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MILANO
Matteo SARZANA
Matr. N. 116865
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 2
Indice
Sommario pag.7
Capitolo I
Capitolo II
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 3
2.1.2.4 Birre non alcoliche pag.28
Capitolo III
3.2 Ricostruzione del caso Bud Light secondo la strategia dei “dieci passi” pag.32
Capitolo IV
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 5
"Beer is proof that God
loves us and wants us to be happy."
Benjamin Franklin
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 6
Sommario
Procederò all’esposizione del successo del caso Bud Light, analizzando dapprima le cau-
successo.
45
Barrels (in million)
40
La strategia di comunicazione
35
qui analizzata è stata lanciata 30
25
nel 1992, in un momento in cui 20
15
i volumi di vendita di Bud Light 10
91
93
95
97
99
01
03
erano inferiori rispetto a quelli
19
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19
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20
del suo diretto competitor Miller Fig I: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004
Lite, (vedi fig. I). Nel corso di soli due anni la tendenza si è invertita; una volta ugua-
gliate le vendite, nel 1994, il successo di Bud Light ha continuato ad avere un trend po-
sitivo di crescita. Un trend che mantiene ancora oggi e che l’ha portata a diventare la
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 7
II Le cause esogene
menti più anziani o ipocondriaci Fig III: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004
Si comprende così, all’interno di questa tendenza, la ricerca di prodotti light anche per la
Tutto il mercato della birra, trainato dal lancio dei prodotti light sul mercato, conosce
così negli anni ‘90 un momento di grande crescita (vedi fig III).
1
Fabris G (1995), Consumatore & Mercato, Franco Angeli, Milano, 1995
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 8
III Le cause endogene
III.a Il posizionamento
Light.
Bud Light è stata in grado di far leva su un benefit più rilevante per il target rispetto a
mune non solo a tutta la categoria delle birre light, ma più in generale a tutti i prodotti
L’interpretazione trova riscontro oggettivo grazie all’analisi degli Archetipi4 (vedi fig
IV): Bud Light è posizionata nel polo dell’energia, si può associare all’Archetipo del cre-
ativo, una personalità estroversa, ironica, al passo coi tempi; Miller Lite si colloca invece
nel polo della sostanza ed è riconducibile all’archetipo della Madre, una figura pragmati-
3
tra gli altri:www.adcritic.com, www.fastchannel.com, www.ad-rag.com
4
i dati sono ottenuti grazie al Brand Asset Valuator, analisi mondiale che Y&R conduce dal 1993, analizzando
più di 80.000 marche in 123 paesi.
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III.b Una comunicazione efficace e costante
Un posizionamento rilevante non sarebbe stato sufficiente se Bud Light non fosse stata
in grado di esprimerlo con una coerenza comunicativa nel tempo senza precedenti. La
dotto in gran parte analizzando gli archivi delle campagne3 per visionare l’enorme pro-
duzione di campagne televisive, più di 250 nel corso di 13 anni, e radiofoniche, più di
100
La coerenza comunicativa è evidente anche nello spazio all’interno del quale si esprime
il discorso della marca. Tutte le attività del poligono della comunicazione sono, infatti,
sito www.budlightinsitute.ca,
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III.d Una continua attualizzazione
L’esecuzione delle campagne è cambiata, invece nel corso degli anni, per perseguire con
successo un aggiornamento culturale necessario a non perdere il legame con i suoi con-
Il caso Bud Light è un caso di successo pubblicitario, come ricordato da JT Mapel, vice-
presidente di DDB, che nel 1992 ha redatto la strategia di comunicazione di Bud Light:
“Advertising had long played a crucial role in beer marketing. In a blind taste test, few
beer drinkers can tell one beer from another. Brand image is what makes a beer more
appealing, and advertising serves as the clothes of the brand. If we could create the
most appealing advertising, clearly linking our brand to what beer drinkers want out of
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Capitolo I
1.1 La Birra
Due sono le qualità che hanno da sempre contraddistinto la storia della birra nei secoli:
Nel primo caso si può infatti affermare che la birra è stata prodotta ovunque si sia verifi-
Non si sa con esattezza dove sia nata la prima birra: è infatti verosimile che il fenomeno
della fermentazione sia stato scoperto casualmente in diverse parti del mondo più o me-
no nello stesso periodo, forse originato da una antica tecnica di conservazione dei cere-
ali che prevedeva il loro stoccaggio all’interno di grandi barili pieni di acqua.
Hanno così avuto origine svariate tipologie di birra che si distinguevano in birre scure,
chiare, rosse, forti, dolci e aromatiche e venivano chiamate con nomi differenti a secon-
da del cereale utilizzato nella loro produzione (le sikaru erano d'orzo, le Kurunnu di spel-
ta,…).
predisposto a sopportare la fatica di tutti i giorni. In questo benefico effetto egli vide
traccia dell’intervento divino ed è per questo che la storia della birra è stata a lungo in-
A Babilonia, la più ricca città dell'antica Mesopotamia, pare si potessero trovare più di
venti tipologie differenti di birra, che aveva anche un significato religioso e rituale, infat-
ti veniva bevuta durante i funerali per celebrare le virtù del defunto e veniva offerta alla
Analoga importanza aveva la birra in Antico Egitto. Fin dall'infanzia si abituavano i sud-
diti dei faraoni a bere questa bevanda, considerata anche alimento e medicina. I bambi-
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ni inoltre facevano sacrifici di birra, frutta e focacce al dio della scrittura Thout, mentre
bevevano una ciotola di birra, dopo essersene bagnati gli occhi e la bocca che venivano
tenuti chiusi. Gli Egizi usavano, come nel caso dei Babilonesi, la birra per scopi propizia-
tori e sono innumerevoli le divinità che ebbero a che fare con questa bevanda.
In una cosa erano diversi Egizi e Babilonesi: per i primi la birra era una vera e propria
reale è stata trovata questa testimonianza: "Io ero uno che produceva orzo". All’interno
di alcune tombe di faraoni sono state inoltre scoperte ricostruzioni in miniature delle pri-
mordiali birrerie.
