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Virgilio

«Riconosco i segni
dell’antica fiamma»
(Eneide, 4, vv. 1-30)

All’inizio del IV libro, dopo il lungo racconto di Enea, Didone appare già dominata dal senti-

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mento d’amore che la condurrà al compimento del suo tragico destino. La regina è combattuta
tra la nuova passione e il vincolo morale che la lega al ricordo del marito ucciso: confessa alla
sorella Anna il suo amore, ma giura solenne fedeltà alla memoria di Sicheo. Il pianto dirotto
che esplode alla fine del giuramento rappresenta il conflitto interiore del personaggio, ‘tragi-
camente’ diviso.
La connessione fra Didone ed Enea e l’infelice amore della regina cartaginese come origine
della guerra fra Roma e Cartagine forse erano già nel Bellum Poenicum di Nevio: in ogni caso
Virgilio ha dato grande sviluppo alla vicenda e ha costruito nel IV libro una compiuta tragedia,
dove agisce anche il modello del teatro greco, soprattutto di Euripide.

metro: esametri

At regina gravi iamdudum saucia cura


volnus alit venis et caeco carpitur igni.
Multa viri virtus animo multusque recursat
gentis honos; haerent infixi pectore voltus
5 verbaque nec placidam membris dat cura quietem.

Ma già la regina, tormentata da un profondo affanno,


nutre una ferita nelle vene, e un cieco fuoco la divora.
Il grande valore dell’eroe, la grande gloria della stirpe
le ritornano in mente: non dileguano, impressi nel cuore, il volto
5 e le parole; l’affanno non concede alle membra la placida quiete.

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Virgilio «Riconosco i segni dell’antica fiamma»

Postera Phoebea lustrabat lampade1 terras


umentemque Aurora polo dimoverat umbram,
cum sic unanimam adloquitur male sana sororem:
«Anna soror, quae me suspensam insomnia terrent!
10 Quis novos hic nostris successit sedibus hospes,
quem sese ore ferens, quam forti pectore et armis!
Credo equidem, nec vana fides, genus esse deorum.
Degeneres animos timor arguit. Heu quibus ille
iactatus fatis! quae bella exhausta canebat!
15 Si mihi non animo fixum immotumque sederet
ne cui me vinclo vellem sociare iugali,
postquam primus amor deceptam morte fefellit;
si non pertaesum thalami taedaeque fuisset,
huic uni forsan potui succumbere culpae.
20 Anna (fatebor enim) miseri post fata Sychaei
coniugis et sparsos fraterna caede penatis2,
solus hic inflexit sensus animumque labantem
impulit. Adgnosco veteris vestigia flammae.

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L’Aurora seguente illuminava le terre con la luce
febea1 e aveva allontanato dal cielo l’umida ombra,
quando, già perturbata, parla alla concorde sorella:
«Anna, sorella, che sogni mi tengono sospesa e m’angosciano!
10 Che ospite straordinario è entrato nel nostro palazzo,
quale mostrandosi in volto! che forza nel cuore e nell’armi!
Credo davvero che sia – non è fede illusoria –
di stirpe divina. Il timore accusa gli animi ignobili.
Quali fati lo hanno agitato! Che guerre sofferte narrava!
15 Se non fosse decisione irremovibile e fissa nel cuore
di non volermi unire a nessuno nel vincolo coniugale,
dopo che il primo amore m’ingannò e m’illuse con la morte,
se non avessi in odio il talamo e le fiaccole nuziali,
forse per questo solo potrei soccombere al peccato.
20 Anna, lo confesso, dopo la morte del misero sposo
Sicheo, e la casa2 insanguinata da fraterna strage,
egli soltanto ha scosso i miei sensi, e m’ha fatto
vacillare l’animo. Riconosco i segni dell’antica fiamma.

