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STORIA DELL’ARCHITETTURA I

06/02

Architettura tra ‘400 e fine ‘600, in Francia e Inghilterra, e anche in Italia. Chiave di accesso a moodle
starch1 e starch2. Scegliere uno dei manuali in più e approfondire quelli dei 30 edifici che ci sono.

3 capitoli del libri di Bruschi: il primo si occupa della storiografia architettonica, breve discussione di come è
nata la storia dell’architettura, adotta canoni diversi rispetto alle altre arti, dialettica tra forma e funzione,
funzione forma ruolo sociale, aspetti con una gerarchia e possono essere storicizzati, cioè ad esempio
badare alla questione formale, guarda all’esito finale senza guardare come ci si arriva, guardare
all’architettura in modo formale, per molto tempo è stato così, modo più antico di guardare all’architettura,
come una delle arti del disegno, Vasari, e implica una selezione anche negativa delle valenze che ha
un’architettura, se guardo solo l’aspetto formale mi occupo di formare insiemi con similitudini, ma perdo gli
aspetti delle altre osservazioni, prima di tutto la funzione, uno degli aspetti che rende un’opera
architettonica diversa dalle altre opere artistiche, anche stile è una parola che deve essere storicizzata, è un
concetto ottocentesco, prima era maniera. Non si può parlare di classico nel ‘400, si parla di rapporto con
l’antico. L’aspetto formale è importante ma prima si deve vedere la funzione, rispetto alle altre opere.
Aspetto della funzione che ci porta a considerare il fatto che l’architettura è il risultato di un progetto,
anche le altre opere d’arte lo sono, ma in primo luogo il progetto si basa sull’individuazione delle funzioni di
quell’opera, che fanno sì che guardare agli esempi del passato, vedere come altri hanno risolto un
problema è la prassi di ogni progetto architettonico, anche se non dimentica l’aspetto formale. La storia
dell’architettura si divide tra una storia applicata alla progettazione e una che ha come fine solo la
conoscenza, e si avvicina di più a quella dell’arte, non è l’erudizione, ma lavoro di contestualizzazione, serve
a capire che ruolo ha avuto un’opera architettonica rispetto alle questioni formali e soluzioni funzionali del
tempo e rispetto alla società, l’architettura meglio delle altre parti riflette le condizioni, la mentalità, le
istituzioni i rapporti sociali che caratterizzano un periodo storico, e la sua complessità richiede uno studio
specifico, complessità fatta di forme, socialità, personalità che hanno costruito questa disciplina nei secoli.
Queste funzioni dipendono dalle esigenze espresse da un soggetto committente, ma questa questione è
complessa rispetto all’individuazione dei requisiti di un’opera, il dialogo tra progettista e committente è
ricco e complesso, e influisce in modo importante sull’opera, ma non è l’unico, un'altra differenza, terzo
capitolo del Bruschi, è il processo formativo dell’architettura, possiamo studiare molte diverse accezioni di
un’architettura, studio del progetto, che non è solo la premessa di un edificio poi realizzato, ma è un lavoro
in sé, ci sarà una distanza tra i due, implica la partecipazione di molti soggetti, un’architettura non
esisterebbe senza qualcuno che la pensa, ma anche senza qualcuno che la realizza, e la parte della
costruzione strutturale comporta anche dei cambiamenti, anche la scelta di cambiamento di materiale o
tecnica costruttiva, cambia molto. Si deve aggiungere la particolarità del processo, un edificio costruito
continua la sua vita ben oltre il momento in cui l’architetto lo pensa, lo realizza e poi ancora quando verrà
usato, l’uso cambia radicalmente funzione aspetto e ruolo nella società di un edificio. Aspetti fondamentali
per gli strumenti per studiare la storia dell’architettura. L’architettura rispetto alle altre arti è sempre
pubblica e quindi l’opera costruita ha un impatto molto forte sulla società, determina lo spazio e le
relazioni. Arte legata alla gestione e all’espletamento del potere, per questione di costi ma anche per il
fatto che è legata a un sistema. Che differenza c’è tra edilizia e architettura? Tutto quello che abbiamo
detto si può applicare a qualsiasi edificio, anche per quelli puramente pratici, che differenza c’è con quelli
che ci sono nei manuali? Distinzione molto variabile, quello che studiamo nei manuali deriva da
un’impostazione di storia delle arti, opera che deve essere risultato di un’attività intellettuale, edilizia può
raggiungere risultati interessanti, ma architettura spontanea, a monte c’è la distinzione tra un’opera edilizia
prodotto di un’attività intellettuale, e invece una che è il prodotto di una necessità, la critica fa una
differenza tra ciò che è importante per la storia, e qualcosa che può non avere un processo progettuale
consapevole a monte, è un’opera di architettura perché restituisce un momento di una società, diventa un
documento di un’epoca passata, non ottica estetico-formale ma ad esempio urbanistica, ed è comunque
una testimonianza importante.

Vitruvio è il simbolo di questa complessità, sul suo trattato gli architetti riflettono per secoli, perché fa di
questa disciplina una scienza, qualcosa che ha una sua identità, fondamento, metodo, che usa determinati
strumenti, capire ciò che gli architetti nel corso del tempo cercano in lui ci permette di capire molto rispetto
ai cambiamenti che si producono nel ‘400 rispetto all’età precedente e vedere come alcuni concetti
fondamentali espressi da Vitruvio vengono interpretati in maniera diversa ad esempio nel ‘400, ‘500 o ‘600
ci fa vedere come il ruolo del testo in architettura sia costruttiva, una funzione costruttiva, no il deposito di
una serie di funzioni da cui l’architetto deriva delle cose, ma anzi si può leggere in modi molto diversi,
ricerca degli architetti su che cos’è la loro materia.

