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VITA: istruzioni per l’uso

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VITA: istruzioni per l’uso

Giovanna Garbuio

VITA: istruzioni per l’uso


Qualche dritta per la felicità

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INDICE

Ho imparato che... (Paulo Coelho).............................................pag. 6

CAPITOLO 1. Chi è Dio.....................................................................pag.11

Orme sulla Sabbia.........................................................................pag.32

Frammenti di Verità......................................................................pag.34

Leggenda Indù..............................................................................pag.35

Il valore di un sorriso....................................................................pag.36

CAPITOLO 2. L’importanza di Ridere............................................pag.38

Perché le persone amano lo stress................................................pag.53

Chiodi................................................................................pag.57

CAPITOLO 3. Il Rispetto...................................................................pag.58

I bambini imparano quello che vivono........................................pag.61

18 Principi Fondamentali del Dalai Lama.....................................pag.75

CAPITOLO 4. Altruismo...................................................................pag.76

Riflesso............................................................................pag.90

CAPITOLO 5. Amicizia.......................................................................pag.91

Sassi.........................................................................pag.103

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CAPITOLO 6. Carpe Diem..............................................................pag.106

Tratto da “De Brevitate Vitae” (Seneca)....................................pag.121

Tratto da “Deserto dei tartari” (Dino Buzzati).............................pag.122

Gioventù (Samuel Ullman)........................................................pag.123

Lentamente Muore (Martha Medeiros)......................................pag.124

Vivi la vita ( Rudyard Kipling)..................................................pag.125

CAPITOLO 7. Piangersi addosso..................................................pag.126

CAPITOLO 8. La Felicità.............................................................pag.136

I  tuoi  figli  non  sono  figli  tuoi  (Khalil  Gibran)............................pag.142

La storia di Rob............................................................................pag.145

Crescendo impari........................................................................pag.153

Ricetta per la felicità (D’Urso Trentin).......................................pag.156

Da “L’Alchimista” (Paulo Coelho)............................................pag.158

CAPITOLO 9. Conclusione............................................................pag.160

50 azioni per cambiare il mondo (M. Paolini)...........................pag.162

Il Treno della Vita.......................................................................pag.164

Bibliografia  e  Sitografia..............................................................pag.166

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Per Ale, Piero e Chiara

Siate indulgenti con me se predico bene


e razzolo male, ma tra il dire e il fare
c’è di mezzo sempre... “e il”!

Smack! Giò

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Ho imparato che…
(Paulo Coelho)

•   Ho imparato che ignorare i fatti non cambia i fatti.


•   Ho imparato che quando vuoi vendicarti di qualcuno lasci solo che quel
qualcuno continui a farti del male.
•   Ho imparato che l’amore, non il tempo guarisce le ferite.
•   Ho imparato che il modo più facile per crescere come persona è circondarmi
di persone migliori di me.
•   Ho imparato che quando serbi rancore e amarezza la felicità va da un’altra
parte.
•   Ho imparato che un sorriso è un modo economico per migliorare il tuo
aspetto.
•   Ho  imparato  che  quando  tuo  figlio  appena  nato  tiene  il  tuo  dito  nel  suo  
piccolo pugno ti ha agganciato per la vita.

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•   Ho imparato che è meglio dare consigli solo in due circostanze: quando
sono richiesti e quando ne dipende la vita.
•   Ho imparato che quando sei innamorato, si vede.
•   Ho imparato che appena una persona mi dice, “mi hai reso felice! “, mi
rende felice.
•   Ho imparato che essere gentili è più importante dell’aver ragione.
•   Ho imparato che non importa quanto la vita richieda che tu sia serio...
Ognuno ha bisogno di un amico con cui divertirsi.
•   Ho imparato che la vita è come un rotolo di carta igienica... Più ti avvicini
alla  fine,  più  velocemente  va  via.
•   Ho imparato che dovremmo essere contenti per il fatto che Dio non ci dà
tutto quello che gli chiediamo.
•   Ho imparato che i soldi non possono acquistare la classe.
•   Ho imparato che sono i piccoli avvenimenti giornalieri a fare la vita così
spettacolare.
•   Ho imparato che sotto il duro guscio di ognuno c’è qualcuno
che vuole essere apprezzato e amato.
•   Ho imparato che ogni persona che incontri merita d’essere salutata con
un sorriso.
•   Ho imparato che non c’è niente di più dolce che dormire coi tuoi bambini
e sentire il loro respiro sulle tue guance.

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•   Ho  imparato  che  nessuno  è  perfetto,  fino  a  quando  non  te  ne  innamori.
•   Ho imparato che le opportunità non si perdono mai, qualcuno sfrutterà
quelle che non hai colto tu.
•   Ho imparato che desidererei aver detto una volta in più a mio padre che
lo amavo, prima che se ne andasse, ma adesso è troppo tardi.
•   Ho imparato che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti
ferirà. E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
•   Ho  imparato  che  ci  vogliono  anni  per  costruire  la  fiducia  e  solo  pochi  
momenti per distruggerla.
•   Ho imparato che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo
che gli amici cambiano.
•   Ho  imparato  che  le  circostanze  e  l’ambiente  hanno  influenza  su  di  noi,  
ma noi siamo responsabili di noi stessi.
•   Ho imparato che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno
te.
•   Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era
necessario fare,affrontandone le conseguenze.
•   Ho imparato che la pazienza richiede molta pratica.
•   Ho imparato che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente
non sanno come dimostrarlo.
•   Ho imparato che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale
quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.

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•   Ho imparato che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non
significa  che  non  ti  ami  con  tutto  se  stesso.
•   Ho imparato che non si deve mai dire ad un bambino che i sogni sono
sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.
•   Ho  imparato  che  non  sempre  è  sufficiente  essere  perdonato  da  qualcuno.  
Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
•   Ho imparato che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il
mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
•   Ho imparato che le apparenze, possono ingannare.
•   Ho imparato che bisogna cercare quello che fa sorridere il tuo cuore.
•   Ho imparato che bisogna mettersi sempre nei panni degli altri.
Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.
•   Ho imparato che le più felici delle persone, non necessariamente hanno il
meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita
sul loro cammino.

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Lavora come se non avessi bisogno dei soldi.
Ama come se nessuno ti avesse mai fatto soffrire.
Balla come se nessuno ti stesse guardando.
Canta come se nessuno ti stesse sentendo.

Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.


Vivi la tua vita in modo che quando morirai,
tu sia l’unico che sorride e ognuno intorno a te pianga.
Paulo Coelho

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CAPITOLO 1
Chi è Dio?

L’altra sera alla riunione del catechismo di Ale hanno posto questa domanda:
“Chi è Dio Per Te?”.

Da  allora  continuo  a  rifletterci.

Io ho in mente un’idea abbastanza chiara della risposta, ma mi sono resa


conto che non mi è così facile esporla verbalmente, e così ho deciso di
provare a scriverlo!
E’ un modo più semplice anche per ragionarci profondamente.

Io ho tre convinzioni riguardo Dio e sono:


1) Dio è un’ entità talmente grande, potente e al di sopra di ogni cosa
conoscibile, che noi uomini non potremo mai arrivare a comprendere
che  l’infinitesima  parte  della  sua  Essenza.
2) Quando non sarò più in grado di andare avanti con le mie forze, ci
sarà sempre qualcuno che mi ama così tanto da prendermi in braccio e
fare lui la strada al posto mio.
3) Le religioni non hanno quasi niente a che vedere con Dio, sono tutte
delle invenzioni umane.

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Ha Dio volontà di impedire il male, ma non può farlo? Allora non è
onnipotente. Ne ha il potere ma non la volontà? Allora è maligno.
Ne ha ad un tempo la volontà e il potere? Allora di dove viene il male?
Epicuro

Epicuro dice davvero una grande verità valutata dal punto di vista razionale
umano, ma credo che in questa affermazione, non si tenga conto di un
particolare fondamentale: la nostra umanità appunto! L’uomo è un essere
limitato, Dio no!

Credo che la spiegazione stia tutta qui.


Non possiamo pretendere di comprendere Dio con la nostra umile testolina.
E’ troppo al di fuori della nostra portata!

Agostino, famoso per la sua cultura e considerato un grande sapiente e un


fine  teologo,  camminava  lungo  la  spiaggia,  quando  vide  un  bambino  intento  
a scavare una buca, e si fermò ad osservarlo. Il fanciullo correva verso il
mare  e,  con  una  conchiglia,  raccoglieva  l’acqua  per  portarla  fino  alla  buca,  
dove la versava. Guardava per un poco nella buca, quindi ripartiva correndo
verso il mare, prendeva ancora un po’ d’acqua e la portava alla buca nella
sabbia, per versarla. Dopo aver osservato diverse volte la ripetizione di questa
scena, Agostino si avvicinò al bambino e chiese: “Cosa stai facendo?”.

Il piccolo rispose: “Voglio mettere tutta l’acqua del mare dentro la buca che
ho  scavato!”.  L’uomo,  divertito  e  con  aria  di  sufficienza  bonaria,  replicò:  
“Ma non vedi che l’acqua viene assorbita e sparisce poco dopo che l’hai
versata? E come può quel mare immenso che vedi entrare in una buca così
piccola   come   quella   che   hai   scavato?”.   Il   bimbo   lo   fissò   e   tacque   alcuni  
istanti. Poi replicò:”Io non posso svuotare il mare e farlo entrare in questa
buca? E tu, come puoi pensare di comprendere, nella tua piccola intelligenza,
la  grandezza  di  Dio  che  è  infinitamente  più  grande  del  mare?”.  

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Il grande pensatore chinò il capo, umiliato, e dopo alcuni istanti lo rialzò
commosso. Senonchè, secondo diversi esperti di parabole e leggende a
quanto sembra le cose non sarebbero andate così come le abbiamo
raccontate, perché, prima che l’angelo sparisse, il Santo aveva potuto a sua
volta replicare che la risposta non lo convinceva, che se l’uomo non aveva
ricevuto  una  mente  sufficientemente  potente  da  capire  il  mistero  divino,  la  
colpa sarebbe da imputare a Dio, che non aveva appunto voluto che i suoi
misteri fossero compresi dall’uomo.

“Perché Dio non vuole essere capito?” avrebbe domandato il Santo al pargolo
divenuto improvvisamente pensieroso. “Te lo dimostro subito” rispose il
bambino dopo un momento di perplessità e così, mentre parlava, con la
conchiglia divenuta improvvisamente grandissima e mostruosa, in un sol
colpo raccolse l’acqua del mare, prosciugandolo, e la pose nella buca, che
si  allargò  a  dismisura  fino  ad  inghiottire  il  mondo.  A  quella  vista  il  Santo  si  
svegliò con le lacrime agli occhi e capì.

Fonte: arslibera.splinder.com

Ama e fa ciò che vuoi!


S. Agostino

Non si può giungere a Dio ragionando sull’uomo o in modo umano, possiamo


solo  ottenere  il  fine  di  plasmarci  un  Dio  a  nostra  immagine  e  somiglianza  
(come l’uomo ha fatto dalla notte dei tempi), riuscendo solo a mettere in
ombra ai nostri occhi la sua luce.

Qualsiasi elucubrazione del cervello umano invece di aggiungere una


briciola alla conoscenza di Dio toglierebbe una quantità al nostro livello di
comprensione.

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Dio   è   senz’altro   indefinibile,   incomprensibile,   irraggiungibile   e   pertanto  
incomunicabile a parole, immagini o qualunque altro tipo di esternazione
umana.

Pertanto, ogni azione o situazione che pretenda di fare qualcosa del genere,
non può che essere considerata un abuso. E’ senz’altro un abuso considerare
Dio responsabile del male quale suo creatore.

Nello stesso tempo è un abuso negare la sua esistenza perché il male esiste
o per il fatto che Dio non è visibile e non interviene direttamente
per evitare le disgrazie, magari sovvertendo le regole della natura. Noi
non siamo in grado di comprendere i perché o i meccanismi alla base.

Un  abuso  è  senza  ombra  di  dubbio,  non  riconoscere  come  “figlio  di  Dio”  o  
come fratello chi la pensa in modo differente; di conseguenza è un abuso
pretendere di convincere, magari anche con la forza, altri a pensarla a
nostro modo, nel nome di Dio. Non possiamo pensare Dio, siamo troppo
piccoli e pertanto non possiamo nemmeno costringere altri a pensare Dio
come  ce  lo  figuriamo  noi.  Sarebbe  una  forzatura.  

Senz’altro è un abuso ottenere potere in suo nome, sostenendo che tale


potere o tale sapere vengono da Dio.

E’ decisamente un abuso, anzi un sopruso, sostenere che uccisioni, violenze,


privazioni, soppressioni siano fatte per volere di Dio. Qualunque utilizzo del
nome di Dio venga fatto in chiave umana, risulterà comunque un abuso.

Non possiamo nemmeno sperare di arrivare con il ragionamento a sostenere


se Dio esiste o non esiste. Dio non è una “cosa” terrena, limitata o limitabile
con il pensiero o con la razionalità antropomorfa.

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Io vi insegno il superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato.
Che avete fatto per superarlo?
Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sè: e voi volete essere
il   riflusso   in   questa   grande   marea   e   retrocedere   alla   bestia   piuttosto   che  
superare l’uomo?
Che cosa é per l’uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa.
E questo appunto ha da essere l’uomo per il superuomo: un ghigno o una
dolorosa vergogna. Avete percorso il cammino dal verme all’uomo, e molto
in voi ha ancora del verme. In passato foste scimmie, e ancor oggi l’uomo
é più scimmia di qualsiasi scimmia.
E il più saggio tra voi non é altro che un’ibrida disarmonia di pianta e
spettro. Voglio forse che diventiate uno spettro o una pianta?
Vedete, io vi insegno il superuomo! Il superuomo è il senso della terra.
La vostra volontà vi dica: sia il superuomo il senso della terra!
Vi scongiuro, fratelli rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che
vi parlano di speranze ultraterrene! Essi sono degli avvelenatori, che
lo sappiano o no. Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi
avvelenati, dei quali la terra è stanca: se ne vadano pure! Una volta il
sacrilegio contro Dio era il sacrilegio più grande, ma Dio è morto, e sono
morti con Dio anche quei sacrileghi.
Commettere sacrilegio contro la terra è ora la cosa più spaventosa, e fare
delle viscere dell’imperscrutabile maggior conto che del senso della terra!

Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”

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L’uomo è in grado di crearsi appunto solo un superuomo che con Dio a mio
avviso ha ben poco in comune.

Una religione è un codice morale che si esprime mediante leggende, miti


o  qualunque  tipo  di  artefatto  letterario    al  fine  di  istituire  un  sistema  di  
credenze, valori e norme con i quali regolare una cultura o una società...
come per la letteratura o qualunque atto comunicativo, a conferirle
efficacia  è  la  forma  e  non  il  contenuto.
Carlos Ruiz Zafon – “Il gioco dell’angelo”

I racconti di Gesù o del Buddha potrebbero anche essere storicamente


accurati ma, anche se lo fossero, noi veniamo guariti dalla verità
contenuta nella parabola, non dalla verità storica.
Non è importante il fatto che Gesù sia esistito oppure no, non è importante
che il Buddha sia nato su questa terra oppure no.
La semplice parabola, la possibilità dell’esistenza di un Buddha sulla
terra,  è  sufficiente  per  emozionare  i  nostri  cuori  e  per  creare  in  noi  un  
nuovo  anelito,  è  sufficiente  per  renderci  assetati  del  divino.  
E’  sufficiente,  basta  la  possibilità  semplice  della  parabola  a  farci  guardare  
in alto verso il,cielo, a indirizzarci in una ricerca, a distaccarci dalle
limitazioni che abbiamo creato intorno a noi.
E’ una provocazione per farci entrare nell’avventura.
Osho – “I maestri raccontano”

Prendiamo quindi tutto quanto di buono hanno gli insegnamenti morali


delle religioni, senza berci ad occhi chiusi senza ragionare, tutte le inutili
sovrastrutture  predisposte  dall’uomo  con  fini  esclusivamente  utilitaristici.  

Non è importante sapere se Gesù Cristo è storicamente esistito, ci basti


sapere che il suo insegnamento morale è valido e degno di essere seguito.
In  realtà  per  quel  po’  che  mi  sono  interessata  di  religioni  un  filo  conduttore  
comune l’ho trovato, ed è la preghiera, l’utilità e la modalità di preghiera. Se
preghi  con  emozione,  con  amore  e  con  fiducia  nell’essere  ascoltato  otterrai  
tutto ciò che vuoi.
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Gesù più e più volte dice: “Vai la tua fede ti ha salvato”.
Afferma  che  “Se  chiederai  con  fiducia  potrai  spostare  le  montagne”.

Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.


Poiché tutti coloro che chiedono riceveranno,
Tutti coloro che cercano troveranno,
A tutti coloro che bussano verrà aperto.
Matteo. 7,7-11

Allora Gesù rispose: “Abbiate fede in Dio!


Io vi assicuro che uno potrebbe dire a questa montagna:
Sollevati e buttati in mare!
Se nel suo cuore egli non ha dubbi, ma crede che accadrà quel che dice,
state certi che gli accadrà veramente.
Perciò vi dico: tutto quello che domanderete nella preghiera,
abbiate fede di ottenerlo e vi sarà dato.”
Marco. 11,22-24

Tutte le cose che chiederete onestamente, direttamente... da dentro il


mio nome, vi verranno date. Fino ad oggi non avete fatto questo.
Chiedete senza motivi nascosti e siate circondati dalla vostra risposta.
Siate avvolti da ciò che desiderate, perché la vostra gioia sia piena.
Giovanni. 16:23-24

L’unica regola è crederci, e viverlo emozionalmente come già realizzato ed


ottenuto! A ben vedere la maggior parte dei miracoli compiuti da Gesù e
riportati  nel  vangelo,  non  sono  stati  compiuti  da  Gesù,  ma  dalla  fiducia  di  
chi li chiedeva.

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Gesù quindi dice “chiedi e ti sarà dato”, il Buddha invece sostiene “Non
chiedere e ti sarà dato” perché il Buddha sa che sta già accadendo tutto ciò che
è giusto: tu devi solo essere consapevole e crederci, l’esistenza continuerà
a concederti mille e una benedizioni. Questa è la chiave per raggiungere il
Nirvana.

Perché quello a cui aspiriamo con la preghiere è l’unità con l’assoluto, con il
divino; la salute, il benessere la serenità che chiediamo pregando, sono solo
la strada per fonderci nell’UNO. Quando lo spirito divino che è dentro di noi
e fa parte di noi (anima?!?) si amalgama al divino assoluto, salute, felicità,
benessere, potere, successo e tutto ciò a cui aspiriamo, sono già nostri senza
bisogno di chiedere. Chiunque ha una piena coscienza spirituale, ha già
tutto ciò che vuole.

Ecco che Gesù e Buddha dicono la stessa cosa, solo che da prospettive
diverse.

Maometto afferma notoriamente che “se Maometto non va alla montagna,


la montagna andrà da Maometto”. E anche lui da illuminato sostiene il
medesimo concetto.

Gandhi afferma che la preghiera è il più potente mezzo di azione quando è


supportata da una viva fede in Dio.

Questo   significa   che   nell’uomo   e   nella   sua   comunione   con   Dio,   c’è   un  
grandissimo potere.

Noi possiamo tutto se abbiamo il cuore limpido, pieno d’amore e se sappiamo


di poter ottenere!

Vi voglio raccontare una storia che è uno dei cavalli di battaglia di Gregg
Braden.

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La pubblicò per la prima volta nel suo libro “L’effetto Isaia”, ma in realtà
è un racconto (pare sia un episodio vero) che lui utilizza spesso nelle sue
conferenze per spiegare cosa intende per preghiera. E per far capire il
concetto  questo  racconto  è  davvero  molto  efficace.  Io   credo  davvero  che  
questo sia il vero e unico modo utile di pregare. A ben vedere è esattamente
ciò che anche Gesù ci ha sempre insegnato.

E’ la storia di un episodio avvenuto tra due amici, uno dei quali è appunto
Gregg Braden, l’altro un indigeno messicano di nome David (non credo che
sia il nome vero).

I due si trovano in un aridissimo deserto dove non piove da mesi.

La siccità è talmente grave che a memoria d’uomo nessuno ricorda ci fosse


mai stata un’altra situazione simile.

Il  calore  è  tale  che  perfino  il  sudore  evapora  all’istante!  

Ed è per questo che i due amici si sono recati in quel posto “sacro” nel
deserto: “sul suolo vi era un cerchio formato da bellissime pietre, e ogni
pietra era sistemata con una cura, una precisione che non lasciava alcun
dubbio: erano pietre sistemate con amore e rispetto verso se stessi, la terra
e le forze dell’universo intero.”

Sono lì per pregare la pioggia!


David si toglie le scarpe e comincia a camminare all’interno del cerchio
con atteggiamento molto concentrato, sembra comunicare con qualcuno
silenziosamente.

Gregg è molto stupito e guarda David che pratica il suo “rito”.


Finisce il suo “colloquio portandosi le mani al volto e coprendoselo.
Fatto questo David dice: “Andiamo! Qui non abbiamo più nulla da fare!”

PAGINA 19
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Gregg sempre più perplesso chiede spiegazioni: “Andiamo già via? Cosa
abbiamo fatto? Ma non dovevamo pregare per la pioggia?”

David  sorridendo  mentre  si  infila  nuovamente  le  scarpe,  alza  gli  occhi  verso  
l’amico e dice: “No! Non dovevamo pregare per la pioggia, noi siamo venuti
a parlare con la pioggia!”

“Quando ero giovane, i nostri saggi mi hanno tramandato il segreto della


preghiera. Quando noi chiediamo qualcosa, noi di fatti stiamo invocando
ciò che non è ancora presente nella nostra esistenza. Continuare a chiedere,
vuol dire infondere nuova energia attrattiva a ciò che non si è realizzato, a
ciò che non si è manifestato…

Ho iniziato la mia preghiera con un sentimento di gratitudine verso la vita.


Ho reso grazie a tutte le cose esistenti: il vento del deserto, il calore, la siccità.
Ognuna di esse è così com’è, non è né buona né cattiva. Questa è stata la
nostra medicina. Poi ho scelto deliberatamente una nuova medicina.
Ho iniziato a sentire la pioggia sul mio corpo, il rumore che fa la pioggia
quando cade, ho sentito l’odore della terra bagnata, la gioia di bambini che
si lasciano bagnare. Ho immaginato i miei piedi nudi che toccano la terra
umida... Ho provato la sensazione che si prova quando scoppia un temporale,
l’aria che vibra, il cielo che diventa scuro, le nubi che si ammassano…”.
Liberamente tratto da “L’effetto Isaia” di Gregg Braden

Ecco  cosa  significa  pregare:  sentire  dentro  di  noi      che  ciò  che  chiediamo  
l’abbiamo già ottenuto.

Provare le emozioni che accompagnano la richiesta esaudita, vivere nel


nostro cuore i sentimenti che ciò per cui preghiamo farebbe scaturire in noi,
perché ciò di cui abbiamo bisogno è presente realizzato qui ora!

PAGINA 20
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Non    ha  senso  chiedere  due  volte  la  stessa  cosa  se  si  ha  fiducia,  se  si  è  certi  
che si verrà accontentati. Non ha senso continuare a chiedere; se si sa di
ottenere si può solo ringraziare per avere ottenuto. Perché si ha la certezza
che sia così.

Fai il primo passo nella fede:


non hai bisogno di vedere tutta la scala,
basta fare il primo passo.
Martin Luther King

E soprattutto pensiamo sempre in positivo, non focalizziamoci sul male e


sulle tragedie.
Pensiamo   a   ciò   che   vogliamo,   non   fissiamoci   su   ciò   che   non   vogliamo.  
L’energia che ci pervade sarà molto più forte e utile se scaturisce da pensieri
positivi.

Madre Teresa di Calcutta, quando le chiesero perché non partecipava mai


alle dimostrazioni contro la guerra rispose “chiamatemi quando organizzate
un corteo per la pace e verrò con voi!”

Tutto quello che siamo è il risultato di ciò che abbiamo pensato.


Buddha

Il mio papà ha scritto sul suo testamento più o meno: “…spero di


rivedervi presto, ma dato che spazio e tempo sono relativi, fate pure con
comodo…”.

La  fisica  quantistica  è  addirittura  arrivata  a  capire  questo;;  come  l’universo  


è  infinito  così  probabilmente  lo  sono  le  dimensioni  diverse  dalla  nostra  …
come  possiamo  pretendere  di  limitare  il  Dio  del  nostro  universo  infinito  e  
degli  infiniti  universi  paralleli,  nella  seppur  grandissima  e  intelligentissima  
razionalità umana?

PAGINA 21
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Albert   Einstein   rifiutò   l’immagine   tradizionale   di   un   Dio   personale   che  
si occupa delle nostre vite, che ci giudica alla morte, che interviene nella
sovversione delle leggi naturali da lui create con i miracoli, risponde alle
nostre preghiere e così via.

Egli credeva in un Dio la cui natura razionale è espressa agli occhi dell’uomo
nell’universo.

Io mi ritrovo davvero tantissimo in questa visione di Dio “super partes”.

L’esperienza più bella e profonda che un uomo possa avere è il senso del
mistero: è sentire che dietro qualsiasi cosa che possa essere sperimentata
c’è qualcosa che la nostra mente non può cogliere del tutto e la cui bellezza
e  sublimità  ci  raggiunge  solo  indirettamente,  come  un   debole  riflesso.   E’  
l’emozione fondamentale che accompagna la nascita dell’arte autentica
e della vera scienza. Colui che non la conosce, colui non può più provare
stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere.
A me basta la meraviglia di questi segreti e tentare umilmente di cogliere
con la mia mente una semplice immagine della sublime struttura di tutto ciò
che è lì presente.

Albert Einstein

Il mondo è solo la parte visibile di Dio.


Paulo Coelho

La semplice esistenza di questo mondo


è la garanzia che ne esiste uno più perfetto!
Paulo Coelho

PAGINA 22
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E ancora Albert Einstein dichiara:

La mia religione consiste in una umile ammirazione dell’universo


dell’illimitato e superiore,
come si rivela in un universo incomprensibile.

E ancora:

E’  certo  che  alla  base  di  ogni  lavoro  scientifico  un  po’  delicato  si  trova  la  
convinzione che il mondo è fondato sulla ragione e pertanto può essere
compreso. Questa convinzione legata al sentimento profondo dell’esistenza
di una mente superiore e incomprensibile in toto, che si manifesta in modo
conoscibile nel mondo dell’esperienza, costituisce per me l’idea di Dio.

Quindi risulta che il nostro mondo, quello conoscibile, la realtà umana e


terrena, è il relativo. Qui siamo e qui restiamo.

Tuttavia  questo  non  significa  che  non  esista  una  sfera  dell’assoluto.  
Una Verità, un Amore assoluto c’è, anche se non siamo in grado di conoscerlo
e   di   comprenderne   meccanismi   e   ragioni,   di   intenderne   la   realtà   fisica   o  
metafisica,  di  contemplare  la  sua  natura  ragionevole  o  empirica.      

Probabilmente  l’inaccessibilità  e  l’impossibilità  di  comprenderlo  e  definirlo  


completamente,  giustifica  tutti  i  nostri  sforzi  per  raggiungere  Dio.

Quindi se Dio è l’assoluto, non può essere il relativo a cui tutte le religioni
(escluso forse il buddhismo, che per altro non è una religione) lo hanno sempre
ridotto applicandogli varie sembianze antropomorfe, che rispecchiano i
nostri desideri, i nostri pensieri, i nostri sentimenti e soprattutto i nostri
timori e le nostre paure, rendendolo simile a noi... al massimo dotato di
qualche superpotere.

PAGINA 23
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VITA: istruzioni per l’uso
Ci rimane una sola vera possibilità: si può cogliere Dio solo attraverso
l’amore.

L’infinita  varietà  delle  forme  d’amore,  l’incalcolabile  quantità  di  amore  e  


l’enorme numero di modalità di esprimerlo di cui il piccolo cuore dell’uomo
è capace sono l’unica strada per avvicinarci alla sua realtà.

Quindi   se   vogliamo   comprendere   qualche   infinitesima   parte   della   Sua  


essenza dobbiamo amare, così che gli altri sentano la sua presenza attraverso
il nostro amore e noi, amando, possiamo intuire la sua grandezza, riuscendo
così a percepire qualche piccolissima parte della Sua sostanza.

Il mio Dio non risiede in cielo. Egli deve realizzarsi sulla terra.
Egli è qui, con voi e con me.
E’ onnipotente e onnipresente.
Non c’è bisogno di pensare al mondo dell’aldilà.
Se possiamo fare il nostro dovere qui,
l’aldilà si prenderà cura di sé stesso.
Gandhi

PAGINA 24
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VITA: istruzioni per l’uso
Dio è Verità e Amore;
Dio è Moralità ed Etica;
Dio è Scienza e Conoscenza;
Dio è Coraggio e Altruismo;
Dio è Luce ed Energia;
Dio è Coscienza.

Egli è personale per chi ha bisogno della sua presenza intima, è assoluto per
chi ha necessità di leggi universali.
E’ oggettivo e allo stesso tempo soggettivo.
E’ tutto e il contrario di tutto.
E’ l’essenza più pura e l’incarnato più terreno per chi ha bisogno di essere
sfiorato  dalla  sua  mano.  

Dio è Vita!
Ma Dio è al di là, è oltre e al di sopra di tutte queste cose!
E allora perché esiste il male?
Dio è maligno?
Non è onnipotente?
Il male è una punizione di un Dio vendicativo?
E’ il modo di metterci alla prova di un Dio Sadico?

In realtà tutte queste caratteristiche sono ancora una volta caratteristiche


umane!