1. La «luce febea» designa meta- 2. sparsos … penatis (= penates) pre- nella sua stessa dimora; penatis ( =
foricamente il sole, di cui Apollo è cisa i dettagli della morte del marito penates) è metonimia per «casa».
tradizionalmente simbolo (Febo è Sicheo, ucciso per mano del fratello
un appellativo del dio). di Didone, il re di Tiro Pigmalione,

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Virgilio «Riconosco i segni dell’antica fiamma»

Sed mihi vel tellus optem prius ima dehiscat


25 vel pater omnipotens adigat me fulmine ad umbras,
pallentis umbras Erebo3 noctemque profundam,
ante, Pudor, quam te violo aut tua iura resolvo.
Ille meos, primus qui me sibi iunxit, amores
abstulit; ille habeat secum servetque sepulchro».
30 Sic effata sinum lacrimis implevit obortis.

Ma voglio che prima la terra mi s’apra in un abisso,


25 e il padre onnipotente mi spinga con il fulmine tra le ombre,
le ombre del pallido Erebo3 e la notte profonda,
prima che io ti violi, o Pudore, o sciolga le tue leggi.
Quello che per primo mi unì a sé, mi rapì l’amore;
egli lo abbia con sé e lo serbi nel sepolcro».
30 Detto ciò, riempì la veste di dirotte lagrime.
(trad. di L. Canali)

3. Erebo, il dio greco delle tenebre, figlio del Caos e della Notte, indica qui il regno dei morti.

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Guida alla lettura
struttura un passato lontano, ormai irraggiungibile):
L’esordio in contrasto Il IV libro dell’Eneide, il Enea è l’oggetto ossessivo dei suoi pensieri
libro di Didone, si apre mostrandoci la regina (vv. 3-5).
in lotta con se stessa, divisa tra il desiderio La confessione ad Anna Mentre nasce una
di nuove nozze e l’obbligo di fedeltà alle an- nuova alba purificatrice (vv. 6-7), Didone, af-
tiche. fetta da insania d’amore (male sana, v. 8),
Mentre la sofferenza di Enea si è placata dopo confessa ad Anna, l’unanima soror (l’agget-
la dolorosa rievocazione della fuga da Troia, tivo indica identità di sentimenti e pensieri),
terminata alla fine del III libro («infine tacque il proprio tormento: la regina è spaventata
e terminato qui il racconto, riposò», Eneide, 3, e combattuta (suspensam … terrent, v. 9) tra
v. 718), Didone trascorre la notte insonne, in l’improvvisa passione per l’eroe troiano (vv.
preda all’agitazione (la congiunzione avver- 10-14) e la fedeltà al marito Sicheo (vv. 15-19).
sativa At segna l’inizio del nuovo movimento Alla seconda apostrofe patetica ad Anna (v.
narrativo in contrasto con la conclusione del 20) Didone lega la confessione esplicita del
libro precedente). Una passione irrazionale sentimento che si è ormai fatto strada dentro
e totalizzante si è impossessata della regi- di lei, fino a raggiungere l’intensità dell’amore
na (iamdudum fa ‘arretrare’ il tempo in cui per Sicheo (Adgnosco veteris vestigia flammae,
Didone viveva libera dall’amore per Enea in «Riconosco i segni dell’antica fiamma», v. 23).

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Virgilio «Riconosco i segni dell’antica fiamma»

Contraddizioni fatali Ma subito quell’am- dell’omonima tragedia euripidea in cui l’eroi-


missione è razionalmente rifiutata con la ma- na è detta «ferita nel cuore dall’amore di Gia-
ledizione (imprecatio) dei vv. 24-26 (= ‘possa sone» (Euripide, Medea, v. 8). L’immagine tra-
io morire’), suggellata da una preghiera al dizionale della ferita d’amore, sviluppata in
Pudor (v. 27). La regina richiama se stessa un coerente repertorio tematico nella poesia
al vincolo di eterna fedeltà al primo marito: d’amore ellenistica, ritorna con le parole di
la capacità di amare di Didone è morta con Ennio in Lucrezio, nel finale del quarto libro,
Sicheo, per sempre sepolta insieme a lui. E in una similitudine che descrive l’attrazione
tuttavia, dopo il giuramento dei vv. 28-29 la fisica verso l’oggetto della passione (De rerum
regina prorompe in un pianto dirotto (un fiu- natura, 4, v. 1047 s.): idque petit corpus mens
me iperbolico di lacrime, capace di inondare unde est saucia amore / namque omnes pleru-
la veste, sinum implevit), presagio della trage- mque cadunt in volnus, «la mente cerca quel
dia futura. corpo da cui è ferita d’amore e infatti tutti in
genere cadono ripiegandosi sulla ferita».
modelli e tradizione
La ‘confidente’, un ruolo teatrale Per rap- temi e motivi
presentare il conflitto interiore di Didone, L’amore è una malattia La metafora del-
Virgilio ricorre agli strumenti della tecnica la ferita (gravi … saucia cura / volnus) e della
drammaturgica e mette al fianco della regi- fiamma (caeco … igni) si richiama alla tradi-
na innamorata la sorella che le era attribu- zionale rappresentazione dell’amore come