07/02

Vitruvio, ci si può avvicinare ponendo al suo testo domande diverse, prima questione cercare di capire
come il testo in sé e l’uso che si è fatto dal ‘400 in poi nel corso della storia rivela l’idea che si ha in quel
momento dell’architettura. Il primo problema è la trasmissione del testo, secondo la tradizione sarebbe
stato riscoperto nel 1415 da Poggio Bracciolini a Firenze, è una semplificazione la riscoperta, il trattato
continua la sua esistenza nel corso del Medioevo, Petrarca e Boccaccio ne conoscevano l’esistenza, ma nel
‘400 l’uso è diverso, dice altre cose ai committenti e architetti del ‘400, c’è un approccio culturale diverso è
diverso quello che si chiede. Questa riscoperta non avviene da parte di un architetto, ma è un cercatore di
manoscritti, un umanista, un cancelliere della repubblica fiorentina, si tratta di un testo riservato a una
determinata classe di intellettuali e letterati, la più vera sua natura è quella di essere un trattato scientifico,
componente tecnica che ne garantisce la sopravvivenza nel corso del medioevo, testo complesso con
componente umanistico letteraria e una tecnico scientifica. Doppia natura del testo che è anche una doppia
natura dell’architettura, fatta di tanti aspetti diversi, ha un certo numero di problemi con cui arriva al ‘400,
testo difficile, scritto in latino, composto poco prima dell’avvio delle grandi fabbriche imperiali romane
dell’età augustea, non è facile da collegare alla realtà materiale dei manufatti antichi, che sono un’altra
parte essenziale della cultura del ‘400, riuscire a capire il testo in sé e la relazione tra le fabbriche antiche
esistite e quelle che questo testo dovrebbe illustrare, problema che sottende a tutti gli studi vitruviani che
si compiono tra ‘400 e ‘500. Altro aspetto importante è che il testo circola per lo più manoscritto,
circolazione limitata, editio princeps a Roma nel 1486, Vitruvio compie uno sforzo considerevole di
sistematizzazione della materia architettura. Nel trattato possiamo trovare tutto ciò che in età moderna
costituisce un tema di ricerca per gli architetti. Vitruvio tratta degli ordini, delle tecniche costruttive,
affronta con certi limiti i problemi del dimensionamento degli edifici, rapporti numerici che sottendono al
disegno, al progetto di un edificio, che valore devono avere le proporzioni in un progetto, e si rivolge a varie
categorie di persone, non solo agli architetti ma anzi lui stesso era un ingegnere. Concezione che abbiamo
noi oggi di ciò che compete all’architetto e all’ingegnere è dell’800, in questo caso ci pensiamo come
equivalenti. Aspetto ampiamente discusso del trattato è la questione del ruolo dell’architettura come arte
di governo e per questo Vitruvio indirizza questo discorso anche alla committenza e a coloro che si
occupano di gestire le opere e gli spazi pubblici, argomento di interesse della cultura del ‘400 per il testo di
Vitruvio. Struttura del testo, possiamo dividere il trattato in due parti, la prima libri da 1 a 7 e la seconda da
8 a 10, e con altri libri che sono andati perduti. Suddivisione interessante, i primi libri partono con la
descrizione della materia, i lineamenti generale dell’architettura, che cos’è, non è un’impostazione pratica,
ma ci fa capire di cosa stiamo parlando, cos’è l’architettura e chi possiede questa disciplina, poi parla di
questioni concrete, quali sono i materiali, come si usano, come si devono individuare le loro caratteristiche
perché la costruzione sia resistente e durevole per le necessità dell’uomo, dopo le caratteristiche la
provenienza, info utili per lo studio delle cave, il libro terzo tratta dei templi, inizia una descrizione
tipologica delle fabbriche, le suddivide in generi, o in tipologie diverse, il più importante edificio che un
architetto romano possa realizzare è il tempio, e inizia da quello, e descrive anche diverse possibilità che
l’architetto ha di declinare aspetto e dimensione di queste fabbriche secondo ordini diversi: per ordini
intende non ionico dorico e corinzio, dà una definizione più complessa, che sconfina nell’assetto generale
della fabbrica, descrivendo diverse specie di templi parla dell’assetto complessivo dell’edificio, del tipo di
pianta, del numero di colonne, del pronao, che stanno anche assieme alla parte ordine nel senso di
decorazione. Concetto complesso da mettere insieme, ma lui vuole farci capire che l’edificio è un tutt’uno,
non è possibile separare struttura e ornamento, le cose sono tutte assieme, e descrivendo diversi tipi e
possibilità di templi Vitruvio affronta l’argomento del rapporto tra proporzioni umane e architettoniche. La
questione del numero e del rapporto proporzionale riguarda la struttura complessiva della fabbrica, ed è la
garanzia della sua unità, pianta alzato e ornamento, tutto deve stare in un unico sistema, rapporto pensato
tra le varie parti, non posso immaginare la fabbrica come una scatola a cui aggancio parti diverse, ma devo
pensare alla corrispondenza di ogni parte dell’edificio secondo un modulo razionale, elemento che
garantisca l’unità di questa fabbrica, e per spiegare questa unità Vitruvio usa le corrispondenza con
determinate forme geometriche, uso di determinati rapporti proporzionali, ma non sono un valore in sé,
devono essere uno strumento per arrivare a produrre un edificio che abbia le caratteristiche precedenti, e
solo così avremmo la garanzia di avere un edificio che risponda a tutte le necessità. Un edificio ben
proporzionato, in cui c’è un rapporto reale, definibile razionalmente, non solo sarà bello, ma anche solido,
dal punto di vista costruttivo potrò organizzare molto bene usando materiali in maniera ordinata, concetto
molto complesso di ordini. Una volta spiegata la linea generale può procedere a descrivere i vari tipi di
templi, che avranno dimensioni, aspetto strutture diverse tra loro, e risponderanno alle esigenze di
costruire templi con finalità diverse e situati in luoghi diversi, concetto di corrispondenza. Dai templi si
passa agli edifici pubblici, alle case di città e di campagna, e il settimo libro è dedicato alla decorazione degli
edifici privati, chiara gerarchia che va dagli edifici pubblici, a quelli privati e all’ornamento, che è una parte
fondamentale, integrante dell’architettura, non è un di più, e diventerà sempre più importante. Nella
seconda parte del trattato, i libri tecnici, portano nell’architettura discipline che non sono per noi oggi
direttamente collegate, come l’idraulica, regolamentazione delle acque e degli acquedotti, i romani ne
avevano molto da dire, è un aspetto importante anche per l’esercizio degli architetti di età moderna, per
noi è ingegneria, ma per noi separati, e anche la gnomonica, cioè la costruzione di orologi solari, che nella
concezione romana è nel sapere di un architetto, così come la meccanica applicata all’architettura e alla
macchine militari, argomento del libro 10, a cui poi si aggiungevano altri libri andati perduti, il navis, erario,
aritmetica e geometria, e una sorta di libro di etica professionale, ciò che è utile all’architetto nel suo lavoro
è come l’architetto deve porsi nei confronti della committenza e delle maestranze, proprio sulla figura
professionale, trattato che supera il medioevo, interessa architetti, scienziati, meccanici e matematici, non
tratta solo di architettura intesa come attività edilizia. Che cos’è l’architettura secondo Vitruvio?
Nonostante l’ordine dato alla materia Vitruvio ha la pessima abitudine di tornare sugli stessi argomenti,
quando si tratta di individuare le definizioni della disciplina abbiamo innumerevoli punti del trattato.
Comunque quello che è sicuro facendo un collage è che esistono secondo lui una serie di parole chiave che
aiutano a capire come organizzare questa materia, e sono latine, ma spesso traduzione di termini greci, lui
adatta molti termini della cultura greca, grosso problema degli interpreti del ‘400, devono capire bene qual
è il loro contenuto, ordinatio, adattare ciascun elemento nell’opera, sia nell’insieme che singolarmente, è il
primo compito dell’architettura, mettere assieme tutte le parti dell’edificio in modo da ottenere una
fabbrica che sia simmetrica, ma in un significato particolare, la simmetria nella concezione di Vitruvio indica
l’accordo delle parti tra loro e nel complesso, ed è basata su una parte calcolata come modulo, modulo
base che serva da un punto di partenza per la costruzione del sistema, simmetria non come concetto di
specularità rispetto a un asse centrale, ma accordo delle parti tra loro. Ordinatio ha come primo elemento
l’organizzazione quantitativa dell’edificio, calcolo dei numeri e delle proporzioni. Se vogliamo provare a
immaginare di organizzare un’architettura potrei iniziare a fare una griglia basata su un modulo e provare a
distribuire nella griglia i principali elementi, traccio quindi delle quantità, dei segni secondo una linea, e
garantisco quindi un rapporto dimensionale quantitativo tra le varie parti, ho impostato le basi. Poi devo
passare a una collocazione appropriata degli elementi, devo dare forma, devo fare scelte di ordine
qualitativo, poi disposizione, e i due saranno in rapporto perché mi baso sull’ordine precedente, mentre
euritmia, simmetria e decoro invece guardano più alla qualità dell’edificio. La simmetria è il risultato
dell’ordinatio, ma importante è anche la questione dell’euritmia, sempre collegata alle due categorie
precedenti, armonia delle singole parti, corrispondenza della combinazione delle singole parti rispetto al
tutto. Decoro indica la convenienza, concetto più importante, che in parte viene fuori guardando ai diversi
ordini. Il decor, la convenienza è la capacità, la convenienza di comporre elementi giusti secondo una regola
o secondo la natura, rispetto al sito e rispetto all’orientamento, ma è anche l’appropriatezza, scegliere
forme e rapporti dimensionali, che regolino la fabbrica nel loro insieme, adeguati alle funzioni e alla
collocazione della fabbrica. La distribuzione riguarda le risorse, uso del sito, i materiali e la funzione
dell’edificio, non è una categoria che riguarda la struttura formale, ma la funzionalità finale, deve garantire
che gli aspetti collimino, siano adeguati rispetto all’impianto generale, alle funzioni e al decoro. Nel loro
insieme queste parole chiavi ci fanno capire che è difficile distinguere ciò che riguarda gli aspetti
strettamente materiali e quelli che sono di carattere rappresentativo, come decoro euritmia e simmetria,
questi livelli sono strettamente collegati, e un intervento su uno di loro ha ripercussioni su tutti gli altri.
Tutte le categorie possono essere sintetizzate con tre concetti fondamentali che presiedono a tutta la
concezione di Vitruvio, Firmitas, Utilitas e Venustas, che non possono essere separati, perché si basano su
una articolazione concettuale complessa. Firmitas riguarda la concezione materiale dell’edificio, è la
solidità, è ciò che riguarda la distribuzione, il decor, la struttura della pianta ha delle ripercussioni sulla
staticità dell’edificio, ma è anche la sua continuità nel tempo, deve essere solido, costruito per durare.
L’Utilitas è l’organizzazione corretta degli spazi, anche questa si ricava dall’ordinatio, si ricava dalla
disposizione e dall’armonia, concetto complesso che deriva dagli altri, ma in esso c’è l’organizzazione degli
spazi, l’edificio deve essere usato in un certo modo, deve essere comodo e pratico. Infine la Venustas, la
bellezza, descritto come aspetto piacevole ed elegante legato alle proporzioni che devono seguire rapporti
normali, in questa concezione la bellezza sta nel numero, nel modo in cui è usato il sistema proporzionale.
Definizioni molto ampie e generali, può essere che un sistema razionale provochi una reazione emotiva ed
estetica, ma è vero per tutti i concetti? Concetto di relatività rispetto alle tre parole chiave, queste
definizioni che dal ‘400 all’800 sono ritenute valide, vengono applicate sfumature e contenuti diversi.
Guardare al trattato non come uno prescrittivo, non ci sono norme seguendo le quali imparo a fare
l’architettura, ma concetti complessi che richiedono molta riflessione, e che gli architetti articoleranno nel
corso del tempo in modo diverso. Descrivendo le tipologie di templi secondo l’ordine ionico dorico corinzio
e tuscanico Vitruvio dà una descrizione del concetto di ordine, e dal ‘500 in poi il trattato è sinonimo di
ordini, come sono gli ordini dell’antichità, ma Vitruvio non li descrive nel modo in cui gli architetti del ‘500 li
pensano. Ordine architettonico per noi sistema con una base, un fusto, un capitello e una trabeazione,
nell’immagine manca già la trabeazione, la differenza tra i vari ordini è data dal rapporto proporzionale tra
gli elementi, la base, l’altezza del fusto e la dimensione del capitello. Non c’è una descrizione nel trattato,
Vitruvio definisce gli ordini come Genera, Ratio o Mos (genere, ragione e costume, componente generale
della fabbrica), cioè come qualcosa che sta agganciato a quelle diverse tipologie di templi, in cui spiega che
un tipo di tempio ha una pianta, una dimensione, delle caratteristiche formali a cui si adatta meglio un
certo tipo di ornamento, di ordine, ma non ha una concezione di elemento strutturale fatto di base
capitello trabeazione, ma che è una conquista faticosa che avverrà solo nel ‘500. Tavola di Cesariano, 1521,
fa vedere come l’elemento che cambia soprattutto è quello del capitello, tentativo di articolare un rapporto
tra i vari ordini su base dimensionale, ma non c’è una concezione concreta dell’ordine, che ad esempio non
comprende la trabeazione. Dovremmo aspettare il Trattato di Serlio, compare per la prima volta la grande
conquista dei 5 ordini tutti assieme, declinati come li intendiamo noi oggi. Il trattato di Vitruvio sicuramente
comprendeva delle figure, ma noi non le abbiamo. Nel sistema proporzionale che dà degli ordini ci sono
delle proporzioni differenti rispetto a quelle usate nel ‘500. Primo grande interprete di Vitruvio è Leon
Battista Alberti, figura monumentale, intellettuale a 360 gradi , la sua produzione letteraria non può essere
dimenticata quando ci si occupa del De re aedificatoria, che è parte di un percorso molto più ampio, che si
interessa a tantissimi aspetti della realtà, sociale, familiare, culturale, letteraria, storica, possiamo trovare di
tutto, dai trattatelli minuti di emulazione della letteratura di basso livello a grandi trattati di etica o studi di
matematica. Questo aspetto della figura di Alberti è fondamentale per capire il suo avvicinamento
all’architettura, che dipende da vari fattori, lui si occupa di molte cose in primis, poi il secondo motivo è
legato alle sue frequentazioni, la sua biografia, la sua prima opera legata la mondo delle arti è legata alla
pittura, con il De pictura, poi farà il De Statua, aspetti legati alle sue conoscenze . Lui nasce a Genova da
famiglia fiorentina esule, ritorna a Firenze solo dopo il 1428, entra nella curia pontificia come abbreviatore,
ha forti rapporti con la realtà veneta, è un chierico, segretario di cardinali, poi sarà abbreviatore apostolico,
avrà un rapporto particolare con Nicolò V, ambiente culturale molto legato alle antichità e al governo, ma
anche legato agli esordi a Ferrara con Leonello d’este ad esempio, ha una rete di relazioni molto importanti,
sia nel mondo culturale che in quello artistico (De pictura dedicato al Brunelleschi). Non sappiamo quando
scrisse il De re aedificatoria, fare fede a quello che lui dice, 1452 in un testo di matematica riferimento alla
composizione di un testo sull’architettura, non sappiamo quando lo abbia concluso, si dice che lo presenti a
Nicolò V, ma non sappiamo cosa, gli studiosi dicono che la affina e la rielabora fino agli anni ’70, è molto
probabile, il suo interesse per l’architettura è legato alle prime commissioni di architettura, negli anni ’50,
molto tardi rispetto alla sua biografia. La cosa che ci interessa è che il primo interprete di Vitruvio non è un
architetto ma un intellettuale, e grazie ad Alberti l’architettura diventa nel ‘400 una disciplina intellettuale,
grazie a lui e alla complessità del trattato di Vitruvio. Il De re aedificatoria può essere considerata una prima
rielaborazione del testo vitruviano perché la struttura del trattato di Alberti riprende molti aspetti del
trattato di Vitruvio, della prima parte, eliminando le machinatio, che prendono una strada autonoma.
Primo grande passo limitare l’architettura alla res aedificatoria, un testo che ha un impronta intellettuale-
filosofico fa però riferimento alla parte della costruzione. Nella struttura del De re aedificatoria si possono
dividere due parti: una destinata ai materiali e ai principi generali di costruzione di diverse tipologie di
fabbriche, prima universale e poi particolare, e la seconda parte del trattato, da 6 a 10 sono tutti dedicati
all’ornamento, perché questa chiave di riscoperta dell’architettura antica tramite Vitruvio è mossa da una
parola chiave, il concetto di magnificenza, lo splendore delle fabbriche antiche, nel ‘400 e nel ‘500 ci si
interessa all’antico perché si ritiene che era stato raggiunto il massimo splendore, e si doveva recuperare lo
stesso valore che era stato espresso dalle architetture dall’antichità, e per questo Alberti ne dedica una
grande parte all’ornamento, ancora non solo il testo di Vitruvio è molto legato alle biblioteche dei
governanti, ma anche quello di Alberti è più presente nelle biblioteche dei sovrani, che anche quello di
Alberti ha una fortuna editoriale tarda, editio princeps in latino nel 1485, in italiano 1546. La circolazione
delle sue idee è tracciabile, ma anche il testo di Alberti non è di carattere prescrittivo, ma speculativo, di
indagine e comprensione della materia. Lo sforzo di Alberti nel De re Aedificatoria è quello di rendere
attuale ciò che il trattato di Vitruvio contiene rispetto alla architettura antica, si pone come un suo
aggiornamento, Vitruvio aveva dato principi consoni al suo tempo, e Alberti vuole definire cos’è un
architettura e chi è un architetto nel ‘400, usando i concetti di Vitruvio. La sua definizione di architettura è
ambigua, guarda al fine ultimo a cui questa disciplina deve tendere, sicurezza, autorità e decoro dello stato
dipendono dall’opera dell’architetto in gran parte, senza l’architettura non c’è società e umanità,
definizione altamente impegnativa, ma molto ambigua, lui spiazza continuamente il suo interlocutore,
come la definizione di architetto, dice che non è il carpentiere, il cui lavoro è solo strumentale, ma deve
avere una grandissima preparazione intellettuale, deve conoscere le questioni meccaniche e pratiche.
L’architetto è chi collabora, è lo strumento principale dell’opera di governo, definizione rivoluzionaria
rispetto alla prassi degli architetti del tempo, sono pochi gli architetti che al tempo avevano un ruolo
rilevante e riconosciuto nel sistema del potere, c’è una grande età di nuove costruzioni e rinnovamento,
che deve essere gestito da chi ha conoscenze e competenze, e che può collaborare con le istituzioni nella
costruzione del potere. (Definizioni delle schede da imparare a memoria). Distinzione tra progettare
razionalmente e realizzare praticamente ha una ricaduta anche sulla natura dell’edificio, cos’è un edificio?
Secondo Alberti è un corpo e consiste di disegno e materia, il primo prodotto è opera dell’ingegno, l’altro
della natura, ciascuno per sé risponde a uno scopo, senza l’intervento di una mano esperta che sappia dare
forma alla natura secondo un disegno, questa è un’altra novità, Alberti definisce un processo di costruzione
dell’edificio, prima nella mente, nell’ingegno, e poi nella sua traduzione materiale. Come un corpo anche
l’edificio è il risultato di un’opera dell’ingegno e di un’opera della natura. Alberti chiede il riconoscimento
specifico di un sapere specifico di una disciplina specifica, che non si deve porre subito come strumento del
potere e basta, infatti nel ‘400 il rapporto tra la committenza e l’architetto cambia, viene visto come un
intellettuale che ha una propria autonomia, e che deve dialogare alla pari con la committenza, perché esiste
questo fondamento.

