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Percorsi Giuffrè - Al coniuge superstite spettano – nella successione legi... http://www.percorsi.giuffre.it/psixsite/esercitazioni/pareri/Diritto civil...

Al coniuge superstite spettano – nella


successione legittima – i diritti di abitazione
sulla casa familiare e di uso sui mobili.

Traccia

In data 23 dicembre 2012 viene a mancare “ab intestato” Vladimiro, lasciando quali eredi la moglie Armida e i figli Chiara e
Daniele.
L’eredità è composta da diversi immobili, per un valore complessivo di 700.000 euro.
Nel giugno del 2013 Daniele e Chiara citano in giudizio Armida, chiedendo lo scioglimento della comunione ereditaria con
assegnazione in natura della quota spettante a ciascuno erede, pari a un terzo.
Armida, al fine di contestare le richieste formulate dai propri figli, si rivolge ad un avvocato, precisando che al coniuge
superstite debba essere riconosciuto il diritto reale di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la
corredano.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Armida, premessi brevi cenni sui diritti reali di uso e di abitazione, rediga motivato
parere.

Giurisprudenza

o Cassazione Civile, sez. II, 10 settembre 2013, n. 20703. In tema di successione necessaria, secondo cui al coniuge,
anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di
uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e,
qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota
riservata ai figli. I presupposti per l'attribuzione di tale diritto è quello che la casa e i mobili che la corredano devono
potersi considerare come quella di abituale coabitazione: ciò significa che l'esigenza che quell'attribuzione intende
garantire è il diritto all'abitazione, quale minimo, che il legislatore vuole assicurare al coniuge superstite in ragione di
quella solidarietà coniugale che ha animato il rapporto tra i coniugi, un diritto questo (quello dell'abitazione) e una
solidarietà coniugale garantiti anche dalla costituzione (artt. 47 e 2 Cost.) quali esigenze a garanzia di un pieno e
integrale sviluppo della persona. Pertanto, si deve ritenere che quei diritti vanno posto a carico dell'intero patrimonio
ereditario. Con la precisazione che nella successione legittima, non trovando applicazione gli istituti della riserva e della
disponibile, quei diritti vanno imputati all'asse ereditario e proporzionalmente sulle quote legittime degli eredi compreso
il coniuge;
o Cassazione Civile, Sezioni unite, 27 febbraio 2013, n. 4847. Nella successione legittima spettano al coniuge del de
cuius i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano previsti dall’articolo
540, comma II, cod. civ.; il valore capitale di tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla
divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto
dell’attribuzione dei suddetti diritti secondo un meccanismo assimilabile al prelegato;
o Cassazione Civile, sez. II, 15 maggio 2000, n. 6231. La titolarità del diritto di abitazione riconosciuto dall'art. 540,
comma II, cod. civ. al coniuge superstite sulla casa adibita a residenza familiare - che, costituendo ex lege oggetto di un
legato, viene acquisito immediatamente da detto coniuge, secondo la regola dei legati di specie, al momento dell'apertura
della successione - ha esclusivo riferimento al diritto dominicale spettante sull'abitazione del de cuius, con la
conseguenza che, nel caso di residenza familiare ubicata in un immobile in proprietà esclusiva di quest'ultimo, il diritto
del coniuge superstite non incontra, simmetricamente, alcun limite, anche se, di fatto, parte dell'immobile sia
temporaneamente occupato da terzi;
o Cassazione Civile, sez. II, 6 aprile 2000, n. 4329. In tema di successione necessaria, la disposizione di cui all'art.
540 comma secondo cod. civ. determina un incremento quantitativo della quota contemplata in favore del coniuge, in
quanto i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano (quindi, il loro
valore capitale) si sommano alla quota riservata al coniuge in proprietà (posto che la norma stabilisce che i diritti di
abitazione e di uso gravano, in primo luogo, la disponibile, ciò significa che, come prima operazione si deve calcolare la
disponibile sul patrimonio relitto, ai sensi dell'art. 556 cod. civ. e, per conseguenza, determinare la quota di riserva.
Calcolata poi la quota del coniuge nella successione necessaria, in base a quanto stabiliscono gli artt. 540, comma I, 542
e 543, comma I, alla quota di riserva così ricavata si devono aggiungere i diritti di abitazione e di uso in concreto, il cui
valore viene a gravare la disponibile. Se la disponibile non e' sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano, anzitutto,
sulla quota di riserva del coniuge, che viene ad essere diminuita della misura proporzionale a colmare l'incapienza della
disponibile. Se neppure la quota di riserva del coniuge risulta sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano sulla
riserva dei figli o degli altri legittimari). L'attribuzione dei diritti di abitazione e di uso costituisce un legato ex lege in
favore del coniuge, per cui questi può invocarne l'acquisto ipso iure, ai sensi dell'art. 649 comma primo cod. civ., senza
dover ricorrere all'azione di riduzione. Per contro, non essendo ciò previsto da nessuna norma in tema di successione
legittima, non vi è ragione per ritenere che alla quota intestata contemplata dagli artt. 581 e 582 cod. civ. si aggiungano
i diritti di abitazione e di uso.

