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Anno XLVII - N. 1 Pubbl. Trimestrale - Tariffa R.O.C.: Poste italiane s.p.a. - Sped. in abb. post.
GENNAIO-MARZO 2011 D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB Milano
anno
xlvii
N. 1
padova
cedam
2011
Prezzo A 40,00
INDICE DEL FASCICOLO
DOTTRINA
COMMENTI
Y. Gan, The Newly Enacted Law on the Applicable Laws of Foreign-Related Civil
Relations in P.R. China ......................................................................................... 101
O. Feraci, Riconoscimento ed esecuzione all’estero dei provvedimenti provvisori in
materia familiare: alcune riflessioni sulla sentenza Purrucker .............................. 107
(Recognition and Enforcement of Provisional Measures in Family Matters
Abroad: Some Remarks on the Purrucker Judgment)
GIURISPRUDENZA ITALIANA
Beni culturali – Ritrovamento di una statua greca in alto mare – Art. 4, comma
secondo cod. pen. – Art. 4 cod. nav. – Convenzione di Ginevra del 29 aprile
1958 – Artt. 7-13 – Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 – Art. 92
– Potestà sulle navi in alto mare – Stato della bandiera – Principio di diritto
internazionale – Nave italiana – Legge italiana – Applicabilità: Tribunale pen. di
Pesaro, ordinanza 12 giugno 2009 ........................................................................ 149
Capacità delle persone – Cittadini italiani residenti all’estero – Potere del console di
nominare un amministratore di sostegno – D.p.r. 5 gennaio 1967 n. 200 sulle
funzioni e i poteri consolari – Art. 34 – Mancata menzione di tale potere –
Questione di legittimità costituzionale – Contrasto con gli artt. 3, 24, 25 e 32
Cost. – Manifesta infondatezza: Corte Costituzionale, 18 febbraio 2010 n. 51 .. 135
Contratti – Appalto – Azione per il pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore
– Legge applicabile – Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 – Art. 4 – Legge
dello Stato in cui è situata la sede dell’appaltatore, che fornisce la prestazione
caratteristica – Applicabilità: Tribunale di Monza, 22 giugno 2009 ................... 157
Diritti reali – Trasferimento all’estero di una statua greca rinvenuta al di fuori delle
acque territoriali italiane, da parte di una nave battente bandiera italiana – L. 31
maggio 1995 n. 218 – Art. 51 – Luogo in cui il bene si trovava al tempo del
trasferimento – Legge italiana – Applicabilità – Artt. 826 e 828 cod. civ. – L. 1º
giugno 1939 n. 1089 – Artt. 23 e 24 – Inalienabilità in assenza di autorizzazione –
D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 – Artt. 54 comma 2 lett. a e 61 – Inalienabilità
assoluta – Legge n. 1089/1939 – Art. 35 – Nullità del trasferimento – Art. 240
cod. pen. – D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 – Art. 174 – Ordine di confisca –
Legittimità: Tribunale pen. di Pesaro, ordinanza 10 febbraio 2010 .................... 175
Diritto straniero – L. 31 maggio 1995 n. 218 – Giudizio introdotto prima della sua
entrata in vigore – Contratto preliminare e contratto di costituzione di una
società da istituire in Tunisia – Accertamento del diritto straniero – Onere di
allegazione in capo alla parte interessata: Corte di Cassazione, 19 aprile 2010 n.
9276 ........................................................................................................................ 194
Giurisdizione – Domanda di divorzio presentata congiuntamente da due coniugi
indiani residenti abitualmente in Italia – Regolamento (CE) n. 2201/2003 –
Art. 7 – Norme sulla giurisdizione previste dal diritto nazionale – L. 31 maggio
1995 n. 218 – Art. 32 – Valenza residuale – Inapplicabilità – Art. 3 par. 1 lett. a
del regolamento – Applicabilità – Giurisdizione italiana – Sussistenza: Tribunale
di Belluno, 6 marzo 2009 ...................................................................................... 140
Giurisdizione Domanda di divorzio presentata da una cittadina italiana contro un
cittadino spagnolo L. 31 maggio 1995 n. 218 Art. 32 Giurisdizione
italiana Sussistenza: Tribunale di Firenze, 18 maggio 2009 ............................ 145
Giurisdizione – Contratto di appalto – Azione per il pagamento del corrispettivo –
Convenuto domiciliato in Svizzera – Convenzione di Lugano del 16 settembre
1988 – Art. 5 n. 1 – Luogo di esecuzione dell’obbligazione di pagamento in base
alla legge applicabile al contratto – Localizzazione in Italia – Giurisdizione ita-
liana – Sussistenza: Tribunale di Monza, 22 giugno 2009 ................................... 157
Giurisdizione Domanda di divorzio presentata da una cittadina italiana avente
anche cittadinanza statunitense Convenuto cittadino statunitense L. 31
maggio 1995 n. 218 Art. 32 Giurisdizione italiana Sussistenza: Tribunale
di Tivoli, 4 agosto 2009 ......................................................................................... 160
Giurisdizione – Controversia relativa a un rapporto di lavoro tra un assistente di volo e
una compagnia aerea belga – Regolamento (CE) n. 44/2001 – Art. 19 n. 2 lett. a
– Luogo in cui il lavoratore presta abitualmente la propria attività – Esecuzione
del lavoro su aerei battenti bandiera belga – Giurisdizione del giudice belga –
Giurisdizione italiana – Insussistenza: Corte di Cassazione (s.u.), ordinanza 20
agosto 2009 n. 18509 ............................................................................................. 162
Giurisdizione – Lite pendente avanti ad arbitro estero – L. 31 maggio 1995 n. 218 –
Art. 7 – Inapplicabilità: Corte di Cassazione, 25 settembre 2009 n. 20688 ....... 165
Matrimonio – Matrimonio tra cittadina italiana e cittadino straniero – Art. 116, primo
comma cod. civ., modificato dalla l. 15 luglio 2009 n. 94 – Necessità del per-
messo di soggiorno – Richiesta di rinnovo dopo tre anni dalla scadenza – Rifiuto
dell’ufficiale di stato civile di celebrare il matrimonio – Illegittimità: Tribunale di
Ragusa, decreto 16 aprile 2010 ............................................................................. 191
Nave – Ritrovamento di una statua greca in alto mare – Art. 4, comma secondo cod.
pen. – Art. 4 cod. nav. – Convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958 – Artt. 7-13
– Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 – Art. 92 – Potestà sulle
navi in alto mare – Stato della bandiera – Principio di diritto internazionale –
Nave italiana – Legge italiana – Applicabilità: Tribunale pen. di Pesaro, ordinanza
12 giugno 2009 ...................................................................................................... 149
Regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’at-
tuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al
divorzio e alla separazione personale .................................................................... 248
La legge di diritto internazionale privato della Repubblica popolare cinese (decreto
del Presidente della Repubblica popolare cinese 28 ottobre 2010) .................... 256
Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI
sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali
(d.lgs. 7 settembre 2010 n. 161) ........................................................................... 264
NOTIZIARIO
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
REDAZIONE
Roberta CLERICI, Redattore capo
Stefania BARIATTI
Alberto MALATESTA - Marco FRIGESSI di RATTALMA - Costanza HONORATI
Maria Caterina BARUFFI - Paolo BERTOLI - Cristina CAMPIGLIO - Luigi
FUMAGALLI - Paola IVALDI - Marco PEDRAZZI - Chiara RAGNI -
Carola RICCI - Lidia SANDRINI - Alberto SARAVALLE - Michele
TAMBURINI - Francesca TROMBETTA-PANIGADI - Gaetano VITELLINO
Francesca VILLATA, Segretaria di redazione
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DIRITTO INTERNAZIONALE
PRIVATO E PROCESSUALE
fondata da
MARIO GIULIANO
diretta da
FAUSTO POCAR (responsabile) TULLIO TREVES
Ord. nell’Univ. di Milano Ord. nell’Univ. di Milano
TULLIO SCOVAZZI
professore ordinario nell’università degli studi di milano-bicocca
1
In Foro it., 1963, I, 1317.
2
Cfr. Camerata Scovazzo, Presentazione della statuetta bronzea di Reshef (Melqart),
in Li Vigni, Tusa (a cura di), Strumenti per la protezione del patrimonio culturale marino.
Aspetti archeologici, Milano, 2002, p. 1.
3
Oggi le competenze dello Stato in materia di beni culturali sono state devolute alla Re-
gione siciliana.
4
Gazz. Uff. del Regno d’Italia, n. 184 dell’8 agosto 1939. In base all’art. 511 comma 2
del codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942 n. 327), il ritrovatore ha diritto a un com-
penso corrispondente alla terza parte del valore dell’oggetto di interesse archeologico ritro-
vato.
5
Gazz. Uff., suppl. ord. al n. 45 del 24 febbraio 2004. Il codice è stato modificato dai
d.lgs. 24 marzo 2006 n. 156 e 24 marzo 2006 n. 157. Per l’analisi della legislazione e della
giurisprudenza italiana in proposito cfr. Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e
del paesaggio, Milano, 2006.
6
Allora il limite del mare territoriale italiano era di sei miglia nautiche, poi portato a
dodici con la l. 14 agosto 1974, n. 359, in Gazz. Uff., n. 218 del 21 agosto 1974.
tullio scovazzi 7
Nella già citata sentenza del 1963, il Tribunale di Sciacca decise che lo
Stato era il proprietario della statua. Secondo il Tribunale, un peschereccio
battente bandiera italiana va considerato come territorio italiano, e quindi
soggetto alla legge italiana, anche quando esso si trova in alto mare:
«In tale norma è evidente che per nave deve intendersi non soltanto uno scafo
natante ma anche tutti i suoi accessori, dal pennone piú alto alla rete piú profonda
che esso trascina, sicché appena una cosa mobile del fondo marino s’impiglia in tale
rete, ed ancora prima che possa dirsi avvenuto qualunque atto di occupazione o
possa dirsi tale cosa ‘scoperta’, essa deve ritenersi entrata nel territorio italiano, il
che, già da tale momento, rende operante la norma di legge italiana e, quindi nella
specie, acquisita la proprietà della statuetta contesa da parte dello Stato».
Chiamato a decidere un caso per il quale non esistevano riferimenti
normativi specifici o precedenti giurisprudenziali, il Tribunale elaborò l’in-
gegnosa teoria del «prolungamento del prolungamento» del territorio ita-
liano, 7 in modo da poter applicare, circa il diritto di proprietà sulla statua,
l’art. 4 del codice della navigazione («Le navi italiane in alto mare e gli
aeromobili italiani in luogo o spazio non soggetto alla sovranità di alcuno
Stato sono considerati come territorio italiano»). È stata cosı́ evitata l’ap-
plicazione in alto mare del criterio primo-arrivato-meglio-servito, che
avrebbe giocato a esclusivo vantaggio degli interessi privati del proprietario
della nave e a scapito dell’interesse pubblico verso la ricerca archeologica e
l’esposizione dei beni culturali, che ispira il diritto italiano. Oggi il Melqart
si trova al Museo regionale archeologico di Palermo.
7
Ossia la teoria che la rete della nave è il prolungamento della nave che è il prolunga-
mento del territorio italiano.
8
In questo fascicolo della Rivista, p. 149 ss.
8 dottrina
Gli aspetti penali del caso sono stati già decisi in passato da quattro
sentenze, rese dal Tribunale e dalla Corte di Appello di Perugia, dalla Corte
di Cassazione e dalla Corte di Appello di Perugia. Alla fine, gli imputati
sono stati assolti, per mancanza di prove che la statua fossa stata ritrovata
nel territorio italiano. Questo spiega perché le ordinanze recentemente
pronunziate dal Tribunale di Pesaro riguardino la sola questione della
confisca della statua.
Le due ordinanze affrontano in modo approfondito complesse que-
stioni di diritto penale, civile e amministrativo italiano, ivi compresi alcuni
problemi intertemporali dovuti alla successione nel tempo di tre regimi sui
beni culturali, 9 che non è possibile riprendere in questa sede.
Sulla questione dell’esistenza della giurisdizione italiana, il Tribunale
constata che la statua è stata «verosimilmente rinvenuta in acque non terri-
toriali», come poteva essere dedotto dalle dichiarazioni rese all’epoca dai
pescatori testimoni dell’evento, dall’analisi delle incrostazioni di molluschi
trovate sulla statua 10 in relazione agli studi sulla morfologia sui fondali
marini. Questo significa che la statua si trovava sul fondo mare, nei limiti
della piattaforma continentale o dell’Italia o della Iugoslavia (ora Croazia),
anche se non è dato sapere da quale lato del confine marittimo. 11
Nell’ordinanza del 2009, il Tribunale, facendo uso del precedente della
sentenza sul Melqart di Sciacca, conclude che il diritto italiano si applica
agli oggetti ritrovati in alto mare da una nave battente la bandiera italiana:
«in caso di rinvenimento in alto mare di relitti marini di pregio storico ed
artistico da parte di una nave battente bandiera italiana, come avvenuto nel caso
di specie, si applica la legge italiana ed, in particolare, le norme nazionali in materia
di beni culturali».
Da questo deriva la conseguenza che la statua era divenuta proprietà
dello Stato sin dal momento del suo ritrovamento. Secondo il Tribunale, le
disposizioni speciali del diritto italiano sul carattere inalienabile dei beni
appartenenti al demanio pubblico 12 prevalgono sulle disposizioni generali
9
Oltre ai due atti legislativi già citati (supra, note 4 e 5), una normativa organica sui beni
culturali era stata adottata con il d.lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, in Gazz. Uff., suppl. ord. al n.
302 del 27 dicembre 1999.
10
Nel corso dei suoi vari spostamenti, si era staccato dalla statua un frammento di in-
crostazioni marine, che era stato conservato da una delle persone implicate nel caso e poi con-
segnato alle autorità italiane. La polizia aveva anche recuperato una fotografia della statua,
come essa appariva al momento del ritrovamento. Anche sulla base di questi elementi il Tri-
bunale di Pesaro ha potuto concludere che l’atleta vittorioso esposto al J. Paul Getty Museum
si identifica con la statua trovata nel 1964 dalla Ferruccio Ferri.
11
Il confine tra le due piattaforme continentali è stato definito con un trattato firmato
l’8 gennaio 1968 da Italia e Iugoslavia (Gazz. Uff., n. 302 del 29 novembre 1969).
12
Cfr. in particolare l’art. 23 della citata legge n. 1089 del 1939, allora applicabile («Le
cose indicate negli articoli 1 e 2 sono inalienabili quando appartengono allo Stato o ad altro
tullio scovazzi 9
del codice civile sui diritti dell’acquirente in buona fede (art. 1153) e sulla
prescrizione (art. 1161). Questa conclusione è confermata da diverse deci-
sioni prese da organi giudiziari italiani in casi relativi alla confisca di beni
culturali rubati o scavati illegalmente.
Il Tribunale rileva che, secondo il diritto italiano, la confisca di certe
categorie di beni, quali le cose di interesse storico e artistico esportate
abusivamente, è obbligatoria e non è necessariamente legata alla condanna
di coloro che sono stati imputati di un reato. Nell’ordinanza del 2010 il
Tribunale affronta poi la semplice, ma spinosa, questione di come si possa
ordinare la confisca di una cosa che è già di proprietà dello Stato. La
risposta, legata al fatto che la cosa si trova all’estero, è la seguente:
«quando i beni si trovano all’estero, in territorio non soggetto alla sovranità
dello Stato Italiano, il diritto di proprietà a titolo originario (derivante dalla natura
di bene di interesse archeologico, che ne comporta l’assegnazione al patrimonio
indisponibile dello Stato) risulta in concreto attuabile solo attraverso gli strumenti
di cooperazione internazionale, che tuttavia spesso presuppongono un formale
provvedimento di confisca, che, qualora concesso, verrà poi inviato all’Autorità
richiesta per un formale riconoscimento.
«Si evidenzia infatti che proprio la previsione di un particolare meccanismo
costituito da strumenti di natura civilistica e di diritto internazionale fondati su
accordi specifici di assistenza e collaborazione tra Stati, conferma la necessità, nel
caso di detenzione all’estero del bene, di un preventivo provvedimento ablativo che
lo Stato richiedente potrà far valere al fine di promuoverne l’azione di restituzione
avanti al tribunale del luogo in cui si trova il bene sottratto o illecitamente espor-
tato. Tale particolare tipo di azione per i beni illecitamente esportati che si trovino
in uno Stato membro dell’Unione, è disciplinata dagli artt. 75 ss. del Codice Ur-
bani, mentre, se il bene è stato rubato o illecitamente esportato in uno Stato che
non fa parte dell’Unione, l’art. 87 del Codice Urbani rinvia alle disposizioni della
convenzione UNIDROIT del 24 giugno 1995.
«Nel caso di specie, il bene illecitamente esportato non si trova in uno Stato
membro dell’Unione Europea e non appare neppure applicabile la Convenzione
UNIDROIT richiamata dall’art. 87, in quanto non risulta che gli Stati Uniti abbiano
mai ratificato il suddetto atto internazionale, di guisa che il provvedimento ablativo
diventa titolo necessario per consentire allo Stato di rientrare in possesso del bene,
atteso che lo Stato italiano non può autonomamente riconoscersi un titolo origina-
rio di proprietà, quando non è in grado di affermare la propria signoria sul bene,
proprio perché si trova all’estero». 13
Rimane da vedere quale esecuzione sarà data dalle autorità americane a
un provvedimento di confisca disposto da un giudice italiano.
ente o istituto pubblico»), relativo alle «cose, immobili e mobili, che presentano interesse ar-
tistico, storico, archeologico o etnografico» (art. 1).
13
Con il termine «Codice Urbani» l’ordinanza intende il citato d.lgs. 22 gennaio 2004 n.
42, supra, nota 5. La convenzione UNIDROIT è la convenzione sugli oggetti culturali rubati
o esportati illegalmente (Roma, 1995).
10 dottrina
Per superare l’obiezione che la confisca non può avere luogo, se essa
riguarda beni di un terzo estraneo al reato, 14 il Tribunale effettua un’accu-
rata valutazione del comportamento tenuto dai curatori del J. Paul Getty
Museum, concludendo che essi erano avevano dimostrato una gravissima
negligenza. Essi avevano acquistato un oggetto di inestimabile valore im-
portato dall’estero, senza alcun serio controllo sulla sua provenienza e senza
verificare sulla base di quale titolo il venditore ne aveva acquisito il pos-
sesso:
«Ad avviso del giudicante, le circostanze addotte dalla difesa non appaiono
convincenti ed idonee a dimostrare la buona fede del Museo, nel senso sopra
precisato, per la presenza di un dato oggettivo insuperabile: la mancanza del titolo
originario di proprietà del bronzo da parte dei suoi dante causa, precisamente, la
società Etablissment DC/Artemis S.A per conto della quale agiva Herzer, che lo
aveva acquistato dai venditori italiani.
«Come si è già evidenziato nella ricostruzione in fatto, i legali di Herzer e del
Consorzio Artemis... inviavano... un parere in data 4 ottobre 1972 ‘‘sulla questione
del bronzo greco’’... Affermavano i legali che la statua era stata acquistata da un loro
cliente... in Brasile da un gruppo di venditori italiani, ai sensi di un contratto
stipulato in data 9 giugno 1971...
«Tale contratto non è stato mai trasmesso, dai venditori Herzer-Artemis al
Getty Museum, né risulta che i legali e comunque i consulenti del Trust abbiano
mai compiuto alcun accertamento al riguardo. Non solo non esiste il contratto di
acquisto del bene da parte dei venditori, ma non c’è nessun altro documento
relativo alla transazione, che ne attesti la provenienza legittima dal Brasile, ammesso
che l’acquisto dai venditori italiani si sia ivi perfezionato (visto che le indagini
compiute al riguardo dai Carabinieri hanno dato esito negativo), dall’Italia o da
qualsiasi altro Stato.
«Non si tratta, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, di una circo-
stanza di poco momento facilmente superabile attraverso la dichiarazione di veri-
dicità dei documenti trasmessi da parte di Herzer, nonché, dalla notorietà e pre-
sunta affidabilità delle persone fisiche che facevano parte della società venditrice,
perché è solo esaminando l’atto di acquisto dei suoi venditori e tutti i documenti
inerenti la prima transazione, che il Museum avrebbe potuto accertare la regolarità
della provenienza della statua.
«Invece, il The J. Paul Getty Trust ha acquistato un’opera d’arte di inestimabile
valore, senza compiere alcuna seria ed obiettiva verifica circa la legittimità e liceità
della sua provenienza, accontentandosi semplicemente di alcuni pareri redatti non
da un soggetto terzo, bensı́, dagli stessi legali dei venditori, chiaramente portatori di
14
Con sentenza 14 gennaio 1987 n. 2, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di due disposizioni di legge in tema di confisca, nella parte in cui esse preve-
devano «la confisca di opere tutelate ai sensi della legge n. 1089 del 1939 che siano state og-
getto di esportazione abusiva, anche quando risultino di proprietà di un terzo che non sia
autore del reato e non ne abbia tratto in alcun modo profitto». Oggi l’art. 174 comma 3
del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede che il giudice dispone la confisca delle cose esportate ille-
citamente, «salvo che queste appartengano a persona estranea al reato».
tullio scovazzi 11
3. Il punto critico delle decisioni sul Melqart e sull’Atleta sta nel fatto
che esse fanno applicazione della norma di diritto internazionale privato in
base alla quale la proprietà è regolata dalla legge dello Stato dove si trova la
cosa, estendendo la nozione di territorio alla nave che batte la bandiera di
uno Stato. L’esistenza, nei due casi specifici, di una bandiera italiana porta
all’applicazione di un insieme di norme basate sulla prevalenza dell’inte-
resse pubblico alla tutela dei beni culturali rispetto agli interessi di soggetti
privati, come il ritrovatore, il proprietario della nave, il venditore, l’inter-
mediario o il compratore.
Molto diverse sarebbero però le conseguenze se si facesse applicazione
della legge di uno Stato che s’ispira a una concezione opposta in tema di
beni culturali. Il diritto marittimo degli Stati Uniti, ad esempio, si fonda su
di un insieme di regole di natura consuetudinaria (admiralty law), che
comprende il law of salvage e il law of finds. In base al law of salvage,
chi ritrova un relitto in mare acquisisce un diritto reale (lien) sulla cosa
nei confronti del proprietario (o dei suoi aventi causa, come un assicuratore
che abbia versato al proprietario l’indennizzo per la perdita della nave), fino
al momento in cui riceve dal proprietario la ricompensa per la sua attività.
12 dottrina
In base al law of finds, chi ritrova un relitto in mare di cui non si conosce il
proprietario e ne prende possesso acquisisce la proprietà della cosa.
Secondo alcune decisioni americane, ad esempio la sentenza resa il 24
marzo 1999 dalla Corte di Appello per il Quarto Circuito nella causa
R.M.S. Titanic, Inc. v. Haver, 15 l’admiralty law sarebbe un «diritto venera-
bile», applicabile in tutti i mari del mondo e riconosciuto dall’art. III della
Costituzione degli Stati Uniti che estende il potere delle corti federali ad
«all Cases of admiralty and maritime Jurisdiction». In particolare,
«the body of admiralty law referred to in Article III did not depend on any
express or implied legislative action. Its existence, rather, preceded the adoption of
the Constitution. It was the well-known and well-developed ‘‘venerable law of the
sea’’ which arose from the custom among ‘‘seafaring men’’..., and which enjoyed
‘‘international comity’’... Nations have applied this body of maritime law for 3000
years or more. Although it would add little to recount the full history here, we note
that codifications of the maritime law have been preserved from ancient Rhodes
(900 b.C.E.), Rome (Justinian’s Corpus Juris Civilis) (533 C.E.), City of Trani (Italy)
(1063), England (the Law of Oleron) (1189), the Hanse Towns or Hanseatic
League (1597), and France (1681), all articulating similar principles. And they all
constitute a part of the continuing maritime tradition of the law of nations - the jus
gentium». 16
«The exercise of admiralty subject matters has never been limited to maritime
causes arising solely in the United States territorial waters. On the contrary, mar-
itime causes arising from matters on the high seas anywhere in the world have
traditionally been brought to courts of admiralty, subject only to a discretionary
exercise of the doctrine of forum non conveniens». 17
L’erudizione della Corte americana è davvero stupefacente. Nessuno,
tranne pochissimi studiosi, è oggi in grado di conoscere che cosa prevede-
vano a proposito dei relitti di mare regole che sono contenute in sistemi
normativi vigenti in tempi remoti (compresi tra il IX secolo a.C. e il XVII
d.C.) e che, quando non siano oggi perdute o frammentarie, sono redatte in
lingue diverse dall’inglese. 18 Ma, evidentemente, la Corte americana legge e
conosce tutto questo!
Circa la sostanza della questione, è un dato di fatto che, nelle piú o
meno remote epoche in cui i sistemi normativi in questione erano applica-
bili, nessuno si preoccupava della salvaguardia del patrimonio culturale
sottomarino, un’esigenza che si è manifestata solo in tempi recenti. Ma la
Corte americana è convinta che tali «venerabili» sistemi normativi siano
15
In Int. Legal Materials, 1999, p. 808.
16
Ivi, p. 807.
17
Ivi, p. 808.
18
Ad es., in Italia nessuno, tranne pochissimi eruditi, saprebbe dire che cosa mai pre-
vedesse, a proposito dei relitti di mare, la legislazione del 1063 della città di Trani, citata nella
sentenza americana.
tullio scovazzi 13
19
Hatcher, di nazionalità britannica, ritrovò nel 1985 il relitto della Geldermalsen, una
nave della Compagnia olandese delle Indie Orientali che affondò nel 1752 nelle vicinanze del-
l’isole indonesiana di Bintan e che trasportava un ricchissimo carico, poi venduto all’asta da
Hatcher ad Amsterdam: cfr. Hatcher, De Rham, Thorncroft, The Nanking Cargo, 1987,
riprodotto per estratti in Prott, Srong (eds.), Background Materials on the Protection of the
Underwater Cultural Heritage, Paris, 1999, p. 83.
20
Ibidem, p. 92.
21
Sulle spedizioni nel Mediterraneo dell’esploratore sottomarino americano Robert Bal-
lard cfr. Scovazzi, The Application of ‘‘Salvage Law and Other Rules of Admiralty’’ to the
Underwater Cultural Heritage: Some Relevant Cases, in Garabello, Scovazzi (eds.), The
Protection of the Underwater Cultural Heritage. Before and after the 2001 UNESCO Conven-
tion, Leiden, 2003, p. 75.
14 dottrina
22
La convenzione è entrata in vigore per l’Italia il 12 febbraio 1995, a seguito di ratifica
autorizzata con l. 2 dicembre 1994 n. 689 (Gazz. Uff., suppl. ord. al n. 295 del 19 dicembre
1994). Sul tema qui in discussione cfr. Treves, Stato costiero e archeologia sottomarina, in
Riv. dir. int., 1993, p. 698; Migliorino, Il recupero degli oggetti storici e archeologici som-
mersi nel diritto internazionale, Milano, 1984.
23
Quanto meno nel testo ufficiale inglese dell’art. 303, par. 3, che non corrisponde al
testo ufficiale francese («Le présent article ne porte atteinte ni aux droits des propriétaires
identifiables, au droit de récupérer des épaves et aux autres règles du droit maritime, ni
aux lois et pratiques en matière d’échanges culturels»), anche perché le espressioni «the
law of salvage and other rules of admiralty» non sono traducibili in francese per la mancanza
dei concetti corrispondenti.
24
Sulla convenzione cfr. Camarda, Scovazzi (eds.), The Protection of the Underwater
Cultural Heritage. Legal Aspects, Milano 2002; O’Keefe, Shipwrecked Heritage: A Commen-
tary on the UNESCO Convention on Underwater Cultural Heritage, Leicester, 2002; Car-
ducci, New Developments in the Law of the Sea: The UNESCO Convention on the Protection
tullio scovazzi 15
maggior parte delle questioni relative a beni culturali ritrovati nel Mediter-
raneo possano prossimamente venire risolte grazie all’applicazione di que-
sto trattato che, per il momento, vincola trentuno Stati, di cui dieci riviera-
schi del Mediterraneo. 25
Anzitutto, l’art. 4 della convenzione vieta, a meno che non siano soddi-
sfatte tre condizioni che si cumulano tra di loro, l’applicazione di sistemi
basati sul criterio primo-arrivato-meglio-servito:
«Any activity relating to underwater cultural heritage to which this Convention
applies shall not be subject to the law of salvage or law of finds, unless it:
«(a) is authorized by the competent authorities, and
«(b) is in full conformity with this Convention, and
«(c) ensures that any recovery of the underwater cultural heritage achieves its
maximum protection».
L’art. 4 può essere visto come una norma di diritto internazionale
privato al contrario, vale a dire una disposizione che regola il diritto non
applicabile (o, per la precisione, non applicabile, se la sua applicazione
porterebbe a risultati disastrosi).
L’art. 4 va collegato all’art. 2 par. 7 («underwater cultural heritage shall
not be commercially exploited»), e con la regola 2 dell’allegato, che è parte
integrante della Convenzione:
«the commercial exploitation of underwater cultural heritage for trade or spec-
ulation or its irretrievable dispersal is fundamentally incompatible with the protec-
tion and proper management of underwater cultural heritage. Underwater cultural
heritage shall not be traded, sold, bought or bartered as commercial goods».
Se ne può desumere che, per quanto l’applicazione del law of salvage e
del law of find non sia totalmente esclusa, i suoi effetti negativi sono scon-
giurati. La libertà di pesca in mare di oggetti storici e archeologici è final-
mente bandita.
of the Underwater Cultural Heritage, in Am. Journ. Int. Law, 2002, p. 419; Garabello, Sco-
vazzi (eds.), op. cit. (supra, nota 21); Aznar Gomez, La protección internacional del patrimo-
nio cultural subacuático con especial referencia al caso de España, Valencia 2004; Garabello,
La Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, Milano, 2004;
Dromgoole (ed.), The Protection of the Underwater Cultural Heritage. National Perspectives
in Light of the UNESCO Convention 2001, Leiden, 2006.
25
Croazia, Spagna, Libia, Libano, Montenegro, Slovenia, Tunisia, Albania, Bosnia-Her-
zegovina, Italia. In Italia è stata data esecuzione alla Convenzione con la l. 23 ottobre 2009 n.
157, in Gazz. Uff., n. 262 del 10 novembre 2009.
16 dottrina
26
Nessuna definizione è data di che cosa sia un «legame verificabile» (verifiable link),
anche perché sarebbe estremamente difficile fornirla.
tullio scovazzi 17
27
Cfr. Scovazzi (a cura di), La protezione del patrimonio culturale sottomarino nel Mare
Mediterraneo, Milano, 2004.
28
Cfr. Beurier, Commentaire de la Déclaration de Syracuse sur le patrimoine culturel
sous-marin de la Mer Méditerranée, ibidem, in Camarda, Scovazzi, op. cit. (supra, nota
24), p. 279.
18 dottrina
29
Il progetto di accordo presupponeva che le parti all’accordo regionale per il Mediter-
raneo fossero anche parti alla Convenzione o accettassero l’applicazione dei suoi principi so-
stanziali.
STEFANIA BARIATTI
professore ordinario nell’università degli studi di milano
Sommario: 1. L’art. 140-bis del codice del consumo e i lavori sulle azioni collettive avviati a
livello europeo. – 2. Le fonti normative rilevanti per la determinazione della giurisdizione
italiana sulle azioni di classe. – 3. Il foro generale del domicilio del convenuto e il foro
dell’illecito. – 4. Il foro del contratto. – 5. La legge applicabile alle azioni fondate su un
atto illecito. – 6. La legge applicabile alle azioni fondate su un contratto. – 7. Cenni sul
riconoscimento di sentenze e transazioni giudiziali straniere, con particolare riferimento
alle transazioni concluse nei Paesi Bassi ai sensi della WCAM.
classe». La modifica mira a far rientrare in questa disposizione non solo le azioni risarcitorie,
ma anche quelle di tipo restitutorio. Sulla nozione di «pratiche commerciali scorrette» nella
direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel
mercato interno e sulla sua applicazione si veda il Commission Staff Working Document,
Guidance on the implementation/application of Directive 2005/29/CE on unfair commercial
practices, SEC (2009) 1666 del 3 dicembre 2009.
2
Cfr. Costantino, Consolo, Prime pronunce e qualche punto fermo sull’azione risar-
citoria di classe, in Corriere giur., 2010, p. 985 ss. Sugli aspetti internazionalprivatistici si veda
Vitellino, Conflitto di leggi e di giurisdizioni in materia di azione inibitoria collettiva, in
Venturini, Bariatti (a cura di), Nuovi strumenti del diritto internazionale privato. Liber
F. Pocar, Milano, 2009, p. 757 ss.
3
COM (2005) 672 del 19 dicembre 2005. Tutti i documenti che sono menzionati nel te-
sto e le risposte alle consultazioni pervenute, nonché ulteriori materiali, sono disponibili sul sito
della DG Concorrenza alla pagina http://ec.europa.eu/comm/competition/antitrust/actionsda-
mages/index.html. Azioni collettive o di classe sono previste, con caratteristiche diverse, in
USA, Australia, Canada, Norvegia, e in molti Stati membri dell’Unione europea (Germania,
Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, Polonia, Danimarca, Austria, Bulgaria, Spagna, Finlandia,
Portogallo). Si tratta generalmente di azioni che non sono limitate ai consumatori, ma si appli-
cano anche al ristoro di pregiudizi subiti da altre categorie di soggetti, in seguito, per es., a in-
cidenti ambientali o comportamenti discriminatori. Cfr. per tutti Hodges, The Reform of Class
and Representative Actions in European Legal Systems, Oxford, 2008; Cafaggi, Micklitz,
Collective Enforcement of Consumer Law: A Framework for Comparative Assessment, in Eur.