12/02

Architettura come attività intellettuale punto di svolta del ‘400, deontologia dell’architetto, di che cos’è la
sua professione, come ci si deve rapportare con il contesto culturale. Alberti è una personalità eccezionale,
il suo pensiero ha una diffusione limitata nella metà del ‘400 e fino a buona parte del secolo: queste idee
sull’architettura viaggiano in una cerchia ristretta o hanno una diffusione più ampia? Hanno una diffusione
più ampia, esempio della figura di Antonio Averlino detto il Filarete (1400-1469), nasce all’inizio del secolo,
architetto che svolge la sua attività tra Firenze e Milano, che è un centro di elaborazione sull’antico, e
trovarlo attivo a Milano è interessante rispetto al bagaglio di cultura e alla situazione che accoglie il suo
bagaglio di sapere. Lui è un personaggio controverso, è un cortigiano, si muove all’interno dell’ambito della
corte, vi appartiene, e il suo trattato, che non viene mai pubblicato, solo nell’800, è molto interessante per
vedere come le istanze di scientificità dell’architettura incontra le richieste della committenza, utilità
pubblica dell’architettura in Alberti, e quello di Filarete è finalizzato alla realizzazione di una città che
risponda ai bisogni pubblici del signore, in questo caso gli Sforza. Trattato con una struttura moderna, più
un romanzo che un trattato scientifico, ma anche in questa impalcatura vediamo una serie di principi che si
riferiscono a questo sapere di stampo vitruviano albertiano, e che fanno parte di una mentalità più diffusa
del tempo, non solo Alberti o Vitruvio. Vasari dice che è un testo poco significativo, tratta di architettura
come argomento di conversazione tra un architetto e il suo signore nella messa a punto della
ristrutturazione di una città, che ha come fine la potenza del signore, non rispecchia gli ideali di Vasari.
Filarete ha una carriera e una formazione di tutto rispetto, si forma a Roma, sta lì tra il ’33 e il ’47, le sue
opere romane ci fanno capire qual è l’interesse principale di questo architetto, l’antico. Oltre allo studio
intellettuale albertiano e i testi antichi il ‘400 si avvicina anche con lo studio delle opere dell’antico, che può
avere un ruolo diverso a seconda del modo in cui le studio, Alberti sarà interessato a mettere in contesto le
opere dell’antico, e nel suo caso la relazione con le descrizioni di Vitruvio e quello che le opere antiche
erano veramente. Questo è un lavoro ciclopico, che impegna gli architetti per secoli, e come un testo è
soggetto a interpretazioni, anche gli edifici dell’antico si possono guardare con occhi diversi, da punti di
vista diversi, e gli architetti cercano di capire come queste opere potevano essere nella loro forma
originaria. Filarete con queste due opere mostra un grande interesse per lo studio delle opere antiche;
viene accusato di furto di reliquie, invece stava conducendo degli scavi e viene accusato, non ci sono ancora
autorità preposte. Averlino studia l’antico e la replica in scala del S. Marco è firmata come architetto, che
quindi ha un modo ampio di interpretare la sua posizione. Il suo trattato di architettura descrive la città di
Sforzinda, descrive edifici veri che lui stesso ha costruito a Milano, come l’ospedale Maggiore. Parlare della
città è un parallelo con Vitruvio, anche lui la descrive, come modo molto sistematico, ma ha anche dei
vantaggi pratici, in una città ci sono tutte le problematiche dell’architettura, descrive quelle legate
direttamente al signore in modo celebrativo, venustas, ma anche quelle più funzionali, utilitas, e l’ospedale
Maggiore è un esempio di unione, la componente materica è studiata in modo meticoloso, perché non
c’era una scienza consolidata per curare i malati, grande attenzione allo smaltimento dei rifiuti, e diventa
un esempio a scala europea, e si fonda sui principi essenziali dello scolo dell’acqua e la circolazione
dell’aria, che garantiscono la salubrità del complesso. Pianta molto regolare attorno a due crociere
all’interno di un quadrato, grandi sale in cui stanno gli ammalati con al centro un altare e attorno le
strutture per i servizi di un ospedale. Edificio altamente tecnologico, riconoscere il suo sapere e il suo modo
di fare l’architetto, ha una preparazione solida sull’antico e sull’utilitas, sui dispositivi tecnici. Filarete come
parafrasa la definizione di architetto e di edificio di Alberti? È un modo diverso di raccontarlo, per un
auditorio potenzialmente più ampio, è scritto in volgare, e a volte in modo anche accattivante e divertente,
e in questa forma letteraria diversa ritornano i concetti principali della stessa concezione intellettuale
dell’architettura e dell’architetto: l’edificio non può essere creato da una persona sola, il committente deve
avere l’architetto, che è la madre, perché come una donna incinta tiene l’edificio nella sua testa 9 o 7 mesi,
deve prendersi il suo tempo, è come un corpo, e deve fare vari disegni nella sua mente, collaborazione
fondamentale, ma poi l’architetto dà forma e corpo. Poi deve fare un disegno piccolo, deve fare un
modellino, forma principale di progettazione, i disegni si fanno principalmente sulla testa, al committente si
presenta un modellino, è la pratica dell’architetto del ‘400, ecco perché abbiamo pochi disegni e più
modelli, almeno nella prima metà, modo principale degli architetti di trasmettere il loro pensiero. Parte
dalla prassi ma costituisce una serie di motivazioni alte per giustificare questa prassi. Prima fase della messa
a punto di un edificio è il progetto, come ci aveva detto Alberti, e Filarete ce lo descrive anche nei dettagli.
Programma dell’edificio, e poi l’architetto deve trovare il modo migliore per realizzarlo, e poi presentarlo al
committente, e deve stare ai suoi ordini, non può prendere iniziative, e poi attraverso le arti meccaniche i
muratori, i tagliapietre e i legnaioli devono costruirlo, sotto osservazione dell’architetto. Stessi concetti
espressi in un modo diverso. Dagli anni ’80-’90 del ‘400 si impegnano direttamente nel confronto con il
testo vitruviano: questi studi sono importanti perché vedono agire figure di riferimento come Francesco di
Giorgio Martini, Raffaello, Fabio Calvo e Antonio da Sangallo il Giovane. Una volta che si è diffusa nella
mentalità generale il fatto che l’architettura deve essere organizzata in rapporto all’antico, che è il punto di
partenza per la costruzione di un linguaggio moderno, studiare Vitruvio diventa fondamentale, solo che è
difficilissimo. Martini, architetto importantissimo, si impegna a più riprese sul testo, ma è troppo
complesso, anche se è il primo architetto che tenta di mettere insieme ciò che Vitruvio descrive e ciò che
Roma contiene, gli edifici antichi, e disegna queste opere, le rappresenta, e il che comporta una serie di
operazioni non irrilevanti, come rapporti dimensioni e forma, è un pioniere degli studi vitruviani, e tenta di
tradurre queste descrizioni in oggetti architettonici. Questa è una delle missioni principali degli architetti
che si occupano del testo vitruviano, che ha delle difficoltà di interpretazione, anche i filologi hanno la loro
parte. Altro aspetto interessante sono i luoghi, i centri all’interno di cui si sviluppano questi studi, non solo
Roma e Firenze, ma Milano, Venezia, Siena e Ferrara, possibilità di ricostruire una geografia del
rinascimento molto articolata e complessa. Missione principale che si può cogliere negli studi vitruviani è
quella di dare corpo a questi edifici, il primo che pubblica una edizione di Vitruvio illustrata è Fra Giocondo,
è un architetto particolare, viene da una formazione letteraria, si occupa di antiquaria e iscrizioni, studioso
esperto dell’antichità, ma anche tecnico, ingegnere, per cui lavora a Parigi e a Venezia, e poi come
ingegnere militare anche, figura complessa che si occupa di molti aspetti contemporaneamente. Le
illustrazioni di Fra Giocondo al testo di Vitruvio dimostrano i suoi interessi nei confronti degli ordini, ma ci
sono dei problemi di rappresentazione, non è che non sa disegnare, la silografia non permette una grande
precisione, ma questo tipo di raffigurazione schematica, che guarda le dimensioni generali dell’edificio e dei
rapporti tra le colonne, e cerca di rappresentare quello che dice Vitruvio, sono rappresentazioni importanti,
siamo nel 1511, sono il punto di partenza per le edizioni a stampa successive. Questione della basilica
vitruviana fatta a partire da altre considerazioni, a suo modo è filologia, Fra Giocondo non si inventa niente,
traduce in disegno ciò che Vitruvio descrive a parole a grandi linee. Il lavoro dei filologi è molto importante
e si sviluppa nella prima metà del ’55 e porta in Francia, luogo in cui si sviluppa un forte interesse per
l’antico, in Francia si produce la prima più importante edizione del testi di Vitruvio considerata dal punto di
vista filologico, di interpretazione del testo, di chiarimento di quel latino grecizzato, e Philandrier gode di
studi che costituiscono una biblioteca vera e propria vitruviana, testo che non può fare a meno di un
apparato illustrativo, ma comunque non è un’edizione di un architetto e influente. Per avere le prime
importanti e influenti e usabili praticamente da architetti dobbiamo aspettare il 1556 i Commenti a Vitruvio
di Barbaro, siamo in un momento topico della storia dell’architettura veneziana, fermento di rinnovamento,
ci sono tante discussioni in atto, progetto di piazza S. Marco, è una città che ha bisogno di architettura, e
l’edizione del Vitruvio di Barbaro si segnala perché la collaborazione tra intellettuale e architetto mette
assieme Daniele Barbaro da un lato e Palladio dall’altro. È nata una nuova architettura nei primi decenni del
‘500, si rifà all’antico in un modo diverso, cerca un linguaggio codificato, ha acquisito una maggiore
familiarità, e la restituzione di Palladio della Basilica di Fano non è la descrizione di Vitruvio, ma di chi ha
studiato i monumenti dell’antico e adatta la conoscenza materiale alle descrizioni di Vitruvio, sono
elaborazioni architettoniche, sono edifici complessi, in cui le murature hanno una spessore, non è un filo
che delimita un’area, esempio della soluzione angolare del pilastro con incastrata una colonna. Grande
salto Claude Perrault, Vitruvio si interpreta in un modo diverso nel corso degli anni, nel ‘600 non è più il
problema dell’antico e basta, non è solo il problema del conoscere il testo, non è più solo il problema di
accordare fabbriche e descrizioni, ma usare Vitruvio come testo di riferimento per una professione, come si
diventa architetti, nel ‘400 e ‘500 si impara da un maestro, nel ‘600 iniziano invece ad esserci delle scuole di
Architettura, soprattutto in Francia negli anni ’60, accademia di architettura, primi luoghi in cui si ragiona
sulla costruzione di un iter didattico, come si impara a fare l’architetto, quali devono essere le sue
competenze, e questo avviene all’interno di una struttura di governo precisa, accademia reale costruita per
formare architetti a servizio dello stato, da una parte celebrazione della potenza e magnificenza dello stato
e dall’altra la parte pratica, come strade, ponti. L’accademia di Colbert, di Luigi XIV, ha il problema del
confronto con l’Italia, Roma in questo momento è ricostruita, egemonia artistica di Roma e celebrazione di
potenza, l’accademia di architettura cerca di recuperare una propria identità nazionale di approccio
all’architettura. Vitruvio è interessante perché la grande autorità indiscussa, se riesco a dimostrare che in
Francia stiamo facendo la cosa giusta ha risolto il problema, e non a caso la prima missione per l’accademia
è una nuova edizione di Vitruvio, molto importante perché si lega a un dibattito sul Louvre, che è in un
momento di confronto tra Parigi e Roma, con l’arrivo di Bernini. Il risultato è fondamentale, la lettura e il
commento del testo di Vitruvio rivede i concetti fondamentali che abbiamo evidenziato nella discussione
del testo antico, concetti definiti in maniera univoca e immutabile da Vitruvio e devo leggerli sempre così o
no? La risposta è la relatività, edizione importante perché fa di questi principi non naturali, che permeano la
realtà sempre uguali a se stessi, no leggi universali, ma interpretazioni che vanno date di volta in volta a
seconda del momento, delle consuetudini e delle necessità che ogni momento storico possiede. L’edizione
di Perrault, mette in evidenza la possibilità di articolare i principi in modo libero e collegato a ciò che
l’architetto e i suoi committenti in quel momento ritengono essenziale capire, interpreta liberamente i
principi. Bellezza positiva e bellezza arbitraria, concetto di base è che le regole dell’antico erano troppo
limitanti e vengono reinterpretate in base alle necessità nuove.

