedicati all’arte,44 le Sonate di Domenico Scarlatti (1685-1757) possono
servire come ottimo paradigma. Cominciamo a leggerli:

Kant distingue l’arte dalla natura “come fare (fàcere) da agire (àgere)” e i loro
rispettivi prodotti “come opera (opus) da effetto (effectus)”. Quella dell’arte
è una “produzione mediante libertà”: la sua “forma” dipende dal suo “scopo”.
“L’arte in quanto abilità dell’uomo è distinta dalla scienza (come potere da
sapere), come la facoltà pratica dalla teoretica” (283);45 e, in quanto liberale,
dal mestiere (mercenario): l’arte è gioco, il mestiere lavoro. Ma anche per le
arti liberali “è necessario qualcosa di costretto, […] un meccanismo, senza
del quale lo spirito […] non acquisterebbe corpo e svaporerebbe […] (285).
Non v’è una scienza del bello, ma solamente la critica di esso, e non vi son
belle scienze, ma soltanto belle arti”. Ma per l’arte bella serve molta scienza
(287): è una “rappresentazione che ha il suo scopo in sé stessa”, ma coltiva
“le facoltà dell’animo” e “la socievolezza” e “dipende dalla riflessione”, non
dalla “sensazione”; “deve apparire libera […] come un prodotto della natura
[…] la natura è bella quando ha l’apparenza dell’arte e l’arte quando […]
la riguardiamo come natura” (289). Lo scopo “delle arti belle, sebbene sia
voluto, deve apparire spontaneo” (291).46

326 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


Assai di rado prima del XX secolo un compositore poté godere di tanta
libertà, qual’ebbe Domenico; se però quella di Schönberg e dei suoi discepo-
li sarà Musik für Privataufführungen per ripiego, quella di Scarlatti fu musica
reservata per elezione, grazie al mecenatismo di Maria Barbara di Braganza
(1711-1758), prima infanta del Portogallo, poi regina di Spagna: ella quando
nel 1729 sposò Ferdinando VI di Spagna, volle condurre con sé il suo maestro
di clavicembalo, e volle ch’egli non facesse altro che sonare, improvvisare e scri-
vere per lei, solo per lei. A partire dal 1737 ad organizzare la musica di corte
ed a sovrintendere al real teatro d’opera di Madrid c’era infatti Carlo Broschi
(1705-1782) detto Farinelli, il più celebrato cantore del secolo, uomo di alto
intelletto e profonda cultura, che di Domenico divenne grande amico: ereditò
la gran raccolta delle sonate esemplata per la regina, e la portò con sé, assieme
alla copia che già ne possedeva, in Italia.47
Ed anche i seguenti excerpta dallo stesso gran trattato kantiano (su “il
genio”, “la bellezza dell’arte”, “lo slancio armonico”, “il gioco che s’alimenta
da sé”, “le rappresentazioni dell’immaginazione […] che nessuna lingua può
esprimere”, “l’arte del bel gioco delle sensazioni uditive […] e visive […] musi-
ca ed arte dei colori”) s’attagliano perfettamente al “genio” ed alla “musica ed
arte dei colori”, che in Domenico Scarlatti e in Alexander Scriabin addirittu-
ra coincidono; così infine questo mio breve articolo si ricollega alle primizie
di Amalia. Riprendiamo a leggere Kant:48

Alcuni dei miei venticinque lettori coglieranno meglio di me l’esemplari-


tà di Scarlatti e delle sue sonate per molti dei seguenti passi kantiani:

Il genio è il talento (dono naturale), che dà la regola all’arte (291) […] l’arte
bella è possibile soltanto come prodotto del genio […] l’originalità è la sua
prima proprietà […] la natura mediante il genio […] dà la regola […] all’arte
(293) […]. Una bellezza naturale è una cosa bella: la bellezza d’arte è una
rappresentazione bella di una cosa (299). […]. L’arte […] può render belle le
cose brutte o spiacevoli (301):