Rev. Private Law, 2008, p. 391 ss.; Congedo, Messina, European ‘‘Class’’ Action: British
and Italian Points of View in Evolving Scenarios, in Europa e dir. priv., 2009, p. 163 ss.; Santa
stefania bariatti 21
6
Corte di giustizia, 13 luglio 2006, cause riunite da C-296/04 a C-298/04, Manfredi, in
Reccolta, p. I-6619 ss., e in questa Rivista, 2007, p. 1138 ss.
7
COM (2008) 794 del 27 novembre 2008, sul quale v. il parere del CES in Gazz. Uff.
Un. eur., n. C 128 del 18 maggio 2010. Si veda anche il piú recente Consultation paper for
discussion on the Follow-up to the Green Paper on consumer collective redress, in http://ec.eu-
ropa.eu/consumers/redress_cons/collective_redress_en.html.
stefania bariatti 23
materia antitrust del 2005. Si tratta di aspetti non trascurabili poiché già nel
2008 si valutava che, su 326 casi documentati, circa il 10% presentasse
elementi di internazionalità. 8 Che il giudice nazionale si trovi a decidere di
azioni proposte nei confronti di soggetti domiciliati all’estero alle quali si
debba applicare un diritto straniero è dunque un’eventualità nient’affatto
remota: si pensi innanzitutto proprio agli illeciti anticoncorrenziali, in con-
siderazione dell’alto numero di casi decisi dalla Commissione europea e
dalle autorità nazionali che riguardano comportamenti che producono ef-
fetti sui mercati di paesi diversi, ma anche alla responsabilità per danno da
prodotto o per danno ambientale, nei paesi ove l’azione collettiva è am-
messa per tali illeciti.
Sui conflitti di leggi e giurisdizioni il Libro verde sui mezzi di ricorso
collettivo dei consumatori richiama – e non poteva essere altrimenti – altri
ben noti strumenti normativi, anch’essi di fonte europea, che trovano oggi
la base giuridica nell’art. 81 TFUE. Si tratta, in particolare del regolamento
n. 44/2001 (c.d. Bruxelles I) e dell’allora proposta di regolamento sulla
legge applicabile alle obbligazioni non contrattuali, ora diventata regola-
mento n. 864/2007 (c.d. Roma II), ai quali si è aggiunto nel frattempo il
regolamento n. 593/2008 (c.d. Roma I), relativo alla legge applicabile alle
obbligazioni contrattuali. Si tratta dunque dei consueti strumenti di riferi-
mento primario per la disciplina della giurisdizione e della legge applicabile
alle obbligazioni contrattuali ed extra-contrattuali, ai quali in Italia in alcuni
casi si aggiungono le disposizioni contenute nella legge n. 218/1995 sulla
riforma del diritto internazionale privato italiano. Peraltro, il Libro verde
rileva anche che questi strumenti, come pure il regolamento (CE) n. 861/
2007 che istituisce un procedimento europeo per le cause di modesta entità
e i lavori sui metodi alternativi di soluzione delle controversie, non sono
stati pensati per applicarsi alle azioni collettive e non contengono disposi-
zioni apposite. Di conseguenza non risolvono né affrontano le inefficienze e
le difficoltà che i consumatori incontrano per ottenere collettivamente il
risarcimento dei danni subiti da comportamenti delle imprese che si confi-
gurino quali «illeciti di massa». D’altra parte, le differenze tra le norme
nazionali creano incertezza e inefficienza anche per gli operatori, che si
confrontano con procedure e regole diverse nei vari Stati, ove esse esistono.
Piú recentemente la Commissione ha ripreso i lavori sulle azioni col-
lettive mettendo insieme le forze e le esperienze delle tre direzioni generali
competenti in materia di concorrenza, salute e consumatori, e giustizia.
Dopo una nota informativa dei tre Commissari, è stata lanciata una con-
sultazione pubblica per la valutazione dell’opportunità di istituire una pro-
8
Studio sulla valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dei meccanismi di ricorso collettivo nel-
l’Unione europea, in http://ec.europa.eu/consumers/redress_cons/collective_redress_en.html, p.
44.
24 dottrina
9
Cfr. la Nota informativa Renforcer la cohérence de l’approche européenne en matière de
recours collectif: prochaines étapes, SEC (2010) 1192 del 5 ottobre 2010, e il Working docu-
ment della Commissione, SEC (2011) 173 del 4 febbraio 2011. L’avvio della consultazione
era stato annunciato anche nella proposta di regolamento destinato a modificare il regola-
mento Bruxelles I, COM (2010) 748 del 14 dicembre 2010, p. 7.
10
Par. 28 e domande 29-31.
11
Cfr. in proposito, sul testo precedente dell’art. 140-bis, Consolo, L’azione risarcito-
ria di classe ‘‘di nuovo in cantiere’’: comunque, quale giurisdizione sulle imprese convenute stra-
niere?, in Int’l Lis, 2008, p. 124 ss.; Coscia, La nuova azione collettiva risarcitoria italiana nel
quadro delle discipline processuali di conflitto interne e comunitarie, in Liber F. Pocar cit., p.
231 ss.; e in relazione alla violazione di norme antitrust il nostro Violazione di norme antitrust
e diritto internazionale privato cit. Sul nuovo testo dell’art. 140-bis v. Schepisi, Azione risar-
citoria di classe e controversie transnazionali: competenza giurisdizionale legge applicabile, in
Riv. dir. int., 2010, p. 1053 ss. Sulle questioni internazionalprivatistiche relative alle azioni
di classe nella dottrina straniera v. gli scritti di Pinna, Recognition and Res Judicata of US
Class Action Judgments in European Legal Systems, e van Houtte, Yi, Due Process in Inter-
national Mass Claims, nel numero speciale Individual Rights, Collective Enforcement di Era-
smus Law Review, 2008, pp. 31 ss., 63 ss.; Hess, Cross-Border Collective Litigation and the
Regulation Brussels I, in IPRax, 2010, p. 116 ss.; Danov, The Brussels I Regulation: Cross-Bor-
der Collective Redress Proceedings and Judgments, in Journ. Private Int. Law, 2010, p. 359 ss.
12
Parere 1/03 del 7 febbraio 2006 (c.d. Parere sulla Convenzione di Lugano), in Raccol-
ta, p. I-1145 ss., e in questa Rivista, 2006, p. 514 ss. Anche qualora si ritenesse che gli Stati
membri abbiano mantenuto una competenza residuale a emanare norme sulla giurisdizione
volte ad applicarsi solo nei confronti di convenuti domiciliati all’esterno dell’Unione, non
stefania bariatti 25
ne sarebbe comunque manifestazione l’art. 140-bis dato il criterio scelto dal legislatore italia-
no per indicare il giudice competente, cioè la sede dell’impresa convenuta.
13
COM (2010) 748 del 14 dicembre 2010, accompagnata dal Commission Staff Wor-
king Paper Impact Assessment, SEC (2010) 1547 di pari data. La proposta è stata preceduta
da un ampio dibattito, avviato dalla Commissione nel 2009 con il Libro verde sulla revisione
del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale, il
riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, COM (2009)
175 del 21 aprile 2009, che si è fondato su due ampi studi finanziati dalla Commissione e
diretti da Hess e Nuyts, disponibili al sito http://ec.europa.eu/justice_home/doc_centre/ci-
vil/studies/doc_civil_studies_en.htm. In materia si vedano anche i lavori del GEDIP nelle
riunioni di Bergen (2008) e Padova (2009) al sito http://www.gedip-egpil.eu/gedip_reu-
nions.html.
14
Cass. s.u., ord. 21 ottobre 2009 n. 22239, in questa Rivista, 2010, p. 481 ss.; e già
Cass. s.u., 27 febbraio 2008 n. 5090, ibidem, 2008, p. 1086 ss.; Cass. s.u., ord. 1º ottobre
2009 n. 21053, ibidem, 2010, p. 462; Trib. Ancona, 22 ottobre 2008, ivi, p. 493 ss. In senso
critico Franzina, Interpretazione e destino dei richiamo compiuto dalla legge di riforma del
26 dottrina
16
Non si prenderanno in considerazione le regole di competenza contenute all’art. 22,
che prescinde dal domicilio del convenuto, poiché non vengono in considerazione diretta-
mente nel caso di azioni collettive soggette all’art. 140-bis, mentre dell’art. 23, che si applica
anch’esso indipendentemente dal domicilio del convenuto, si dirà nel testo ove rilevante.
28 dottrina
17
Il criterio di competenza dell’art. 140-bis non pare poter configurare una competenza
esclusiva o imperativa su tali imprese a favore del giudice italiano. Invece, nel caso di viola-
zione delle regole di concorrenza, la norma sembra superare la distinzione funzionale con ri-
ferimento alla norma che si pretende violata. Ad esempio, mentre le controversie vertenti sul
risarcimento del danno derivante da violazioni dell’art. 101 TFUE rientrano nella competen-
za dei giudici ordinari e quelle relative alla violazione dell’art. 2 della legge n. 287/90 nella
competenza della corte di appello in via funzionale, nel caso di un’azione collettiva ai sensi
dell’art. 140-bis del codice del consumo la competenza spetterà al tribunale in composizione
collegiale, indipendentemente dalla natura comunitaria o nazionale delle regole di concorren-
za che si pretendono violate.
18
Si segnala che l’art. 5 n. 3 del regolamento Bruxelles I permette di intentare l’azione
anche in via preventiva, al fine di impedire il verificarsi di eventi dannosi futuri. Dopo l’en-
trata in vigore del regolamento la Corte di giustizia ha interpretato nello stesso senso anche
l’art. 5 n. 3 della convenzione di Bruxelles, allineando cosı́ pienamente i due testi anche ai fini
dell’art. 3, secondo comma, prima frase della legge n. 218/1995, quando il convenuto sia do-
miciliato in uno Stato terzo rispetto al sistema Bruxelles/Lugano. Nel caso portato davanti
alla Corte si trattava di un’azione giudiziale preventiva intentata da un’associazione di tutela
stefania bariatti 29
Corte di giustizia come idoneo a indicare sia il luogo dell’azione, sia quello
dell’evento dannoso. 19 Per quanto concerne quest’ultimo, è noto l’orienta-
mento restrittivo della Corte che ritiene rilevante solo il luogo in cui il fatto
ha prodotto i propri effetti direttamente nella sfera del danneggiato, mentre
esclude qualsiasi rilievo del luogo in cui si manifestano le conseguenze
patrimoniali ulteriori dell’illecito nella sfera dell’attore. 20 Di conseguenza,
il luogo dell’evento dannoso potrebbe non coincidere con il domicilio
dell’attore/parte lesa. Per quanto qui rileva, si ricorda che in materia di
responsabilità da prodotto, nella sentenza Zuid-Chemie la Corte di giustizia
ha ritenuto che il luogo dell’azione sia il luogo ove esso viene prodotto,
mentre il luogo del danno «è quello in cui il fatto generatore esplica i suoi
effetti dannosi, vale a dire quello in cui il danno cagionato dal prodotto
difettoso si manifesta concretamente», nel caso di specie presso il danneg-
giato. 21
Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, mentre in
linea di principio il giudice del domicilio del convenuto ha competenza a
pronunciarsi sul risarcimento dei danni ovunque si siano prodotti, il giudice
individuato attraverso l’art. 5 n. 3 è competente a pronunciarsi solo sui
danni che si sono prodotti nel territorio del suo Stato. 22
dei consumatori al fine di far inibire l’uso, da parte di un commerciante, di clausole ritenute
abusive in contratti conclusi con privati (sent. 1º ottobre 2002, causa C-167/00, Henkel, in
Raccolta, p. I-8111 ss., e in questa Rivista, 2003, p. 241 ss.). Di conseguenza, le azioni inibi-
torie a favore dei consumatori fondate sulle norme del codice del consumo di adattamento
alle direttive sulle clausole abusive (93/13/CE) e sull’azione inibitoria a favore dei consuma-
tori (98/257/CE) possono essere proposte in Italia sulla base dell’art. 5 n. 3 del regolamento
n. 44/2001 e della convenzione di Bruxelles quando sia qui temuto il realizzarsi delle conse-
guenze del comportamento che si mira a impedire. Si tratterà, però, di azioni inibitorie ai sen-
si dell’art. 139 del codice del consumo e non di azioni fondate sull’art. 140-bis, che non pare
applicabile quando l’illecito non è ancora stato commesso e il danno non si è prodotto.
19
Corte di giustizia, 30 novembre 1976, in causa 21/76, Mines de Potasse d’Alsace, in
Raccolta, p. 1735 ss., e in questa Rivista, 1977, p. 187 ss. Come abbiamo già avuto modo
di ritenere, nel caso di atti limitativi della concorrenza sarebbe opportuno che la norma ve-
nisse interpretata nel senso della coincidenza tra i due luoghi, in particolare nel luogo dell’at-
tuazione dell’intesa in adesione alla teoria degli effetti, come sembra potersi dedurre dalle
sentenze Pasta di legno della Corte di giustizia (31 marzo 1993, cause riunite C-89/95 e altre,
Ahlstroem Osakeyhtioe e a., in Raccolta, p. I-1307 ss.), e che di conseguenza il giudice italiano
sia competente se in Italia si produce la restrizione alla concorrenza (cfr. il nostro Violazione
di norme antitrust cit., p. 355; in adesione Munari, L’entrata in vigore del regolamento Roma
II cit., p. 767).
20
Sentenze 11 gennaio 1990, in causa C-220/88, Dumez France, in Raccolta, p. 49 ss., e
in questa Rivista, 1991, p. 199 ss.; 19 settembre 1995, in causa C-364/93, Marinari, in Rac-
colta, p. I-2719 ss., e in questa Rivista, 1996, p. 589 ss.; 10 giugno 2004, in causa C-168/02,
Kronhofer, in Raccolta, p. I-6009 ss., e in questa Rivista, p. 1090 ss.
21
Sentenza 16 luglio 2009, in causa C-189/08, in Raccolta, p. I-6917 ss., e in questa Ri-
vista, 2010, p. 187 ss., punto 27.
22
Sentenza 7 marzo 1995, in causa C-68/93, Fiona Shevill, in Raccolta, p. I-415 ss., e in
questa Rivista, 1995, p. 763 ss., punto 30.
30 dottrina
23
È ben possibile che casi del genere abbiano carattere di internazionalità – e siano
quindi soggetti al regolamento – qualora, ad es., il luogo dell’azione sia situato all’estero men-
tre gli eventi si siano realizzati in Italia.
24
Sentenza 3 maggio 2007, in causa C-386/05, in Raccolta, p. I-3699 ss., e in questa Ri-
vista, 2008, p. 249 ss. Nel senso della competenza territoriale dell’associazione o comitato at-
tore, con riferimento al precedente testo dell’art. 140-bis, cfr. Consolo, L’azione risarcitoria
di classe cit., p. 126, che sottolinea le conseguenze negative in termini di forum shopping.
25
Sentenza 11 marzo 2010, in causa C-19/09, in questa Rivista, 2010, p. 812 ss.
stefania bariatti 31
26
Cosı́ come non pare che possa essere richiesta o disposta la riunione tra una causa
avviata con l’azione di classe e una avviata con rito ordinario da una o piú parti lese dall’il-
lecito.
27
Cfr. per tutte, proprio con riferimento al foro dell’illecito le sentenze 7 marzo 1995, in
causa C-68/93, Fiona Shevill cit., e 27 settembre 1988, in causa 189/87, Kalfelis, in Raccolta,
p. 5565 ss., e in questa Rivista, 1989, p. 927 ss.
32 dottrina
4. Riguardo ora al caso in cui l’azione di classe ex art. 140-bis del codice
del consumo venga proposta per ottenere il risarcimento di danni subiti per
effetto della violazione di diritti che derivano da fonte contrattuale, come si
è anticipato possono venire in considerazione disposizioni diverse, secondo
il tipo di contratto e le parti contrattuali.
Innanzitutto il regolamento Bruxelles I contiene alla sezione 4 (artt. 15-
17) alcune regole speciali per i contratti conclusi dai consumatori, che non
sono alternative a quella dell’art. 2 bensı́ «esaustive», nel senso che preval-
gono sui criteri delle sezioni 1 e 2, ad eccezione dei soli artt. 4 e 5 n. 5, 28 e
sono dotate di una resistenza particolare. Si tratta di norme che intendono
proteggere la parte debole del rapporto contrattuale, che figuravano già
nella convenzione di Bruxelles, pur con contenuti in parte diversi, agli artt.
13-15. Esse mirano a tutelare il consumatore limitando i fori a disposizione
della controparte di quest’ultimo in modo asimmetrico e il loro rispetto è
garantito dal fatto che la sentenza che sia stata pronunciata in violazione di
queste disposizioni non può circolare negli altri Stati membri.
28
Lo stesso vale per le sezioni 3 e 5, relative ai contratti di assicurazione e lavoro: cfr.
Corte di giustizia, 22 maggio 2008, in causa C-462/06, Glaxosmithkline, in Raccolta, p. I-
5565 ss., e in questa Rivista, 2008, p. 855 ss., nella quale si è escluso che l’art. 6 n. 1 possa
venire in considerazione nel quadro dell’applicazione della sezione 5 in materia di contratti di
lavoro. Si ricorda, inoltre, che in queste sezioni la possibilità di scegliere il foro competente è
molto limitata.
stefania bariatti 33
29
Corte di giustizia, 11 luglio 2002, in causa C-96/00, Gabriel, in Raccolta, p. I-6367 ss.,
e in questa Rivista, 2003, p. 226 ss.
30
Corte di giustizia, 20 gennaio 2005, in causa C-27/02, Engler, in Raccolta, p. I-481 ss.,
e in questa Rivista, 2005, p. 484 ss.
34 dottrina
31
Corte di giustizia, 14 maggio 2009, in causa C-180/06, Ilsinger, in Raccolta, p. I-3961
ss., e in questa Rivista, 2009, p. 1000 ss.
32
Invero, vi si diceva che «le associazioni di cui al comma 1 dell’art. 139 e gli altri sog-
getti di cui al comma 2 del presente articolo sono legittimati ad agire a tutela degli interessi
collettivi dei consumatori e degli utenti». Cfr. in nostro Violazione del diritto antitrust cit., p.
360. Merita ricordare che la Corte di giustizia, da un lato ha negato che rientrasse nell’ambito
dell’art. 5 n. 2 della convenzione di Bruxelles del 1968 – e che meritasse quindi la tutela ivi
prevista – l’azione di regresso proposta nei confronti del debitore di alimenti da parte di un
ente pubblico surrogatosi nei diritti del creditore (sentenza 15 gennaio 2004, in causa C-433/
01, Freistaat Bayern, in Raccolta, p. I-981 ss., e in questa Rivista, 2004, p. 325 ss.), dall’altro
lato ha escluso che le regole speciali volte a proteggere l’assicurato si applichino a favore di
soggetti per i quali non sussistano esigenze di protezione (sent. 26 maggio 2005, in causa C-
77/04, GIE Réunion Européenne, in Raccolta, p. I-4509 ss., e in questa Rivista, 2005, p. 1124
ss.).
33
COM (2008) 794 cit., par. 58.
stefania bariatti 35
34
Nello stesso senso sembra Schepisi, L’azione risarcitoria di classe cit., p. 1066, nonché
Danov, The Brussels I Regulation cit., p. 376 s., almeno quando l’associazione agisca in nome
di consumatori identificati o identificabili.
35
Come precisa Pocar nella Relazione esplicativa sulla convenzione concernente la com-
petenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e com-
merciale conclusa a Lugano il 30 ottobre 1997, in questa Rivista, 2010, p. 244 ss., par. 79 ss.,
«il nuovo collegamento con lo Stato del domicilio del consumatore è suscettibile di applica-
zione a qualsiasi tipo di contratto ed è destinato in particolare a coprire le esigenze di pro-
tezione derivanti dal commercio elettronico. Esso prescinde dalla localizzazione dell’attività
del consumatore e dal luogo di stipulazione del contratto, che può essere situato in un paese
diverso da quello del suo domicilio, e attribuisce rilievo alla sola attività della controparte
contrattuale svolta nello Stato del domicilio del consumatore o diretta, anche con mezzi elet-
tronici, verso tale Stato» (par. 83). In mancanza di un rapporto esplicativo del regolamento
Bruxelles I, questa relazione costituisce uno strumento prezioso nell’interpretazione delle di-
sposizioni del regolamento identiche a quelle della convenzione di Lugano. Si segnala che i
contratti di assicurazione conclusi dai consumatori sono soggetti alle regole di giurisdizione
della sezione 3 del regolamento, artt. 8-14, che saranno discussi tra breve, nel testo.
36 dottrina
36
In senso contrario pare Schepisi, Azione risarcitoria di classe cit., p. 1061.
37
Identica è la situazione ove si applichi la convenzione di Lugano. Per effetto del ri-
chiamo alla convenzione di Bruxelles operato dall’art. 3, secondo comma, prima frase della
legge n. 218/1995, confermato dalla Corte di Cassazione (v. supra, nota 14), il giudice italiano
sarà competente anche nei confronti della controparte domiciliata in uno Stato terzo conve-
nuta in Italia dal consumatore qui domiciliato.
38
Dato che la ratio delle disposizioni protettrici della sez. 4 è di tutelare il consumatore
dandogli la possibilità di scegliere tra piú fori, parrebbe contrario a tale ratio far prevalere
comunque il foro della sede del convenuto indicato dall’art. 140-bis quando i criteri posti dal-
l’art. 16 a favore del consumatore siano tutti localizzati in Italia, come suggerisce Schepisi,
op. cit., p. 1061 s.
stefania bariatti 37
39
In proposito si segnala che nella sentenza Rehder, 9 luglio 2009, in causa C-204/08, in
Raccolta, p. I-6073 ss., e in questa Rivista, 2009, p. 1025 ss., la Corte di giustizia ha affermato
che in caso di trasporto aereo di persone da uno Stato membro all’altro, effettuato in base a
un contratto concluso con un’unica compagnia aerea che è il vettore operativo, il giudice
competente a conoscere di una domanda di compensazione pecuniaria basata su tale contrat-
to di trasporto e sul regolamento (CE) n. 261/2004, che istituisce regole comuni in materia di
compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del vo-
lo o di ritardo prolungato, è quello nella cui circoscrizione si trovano il luogo di partenza o il
luogo di arrivo dell’aereo quali indicati in detto contratto, a scelta dell’attore. Ricordiamo
nuovamente che l’art. 5 n. 1, al pari degli altri criteri di giurisdizione contenuti all’art. 5, in-
dica direttamente il giudice competente all’interno dello Stato membro e non necessita di in-
tegrazione da parte delle norme processuali nazionali sulla competenza territoriale.
38 dottrina
petente a conoscere degli altri punti della stessa domanda che si fondano su
fatti o atti diversi dall’illecito. 40 Meglio sarebbe in questi casi, al fine di
concentrare tutte le azioni davanti allo stesso giudice, permettere al giudice
competente ai sensi della sezione 4 del regolamento di pronunciarsi sia sulla
parte della domanda fondata sul contratto di consumo, sia su quella fondata
sull’illecito, considerando che comunque un contratto è stato concluso tra le
parti. 41 In favore di questa soluzione potrebbe invocarsi il fatto che il
regolamento Roma II prevede all’art. 4 par. 3 che un illecito possa essere
regolato dalla medesima legge che disciplina un preesistente rapporto con-
trattuale tra le parti, quando questo presenti uno stretto collegamento con il
fatto illecito. Tale stretto legame potrebbe operare anche sul piano della
determinazione della giurisdizione allo scopo indicato di concentrare tutte le
azioni di classe proposte nei confronti della medesima impresa.
Nello studio sul follow up al Libro verde sui mezzi di ricorso collettivo
dei consumatori la Commissione ipotizzava di istituire un meccanismo
europeo di azioni collettive, accompagnato da un sistema ADR. Il mecca-
nismo giudiziale avrebbe dovuto prevedere la giurisdizione dello Stato del
domicilio del convenuto per qualsiasi azione, quella dello Stato il cui mer-
cato è maggiormente colpito dal comportamento per il test case, e il foro del
domicilio del consumatore per le azioni follow-up, cioè le azioni individuali
fondate sulla prima sentenza relativa all’azione collettiva. Questa soluzione
veniva ritenuta preferibile in quanto idonea a valorizzare il principio della
libera circolazione delle sentenze. La legge applicabile avrebbe dovuto
essere la lex fori, almeno per gli ultimi due casi. 42 Invece, nel piú recente
provvedimento di avvio della consultazione in materia, del 4 febbraio 2011,
ogni opzione sembra aperta.
40
Sentenza 27 settembre 1988, in causa C-189/97, Kalfelis cit., punti 19 s.: «è vero che
possono sorgere inconvenienti dal fatto che i vari aspetti di una stessa controversia vengano
giudicati da giudici diversi; è tuttavia opportuno osservare, da un lato, che l’attore ha sempre
la facoltà di investire di tutta la sua domanda il foro del luogo ove risiede il convenuto e, dal-
l’altro, che l’art. 22 della convenzione [di Bruxelles] consente, a determinate condizioni, al
giudice primo adito di conoscere di tutta la controversia se vi è un vincolo di connessione
tra le domande esperite dinanzi a giudici diversi».
41
In questo senso Danov, The Brussels I Regulation cit., p. 373 s., anche alla luce del-
l’interpretazione estensiva dell’ambito della sezione 4 adottata dalla Corte di giustizia nel caso
Ilsinger cit.
42
Consultation paper cit., par. 62. Sulla questione se l’applicazione di una pluralità di
leggi alle pretese dei vari membri della classe incida sull’identità degli interessi si veda infra
nel testo.
stefania bariatti 39
43
Cfr. la risoluzione di Rio de Janeiro dell’International Law Association sopra citata,
punto 5.1.
44
Sebbene la Danimarca non sia vincolata al regolamento, non è corretto affermare che
esso non si applica a tale Stato: esso non si applica in tale Stato poiché non lo vincola, nel
senso che i giudici danesi continueranno ad applicare le norme nazionali nelle materie rien-
tranti nel regolamento Roma II. Ciò non toglie che la legge danese possa essere resa applica-
bile dalle disposizioni del regolamento applicate dai giudici degli altri Stati membri, al pari
della legge di qualsiasi altro paese. Si consideri inoltre che la nozione di «Stato membro» del-
l’art. 14 par. 3 dovrebbe comprendere anche la Danimarca, analogamente a quanto espres-
samente disposto per gli artt. 3 par. 4 e 7 del successivo regolamento Roma I.
45
Queste disposizioni dovrebbero dunque essere interpretate in linea con quanto indi-
cato per la determinazione della giurisdizione per le controversie in materia di responsabilità
extracontrattuale dalla Corte di giustizia nei casi citati supra, nota 20.
40 dottrina
46
Nel Libro verde sui mezzi di ricorso collettivi la Commissione riteneva utile permet-
tere alle parti di scegliere la legge applicabile mediante un accordo successivo al verificarsi del
fatto che ha determinato il danno, ai sensi dell’art. 14 par. 1 lett. a del regolamento Roma II
(par. 60). Anche sul punto della legge applicabile sembra che il provvedimento di avvio della
consultazione del 4 febbraio 2011 lasci aperta ogni soluzione.
stefania bariatti 41
47
Sembra doversi ritenere che per l’applicazione di questa disposizione debbano sussi-
stere entrambe le condizioni – una restrizione della concorrenza che produca effetti in piú
Stati e la pluralità dei convenuti.
42 dottrina
versi. Non si tratta però di un diritto per essi non prevedibile dato che la
lex fori può applicarsi alla generalità dei comportamenti solo se il mercato
di questo Stato sia direttamente e sostanzialmente interessato dal com-
portamento.
Di conseguenza, qualora il giudice italiano del domicilio di uno dei
responsabili di un illecito anticoncorrenziale venga adito ex art. 140-bis
da consumatori stranieri, potrà applicare la legge italiana a tutte le viola-
zioni, ovunque abbiano prodotto effetti, se gli attori lo richiedono, purché
tali effetti si siano prodotti anche in Italia. Inoltre, potranno qui essere
attratti i convenuti domiciliati in altri Stati membri e potrà essere chiesta
l’applicazione della legge italiana nei confronti di ognuno di essi.
Nel caso di atti limitativi della concorrenza il regolamento non ammette
la scelta della legge applicabile ad opera delle parti, neppure in un mo-
mento successivo al verificarsi dell’illecito (art. 8 par. 4).
Da questo quadro generale e dall’interazione delle norme sulla giurisdi-
zione e sulla legge applicabile in materia di illecito risulta una situazione
complessa nel caso delle azioni di classe, soprattutto quando un medesimo
comportamento produca conseguenze dannose in piú Stati, come l’illecito
anticoncorrenziale o il danno da prodotto. Potranno essere aditi i giudici di
piú Stati nei confronti del medesimo convenuto e potrà risultare applicabile
una legge diversa, secondo la localizzazione dei danni. Potrebbero inoltre
essere pendenti procedimenti diversi (individuali o collettivi) in piú Stati,
secondo la strategia delle associazioni di consumatori e/o dei singoli pro-
ponenti l’azione di classe o l’azione individuale, data la pluralità di fori a
disposizione dell’attore nel regolamento Bruxelles I che agevolano il forum
shopping. In uno spazio integrato si vorrebbe invece che le azioni collettive
fondate sul medesimo comportamento venissero concentrate in un solo
Paese e che la sentenza o la transazione conclusiva venisse riconosciuta in
tutti gli altri Stati membri, impedendo che la medesima pretesa possa essere
fatta valere individualmente o collettivamente in momenti successivi e in
Stati diversi e rispondendo cosı́ anche alle esigenze di certezza delle im-
prese.
Non pare invece che questo sia oggi possibile e che il testo attuale del
regolamento Bruxelles I permetta al convenuto di eccepire la litispen-
denza tra le varie azioni avviate in Stati diversi, da parte di attori diversi,
che faranno valere pretese fondate su eventi diversi, ancorché – ad esem-
pio – il prodotto sia identico. Non pare infatti che l’identità di interessi
tra i consumatori offesi dal medesimo comportamento – che potrebbe
configurare l’identità di causa petendi richiesta dall’art. 27 del regola-
mento Bruxelles I perché possa invocarsi la litispendenza – sia sufficiente
a superare la condizione testuale che le cause siano pendenti tra le stesse
parti.
All’operare di questa disposizione e dello stesso art. 140-bis in questi
casi potrebbe inoltre obiettarsi che l’applicazione di leggi diverse alle pre-
stefania bariatti 43
tese dei danneggiati, in dipendenza dei vari luoghi ove si siano verificati i
danni, escluderebbe che si tratti di cause identiche a tutela di diritti identici,
come richiede quest’ultimo. Si tratta di una situazione molto simile a quella
che si presenta nel caso di contraffazione di brevetti conseguiti in piú Stati
rispetto alla medesima invenzione, ove si è giustamente sostenuto che la
diversità delle leggi applicabili non incide sulla unicità del bene e l’identità
del fatto. 48 Tuttavia, non si può non rilevare come nel caso qui discusso
l’argomentazione sia piú complessa e richiederebbe un chiarimento del
legislatore europeo qualora dai lavori sul collective redress si giunga all’a-
dozione di un testo normativo in materia. Si pensi, per esempio, agli illeciti
anticoncorrenziali che producono effetti su piú mercati, in cui l’unicità o la
pluralità della violazione dal punto di vista territoriale – almeno nel public
enforcement – dipendono dalla situazione dei mercati stessi e dalle strategie
dei cartellisti o dell’operatore dominante, che vanno valutati caso per caso.
Piú agevole sembra la soluzione nel caso del danno da prodotto, a favore
dell’unicità del bene tutelato e dell’identità dell’azione, pur in presenza di
leggi regolatrici diverse in ragione di elementi di localizzazione che sem-
brano irrilevanti sotto il profilo della fattispecie normativa ai fini qui consi-
derati.
Nell’impossibilità di utilizzare l’art. 27 del regolamento sulla litispen-
denza, potrebbe eventualmente entrare in gioco la connessione di cui all’art.
28 del regolamento Bruxelles I, ma si è visto che questa disposizione non
impone al giudice adito per secondo di sospendere il procedimento e ri-
chiede inoltre che il giudice preventivamente adito sia competente per
entrambe le cause.