13/02

Filarete e Alberti guardano all’antico in modo diverso, il secondo ha un bagaglio molto più ampio di
conoscenze, nella cultura di Filarete c’è documentazione diretta, ma non altri. Opere capitali del ‘400, da un
punto di vista specifico, del rapporto tra architetto e committente. Abbiamo visto cos’è l’architettura per gli
uomini del ‘400, uno strumento importantissimo di intervento nella società, è interessante vedere come sia
fondamentale questo rapporto per alcuni degli edifici più importanti costruiti nel secolo. Il primo è la cupola
di S. M. del Fiore, le sue caratteristiche sono da leggere nel rapporto tra l’architetto, Brunelleschi, gli operai
in cantiere, i committenti. La cupola è celebrata ovunque in tutti i testi, differenza tra quest’opera e quelle
precedenti. Il primo testimone è Alberti, scrive la frase famosissima, elemento fondamentale è nella novità
del sistema con cui questo edificio è stato realizzato, dell’apporto tecnico di Brunelleschi, che supera
l’antico. La parola chiave sta in artificio, opera di ingegno, intellettuale, di Brunelleschi, che è una
personalità particolare, non è un intellettuale come Alberti, non è un architetto allevato in una bottega, ma
è figlio di un notaio, estrazione sociale alta, ma non è un grande intellettuale, è in grado di compiere studi
importanti, verso matematiche, meccaniche e antico, da cui noi spesso escludiamo la componente
scientifica. Rispetto ad Alberti ha una conoscenza più selettiva delle opere dell’antichità, più indirizzata alla
componente tecnica. Condizioni fondamentali che determinano il suo modo di rapportarsi con la
committenza e con le maestranze della cupola. Brunelleschi si colloca in un punto di snodo, in una
posizione autonoma rispetto alle maestranze e alla committenza. La sua assunzione non segue la prassi di
ingaggio delle maestranze fino a quel momento, a un certo punto chiamano tutta la cittadinanza per la
risoluzione di un problema, la copertura del transetto, che non si sa come gestire, Brunelleschi fa una
proposta, incarico di fiducia che gli viene affidato. Modalità e rapporto di fiducia tra committenza e
architetto è la condizione che gli permette di agire in totale autonomia rispetto alle indicazioni della
committenza. L’arte della lana gli chiede se una soluzione funziona, e poi si fidano, loro non avevano le
competenze per giudicare quella soluzione, che era inedita, e le maestranze si troveranno a lavorare con
metodi costruttivi diversi rispetto a quelli usati fino a quel momento, sistemi costruttivi messi a punto solo
per quell’opera e mai usti prima. Conclusione che l’architettura del ‘400 nasce dall’isolamento
dell’architetto, è solo lui che sa cosa fare, ed è difficilmente condivisibile. Capire quali sono i rapporti tra
committenza, architetto e maestranze è il modo migliore per capire come cambia la figura dell’architetto
rispetto a quello che si è fatto nei cantieri fino a quel momento. Cambiamento che corrisponde anche a un
cambiamento delle consuetudini, corrisponde alla differente relazione che si stabilisce tra queste diverse
componenti della fabbrica, fino a questo momento l’architetto è una figura che condivide lo stesso sapere
delle maestranze, è primus inter pares, è colui che gestisce le componenti necessarie alla costruzione di un
edificio. Si crea in questo momento una separazione di cui Brunelleschi è l’esempio più importante. Che
cos’ha questo edificio di così straordinario? La cupola è la fine di un lungo processo, quello che Brunelleschi
realizza parte dal tamburo, realizzato sopra il transetto, costruisce questa grande volta, che è un po’strana,
composta da una serie di vele, elementi triangolari curvi che si raccordano in alto, che si raccordano sotto la
lanterna, che è una parte essenziale per la distribuzione del carico delle forze, spinte laterali e verticali, la
lanterna racchiude tutte le spinte e mette in tensione tutta la struttura, una tensione di equilibrio.
Brunelleschi lavora anche ad elementi che stanno sotto al tamburo, le tribune morte, che fanno da
contrafforte, si pensa servano ad aiutare lo scarico delle forze in punti particolari della struttura che sta
sotto la volta. La cupola appoggia su una struttura ottagonale fatta di pieni e di vuoti, il tamburo fa da
elemento di raccordo, da base, da imposta alle strutture voltate della cupola. Come si era pensato di
risolvere il problema di copertura del transetto in precedenza? Affresco di Andrea che ci mostra
un’immagine di invenzione della cattedrale di Firenze con una cupola che non è impostata sul tamburo ma
al livello delle coperture della navata, tamburo aggiunto in un momento successivo, in parte aiuta la
situazione, ma in parte la complica la struttura della volta, equilibrio è più complicato, elemento che
complica la soluzione del problema. Idea geniale di Brunelleschi è quella spiegata da Alberti, procedere con
la costruzione di una cupola autoportante, che non usa il sistema tradizionale, costruzione di un sistema di
travature lignee, la centina, una cupola di legno che serve da base di appoggio della struttura in muratura
costruita appoggiata alla centina, e una volta che questa si è asciugata e consolidata sta su. Nel caso di S. M.
del Fiore, con quelle dimensioni, 50 m, gigantesca, sarebbe costato tantissimo costruire una centina di
quelle dimensioni, e anche molto difficile, portare su uomini e materiali a quell’altezza, edificio ligneo di tali
dimensioni esagerato, nell’immagine in alto si vede il processo di costruzione con le centine. Brunelleschi
invece si inventa il modo di costruire progressivamente tutte le parti della cupola in modo concentrico,
procedendo pezzo per pezzo, quasi a spirale, usando ponteggi e impalcature che sono impostate a livello
del tamburo e che servono a portare su maestranze e materiali che mano a mano procedono con la
costruzione. Questo processo comporta una rivoluzione nel sistema di costruire. La prima rivoluzione è
quella di studiare le fasi di costruzione, e queste sono rese possibili dal fato che Brunelleschi costruisce due
cupole, una esterna e una interna, e le due hanno sezione diversa, funzione e struttura diversa, e sono tra
loro collegate, in modo che una sostiene l’altra, è una doppia cupola con un’intercapedine, quella interna è
più spessa e sostiene la parte maggiore del peso, quella esterna ha una funzione di copertura e di
smaltimento delle spinte. Non si erano viste prima delle coperture doppie, solo articolate diversamente tra
esterno e interno, ma con materiali diversi rispetto a queste. Le due cupole di S. M. del Fiore all’interno
della parte muraria sono posizionati in punti opportuni tiranti in pietra e in ferro, materiali che sono in
grado di smaltire spinte diverse, prodotte da una struttura voltata, spinte di compressione e di trazione, e
Brunelleschi collocando nei punti giusti questi materiali riesce a ottenere una struttura solida. Lui studia
l’antichità, vede la volta del Pantheon, che hanno cementi diversi con sezione diversa tra base e altezza, e
invece di cambiare la sezione Brunelleschi usa la doppia cupola, per ottenere un risultato di solidità. Altra
scelta è l’uso di una sezione a sesto acuto, non arco a tutto sesto, ma acuto, perché è la soluzione più
ragionevole in una situazione con dimensioni così grandi, una cupola a tutto sesto produce alla base spinte
molto più forti, quella con un sesto rialzato spinge di più in quelli laterali, calcolo con il parallelogrammo
con il filo a piombo. Spina pesce, mattoni messi in posizioni non regolari, non come d’abitudine, cioè uno
sopra l’altro in orizzontale, i mattoni accompagnano la curvatura della vela, sono disposti in parte in
verticale e in orizzontale, e il segreto di questa cupola pare sia la disposizione dei materiali, i letti di malta
tra un mattone e l’altro sono disposti con un’angolatura che favorisce lo scarico delle forze, da un punto di
vista pratico costruttivo gli elementi di novità sono nella scelta dei materiali, nella disposizione, nei tempi di
costruzione di avanzamento. Novità che Alberti spiega molto bene con una frase sibillina, dice che
Brunelleschi ha costruito una cupola sferica e angolare, ma cosa vuol dire? Qui dentro c’è tutto, questa è
una cupola angolare, non abbiamo una cupola che è il prodotto di una rotazione continua di un
semicerchio, ma una cupola a spicchi, che sono sottolineati visivamente, elementi che vanno su con una
sezione che non varia dalla base all’altezza, cupola ad angoli, ma Alberti ci dice che è anche sferica, questo
modo di apparecchiare la muratura e di portare avanti la costruzione fa sì che i materiali che compongono
gli spicchi siano disposti con continuità, ad andare su quasi a spirale, come fosse una cupola sferica di
rotazione, che è quasi solo concettuale, la forma non è sferica però, è angolare. Il modellino è fatto
recentemente per spiegare come questi spicchi siano prodotto di una rotazione data dalla disposizione dei
materiali nella struttura. Brunelleschi fa tutto ciò con una strumentazione tradizionale, fa dei modelli e dei
disegni, che ordina siano tutti bruciati con la fine del cantiere, quindi con sistemi tradizionali, ma con
un’intenzione particolare, sembra si sia inventato uno strumento di controllo dell’avanzamento dei lavori
che consisteva nel riportare su un modello a scala ridotta ciò che di giorno in giorno veniva costruito nel
cantiere, anche registrando varie imperfezioni, con questo definitore Brunelleschi ha un controllo completo
sulle varie fasi di costruzione della cupola, lui era veramente un genio, con strumenti che tutti avevano a
disposizione è riuscito a realizzare qualcosa di nuovo, diverso e incomprensibile per i suoi contemporanei e
anche oggi. Cupola che all’apparenza non è un’opera moderna, non ha l’aspetto di un’opera all’antica, ma
possiamo trascurare quest’aspetto, la novità è tale rispetto al gotico che questa è un’opera moderna,
Brunelleschi se ne frega di queste componenti, la lanterna è l’unico elemento in cui c’è più vicinanza con le
forme della letteratura antica, ma qui il problema non è di ordine stilistico. La figura di Brunelleschi
potrebbe incarnare la figura ideale di architetto? Alberti non aveva ancora scritto il De re aedificatoria,
siamo nel ’36, comunque sì, perché è qualcuno che sta fuori dal sistema dei semplici artefici che
costruiscono, è qualcuno che gode della massima fiducia dei committenti, è molto più vicino a loro che al
concetto di magister che era fino a quel momento. Personaggio che sicuramente è più vicino ai committenti
che alle maestranze è Alberti stesso, lo vediamo nel Tempio Malatestiano, condotta per volontà di
Sigismondo Malatesta, personaggio molto bistrattato dalla storiografia, un uomo che rappresenta bene le
caratteristiche dei principali signori dell’Italia del ‘400, che sono principalmente uomini di guerra, che si
sono conquistati un certo ruolo in società. È la chiesa del monastero di S. Francesco, una delle molte opere
che Malatesta commissiona, si vede anche nel castello di Rimini, che diventa una delle fortificazioni più
famosa. Aspetto degli interessi militari, altro canale che avvicina la cultura del ‘400 all’antichità. Studioso di
cose militari e di ingegnerie e di meccanica, ci sono molte strade che portano all’antichità. Sigismondo verrà
scomunicato, per aspetto politico, signoria di seconda rilevanza per la forza dello stato, ma importante nelle
alleanze ed equilibri generali dei grandi stati che cercano di avere un controllo il più possibile esteso. Alberti
è in grado di interagire e ricevere commissioni da personalità che non sono legate da rapporti amichevoli,
personalità per partes. Lavori di ristrutturazione della chiesa di S. Francesco erano iniziati nel ’46, prima che
arrivasse Alberti, nel 1453 si apre un nuovo cantiere, gestito per la parte progettuale da Alberti, e per la
parte di gestione dei lavori da Matteo de’ Pasti. Le immagini dell’interno del Tempio Malatestiano devono
essere una guida per cogliere la differenza con l’intervento di Alberti, pochi anni di differenza con la
costruzione della fabbrica albertiana che è nell’esterno, ma siamo in due pianeti diversi. Ci sono moltissimi
ornamenti, ricchezza di ornamentazione notevole, gli archi sono a sesto acuto, principio del montaggio per
parti, idea di grande pilastro con un ordine, ma concezione ibrida tra un pilastro gotico e una decorazione
all’antica, commistioni. Con Alberti siamo su un altro pianeta, il suo progetto riguarda la costruzione di un
involucro esterno senza toccare quello che c’è dentro, problema che non lo riguarda, in pianta possiamo
notare come il prospetto laterale, segue un ritmo che non segue le finestre della navata, va per i fatti suoi,
ma in maniera coerente con l’elemento principale del progetto, ossia la facciata, quindi gli archi sono
direttamente dipendenti e strettamente correlati alla facciata principali anche se hanno forme diverse, e lo
capiamo dal fatto che esistono linee di continuità molto forti tra la facciata e i fianchi, basamento su cui
sono le semicolonne, e anche la trabeazione che sta sopra l’ordine continua anche sul fianco, nonostante il
fatto che la trabeazione sulla facciata sia appoggiata sulle colonne mentre sul fianco galleggi nel nulla, solo
elemento di continuità. Tutte le parti devono essere in relazione tra loro e con il tutto secondo Alberti. Alla
parte dell’abside ha deciso di farla, ma non è stata completata.