Di birra si parla anche nei sacri libri del popolo ebraico, come il biblico Deteronomio e il
Talmud e nella festa degli Azzimi, che ricorda la fuga dall'Egitto, si mangia per sette
La Grecia, patria del vino (e del dio Bacco), non produceva birra, però ne consumava
parecchia, soprattutto in occasione delle feste in onore di Demetra, dea delle messi, tra
per lo più fenici. Anche durante lo svolgimento dei giochi olimpici non era ammesso il
vino per cui la bevanda alcolica per eccellenza di questa prima grande manifestazione
Etruschi e Romani prediligevano il vino, ma alcuni importanti personaggi della loro so-
cietà diventarono accaniti sostenitori della birra, come ad esempio Agricola, governatore
della Britannia, che una volta tornato a Roma nell'83 dopo Cristo si portò tre mastribir-
rai da Glevum (l'odierna Gloucester) e aprì il primo pub della nostra Penisola.
Tra i cosiddetti popoli barbarici si trovavano i più assidui bevitori di birra, i Germani e i
Celti. I primi organizzavano feste che in realtà erano scuse per sbornie colossali, come
ad esempio la Wappentanz, una crudele danza delle spade dedicata al bellicoso dio
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I Celti si erano stanziati principalmente in Gallia e in Britannia, ma la loro straordinaria
civiltà, bagnata di birra fin dai primordi1, venne sviluppata principalmente nella verde
Irlanda. Infatti la nascita del popolo irlandese è dovuta, secondo la leggenda, ai Fomo-
riani, creature mostruose dal becco aguzzo e dalle gambe umanoidi, che avevano la po-
tenza e l'immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra, che fu loro sottrat-
Il Medioevo vide la birra protagonista soprattutto per merito dei monasteri, che operaro-
no un decisivo salto di qualità nella produzione della bevanda introducendo anche alcuni
nuovi ingredienti, tra i quali il luppolo. A questo proposito va detto che in tempi più re-
moti per l'aromatizzazione della birra si usavano svariati tipi di erbe, spezie o bacche,
oppure si ricorreva addirittura a misture vegetali, la più famosa delle quali era il Gruit.
Anche le suore avevano tra i loro compiti manuali quello di fabbricare la birra, che in
parte destinavano al consumo dei malati e dei pellegrini. Si tramanda infine che papa
Gregorio Magno abbia girato ai poveri una donazione in birra della regina longobarda
Teodolinda.
Anche in Gran Bretagna la birra, chiamata Ale2, veniva usata nelle feste come Church-
Ale, prodotta dalle massaie inglesi e messa a disposizione delle feste parrocchiali, dove
britannici. In Inghilterra la birra diventò bevanda nazionale in quanto l'acqua usata per
riodo in cui l'acqua era spesso infettata dalla peste. Soltanto dopo il Rinascimento que-
1
Albert Goscinny & René Uderzo riprendono in chiave pardostica l’antica usanza nel celebre fumetto “Asterix”
2
termine che deriva probabilmente dal vichingo “Aul”
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do scientifico. La prima macchina a vapore in campo birrario è attribuita a James Watt
che nel 1785 utilizza la nuova tecnologia per produrre la prima birra a Londra.
Il consumatore può ora ammirare il suo nettare e questo lo spinge a preferire birre sem-
pre più chiare e dorate, il cui bellissimo aspetto viene esaltato dalla trasparenza del ve-
tro.
Nel 1876 i lavori di Pasteur sulla fermentazione spianano la strada alla comprensione
dell'azione del lievito e a quella dei batteri responsabili dei problemi che portano al catti-
torio e nel 1883 Emil Hansen della danese Carlsberg sviluppa la tecnica per isolare un'u-
nica cellula di lievito che permetterà finalmente ai birrai di esercitare un controllo totale
Nel XX secolo la birreria diventa un'impresa industriale che deve affrontare una concor-
renza sempre più feroce e deve migliorare la sua produttività mantenendo prezzi bassi.
L'evoluzione dei mezzi di comunicazione e dei trasporti favoriscono gli spostamenti delle
stria birraria prima negli Stati Uniti3 poi via via in tutto il mondo provocando la diminu-
Alla fine del XIX secolo se ne contavano più di 3.000 in Belgio e più di 2.000 negli Stati
Uniti, mentre meno di cent'anni dopo il loro numero era vertiginosamente sceso a poco
I mezzi di comunicazione permettono alla birra di viaggiare sempre più lontano e favori-
strano alle birrerie che "meno la birra è amara più si vende". Questi studi rispondono ai
loro bisogni capitalistici: se per esempio risulta che il 75% prova repulsione per le birre
3
E’ infatti nel 1864 che nasce la Anheuser&Busch, ditta produttrice della birra Budweiser e Budlight
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amare, la birreria diminuisce l'amaro in tutta la sua gamma di birre senza tener conto
Se poi, in fase successiva, afferma nelle sue campagne pubblicitarie che è migliore per-
ché meno amara, ha contribuito a offrire un'informazione parziale alla popolazione che
il suo apogeo nel Nord America all'inizio degli anni ‘60 con la scomparsa della maggio-
ranza delle birre "speciali", per fortuna questa regressione nel gusto ha i suoi limiti.
Infatti all'inizio degli anni 80 assistiamo a un vero e proprio "rinascimento" della birra
"di gusto". Questo fenomeno assolutamente originale non ha attinenza col passato in
ria.
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1.1.2 La birra negli USA
La birra rappresenta per il popolo americano quello che la pasta è per gli italiani: qual-
la bevanda che accompagna i grandi momenti della vita: le partite del Superbowl, il bar-
becue con i vicini, le feste al college. È parte dell’iconografia dell’uomo medio america-
no, soprappeso, adagiato su una vecchia poltrona, lo sguardo fisso rivolto alla televisio-
Quando fu scoperto il nuovo mondo, la birra venne importata in America dai primi Euro-
pei, spinti anche dalla capacità della birra di rimanere potabile durante il lungo tragitto
in mare.
Gli europei scoprirono presto che i nativi americani producevano già da tempo la birra
che il mais.