L’introduzione di un’azione di classe europea, richiesta da piú istitu-
zioni e organi dell’Unione, accompagnata da una modifica del regolamento
Bruxelles I volta a individuare un solo giudice competente per queste azioni
e a dare indicazioni sulle modalità di applicazione del regolamento Roma II
pare dunque quantomeno opportuna. Nell’attesa, il solo strumento dispo-
nibile per risolvere o quantomeno ridurre i problemi qui illustrati per i casi
con elementi di estraneità pare la volontà delle parti, che in materia di
illecito può applicarsi pienamente sul piano della giurisdizione – coordi-
nando le strategie dei soggetti danneggiati anche attraverso le associazioni
rappresentative dei loro interessi – e piú limitatamente sul piano del diritto
applicabile, ove potrà essere scelta un’unica legge ai sensi dell’art. 14,
concordata tra le parti dopo il verificarsi dell’illecito, oppure ai sensi del-
l’art. 6 par. 3 lett. b ad opera dell’attore per gli illeciti anticoncorrenziali,
nelle ipotesi ivi previste.
48
Salerno, Giurisdizione ed efficacia delle decisioni straniere nel regolamento (CE) n.
44/2001, 3a ed., Padova, 2006, p. 268.
44 dottrina
49
Il rispettivo ambito temporale della convenzione e del regolamento è definito dall’art.
29, secondo comma di quest’ultimo, che dispone che esso si applica ai contratti stipulati a par-
tire dal 17 dicembre 2009. Al pari del regolamento Roma II e della convenzione di Roma, il
regolamento Roma I contiene norme erga omnes. Anche in questo caso, dunque, non pare
quindi corretto affermare che il regolamento non si applica nei confronti della Danimarca poi-
ché esso è idoneo a richiamare sia la legge degli Stati membri ad esso vincolati, sia la legge di
Stati terzi rispetto a questo ambito soggettivo, tra i quali vi è certamente la Danimarca. Né si
può ritenere che la convenzione continui ad applicarsi negli Stati membri quando sussista un
collegamento tra la fattispecie concreta e la Danimarca o quando sia richiamato il diritto danese
al fine di evitare che l’applicazione del regolamento comporti una violazione della convenzione
nei reciproci rapporti sul piano del diritto internazionale. Invero, pur non essendo rilevabile
alcuna disposizione del regolamento o del TFUE che riguardi questa situazione, la quale
non rientra formalmente tra le cooperazioni rafforzate sebbene sostanzialmente lo sia, riteniamo
che i principi generali del diritto dell’Unione in materia di leale cooperazione e quelli che sot-
tendono alle cooperazioni rafforzate debbano applicarsi per garantire il rispetto dell’operatività
di queste da parte degli Stati che non vi partecipano (cfr. in particolare, l’art. 327, seconda frase
TFUE). Si consideri inoltre, con riferimento al regolamento Roma I, che la Danimarca rientra
nella nozione di «Stato membro» di cui agli artt. 3 par. 4 e 7 del regolamento (art. 1 par. 4) ed è
soggetta alle disposizioni in materia di assicurazioni ai sensi dell’art. 178 della direttiva 2009/
138/CE sull’accesso alle attività di assicurazione e riassicurazione e al loro esercizio (Solvibilità
II): «qualsiasi Stato membro non soggetto all’applicazione del regolamento (CE) n. 593/2008
applica le disposizioni di tale regolamento per determinare la legge applicabile ai contratti di
assicurazione che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 7 di tale regolamento ».
A questo fine vengono cosı́ in considerazione non solo l’art. 7, ma tutte le disposizioni del re-
golamento utili o richiamate da questa norma, come l’art. 3 sulla manifestazione della volontà,
l’art. 9 sulle norme di applicazione necessaria, l’art. 12 sull’ambito della legge applicabile, gli
artt. 10 e 11, e cosı́ via. Di fatto, dunque, la Danimarca ha prestato acquiescenza all’esistenza
e all’opportunità dell’applicazione del regolamento Roma I in questo settore. Che l’applicazione
dei regolamenti adottati sulla base dell’art. 81 TFUE da parte della Danimarca sia questione da
risolversi sulla base del diritto internazionale per garantire l’applicazione del diritto dell’Unione
europea negli altri Stati membri che ne sono vincolati è ben chiaro all’Unione, che – come detto
sopra – ha concluso con la Danimarca un apposito accordo nel 2005 per permettere l’applica-
zione delle disposizioni del regolamento Bruxelles I anche nelle relazioni con tale Stato. Ogni
modifica del regolamento necessita poi di un accordo ad hoc, come è avvenuto nel 2009 in pre-
visione dell’entrata in vigore del regolamento n. 4/2009 in materia di obblighi alimentari, che
modifica l’art. 5 n. 2 del regolamento Bruxelles I.
stefania bariatti 45
50
Si tratta dei contratti di fornitura di servizi quando questi devono essere forniti esclu-
sivamente in un paese diverso da quello della residenza del consumatore; dei contratti di tra-
sporto diversi da quelli riguardanti un viaggio «tutto compreso» ai sensi della direttiva 90/
314/CEE; dei contratti aventi per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un
immobile diversi da quelli riguardanti un diritto di godimento a tempo parziale ai sensi della
direttiva 94/47/CE, ora sostituita dalla direttiva 2008/122/CE; dei diritti e obblighi che co-
stituiscono uno strumento finanziario e ai diritti e obblighi costitutivi delle clausole e condi-
zioni che disciplinano l’emissione e l’offerta al pubblico e le offerte pubbliche di acquisto di
valori mobiliari, alla sottoscrizione e al riacquisto di quote di organismi di investimento col-
lettivo, nella misura in cui tali attività non costituiscono prestazione di un servizio finanziario;
e dei contratti conclusi nell’ambito di un sistema multilaterale di scambio di strumenti finan-
ziari. Date le differenze sensibili tra i due testi, anche in questo caso sarebbe opportuno che il
legislatore italiano indicasse se il richiamo alla convenzione di Roma da parte dell’art. 57 della
legge n. 218/1995 continui a operare ovvero se si debba ora fare riferimento al regolamento
Roma I per le materie da esso escluse.
46 dottrina
51
Par. 59.
52
I contratti di trasporto e di assicurazione sono esclusi dall’art. 6, che fa salvi gli artt. 5
e 7. I contratti di riassicurazione sono invece soggetti alle regole generali poiché sono esclusi
dall’art. 7 a norma del par. 1 di questo.
53
Il paese di localizzazione del rischio è oggi determinato in base all’art. 13 della diret-
tiva 2009/138/CE (Solvibilità II), sopra menzionata.
54
Si ricorda che l’art. 3 del regolamento, come già l’art. 3 della convenzione di Roma,
stefania bariatti 47
56
Secondo alcuni la protezione di cui gode il contraente dell’assicurazione per effetto
dell’art. 7 è piú elevata di quanto gli deriverebbe dall’applicazione degli artt. 3 e 6: cfr.
per tutti Heiss, Insurance Contracts in ‘‘Rome I’’: Another Recent Failure of the European Le-
gislature, in Cashin Ritaine, Bonomi (dir.), Le nouveau règlement européen «Rome I» re-
latif à la loi applicable aux obligations contractuelles, Genève-Zürich-Bâle, 2008, p. 100, il qua-
le critica il fatto che non sia possibile per le parti scegliere una sola legge quando i rischi sono
situati in piú Stati (p. 104).
57
Si segnala che la proposta di modifica del regolamento Bruxelles I contiene una di-
sposizione che mantiene la procedura di exequatur per le sentenze emesse «in procedimenti
che riguardano il risarcimento dei danni causati da pratiche commerciali illecite a una molti-
tudine di soggetti lesi e che sono promossi da i. un ente statale, ii. un’organizzazione senza
scopo di lucro il cui obiettivo e attività principale è rappresentare e difendere gli interessi
di gruppi di persone fisiche o giuridiche... iii. un gruppo di piú di dodici attori». Si vedano
le motivazioni dell’esclusione al considerando 23 e nella relazione introduttiva alla proposta,
p. 7 s. Sul riconoscimento delle sentenze pronunciate in Stati terzi si vedano i lavori del
GEDIP nella sessione di Copenhagen del 2010 al sito http://www.gedip-egpil.eu/reunion-
stravail/gedip-reunions-20-fr.htm.
stefania bariatti 49
58
La Federal Rule of Civil Procedure 23(c)(2)(B) dispone che «for any class certified un-
der Rule 23(b)(3) [cioè quelle in cui ‘‘the court finds that the questions of law or fact common
to class members predominate over any questions affecting only individual members, and
that a class action is superior to other available methods for fairly and efficiently adjudicating
the controversy’’], the court must direct to class members the best notice that is practicable
under the circumstances, including individual notice to all members who can be identified
through reasonable effort. The notice must clearly and concisely state in plain, easily under-
stood language: ...(v) that the court will exclude from the class any member who requests ex-
clusion; ...and (vii) the binding effect of a class judgment on members under Rule 23(c)(3)»
(corsivo aggiunto).
59
Sentenza del 24 giugno 2010, 130 S.G. 2869.
60
Sect. 10 (Manipulative and Deceptive Devices) del Securities Exchange Act, sulla cui
base la Securities and Exchange Commission ha emanato la Rule 10b-5 (Employment of Ma-
nipulative and Deceptive Practices). Si segnala che il giorno dopo la pronuncia della Corte Su-
prema il Congresso ha approvato il Dodd-Franck Wall Street Reform and Consumer Protection
Act (H.R. 4173 (111th Cong. 2d Sess.)), che ha ampliato i poteri dei giudici statunitensi nel
caso di ‘‘(1) conduct within the United States that constitutes significant steps in furtherance
of the violation, even if the securities transaction occurs outside the United States and invol-
ves only foreign investors; or ‘‘(2) conduct occurring outside the United States that has a fo-
reseeable substantial effect within the United States,’’ quando l’azione sia stata avviata dalla
SEC o dal governo degli Stati Uniti (Sec. 929P(b)). Inoltre, la SEC è incaricata di studiare
50 dottrina
63
Corte di Appello di Amsterdam, 23 giugno 2010, Royal Ahold, in Jurisprudentie On-
dernemingsrecht, 2010, p. 225 ss., nota Tzankova.
64
Si tratta del caso DES, deciso dalla Corte di Appello di Amsterdam il 1º giugno 2006
(Ned. Jur., 2006, p. 461 ss.): i membri della classe erano piú di 34.000 e il risarcimento con-
venuto tra le parti fu pari a 38 milioni di euro.
65
Il caso Dexia del 25 gennaio 2007, in Ned. Jur., 2007, p. 427 ss., relativo a danni pa-
trimoniali derivanti da strumenti di investimento venduti a consumatori, ha visto coinvolti piú
di 300.000 membri e riconosciuti danni per circa 1 miliardo di euro; nel caso Vedior del 15
luglio 2009, in Jurisprudentie Ondernemingsrecht, 2009, p. 325 ss., relativo a danni patrimo-
niali derivanti dalla tardiva informazione su una possibile acquisizione, i membri della classe
erano piú di 2000 per un risarcimento di 4,25 milioni di euro; nel caso Vie d’Or del 29 aprile
2009, in Ned. Jur., 2009, p. 247 ss., relativo ai danni subiti dai contraenti di assicurazioni sulla
vita in conseguenza del fallimento della compagnia di assicurazione, vi erano piú di 11.000
membri per un risarcimento di circa 45 milioni di euro; nel caso Royal Dutch Shell del
52 dottrina
In particolare, nel caso Royal Dutch Shell, deciso dalla Corte di Appello
di Amsterdam il 29 maggio 2009, 66 che vedeva come controparti della
classe una società olandese e una società inglese del gruppo Shell, gli inve-
stitori interessati erano circa mezzo milione localizzati in 105 Paesi, in
maggioranza anonimi detentori di azioni al portatore, rappresentati da
piú di 30 fondazioni e associazioni di vari Stati, anche europei (tra i quali
Regno Unito, Germania, Danimarca, Italia, Irlanda, Lussemburgo, Norve-
gia, Svezia, Svizzera). Si riporta che sono state inviate piú di 100.000 notifi-
che dell’esistenza del procedimento 67 e sono stati pubblicati avvisi in 44
quotidiani e periodici in tutto il mondo. Le società erano anche state con-
venute con una class action davanti ai giudici statunitensi: sulla base di un
accordo tra le parti, il giudice di New York si è pronunciato sui danni subiti
dagli investitori domiciliati negli Stati Uniti e il giudice olandese dei danni
subiti dagli investitori domiciliati in altri paesi.
Nel piú recente caso Converium, 68 invece, l’impresa era una società
svizzera quotata alla borsa di Zurigo che aveva emesso degli ADR quotati
a New York, mentre gli investitori erano principalmente svizzeri e inglesi,
rappresentati in parte da una fondazione olandese costituita appositamente.
Anche in questo caso era pendente una class action a New York e la
soluzione è stata identica a quella seguita nel caso Royal Dutch Shell quanto
alla ripartizione dei membri della classe tra i giudici di New York e di
Amsterdam.
Esiste dunque in Europa una procedura collettiva di risarcimento dei
danni subiti da una pluralità di soggetti che si conclude con una transazione
omologata da un giudice, la quale vincola anche i soggetti che non hanno
manifestato la volontà di aderirvi, e che secondo i commentatori e i giudici
olandesi è pienamente compatibile con le regole sulla giurisdizione e sul
riconoscimento contenute nel regolamento Bruxelles I, e dunque è idonea a
circolare liberamente nell’Unione. Secondo la Corte di Appello di Amster-
dam, e non si può non convenire sul punto, queste controversie rientrano
nella materia civile e commerciale ai sensi del regolamento Bruxelles I e
2009, relativo alle perdite subite dagli investitori per informazioni non veritiere sulle riserve di
petrolio e gas detenute dalla società, i membri della classe erano piú di 500.000, in maggio-
ranza residenti all’estero, e hanno ottenuto un risarcimento di 352 milioni di euro; infine, nel
caso Converium, conclusosi nel novembre 2010, relativo a strumenti finanziari, i membri della
classe erano piú di 12.000 e hanno ottenuto un risarcimento di 58 milioni di euro.
66
La sentenza è pubblicata al sito http://zoeken.rechtspraak.nl/resultpage.aspx?snelzoe-
ken=true&searchtype=ljn&ljn=BI5744. Per notizie sulla procedura si vedano i siti dedicati
www.royaldutchshellsettlement.com, www.shellsettlement.com, www.shellcompensation.com,
www.shellvergoeding.nl, www.veb.net, www.shell.com, www.abp.nl, www.apg.nl, e www.pfzw.nl.
67
Ai soggetti domiciliati negli Stati membri le notifiche sono state effettuate ai sensi del
regolamento n. 1393/2007.
68
Sentenza 12 novembre 2010, disponibile al sito http://jure.nl/bo3908. La sentenza è
provvisoria fino al completamento delle notifiche a tutti i membri della classe.
stefania bariatti 53
69
Cfr. van Lith, The Dutch Collective Settlements Act cit., p. 36 ss.
70
Cfr. van Lith, op. cit., p. 99 ss., spec. p. 102 ss.
71
Si veda la sentenza della Corte di giustizia, 2 giugno 1994, in causa C-414/92, Solo
Kleinmotoren, in Raccolta, p. 2237 ss., e in questa Rivista, 1994, p. 666 ss., che ha affermato
che «una transazione suscettibile di esecuzione conclusa dinanzi a un giudice dello Stato ri-
chiesto con la funzione di definire una lite pendente non costituisce una ‘‘decisione resa tra le
medesime parti nello Stato richiesto’’, menzionata da detta disposizione, che possa impedire,
a norma della convenzione, il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione giudiziaria resa
in un altro Stato contraente».
54 dottrina
1
La Commissione europea ha confermato questi dati, evidenziando i problemi derivanti
dalle differenze sussistenti nei diversi Paesi nella disciplina sostanziale e internazionalprivati-
stica in materia matrimoniale, sia nella «Valutazione d’impatto della proposta di regolamento
del Consiglio che modifica il Regolamento(CE) n. 2201/2003 limitatamente alla competenza
giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale
(COM(2006) 399 def.)» del 17 luglio 2006, SEC (2006) 949, sia nel «Memo/10/100. Clearer
rules for international couples – frequently asked questions» del 24 marzo 2010 (http://eu-
ropa.eu/rapid/pressReleases). Sulla percezione del problema da parte dei cittadini dell’Unio-
ne europea e sulla loro posizione rispetto la necessità di un intervento del legislatore europeo
sono indicativi anche i risultati del recente studio «Special Eurobarometer 351 – Civil justice,
October 2010», p. 19 ss.
2
Sugli ordinamenti plurilegislativi, per quanto attiene alla dottrina italiana precedente
alla riforma del 1995, si vedano ex multis: Vitta, Conflitti interni ed internazionali. Saggio
Comparativo, Torino, 1954, I, pp. 103 ss., 137 ss., 195 ss. e II, pp. 87-122, 182-242; De No-
va, I sistemi giuridici complessi in diritto internazionale privato, in Studia Ghisleriana, Pavia,
1954, p. 73 ss. Per quanto attiene alla copiosa dottrina straniera, si rimanda a Arminjon, Les
systèmes juridiques complexes et les conflits de lois et de juridictions auxquels ils donnent lieu,
in Recueil des cours, t. 74, 1949-I, pp. 73-190; Lampué, Les conflits de lois interrégionaux et
interpersonnels dans le système juridique français (métropolitain et d’outre-mer), ibidem, 1954,
p. 248 ss.; Droz, Regards sur le droit international privé comparé. Cours général de droit in-
ternational privé, ibidem, t. 229, 1991-IV, pp. 9-424; Borrás, Les ordres plurilégislatifs dans
le droit international privé actuel, ibidem, t. 249, 1994, p. 165 ss.
3
Sulla nuova norma introdotta nella legge n. 218/1995 si vedano in dottrina Carbone,
Art. 18, in Pocar, Treves, Carbone, Giardina, Luzzatto, Mosconi, Clerici (a cura
di), Commentario del nuovo diritto internazionale privato, Padova, 1996, p. 88 ss.; Conetti,
Art. 18, in Bariatti (a cura di), Riforma del sistema di diritto internazionale privato, in Nuove
leggi civ. comm., 1996, p. 1072 ss., e in Conetti, Tonolo, Vismara, Commento alla riforma
del diritto internazionale privato italiano. Legge 31 maggio 1995, n. 218, 2a ed., Torino, 2009,
p. 56 ss.; Ricci, Il richiamo di ordinamenti plurilegislativi nel diritto internazionale privato,
Padova, 2004, pp. 75-100 e 133-163.
4
Com’è noto, la nazionalità ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nel sistema ita-
liano di d.i.p., sin dalla sua prima positiva elaborazione nel 1865, profondamente ispirata al
pensiero dell’insigne e poliedrico giurista P.S. Mancini quale emerge chiaramente già nella
lezione inaugurale del corso di Diritto internazionale tenuto a Torino nel 1851, Della nazio-
nalità come fondamento del Diritto delle Genti (pubblicata in Diritto internazionale. Prelezio-
ni, Napoli, 1873); lo stesso è stato successivamente sviluppato nel rapporto presentato alla
seconda sessione dell’Institut de droit international dell’agosto del 1874, pubblicato in Il Fi-
langieri; rivista giuridica, dottrinale e pratica, I, 1876, pp. 625-683 e riprodotto nel volume a
cura dell’ISPI, Antologia di diritto internazionale privato, Milano, 1964, pp. 43-76, spec. p. 47
s., su cui si veda per tutti Mosconi, A Few Questions on the Matter of International Unifor-
mity of Solutions and Nationality as a Connecting Factor, in Basedow, Meier, Schnyder,
Einhorn, Girsberger (eds.), Private Law in the International Arena. From National Con-
flict Rules Towards Harmonization And Unification. Liber Amicorum K. Siehr, The Hague,
2000, p. 465 ss., spec. p. 478 ss.; e Mosconi, Campiglio, Diritto internazionale privato e
processuale. Parte generale e contratti, vol. I, 5a ed., Milano, 2010, pp. 6-9, 174-175.
5
Il legislatore ha introdotto in effetti alcuni correttivi all’operatività di tale criterio, rap-
presentati, tra l’altro, sia dalla previsione del fattore sussidiario «flessibile» della prevalente
localizzazione della vita matrimoniale, operante solo in mancanza di cittadinanza comune,
sia dall’ammissibilità dell’istituto del rinvio, escluso solo per i requisiti di validità formale
carola ricci 57
(art. 28). La previsione del rinvio nella materia matrimoniale implica che l’impiego del criterio
in esame può non portare necessariamente all’applicazione della legge nazionale dei coniugi.
V. per tutti Pocar, Il nuovo diritto internazionale privato italiano, 2a ed., Milano, 2002, pp.
18 s., 35 ss., 51 ss.; Munari, Art. 13, in Bariatti (a cura di), Riforma del sistema cit., p.
1021; Baratta, Scioglimento e invalidità del matrimonio nel diritto internazionale privato,
Milano, 2004, spec. p. 10 s.; Queirolo, Separazione, divorzio e annullamento del matrimonio
tra regolamento n. 2201/2003, proposta Bruxelles II bis e diritto interno, in Queirolo,
Schiano di Pepe (a cura di), Lezioni di diritto dell’Unione europea e relazioni familiari, To-
rino, 2008, spec. p. 345 ss.
6
V. Castangia, Il criterio della cittadinanza nel diritto internazionale privato, Napoli,
1983; Mosconi, La legge regolatrice della capacità delle persone fisiche: dalle proposte di
P.S. Mancini alla prassi convenzionale, in Studi Ago, IV, Milano, 1987, pp. 187-225.
7
La questione si pose per la prima volta in materia contrattuale sotto la vigenza dell’art.
25 disp. prel. cod. civ. (che appunto indicava come applicabile la legge nazionale comune dei
contraenti in mancanza di scelta), nella sentenza della Corte di Cassazione, 4 ottobre 1954 n.
3235, Satrina c. Nightingale, in cui i contraenti, entrambi cittadini statunitensi, appartenevano
a diversi Stati della Federazione; la si veda in Giur. it., 1955, I, 899, con nota di Betta; in
Foro it., 1955, I, 197; in Riv. dir. int, 1957, p. 402 ss., con nota di Arangio Ruiz, Cittadi-
nanza comune dei contraenti e diritto plurilegislativo, spec. p. 405 ss.
8
Per quanto qui non richiamato per motivi di brevità, sia concesso di riferirsi a Ricci, Il
richiamo cit., spec. 116 ss., 125 ss., 159 ss.
58 dottrina
2. Allo stato attuale, non si può che constatare lo sforzo ancora troppo
lieve compiuto dai giudici italiani nel ricercare il contenuto del diritto
9
Su di essi, Vitta, Il diritto interpersonale, in Ann. dir. comp., 28, 1952, pp. 119-230;
Lemaire, Questioni di diritto interpersonale, in Dir. int., 1961, p. 103 ss.; Benattar, Problè-
mes relatifs au droit international privé de la famille dans les pays de droit personnel, in Recueil
des cours, t. 121, 1967-II, pp. 1-111; Gannagé, La coexistence des droits confessionnels et des
droits laı̈cisés dans les relations privées internationales, ibidem, t. 164, 1979-III, pp. 339-423;
Déprez, Droit international privé et conflits de civilisations. Aspects méthodologiques. Les re-
lations entre systèmes islamique en matière de statut personnel, ibidem, t. 211, 1988-IV, pp. 9-
372; Rigaux, Les situations juridiques individuelles dans un système de relativité générale.
Cours général de droit international privé, ibidem, t. 213, 1989-I, pp. 9-407; Gannagé, Le
principe d’égalité et pluralisme des statuts personnels dans les Étas multicommunautaires, in
L’avenir du droit. Mélanges en hommage à F. Terré, Paris, 1999, pp. 431-440.
10
Sulle differenze culturali e l’ordine pubblico nel diritto internazionale privato della
famiglia, oltre alla risoluzione del 2005 dell’Institut de droit international, si vedano in dot-
trina Lagarde, La théorie de l’ordre public international face à la polygamie et à la répudia-
tion, in Nouveaux itinéraires en droit. Hommage à F. Rigaux, Bruxelles, 1993, pp. 263-282;
Aldeeb Abu-Sahlieh, Conflits entre droit religieux et droit étatique chez les musulmans dans
les pays musulmans et en Europe, in Rev. int. droit comp., 1997, p. 813 ss.; Jayme, Diritto di
famiglia: società multiculturale e nuovi sviluppi del diritto internazionale privato, in questa Ri-
vista, 1993, p. 295 ss.; Carella (a cura di), La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il
diritto internazionale privato, Torino, 2009; Malatesta, Cultural Diversity and Private Inter-
national Law, in Bariatti, Venturini (a cura di), Nuovi strumenti del diritto internazionale
privato. Liber F. Pocar, Milano, 2009, pp. 643-657.
carola ricci 59
11
Come ad es. si riscontra nella decisione della Corte di Appello di Milano, 20 marzo
1998, Italdecor s.a.s. c. Yiu’s Industries (H.K.) Limited, in questa Rivista, 1998, p. 171 ss.,
spec. p. 174, in cui i giudici milanesi, dopo avere definito come applicabile ad un contratto
di vendita internazionale la legge del paese di residenza abituale del venditore ai sensi dell’art.
3 della convenzione dell’Aja del 1955, oltre a non accorgersi di essere in presenza di un or-
dinamento plurilegislativo neppure si attivano per ricercare il contenuto della legge applica-
bile, quella di Hong Kong, applicando senza esitazione la legge italiana.
12
La sentenza del 4 agosto 2009 è riprodotta in questo fascicolo della Rivista, p. 160 ss.
13
Si segnala che il giudice italiano avrebbe piuttosto dovuto applicare l’art. 3 del rego-
lamento (CE) n. 2201/2003 in materia matrimoniale (c.d. Bruxelles II-bis), e quindi indivi-
duare la giurisdizione del giudice austriaco, poiché la coppia aveva avuto l’ultima residenza
comune in Austria. Il carattere esclusivo del sistema Bruxelles II-bis rispetto ai fori nazionali,
cui è attribuito mero valore residuale (artt. 6 e 7), sono stati puntualizzati nella sentenza della
Corte di giustizia, 29 novembre 2007, in causa C-68/07, Lopez. Sul tema si rimanda, oltre ai
nostri commenti Artt. 3-7 (Regolamento (CE) n. 2201/2003), in Zaccaria (a cura di), Com-
mentario breve al diritto di famiglia, Padova, 2008, p. 2455 ss., e I fori «residuali» nelle cause
matrimoniali dopo la sentenza Lopez, in Bariatti, Venturini (a cura di), Nuovi strumenti
cit., pp. 865-878; a Borrás,‘‘Exclusive’’ and ‘‘Residual’’ Grounds of Jurisdiction on Divorce in
the Brussels II bis Regulation, in IPRax, 2008, p. 233 ss.; Campiglio, Il foro della residenza
abituale del coniuge nel regolamento (CE) n. 2201/2003: note a margine delle prime pronunce
italiane, in Cuadernos Der. Transn., 2010, spec. pp. 244-245, nota 8.
14
Negli Stati Uniti ciascuno Stato federato ha sviluppato un proprio sistema di diritto
interlocale di natura prevalentemente giurisprudenziale per risolvere i conflitti con altri Stati
60 dottrina
dell’Unione, detti «sister States», sistema al quale si fa riferimento anche per la soluzione di
conflitti internazionali con alcuni importanti limiti fissati nella Costituzione federale. Gli or-
gani delle singole suddivisioni territoriali sono infatti soggetti alle limitazioni costituzionali
rappresentate dalla «full faith and credit clause» e dalla «due process of law clause», conte-
nute rispettivamente nell’art. 4 par. 1 e nel quattordicesimo emendamento della Costituzione
federale. Le due disposizioni sono state interpretate congiuntamente dalla Corte Suprema fe-
derale come fondamento e limite, allo stesso tempo, per l’esercizio da parte delle autorità sta-
tali del potere sia legislativo sia giudiziario in materia di conflitti interlocali. Per questa via, è
stata notevolmente ampliata la portata del diritto interlocale di origine particolare rispetto a
quanto fissato dalla stessa Costituzione; sul rapporto tra i due sistemi v. Bonassies, Structure
fédérale et conflits internes de lois: l’exemple des Etats-Unis d’Amérique, in Revue critique,
1953, pp. 289-316 e 533-563; Baxter, Choice of Law and the Federal System, in Stanford
Law Rev., 1963, p. 1 ss.; Leflar, Constitutional Limits on Free Choice of Law, in Law and
Contemporary Problems, 1963, p. 706 ss.; Hay, International versus Interstate Conflicts
Law in the United States, in RabelsZ, 1971, p. 429 ss.; Scoles, Hay, Conflict of Laws, 2nd
ed., St. Paul (Minnesota), 1992; Juenger, Choice of Law and Multistate Justice, Dordrecht,
1993; Sedler, American Federalism, State Sovereignty, and the Interest Analysis Approach to
Choice of Law, in Law and Justice in a Multistate World. Essays in Honor of A. T. von Mehren,
2002, pp. 369-382; Simson, State Interests, State Autonomy, and the Quest for Uniformity in
Choice of Law, ibidem, pp. 391-398; Spamann, Choice of Law in a Federal System and an In-
ternal Market, Jean Monnet W. P. No 8/2001 (http://centers.law.nyu.edu/jeanmonnet/pa-
pers).
15
Laycock, Equal Citizens of Equal and Territorial States: The Constitutional Founda-
tions of Choice of Law, in Columbia Law Rev., 1992, 92, p. 249 ss.; Jacobsohn, Dunn (eds.),
Diversity and Citizenship: Rediscovering American Nationhood, Lanham (Maryland), 1996.
Per una rassegna dettagliata dei diversi criteri utilizzati dalle corti statali, anche in ambiti dif-
ferenti, si ricorda il prezioso contributo, aggiornato con cadenza annuale, di Symeonides e,
in particolare di recente, Choice of Law in the American Courts in 2009: Twenty-Third Annual
Survey, 2010, in Am. Journ. Comp. Law, 2010, 58, spec. pp. 50-54.
16
Per ulteriori approfondimenti sui problemi di coordinamento dell’art. 18 con il siste-
ma tracciato nella legge di legge di riforma, sia permesso di rimandare ancora a Ricci, Il ri-
chiamo cit., p. 133 ss.
carola ricci 61
17
Come evidenzia Clerici, Rapporti di lavoro, ordine pubblico e convenzione di Roma
del 1980, in questa Rivista, 2003, p. 809 ss., spec. p. 813, in commento alla sentenza della
Corte di Cassazione, 11 novembre 2002 n. 15822, Bottoni c. Banca di Roma s.p.a., ibidem,
p. 978 ss., in cui la Suprema Corte, nel determinare la legge regolatrice di un contratto di
lavoro cui è applicabile «in ogni caso» la convenzione di Roma del 1980 (ex art. 57 della legge
n. 218/1995) e in particolare il suo art. 6, «si limita a richiamare una pretesa ‘‘legislazione
statunitense’’ o ‘‘americana’’», quando avrebbe invece dovuto riferirsi, ai sensi dell’art. 19
par. 1 della convenzione, direttamente alla singola unità territoriale (lo Stato di New York)
designata concordemente dalle parti, dove il lavoratore svolgeva abitualmente la propria at-
tività.
62 dottrina
18
In senso non lontano da quello suggerito si poneva già una parte della dottrina prima
della riforma del 1995; cfr. Ricci, Il richiamo cit., pp. 37-42.
19
Regolamento (UE) n. 1259/2010 relativo all’attuazione della cooperazione rafforzata
nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, in questo fascicolo
della Rivista, p. 248 ss.
20
Restano invece per il momento inalterate le regole sui conflitti di giurisdizione conte-
nute nel citato regolamento (CE) n. 2201/2003, per le quali come noto era stata avanzata la
richiesta di parziale modifica contestualmente alla prima proposta di regolamento sulla legge
applicabile del 17 luglio 2006, sulla quale però non si è mai riuscita a formare l’unanimità dei
consensi. Sulla proposta di regolamento Roma III, si vedano Gaertner, European choice of
law rules in divorce (Rome III): An examination of the possible connecting factors in divorce
matters against the background of private international law developments, in Journ. priv. int.
law, 2006, pp. 99-136; Bonomi, Il diritto applicabile alla separazione e al divorzio nella recen-
te proposta di regolamento comunitario, in Bariatti, Ricci (a cura di), Lo scioglimento del
matrimonio nei regolamenti europei: da Bruxelles II a Roma III, a cura di, Padova, 2007, p.