14/02

Tempio Malatestiano, sistema di forme all’antica rivedute con una modalità particolare, interesse per le
opere decorative scultoree, schemi formali consueti per il gotico. Esterno dell’edificio va per i fatti suoi,
pensato da Alberti, ha una forte impronta all’antica e si separa da tutto ciò che c’è dietro questa facciata,
parete autonoma. Segno riconoscibile volontà di continuità tra queste parti esterne dell’edificio, elementi
architettonici diversi, arcate con pilastri che sostengono archi, elementi di continuità di basamento e la
trabeazione, basamento che corre sulla facciata e fa da appoggio a ciò che sta sopra, trabeazione che
continua su tutte le facciate, sulla anteriore inserita come parte terminale dell’ordine sulle semicolonne, sui
lati elemento terminale, cornicione, prassi albertiana. Fabbrica autonoma rispetto alle preesistenze, c’è uno
spazio tra lo sviluppo degli archi e la parete antica, anche i sarcofagi raccolgono le spoglie di membri della
corte di Sigismondo, anche all’esterno funzione sepolcrale fortemente marcata, affiancarsi di elementi
all’antica con nuovi. Il fianco del tempio si interrompe bruscamente, e ciò che segue è una fabbrica che
riprende le murature di quella preesistente, ciò che sappiamo di come avrebbe dovuto essere conclusa la
fabbrica secondo Alberti è legato alla medaglia di Matteo de Pasti, con la facciata raffigurata. Ci saranno
stati altri elementi di stampo progettuali, lettere tra Alberti e Pasti, il primo a Roma e l’altro a Rimini, lettere
in cui Alberti spiega cosa e come deve essere fatto, con un’attenzione che deve essere colta come un
elemento importante, non è vero che non si interessa del cantiere, che il suo atteggiamento intellettuale lo
fa allontanare dall’aspetto costruttivo, anzi è molto attento, ma sono ruoli diversi. La sua posizione
intellettuale lo colloca al di sopra delle maestranze, non entra materialmente nel cantiere, ma deve essere
in grado di gestirlo a distanza. Non è diverso da Brunelleschi, ma è la stessa idea di distinzione dei compiti,
distacco che non è indifferenza, è posizione sociale dell’architetto, quello che Alberti sostiene nel De re
aedificatoria è che l’architetto permette con il proprio sapere al governante di governare, quindi la sua
posizione è importante. Elemento centrale mai costruito, con dietro una cupola enorme, con elementi
molto simili a quelli di S. Maria del Fiore, questa cupola non a sesto acuto ma a tutto sesto, grande cupola
semisferica modello Pantheon, anche se non è simile. Non sappiamo bene come Alberti pensasse alla
struttura complessiva del presbiterio, la medaglia non ci dice fino a che punto è possibile pensare alla
navata, con una rotonda che si innesta su una navata, o una croce con tre bracci corti su cui si innesta la
cupola, ragionamenti fatti sul punto in cui i mattoni sono messi per ammorsare altre parti, aula e rotonda o
aula e transetto. Elemento che crea diversi problemi è il rapporto tra la facciata e l’edificio preesistente,
livelli di copertura della navata centrale e cappelle laterali che sono più basse, necessità di costruire un
elemento di raccordo fa entrare in gioco gli elementi obliqui, il progetto cambia in corso d’opera. La grande
finestra centrale mai costruita è un elemento interessante, nella medaglia è rappresentato un grande arco
con colonne ai lati, capitello, trabeazione, un arco superiore, e un elemento orizzontale con le colonnine, e
l’arco serve a dare luce alla navata centrale, potrebbe essere un’intrusione veneziana, Alberti studia con
molta attenzione la basilica di S. Marco, non può dare luce con un rosone gotico, soluzione che si vede
anche nella chiesa di Mantova, il S. Andrea. Il punto di partenza per l’organizzazione della facciata è un arco
di trionfo, arco di Augusto a Rimini è edificio del luogo, importante come testimonianza dell’antichità che
Alberti usa come spunto per l’organizzazione della facciata del tempio, nell’edifico sacro si celebra la dignità
più alta, quella divina, edificio che celebra un uomo e una dinastia, ma è comunque sacro. Elementi
adeguati alla costruzione dell’edificio più importante che un architetto possa realizzare, quello sacro.
Alberti studia questi edifici, ma non copia, prende spunto, rielabora, e non è solo quell’arco trionfale, i
tondi nei pennacchi degli archi, i capitelli, che non sono una copia esatta di quelli antichi, e neanche quelli
descritti da Vitruvio, ma sono di invenzione, ma questi elementi identificabili e locali sono mescolati ad altri,
alla struttura degli archi trionfali romani, che solitamente è tripartita, abbiamo la grande apertura centrale
e i due fornici laterali, che sono più piccoli e in questo caso chiusi. Altro elemento all’antica molto
importante è l’iscrizione, in lettere capitali, che celebra il committente e la dinastia. Gusto per la varietà, lo
si vede nei capitelli, è qualcosa di fortemente presente nella mentalità del ‘400, costruire qualcosa di antico
rielaborandoli secondo il gusto del tempo. Gusto della varietà e della dissimmetria e del movimento, due
archi che partono dalla stessa imposta, arco maggiore e arco minore tappato, arco comanda tutto, i tondi
sono posizionati rispetto all’arco, ma qui arco più grande li spinge in su, facciata in cui ci sono diversi sistemi
che regolano le varie parti. Marmi diversi, bianco come colore del tempio, come materiale di luce, tema che
attraversa anche architettura civile e militare del ‘400, ha delle implicazioni di tipo costruttivo e
conseguenze cromatiche formali su tutto l’edificio, l’idea della parte terminale del tempio ispirata a S.
Marco di vede nelle cruste marmoree per sottolineare la sontuosità dell’ingresso, marmi in lastre sottili, il
colore dei marmi, la policromia è uno dei valori dell’architettura antica, a cui la cultura del ‘400 è sensibile,
non è vero che in quel momento si guarda solo alla pietra bianca. Tra le crustae la fa da padrone il porfido,
pietra rossa che è considerata come la pietra imperiale. Tutti i dettagli sono estremamente curati,
importanza dell’ornamento, lavoro di intaglio del marmo non è solo una questione di ordine formale, ma
anche economica, usare marmi intagliati finemente è un segno di forza, potenza e importanza,
commistione di elementi all’antica molto significativa. Alberti al suo esordio a Rimini si dimostra
perfettamente in grado di maneggiare un vocabolario architettonico complesso, fondato sull’antico, in
grado di interpretare molto bene le finalità e gli obiettivi della committenza.

Alberti a Mantova. Siamo partiti usando il filo della committenza, nel caso di Alberti prendiamo la prima, il
Malatestiano, e ora la ultima, S. Andrea, il cantiere inizia e Alberti muore dopo pochi mesi, Fancelli che
porta avanti i lavori è stato un allievo fedele, ma non abbiamo progetti di Alberti, e possiamo credere che
sia stato fedele perché è complessa e solo Alberti avrebbe potuto pensarla. Fabbrica con una vita
complicata, il progettista muore quasi subito, una parte viene costruita subito, il transetto è oggetto di
costruzione successiva e la cupola nel ‘700. La pianta ha una sua identità molto forte, navata centrale e
serie di cappelle laterali, copertura a botte importante della navata centrale, e la facciata è diversa rispetto
a quella del Tempio Malatestiano, è un corpo di fabbrica autonomo, portico più piccolo e stretto dello
sviluppo della fabbrica, l’edificio si inserisce in un contesto di preesistenze fortemente vincolanti. Facciata
di S. Andrea è tripartita, ma con differenze forti, c’è un ordine e una trabeazione, a Mantova la facciata va
per i fatti suoi, lui inserisce una facciata che non copre, non è la facciata dell’edificio, è un arco trionfale,
citazione esplicita. Il progetto di Alberti è complicato e quello che ci interessa di più è vedere come Alberti si
procura questa commissione: lettera al marchese di Mantova, Ludovico Gonzaga, a cui Alberti si propone
come architetto, e ci dice moltissimo in poche battute, di quali sono gli argomenti rilevanti della
committenza, ci dice che non è un professionista sempre reperibile al signore, ma è l’architetto che indica al
signore l’edificio giusto rispetto alle intenzioni, necessità e volontà. A S. Andrea si conserva la reliquia del
sangue di Cristo, e sarà il perno di tutta la fabbrica, operazione di costruire una nuova chiesa è un altro
modo di rinfrancare la propria autorità, in un momento delicato di relazioni tra papato e impero. Alberti
indica un modello antico, l’Etruscum Sacrum, elemento antiquario che completa il quadro dei vantaggi del
suo progetto rispetto a quello del Manetti, che avrà fatto un modello più tradizionale. Alberti Tratta con
Gonzaga da pari a pari, e ci fa capire la posizione degli architetti del ‘400, tentativo di scambio alla pari, altre
lettere tra loro testimoniano la familiarità tra i due, siamo su un livello diverso rispetto alla questione dei
rapporti. Etruscum Sacrum è un altro tormentone, deriva dagli studi vitruviani.
Altra situazione di committenza, Urbino, Palazzo Ducale, ci interessa per la sua complessità, il palazzo è
composto da una serie di ambienti aperti e chiusi collegati tra loro in maniera molto libera, frutto di un
lavoro molto lungo condotto per parti da personalità, linguaggi e finalità diversi. Fase legata alla costruzione
della corte principale del palazzo, zona attorno alla costruzione della corte si deve a Luciano Laurana,
architetto itinerante, difficile da ricostruire, lavora in ambito adriatico, nell’Italia meridionale, a Urbino in
questi anni, poi lavorerà anche Piero della Francesca con componenti architettoniche, e poi anche
Francesco di Giorgio Martini. Laurana da Mantova manda nel 1466 a Federico da Montefeltro un modello
ligneo della corte del palazzo, che è importante perché è l’idea del palazzo all’antica che si distribuisce
attorno a uno spazio coperto, altri tipi di interessi degli architetti contribuiscono a plasmare l’idea di
architettura all’antica. Questo cortile è una fabbrica regolare, si inserisce in maniera compiuta, con una sua
autonomia in questo complesso articolato, arcate di un numero diverso, cortile rettangolare, ha età
archeologiche, se andiamo a vedere i capitelli si possono considerare copie di uno antico, sono
filologicamente più corretti. Vedere come Laurana studia il rapporto tra elemento ornamentale e struttura
della fabbrica. I lati del cortile sono definiti da una serie di archi che si impostano sulle colonne, che
regolano una trabeazione completa all’antica, con un’iscrizione, elemento di continuità, al piano superiore
c’è un secondo piano con una trabeazione continua, sovrapposizione di due ordini, importante l’angolo tra
le colonne, alla sequenza di colonne con capitello all’antica aggiunge un elemento in più, una grande
parasta, che regge la trabeazione, e compare solo nell’angolo, e ne mette una su ogni lato, quello di fronte
e quello di lato si accostano su uno spigolo usando la parasta come elemento terminale e lasciando in
mezzo un buco, è come se Laurana avesse disegnato un’altra facciata e le avesse accostate l’una all’altra a
costruire uno spazio chiuso. Se in pianta c’è un pilastro a L che sembra chiudere la sequenza delle colonne
in alzato non è così, ma il contrario, è la superficie del muro che arriva lì e si interrompe. Sta usando un
ultimo ritrovato della tecnica, la prospettiva, il cortile più che un organismo tridimensionale è il risultato di
4 facciate giustapposte. Sottolinea con questo ordine maggiore, con la parasta ci dice che sta usando due
livelli, uno maggiore delle paraste che sostengono la trabeazione e uno minore delle arcate che
costituiscono la parte centrale. Federico da Montefeltro, documento molto importante scoperto nell’800,
documento notarile, pubblico ufficiale, la “patente”, datato 10 giungo 1468: Federico è a Pavia, il suo
cantiere è in corso, e chi controllerà che tutto vada bene? C’è un apparato amministrativo di corte che
controlla, ma Federico assegna questo ruolo a Laurana, che diventa colui che ha il diritto di pretendere che
tutti gli obbediscano, importante, perché gli assegna questo ruolo, perché è un architetto, non perché è
uno di cui si fida, architettura è una virtù, e le arti sono suoi strumenti, scienza fondata su aritmetica e
geometria, sapere universale.

19/02

Francesco di Giorgio Martini, si pone nei confronti di Vitruvio non come un filologo o intellettuale dedicato
agli studi sull’antico, ma come architetto che cerca di tradurre in edifici attraverso i disegni le descrizioni del
trattato vitruviano. Con l’intervento delle due facciate, che deve adeguarsi alle preesistenze, propone una
soluzione diversa rispetto a quella di Laurana, che aveva posto molta attenzione alla regolarità, lui ci pone
un gioco molto libero, con un vuoto a terra corrisponde un pieno al piano superiore, facciata quasi montata
a scacchiera, elemento fortemente ricalcato sui modelli antichi, il bugnato, un paramento murario desunto
dagli antichi. Ornamenti delle porte e delle finestre, matrice antiquaria degli elementi. Francesco di Giorgio
Martini è un architetto particolare perché ha una formazione pratica, tecnica, le sue prime opere, alla fine
degli anni ’60 del ‘400 sono di carattere tecnico e funzionale, è architetto della città, lavora al sistema di
scorrimento sotterraneo delle acque, canali di fognatura o approvvigionamento idrico per la città di Siena.
La sua formazione tecnica si rivela molto importante, lui è ricordato per le opere difensive, di carattere
militare, che hanno un fortissimo significato politico e pubblico, opere che garantiscono la sicurezza dello
stato e dei cittadini, e che si rivelano importantissimi luoghi di contrattazione politica con gli stati
confinanti, architetture di avanguardia, la critica riconosce a lui la messa a punto del sistema di
fortificazione alla moderna, non se lo inventa da zero, ma è in grado di raccogliere varie esperienze e di
rielaborarle in architetture che sono coerenti, in cui ogni parte della fabbrica serve e collabora con tutte le
altre per fornire un sistema difensivo funzionante. Architetto che ha una formazione di stampo pratico e
tecnico, ma che si interessa di antichità diventa architetto che albertianamente è colui che garantisce la
sicurezza dello stato. I suoi scritti di architettura, raccolte, riflessioni progettuali sulla forma della fortezza
alla moderna, sulle macchine da guerra, su tutto ciò che faceva parte della machinatio albertiana. Questi
testi circolano molto, sono punti di riferimento importanti anche per altri architetti. Ha fortissime
ripercussioni sugli aspetti pratici, serve alla difesa, non solo venustas, e in questo contesto di Giorgio fa uno
dei suoi disegni più famosi, quello dell’uomo città, uomo fortezza, sulla destra l’uomo rappresenta una città,
in cui ogni parte del corpo corrisponde a un caposaldo della struttura della città, gli arti delimitano la forma
complessiva della città, con delle torri, c’è la piazza del mercato, la chiesa che corrisponde al cuore, e sulla
testa la sede del signore che governa la città, idea dell’architettura antropomorfa non è solo legata a una
questione proporzionale, ma è legata alle funzioni.

