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1889 - 1976
Analitica esistenziale
Presso quale ente si dovrà capire il senso L’uomo non è un ente, una semplice presenza,
dell’essere? oggettività
avanti
da Pietro Chiodi, nell'Introduzione ad Essere e Tempo, Longanesi
Per quanto concerne il primo punto, va anzitutto osservato che l’opera, considerata a ragione come il
più importante documento della filosofia dell’esistenza fra le due guerre, è in realtà una riproposizione
del problema dell’« essenza » e non dell’esistenza. Del resto Heidegger ha dichiarato (e ribadito) :
« Debbo ripetere... che le mie tendenze filosofiche... non possono essere classificate come
Existemphilosophie. La questione che mi preoccupa non è quella dell’esistenza dell’uomo, ma quella
dell’essere nel suo insieme e in quanto tale ».
L’esistenza fa la sua comparsa solo in sede di analisi della struttura del problema del senso dell’essere
in generale. Questa struttura comporta un cercato (l’essere), un ricercato (il suo senso) e un
interrogato (presso cui si cerca). Gli enti sono molti: vegetali, animali, cose, l’uomo, eccetera. Si chiede
Heidegger: esiste un ente che possa vantare un rango primario per fungere da interrogato a proposito
del problema del senso dell’essere in generale? Esiste un ente che abbia rapporti privilegiati con
l’essere rispetto alla sua possibile comprensione? Sì, questo ente esiste ed è quell’ente che noi stessi
siamo, l’uomo (Dasein, Esserci); il suo primato consiste nel fatto che la comprensione dell’essere è
costitutiva del modo di essere (esistenza) di questo ente. L’esistenza, come modo di essere esclusivo
dell’uomo, non è dunque semplicemente il luogo occasionale del problema del senso dell’essere in
generale, ma la condizione costitutiva della sua possibilità. L'analitica esistenziale diviene l’« ontologia
fondamentale »
ritorna
L’essere nel mondo e l’essere con gli altri
Anticipare la morte non vuol dire rinunciare alle possibilità effettive ma coglierle nella loro
vera natura di pure possibilità; esige quindi una sorta di sospensione dell’assenso agli
interessi intramondani nei quali siamo sempre dispersi.
Anticipare la morte è esistenza autentica:
si scopre che una qualsiasi cosa possibile non è
così perché così si fa ma è possibilità propria
L’essere per la morte è essenzialmente angoscia L’angoscia non è paura: la paura è l’angoscia
banalizzata nell’esistenza inautentica
Nota: si può vedere a cura di U.Galimberti, sull’Essenza della Verità, La scuola vedi
L’uomo non può svelare il senso dell’essere: deve essere pastore dell’essere non padrone dell’ente