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Dopo presentatore
Ora vi proponiamo il confronto tra Giasone e Medea, che rappresenta il momento culminante della
tragedia: Medea rimprovera al marito l'infedeltà e rinfaccia l'ingratitudine per i benefici ricevuti,
Giasone esprime con totale cinismo motivazioni contrapposte, sorrette dalle convenienze sociali.
Certamente al pubblico moderno Giasone appare un uomo assai mediocre, e lo è infatti, dal punto di
vista scenico, davanti alla travolgente energia emotiva di Medea; ma le sue ragioni non dovevano
apparire del tutto estranee al pubblico ateniese: la moglie ad Atene è solo la madre dei figli
legittimi, e, soprattutto, potevano avere diritto di piena cittadinanza solo i figli nati da due genitori
ateniesi. Ma Giasone, nella sua ristretta prospettiva, sembra dimenticare di avere davanti una donna
innamorata, gelosa, offesa...
Ed ora vi riportiamo il disperato e terribile monologo di Medea, dilaniata dal conflitto tra passione e
ragione, scissa tra l'affetto materno e il desiderio di vendetta. Medea analizza il flusso dei propri
sentimenti davanti al pubblico sino alla tragica deliberazione, maturata con sofferenza nell'animo,
ma con straordinaria lucidità di eliminare i figli per infliggere a Giasone il dolore e l'offesa più
atroci.
È uno dei momenti più alti della tragedia greca: si rimane senza parole di fronte alla capacità di
Euripide di penetrare con acutezza straordinaria nel labirinto delle emozioni e delle angosce dei
personaggi, che sono mosse da impulsi profondi, da forze irrazionali che si agitano dentro di loro e
li spingono ad agire oltre ogni regola.
Tutto è deciso, perché tutto è inevitabile ormai. Medea ha compiuto la sua terribile vendetta.
Ora l'ultimo confronto con Giasone, che non può far altro che abbandonarsi alle imprecazioni,
mentre Medea, pacata e ferma, nega persino la sepoltura dei figli.
Le ultime parole dell'uomo sono di assoluta disperazione e mostrano come a fondo il suo animo sia
stato straziato dalla feroce vendetta di Medea.
Medea andrà via su un carro alato, mentre assapora la sua rivincita davanti a un Giasone addolorato
e impotente, nuovamente selvaggia e libera come quando egli l'aveva conosciuta nella lontana terra
dei Colchi.
(Gli ultimi versi della tragedia saranno pronunciati dal Coro, cui era affidato il compito di
sottoporre a riflessione il mito rappresentato offrendone un'interpretazione etico-religiosa)
Giasone v. 1363