Il disegno e la concezione dello spazio, la prospettiva. Cosa vuol dire disegno nel ‘400? Come si progetta un
edificio? Che rapporto c’è tra il modo di disegnare un edificio e l’idea di spazio, con che spazio mi
confronto? Gli architetti disegnano come i pittori o in modo diverso? La risposta si può trovare in Vitruvio,
che parla di 3 modi di rappresentare un edificio: icnografia, ortografia e scenografia. Difficoltà di far
collimare quello che scrive Vitruvio, e la pratica degli architetti, che avevano molte possibilità aperte nel
momento in cui dovevano disegnare un edificio. Allora gli architetti nel ‘400 avevano diverse possibilità:
sistema delle proiezioni ortogonali, diffusissimo nel medioevo, consiste nel proiettare la sagoma di quello
che voglio disegnare su un piano, in una proiezione retta, ogni punto dell’oggetto si deposita sul foglio
attraverso la linea retta. Taccuino di Honecourt dà molti esempi, con le proiezioni ortogonali posso
disegnare tutto, questi disegni possono essere riportati in scala, e guida alle maestranze che dovranno
realizzare l’oggetto. Il problema nasce dal fatto che un edificio non è bidimensionale, ma è un solido, che
può essere complesso, esempi di come gli architetti cercano di rappresentare un’abside con pianta
semicircolare, come un po’ storto, come su base curva, ma mentre nelle proiezioni ortogonali io conservo la
dimensione dell’oggetto che rappresento, su una curva così come posso stabilire una dimensione? Il
problema della terza dimensione è non solo formale e figurativo dell’immagine, ma anche concreto, devo
capire come misurare la profondità. Le proiezioni ortogonali non mi permettono di rappresentare la
profondità, proiettano tutto su un piano, non posso vedere se una cosa è circolare, posso rappresentare la
pianta, rappresentare metà dell’esterno della cupola e metà dell’interno, anche se è un confronto riportato
su un piano che non mi dà la profondità della pianta. Serve ad avere un controllo complessivo sul corpo di
tutta la fabbrica, ogni parte deve essere in relazione con l’altra, potrei avere molte parti diverse, ma non
un’idea totale di come è fatto un edificio. Bisogno di riportarlo su carta è legato al progetto e al suo
controllo. Il disegno di Serlio della cupola di Bramante è significativo, io ho bisogno di sapere che relazione
c’è tra gli elementi esterni ed interni della fabbrica. Nel medioevo il problema era risolto in modo intuitivo,
prospettiva intuitiva o naturalis, cambiando il modo di rappresentare lo spazio cambia l’idea e il concetto di
spazio, io lo rappresento in un modo perché ne ho una determinata percezione, Panofsky ci guida in
un’esperienza percettiva, idea che man mano che ci si allontana dal punto in cui mi trovo le linee
convergono, i pittori nel ‘300 lo fanno posizionando gli elementi della loro rappresentazione su delle linee
che convergono in un punto, sono posti intuitivamente e casualmente, questo è quello che fa Giotto, e
inizia a cambiare con i Lorenzetti, che cercano una rapporto di struttura, in cui si collocano dei soggetti, i
pittori danno un contributo importantissimo, ma un altro contributo importante viene dagli architetti e da
coloro che per mestiere si confrontano con le misurazioni. Scuole d’abaco, si usa la geometria per trovare
distanze e calcolare misure che non possono essere fatte empiricamente, attraverso regole geometriche, e
permette di applicare alla realtà e allo spazio regole geometriche e matematiche, ed è quello che fa
Brunelleschi, quado definisce un sistema pratico ma fondato su regole geometriche per disegnare
prospetticamente lo spazio, la terza dimensione, in un modo che mi permette di rappresentare la realtà
prima che questa lo sia, mi permette di fare un progetto compiuto e perfetto. La trinità di Masaccio, pare
che il disegno dell’edicola, della cappella, vada attribuita a Brunelleschi, questa è un’opera fondamentale
della storia dell’architettura: l’architettura raffigurata è molto colta e all’antica, ci interessa che il disegno
degli elementi che costituiscono questa cappella, dell’arco con semicolonne e poi la volta a botte, sono
elementi incisi sulla parete, punti da cui il disegnatore ha tirato le righe per costruire questo spazio. Se io ho
costruito correttamente questo spazio posso desumere tutti gli elementi costruttivi dello spazio, posso
tirare fuori una pianta e una sezione, mantiene le dimensioni calcolabili e misurabili della terza dimensione,
non solo di quello che è sul piano, ma anche in profondità, a partire dal disegno si può calcolare sezione e
pianta. Teorema che si basa sulla possibilità di proiettare su un piano elementi che si trovano a una distanza
conosciuta, e questa rappresentazione manterrà la grandezza degli oggetti in base alla loro distanza dal
piano, lo scarto mantiene una proporzione simile a quella dell’oggetto nella realtà. Questo cambia tutto, in
questo modo posso usare un disegno che mi permette di controllare la terza dimensione. Non solo posso
avere la dimensione reale degli oggetti, ma queste regole matematiche non danno una rappresentazione
astratta o ideale, ma restituiscono sul foglio ciò che io vedo esattamente nella realtà, tavolette degli
esperimenti di Brunelleschi servono a dimostrare questa cosa, la tavoletta del battistero serve a dimostrare
questo, e si usa e si legge secondo lo schema dei vari piani che si riportano da un unico punto di vista
secondo i triangoli visivi. L’altro schema serve a dimostrare ex contrario l’argomento, esiste un solo punto
di vista da cui questo può funzionare. Dal ‘400 in poi usando la prospettiva lo spazio diventa quantitativo,
geometrico e matematico, modo diverso rispetto al passato di pensare la realtà e il soggetto rispetto alla
realtà. Modo di concepire lo spazio secondo le tre dimensioni fondamentali è una riduzione rispetto a
quello sensoriale. Altro fattore importante di questa concezione dello spazio è il fatto che questo modo di
intendere lo spazio lo trasforma in un qualcosa di geometrico, matematico, continuo, astratto, che
prosegue oltre i piani che costruisco per delimitarlo, e che ha delle possibilità di controllo ulteriori.
Medaglione che rappresenta ciò che non si vede nel dipinto, ma che è fondamentale per la sua esistenza.
Componente illusionistica una delle prime rappresentate dagli architetti nella prospettiva. La prima
precaduta fondamentale è quella del controllo dell’oggetto nel suo complesso, se penso a uno spazio dato
da un sistema matematico il mio edificio è il risultato di ritagliare in questo spazio un oggetto che è un
sistema di dimensioni fissato su regole geometriche, ad esempio le chiese brunelleschiane di S. Spirito e S.
Lorenzo. Ogni parte dell’edificio nella basilica di S. Spirito ha una sua relazione con le altre parti, in quella di
S. Croce le varie parti hanno diverse dimensioni, modo diverso di pensare l’edificio nel suo insieme, per
Brunelleschi è un macchina in cui ogni parte è legata all’altra, ma a me interessa capire come percepire
questo spazio, e la prospettiva mi aiuterà. Un unico disegno può restituirmi tutte le parti dell’edificio, posso
vedere come sarà, ma anche la pianta e la sessione. Quando Bramante disegna nel 1481 a Milano sta
facendo un’operazione molto rilevante, questa incisione raffigura un edificio antico, non si sa qual è ma
siamo in grado di ricavale la pianta, la sezione, di capire qual è la sezione reciproca. Bramante è il primo
architetto che usa tutti i registri, anche la possibilità di ingannare lo spettatore, usato da Bramante nella
progettazione della chiesa di S. Maria presso S. Satiro a Milano, è un complesso che si aggiunge a una
piccola cappella antica, e che si innesta in modo diverso rispetto alla nuova chiesa, che ha un pianta
composta da una aula e da un transetto molto ampio, chiesa impostata in modo molto chiaro, questa aula è
divisa in tre navate da grandi pilastri, sopra cui corre una trabeazione che serve da imposta a una volta a
botte che copre la navata centrale e poi con altre volte a botte che coprono il transetto. La posizione della
chiesa nell’asseto cittadino, la zona del transetto è affacciata su una strada stretta, non c’è spazio per
realizzare un coro dietro all’altare maggiore, e quindi Bramante si inventa il finto coro, una
rappresentazione prospettica che fa proseguire idealmente un quarto braccio della chiesa, un coro, un
presbiterio, rappresentando gli stessi pilastri e la stessa copertura a botte che lo spettatore vede nell’aula.
Modo di pensare uno spazio tridimensionale schiacciato e proiettato su un piano mi permette di pensare
anche alle pareti dell’edificio come delle finestre prospettiche, e di portare avanti un ragionamento
complesso sul rapporto tra esterno e interno della fabbrica, e di nuovo sul rapporto tra le varie parti
dell’edificio. Questo artificio si vede bene sulla parte esterna, c’è una gerarchia delle parti che corrisponde a
una gerarchia degli spazi interni, come se avesse generato le linee del prospetto, gioco su un sistema di
proiezioni fuori. Quando Bramante si sposta da Milano a Roma il suo modo di fare architettura prende la
strada che lo porta a diventare il massimo esperto delle opere dell’antichità e a fare una serie di
ragionamenti con conseguenze pesanti per lo sviluppo dell’architettura del ‘500. Una delle sue prime opere
si confronta con la grandiosità, della dimensione ciclopica, come le opere dell’antichità, Cortile del
Belvedere, praticamente costruzione di un pezzo di città, schizzo che ci mostra S. Pietro, distanza
considerevole in cui Bramante pensa una spazio enorme distribuito su più livelli tra loro collegati con un
sistema di rampe. La struttura dello spazio è completamente assiale, centralizzata, che un unico punto di
vista privilegiato, in cui il pontefice poteva posizionarsi per assistere agli spettacoli che si dovevano tenere
nel cortile (spazio per le naumachie). Qui la prospettiva mi serve a controllare la grande dimensione, a
capire quale estensione posso dare ai vari livelli della fabbrica. Componente illusionistica della prospettiva è
quella che ha una vita più lunga, è una rappresentazione apparentemente coerente, ma trova le
incongruenze.

20/02

Idea di spazio che abbiamo noi oggi, entità che esiste indipendentemente da ciò che la occupa, di
dimensioni infinite, e gli oggetti che vengono concepiti con questa mentalità hanno una strutta diversa, che
si manifesta nelle forme e nelle dimensioni delle varie parti dell’edificio.