91 ss.; Pocar, Osservazioni a margine della proposta di regolamento sulla giurisdizione e legge
applicabile al divorzio, in Bariatti (a cura di), La famiglia nel diritto internazionale privato
comunitario, Milano, 2007, p. 267 ss.; Paulino Pereira, ‘‘Rome III’’: la compétence juridic-
tionnelle et la loi applicable en matière matrimoniale, in Rev. Marché Commun, 2007, p. 390
ss.; e La coopération judiciaire en matière civile dans l’Union européenne: bilan et perspectives,
in Revue critique, 2010, p. 1 ss., spec. 13 ss.; Fiorini, Rome III. Choice of Law in Divorce: Is
the Europeanization of Family Law Going Too Far?, in Int. Journ. Law, Policy & Fam., 2008,
p. 178 ss.; Nascimbene, Competenza giurisdizionale e legge applicabile in materia matrimonia-
le: verso un regolamento Roma III?, in Fam. dir., 2009, p. 529 ss.; Calvo Caravaca, Car-
rascosa González, La ley aplicable al divorcio en Europa: el futuro reglamento Roma III, in
Cuadernos Der. Transn., 2009, p. 36 ss; Carrascosa González, Seatzu, Normas de com-
petencia judicial internacional en la propuesta de reglamento ‘‘Roma III’’, in questa Rivista,
2009, p. 567 ss.; e La legge applicabile alla separazione personale dei coniugi e al divorzio nella
proposta di regolamento «Roma III», in Studi sull’integrazione europea, 2010, p. 49 ss.; Fio-
rini, Harmonizing The Law Applicable To Divorce And Legal Separation Enhanced Coope-
ration As The Way Forward?, in Int. Comp. Law Quarterly, 2010, p. 1143-1158; Lopes Pe-
gna, La proposta di cooperazione rafforzata sulla legge applicabile a separazione e divorzio: pro-
fili problematici, in Cuadernos Der. Transn., 2010, p. 127 ss. L’art. 2 del regolamento Roma
carola ricci 63
III (nonché il confuso considerando 13) fa ovviamente salva l’applicazione del regolamento
Bruxelles II-bis, che sarà comunque rivisto entro il 1º gennaio del 2012, ai sensi del suo
art. 65.
21
La richiesta di ricorrere a tale procedura, appoggiata dalla Commissione, era già con-
tenuta nella proposta di decisione del Consiglio che autorizza la cooperazione rafforzata sulla
legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, COM(2010) 104 fin., presentata
congiuntamente alla corrispondente proposta di regolamento che avrebbe attuato tale coope-
razione, COM(2010) 105 fin., entrambe del 24 marzo 2010, adottate rispettivamente ex artt.
329 e 81 par. 3 TFUE. Tra aprile e maggio 2010 altri cinque Stati hanno aderito all’iniziativa
(Germania, Belgio, Lettonia, Malta e Portogallo) aggiungendosi ai nove che avevano richiesto
nel corso del 2008 e 2009 l’intervento della Commissione (con il ritiro della Grecia Bulga-
ria, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Ungheria, Austria, Romania e Slovenia). Il Consi-
glio GAI tenutosi a Lussemburgo il 3-4 giugno 2010 ha quindi appoggiato la richiesta avan-
zata dalla Commissione; per ulteriori dettagli sulle fasi dell’iter che ha condotto a Roma III, v.
Fiorini, Harmonizing The Law Applicable cit., p. 1145 ss. Sulla procedura di cooperazione
rafforzata che consente di ovviare ai limiti derivanti dall’opposizione anche di un solo Parla-
mento nazionale alla decisione del Consiglio (assunta su proposta della Commissione e con-
sultato il Parlamento UE) che autorizzasse il passaggio di determinati aspetti del diritto di
famiglia aventi implicazioni transfrontaliere dall’unanimità alla procedura ordinaria (ex art.
81 TFUE) si vedano da ultimo Santini, L’assetto istituzionale dell’Unione europea: verso
una maggiore efficienza e legittimità democratica?, in Draetta, Santini (a cura di), L’Unione
europea in cerca di identità. Problemi e prospettive dopo il fallimento della ‘‘Costituzione’’, Mi-
lano, 2008, p. 57 ss., spec. pp. 60-63, 65 s.; Carbone, Tuo, Gli strumenti di diritto dell’U-
nione europea in materia di famiglia e il Trattato di Lisbona, in Studi sull’integrazione europea,
2010, p. 301 ss., spec. pp. 317 s., 321-324; Baruffi, La cittadinanza dell’Unione e i diritti dei
minori nello spazio giudiziario europeo, in Ead. (a cura di), Cittadinanza e diversità culturale
nello spazio giuridico europeo, Padova, 2010, spec. p. 78 s.; Pocar, Diritto dell’Unione euro-
pea, 11a ed., Milano, 2010, p. 65 ss.
22
Si veda questa Rivista, 2010, p. 1089 ss. Successivamente, il testo proposto dalla
Commissione è stato approvato con emendamenti dal Parlamento europeo il 15 dicembre
2010, con una risoluzione, P7_TA(2010) 0477, resa sulla base del Report of the Committee
on Legal Affairs and the Opinions of the Committee on Civil Liberties, Justice and Home Af-
fairs and the Committee on Women’s Right and Gender Equality (A7-0360/2010); è stato
quindi acquisito il parere del Comitato economico e sociale e, infine, gli Stati aderenti o «par-
tecipanti» ex art. 328 par. 1 TFUE si sono espressi all’unanimità sulla proposta.
64 dottrina
23
Mosconi, Campiglio, Diritto internazionale privato cit., spec. p. 246.
24
Simile disposizione, detta anche «clausola federale», si ritrova in diverse convenzioni
dell’Aja che presentano soluzioni differenti rispetto alla questione, assimilabili o meno a quel-
la adottata dall’art. 18: cfr. Ricci, Il richiamo cit., pp. 165-207. Rispetto ad esempio alle ob-
bligazioni alimentari, il protocollo dell’Aja del 2007, richiamato dal regolamento n. 4/2009
per l’individuazione della legge applicabile, contiene anch’esso una specifica disposizione de-
dicata ai sistemi non unificati su base personale (art. 17), che affida la determinazione del sot-
to-sistema applicabile alle regole di ripartizione vigenti nello Stato richiamato, senza prevede-
re alcun ulteriore criterio residuale; v. Lopes Pegna, La proposta di cooperazione rafforzata
cit., spec. p. 139, nota 80.
25
Corsivi aggiunti.
carola ricci 65
26
In base all’art. 21, il regolamento (UE) n. 1259/2010 è entrato in vigore il 30 dicem-
bre 2010 ma si applicherà «a decorrere dal 21 giugno 2012, ad eccezione dell’articolo 17, che
si applica a decorrere dal 21 giugno 2011».
27
Come evidenziato da Lopes Pegna, ult. op. cit., spec. pp. 137-139. Si confronti an-
che la posizione di Carrascosa Gonzáles, Seatzu, La legge applicabile cit., spec. p. 53 s.
66 dottrina
28
Francescakis, Problèmes de droit international privé de l’Afrique noire indépendante,
in Recueil des cours, t. 112, 1964-III, pp. 262-361; Allot, What is to be done with African
Customary Law? The Experience of Problems and Reforms in Anglophone Africa from 1950, in
Journ. African Law, 1984, p. 56 ss.; Charfi, L’influence de la religion dans le droit interna-
tional privé des pays musulmans, in Recueil des cours, t. 203, 1987-III, pp. 321-454 ss.; Priso
Essawe, Le juge national et le droit communautaire en Afrique centrale, in Revue du droit de
pays d’Afrique, 1998, pp. 107-120; el Arbi Hachem, Le code tunisien de droit international
privé, in Revue critique, 1999, pp. 227-244; Mezghani, Les innovations du code tunisien de
droit international privé, in RabelsZ, 2001, pp. 78-100.
29
Kollewijn, Interracial Private Law (The Colonial Conflict of Laws), in Schrieke
(ed.), The Effects of Western Influence on Native Civilisation in the Malay Archipelago, Bata-
via, 1929, pp. 204-236; Vitta, The Conflict of Laws in Matters of Personal Status in Palestine,
Tel Aviv, 1947; Rama Rao, Conflict of Laws in India, in RabelsZ, 1958, p. 259-279; Gouw-
gioksiong (S. Gautama), Interpersonal Law in Indonesia, ibidem, 31, 1965, p. 545 ss.;
Cammack, Islamic Law in Indonesia’s New Order, in Int. Comp. Law Quarterly, 1989, p.
53 ss.; Hongwu, Problèmes de droit international privé concernant les personnes physiques
étrangères en Chine, Paris, 1998; Gannagé, Le pluralisme des statuts personnels dans les Ètats
multicommunautaires. Droit libanais et droits proche-orientaux, Bruxelles, 2001.
30
Cfr. Vitta, Diritto internazionale privato, I, Torino, 1972, p. 107 ss., spec. p. 122.
carola ricci 67
31
Sul rilievo che l’esercizio della giurisdizione da parte di autorità appartenenti alle sin-
gole comunità assicura un maggior grado di efficacia del diritto a base personale cfr. Lip-
stein, Szaszy, Interpersonal Conflict of Laws, in Int. Encyclopedia Comp. Law (Private Inter-
national Law), 3, ch. 10, Tübingen, 1985, p. 43 ss.; Tier, Techniques in Choice of Law in
Conflicts of Personal Laws, in African Law Journ., 1986, pp. 1-19.
32
Cosı́ Vitta, Diritto internazionale privato cit., p. 133, nota 110, che ricorda le ecce-
zioni costituite dalle comunità cristiane d’Oriente o dalle varie scuole della giurisprudenza
musulmana per determinare in quali casi vadano applicate le norme dei diversi riti della dot-
trina islamica ortodossa.
33
Sullo sviluppo storico del fenomeno nei diversi sistemi giuridici, che per ragioni di
spazio non può essere qui condotta, sia concesso di rinviare (anche per i riferimenti biblio-
grafici) a Ricci, Il richiamo cit., pp. 17-24.
34
V. per un commento Jayme, Identité culturelle et intégration: le droit international pri-
vé postmoderne. Cours général de droit international privé, in Recueil des cours, 1995, t. 251,
spec. p. 181.
35
Quest’ultima riconosce autonomia legislativa alle cinquantasei comunità etniche (art.
116 Cost. nella versione del 1982) in alcune materie, specificate ulteriormente, in via generale,
nella «legge sull’autonomia delle circoscrizioni delle minoranze etniche» (promulgata nel
1984) e, in particolare, con riferimento alla materia del matrimonio e del diritto di famiglia,
nonché al regime delle successioni, rispettivamente nella legge sul matrimonio del 1980 (art.
36) e in quella sulle successioni del 1985 (art. 35). Cfr. Hongwu, Problèmes de droit inter-
national privé cit., spec. p. 40 ss.
68 dottrina
36
Per l’Egitto cfr. Berger, Conflicts of Law and Public Policy in Egyptian Family Law:
Islamic Law Through the Backdoor, in Am. Journ. Comp. Law, 2002, p. 555 ss.; per la Siria e
l’Iraq si veda Gannagé, Le pluralisme des statuts personnels cit., p. 181 ss.
37
V. ancora Gannagé, ult. op. cit., p. 15 ss.
38
Tale finalità ad esempio ha guidato il governo greco nell’emanazione di una disciplina
ad hoc per risolvere conflitti di legge tra ortodossi e turchi in Tracia, su cui si veda Papasta-
this, The application of religious laws in the Hellenic Repubblic, in Revue hell. droit int., 1998,
p. 37 ss.
39
Si vedano in particolare Vitta, Diritto internazionale privato cit., p. 159; Carbone,
Art. 18 cit., p. 93 s.
40
In tal senso, Boschiero, Appunti sulla riforma del sistema italiano di diritto interna-
zionale privato, Torino, 1996, p. 274 s.
carola ricci 69
41
Cosı́ Vitta, Conflitti interni ed internazionali cit., II, p. 184.
42
Battaglini, L’appartenenza allo Stato negli ordinamenti complessi, in Comunicazioni
e Studi, X, Milano, 1960, p. 261 ss.
43
Ad es., in Palestina, ai tempi del mandato britannico, l’appartenenza alla comunità
ebraica andava dedotta, ai fini dell’attribuzione della giurisdizione alle corti rabbiniche,
non sulla base del diritto talmudico ma con riferimento all’iscrizione su un registro apposita-
mente creato dal legislatore britannico. In tale ipotesi anche la qualificazione degli istituti in
presenza era effettuata secondo la legislazione mandataria centrale. Analogamente, in altri
Stati, come Gambia o Uganda, viene per legge imposto come decisivo, in caso di dubbio sul-
l’appartenenza ad una tribú o ad una minoranza etnica, lo status degli ascendenti in linea ret-
ta, salvo che non sia fornita prova contraria da chi vi abbia interesse.
44
Cfr. Pagano, Lezioni di diritto internazionale privato, Napoli, 2003, p. 215.
70 dottrina
45
Sulla base di questi rilievi una parte della dottrina sostiene che gli ordinamenti plu-
rilegislativi a base personale non sono che un fenomeno temporaneo derivante da instabilità
politico-istituzionale, destinato a confluire in un unitario sistema come conseguenza del rag-
giungimento di un nuovo equilibrio; cosı́ v. Batiffol, Lagarde, Traité de droit international
privé, I, 8a ed., Paris, 1993, p. 435 s. La ricostruzione non sembra pienamente condivisibile,
in quanto la plurilegislazione su base religiosa o etnica è il portato della diversità di culture e
tradizioni giuridiche che costituisce una ricchezza, un valore intrinseco del patrimonio dell’u-
manità, non potendo essere considerata dunque solo una fase di passaggio.
46
Trib. Belluno, 6 marzo 2009, in questo fascicolo della Rivista, p. 140 ss.; in Fam. dir.,
2010, p. 179 ss., con commento di Feletto, Brevi osservazioni sulla competenza giurisdizio-
nale del giudice italiano e sulla legge applicabile al divorzio tra coniugi indiani, e in Giur. me-
rito, 2010, p. 669 ss., con nota di D’Auria.
72 dottrina
dell’Hindu Marriage Act del 1955. Il giudice italiano, questa volta corretta-
mente adito quale foro della residenza comune – in applicazione del rego-
lamento n. 2201/2003 47 – ha esattamente anche indagato sui criteri di
definizione dei conflitti di legge interpersonali. Infatti il Tribunale ha rico-
struito i vari sottosistemi normativi disciplinanti i rapporti matrimoniali in
ragione dell’appartenenza a una determinata confessione religiosa, indivi-
duata sulla base di precisi criteri a loro volta indicati in leggi di fonte statale
che in parte incorporano precetti dei singoli sottosistemi. La pluralità di
sistemi su base personale si rispecchia nelle numerose leggi dedicate ai
rapporti personali tra coniugi appartenenti a una stessa religione o casta
(Hindu Marriage Act 1955; Dissolution of Muslim Marriages Act 1939;
Indian Divorce Act 1869 – solo per cristiani; Parsi Marriage and Divorce
Act 1936) o per matrimoni misti tra soggetti che appartengono a religioni o
caste diverse (Special Marriage Act 1954).
Nel caso di specie, è stato correttamente applicato l’Hindu Marriage Act
citato, riferito a due coniugi appartenenti alla religione induista (equiparata
per il divorzio anche ad altre confessioni religiose) «derivata» dagli ascen-
denti (art. 2), 48 anche quando si trovino al di fuori del territorio indiano
(art. 1.2).
Il risultato del richiamo operato a questa normativa dall’art. 18 è stato
particolarmente vantaggioso per coniugi indiani che volevano evidente-
mente al piú presto vivere in una nuova realtà affettiva. Essi, infatti, hanno
potuto chiedere congiuntamente lo scioglimento del vincolo sulla base della
constatazione della avvenuta interruzione della convivenza protratta per
almeno un anno e della dichiarazione che la loro unione non poteva essere
mantenuta (art. 13 B), 49 senza dover prima attendere la maturazione del
ben piú lungo periodo successivo alla pronuncia di separazione personale
richiesto dalla normativa sostanziale italiana.
Nonostante questa diversità di disciplina non si è fatto ricorso alla
clausola dell’ordine pubblico (di cui all’art. 16 della legge n. 218/1995),
risultando sufficiente l’accertamento dell’irreparabile dissoluzione della co-
47
La giurisdizione è stata infatti affermata «a prescindere dalla nazionalità delle parti»
come disposto dagli artt. 3, 6 e 7 del regolamento citato, richiamando l’interpretazione for-
nitane dalla Corte di giustizia nella sentenza Lopez, per la quale si rimanda supra, nota 13.
48
L’art. 2 dell’Hindu Marriage Act è stato riprodotto dal Tribunale di Belluno in moti-
vazione (al punto 2) insieme all’estratto di una nota esplicativa molto particolareggiata che
specifica le ipotesi in cui lo Stato considera un coniuge appartenente alla religione indú o
a quelle equiparate, cui si rinvia. Cfr. E. dell’Aquila, L. dell’Aquila, Induismo e buddi-
smo nel diritto tradizionale dell’India, Udine, 2010, spec. p. 125 ss.
49
In forza di tale disposizione: «Subject to the provisions of this Act a petition for dis-
solution of marriage by a decree of divorce may be presented... by both the parties to a mar-
riage together... on the ground that they have been living separately for a period of one year
or more, that they have not been able to live together and that they have mutually agreed that
the marriage should be dissolved».
carola ricci 73
50
Cfr. da ultimo la sentenza della Corte di Cassazione, 25 luglio 2006 n. 16978, in que-
sta Rivista, 2007, p. 432 ss.
51
In dottrina spesso è indicato l’alternativo riferimento a un criterio di origine territo-
riale quale la residenza abituale. Sul dibattito si rimanda a Jayme, Diritto di famiglia cit., p.
295; e Identité culturelle cit., p. 9; Lagarde, Nationalité et droit international privé, in An-
nales de Droit de Louvain. Hommage à M. Verwilghen, 2003, p. 205 ss.; Gaudemet-Tallon,
Nationalité, statut personnel et droits de l’homme, in Festschrift E. Jayme, München, 2004, p.
205; Campiglio, Matrimonio poligamico e ripudio nell’esperienza giuridica dell’Occidente eu-
ropeo, in questa Rivista, 1990, p. 853 ss.; e La famiglia islamica nel diritto internazionale pri-
vato italiano, ibidem, 1999, p. 21 ss.; Mosconi, Campiglio, Diritto internazionale privato
cit., spec. p. 172 ss.; Basedow, Le rattachement à la nationalité et les conflits de nationalité
en droit de l’Union européenne, in Revue critique, 2010, p. 428 ss., spec. pp. 445-455.
52
Espressione questa utilizzata già negli anni settanta da Mercier, Conflits de civilisa-
tions et droit international privé cit., poi seguito tra gli altri da Déprez, Droit international
privé et conflits de civilisations cit.
74 dottrina
53
Sul tema si vedano da ultimo Campiglio, La famiglia ‘‘islamica’’ in Italia, in Bariat-
ti, Galizia Danovi (a cura di), La famiglia senza frontiere, Padova, 2008, pp. 11-50; Cle-
rici, La compatibilità del diritto di famiglia mussulmano con l’ordine pubblico internazionale,
in Fam. dir., 2009, p. 197 ss., oltre ai riferimenti dottrinali richiamati supra, nota 10.
54
Cosı́ Rimini, Il ripudio innanzi ad un tribunale rabbinico in Italia e la sua rilevanza
come divorzio ottenuto all’estero, in questa Rivista, 1992, p. 66.
55
Si vedano Salerno, Sulla tutela internazionale dell’identità culturale delle minoranze
straniere, in Riv. dir. int., 1990, p. 257 ss.; Conetti, Non discriminazione e legge applicabile
allo stato delle persone e ai rapporti di famiglia, in Riv. diritti dell’uomo, 1991, p. 462 s.
carola ricci 75
56
Cfr. la famosa sentenza Rivière del 17 aprile 1953, Cour de Cassation (Chambre ci-
vile), in Revue critique, 1953, p. 413 ss., con nota di Batiffol. Si veda sul tema, tra gli altri,
Lagarde, La théorie de l’ordre public international cit., p. 263 ss.; e Courbe, Le rejet des
répudiations musulmanes, in Recueil Dalloz, 2004, p. 815 ss.
57
V. Jayme, Società multiculturale cit., p. 301 ss.; Hessler, Sachrechtliche Generalklau-
sel und internationales Familienrecht. Zu einer zweistufigen Theorie des internationalen Priva-
trechts, München, 1985; Lorenz, Zur Zweistufentheorie des IPR und zu ihrer Bedeutung für
das neue Versorgungsaugleichsrecht, in FamRZ, 1987, p. 645 ss.
58
V. Saunders, Walter, The Matrimonial Proceedings (Polygamous Marriages) Act
1972, in Int. Comp. Law Quarterly, 1972, pp. 781-789; Pearl, Polygamy and Bigamy, in Cam-
bridge Law Journ., 1976, p. 48 ss.
59
V. Riad, Pour un Code européen de droit musulman, in Carlier, Verwilghen (dir.),
Le statut personnel des musulmans, Bruxelles, 1992, p. 379 ss.; si veda anche Menhofer, Isla-
misches Recht in Westlichen Staaten, in IPRax, 1990, p. 419 s.
60
Cfr. ad es. la convenzione franco-marocchina del 10 agosto 1981, Décret n. 83-435 del
27 maggio 1983, in Journal Officiel, 1º giugno 1983, p. 1643 (su cui Monéger, La convention
franco-marocaine du 10 août 1981 relative au statut des personnes et de la famille et à la coo-
pération judiciaire, in Revue critique, 1984, p. 36 s. e Vers la fin de la reconnaissance des ré-
pudiations musulmanes par le juge français?, in Journ. droit int., 1992, p. 345 ss.; Decroux,
La convention franco-marocaine du 10 août 1981 relative au statut des personnes et de la famille
et à la coopération judiciaire, ibidem, 1985, p. 49 ss.), cui sono seguite le convenzioni che la
Francia ha stipulato con la Tunisia (18 marzo 1982), l’Egitto (15 marzo 1982) e l’Algeria (21
giugno 1988).
61
Allo stato attuale comunque si può solo constatare il basso numero di ratifiche da par-
te degli Stati confessionali, ad eccezione del Marocco (che l’ha firmata il 22 agosto 2002 e per
il quale è entrata in vigore dal 1º dicembre 2002 e che di recente ha ratificato anche la con-
venzione del 1980 sulla sottrazione internazionale dei minori). Cfr. il sito ufficiale della Con-
ferenza dell’Aja: http://www.hcch.net e questo fascicolo della Rivista, p. 280. Cfr. anche Ma-
latesta, Cultural Diversity and Private International Law cit., p. 656 s.
76 dottrina
62
Trib. Milano, 5 ottobre 1991, in questa Rivista, 1992, pp. 123-127. Cfr. Rimini, Il
ripudio cit., p. 60 ss. Per un caso di ripudio islamico, in cui è stata dichiarata la cessazione
della materia del contendere per permettere l’estensione anche alla moglie degli effetti della
pronuncia straniera di scioglimento del vincolo ottenuta dal marito, v. Trib. Reggio Emilia, 18
settembre 2008, inedita, sulla quale v. però in senso critico, anche alla luce della giurispru-
denza di merito successiva, Clerici, nota a Trib. Reggio Emilia, 28 marzo 2008, in Dir.
imm. citt., 1/2009, p. 167 ss.
63
Sulla disposizione citata si vedano Pocar, La legge italiana sul divorzio e il diritto in-
ternazionale privato, in questa Rivista, 1971, p. 749 ss.; Vitta, Diritto internazionale privato
cit., p. 361; Nascimbene, Sentenze straniere di divorzio e legge italiana sul divorzio: primi
orientamenti sulla giurisprudenza, ibidem, 1973, p. 337; Picone, Divorzio straniero come mo-
tivo di divorzio italiano, in Riv. dir. int., 1973, p. 5; e da ultimo Bertoli, Art. 3 l. 1º dicembre
1970 n. 898. III. Commento al numero 2, lettera e), in Zaccaria (a cura di), Commentario
breve cit., p. 1350 ss., spec. p. 1352 s.
carola ricci 77
64
V. Rimini, Il ripudio cit., p. 60 ss.
65
Cfr. rispettivamente, Trib. Pordenone, 14 settembre 2005; e Trib. Tivoli, 14 novem-
bre 2002, in questa Rivista, 2006, p. 181 ss. e 2003, p. 535 ss.; cfr. Queirolo, Separazione
cit., 360 ss.
66
Cfr. Carella, Diritto di famiglia islamico, conflitti di civilizzazione e Convenzione eu-
ropea dei diritti dell’uomo, in Carella (a cura di), La Convenzione europea cit., p. 67 ss.
67
Sulla copiosa giurisprudenza al riguardo, ivi compreso l’intervento della Corte Costi-
tuzionale, che nell’ordinanza 30 gennaio 2003 n. 14 ha confermato la legittimità dell’art. 116,
primo comma cod. civ., nonché sull’apertura mostrata nella circolare del Ministero dell’inter-
no 11 settembre 2007 n. 46, Rilascio del nulla-osta al matrimonio ex art. 116 c.c. subordinato
alla condizione che il nubendo sia di religione musulmana, v. Clerici, La compatibilità del
diritto di famiglia mussulmano cit., spec. p. 199; e Campiglio, La famiglia ‘‘islamica’’ cit.,
spec. p. 26 s.
68
V. Jayme, Diritto di famiglia: società multiculturale cit., p. 304; Becker, Integration
und kulturelle Identität. Entwicklungen des IPR in Europa. Symposium in Trier, in IPRax,
1992, p. 336.
78 dottrina
69
Si ricorda che qualora sia designata la legge di un altro Stato membro, la rete giudi-
ziaria europea in materia civile e commerciale istituita con decisione 2001/470/CE del Con-
siglio, del 28 maggio 2001, in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 174 del 27 giugno 2001, modificata da
ultimo dalla decisione 568/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno
2009, applicabile a decorrere dal 1º gennaio 2011, in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 168 del 30
giugno 2009, «potrebbe intervenire per fornire assistenza alle autorità giurisdizionali sul con-
tenuto della legge straniera», aggiornato regolarmente dalla Commissione, come ricorda an-
che il regolamento (UE) n. 1259/2010 (cons. 14 e 17). L’ultima decisione citata peraltro ri-
chiede che gli Stati membri migliorino le condizioni operative dei «punti di contatto» e, quin-
di, rafforzino il ruolo degli stessi «sia all’interno della rete sia rispetto ai giudici e alle
professioni legali» (cons. 5 e 6), provvedendo a fornire le informazioni giuridiche e pratiche
necessarie alle autorità giudiziarie nazionali o ad altri punti di contatto (art. 5 par. 2 emenda-
to, cfr. punto 3). Si ricorda inoltre che anche gli ordini professionali (in particolare avvocati,
notai ed ufficiali giudiziari), possono aderire alla rete tramite le rispettive organizzazioni na-
zionali, al fine di contribuire, unitamente ai punti di contatto, ad alcune delle funzioni ed at-
tività specifiche della stessa (cons. 12 e nuovo art. 5-bis). In tema v. Franzina, Il ruolo della
rete giudiziaria europea nell’applicazione e nello sviluppo degli strumenti della cooperazione giu-
diziaria in materia civile, in Boschiero, Bertoli (a cura di), Verso un ‘‘ordine comunitario’’
del processo civile. Atti del Convegno interinale della Società italiana di Diritto internazionale
(Como, 23 novembre 2007), Napoli, 2008, p. 185-199.
70
Sulla nozione di residenza abituale e sui problemi inerenti alla sua qualificazione in
materia matrimoniale si vedano da ultimo Ricci, Habitual Residence as a Ground of Jurisdic-
tion in Matrimonial Disputes: From Brussels II to Rome III, in Bariatti, Malatesta, Pocar
(eds.), The External Dimension of EC Private International Law in Family and Succession Mat-
ters, Milano, 2008, pp. 207-219; e Campiglio, Il foro della residenza abituale cit., p. 246 ss.
71
Cfr. i considerando 15 e 16.
carola ricci 79
72
Specificamente sulla norma corrispondente contenuta nella proposta v. Calvo Ca-
ravaca, Carrascosa González, La ley aplicable al divorcio cit., spec. p. 67; Lopes Pegna,
La proposta di cooperazione rafforzata cit., ibidem, spec. p. 136 s.
73
Contemporaneamente all’introduzione di tale disposizione è stata da piú parti richie-
sta l’inserzione nel regolamento n. 2201/2003 di un forum necessitatis (cfr. infra, nota 75).
Tale istituto, sul quale non ci si può in questa sede soffermare, compariva già nella clausola
(art. 7 a) elaborata dal Parlamento europeo nella risoluzione legislativa del 21 ottobre 2008
sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003
limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in
materia matrimoniale (A6-0361/2008). Anche il regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di
obbligazioni alimentari, all’art. 7, prevede in casi eccezionali un forum necessitatis subordina-
to però all’assenza di qualsiasi altro giudice UE competente in base al regolamento, disponen-
do inoltre che i giudici dello Stato membro che presenta un collegamento «sufficiente» con la
controversia può conoscere della stessa, se la causa non può «ragionevolmente» essere inten-
tata o svolta o si rivela «impossibile in uno Stato terzo con il quale la controversia ha uno
stretto collegamento»; v. Pocar, Viarengo, Il regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di ob-
bligazioni alimentari, in questa Rivista, 2009, p. 805 ss., spec. p. 817 s.); Ancel, Muir Watt,
Aliments sans frontières. Le règlement CE nº 4/2009 du 18 décembre 2008 relatif à la compé-
tence, la loi applicable, la reconnaisance et l’exécution des décisions et la coopération en matière
d’obligations alimentaires, in Revue critique, 2010, p. 455 ss., spec. p. 482 ss. Analogamente
esso si ritrova nella recente «Proposta di regolamento concernente la competenza giurisdizio-
nale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale»,
COM(2010) 748 def./2, del 3 gennaio 2011, punto 3.1.2, art. 26; e ancor prima nel Libro
verde sulla revisione del regolamento (CE) n. 44/2001, cui si riferisce anche lo studio del GE-
DIP confluito da ultimo in «Amended version of the proposed Amendment of Chapter 2 of
Regulation 44/2001 in Order to Apply it to External Situations (Bergen, 21 September 2008,
Padua 20 September 2009, Copenhagen, 19 September 2010)», reperibile al sito www.gedip-
egpil.eu/gedip_documents.html. In dottrina si rimanda a Biavati, Deroghe alla giurisdizione
statuale e fungibilità dei sistemi giudiziari, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, p. 523 ss.; Fran-
zina, Sul forum necessitatis nello spazio giudiziario europeo, in Riv. dir. int., 2009, p. 1121 ss.;
Rossolillo, Forum necessitatis e flessibilità dei criteri di giurisdizione nel diritto internazio-
nale privato nazionale e dell’Unione europea, in Cuadernos Der. Transn., 2010, p. 403 ss.
74
Queirolo, La tutela dei diritti fondamentali: la famiglia tra CEDU e Carta dei diritti,
in Queirolo, Schiano di Pepe, Lezioni cit., pp. 251-300; cfr. altresı́ Stalford, EU Family
Law: a Human Rights Perspective, in Meeusen, Pertegás, Straetmans, Swennen (eds.),
International Family Law for the European Union, Antwerp, 2007, pp. 101-128; Tomasi,
La tutela degli status familiari nel diritto dell’Unione europea tra mercato interno e spazio di
libertà, sicurezza e giustizia, Padova, 2007, spec. pp. 3-54; Carella, La Convenzione europea
cit.
80 dottrina
75
In tal senso si vedano in particolare: l’Explanatory Statement di Tadeus Zwiefka al ci-
tato Report sulla proposta (A7-0360/2010), p. 31 ss. (v. anche supra, nota 22); le dichiarazioni
del 26 novembre 2010 del Consiglio (che invita la Commissione a presentare una proposta di
modifica del regolamento Bruxelles II-bis che introduca un forum necessitatis «where the
courts that have jurisdiction are all situated in Member States whose law either does not pro-
vide for divorce or does not deem the marriage in question valid for the purposes of divorce
proceedings»), e della Commissione, di Malta (che come noto non prevede il divorzio) e Fin-
landia (sull’art. 7 a della proposta, ora appunto art. 13), tutte allegate al regolamento al mo-
mento dell’adozione, pubblicate come Annexes I, II, III e IV al doc. n. 17046/10 (http://re-
gister.consilium.europa.eu).
SARA TONOLO
professore associato nell’università dell’insubria
2
Ciò non esclude che anche nel regolamento Bruxelles II-bis si ribadisca la fondamen-
tale distinzione tra diritto di affidamento e diritto di visita, nel senso secondo il quale è stata
interpretata la disciplina prevista dalla convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti
civili della sottrazione internazionale di minori, sulla quale v. infra in questo paragrafo, ovvero
al fine di collegare il provvedimento di rientro del minore solo all’ipotesi di violazione del
diritto di affidamento. Sul punto, si veda l’orientamento uniforme espresso da Cass., 4 aprile
2006 n. 7864, in questa Rivista, 2007, p. 186 ss.; 5 maggio 2006 n. 10374, ivi, p. 399 ss.; 4
aprile 2007 n. 8481, ibidem, 2008, p. 204 ss.; 2 luglio 2007 n. 14960, ivi, p. 524 ss.
3
Convenzione resa esecutiva in Italia con l. 15 gennaio 1994 n. 64, in Gazz. Uff., suppl.
ord. al n. 23 del 29 gennaio 1994. Si veda in generale Carella, La convenzione dell’Aja del
1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, in questa Rivista, 1994, p.
777 ss.