Per il popolo americano la birra divenne da subito una delle bevande preferite, al punto
che George Washington e Thomas Jefferson1 si fecero costruire una birreria privata ed ai
soldati della rivoluzione americana non mancava mai una bottiglia di birra all’interno
Fu soltanto a metà del 1800, con l’applicazione del metodo della pastorizzazione di Pa-
steur per la stabilizzazione della birra e la realizzazione della prima rete commerciale di
della Anheuser&Busch), che la birra conobbe la sua più rapida diffusione sul suolo ame-
1
Anche Teodor Roosevelt fu sincero amante della bevanda, al punto da portare con sé durante un safari più di
500 galloni di birra per potersi rinfrescare.
2
Il problema principale era infatti la conservazione della birra in ambiente freddo. Fu Busch a creare dei nuovi
vagoni ferroviari con un doppio strato termico che li isolava dagli sbalzi di temperatura esterna e a permettere
quindi la distribuzione della birra Budweiser su tutto il territorio degli USA, rendendola così la prima birra na-
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ricano.
Durante il diciannovesimo secolo si ebbe una grande crescita del numero delle birrerie
che arrivarono ad essere 4000 nel 1870, per crollare poi a 1568 nel 1919 con l’inizio del
Wilson.
spandendosi vertiginosamente. Questo processo fu guidato, tra gli altri, dalla Anheu-
ser&Busch, il cui spirito precursore e l’utilizzo innovativo delle nuove tecniche del mar-
Nel 1978 il numero di birrerie attive negli Stati Uniti scende a 89 e solo 25 birre sono in
tutto il paese.
La svolta nella storia della birra si ha nel 1980 quando viene sancita dalla legge la possi-
bilità di produrre birra artigianalmente. Il numero delle aziende produttrici di birra torna
Con l’aumento dei player sul mercato cresce la competizione e la necessità per le azien-
de di differenziarsi facendo leva sulla loro Brand Image piuttosto che sulla base del gu-
3“
Advertising had long played a crucial role in beer marketing. In a blind taste test, few beer drinkers can tell
one beer from another. Brand image is what makes a beer more appealing, and advertising serves as the clo-
thes of the brand. If we could create the most appealing advertising, clearly linking our brand to what beer
drinkers want out of life, we could win the competition.”
2003, American Marketing Association — “Effie Awards Brief of Effectiveness”
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sto e della qualità del prodotto3.
Le birrerie in america sono oggi più di 2000 e un migliaio circa sono le birre importate
dall’estero. Nonostante questo le 10 maggiori ditte detengono nel 2003 più del 97% del
mercato americano (vedi fig. 1), netta è la prevalenza di Anheuser&Busch che rappre-
senta con i suoi differenti prodotti, che prenderemo in esame nel capitolo seguente, più
del 50% del mercato, producendo 100 dei circa 195 milioni di barili di birra prodotti ne-
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Capitolo II
2.1 Anheuser&Busch
Anheuser&Busch è più conosciuta nel nord america come la “regina della birra”, non so-
lo grazie alle numerose marche di birra gestite dal gruppo, ma anche alle numerose al-
tre attività, come i parchi a tema Busch Gardens e Seaworld, la produzione di lattine in
L’azienda è sempre stata caratterizzata da una forte gestione famigliare, l’attuale presi-
dente è infatti August A Busch III, membro della quinta generazione a gestire gli inte-
2.1.1 La Storia
1876, è stata la prima birra nazionale negli USA1. Il fondatore Adolphus Busch si unì a
oggi e che prende il nome di Fig 2: uno dei primi carri refrigerati di A&B
1
prima del 1876 il problema principale dell’industria della birra era quello di riuscire a trasportare il prodotto
all’interno del vasto territorio degli Usa senza che si alterasse a causa degli sbalzi di temperatura. Fu proprio
Adolph Busch a creare e brevettare un nuovo modello vagoni di refrigerati con doppio strato isolante che per-
mise il trasporto della birra su lunghe distanze (vedi fig. 2).
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Anheuser&Busch dal 1879
Adolphus dopo un periodo trascorso in Europa per studiare da vicino il più antico merca-
blasonate birre trappiste dei monaci europei. Anche la scelta del nome fu dettata dalla
necessità di trovare qualche cosa che fosse allo stesso tempo di rimando alla tradizione
tedesca della birra e facilmente pronunciabile dagli americani. Budweiser, ora amiche-
volmente chiamata Bud, fu la scelta ideale. Nel 1880 Adolphus fu nominato presidente
Nel 1896 Anheuser&Busch lancia la birra Michelob, una birra scura, più simile al prodot-
to europeo, inzialmente venduta solo alla spina per conferirle l’immagine di una birra
to al marketing ante-litteram,
guito omaggiarono tutti i bar all’interno dei quali erano servite Budweiser o Michelob,
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delle litografie del quadro “L’ultima battaglia del Generale Custer” (vedi fig. 4). Nono-
oggi ricordata con affetto dagli americani, al punto che Anheuser&Busch ha di recente
Garryowen.
crescerne la fama.
ra e nel 1936 produsse la prima Budweiser in Fig 6: Una delle prime lattine in alluminio
lattina (vedi fig. 6), non senza sfruttare l’abrogazione della legge per una straordinaria
iniziativa di marketing e di immagine. Vennero restaurati due vecchi calessi utilizzati per
il trasporto della birra prima dell’avvento della ferrovia e vennero scelti dodici cavalli
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Clydesdales (vedi fig. 7), una specie possente che veniva impiegata durante i tornei
nel medioevo, per trainarli. Il primo carro partì alla volta di Chicago, il secondo fu spedi-
Clydesdales Anheuser&Busch
zionale di Anheuser&Busch2
Fig 7: Il carro A&B trainato dai Clydesales
Negli anni ‘50 Anheuser&Busch
comincia a diversificare le sue attività oltre il mercato della birra, alla ricerca di nuove
opportunità per spingere la conoscenza dei suoi brand. Vennero quindi acquistati un
Nonostante questa diversificazione la birra è rimasta al centro delle attività della Anheu-
ser&Busch, che negli anni sessanta ne produceva più di 10 milioni di barili all’anno e nel
1953 aveva sorpassato la Schilitz, fino a quel punto la più grande azienda di birra in A-
merica.