Svolgimento
In ragione di quanto descritto e, aderendo alla recente giurisprudenza di legittimità, Armida avrà diritto, solo sulla casa
adibita a residenza familiare, ai diritti di abitazione e di uso sui mobili che la corredano, in aggiunta alla spettante quota
di legittima.
Il diritto reale di abitazione trova disciplina all’art. 1022 del cod. civ: “chi ha il diritto di abitazione di una casa può

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abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia”.


Differente dal diritto di uso disciplinato all’art. 1021 del cod. civ.: “chi ha il diritto d'uso di una cosa, può servirsi di essa
e, se è fruttifera, può raccogliere i frutti per quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia. I bisogni si devono valutare
secondo la condizione sociale del titolare del diritto”.
Il diritto d’uso consente al suo titolare (usuario) di servirsi di un bene, il diritto di abitazione consente al suo titolare
(abitante) di abitare in una casa.
Entrambi sono diritti personali ossia strettamente legati alla persona titolare del diritto e secondo l’art.1024 cod. civ., “i
diritti di uso e di abitazione non si possono cedere o dare in locazione”.
La nozione di diritto di abitazione, ritraibile dal citato disposto dell'art. 1022 cod. civ., sottolinea che l'abitazione, quale
diritto di abitare direttamente la casa o l'appartamento che ne costituisce oggetto, incontra un limite soggettivo al suo
godimento: infatti, il relativo diritto è riconosciuto soltanto in capo alla persona del titolare ed ai membri della sua
famiglia. Si ritiene che titolare del diritto di abitazione possa essere solo una persona fisica, in quanto nozione e
disciplina dell'istituto manifestano inequivocabilmente la loro imprescindibile riferibilità alla sola persona umana.
Quanto all'oggetto del diritto, si ritiene altresì possa riferirsi solo ad una casa idonea a fornire un alloggio, estendendosi,
salvo contraria convenzione, ai relativi accessori, pertinenze ed accessioni. In particolare, in giurisprudenza si è
espressamente affermato che il diritto di abitazione si estende sia a tutto ciò che concorre ad integrare la casa che ne è
oggetto, sotto forma di accessorio o pertinenza (balconi, verande, giardino, rimessa, etc.), in quanto l'abitazione non è
costituita soltanto dai vani abitabili, ma anche da tutto quanto ne rappresenta la parte accessoria, sia, in virtù del
combinato disposto degli artt. 983 e 1026 cod. civ., alle accessioni.
Quale istituto che affonda le sue più remote origini nell'"usus domus" del diritto romano classico, il diritto di abitazione
ha natura reale e può quindi essere costituito mediante testamento, usucapione o contratto: in quest'ultima ipotesi,
come registrato dalla stessa giurisprudenza, è richiesta "ad substantiam" la forma dell'atto pubblico o della scrittura
privata.
Ai sensi dell'art. 1023 cod. civ., nell'ambito del famiglia, sono ricompresi anche i figli nati dopo che il diritto è sorto, i figli
adottivi, i figli naturali riconosciuti e gli affiliati, nonché le persone conviventi con il titolare del diritto per prestare a lui o
alla sua famiglia i loro servizi. La giurisprudenza ha precisato che la norma in esame, provvedendo a determinare
l'ambito della famiglia in relazione sia ai diritti di uso che di abitazione contemplati nelle precedenti disposizioni, si
riferisce al nucleo familiare del titolare del diritto, ovvero del diritto di uso o di abitazione, e non già al nucleo familiare
del suo dante causa per atto tra vivi o mortis causa.
Al pari del diritto d'uso ed a differenza dell'usufrutto, il diritto di abitazione ha natura strettamente personale: ne
consegue che, a norma dell'art. 1024 cod. civ., tale diritto non può essere ceduto, né la casa concessa in locazione.
Secondo la giurisprudenza, tuttavia, l'incedibilità del diritto di abitazione come quello d'uso, sancita espressamente dalla
richiamata disposizione codicistica, non è di ordine pubblico e pertanto può essere derogata.