Scarlatti è originale nel dar la regola alle sue sonate, spesso ampiamente
mutandola per ciascuna di esse, entro uno schema generale assai variabile;
e le sue sonate non sono rappresentazioni o narrazioni di cose, ma cose esse
stesse: corporificazioni sonore, percepibili mediante l’udito, e visibili con

Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��327


gli occhi della mente.
Sono giochi che s’autoalimentano negli slanci armonici, rappresentazio-
ni concrete dell’immaginazione, e non – come nel discorso verbale – astratti
«pensieri, che non possono essere espressi altrimenti che in suoni»:49

Anima […] è il principio vivificante dell’animo […] dà uno slancio armonico


[…] in un giuoco che si alimenta da sé: […] quelle rappresentazioni
dell’immaginazione, che danno occasione a pensare molto […], senza […]
però un pensiero o un concetto che sia a loro adeguato […]. Nessuna lingua
può esprimerle […]: sono il pendant delle idee della ragione […], creazione di
un’altra natura tratta dalla materia che […] caviamo dalla natura reale (305)
[…]; un’immaginazione che gareggia con la ragione […] con una perfezione
di cui la natura non dà nessun esempio […]. Nella musica50 la facoltà delle idee
estetiche può mostrarsi in tutto il suo potere (307).
“Il genio […] è talento per l’arte, non per la scienza […], che nessuna
osservanza di regole […] può produrre, ma che soltanto la natura del soggetto
può far nascere […]. È per un altro genio un esempio, non da imitare […] ma
da seguire; […] il genio è un privilegiato della natura […] produce una scuola
(313).

Il modo di comporre di Scarlatti è dunque ordinato; ma estetico, non


logico: riesce compiutamente a comunicare immagini senza articolar parole.
La sua “arte del bel gioco delle sensazioni” è uditiva, è musica, ma produce,
nella sua mente e in quella di chi suona e di chi ascolta, visibili colori (Farben)
quanto mai vividi:

Vi sono […] due modi di comporre […] modus aestheticus e modus logicus […]
il primo ha come misura il sentimento […] il secondo invece segue principi
determinati. Per l’arte bella vale solo il primo modo (315). […] Il gusto, come
il Giudizio in generale, è la disciplina (l’educazione) del genio; gli ritaglia le
ali […] gli dà una guida, […] portando chiarezza ed ordine […]. La bellezza
è l’espressione di idee estetiche (317) […]. Questa espressione consiste nella
parola, nel gesto e nel tono (articolazione, gesticolazione e modulazione).51
Soltanto la loro unione costituisce la perfetta comunicazione di quelli che
parlano. Perché in tal modo pensiero, intuizione e sensazione sono trasmessi
[…] uniti e nello stesso tempo.
Sicché non vi sono che tre specie di arti belle: l’arte della parola, l’arte
figurativa e l’arte del giuoco delle sensazioni […] Le arti della parola sono
l’eloquenza e l’arte poetica (Dichtkunst). L’unione e l’armonia di queste due

328 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


facoltà, la sensibilità e l’intelletto,52 che non possono star l’una senza l’altra
ma non si lasciano riunire senza sforzo […], debbono essere spontanee e
mostrare di essersi formate da sé […]; e poi l’animo (319) […] si sente eccitato e
soddisfatto […] Le arti figurative […], plastica e pittura, rappresentano figure
nello spazio53 […] Alla plastica […] appartengono la scultura e l’architettura.54
(321) […] L’arte del bel giuoco delle sensazioni […] si può dividere nel giuoco
artistico delle sensazioni uditive, e di quelle visive (325): musica (Musik) ed
arte dei colori (Farbenkunst) (327).