Il primato fu breve, dal momento nel 1954 Schilitz si riprese il primo posto. Fu allora
che un illuminato August Busch Jr. decise di intraprendere un lungo viaggio che lo portò
2
Illuminante lo spot “Clydesdale bow head” apparso durante il Superbowl 2002 durante il quale si ripercorre il
tragitto di uno dei due carri dalla stalla fino a New York. Una volta giunti davanti allo skyline di Manhattan i
cavalli si fermano, guardano nello spazio vuoto lasciato dalle torri gemelle e si inginocchiano. Lo spot è muto,
protagonista è la musica crescente e la marca compare solo nei frame finali, dove, sullo sfondo nero, campeg-
gia il logo Anheuser&Busch.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 23
dendo così da loro cosa fosse effettivamente necessario per vendere più birra. Questi
colloqui furono determinanti nella redazione del nuovo piano di marketing e comunica-
zione che riportò l’azienda al primo posto nel mercato statunitense nel 1957, una posi-
zione che mantiene ad oggi inal- Total Fatalities in drunk driving crashes
terata.
3
Il programma contro l’alcolismo è noto con il nome “We all make a difference” e viene comunicato sia trami-
te opuscoli ed incontri organizzati nelle scuole, sia in televisione per raggiungere un target più vasto. Nono-
stante sia chiaro il duplice obiettivo dell’impegno sociale di una azienda multinazionale nel campo dell’alcool
(aiutare la popolazione ed allo stesso tempo generare goodwill nei confronti della marca), ritengo sia ammire-
vole lo sforzo compiuto, dal momento che sicuramente ha contribuito alla riduzione dei morti per incidenti
causati dallo stato di ubriachezza. (vedi fig. 8)
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sono i progetti di lotta contro l’alcolismo, di sostegno nei confronti dei genitori per af-
frontare le tematiche legate all’abuso di alcool da parte dei giovani (vedi fig. 9), di rici-
ranze etniche.
Nonostante l’internazionalizza-
co e giapponese, l’azienda fa
sponsorizzati da Budweiser
mostrato verso i recenti avvenimenti che hanno coinvolto gli USA: il giorno successivo
all’attacco delle torri gemelle, infatti, Anheuser&Busch ha sostituito tutti gli striscioni
pubblicitari presenti all’interno degli stadi, con la bandiera Americana, in onore delle vit-
vamente coinvolta nel mondo della musica (vedi fig. 10), del cinema, dei teatri, di
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 25
2.1.2 I Marchi
Il gruppo Anheuser&Busch detiene differenti marchi, nel corso degli anni, infatti, oltre
alla birra, si sono aggiunti al brand portfolio anche bevande energetiche e mixed drink.
Per facilità di consultazione i differenti marchi sono stati qui riportati in divisi in base alla
famiglia di origine.
2.1.2.1 Budweiser
Budweiser la prima birra lanciata dal gruppo nel 1876, è ora la birra
logie di malto differenti, Bud Light, introdotta per la prima volta nel
1982 e divenuta la Light più venduta in USA nel 1994, Bud Dry, la pri-
ma birra dry prodotta in USA, introdotta nel 1989, e Bud Ice e Bud
Ice Light, introdotte sul mercato nel 1994 sono tra le birre “Ice”1 più
2.1.2.2 Michelob
Michelob è stata lanciata nel 1896 come birra premium. Si era cercato
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 26
il primo periodo fu disponibile solo alla spina. Michelob è oggi invece
disponibile sia in bottiglia che in lattina. Nel 1978 è stata introdotta Mi-
Michelob Amber Bock, una birra bock2, prodotta in USA dal 1995,
gusto è reso ancora più particolare dalla presenza degli aromi di cilie-
gia, mirtillo e lampone. Bare Knuckle Stout è una birra stout3 prodot-
ciata nel 2003 dopo una competizione tra tutti i mastri birrai di Anheu-
ser&Busch alla ricerca di una nuova selezione di malto per creare una
birra unica. Ziegen Bock è una birra leggera, dal gusto semplice, di-
sponibile solo nel Texas dal 1995. Ziegen Light è un’altra birra dispo-
nibile solo nello stato del Texas dal 2003, più leggera rispetto alla Zie-
gen Bock.
2
Le birre “Bock” secondo la tradizione sono create unendo almeno un terzo di malto del frumento al malto
d’orzo.
3
Le birre “Stout” sono prodotte con malto e frumento tostati. La stout più famosa è sicuramente la Guinnes
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 27
2.1.2.4 Birre non alcoliche
ciato sul mercato nel 1990. O’Douls Amber è resa più dolce dalla pre-
senza del caramello nella sua miscela ed è stata presentata nel 1997.
Busch NA fa invece parte della birre più economiche del mercato, in-
2.1.2.5 Busch
prezzo dal 1955. Al suo interno troviamo: Busch, la prima delle tre in-
trodotte, Busch Light, introdotta nel 1989 è all’ottavo posto tra le bir-
re più vendute negli USA e Busch Ice, introdotta nel 1995 per soddi-
sfare i consumatori che desideravano una birra dal gusto più morbido
2.1.2.6 Natural
ciata sul mercato nel 1977 e Natural Ice introdotta solo in alcuni stati
nel 1995 e, dopo un grande successo, disponibile in tutti gli Usa dal 19-
96.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 28
2.1.2.7 Liquori al malto
della birra, l’unica differenza risiede nel fatto che durante il processo di
zuccheri che rendono il gusto della bevanda molto più dolce. Quelli pro-
con i mixed drink apparsi sul mercato come ad esempio Smirnoff Ice. Il
bevanda.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 29
Capitolo III
3.1.1 La Storia
Bud Light non è stata la prima birra light introdotta sul mercato da Anheuser&Busch, in
precedenza erano state già testate birre light di altre famiglie di prodotti come Michelob
Light introdotta nel 1978. Il motivo di questo ritardo, il lancio di Bud Light è avvenuto
infati solo nel 1982, è da ricercarsi nella riluttanza da parte di Anheuser&Busch a esten-
dere il nome del loro prodotto più forte, Budweiser appunto, al segmento light, temendo
Bud Light fu dapprima testata nel 1981 e fu lanciata l’anno seguente sul mercato nazio-
nale.
