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Nel provvedere alla manutenzione occorre inoltre rilevare come, in considerazione del fatto
che all’interno di una struttura sanitaria vengano ricoverati malati che possono anche avere
particolari difficoltà di deambulazione o che ad ogni buon conto fanno affidamento sulla
sicurezza della struttura, la diligenza, nel provvedere all’adeguata manutenzione anche del
terreno calpestabile, deve essere superiore a quella ordinaria ed addirittura superiore alla
norma.
Il Giudice di Merito (sent. Tribunale di Bari, III Sezione Civile, n. 269/2007) ha rilevato, ad
esempio, che la “mancanza di un adeguato programma di manutenzione della viabilità
interna all’area ospedaliera si possa evincere anche constatando che la struttura ha
provveduto a minimi interventi di manutenzione limitati ad alcune zone ignorandone e non
pianificando l’attività sulle altre.”
Altro Giudice di Merito nel caso di caduta su pavimento reso viscido da una sostanza
oleosa, ha escluso ad esempio, la responsabilità della ditta appaltatrice delle pulizie
chiamata in causa in manleva da parte della azienda sanitaria locale, rilevando che la stessa
esaurisce il suo obbligo contrattuale con l’azienda una volta effettuata la pulizia dei locali e
non ha pertanto obbligo di custodia e vigilanza, obbligo che permane in capo alla struttura
in qualità di custode (sent. Tribunale di Lecce n. 1691/10) sempreché non venga dimostrata
una negligenza nella realizzazione dell’attività di pulizia.
Giurisprudenza consolidata ritiene che nel caso di lesioni da caduta di un paziente occorre
seguire la strada dell’azione per responsabilità extracontrattuale per ottenere il risarcimento
dei danni patiti.
Sussiste in questo caso però la necessità di individuare l’operatore la cui condotta omissiva
ha causato l’evento caduta. Se quindi di facile soluzione sono i casi di degenti non in
condizioni di deambulare che cadono mentre trasportati su barelle, carrozzine o comunque
mentre aiutati a spostarsi da personale sanitario, meno immediato è individuare il soggetto
responsabile in casi in cui i pazienti si procurino lesioni da cadute in assenza di operatori
ospedalieri nelle loro immediate vicinanze. Escludendo i casi di degenti autosufficienti che
cadano all’interno della struttura ospedaliera per fatto proprio, o per cause non imputabili al
sanitario che li ha in cura (si pensi a chi scivola sul pavimento bagnato) e per cui può
ravvedersi una responsabilità della struttura ex art. 2051 c.c., la tipologia rilevante di casi è
ricompresa nella fattispecie di pazienti che per le loro condizioni di salute, necessitano di
essere contenuti e/o controllati al fine di evitare che si procurino lesioni. In tale caso può
sussistere una responsabilità colposa dell’operatore di tipo omissivo determinata dalla
mancanza vigilanza del paziente.
Sull’analisi di queste tipologie di reato è intervenuta la giurisprudenza di merito che nel
caso ad esempio di una paziente ricoverata in stato confusionale presso il Pronto Soccorso
di un Ospedale ha ritenuto la responsabilità per colpa del personale medico e sanitario in
turno, consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia, per non averla tenuta sotto diretto
controllo e per non aver collocato attorno al lettino su cui giaceva le sbarre di cui esso pure
era dotato e che le avrebbero impedito di cadere. (v. Tribunale di Monza - Sezione IV, sent.
28 maggio 2008). Infatti nel caso di specie il Giudice ha motivato la sentenza ritenendo che
“la logica e prudenza avrebbero consigliato a chiunque, tanto più a personale medico e
sanitario notoriamente esperto, tanto da essere incaricato del pronto soccorso, di utilizzare
per la paziente confusa quelle sbarre di cui ogni letto ospedaliero è notoriamente dotato, al
fine di evitarle di cadere, come in effetti è avvenuto.”
