Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Viaggio e consumo
Uno degli aspetti della globalizzazione è il consumismo come
fenomeno generalizzato. All’interno del fenomeno del consumo, il
viaggio si presenta come un prodotto da scegliere in un’alternativa
rispetto ad altri prodotti simili. Il viaggio esce dalla decisione
individuale e collettiva che sta alla sua origine, per collocarsi alla
fine di una catena di produzione e di offerta.
Viaggio e alterità
Il viaggio è in rapporto con una frattura dell’ordinario. L’intuizione e
la percezione di un’alterità che affascina sono essenziali al viaggio.
Viaggio e racconto
Da sempre c’è un rapporto fisiologico tra viaggio e racconto. I
racconti di viaggio costituiscono un capitolo interessante della
letteratura universale (Odissea, Eneide, Esodo, Divina Commedia,
Milione ecc)
Il viaggio dimostra infatti la verità del fatto per cui, nel racconti, chi
ostacola il protagonista non è sempre necessariamente il nemico
deputato.
Comunità e viaggio
La similitudine di struttura tra viaggiare e raccontare si prolunga
anche nell’aspetto comunitario. Raccontare è stare in una comunità
di dialogo e di ascolto. Raccontare è creare comunità. Anche
viaggiare è muoversi tra comunità.
a un’alterità che viene così accolta, e chi ospita si apre a sua volta
alla diversità che le viene incontro. Comunità che viaggia e
comunità che ospita infinte si confondo scambiandosi per qualche
aspetto i ruoli assegnati.
Comunità e accoglienza
Ogni comunità si riconosce nella stretta interazione del territorio: le
recenti migrazioni documentano che le culture non sono
necessariamente connesse allo spazio fisico d’origine.
Una comunità dimostra di avere tanto più identità quanto più riesce
ad aprirsi e a offrire ad altri questa identità. L’identità della
comunità resiste infatti ai cambiamenti storici e territoriali.
L’identità di una comunità è più forte dello stesso assetto politico-
Nessuno sta più davvero presso di sé. Siamo degli ospiti nello
stesso momento in cui ospitiamo, e viceversa, ma senza che ci sia
qualcun altro oltre a noi stessi.
Casa e mondo
Un mondo così accogliente suggerisce di continuo l’idea che la casa
sia dappertutto. Siamo a casa ovunque.
Accoglienza e globalizzazione
Globalizzazione e accoglienza sono talmente intime che si
confondo, si rovesciano. Nel globale tutto stimola l’accoglienza.
Prigioni dell’ospitalità
Tutti sono accolti dappertutto perché ogni barriera è abolita. L’unico
rischio possibile di un viaggio nel globale possono essere solo gli
accidenti. Non possono più esserci sorprese.
L’inospitale
L’impressione che il mondo sia diventato ospitale si rovescia subito
nell’impressione contraria. Il mondo è ospitale perché l’accoglienza
si è globalizzata. Ma l’accoglienza globalizzata è la fine
dell’accoglienza.
Non è più tanto, perché il denaro non si lascia più ricondurre alla
dimensione dell’avere. Il denaro è diventato aria, alfabeto, vita,
cultura unica.
Tutti hanno a che fare con il denaro: tutti uguali, tutti fratelli,
uniformati, monetizzati. Il denaro unifica e divide all’infinito.
Il più e il meno
Il denaro divide mentre unisce. Il codice binario del denaro
Denaro e accoglienza
Il di più e il di meno del denaro distruggono l’accoglienza per
motivi opposti ma solidali tra loro.
Denaro e insicurezza
Nessun conflitto sembra più possibile, perché finalmente si parla
davvero tutti una stessa lingua. Il denaro ospita se stesso, ma
rifiuta anche se stesso. Nel denaro c’è un meccanismo di inevitabile
contraddizione. Il denaro permette qualsiasi cosa: scambio e
interscambio. Sostituibilità perfetta.
Nello scambio, nella velocità, nel puro segno non si può mai sapere
dove si è esattamente. Nessuna sa più dov’è precisamente.
Viaggio e unicità
Oltre lo scambio
Il dono si contrappone allo scambio senza intaccarlo nel suo
dominio. Dono, giustificazione etica della signoria dello scambio: il
dono è una conferma dello scambio.
Viaggio e unicità
Anche il viaggio sta nell’ambiguità dello scambio. È scambio: di
luoghi, culture, persone, costumi, cibo. Non è scambio, perché tutto
rinvia, nel viaggio, a una dimensione che si sottrae allo scambio
mentre vi si offre.
L’irripetibile
Ma che cosa c’è di veramente unico/irripetibile? Unicità e smentita
dell’identità. Diversità che affascina, che chiama all’unicità.
Pensiero di un sapere, che per sapere deve sapere dell’altro.