4
«In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenere
immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione
dell’Aja del 25 ottobre 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in
particolare l’art. 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o tratte-
nuto illecitamente dovrebbero avere la possibilità di opporsi al suo rientro in casi precisi, de-
bitamente motivati. Tuttavia una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una de-
cisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore pri-
ma del suo trasferimento illecito o mancato rientro. Se la decisione implica il rientro del
minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il rico-
noscimento e l’esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore è trattenuto».
5
Si veda inoltre l’art. 59 par. 1 del regolamento Bruxelles II-bis, secondo il quale «Fatti
salvi gli articoli 60, 63, 64..., il presente regolamento sostituisce, nei rapporti tra gli Stati mem-
bri, le convenzioni vigenti alla data della sua entrata in vigore, concluse tra due o piú Stati
membri su materie disciplinate dal presente regolamento».
sara tonolo 83
6
Sulla nozione di diretta applicabilità si veda, per tutti, Luzzatto, La diretta applica-
bilità nel diritto comunitario, Milano, 1980.
7
Come noto, il primato del diritto comunitario è stato affermato da Corte di giustizia,
15 luglio 1964, in causa 6/64, Costa c. Enel, in Raccolta, 1964, p. 1129.
8
Per il difficile coordinamento tra la convenzione dell’Aja del 1980 e la convenzione di
Lussemburgo del 1980, da risolversi in base alla qualificazione dell’azione proposta, si veda
Cass., 20 marzo 1998 n. 2954, in questa Rivista, 1999, p. 74 ss.
9
Sulla portata di tale legge cfr. Conforti, Sulle recenti modifiche della Costituzione ita-
liana in tema di rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, in Foro it., 2002, V, 229 ss.
10
Sul punto si veda Baruffi, Osservazioni sul regolamento Bruxelles II-bis, in Bariatti
(a cura di), La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, Milano, 2007, p. 212 ss.
11
Convenzione resa esecutiva con l. 15 gennaio 1994 n. 64, in Gazz.Uff., n. 23 del 29
gennaio 1994, in vigore per l’Italia dal 1º giugno 1995.
12
In Gazz. Uff. Com. eur., n. L 174 del 27 gennaio 2001.
84 dottrina
la comunicazione tra le autorità giudiziarie dei diversi Paesi specie nei casi
di rientro dei minori, facilitare un accordo tra i titolari della responsabilità
genitoriale ricorrendo alla mediazione o ad altri strumenti idonei a risolvere
i conflitti familiari. 13
L’esame dei casi in cui si è posto il problema di applicare la disciplina di
fonte europea e internazionale, integrandola con le discipline nazionali, ha
tuttavia evidenziato vari profili problematici sui quali pare opportuno ri-
flettere, anche in considerazione del rilievo che la posizione del minore ha
assunto quale titolare di diritti fondamentali, latamente riconducibili all’art.
8 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, che rileva, al di là della
sua formulazione testuale, soprattutto per l’ampiezza di contenuto attri-
buita alla nozione di «vita privata e familiare» dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’uomo e della Commissione (sino all’entrata in
vigore, il 1º novembre 1998, del protocollo n. 11 alla convenzione di Roma
del 1950), 14 nel quadro di una marcata interpretazione evolutiva, 15 se-
condo la quale si tratta di una nozione non suscettibile di essere definita
in maniera esaustiva, 16 in quanto «l’institution de la famille n’est pas figée,
que ce soit sur le plan historique, sociologique ou encore juridique». 17 La
13
Al di là dei casi esaminati nel testo, l’autorità centrale interviene (art. 56) ogni volta in
cui si tratti di decidere in merito al collocamento del minore in un istituto o nell’ambito di
un’altra famiglia affidataria che si trovi in un diverso Stato membro; in tal caso è opportuno
che sia consultata l’autorità centrale o altra autorità competente dello Stato in cui dovrebbe
aver luogo il collocamento se in tale Stato è previsto l’intervento di un’autorità pubblica nei
casi nazionali di collocamento dei minori, e che tale autorità abbia dato la propria approva-
zione. La consultazione e la approvazione devono avvenire secondo le norme dello Stato ri-
chiesto. Se invece il minore deve essere collocato in una famiglia che si trova in un Paese in
cui le norme non prevedono nei casi nazionali di collocamento dei minori l’intervento di
un’autorità pubblica, sarà sufficiente che la decisione sull’affidamento venga comunicata al-
l’autorità centrale o a un’autorità competente dello Stato in cui ha luogo il collocamento. Il
mancato rispetto della procedura cosı́ delineata costituisce motivo per il rifiuto del riconosci-
mento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale, in base all’art. 23 lett. g.
14
Si veda in generale sul punto Coussirat-Coustière, Famille et Convention euro-
péenne des Droits de l’Homme, in Protection des droits de l’homme: la perspective européenne.
Mélanges à la mémoire de R. Ryssdal, Köln, Berlin, Bonn, München, 2000, p. 281 ss.
15
Sui caratteri e l’ambito di tale interpretazione si veda in generale Feldman, The de-
veloping scope of Article 8 of the European Convention on Human Rights, in Eur. Human
Rights Law Rev., 1997, p. 265 ss.; Sudre, Les aléas de la notion de ‘‘vie privée’’ dans la juri-
sprudence de la Cour européenne des droits de l’homme, in Mélanges en hommage à L.E. Pet-
titi, Bruxelles, 1998, p. 687 ss.; Prebensen, Evolutive Interpretation of the European Conven-
tion on Human Rights, in Protection des droits de l’homme cit., p. 1123 ss., p. 1125; Pitea,
L’interpretazione evolutiva del diritto al rispetto della vita privata e familiare in materia di li-
bertà sessuale e di tutela dell’ambiente, in Pineschi (a cura di), La tutela internazionale dei
diritti umani, Milano, 2006, p. 384 ss.
16
Sent. 25 marzo 1993, Costello-Roberts c. Regno Unito, Serie A, n. 247-C, punto 36.
17
Sent. 1º febbraio 2000, Mazurek c. Francia, punto 52. Sul punto si veda in generale O’
Donnell, Protection of Family Life: Positive Approaches and the EHCR, in Journ. Soc.
sara tonolo 85
Welfare Fam. Law, 1995, p. 261 ss.; Id., Parent-Child Relationships within the European Con-
vention, in Lowe, Douglas (eds.), Families Across Frontiers, The Hague, 1996, p. 135 ss.;
Pisillo Mazzeschi, La protezione della famiglia nel quadro degli atti internazionali sui diritti
dell’uomo, in Riv. int. dir. uomo, 1995, p. 262 ss.; Zeno Zencovich, Art. 8, in Bartole,
Conforti, Raimondi, Commentario alla convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uo-
mo e delle libertà fondamentali, Padova, 2001, p. 314 ss.; Kilkelly, The right to respect for
private and family life, in Human Rights Handbook, 1, Strasbourg, 2001, p. 11 ss.
18
Sent. 25 gennaio 2000, Ignaccolo Zenide c. Romania, punto 94 ss.
19
Sul punto si veda in generale Biagioni, Il nuovo regolamento comunitario sulla giuri-
sdizione e sull’efficacia delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, in
Riv. dir. int., 2004, p. 991 ss.; Baruffi, La responsabilità genitoriale: competenze e riconosci-
mento delle decisioni nel regolamento Bruxelles II-bis, in Carbone, Queirolo (a cura di),
Diritto di famiglia e Unione europea, Torino, 2008, p. 262 ss.
20
È interessante notare come le ultime applicazioni giurisprudenziali del regolamento
Bruxelles II-bis riguardino proprio casi concernenti figli di conviventi more uxorio: Corte
di giustizia, 1º luglio 2010, Povse c. Alpago, in causa C-211/10, PPU, in questo fascicolo della
Rivista, p. 208 ss.; 15 luglio 2010, Purrucker c. Vallés Pérez, in causa C-256/09, ivi, p. 224 ss.,
sulla quale v. Feraci, Riconoscimento ed esecuzione all’estero dei provvedimenti provvisori in
materia familiare: alcune riflessioni sulla sentenza Purrucker, ivi, p. 107 ss.
86 dottrina
21
L’art. 24 par. 2 della Carta dispone infatti: «In tutti gli atti relativi ai bambini, siano
essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino
deve essere considerato preminente».
22
«Per garantire parità di condizioni a tutti i minori, il presente regolamento disciplina
tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale, incluse le misure di protezione del
minore, indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento matrimoniale».
23
Sul punto si veda in generale Tonolo, Le unioni civili nel diritto internazionale pri-
vato, Milano, 2007, p. 7 ss.
24
In tal senso Baratta, Verso la ‘‘comunitarizzazione’’ dei principi fondamentali del di-
ritto di famiglia, in questa Rivista, 2005, pp. 578-579, secondo il quale «la disciplina comu-
nitaria promuove cosı́ la circolazione di modelli giuridici differenziati, considerati in principio
equivalenti», rilevando particolarmente la previsione di alcune disposizioni, quale ad es. l’art.
25, secondo il quale non può costituire ostacolo al riconoscimento il fatto che la legge dello
Stato membro richiesto non preveda per i medesimi fatti la separazione, il divorzio o l’annul-
lamento del matrimonio.
25
Espinosa Calabuig, La responsabilidad parental y el nuevo reglamento de ‘‘Bruselas
II-bis’’: entre el interés del menor y la cooperación judicial interestatal, in questa Rivista, 2003,
p. 735 ss.
sara tonolo 87
26
Si ritornerà sul punto infra, par. 4.
27
Gli Stati membri dell’Unione europea l’hanno sottoscritta a seguito della decisione
del Consiglio del 19 dicembre 2002, in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 48 del 21 febbraio 2003.
Si veda inoltre la decisione del Consiglio del 5 giugno 2008, 2008/431/CE, ibidem, n. L
151 del 11 giugno 2008, che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse della Comu-
nità, la convenzione dell’Aja del 1996, ovvero ad aderirvi nell’interesse della Comunità euro-
pea e che autorizza alcuni Stati membri a presentare una dichiarazione sull’applicazione delle
pertinenti norme interne del diritto comunitario. L’Italia l’ha sottoscritta in data 1º aprile
2003. Sul punto si veda Picone, La nuova convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori,
in questa Rivista, 1996, p. 705 ss.
28
Sul quale, v. Lagards, Le principe de proximité dans le droit international privé con-
temporain. Cours de droit intenational privé, in Recueil des Cours, t. 196, 1986-I, p. 9 ss.
29
Corte di giustizia, 2 aprile 2009, in causa C-523/07, PPU, A, in questa Rivista, 2009,
p. 750 ss., punto 47. Si veda inoltre, nella giurisprudenza italiana Cass., 16 luglio 2004 n.
13167, ibidem, 2005, p. 147 ss.; 21 ottobre 2009 n. 22238, ibidem, 2010, p. 474 ss.; s.u.,
17 febbraio 2010 n. 3680, ivi, p. 750 ss.
30
Si veda inoltre quanto prevede a tale riguardo il considerando n. 12, secondo il quale
«È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel
presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al crite-
rio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici
88 dottrina
dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamen-
to della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale».
31
Se tale collegamento non può essere localizzato, si fa riferimento al luogo in cui il mi-
nore è presente (art. 13).
32
Tali condizioni riguardano i seguenti casi: se il titolare del diritto di affidamento non
ha presentato domanda di ritorno entro un anno da quando ha avuto conoscenza del luogo in
cui si trovava il minore alle autorità dello Stato in cui il minore è stato trasferito o dal quale
non ha fatto rientro; se la domanda è stata ritirata e non è stata presentata entro l’anno una
nuova domanda; se l’autorità giurisdizionale competente ha emanato una decisione sull’affi-
damento che non prevede il ritorno del minore.
sara tonolo 89
che, se il rifiuto di rientro del minore viene motivato con l’opposizione del
minore (art. 13 par. 2 della convenzione), la sua audizione nel procedi-
mento dovrà avvenire a condizione che essa non appaia inopportuna in
ragione dell’età o della maturità del minore (art. 11 par. 2); non può essere
rifiutato il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto non è stata
ascoltata (art. 11 par. 5); in deroga alla disciplina della convenzione dell’Aja
(art. 13 par. 1 lett. b), non può essere rifiutato il ritorno del minore quando
sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la prote-
zione del minore dopo il suo ritorno (art. 11 par. 4).
Sono state poi introdotte disposizioni speciali (par. 6-8 dell’art. 11) per
evitare che una decisione di diniego del rientro del minore adottata nello
Stato di trasferimento renda inefficaci le misure sull’affidamento adottate
nello Stato competente in base al regolamento. Particolarmente significativo
appare, a tale riguardo, l’art. 11 par. 8, secondo il quale la decisione relativa
al ritorno di un minore, adottata da un giudice competente in base al
regolamento, può comunque prevalere su una decisione contraria resa,
secondo quanto prevede l’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980, nello
Stato in cui il minore è stato illecitamente trasferito o trattenuto.
Ad esempio, anche se è già stata emessa una decisione che non prevede
il ritorno del minore nello Stato della precedente residenza abituale, il
provvedimento sul rientro emesso in quest’ultimo deve comunque essere
riconosciuto ed eseguito negli altri Stati membri, qualora tale provvedi-
mento sia certificato conformemente alla procedura di cui all’art. 42 par.
2 del regolamento (CE) n. 2201/2003, 33 che prevede sia in ogni caso presa
in considerazione la motivazione del giudice che ha emesso il provvedi-
mento ai sensi dell’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980. 34
Il regolamento Bruxelles II-bis apporta pertanto rilevanti modifiche in
ordine alla disciplina giurisdizionale convenzionale dei procedimenti con-
cernenti il rientro dei minori: mentre la convenzione dell’Aja del 1980 e la
convenzione dell’Aja del 1996 prevedono che il trasferimento di giurisdi-
zione possa avvenire a favore dello Stato in cui il minore è trattenuto se è
stata emessa una decisione di non ritorno e ricorrono determinate circo-
stanze, il regolamento (CE) n. 2201/2003 dispone che le autorità dello Stato
ove il minore è trattenuto possano solo adottare un provvedimento provvi-
sorio contro il rientro del minore, al quale dovrebbe far seguito una deci-
sione sull’affidamento resa dai giudici dello Stato di precedente residenza
del minore.
33
Corte di giustizia, 11 luglio 2008, in causa C-195/08, PPU, Rinau, in questa Rivista,
2009, p. 1134 ss., punto 63.
34
Al riguardo, è stato inoltre puntualizzato che non configura ostacolo alla riconoscibi-
lità della decisione di rientro certificata il provvedimento provvisorio che attribuisca l’affida-
mento all’altro genitore: cosı́ Corte di giustizia, 1º luglio 2010, in causa C-211/10, Povse cit.
90 dottrina
35
Si veda infatti il considerando n. 21 secondo il quale «Il riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia re-
ciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabi-
le».
36
Su tale aspetto cfr. Magrone, La disciplina del diritto di visita nel regolamento (CE)
n. 2201/2003, in questa Rivista, 2005, p. 339 ss.; Baruffi, Il diritto di visita nel diritto inter-
nazionale privato e comunitario, Padova, 2005, p. 162 ss.
sara tonolo 91
37
Sugli effetti dell’impiego di tali nozioni, come di quella di responsabilità genitoriale,
definita secondo lo stesso metodo e testualmente ripresa dalla convenzione dell’Aja del 1996
92 dottrina
(art. 1 par. 2), si veda in generale Bariatti, Qualificazione e interpretazione del diritto inter-
nazionale privato comunitario: prime riflessioni, in questa Rivista, 2006, p. 369 ss.
38
Trib. I grado, 28 febbraio 2002, in causa T-395/94, Atlantic Container Line AB e a. c.
Commissione, in Raccolta, 2002, p. II-875 ss., punto 147. Sulla competenza, in questo caso
integrativa, della Corte di Lussemburgo, si veda in generale Bertoli, Corte di giustizia, inte-
grazione comunitaria e diritto internazionale privato e processuale, Milano, 2005, p. 426 ss.
39
Beaumont, The jurisprudence of the European Court of Human Rights and the Euro-
pean Court of Justice on the Hague Convention on International Child Abduction, in Recueil
des Cours, t. 335, 2007, p. 45.
40
In Gazz. Uff. Un. eur., n. L 24 del 29 gennaio 2008.
41
Corte di giustizia, 11 luglio 2008, Rinau cit.: si trattava di un rinvio pregiudiziale pro-
posto da un tribunale lituano, in merito all’esecuzione di una sentenza resa dall’Amtsgericht
Oranienburg tedesco che ordinava il rientro in Germania di una minore affidata al padre te-
sara tonolo 93
desco in sede di divorzio e temporaneamente trasferita in Lituania dalla madre lituana. Ana-
loga esigenza è stata ravvisata nel caso deciso dalla Corte con sent. 23 dicembre 2009, in cau-
sa C-403/09 PPU, Deticek c. Sgueglia, in questa Rivista, 2010, p. 528 ss., a seguito di un rinvio
pregiudiziale proposto da un tribunale sloveno, concernente il contrasto tra due provvedi-
menti cautelari emessi dal giudice italiano e dal giudice sloveno in merito a una minore figlia
di una coppia italo slovena e condotta dalla madre in Slovenia; ed anche nel caso deciso dalla
Corte con sent. 1º luglio 2010, Povse cit., a seguito di un rinvio pregiuziale proposto dall’O-
berster Gerichtshof austriaco nella controversia concernente la sottrazione illecita di una mi-
nore, figlia di cittadina austriaca e cittadino italiano, al termine della convivenza more uxorio
dei genitori.
42
Corte di giustizia, 23 dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 56.
43
Si veda in tal senso Cass., 14 luglio 2010 n. 16549.
94 dottrina
44
Corte di giustizia, 23 dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 56.
45
Corte di giustizia, 11 luglio 2008, Rinau cit., punto 63.
46
Corte di giustizia, 11 luglio 2008, Rinau cit., loc. ult. cit.
47
Corte di giustizia, 11 luglio 2008, Rinau cit., punti 95-97.
sara tonolo 95
48
Quale ad es. il divieto di osservazioni disposto dall’art. 31 par. 1 in capo alla parte
contro cui si propone il procedimento di exequatur, che in caso di azione di non riconosci-
mento verrebbe a cadere, stante il carattere negativo del giudizio cosı́ proposto: Corte di giu-
stizia, 11 luglio 2008, Rinau cit., punti 103-105.
49
Corte di giustizia, 23 dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 38.
50
Corte di giustizia, 2 aprile 2009, A cit., punto 47.
51
Corte di giustizia, 15 luglio 2010, Purrucker cit., punto 92.
96 dottrina
52
Corte di giustizia, 15 luglio 2010, Purrucker cit., punti 65 e 67.
53
Ovvero: la presenza della persona o dei beni su cui incidono nello Stato in cui sono
adottati; il carattere provvisorio e urgente può invece ritenersi esistente nel caso di specie.
Sulle condizioni, si veda Corte di giustizia, 23 dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 39.
54
Corte di giustizia, 15 luglio 2010, Purrucker cit., punti 84 e 85. Si veda in particolare
Borràs, Relazione esplicativa relativa alla convenzione stabilita sulla base dell’art. K3 del trat-
tato sull’Unione europea concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle de-
cisioni nelle cause matrimoniali, in questa Rivista 1998, p. 943 ss.
55
Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, concernente la
competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile
e commerciale, in questa Rivista, 2001, p. 815 ss.
56
Corte di giustizia, 21 maggio 1980, in causa 125/79, Denilauler, in questa Rivista,
1981, p. 188 ss., punto 17.
57
Corte di giustizia, 6 giugno 2002, in causa C-80/00, Italian Leather s.p.a., in questa
Rivista, 2002, p. 498 ss. Su di essa si veda criticamente Consolo, Merlin, Conflitto fra prov-
vedimenti sommari- cautelari e diniego di riconoscimento: la Italian Leather segna una forzatu-
ra, in Int’l Lis, 2002, p. 110 ss.
sara tonolo 97
58
Sulle quali, si veda in senso analogamente critico Biagioni, Interferenze tra provve-
dimenti provvisori o cautelari e decisione di merito nella convenzione di Bruxelles, in Riv.
dir. int., 2002, pp. 711 ss., 715 ss.
59
V. in tal senso Cass. fr., 28 febbraio 2006, in Revue critique, 2006, p. 848 ss.
60
O eventualmente oggetto di un diniego di giustizia nelle ipotesi in cui i giudici dello
Stato richiesto siano privi di competenza giurisdizionale. Sul punto cfr. in generale Droz,
Compétence judiciaire et effets des jugements dans le Marché commun, Paris, 1972, p. 282
ss.; Gaja, Sui rapporti fra la convenzione di Bruxelles e le altre norme concernenti la giurisdi-
zione e il riconoscimento di sentenze straniere, in questa Rivista, 1991, p. 253 ss.
61
Si veda sul punto Hartley, Interim Measures Under the Brussels Jurisdiction and
Judgments Convention, in Eur. Law Rev., 1999, p. 674 ss.; Biagioni, Interferenze tra provve-
dimenti cit., p. 717.
62
Corte di giustizia, 15 luglio 2010, Purrucker cit., punto 91.
98 dottrina
63
Ivi, punto 92.
64
Nell’ordinamento italiano, si pensi ad es. agli effetti dell’applicazione dell’art. 669 no-
vies, terzo comma cod. proc. civ., secondo il quale il provvedimento cautelare perde efficacia
se è pronunciata una sentenza straniera (anche non passata in giudicato), che dichiara inesi-
stente il diritto per il quale il provvedimento era stato concesso.
65
Corte di giustizia, 23 dicembre 2009, Sgueglia cit., punto 61.
66
Kilkelly, The right to respect cit., p. 20.
67
Sent. 26 marzo 1985, X e Y c. Paesi Bassi, Série A 91, punto 22.
68
Cfr. amplius sul punto Tomuschat, What is a ‘Breach’ of the European Convention
on Human Rights, in Lawson, De Blois, The Dynamics of Protection of Human Rights in
Europe. Essays in Honour of H.G. Schermers, Dordrecht-Boston-London, 1994, p. 315 ss.
sara tonolo 99
lo Stato non potrebbe nel caso invocare quell’interesse della collettività che
invece consente le interferenze nei diritti dell’individuo. 69
In realtà, al di là di un nucleo di diritti (core rights) di rilevanza primaria
per i quali non valgono le limitazioni del par. 2 dell’art. 8 CEDU (nel senso
che il solo fatto che uno Stato non ne riconosca l’esistenza viola l’art. 8 par.
1), la Corte non pare essersi mai discostata dalla considerazione dell’inte-
resse generale anche in ordine alla definizione degli obblighi positivi. 70
L’identificazione dei criteri concernenti il contenuto e le finalità di tali
obblighi presenta alcune difficoltà; se da un lato la definizione di obblighi
positivi limita il potere discrezionale degli Stati nell’applicazione della con-
venzione europea, imponendo loro un obbligo di agire, dall’altro la Corte
riconosce agli Stati stessi un margine d’apprezzamento, delimitato secondo
parametri classici: le circostanze di tempo e di luogo, la natura del diritto in
causa o delle attività in gioco, lo scopo perseguito e l’esistenza di elementi
comuni ai sistemi giuridici degli Stati membri. 71
In materia di sottrazione internazionale dei minori, è stato da tempo
individuato un legame evidente tra la tutela del diritto al rispetto della vita
familiare, di cui all’art. 8 della convenzione di Roma del 1950, e gli obblighi
posti dalla convenzione dell’Aja del 1980. Ad esempio nella sentenza pro-
nunciata nel caso Ignaccolo Zenide c. Romania, la Corte europea dei diritti
dell’uomo ha condannato la Romania perché, in un procedimento volto a
ottenere il rientro di due minori sottratte dal padre alla madre che ne aveva
l’affidamento, non aveva adottato le misure adeguate per assicurare l’ordine
di rientro in tempi utili all’esercizio del diritto al rispetto della vita fami-
liare. 72 La necessità di interpretare l’art. 8 alla luce degli obblighi interna-
zionalmente assunti dagli Stati in materia, anche con la convenzione dell’Aja
del 1980, 73 ha cosı́ determinato la formazione di un significativo orienta-
69
Connelly, Problems of Interpretation of Article 8 of the European Convention on Hu-
man Rights, in Int. Comp. Law Quart., 1986, p. 572.
70
Si veda in generale sul punto Viarengo, Deroghe e restrizioni alla tutela dei diritti
umani nei sistemi internazionali di garanzia, in Riv. dir. int., 2005, p. 970 ss.
71
Cfr. Sudre, Les ‘‘obligations positives’’ dans la jurisprudence européenne des droits de
l’homme, in Protection des droits de l’homme cit. (supra, nota 15), p. 1359 ss.
72
Sent. 25 gennaio 2000, Ignaccolo Zenide c. Romania cit., punto 94: vari sono gli ele-
menti che vanno considerati nella violazione da parte di uno Stato dell’art. 8 della convenzio-
ne europea; nonostante le difficoltà che possono sorgere nel momento in cui si ricongiungono
i figli con il genitore al quale erano stati sottratti, è incontestabile l’obbligo dello Stato nell’a-
dempimento del diritto alla vita familiare di cui all’art. 8.
73
Sent. 25 gennaio 2000 cit., punto 95. Si veda anche la dissenting opinion del giudice
Maruste, che rileva come le minori, nel caso di specie, non siano state sentite, circostanza at-
tualmente non piú possibile alla luce dell’art. 11 par. 2 del regolamento Bruxelles II-bis. Nello
stesso senso si veda ad es. le sent. 26 giugno 2003, Maire c. Portogallo, in causa 48206/99, in
cui la Corte condanna il Portogallo per il ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rientro a fa-
vore di un padre cittadino francese; 13 settembre 2005, H. N. c. Polonia, in causa 77710/
100 dottrina
01, in cui si condanna la Polonia per mancata esecuzione del rientro a favore di un padre
norvegese; 8 gennaio 2008, P.P. c. Polonia, in causa 8677/03, relative a un’azione instaurata
da un cittadino italiano dinanzi ai giudici polacchi, perché in tale paese erano state condotte
le figlie dalla madre; nonostante le stesse fossero state nascoste, la Corte ravvisa una violazio-
ne dell’art. 8 della convenzione del 1950 perché le autorità polacche avevano omesso di porre
in essere le misure necessarie all’attuazione dell’ordine di rientro. Sul punto si veda inoltre
Beaumont, The jurisprudence of the European Court of Human Rights cit., p. 45 ss.
COMMENTI
di YONG GAN *
associate professor of law wuhan university institute of international law
Sommary: I. New Rules Added. – II. Old Rules Modified. – III. Characteristics of the New
Legislation. – IV. Some Flaws of the New Law.
II. Some conflicts rules which have already been included in the pre-
vious laws have been modified and supplemented in this new conflict-of-
laws code. The modification and supplement made to the existent conflicts
rules are composed of the following respects.
5
Chapter 14 of the Maritime Law concerns the applicable law of foreign-related mar-
itime relations.
6
Chapter 14 of the Civil Aviation Law concerns the applicable law of foreign-related
civil aviation relations.
commenti 103
7
See Article 193 of the Judicial Interpretation on the Implementation of the General
Principles of Civil Laws.
8
The judicial interpretation was passed by the 1429th Meeting of the Adjudication
Committee of the Supreme People’s Court of the PRC and promulgated thereafter, came into
force on August 8, 2007.
9
See Article 150 of the General Principles of Civil Laws.
10
See Article 146 of the General Principles of Civil Law.
104 commenti
one party is a Chinese or legal acts occurs in China, thus rendering related
conflict rules complete. For example, Article 147 of the General Principles
of Civil Laws regarding marriage provides a marriage between a Chinese
citizen and a foreigner to be governed by the law of the place of celebration,
leaving people wondering how the validity of a marriage between two
foreigners will be determined in Chinese courts. Now Article 21 and 22
of the new Law resolved the awkwardness by providing a bilateral conflicts
rule. The same holds about the provisions about the capacity of a natural
person.
Still some provisions in other previously passed laws were transplanted
into the new law without substantial changes, such as the provisions about
governing law of limitation period, governing law of immovable things,
governing law of adoption, maintenance and guardianship, etc.
III. Based on its contents and legislative reports, the new legislation has
characteristics as follow:
The doctrine of most significant relationship was introduced as a sup-
plemental principle.
In the new law, the doctrine of most significant relationship has been
included as a supplemental principle, being prescribed in the chapter of
general provisions. According to Paragraph 2 of Article 2 of the new Law,
unless the governing law of a foreign-related civil relation has been pre-
scribed in the laws, the governing law of a foreign-related civil relation
should be the law determined under the doctrine of most significant rela-
tion. As the main drafter of the legislation said, it has been intended to
introduce the principle to align with the international trend.
The principle of party autonomy took a prominent position in the new
legislation.
The law chosen by the parties has been enacted to be applicable law of
many types of foreign-related civil relations, such as entrust agency, matri-
monial property, contract, tort, unjust enrichment and voluntary service,
the property rights in movable, the transfer thereof and the transfer of
property in movable in transit, the transfer or the infringement of intellec-
tual property.
The law whichever is more favorable to a weaker party also was in-
cluded in some types of civil relations.
In the areas of relations between parents and children, guardianship,
maintenance, the law whichever is more favorable to a weaker party would
be applied. Unfortunately, the wording of this lex causae in Chinese is
confusing because if translated verbatim, those provisions included the
terms of ‘‘whichever is more favorable to a weak party’’ should have been
translated in ‘‘whichever is beneficial to a weak party.’’ The latter transla-
tion, however is very different from the former in terms of its application,
because according to former translation, a court shall choose the law most
commenti 105
favorable to a weaker party if all the possible governing laws are beneficial
to a weak party, while according to latter translation, a court may choose
any law as governing law if all the possible governing laws are beneficial to a
weak party. In addition, in area of consumer contract, employment contract
and product liability, the protection of weak party is also factored into
designing the related conflict rules.
The new law introduced the law of habitual residence
The new law eliminated the law of domicile, replaced with the law of
habitual residence. But habitual residence has not been defined in the law.
Judicial Interpretation issued by the Supreme People’s Court had con-
structed the habitual residence as a place in which one continues residing
for more than 1 year. 11 Whether this short period of time in defining a
habitual residence would lead to instability of legal status, increasing eva-
sion of law, as well as forum shopping is still open to question.
IV. From the author’s point of view, this new law should be welcomed
as a whole for the first time China’s courts have a uniform, independent
code to refer to when dealing with foreign-related civil cases. However, it
also leaves some regrets.
First, the new law didn’t concern the issue of application of law invol-
ving the interregional issues, i.e. civil foreign-related cases involving Hong
Kong SAR, Macao and Taiwan.
Second, still some provisions relating to the applicable law of maritime
relations, of negotiable instruments, and civil aviation relations have not
been included.
Third, some wording of the law is not accurate in Chinese, leaving too
much room for interpretation, and therefore granting too much discretion
to judges.
Fourth, some institutions prescribed for the first time are too rigid in
terms of its content, without regard to the complexity of the issue ad-
dressed. For example, the law prescribes expressly the characterization
shall be governed by the lex fori, which is good for its clearness, and in
conformity with previous judicial practice in China. This provision, how-
ever, may not seem as good in case a foreign-relation civil relation is not
known to China’s law and is better to be characterized according to a legal
system other than that of the forum. Some flexibility should have been
achieved by introducing more governing laws yet had been denied.
The same holds true about the renvoi. In the past, renvoi was only
excluded expressly in the field of contract, many scholars considered the
11
Article 9 of The Supreme People’s Court’s Opinions on the Implementation of the
General Principles of Civil Law provides: the place in which a citizen continues living for
a year after leaving his domicile is his habitual residence, except he leaves for hospitalization.
106 commenti
di ORNELLA FERACI
dottore di ricerca
1
Corte di giustizia, 15 luglio 2010, in causa C-256/09, Purrucker, in questo fascicolo
della Rivista, p. 224 ss.
2
Secondo l’art. 31 del regolamento (CE) n. 44/2001: «I provvedimenti provvisori o cau-
telari, previsti dalla legge di uno Stato membro, possono essere richiesti all’autorità giudizia-
ria di detto Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel
merito è riconosciuta al giudice di un altro Stato membro». Del tutto analoga è la formula-
zione dell’art. 24 della convenzione di Bruxelles.
3
Tali disposizioni, sulle competenze cautelari in favore di fori esorbitanti, danno rile-
vanza quindi a previsioni come l’art. 10 della legge 31 maggio 1995 n. 218 di riforma del si-
stema italiano di diritto internazionale privato, secondo cui il giudice italiano ha giurisdizione
per adottare un provvedimento di natura cautelare, sia quando ha giurisdizione sul merito
della controversia sia quando il provvedimento richiesto deve essere eseguito in Italia.
4
Cfr. Corte di giustizia, 2 aprile 2009, in causa C-523/07, A., in questa Rivista, 2009, p.
750 ss.; 23 dicembre 2009, in causa C-403/09 PPU, Jasna Deticek, ibidem, 2010, p. 536 ss.