La sua mirabile “ragion pura” induce Kant a porre, tra le arti, al primo
posto la poesia; e al secondo “quella che le è più prossima: la musica”, che però
“commuove lo spirito più variamente, e più intimamente”. Essa “abbisogna
di frequente varietà”; e dove trovare più varietà che nella natura cosmica e
nelle sonate di Scarlatti? Egli vi privilegia la categoria della variazione, tipica
del rinascimento, alternandola talvolta con quella barocca del contrasto, ed
evitando l’iterazione che domina nella sua epoca, l’epoca del rococò. E quasi
sempre nelle sue sonate, almeno all’inizio della seconda parte, la variazione
si potenzia in sviluppo che talvolta tutto travolge; sviluppo però non logico-
dialettico, come quello della forma-sonata classico-romantica, ma timbrico-
immaginifico:

Tra le belle arti il primo posto spetta alla poesia (331) […]. Dopo la poesia […]
porrei quella che le è più prossima, […] cioè la musica […] essa commuove lo
spirito più variamente, e più intimamente […] sebbene […], giudicata dalla
ragione, abbia minor (333) valore di qualunque altra delle arti belle. Perciò
[…] abbisogna di frequente varietà […] e siccome la modulazione è quasi una
lingua universale […], la musica l’usa per sé sola e in tutta la sua energia (335).

Perciò, le sonate di Scarlatti, composte, con “il linguaggio degli affet-


ti”, puramente in modo esthethico, sono capaci, come die glückliche Hand di
Schönberg, di trarre da un pezzo d’oro grezzo un gioiello meraviglioso. In
esse

È solo la forma della composizione […] ad esprimere l’idea estetica di una


totalità coerente di una quantità inesprimibile di pensieri.55 (335).

Tale suprema capacità di sintesi non è possibile alla poesia, composta di


parole in modo logico, mescolando dunque “il linguaggio della ragione” al
Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��329
“linguaggio degli affetti”.

Se invece si stima il valore delle belle arti secondo la coltura che portano
nell’animo […], la musica avrà l’ultimo posto tra le arti belle, perché essa non
fa che giocare con le sensazioni (allo stesso modo che forse è la prima, quando
le arti si valutino dal punto di vista del piacere) (337) […]. Ogni giuoco variato
e libero delle sensazioni […] diletta […]. Questi giuochi possiamo dividerli in
giuoco di fortuna, giuoco musicale e giuoco di pensieri. […] Il primo esige un
interesse, sia della vanità sia dell’utilità […], il secondo non suppone che la
variazione delle sensazioni, ciascuna delle quali si riferisce ad un affetto […]
e suscita delle idee estetiche; il terzo nasce semplicemente dal variare delle
rappresentazioni nel Giudizio […], ma l’animo resta vivificato (341).
La musica e le cose che suscitano il riso son due specie del giuoco con idee
estetiche, od anche con rappresentazioni intellettuali, con le quali in fondo
non si pensa niente, ma che possono dilettare soltanto col loro variare, e non
di meno vivacemente […]; l’animazione è semplicemente corporea, sebbene
sia prodotta da idee dell’animo (341).

Però la musica non solo muove e commuove animo e corpo:

Nella musica questo giuoco va dalla sensazione del corpo alle idee estetiche
[…] e da queste, con la forza acquistata, ritorna al corpo […] ed ha un benefico
influsso sulla salute” (343);

ma, come lo stesso Kant aveva poche pagine prima (335) affermato, con
la forma della composizione, è capace di «esprimere l’idea estetica di una
totalità coerente di una quantità inesprimibile di pensieri».
Søren Kierkegaard racconta:

Oggi mi è capitata una cosa meravigliosa. Sono stato sollevato al settimo


cielo. Ivi sedevano tutti gli dei in assemblea. Per speciale grazia essi mi
concessero il favore di esprimere un desiderio. “Vuoi tu” – disse Mercurio –
“avere giovinezza o bellezza o potenza o una lunga vita o la più bella ragazza
o qualche altra magnificenza che noi teniamo nella dispensa? Allora scegli,
ma una cosa sola!” Rimasi un momento sconcertato, poi mi rivolsi agli dei
dicendo: “Egregi contemporanei, io scelgo una cosa: di avere il riso al mio
fianco”. Nessuno degli dei rispose, invece tutti scoppiarono a ridere. Ne
dedussi che la mia preghiera era stata esaudita e trovai che gli dei sapevano
esprimersi con gusto. Non sarebbe stato fuori posto se mi avessero risposto
con serietà: “sei stato esaudito?”.56