Dire l’irripetibile
L’irripetibile non si lascia dire, non può essere detto, ma si dice; non
si può dire, ma deve essere detto.
Il racconto, l’infinito
Il racconto di un viaggio tenta di dire ciò che non si può dire, lo
tradisce. Ma in questo tradimento si genera una nuova irripetibilità.
Le due forme del racconto sono una cosa sola, una sola voce
capace di contenere tutte le altre voci.
Il racconto unico è il passaggio dalla prima alla terza persona.
Ma la prima e la seconda forma del racconto unico sono
identiche.
La terza persona nasconde la prima; e la prima si traveste da
terza persona. Il neutro è un prodotto della soggettività
occultata. Si consuma qui il passaggio al di là del racconto
Non finito
Niente sta davvero fuori dall’irripetibilità del viaggio, Ciò che rimane
fuori è di una noia mortale.
Non viaggi
Ci sono viaggi che non sono viaggi, viaggi dell’identico, semplici
distrazioni.
Anche la forma linguistica che dice del viaggio si adatta, torna alla
prima persona. Oppure, il racconto del viaggio prende la forma del
resoconto della terza persona.
Non c’è più possibile tradimento della storia narrata perché la verità
è tutta dentro, perché tutto ciò che non è l’io, o che non il neutro, è
fuori. Non c’è dell’altro.
Indici possessivi
La proprietà è da sempre inclusa nell’orizzonte del viaggio. Senza
distacco non c’è viaggio. Il viaggio comincia con un lasciare.
Proprietà e diritto
La proprietà è sempre ambigua. Ambigua come il mio essere
proprio. L’improprietà si infiltra nel possesso, lo denuncia.
Viaggio e proprietà
Nella logica del viaggio di ciò che è proprio emergono delle
contraddizioni evidenti. Il viaggio è una crisi di identità. Viaggiare
davvero è stare nella crisi della proprietà, mentre il viaggio
dell’identico trasforma la crisi della proprietà in un diritto che
afferma ancora la proprietà.
Viaggia solo che può dire proprio, chi può dire estraneo. La crisi
della proprietà significa in realtà ben altro rispetto a questa
ripetizione della proprietà stessa: la proprietà è in crisi prima della
sua crisi, prima del viaggio.
L’improprio
Il viaggio comincia con un distacco. Viaggiare è uscire fuori dal
proprio. Il viaggio è la vita, si appartiene da sempre alla smentita di
sé.
Libertà e viaggio
Distaccarsi è il movimento decisivo del viaggio. Liberarsi di una
monotonia. L’altro nome del viaggio è la libertà. Una libertà di
interrompere, di rompere.
Nel partire c’è una libertà: la libertà della propria identità, la libertà
per la ricerca di un’identità. Viaggiando si interrompe la costante
messa in ordine del mondo.
Viaggio e politica
Ci sono società in cui la libertà di viaggio si trova prescritta nei
codici: società senza viaggio, perciò, che coincidono anche con
società senza libertà.
Le cose non sono però mai del tutto quel che sembrano. Nelle
società senza libertà sono autorizzati viaggi diversi (di solito
pellegrinaggi). Nelle società della libertà il viaggio si trova spesso
negato nel momento in cui viene protetto.
Il turista vede nel vagabondo ciò che egli non è e non vuole essere.
Nel caso del confronto tra il turista e il viaggiatore, il primo si
sdoppia nell’identità.
Sembra davvero che per viaggiare e per far viaggiare serva un’etica
della responsabilità. I codici etici fanno della responsabilità l’unico
spartiacque tra ciò che è etico e non etico.
contesto nel quale ognuno, nel viaggio, può predare come, quando
e chi vuole.
Gli stessi elementi danno vita anche a retoriche del viaggio, dove la
sensibilità principale viene talmente caricata da essere poi percorsa
romanticamente come in un sogno.
perché l’io è in marcia fino ai confini del mondo; e fino i confini del
mondo non fa se non ri-trovare se stesso.
Non può esserci un’etica del viaggio perché la forza del viaggio è
l’apertura e l’apertura è etica.
Dante, all’inizio della Commedia, descrive la vita come una via dove
bisogna guardarsi bene dal prendere se stesso per fine (Buber).
Non è mai un vero viaggio quello che assimila e che prende per sé,
che riduce gli altri a strumento.
Il viaggio core lungo i fili della meraviglia per quello che si vede, per
gli incontri che si fanno. Persone e meraviglia si intrecciano nel
viaggio (vedi Marco Polo).
Non c’è viaggio senza distacco da sé. Il segreto del viaggio è il suo
momento di crisi, di uscita.
Stare in viaggio
Nella meraviglia l’infinito si presenta come un distrarsi da sé, non è
il movimento circolare di andata e ritorno. È una sorta di On the
road.