Architettura e storia, rapporto tra architettura moderna e esempi dell’antichità, le opere dell’età moderna
sono caratterizzate dal nuovo rapporto con gli esempi dell’antichità, esiste una continuità anche all’interno
del periodo del medioevo con l’antico, differenze di come un’età interpreta con strumenti e concezioni
diverse l’antico. Architettura moderna e antica viaggiano su livelli diversi, ci sono tanti modi per prendere
spunto: primo concetti importante, capire il senso del rapporto con l’antico, capire come un architetto del
‘400 si riferisce ai modelli antichi, attraverso quali metodi e strumenti e aspetti rielabora i modelli antichi.
Esempio del sarcofago romano della morte di Meleagro, in cui un personaggio esprime il proprio dolore
attraverso un gesto, portare le braccia indietro, che viene ripreso in contesti analoghi ma con modalità
differenti da Pisano e da Giotto. C’è un legame che li unisce, ma dietro alla similitudine formale c’è un
grosso lavoro di elaborazione, e in questo senso sono significative del processo che c’è dietro alla
similitudine formale, quello che interessa è il percorso che si fa per arrivare alla ripresa del modello antico,
hanno individuato qualcosa che era utile per esprimere quello che volevano. Qualcosa del genere avviene
anche in architettura, ma è un po’ più complicato, interpretare un’opera architettonica antica può avvenire
tramite percorsi diversi, in grande o in piccola scala, posso guardare a una tipologia di edifici antichi, non a
uno in particolare, ad esempio come i mausolei, i piccoli edifici sepolcrali che si possono trovare a Roma
lungo la via Appia o annessi a vari edifici di età paleocristiana, ampiezza di riferimenti notevole. La struttura
generale dell’edificio, in questo ambito, sul riferimento antico in termini ampi e generali un esempio è
quello della Sagrestia vecchia di Brunelleschi. Storia del suo viaggio con Donatello a Roma è un
avvenimento che lo ha messo in contatto con le opere esistenti, anche con i mausolei, edifici piccoli a
pianta centrale o crociforme, cupolati o non, ma hanno molti aspetti in comune con i battisteri, senso della
rinascita e nuova vita. Andare a individuare i modelli precisi della Sagrestia Vecchia non è facile, possiamo
rimanere sulle generali, vedere come Brunelleschi reinterpreti l’antico attraverso i propri strumenti, di chi
ha inventato la prospettiva, come l’architettura che è figlia del suo tempo, non è imitazione dell’antico, ma
sottende e reinterpreta qualcosa che non è di quel momento ma che proviene dall’antichità. La Sagrestia
Vecchia si trova nel complesso di S. Lorenzo a Firenze, si trova in fondo al transetto a sx, e origine della
Sagrestia Nuova di Michelangelo. Caratteristiche ed elementi principali di Sagrestia Vecchia: la pianta è
molto semplice, quadrata con un’aula principale quadrata coperta da una cupola, a cui è collegato un
secondo spazio molto più piccolo, luogo in cui si trova l’altare, scarsella, molto piccolo, anche lui coperto da
una cupoletta, evidente concatenazione degli spazi, se si fa un ragionamento si vede che la scarsella è un
quarto dell’ambiente centrale, sistema di dimensione che collega i vari spazi, e lo si vede anche nell’alzato,
dimensionamento generale dell’edificio basato su un sistema di rapporti dimensionali tra le parti. Questo
sistema dimensionale è evidenziato da elementi architettonici precisi, c’è un tripartizione della facciata
interna principale, in cui si apre la scarsella, e c’è una scansione dell’aula principale che avviene attraverso
queste grandi paraste scanalate che si collocano nei punti di snodo dello spazio quadrato, agli angoli e al
punto in ci si svolta nella scarsella. Queste paraste tornano nella scarsella ma ribaltate, inserite nella
muratura, è come se Brunelleschi ci invitasse ad esaminare il sistema di rapporti tra le parti. Qui l’ordine
non ha funzione strutturale, ma serve alla struttura dimensionale dello spazio. Elemento importante è la
cupola, non è una semplice semisfera appoggiata sul cubo, c’è una zona di transizione tra la parte inferiore
e quella superiore, la zona dei pennacchi, elementi triangolari che raccordano la parte cubica al cerchio di
imposta della cupola, che si imposta sopra i pennacchi, m ha uno sviluppo singolare, la curva interna della
calotta si appoggia su una parte rettilinea fatta da una serie di archi, che fanno sì che la calotta non sia liscia
ma convessa, ogni spicchio ha una sua curvatura interna (come una zucca). Esternamente c’è un semplice
tamburo cilindrico, una copertura conica e una lanterna in alto che serve da fattore di consolidamento. Ha
qualche affinità con S. M. del Fiore, è una cupola complessa. Quali sono i modelli usati da Brunelleschi?
Esempi di coperture complesse come quelle di villa Adriana a Tivoli. Riferimento alle opere dell’antichità
vive anche di commistioni, della scelta di esempi che conosco e che mi sembrano adatti a costruire uno
spazio con questa funzione, cappella di grandissima importanza per la dinastia Medici. Tantissime opere del
‘400 fanno riferimento ad esempi antichi ma con un forte gradi di elaborazione, con un rapporto molto
trasparente. Diverso è il modo di avvicinarsi alle opere antiche di Alberti, non solo rispetto a Brunelleschi,
ma diverso da un edificio all’altro, usa tanti registri diversi: si possono vedere le opere prodotte da Alberti
per Giovanni Rucellai, committente particolare, no studioso dell’antichità, ma uomo d’affari, molto
presente nella realtà, ah ben chiaro come l’architettura sia uno strumento di potere importantissimo. In S.
Pancrazio per i Rucellai Alberti realizza il sacello del Santo Sepolcro, elementi pertinenti di quello che si può
sapere del Sacello del Santo Sepolcro, qui ci sono elementi che non sono a prima vista desunti dall’antico, il
decoramento e la policromia dei marmi, e inquadrature legate alle paraste. Interpretazione come S. M
Novella che fa riferimento alle opere fiorentine, come il battistero che viene visto come tempio di Marte,
diventa un modello nella realtà fiorentina nelle opere antiche da reinterpretare, anche S. M. Novella è
difficile da collocare dell’antico, ma c’è una mediazione. Palazzo Rucellai (1446-1451), ha un modo diverso
di avvicinarsi all’antico, usa un esempio molto chiaramente individuabile, il problema di Alberti è che deve
organizzare una facciata per un edificio recentemente ricostruito e che manca del prospetto, lui deve
organizzare la facciata a coprire un palazzo molto grande, la facciata si ferma prima, spazio da organizzare
non solo bidimensionale, ma che si lega alla struttura della via a cui affaccia. L’edificio precedente pone una
serie di problemi rispetto agli ingressi, esiste un ingresso non centrale, e un altro che non dà accesso a un
cortile ma a un ambiente molto grande, danno accesso a unità abitative diverse, e Alberti li posiziona in
quel modo per assecondare la strada che passa davanti e per la prospettiva, riesce a ricavare una facciata
con una sua visione regolare e che abbia una visione compiuta con un ingresso al centro rispetto alla
piazzetta, problema di organizzare la facciata rispetto allo spazio urbano circostante e non solo rispetto alle
preesistenze su cui non può intervenire. Spazio verticale notevole, su cui decide di applicare gli ordini,
primo esempio in cui si vedono 3 ordini sovrapposti, ognuno con una propria trabeazione completa, il tutto
su ordine rustico, il tutto fino alla sommità, fino al cornicione finale. Lui è partito dall’esempio del Colosseo,
edificio in cui sono disposti gli ordini, non sono molti gli altri. Alberti modifica l’esempio per adattarlo alle
sue necessità e al suo tempo, per aggiornarlo, il suo obiettivo non è copiare ma trovare nell’antico criteri
per costruire una buona architettura adatta alle esigenze del suo tempo. I tre ordini si sovrappongono con
alcune differenze rispetto all’antico, non c’è la riproduzione canonica degli ordini, è vero che i 3 capitelli che
costituiscono i 3 ordini si possono ricondurre, l’obiettivo è quello di costruire qualcosa di nuovo e adatto
all’espressione del committente, e contesto in cui l’opera si realizza. Esempi che hanno molto più a che fare
con varianti di ordini con tutti gli edifici, che si possono descrivere, sono variazioni sugli ordini dall’antico.
Altro elemento importante del bugnato, facciata che è un piano sottile anteposto alla fabbrica preesistente,
svolta con un pilastro, e Alberti ha fatto un lavoro importante di ricerca sulla stesura di questo bugnato che
non è regolare, ci sono filari alti, altri bassi, per aumentare ulteriormente il gioco di variazioni e diversità tra
le zone della facciata. Cambiano gli ordini e il bugnato, sotto c’è una panca che segna la base del palazzo,
con un reticolato, altra dichiarazione di antichità della fabbrica, che non passa solo attraverso l’uso degli
ordini, ma attraverso la riproposizione di tecniche costruttive antiche che a volte sono riportate come
citazione vera e propria o reinterpretate come la parte del bugnato gentile. Correttivi dimensionali negli
ordini più alti per compensare la visione dal basso, sono più piccoli, sennò vedendoli dal basso
sembrerebbero molto più grandi. S. Andrea a Mantova, per capire come funziona questo altro modo di
riprendere l’antico, cioè di un tipo, l’Etruscum Sacrum, contenuto anche nel trattato di Vitruvio. La chiesa di
S. Andrea a Mantova ha una storia molto lunga, morto Alberti segue Fancelli molto da vicino il progetto,
navata centrale e ingresso. La navata è unica, coperta d auna volta a botte e ha delle cappelle sui due lati, si
vede che non sono tutte uguali, ma alcune sono più ampie e altre più piccole, che sono composte da una
muratura molto pesante e hanno una funzione diversa rispetto alle cappelle più grandi, alle cappelle
maggiori corrisponde una grande apertura ad arco sulla navata, cappella minore contenuta in un pilastro,
struttura non composta da un unico elemento ripetuto, ma da due sistemi che si alternano, grande arco e
pilastro, che è cavo e contiene uno spazio, contiene una cappella e ha anche una funzione visiva, sul pilastro
sta l’odine che sostiene una trabeazione che fa da base alla volta a botte cassettonata, e parasta che serve a
inquadrare l’arco della cappella. Com’è distribuita la luce, ci sono delle aperture sul fondo delle cappelle
maggiori, ma anche una messa nel pilastro, nel punto in cui c’è la muratura più spessa, mette in discussione
la funzione di questa parte. Sul tesso setti murari, le cappelle sono più basse rispetto a quello ad arco e può
servire da fonte di luce, e Alberti scrive nel suo trattato della penombra che serve nello spazio sacro,
ambiente in cui anche la luce mette in evidenza alcuni punti nodali della struttura. Ragionamento di
cappelle maggiori e rapporto di volta a botte e volte a botte trasversali è lo stesso che si trova anche nella
facciata, in cui la parte centrale è coperta da una volta a botte e le campate laterali sono coperte da una
volta a botte laterale, anticipazione dello spazio all’interno, che sarà a grande scala. In questa struttura
dell’Etruscum Sacrum cosa c’è? La restituzione di quello che dice Vitruvio è un tempio con un’aula maggiore
con ambianti laterali che si affacciano su essa, un pronao consistente. Come spesso succede nelle
descrizioni vitruviane è la struttura dei rapporti dimensionali tra gli spazi e c’è una sorta di griglia
dimensionale che si può ricavare dalle misure date da Vitruvio e che si può riapplicare alle misure della
navata di S. Andrea, quindi il primo elemento è la struttura dello spazio generale e ambienti sussidiari ai lati
regolati da un sistema di rapporti dimensionali tali che potrebbero essere all’origine della struttura
architettonica di S. Andrea, è un rapporto molto astratto, sistema di rapporti di grande scala della fabbrica.
Da dove Alberti può aver desunto gli elementi architettonici al di là dell’Etruscum? Sicuramente ha usato la
basilica di Massenzio, che molti identificavano come un esempio di ciò che Vitruvio aveva descritto come il
tempio Etruscum, anche se le similitudini sono molte, grande aula con ambienti sussidiari e tre absidi,
presenta maggiori punti di contatto, si ritiene essere esempio autorevole. Caratteristiche che secondo le
ricostruzioni si attribuiscono a questo edificio, grandi elementi voltati laterali intercalati da un ordine che
sostiene la struttura della parte maggiore. La copertura nella basilica di Massenzio non era una volta a
botte, ma insieme di volte a crociera come dice Serlio, ma altre ci mostrano come Martini volte
cassettonate. Quindi c’è un punto di contatto tra esempio vitruviano ed edificio realizzato. Anche nel caso
di un’altra opera, il S. Sebastiano a Mantova, il punto di partenza è stato l’Etruscum, ma il risultato non
centra niente con S. Andrea. Di questo edificio si sa che è molto problematico, anche per gli stessi
committenti, il figlio di Ludovico Gonzaga scrive che non sa che fabbrica si sta realizzando, ha delle
caratteristiche molto particolari, ma il sistema di dimensionamento degli spazi è molto vicino a quello
dell’Etruscum Sacrum. Individuare il modello non vuol dire risolvere il problema dell’architettura di un
edificio, ci sono altri elementi e più determinanti. S. Sebastiano è un edificio con più livelli, ha un primo
piano che è una selva di colonne che sostengono il pavimento dell’aula maggiore che ha una quota più alta.
Ingresso con scale, che rapporto c’è tra i due livelli? Scale di oggi è frutto di un restauro recente, Alberti
aveva pensato a delle scale per arrivare alla quota dell’aula principale. Altro elemento particolare idea di
interrompere la trabeazione con una grande finestra e inserirci un arco sopra, deriva da una serie di edifici
che Alberti poteva conoscere, arco trionfale francese, anche qui il riferimento tipo è poi completato da vari
elementi di ispirazione che vengono rielaborati in un edificio diverso. Ritornando a S. Andrea, copertura
cassettonata, la facciata è un arco trionfale, cassettonato come Arco di Tito, di cui Alberti fa una citazione.

21/02

Sedile sulla facciata di palazzo Rucellai, consuetudine di avere palazzi all’esterno dei sedili sembra derivare
dalla presenza dei sedili su palazzo della signoria a Firenze.

Ieri, attraverso quali elementi si possa vedere il richiamo all’antico su opere del 400, elementi antichi
inseriti all’interno delle opere del 400. Grosso lavoro che connota in maniera più evidente il fatto che siamo
di fronte ad architetture diverse rispetto a quelle del passato. Alla questione dell’antico è legato un alto
aspetto molto importante: diffusione e trasmissione di queste nuove forme nelle diverse realtà italiane.
Urbino, Milano, Venezia, Roma, hanno tutte modi diversi, ma molto spesso nella manualistica il problema
della nascita e trasmissione di nuovi modelli è connotato col termine: IMPORTA. Ogni realtà italiana
sviluppa un proprio modo di rinnovare forme architettoniche utilizzando dei modelli locali. Differenza tra
architettura del ‘400 e ‘500 sta nella pretesa di non universalità dei modelli e del linguaggio. Nel ‘500 c’è
sicuramente un modo diverso di intendere le forme antiche perché architetti del ‘400 sono molto diversi da
quelli del ‘500. Oggi capiremo come si passa a modelli dell’umanesimo 400esco nei confronti dei modelli
dell’antico, a un’architettura che guarda ai modelli dell’architettura romana come modello di riferimento.

Momento di svolta importantissimo.

Ci troviamo nel luogo per capire cosa significa RINASCIMENTO DI STAMPO LOCALE = si tratta di un
rinascimento MOREVENETO, utilizza le consuetudini tradizioni storiche e identitarie della repubblica che
proprio nel ‘400 sta facendo un salto di qualità importante (vedi cartina). Nel ‘400 si espande Venezia sulla
terraferma; questo sforzo di controllo della terra ferma ha diverse conseguenze.
Da punto di vista amministrativo occorre dotarsi di una struttura di governo di questi territori. Dal punto di
vista diplomatico e politico Venezia entra in conflitto con gli altri stati della penisola.

Il rinnovamento della città nel ‘400 che passa la costruzione nuova di un area di palazzo ducale e
costruzione di altri edifici ha valore politico: rinnovamento della capitale rispetto ad un ruolo diverso da
quello che aveva precedentemente. Venezia non è una realtà periferica, isolata, fedele alla proprie
tradizioni e refrattaria rispetto a novità. A Venezia esistono molte opere nel ‘400 che reinterpretano la
storia della città, anche le sue testimonianze più antiche, legate alle novità che circolano rispetto alla
propria storia (come facevano i fiorentini). Questo modo di ragionare è un modo che dischiude possibilità di
capire senso e significato di tante opere che se guardate da un punto stilistico non si percepiscono nella
loro portata di novità. Molte opere sia necessario guardare alcune caratteristiche di opere per capire il loro
significato.

PORTA DELL’ARSENALE --> molte manipolazioni rispetto all’originale, che era del 1460 --> prima importante
opera all’antica a Venezia. Se togliamo attico col leone e cancellata ci rimane ARCO TRIONFALE --> citazione
precisa dell’arco dei sergi di Pola; ci sono inseriti CAPITELLI particolari, tengono conto della lavorazione dei
capitelli dell’età bizantina. È un arco di trionfo che si trova nei domini della serenissima. Lavorando sugli
schemi del rapporto tra Venezia e antichità romana si capisce come Venezia si situa rapportando con arte
romana: potere che quasi ogni stato rivendica a sé.

L’arco Foscari d’INGRESSO A PALAZZO DUCALE: a vederlo è un opera di forme tipicamente gotiche. La
struttura concettuale è quella dell’androne con moduli quadrati quasi precisi e nervature, pilastri,
semicolonne, con una chiara disposizione spaziale vicine per esempio a S. Lorenzo o S. Spirito, dove
abbiamo visto dei moduli precisi.

Rielaborazione in chiave veneziana di un arco trionfale antico: arco con una citazione precisa dell’elemento
che è attico. C’è una differenza sostanziale, elementi architettonici sono particolari, ma anche qui dobbiamo
individuare a quello che c’è di antico. Ci sono poi delle novità che fano riferimento all’elaborazione delle
forme albertiane.