330 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


Ma tornato sulla terra, sceglie la musica, una musica che però non rinun-
cia al riso, ma lo mescola col tragico: un dramma giocoso capace di «espri-
mere l’idea estetica di una totalità coerente di una quantità inesprimibile di
pensieri»:

Mozart è il più grande di tutti gli autori classici, e fra tutte le opere classiche
il Don Giovanni merita la palma … il contenuto penetra la forma … la forma
penetra il contenuto.57

Mozart segna il culmine della musica moderna, e nel melodramma la sua


musica ha la maggiore pienezza, attingendo la rappresentazione dalle parole
intonate. È musica logicamente costituita: come il discorso di parole, ma con-
catenazione oppositiva di accordi invece che di fonemi verbali. Alla funzione
fonematica degli accordi non è però, come poi in Beethoven, quasi affatto
sacrificata la loro funzione timbrica. E i cristalli del suono sono ancora puri e
trasparenti, come nello stile galante settecentesco; ma brucia tra quei ghiacci
il fuoco della vita, e però ancora non li discioglie, come poi in Beethoven e i
romantici. Miracolo di perfezione ed equilibrio.
La musica per tastiera di Domenico Scarlatti invece, tranne alcune pri-
mizie giovanili ancora fondate sul basso continuo, non è invece discorso, ma
costruzione: la sua musica è son organisé, e precorre quella di Varèse e di Stra-
winski. Gesualdo Bufalino (1920-1996) affermava58 che la sua era letteratura
di parole, mentre quella di Leonardo Sciascia (1921-1989) era letteratura di
cose. Così la musica di Mozart è musica di parole, quella di Domenico Scar-
latti è invece musica di cose. L’una e l’altra risplendono nei settecenteschi cri-
stalli del Suono: non li fonde il fuoco della vita che arde nelle parole umane;
non li infrangono l’oro, l’argento, il bronzo e le multicolori pietre preziose
del caleidoscopio sonoro.
Chi vuol godere a pieno nella foresta incantata delle sonate del nostro
Domenico deve sonarsele da sé: si ricordi ch’egli le componeva per la sua
regina, la migliore dei suoi discepoli, affinché se le sonasse da sé.

Palermo, 28 Settembre 2015

Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��331


Note

Università degli studi di Palermo (pecfdg@libero.it)


*

1
Bristiger 1984: 200.
2
Collisani 1977.
3
Le sue imprese principali in questo campo: Collisani 2007; nonché la cura, con relative
introduzioni ed esegesi, delle edizioni critiche degli Écrits sur la musique (assieme a Brenno
Boccadoro, Alain Cernuschi, e Charles Porset) e del Dictionnaire de musique (assieme a
Brenno Boccadoro) di JeanJacques Rousseau (Rousseau 2012).
4
Collisani 2007: 74.
5
Carapezza 1989/90.
6
Così s'intitola la prima (Londra, Adamo Scola, 1738) delle undici raccolte di sonate di
Domenico stampate durante la sua vita; titolo quanto mai appropriato: esse sono infatti gin-
nastica delle mani sulla tastiera e dello spirito nello spazio sonoro.
7
Carapezza 1974: 48-49.
8
Pestelli 1967: 186.
9
Le sigle K, F ed L rimandano alle edizioni critiche delle sonate di Domenico Scarlatti
curate rispettivamente da Ralph Kirkpatrick, Emilia Fadini, ed Alessandro Longo: vedi
Kirkpatrick 1972, Fadini 1978-, Longo 1906.
10
Kirkpatrick 1984: 253-280 (cap. XI, "L'anatomia della sonata di Scarlatti"). Vedine la
sintesi nei suoi due diagrammi: il primo (p. 256) mette a confronto la sonata classica e la sonata
di Scarlatti, il secondo (pp. 259-260) delinea gli elementi della sonata di Scarlatti.
11
Ibidem: 261.
12
Sebbene Kirkpatrick lo chiami "digressione", è un vero e proprio sviluppo, quasi sempre
assai complicato e complesso, che travolge spesso la ripresa dei primi elementi. Di rado sono
altrettanto complesse le sonate per tastiera di Franz Joseph Haydn (1732-1809), tutte assai
posteriori, composte tra 1760 e 1794.
13
Nella sonata F302 (K354, L68) vengono ripresi solo conclusione e finale; e della post-crux
solo le ultime cinque misure, ma inglobate nella fine del grande sviluppo, basato peraltro su ini-
zio e conclusione. Nella F292 (K344, L295) lo sviluppo tutto travolge: nelle prime 16 misure
sono abbreviati e rimescolati inizio, continuazione, transizione, precrux e postcrux; nelle succes-
sive 26 vengono assai ampliati e sviluppati conclusione e finale. Una struttura semplice esemplare
di sonata scarlattiana è quella della coppia F300/K352/Lsuppl13–F301/352/L313 in RE.
14
Tonalmente stabile: comprende Inizio e Continuazione dello schema di Kirkpatrick.
15
Modulazioni tonali: Transizione e Pre-crux.
16
Stabile o modulante: Post-crux.
17
Stabile: Conclusione e Finale.
18
Sviluppo assai modulante, che può inglobare e travolgere anche la Post-crux.
19
Stabilità tonale: Post-crux (se non già travolta dallo Sviluppo), Conclusione e Finale.
20
Ecco qui di seguito tre esempi. La F280 (K332, L141), gaia e deliziosa, è un tema con varia-
zioni, con introduzioni e intermezzi. L'Inizio è introduttivo; il tema appare nella Continuazione
(mis. 5). Segue, nella Transizione (mis. 8), la prima variazione. Un precipizio di due misure la

