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MEDEA

Dopo presentatore

Ora vi proponiamo il confronto tra Giasone e Medea, che rappresenta il momento culminante della
tragedia: Medea rimprovera al marito l'infedeltà e rinfaccia l'ingratitudine per i benefici ricevuti,
Giasone esprime con totale cinismo motivazioni contrapposte, sorrette dalle convenienze sociali.
Certamente al pubblico moderno Giasone appare un uomo assai mediocre, e lo è infatti, dal punto di
vista scenico, davanti alla travolgente energia emotiva di Medea; ma le sue ragioni non dovevano
apparire del tutto estranee al pubblico ateniese: la moglie ad Atene è solo la madre dei figli
legittimi, e, soprattutto, potevano avere diritto di piena cittadinanza solo i figli nati da due genitori
ateniesi. Ma Giasone, nella sua ristretta prospettiva, sembra dimenticare di avere davanti una donna
innamorata, gelosa, offesa...

Dopo “fatte”, prima v. 1021

Ed ora vi riportiamo il disperato e terribile monologo di Medea, dilaniata dal conflitto tra passione e
ragione, scissa tra l'affetto materno e il desiderio di vendetta. Medea analizza il flusso dei propri
sentimenti davanti al pubblico sino alla tragica deliberazione, maturata con sofferenza nell'animo,
ma con straordinaria lucidità di eliminare i figli per infliggere a Giasone il dolore e l'offesa più
atroci.

È uno dei momenti più alti della tragedia greca: si rimane senza parole di fronte alla capacità di
Euripide di penetrare con acutezza straordinaria nel labirinto delle emozioni e delle angosce dei
personaggi, che sono mosse da impulsi profondi, da forze irrazionali che si agitano dentro di loro e
li spingono ad agire oltre ogni regola.

Dopo “Tutto è inevitabile ormai”, v. 1060

Tutto è deciso, perché tutto è inevitabile ormai. Medea ha compiuto la sua terribile vendetta.

Ora l'ultimo confronto con Giasone, che non può far altro che abbandonarsi alle imprecazioni,
mentre Medea, pacata e ferma, nega persino la sepoltura dei figli.

Le ultime parole dell'uomo sono di assoluta disperazione e mostrano come a fondo il suo animo sia
stato straziato dalla feroce vendetta di Medea.

Medea andrà via su un carro alato, mentre assapora la sua rivincita davanti a un Giasone addolorato
e impotente, nuovamente selvaggia e libera come quando egli l'aveva conosciuta nella lontana terra
dei Colchi.

(Gli ultimi versi della tragedia saranno pronunciati dal Coro, cui era affidato il compito di
sottoporre a riflessione il mito rappresentato offrendone un'interpretazione etico-religiosa)

Sulla scena entrano Medea e Giasone

Giasone v. 1363

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