Il primo problema che la nuova birra si trovò a fronteggiare fu quello di differenziarsi dal
suo predecessore Budweiser. Il termine “lite” infatti era già diventato sinonimo della ca-
tegoria dopo che era stato utilizzato 8 anni prima da Miller al lancio del suo prodotto
light, fino al 1982 unico vero player del mercato. Fu così necessario comunicare ai con-
sumatori che era finalmente arrivata la possibilità di scegliere un nuovo prodotto. DDB,
storica agenzia del marchio Budweiser, ideò la campagna “Gimme a light” dove veniva
mostrato un barista che, utilizzando il doppio senso di “light” come leggero e come luce,
alla richiesta dei clienti “Gimme a light” proponeva loro di tutto, dalle frecce fiammeg-
gianti agli accendini, per dimostrare che era necessario specificare che tipo di “Light”
volessero. La campagna si concludeva con una chiara call to action “Don’t just ask for a
light, ask for a Bud Light”. La campagna contribuì a creare da subito un’enorme aware-
Una volta che risultò essere chiaro nella mente dei consumatori che potevano scegliere
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 30
Dalla fine degli anni ‘80 fino ai primi anni ‘90, Bud Light fu posizionata come la sorella
In tempi più recenti, dal 1999, la campagna ha Fig 11: Cedric The Entertainer
utilizzato anche testimonial famosi nel mercato americano, come Cedric the Entertainer
(vedi fig. 11), che cerca ogni volta di fare colpo sulle donne, avendo sempre a disposi-
zione alla base del successo di Bud Light rimane invariata da ormai 15 anni.
Oltre alla comunicazione televisiva Bud Light è stata promossa anche grazie a numerose
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 31
3.2 Ricostruzione del caso Bud Light secondo la strategia dei “dieci passi”
Procederò ora all’analisi della strategia di comunicazione di Bud Light secondo la meto-
dologia dei 10 passi come illustrata da Marco Lombardi1, che completa quella suggerita
L’analisi, che riguarda più 10 anni di comunicazione, è unica perché, come sostenuto nel
paragrafo precedente, pur mutando l’esecuzione delle campagne di Bud Light, la strate-
gia, lo scheletro della comunicazione, è rimasto intatto per tutto questo periodo. Questo
è sicuramente uno dei punti di forza della marca, la sua omogeneità comunicativa non
solo nel corso del tempo, ma anche attraverso tutte le attività collaterali, dalle promo-
Bud Light si presenta sul mercato in un momento sicuramente non favorevole, il suo
primo competitor, Miller Lite è in vendita da più di 8 anni e ha fatto proprio l’aggettivo
ser&Busch, Bud Light comincia a ritagliarsi una fetta del mercato delle birre leggere, ma
è nel 1992 viene presa la decisione di investire in maniera cospicua sul brand.
L’obiettivo di marketing di breve periodo è di rendere Bud Light la birra leggera più ven-
duta in America, questo obiettivo viene raggiunto nell’arco di soli due anni3. Nel 1994
infatti essa supera di misura i competitor e da allora non ha mai perduto la posizione di
leadership.
leadership del mercato delle birre leggere e di presidiarlo contro i possibili ritorni di
1
Lombardi M. (2005), Il nuovo manuale di tecniche pubblicitarie, Franco Angeli, Milano, 2005
2
Rossiter J.R. e Percy L. (1997), Marketing Aesthetics, Free Press, New York
3
si rimanda al capitolo 3.3 per l’analisi dettagliata dei risultati
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 32
fiamma dei concorrenti, grazie alla creazione ed al continuo rafforzamento di un posizio-
Il rapporto dei consumatori con la birra è facilmente riconducibile a quello esistente con
le differenti marche e le differenti varietà di birre a loro proposte. Risulta quindi eviden-
te quanto importante sia il ruolo della comunicazione nel definire l’identità di questi pro-
dotti, nel renderli sexy, accattivanti, desiderabili agli occhi del consumatore.
La birra non è quindi soltanto una bevanda, ma un oggetto di relazione sociale. I consu-
matori adulti, che non sono tipicamente fedeli alla marca, vogliono che la birra che be-
vono (o che gli altri vedono loro bere), dichiari qualche cosa di positivo rispetto alla loro
personalità. Allo stesso tempo cercano nella birra light un prodotto che, pur avendo un
ottimo gusto ed un’alta qualità (termini ormai dati per scontati), non li appesantisca e
permetta loro di non sentirsi storditi, per poter riprendere con calma le loro consuete
attività4.
I principali competitor diretti di Bud Light sono Miller Lite e Coors Lite. La strategia di
comunicazione di Miller Lite è stata sin dal lancio focalizzata sul benefit oggettivo “è leg-
gera ma ha lo stesso gusto della birra”, mentre Coors Lite non ha mai avuto un posizio-
namento chiaro, sfruttando spesso le promozioni sul punto vendita o facendo leva sul
4
2003, American Marketing Association — “Effie Awards Brief of Effectiveness”
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 33
prezzo.
Se un tempo i competitor indiretti erano relativamente pochi e poco forti, nell’ultimo pe-
riodo si stanno avvicinando numerose minacce per il mondo della birra in generale. Dap-
prima attraverso la riconsiderazione del vino, bevanda tradizionale per i paesi europei,
anche negli Usa5, ed in seguito con la comparsa di una nuova tipologia di drink sul mer-
cato, i cosiddetti “mixed drink” come i vari Bacardi Breezer, a base di rhum, Smirnoff
Ice, a base di wodka, etc. Anheuser&Busch stessa ha cercato a partire dal 2002 di tute-
larsi dall’invasione di queste nuove bibite, stringendo un accordo con Bacardi per la pro-
Per riassumere il posizionamento di Bud Light e dei suoi due competitor diretti ho utiliz-
zato una mappa percettiva che pone agli estremi dell’asse delle ascisse le birre light e le
birre normali e agli estremi dell’asse delle ordinate il carattere maschi e femminile del
brand.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 34
congiunta.