CHIESA DI SAN ZACCARIA


ANTONIO GAMBELLO, MAURO CODUSSI = colui che per primo impiega elementi che sembrano desunti da
LB Alberti. SI VEDE BENE NELLA FACCIATA CHE C’è differenza tra parte inferiore e superiore primi due livelli
e la parte superiore. Gambello utilizza sistemi di quadratura, inserimento di tondi all’antica con una
decorazione a ghirlande, elementi decorativi derivati dall’antico, parte inferiore è simile a palazzo ducale,
mentre nella parte superiore bianco, elemento a conchiglia (elemento all’antica molto diffusa) e struttura
architettonica vicina ai modelli già visti, TEMPIO MALATESTIANO, è derivato da qui. La parte alta ragiona su
questo tema risolvendolo in maniera diversa.

Forse però la più albertiana delle opere di Codussi è la chiesa di SAN MICHELE IN ISOLA. Ha ragionamento
più complessivo di reinterpretazione di elementi antichi come la chiesa di SAN GIOVANNI GRISOSTOMO.
Cupola centrale sostenuta da pilastri multipli, 4 piccole cupolette sugli angoli e in una zona è aggiunta la
parte del presbiterio --> impianto modulo della basilica di SAN MARCO --> impianto che arriva fino a
Venezia attraverso le chiese più antiche della città: SAN GIACOMO DI RIALTO o TORCELLO --> luogo di
fondazione della realtà veneziana. Opere di Codussi sono le opere in cui si può vedere reinterpretazione dei
modelli antichi locali in chiave quattrocentesca.
Doppia imposta del pilastro fa capire come Codussi stia lavorando per moduli. Ogni parte è integrata
all’altra.

Della formazione di Codussi non sappiamo quasi nulla, ma ha letto le opere più d’avanguardia del tempo,
richiesta dei committenti, ma il committente non ha imposto a Codussi di fare quel modulo, è stato lui
stesso a farlo: gli architetti lavorano sull’architettura, la storia è il punto di partenza per quasi tutti.

MILANO

A Milano abbiamo visto quasi tutti luogo di studio degli scritti di VITRUVIO. Verso fine 400, nel 1492 si
costruisce una parte della più antica chiesa di SANTA MARIA DELLE GRAZIE: presbiterio, tribuna della chiesa
che ha una funzione specifica --> destinata sede delle sepolture degli SFORZA: è una cappella funeraria.
BASILICA, NUOVA TRIBUNA CON IMPIANTO CENTRALE CON GRANDE CUPOLA E SU QUADRATO SI APRONO
2 GRANDI ABSIDI LATERALI. SUL 3° lato si apre una sorta di scarsella: cappella maggiore di dimensioni
ampie che è completata da un abside --> RELAZIONI DEGLI SPAZI: si vedono bene da fuori, è una sorta di
gioco di solidi. Dopo a guerra distruzione: assetto attuale della fabbrica è frutto di ricostruzione, ma quello
che a noi interessa di più (zona cupola e tribuna) è rimasta la stessa. Oltre al gioco dei volumi mi viene da
notare i colori e materiali: mattone e decorazione fatti in terracotta: tipici materiali architettura lombarda, è
come se fosse lavorata a strati: si procede per elementi orizzontali e specchiatura che misurano ogni parte
della fabbrica. Pannelli decorati che danno continuità alla fabbrica. Interno è un tripudio di ornamenti:
veduta della navata maggiore: ogni apertura ad arco (sia quelle più grandi delle absidi che della cappella) ha
dei tondi che contengono ruote: elemento decorativi. Questi ed altri elementi in particolare legati alla
scelta delle coperture:

sagrestia vecchia,

santo spirito

Architettura che non ha un padre certo, ma solo attribuzioni è frutto di più mani, di un’idea di Bramente e
delle braccia di AMADEO = costruttore lombardo, architetto vecchio stampo legato al sapere di bottega,
bravo, ma la sua preparazione culturale difficilmente avrebbe potuto metterlo in comunicazione con
modelli fiorentini e con il modello locale che è SAN LORENZO.
SAN LORENZO
oggi vediamo una ricostruzione 500esca: nel ‘400 era come nei disegni. Corpo centrale quadrato e grandi
nicchie che si aprono su spazio quadrato: tribuna di S. Maria delle grazie è architettura funeraria legata a
modello fiorentino e antico, ma che usa come modello un edificio tardo antico paleocristiano milanese.

È Bramante che è l’unico che può fare questo collegamento e adattare costruzione a chi commissiona.

BRAMANTE personalità chiave per capire passaggio tra ‘400 e ‘500. Una volta arrivato a Roma nel 1499 è in
grado di cambiare in 14 anni le sorti dell’architettura radicalmente. È un lavoro difficile da capire perché le
informazioni su quello che Bramante fa a Milano sono molto frammentarie: viene da Urbino, quindi entrato
in contatto con personalità importanti che lo hanno indirizzato negli studi. A Milano però non sappiamo
quasi nulla della sua attività: studia Vitruvio, studia spazio prospettico, buona conoscenza dell’antico.

Arrivato a Roma entra in contatto coi lombardi che stanno a Roma; i lombardi sono una rete che funziona
quasi ovunque, non solo in Italia, ma anche in Europa. Non sappiamo ancora chi sono i mentori di Bramante
a Roma, ma lo troviamo quasi immediatamente in contatto con le alte sfere. Arriva nel ‘99 e tra 1500 e
1505 fa dei lavori importantissimi.
La qualità di Bramante qual è?

Guarna fa una commedia satirica con cui prende in giro Bramante chiamandolo il maestro Ruinante -->
perché toglie moltissimi elementi da edifici, ma soprattutto perché studia molto le rovine e perché gli
capitano molti incidenti di cantiere. Sperimenta e mette insieme nuove soluzioni.
Questo architetto imbocca una strada diversa nell’avvicinarsi alle opere dell’antico. Bramante non usa
elementi per ricondurli ad una condizione prospettica, matematica. Vuole fondare un nuovo linguaggio,
vuole capire come funziona il meccanismo. Comincia a lavorare su rapporto tra forma e struttura. Questo
lavoro è il risultato delle sperimentazioni che ha fatto prima. Ci fa capire cosa fa.

Chiesa di SANTA MARIA DELLA PACE. Chiesa riorganizzata nel 400 e nel 600 ci torniamo perché lavora
PIETRO DA CORTONA.
CHIOSTRO: fatto di 4 campate per lato, vuol dire che sull’asse centrale ho un pieno: non è da poco, non
posso stare sull’asse principale della fabbrica queste 4 campate del piano inferiore sono molto diverse dalle
5/7 viste nel cortile di Urbino di Laurana: c’è trabeazione con iscrizione, piano superiore con paraste, sopra
arco sotto campata architravata con una colonna, secondo un sistema molto diffuso dei chiostri lombardi.
Queste campate sono organizzate non più colonne pilastri, ma pilastri al quale si accosta un ordine ed esso
determina un po’ tutto. Bramante nell’angolo mette due volute e parasta filiforme come Brunelleschi:
quello è un punto dove c’è un pilastro che si sovrappone ad un altro pilastro ed emergono poi le due
volutine dell’ordine ionico. Capitello semplice ionico governa tutto. Pilastro si appoggia al camminamento
interno del portico e il plinto deve avere qualcosa in più; c’è elemento portante e ordine: struttura e
ornamento. Studio delle opere contemporanee, usando un sistema di ordini: ordine entra nell’imposta
dell’arco del pilastro: i due sistemi si uniscono.

CORTILE DEL BELVEDERE


commissioni ricevute da Giulio II. Belvedere diventa una sorta di palestra per gli architetti, nel ‘500.
Bramante inserisce una serie di novità architettoniche che rivelano ragionamento diverso sull’antico. Da
questo momento a Roma, la circolazione dei disegni è un elemento di educazione degli architetti: CODICE
CONER --> strumento di analisi e trasmissione di modelli architettonici.
Disegno della pianta del belvedere: ci sono delle lettere: a fianco, in scala maggiore “A” (che è la scala di
Bramane); “B” è la scala circolare + articolazione di nicchie; “C” ...; D ed E sono le logge.
La vera novità sta in questo elemento della loggia: la TRAVATA RITMICA: invenzione totale di Bramante:
modo di mettere insieme struttura e ornamento che non guarda più ritmo cadenzato come in S. Maria della
pace ma costruisce elemento tridimensionale complesso che ritmicamente può scandire spazio o molto
grande o piccolo: elemento che scandisce è il PILASTRO: riesce a mettere la parte strutturale che è arco e
quella dell’ORDINE. DIETRO C’è PILASTRO CHE SOSTINE ARCO DAVANTI C’è ORDINE BINATO CHE SOSTIENE
UNA TRABEAZIONE, in mezzo ‘è una nicchia e sopra una specchiatura. TRAVATA RITMICA= trabeazione
perché elemento continuo della trabeazione ha un suo movimento. È anche un gioco di ombre e luci.
L’elemento del pilastro associato a grande arco può creare effetti molto ricchi e diversi. Bramante si inventa
questo a partire da esempi dell’antichità, ma anche perché lui in questi archi sta trovando e cercando
soluzioni diverse, per il progetto di SAN PIETRO.

SAN PIETRO
Primi remini generali per il progetto di Bramante in S. Pietro. Dobbiamo capire lo stato della fabbrica
quando Bramante costruisce progetto: fabbrica di Nicolò V e Rossellino. Questo papa comincia ad adeguare
alle necessità del potere politico gli spazi più significativi. Il lavoro di Nicolò V è quello di un ampliamento
della zona riservata al clero. Le parti realizzate sono il grande coro di Rossellino che si innesta sulla basilica
paleocristiana (5 navate cc.) e un transetto potenziato, perché quella era la zona per cerimonia. Abbiamo
notizie di intenzioni, idee più radicali per potenziare fabbrica esistente. Arriva Bramante e il primo progetto
che presenta è qualcosa di mai visto prima: qualcosa di difficilmente si può inserire sulla fabbrica esistente.
Del primo progetto, di quello che è il piano di pergamena, abbiamo il DISEGNO DI PRESENTAZIONE che si
chiama UFFIZI 1A, GABINETTO DEI DISEGNI DEGLI UFFIZI, SERIE ARCHITETTURA A DISEGNO n° 1 (impara a
memoria collocazione e nome). La medaglia rappresenta alzato dell’edificio rappresentato nell’UFFIZI 1A.
Lo abbiamo interpretato come la metà di un edificio: raddoppiato dovrebbe dare impianto: quando
abbiamo una struttura simmetrica rispetto ad un asse basta disegnare metà senza disegnare l’intero, ma se
teniamo conto dell’obiettivo di S. Pietro si può pensare che idea era quella di posizionare un transetto.
Questo disegno però non riusciamo ad “applicarlo” alla navata è tutto abbastanza difficile da capire. La
soluzione più semplice è che sia un edificio centrale con una grande cupola, con degli ambienti laterali
coperti da cupole minori, grandi torri campanarie e o nel presbiterio o congresso, catino absidale e navata
che va ad innestarsi sulla cupola. Struttura complessiva dello spazio è simile a quella di Codussi di Rialto e S.
Marco: grande cupola centrale, 4 cupole minore e si trova infatti destiyyo che impianto degli uffizi 1 A è a
QUINCONCE.

La cosa più straordinaria è la coerenza con cui lo studio di Bramante va avanti. Si vede che il lavoro che ha
fatto nel Belvedere (muro ornamento ordine nicchie) è portato al massimo: se tolgo elementi ornamentali
tolgo tutto: la struttura dello spazio non è data da piani prospettici, ma è il muro che diventa architettura
--> questa è la novità assoluta.
Bramante studia moltissimo i complessi imperiali, le terme che sono spazi pubblici. Quei c’è un campionario
notevole di grandi spazi monumentali; quasi sicuramente da qui Bramante matura a questo modo nuovo,
modo in cui: spazio struttura ornamento vanno insieme, diventano ELEMENTI INSCINDIBILI. Facendo questo
Bramante comincia a declinare una serie di problemi che sono l’uso degli ordini. Si deve capire bene qual è
il loro ruolo rispetto alla struttura.

UFFIZI 1A --> continuiamo a parlarne


Codice Coner contiene uno degli esempi di progetto di San Pietro di Bramante. Rispetto a Uffizi 1a questo
disegno tiene conto in maniera più precisa del coro costruito da Rossellino. Nel progetto ne tiene conto
relativamente. Uno dei problemi principali degli uffizi 1A è questo: è un vero e proprio progetto o è un
suggerimento di un’idea di chiesa della cristianità? Non solo c’è modo diverso di pensare spazio e uso
diverso del linguaggio architettonico, ma è un idea di modernità dell’antico che emerge dall’1A.

Elemento che diventa il perno di tutto è CUPOLA: nelle successive elaborazione del progetto i San Pietro la
cupola di Bramante è qualcosa che rappresenta tutto il progetto: è elemento capitale.
Perché è così importante:
è una cupola in muratura all’antica, modellata su esempio del Pantheon, citazione del Pantheon; è una
cupola nuova, in cui il tamburo non è più un elemento chiuso ma è circondato da fila di colonne che
sostengono la calotta. Cupola che è di una complessità tale, che il tempietto del belvedere è una barzelletta
rispetto alla cupola di S. Pietro. Si dice che S. Pietro in Montorio sia un qualcosa per sperimentare cupola.
Modelli di ispirazione: CUPOLA DEL PANTHEON --> confronto delle 2 sezioni.

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