ULISSE VS ABRAMO
La fine dell’altrove
Il viaggio implica l’esperienza dell’altrove. Senza altrove non c’è
viaggio. L’altrove è il luogo, la cultura, la parola, il sapore, il
costume. L’altrove è l’altro.
Voglie di esotismo
La <voglia del diverso seduce, spesso inganna > (Bloch). Il
movimento sincronizzato di ritirata e di manipolazione dell’altrove
fa riflettere sull’equivoco dell’esotismo.
Ulisse e Abramo
Esodo
Il viaggio incontra il destino dell’uomo, basta porre mente alla
fortunata immagine dell’Esodo, a significare i cammini errabondi
dell’esistenza, le rivoluzioni dell’ethos comune, ecc. La sua forza
dell’immaginario è tale che rispunta perfino nelle recenti versioni
liberal-democratiche, in quelle miglioriste e nelle teorie del
disincanto del mondo.
Ulisse e Abramo
Ulisse e Abramo sono gli antichi eroi del viaggio che continuano a
essere riletti come figure emblematiche.
Eroi sbiaditi
Bauman nel viaggio d’oggi trova dei nuovi eroi. L’immagine del
viaggiatore di Bauman è quella di un io che consuma viaggio e che
incontra l’altro come ripetizione e come soddisfazione fugace di sé.
L’immagine si condensa nella figura del turista sempre pronto a
mettersi in cammino. Il turista è l’eroe non-eroe del viaggio
globalizzato. Dietro alla sua rapidità si nasconde l’immobilità e
l’indisponibilità. Immobilità perché il turista rimane inscritto nel
circuito effimero del consumo che non lo sposta di un millimetro da
se stesso. L’indisponibilità perché nel viaggio del turista non vi è
l’eccedenza dell’altro che risveglia a se stessi e che chiama al
viaggio.
Il cammino non ha, però, né una vera partenza né una vera meta
perché il viaggio globale diventa la metafore di un esistere sempre
presso di sé.
Per questo lo spettro del turista è il vagabondo: gli ricorda tutto ciò
che non vorrebbe essere. I turisti e i vagabondi sono gli eroi e gli
antieroi del viaggio contemporaneo.
Tornare?
Il viaggio sottolinea la crisi, l’esodo diventa la metafora di ogni
scardinamento.
La ripresa
Il viaggio mette in forma l’eccepire a se stessi che è l’umano. La
sporgenza del viaggio ha il nome dell’infinito. L’infinito penetra nel
viaggio e nel racconto in modo iperbolico perché da un lato il
viaggio si lascia raccontare, ma da un altro il viaggio non è mai
dicibile fino in fondo. L’indicibile governa il viaggio come racconto.
Nel viaggio e nel racconto vive una pluralità irriducibile che lascia il
viaggio e il racconto nel loro incompiuto senza che questo diventi
subito una lamentela metafisica sulla nostra finitudine.
Responsabilità, giustizia
Sembra che nel viaggio tutto scorra verso l’oceano della
responsabilità. Gli appelli alla responsabilità nel quadro del viaggio
globalizzato possono apparire tardivi e forse ipocriti: tardivi, perché
intervengono quando il viaggio è già diventato moltiplicazioni del
consumo ed ipocriti perché la responsabilità sopraggiunge a
catastrofe avvenuta. Si produce così uno scarto evidente tra i
richiami alla responsabilità e una civiltà narcisistica del Sé.
A partire da un luogo
Dire altro all’Altro è un nome dato dall’io che prende se stesso
come punto di riferimento. Nello sforzo di dare nomi e di marcare
territori stranieri si è esaurito lo sforzo dell’Occidente che ha
assunto l’Io come perno intorno a cui far girare la trottola. I nomi
dati dall’io all’altro sono sempre nomi dell’io. Per designare l’altro
Husserl gira indeciso intorno al nome dell’io. Nomi che possono dire
dell’altro solo a partire da sé.
Parigi, l’Umanità.
Dire che il luogo dei nomi dell’altro coincide con quello dell’io non
ha nulla a che fare con il colonialismo dell’Occidente.
Lezioni di geografia
I quadri intitolati Lezione di geografia illustrano bene delle situazioni
davvero singolari. La scena è sempre la stessa: delle fanciulle e dei
professori che parlano di mondi lontani indicandoli con il dito sul
mappamondo nel chiuso di una stanza senza accorgersi che l’altro è
già lì. Nel quadro di Eleuterio Pagliano, per esempio, la Cina ha già
invaso la vita quotidiana.
Nomi impossibili
Il mondo è comune a noi tutti. Questo sapere che c’è un mondo
vero, condiviso, oggettivo lo devo solo alla presenza dell’altro.
Eppure l’altro si costituisce dentro di me al punto da non trovare
altri nomi per designarlo se non quelli di <estraneo> e <straniero>
dapprima, di <alter ego> dopo.