5
Sul tema, si vedano: Consolo, La tutela sommaria e la Convenzione di Bruxelles: la
‘‘circolazione’’ comunitaria dei provvedimenti cautelari e dei decreti ingiuntivi, in questa Rivi-
sta, 1991, p. 613 ss.; Di Blase, Provvedimenti cautelari e Convenzione di Bruxelles, in Riv. dir.
int., 1987, p. 5 ss., spec. p. 17 ss.; Mari, Autorizzazione e riconoscimento di provvedimenti
cautelari in base alla Convenzione di Bruxelles del 1968, in Dir. scambi int., 1981, p. 237
ss.; Merlin, Le misure provvisorie e cautelari nello spazio giudiziario europeo, in Riv. dir.
proc., 2002, p. 759 ss.; Querzola, Tutela cautelare e Convenzione di Bruxelles nell’esperienza
della Corte di giustizia delle Comunità europee, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, p. 805 ss.;
Salerno, Necessità di un coordinamento nello spazio giudiziario europeo tra provvedimenti
cautelari stranieri esorbitanti e competenza cautelare del giudice di merito, in Riv. dir. int.,
2003, p. 1097 ss.; Ubertazzi, L’esecuzione all’estero di provvedimenti cautelari secondo la
Convenzione di Bruxelles, in Riv. dir. industr., 1981, p. 185 ss.
6
Cfr. Corte di giustizia, 21 maggio 1980, in causa C-125/79, Denilauler, in questa Rivi-
sta, 1981, p. 188 ss.; 26 marzo 1992, in causa C-261/90, Reichert e Kockler, ibidem, 1993, p.
202 ss.; 17 novembre 1998, in causa C-391/95, Van Uden, ibidem, 1999, p. 140 ss.; 27 aprile
commenti 109
1999, in causa C-99/96, Mietz, ivi, p. 658 ss.; nonché, 28 aprile 2005, in causa C-104/03, St.
Paul Dairy Industries, ibidem, 2005, p. 833 ss.
7
Sentenza Denilauler cit., par. 17. In una precedente pronuncia, (27 marzo 1979, in
causa C-143/78, de Cavel c. de Cavel, in questa Rivista, 1979, p. 577 ss.), la Corte di giustizia
aveva solo implicitamente ammesso l’applicazione del titolo III ai provvedimenti cautelari, in
base alla considerazione che mancano nella convenzione dei criteri per distinguere tra prov-
vedimenti provvisori o conservativi e provvedimenti definitivi. In ogni caso, già prima di al-
lora una parte della dottrina si era espressa in favore dell’estensione del regime semplificato di
esecuzione ai provvedimenti cautelari: cfr. Droz, Compétence judiciaire et effets des juge-
ments dans le Marché Commun (Étude de la Convention de Bruxelles du 27 septembre
1968), Paris, 1972, p. 306; Geimer, Einige Zweifelsfragen zur Abgrenzung nach dem
EWG-Übereinkommen vom 27.9.1968, in Recht int. Wirtschaft, 1975, p. 86 ss.
8
Corte di giustizia, 6 giugno 2002, in causa C-80/00, Italian Leather, in questa Rivista,
2002, p. 498 ss., punto 41, ove si afferma che: «non è rilevante che le decisioni di cui trattasi
siano state emanate nell’ambito di procedimenti sommari o di procedimenti di merito. In
quanto menziona ‘‘decisioni’’ senza altra precisazione, al pari dell’art. 25 della convenzione
di Bruxelles, l’art. 27, n. 3, di quest’ultima ha portata generale. Di conseguenza, le decisioni
emanate a seguito di procedimenti sommari sono assoggettate alle regole dettate da tale con-
venzione in materia di contrasto, allo stesso titolo delle altre decisioni contemplate all’art.
25».
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9
Cfr. sent. Denilauler cit., punto 17: «le condizioni cui il titolo III della convenzione
subordina il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie non sono soddisfatte
per quanto riguarda i provvedimenti provvisori o cautelari disposti o autorizzati da un giu-
dice senza che la parte contro cui essi si rivolgono sia stata citata a comparire e destinati
ad essere eseguiti senza essere stati prima comunicati a detta parte. Ne risulta che questo tipo
di decisioni giurisdizionali non fruiscono dell’esecuzione semplificata prevista al titolo III del-
la convenzione». Nonché il punto 13 della stessa sentenza: «L’insieme delle disposizioni della
convenzione, tanto quelle del titolo II, relative alla competenza, quanto quelle del titolo III,
relative al riconoscimento ed all’esecuzione, esprimono l’intenzione di aver cura che, nell’am-
bito degli obiettivi della convenzione stessa, i procedimenti conducenti all’adozione di deci-
sioni giurisdizionali si svolgano nel rispetto dei diritti della difesa. La convenzione, nel titolo
III, si mostra molto liberale quanto al riconoscimento ed all’esecuzione, proprio a motivo del-
le garanzie assicurate al convenuto nel procedimento d’origine. Alla luce di queste conside-
razioni appare chiaramente che la convenzione si riferisce essenzialmente alle decisioni giuri-
sdizionali che, prima del momento in cui il loro riconoscimento e la loro esecuzione vengono
richiesti in uno Stato diverso da quello d’origine, sono state precedute, o avrebbero potuto
essere precedute, in detto Stato d’origine, secondo modalità diverse, da un’istruzione con-
traddittoria».
10
Ai sensi dell’art. 23 del regolamento n. 2201/2003: «Le decisioni relative alla respon-
sabilità genitoriale non sono riconosciute nei casi seguenti: a) se, tenuto conto dell’interesse
superiore del minore, il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello
Stato membro richiesto; b) se, salvo i casi d’urgenza, la decisione è stata resa senza che il mi-
nore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, in violazione dei principi fondamentali di
procedura dello Stato membro richiesto; c) quando è resa in contumacia, ovvero la domanda
giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace
in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accer-
tato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione; d) su richiesta di colui che
ritiene che la decisione sia lesiva della propria responsabilità genitoriale, se è stata emessa sen-
za dargli la possibilità di essere ascoltato; e) se la decisione è incompatibile con una decisione
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successiva sulla responsabilità genitoriale emessa nello Stato membro richiesto; f) se la deci-
sione è incompatibile con una decisione successiva sulla responsabilità genitoriale emessa in
un altro Stato membro o nel paese terzo in cui il minore risieda, la quale soddisfi le condizioni
prescritte per il riconoscimento nello Stato membro richiesto; o g) se la procedura prevista
dall’articolo 56 non è stata rispettata».
11
Ai sensi dell’art. 22 del regolamento n. 2201/2003: «La decisione di divorzio, separa-
zione personale o annullamento del matrimonio non è riconosciuta nei casi seguenti: a) se il
riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto;
b) quando è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non è
stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter
presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequi-
vocabilmente la decisione; c) se la decisione è incompatibile con una decisione resa in un pro-
cedimento tra le medesime parti nello Stato membro richiesto; o d) se la decisione è incom-
patibile con una decisione anteriore avente le stesse parti, resa in un altro Stato membro o in
un paese terzo, purché la decisione anteriore soddisfi le condizioni prescritte per il riconosci-
mento nello Stato membro richiesto».
12
Mentre già era pendente in Spagna il procedimento interlocutorio promosso dal Val-
lés Perez per l’affidamento provvisorio dei figli, ma prima che fosse adottato il provvedimen-
to provvisorio contestato, la Purrucker aveva avviato, una causa dinanzi all’Amtsgericht Alb-
stadt in Germania, avente ad oggetto l’affidamento in via definitiva dei gemelli.
13
Nell’atto notarile veniva specificato che, per divenire pienamente efficace, l’accordo
112 commenti
Tuttavia, dato che la bambina non poteva essere dimessa prima del 2
febbraio 2007, data programmata per il viaggio di rientro in Germania, la
madre decideva di partire ugualmente insieme al solo gemello maschio e al
figlio maggiore, avuto da una precedente relazione.
Il 28 giugno 2007 il padre promuoveva un’azione dinanzi al tribunale di
primo grado spagnolo (il Juzgado de Primera Instancia n. 4 in San Lorenzo
de El Escorial) per ottenere un «provvedimento provvisorio urgente ed
immediato» che gli riconoscesse la custodia di entrambi i gemelli e che
ingiungesse il ritorno del gemello maschio in Spagna nonché il pagamento,
a carico della ex convivente, di una somma di denaro a titolo di assegno di
mantenimento dei figli.
In accoglimento della domanda, il giudice spagnolo concedeva un prov-
vedimento provvisorio che attribuiva l’affidamento di entrambi i gemelli al
padre e che imponeva altresı́ alcune misure accessorie. 14 Il Vallés Pérez
chiedeva quindi l’esecuzione del suddetto provvedimento in Germania,
dove si trovavano la Purrucker e il gemello maschio della coppia: 15 le
autorità giurisdizionali competenti di primo grado e di appello (l’Amtsge-
richt e l’Oberlandesgericht Stuttgart) accordavano l’exequatur, prospet-
tando al contempo di infliggere una sanzione pecuniaria alla madre in caso
di inottemperanza. Secondo le autorità tedesche, infatti, non erano ravvi-
sabili motivi idonei a negare l’esecuzione in Germania della decisione spa-
gnola; piú in particolare, pur trattandosi di un provvedimento provvisorio,
l’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003 recante la definizione di «deci-
sione» rilevante ai fini delle norme contenute nel regolamento, non distin-
gueva a seconda della forma della decisione ai fini del riconoscimento e
dell’esecuzione e ciò avrebbe consentito il rilascio della dichiarazione di
esecutività. 16
avrebbe dovuto essere approvato da un’autorità giurisdizionale e che le parti avevano espli-
citamente acconsentito ad accettare qualsiasi decisione giudiziale successiva riguardante le
materie interessate. A quanto risulta dagli atti della causa però la suddetta approvazione
da parte dell’autorità giurisdizionale non era stata in realtà mai ottenuta.
14
Il provvedimento provvisorio urgente adottato dal giudice spagnolo prevedeva, in
particolare, l’attribuzione al padre del diritto di affidamento comune per i due minori, ma
conservava in capo ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale. In ottemperanza al
suddetto provvedimento, la madre era tenuta a restituire il figlio minore al padre domiciliato
in Spagna. Il provvedimento imponeva anche l’adozione di una serie di misure idonee a con-
sentire alla madre di viaggiare con il figlio e di visitare i gemelli in qualsiasi momento. Si di-
sponeva altresı́ il divieto di lasciare il territorio spagnolo con i minori senza previa autorizza-
zione del giudice, nonché la consegna dei passaporti dei bambini al padre, unico titolare del
diritto di affidamento.
15
Merita osservare che la domanda di rilascio della dichiarazione di esecutività mira di
fatto ad ottenere l’esecuzione del provvedimento contestato solo nei confronti del gemello
maschio, che si trova in Germania con la madre. Per la figlia, infatti, già in Spagna, non è
necessario che il provvedimento venga riconosciuto ed eseguito in Germania.
16
Secondo l’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003 per «decisione» rilevante ai fini
commenti 113
del regolamento deve intendersi: «una decisione... emessa dal giudice di uno Stato membro...
relativa [tra l’altro] alla responsabilità genitoriale, a prescindere dalla denominazione usata
per la decisione, quale ad esempio decreto, sentenza o ordinanza».
17
Nell’ambito di questa questione ci si potrebbe anche domandare – ma di fatto su que-
sto aspetto la Corte di giustizia non si è pronunciata – quale dei due giudici interessati (il giu-
dice tedesco e quello spagnolo) sia competente a decidere sulla responsabilità genitoriale di
entrambi i gemelli o di uno solo di essi. Per la particolarità della vicenda, relativa ad una con-
troversia sulla custodia di due gemelli che si trovano in Stati membri diversi, forse ormai an-
che residenti abituali in tali Stati ai sensi del regolamento n. 2201/2003, sembra ragionevole
optare per un unico foro competente, magari, considerate tutte le circostanze del caso, indi-
viduato sulla base dell’art. 15 del regolamento n. 2201/2003, il quale consente il trasferimento
della competenza ad un’autorità giurisdizionale piú adatta a trattare il caso. Cfr. in proposito
le conclusioni dell’avv. gen. Sharpston, presentate il 20 maggio 2010, non ancora pubblicate
in Raccolta, par. 95-100.
114 commenti
18
Questa indicazione cosı́ vaga lascia un po’ sorpresi, visto il principio della prevalenza
del diritto dell’Unione europea (regolamento n. 2201/2003) sul diritto nazionale nonché sulle
commenti 115
convenzioni internazionali vertenti sulle materie da esso coperte, alle condizioni sancite dagli
artt. 59-63 dello stesso regolamento.
19
Cfr. sentenza Purrucker cit., par. 65.
116 commenti
sia sottoposta una decisione che non contiene elementi attestanti senza
ombra di dubbio la competenza nel merito dell’ autorità giurisdizionale
d’origine di verificare se da tale decisione emerge che quest’ ultimo giudice
ha inteso fondare la propria competenza su una disposizione del regola-
mento n. 2201/2003». 20 Del resto, «tale verifica non costituisce tanto un
controllo della competenza dell’autorità giurisdizionale d’origine, bensı́ uni-
camente l’accertamento del fondamento sul quale il giudice ha basato la sua
competenza». 21
Da questo assunto, la Corte è giunta alla conclusione che «allorché la
competenza di merito, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, di un giudice
che ha adottato provvedimenti provvisori non risulti, con tutta evidenza,
dagli elementi della decisione presa, o allorché tale decisione non contenga
una motivazione scevra da qualsiasi ambiguità, relativa alla competenza di
merito di questo giudice, mediante il riferimento ad uno dei criteri di
competenza previsti dagli artt. 8-14 del regolamento, si deve concludere
che tale decisione non è stata adottata nel rispetto delle regole di compe-
tenza sancite dal suddetto regolamento». 22
Pertanto, la competenza cautelare esercitata con il provvedimento in
questione era da intendersi come competenza spettante ad un foro esorbi-
tante ai sensi dell’art. 20 del regolamento e non come competenza del
merito a norma dello stesso. Del resto, «non è unicamente la natura dei
provvedimenti che il giudice può adottare – provvedimenti provvisori o
cautelari contrapposti a decisioni di merito – che determina se tali provve-
dimenti possono rientrare nell’ art. 20 di detto regolamento ma piuttosto, in
particolare, la circostanza che siano stati adottati da un giudice la cui
competenza non è fondata su un’ altra disposizione del regolamento». 23
In verità, vi è un ulteriore profilo di analisi, connesso alla questione
della competenza del giudice cautelare straniero, che risulta dal caso di
specie e che è stato affrontato da alcune delle osservazioni presentate dagli
Stati membri nel corso del procedimento dinanzi alla Corte di giustizia;
ossia, la questione della disciplina della litispendenza tra un procedimento
cautelare di un foro esorbitante promosso dinanzi all’autorità giurisdizio-
nale di uno Stato membro e un procedimento di cognizione di merito
pendente in un altro Stato membro: nel caso Purrucker, tra il procedimento
spagnolo da cui proviene il provvedimento cautelare in materia di affida-
mento, da una parte, e il procedimento di merito avviato dalla Purrucker in
Germania per ottenere la custodia in via definitiva dei figli, dall’altra. Si
tratta cioè di capire se le disposizioni in tema di litispendenza di cui all’art.
20
Cfr. sentenza Purrucker cit., par. 75.
21
Cfr. conclusioni avv. gen. Sharpston cit., par. 139.
22
Cfr. sentenza Purrucker cit., par. 76.
23
Cfr. sentenza Purrucker cit., par. 63 e 64.
commenti 117
24
Cfr. Corte di giustizia, 9 novembre 2010, in causa C-296/10, Purrucker, non ancora
pubblicata in Raccolta, secondo la quale le disposizioni dell’art. 19 n. 2 del regolamento n.
2201/2003 non sono applicabili quando all’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, adi-
ta preventivamente per decidere della responsabilità genitoriale, sia chiesta solo l’adozione di
provvedimenti provvisori ex art. 20 del regolamento e l’autorità giurisdizionale di un altro
Stato membro, competente a conoscere del merito ai sensi dello stesso regolamento, sia adita
successivamente anch’essa con la domanda di decidere della responsabilità genitoriale, vuoi
in via provvisoria, vuoi a titolo definitivo.
25
Cfr. conclusioni avv. gen. Sharpston cit., par. 168.
118 commenti
26
Cfr. conclusioni avv. gen. Sharpston cit., par. 169.
27
Cass., s.u., 21 ottobre 2009 n. 22238, in questa Rivista, 2010, p. 474 ss. e in Guida
dir., 2009, p. 48, con nota di Finocchiaro.
28
Cass., s.u., 21 ottobre 2009 n. 22238 cit., par. 4.1.
commenti 119
29
Cfr. sent. A cit., par. 47.
30
Cfr. sent. A cit., par. 48.
31
Cfr. sent. Jasna Detiček cit., par. 42.
120 commenti
32
Cfr. sent. Jasna Detiček cit., par. 51.
33
Tali orientamenti sono descritti e sintetizzati dal Bundesgerichtshof nell’ordinanza di
rinvio alla Corte di giustizia: 10 giugno 2009, XII ZB 182/08, par. 16-22 reperibile all’indi-
rizzo http://juris.bundesgerichtshof.de .
34
Sent. A cit., par. 50-52.
35
Sent. 16 giugno 1981, Klomps, in causa 166/80, in questa Rivista, 1982, p. 141 ss.
commenti 121
36
Cfr. conclusioni avv. gen. Sharpston, par. 158. Tra le parti che hanno presentato os-
servazioni scritte, soltanto i governi spagnolo e italiano hanno sostenuto la tesi che i provve-
dimenti adottati nelle circostanze previste dall’art. 20 possono essere riconosciuti ed eseguiti
negli altri Stati membri. A tal fine, entrambi hanno dato risalto alla definizione estremamente
ampia del termine «decisione» di cui all’art. 2 n. 4 del regolamento.
37
Cfr. conclusioni avv. gen. Sharpston cit., par. 159.
122 commenti
38
L’argomentazione fondata sui lavori preparatori del regolamento è quella ritenuta piú
convincente e decisiva anche dall’avv. gen. Sharpston nelle sue conclusioni, al fine di soste-
nere l’inapplicabilità del regime di riconoscimento e di esecuzione regolamentare: cfr. i par.
172, 173 e, in particolare, il par. 175, ove si afferma: «Tuttavia... nonostante i vantaggi che
posso individuare nella possibilità di riconoscimento ed esecuzione ai sensi del regolamento,
in altri Stati membri, dei provvedimenti disposti nelle circostanze previste dall’art. 20 n. 1
fino a che l’autorità giurisdizionale dotata di competenza cognitiva nel merito non abbia agi-
to, mi sembra evidente dalla storia legislativa diretta della disposizione che tali provvedimenti
mirano a produrre i loro effetti primari soltanto all’interno dello Stato membro nel quale sono
stati disposti. Pertanto, a tali provvedimenti non si applicano le disposizioni degli artt. 21 e
segg. del regolamento, che prevedono un riconoscimento ed un’esecuzione quasi automatici
negli altri Stati membri».
39
Cfr. sent. Purrucker cit., par. 87: «Al contrario, la collocazione di questa disposizione
in detto regolamento e le espressioni ‘non ostano’ e ‘non osta’, che appaiono in tale art. 20, n.
1 e nel suo sedicesimo ‘considerando’, dimostrano come i provvedimenti che ricadono in det-
to art. 20 non rientrino nel novero delle decisioni adottate secondo le regole di competenza
previste dallo stesso regolamento e che beneficiano, pertanto, del sistema di riconoscimento e
di esecuzione da esso predisposto».
40
In materia di misure provvisorie, l’art. 12 del regolamento n. 1347/2000 era redatto
negli stessi termini dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003.
41
Prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 2201/2003, il Consiglio dell’Unione
europea, con atto 28 maggio 1998, aveva adottato, sulla base dell’art. K.3 del trattato sull’U-
nione europea, la convenzione concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni nelle cause matrimoniali (nota come la «convenzione di Bruxelles II», in que-
sta Rivista, 1998, p. 928 ss.). Tale convenzione non è mai entrata in vigore.
42
Cfr. la relazione esplicativa della convenzione Bruxelles II (in questa Rivista, 1998, p.
943 ss.), redatta dalla prof.ssa Borrás (nota come «relazione Borrás»).
43
L’art. 12 della convenzione Bruxelles II, contenuto nella sez. IV, titolo II, dedicata ai
provvedimenti provvisori e cautelari statuiva: «In caso d’urgenza, le disposizioni della con-
venzione non ostano a che i giudici di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori
o cautelari, previsti dalla legge di tale Stato membro, relativi alle persone presenti nello Stato
commenti 123
o ai beni in esso situati, anche se, ai sensi della presente convenzione, la competenza a cono-
scere nel merito è riconosciuta al giudice di un altro Stato membro».
44
Cfr. relazione Borrás cit., par. 58 e 59: «Tale disposizione [l’art. 12 della convenzione]
si ispira all’articolo 24 della convenzione di Bruxelles del 1968, ma va oltre quanto dallo stes-
so disposto. ...i provvedimenti provvisori e cautelari, anche se sono adottati in relazione a pro-
cedimenti inclusi nell’ambito della convenzione e sono applicabili soltanto in casi di urgenza,
si riferiscono sia alle persone che ai beni e si estendono quindi a materie non contemplate
dalla convenzione ove si tratti di azioni previste dalle norme nazionali. Le differenze rispetto
alla convenzione di Bruxelles sono notevoli, dato che in tale convenzione i provvedimenti di
cui all’articolo 24, lettera a), si limitano alle materie che rientrano nella sfera della convenzio-
ne; le misure di cui alla lettera b) producono invece effetti extraterritoriali. I provvedimenti
da adottare sono assai ampi, in quanto possono riguardare sia le persone presenti sia i beni
situati nello Stato in cui essi vengono adottati, nel caso in cui è veramente necessario nelle
cause matrimoniali. La convenzione non contiene indicazioni sul tipo di provvedimenti e nep-
pure sui loro collegamenti con la domanda matrimoniale. I provvedimenti possono pertanto
incidere anche su materie che esulano dal campo di applicazione della convenzione».
124 commenti
45
Cfr. considerando n. 12 del regolamento n. 2201/2003, secondo cui: «È opportuno
che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente rego-
lamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza.
Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato
membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della
sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale».
46
Cfr. sent. Purrucker cit., par. 91.
47
La convenzione sulla competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconosci-
mento e l’esecuzione delle decisioni, nonché la cooperazione, in materia di responsabilità ge-
nitoriale e di misure per la tutela dei minori, è stata stipulata il 19 ottobre 1996, nel contesto
della Conferenza dell’Aja sul diritto internazionale privato (in breve: «convenzione dell’Aja
del 1996»). Essa ha sostituito la convenzione del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle auto-
rità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori. Taluni Stati membri, in par-
ticolare la Repubblica federale di Germania e il Regno di Spagna, non hanno ratificato questa
convenzione. Essi sono autorizzati a farlo dalla decisione del Consiglio 2008/431/CE del 5
giugno 2008, che autorizza alcuni Stati membri a ratificare la convenzione dell’Aja del
1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione
in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, ovvero ad ade-
rirvi, nell’interesse della Comunità europea e che autorizza alcuni Stati membri a presentare
una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario.
L’art. 11 della convenzione dell’Aja del 1996, contenuto nel suo capitolo II, rubricato «Com-
petenza», dispone: «1. In tutti i casi di urgenza, sono competenti ad adottare le misure di
protezione necessarie le autorità di ogni Stato contraente sul cui territorio si trovino il minore
o dei beni ad esso appartenenti. 2. Le misure adottate in applicazione del paragrafo prece-
dente nei confronti di un minore che abbia la residenza abituale in uno Stato contraente ces-
sano di avere effetto non appena le autorità competenti ai sensi degli articoli da 5 a 10 hanno
adottato le misure imposte dalla situazione. 3. Le misure adottate in applicazione del paragra-
fo 1 nei confronti di un minore che abbia la sua residenza abituale in uno Stato non contraen-
commenti 125
te cessano di avere effetto in ogni Stato contraente non appena vi sono riconosciute le misure
imposte dalla situazione, adottate dalle autorità di un altro Stato».
48
Cfr. sent. Purrucker cit., par. 60, 61 e 62.
49
«Il presente regolamento non osta a che i giudici di uno Stato membro adottino, in
casi di urgenza, provvedimenti provvisori o cautelari relativi alle persone presenti in quello
Stato o ai beni in esso situati».
50
Secondo un orientamento consolidato della Corte di giustizia, infatti, il procedimento
di exequatur rapido e semplificato previsto dalla convenzione di Bruxelles del 1968 costitui-
sce «un sistema autonomo e completo, indipendente rispetto ai sistemi giuridici degli Stati
contraenti e che] il principio della certezza del diritto nell’ordinamento comunitario e le fi-
nalità perseguite dalla convenzione in forza dell’art. 220 del Trattato CEE (divenuto art.
293 CE), sul quale essa si fonda, esigono che vengano applicate uniformemente in tutti gli
Stati contraenti le disposizioni della convenzione e la giurisprudenza della Corte ad esse rife-
rita» (cfr. spec. 11 agosto 1995, in causa C-432/93, SISRO, in questa Rivista, 1996, p. 380 ss.,
par. 39; 28 marzo 2000, in causa C-7/98, Krombach, ibidem, 2000, p. 803 ss., par. 20).
126 commenti
51
Cfr. considerando n. 21 del regolamento n. 2201/2003.
commenti 127
riguardi delle decisioni assunte sulla base delle competenze nazionali resi-
due di cui all’art. 7 del regolamento.
In terzo luogo, un ulteriore profilo di riflessione può venire dalla con-
siderazione delle affinità esistenti tra il regolamento n. 2201/2003 e il re-
golamento n. 44/2001 in tema di riconoscimento ed esecuzione delle deci-
sioni.
La disciplina dettata dal regolamento n. 2201/2003 (e, prima, dal rego-
lamento n. 1347/2000) si ispira palesemente a quella contenuta nel regola-
mento n. 44/2001 (e, prima ancora, nella convenzione di Bruxelles del
1968) e condivide con questa alcune caratteristiche; in particolare, il carat-
tere esclusivo del regime di circolazione delle decisioni (nel senso che chi
intende chiedere il riconoscimento o l’esecuzione di una sentenza straniera
non può scegliere se avvalersi della procedura prevista dal diritto comune o
di quella del regolamento), nonché, come visto, l’estensione del regime
privilegiato di circolazione anche alle decisioni cui i giudici degli Stati
membri sono giunti in procedimenti fondati sulle proprie norme interne
di competenza residue e non sui titoli di giurisdizione previsti dal regola-
mento. 52 Nessuno dei due regolamenti infine richiede la definitività del
provvedimento pronunciato in un altro Stato membro ai fini dell’applica-
zione delle norme sul riconoscimento o l’esecuzione. E non c’è dubbio che
la scelta della Corte di giustizia (sentenza Denilauler) di includere anche i
provvedimenti provvisori, a certe condizioni (rispetto del principio del
contraddittorio), nella nozione di decisione di cui alla convenzione di Bru-
xelles (ora al regolamento n. 44/2001) si ispira evidentemente alla finalità di
facilitare una maggiore circolazione delle decisioni rilevanti in materia civile
e commerciale cosı́ da creare un effettivo spazio giudiziario europeo.
Questa premessa ci porta a riflettere sull’opportunità della scelta della
Corte di giustizia di stabilire, di fatto, una cesura tra il regolamento n. 2201/
2003 e il regolamento n. 44/2001 sul piano del regime di riconoscimento e
esecuzione dei provvedimenti cautelari esorbitanti stranieri.
Ora, abbiamo visto che tale conclusione deriva per lo piú dal requisito
del collegamento territoriale delle persone e dei beni toccati dal provvedi-
mento provvisorio con il foro cautelare e dalle statuizioni contenute nella
relazione Borrás.
Sul primo aspetto, in via generale, in ordine all’esigenza che il provve-
dimento provvisorio esorbitante sia adottato nei confronti di persone o beni
presenti dello Stato membro del giudice adito, occorre sottolineare che la
scelta di limitare espressamente l’operatività della norma dell’art. 20 ai soli
provvedimenti che presentino uno stretto collegamento territoriale con lo
Stato del giudice che li adotta circoscrive il possibile problema di ricono-
52
Cfr. Mosconi, Un confronto tra la disciplina del riconoscimento e dell’esecuzione delle
decisioni straniere nei recenti regolamenti comunitari, in questa Rivista, 2001, p. 545 ss.
128 commenti
53
Cosı́ Baruffi, I provvedimenti provvisori o cautelari nel Reg. 1347/2000, cd. ‘‘Bruxel-
les II’’, in Int’Lis, 2003, p. 128 ss., spec. p. 131. Il commento citato prende in esame una pro-
nuncia della Court of Appeal, 4 febbraio 2003, Wermuth c. Wermuth, in questa Rivista, 2003,
p. 271 ss.
commenti 129
54
Baruffi, I provvedimenti provvisori o cautelari cit., p. 131, nota 29.
55
Cfr. Picone, I provvedimenti temporanei urgenti in pendenza di separazione e divorzio
nel diritto internazionale privato e processuale italiano, in Riv. dir. int., 1994, p. 365; Id., Mi-
sure provvisorie in materia familiare e diritto internazionale privato, in La riforma del diritto
internazionale privato, Padova, 1998, p. 583.
56
Cass., 16 ottobre 2009 n. 22093, in questa Rivista, 2010, p. 463 ss.
130 commenti
57
Cass., n. 22093/2009 cit., par. 2.3. Il corsivo è aggiunto.
58
Cfr. sent. Italian Leather cit. Si trattava allora di stabilire se fosse ammissibile l’esecu-
zione in Germania di un provvedimento cautelare rilasciato dal giudice italiano competente
per il merito, nonostante il giudice tedesco, foro esorbitante a norma dell’art. 24 della con-
venzione, avesse in precedenza rifiutato il rilascio di un provvedimento analogo. La sentenza
è stata oggetto di critiche da parte della dottrina, soprattutto in ordine alla circostanza che,
nel caso di specie, il contrasto tra decisioni era stato riconosciuto non già tra due provvedi-
commenti 131
Anche sul piano degli effetti derivanti dalla soluzione della Corte di
giustizia, possono formularsi alcune osservazioni.
La Corte di giustizia, nell’escludere i provvedimenti provvisori di cui
all’art. 20 del regolamento Bruxelles II-bis dal regime di riconoscimento ed
esecuzione ex articoli 21 ss. del regolamento, ha sottolineato che ciò non
impedisce comunque ai provvedimenti rientranti nell’ambito di applica-
zione dell’art. 20 del regolamento di essere riconosciuti ed eseguiti in Stati
diversi da quello d’origine. A tal fine, restano in ogni caso applicabili le
norme sul riconoscimento e sull’esecuzione contenute in altri strumenti
internazionali – come ad esempio, la convenzione del Consiglio d’Europa
sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento
dei minori e di ristabilimento dell’affidamento conclusa a Lussemburgo il
20 maggio 1980 (ratificata attualmente da tutti gli Stati membri tranne la
Slovenia) o la convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 – o nelle normative
nazionali.
Se guardiamo alle possibili convenzioni internazionali interessate, no-
tiamo una chiara divergenza tra le discipline del riconoscimento dei prov-
vedimenti provvisori (tra cui quelli d’urgenza): la convenzione di diritto
internazionale privato de L’Aja, per regolare la tutela dei minori, del 12
giugno 1902 nulla disponeva riguardo al riconoscimento o all’esecuzione
di misure provvisorie in un altro Stato. 59 La convenzione del 1961
esclude l’applicazione delle norme sul riconoscimento ai provvedimenti
provvisori d’urgenza, 60 mentre la convenzione dell’Aja del 1996 regola
agli artt. 23-28 il riconoscimento e l’esecuzione in termini ampi. 61 La
menti inibitori cautelari di contenuto opposto ma tra una decisione di accoglimento e una di
rigetto della medesima domanda cautelare: cfr. Consolo, Merlin, Conflitto fra provvedi-
menti sommari-cautelari e diniego di riconoscimento: la Italian Leather segna una forzatura,
in Int’Lis, 2002, p. 110 ss.; Biagioni, Interferenze tra provvedimenti provvisori o cautelari
e decisioni di merito nella Convenzione di Bruxelles, in Riv. dir. int., 2002, p. 713 ss.
59
Essa è stata resa esecutiva in Italia con l. 7 settembre 1905 n. 523. Per quel che riguar-
da la competenza in materia di tutela, la convenzione del 1902 in sostanza attribuiva tale com-
petenza alle autorità del Paese del minore. Tuttavia, l’art. 7 stabiliva che, in pendenza di una
decisione sulla tutela, e in tutti i casi di urgenza, le autorità locali avrebbero potuto adottare
ogni misura necessaria per la protezione della persona o degli interessi di un minore straniero;
essa tuttavia non disponeva nulla riguardo al riconoscimento o all’esecuzione di misure di
questo tipo in un altro Stato.
60
Convenzione concernente la competenza delle autorità e la legge applicabile in mate-
ria di protezione dei minori, L’Aja, 5 ottobre 1961 (resa esecutiva con l. 24 ottobre 1980 n.