Mentre Miller Lite e Coors Lite, nel rispetto della tradizione hanno da sempre associato
l’idea della birra light a quella di una bevanda pensata per chi non regge l’alcool o per
chi deve tenere sotto controllo la linea, tipicamente le donne appunto, facendo leva sul
beneficio oggettivo di bere una birra con un minore contenuto di carboidrati e di alcool,
Bud Light ha “reinventato” la birra light come la bevanda per veri uomini, facendo della
mascolinità, o meglio, della non perdita della mascolinità nonostante si beva una birra
Dall’analisi della mappa così costruita emerge uno spunto interessante, rimane infatti
scoperto un secondo ambito per ora non presidiato da nessuna marca, quello di una
“birra vera per le donne in grado di apprezzarla”. Forse i tempi non sono ancora maturi,
nella sua capacità di trovare un posizionamento non basato su un benefit oggettivo, fa-
ca inoltre, in quanto sorella della più vecchia Budweiser, gode indirettamente della sua
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 35
heritage e del suo legame con la storia americana. I punti di debolezza interni sono le-
vo, onde evitare che i concorrenti siano in grado di trovarne uno più attuale e più attra-
ente rispetto a quello di Bud Light. Le minacce dall’esterno vengono per lo più dall’intro-
duzione di nuove bevande alcoliche, in grado di attirare in particolare la fascia più giova-
ne della popolazione e dalla percezione della birra come di una commodity a basso prez-
zo.
Per la definizione del target saranno di seguito analizzate le tre variabili più comune-
consumo, cioè se, come e quanto il target consuma la categoria di prodotto e la marca
in esame; variabile sociodemografica, che definisce il profilo e i denotati del target (età,
nei confronti della categoria di prodotto, oltre che dalla conoscenza che essi hanno della
marca stessa. Questo fatto è ancora più rilevante se analizziamo il mercato della birra,
Nel caso di Bud Light i preconcetti da sconfiggere erano in sostanza due: il primo legato
alla categoria delle birre light, viste come un prodotto per “donnicciole”, il secondo deri-
vante dal ritardo nel lancio sul mercato rispetto ai competitor che avevano già avuto
Per questo possiamo dire che la comunicazione Bud Light si rivolge: in primo luogo ai
non consumatori, cercando di modificare la loro percezione del segmento delle birre
light tramite la rottura della “doxa” light=femminile e posizionandosi nei loro confronti
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 36
come la birra leggera per i veri uomini; in secondo luogo ai consumatori ballerini della
concorrenza essi possano essere attratti da Bud Light; in terzo luogo ai consumatori fe-
deli della marca per rafforzare in loro la convinzione di aver effettuato una scelta corret-
ta, facendoli sentire nel giusto. Questi ultimi infatti non vanno mai tralasciati nella reda-
zione di una strategia di comunicazione vincente, sono l’asset più importante di una
marca, quelli da cui ha origine il passaparola positivo che attira nuovi clienti, quelli che
In questo caso il target primario di Bud Light è simile a quello dei suoi concorrenti. Il
focus è sui giovani bevitori di birra nella fascia 21-29 anni, reddito sociale medio, medio
alto. In realtà essendo la birra una delle istituzioni americane (al pari della pasta in Ita-
lia), il target è molto più allargato e comprende tutti i bevitori di birra, senza distinzioni
mente utilizzati in Italia, il 3sc dell’istituto GPF e il 4C’s di Y&R (vedi fig. 14). Utilizzan-
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 37
do la terminologia derivante da quest’ultimo modello possiamo definire il target primario
di Bud Light secondo la variabile psicografica come facente parte della categoria degli
“Innovators” (composto da Reformer e Succeeder), quel gruppo di persone che per pri-
Sono quelle persone che vivono il loro tempo, lo interpretano alla ricerca di soluzioni
nuove.
Chi consuma Bud Light è disposto ad accettare il fatto che la birra light non è solo per
una birra light. Sono persone che amano divertirsi stando in compagnia, si divertono in
sono particolarmente attenti al giudizio sociale derivante dalle scelte di consumo e cer-
cano una birra che sia in grado di essere non solo un bevanda, ma anche e soprattutto
Per azione in questo caso si intende un comportamento preciso e misurabile nel tempo
riguardante il consumo della marca. Riportando quanto analizzato nella definizione del
target di Bud Light, l’azione che si vuole è ottenere è spingere i non consumatori alla
Gli obiettivi che possono essere assegnati alla comunicazione pubblicitaria sono: lo sti-
molo della domanda primaria, la crescita della brand awareness, il miglioramento della
Nel caso di Bud Light, con la campagna che è stata lanciata nel 1992, l’obiettivo prima-
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 38
rio è stato sicuramente quello di aumentare l’intenzione di acquisto. L’obiettivo della
crescita della brand awareness era stato infatti già assolto dalla campagna del 1984
“Gimme a Light”, che, come visto in precedenza, aveva contribuito in maniera significa-
tiva alla identificazione della nuova marca lanciata sul mercato da Anheuser&Busch e al
suo inserimento nell’agenda setting del consumatore. Lo stimolo della domanda primaria
del mercato della birra è in realtà uno degli obiettivi affidati alla comunicazione istituzio-
nale operata in parte dalle singole aziende produttrici e talora in maniera concertuale
Ritengo inoltre che l’obiettivo di aumentare l’intenzione di acquisto sia in questo caso
fosse in primo luogo un cambiamento nella percezione del marchio light da parte del
consumatore, egli non sarebbe disposto a mettere in discussione i suoi valori e quindi
citaria classica, quanto di forme di comunicazione differenti, che rientrano comunque nel
packaging che possono comunicare in maniera più puntuale su tematiche sensibili quali
Il miglioramento dell’immagine di marca, che è anche uno degli obiettivi più frequenti in
marca, la sua modifica, il completamento di alcuni suoi tratti, o il suo completo stravol-
gimento.
È questa un’operazione difficile e lenta, che in questo caso ha avuto successo anche e
soprattutto grazie alla coerenza comunicativa mantenuta nel corso di più di 14 anni di
successo.