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ita dalla tradizione antiquaria, nel ruolo di malattia, insania (vedi male sana al v. 8). Ca-
confidente della protagonista. Era questo un ecus è il fuoco che consuma Didone, una for-
espediente che assolveva nel dramma clas- za irrazionale, di cui la regina stessa ignora i
sico, in concorrenza con il monologo, alla possibili effetti: il processo è graduale (il ver-
funzione di rivelare al pubblico informazioni bo carpo ha infatti il significato di «compie-
note soltanto a uno dei personaggi in azio- re tappa dopo tappa un’azione» in locuzioni
ne. Per dare spazio ai sentimenti di Didone come carpere viam o opus) ma inarrestabile,
Virgilio riserva il monologo ai momenti di più enfatizzato dalla ripetizione della stessa idea
alto pathos tragico, mentre preferisce aprire attraverso le due immagini distinte della fe-
il libro con un dialogo che conferisce al rac- rita e della fiamma nei vv. 1-2. E le immagini
conto epico i tratti dell’azione drammatica. della ferita e della fiamma si ripeteranno per
A vestire i panni della confidente chiama la l’intero corso del libro, fino a uno scambio
unanima soror, scartando le figure tradizio- finale tra piano metaforico e reale, quando
nali della nutrice o dell’ancella: per esempio, la ferita d’amore si ‘concretizzerà’ nella ferita
nell’Ippolito di Euripide, uno dei modelli for- che l’eroina suicida si procurerà con la spada,
ti della passione amorosa di Didone, era la dono di Enea, e la fiamma ardente della pas-
nutrice a ricevere la confessione di Fedra e a sione cederà il posto alle fiamme roventi del
orientarne le scelte. rogo funebre.
La ferita d’amore Al v. 1 gravi … saucia cura Il giuramento al Pudor Alla forza irrazionale
è la rielaborazione di un celebre verso della dell’amore si oppone il pudor, la fedeltà allo
tragedia Medea di Ennio (Medea animo aegro sposo Sicheo, un vincolo sacro e inviolabi-
amore saevo saucia, «Medea ferita nel cuore le che nemmeno la morte può dissolvere. Il
malato da un’atroce ferita», Scaenica, v. 254 pudor trasferisce l’eroina innamorata su un
V.), che riprende amplificandolo un verso piano di altissima moralità attribuendole la

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Virgilio «Riconosco i segni dell’antica fiamma»

virtù cardinale della matrona romana, la pu- presentato all’inizio della storia d’amore tra
dicitia, componente essenziale dell’ideologia Enea e Didone ha anche un’importante fun-
dell’antica repubblica, tornata in auge con zione narrativa. Lo statuto epico-tragico del-
la campagna di moralizzazione promossa la Didone virgiliana vieta che la regina possa
da Augusto. A Roma la Pudicitia, divinizzata, suicidarsi soltanto per amore: il suicidio deve
era oggetto di un culto speciale, cui erano essere motivato da una colpa, e la colpa sarà
ammesse soltanto le matronae univirae, che appunto la violazione del giuramento di eter-
avevano conosciuto cioè un unico uomo. na fedeltà alla memoria di Sicheo con cui si
Ma il conflitto tra amor e pudor che ci viene conclude qui la confessione ad Anna.

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