742). Ai sensi dell’art. 7 tutte queste misure debbono essere riconosciute in tutti gli Stati con-
traenti ma, nei casi in cui sia domandata l’esecuzione in un altro Stato, il riconoscimento e
l’esecuzione saranno regolati o dal diritto interno del paese in cui l’esecuzione viene richiesta,
o dalle convenzioni internazionali applicabili. L’art. 9, al quale peraltro non si applicano le
norme sul riconoscimento e l’esecuzione reciproci di cui all’art. 7, stabilisce che, in tutti i casi
di urgenza, l’autorità di un qualsiasi Stato contraente nel quale il minore si trovi o possegga
dei beni può adottare tutte le misure di protezione necessarie.
61
Ai sensi dell’art. 11 della convezione, in casi di urgenza, le autorità di uno Stato con-
132 commenti
traente nel cui territorio si trovi il minore o si trovino i suoi beni sono competenti a adottare le
misure di protezione necessarie. Inoltre, ai sensi dell’art. 12 della stessa convenzione, le auto-
rità di uno Stato contraente in cui il minore si trovi (non per ragioni di trasferimento o di
mancato rientro illeciti) o abbia dei beni possono adottare misure cautelari provvisorie aventi
un effetto territoriale limitato allo Stato di cui trattasi. Gli artt. 23-28 prevedono il riconosci-
mento e l’esecuzione in base a principi analoghi a quelli contenuti nelle disposizioni del re-
golamento, anche se in termini piú generali. Sebbene la convenzione dell’Aja del 1996 pre-
veda il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti disposti ai sensi del suo art. 11, oc-
corre rammentare che le norme stabilite da tale convenzione, nello specifico il suo art. 23 n. 2
lett. a, relativo al riconoscimento, ed il suo art. 26 n. 3, relativo all’esecuzione, che rinvia al
suddetto art. 23 n. 2, consentono il riesame della competenza giurisdizionale internazionale
del giudice che ha disposto il provvedimento. Cosı́ non è nel sistema di riconoscimento e
di esecuzione istituito dal regolamento n. 2201/2003, poiché l’art. 24 di questo vieta il riesa-
me della competenza giurisdizionale dello Stato membro d’origine.
62
Convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di
affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento, firmata a Lussemburgo il 20
maggio 1980 (resa esecutiva con l. 15 gennaio 1994 n. 64).
commenti 133
63
Cfr. in proposito, Cass., 9 gennaio 2004 n. 115, in questa Rivista, 2004, p. 1377 ss.,
ove la Corte di Cassazione ha negato l’exequatur a due orders resi dal giudice di Hong Kong,
in tema di assegno di mantenimento e di affidamento dei figli (c.d. ancillary reliefs in matri-
monial proceedings), a seguito di una pronuncia di divorzio, in quanto interlocutory orders
idonei cioè a risolvere provvisoriamente una situazione contingente. Si veda in proposito il
commento di Savarese, Sul riconoscimento di provvedimenti provvisori stranieri in materia
familiare, in questa Rivista, 2005, p. 723 ss., il quale critica la soluzione della Cassazione ri-
tenendo che sarebbe stato possibile invece prospettare, con specifico riguardo ai provvedi-
menti provvisori in materia familiare, una soluzione favorevole al loro riconoscimento, moti-
vata, da un lato, dalla struttura e dalla funzione degli stessi, volti a tutelare gli interessi della
famiglia nelle forme piú eque e flessibili; dall’altro, da alcuni aspetti di diritto internazionale
privato e processuale dei provvedimenti d’urgenza in materia familiare (v. pp. 733-735).
64
In Gazz. Uff. Com. eur., n. L 174 del 27 giugno 2001.
134 commenti
Nel giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Console d’Italia a Spalato, in funzione
di giudice tutelare nel procedimento relativo a P.A.; con l’intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri (avv. dello Stato).
che, ovviamente, non siano stati dichiarati interdetti o inabilitati dal tribunale
italiano».
2.2. Il Console di Spalato deduce di avere anche «accertato prima la necessità
di tutela» ed «esaminato poi la possibilità di addivenire in via interpretativa alla
soluzione del problema in questione».
A suo avviso, la possibilità di nominare un amministratore di sostegno, in virtù
della considerazione che «la competenza generale di tutela di cui all’art. 34» del
d.p.r. n. 200 del 1967 «assorbe, ratione materiae, anche quello dello stadio di
infermità di natura parziale e/o temporanea come nel caso sottoposto» sarebbe,
tuttavia, preclusa dalla circostanza che ciò avrebbe comportato «un conflitto di
competenza con il giudice tutelare in Italia, difficilmente risolvibile in via interpre-
tativa», stante la mancata previsione di un tale potere in detta norma.
Inoltre, la eventuale nomina di un curatore provvisorio avrebbe comportato la
richiesta di apertura di un procedimento di inabilitazione, quindi l’inizio di un
procedimento più invasivo rispetto all’amministrazione di sostegno che il Tribunale
di Cagliari ha già ritenuto sufficiente, escludendo la sussistenza dei presupposti per
pronunciare l’interdizione o l’inabilitazione.
Secondo il Console, la questione sarebbe rilevante, poiché l’istanza non po-
trebbe essere decisa, senza la previa risoluzione dell’incidente di costituzionalità, dal
momento che «solo la trasposizione nel caso concreto del giudizio di legittimità
costituzionale» gli permetterà «di decidere se potrà o meno definire la questione
decretando la nomina di un amministratore di sostegno».
2.3. Il rimettente, nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione, espone, infine, di
ritenere «necessaria e improcrastinabile la tutela» della parte ed ha fatto perciò
ricorso «in via eccezionale alla norma speciale ed eccezionale costituita dall’art. 61
del d.p.r. n. 200 del 1967. Pertanto, visto anche l’art. 34 e l’art. 62 del d.p.r. n. 200
del 1967, ha provveduto ad emanare un provvedimento urgente temporaneo, ri-
correndo agli artt. 361 e 424 cod. civ., nominando la moglie S.K. curatore provvi-
sorio del marito A.P., senza avvio del procedimento di inabilitazione».
Il Console precisa di avere adottato questa soluzione, tenendo conto che «in
numerose sentenze la stessa Corte Costituzionale si è espressa nel senso che il
giudice, nell’operare la ricognizione del contenuto normativo della disposizione,
deve sempre e costantemente essere guidato dall’esigenza di rispetto dei precetti
costituzionali e quindi, ove un’interpretazione appaia confliggente con alcuno di
essi, è tenuto, soprattutto in mancanza di diritto vivente, ad adottare letture alter-
native maggiormente aderenti al parametro costituzionale altrimenti vulnerato»
(nell’ordinanza è richiamata la sentenza n. 149 del 1994).
3. Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappre-
sentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.
La difesa erariale deduce che, secondo la Corte di Cassazione (sentenza n.
13584 del 2006), l’amministrazione di sostegno costituisce, nell’ambito delle misure
di protezione delle persone prive, in tutto o in parte, di autonomia, quella meno
invasiva, poiché può essere prevista solo per il compimento di determinati atti,
mentre il tutore ed il curatore si sostituiscono, sebbene con diversa intensità, al
soggetto tutelato.
Pertanto, benché al console non sia consentita la pronuncia dell’interdizione,
una interpretazione costituzionalmente orientata della norma censurata renderebbe
138 giurisprudenza italiana
possibile ritenere che egli possa invece procedere alla nomina dell’amministratore
di sostegno, in virtù di una esegesi consentita dalla circostanza che l’art. 34 del
d.p.r. n. 200 del 1967 contiene un rinvio ampio a tutte le funzioni attribuite al
giudice tutelare, quindi, anche a quelle in tema di amministrazione di sostegno.
La diversa conclusione sostenuta dal rimettente non sarebbe corretta, in quanto
affidata alla considerazione che essa comporterebbe un conflitto di competenza con
il giudice tutelare, svolta senza tenere conto che l’art. 413, primo e terzo comma
cod. civ. prevede la revoca dell’amministrazione di sostegno, qualora sussistano i
presupposti per disporne la cessazione, ovvero se essa si riveli inidonea a realizzare
la piena tutela del beneficiario. La fattispecie sottoposta all’esame del console
sarebbe riconducibile a dette ipotesi, poiché il provvedimento è stato chiesto in
favore di un cittadino italiano che ha trasferito la propria residenza in Croazia,
quindi, non è più nelle condizioni di avvalersi dell’amministratore di sostegno
nominato in Italia. D’altronde, la Corte di Cassazione ha anche affermato che la
competenza a nominare l’amministratore di sostegno spetta al giudice tutelare del
luogo in cui la persona interessata ha la residenza o il domicilio e che all’ammini-
strazione di sostegno non è applicabile l’art. 343, secondo comma cod. civ., il quale
disciplina il trasferimento della tutela.
Pertanto, nella specie neppure sarebbe ipotizzabile un conflitto di competenza,
poiché, come si evince dall’art. 404 cod. civ., la competenza a nominare l’ammini-
stratore di sostegno spetta esclusivamente al giudice del luogo in cui l’interessato ha
trasferito la propria residenza o il proprio domicilio.
Hindu Marriage Act del 18 maggio 1955, applicabile a chi abbia contratto un ma-
trimonio induista, pur se lo abbia trascritto solo nel relativo registro in India e non vi
sia una precedente sentenza di separazione, essendo sufficiente l’allegazione dell’im-
possibilità di ricostituire la comunione ai fini di escludere il contrasto con l’ordine
pubblico ai sensi dell’art. 16 della suddetta legge n. 218/1995. 1*
* Si veda in materia l’articolo della prof. Ricci a p. 55 ss. di questo fascicolo della Rivista.
Tra le sentenze citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista: Cass., 25 luglio 2006
n. 16978, ivi, 2007, p. 432 ss.; s.u., 28 ottobre 1985 n. 5292, ivi, 1987, p. 92 ss.; Corte di
giustizia, 29 novembre 2007, in causa C-68/07, ivi, 2008, p. 570 ss.
142 giurisprudenza italiana
Nel caso concreto, le parti hanno concordemente dato atto che il marito ha
abbandonato l’abitazione familiare nel corso dell’anno 2007, che gli stessi co-
niugi già da molti mesi prima vivevano di fatto separati, e che, non essendo piú
in grado di vivere insieme, hanno deciso di comune accordo di sciogliere il loro
matrimonio (...).
A questo proposito si deve sottolineare che, alla luce dei principi affermati
dalla giurisprudenza di legittimità, l’assenza di una precedente sentenza di se-
parazione, in quanto non richiesta dalla legge straniera che regola il rapporto,
non preclude la pronuncia di divorzio in applicazione di tale legge – i cui effetti,
anche sotto questo specifico profilo, non possono quindi ritenersi contrari al-
l’ordine pubblico, in riferimento all’art. 16 della legge n. 218/1995 – risultando
sufficiente il riconoscimento dell’impossibilità della ricostituzione della comu-
nione spirituale e materiale (cfr. Cass., 25 luglio 2006 n. 16978: «la circostanza
che il diritto straniero – nella specie, il diritto di uno Stato degli USA – preveda
che il divorzio possa essere pronunciato senza passare attraverso la separazione
personale dei coniugi ed il decorso di un periodo di tempo adeguato, tale da
consentire ai coniugi medesimi di ritornare sulla loro decisione, non costituisce
ostacolo al riconoscimento in Italia della sentenza straniera che abbia fatto
applicazione di quel diritto, per quanto concerne il rispetto del principio del-
l’ordine pubblico, richiesto dall’art. 64 comma 1 lett. g della l. 31 maggio 1995 n.
218, essendo a tal fine necessario, ma anche sufficiente, che il divorzio segua
all’accertamento dell’irreparabile venir meno della comunione di vita tra i co-
niugi»).
In sintesi, la domanda di divorzio consensuale è stata ritualmente proposta a
norma all’art. 13-B comma 1 dell’Hindu Marriage Act, per cui, accertata la presenza
delle condizioni richieste dalla legge che regola il matrimonio, e preso atto del
proposito manifestato dalle parti di non ripristinare il rapporto, deve quindi rite-
nersi che la comunione di vita tra i coniugi sia venuta meno e non possa attualmente
essere ricostituita.
Va dunque pronunciato, a norma dall’art. 13-B comma 1 dell’Hindu Marriage
Act del 18 maggio 1955, lo scioglimento del matrimonio contratto dai ricorrenti il
giorno 5 luglio 1978 in Jalandhar (Stato del Punjab - India) e trascritto nel registro
dei matrimoni induisti di Jalandhar (omissis).
4. Procedendo all’esame delle ulteriori domande, va ricordato che le parti
hanno dichiarato di aver raggiunto un accordo in ordine alle condizioni di divorzio
consensualmente formulate all’udienza presidenziale del 26 giugno 2008, precisate
nel modo seguente:
a) sia affidato congiuntamente ai genitori, con dimora presso la madre, il figlio
minore R.A.K., che frequenta a Feltre (BL) il primo anno di un corso triennale per
operatore della ristorazione, e desidera continuare a vivere in Italia con la madre ed
i fratelli; ciò anche ai sensi dell’art. 26 dell’Hindu Marriage Act;
b) sia assegnata alla ricorrente la casa familiare, sita a Santa Giustina (BL)..., ove
la stessa vive con i figli;
c) il sig. R.S.L. acconsente che la sig.ra R.N. ed i figli prelevino, direttamente o
tramite terze persone, i propri beni di uso personale custoditi presso l’abitazione
familiare in India, Stato del Punjab, Dakoha (distretto di Jalandhar)...;
d) sia posto a carico del sig. R.S.L., ai sensi degli artt. 24, 25 e 26 dell’Hindu
Marriage Act, l’onere di corrispondere alla sig.ra R.N. un assegno di mantenimento
giurisprudenza italiana 145
mensile di euro... per il figlio minore R.A.K., fintanto che lo stesso non avrà
terminato gli studi e trovato occupazione lavorativa, rendendosi cosı́ autosufficiente
sotto il profilo economico (omissis).
Considerato l’esito complessivo del giudizio e la richiesta congiunta formulata
dalle parti, sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle
spese processuali tra le parti.
le parti le spese del giudizio. Ordina all’Ufficio dello stato civile di Roma – al quale
l’atto di matrimonio è stato trasmesso per la trascrizione – e al Consolato generale
d’Italia - Madrid di procedere alle annotazioni ed alle ulteriori incombenze di legge
in ordine alla presente sentenza, trasmessa a cura della cancelleria.
Nel procedimento relativo a Pirani, Ferri, Barbetti P., Barbetti F., Barbetti G.
(Omissis)
(Il Tribunale) Osserva. 1. Va premesso brevemente in fatto che il procedi-
mento trae origine da un esposto presentato presso la locale Procura della Repub-
blica in data 5 aprile 2007, dal Presidente dell’Associazione «Le Cento Città»,
avente ad oggetto la vicenda del ritrovamento fortuito avvenuto nell’agosto 1964,
nel corso di una battuta di pesca in alto mare, di una statua di bronzo (il c.d.
«Atleta Vittorioso») attribuita allo scultore greco Lisippo, da parte dell’equipaggio
del motopeschereccio «Ferruccio Ferri», iscritto nel registro navale di Ancona e
quindi battente bandiera navale italiana.
La statua in questione era già stata oggetto di un procedimento penale presso il
Tribunale di Perugia nei confronti di Barbetti Pietro, Barbetti Fabio, Barbetti
Giacomo e di un sacerdote loro amico, Nagni Giovanni per il reato di ricettazione,
in relazione al reato di cui all’art. 67 della legge n. 1089 del 1939, commesso in Fano
e Gubbio dall’agosto 1964 e dicembre 1964 fino al maggio 1965. Il procedimento si
era concluso con sentenza di assoluzione in data 18 maggio 1966, nei confronti di
tutti gli imputati, avendo il Tribunale ritenuto l’insufficienza delle prove raccolte sia
in ordine alla circostanza del ritrovamento della statua in territorio italiano (mare
* Si veda in materia l’articolo del prof. Scovazzi a p. 5 ss. di questo fascicolo della Rivista;
cfr. ivi, a p. 175 ss., anche l’ordinanza del Tribunale penale di Pesaro 10 febbraio 2010. Tra le
sentenze citate in motivazione può leggersi in questa Rivista: Cass. pen., 18 gennaio 1969 n.
1749, ivi, 1970, p. 692 (breve).
150 giurisprudenza italiana
territoriale), sia sul valore storico ed artistico dell’oggetto, sia infine sulla sussistenza
dell’elemento soggettivo dei reati contestati.
La sentenza di assoluzione in primo grado veniva impugnata dal Procuratore
generale presso la Corte di Appello di Perugia e, con sentenza emessa in data 27
gennaio 1967, la Corte di Appello riformando la sentenza condannava i Barbetti per
il delitto di ricettazione ed il Nagni per quello di favoreggiamento reale. Successi-
vamente, a seguito di ricorso in cassazione, la Suprema Corte annullava la sentenza
di condanna della Corte di Appello di Perugia rinviando gli atti alla Corte di
Appello di Roma, ritenendo il difetto della prova del rinvenimento della statua in
acque nazionali e del valore artistico ed archeologico del bene, in ragione dell’im-
possibilità di procedere ad un suo esame diretto.
La Corte di Appello di Roma con sentenza in data 8 novembre 1970 assolveva
tutti gli imputati in ragione dell’incertezza probatoria circa l’esistenza del reato
presupposto, a sua volta derivante dal difetto di prova della provenienza della
statua dal territorio nazionale, non essendo stato chiarito in quali acque la scultura
era stata rinvenuta.
L’odierno procedimento prende invece in esame la complessa vicenda della
scultura sotto profili completamente diversi rispetto a quelli oggetto degli altri
procedimenti penali ed, in particolare, con riferimento alla condotta illecita di
esportazione clandestina di beni di interesse culturale-artistico ed archeologico di
cui al capo a della imputazione ed alle ulteriori violazioni del codice della naviga-
zione descritte al capo b, nonché, alle condotte di omessa denuncia del bene alle
competenti autorità amministrative ed alla violazione dei diritti di confine all’atto di
importazione del bene di cui ai capi c e d.
All’esito delle indagini preliminari il p.m. con riferimento ai reati ipotizzati a
carico degli odierni indagati (e di altri ancora non identificati) chiedeva l’archivia-
zione del procedimento per prescrizione e morte del reo ma, contemporaneamente,
chiedeva anche la confisca della scultura (cfr. richiesta del 12 luglio 2007).
Con provvedimento in data 19 novembre 2007 il g.i.p. riteneva la configura-
bilità (quantomeno in astratto) nella fattispecie, dei reati prospettati dal p.m.,
riconoscendo di conseguenza la natura di bene archeologico della scultura ripescata
dal motopeschereccio fanese e la sua identità con la statua denominata «Atleta
Vittorioso», attualmente nella collezione del J. Paul Getty Museum ed accoglieva
la richiesta di archiviazione del p.m.
Il Giudice tuttavia respingeva la richiesta dı́ confisca dell’opera, rilevando la
sostanziale estraneità dell’attuale detentore rispetto ai reati ipotizzati dal p.m. e
l’impossibilità di escludere con certezza la buona fede dei rappresentanti del museo
nell’acquisto del bene.
Il p.m. promuoveva quindi l’odierno incidente di esecuzione al fine di acco-
gliere, previa instaurazione del contraddittorio tra le parti la richiesta di confisca.
Veniva pertanto fissata l’udienza camerale del 20 aprile 2009, nel corso della
quale intervenivano previa citazione, attuata con rogatoria internazionale nei con-
fronti del legale rappresentante del J. Paul Getty Museum, il p.m., l’avv. prof.
Alfredo Gaito del foro di Roma e l’avv. Alessandra Galeazzi del Foro di Ancona
quali difensori di fiducia del Paul Getty Museum; il prof. Alberto Berardi coordi-
natore dell’Associazione «Le Cento Città» difeso di fiducia dall’avv. Tristano Tan-
nini del foro di Pesaro e l’avv. Maurizio Fiorilli per l’Avvocatura generale dello
Stato.
giurisprudenza italiana 151
gnabile da parte del p.m. Sempre secondo tale assunto, il ricorso all’incidente di
esecuzione da parte del p.m. per dolersi di un provvedimento negativo, costitui-
rebbe un’impugnazione non consentita dalla legge, volta ad ottenere un riesame
della decisione di merito da parte dello stesso giudice, in violazione del principio di
tassatività delle impugnazioni.
I difensori del Paul Getty Museum eccepivano inoltre il difetto di giurisdizione
dell’autorità giudiziaria italiana atteso che il rinvenimento della statua sarebbe
avvenuto in acque non territoriali, con conseguente impossibilità per lo Stato ita-
liano di rivendicare la proprietà dell’oggetto del ritrovamento e ciò in conformità
con quanto stabilito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 1291/1968, già richia-
mata al par. 1. (Omissis)
Si evidenzia ancora sul punto che il reato di cui all’art. 66 della legge n. 1089/
1939 prospettato dal p.m. al capo a prevede la confisca delle cose di interesse
storico ed artistico esportate abusivamente, che ha luogo in conformità delle norme
della legge doganale relative alle cose oggetto di contrabbando.
Ne deriva, che in tale ipotesi risulta applicabile l’art. 301 del d.p.r. 23 gennaio
1973 n. 43, sostituito dalla l. 30 dicembre 1991 n. 413 art. 11 che al comma 1
dispone: «nei casi di contrabbando è sempre ordinata la confisca delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’og-
getto, ovvero il prodotto o il profitto».
Tale ipotesi di confisca è stata confermata anche nell’art. 174 del d.lgs. n. 42 del
2004, che si pone in rapporto di continuità normativa con il richiamato art. 66 della
legge n. 1089/1939.
Trattasi dunque, in virtú delle fattispecie criminose prospettate dal p.m., di
un’ipotesi di confisca obbligatoria che prescinde dall’accertamento della responsa-
bilità penale e deve essere disposta, secondo il costante orientamento della giuri-
sprudenza di legittimità, anche quando l’imputato venga prosciolto o dichiarato
non punibile. Tale confisca differisce da quella prevista dall’art. 240 cod. pen., che
attribuisce la facoltà e non l’obbligo di disporre la misura di sicurezza patrimoniale,
sempre che sia intervenuta sentenza di condanna, a meno che non si tratti di beni di
intrinseco carattere criminoso.
Alla luce delle considerazioni svolte, le eccezioni relative all’inammissibilità
dell’incidente di esecuzione devono essere respinte.
4. Rimane ora da esaminare la questione della giurisdizione, che nel caso in
esame involge due profili sostanziali strettamente collegati tra loro: il primo dı́
natura pregiudiziale e preliminare relativo all’individuazione della legge applicabile
e del giudice competente in relazione al luogo di commissione dei reati prospettati,
il secondo, conseguenza del primo ma piú direttamente correlato al luogo del
rinvenimento, attiene all’individuazione del regime dı́ appartenenza del bene ed
alla sussistenza di un diritto di proprietà dello Stato italiano sul bene stesso, pre-
supposto indispensabile per una sua eventuale confisca.
Nel caso di specie, le indagini non hanno consentito di individuare con certezza
il luogo in cui si è verificato il ritrovamento della scultura e sulla base degli accer-
tamenti esperiti, si può solo affermare, tenuto conto anche di quanto stabilito dalla
Suprema Corte nella sentenza n. 1291/1968, che la statua fu verosimilmente rinve-
nuta in acque non territoriali. In tal senso depongono univocamente le dichiarazioni
rese all’epoca dai pescatori, l’analisi della profondità della fossa ricavabile dalla
giurisprudenza italiana 153
natura delle concrezioni dei molluschi che incrostavano la statua, gli studi sulla
morfologia dei fondali marini acquisiti in atti.
Il dato oggettivo del rinvenimento in acque non territoriali posto a fondamento
della eccepita impossibilità di applicare la legge italiana, non appare tuttavia deci-
sivo nel caso in esame, dove occorre necessariamente attenersi alle fattispecie cri-
minose ipotizzate dal p.m.
Tale circostanza infatti assumeva certamente rilievo sostanziale nel procedi-
mento avanti all’A.G. di Perugia, in cui era stato contestato agli attuali indagati il
delitto di ricettazione di un bene compendio di furto aggravato in danno dello Stato
(anche perché il bene all’epoca si trovava presumibilmente ancora in Italia).
È ovvio che la cognizione dei giudici di Perugia e la valutazione di responsa-
bilità penali in quella fattispecie presupponeva l’accertamento del rinvenimento
della scultura in acque territoriali, condizione indispensabile per la sussistenza
del reato presupposto della ricettazione.
Nel caso in esame tuttavia, il p.m. ha contestato agli indagati al capo a la
condotta di esportazione illecita, in concorso con persone da identificare, al capo
b l’omessa presentazione della denuncia del ritrovamento del relitto all’autorità
marittima competente territorialmente, al capo c l’omessa denuncia del bene di
straordinario valore archeologico alle competenti autorità amministrative ed al capo
d la violazione dei diritti di confine nell’atto di importazione del bene.
Ebbene, la ricostruzione in fatto delle vicende successive al rinvenimento della
statua, cosı́ come delineate dal complesso del materiale probatorio raccolto e rias-
sunto nel c.d. dossier Lisippo in atti consente di ritenere sussistente non solo la
giurisdizione italiana, ma anche la competenza territoriale di questa A.G. in quanto
le condotte criminose risultano realizzate in tutto o almeno in parte in Fano e nel
territorio della sua provincia, nonché a Gubbio.
È stato infatti accertato dagli inquirenti che, dopo il ritrovamento da parte dei
pescatori italiani, la statua fu sbarcata sul lido di Fano e, quindi, introdotta nel
territorio nazionale, trasportata in casa dell’armatore Ferri Guido in Fano ed oc-
cultata in territorio fanese per alcuni giorni o settimane da tale Felici Dario, amico
del Ferri (cfr. dichiarazioni rese dal Felici nel proc. n. 2257/90). La scultura fu
quindi venduta ai Barbetti e dopo un periodo di clandestinità, fu ritrovata a Mo-
naco di Baviera nel 1972 presso il negozio dell’antiquario Herzer Heinz, dove venne
restaurata per conto della galleria «Artemis» di Londra dallo stesso antiquario, e nel
1977 la scultura fu acquistata dal Paul Getty Museum.
La statua è stata quindi, secondo l’ipotesi accusatoria, introdotta nel territorio
dello Stato clandestinamente, dove è rimasta per diversi anni sempre in condizioni
di clandestinità, dopodiché sarebbe stata esportata illegalmente all’estero.
Ne deriva che le condotte contestate ai capi b, c e d risultano tutte commesse in
Italia, mentre il reato di cui all’art. 66 della legge n. 1089/1939 è stato commesso
quantomeno in parte in Italia dagli indagati in concorso con altri non compiuta-
mente identificati, dove si sarebbero realizzate l’attività illecita di occultamento
propedeutica al successivo trasferimento illegale del bene e l’uscita clandestina
del bene dallo Stato, con conseguente giurisdizione, intesa in senso stretto come
applicabilità della legge italiana, ai sensi dell’art. 6 cod. pen.
Ciò posto con riferimento alle condotte contestate, occorre esaminare il profilo
piú problematico della questione, relativo all’individuazione del regime giuridico di
appartenenza del bene rinvenuto in acque non territoriali.
154 giurisprudenza italiana
P.Q.M., (il Tribunale) respinge tutte le eccezioni cosı́ come proposte e dispone
procedersi oltre.
* Le seguenti sentenze delle Sezioni Unite citate in motivazione possono leggersi in que-
sta Rivista: 17 dicembre 1998 n. 12616, ivi, 2000, p. 456 ss.; 9 giugno 1995 n. 6499, ivi, 1996,
p. 529 ss.
giurisprudenza italiana 159
27 settembre 1968, resa esecutiva con l. 21 giugno 1971 n. 804), sia la convenzione
di Lugano 16 settembre 1988, ratificata dall’Italia con l. 10 febbraio 1992 n. 198 ed
applicabile alla fattispecie in quanto le parti sono un cittadino italiano ed una
società svizzera, stabiliscono che il convenuto domiciliato in uno Stato contraente
può essere citato in un altro Stato contraente «in materia contrattuale davanti al
giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere
eseguita»; l’obbligazione da prendere in considerazione è, pacificamente, quella
posta a fondamento dell’azione giudiziaria e della quale si fa valere l’inadempi-
mento (Cass., 17 dicembre 1998 n. 1998; Cass. s.u., 9 giugno 1995 n. 6499).
L’opposta assume di essersi appunto avvalsa dl tale foro, alternativo rispetto a
quello c.d. «del convenuto»; occorre, pertanto, determinare quale sia il luogo di
esecuzione dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo, e ciò sulla base delle
norme di conflitto del giudice adito, ovvero del diritto internazionale privato ita-
liano.
Al riguardo, l’art. 57 legge n. 218/1995 stabilisce che «le obbligazioni contrat-
tuali sono in ogni caso regolate dalla convenzione di Roma del 19 giugno 1980 resa
esecutiva con l. 18 dicembre 1984». Essa stabilisce, all’art. 4, che qualora le parti
non abbiano provveduto a scegliere la legge che regola il contratto (come nel caso
di specie), questo è regolato dalla legge del Paese con il quale presenta il collega-
mento più stretto; che si presume che il contratto presenti il collegamento più
stretto con il Paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica
ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale. Se il
contratto è concluso nell’esercizio dell’attività economica della suddetta parte, il
paese da considerare è quello dove è situata la sede principale di detta attività.
La prestazione caratteristica del contratto in esame è l’esecuzione dell’opera da
parte della RD., la quale ha sede in Italia (Brugherio). Ne consegue che il collega-
mento più stretto è con il nostro Paese e che deve pertanto essere applicata la legge
italiana per stabilire dove andasse eseguita l’obbligazione di pagamento del corri-
spettivo: nella specie, l’art. 1182 comma 3 cod. civ., che indica nel domicilio del
creditore il luogo di pagamento.
Infatti, l’obbligazione di pagamento ha ad oggetto una somma di danaro,
determinabile sulla base del contratto 4 maggio 2007 che precisa l’importo concor-
dato (25 euro) per ciascun metro quadro di facciata realizzata.
Concludendo, deve essere affermata la sussistenza della giurisdizione italiana.
Passando alla seconda eccezione in rito sollevata dall’opponente, è vero che
erroneamente il decreto ingiuntivo le ha assegnato quaranta giorni per proporre
opposizione, anziché quello di sessanta previsto dall’art. 640 cod. proc. civ. per
l’intimato che risieda in altro Stato, non membro dell’Unione europea; tuttavia, ai
sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., ciò non comporta la nullità del decreto bensı̀ la
sostituzione automatica del termine di legge: in altre parole, Su.Fa. avrebbe potuto
proporre tempestiva opposizione entro il sessantesimo giorno dalla notifica del de-
creto, ovvero con la costituzione nel termine (erroneo) assegnato chiedere la conces-
sione di un termine per integrare le proprie difese. La medesima, invece, si è costi-
tuita nei quaranta giorni dalla notifica, svolgendo compiutamente attività difensiva sia
in rito sia nel merito e chiedendo di essere rimessa in termini unicamente per l’ipotesi
(che non ricorre) in cui si fossero verificate decadenze e/o preclusioni per il mancato
rispetto dei termine di opposizione indicato nel decreto ingiuntivo.
160 giurisprudenza italiana
* Si veda in materia l’articolo della prof. Ricci a p. 55 ss. di questo fascicolo. La sentenza
della Corte di Cassazione del 7 luglio 2008 n. 18613 citata in motivazione può leggersi in que-
sto fascicolo della Rivista, p. 199 s.
giurisprudenza italiana 161
P.A. (avv. Silvetti) contro Brussels Airlines Fly N.L. (avv. Contaldi, Giubboni)
* Tra le sentenze citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista: Cass. s.u., ord.
13 dicembre 2007 n. 26089, ivi, 2009, p. 108 ss.; Corte di giustizia, 10 aprile 2003, in causa C-
437/00, ivi, 2003, p. 1045 ss.; Corte di giustizia, 27 febbraio 2002, in causa C-37/00, ivi,
2002, p. 206 ss.; Corte di Cassazione s.u., 9 gennaio 2008 n. 169, ivi, 2008, p. 1081 ss.
giurisprudenza italiana 163
trattamento retributivo costituito da tre mensilità aggiuntive per ogni cinque anni di
servizio. La proposta non veniva accettata e, pertanto, il rapporto era risolto – con
riguardo a tutto il personale della sede – con decorrenza dal 31 dicembre 2005.
Il ricorrente impugnava il licenziamento davanti al Tribunale di Roma. Si
costituiva in giudizio la società Brussels Airlines Fly N.V., subentrata nel rapporto,
eccependo, tra l’altro, il difetto di giurisdizione del giudice italiano per essere la
controversia devoluta alla giurisdizione del giudice belga.
2. Con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione il ricorrente deduce
la giurisdizione del giudice italiano, ponendo in particolare il seguente quesito di
diritto: dica la Suprema Corte se in base al regolamento (CE) n. 44/2001 sia
competente il giudice italiano a conoscere di una controversia di lavoro allorquando
la prestazione lavorativa sia stata resa, da un cittadino italiano a favore di una
compagnia aerea belga, che all’epoca aveva una propria sede in Roma Fiumicino.