L’immagine di marca può essere modificata seguendo tre direzioni di intervento: con
leva sugli elementi soft, sugli elementi hard o su entrambi. Nel caso di Bud Light la leva
è stata posta sugli elementi soft. La comunicazione non ha, infatti, posto l’accento sui
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 39
differenti attributi o benefit oggettivi del prodotto nei confronti dei diretti competitor, ma
ha fatto proprio non solo un benefit soggettivo, “bevi una birra leggera senza rinunciare
che nessuno dei suoi competitor aveva per il momento occupato. Miller Lite e Coors Lite,
infatti, hanno sempre fatto leva o sugli attributi, “contiene X calorie”, “contiene meno
Definire il posizionamento di una marca implica la risposta a tre domande: cos’è il pro-
dotto della marca (a quale categoria merceologica appartiene), per chi è e cosa offre.
3.2.6.1 Il territorio
La necessità iniziale è stabilire come vogliamo che il target percepisca la natura del pro-
Vi sono tre opzioni: definire il prodotto fuori dalla sua categoria naturale, al centro op-
pure ai limiti.
Nel caso in esame, dal momento che l’analisi situazionale non mostrava particolari mi-
nacce od opportunità, la scelta è stata quella di rimanere all’interno della categoria na-
turale del prodotto: le birre leggere. Nella strategia di comunicazione di Bud Light non vi
è infatti la volontà di una percezione differente della categoria, quanto la volontà di po-
sizionarsi in maniera differenziante rispetto ai competitor. Bud Light non afferma mai di
non essere una birra leggera, ma sostiene che i suoi prodotti sono rivolti ad un target
differente.
La marca può indicare un preciso modello di riferimento, il reference group, a chi appar-
tiene a un diverso gruppo, oppure può fornire la conferma dell’appartenenza all’elite in-
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 40
dicata e così gratificata..
Il modello di gruppo nel caso di Bud Light diventa, in quanto perseguito con costanza
delle birre light sul mercato il gruppo di riferimento dei tre maggiori player era stato
quello dei “baby boomers” degli anni ‘60 e ‘70 che, giunti ormai in età adulta, iniziavano
a scoprire i benefici del fitness e dell’alimentazione sana, quando Bud Light lancia la
Coloro che scelgono Bud Light negli anni novanta risentono sicuramente dell’influenza
della cultura degli anni precedenti, che conteneva i germogli di quello che sarebbe stato
il trend degli anni successivi, ma la reinterpretano con una certa dose di “indulgenza”.
L’orientamento alla salute6 è ormai una tendenza trasversale che attraversa non solo
tutti gli strati della popolazione, ma anche a dare del consumo in precedenza inconcepi-
bili. La salute diventa motivo di attenzione costante, non limitato al momento in cui se
compiono scelte volte a preservare l’equilibrio del proprio corpo, della propria persona
Se questo è vero non possiamo però tener conto della diffusione, numerica e culturale,
della birra negli Usa. È così quindi che la birra light diventa pretesto poterla consumare
matico, quello del consumo “sociale” della birra, stabilendo una volta per tutte, in modo
costante e coerente per più di un decennio, che Bud Light è birra leggera ed è la birra
6
Fabris G (1995), Consumatore & Mercato, Franco Angeli, Milano, 1995
7
Il processo non è in realtà di molto differente da quello delle sigarette light.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 41
3.2.6.3 Il beneficio
Il processo di selezione del benefit ideale da offrire passa attraverso tre fasi: l’analisi di
tutte le possibilità (il “laddering”), la scelta della sequenza ideale in linea con le premes-
se della strategia ed infine la scelta del punto di leva all’interno della sequenza scelta.
Il termine “laddering”, che vuol dire fare le scale su e giù, in questo caso viene utilizzato
come metafora del processo che porta a ripercorrere tutte le motivazioni più o meno
forti, che portano il consumatore alla scelta della marca. Il laddering non può ovviamen-
te prescindere dalle scelte operate in precedenza, esso assume quindi significato non
assoluto, ma relativo al target individuato. Lo schema (vedi fig. 15) riporta la griglia
Il passo successivo è quello di individuare la sequenza ideale tra tutte quelle possibili
Nel caso di Bud Light il risultato (vedi fig. 16) riprende quanto abbiamo illustrato fino-
ra: è una birra leggera che contiene solo 110 calorie per bottiglia (attributi), ti permette
di godere del gusto unico della birra senza appesantirti (benefit oggettivo), pur essendo
una una birra leggera, ti fa sentire un vero uomo (benefit soggettivo) quando la consu-
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 42
mo e rispecchia i valori in cui credi fermamente (valori): la socialità, l’ironia, il prendere
Una volta definita la sequenza ideale e verificato che non ci siano incongruenze con la
non effettuare una scelta precisa è di lasciare al target il compito di selezionare cosa
più di immagine.
Nel caso di Bud Light il punto di leva scelto è posto sul benefit soggettivo (vedi fig 17):
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 43
la birra leggera che mi fa sentire un vero uomo. Per meglio comprendere l’importanza
della scelta del punto di leva è opportuno fare un confronto con il laddering di Miller Lite.
In questo caso il punto di leva è stato posto sul benefit oggettivo del prodotto,
solo nel mercato della birra8. Miller Lite vanta inoltre un contenuto di carboidrati di gran
lunga inferiore a quello di Bud Light ed è stata questa la seconda motivazione che ha
portato alla definizione di una strategia di comunicazione che fa leva sul benefit oggetti-
I risultati in termini esecutivi delle campagne dei due competitor sono, ovviamente, di
gran lunga differenti: Bud Light non fa mai alcun riferimento agli attributi del prodotto
per proporre invece uno stile di vita ironico, scanzonato, divertito, dove gli uomini sono
ancora dei collegiali pronti a divertirsi con scherzi camerateschi, all’insegna della più di-
vertita virilità; Miller Lite, al contrario, pur con differenti esecuzioni (si passa dal “side
by side” con i competitor9 all’ironia su alcune delle icone del mondo Budweiser come l’-
arbitro di football) incentra le campagne sul benefit oggettivo “great taste less filling”,
8
Preoccupazione ancora maggiore ha infatti destato nel mondo della pasta e del fast food, costringendo i
maggiori player come Barilla e Mc Donald’s al lancio di nuovi prodotti e ad una strategia di comunicazione di
rassicurazione e di informazione riguardante i carboidrati.