Se   così   fosse   non   avrebbe   più   alcun   senso   quanto   sostenuto   fin’ora   e  
soprattutto non avrebbe alcun senso nulla!

Non avrebbero più senso i sorrisi, i tramonti, il cielo stellato, le giornate di


sole,  il  vento  caldo,  l’aria  fresca,  gli  abbracci,  le  confidenze,  le  coccole,  i  
bacini, tutto l’amore di cui ogni più piccolo essere umano è capace nel suo
limitato cuore.

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La risposta che mi è piaciuta di più è ancora una volta quella del Mahatma
Gandhi:

Se c’è il bene deve per forza esserci anche il male,


proprio come dove c’è la luce c’è anche oscurità.
Ma questo è vero solo per quanto riguarda noi mortali.
Agli occhi di Dio non c’è nessun bene e nessun male.
Possiamo parlare della sua legge in termini umani,
ma il nostro linguaggio non è quello di Dio.
Gandhi

E questo è perfettamente in linea con quanto citato poco prima, non sta a noi
occuparci delle cose dell’aldilà, come possiamo essere così presuntuosi da
credere di poter parlare e capire il linguaggio di Dio?

Il bene e il male hanno la stessa faccia:


tutto dipende dal momento in cui
attraversano il cammino della nostra vita.
Paulo Coelho

Anche il grande Albert Einstein era arrivato alla stessa intuizione del
Mahatma  anche  se  partendo  da  un  approccio  più  scientifico:

Germania, primi anni del XX secolo.

Durante una conferenza tenuta per gli studenti universitari, un professore


ateo  dell’Università  di  Berlino  lancia  una  sfida  ai  suoi  alunni  con  la  seguente  
domanda: “Dio ha creato tutto quello che esiste?”

Uno studente diligentemente rispose: “Sì certo!”.


“Allora Dio ha creato proprio tutto?” - Replicò il professore.
“Certo!”, affermò lo studente.

PAGINA 26
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Il professore rispose: “Se Dio ha creato tutto, allora Dio ha creato il male,
poiché il male esiste e, secondo il principio che afferma che noi siamo ciò
che produciamo, allora Dio è il Male”.

Gli studenti ammutolirono a questa asserzione.


Il professore, piuttosto compiaciuto con se stesso, si vantò con gli studenti
che aveva provato per l’ennesima volta che la fede religiosa era un mito.
Un altro studente alzò la sua mano e disse: “Posso farle una domanda,
professore?”.

“Naturalmente!” - Replicò il professore.


Lo studente si alzò e disse: “Professore, il freddo esiste?”.
“Che razza di domanda è questa? Naturalmente, esiste! Hai mai avuto
freddo?”.

Gli studenti sghignazzarono alla domanda dello studente.

Il giovane replicò: “Infatti signore, il freddo non esiste. Secondo le leggi


della  fisica,  ciò  che  noi  consideriamo  freddo  è  in  realtà  assenza  di  calore.  

Ogni corpo od oggetto può essere studiato solo quando possiede o trasmette
energia ed il calore è proprio la manifestazione di un corpo quando ha o
trasmette energia. Lo zero assoluto (-273 °C) è la totale assenza di calore;
tutta la materia diventa inerte ed incapace di qualunque reazione a quella
temperatura. Il freddo, quindi, non esiste. Noi abbiamo creato questa parola
per descrivere come ci sentiamo... se non abbiamo calore”.

Lo studente continuò: “Professore, l’oscurità esiste?”.


Il professore rispose: “Naturalmente!”.
Lo studente replicò: “Ancora una volta signore, è in errore, anche l’oscurità
non esiste.

PAGINA 27
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L’oscurità è in realtà assenza di luce. Noi possiamo studiare la luce, ma non
l’oscurità. Infatti possiamo usare il prisma di Newton per scomporre la luce
bianca in tanti colori e studiare le varie lunghezze d’onda di ciascun colore.
Ma non possiamo misurare l’oscurità.

Un semplice raggio di luce può entrare in una stanza buia ed illuminarla.


Ma come possiamo sapere quanto buia è quella stanza?

Noi misuriamo la quantità di luce presente. Giusto? L’oscurità è un termine


usato dall’uomo per descrivere ciò che accade quando la luce... non è
presente”.

Finalmente il giovane chiese al professore: “Signore, il male esiste?”.

A questo punto, titubante, il professore rispose, “Naturalmente, come ti ho


già spiegato. Noi lo vediamo ogni giorno. E’ nella crudeltà che ogni giorno
si manifesta tra gli uomini. Risiede nella moltitudine di crimini e di atti
violenti che avvengono ovunque nel mondo. Queste manifestazioni non
sono altro che male”.

A questo punto lo studente replicò “Il male non esiste, signore, o almeno non
esiste in quanto tale. Il male è semplicemente l’assenza di Dio. E’ proprio
come l’oscurità o il freddo, è una parola che l’uomo ha creato per descrivere
l’assenza di Dio.

Dio non ha creato il male. Il male è il risultato di ciò che succede quando
l’uomo non ha l’amore di Dio presente nel proprio cuore. E’ come il freddo
che si manifesta quando non c’è calore o l’oscurità che arriva quando non
c’è luce”.

Il giovane fu applaudito da tutti in piedi e il professore, scuotendo la testa,


rimase in silenzio.

PAGINA 28
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Il rettore dell’Università si diresse verso il giovane studente e gli domandò:

“Qual è il tuo nome?”

“Mi chiamo, Albert Einstein, signore!” - Rispose il ragazzo.

Aneddoto tratto da: www.cancelloedarnonenews.com

Il punto è proprio questo! Il male è semplicemente l’assenza di bene e


dipende da noi dalle nostre paure e da tutti i sentimenti negativi che dalla
paura scaturiscono.

E’ la paura che ci blocca, che non ci fa riuscire negli intenti, che non ci fa
realizzare i nostri desideri che non ci fa crescere, che ci paralizza. E’ dalla
paura che scaturisce il male.

L’amore   e   la   consapevolezza   sconfiggono   la   paura   e   quindi   il   male.   Se  


analizziamo tutte le emozioni negative che esistono ci accorgeremo che
nascono tutte dalla paura. Queste emozioni e queste sensazioni prendono
il via da pensieri di separazione e dal considerarci entità a sé stanti rispetto
agli altri e rispetto a Dio.

PAGINA 29
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Gesù disse mentre l’apostolo stava affondando nel mare: “Vieni!” Ma quello
ebbe  paura  ed  affondò.  La  fiducia  e  la  consapevolezza  ci  salvano  da  ogni  
paura, e la consapevolezza è sostenuta dall’amore che abbiamo dentro di
noi, dalla nostra comunione con gli altri e con il divino.

Normalmente si cerca di perseguire il bene e sfuggire il male. Ma in realtà


bene e male sono concetti relativi al proprio vissuto e alla cultura in cui si è
calati. Ed in ogni caso sono solo una parte del TUTTO.

Quando tutti vedono bellezza c’è già il brutto;


quando tutti concordano sulla bontà, c’è già il male.
È  così  che  essere  e  non-­essere  si  danno  nascita  fra  loro,  facile  e  difficile  
si danno compimento fra loro, lungo e corto si danno misura fra loro, alto
e basso si fanno dislivello fra loro, tono e nota si danno armonia fra loro,
prima e dopo si fanno seguito fra loro.
Lao Tzu

Nell’amicizia e nell’inimicizia,
nel coraggio e nella paura,
nel dolore e nella gioia,
rimani te stesso.
Shiva

Nel taoismo l’universo non cerca nulla. L’universo esiste, semplicemente:


ma è indifferente al bene e al male, proprio perché superiore ai contrari.

Chi non conosce questa legge costante agisce e combatte il “male” relativo
e attira su di sé la disgrazia.

Chi invece conosce questa legge costante è tollerante e quindi libero da


pregiudizi di conseguenza è comprensivo ed è grande.

PAGINA 30
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Dio è AMORE e l’unico modo per conoscerlo ed accettarlo è amare… anche
inconsapevolmente.

Dio  si  può  cogliere  in  infiniti  modi,  che  non  hanno  nulla  a  che  fare  con  il  
pensiero o con la razionalità.

Si può cogliere con l’istinto, con l’intuizione, con la percezione, con la


meraviglia, con lo stupore, con la concentrazione, con la meditazione e
perché no con la distrazione, con la svagatezza, con l’evasione.

Tutte emozioni o stati d’animo assolutamente personali e non trasmissibili


e tanto meno imparabili.

Il signor Sempere (…) era un uomo di fede. Credeva nei suoi Amici, nella
verità delle cose e in qualcosa a cui non osava dare un nome e un volto
perché diceva che per fare questo c’erano i preti. Il signor Sempere credeva
che tutti facciamo parte di qualcosa, e che , lasciando questo mondo, i nostri
ricordi e i nostri desideri non andranno perduti, ma diventano i ricordi e i
desideri di chi prende il nostro posto. Non sapeva se avevamo creato Dio a
nostra immagine e somiglianza, o se Lui aveva creato noi senza sapere bene
quello che faceva. Credeva che Dio, o chiunque ci abbia messo qui, vive in
ciascuna delle nostre azioni, in ciascuna delle nostre parole, e si manifesta
in tutto ciò che ci fa essere qualcosa di più che semplici statue di fango.
Carlos Ruiz Zafon – “Il gioco dell’angelo”

E se è vero tutto questo (ed è vero!!), se Dio è Amore…

PAGINA 31
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VITA: istruzioni per l’uso
Orme sulla Sabbia
Margaret Fishback Powers

Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che camminavo sulla sabbia


accompagnato dal Signore e sullo schermo della notte erano proiettati tutti
i giorni della mia vita.

Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita, apparivano
due  file  di  orme  sulla  sabbia:  una  mia  e  una  del  Signore.

Così  sono  andato  avanti,  finché  tutti  i  miei  giorni  si  sono  esauriti.
Allora mi sono fermato guardando indietro, Ho notato che in certi punti
c’era  solo  una  fila  di  orme...  Ho  visto  che  questo  si  era  verificato  nei  momenti  
più bui della mia vita; i giorni di maggior angustia, di maggiore paura e di
maggior dolore.

Ho domandato, allora: “Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me in


tutti i giorni della mia vita, perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti
più  difficili?”.

Ed il Signore rispose: “Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato con te e
che non ti avrei lasciato solo neppure per un attimo. Eri tu a non accorgerti
più della mia presenza, ma io sono rimasto sempre con te. I giorni in cui tu
hai  visto  solo  una  fila  di  orme  sulla  sabbia,  sono  stati  i  giorni  in  cui  ti  ho  
portato in braccio”.

Sono convintissima che la verità sia questa: Dio ci ama! Ci ama tutti
indistintamente. All’occorrenza prende in braccio chi ne ha bisogno.
Noi non possiamo capire Dio, non possiamo comprendere il suo motore e le
sue  ragioni,  ma  possiamo  fidarci  e  affidarci.  

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VITA: istruzioni per l’uso
Se sarà necessario ci prenderà in braccio. Noi non ce ne accorgeremo, ma
questo non sarà importante; troveremo la forza per rimetterci in piedi e
continuare  il  cammino  al  suo  fianco!

Dio non gioca a dadi.


Albert Einstein

L’egoismo è la causa del dolore


Buddha

E soprattutto...

...Non credere a quanto ti viene annunciato come verità dottrinale solo per
la forza carismatica di chi lo fa; né devi credere per un fatto di religione,
di cultura, di casta, o di razza;né per un’imposizione qualunque, sia pure
manifestata in buona fede. Credi solo se quanto ti viene indicato trova
corrispondenza nella tua anima e nel sano giudizio che alberga in te. Solo
così sarai un uomo libero e capace di promulgare, a tua volta, la Verità agli
altri.

Gotama Siddartha, il Buddha

PAGINA 33
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Frammenti di Verità
1. Il giorno più importante? Oggi.
2. La cosa più facile? Sbagliarsi.
     3.  L’ostacolo  più  difficile?  La  paura.
4. L’errore più grande? Disperarsi.
5. Il passatempo più utile? Il lavoro.
6. Il difetto peggiore? La tristezza.
7. La radice di tutti i mali? L’egoismo.
8. L’attitudine fondamentale? Relazionarsi.
9. I migliori pedagoghi? I bambini.
10. L’occasione che rende più felici? Aiutare gli altri.
11. La persona più pericolosa? Chi dice menzogne.
12. Il sentimento peggiore? Il rancore.
13. Il bisogno più vero? Essere amati.
14. Il dono più gradito? Essere perdonati.
15. La sensazione più dolce? La pace interiore.
16. La medicina migliore? L’ottimismo.
   17.  La  protezione  più  efficace?  Il  sorriso.
18. Il sentimento più bello? L’amore.
19. La forza più potente? La fede.
20. Il mistero più profondo? L’eternità.
Anonimo

PAGINA 34
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Leggenda Indù

Una vecchia leggenda Indù racconta che vi fu un tempo in cui tutti gli uomini
erano dei.

Essi però abusarono talmente della loro divinità, che Brahma Signore degli
dei, decise di privarli del potere divino e decise di nasconderlo in un posto,
dove fosse impossibile trovarlo.

Il grande problema fu dunque quello di trovare un nascondiglio.

Quando gli dei minori furono riuniti a consiglio per risolvere questo dilemma,
essi proposero la cosa seguente: “Sotterriamo la divinità dell’uomo nella
terra”. Brahma tuttavia rispose: ‘”No, non basta perchè l’uomo scaverà e la
ritroverà”. Gli dei allora replicarono: “In tal caso, gettiamo la divinità nel
più profondo degli oceani”. E di nuovo Brahma rispose “No, perchè prima
o poi l’uomo esplorerà le cavità di tutti gli oceani e sicuramente un giorno
la  ritroverà  e  la  riporterà  in  superficie”.  Gli  dei  minori  conclusero  allora:  
“Non sappiamo dove nasconderla, perchè non sembra esistere sulla terra o
in mare luogo alcuno che l’uomo non possa una volta raggiungere”.

E fu così che Brahma disse: “Ecco ciò che faremo della divinità dell’uomo.
La nasconderemo nel suo io più profondo e segreto, perchè è il solo posto,
dove non gli verrà mai in mente di cercarla”.

A partire da quel tempo l’uomo ha compiuto il periplo della terra, ha


esplorato, scalato montagne, scavato la terra e si è immerso nei mari alla
ricerca di qualcosa che si trova dentro di lui.

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Il valore di un Sorriso
Padre Faber

Un sorriso non costa nulla e produce molto.

Donare un sorriso
rende felice il cuore.

Arricchisce chi lo riceve


senza impoverire chi lo dona.

Non dura che un istante,


ma il suo ricordo rimane a lungo.

Nessuno è così ricco


da poterne fare a meno,
né così povero da non poterlo donare.

Il sorriso crea gioia in famiglia,


dà sostegno nel lavoro,
ed segno tangibile di amicizia.

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Un sorriso dona sollievo a chi è stanco,
rinnova il coraggio nelle prove,
e nella tristezza è consolazione.

Rinnova il coraggio.

Poiché è l’antidoto naturale alle nostre pene,


è un bene che non si può comprare,
né prestare, né rubare,
poiché ha valore nell’istante in cui esiste.

E poi se incontri chi non te lo offre


sii generoso e porgigli il tuo.

Nessuno ha tanto bisogno di un sorriso


come colui che non sa regalarlo.

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CAPITOLO 2
L’importanza di Ridere

Trova il tempo
Trova i tempo di pensare
Trova il tempo di ridere
E’ la fonte del potere
E’ il più grande potere sulla terra
E’ la musica dell’anima.
Madre Teresa

Al giorno d’oggi non è sempre facile ridere: lo stress il degrado della qualità
della  vita  del  nostro  tempo,  le  difficoltà  di  relazione,  ci  spingono  ad  optare  
per un tipo di esistenza il più delle volte insalubre, sia dal punto di vista
fisico  che  mentale.  Tutto  questo  spesso  ci  porta  ad  incappare  in  danni  fisici,  
psichici e sempre più sovente psicosomatici.

Il pericolo è quello di smarrirsi e di ritrovarci nostro malgrado ad accettare


troppi compromessi nel nome di un bene maggiore, nella speranza
di recuperare quei noi stessi autentici, che anche qualora riuscissimo
a riacciuffare per i capelli risulteranno essere solo l’ombra di ciò che
ricordavamo.

...ma l’unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a
sentire  niente  il  profumo  dei  fiori,  l’odore  della  città,  il  suono  dei  motorini,  
il sapore della pizza, le lacrime di una mamma, le idee di uno studente,
gli incroci possibili in una piazza, di stare con le antenne alzate verso il
cielo...

Jovanotti

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Quindi nonostante l’apparente equilibrio che manifestiamo, il conto ci viene


presentato in forma di disagio esistenziale e in solitudine dell’anima.
In realtà però la cura è semplicissima e alla portata di tutti.

FACCIAMOCI SEMPRE PIU’ SPESSO UNA BELLA RISATA!!!

“Io lo so che non sono solo, anche quando sono solo”


Jovanotti

RISO (Ridere) : Il riso è una reazione di carattere nervoso che si manifesta,


nel comportamento umano, in più contesti. In genere, si tratta di una
risposta emotiva di fronte all’esperienza del comico, o a sensazioni intense
di allegria, piacere, benessere, ottimismo. Tuttavia, la risata può anche
avere il ruolo di sfogo di emozioni di segno opposto, come la tristezza e
la rabbia (in tal caso, nel linguaggio comune, si parla di risata nervosa).
Ci  sono  anche  cause  fisiche  che  possono  stimolare  la  risata  a  prescindere  
da qualunque contesto emotivo: per esempio il solletico o l’inalazione
di ossido di azoto (detto proprio per questo motivo “gas esilarante”).
Il   fenomeno   della   risata   si   presenta   come   una   modificazione   del   ritmo  
respiratorio, sospensione dell’aspirazione, scosse che si ripercuotono nella

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VITA: istruzioni per l’uso
gola, contrazioni concatenata di molti muscoli (in particolare facciali e
addominali), scopertura dei denti, e talvolta lacrimazione. Il riso è una
manifestazione   tipicamente   umana,   non   presente   negli   animali,   che   fin  
dall’antichità   ha   sollevato   interrogativi   concettuali   di   natura   filosofica,  
psicologica,  fisiologica,  comportamentale,  e  così  via.

Tratto da: Wikipedia

In proposito consiglio di leggere “Il nome della rosa” di Umberto Eco.


Un’altra delle poche convinzioni che mi accompagnano stabilmente da una
quarantina d’anni è :

CHI NON HA SENSO DELL’UMORISMO E’ POCO INTELLIGENTE!

L’umorismo ha un’importanza fondamentale per l’equilibrio di ogni essere


umano. Il senso dell’umorismo e l’ironia sono l’arma che abbiamo per
attirarci quanto di meglio possa esserci nel mondo conosciuto.
Ironia e autoironia soprattutto, ti permettono di vivere in serenità con gli
altri e quello che più conta con te stesso.

MAI PRENDERE TROPPO SUL SERIO SE STESSI E CIO’ CHE CI ACCADE!

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Tramite il senso dell’umorismo in generale diventa possibile attuare
una costante rielaborazione degli accadimenti, rivalutandone positivamente
le relative emozioni.

Ridiamo (è importante sempre farlo con stile e intelligenza) per


sdrammatizzare, per smitizzare la tristezza, la malinconia, l’infelicità, il
dispiacere, l’angoscia, la delusione o anche la semplice noia che alcune
circostanze ci procurano.

In sintesi: E’ SEMPRE QUESTIONE DI ATTEGGIAMENTO!

Si tratta in sostanza di vedere il famoso bicchiere mezzo pieno e di


metabolizzare il detto che sostiene che:

Il peggio non è mai morto!

Pertanto ogni volta che ci coinvolgono situazioni negative dobbiamo fare


mente locale e pensare che sempre, per ogni contingenza anche la più
nefasta:

C’E’  DI  PEGGIO!!!  Quindi  in  fin  dei  conti  ci  è  andata  sempre  bene!

Il mio papà diceva sempre:

“Per fortuna che non era forcelluto” come disse quel tale che si portò via un
occhio con un ramo.

In generale si può affermare che l’uso dell’umorismo facilita la creazione


di un clima gradevole in ogni ambiente (che diviene automaticamente più
produttivo) perché si scaricano le pressioni e le tensioni presenti e latenti.

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Ma non tutti purtroppo siamo dotati di senso dell’umorismo (appunto ci


sono molti cretini!)

Per inciso, per me non c’è niente di peggio di chi risponde seriamente ad
una battuta. E’ la situazione imbarazzante per antonomasia!!
Chi ha la sfortuna di nascere senza il sesto senso cerca in linea di massima
di sostituirlo con il “sarcasmo” (pessima idea!!!).
Anche l’ironia senza senso dell’umorismo rimane scialba nella migliore
delle ipotesi, oppure diviene in escalation inopportuna, esagerata, irritante
fino  alla  tragedia  dell’ironia  aggressiva  e  acida  che  si  trasforma  in  polemica  
per degenerare nel deleterio sarcasmo.

Ma  non  disperiamo  per  le  persone  dotate  di  elasticità  mentale  sufficiente  
(l’eccezione che conferma la regola: chi non ha senso dell’umorismo è
un imbecille!), anche il senso dell’umorismo si può acquisire (conoscerei
un paio di ottimi insegnanti)!
L’umorismo  e  l’ironia  sono  una  sorta  di  filtro  delle  emozioni  immediate  e  
sono una forma di intelligenza e saggezza antica.
L’umorismo è una caratteristica propria delle menti sottili e allenate a pensare
e   riflettere   e   soprattutto,   quello   genuino,   quello   che   fa   davvero   ridere,   è  
sempre generato da sentimenti positivi.

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Se alla base della battuta ci sono sentimenti negativi si può parlare solo di
sarcasmo (e torniamo alla sfera del bicchiere mezzo vuoto). Il sarcasmo spesso
è causa di vere degenerazioni dell’ambiente sociale in cui si manifesta.

Chi si dà da fare per mettere in ridicolo gli altri forzatamente rende spesso
sterili i rapporti umani, perdendo lui stesso per primo dignità e credibilità (e
soprattutto ricordiamo che chi è sarcastico è spessissimo ANTIPATICO!!).

In altre parole un conto è ridere ‘con’ qualcuno, un conto è ridere ‘di’


qualcuno.

Ridere di qualcuno è lecito solo quando quel qualcuno siamo noi stessi,
rientrando prepotentemente nell’area dell’umorismo e dell’autoironia.
Quindi  l’umorismo,  oltre  ad  essere  un’esperienza  gradevole  e  gratificante,  
ha grandissimo valore aggiunto nei rapporti interpersonali.

Le persone con elevato livello di rendimento tendono a percepire ciò che


fanno come piacevole, interessante, stimolante e soprattutto divertente.

Va da sé che chi parte la mattina con questo stato d’animo, sarà più facilmente
ironico, riuscirà a sdrammatizzare le situazioni e affronterà le questioni con
una buona dose di umorismo, tornando a casa la sera più rilassato e più
predisposto ad affrontare anche nuove grane.

Non prendersi sul serio, mantenere uno stato di autoironia sottile, intelligente,
facilita il crescere dei rapporti interpersonali, dove al giorno d’oggi l’altro
viene  considerato  con  diffidenza,  e  accolto  come  antagonista.

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Imparare a mettere in risalto i lati comici della vita, del nostro carattere,
scherzare  con  noi  stessi,  raffigurare  in  maniera  buffa  i  nostri  difetti,  ci    dà  un  
aspetto  simpatico  e  accattivante  che  difficilmente  può  essere  scalfito.  

Evitare atteggiamenti presuntuosi da superuomo che spesso assumiamo nella


convinzione  di  fare  bella  figura,  evitare  di  mettersi  in  mostra  a  tutti  i    costi,  
sfuggire gli stereotipi alla moda, sdrammatizzare le contingenze anche di
disagio in cui ci si trova, trasforma la nostra esistenza in un divertimento.

L’autoironia,  utilizzata  a  proposito  e  con  il  giusto  stile,  è  un  artificio      che  
permette ad sdrammatizzare le negatività, crea una valvola di sfogo anche
per   sfiatare   le   tensioni   provocate   dal   logorio   della   vita   moderna,   sempre  
piena di problematiche e di situazioni stressanti.

Thomas More, sosteneva che per vivere beatamente è fondamentale


riuscire a distinguere un sassolino da una montagna e qui da noi l’abbiamo
tradotto dicendo che non bisogna creare una tempesta in un bicchiere
d’acqua.

A questo proposito sempre mio papà sosteneva che aumenta sempre il


numero degli iscritti all’A.C.A.S. (Associazione Complicazioni Affari
Semplici).

In altre parole, è necessario riuscire a dare il giusto peso alle situazioni che
ci coinvolgono.

Chi legge la vita con gli occhiali neri e perde il controllo anche davanti ai
piccoli problemi quotidiani, chi continua a lamentarsi e a piangersi addosso,
vivrà sempre male, in balia di una continua insoddisfazione.

E in più si renderà anche sgradevole a chi gli sta intorno.

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Invece, chi riesce a vedere ogni situazione dalla prospettiva positiva, e sa che
in ogni situazione c’è sempre di peggio, e per questo focalizza costantemente
il suo pensiero sul meglio, godrà sempre dell’equilibrio necessario per
affrontare la vita con la meritata spensierata gioia.

Attenzione però, bisogna ridere di cuore! Bisogna crederci! Il buon umore


artificioso,  forzato,  di  facciata,  anche  se  può  essere  un  inizio  (a  forza  di  farlo  
per  finta  si  arriverà  a  crederci  veramente),  non  è  quello  che  riesce  a  liberarci  
dall’angoscia e dall’ossessione di vivere.

L’esperienza umoristica consente in qualsiasi punto del globo di provare


sensazioni piacevoli, di divertirsi, di scherzare e di affrontare le situazioni
con buon umore.

Il sorriso è la prima cosa che inconsapevolmente ci aspettiamo quando


incontriamo qualcuno per la prima volta .

La prima impressione dipende dal sorriso, e non avrai un’altra occasione


per   fare   una   buona   prima   impressione.   E   poi   “divertirsi”   significa  
etimologicamente “allontanarsi dalle preoccupazioni”.

Perciò  una  sincera  risata  ci  permette  allo  stesso  tempo  di  riflettere  e  divertirci;;  
di valutare un problema con atteggiamento distaccato e quindi più
costruttivo, di constatare l’eventuale presenza di un problema con allegra
e produttiva indulgenza.

Tra tutti i comportamenti umani, l’umorismo è probabilmente il più ricco.


Ciò che avvertiamo è una gioia pura, un vero piacere.
L’umorismo  oltre  a  queste  manifestazioni  fisiologiche  contiene  in  sé
tutta la ricchezza della psicologia umana,
comprende  aspetti  intellettuali,  emotivi,  sociali  e  fisiologici.
Adner Deve

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Ridere è il mezzo più sano ed economico per vivere meglio e più a lungo
sfidando  le  frustrazioni  della  vita.

Ridere, giocare, divertirsi, sono le attività che ci permettono di mantenere


vitale, creativo, stimolante, il bambino che si cela in ognuno di noi.

E poi ridere fa bene alla salute VERAMENTE!!!

IL RISO FA BUON SANGUE!!!

Quando ridiamo tutto il nostro organismo viene interessato: il corpo trema a


causa delle sollecitazioni generate dal movimento ritmico del diaframma,
il sangue si riossigena migliorando la circolazione, il nostro sistema
biochimico   introduce   nuove   endorfine,   serotonina   e   anticorpi,   i   polmoni  
ricambiano l’aria, mentre il nostro cervello va in “stand by” e si rilassa.

Seguendo l’onda della risata le nostre percezioni si riprogrammano,


cogliendo il mondo come un luogo più vitale e vivibile.

Durante una sana risata il nostro organismo è sottoposto ad una cascata


ormonale tale da potenziare il sistema immunitario. Quando si ride
si      secernono      sostanze      come      le  betaendorfine  (prodotte  dall’encefalo)  le  
quali hanno un potente effetto analgesico sul nostro organismo.

Inoltre   ridere   di   cuore   produce   effetti   simili   all’esercizio   fisico   ed   è   un’  


ottima misura contro lo stress e contro l’ansia, producendo sul nostro
fisico      degli      effetti      salutari          molto  importanti.

Più forte è il senso dell’umorismo dimostrato dall’individuo tanto meno


diminuisce l’immunoglobina A (componente delle difese immunitarie)
nell’organismo.

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La risata è un vero e proprio farmaco:

DOSAGGIO: una somministrazione di 15 minuti almeno una volta al


giorno.

EFFETTI: miglioramento della circolazione del sangue e prevenzione


delle malattie e miglioramento dell’umore.

CONTROINDICAZIONI: nessuna.

Alcuni  studiosi  sostengono  che  il  meccanismo  fisico    della  risata  si  origina  
nel midollo allungato (una regione antica del nostro cervello, detto anche
cervello “rettile”) che si occupa di alcune funzioni vitali come la respirazione,
il battito cardiaco, la vigilanza ecc.

Come mai una funzione così “futile” come la risata trova posto con simili
funzioni vitali così nobili, nella parte più “antica” del nostro cervello?

Che si tratti di una questione di sopravvivenza?


E’ l’istinto che ci permette di raggrupparci e familiarizzare attuando una
delle necessità dell’uomo, animale sociale.

Fin dalla notte dei tempi l’essere umano ha utilizzato la risata per dar vita
e salvaguardare legami profondi e affettivi all’interno dei gruppi sociali e
delle famiglie.

Coalizzarsi, simpatizzare, fare fronte comune alle intemperie del destino è


umano!

Ridere è necessario per sopravvivere, per riuscire ad accettare un po’ meglio


tutte le grane, grandi e piccole, che la vita ci riserva (e sono senza dubbio
molte, a volte pure troppe!).