332 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


separa dalla seconda (Pre-crux, mis. 17). La Post-crux (mis. 25) è il primo intermezzo. La prima
parte finisce con la terza variazione (Conclusione, mis. 39). Nella seconda parte lo Sviluppo ini-
zia (mis. 48) con una trepida introduzione, che si placa (mis. 56) su elementi della Postcrux; pro-
segue con la quarta variazione (mis. 60), lunga e modulante. E torna (mis. 77) l'intermezzo della
Postcrux, ma anch'esso sviluppato, che sfocia infine (mis. 91) nella quinta ed ultima variazione.
La F299 (K351, L-suppl. 34) è un rondò: il refrain Andante appare tre volte, sempre identico, e
sempre seguito da un couplet Allegrissimo. Questo riappare invece sempre più sviluppato: il
climax, tonico e dinamico, a metà della terza volta sale all'apice (mis. 166); poi rapidamente la
tensione cala e sette misure prima della fine il rilassamento è già compiuto.
La F300 (K352, L-suppl. 13) è più complessa. Anch'essa è fondata su un forte contrasto, ma fra tre
idee, rispettivamente in RE, la e LA; climax e apice giungono con la seconda idea e si risolvono
–a mis. 38, dopo la terza – con la sua ripresa in maggiore. Nella seconda metà c'è un grande svi-
luppo, che sale rapidamente all'apice supremo. La tensione va poi calando con la rielaborazione
in SOL della seconda idea (mis. 62); risale quindi con la ripresa (di nuovo in la!) della seconda
idea, ma subito ricala, per risolversi definitivamente col ritorno della terza idea (mis. 89). La
sonata seguente (F301, K 353, L313), che completa questa coppia in RE, è perfettamente ricondu-
cibile allo schema di Kirkpatrick.
Davvero bizzarra e stravagante la F281 (K333, L269): la prima parte Allegro e la seconda
Allegrissimo. Per tutto contrastano: per agogia, metro (C tagliato contro 6/8), ritmo (quartine
contro terzine), soggetti, articolazione (lungo respiro contro breve respiro). Ma forse qualcuno
dei miei lettori riuscirà a trovare qualcosa, oltre il piano tonale, che colleghi queste due parti. Le
stranezze di questa sonata non finiscono qui: in RE, con due ## in chiave, non s'accoppia con la
precedente in SIb (F280/K332/L141); la sua seconda parte (quelle in terzine, 6/8) potrebbe però
accoppiarsi, ancora per contrasto, con la seguente (F282/K334/L100), ch'è in SIb, con due bb in
chiave, ma ne condivide metro (6/8) e ritmo (terzine). La sequenza di queste sonate, sia Ralph
Kirkpatrick che Emilia Fadini, la desumono dalla grande raccolta, ora a Venezia, sontuosamente
redatta sotto il controllo dell'autore: tale sequenza è pertanto da riternersi autentica.
Un'altra sonata sui generis è la F300/K352/Lsuppl13, riconducibile a una forma sonata tritema-
tica bipartita: inizio = I Idea, continuazione e precrux = ponte, postcrux = II Idea (mis. 18),
conclusione = III Idea, conclusione aggiuntiva = II Idea in maggiore, finale = coda; sviluppo
delle idee I e II, postcrux = sviluppo delle idee II e III.
Grandiose e complesse le sonate F314/K368/Lsuppl30 e F315/K369/l240: nella prima tutto il
lungo sviluppo è sulla postcrux, che perciò non torna nella ripresa, che consiste quindi solo di
conclusione e finale; lo stesso avviene nella seconda, dove però della conclusione viene ripresa
solo la coda, e il finale è soppresso
21
Del Connell e Al Hubbard, 2005: 91. Scrive W. Dean Sutcliffe (2008: 217): «Sfugge ai
più l'ampiezza dello scarto di Scarlatti dalla pratica corrente: il modo in cui egli sembra deviare
dal proprio percorso per violare le leggi che governano la continuità e la combinazione delle
voci»; e cita Donald Francis Tovey (1949: 345): «Per la loro natura anti-accademica queste
sonate sembrano un marginale limpido laghetto di rugiada; Mozart, Clementi e Beethoven vi
attinsero assiduamente: e rinfrescarono così il flusso maestro della musica».
22
Kirkpatrick 1984: 257.
23
Anche l'arte astratta deve avere un contenuto di verità e deve svelarcelo con uno scotimen-
to emotivo:«L'astratto è un tramite per giungere, per alludere allo scotimento emozionale, seb-
bene per lo più venga frainteso come fine e sostanza […] costruzione dell'architettura espressiva