9
I risultati purtroppo sono ben lontani dagli storici confronti Coca-Cola vs Pepsi
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 44
tralasciando qualsiasi riferimento al mondo valoriale.
nicazione.
è demandato il compito di rac- Fig 18: Uno dei “gadget” in regalo con le promozioni Bud Light
contare, descrivere il mondo ideale popolato dagli uomini che scelgono Bud Light, men-
tre alla radio, tramite l’ormai storica campagna “Real men of genius”, è affidato l’obietti-
inventer, …).
che faccia immediatamente percepire agli acquirenti qual è il mondo occupato da Bud
Su internet (vedi fig 19) c’è la possibilità di esplodere il mondo di valori raccontato con
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 45
i mezzi classici, non vi è limite di tempo, né di contenuti ed infine si ha il vantaggio di
dialogare con un pubblico che ha scelto di porsi in ascolto. Ritengo straordinario l’esem-
L’operazione è nata nel 2003 con l’on air di uno spot che raccontava, in chiave parodisti-
ca, la storia di Bud Light dai primi anni del ‘900 fino ad oggi. Il racconto di fantasia so-
stiene che tutte le attività che le donne usano praticare, dallo shopping alla corsa ai sal-
di, non sono altro che una trovata degli scienziati del Bud Light Institute che da anni
hanno come unico scopo quello di trovare nuovi modi per tenere occupate le donne in
modo che gli uomini possano gustarsi senza interruzioni una rinfrescante Bud Light. Il
quale è possibile trovare tutto quanto è necessario all’uomo per evitare di scontrarsi con
la propria partner femminile. Nascono così i biglietti per i ritardatari, “Let’s make Fe-
bruary 15th OUR Valentine’s day”, la mailing list che prodiga consigli su come risponde-
spondere alle insistenti telefonate della donna. Nel corso degli anni questi stimoli pre-
senti sul sito sono stati oggetto di altrettante campagne del Bud Light Institute, tutte
aventi la stessa tagline “We were there, we are here now and we’ll be there for you to-
Gli ultimi due aspetti del poligono delle comunicazioni che ritengo essere interessanti
per l’analisi del caso Bud Light sono il cinema, sono infatti numerosi i film all’interno dei
sorella Budweiser è sponsor ufficiale degli eventi sportivi più seguiti in Usa, Nascar e Fo-
otball, Bud Light è solita sponsorizzare eventi maggiormente diretti ai giovani, come i
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 46
3.2.8 Copy Strategy
di sintesi di tutto quanto analiz- Promessa Bud Light è la birra leggera per uomini
veri
zato finora. Essa ha il compito
Questo documento è tanto importante per l’agenzia, che avrà il compito di tramutare la
strategia in esecuzione, quanto per l’azienda, che dovrà sulla base di questo controllare
La copy strategy non riguarda solo la comunicazione su mezzi classici, ma deve guidare
Gli elementi che la compongono sono tre: la promessa, scelta all’interno dei possibili
benefici; la reason why, ciò che rende credibile ed esclusiva la promessa; il carattere di
Nel caso di Bud Light la copy strategy può essere sintetizzata come in figura 20
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 47
3.2.9 Promotion Strategy
sua immagine.
mento di marca al potenziale consumatore, non solo tramite politiche di prezzo, volte a
griffati che permettono all’acquirente di toccare con mano il mondo della marca.
L’esempio del tanga all’interno della confezione di cartone di lattine di birra è l’esempio
L’obiettivo principale del copy brief è quello di delineare il compito creativo all’interno di
una strategia di comunicazione a lungo termine, suggerendo al reparto anche alcuni ele-
menti riferiti al consumatore, consumer insight, su cui fare leva per l’esecuzione della
campagna.
La struttura del copy brief segue, secondo una successione logica, 8 livelli. Di seguito
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 48
Project description A causa di una tardiva introduzione sul mercato Bud Light
confronti.
Copy Strategy Promessa: Bud Light è la birra leggera per uomini veri
irriverente, maschilista.
Competitive Context Miller Lite è il competitor da battere. La sua comunicazione
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 49
Capitolo IV
4.1 I risultati
93
95
97
99
01
03
19
19
19
19
19
20
20
La campagna, la cui strategia è
Fig 22: Fonte: Beer Marketer’s Insights 2004
stata analizzata nel corso dei
capitoli precedenti, è stata lanciata nel 1992, 8 anni dopo la comparsa di Bud Light sul
mercato. Nel 1992 essa vendeva 13 milioni di barili di birra contro i 18 di Miller Lite. Nel
corso di due soli anni Bud Light è stata in grado di raggiungere il suo competitor (vedi
di vendita senza sosta. Nel 2004, ultimo anno di cui c’è disponibilità al momento in cui
no 4 birre light (vedi fig. 23). L’unica birra tradizionale che mantiene il secondo posto
nicazione.
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 50
Il Brand Asset Valuator ci permette di analizzare due aspetti: lo stato di salute della
marca, tramite il Power Grid, e la personalità della marca a confronto con quella compe-
tori.
in forza (diversità e rilevanza) Fig 23: BAV Usa 1993 - males 18-35 - Innovator
Nel 2004 osserviamo che tutta la categoria delle birre light ha subito un depauperamen-
to, ma si osserva un ribaltamento dei ruoli, con Bud Light che, pur avendo statura leg-
germente inferiore a Miller Lite, mantiene una forza, l’asset più importante per la marca,
una personalità estroversa, sim- Fig 24: BAV Usa 2004 - males 18-35 - Innovator
patica e divertente, sono i ragazzi degli spot Bud Light e il suo più famoso testimonial:
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 51
Cedric The Entertainer; la seconda è riconducibile all’archetipo della madre, che risiede
nell’area del pensiero e della sostanza, della rassicurazione, della prevenzione di com-
portamenti poco sicuri, derivante dal continuo rimando nel corso degli anni al benefit
Matteo Sarzana - “Il caso Bud Light: la birra leggera per uomini veri” 52
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