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E’ indispensabile per esorcizzare e sdrammatizzare il male, la paura,
l’angoscia, l’ansia, lo stress, la rabbia, e addirittura la depressione.

L’autoironia, il saper ridere anche e soprattutto di noi stessi, sono un sublime


sistema di difesa.

Impariamo a non prenderci troppo sul serio, a ridimensionarci e quindi a


capirci meglio e ad accettarci consapevolmente.

In effetti ci ha pensato la madre natura stessa (ma quante ne sa?!): la prima


espressione facciale comandata del cucciolo d’uomo con cui comincia ad
interagire con il mondo non è proprio il sorriso?

Ridere  è  un’espressione  innata  e  tutti  possiamo  farlo  fin  dalla  sesta  settimana  
(circa) di vita.

Tra tutti gli esseri viventi solo l’uomo ha il dono del sorriso volontario.

Ridere è un’attività tipicamente umana, legata pare a fattori organici.

E’ l’uomo e nessun altro animale ad essere dotato del muscolo risorio di


Santorini,  situato  di  fianco  alla  bocca,  che  quando  si  contrae  fa  ritrarre  le  
labbra. Il risorio e il grande zigomatico sono i diretti responsabili della risata
(oltre alle persone simpatiche e alle situazioni divertenti ovviamente).

A livello mentale la risata ha un effetto di ricarica positiva e di


predisposizione   alla   soluzione   delle   difficoltà   in   maniera   costruttiva,  
senza quel coinvolgimento emotivo che ci porta diretti nel baratro
improduttivo dello stress, dell’ansia e dell’angoscia (e del mal di pancia!).

Una bella risata a crepapelle è il miglior antidoto contro i pensieri ossessivi,


contro le psicosi, le manie e le fobie, (se ridessimo tutti di più sai che

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generale risparmio di psicofarmaci!) ci alleggerisce la mente, ci rende liberi,
e ci mette in connessione con il più intimo della nostra anima, ci mette in
relazione con gli altri, in sintonia con l’universo.

In sintesi una sana risata migliora la qualità della vita, delle relazioni umane,
di tutto il nostro essere.

Ridere è una carezza dell’anima!


Pablo Neruda

Nel 2003 si è scoperto con esprimenti empirici che durante una risata si
attivano le aree celebrali del piacere e della ricompensa, avendo una
forte    influenza    sui    circuiti      delle  emozioni,  quindi  anche  sull’ansia  e  la  
frustrazione da stress.

Una sana Risata produce sull’organismo:


1. Aumento dell’ossigenazione del sangue e conseguente miglioramento
della circolazione.
2. Ricambio della riserva d’aria presente nei polmoni con miglioramento
del respiro.
3. Stimolazione  della  produzione  di  serotonina,  endorfine  e  di  anticorpi.
4. Aumento dell’irrorazione sanguigna degli organi interni (attraverso
il massaggio causato dai movimenti del diaframma).
5. Aumento dell’irrorazione sanguigna dell’epidermide e dei muscoli
facciali.
6. Purificazione  dei  reni  e  apertura  dell’intestino.
7. Aumento del tono muscolare del viso e degli addominali.
8. Si rigenera la pelle, si aprono i pori, e la nostra pelle si rilassa e si
idrata.
9. Il nostro senso del tatto migliora.
10. Rilassamento di tutti i muscoli del corpo.
11. Miglioramento dell’autostima.

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12. Aumento dell’energia psichica.
13. Azione neutralizzante sugli effetti dello stress e dell’ansia.
14. Sviluppo di una maggiore predisposizione ai rapporti sociali.
15. Maggiore produttività dell’individuo.

Tutti questi effetti così positivi li possiamo rendere reali attraverso un’azione
meccanica che non richiede alcuno sforzo e che non ci ruba nemmeno del
tempo prezioso, può durare solo una manciata di secondi.
L’ultima magia ancora vera nel XXI secolo, che non ha spiegazioni
scientifiche,   né   ricette   speciali.   Un’azione   che   è   nata   con   l’uomo   di   cui  
troppo spesso dimentichiamo la portata e la potenza.
Comunque ridere è molto più facile di quanto si possa credere. Al limite
basta imitare qualcuno che lo fa. La risata si sa è contagiosa.
E  quando  ridiamo  dobbiamo  identificare  e  memorizzare  la  fisiologia  dello  
stato  d’animo  correlato  alla  risata,  in  modo  da  poterlo  richiamare  in  superficie  
ad  ogni  occorrenza.  Solo      modificando      la      fisiologia  dei  nostri  atteggiamenti  
emozionali  negativi  potremo  sconfiggere  la  sfortuna  e  il  destino  contrario  
sempre in agguato dietro l’angolo.

E’ SEMPRE QUESTIONE DI ATTEGGIAMENTO!

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Chi ride ultimo non ha capito la battuta.
Boris Nackorsko

L’umorismo  tende  a  semplificare  le  cose.  


Offre la possibilità di controllare i propri sentimenti
e di spogliare di ogni sovrastruttura retorica gli avvenimenti.
Giovannino Guareschi

Il  riso  può  aggiungere  un  filo  alla  trama  brevissima  della  vita.
Lorenzo Sterne

Il riso fu dato all’uomo perché ne usi. Chi non ride mai non è un uomo.
L’anima è una cisterna che si secca
se non è irrorata dal riso e dalla giovialità.
Vincenzo Gioberti

La giornata più perduta è quella in cui non si è riso.


Nicolas de Chamfort

Ridi e il mondo riderà con te; Piangi e piangerai da solo.


Wilcox

Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo.


Giacomo Leopardi

Chi non sa ridere non è una persona seria.


Chopin

Non si può ridere di tutto e di tutti... ma ci si può provare.


Nietzesche

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L’umorismo è il più eminente meccanismo di difesa.
Sigmund Freud

Ridere è il linguaggio dell’anima.


Pablo Neruda

Si conosce un uomo dal modo in cui ride.


Dostoevskij

La vita è come uno specchio: ti sorride se la guardi sorridendo.


Jim Morrison

A parte l’uomo tutti sanno che lo scopo principale della vita è godersela.
Samuel Butler

Non vi fu alcun grande ingegno senza un pizzico di pazzia.


Seneca

“Solo gli stupidi non hanno dubbi!”.


“Ne sei sicuro?”.
“Certo, non ho dubbi!”.
Luciano De Crescenzo

Il vantaggio di essere intelligente e’ che si puo’ sempre fare l’imbecille,


mentre il contrario e’ del tutto impossibile.
Woody Allen

Che cosa hai in mente, se permetti l’esagerazione?


Fred Allen

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Perchè le persone amano lo stress?
Stress, tensione e adrenalina sono comuni nella società moderna.
Ormai lo stress è diventato una parte naturale di noi stessi ed è entrato a far
parte della nostra zona di comfort.

Di seguito le motivazioni del perchè, secondo noi, alla gente piace rimanere
stressata:

*LO STRESS TI AIUTA AD ESSERE IMPORTANTE*. Chiunque sia


stressato come te starà lavorando tantissimo e quindi, probabilmente starà
facendo qualcosa di cruciale e importante.

*TI AIUTA A MANTENERE DISTANZA PERSONALE E EVITARE


L’INTIMITA’*. Da chiunque sia occupato come lo sei tu non ci si può
aspettare di creare dei legami emotivi. E diciamocelo, non sei una persona
particolarmente divertente da avere intorno.

*TI AIUTA AD EVITARE LE RESPONSABILITA’*. Ovviamente sei


troppo stressato per farti assegnare altro lavoro. Questo ti fa stare alla larga
da certi compiti, lascia che siano gli altri a prendersene cura.

*TI DA’ UNA SCOSSA CHIMICA*. Lo stress può essere considerato uno
stimolatore a basso prezzo e ti può dare una ‘carica’ in qualsiasi momento.
Stai attento, potresti diventare drogato della tua stessa adrenalina.

*TI AIUTA AD EVITARE IL SUCCESSO*. Perché rischiare di raggiungere


il successo quando si può evitarlo rimanendo semplicemente stressati? Lo
stress può far rimanere il tuo livello di prestazione così basso che il successo
non sarà mai per te una minaccia.

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*LO STRESS TI AIUTA ANCHE A MANTENERE IL TUO STILE DI
MANAGEMENT AUTORITARIO*. Lo stile autoritario che usano coloro
che dicono “Fai quello che ti dico!” è generalmente permesso in condizioni
di  crisi.  Se  mantieni  un’atmosfera  di  crisi  perenne,  puoi  giustificare  questo  
stile autoritario per sempre.

Come rimanere permanentemente stressati?

Hai compreso il valore dello stress? Sei preoccupato di non riuscire a


rimanere stressato?

Segui i consigli clinicamente provati che trovi di seguito e non avrai


problemi:

*NON   FARE   MAI   ESERCIZIO   FISICO*.   Fare   esercizio   fisico   disperde  


molto tempo che potrebbe essere impiegato a preoccuparsi.

*MANGIA QUELLO CHE VUOI*. Se il fumo delle sigarette non riesce a


purificare  il  tuo  organismo,  neanche  una  dieta  bilanciata  ci  riuscirà,  e  allora,  
perché preoccuparsi?

*INGRASSA*. Fai il massimo per rimanere ad un peso di almeno 12


chilogrammi oltre quello raccomandato per la tua statura ed età.

*PRENDI PARECCHI STIMOLANTI*. I vecchi livelli di caffeina, nicotina,


zucchero e cola continueranno a fare il loro lavoro.

*DISFATI DEL TUO SISTEMA DI SUPPORTO*. Lascia che i pochi


amici che sono disposti a tollerarti sappiano che ti preoccuperai delle tue
amicizie solo se avrai tempo - e tu non ne hai mai. Se alcune (poche) persone
persistono nel cercare di rimanerti amico, evitale.

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*PERSONALIZZA TUTTE LE CRITICHE*. Chiunque critichi qualsiasi
aspetto del tuo lavoro, famiglia, cane, casa o automobile cerca di farti un
attacco personale. Non perdere tempo ad ascoltare. Invece, offenditi e poi
torna all’attacco! Mantieni il ciclo il più a lungo possibile.

*GETTA VIA IL TUO SENSO DELL’UMORISMO*. Rimanere stressati


non è una cosa da ridere e non deve essere trattata come tale.

*(uguale per uomini e donne) - SII UN MACHO*. Non chiedere mai aiuto,
e se vuoi fare le cose giuste, falle da solo!

*DIVENTA UN MANIACO DEL LAVORO*. Metti il lavoro prima di


qualsiasi cosa, e assicurati di portare il lavoro a casa nelle serate e nei week
end. Continua a ricordare a te stesso che le vacanze sono per i perdenti. Puoi
anche predire chi è un perdente da quanto lontano da stress e pieno di gioia
appare.

*DIMENTICA LE CAPACITA’ DI GESTIONE DEL TEMPO CHE HAI*.


Metti ogni giorno in agenda più attività di quelle che sarebbe possibile
completare e poi rimani in uno stato di preoccupazione ogni volta che ne
hai l’opportunità.

*PROCRASTINA*. Rinviare le cose all’ultimo minuto produce sempre


uno stress meraviglioso.

*PREOCCUPATI DI CIO’CHE NON PUOI CONTROLLARE*. Preoccupati


della Borsa, dei terremoti, dell’avvicinarsi dell’era del ghiaccio, insomma,
tutti i grandi problemi.

*DIVENTA NON SOLO UN PERFEZIONISTA MA ANCHE UNO CHE


DEFINISCE DEGLI STANDARD IMPOSSIBILMENTE ALTI*e sentiti in
colpa, depresso, scoraggiato e/o inadeguato se non riesci a raggiungerli.”

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VITA: istruzioni per l’uso
*FAI DUE FIGLI A 14 MESI DI DISTANZA*. Ma questo è un tipo di
stress che passa in fretta!!!!!!!!!!

Una vita piena di stress può essere tua da oggi!


(anonimo)

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VITA: istruzioni per l’uso
Chiodi
C’era una volta un ragazzo con un bruttissimo carattere.
Suo padre gli diede un sacchetto di chiodi e gli disse di piantarne uno sul
muro del giardino ogni volta che avesse perso la pazienza o avesse litigato
con qualcuno.
Il primo giorno ne piantò 37 nel muro.
Le settimane successive, imparò a controllarsi, ed il numero di chiodi piantati
diminuì giorno dopo giorno: aveva scoperto che era più facile controllarsi
che piantare chiodi.
Infine,   arrivò   un   giorno   in   cui   il   ragazzo   non   piantò   nessun   chiodo   sul  
muro.
Allora andò da suo padre e gli disse che quel giorno non aveva piantato
nessun chiodo.
Suo padre gli disse allora di togliere un chiodo dal muro per ogni giorno in
cui non avesse mai perso la pazienza.
I  giorni  passarono  e  infine  il  giovane  poté  dire  a  suo  padre  che  aveva  levato  
tutti i chiodi dal muro.
Il  padre  condusse  il  figlio  davanti  al  muro  e  gli  disse  :  “Figlio  mio,  ti  sei  
comportato bene, ma guarda tutti i buchi che ci sono sul muro. Non sarà mai
più come prima.
Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di cattivo, gli lasci una ferita
come queste.
Poco importa quante volte ti scuserai, la ferita resterà. Una ferita verbale fa
male  tanto  quanto  una  fisica  (a  volte  anche  di  più!).

“Gli amici sono dei gioielli rari, ti fanno sorridere e ti incoraggiano.


Sono pronti ad ascoltarti quando ne hai bisogno,
ti sostengono e ti offrono il loro affetto.
Non lasciare che il loro cuore si riempia di cicatrici!”
Anonimo

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CAPITOLO 3
Il Rispetto

Ama il tuo prossimo come te stesso.


Gesù

Questa è l’unica legge! Tutte le altre sono solo precisazioni.


Chi non la infrange mai ha raggiunto la felicità (ed è un santo!!).
Ogni comportamento si ricongiunge a questo! Se la tua scelta rispetta il
prossimo, è la scelta giusta, se non lo fa è sbagliata! Punto!

SEMBRA FACILE!

Se l’essere umano è per l’uomo l’essere sommo anche nella pratica, la


legge prima e suprema sarà l’amore dell’uomo per l’uomo.
“Homo homini deus est”: questo è il nuovo punto di vista, il supremo
principio pratico che segnerà una svolta decisiva nella storia del mondo.
Feuerbach, “L’Essenza del Cristianesimo”

Il rispetto diventa l’inizio della libertà.


Krishnamurti

Il rispetto è l’elemento fondante di ogni relazione interpersonale!

Mi riferisco al rispetto che devo a tutto ciò che è “altro” da me, e anche al
rispetto che devo a tutto ciò che esiste, me incluso.

Inteso in questo modo il rispetto è il fondamento di qualunque tipo di


rapporto umano, addirittura dell’esistenza stessa.

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Qualunque persona, dal momento che esiste come tale, merita e ha il diritto
al rispetto di tutto il mondo che la circonda. E appena l’essere umano diviene
un essere consapevole, ha il dovere di corrispondere lo stesso rispetto che
gli è dovuto.

La stima si guadagna, il rispetto è un diritto.

Quindi circoscrivendo il nostro discorso alla sfera delle relazioni


interindividuali,  rispettare  significa    essere  perfettamente    consapevoli  che  
ciascuna persona ha diritto ad essere rispettata per il solo fatto che esiste,
in quanto corpo, anima e pensiero.

Tutti questi elementi si pongono nei confronti del rispetto sullo stesso
livello. Non può esserci rispetto per un individuo, senza che ci sia lo stesso
rispetto per ciò che pensa quell’individuo. Non si può rispettare una persona
per quello che è se non si ha rispetto per quello che fa, qualunque sia la sua
attività, anche la più “umile”.

Il rispetto quindi, è interesse, sollecitudine, considerazione e premura per


il prossimo, per le istituzioni e per le cose. Non è formalismo, ossequio,
docilità, remissività, riverenza, sottomissione.

L’uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna
pensante. Non c’è bisogno che tutto l’universo s’armi per schiacciarlo: un
vapore, una goccia d’acqua basta a ucciderlo. Ma, anche se l’universo lo
schiacciasse, l’uomo sarebbe ancor più nobile di chi lo uccide, perché sa
di morire e conosce la superiorità dell’universo su di lui; l’universo invece
non ne sa niente. Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. E’
con questo che dobbiamo nobilitarci e non già con lo spazio e il tempo
che potremmo riempire. Studiamoci dunque di pensare bene: questo è il
principio della morale.
Blaise Pascal, “Pensieri”

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VITA: istruzioni per l’uso
Il rispetto è: non smettere mai di pensare!

La testa si gira e aggiusta la mira ragiona.


A volte condanna a volte perdona.
Semplicemente pensa.
Prima di sparare pensa.
Prima di dire e di giudicare prova a pensare.
Fabrizio Moro – Pensa

Il Rispetto è l’elemento più importante di ogni forma educativa, ma non può


essere insegnata, può essere trasmessa solo attraverso l’esempio costante.

Il senso del rispetto che ognuno ha fatto proprio, dipende in particolare


dall’ambiente in cui ognuno è cresciuto, dal comportamento che gli adulti
più vicini hanno sempre tenuto.

E se un bambino é stato rispettato come persona, diventerà un uomo che


rispetterà il prossimo, le istituzioni e le cose.

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VITA: istruzioni per l’uso
I bambini imparano quello che vivono
Se i bambini vivono con le critiche,
imparano a condannare.

Se i bambini vivono con l’ostilità,


imparano a combattere.

Se i bambini vivono con la paura,


imparano ad essere apprensivi.

Se i bambini vivono nell’ironia


imparano ad essere timidi.

Se i bambini vivono con la pietà,


imparano a commiserarsi.

Se i bambini vivono con il ridicolo,


imparano a vergognarsi.

Se i bambini vivono con la gelosia,


imparano cosa sia l’invidia.

Se i bambini vivono con la vergogna,


imparano a sentirsi colpevoli.

Se i bambini vivono con la tolleranza,


imparano ad essere pazienti.

Se i bambini vivono con l’incoraggiamento,


imparano ad essere sicuri di sè.

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VITA: istruzioni per l’uso
Se i bambini vivono con la lode,
imparano ad apprezzare.

Se i bambini vivono con l’approvazione,


imparano a piacersi.

Se i bambini vivono con l’accettazione,


imparano a trovare amore nel mondo.

Se i bambini vivono con il riconoscimento,


imparano ad avere un obiettivo.

Se i bambini vivono con la partecipazione,


imparano ad essere generosi.

Se i bambini vivono con l’onestà e la lealtà,


imparano cosa siano verità e giustizia.

Se i bambini vivono con la sicurezza,


imparano  a  fidarsi.

Se i bambini vivono con la serenità,


imparano  ad  avere  fiducia  in  se  stessi.

Dorothy L. Nolte

Chi riceve il rispetto, come l’amore, nel modo corretto, sarà in grado di
essere una persona rispettosa senza sforzo, in modo naturale. Altrimenti,
nella migliore delle ipotesi, una persona comunque buona e intelligente
che riesca a capire l’importanza fondamentale del rispetto, avendolo appreso
in modo mnemonico come un assimilazione razionale, molto lontana
dal   suo   vissuto   emozionale,   avrà   difficoltà   ad   adeguarsi   a   queste   regole  
comportamentali e sarà, per lui, sempre una forzatura faticosa.

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VITA: istruzioni per l’uso
Il legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue,
ma quello del rispetto e della gioia per le reciproche vite.
Richard Bach

ll problema fondamentale del rispetto verso l’altro è strettamente legato


all’equilibrio personale, alla sicurezza in noi stessi e al rispetto verso noi
stessi.

Il rispetto presuppone conoscenza di sè.

Innanzi tutto occorre comprendersi, capire il nostro io, i nostri bisogni, i


nostri valori.

Non avrai niente da dare agli altri se non ti sarai prima preso cura di te stesso.
Se tu sei sereno gli altri apprezzeranno la tua compagnia, se sei frustrato,
nervoso, isterico, sarai solo un fastidio, per chi ti sta intorno. Quando stai
bene e sei felice non devi nemmeno pensare a “dare” perché sarà il tuo
modo  naturale  di  essere.  Quindi  è  assolutamente  inutile  sacrificarsi  per  glia  
altri  se  questo  ti  fa  stare  male,  non  ne  verrà  nessun  beneficio  per  nessuno.

Nel momento in cui imparo a rispettare me stesso, gli altri mi


rispetteranno.

Mantenendo la nostra mente positiva e incoraggiando noi stessi a crescere


e a cambiare in meglio sviluppiamo il rispetto per noi stessi.

Pretendere rispetto per la nostra posizione o per il nostro ambiente di


provenienza è semplicemente arroganza. Invece ascoltare con umiltà e
valutare i consigli delle altre persone ci fa guadagnare naturalmente il loro
rispetto.

Noi riceviamo esattamente quello che diamo.

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VITA: istruzioni per l’uso
Aver  ben  chiaro  fino  a  dove  ci  spingono  i  nostri  bisogni  è  utile  al  fine  di  farsi  
rispettare e di rispettare gli altri. Alcuni bisogni sono creati da un certo tipo
di educazione carente e il soddisfarli diventa un’esigenza molto forte che
può  perfino  andare  in  contrasto  con  i  valori  stessi  dell’individuo.  Una  vera  
lacerante contraddizione esistenziale.

Praticamente più la persona interiormente non ha un equilibrio saldo e si


sente  incompresa  e  insicura,  più  tenderà  a  non  conoscere  il  significato  della  
parola “rispetto” e tanto meno a metterlo in pratica.

Quindi rimane il punto fermo che il rispetto è un diritto inalienabile


di qualunque essere umano, per il solo fatto che egli è al mondo,
indipendentemente da quali siano le sue convinzioni, il suo modo di essere,
di pensare o di agire.

Purtroppo però questo non è quello che si è sempre pensato, anzi ancora
oggi molti sono convinti che il rispetto sia legato ad una quantità di fattori
cosiddetti antropologici, piuttosto che morali o culturali o etici, sociali,
storici  o  filosofici.  

Il rispetto non sarebbe quindi un diritto universale.

Da   tutte   queste   motivazioni,   utilizzate   per   giustificare   la   mancanza   di  


rispetto e quindi la sottovalutazione e la sottomissione di chicchessia, si è
radicata la convinzione che il rispetto ce lo si debba meritare, che non sia
un diritto sacrosanto dell’essere vivente, ma che ci siano individui di serie
“B” e individui così detti “rispettabili”. Una persona è rispettabile se ha
certe caratteristiche, altrimenti no.

Partendo  da  questo  punto  di  vista  si  sono  giustificati  atteggiamenti  che  si  
sono rivelati a volte davvero deleteri per generazioni, per popolazioni intere
e anche per l’umanità.

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Si sono legittimate superiorità a priori (per volere divino) e si sono rivendicate
verità assolute che hanno dato enorme potere a pochi nei confronti di molti,
giustificando  forme  terribili  di  razzismo,  di  integralismo  e  di  assoggettamento  
culturale.

Guidati da un assoluto opportunismo, si è attribuita la responsabilità di queste


tragedie umane, attuate in realtà in nome della salvaguardia dei privilegi di
pochi, alle ideologie correnti.

Perdendo di vista il fatto che le ideologie erano comunque l’espressione


di   ragionamenti   umani   e   speculazioni   filosofiche,   e   che   se   fossero   state  
applicate, sempre mantenendo come caposaldo il rispetto sacrosanto per
l’individuo nella sua essenza, forse ancora oggi potrebbero essere terreno
di  riflessione.

Buttando  invece  a  mare  tutte  le  ideologie  perché  appunto  “figlie  del  diavolo”  
e responsabili di tutto il male del mondo, ci troviamo di fronte ad un vuoto
di moralità che rischia di fare ancora più danni.

Solo perché non si è evidentemente individuata la causa di tanti mali nella


mancanza di rispetto per il prossimo!

Così come dice il popolo, ”abbiamo buttato via i panni assieme all’acqua
sporca!” E questa mancanza di rispetto continua ad essere la causa di
mali analoghi, in un clima di mancanza di responsabilità nel continuare ad
adottare comportamenti privi del legittimo rispetto.

Ho la coscienza a posto se non rispetto chi la pensa diversamente da me, o


chi  ha  differenti  abitudini…  per  giungere  a  giustificare  qualunque  azione  
contro chi ha un credo, una cultura o un colore differente dal nostro. Se poi
un  individuo  commette  un  delitto,  arriviamo  perfino  a  privarlo  della  vita  e  a  
mantenere la coscienza linda!

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(AAAAARGH!!!!!!!!!)

Io penso che chi non rispetta il prossimo in realtà commetta un vero


delitto.

E’ giusto punire chi non accetta le regole e le calpesta, ma sempre mantenendo


vivo il senso del rispetto per l’essere umano! La società deve difendersi,
non vendicarsi

Non sono d’accordo con lei,


ma farò di tutto perchè possa esprimere le sue idee.
Voltaire

Due cose riempiono l’animo con sempre nuovo e crescente stupore e


venerazione,  quanto  più  spesso  e  accuratamente  la  riflessione  se  ne  occupa:  
il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me.
Entrambe le cose non posso cercarle e semplicemente supporle come fossero
nascoste nell’oscurità o nel trascendente, al di fuori del mio orizzonte; io le
vedo davanti a me e le collego immediatamente con la coscienza della mia
esistenza.

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Il primo comincia dal luogo che io occupo nel mondo sensibile esterno,
ed    estende    la  connessione  in  cui  mi  trovo  nell’infinitamente  grande,  con  
mondi sopra mondi e sistemi di sistemi, e inoltre nei tempi illimitati del loro
movimento periodico, nel loro inizio e nella loro continuità. La seconda
comincia dalla mia invisibile identità, la personalità, e mi pone in un mondo
che   possiede   vera   infinità,   ma   di   cui   si   può   accorgere   solo   l’intelletto,   e  
con il quale (ma grazie ad esso anche con tutti quei mondi visibili) io non
mi riconosco, come là, in una connessione puramente accidentale, ma in
una necessaria e universale. Il primo sguardo di una innumerabile quantità
di mondi per così dire annienta la mia importanza, che è quella di una
creatura animale, che dovrà restituire ai pianeti la materia da cui è sorta,
dopo essere stata dotata per breve tempo (non si sa come) di forza vitale.
Il  secondo  al  contrario  innalza  infinitamente  il  mio  valore,  che  è  quello  di  
una intelligenza, grazie alla mia personalità, nella quale la legge morale
mi rivela una vita indipendente dall’animalità e anche dall’intero mondo
sensibile,   perlomeno   quanto   può   essere   dedotto   dalla   destinazione   finale  
della mia esistenza attraverso questa legge, che non è limitata alla condizioni
e  ai  confini  di  questa  vita,  ma  si  estende  all’infinito.  Però,  stupore  e  rispetto  
possono sì spingere alla ricerca, ma non sostituirne la mancanza.
Kant, “Critica della ragion pratica”, A 287-290

La consapevolezza della propria grandezza e della propria potenza come


esseri pensanti e la consapevolezza di essere unici insieme ad altri 6 miliardi
di esseri pensanti diversi e unici, sono la ricchezza e il senso della vita.

L’umanità necessita di disuguaglianze e di differenze per crescere e


sopravvivere.

Valorizzarle invece che temerle sarà l’arma vincente per il mondo, nel
rispetto delle culture differenti dei diversi popoli che portano ognuno il suo
fondamentale contributo alla crescita, all’evoluzione, allo sviluppo e alla
maturazione dell’intera umanità.

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…e cerca una ragione perché ci sia una terra e ci sia una nazione
formata dai ragazzi e dalla gente di credo, di colore e di cultura
differente perché è l’unica strada ed è l’unica certezza
perché  nei  nostri  cuori  finisca  l’amarezza.
Una tribù che balla - Jovanotti

Tutte le componenti che caratterizzano ogni singolo popolo aggiungono


qualcosa di diverso e unico alla più vasta cultura mondiale, che deve imparare
a sua volta a comprendere e valorizzare i singoli apporti.

La missione e la responsabilità di ogni uomo adulto all’interno della società


in cui vive sono quelle di far capire ai propri cuccioli quali sono questi
valori di tolleranza e di comprensione così importanti per la sopravvivenza
di quel mondo in cui i nostri piccoli cominciano a muovere i loro passi.

Quei valori di altruismo, di generosità e di umanità che potranno permettere


a loro e a tutti i loro coetanei di essere persone libere, autonome e
consapevoli.

Valori che li porteranno a loro volta ad assumersi la responsabilità di


trasmetterli alle generazioni successive.

Rispettare l’altro, quindi, è prima di tutto accettare la sua diversità. Dobbiamo


perciò trattare il prossimo come un alleato, non come un avversario colpevole
di esser diverso da noi, anche se la pensa diversamente da noi.

Posso non comprenderlo, ma devo riconoscergli il diritto di essere come è,


con tutto un bagaglio di motivazioni, di pulsioni, di pensieri, di emozioni,
di sentimenti e di sensazioni che lo rendono quello che è. Il mio prossimo
che esprime opinioni e comportamenti diversi dai miei è una persona che
ha avuto esperienze, formazione, vissuto, conoscenze e carattere diversi dai
miei.

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Dunque lo rispetto anche se non lo capisco e lo accetto come parte di una
realtà più ampia della mia prospettiva, di un’oggettività che sto imparando
a conoscere gradualmente con la mia mente e con la mia anima, e anzi,
dovrei essere maggiormente grato per l’arricchimento che la diversità mi
porta.

Dunque la disuguaglianza è fondamentale sia nelle leggi, che nelle cose,


che negli individui.

IL MONDO E’ BELLO PERCHE’ E’ VARIO!


