“Il Laocoonte: la lezione e la fortuna visiva di un capolavoro”, proposto e curato dal prof.
Fabio Chiodini
Classe per la quale è pensato: III (indirizzo linguistico)
Obiettivi:
- approfondire la conoscenza di un capolavoro della scultura ellenistica;
- acquisire la consapevolezza che un’opera d’arte può essere valutabile anche come
espressione di gusto e di appartenenza a una precisa identità culturale;
- stimolare la riflessione sull’opera d’arte quale veicolo di rappresentatività sociale e
diplomatica.
- stimolare la riflessione critica.
Link: http://nonsempreoliosutela.blogspot.it/2013/10/il-laocoonte.html
IL LAOCOONTE
La lezione e la fortuna visiva di un capolavoro
LA SCOPERTA
• Papa Giulio II destinò l’opera in uno dei più bei luoghi di Roma, in quegli
anni qualificato dall’intervento di Donato Bramante che progettò un cortile
che circondasse un giardino ornato di allori, cipressi, aranci, arricchendolo
di fontane e di nicchie per le statue. Si trattava di un luogo che intendeva
evocare il Giardino delle Esperidi, e per questo non poteva che essere
destinato ad una ristretta cerchia di persona, come suggeriva l’iscrizione
che, sulla porta di accesso, Giulio II aveva fatto collocare, derivandola da
un verso dell’Eneide (Vi, 258): «Procul este prophani». Il papa intendeva
configurarsi come nuovo imperatore, facendo nuovamente di Roma la
capitale indiscussa sia del papato che delle arti.
• Molte sculture raggiunsero così il Vaticano, alcune già di
proprietà di Giulio II, altre acquistate per l’occasione
(l’Ercole con in braccio il piccolo Telefo - a quel tempo
ritenuto Enea con Ascanio-, l’Apollo del Belvedere,
l’Ercole in lotta con Anteo, la Venuz Feliz e l’Arianna –
creduta Cleopatra). Spentosi Giulio II, il suo successore,
Leone X, proseguì l’opera da lui iniziata, aggiungendo due
grandi statue di divinità fluviali: il Tevere e il Nilo.
Adriano VI Florensz, nativo di Utrecht (papa dal 1522 al
1523) poco apprezzò l’opera dei predecessori, arrivando a
chiudere il cortile che veniva indicato luogo di idoli pagani
(“sunt idola antiqua”!). Verso il 1533 Giovanni Angelo
Montorsoli, un frate scultore allievo di
Michelangelo, integrò il braccio destro del Laocoonte
realizzandolo in terracotta.
Francesco Primaticcio, Laocoonte, Château
de Fontainebleau.
• “Un gentil pensiero di tre bertuccie sedenti, attorniate da serpi, nella guisa de
Laocoonte e de’ figluoli posti in Belvedere di Roma, così il Ridolfi per primo
identificava l’opera come ispirata al celebre gruppo. Tiziano sembra
rispondere con questa caricatura all’eccessiva venerazione per l’arte classica
che si era diffusa soprattutto fra gli artisti fiorentini e romani.
François Perrier detto le
Bourguignon, (1590-
1650), Laocoonte, dal
libro Segmenta Nobilium Signorum
et Statuarum, Rome, 1638.
William Hogart, Analysis of Beauty
Dettaglio di una veduta del cortile
del Belvedere col Laocoonte,
incisione colorata a mano di Luis
Ducros e Giovanni Volpato,
1787-1792. Si può notare il
restauro operato da Agostino
Cornacchini a metà Settecento,
riguardante il braccio destro del
figlio più giovane di Laocoonte,
che è rivolto in alto come quello
del padre.
• Johann Georg Heck, Iconographic Encyclopaedia of Science, Literature, and
Art, 6 (1851). Da sinistra a destra: Ercole col piccolo Telefo sul suo
braccio; Antinoo del Belvedere; Fanciullo che strozza
un’oca, Meleagro, Germanico; in basso, Apollo del
Belvedere, Laocoonte, Fauno.
Il Laocoonte nelle arti applicate
(maioliche e cammei)