Parimenti, sulla scorta dei principi generali dell'ordinamento, è stata ritenuta ammissibile la cessione, effettuata dal
giudice "propter necessitatem", del diritto di abitazione. In quest'ottica, in giurisprudenza si è altresì precisato che l'abuso
che determina la decadenza del diritto di abitazione deve consistere in un pregiudizio che incida sulla intangibilità e
sull'integrità del bene e non può essere costituito dalla sola cessione dell'uso dell'immobile da parte del titolare del diritto
di abitazione, che, di per se stessa, può comportare soltanto l'adozione di misure cautelari.
Come l'usuario, anche sull'habitator gravano i medesimi obblighi posti dalla legge a carico dell'usufruttuario, fatta salva
la necessità di contemperare, con la particolare natura del diritto, le norme dettate in materia di usufrutto (art. 1025
cod. civ.). In particolare, l'usuario che raccolga tutti i frutti del fondo o l'habitator che occupi tutta la casa sono tenuti alle
spese di coltura, alle riparazioni ordinarie ed al pagamento dei tributi come l'usufruttuario. Se invece l'usuario non
raccoglie che una parte dei frutti, o l'habitator non occupa che una parte della casa, essi sono tenuti a contribuire al
pagamento in proporzione di ciò che godono.
Quale norma di chiusura, infine, l'art. 1026 cod. civ., prevede espressamente che “le disposizioni relative all'usufrutto si
applicano, in quanto compatibili, tanto all'uso quanto alla abitazione”.
Nel caso di specie, occorre verificare se ad Armida, quale coniuge superstite nell’ambito della successione legittima,
spettino i diritti di abitazione ed uso previsti espressamente dall'art. 540, comma II, cod. civ. per la successione
necessaria.
E’ noto che la delazione ereditaria può avvenire in forza di legge, ovvero, in forza di testamento. Anzi non si fa luogo alla
successione legittima se non quando manca in tutto o in parte quella testamentaria (c. d. principio di sussidiarietà della
successione legittima) (art. 457, comma II, cod. civ.). Ciò significa che, al fine di tutelare l’ordine pubblico e la famiglia, il
legislatore interviene con una propria disciplina volta a sostituire o integrare la disposizione testamentaria quando la
stessa manchi del tutto o sia nulla ovvero riguardi solo alcuni beni.
L’art. 540, comma II, cod. civ. attribuisce al coniuge superstite, nell’ambito della successione dei legittimari (artt.536 e
ss.) i diritti di abitazione sulla casa familiare e di uso sui mobili che la corredano, nessuna norma, però, prevede
altrettanto nella successione legittima.
Gli artt. 581 e 582 cod. civ., in particolare, disciplinano la successione del coniuge e il concorso del coniuge superstite
con i figli, e con gli ascendenti legittimi, i fratelli e le sorelle del de cuius, ma non fanno alcun riferimento al diritto di
abitazione e di uso.
La ratio di tali diritti, riconosciuti dalla Legge 151/1975, è quella di realizzare, anche in materia successoria, una nuova
concezione della famiglia, tendente a una completa parificazione dei coniugi non solo sul piano patrimoniale (mediante
l'introduzione del regime di comunione legale), ma anche sotto quello etico e sentimentale, sul presupposto che la ricerca
di un nuovo alloggio per il coniuge superstite potrebbe essere fonte di un grave danno psicologico e morale per la
stabilità delle abitudini di vita della persona; ebbene è evidente che tale finalità dell'istituto è valida per il coniuge
superstite sia nella successione necessaria che in quella legittima.
Una parte della giurisprudenza ammette i diritti in questione anche nella successione legittima sulla base dell’art. 553
cod. civ. il quale, al fine di evitare che attraverso la disciplina della successione legittima vengano pregiudicati i diritti dei
legittimari, stabilisce che le porzioni fissate nelle successioni legittime, ove risultino lesive dei diritti dei legittimari, si
riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari. Dunque i diritti di
abitazione ed uso trovano piena attuazione nell'ambito della successione legittima, costituendo un incremento