(L’essenza dell’uomo)

Quindi il diverso non è per forza sbagliato, ma anche nell’eventualità che sia
sbagliato,  non  sarà  mai  un  motivo  sufficiente  per  giustificare  la  mancanza  
di rispetto.

Il segreto è provare a mettersi nei panni dell’altro. Provare a vedere le cose


dal suo punto di vista.
Non è un’operazione facile, ma se abbiamo la lucidità e la serenità per farlo,
ci  accorgeremo  di  trovare  spesso  giustificazioni  a  certi  comportamenti  che  
fino  a  poco  prima  ci  parevano  inaccettabili.

Bisogna mettersi sempre nei panni degli altri.


Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.
Paulo Coelho

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E se nonostante questo continuiamo ad essere convinti che il nostro
interlocutore sbagli, magari potremo anche trovare il coraggio per dirglielo,
ma continuando a rispettare lui e le sue idee.

L’immagine che diamo di noi stessi è spesso compiacente. Ci guardiamo


con indulgenza. Quando ci colpisce un evento spiacevole, abbiamo sempre
la tendenza a incolpare gli altri o il destino o un demone o un dio. Proviamo
una forte resistenza a scendere in noi stessi, come il Buddha raccomandava.
Ma quando vi scendiamo, inevitabilmente troviamo la compassione.

Siamo   sopravvissuti   solo   grazie   all’affetto   degli   altri.   E   fin   dalla   culla,  


forse anche dal ventre della madre, pare che siamo sensibili all’ambiente e
all’affetto che gli adulti nutrono per noi ancor prima della nostra nascita.
Sono convinto che una madre felice porti in seno un bimbo felice: se è
calma,  se  il  suo  spirito  è  in  pace,  suo  figlio  ne  sarà  influenzato.

Quest’affetto  è  spontaneo  e  naturale.  Da  suo  figlio,  la  madre  non  si  aspetta  
nulla in cambio. È un affetto puro, senza calcolo, e senza questo sentimento
il   figlio   non   potrebbe   sopravvivere.   Tutte   le   nostre   vite   sono   cominciate  
avendo, come primo supporto, l’affetto umano. I bambini che crescono
nell’affetto sono più sorridenti e amabili, sono generalmente più equilibrati.
A coloro cui questo affetto è mancato succede il contrario: sono più duri e
hanno più problemi.

Bisogna  capire  bene  che  l’affetto  di  cui  parlo  non  ha  un  fine,  non  è  dato  con  
l’intenzione di ricevere, non è un fatto sentimentale. Similmente, diciamo che
la vera compassione è priva di attaccamento. Bisogna prestare attenzione
a questo punto che contrasta con le nostre abitudini di pensiero. Non è
questo o quel caso particolare che desta la nostra pietà, non accordiamo la
nostra compassione a questa o a quella persona in seguito a una scelta: la
doniamo spontaneamente, pienamente, senza nulla sperare in cambio. E a
tutti.

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Questa attitudine riguarda anche la coscienza che potrei avere del mio
stesso valore, se compio questa o quell’azione. Non devo impegnarmi col
desiderio di riuscire bene, di trarre da questa azione una soddisfazione
personale sotto forma di stima per me stesso. Questo desiderio nascosto,
difficile  da  smascherare,  è  sufficiente  a  inquinare  le  nostre  azioni,  perché  
allora abbiamo un attaccamento, un’intenzione anche inconscia.

L’amore, è una sorta di chiara conoscenza che può svilupparsi fra due
esseri avendo come condizione il rispetto reciproco. Allora si vede apparire
un sentimento di vicinanza. I due individui che si amano si sentono vicini,
talvolta molto vicini l’uno all’altro. Da questa vicinanza può nascere una
compassione  vera,  come  quella  della  madre  per  il  figlio.

Questa compassione, quest’affetto, non si basa su un’idea del tipo: questa


persona  è  vicina  a  me,  è  fatta  per  me,  noi  ci  completiamo  in  modo  magnifico,  
oppure, mi è congeniale, mi fa bene, con lei la mia vita sarà migliore. No,
si tratta di un affetto spontaneo, libero da ogni calcolo.(…)

Questo affetto può estendersi, al di là di quella persona può considerare


altri individui. Se è veramente puro non soffre di alcuna parzialità e smette
di scegliere. Può anche rivolgersi ai nostri nemici che, come noi, ne hanno
diritto.

Non ho alcun dubbio che tutti gli esseri umani siano simili a me, che
sperimentino le stesse emozioni, le stesse aspirazioni, gli stessi timori.

Quel che ci accomuna è più forte di quel che ci distingue, molto più forte.

Ed è proprio perché sembrano diversi che la nostra comune natura mi balza


agli occhi con più forza. Tutte le teorie naziste, o cultural-razziste, che la
storia del mondo ha visto succedersi, sono assurde e nefaste: conducono
solo a sanguinosi vicoli ciechi.

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Soprattutto oggi, quando ci giungono immagini da ogni parte della terra, la
nostra unità profonda mi sembra evidente. Ogni nuova istituzione dovrebbe
prenderla come punto di partenza, come base.
Dalai Lama

Di Rispetto se ne parla spesso, si invoca, si richiede, si pretende.

Ma poiché noi abbiamo potere solo sui nostri comportamenti e non su quelli
degli altri, prima di esigere qualcosa dagli altri dobbiamo essere noi ad essere
in grado di riservare agli altri quella considerazione che pretendiamo.

Il rispetto, prima di tutto, si dà, senza condizione, anche se non è


ricambiato.

Questo è il vero segreto della serenità. Se io mi comporto in coscienza come


ritengo giusto (ed il rispetto è tutto ciò che la giustizia mi richiede), non mi
deve importare come si comportano gli altri.

Anche  se  si  comportano  male  nei  miei  confronti,  la  sfida  è:  io  sono  tanto  
forte della mia “rispettosità” che posso fregarmene. Anzi di più; non importa
come si comportano gli altri nei miei confronti, io li rispetterò comunque,
perché  loro  possono  avere  mille  giustificazione  per  comportarsi  “male”  che  
io non ho (anche qui si fa presto a parlare!!).

Se ci faremo guidare dal buon senso nelle nostre scelte, riusciremo tanto
più a comportarci rispettosamente nei confronti del mondo.

Purtroppo dopo uno sguardo al passato dobbiamo accettare il fatto che


raramente l’animale uomo si è fatto guidare dal buon senso.

Guerre,  uccisioni,  violenze,  offese  sono  la  cronaca  normale  fin  dall’età  della  
pietra.

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Omaggio a Picasso – Guernica

Con l’esigenza di imporre il proprio dominio, la propria religione, la propria


ideologia il buon senso effettivamente ha davvero poco a che fare.

Tuttavia il rispetto unito al buon senso sono la strada giusta per la nostra
serenità, per la nostra felicità e per la sopravvivenza nostra e del nostro
malandato pianeta.

Per salvarci dobbiamo raggrupparci. Come le dita di una stessa mano.


Come le anatre di uno stesso stormo. Tecnologia del volo collettivo.
La prima anatra si lancia ed apre la strada alla seconda che indica il
percorso alla terza, e la spinta della terza fa spiccare il volo alla quarta,
che trascina la quinta, e lo slancio della quinta provoca il volo della sesta,
che fa coraggio alla settima…
Quando l’anatra esploratrice si stanca, raggiunge la coda dello sciame e
lascia il posto ad un’altra che risale alla punta di questa V capovolta che le
anatre disegnano in volo.
Tutte a turno prenderanno la testa e la coda del gruppo.

Eduardo Galeano - Memoria del fuego

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Non c’è un’anatra che si sente superiore alle altre per il fatto che vola in capo
al gruppo e fa da “navigatore”, né che si sente inferiore” se vola dietro.

LE ANATRE HANNO BUON SENSO E SI RISPETTANO!

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18 Principi Fondamentali
del Dalai Lama
1.Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grandi risultati
comportano un grande rischio.
2.Quando perdi, non perdere la lezione.
3.Segui sempre le 3 “R”: Rispetto per te stesso. Rispetto per gli altri.
Responsabilità per le tue azioni.
4.Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un
meraviglioso colpo di fortuna.
5.Impara  le  regole,  affinché  tu  possa  infrangerle  in  modo  appropriato.
6.Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande
amicizia.
7.Quando ti accorgi di aver commesso un errore, fai immediatamente
qualcosa per correggerlo.
8.Trascorri un po’ di tempo da solo ogni giorno.
9.Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.
10.Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.
11.Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai da
vecchio, potrai godertela una seconda volta.
12.Un’atmosfera serena nella tua casa dev’essere il fondamento della
tua vita.
13.Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta soltanto
il problema attuale, senza rivangare il passato.
14.Condividi la tua conoscenza. E’ un modo di raggiungere
l’immortalità.
15.Sii gentile con il tuo pianeta.
16.Almeno una volta l’anno, vai in un posto dove non sei mai stato
prima.
17.Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più di
quanto si abbia bisogno l’uno dell’altro.
18.Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto rinunciare
per ottenerlo.

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CAPITOLO 4
Altruismo
Da Wikipedia:
Con altruismo (dal latino alter let. altro) si indica la qualità (morale) di
interessarsi al benessere dei propri simili. Questo concetto è applicabile sia
nella  biologia,  che  nella  psicologia,  sociologia,  antropologia  e  filosofia.  Il  
concetto opposto è l’egoismo.
In generale con questo termine viene espresso l’interesse dimostrato nel
benessere, sia nel senso della sopravvivenza che in quello della qualità della
vita,  dei  membri  della  propria  specie  o  perfino  di  altre  specie.  Normalmente  
questo viene considerato come una qualità chiaramente positiva, perché
migliora indirettamente le proprie possibilità di sopravvivenza e benessere.
Se applicata agli umani viene considerata una qualità morale.
L’altruismo può esistere tra pari, in forma di collaborazione per un mutuo
vantaggio, ad esempio nella caccia, o può essere gerarchico, prendendo una
forma simile al paternalismo, ad esempio genitori che nutrono e crescono
i  figli.
Spesso però viene considerato vero altruismo solo quello disinteressato,
che non si basa sul principio del do ut des. Applicato agli umani in contesto
morale, viene inteso soprattutto in questo secondo senso. Ad esempio, gli
aiuti umanitari sono una forma di altruismo.

Etimologia:

Etimologicamente la parola “altruismo” che deriva dal latino “alter”,


manifesta la propensione, l’abilità, il proponimento, l’aspirazione, la voglia,
di interessarsi alla serenità e al bene del prossimo.
Auguste Comte nel 1832 sviluppò il concetto di altruismo, inventando
anche il vocabolo stesso, all’interno della dottrina del “Positivismo” di cui
egli stesso fu il fondatore.

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Il concetto che egli volle proporre con questo termine fu “la volontà di
vivere per gli altri”. Il Positivismo partiva dal postulato che l’uomo fosse
moralmente costretto ad adoperarsi per l’utile del prossimo, dando sempre
la precedenza al benessere degli altri prima che al proprio.

Secondo Nietzsche addirittura considerare che le necessità del prossimo


debbano essere poste in risalto rispetto alle nostre è un pensiero degradante,
demotivante e innaturale verso sé stessi. Egli sosteneva infatti che quanto
sostenuto dal positivismo e in particolare la moralità altruistica non
corrisponde ad un modo di agire naturale. Infatti pare che prima dell’avvento
del cristianesimo questa aspirazione non esistesse in Europa.

Nemmeno gli economisti considerano l’altruismo un pregio. Essi sostengono


che l’uomo al momento di prendere qualunque decisione è naturalmente
guidato dall’istinto egoista ed è per questo che all’interno del mercato ogni
soggetto è portato a soddisfare principalmente le proprie necessità e ad
arrivare ad ottenere i propri scopi. Perciò, dal punto di vista economico,
l’altruismo disinteressato è letto semplicemente come un’incongruenza del
comportamento umano, al di fuori da ogni comprensibile razionalità.

Significato:

Il  significato  della  parola  altruismo,  può  essere  specificato  con  il  termine  
derivante dal greco “Filantropico”  (filos  antropos  =  amico  dell’uomo).
Non si può pensare all’altruismo come ad una qualità insita nel dna di
ognuno di noi (positivismo).

Come tutte le caratteristiche morali umane sicuramente è l’insieme di


una concatenazione di condizioni, di cui fanno parte principalmente, la
predisposizione naturale propria della personalità di ognuno, il nostro
patrimonio genetico, e l’ambiente culturale ed educativo in cui l’individuo
si è formato.

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Il vero altruista è colui che agisce disinteressatamente e non basa la spinta
delle proprie azioni sul principio del “do ut des”. L’altruista è colui che
agisce perché spinto da motivazioni che nascono dentro di lui e non perché
costretto o spinto (ricompense o altro) da fattori esterni.
Con questo vocabolo quindi si intende un’azione completamente
disinteressata, Cioè il decidere di compiere un’azione buona nei confronti
di qualcuno, con l’assoluta consapevolezza di non avere proprio nulla in
cambio.

Prologo:

Il primo passo verso la consapevolezza è quello di conoscere noi stessi.


Tutto parte da qui, ma lì non si ferma.
Quando non stai bene con te stesso non sei utile a nessuno, anzi sei dannoso,
perché emani e attiri solo energia negativa.
Quindi prima di tutto bisogna amare e stimare se stessi, in caso contrario
si ottiene solo il risultato di bloccare tutto il bene che il mondo ci ha
riservato.
L’ideale di vita non è un sistema egocentrico, ma ecocentrico, in cui vige
una interdipendenza reciproca, in cui ciascuno ha il suo valore e il suo ruolo
in virtù di se stesso, ma anche e soprattutto in funzione e grazie a chi ci sta
intorno.

…e quando il tuo sudore bagnerà la tua maglietta


ricordati che tu sei unico al mondo
e non esiste primo e non esiste secondo
esiste una tribù, esistono i fratelli
che più sono diversi e più sono fratelli
ognuno ha la sua storia e le sue tradizioni
ognuno il suo colore e le sue religioni
ma il battito del cuore lo stesso per tutti.
Jovanotti

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Ognuno di noi è speciale, unico, ma allo stesso tempo irrisorio, molecola
infinitesimale  in  relazione  ad  altre  molecole  con  cui  permette  l’esistenza  di  
un contesto più grande.

Far  convivere  questi  due  estremi  in  un  equilibrio  costantemente  da  ridefinire  
è la prova di abilità più grande a cui siamo chiamati, ma è anche quella
più  stimolante  e  coinvolgente  perché  ci  fa  sentire  artefici  protagonisti  della  
nostra vita e della vita del mondo.

L’ ALTRUISMO NON ESISTE

Secondo alcuni sociologi non esiste un altruismo totalmente disinteressato,


in   quanto   un   beneficio   (non   materiale)   del   donatore   potrebbe   sempre  
essere   individuato:   si   pensi   alla   gratificazione,   all’auto-­realizzazione   e    
all’appagamento del senso di giustizia e ad un’enorme altra quantità di
emozioni che il compimento di una buona azione provoca.

Io ‘nel mio piccolo’ sono perfettamente d’accordo con questa visione:


l’altruismo non esiste.

Io parto dal presupposto che l’uomo è un animale egoista e fortemente


egocentrico , che ha insita nel suo io profondo la spinta ad impossessarsi e
ad accumulare per sé tutto ciò che può e senza far caso ai mezzi necessari e
ai  danni  che  procura  al  prossimo  per  raggiungere  i  suoi  fini.

Tutti gli altri organi della natura, siano essi minerali, vegetali ed
animali, seguono istintivamente le leggi altruistiche della natura, solo il
comportamento istintivo umano va contro se stesso, perché l’uomo è
un animale malvagio, ma è anche un animale intelligente e soprattutto
pensante.

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Osservando la natura, risulta subito evidente che “l’altruismo” è da sempre
la legge fondamentale dell’esistenza. Così, per esempio, sebbene ogni
cellula del corpo umano è per essenza egoista, per vivere, deve rinunciare
al suo egoismo per il benessere generale del corpo, così da assicurare la
sopravvivenza sua e del corpo intero. Ma questo non è vero altruismo, si
fanno scelte altruistiche perchè così l’ego avrà maggiori vantaggi!

Io sono una grandissima sostenitrice del “SANO EGOISMO”!

Il sano egoismo fa bene a chi lo prova e a chi lo subisce. Il “sano egoismo”


è la strategia vincente!

Ma andiamo per ordine: una spinta molto forte a compiere gesti generosi è
data dal riconoscimento sociale che ne scaturisce.

Latané e Darley, hanno compiuto degli studi da cui è derivato che la stessa
persona si comporta più facilmente in modo altruistico in presenza di terzi
piuttosto  che  in  privato  dove  non  c’è  un  pubblico  che  gratifica  il  suo  gesto.  

Il comportamento più comune, e forse anche un po’ cinico se vogliamo,


relativo a gesti altruistici, è quello di cedere a qualcuno quello di cui ci
priviamo volentieri, o assumere degli atteggiamenti o dei comportamenti
che non ci pesano, per il benessere e il tornaconto altrui, con l’obiettivo
di avere un ritorno sotto forma di gratitudine, di prestigio sociale, o nel
peggiore dei casi anche in vista di un ritorno materiale.

Questo  non  significa  che  i  comportamenti  “altruistici”  intesi  in  questo  modo,  
risultino inutili, anzi tutt’altro.

Ben venga il volontariato, se le strutture sociali non funzionano, a prescindere


dalle molle che spingono i volontari a volgere le proprie attenzioni a chi ne
ha bisogno.

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Ma il punto è che spesso, vogliamo farci belli agli occhi degli altri passando
per persone che in realtà non siamo.

Si tratta semplicemente di adattamento alle circostanze, altruismo costruito


in cerca di ammirazione.

Spesso funziona, ma è chiaro che dal punto di vista morale e di valore di


una persona questi gesti hanno davvero poco peso .

In alcune situazioni si fa riferimento ad un comportamento altruistico


solamente perchè non si è capito dove sia nascosto il trucco che riporta
all’egoismo.

Poi c’è il falso altruismo: situazioni che si vogliono far passare per altruistiche
scaturiscono invece da pure e semplici fragilità umane.

Un  esempio  per  tutti  “ho  sacrificato  tutta  la  mia  vita  per  i  figli  e  la  famiglia”  
nasconde quasi sempre la reale: “mi sono dedicata alla famiglia perchè
questo mi ha riempito la vita più di ogni altra scelta alternativa”. Inoltre
queste  situazioni  forzate  spesso  raggiungono  il  limite  in  cui  la  gratificazione  
personale  non  basta  ed  allora  si  accusano  i  “beneficiari”  di  non  mostrare  la  
“dovuta” riconoscenza, e la si pretende a proprio modo, non ottenendola
(anche   perché   in   questi   casi   ciò   che   si   ottiene   non   è   mai   sufficiente)   ne  
scaturiscono rancore e frustrazione.

Ma qui non stiamo parlando di altruismo e nemmeno di sano egoismo, qui


si cade nell’egoismo puro e semplice. Ogni buona azione rinfacciata, perde
tutto ciò che di buono poteva avere.

Non c’è niente di peggio di una scelta “altruistica” forzata che porta ad
uno stato di frustrazione da riversare su chi di tale scelta è stato la causa
apparente.

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Le conseguenze di questi comportamenti saranno pagati a caro prezzo da
chi ne è l’autore e da chi ne è oggetto.

Queste sono quelle forme di “altruismo malato” che sarebbe meglio, anzi
sarebbe assolutamente doveroso, eliminare.

Partono da atteggiamenti e comportamenti deviati e non possono che sfociare


in risultati terribili.

Oscar Wilde sosteneva che la maggior parte della gente rovina la propria
vita con un altruismo malsano ed esagerato.

E’ abbastanza fuori del comune vedere qualcuno che elargisce ad altri


qualcosa di veramente importante per sè stesso; prima di tante azioni
generose c’è molto spesso una valutazione ed una scelta di convenienza.

Il gesto altruistico, per essere veramente come lo si intende normalmente,


cioè assolutamente disinteressato, dovrebbe partire dalla sicurezza che
non procurerà nessun ritorno ma che sarà una pura elargizione, del nostro
interessamento o del nostro amore o semplicemente del nostro tempo, senza
condizioni; oppure che sia un atto di generosità derivante dal privarci di
qualcosa a cui veramente teniamo, senza averne in cambio qualcosa di
altrettanto importante per noi.

Questo però non è mai possibile, perché in ogni caso, non possiamo controllare
la nostra soddisfazione personale, il nostro accrescimento interiore, il nostro
apprezzamento da parte degli altri, il nostro miglioramento sociale, tutte
cose che spesso derivano dagli atteggiamenti altruistici e spesso sono più
importanti  e  gratificanti  di  tanti  beni  materiali.

Il comportamento altruistico facilmente può procurarci gratitudine,


soddisfazione o riconoscimento sociale.

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Con questo non voglio assolutamente sostenere che “l’altruismo” inteso in
questo senso non sia in ogni caso un atteggiamento positivo, ma soltanto che
nel mondo reale non è così onorevole come si vuole credere e che questo
modo di essere è più raro di quanto si pensi.

Quello a cui voglio arrivare è che questa forma di “altruismo” che preferisco
definire   “sano   egoismo”   è   assolutamente   accettabile,   auspicabile   e   da  
ricercare.

Quindi  mi  sento  di  affermare  definitivamente  che  l’altruismo  completamente  


disinteressato in verità non esiste.

In sostanza siamo tutti dei grandi egoisti! La differenza sta tra l’egoismo
sano e l’egoismo malato!

In realtà quando fai qualcosa di bello per qualcuno ricevi comunque un


beneficio   tu   stesso,   dato   non   solo   dalla   gratitudine   che   ricompenserà     la  
tua generosità (che in effetti non è automatica, anzi!) ma soprattutto
dall’autostima e dalla realizzazione personale generata dal gesto stesso.
Insomma quando si fa del bene si sta meglio, anche se non si è ringraziati,
anche se non suscitiamo riconoscenza o gratitudine. Se siamo convinti di
aver agito giustamente per il bene di qualcuno, in cuor nostro stiamo meglio,
e semplicemente abbiamo agito nel modo che ci veniva più naturale, nella
maniera che consentiva in primis a noi stessi di stare meglio.

E che male c’è in tutto ciò? Faccio del bene a qualcuno e in più sto meglio
anch’io! …non è il massimo della vita?

Qualcuno ha detto: L’altruismo  è  quando  il  nostro  egoismo  porta  profitto  a  


qualcuno altro.

Parole sante!!

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Il “sano egoismo” è conveniente! Il “sano egoista” vive meglio, è più sereno
è più amato e soprattutto sa amare!!!
Se ci limitassimo sempre ad agire nel modo che ci è più congeniale, senza
secondi  fini,  ci  sentiremmo  tutti  più  soddisfatti,  sereni,  autentici  e,  in  ultima  
analisi, più noi stessi.
E l’egoismo per essere sano deve partire proprio dalla concentrazione su
noi  stessi,    dallo  sviluppo  dell’autostima  e  della  fiducia  in  se  stessi.

Essere centrati su se stessi è la condizione principale e necessaria per essere


disponibili con gli altri. Quando si è pienamente in sintonia con i propri
bisogni, necessità, desideri, si è in grado di rispondere ad essi. Questo è il
presupposto di base per fare altrettanto con gli altri.

Se non si è sereni in se stessi, non si può neppure essere attenti agli altri.
Quando abbiamo la testa tra le nuvole, quando siamo sviati da mille pensieri
che  ci  impegnano  la  mente,  finiamo  col  perdere  il  contatto  più  profondo      con  
noi stessi, ci dimentichiamo di tante cose e anche l’attenzione nei confronti
di chi ci sta attorno tende a diminuire.

Anche la disponibilità verso gli altri parte da uno stato di egoistico


“benessere” .

Ma se siamo in questa condizione la dedizione verso gli altri diventa una


propensione semplice e naturale, non c’è sforzo di volontà, non c’è alcun
secondo  fine.  Si  trattano  gli  altri  come  si  tratta      se      stessi.      Se      si      riesce    
ad essere altruisti con sé, generosi, accomodanti, non giudicanti, si
riesce a fare altrettanto anche con gli altri.

Bisogna comunque sempre partire da se stessi, e da qui il recinto si amplia


fino  a  comprendere  tutto  il  mondo,  nella  misura  in  cui  ci  si  sente  parte  di  
esso e si percepisce l’appartenenza ad un insieme più ampio e vasto che si
vive come parte di sé.

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Se si fa del bene agli altri che fanno parte del nostro mondo che fa parte di
noi, i primi ad avvantaggiarsene saremo proprio noi.

“Che ci piaccia o meno abitiamo tutti sullo stesso pianeta e facciamo tutti
parte della medesima famiglia umana. Europei o asiatici, americani o
africani, ricchi o poveri, uomini o donne, credenti o non credenti. In ultima
analisi ognuno di noi è un essere umano come tutti gli altri. E tutti noi,
tutti gli esseri umani, desideriamo essere felici e non provare dolore. E tutti
possediamo l’identico diritto a questa felicità, a questa assenza di dolore.

Fino a pochi decenni or sono, esistevano delle nazioni che potevano vivere
in parziale o totale isolamento. Oggi non esistono più. Sotto ogni aspetto,
politico, economico, culturale, ecologico.

Quello che avviene in una determinata parte del mondo, magari remota e
poco accessibile, si ripercuote subito in tutto il pianeta. Le informazioni
viaggiano alla velocità della luce, radio, televisioni, mass-media, internet
le trasmettono in un baleno ovunque.

È il villaggio globale o, se preferiste, la teoria dell’interdipendenza


buddista: tutto quello che noi facciamo interagisce con gli altri e tutto
quello che fanno gli altri interagisce con noi. Quindi in questa situazione
di interdipendenza il modo più conveniente di fare i nostri interessi è di
avere presenti anche quegli degli altri.

In questo contesto ritengo che si debba fare ricorso alla compassione,


all’altruismo, all’amore che sono i migliori strumenti per operare nel mondo
e per il mondo la ‘Politica della Gentilezza’.

L’egoismo è una delle malattie peggiori dei nostri tempi. Ci rende il cuore
piccolo e crea le condizioni per una vita peggiore per noi e per gli altri.

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Questo non lo dovremmo dimenticare mai. La compassione, l’altruismo, il
buon cuore non sono unicamente nobili sentimenti di cui trae vantaggio il
nostro  prossimo.  Sono  stati  mentali,  condizioni  mentali    di  cui  beneficiamo    
anche noi stessi.

Una persona altruista e compassionevole è in genere una donna o un


uomo più felice, più sereno. Del resto è la stessa scienza a sostenerlo, non
solo i lama del Tibet. In questi ultimi anni ho avuto modo di parlare con
molti scienziati e tutti mi hanno detto che coloro che vivono un’esistenza
basata su tali sentimenti sono di solito anche individui più sani da un punto
di  vista  fisico  perché  le  tensioni  prodotte  da  un  eccesso  di  competitività,  che  
a sua volta si basa su di una prospettiva egoistica, sono dannose sia per il
corpo sia per la mente.

Il sano egoismo quindi è la vera fonte della serenità. Una persona ‘altruista’
è una costante fonte di energia positiva, di armonia, di tolleranza, ha in sé
capacità   di   perdono   ed   è   dotato   di   una   forza   interiore   e   di   fiducia   in   sè  
stesso in grado di fargli superare la paura e l’insicurezza.”
Dalai Lama

Il Dalai Lama dice in sostanza: siate egoisti ma in modo intelligente. Questo


significa  che  pensando  al  bene  del  nostro  prossimo  e  attivandoci  per  ottenerlo  
arriveremo comunque a raggiungere il nostro bene.

Chi fa del bene al prossimo, anche se lo fa col cuore e con amore, fa del bene
anche a se stesso, ma in modo non intenzionale. Le persone normalmente
non apprezzano gli egoisti, gli scontrosi o gli egocentrici, eppure molti di noi
si comportano da egoisti, egocentrici e scontrosi. Probabilmente il motivo
è che non sappiamo fare diversamente e soprattutto non ci rendiamo conto
di quanto il nostro comportamento sia fastidioso e antisociale e dannoso
(principalmente a noi stessi).

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Vogliamo essere felici e non ci riusciamo, stiamo male e siamo scontenti,
ma la colpa di questo stato d’animo è sempre degli altri, anche se siamo noi
i primi a trattare gli altri come delle “pezze da piedi”!

E’ questo comportamento egoisticamente malato che ci porta ad essere


costantemente scontenti.

La sensazione di benessere che ci pervade quando ci interessiamo agli


altri e ancor più quando riusciamo a renderci loro utili è il miglior antidoto
alla depressione e all’infelicità, indipendentemente da tutte le altre realtà
positive (gratitudine, apprezzamento, simpatia, complicità …amicizia) che
possono nascere da un atteggiamento altruistico.

La soddisfazione personale per aver fatto qualcosa di utile, o per aver aiutato
qualcuno è una sensazione che da sola, può superare qualsiasi altro premio
o riconoscimento materiale.

Provare soddisfazione nel sapere che hai aiutato qualcuno non è un sentimento
negativo, è il carburante che ti fa continuare ad occuparti del bene del tuo
prossimo senza mai imporlo. E soprattutto non dobbiamo essere altruisti
solo con i nostri amici, in fondo anche l’amico più caro prima di incontrarlo
era un estraneo.

Agendo positivamente raggiungiamo una serenità tale che renderà il nostro


comportamento accattivante e quindi diverrà un esempio per gli altri,
realizzando una catena di positività che potrebbe diventare lunghissima.
Pensiamo solo che non c’è limite alle virtù.

Essere altruisti, o “sanamente” egoisti, aiutare il prossimo insomma, fa


bene primariamente a noi ci da soddisfazione e vitalità.

Vari studi mostrano che per star bene abbiamo bisogno degli altri.

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Altri studi testimoniano che fare del bene al prossimo giova al cuore, al sistema
nervoso e al sistema immunitario. D’altro canto, i sentimenti di ostilità ,che
separano le persone, moltiplicano il rischio dei disturbi cardiaci.