Una delimitazione della responsabilità a seguito di caduta da barella con conseguente morte
di paziente giunto in pronto soccorso in stato di ebbrezza e agitazione psicomotoria, la
troviamo invece in altra sentenza di merito (v. Tribunale Penale di Nola, sent. del 7 maggio
2007, depositata il 7 luglio 2007 - G. Bottillo) . A differenza del caso sopra citato, le barelle
di pronto soccorso non erano dotate di sbarre. Occorre quindi precisare in via preliminare
che l’obbligo di dotare il pronto soccorso di barelle con dispositivi di sicurezza è demandato
a chi nella struttura riveste per legge la posizione di "garante" della sicurezza
(amministratore delegato, direttore sanitario, dirigenza sanitaria etc.) ed è tenuto non solo a
predisporre ed attuare tutti i sistemi ed i mezzi idonei ad evitare il verificarsi di eventi
dannosi ma altresì a dare direttive e vigilare sulla puntuale osservanza delle norme
prudenziali di sicurezza. Relativamente agli operatori ( medici e sanitari) è da precisare che
tutti sono portatori di una posizione di garanzia nei confronti dei pazienti rispetto ai quali
hanno l'obbligo di tutelarne la salute in forza dei principi di solidarietà costituzionali ex
artt.2 e 32 Cost. senza che sia possibile ricorrere al principio dell'affidamento o della delega
a terzi. All’interno dell’organizzazione quindi ogni operatore ha specifiche funzioni: il
Direttore o il suo facente funzioni ovvero il personale medico di turno assume le scelte
operative terapeutiche e diagnostiche del caso concreto, competendo a tali soggetti le
funzioni di indirizzo, direzione e verifica dell'attività diagnostica e terapeutica. Viceversa, il
personale sanitario non è istituzionalmente preposto ad adottare scelte terapeutiche ovvero a
formulare diagnosi o infine ad assumere decisioni che implicano valutazioni di tipo medico.
Ne discende che la necessità di adottare sistemi di cautela specifici e mirati atti a prevenire
la caduta dalla barella del paziente, andava in primo luogo valutata e diagnosticata dal
medico che avrebbe dovuto impartire direttive agli infermieri. Viceversa, pur rivestendo la
posizione di "garanzia" a tutela della salute, gli infermieri erano tenuti ad eseguire le
direttive del medico ed a vigilare sul paziente in osservazione, profilandosi una eventuale
loro responsabilità per la mancata vigilanza e per la mancata segnalazione al sanitario di
turno della presenza di uno stato sospetto e perdurante di agitazione psicomotoria per cui si
rendeva necessaria l'adozione di cautele specifiche al fine di evitare la caduta dalla barella.
Verificate pur tuttavia dagli infermieri le condizioni stabili del paziente che, a seguito della
somministrazione della terapia farmacologica non destavano particolare allarme, ed in
considerazione del fatto che gli stessi erano impegnati contestualmente in altre prestazioni
ed incombenze sanitarie presso il Pronto Soccorso, deve escludersi la loro responsabilità
colposa non potendosi muovere il rimprovero di non aver collocato il paziente sulla barella
munita di barre laterali o, comunque, di non aver adottato specifiche cautele atte ad evitare
la caduta.
La struttura e gli operatori dovranno quindi adottare le misure di valutazione sia degli
ambienti, con predisposizione di interventi di messa in sicurezza delle aree rilevate a rischio
di caduta ( es. apponendo paletti antintrusori sulle scale, manutenendo pavimenti sconnessi
ecc..), che intrinseci del paziente, identificando mediante scale di valutazione (es. Scala
Conley, Scala Morse, Scala Straatify...) i soggetti a potenziale rischio caduta ed attuando
conseguentemente una pianificazione di interventi clinico-assistenziali atti a ridurne il
rischio.
Solo con una pianificazione di attività, e quindi un’attività documentata, la struttura e gli
operatori potranno fornire la prova che l’evento caduta, eventualmente successo, sia
ascrivibile a quella categoria di eventi imprevedibili e non altrimenti contenibili.