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quantitativo della quota di riserva prevista dall'art. 540, comma I, cod. civ. o alla quota di riserva risultante dal concorso
con altri legittimari, con la conseguenza che essi gravano, in primo luogo, sulla disponibile se questa non è sufficiente, i
diritti di abitazione ed uso gravano anzitutto sulla quota di riserva del coniuge, che viene così ad essere diminuita della
misura proporzionale a colmare l'incapienza della disponibile; se neppure la quota di riserva del coniuge risulta
sufficiente, i diritti gravano sulla riserva dei figli o degli altri legittimari (si deve, quindi, calcolare la disponibile sul
patrimonio relitto ai sensi dell'art. 556 c.c., e determinare così la quota di riserva; calcolata poi la quota del coniuge nella
successione necessaria in base all'art. 540, comma I, e 542 e 543 cod. civ., alla quota di riserva così ricavata si
aggiungono i diritti di abitazione ed uso, il cui valore viene a gravare sulla disponibile, sempre che questa sia capiente)
(cfr. Cass. Civ., sez. II, 6 aprile 2000, n. 4329).
Altra parte della giurisprudenza, invece, partendo dal presupposto che nella successione legittima non trovano
applicazione gli istituti della disponibile e della quota di riserva, afferma che tali diritti non spettano proprio al coniuge
nella successione legittima, essendo stati previsti solo nella successione necessaria.
La recente giurisprudenza, invece, non solo riconosce tali diritti al coniuge anche nella successione legittima, ma giunge
ad una diversa giustificazione e a un diverso calcolo della quota.
Se l’abitazione e l’uso non spettassero al coniuge anche nella successione legittima, si verificherebbe una ingiusta
differenza di trattamento tra coniuge putativo e coniuge legittimo. Infatti, mentre l’art. 584, comma I, cod. civ., dettato
in tema di successione legittima con riferimento al coniuge putativo, contempla espressamente l’applicabilità della
disposizione stabilita dall’art. 540, comma II, cod. civ. non altrettanto è previsto per il coniuge legittimo al quale, però,
stante il vuoto legislativo, l’estensione di tali diritti non può essere messa in dubbio, perché sarebbe contrario al principio
di eguaglianza se il coniuge putativo fosse trattato in modo più favorevole rispetto al coniuge legittimo.
Quanto ai criteri di calcolo del valore della quota, se cioè debbano imputarsi alla quota spettante al coniuge o, piuttosto,
debbano aggiungersi ad essa, le Sezioni Unite del Supremo Collegio di legittimità hanno – di recente – ritenuto non
applicabile il meccanismo di calcolo previsto dall'art. 540, comma II, cod. civ. nella successione legittima, poiché qui non
trovano applicazione gli istituti della disponibile e della riserva; e poi perché in tema di successione legittima, non risulta
da alcuna norma che agli eredi legittimi (che siano anche legittimari) non possa essere attribuito più di quanto viene loro
riservato nella successione necessaria (cfr. Cass. Civ., Sez. Unite, 27 febbraio 2013, n. 4847).
Del resto lo stesso risultato verrebbe assicurato interpretando correttamente l’art. 540, comma II, cod. civ. il quale
prevede i diritti di abitazione e di uso in favore del coniuge superstite anche quando concorra con altri chiamati. Ora,
poiché un concorso con altri chiamati può verificarsi sia con riferimento alla successione testamentaria che a quella
legittima, sembra evidente che il legislatore abbia inteso stabilire che, a prescindere dal tipo di successione, al coniuge
superstite spettano, comunque, i predetti diritti.
Ergo, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 581, 584 e 540 cod. civ., si può concludere
affermando che anche al coniuge legittimo sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di
uso sui mobili che la corredano in aggiunta alla quota a lui spettante per legge, configurandosi come prelegati “ex lege”.
Pertanto, e in conclusione, nel caso di specie, Armida, nella comparsa di costituzione e risposta, ritualmente depositata
ex art. 167 c. p. c. innanzi il Tribunale competente, corrispondente territorialmente al luogo dell’aperta successione ex
art. 22, n. 1, c. p. c., potrà esperire domanda riconvenzionale, ai fini dell’ottenimento oltre che della quota di legittima,
anche dei diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili in essa situati. Non trovando poi
applicazione nella successione legittima gli istituti della riserva e della disponibile, i diritti di uso e di abitazione andranno
imputati all'asse ereditario e proporzionalmente sulle quote legittime degli eredi Daniele e Chiara, compresa Armida,
quale coniuge superstite.
(di Giuseppe Potenza)

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