L’idea che l’altruismo faccia bene alle persone potrebbe avere davvero un
profondo effetto sociale.

Stanislaw Lec dice “Sii altruista, rispetta l’egoismo degli altri”.

Quindi concludendo: quando dai una mano a qualcuno, e ti impegni in tutti i


modi per dargli un po’ di serenità, quando vuoi fortemente aiutare qualcuno
che ne ha bisogno, perché lo fai? Perchè stai male per lui, per empatia. Lo fai,
quindi, perché dopo ti senti meglio per lui, e quindi ti senti più tranquillo.
Se sai che un tuo amico ha dei grossi problemi, non riesci ad andare a dormire
tranquillo. E quando gli dai una mano, nel limite delle tue possibilità, ti senti
meglio. Non intendo “meglio” perché hai messo a posto la tua coscienza
(anche se pure questo ha il suo peso), ma ti senti più tranquillo dentro, nella
tua anima, perché sei veramente felice per lui perché sai che ora sta meglio.
Secondo me è nella natura umana dare per poi ricevere qualcosa, e a mio
parere è impossibile che avvenga il contrario.

Non esiste un dare senza ricevere, e ciò non ha affatto una connotazione
negativa come può sembrare, è semplicemente la natura delle cose, di
conseguenza credo che nessuno dia senza ricevere, magari anche non
aspirando ad una contropartita materiale, ma anche nel caso in cui noi
facciamo  un  sacrificio  per  un  amico  o  una  persona  cara,  facciamo  questo  
sacrificio  per  avere  la  soddisfazione  di  aver  aiutato  quella  persona,  perché  
quella persona nel limite del possibile non soffra più e noi con lei.

E questo è ricevere un qualcosa, anche se solo da noi stessi.


Ecco perchè non voglio fare distinzione tra egoismo e altruismo, ma tra
egoismo e “sano egoismo”. E il sano egoismo non è una cosa brutta. Anzi.

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E’ quello che ci spinge istintivamente a preoccuparci per gli altri, a farci in
quattro senza chiedere nulla in cambio, se non la gioia di sapere di aver fatto
una cosa buona.

EPILOGO:
Tutti quelli che sono infelici al mondo,
lo sono perché desiderano la propria felicità.
Tutti quelli che sono felici al mondo,
lo sono perché desiderano la felicità degli altri.
Bodhicaryavatara

E ancora di più ci accorgiamo quanto sia importante donare soprattutto se


e quando dall’altra parte c’è qualcuno capace di ricevere, di apprezzare,
di valorizzare e custodire quello che offriamo. Ma trovare qualcuno così
è davvero un gran colpo di fortuna. Quando incontriamo chi è davvero
capace di apprezzare i nostri sforzi, abbiamo trovato un AMICO! In ogni
caso anche se il nostro interlocutore non è così sensibile come vorremo
che fosse, l’esperienza ci sarà comunque utile per imparare ad essere noi
così sensibili quando ci troviamo dalla parte dell’ “aiutato”; perché potremo
capire quanto sia piacevole accogliere, solo se siamo capaci di farlo.

E teniamo sempre ben presente che poiché

NESSUNO HA IL DIRITTO DI ESSERE AMATO

Non c’è modo che gli altri ci amino se noi stessi non siamo in grado di farci
amare. E’ davvero un assurdità che qualcuno si lagni di non essere amato
da qualcun altro come se l’amore fosse un dovere da parte degli altri e un
diritto da parte nostra. Nessuno DEVE amarti. E anche quando l’amore c’è
ed è ricambiato deve comunque essere mantenuto vivo. Se vogliamo stare
bene su questa terra, se vogliamo vivere in serenità ed essere circondati da
affetti, dobbiamo guadagnarcelo!!

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Riflesso
Un   padre   e   un   figlio   passeggiano   su   un   sentiero   tra   le   montagne.  
Improvvisamente,   il   figlio   perde   l’equilibrio,   cade,   si   ferisce   e   grida:  
“Aaahhhhhhhhhhh!!!” Con sua massima sorpresa, il ragazzo coglie una
voce, proveniente da qualche parte della montagna: “Aaahhhhhhhhhhh!!!”
Curioso, si mette a gridare: “Chi sei?” E riceve la risposta...: “Chi sei?”
E allora urla di nuovo alla montagna: “L’ho chiesto prima io!” La voce
risponde: “L’ho chiesto prima io!” Arrabbiato per la risposta, urla:
“Codardo!” E riceve la risposta: “Codardo!” Il ragazzo guarda il padre e
chiede: “Papà, che sta succedendo?” Il padre sorride e gli dice: “Figlio mio,
fai attenzione...” E l’uomo si mette a gridare: “Sei un campione!” La voce
risponde: “Sei un campione!” Il ragazzo è sorpreso, ma non comprende.
Allora il padre gli spiega: “La gente la chiama ‘Eco’, ma in realtà questa è la
Vita. Ti restituisce qualsiasi cosa dici o fai. La nostra vita è semplicemente
un  riflesso  delle  nostre  azioni.  Se  vuoi  più  amore  nel  mondo,  crea  più  amore  
nel  tuo  cuore.  Se  vuoi  più  fiducia  dal  tuo  prossimo,  sii  degno  della  fiducia  
altrui. Questa relazione si applica a tutto, in ogni aspetto della vita. La vita
ti restituirà tutto quello che tu gli hai dato. La tua vita non è una coincidenza,
è  il  riflesso  di  te  stesso.”

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CAPITOLO 5
Amicizia
Da Wikipedia:
L’amicizia è un sentimento di affetto vivo e reciproco tra due o più persone
dello stesso o di differente sesso, ma anche tra esseri umani ed esseri
appartenenti al mondo degli animali. È considerato uno dei più importanti
stati emozionali, dopo l’amore universale, alla base della vita sociale,
perché fonte di collaborazione al benessere comune, aiuto e condivisione
di momenti importanti.

Dal Dizionario Devoto-Oli:


Reciproco affetto, costante ed operoso, tra persona e persona, nato da una
scelta che tiene conto della conformità dei voleri e dei caratteri e da una
prolungata consuetudine.

Nello sviluppo della sfera emotiva personale, gli amici vengono subito dopo
il papà e la mamma e molto prima dei rapporti di coppia che si instaurano
vicino al raggiungimento della maturità (e se questa scala di valori rimanesse
invariata anche dopo la maturità nella vita ci sarebbero meno problemi
eheheheheh!).

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Le prime forme “d’amicizia” si vivono anche da piccolissimi condividendo
gli stessi giochi e le stesse esperienze di crescita. In realtà non si tratta di
vera amicizia, ma di relazioni più semplici e assolutamente spontanee. Due
bambini che giocano insieme con continuità entrano in contatto stabilendo
una relazione istintiva che nel tempo li porta a conoscersi.

Intorno ai tre/quattro anni i bambini raggiungono un livello di capacità di


interazione che li porta a sperimentare la nascita delle nuove amicizie e il
loro sviluppo. E’ in questo periodo che il bambino comincia ad esprimere le
sue preferenze, anche in fatto di persone, e nascono i primi gruppi di amici,
a volte anche esclusivi.

Però le relazioni che cominciano ad avere qualche speranza di durare nel


tempo sono quelle che si instaurano nell’età della scuola elementare. In
ogni caso a quest’età è facile che certi rapporti anche se non durano siano
comunque destinati a rimanere impressi nella memoria dell’individuo e ad
avere una valenza importante nella sua formazione.

Io ho sempre come modello mio cugino Piero con il suo amico Franco & C.
Indissolubili  fin  dalla  culla!  Dalla  culla  forse  no,  ma  dalla  scuola  elementare  
sicuramente sì. Un gruppetto di bambini, che sono diventati ragazzi e poi
uomini e sono ancora sempre insieme! Il top!!!

A scuola i bambini passano molto tempo con i loro compagni di classe e


cercano punti fermi all’interno del gruppo. Normalmente questo sostegno
lo trovano in un compagno dello stesso sesso, ma può capitare anche che
nascano forti alleanze tra sessi opposti, a quest’età i bambini sono tutti
uguali  e  se  ci  sono  delle  affinità,  emergono  indipendentemente  dal  sesso  a  
cui si appartiene. Ovviamente i bambini possono instaurare questo tipo di
relazioni anche in ambienti diversi dalla scuola a patto che essi trascorrano
in questi altri luoghi tempi prolungati.

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Con l’ingresso alla scuola media e quindi avvicinandosi all’età
dell’adolescenza, le relazioni di cui abbiamo parlato si trasformano in veri
rapporti di amicizia, a volte anche molto seria e profonda.

Nel lasco di tempo che passa tra il termine della fanciullezza e l’inizio
dell’età adulta, gli amici sono quasi sempre l’elemento fondamentale su cui
poggia la serenità emotiva dei ragazzi, e in questo momento (adolescenza)
della vita le amicizie giungono a un livello di intimità e di intensità tale
che non si raggiungerà più in tutto l’arco della vita se non con le medesime
persone.

Anzi mi sento di sostenere decisamente che a quest’età nascono le amicizie


più profonde, quelle che se riescono a superare l’adolescenza e l’interferenza
dei morosi/e, rimarranno indissolubili per tutta la vita.

Gli adolescenti sono in grado di riversare nell’amicizia, i sentimenti più


sinceri e profondi.

Nello stesso tempo però a quest’età si rischia di vivere l’amicizia in maniera


troppo esclusiva e un po’ egoistica, inquinandola con sentimenti come la
gelosia, che a volte rischia di rovinare il rapporto! (la gelosia è un sentimento
veramente subdolo, oltre che le amicizie ha rovinato e continuerà a rovinare
un sacco di matrimoni o fac simile).

Normalmente questi rapporti si instaurano tra persone dello stesso sesso e


coetanee. Questo è ciò che accade nella media, ma non è necessariamente
sempre vero.

E’ poi con l’età adulta e con la maturità ( maturità che non tutti raggiungono
pur diventando prima o poi tutti adulti!) che l’amicizia diviene una splendida
avventura   amorosa   senza   possesso,   senza   coinvolgimento   fisico,   senza  
propositi utilitaristici e ormai senza gelosia.

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Io sono felice quando il mio amico è felice sono triste se il mio amico è
triste. E questa è la grande essenza dell’AMICIZIA vera e matura.

Ecco, gli amici sono delle persone (spesso due, ma anche di più) appagate
semplicemente dallo stare insieme, unite da sentimenti di cameratismo,
intimità, stima e reciproco interesse.

Ci sono vari livelli e gradi nel modo di interpretare e di vivere questa


relazione, al punto che, nelle varie culture, sono sempre esistite diverse
modalità di percepire e dimostrare l’amicizia (come in tutte le cose ogni
cultura ha le sue modalità).

In Russia è rarissimo considerare qualcuno un Amico, è un privilegio


davvero  raro,  ma  quando  si  conquista  la  qualifica,  l’intensità  del  rapporto  
non ha più limiti.

Solo fra amici ci si chiama per nome o addirittura con un soprannome Tutti
gli altri vengono “apostrofati” non solo con il nome intero, ma anche con
il patronimico.

Gli amici inoltre possono essere solo coloro con i quali si ha un’intensa
consuetudine.

Il   contatto   fisico,   di   qualsiasi   tipo,   fra   amici   è   considerato   una   cosa  


assolutamente naturale anche fra persone dello stesso sesso, che si baciano,
si abbracciano e passeggiano mano nella mano, senza il minimo imbarazzo
o pudore, perché non sono gesti che hanno per forza una connotazione di
tipo sessuale (cosa spesso inconcepibile per noi occidentali).

Anche nelle culture orientali l’amicizia fra maschi, sebbene meno evidente
che in Russia, è sempre molto intima a livello di effusioni e dimostrazioni
di affetto anche in pubblico, come baciarsi e tenersi per mano.

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Nella  nostra  cultura  cosiddetta  “occidentale”,  invece  i  contatti  fisici  intimi  
hanno assunto negli ultimi due secoli una connotazione decisamente
“sessuale”, e praticarli fra amici, soprattutto maschi è una modalità di
comportamento alquanto rara se non del tutto inesistente. Tuttavia in
maniera rituale appena accennata (ricordo di un’antica cultura), anche da
noi gli amici si baciano e si abbracciano, ma in modo assolutamente pudico
e soprattutto solo in certe situazioni.

I bambini, come sempre sono l’eccezione che conferma la regola.


La loro amicizia può rivelarsi in manifestazioni di stretta intimità, che
successivamente   regrediscono,   fino   a   scomparire   per   adeguarsi   alle  
convenzioni sociali.

L’amicizia è un’avventura che appassiona e che stupisce sempre più, mano


a mano che il tempo passa e la si vive concretamente. Non è necessario
vivere    fianco    a  fianco  di  un  amico,  ma  sentirsi  vicini  profondamente  pur  
nella lontananza. Due amici che si ritrovano anche dopo molto tempo, hanno
l’impressione di continuare il discorso dal punto in cui l’avevano lasciato.

Due veri amici possono stare lontani anche senza comunicare; mancheranno
l’uno all’altro, ma non si perderanno.

Per me è esattamente così! Con le persone che amo, posso stare mesi, senza
vederle (anche se magari abitiamo a 2 chilometri luna dall’altra) ma quando
ci  rivediamo  è  una  gioia  e  la  confidenza  rimane  sempre  perfettamente  intatta,  
anzi con il tempo comunque cresce!

Amico è quella persona che c’è anche quando non lo vedi, che sa quando
hai bisogno di lui anche se non glielo dici, che ti guarisce le ferite senza
dirti “vedi ti ho guarito le ferite”, che ti fa volare via senza inseguirti perchè
tanto sa che tornerai, che non ti invidia se tu voli e lui in quel momento non
può e non te lo rinfaccerà mai.

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E tu hai nei suoi confronti istintivamente lo stesso identico atteggiamento.
Ecco che l’incontro di amicizia genera semplicemente gioia, è un incontro
senza  alcun  fine  materiale,  anzi  senza  alcun  fine  punto!  

Si sta insieme ci si cerca per il puro gusto di condividere del tempo e per la
gioia di stare insieme.

Anche per l’amicizia esiste una sorta di “colpo di fulmine”, quel ritrovarsi
in modo immediato sulla stessa lunghezza d’onda, dovuto ad una particolare
predisposizione d’animo, ad una condizione di apertura e disponibilità,
di scoperta di punti comuni e di disparità comunque arricchenti. Sì sì! Di
questo sono assolutamente convinta! Anzi nella mia vita direi che ci sono
stati più colpi di fulmine “amicali” che amorosi.

Aristotele   identificava   l’essenza   dell’amicizia   nella   “koinonia”   intesa  


come    condivisione  morale  e  materiale,  fisica  e  metafisica,  che,  è  collegata  
al concetto di gratuità. Egli distingue fermamente l’amicizia vera, perfetta
ed autentica, da quella interessata utilitaristica, basata sul concetto del “do
ut des”. Che scoperta! In sostanza distingue l’amicizia dagli altri rapporti
(eheheheheh!)

Amare l’altro per quello che è e non per ciò che è in grado di darci. Vista
in questa prospettiva l’amicizia non è solo una forma di affetto ma è vero
amore.

L’amicizia può essere vissuta come un’esperienza spirituale talmente forte


da provocare sconvolgimenti emotivi pari a quelli di un amore tradizionale
e completo tra uomo e donna.

L’amicizia è una forma di amore puro, spirituale e libero. Una grande amicizia
può   generare   un’intimità,   una   familiarità,   una   confidenza   paragonabile   a  
quella di un vero amore, può addirittura superarla per certi aspetti.

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L’amicizia quindi è un sentimento, un’emozione soprattutto di natura
etica e morale, perchè fondata sulla stima reciproca e perchè ancora di più
“dell’amore”   (che   presuppone   il   rapporto   fisico)   è   sensibile   alle   qualità  
spirituali.

L’amore è un’amicizia impazzita.


Seneca

L’amicizia è un sentimento che provo verso una persona senza distinzione


di   sesso,   che   mi   consente   di   esternare   me   stesso   senza   alcuna   finzione   ,  
senza  alcun  interesse,  con  la  massima  fiducia,  sincerità  e  lealtà.  

E’ un sentimento eterno non ti accorgi quando nasce ma sai che non morirà
mai. Essa si porta dietro altre sensazioni uniche come l’empatia, l’essere
in sintonia, la comprensione ma anche la fermezza la possibilità di dire
anche  dure  verità  senza  essere  frainteso,  la  confidenza,  la  possibilità  di  poter  
confidare  i  segreti  più  intimi  perchè  sai  che  non  sarai  mai  tradito.

Una frase bellissima che secondo me è davvero emblematica dell’amicizia


vera e che mi è sempre rimasta impressa è più o meno: “io non temo che il
mio ragazza mi tradisca con la mia amica; so che lei non mi farebbe mai una
cosa del genere!”

Non ricordo le parole precise e nemmeno chi l’ha detta, ma mi sembra un


concetto stratosferico.

Con un Amico ci si può trovare in disaccordo, ma non ci si può offendere


con una persona che legge dentro di noi che ci “sente” e ci esterna il suo
punto di vista con perfetta naturalezza.

Se  sono  un  amico  rifletterò  su  quello  che  mi  dici  e  rivedrò  i  miei  modi  di  
fare o di agire... se non fossi un amico non me lo diresti!

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L’amicizia è un cammino, una passeggiata insieme, anche in silenzio,
comprendendosi ugualmente e stimandosi sempre più, man mano che il
cammino prosegue, ammirando insieme ciò che si incontra e condividendolo,
lasciandosi andare ad altre avventure simili, che così si intrecciano e danno
vita a loro volta a stupore e meraviglia, linfa vitale di una esistenza felice.

La miglior specie di amico è quella con cui puoi camminare


sotto un portico per lungo tempo e non dire una parola,
ma quando vi lasciate hai la sensazione
che sia stata la miglior conversazione mai avuta.
Paulo Coelho

Normalmente   quando   si   deve   dare   una   definizione   al   concetto   di   amico,  


(l’ho fatto anch’io poco fa) si dice che un amico è qualcuno che sa ascoltarci,
capirci,  con  cui  possiamo  confidarci  con  cui  possiamo  esprimere  le  nostre  
emozioni senza paura di essere giudicati o derisi, con cui possiamo sfogarci
quando  abbiamo    dei  problemi,  qualcuno  presente  quando  siamo  in  difficoltà,  
qualcuno  pronto  sempre  a  difenderci  e  a  sacrificarsi  per  noi  se  ce  ne  fosse  
bisogno, qualcuno che ci ama, ci comprende, ci incoraggia e bla bla bla bla
…chi più ne ha più ne metta.

In   genere   quando   diamo   queste   definizioni   ci   dimentichiamo   la   cosa   più  


importante: il sentimento è reciproco. E poiché noi abbiamo potere solo su
noi stessi e non sugli altri, e conosciamo profondamente ciò che proviamo
noi e non ciò che sentono gli altri, mi sembrerebbe più corretto dire che un
amico vero è qualcuno che amiamo, che capiamo, che in ogni momento
siamo disposti a confortare e ad aiutare, che stimiamo e comprendiamo nel
profondo,  e  per  cui  siamo  disposti  a  scarificarci  in  caso  di  necessità  e  bla  
bla bla...

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Ma soprattutto l’amico è colui che se sappiamo essere felice ci riempie il
cuore di gioia e serenità, la cui serenità è motivo di euforia e contentezza
sincera per noi stessi; se lui sta male noi soffriamo di più che se il male fosse
capitato direttamente a noi.

Amico è colui a cui piace e che desidera fare del bene ad un altro e che
ritiene che i suoi sentimenti siano ricambiati.
John M.Reisman

Perché fondamentalmente l’amicizia non ha bisogno di essere riconosciuta:


se c’è la senti forte e chiara!

Per Cicerone l’amicizia “non è altro che un accordo perfetto su tutte le cose
divine ed umane, accompagnato da benevolenza e da amore” e “eliminano
dal mondo il sole coloro che eliminano dalla vita l’amicizia, della quale
noi non abbiamo ricevuto dagli dèi immortali nulla di meglio, nulla di più
piacevole”.

E ancora “Volere le stesse cose, non volere le stesse cose, questa è la vera
amicizia”.

Per Aristotele, l’amicizia “è cosa moralmente bella... è una virtù o quanto


meno è unita alla virtù” ed è “cosa quanto mai necessaria per la vita,
giacché senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se possedesse
tutti gli altri beni”.

Per Leopardi l’amicizia, di cui parla nello Zibaldone e nelle Operette morali
se è vera è “capace  di  far  sacrificare  l’uno  amico  all’altro”   è rarissima
perché non ci può essere amicizia senza il fondamento della virtù. Dove
regna l’egoismo, il contrario della virtù e “principale ostacolo all’amicizia”
questa diventerà introvabile.

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Confucio elencava cinque tipi fondamentali di relazioni interpersonali. La
relazione   fra   imperatore   e   suddito,   quella   fra   padre   e   figlio,   la   relazione  
fra uomo e donna e quella fra fratello maggiore e fratello minore. Tutte
relazioni gerarchiche.

L’unica relazione tra esseri uguali è l’amicizia.

I veri amici amano condividere i momenti preziosi


che la vita riserva loro, come le piccole cose dell’esistenza
per cui vale la pena di vivere ogni giorno.
Sergio Bambarén

L’amicizia vera è un’emozione intensa che proviamo quando stiamo con


qualcuno con cui stiamo bene, possiamo giocare, ridere, scherzare, essere
noi stessi senza paura di essere giudicati, e soprattutto riservando all’altro
lo stesso trattamento carico di stima e simpatia, che non possono essere
spazzate via dai difetti dell’uno o dell’altro.

Un amico è una persona con cui posso essere sincero:


in sua presenza posso pensare ad alta voce.
Ralph Waldo Emerson

L’uomo che tutela i propri amici


non è mai vittima delle tempeste dell’esistenza;
ha  le  forze  per  superare  le  difficoltà  ed  andare  avanti.  
Paulo Coelho

Finché abbiamo dei ricordi, il passato dura.


Finché abbiamo delle speranze, il futuro ci attende.
Finché abbiamo degli amici, il presente vale la pena di essere vissuto.
Anonimo

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VITA: istruzioni per l’uso
Ma è Oscar Wilde quello che ha visto in profondità la vera essenza
dell’amicizia:

Chiunque può simpatizzare con il dolore di un amico,


ma solo un Amico Vero riesce a simpatizzare
con il successo del suo amico!

E’ nei momenti in cui sei più felice che ti accorgi quanto una persona ti è
realmente vicina... una persona che cerchi anche quando sei felice e che ti
cerca anche quando è serena, quando non ha bisogno di niente da te e tu
non hai bisogno del suo aiuto, ti dimostra l’importanza che tu hai per lei e
viceversa, perché ci si sente di starsi accanto anche se in quel momento non
manca niente.

Quando vediamo un Amico siamo felici e ci viene spontaneo sorridere.

Se il nostro Amico ha successo o un colpo di fortuna, noi ci entusiasmiamo


e ci sentiamo euforici come se fosse accaduto a noi.

“Gli amici si vedono nel momento del bisogno”!… è vero!

Ma è ancor più vero che quando stai bene e sei sereno cerchi di circondarti
delle persone che ami veramente.

Roberto Benigni afferma che:

“Non è vero che l’amico si vede nel momento del bisogno: l’amico si vede
sempre!”

Sì!

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VITA: istruzioni per l’uso
Questa è l’essenza dell’amicizia: L’AMICO SI VEDE SEMPRE!

Perché

Un amico è colui che ti conosce perfettamente


e nonostante questo gli piaci!
Anonimo

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VITA: istruzioni per l’uso
Sassi

Una volta un anziano professore della Scuola Nazionale per la Pubblica


Amministrazione venne contattato per tenere una lezione di formazione
sulla  “Pianificazione  efficace  del  tempo”  ad  un  gruppo  di  una  quindicina  di  
dirigenti di importanti aziende americane.

Il corso faceva parte di una delle cinque sessioni della loro giornata di
formazione, e il professore aveva a disposizione solamente un’ora “per fare
lezione”.

In piedi, davanti a questo gruppo d’élite (pronto a prendere appunti su tutto


ciò che l’esperto stava per insegnare), l’anziano professore li guardò ad uno
ad uno lentamente. Poi disse: “Adesso faremo un esperimento”.

Da sotto al tavolo che lo separava dagli allievi, il vecchio tirò fuori un grande
recipiente di vetro da più di 4 litri, e lo posò delicatamente davanti a lui. Poi
tirò fuori una dozzina di ciottoli grandi all’incirca come delle palle da tennis
ed uno ad uno li mise delicatamente dentro il vaso.

Quando  questo  fu  riempito  fino  al  bordo  e  fu  impossibile  aggiungere  anche  
un solo sasso, alzò lentamente gli occhi verso i suoi allievi e domandò:
“Questo vaso è pieno?”. Sorridendo, tutti risposero “Sì”. Attese qualche
secondo e aggiunse: “Davvero?” Allora si chinò di nuovo e tirò fuori da
sotto al tavolo un secondo contenitore, questa volta pieno di ghiaia. Con
attenzione versò questa ghiaia sui grossi sassi e poi scosse leggermente il
vaso.

I  pezzettini  di  ghiaia  si  infiltrarono  tra  i  sassi,  fino  al  fondo  del  recipiente.  
L’anziano professore alzò nuovamente lo sguardo verso il suo uditorio e
ridomandò: “Questo vaso è pieno?”.

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Questa volta i suoi brillanti allievi cominciavano a comprendere il suo
armeggiare. Uno di essi rispose: “Probabilmente no!”. “Bene”, rispose
l’anziano professore. Allora si piegò di nuovo e questa volta tirò fuori da
sotto al tavolo un secchio di sabbia. Con delicatezza versò la sabbia nel
vaso. La sabbia andò a riempire gli spazi tra i grossi ciottoli e la ghiaia
Ancora una volta domandò: “Questo vaso è pieno?”.

Questa volta, senza esitare ed in coro i suoi allievi risposero: “No!”.


“Bene!”, soggiunse il vecchio professore. E come ormai si aspettavano i suoi
prestigiosi allievi prese la brocca dell’acqua che stava sul tavolo e riempì il
vaso  fino  al  bordo.  

L’anziano professore alzò allora gli occhi verso il gruppo e domandò: “Quale
grande verità ci dimostra questo esperimento?”.

Il più furbo, il più audace dei suoi allievi, ripensando all’argomento del
corso rispose: “Dimostra che anche quando si crede che la nostra agenda
sia completamente piena, ci si possono aggiungere altri appuntamenti, altre
cose da fare”. “No”, rispose il vecchio professore, “Non è questo”.

La grande verità che quest’esperimento ci dimostra è la seguente: se non


si mettono per primi i sassi più grossi all’interno del vaso, non ci si potrà
mettere tutto il resto in seguito”.

Ci fu un profondo silenzio, mentre ciascuno prendeva coscienza dell’evidenza


di questa affermazione. L’anziano professore disse allora: “Quali sono i sassi
più grossi nella vostra vita? La vostra salute? La vostra famiglia? I vostri
amici e le vostre amiche? Realizzare i vostri sogni? Fare ciò che vi piace?
Imparare? Difendere una causa? Essere rilassati? Darsi il tempo? O cose del
tutto diverse? Quello che dobbiamo ricordarci è l’importanza di mettere per
primi nella propria vita i SASSI PIÙ GROSSI, altrimenti si rischia di non
riuscire a fare... la propria vita.

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VITA: istruzioni per l’uso
Se si dà priorità alle minuzie (la ghiaia, la sabbia) ci si riempirà la vita di
inezie  e  non  si  avrà  a  sufficienza  del  tempo  prezioso  da  consacrare  alle  cose  
importanti.

Allora non dimenticate di porvi la domanda: ‘Quali sono i SASSI PIÙ


GROSSI nella mia vita?’

E poi metteteli per primi nel vostro vaso.”

Con un cenno amichevole della mano l’anziano professore salutò il suo


uditorio e lentamente uscì dall’aula.

Anonimo

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CAPITOLO 6
Carpe Diem

Tu  non  chiedere  (è  inutile  saperlo)  quale  fine  gli  dei  abbiano  assegnato  a  
me, quale a te, oh Leuconoe, e non tentare i calcoli dei babilonesi.
Quanto meglio sarà sopportare qualsiasi cosa, sia che Giove ci abbia
assegnato molti inverni, sia che che ci abbia assegnato l’ultimo, che ora
squassa il mar Tirreno sugli opposti scogli: sii saggia, mesci il vino e recidi
la lunga speranza poiché lo spazio è breve. Mentre parliamo il tempo
invidioso  sarà  già  passato:  cogli  l’attimo,  confidando  il  meno  possibile  nel  
domani.

Orazio

Un consiglio di Orazio, rivolto ad una ragazza di duemila anni fa, carpe


diem, cogli il giorno, è diventato una massima universale, uno slogan diffuso
ovunque.

La  sua  filosofia  però  è  particolarmente  condivisibile,  anzi  direi  che  ne  ho  
fatto  la  mia  filosofia.

Da wikipedia:

Carpe diem (lett. “Cogli il giorno”, normalmente tradotta in “Cogli


l’attimo”, anche se la traduzione più appropriata sarebbe “Vivi il presente”
non pensando al futuro) è una locuzione tratta da un carmen del poeta latino
Orazio (Quintus Horatio Flaccus, nato nel 65 aC, morto nel 8dC) Viene
di norma citata in questa forma abbreviata, anche se sarebbe opportuno
completarla con il seguito del verso oraziano: “Carpe diem quam minimum
credula  postero”  (confidando  il  meno  possibile  nel  domani).