Parte seconda. Tradizioni, strumenti, oralit��333


per includere, condizionare, suscitare l'acme. Ogni piccolo o grande edificio musicale ha un suo
punto culminante. L'inizio e la fine della critica musicale potrebbe consistere nell'indicazione
delle battute in cui si attimge questo massimo livello, questa culminazione nella vita del musici-
sta» (Colli 1978: 90, 106).
24
La cronologia della composizione delle sonate di Domenico è in larga parte incerta, ma la
loro struttura è già ben evoluta nelle prime edite a stampa (1738). Haydn aveva allora appena cin-
que anni; Carl Philip Emanuel ventiquattro: le sue prime sonate per clavicordo furono stampate
nel 1743, cinque anni dopo, e le loro tettonica e dinamica non sono certo altrettanto evolute.
25
Hoene-Wroński aveva però scritto: «la corporification de l'intelligence dans les sons est
l'objet de lamusique». Vedi Bristiger 1985: 47.
26
Carapezza 1985.
27
Carapezza 2007.
28
Zarlino 1558: terza parte, capitoli 40 e seguenti.
29
Ibidem: terza parte, capitoli 58 e seguenti: «Li musici nelle lor cantilene sogliono il
più delle volte porre quattro parti, nelle quali dicono contenersi tutta la perfezione dell'har-
monia. Et perché si compongono principalmente di tal parti, però le chiamano elementari,
alla guisa dei quattro elementi [empedoclei: basso=terra, tenore=acqua, contralto=aria,
soprano=fuoco]. […] Quando li musici vogliono comporre alcuna cantilena a tre voci, il più
delle volte lassano fuori il contralto, overo il soprano, e pigliano l'altre parti. E se voglino pro-
cedere oltra le quattro nominate, non vi aggiungono altra parte nova; ma le vengono a raddop-
piare» (Ibidem, terza parte, cap. 58, pp. 238-240).
30
Preferisco l'originaria grafia: Strawinski è infatti un cognome polacco; e polacco era il
nonno di Igor, giunto in Russia come medico dello zar.
31
Strawinki 1968: 108; Strawinski 1970: 7.
32
Baiano-Moiraghi 2014: 65.
33
Ibidem: 66.
34
Dal greco theàomai, in latino specto: guardo, contemplo; donde theàma, in latino spec-
tàculum, cosa da guardare, e theàtron, teatro, luogo per gli spettacoli.
35
Baiano-Moiraghi 2014: 74-75. "La sonata come grande affresco" s'intitola infatti il capi-
tolo 8 del loro libro: 99.
36
C'è anche un esastico, un gruppo di sei sonate (F306-311, K360-365): tre coppie a terraz-
ze di tonalità degradanti (la prima coppia in SIb, la seconda in MIb, la terza in LAb).
37
Il primo trittico alle pagine 136-147, il dittico alle pagine 178-185, il secondo trittico alle
pagine 92-103 di Fadini 1978-, vol. 2, 1980.
38