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La  filosofia  del  “Carpe  diem”  come  è  conosciuto  ai  più  il  pensiero  del  grande  
poeta  romano  Orazio,  molto  spesso  è  stata  male  interpretata  e  identificata    
in modo a dir poco semplicistico, con un gretto opportunismo o con il più
gaudente edonismo. In realtà le teorie di Orazio poggiano sulla razionale
considerazione che all’uomo non è permesso conoscere il futuro, e meno
che mai gli è permesso determinarlo.

L’altro pilastro del pensiero oraziano, è la consapevolezza del veloce scorrere


del tempo e della brevità della vita umana. Solo sul presente l’uomo ha
potere e solo sul presente, quindi, deve indirizzarsi la sua concentrazione
cercando per quanto possibile di non lasciarsi sfuggire le occasioni, le
gioie, le opportunità che nel presente gli si propongono (oggi potremo
identificarla  ironicamente  con  la  filosofia    di  “ogni  lasciata  è  persa”),  senza  
farsi condizionare da speranze e progetti o ansie future.

Si tratta di un atteggiamento che pone in primo piano la libertà dell’uomo


nel gestire la propria vita e spinge ad essere responsabili, ma soprattutto
consapevoli del proprio tempo, e di ciò che ci accade in questo tempo perché
“Dum loquimur, fugerit invida aetas” (mentre parliamo, il tempo invidioso
sarà già passato).

Orazio   appare   in   superficie   piuttosto   pessimista:   la   morte   è   sempre   in  


agguato  e  le  vita  potrebbe  finire  in  ogni  momento;;  è  meglio,  quindi,  non  
riporre le proprie speranze nel domani. Questa idea di brevità della vita in
realtà più che pessimista è realista ed è la molla che spinge a godersi la vita
per quanto possibile.

Nel consiglio dei grandi giorni si pose la domanda: “quale fu il più grande?”
il giorno in cui scoppiò la rivoluzione francese? Quando fu lanciata la prima
bomba atomica? Quando i titoli dei quotidiani annunciarono incidenti e
crimini sensazionali?

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Dopo  lunghe  discussioni  e  riflessioni  i  partecipanti  giunsero  a  una  conclusione  
che stupì molti: il premio veniva assegnato a un giorno in cui gli uomini
vissero e diffusero la gioia.

Tempo di essere liberi e sentirsi bene, tempo di riposo e nuovo inizio, tempo
per l’amore. “Quando è questo giorno?”chiese un membro del consiglio.
La  domanda  rimase  senza  risposta,  finché  qualcuno  ebbe  un’idea  geniale:  
questo giorno è OGGI! E ritornerà tutte le volte che ci sono delle persone
che percepiscono l’attimo dell’essere e lo vogliono sfruttare.

Carpe diem è la formula più breve e conosciuta per chi vede la vita come
un regalo, un nuovo invito a cominciare ogni nuovo giorno. “Sfrutta il
giorno!”

Carpe diem: Questa semplice incitazione è la base di quello che ancora


oggi  possiamo  definire  l’arte  del  vivere.  

In  realtà  la  filosofia  di  vita  di  Orazio  aveva  un  elemento  di  originalità  rispetto  ai  
pensatori contemporanei proprio perché permeata di senso dell’umorismo.

Ma, sia chiaro, l’intento di Orazio non era di spingere l’uomo a godere la
vita senza preoccupazioni ed affanni.

Orazio non è un incallito gaudente irresponsabile dedito a divertirsi e


godersela in ogni occasione. Tutt’altro! Ognuno è responsabile del suo
destino!

Orazio sovente, in maniera piuttosto ‘ignorante’ e semplicistica, viene


additato come un autore epicureo che incoraggia ad affrontare la vita
nell’univoca  ottica  di  assaporare  in  pieno  tutti  gli  aspetti  materiali,  finché  le  
circostanze lo permettono, senza preoccupazioni per il futuro che sarà come
il destino ha disegnato per noi.

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Una convinzione diffusa è che il ‘Carpe Diem’ oraziano sia un programma
di  edonismo  semplicistico,  che  identifica  la  felicità  con  i  piaceri  materiali  di    
una  vita  dissoluta,  identificata  simbolicamente  nel  banchetto,  o  addirittura  
nella  baldoria  e  nella  gozzoviglia  fine  a  se  stesse.  

Questo  però  è  l’ideale  di  vita  di  questa  filosofia  solo  nel  senso  popolare  del  
termine, in realtà anche la stessa dottrina epicurea, di cui tramite la scuola
di  Napoli,  Orazio  era  seguace,  ad  uno  sguardo  un  po’  meno  superficiale  è  
decisamente più profonda.

La   filosofia   del   Carpe   Diem   quindi,   non   è   così   banale   come   si   pensa  
popolarmente;;   non   significa   vivi   il   momento   e   fregatene   di   tutto   di   tutte  
le conseguenze che i tuoi comportamenti possono provocare sugli altri e
su te stesso. La Morale del Carpe Diem e decisamente più profonda come
abbiamo visto, ma è anche dannatamente saggia!

No  significa  abbandonarsi  ai  propri  istinti  e  alle  proprie  emozioni,  significa  


piuttosto valorizzare questi sentimenti che in realtà sono l’essenza più
profonda della vita; si pone in primo piano la libertà dell’uomo nel gestire
la propria vita, è una spinta ad essere responsabili di sé stessi e i del proprio
tempo, perché, Dum loquimur, fugerit invida aetas.

Il carpe diem dunque è l’incitamento a godersi la vita tra gioie,


compiacimenti e festosità in quanto realizzazione del principio morale che
non vale la pena prendersela e farsi il sangue amaro per cose destinate a
risolversi o a dileguarsi, o quanto meno a cambiare in un breve lasco di
tempo indipendentemente dalla nostra volontà e dal nostro impegno.

In realtà Orazio era pervaso da una fortissima insoddisfazione dettata


dalla consapevolezza che sogni, speranze ed illusioni svaniscono e mutano
velocemente,  a  causa  dell’inesorabile  fluire  del  tempo.

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La coscienza di ciò è la base del suo pensiero, non il cinismo di chi disilluso
non ha nulla da chiedere alla vita e da essa nulla si aspetta per tanto non gli
resta  che  affogare  nel  piacere  sfrenato.  La  morale  oraziana  riflette  invece  
l’amarezza ed il disincanto di chi si rende conto dell’assurdità di spendere
la nostra unica e breve vita a rincorrere costantemente ciò che ci sfugge.

“Carpe diem” è prima di tutto un invito ad essere sensati, a conoscere


se stessi, a capire nel nostro profondo io, quali siano le fondamenta del
bene e del male. È un progetto di vita molto diverso dal modo comune di
affrontare l’esistenza. Esso implica l’impegno continuo di rendere razionale
il momento contingente afferrando in esso tutte le opportunità di serenità.

Cogliere  l’attimo  quindi  non  significa  ottenere  tutto  e  subito  con  poco  sforzo,  
anzi direi che stiamo parlando di un atteggiamento mentale molto distante
da questa visione.

Cogliere l’attimo vuol dire anche non lasciarsi sfuggire un’occasione di


soddisfare un desiderio un sogno e assaporare la sensazione di felicità che
da quell’esperienza può scaturire, perché non si sa mai se quella stessa
occasione si ripresenterà una seconda volta, ma non è solo questo.

In fondo il raggiungimento della felicità è il proposito di ogni essere umano,


ma la felicità è spesso sfuggente, non duratura e molto frequentemente non
siamo nemmeno in grado di riconoscerla, appunto a causa della nostra
preoccupazione di gestire tutto ciò che non è in nostro potere gestire, a causa
del  veloce  fluire  del  tempo  e  della  nostra  convinzione  (per  lo  più  inconscia)  
di poter plasmare il nostro tempo e il nostro futuro.

Senza rendercene conto ci sfugge che ogni momento della nostra esistenza
è un istante irripetibile che non tornerà mai più, da afferrare continuamente
e vivere intensamente e soprattutto consapevolmente.

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Ogni 60 secondi che sprechi, arrabbiato, incavolato, infuriato, sono un
intero minuto di felicità che non ti verrà mai restituito.
Non so chi l’ha detto, ma era un saggio.

Non è necessario realizzare grandi opere per sentirsi vivi, non è necessario
aspettare  l’incerto  transito  di  difficili  treni  da  prendere  al  volo,  per  cogliere  
le nostre occasioni che sole ci permetteranno di percorrere con serenità la
nostra strada (ma va là!!!).

Spesso nell’impeto di cogliere la nostra unica occasione, non ci accorgiamo


di tutto quello che ci offre chi ci sta vicino.

A volte si sente un vuoto dentro di noi, perché ci affaccendiamo ad avere


sotto controllo ogni più piccolo avvenimento, a progettare il nostro domani
e  a  fare  in  modo  che  tutto  sia  pianificato  al  millimetro  e  perdiamo  invece    
l’occasione di vivere serenamente, e di apprezzare le piccole cose di tutti i
giorni, quelle che fanno piena una vita, perdiamo la spensieratezza propria
dei bambini che vivono e godono pienamente del loro presente.

Avete presente, per esempio, quelle situazioni in cui stiamo facendo un


viaggio anche breve, e siamo insieme tutti e cinque dentro alla nostra lurida
Multipla e chiacchieriamo spensieratamente o cantiamo a squarciagola
sopra una canzone di Jovanotti o di Loredana Bertè e ridiamo a crepapelle
perché papà prende in giro qualcuno di noi e ci sembra che tutto quanto
c’è di più importante sulla terra sia lì con noi e siamo talmente presi dalla
situazione che tutto quello che c’è al di fuori dall’abitacolo non ci riguarda,
non c’è, il mondo siamo noi?

Ecco è esattamente questo che intendo! Essere felici di quello che ci capita
e rendersene conto nel momento in cui ci capita!

Vivere il presente con piena consapevolezza! Che sensazione meravigliosa!

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Cosa   c’è   di   più   bello,   coinvolgente   e   gratificante   di   stare   bene   con   chi  
amiamo?

Azioni semplici, ma vissute con grandissima presenza di spirito, con


attenzione come se fossero la cosa più importante della nostra vita; e in quel
momento effettivamente lo sono!!!

Quante volte riusciamo ad assumere un atteggiamento analogo nel nostro


vivere di ogni giorno? Quanto di più, invece, siamo distolti da altre
preoccupazioni,  priorità,  riflessioni,   angosce,   assilli,   progetti,  programmi,  
proponimenti per il dopo, o anche da ricordi, rimorsi, nostalgie, rimpianti
riguardanti i nostri trascorsi?

E’ molto più comune arrovellarsi in questo tipo di atteggiamento, piuttosto


che vivere spensieratamente e con coinvolgimento quello che ci accade nel
momento.

E quello che è davvero triste è che non ce ne rendiamo nemmeno conto


tanto è consolidato e attecchito questo atteggiamento nel nostro modo di
essere da essere diventato un comportamento normale!!

Stai Facendo colazione, oppure stai già accendendo il tuo computer?


Stai  accompagnando  a  calcio  tuo  figlio  o  sei  già  con  la  testa  sui  fornelli?
Stai ascoltando la tua amica, o pensi già a quando ti farai una bella doccia, per
non goderti nemmeno quella perchè continuerai a pensare alla discussione
con il tuo capo avuta questa mattina!!! CHE STRESS!

Ho letto da qualche parte di qualcuno che riportava di aver visto una scritta
su di un muro in una città che recitava più o meno: Non possiamo vivere
l’oggi perché siamo troppo occupati ad assicurarci il domani e qualcun
altro   che   molto   efficacemente   sotto   aveva   aggiunto:   tajate i cavei e va a
lavorar.

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L’esempio per comprendere come abbiamo sempre una scusa pronta per
scivolare via dal contingente e rimandare a domani l’opportunità di vivere!
Ma quanto è importante qualunque progetto o proposito? E se poi non
arrivassimo mai a vederlo realizzato?

Con questo non intendo che è sbagliato buttarsi in missioni importanti (o


meno), il punto è che non bisogna perdere di vista ciò che rende saporita la
vita, ciò che abbiamo adesso, ciò che abbiamo realizzato ora!

Il  rischio  di  rincorrere  costantemente  nuove  mete,  altri  scopi,  diversi  fini,  
è che una volta raggiunti quelli, non riusciamo ancora a godere della
soddisfazione che potrebbe darci ciò che abbiamo conquistato, ma ci manca
sempre “un scheo per far un franco”!

Ogni obiettivo raggiunto, nel momento in cui cessa di essere potenziale e


diviene realizzato assume ai nostri occhi un aspetto banale, scontato, privo
di attrattiva. E il tragico sta nel fatto che questa insoddisfazione costante,
che ormai è il male del nostro tempo (ma evidentemente lo era anche 2000
anni fa) dipende tutta da un atteggiamento mentale dell’uomo.

All’interno di questo automatismo, davvero vizioso e diabolico ogni cosa e


ogni situazione diventa un tramite per giungere ad ottenere uno scopo, che
tuttavia risulta inevitabilmente inafferrabile.

E purtroppo la nostra quotidianità, così importante nella realizzazione del


nostro io, resta silenziosamente in disparte, in sottofondo, senza disturbare
il nostro vorticoso viaggio su migliaia di strade tortuose e a volte senza
uscita, che spesso ci riportano inconsapevolmente al punto di partenza. E ci
affatichiamo,  ci  angosciamo  per  ottenere  scopi  che  alla  fine  non  ci  portano  
alcun godimento, e anzi paradossalmente, non ci fanno procedere, non ci
fanno crescere, non ci fanno progredire come esseri umani.

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Ci agitiamo tanto e ci diamo tanto da fare perché in un continuo movimento
vorticoso le cose rimangano sempre immutate e uguali a sé stesse, perché è
il cambiamento, è il mistero delle cose che non conosciamo che ci angoscia
e ci sgomenta, ed è dalla paura di queste che ci facciamo guidare.

…E come riesci ad indovinare il futuro? Dai segnali del presente.


Il seguito risiede solo nel presente.
Se presterai attenzione al presente, potrai migliorarlo.
E se migliorerai il presente, anche ciò che accadrà dopo sarà migliore.
Dimentica il futuro e vivi ogni giorno della tua vita negli insegnamenti
della  legge,  e  nella  fiducia  che  Dio  ha  cura  dei  propri  figli.  
Ogni giorno porta con sé l’eternità.
Paulo Coelho – L’alchimista

Accettare il mutamento, essere consapevoli che non ci sono sicurezze, meno


il  fatto  che  ci  siamo  adesso,  è  a  volte  molto  difficile.  Ci  prende  un  senso  di  
vuoto e di spaesamento, che non vogliamo accettare perché siamo troppo
concentrati su di esso e non ci accorgiamo della serenità che abbiamo a
portata di mano. Ma se impariamo ad apprezzare quello che abbiamo, non
ci  accadrà  di  arrivare  alla  fine  del  viaggio  e  dire,  con  delusione:  “Beh?  Tutto  
qui?” Non perdiamoci il piacere del presente. Non stiamo sempre a pensare
a quello che sarà! Se non ci aspettiamo nulla non resteremo delusi! Ma se
sappiamo di avere già tutto ciò che desideriamo, effettivamente lo abbiamo
e lo avremo.

Per molto tempo ho avuto l’impressione che la vita stesse per iniziare la
vita vera. Ma c’era sempre qualche ostacolo sulla via, qualcosa che prima
bisognava risolvere, qualche affare in sospeso che richiedeva ancora tempo,
o  un  debito  da  estinguere.  In  seguito  la  vita  sarebbe  iniziata.  Alla  fine  mi  
sono reso conto che questi ostacoli erano la mia vita.
Alfred D. Souza

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VITA: istruzioni per l’uso
Non esiste una strada che porta alla felicità. La felicità è sulla strada!

Siamo convinti che la nostra vita sarà migliore quando saremo sposati,
quando   avremo   dei   figli,   quando   avremo   un   altro   figlio.   Poi   ancora   ci  
sentiamo  frustrati  perché  i  nostri  figli  non  sono  abbastanza  grandi  e  saremo  
più contenti quando lo diventeranno. In seguito siamo esasperati perché
dobbiamo occuparci di adolescenti. Siamo convinti che saremo felici
quando avremo superato questa fase della loro vita. Ci diciamo che staremo
meglio quando il nostro compagno avrà risolto i suoi problemi, avremo
un’automobile migliore, potremo fare una bella vacanza, quando andremo
in pensione. La verità è che non c’è un momento migliore per essere felici di
quello che stiamo vivendo. Se non ora quando? La vita sarà sempre piena
di  sfide:  è  meglio  accettarlo  ed  essere  comunque  felici!  

“Midnight Muse” Crystal Boyd

Da bambini il tempo ci appare enormemente dilatato, ogni avvenimento si


presenta come una novità che procura stupore e meraviglia.

Le cose accadono, gli eventi si avvicendano, grandi e piccoli, importanti e


banali e si intrecciano tra loro riempiendo la vita di ricchezze favolose che
il viverle ci porta a nanna esausti e felici, impazienti perchè convinti che il
giorno seguente ricomincerà la meravigliosa avventura.

Crescendo, maturando e diventando adulti la vita si appiattisce e tutte le


avventure ci appaiono banali, scontate, senza alcun fascino.

Ma il punto cruciale è che ci appaiono così, non che lo sono:

TUTTO DIPENDE DALL’ATTEGGIAMENTO!

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VITA: istruzioni per l’uso
Dobbiamo continuare ad andare costantemente alla ricerca di eventi sempre
più eccitanti, e di novità sempre diverse ed entusiasmanti precipitandoci
a rotta di collo verso l’esaurimento energetico (e nervoso) per nascondere
un profondo vuoto interiore, e una costante inspiegabile insoddisfazione,
oppure dobbiamo cercare di risvegliare i nostri sensi, ritornare, anche se
pervasi dall’esperienza di anni di vita, a quell’atteggiamento di stupore e di
meraviglia per ogni minima sensazione, impressione, turbamento, emozione
propria dei bambini?

Vivere il presente non dando sempre per scontato tutto ciò che accade e che
ci circonda!

Dipende da noi scegliere qual’è la strada che vogliamo percorrere, e sta a


noi assumerci le responsabilità delle nostre scelte vivendo coerentemente
con esse.

L’ode più rappresentativa della morale Oraziana è senz’altro questa, rivolta


a Leuconoe, una ragazza ingenua che si affanna a tentare calcoli astrusi a
causa dell’angoscia che le procura il pensiero del domani.
Forte del suo raggiunto equilibrio interiore Orazio la invita a non aspettarsi
grandi cose dal futuro, cosicché tutto quel che verrà sarà gradito e di non
sprecare il presente in inutili ambasce, ma di afferrarlo al volo, in modo da
non avere un futuro costellato di rimpianti.

Orazio nella sua vita ha capito l’importanza di accettare la realtà,


senza indagarla ulteriormente, ormai consapevole dell’inutilità di guardare
continuamente verso un futuro su cui non abbiamo potere e lasciarsi invece
scappare il presente, l’unica cosa su cui possiamo intervenire.
Il tempo è continuamente in fuga a rotta di collo, che non lascia modo di
basare la nostra serenità su ciò che forse sarà. E’ necessario sfruttare
al massimo il tempo che ci è concesso, e considerare ogni giorno che ci è
dato da vivere come un dono prezioso.

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Pertanto un uomo che gode del presente sarà sempre consapevole delle gioie
che la vita gli offre e solo questa consapevolezza gli permetterà di vivere
con serenità e continuità.

Adesso mi pare chiaro che il “carpe diem” non è un generico invito a


gozzovigliare, ma piuttosto un modo di vivere basato sull’assennatezza,
sulla moderazione e sulla consapevolezza dei limiti delle capacità umane
legato esclusivamente al presente, e quindi alla presa di coscienza di vivere
coscientemente e volontariamente tutto ciò che ci accade, senza mai lasciasi
scivolare sopra la propria esistenza, senza accorgersene.

Grande e bello spettacolo veder l’uomo uscir quasi dal nulla


per mezzo dei suoi propri sforzi;
disperdere, con i lumi della ragione, le tenebre
in cui la natura l’ aveva avviluppato; innalzarsi al di sopra di se stesso;
lanciarsi  con  lo  spirito  fino  alle  regioni  celesti:  
percorrere a passi di gigante, al pari del sole,
la vasta distesa dell’universo;
e,  ciò  che  é  ancor  più  grande  e  difficile,  rientrare  in  se  stesso  
per  studiarvi  l’uomo  e  conoscerne  la  natura,  i  doveri  e  il  fine.  
Rousseau

Quanto è importante tenere il cervello sempre collegato, essere persone


pensanti, esseri coscienti e consapevoli.
Ecco che il giusto mezzo e la sua continua ricerca sono la premessa
indispensabile al raggiungimento di un equilibrio interiore, che si fa forte
della propria libertà di scelta e di azione.

Quindi il “Carpe diem” è in sostanza la spinta fare propria l’arte di godere,


nel senso di avere sempre dentro di noi un motivo di benessere, che possa
procurarci gioia e si possa quindi restare padroni consapevoli di un animo
sereno nella buona e soprattutto nella cattiva sorte.

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VITA: istruzioni per l’uso
Ecco quindi che da questo punto di vista perde qualunque valore la corsa
sfrenata all’accumulo di beni materiali e all’acquisizione del potere che
procurano solo vuoto interiore, inquietudine e angoscia nel momento in
cui ci rendiamo conto che attraverso queste cose non raggiungeremo mai
quella felicità e quella serenità a cui agogniamo e che speriamo di procurarci
correndo freneticamente dappertutto.

A questo proposito, Orazio chiede ironicamente al suo amico Bullazio,


come mai non abbia trovato in nessuno dei tanti paesi lontani in cui è stato
la felicità che cercava e che forse avrebbe potuto trovare anche vicino a
Roma se solo avesse avuto la pazienza di guarire il suo animo.

NON SI PUO’ FUGGIRE DA SE’ STESSI!

Perchè non si è mai lontani abbastanza per non trovarsi.


Alessandro Baricco

Perchè devo ascoltare il mio cuore?


Perchè non riuscirai mai a farlo stare zitto.
E  per  quanto  tu  finga  di  non  ascoltare  ciò  che  dice,  
sarà sempre nel tuo petto
e continuerà a ripetere quello che pensa della vita e del mondo.
Nessuno riesce a sfuggire al proprio cuore.
Quindi è meglio ascoltare ciò che dice.
Paulo Coelho – L’Alchimista

PAGINA 118
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VITA: istruzioni per l’uso
Sempre nella lettera a Bullazio, alla strenua inertia, l’inguaribile incapacità
di vivere, il poeta mette di fronte l’animus aequus, l’equilibrio del giusto
mezzo che ci fa apprezzare la quotidianità.

Raggiungere la serenità quindi dipende dal nostro livello di razionalità. Non


è uno stato facilissimo da raggiungere, perchè richiede uno sforzo costante
nell’immergersi nel tempo che velocemente scorre e rende il presente
passato, ma già il fatto di comprendere la portata e l’importanza di questo
tipo di atteggiamento è un grande passo in avanti .

Alla   giovane   Leuconoe   che   continua   ad   affannarsi   per   pianificare   il   suo  


futuro Orazio propone l’immagine del mar Tirreno che si infrange sugli
scogli. È chiaro che si tratta di un’immagine simbolica che rappresenta
l’infrangersi dei sogni e delle illusioni sugli scogli della vita. Allora qual è
la strada per raggiungere la felicità o meglio ancora una duratura serenità?

Il primo passo è appunto quello di comprendere quale sia il giusto mezzo e


una volta acquisito il concetto, attraverso di esso, raggiungere l’equilibrio
personale. Nei suoi scritti parla di aurea mediocrítas di modus (misura) e di
fínis (limiti), oltre i quali non si può ritrovare bontà e giustizia. E’ il giusto
mezzo in ogni situazione che evita pericolosi estremismi.

Est modus in rebus


Imparare a vivere come prima cosa in equilibrio con sé stessi, imparare
a gestire il proprio tempo, senza condizionamenti da parte di terzi, né
intromissioni è il modo ideale di vivere (concetto che mi ricorda da vicino
al  filosofia  buddhista).

Amare la campagna, gustare il dolce oblio di una vita movimentata,


immergendosi nella lettura dei libri e apprezzare la genuinità di un piatto
di  fave  è  il  significato  vero  del  ‘carpe  diem’.  
Saverio Boccia

PAGINA 119
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VITA: istruzioni per l’uso
Principalmente l’equilibrio interiore che si riesce a raggiungere attraverso
il concetto del giusto mezzo, porta come conseguenza immediata
un’automatica armonia con il prossimo.

Il messaggio di Orazio a duemila anni di distanza si rivela ancora attualissimo,


e la sua forza sta tutta nella spinta alla saggezza della moderazione, nel
rivalutare le piccole cose, quei momenti di serenità interiore che danno un
senso alla vita, capire sé stessi e saper sorridere dei propri difetti per essere
disposti a scusare quelli degli altri, in questa esortazione profondamente
sentita a cogliere l’attimo prima che sia svanito, prima che il presente
diventi inesorabilmente passato; il grandissimo rischio della mancanza di
consapevolezza è che la vita diventi un lungo e continuo rimpianto!

ORAZIO ERA DAVVERO UN GRANDE FIOL

come direbbe Piero!

PAGINA 120
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VITA: istruzioni per l’uso
Tratto da: De Brevitate Vitae (Seneca)
La maggior parte dei mortali, o Paolino, si lagna per la cattiveria della
natura, perché siamo messi al mondo per un esiguo periodo di tempo, perché
questi periodi di tempo a noi concessi trascorrono così velocemente, così in
fretta che, tranne pochissimi, la vita abbandoni gli altri nello stesso sorgere
della vita.

Né di tale calamità, comune a tutti, come credono, si lamentò solo la folla e


il dissennato popolino; questo stato d’animo suscitò le lamentele anche di
personaggi famosi. Da qui deriva la famosa esclamazione del più illustre
dei medici, che la vita è breve, l’arte lunga; di qui la contesa, poco decorosa
per un saggio, dell’esigente Aristotele con la natura delle cose, perché
essa è stata tanto benevola nei confronti degli animali, che possono vivere
cinque o dieci generazioni, ed invece ha concesso un tempo tanto più breve
all’uomo, nato a tante e così grandi cose.

Noi non disponiamo di poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. La vita


è lunga abbastanza e ci è stata data con larghezza per la realizzazione delle
più grandi imprese se fosse impiegata tutta con diligenza; ma quando essa
trascorre nello spreco e nell’indifferenza, quando non viene spesa per nulla
di  buono,  spinti  alla  fine  dall’estrema  necessità,  ci  accorgiamo  che  essa  è  
passata e non ci siamo accorti del suo trascorrere.

È così: non riceviamo una vita breve, ma l’abbiamo resa noi, e non siamo
poveri di essa, ma prodighi. Come sontuose e regali ricchezze, quando siano
giunte ad un cattivo padrone, vengono dissipate in un attimo, ma, benché
modeste,   se   vengono   affidate   ad   un   buon   custode,   si   incrementano   con  
l’investimento, così la nostra vita molto si estende per chi sa bene gestirla.

Seneca, De brevitate vitae

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VITA: istruzioni per l’uso
Tratto da: Il deserto dei Tartari

Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza,
una  strada  che  da  bambini  sembra  infinita,  dove  gli  anni  scorrono  lenti  e  con  
passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza.
Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c’è proprio
bisogno di affrettarsi, nessuno preme di dietro e nessuno ci aspetta, anche i
compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare.
Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicando
l’orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e
teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono
più avanti; ancora non si vedono, no, ma certo, assolutamente certo che
un  giorno  ci  arriveremo.  Ancora  molto?  No,  basta  attraversare  quel  fiume  
laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline.
O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi
prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha
l’impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è
più avanti e si riprende senza affanno la strada. Così si continua il cammino
in  una  attesa  fiduciosa  e  le  giornate  sono  lunghe  e  tranquille,  il  sole  risplende  
alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto. Ma a un
certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello
è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si
sente che qualche cosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si
sposta  rapidamente,  ahimè,  non  si  fa  tempo  a  fissarlo  che  già  precipita  verso  
il  fiume  dell’orizzonte,  ci  si  accorge  che  le  nubi  non  ristagnano  più  nei  golfi  
azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l’una sull’altra, tanto è il loro
affanno; si capisce che il tempo passa e che la strada un giorno dovrà pur
finire.  Chiudono  a  un  certo  punto  alle  nostre  spalle  un  pesante  cancello,lo  
rinserrano con velocità fulminea e non si fa tempo a tornare.

Dino Buzzati, “Il deserto dei Tartari”

PAGINA 122
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Gioventù

La gioventù non è un periodo della vita: è una forma del pensiero, è una
condizione della volontà, una facoltà dell’immaginazione, una forza pura dei
sentimenti, un predominio del coraggio sulla timidezza e della aspirazione
di avventura sull’amore di comodità.

Nessuno diviene vecchio semplicemente perché vive un certo numero di


anni : gli individui invecchiano solo perché disertano i loro ideali.
Gli anni rendono rugosa la pelle, ma rinunciare all’entusiasmo rende rugosa
l’anima.  Preoccupazione,  dubbio,  mancanza  di  fiducia,  paura  e  disperazione,  
fanno piegare il capo e rigettare nella polvere lo spirito che vuole elevarsi.
Sia a sessant’anni che a sedici, vi è nel cuore di ogni essere umano l’amore
per la meraviglia, la dolce sorpresa delle stelle e delle cose e dei pensieri
che   assomigliano   alle   stelle,   indomabile   sfida   agli   eventi,   l’inesauribile  
giovanile appetito per il “poi” e la gioia del gioco della vita.

Siamo giovani quanto la nostra fede, vecchi quanto il nostro dubbio; giovani
quanto  la  fiducia  di  noi  stessi,  vecchi  quanto  la  nostra  paura;;  giovani  quanto  
la nostra speranza, vecchi quanto la nostra delusione.
Rimarrete    giovani    finché  il    vostro    cuore    sarà    recettivo    ai    messaggi    
di bellezza, gioia, coraggio, grandiosità e forza della natura, dall’uomo e
dall’infinito.  Quando  tutto  sarà  a  terra,  quando  il  più  recondito  angolo  del  
vostro cuore sarà ricoperto dalla neve del pessimismo e dal ghiaccio del
cinismo, allora e solo allora sarete veramente vecchi.

Samuel Ullman

…E quando tutti i giorni diventano uguali


è perché non ci si accorge più delle cose belle che accadono nella vita
ogniqualvolta il sole attraversa il cielo.
Paulo Coelho – l’Alchimista

PAGINA 123
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Lentamente muore

Muore lentamente chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno


gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cambia colore
dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e
i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che
fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle
che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi
non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno, chi non si
permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia
incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non


fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede
uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.

Martha Medeiros

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Vivi la Vita

La vita è un’opportunità, coglila.


La vita è bellezza, ammirala.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne una realtà.
La  vita  è  una  sfida,  affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è una ricchezza, conservala.
La vita è amore, godine.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è una promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La vita è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, accettala.
La vita è un’avventura, rischiala.
La vita è felicità, meritala.
La vita è la vita, difendila.

Rudyard Kipling

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CAPITOLO 7
Piangersi addosso

Questo argomento l’ho trattato per inciso nei capitoli precedenti. Volevo
approfondire leggermente la cosa, dato che mi sta piuttosto a cuore, ma
poiché riguarda una categoria di persone verso cui (pur nel rispetto per il
loro appartenere al genere umano) non riesco nella maniera più assoluta ad
essere tollerante (ci sto lavorando… forse verso gli 80 anni supererò questo
mio blocco)... ne è venuto fuori un capitolo a sé.

L’attività di piangersi addosso è un’occupazione che attualmente va molto di


moda (o forse è sempre stato così) e ritroviamo moltissime persone sempre
più impegnate in questo esercizio.

Quando ci si lamenta, con i parenti, sul lavoro o con gli amici, con i conoscenti,
difficilmente   si   pensa   che   il   lamento   possa   diventare   un’opportunità   di  
crescita, ci si lamenta semplicemente perché ci si sente terribilmente vittime
degli eventi.

Il lamento pare diventato lo sport nazionale, anzi, una competizione tra chi
è più sfortunato.

Solo che il continuo piagnisteo è una musica troppo assordante e fastidiosa


da ascoltare. L’unico risultato reale che si ottiene con questa pratica, è quello
di  essere  considerati  noiosi  ed  asfissianti.

Sembra inarrivabile il concetto secondo cui sia possibile, resistendo alla


diabolica tentazione di piangersi addosso per il puro gusto di essere compatiti,
mutare quest’istinto perverso in un’ulteriore occasione di arricchimento.

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L’arte di non lamentarsi mai o anche di lamentarsi poco, pare sia diventata
una virtù talmente rara da essere in pericolo di estinzione, non comprendendo
invece  la  raffinatezza  di  questa  capacità  remota,  che  in  realtà  è  alla  portata  
di tutti.

Non ci si può sempre aspettare che la soluzione dei nostri guai arrivi per
miracolo dall’interessamento degli altri. Imparando ad assumerci le nostre
responsabilità oltre ad avere un atteggiamento produttivo si riuscirà anche
a  dare  una  carica  alla  fiducia  (evidentemente  scarsa)  che  riponiamo  in  noi  
stessi.

Piagnucolando non si affrontano i problemi.

Quella del lamentoso è una delle professioni più semplici da apprendere e


più immediate da intraprendere, ma sicuramente tra le meno produttive. Dal
bambino disubbidiente, alla pioggia incessante, ogni occasione è valida per
assumere il ruolo di vittima.

In linea di massima, si tende a lagnarsi di tutto ciò


che non corrisponde alle proprie aspettative.
Insomma, è un modo per buttare fuori insoddisfazioni
e frustrazioni, ma facendo ricadere le colpe sugli altri.
Luciano Ballabio

In apparenza le recriminazioni possono sembrare innocue e anzi,


nell’immediato danno sollievo a chi ne è il protagonista (non certo a chi
le ascolta!), in realtà però sono letali elementi di intralcio nei rapporti
interpersonali (le lamentele continue ci rendono impossibili da sopportare),
inoltre sul piano individuale ci rendono sempre più insoddisfatti e
dipendenti da un atteggiamento mentale deleterio che diviene abituale.

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Brontolare diventa un modo di essere da cui si dipende come da una droga.

Fatti i debiti conti quindi la lamentela è innocente solo per un osservatore


superficiale:  dietro,  infatti,  nasconde  la  voglia  di  essere  critici  e  acidi  verso  
qualcuno ed è deleteria soprattutto per chi la fa.
Appare senz’altro meno eclatante di una scenata, ma chi si lamenta a voce
alta  dell’inefficienza  della  commessa,  non  lo  fa  certamente  in  buona  fede  e  
senza  secondi  fini.

L’intento è preciso: ed è quello di concentrare l’attenzione su sé stessi,


mettendo in cattiva luce gli altri. A prima vista lamentandosi si ottiene il
duplice risultato di autoassolversi da ogni colpa e di attirare l’attenzione
del prossimo. Ma è solo un vantaggio illusorio; le lamentele, nel migliore
dei   casi   infastidiscono   chi   le   subisce   e   chi   ne   è   artefice   perde   agli   occhi  
dell’altro credibilità, stima, prestigio e considerazione.

Normalmente inoltre, chi si piange addosso e lamenta sciagure continue,


non accetta mai consigli per soluzioni al suo problema.

Il  brontolamento  è  una  tentazione  luciferina,  alla  quale  è  difficile  resistere.  


Alla  fin  fine  però  non  ha  appunto  nessuna  utilità:  quasi  sempre,  dopo  esserci  
lamentati a lungo, non ci passa nemmeno per il cervello di provare a cambiare
le cose, e se qualcuno ci consiglia come farlo semplicemente ci infastidisce, lo
cataloghiamo come insensibile e inevitabilmente, riprenderemo a piangerci
addosso.

I propri guai divengono pretesti per piagnucolare ulteriormente e dare sfogo


alla propria vena drammatica, riducendosi a non avere altri argomenti
di conversazione se non le proprie disgrazie (che per inciso il più delle
volte non interessano a nessuno). Queste persone per avere rapporti sociali
(malati) non hanno alternative se non vedere il bicchiere sempre mezzo
vuoto.

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Il lamento è un prurito mentale:
più si gratta, più cresce.
Alessandra Locatelli

Diciamoci la verità: chi di noi non ha qualche buona ragione per


lamentarsi?

Ogni fatto della vita, brutto o bello, importante o secondario, può essere
un valido pretesto per brontolarci su. Si pensa che lagnandosi di continuo
si possa evitare l’invidia da parte degli altri, e poi se siamo così sfortunati
avremo pure il diritto di sfogarci!

Però la prospettiva cambia quando a lamentarsi sono gli altri: quelli che
appena vediamo in lontananza cambiamo strada, perchè sappiamo già che
ci sommergerebbero con tutti i loro guai... e arriviamo così al paradosso di
lamentarci  di  chi  si  lamenta!!!  Un  bel  circolo  vizioso,  per  definizione,  senza  
via d’uscita.

Drammaticamente poi le lamentele di uno fanno da calamita a quelle degli


altri in un crescendo di disgrazie sempre più inenarrabili, dove chi parte a
raccontare i propri guai attacca il suo interlocutore che per difendersi deve
avere una disgrazia più grossa da opporre.

Risultato: un caos insopportabile.

Ma in realtà tutto questo piagnucolamento è solo la punta dell’iceberg. E’ il


sintomo di una profonda insicurezza e inadeguatezza, di una totale disistima
nei propri confronti e dell’incapacità di responsabilizzarsi evitando di
caricare sulle spalle degli altri o della sorte i guai della nostra esistenza.

Recriminare continuamente è un modo di mettere la testa sotto la sabbia


continuando inesorabilmente a borbottare per lavarci la coscienza.

PAGINA 129
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Intendiamoci: i lamenti possono costituire una reazione episodica,
istintiva e difensiva di fronte ad un improvviso dolore
che produce una sofferenza acuta, imprevista, superiore alle nostre forze.
Luciano Ballabio

E questo è l’unico tipo di recriminazioni che ha senso sopportare. Ma è


l’unico e il più raro.

Il più di volte ci troviamo di fronte ad un atteggiamento mentale abituale e


ricorrente  con  il  quale  pensiamo  di  arginare  le  difficoltà  che  incontriamo  o  
le situazioni che non corrispondono alle nostre aspettative.

Lamentosi si nasce o si diventa? Entrambe le cose.


Lamentarsi è la reazione primordiale che ogni animale
ha  di  fronte  al  dolore,  fisico  o  psichico.  Ma  poi  c’è  chi  cresce,
e si sforza di coltivare appunto “l’arte” di non lamentarsi,
e chi invece rimane in una sorta di immaturità.
Luciano Ballabio

In realtà, se qualcuno ha subito dalla vita colpi particolarmente duri,


è pienamente scusato se se ne rammarica e si sfoga piangendoci sopra.
Resta comunque un comportamento non costruttivo, ma per lo meno è
giustificato.  Ma  spesso  ci  si  accorge  che  chi  recrimina  e  si  lamenta  con  più  
ostinazione è chi non ha in realtà delle ragioni evidenti per farlo. Infatti
è molto facile che chi soffre davvero o ha davvero dei problemi seri, sia
il primo a sdrammatizzare la situazione e a non lamentarsene quasi per
niente.

Chi ha davvero dei guai di solito è troppo impegnato ad affrontarli


produttivamente e non ha tempo da perdere in sterili piagnucolii! E’ piuttosto
diffuso il fatto che chi si lamenta da mattina a sera sia chi non si è in realtà
mai trovato ad affrontare grane vere!!!

PAGINA 130
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Personalmente ho un amico cieco dalla nascita e un altro che, a causa di
un incidente, zoppica in maniera vistosa: ebbene, si tratta di due persone
straordinarie, dotate di spirito e con un grande senso dell’ironia, che non
ho   mai   sentito   lamentarsi   di   nulla.  Anche   le   difficoltà   possono   diventare  
un’occasione di crescita.
Luciano Ballabio

Ma di chi o di cosa ci si lamenta in particolare? Tendenzialmente di tutto


e   di   tutti:   di   noi   stessi,   del     fidanzato   o   del   marito   che   ci   trascura,   degli  
amici  che  non  ci  capiscono  o  che  non  sono  presenti,  del  capoufficio,  della  
segretaria, della commessa che ci serve in negozio, del compagno di banco,
del vicino di casa, del droghiere, dell’elettricista, del collega zelante o di
quello troppo pigro, di chi parla troppo, di chi non parla mai, della suocera
impicciona, della nuora facilona, di un conoscente, chi di due, chi di tutti,
della politica, dell’amministrazione pubblica, della scuola, del sindacato,
della  fatica  di  arrivare  a  fine  mese,  del  mal  di  schiena,  delle  tasse,    perché  
fa caldo, perché fa freddo, perché non la smette più di piovere, perché c’è
il sole che ci rovina i gerani, del tempo in generale, sul quale, comunque,
non  possiamo  esercitare  nessun  controllo,  dell’inquinamento  e  del  traffico,  
ma non sappiamo rinunciare all’auto, dell’eccessiva diffusione dei cellulari,
che però non dimentichiamo mai a casa, chi sceglie il suicidio che però non
porta mai a compimento, chi sceglie di continuare a lamentarsi, e chi più ne
ha più ne metta...

PAGINA 131
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VITA: istruzioni per l’uso
Tutti però inesorabilmente continuano a rompere vigorosamente l’anima al
proprio prossimo!

Una delle situazioni più deleterie in cui l’abitudine a piagnucolare e a


recriminare su tutto può portare a conseguenze estremamente dannose
è   quando   i   genitori   si   lamentano   dei   figli   e   figli   (di   conseguenza)   si  
lamentano dei genitori; in particolare quando i bambini sono ancora piccoli
e “plasmabili”.

Quanto più precocemente e sovente siamo stati i destinatari delle lamentele


degli altri, genitori o educatori, tanto più, crescendo, ci sarà naturale usare
con gli altri lo stesso modo negativo di interagire.

Un altro ambiente dove la lamentazione è tanto diffusa quanto dannosa


è quello professionale. Sul lavoro la recriminazione più diffusa è quella
rivolta ai colleghi, nell’intento di scaricare sugli altri le responsabilità dei
nostri insuccessi.

E’ la più diffusa e la più dannosa, in quanto mina la produttività, non facendo


parte della categoria delle critiche costruttive, ma piuttosto delle lagnanze
distruttive. Sarebbe meglio piagnucolare un po’ di meno e agire un po’ di
più e soprattutto meglio.

E se qualcuno si lamenta di noi? Ma logico! La miglior difesa è l’attacco!

Se qualcuno si lamenta di noi, noi ci lamentiamo di lui di più e a voce più


alta. Quanto meno logorante e più produttivo sarebbe affrontare il nostro
antagonista  attraverso  un  dialogo  chiarificatore?

La guerra tra chi si lamenta di più lascia sul campo solo una distesa di
cadaveri, come tutte le guerre, senza vincitori.

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VITA: istruzioni per l’uso
Chi si lamenta avvelena anche te!
Digli di smettere!
Alessandra Locatelli

•   Quando ci lamentiamo di qualcuno lo facciamo perché ci perseguita,


ci ostacola, ci invidia, ci ha preso di mira, non capisce, non collabora...
oppure perché noi siamo convinti che sia così e gli attribuiamo cattive
intenzioni o addirittura siamo noi a nutrire questi sentimenti nei suoi
confronti?
•   A volte l’incapacità di gestire una situazione problematica che noi stessi
abbiamo contribuito a creare, ci spinge a cercare un colpevole di cui
lagnarsi, invece di affrontare la propria sensazione di inadeguatezza. Ma
lamentarsi è una perdita di tempo, per di più dannosa: invece di concentrare
le nostre energie per rafforzare la nostra autostima, le disperdiamo in
un’attività che dà sollievo solo momentaneo. Per ottenere risultati positivi
è invece indispensabile una lungimirante costruttività.
•   Nelle relazioni affettive e professionali la qualità del clima che sappiamo
creare intorno a noi è decisiva: quanto più l’ambiente è disteso, sereno,
collaborativo, tanto più ciascuno può dare il meglio di sé. Tanto più il
clima è ostile, negativo, più ognuno è portato a far emergere il peggio di
se stesso, dando libero sfogo ai propri istinti più rozzi, in modo lamentoso,
ripetitivo e distruttivo. Ricordiamoci sempre che i nostri stati d’animo
hanno il potere di trasferirsi a chi ci sta intorno.

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•   Di fronte a un cambiamento imprevisto, a una sorpresa sgradita, a un
insuccesso inaspettato, se non riusciamo a superare le emozioni negative,
come paura, delusione e senso di impotenza, è facile lamentarsi della
sfortuna, della sorte avversa, delle congiunzioni astrali negative. Ma
invece è più utile cercare di “leggere” l’evento come la strada verso una
nuova opportunità.

L’arte di non lamentarsi di Luciano Ballabio

Ma se riuscissimo a trasformare tutte le nostre lamentele in obiettivi da


raggiungere, non sarebbe un atteggiamento molto più produttivo?

Se invece di piagnucolare pensando che tutti ce l’hanno con me provassi


a dire “da oggi in poi mi conquisterò la stima delle persone”; se invece
di passare il tempo a pensare quanto sono triste e solo, mi impegnassi a
raggiungere l’obiettivo contrario:

“Da oggi in poi lavorerò per la mia felicità


e per la condivisione della mia vita con gli altri”!

E’ sempre una questione di atteggiamento, ma è un atteggiamento che può


cambiare la vita.

E’  una  tecnica  semplice,  ma  efficacissima.  

Trasformare i piagnucolamenti e le situazioni che non ci vanno in obiettivi da


raggiungere, ci permette di focalizzare la nostra attenzione sulle soluzioni e
non sui problemi, predisponendo il nostro “essere” a cogliere tutti i dettagli,
i segnali e le opportunità che ci porteranno a cambiare la situazione.

PAGINA 134
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Se non puoi fare niente, perché ti lamenti?
Se puoi fare qualche cosa, perché ti lamenti?
Proverbio cinese

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CAPITOLO 8
Felicità

C’è un’ape che se posa


su un bottone de rosa
lo succhia e se ne va...
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.
Trilussa

Da   quanto   detto   fin’ora   risulta   evidente   che   è   felice   chi   impara   a   vivere  
nell’alternanza dei sentimenti, chi è ottimista e ironico, chi riesce a mantenere
il buon umore nella maggior parte delle situazioni, chi ama senza aspettarsi
nulla dall’altro, chi si compiace della buona sorte degli amici, chi supera
l’odio  senza  rancore,  chi  è  sufficientemente  fatalista  da  vivere  intensamente  
il presente e chi è soddisfatto e consapevole di ciò che ha, perché la felicità
distaccata dalle condizioni pratiche della vita non è indicativa di un vero
stato di benessere.

In questo capitolo però vorrei approfondire un po’ di più il concetto di


felicità.

Da wikipedia:

La felicità è una condizione (emozione) fortemente positiva, percepita


soggettivamente, sempre secondo criteri soggettivi. La nozione di felicità,
intesa come condizione (più o meno stabile) di soddisfazione totale, occupa
un posto di rilievo nelle dottrine morali dell’antichità classica, tanto è
vero che si usa indicarle come dottrine etiche eudemonistiche (dal greco
eudaimonìa) solitamente tradotto come “felicità”.

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Tale concezione varia, naturalmente, col variare della visione-concezione
del mondo e della vita su di esso. Le sue caratteristiche sono variabili
secondo l’entità che la prova. Quando è presente associa la percezione di
essere eterna, IL TIMORE CHE FINISCA LA FINISCE!

La felicità è una condizione di benessere dell’essere umano.


L’uomo  fin  dalla  sua  comparsa  ricerca  questo  stato  di  benessere.  
La felicità è quell’insieme di emozioni e sensazioni del corpo e dell’intelletto
che procurano benessere e gioia in un momento più o meno lungo della
nostra vita.

Se l’uomo è felice, subentra anche la soddisfazione e l’appagamento.

Il fatto che vi è sempre un lato positivo nella vita ti rende sereno.


Questo mondo non è perfetto. Ci sono problemi.
Ma le cose come felicità e infelicità sono relativi.
Realizzare questo ti dà speranza.
Dalai Lama

Le emozioni sono gli elementi strutturali della nostra esistenza, rendono la


vita colorata e degna di essere vissuta.

vai perfetto difettoso basta esser generoso


e un po’ qui un po’ là proprio come nella vita
tutto nasce tutto muore e nel mezzo c’è l’amore
c’è i problemi c’è i casini perché in quello siamo i primi
Perfetto difettoso- Piero Pelù

Nella nostra cultura occidentale che poggia profondamente sul raziocinio,


le emozioni sono viste con timore e sospetto, come qualcosa che potrebbe
sfuggire alla nostra padronanza delle situazioni compromettendo il nostro
autocontrollo.

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Se diamo spazio alle emozioni, siamo destinati a perdere quel dominio
disciplinato che l’uso della ragione ci consente e ci promette.

Lasciarsi andare all’istinto e all’emotività a volte ci mette in condizione di


commettere delle azioni di cui in un secondo momento (quando torniamo
‘padroni di noi stessi’) potremmo pentirci (rischiamo di fare delle belle
figure  di  marmellata).

In realtà però, sono le emozioni il sale della vita, ciò che ci fa assaporare
l’esistenza, e sono sempre le emozioni che ci procurano continuamente
nuovi stimoli e ci danno motivo di continuare il nostro percorso per quanto
accidentato. In effetti non si riesce a considerare una vita “ricca” quella
di chi non ha mai provato, sensazioni di gioia, trepidazione, turbamento,
paura, passione, nostalgia, ma anche dolore e sofferenza. Perché chi non ha
conosciuto le sensazioni e le emozioni spiacevoli non sarà mai veramente
in grado di apprezzare le gioie delle emozioni positive.

La felicità solitamente viene spiegata con termini come appagamento,


letizia, soddisfazione, beatitudine, tranquillità, contentezza, godimento,
piacere, divertimento, soddisfazione, sostantivi che indicano tutti
delle emozioni. Tutti gli esseri umani, chi più chi meno, provano delle
emozioni, e le trasformano in comportamenti più o meno visibili, evidenti
e consapevoli. Le partecipiamo agli altri parlando o scrivendo di esse o
addirittura rappresentandole in opere d’arte. Ma il modo più semplice e
immediato di condividere queste emozioni è viverle. L’uomo in ogni caso è
alla continua ricerca spontanea di tutti quegli stati d’animo che gli procurano
appagamento, che lo fanno stare bene, che gli provocano gioia e serenità. In
poche parole l’uomo cerca istintivamente il raggiungimento della felicità.

Ognuno di noi è responsabile della propria felicità.


Ed Diener

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A questo stato d’animo celestiale si giunge attraverso le emozioni positive
che però non ci piovono in testa per grazia ricevuta. E’ senz’altro vero che chi
non è in grado di farsi coinvolgere e di vivere appieno le emozioni negative,
non è capace nemmeno di apprezzare completamente e consapevolmente le
emozioni positive che ci conducono alla meta ambita.

Meglio essere ottimisti ed aver torto


che essere pessimisti ed avere ragione.
Albert Einstein

Uno stato d’animo positivo e ottimista incide in maniera preponderante


sia sui modi di comportarsi che sull’atteggiamento psicologico e spirituale
dell’individuo, in modo tale che gli atteggiamenti, con cui il soggetto
affronta le contingenze della vita, lo portano ad agire nel modo più adatto
e funzionale alle situazioni stesse, che affronta ottenendo così i migliori
risultati. E’ logico che di conseguenza gli atteggiamenti e gli effetti di questo
modo  di  agire  influiscano  prepotentemente  sul  benessere  personale  e  sulla  
nostra socialità.

E’ molto diffusa la convinzione che il malessere e le traversie siano degli


elementi caratteristici della vita, di cui non c’è modo di fare a meno. La vita
è una valle di lacrime e non c’è alternativa.

Questo atteggiamento mentale così diffuso provoca nell’individuo un’enorme


sofferenza accompagnata costantemente da un fatalismo negativo, privo di
prospettive.

Si affronta l’esistenza come un percorso di espiazione in attesa di ottenere


il  giusto  compenso  alla  sofferenza,  che  però  non  è  mai  sufficiente  a  ripagare  
quanto ingiustamente subito.E’una morale esistenziale basata sull’aspettativa
che passi ciò che stiamo vivendo, nella speranza che ciò che verrà dopo sarà
migliore.

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VITA: istruzioni per l’uso
Questo atteggiamento però è un atteggiamento vizioso. Non si arriverà mai
ad  ottenere  qualcosa  di  sufficientemente  positivo  perché  non  saremo  mai  
nella predisposizione d’animo per apprezzare veramente ciò che ci accade.

Aspettare che “passi” non è mai un sistema produttivo di affrontare le


difficoltà.  I  problemi  non  si  risolvono  da  soli.  Vanno  affrontati  con  energia  
e positività. Sedersi ad aspettare che qualcuno o qualcosa risolva i nostri
guai ha l’unico effetto di farci perdere di vista il presente e ipoteca il
nostro domani mettendolo nelle mani di qualcuno o di qualcosa (le nostre
aspettative, reali solo nel nostro cervello?!) su cui non abbiamo alcun potere,
alcun dominio.

Saper vivere e godere delle fredde giornate di tempesta non solo può
paradossalmente diventare motivo di gioia in sè, ma sicuramente ci insegnerà
a vivere con anche più intensità le calde giornate di sole. Chi non riesce a
vivere  con  pienezza  le  difficoltà  non  potrà  nemmeno  mai      essere  veramente  
felice.

Chi non è contento di quello che ha


non sarà contento di quello che avrà .
Socrate

Il problema di queste persone sta nella loro, forse inconsapevole, convinzione


che il loro futuro non possa che essere esattamente come se lo sono
prefigurato.  

Ogni discrepanza dal progetto iniziale viene vissuta come una sciagura. Con
questo tipo di atteggiamento, ci si oppone allo scorrere dell’esistenza e si
combatte continuamente contro l’imperscrutabile fatalità della vita su cui
l’essere umano non ha nessuna padronanza, e proprio in questo sta la base
dell’insoddisfazione e della sofferenza, più che nelle effettive contingenze
negative.

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Aiutati che il ciel ti aiuta.

La fortuna aiuta gli audaci.

Ognuno è responsabile di se stesso, della propria vita, della propria testa


e del proprio cuore. Ognuno può servirsi del proprio libero arbitrio per
realizzare se stesso, per vivere in armonia con gli altri e per permettere a chi
gli sta vicino di realizzare altrettanto.

Il  rispetto  verso  se  stessi  e  verso  gli  altri  è  la  pietra  su  cui  edificare  la  propria  
felicità.

Nello  stesso  modo  siamo  liberi  di  non  prendere  di  petto  le  nostre  difficoltà,  
di non affrontare i nostri dolori, di chiuderli dentro di noi diventando tristi e
depressi, di focalizzarci su di essi, di annegare i nostri dispiaceri nell’alcol,
solo se in tutto questo “scatafascio” non coinvolgiamo terze persone da
portare  a  fondo  con  noi,  che  magari  libere  dalla  nostra  influenza  farebbero  
scelte opposte alle nostre.

Ma in ogni caso nessuno ha il diritto di decidere per un altro!

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VITA: istruzioni per l’uso
I  tuoi  figli  non  sono  figli  tuoi
Sono  i  figli  e  le  figlie  della  vita  stessa.  

Tu li metti al mondo ma non li crei.

Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.

Puoi dar loro tutto il tuo amore, ma non le tue idee.

Perchè loro hanno le proprie idee.

Tu puoi dare dimora al loro corpo, non alla loro anima.

Perchè la loro anima abita nella casa dell’avvenire, dove a te non è dato di
entrare, neppure col sogno.

Puoi cercare di somigliare a loro ma non volere che essi somiglino a te.

Perchè la vita non ritorna indietro, e non si ferma a ieri.

Tu  sei  l’arco  che  lancia  i  figli  verso  il  domani.  

Khalil Gibran

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Senza cuor contento non c’è bene che valga,
come col cuor contento non c’è male che nuoccia in questo mondo.
M. D’Azeglio

I “cuor contenti” sono quelli che riescono a vivere anche i momenti di


massima  difficoltà  come  occasioni  per  crescere  e  migliorarsi,  opportunità  
per raggiungere il meglio, ma già come parte del meglio.

Queste persone trascorrono la propria esistenza nella totale consapevolezza


di se stessi e della propria vita , come di un matrimonio complesso anche
pieno di contraddizioni e incoerenze, ma nella continua certezza di riuscire
a venirne a capo, e nella convinzione di cogliere in questo modo la vera
ricchezza dell’esistenza.

Affrontando   le   difficoltà   scopriamo   tutte   le   risorse   di   cui   disponiamo,  


facendole  emergere,  affinandole  ed  arricchendole  di  volta  in  volta.  E  questo  
paradossalmente vale per le contrarietà, per i problemi e per gli ostacoli, ma
anche per la gioia, per il piacere, per la soddisfazione.

… un mondo vecchio che sta insieme


solo grazie a quelli che
hanno ancora il coraggio di innamorarsi
e una musica che pompa sangue nelle vene
e che fa venire voglia di svegliarsi e di alzarsi
smettere di lamentarsi
Jovanotti

E’ risaputo che se uno è di buon umore affronta la vita con il sorriso sulle labbra
e si relaziona agli altri in maniera molto più ben disposta e tollerante rispetto
a quando si sveglia con la luna rovescia. Ad esempio, si è trovato che il buon
umore porta a descrivere in modo positivo gli eventi sociali a percepirsi come
socialmente competenti, a provare sicurezza in se stessi e autostima (Bower).

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VITA: istruzioni per l’uso
Il bene e il male non sono altro che le due facce della stessa medaglia è
impossibile godere di uno senza affrontare l’altro.

Sofferenza e felicità sono strettamente legate, quanto più si è disposti ad


affrontare la prima da una prospettiva positiva e con l’intento di far tesoro di
ogni esperienza, tanto più intensamente si godrà della seconda, in maniera
consapevole e duratura, attirandone nella propria vita sempre di più.

Inoltre quando ci si alza con il piede giusto si tende ad essere più


accondiscendenti anche verso se stessi e valutarsi in modo più generoso:
si è più energici quando si è felici si tende a valutare più positivamente la
propria persona.

La felicità la troviamo solo dentro noi stessi; niente e nessuno può donarcela
se non siamo predisposti a riceverla.

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La storia di Rob

Rob è il tipo di persona che ti fa piacere odiare: è sempre di buonumore,ed


ha sempre qualcosa di positivo da dire.

Quando qualcuno gli chiede come va, lui risponde:


“Se andasse meglio di così, sarei due persone!”

È un ottimista.
Se un collega ha un giorno no, Rob riesce sempre a fargli vedere il lato
positivo della situazione. Vederlo mi incuriosiva e così un giorno gli chiesi
“Io non capisco, non è possibile essere ottimisti ogni giorno, come fai?”

Rob mi rispose: “Ogni giorno mi sveglio e mi dico, oggi avrò due possibilità.
Posso scegliere di essere di buon umore o posso scegliere di essere di cattivo
umore, e scelgo di essere di buon umore.

Quando qualcosa di brutto mi succede io posso scegliere di essere una


vittima o di imparare da ciò, ed io scelgo di imparare.