In minuscolo (do) le tonalità minori, in maiuscolo (LAb) le maggiori, con la sola iniziale
maiuscola (Sol) le anfibie; b = bemolle, # =diesis.
39
Così prescrive l'autore: dritta è la mano destra, manca la sinistra.
40
Ma il terzo accordo è una consonanza imperfetta.
41
Nella catena fonematica della lingua italiana non possono mai succedersi né più di tre
consonanti, né più di tre vocali aperte. Nella musica tonale le dissonanze e le consonanze im-
perfette corrispondono alle consonanti, le consonanze perfette alle vocali aperte (a, e, o), le
consonanze imperfette alle semivocali (i, u). Non si deve dire "in strada" o "per strada", ma "in
istrada" o "per la strada"; né "Maria e Angela", ma"Maria ed Angela" (Carapezza 1998: 8-9).
42
Scelsi 2006: 3.
43
Ibidem: 4.

334 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani


44
I paragrafi 43-54, che concludono l'ultimo capitolo, Deduzione dei giudizi estetici puri,
della prima parte. Kant 2011: 283-351. Tra virgolette – nella lunga citazione qui di seguito – le
parole testuali di Kant: in corsivo i miei adattamenti, tra parentesi quadrate […] i passi omessi,
tra parentesi tonde ( ) i numeri di pagina dell'edizione italiana citata.
45
Ripeto: tra parentesi tonde i numeri di pagina.
46
Baldassar Castiglione ne Il libro del cortegiano (1528) prescriveva "la sprezzatura"
(Castiglione 1822: 76 e 77).
47
Quella è ora alla Biblioteca Marciana di Venezia, questa alla Palatina di Parma.
48
Qui sotto, in carattere minore; con interpolati, in carattere maggiore, i miei commenti.
49
Webern 1963: 33.
50
Ma Kant scrive Dichtkunst, "arte poetica", cioè arte della sonorità verbale.
51
Dizione (lexis), danza (somatike kinesis) e melos, secondo la terminologia di Aristosseno, sono
i ritmabili (ta rythmika) e costituiscono, per gli antichi Elleni, la musica, cioè l'arte delle Muse.
52
Akoesis kai dianoia (udito ed intelletto), secondo Aristosseno.
53
La musica (specialmente quella di compositori come Domenico Scarlatti, Helmut
Lachenmann, ed Emanuele Casale) rappresenta figure nello spazio sonoro, ossia nel tempo.
54
Architettura nello spazio sonoro è la musica, specialmente quella di compositori come
Aldo Clementi (1925-2011) e del suo discepolo Giovanni Damiani (1966).
55
«die Form der Zusammensetzung […] die ästhetische Idee einem zusammenhängenden
Ganzen einer unnennbaren Gedankenfülle […] ausdrückt» (p. 334).
56
Kierkegaard 1972: 21.
57
Kierkegaard 1976: 147.
58
In documentario cinematografico di Maria Pia Farinella, in memoria di Leonardo
Sciascia.

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