Ogni volta che qualcuno viene da me a lamentarsi per qualcosa, io posso


scegliere di accettare le lamentele, o posso scegliere di aiutarlo a vedere il
lato positivo della vita, ed io scelgo il lato positivo della vita.

“Ma non è sempre così facile” gli dissi.


“Si, lo è “ disse Rob, “la vita è tutta una questione di scelte. Quando tagli
via tutto ciò che non conta, è tutta una questione di scelte. Sta a te scegliere
come reagire alle situazioni, sta a te decidere come lasciare che gli altri
influenzino  il  tuo  umore.  

Tu   scegli   se   essere   di   buon   umore   o   di   cattivo   umore.  Alla   fine   sei   tu   a  


decidere come vivere la tua vita.”

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Dopo quella conversazione ci perdemmo di vista perché io cambiai lavoro,
ma spesso mi ritrovai a pensare alle sue parole, quando dovevo fare una
scelta nella mia vita, invece di reagire agli eventi. Ho saputo che Rob aveva
avuto un brutto incidente sul lavoro, era caduto da 18 metri di altezza, e
dopo 18 ore di sala operatoria fu rilasciato dall’ospedale con una piastra
d’acciaio nella schiena.

Sono andato a trovarlo e gli ho chiesto come si sentisse: “Se stessi meglio
sarei due persone” mi rispose, “vuoi vedere le mie cicatrici?”

“Ma come fai?” Gli chiesi “ad essere cosi positivo dopo quello che ti è
successo?”

“Mentre stavo cadendo, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la


mia bimba. Poi mentre giacevo per terra, mi sono detto che potevo scegliere
di vivere o di morire. Ed ho scelto di vivere”.

“Ma non hai mai avuto paura?”


Si, quando mi hanno portato in ospedale ed ho visto l’espressione sul viso
dei medici e dei dottori, ho avuto paura, perché era come se guardassero un
uomo morto. Poi un’infermiera mi ha chiesto se avessi allergie, ed io risposi
“Sì”. Tutti mi guardarono, ed io urlai: “Sono allergico alla gravità!”.

Tutti scoppiarono a ridere, ed io dissi: “Ed ora operatemi da uomo vivo, non
come se fossi già morto.”

Rob mi ha insegnato che ogni giorno abbiamo la possibilità di scegliere di


vivere la vita pienamente.

Quindi è inutile preoccuparsi sempre per il domani, perché ogni giorno ha


i suoi problemi su cui scegliere di vivere, e domani penseremo ai problemi
di domani.

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Dopo tutto, oggi è il domani di cui ti preoccupavi ieri.

http://angelinonvolanopiu.blog.dada.net

E’ SEMPRE QUESTIONE DI ATTEGGIAMENTO!

Tutti siamo in grado di capire osservando il nostro prossimo chi è più o


meno sereno o felice.

A volte incontriamo anche chi è caratterialmente una persona “felice”: se ci


troviamo vicino a qualcuno che tendenzialmente è sempre di buon umore
anche in circostanze complicate o spiacevoli, sempre con la battuta pronta,
tendenzialmente ironico e bonario si è portati a pensare che questa persona
sia “felice”.
Forse non è propriamente così, ma senz’altro chi caratterialmente ha questo
tipo di caratteristiche è più facilmente in grado di sperimentare sensazioni
ed emozioni positive in maniera intensa e consapevole.

Molte ricerche sulla felicità mettono in evidenza come il fatto di sperimentare


più  o  meno  questo  tipo  di  sentimenti,  non  dipende  specificatamente  dalle  
situazioni contingenti, ma piuttosto da una predisposizione d’animo
particolarmente positiva e ottimista.

Lo scoraggiamento, la pigrizia, la passività sono dovuti solo in minima parte


alla natura delle situazioni che dobbiamo affrontare; lo stesso concetto è
valido  per  la  fiducia,  l’entusiasmo  e  la  determinazione.  

L’ottimismo  trasforma  le  sfide  in  opportunità  ed  è  un  atteggiamento  mentale  
che si può raggiungere anche se non l’abbiamo innato.

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Ci vuole allenamento perché l’ottimismo è una consuetudine mentale, un
atteggiamento   spirituale   che   impariamo   fin   da   piccoli   osservando   chi   ci  
circonda. Se siamo ottimisti, pensiamo di essere persone di valore e stimabili;
se siamo pessimisti, non ci riterremo mai all’altezza della situazione.

Il punto è che per l’ottimista ogni successo dipende dalle proprie capacità,
il pessimista invece troverà sempre motivi estranei a se stesso responsabili
del proprio fallimento.

Un  pessimista  vede  la  difficoltà  in  ogni  opportunità,  


un  ottimista  vede  l’opportunità  in  ogni  difficoltà.  
Winston Churchill

La persona estroversa è più felice perché ha più rapporti sociali,


fa amicizia più facilmente, partecipa ad un maggior numero
di attività pubbliche e collettive
dove trova maggiori motivi di interesse e divertimento.
Inoltre una persona felice è anche una persona che sta bene con se stessa
e  che  ha  fiducia  nelle  sue  capacità  e  percepisce  una  fondamentale
congruenza tra ciò che è e ciò che vorrebbe fosse.
Argyle e Lu

Si è visto che più si è felici più si curano e si allargano i propri interessi


sociali e artistici, più si pone attenzione alle questioni politiche generali,
più ci si sente inclini ad accettare dei compiti nuovi
e  stimolanti,  anche  se  difficili.
Cunningham

C’è una correlazione diretta tra grado di buonumore


e probabilità stimata di eventi positivi.
Mayer e Volanth

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Quando siamo di buon umore e stiamo bene siamo portati a vedere l’esistenza
in  policolor,  ogni  problema  ci  appare  più  facilmente  risolvibile  le  difficoltà  
meno  difficili,  e  chi  ci  circonda  assume  sempre  sembianze  migliori  ai  nostri  
occhi. Probabilmente è grazie a questi meccanismi mentali che le persone
serene risultano più disponibili, tolleranti, elastiche nei confronti degli altri
e conseguentemente divengono più simpatiche e accattivanti.

Il buon umore ha degli effetti positivi sulle capacità di apprendimento e


di memoria e sulla creatività: in sostanza quando si è felici si apprende
con più facilità, in misura maggiore e in modo più duraturo e inoltre si è
maggiormente creativi nella soluzione dei problemi.
Ellis, Thomas e Rodriguez; Ellis, Thomas, McFarland e Lane

Chi opera lietamente facilmente si rallegra del suo operato, è felice.


Johann Wolfgang Goethe

L’ottimismo è un atteggiamento mentale alla portata di tutti e può essere


imparato.  Ci  consente  di  reagire  alle  difficoltà,  di  cercare  costruttivamente  
una soluzione ai problemi che dobbiamo affrontare, di impegnarci nel
superamento delle avversità. Anche quando ci troviamo di fronte a prove
dolorose o faticose, se le affrontiamo con ottimismo, troveremo sempre la
necessaria grinta per venirne a capo. Se invece ci consideriamo incapaci,
deboli,  inefficaci  rischiamo  di  sprecare  ogni  opportunità.

La felicità è un concetto quindi personale, che implica valori e stati d’animo


determinabili solo a livello soggettivo.

Non  può  essere  uno  stato  d’animo  definibile  univocamente  in  modo  chiaro  
e oggettivo. E non è nemmeno uno stato d’animo universale, poiché ciò
che procura felicità ad un individuo non necessariamente la procura ad un
altro.

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La felicità deve essere vista come un esperienza poliedrica, composta da
una moltitudine di caratteristiche per lo più personali e soggettive, ma in
sostanza risulta essere lo stato emotivo più intenso tra quelli che l’uomo
può sperimentare, tanto da risultare un’emozione assoluta che ha bisogno
di  mostrarsi  solo  come  fine  a  sè  stessa.

Ma una cosa è certa l’atteggiamento che permette di raggiungerlo è univoco


ed è un atteggiamento positivo.

La felicità sta nel gusto e non nelle cose;


si è felici quando si ha ciò che ci piace
e non quando si ha ciò che gli altri trovano piacevole.
François de La Rochefoucauld

Quindi a questo punto è evidente che, essendo la felicità una condizione


soggettiva, ed essendo l’atteggiamento che permette di raggiungerla univoco,
il percorso che porta alla sua conquista non può che passare attraverso
l’elevata autostima.

Avere una cattiva autostima taglia fuori dal traguardo.

L’unico modo per sentirsi qualcuno è sentirsi sé stessi.


Jim Morrison

Sostanzialmente, più un individuo è in grado di accettare se stesso per


quello che è, con qualità e difetti, e più si piace per come è, più è facile che
sia una persona felice.

L’uomo più felice è colui che non vuole cambiare il proprio stato.
Émilie du Châtelet

E’ importantissimo capire che avere un’alta stima di sè stessi non dipende


dal reale valore della propria persona.

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Un reale valore non esiste, perché ogni essere umano è preziosissimo e
ogni persona ha un valore inestimabile e ognuno possiede delle potenzialità
enormi. La differenza sta nell’esserne o non esserne consapevoli.

Allo stesso modo, quanto più un individuo pensa di avere il controllo della
sua situazione affettiva, sociale, sentimentale, lavorativa, ecc. tanto più
facilmente potrà essere una persona realizzata e felice.

Le caratteristiche maggiormente associate alla felicità


sono quelle relative alla personalità e in particolare quelle relative
all’estroversione,  alla  fiducia  in  se  stessi,  
alla sensazione di controllo su se stessi e sul proprio futuro.
D’Urso e Trentin

Chi ha una forte autostima è convinto di avere in mano il controllo della


propria   vita   e   pensa   che   per   essere   dei   vincenti   sia   sufficiente   insistere   e  
crederci.

Capita  di  sentirsi  sconfitti,  di  non  raggiungere  gli  obiettivi  che  ci  eravamo  
prefissati,   di   fallire.   Di   solito   questo   capita   quando   ci   lasciamo   prendere  
la mano dalle situazioni, ci facciamo guidare dalle contingenze invece di
essere noi a plasmare gli eventi.

Ci  facciamo  imprigionare  dallo  scorrere  del  tempo,  ci  facciamo  influenzare  


e condizionare dalle aspettative degli altri.

Quando ci sentiamo scoraggiati e demoralizzati ci accontentiamo di


percorrere qualunque sentiero ci venga indicato, lasciandoci fagocitare dalle
abitudini piuttosto che dalle necessità del vivere quotidiano e perdiamo di
vista qual è il nostro obiettivo non riuscendo più a perseguirlo con la dovuta
determinazione.

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La strada che porta alla realizzazione personale è semplicemente questa: se ho
fiducia  in  me  stesso  e  mi  faccio  guidare    nelle      scelte    dall’ottimismo    e  dalla  
determinazione con consapevolezza, avendo ben chiaro cosa voglio, perché
lo voglio e come posso ottenerlo, niente potrà fermare la mia scalata.

E’ comunque importante capire che c’è un abisso tra sapere di avere le


situazioni sotto controllo e invece pretendere di avere sempre ogni situazione
sotto controllo.

Se i fatti e la teoria non concordano cambia i fatti.


Albert Einstein

Mentre il primo atteggiamento, come abbiamo visto, è spesso motivo di


soddisfazione e di serenità, il secondo invece è una delle principali cause
di  insoddisfazione,  di  scontentezza,  di  delusione  e  perfino  di  depressione.

Uno dei grandi segreti della felicità è amare ciò che già si possiede.
Émilie du Châtelet

E’ importantissimo riuscire ad apprezzare ciò che si ha e ad essere consapevoli


di averlo.

La felicità è fatta di piccole cose.

La  felicità  scaturisce  da  un  approccio  fiducioso,  ottimista,  positivo,  espansivo,  


cordiale e partecipe nell’affrontare la quotidianità.

La  felicità  della  vita  è  fatta  di  frazioni  infinitesimali:


di piccole elemosine,presto dimenticate, di un bacio, di un sorriso,
di uno sguardo gentile,di un complimento fatto col cuore.
Samuel Taylor Coleridge

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Crescendo impari

E crescendo impari che la felicità non e’ quella delle grandi cose.

Non e’ quella che si insegue a vent’anni, quando, come gladiatori si combatte


il mondo per uscirne vittoriosi...

La felicità non e’ quella che affannosamente si insegue credendo che l’amore


sia tutto o niente, non e’ quella delle emozioni forti che fanno il “botto” e che
esplodono fuori con tuoni spettacolari, la felicità non è quella di grattacieli
da  scalare,  di  sfide  da  vincere  mettendosi  continuamente  alla  prova.

Crescendo impari che la felicità e’ fatta di cose piccole ma preziose...e


impari che il profumo del caffè al mattino e’ un piccolo rituale di felicità,
che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che
scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori
della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una
felicità lieve.

E impari che la felicità e’ fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole


esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono
commuovere e il sole far brillare gli occhi, e impari che un campo di girasoli
sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall’inverno,
e che sederti a leggere all’ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.

E impari che l’amore e’ fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo


stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata
e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore, e impari che
basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere
una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e
le distanze ed essere con chi ami.

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VITA: istruzioni per l’uso
E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato,
sono piccolo attimi felici.
E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.
E impari che tenere in braccio un bimbo e’ una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che
ami...
E impari che c’e’ felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi
pensieri, che c’e’ qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
E impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo
destino, in ogni gabbiano che vola c’e’ nel cuore un piccolo-grande Jonathan
Livingston.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.
Anonimo

Questo modo di essere o di sentirsi, non solo viene individuato da un punto


di vista spirituale e psicologico, dal soggetto, ma ne facciamo esperienza
anche  materialmente  e  fisicamente  attraverso  la  messa  in  moto  del  nostro  
organismo.
Considerazione forse banale, chi è felice sorride spesso. In effetti il sorriso,
che normalmente si accoppia ad uno sguardo brillante e acceso, è il segno
più indicativo e caratteristico della felicità, e quindi anche la felicità ha una
propria  sintomatologia  fisica.
Molte ricerche di psicologi affermati pongono in risalto il fatto che la
sensazione di serenità e di felicità provata dall’individuo si riscontra
attraverso  atteggiamenti  comportamentali    positivi,    e    quindi    con    influenze    
favorevoli sui processi cognitivi e sul benessere generale dell’individuo,
anche  fisico.  

Penso che prima di tutto essere in buona salute vi rende felici, ma funziona
anche nell’altro modo. Secondo me è molto meno probabile che un uomo
felice si ammali che non un uomo infelice.
Bertrand Russel

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Normalmente gli individui felici provano una maggiore sensazione di libertà
e sono più spontanei, più liberi ed espansivi. Partecipano una sensazione di
benessere in riferimento a se stessi e a coloro che li circondano e inoltre
descrivono la realtà che li circonda in modo colorato, positivo e ottimista.

La ‘felicità’ si ripercuote anche sul nostro organismo; chi vive stati di


benessere   psicologico   e   spirituale   lo   dimostra,   a   livello   fisico,   attraverso    
l’accelerazione della frequenza cardiaca, l’aumento del tono muscolare e
attraverso l’irregolarità della respirazione. Quindi possiamo affermare che
la  felicità  presenta  dei  sintomi  anche  a  livello  fisiologico.

Le sensazioni esperite con più frequenza dalle persone che si trovano in


una condizione di felicità o di gioia sono quelle di sentire con maggiore
intensità le sensazioni corporee positive e con minore intensità la fatica
fisica,  di  sperimentare  uno  stato  di  attenzione  focalizzata  e  concentrata,
di sentirsi maggiormente consapevoli delle proprie capacità.

Maslow - Privette

Non è facile dare una ricetta della felicità e forse non sarebbe proprio
possibile farlo, ma giocosamente ecco:

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VITA: istruzioni per l’uso
La ricetta per la Felicità

D’Urso e Trentin (1992) riportano una serie di attività e atteggiamenti che


si accompagnano o favoriscono uno stato di benessere.

Tali attività o atteggiamenti sono:

1. Non attribuire interamente a noi stessi la responsabilità degli eventi


spiacevoli che ci capitano.
2. Stare in compagnia di persone felici.
3. Fare  esercizio  fisico.
4. Non confrontare la nostra condizione (salute, bellezza, ricchezza ecc.)
con quella degli altri.
5. Individuare quello che ci piace nel nostro lavoro e valorizzarlo.
6. Curare il corpo e l’abbigliamento.
7. Riconoscere i legami tra cattivo umore e cattivo stato di salute: spesso è
il  malessere  fisico,  più  che  altri  fattori  oggettivi,  a  determinare  un  cattivo  
umore.
8. Dimensionare le nostre aspettative alle capacità e alle opportunità medie
della situazione.
9. Aiutare le persone a cui piace essere aiutate.
10. Non fare progetti a lunga scadenza.
11. Frequentare le persone che ci hanno fatto dei piaceri e alle quali
abbiamo fatto dei piaceri.
12. Non trarre conclusioni generali dagli insuccessi.
13. Fare una lista delle attività che personalmente ci fanno stare di buon
umore e praticarle.

La ricetta per la felicità, in realtà come già detto, non esiste, in sostanza
bisogna solo essere sè stessi e farsi guidare da una buona dose di ottimismo
e di libertà.

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Dobbiamo sentirci liberi di fare ciò che vogliamo e ciò che riteniamo giusto
senza condizionamenti, se non quelli che vengono dal noi stessi.

EPILOGO

Mi pare chiaro a questo punto che evidentemente questo capitolo non è


stato altro che il riassunto dei precedenti. E altrettanto chiaro mi pare che
seguendo (più o meno, con la dovuta elasticità) le istruzioni per l’uso alla
vita si può raggiungere di tanto in tanto la ‘felicità’, magari per poi smarrirla,
ma nella consapevolezza che la riconquisteremo, magari per pochi momenti
ma sempre all’interno di quell’altalena che rende la vita quella meravigliosa
avventura che è.

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Da “L’Alchimista” di Paulo Coelho

Un  mercante,  una  volta,  mandò  il  figlio  ad  apprendere  il  segreto  della  felicità  
dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel
deserto,  finché  giunse  a  un  meraviglioso  castello  in  cima  a  una  montagna.  

Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava.

Invece di trovare un sant’uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove
regnava un’attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque
gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c’era
una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo.

Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che
arrivasse il suo turno per essere ricevuto.

Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che


in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli
suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore.

“Nel frattempo, voglio chiederti un favore.” - concluse il Saggio,


consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d’olio - “Mentre
cammini, porta questo cucchiaino senza versare l’olio.”

Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre


tenendo  gli  occhi  fissi  sul  cucchiaino.  In  capo  a  due  ore,  ritornò  al  cospetto  
del Saggio.

Allora, gli domandò questi “Hai visto gli arazzi della Persia che si trovano
nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri
ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia
biblioteca?”

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Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica
preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d’olio che il Saggio
gli  aveva  affidato.

“Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo.”, disse
il  Saggio.  “Non  puoi  fidarti  di  un  uomo  se  non  conosci  la  sua  casa.”

Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare


per  il  palazzo,  questa  volta  osservando  tutte  le  opere  d’arte  appese  al  soffitto  
e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei
fiori,  la  raffinatezza  con  cui  ogni  opera  d’arte  disposta  al  proprio  posto.      Di  
ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello
che aveva visto.

“Ma  dove  sono  le  due  gocce  d’olio  che  ti  ho  affidato?”  domandò  il  Saggio.

Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate.

“Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho da darti” concluse il più Saggio


dei saggi.

“Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo
senza dimenticare le due gocce d’olio nel cucchiaino.”

da: “L’Alchimista” - Paulo Coelho

Il segreto della felicità sta proprio nel non perdere la capacità di meravigliarsi
e godere delle bellezze che ci si presentano davanti, rimanendo comunque
consci dei propri limiti e dei propri doveri.

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CAPITOLO 9
Conclusione

Per concludere vi dico l’ultima cosa importante che mi viene in mente: alzare
la voce è un comportamento molto antipatico, maleducato e anti sociale.

Cercate di evitarlo per quanto possibile, …ma piuttosto di alzare le mani è


mooooooooolto meglio alzare la voce!!!

Comunque ricordate bene che ogni volta che alzerete la voce in pubblico
otterrete  solo  il  risultato  di  fare  la  figura  dei  cafoni.  Si  fa  ascoltare  molto  di  
più e raggiunge lo scopo chi riesce a mantenere la calma e il controllo ed è
molto più incisivo tutto ciò che viene detto in tono pacato.

Da questo punto di vista non sono davvero un gran buon esempio.

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Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli:
“Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?” “Gridano perché
perdono la calma” rispose uno di loro. “Ma perché gridare se la persona
sta al suo lato?” disse nuovamente il pensatore. “Bene, gridiamo perché
desideriamo che l’altra persona ci ascolti.” replicò un altro discepolo.

E il maestro tornò a domandare: “Allora non è possibile parlargli a voce


bassa?” Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore.
Allora egli esclamò: “Voi sapete perché si grida contro un’altra
persona quando si è arrabbiati?

Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano
molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare.
Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare per sentirsi
l’uno con l’altro.

D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro
non gridano, parlano soavemente. E perché? Perché i loro cuori sono molto
vicini. La distanza tra loro è piccola.

A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente
sussurrano. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno
sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono.

E’  questo  che  accade  quando  due  persone  che  si  amano  si  avvicinano.Infine  
il pensatore concluse dicendo: “Quando voi discuterete non lasciate che i
vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più,
perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno
mai più la strada per tornare.”

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50 AZIONI PER CAMBIARE IL MONDO
Marco Paolini

 1  Rifiuta  le  buste  di  plastica  ogni  volta  che  è  possibile.


2 Leggi una storia con un bambino.
3 Installa almeno una lampadina a risparmio energetico.
4 Apprendi le nozioni di base di primo soccorso.
5 Sorridi per primo e rispondi al sorriso altrui.
6 Usa il trasporto pubblico quando puoi.
7 Pianta un albero.
8 Fai un bagno con qualcuno che ami.
9 Rispetta i limiti di velocità.
10 Abbassa di 1° il termostato.
11 Tieniti in forma, ti sentirai meglio.
12 Non lasciare in stand-by gli apparecchi elettrici.
13 Credi nei tuoi sogni.
14 Trascorri del tempo con qualcuno di una generazione diversa dalla tua.
15 Diventa donatore di organi.
16 Sii rispettoso.
17 Guarda meno la tv.
18 Impara ad essere amichevole in un’altra lingua.
19 Fatti una bella risata ogni giorno.
20 Cerca di capire come viene investito il tuo denaro.
21 Spegni le luci che non sono necessarie.
22  Utilizza  il  tuo  testamento  per  un  buon  fine.
23 Sii cosciente dei tuoi limiti.
24 Butta nel cestino la tua gomma da masticare.
25 Non ti sottovalutare.
26 Dona sangue.
27  Spendi  di  più  quando  acquisti  per  fini  caritatevoli.
28 Cogli le occasioni.

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29 Trova del tempo per te stesso.
30 Cucina qualcosa per un amico.
31 Chiudi il rubinetto mentre ti spazzoli i denti.
32 Fai qualcosa che pensi di non saper fare.
33 Ricicla i tuoi libri.
34 Acquista prodotti del commercio equo e solidale.
35 Scrivi a qualcuno che ti ha ispirato.
36 Prenditi del tempo per ascoltare.
37 Lascia passare almeno un’auto in ogni viaggio.
38 Non riempire il bollitore oltre ciò che ti serve.
39 Acquista prodotti locali.
40 Sorridi quando rispondi al telefono.
41 Abbraccia qualcuno.
42 Non ridere dei sogni degli altri.
43 Fai crescere qualcosa con un bambino.
44 Combatti per una causa in cui credi.
45 Dai il tuo numero di telefono a 5 persone nella via.
46 Utilizza entrambe le facciate di un foglio.
47 Non gettare le immondizie per terra.
48 Suggeriscici un’azione.
49 Apprendi di più, agisci di più.
50 Fai qualcosa gratuitamente.

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Il Treno della Vita
da: Forrest Gump

Qualche tempo fa ho letto un libro, dove la vita veniva paragonata ad un


viaggio in treno. Una lettura molto interessante.

La vita è come un viaggio in treno: spesso si sale e si scende, ci sono incidenti,


a qualche fermata ci sono delle sorprese piacevoli e a qualcun’altra profonda
tristezza.

Quando nasciamo e saliamo sul treno, incontriamo persone, in cui crediamo,


che ci accompagneranno durante buona parte del nostro viaggio: i nostri
genitori. Capita spesso che loro scendano in una stazione prima di noi
lasciandoci un grande vuoto in termini di amore e affetto, senza più la loro
amicizia e compagnia.

Ma altre persone salgono sul treno; e qualcuna sarà per noi molto importante,
sono i nostri fratelli e sorelle, i nostri amici e tutte le persone meravigliose
che amiamo, e qualcuna di queste persone che sale, considera il viaggio
come una breve passeggiata. Altri trovano, invece, una grande tristezza nel
loro viaggio. E poi ci sono altri ancora, sul treno, sempre presenti e sempre
pronti ad aiutare coloro che ne hanno bisogno, qualcuno lascia, quando
scende, una nostalgia perenne.

Ci sorprende che qualcuno dei passeggeri, a cui vogliamo più bene, si segga
in un altro vagone e che in questo frangente ci faccia fare il viaggio da soli
Allora facciamo in modo di trovarlo spingendoci alla sua ricerca negli altri
vagoni del treno.

Purtroppo,  qualche  volta,  non  possiamo  accomodarci  al  suo  fianco,  perché  
il posto vicino è già occupato.

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Così  è  il  viaggio:  pieno  di  sfide,  sogni,  fantasie,  speranze  e  addii.  Cerchiamo  
di compiere il nostro viaggio nel miglior modo possibile. Il grande mistero
del   viaggio   è   che   non   sappiamo   quando   scenderemo   definitivamente,   e  
tantomeno quando i nostri compagni di viaggio lo faranno; neanche colei
(o colui) che sta seduta (o) proprio vicino a noi. Mettiamocela tutta per
lasciare, quando scendiamo, un posto vuoto, che trasmetta nostalgia e bei
ricordi in coloro che proseguono il loro viaggio.

A tutti coloro, che fanno parte del “mio treno” auguro...

BUON VIAGGIO!

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Bibliografia  e  Sitografia

“Le cose che ho imparato nella vita” Paulho Coelho


arslibera.splinder.com
“Così parlò Zaratustra”, Friederich, Nietzsche, Mondadori
“Il gioco dell’angelo” Carlos Ruiz Zafan, Mondadori
“I maestri raccontano”, Osho, Mondadori
“La Sacra Bibbia”, Editore Larus
“L’effetto Isaia” Gregg Braden, MacroEdizioni
“Pensieri, Idee, Opinioni” Albert Einstein, Newton & Compton Editori
“Le Grandi religioni” Gandhi, Newton & Compton Editori
“Una guerra senza violenza”, Gandhi, Libreria Editrice Fiorentina
“La Forza della non violenza”, Gandhi, Emi - Editrice Missionaria Italiana
“La Mia Vita per la Libertà”, Gandhi, Newton & Compton Editori
“Il Mio Credo, il Mio Pensiero”, Gandhi, Newton & Compton Editori
www.cancelloedarnonenews.com
“Orme sulla sabbia”, Margaret Fishback Powers. EMP
“Il valore di un sorriso” , Padre Federico Faber
“La via della tranquillità – meditazioni per un anno”, Dalai Lama, BUR
“ Memoria del fuego”, Eduardo Galeano, Rizzoli

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“Critica della ragion pratica”, Immanuel Kant
“La divinità nell’uomo” Leggenda indù
www.sahajayogatoscana.it
“Nel cuore del mondo”, Madre Teresa, Rizzoli editore
“Fango”, Jovanotti, edizione Sole Luna/Universal
“Perché le persone amano lo stress”, www.rivelazioni.com
“Chiodi ” www.webalice.it/teresa.catalini
“L’Essenza del Cristianesimo”, Ludwig Feuerbach, Feltrinelli
“Pensieri”, Blaise Pascal, BUR
“Pensa” Fabrizio Moro, CGD/EastWest Italy
“I bambini imparano quello che vivono” Dorothy L. Nolte, Fabbri Editore
“Illusioni”, Richard Bach, BUR
Una tribù che balla - Jovanotti, LaFeltrinelli
“18 principi del Dalai Lama per il nuovo millennio” www.dalailama.it
“1970”, Latanè e Darley, Giunti.
“Serena”, Sergio Bambaren, NLP Italy
“Sassi” www.rivelazioni.com
“Carpe Diem”, Orazio Q. Flacco, Mondadori
“L’alchimista”, Paulho Coelho, Bompiani
“Midnight Muse” Crystal Boyd
“Discorso sulle ricchezze” Jean Jacques Rousseau, Sudest

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“De brevitate vitae”, Seneca, Morlacchi editore
“Il deserto dei Tartari”, Dino Buzzati, Mondadori
“Vivi con entusiasmo”, Samuel Ullman
“Lentamente muore”, Martha Medeiros
“L’arte di non lamentarsi mai”,Luciano Ballabio, Franco Angeli
Alessandra Locatelli www.donnamoderna.com
“Acqua e Vino”, Trilussa, Mondadori
“Perfetto difettoso”, Piero Pelù, Mondadori
“Il profeta”, Khalil Gibran, Mondadori
“La storia di Rob” angelinonvolanopiu.blog.dada.net
“Quaderni di Psicologia” D’Urso e Trentin, La Terza
“Crescendo impari” www.poesia-creativa.it
“Perché le persone gridano”, Gandhi
“Change  the  world  for  a  fiver”,  Marco  Paolini
“Il treno della vita” www.slideshare.net/federiconeri

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Sito web di Giovanna Garbuio: giopop.blogspot.com

Siti web di Josaya: www.josaya.com - www.ho-oponopono.info

Infoprodotti gratuiti: www.josaya.com/ebook-gratis

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