Con controricorso la Brussels Airlines Fly N.V. deduce l’inammissibilità del
ricorso perché proposto prima dell’udienza ex art. 420 cod. proc. civ. e comunque
sostiene sussistere nella specie la giurisdizione del giudice belga avendo essa società
sia la sede legale che il luogo di svolgimento della sua attività nel territorio belga.
Inoltre la prestazione lavorativa del ricorrente si svolgeva sull’aeromobile (sulla
tratta ...), che batteva bandiera belga e, quindi, il luogo di svolgimento abituale
dell’attività lavorativa era nel territorio belga.
4. Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. 1. Va ritenuta preliminarmente che l’eccezione di
inammissibilità del ricorso, perché proposto «ancor prima della celebrazione del-
l’udienza ex art. 420 cod. proc. civ. » non è fondata atteso che nel rito del lavoro,
secondo l’orientamento ormai costante di questa Corte di Cassazione (fin da Cass.
s.u., 11 maggio 1992 n. 5597), il giudizio si instaura già con il solo deposito del
ricorso presso la cancelleria del giudice ai sensi dell’art. 415 cod. proc. civ., anche
se, cosı́ operando, il ricorrente limita l’ambito di valutazione del successivo giudizio
da parte di questa Corte che, pur essendo, in materia di giurisdizione, anche giudice
del fatto, non può disporre in ordine all’attività istruttoria.
2. Nel merito, non sussiste la giurisdizione del giudice italiano, essendo la
controversia devoluta alla giurisdizione del giudice belga.
Questa Corte (Cass. s.u., 13 dicembre 2007 n. 26089) ha affermato in proposito
che, in tema di competenza giurisdizionale in materia di rapporti di lavoro, l’art. 19
del regolamento (CE) n. 44 del 2001 stabilisce, tra l’altro, che il datore di lavoro
domiciliato nel territorio di uno Stato membro può essere convenuto in un altro
Stato membro «davanti al giudice del luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente
la propria attività o a quello dell’ultimo luogo in cui la svolgeva abitualmente» (n. 2
lett. a), con una disposizione che si pone in linea di continuità con l’art. 5 n. 1 della
convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ratificata con l. 21 giugno 1971 n.
804 (nel testo modificato dalla convenzione di San Sebastián del 26 maggio 1989,
ratificata con legge n. 339 del 1991); normativa questa già interpretata dalla Corte
di giustizia delle Comunità europee nel senso che il luogo di abituale svolgimento
dell’attività lavorativa deve identificarsi con il luogo in cui il lavoratore adempie di
fatto la parte sostanziale delle sue obbligazioni nei confronti del datore di lavoro
(Corte di giustizia, 10 aprile 2003, in causa C-437/00; 27 febbraio 2002, in causa C-
37/00) cosı́ accentuandosi, altresı̀, il profilo di tutela del lavoratore, giacché si
164 giurisprudenza italiana
Grandi Lavori Fincosit s.p.a. (avv. Quattrini, Bucalo) contro Boskalis Westminster Middle
East Ltd (avv. Visco, Carrara, Noto) e Grandi Lavori Fincosit Middle East wll (intimata).
sospensione dei processi, di cui una prima obbligatoria (comma 1) – nel caso di
pendenza tra le stesse parti di domanda avente il medesimo oggetto ed il medesimo
titolo – ed una seconda facoltativa (comma 3) – nel caso in cui sia ravvisato un
rapporto di pregiudizialità fra la causa straniera e quella pendente in Italia –.
Il Tribunale di Roma, nel disporre la sospensione del giudizio, non ha espres-
samente indicato quale delle due ipotesi contemplate dal citato art. 7 abbia ritenuto
sussistente, ma il semplice richiamo alla pendenza dell’arbitrato senza ulteriori
precisazioni (in particolare senza alcuna considerazione in ordine alla astratta con-
figurabilità di un rapporto di pregiudizialità fra le due liti, la cui esistenza rappre-
senta il primo presupposto di fatto idoneo a legittimare la sospensione del processo
ai sensi del terzo comma) induce a ritenere che la detta sospensione sia stata
disposta in ossequio del disposto di cui al primo comma.
Ciò premesso, è da escludere che ricorra la detta ipotesi poiché: a) è inconte-
stato che nella specie non si tratta di pendenza di una stessa lite (avente cioè
medesimo oggetto e titolo), ma di connessione fra due liti per ragioni di continenza
(...), e nulla il giudice ha precisato in ordine ai motivi per i quali sarebbe ravvisabile
la litispendenza (e ciò anche accedendo all’orientamento meno rigoroso, secondo
cui la fattispecie di cui all’art. 7 comma 1 sarebbe configurabile quando tutte le
questioni sottoposte al giudice nazionale siano state sottoposte al giudice straniero),
né la prospettazione delle parti consente conclusioni certe ed univoche a tal fine; b)
analogamente, il provvedimento del Tribunale nulla chiarisce in ordine alla preven-
tiva instaurazione della lite all’estero, né è consentito un accertamento in fatto sul
punto in questa sede, accertamento che sarebbe peraltro ineludibile, tenuto conto
delle contrapposte posizioni delle parti; c) manca infine la valutazione positiva del
giudice circa la possibilità che il provvedimento straniero possa produrre effetto per
l’ordinamento italiano, condizione imprescindibile ai fini della sospensione, poiché
solo in tale eventualità si verifica un’effettiva equivalenza dell’esercizio della fun-
zione giurisdizionale in Italia e all’estero.
Ma ad identiche conclusioni dovrebbe pervenirsi pur se si ritenesse ravvisabile
un rapporto di litispendenza fra le dette liti e sussistenti le ulteriori condizioni
(prevenzione della lite e riconoscibilità del provvedimento emanato all’estero) ri-
chieste dal legislatore per la sospensione del processo, ovvero che il contestato
provvedimento fosse stato validamente emesso ai sensi dell’art. 7 comma 3 legge
n. 218/1995, circostanza che per vero è nel concreto da escludere, tenuto conto
dell’assoluta carenza di indicazione sui punti relativi al rapporto di pregiudizialità
della causa straniera rispetto al processo italiano e, soprattutto, alla potenziale
produzione di effetti per l’ordinamento italiano del provvedimento straniero.
Ed infatti il legislatore italiano, contrariamente a quanto sostenuto dal resi-
stente, ha tenuto ben distinte le due diverse ipotesi di pendenza di lite presso il
giudice straniero e presso l’arbitro estero, stabilendo la possibilità di deroga con-
venzionale della giurisdizione italiana per entrambe, nella ricorrenza di determinati
e identici presupposti (art. 4 comma 2 legge n. 218/1995), e prevedendo viceversa
l’obbligo (art. 7 comma 1 cit.) o la facoltà (art. 7 comma 3) di sospensione soltanto
nel primo caso di pendenza della lite dinanzi ad un giudice straniero.
Né può ragionevolmente supporsi che la chiara formulazione del dettato nor-
mativo, univocamente deponente nel senso indicato, possa essere riconducibile ad
un refuso o ad una imprecisione terminologica del legislatore.
La collocazione dei due articoli in questione (4 e 7) nel medesimo titolo (com-
giurisprudenza italiana 167
Il requisito del passaggio in giudicato di cui alla lett. d dell’art. 64 della legge n.
218/1995 è soddisfatto rispetto alla certificazione redatta da notai di diritto musul-
mano presso l’autorità giudiziaria marocchina i quali attestino che la sentenza di
divorzio pronunciata in Marocco è divenuta definitiva e irrevocabile, disponendo
per la sua trascrizione nell’atto di matrimonio.
Sussiste il requisito di cui alla lett. a dell’art. 64 della legge n. 218/1995, allorché
il giudice marocchino si sia dichiarato competente in una causa di divorzio tra una
cittadina marocchina e un italiano che si sono sposati in Marocco.
Non contrasta con l’ordine pubblico di cui all’art. 64 lett. g la sentenza di divorzio
resa sulla base di una legge che non prevede il doppio grado di giurisdizione; che
dispone lo scioglimento del vincolo matrimoniale senza la previa separazione ma
comunque una volta che venga accertato l’irrevocabile disfacimento della comunione
familiare a seguito della condotta violenta del marito; che non prevede l’affidamento
condiviso.
Ai sensi dell’art. 64 della legge n. 218/1995, deve essere riconosciuta ed eseguita
in Italia una sentenza marocchina di divorzio tra una cittadina marocchina e un
cittadino italiano, residenti in Marocco in pendenza di matrimonio, che dispone
l’affidamento esclusivo alla madre del figlio minore. 1*
agosto 2007 dai notai di diritto musulmano presso il Tribunale di prima istanza di
Casablanca, attestante che la sentenza di divorzio emessa all’udienza del 16 luglio
2007 è divenuta definitiva e irrevocabile – disponendosi, altresı̀, la trascrizione della
sentenza medesima nell’atto di matrimonio –, formula questa insuscettibile di essere
confusa con l’esecutività, corrispondendo inequivocabilmente al passaggio in giu-
dicato, verosimilmente per mancata impugnazione nel termine decorrente dalla
pronuncia resa nel contraddittorio delle parti, l’una presente personalmente e l’al-
tra, ossia il convenuto L.P., rappresentata dal difensore.
Sotto tale profilo non si appalesano condivisibili i rilievi sollevati dal convenuto,
il quale assume che, ove non sia prevista la possibilità del gravame, «per ciò solo
non potrebbe essere delibata in quanto palesemente contraria al nostro ordine
pubblico a mente dell’art. 64 punto g», non costituendo neppure nell’ordinamento
italiano principio ordinamentale di rango costituzionale quello del doppio grado di
giurisdizione, come costantemente chiarito dalla giurisprudenza costituzionale e
dalla giurisprudenza di legittimità.
Dato, quindi, atto che nessun elemento ostativo al riconoscimento consta per
quanto concerna i requisiti di cui alle lett. e ed f dell’art. 64 in argomento, con-
trariamente alle deduzioni del convenuto, condivise dal Procuratore generale, de-
vesi escludere che le disposizioni della sentenza, del cui riconoscimento si tratta,
producano effetti contrari all’ordine pubblico.
Infatti, la Suprema Corte nella soggetta materia ha chiarito che attiene in realtà
all’«ordine pubblico» solo l’esigenza che lo scioglimento del matrimonio venga
pronunciato solo all’esito di un rigoroso accertamento – condotto nel rispetto dei
diritti di difesa delle parti, e sulla base di prove non evidenzianti dolo o collusione
delle parti stesse – dell’irrimediabile disfacimento della comunione familiare, il
quale ultimo costituisce l’unico inderogabile presupposto delle varie ipotesi di
divorzio previste dall’art. 3 della legge n. 898/1970 (segnatamente, cosı́ Cass., n.
10378/2004) nonché precisando che il principio della non contrarietà all’ordine
pubblico della sentenza straniera di divorzio comporta che ad essa non può essere
attribuita efficacia nell’ordinamento italiano solo se non abbia accertato, pur in
presenza di presupposti in parte differenti da quelli previsti dal diritto interno il
venir meno della comunione di vita e di affetti tra i coniugi; pertanto non può
ritenersi contraria all’ordine pubblico la sentenza statunitense di divorzio pur in
assenza di una pregressa separazione personale dei coniugi e nonostante la previ-
sione dell’affido congiunto del figlio minore ad entrambi i genitori non accompa-
gnato dalla predeterminazione di regole di comportamento dei genitori stessi (cfr.
Cass., n. 16978/2006).
In tale prospettiva, devesi osservare che alla sentenza di divorzio in discorso
risulta sotteso siffatto accertamento dell’irreversibile dissoluzione della comunione
familiare a seguito della condotta violenta del marito, comprovata dalle documen-
tate lesioni personali dallo stesso arrecate al coniuge.
In particolare, sono insuscettibili di essere condivisi i profili di preteso contra-
sto con l’ordine pubblico, ravvisati dal convenuto in riferimento all’affidamento del
figlio alla madre, ai limiti dell’esercizio del diritto di visita del genitore non affida-
tario ed alla mancata previsione dell’ordinamento straniero dell’affidamento condi-
viso. In proposito va osservato che l’affidamento condiviso dei figli è stato previsto
nell’ordinamento italiano come regola generale soltanto dalla l. 8 febbraio 2006 n.
54, modificativa dell’art. 155 cod. civ., e che, comunque, nell’ordinamento italiano
172 giurisprudenza italiana
non vige assolutamente alcun divieto riguardo all’affidamento del minore ad uno
solo dei genitori.
Quanto, poi, al diritto di visita del genitore non affidatario occorre rimarcare
che tale diritto risulta effettivamente riconosciuto nella sentenza di divorzio in
oggetto e che le concrete modalità di esercizio di tale diritto ineriscono alla valu-
tazione della specifica situazione sottoposta a giudizio, come tali rimanendo estra-
nee all’ambito di operatività dei principi di. ordine pubblico.
Né attengono all’ambito della cognizione demandata nel presente giudizio di
riconoscimento le disposizioni della convenzione dell’Aja del 1980, delle quali si
tratterà, se del caso, in sede esecutiva di attuazione della sentenza straniera, dinanzi
al giudice competente.
Infine, risulta all’evidenza infondata la tesi, prospettata dal Procuratore Gene-
rale, ma non dal convenuto, secondo cui difetterebbe la giurisdizione del giudice
del Marocco, con la conseguente insussistenza del requisito previsto dalla lettera a
dell’art. 64 della legge n. 218/1995.
Infatti, nel caso in esame il matrimonio è stato contratto in Casablanca, come
risulta dalla trascrizione agli atti dello stato civile del Comune di Genova..., tra una
cittadina marocchina ed un cittadino italiano, entrambi residenti in Casablanca,
come indicato nell’intestazione della sentenza straniera di divorzio. Soccorre, per-
tanto, l’insegnamento della Suprema Corte, inteso ad affermare che la formulazione
prescelta, in tema di presupposti per il riconoscimento in Italia delle sentenze
straniere, dalla lett. a dell’art. 64 della legge n. 218/1995 di riforma del sistema
di diritto internazionale privato italiano, allorché riprendendo fra l’altro l’analogo
requisito fissato dall’ormai abrogato art. 797 n. 1 cod. proc. civ. – richiede che il
giudice straniero che abbia pronunciato la sentenza straniera potesse «conoscere
della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell’ordina-
mento italiano», non intende designare altro concetto che quello secondo cui «tali
principi non siano altro che quegli stessi in base ai quali, in casi corrispondenti, il
giudice italiano esercita la sua giurisdizione nei confronti dello straniero» e che in
base all’art. 64 lett. a della legge n. 218/1995 la competenza internazionale del
giudice straniero si accerta secondo i principi in base ai quali il giudice italiano
esercita in casi analoghi la giurisdizione nei confronti dello straniero; fra tali criteri è
il luogo della celebrazione del matrimonio, previsto dall’art. 32 della stessa legge (in
particolare, cosı́ Cass., n. 20378 del 2004, citata).
Dalle considerazioni che precedono discende l’accertamento della sussistenza
di tutti i requisiti per il riconoscimento, con il conseguente accoglimento dell’atto-
rea domanda.
La statuizione sulle spese del giudizio – da distrarsi in favore del difensore –
dichiaratosi antistatario – segue la soccombenza, criterio dall’applicazione del quale
non sussiste ragione alcuna per discostarsi.
* Tra le sentenze citate in motivazione possono leggersi in questa Rivista: Cass. s.u., 18
novembre 2008 n. 27338, ivi, 2009, p. 670 ss.; Cass., 28 marzo 2003 n. 4742, ivi, 2004, p.
1070 s. (breve).
174 giurisprudenza italiana
nota del Consolato generale d’Italia a Toronto sulle modalità formali necessarie per
la trascrizione nei registri italiani delle sentenze canadesi di divorzio).
Al riguardo va ricordato che, in tema di riconoscimento di sentenze straniere, gli
artt. 64 ss. della legge n. 218/1995, più volte citata, nulla dispongono in ordine alla
autenticazione o validazione della sentenza straniera, presupponendo che, alla stregua
delle norme di diritto internazionale vigenti nello Stato cui è chiesto il riconosci-
mento, la sentenza sia incontrovertibilmente corrispondente al documento originale
formato dal giudice straniero. In particolare, ove non sia applicabile la convenzione
sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata all’Aja il 5 otto-
bre 1961 e ratificata dall’Italia con l. 20 dicembre 1966 n. 1253, come si verifica nel
caso in esame concernente sentenza emessa da giudice di Paese (Canada) che non ha
prestato adesione alla predetta convenzione, è necessaria la legalizzazione; mentre,
ove la sentenza provenga da giudice di Stato che ha aderito alla ripetuta convenzione,
è sufficiente il rilascio, da parte dell’autorità designata dallo Stato di formazione
dell’atto, di apposita apostille, peraltro pure mancante con riguardo alla sentenza
di divorzio qui dedotta, da apporre sull’atto stesso o su un suo foglio di allunga-
mento, secondo il modello allegato alla medesima Convenzione.
In assenza, dunque, della necessaria forma legale di autenticità del documento
(legalizzazione o apostille), il giudice italiano non può attribuire efficacia validante a
mere certificazioni di cancelleria dell’ufficio di provenienza dell’atto di altro pub-
blico ufficiale dello Stato estero (conformi: Cass., 14 novembre 2008 n. 27282; e 28
marzo 2003 n. 4742).
Alla stregua di tutto quanto precede, va pertanto dichiarata l’inammissibilità
della domanda per mancanza di interesse ad agire, non essendo necessario l’inter-
vento giurisdizionale per il riconoscimento, in Italia, della sentenza straniera de qua,
peraltro non ancora munita dei requisiti formali di autenticità.
L’esito raggiunto assorbe ogni altra questione.
Attesa la soccombenza dell’attrice e la contumacia del convenuto, nulla va
disposto in merito alle spese processuali.
Nel procedimento relativo a Pirani, Ferri, Barbetti P., Barbetti F., Barbetti G.
Ai sensi degli artt. 240 cod. pen. e 174 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, deve
essere ordinata la confisca del predetto bene culturale di interesse storico e archeolo-
gico di proprietà dello Stato italiano, al tempo dei fatti alienabile solo con la prescritta
autorizzazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 826 e 828 cod. civ. e 23 e 24
della legge 1º giugno 1939 n. 1089, ora inalienabile ai sensi del combinato disposto
degli artt. 54 comma 2 lett. a e 61 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, e il cui trasfe-
rimento all’estero è nullo ai sensi dell’art. 35 della legge n. 1089/1939 applicabile
ratione temporis. 1*
* Si veda in materia l’articolo del prof. Scovazzi a p. 5 ss. di questo fascicolo della Rivista;
cfr. ivi, a p. 149 ss., anche l’ordinanza del Tribunale di Pesaro 12 giugno 2009.
giurisprudenza italiana 177
legittimo proprietario, in presenza di tutti gli elementi costitutivi di cui all’art. 1153
cod. civ., ovvero, un titolo idoneo, la consegna materiale del bene e uno stato di
buona fede soggettiva, peraltro, da presumersi, salvo prova contraria da offrire da
parte del dominus.
Ciò posto, nell’esaminare le complesse problematiche giuridiche sottese alla
vicenda in esame, appare opportuno delineare nelle linee essenziali, il quadro
normativo che nel nostro ordinamento disciplina il regime di circolazione dei beni
culturali ed, in particolare, di quelli di interesse storico ed archeologico, categoria in
cui rientra certamente la statua denominata «Atleta Vittorioso» e ciò, anche e
soprattutto in considerazione delle allegazioni difensive.
La prima fondamentale legge di riferimento in materia di beni culturali ed in
particolare di beni archeologici, è sicuramente la legge n. 1089 del 1939, anche se
già una prima tutela per tale categoria di beni si rinviene nella l. 12 giugno 1902 n.
185 che ne stabiliva la inalienabilità considerandoli beni indisponibili e nella legge
n. 364/1909 che prevedeva per i reperti archeologici solo un regime di proprietà
pubblica.
La legge n. 1089 del 1939, pur senza procedere a qualificare il genus beni
culturali, ne consentiva l’alienazione previa autorizzazione ministeriale, ai sensi degli
artt. 23-24 «secondo una disciplina analoga a quella dei beni pubblici rientranti nel
patrimonio indisponibile». 1 Infatti la legge n. 1089 del 1939 stabiliva negli artt. 23 e
24 che sia le cose mobili, che quelle immobili, quando appartengono allo Stato, alle
province o ai comuni, sono inalienabili, ma che il Ministro della pubblica istruzione
sentito il Consiglio superiore delle antichità e belle arti, può autorizzarne l’aliena-
zione, purché non derivi danno alla loro conservazione e non ne sia menomato il
pubblico godimento. Per la legge speciale quindi, le cose di interesse storico ed
archeologico erano disciplinate secondo un regime che si ispirava al criterio della
semplice indisponibilità, quello cioè che il codice civile adotta nei riguardi dei beni
che fanno parte del patrimonio indisponibile, i quali per la loro particolare condi-
zione giuridica, non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi
previsti dalle leggi che li riguardano (regime poi ribadito nell’art. 828 cod. civ.).
L’art. 35 della stessa legge, subordinava l’esportazione del bene culturale ar-
cheologico al rilascio di un attestato di libera circolazione, c.d. «licenza di esporta-
zione», mentre l’art. 66 della legge n. 1089/1939, prevedeva la confisca delle cose di
interesse storico-archeologico esportate abusivamente, cioè in assenza dell’attestato
di libera circolazione.
Con l’entrata in vigore del codice civile, il legislatore ha inserito tra i beni
appartenenti al demanio pubblico, agli artt. 822-824 cod. civ. anche i beni immobili
riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in ma-
teria; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, delle biblioteche e infine gli altri beni
assoggettati al regime proprio del demanio pubblico. Nel successivo art. 823 cod.
civ. viene stabilito un regime di inalienabilità assoluta dei beni facenti parte del
demanio pubblico.
Con la previsione di un divieto assoluto di alienazione per i beni elencati
nell’art. 822 cod. civ. è stato inserito «un primo elemento di antinomia nella ma-
1
Buonauro, Articolo 53, Beni del demanio culturale, in Leone, Tarasco (a cura di),
Commentario al codice dei beni culturali e del paesaggio, 2006, p. 377.
giurisprudenza italiana 179
teria», 2 atteso che è stato previsto un regime giuridico diverso da quello introdotto
dalla legge speciale del 1939.
Il contrasto è stato risolto dalla giurisprudenza nel senso della abrogazione della
norma anteriore per effetto di quella successiva incompatibile con la prima, con
conseguente superamento della disciplina stabilita dagli artt. 23 e 24 della legge n.
1089/1939, a favore di un regime di inalienabilità assoluta ed inusucapibilità ex art.
823 cod. civ.
Con riferimento al bene in contestazione, tuttavia, il codice civile non ha
introdotto nessuna sostanziale innovazione, atteso che con la previsione dell’art.
826 cod. civ., le cose di interesse storico ed archeologico sono state inserite nel
patrimonio indisponibile dello Stato, regime che comporta come conseguenza una
limitazione soltanto relativa alla facoltà di alienare, ai sensi dell’art. 828 cod. civ.
Ne deriva che l’alienazione che abbia per effetto il mutamento della destina-
zione del bene o che comunque, sia avvenuta in violazione delle leggi che lo
riguardano, deve ritenersi viziata con conseguente annullabilità del negozio giuri-
dico. 3
La successiva legge n. 127 del 1997 all’art. 12 comma 3 ripristinava una disci-
plina unitaria rendendo applicabili alle alienazioni dei beni di interesse storico ed
artistico effettuate dallo Stato, dai Comuni e dalle Province, «le disposizioni di cui
all’articolo 24 e seguenti della legge 1º giugno 1939, n. 1089».
Due anni dopo, il d.lgs. n. 490 del 29 ottobre 1999 ristabiliva il principio della
inalienabilità assoluta dei beni culturali di cui all’art. 822 cod. civ., appartenenti agli
enti pubblici territoriali, assoggettandoli al regime proprio del demanio pubblico.
In questo contesto normativo caratterizzato da continui ripensamenti, è inter-
venuto il d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, recante «Il Codice dei beni culturali e del
paesaggio», che ha organizzato e ricondotto ad unità il sistema, con diverse inno-
vazioni, ma sempre nel senso di una sostanziale continuità con la legge n. 1089 e il
t.u. del 1999.
Il codice Urbani all’art. 54 distingue tra le tipologie dei beni culturali, quelli
assolutamente inalienabili previsti dall’art. 54 e le restanti species di beni culturali,
per i quali è confermato un regime di inalienabilità relativa, essendo la circolazione
degli stessi sottoposta ad un sistema di controllo preventivo di tipo autorizzativo.
Con la disciplina prevista nell’art. 54, il legislatore ha distinto tre ipotesi «con
una graduazione correlata alla diversa intensità della funzione culturale attribuita a
ciascuna tipologia di bene: 1) beni per i quali, coerentemente alla natura demaniale,
vige il divieto assoluto di alienazione (art. 54 commi 1 e 2, ad eccezione della lett. a;
2) beni per i quali è previsto il divieto di alienabilità, a condizione che il procedi-
mento di verifica dell’interesse culturale dia esito positivo (art. 54 comma 2 lett. a);
3) i restanti beni demaniali soggetti ad un divieto di alienazione relativo, perché
collegato ad una autorizzazione ministeriale, la quale rappresenta anche un prov-
vedimento implicito di sdemanializzazione». 4
In sostanza, secondo la previsione dell’art. 54, i beni elencati dai commi 1 e 2
2
Buonauro, Articolo 53 cit.
3
Cass. s.u., 6 aprile 1966 n. 898, in Foro italiano - giurisprudenza costituzionale e civile,
2962; TAR Toscana, Sez. I, 5 maggio 2003 n. 1488.
4
Buonauro, Articolo 54, Beni del demanio culturale, in Commentario cit., p. 383.
180 giurisprudenza italiana
(ad eccezione della lett. a del secondo comma) sono quelli dotati di forte valenza
culturale per i quali la tutela è massima e si concretizza in una permanente sottra-
zione a qualsivoglia regime circolatorio.
Il reperto che viene nel caso di specie in rilievo può essere annoverato entro la
fattispecie di cui all’art. 54 comma 2 lett. a, che si riferisce alle «cose immobili e
mobili appartenenti ai soggetti indicati dall’art. 10, comma 1» (ossia Stato, Regioni,
altri enti pubblici territoriali, ogni altro ente ed istituto pubblico, persone giuridiche
private senza fine di lucro) «che siano opera di autore non piú vivente e la cui
esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, fino alla conclusione del procedimento
di verifica previsto dall’art. 12» (la norma è stata modificata dal d.lgs. 24 marzo
2006 n. 156 con cui è stato eliminato il riferimento al procedimento di sdemania-
lizzazione che «poteva provocare problemi di coordinamento delle disposizioni»). 5
È stato previsto anche in tal caso un divieto assoluto di alienazione: si tratta del
«secondo livello di protezione (che) ha natura sostanzialmente cautelare in quanto è
destinato fondamentalmente ad evitare che alcuni beni presuntivamente interes-
santi (in quanto ultracinquantennali ed opera di autore non piú vivente) possano
essere indiscriminatamente alienati. Per questi opera una sorta di presunzione di
interesse pubblico, che può essere superata solo a seguito di uno specifico proce-
dimento amministrativo di valutazione della rilevanza culturale degli stessi». 6
Il divieto assoluto di alienazione di cui all’art. 54 comma 2 lett. a, è strettamente
correlato e trova conferma nell’art. 65 dello stesso codice, che in materia di circo-
lazione in ambito internazionale, vieta «l’uscita definitiva dal territorio della Repub-
blica dei beni culturali mobili indicati nell’art. 10, commi 1, 2 e 3. È vietata altresı́
l’uscita: a) delle cose mobili appartenenti ai soggetti indicati all’art. 10, comma 1,
che siano opera di autore non piú vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre
cinquanta anni, fino a quando non sia effettuata la verifica prevista dall’art. 12».
4. L’acquisto di beni mobili culturali in violazione dei divieti di legge. Regime
della invalidità dell’alienazione. Il reperto è attualmente detenuto dal Paul Getty
Trust che lo ha acquistato, come già detto, nel 1977.
È necessario quindi verificare la natura e la rilevanza giuridica nel nostro
ordinamento della relazione materiale tra il bene ed il soggetto che ne ha la dispo-
nibilità, tenuto conto delle circostanze di fatto e delle modalità dell’acquisto, come
delineate al par. 2, dopodiché, si dovrà accertare se tale dominio possa essere
sussunto nel concetto di appartenenza a cui fa riferimento tanto il comma 3 dell’art.
174 d.lgs. n. 42/2004, quanto il comma 2 n. 2 dell’art. 240 cod. pen.
Le due norme appaiono, entrambe, astrattamente rilevanti in quanto la prima
impone la confisca dei beni culturali illecitamente esportati, salvo che appartengano
a persona estranea al reato; mentre la seconda (comma 2 n. 2) impone la confisca
delle cose la cui alienazione costituisce reato, qualora la circolazione non possa
avvenire neppure mediante autorizzazione amministrativa, anche se appartenenti
a terzi di buona fede.
In tale prospettiva, appare opportuno considerare innanzitutto la normativa in
5
Rossi, La circolazione dei beni culturali, in Commentario al codice dei beni culturali e
del paesaggio, 2007, p. 241, nota 4.
6
Buonauro, Articolo 54 cit., p. 383.
giurisprudenza italiana 181
7
In tal senso, tra le altre, Cass. s.u., 15 maggio 1971 n. 590, in Foro it., 1971, I, 2829;
Cass., 14 febbraio 1975 n. 590, in Foro it., 1975, I, 1107; Cass. s.u., 9 dicembre 1985 n. 6180,
in Giust. civ. Mass., 1985, fasc. 12; 24 novembre 1989 n. 5070; Cass., 12 giugno 1990 n. 5688,
in Rep. Giur. it., 1990, voce «Antichità e belle arti», n. 26; 26 aprile 1991 n. 4559, in Mass.
Giur. it., 1991, 385.
8
Si veda ora l’art. 61 comma 4 d.lgs. n. 42/2004.
9
Va sin d’ora evidenziato come la fattispecie concreta riguardasse la cessione, da parte
del rettore della Chiesa di S. Maria delle Grazie in San Sepolcro, di due sportelli di un taber-
nacolo senza la prescritta autorizzazione amministrativa. L’acquirente provvedeva quindi a
rivenderli ad un terzo di buona fede che, a conclusione del procedimento penale, ne riven-
dicava la proprietà chiedendone la restituzione; si trattava, pertanto, di alienazione di bene
appartenente ad ente o istituto legalmente riconosciuto diverso dallo Stato o da altro ente
o istituto pubblico ex art. 26 legge n. 1089/1939. Si è in particolare sottolineato come nel caso
di bene appartenente allo Stato o ad altro ente di cui all’art. 23 si sarebbe trattato di bene
extra commercium (Deangeli, Sull’opponibilità al terzo di buona fede della nullità dell’aliena-
zione di bene artistico, in Giur. it., 1994, I, 1245).
182 giurisprudenza italiana
rispetto di tale specifico divieto impedisce l’applicabilità nella specie della regola
generale per il trasferimento della proprietà dei beni mobili posta dall’art. 1153 cod.
civ., secondo cui l’immissione nel possesso mediante consegna della cosa ‘‘vale
titolo’’ (sana, cioè, l’inefficacia del titolo a produrre il trasferimento della proprietà,
inefficacia dovuta al fatto che, pur essendo idoneo alla causa sua tipica a provo-
carlo, proviene a non domino). Deve, infatti, ritenersi che la consegna della cosa...,
cui l’art. 1153 cod. civ. si riferisce per produrre gli effetti ivi stabiliti, debba essere
non vietata dalla legge per motivi di ordine superiore all’interesse privato alla
certezza del commercio mobiliare che la predetta norma vuole assicurare» (Cass.,
7 aprile 1992 n. 4260, in Giur. it., 1994, I, 1248).
Ancora piú incisiva, seppur fondata su argomentazioni diverse la recentissima
sentenza Cass. pen., 27 gennaio 2009 (ud. 4 dicembre 2008) n. 3712, la quale ha
statuito che «l’art. 61 della legge» n. 1089/1939 «dichiara nulli di pieno diritto le
alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere aventi ad oggetto beni
vincolati» con ciò ponendo un divieto assoluto non solo di alienazione ma anche
di consegna dei beni del patrimonio artistico, appartenenti in Italia in gran parte ad
enti morali cui si riferisce la sezione prima del capo terzo della legge citata, al di
fuori delle procedure previste dalla legge con riguardo alla denuncia imposta affin-
ché lo Stato possa esercitare il diritto di prelazione ed al divieto di consegna nel
termine previsto per l’esercizio di tale diritto, con conseguente nullità assoluta non
solo della prima «alienazione» ma anche di quelle successive, indipendentemente
dalla buona fede dell’acquirente. Orbene la limitazione del divieto previsto dalla
legge soltanto agli atti di compravendita, proposta dal ricorrente, cozza, prima
ancora che con la ratio, con la stessa lettera della legge che dichiara la nullità di
pieno diritto di tutti gli atti giuridici in genere attraverso cui si trasferisce la pro-
prietà, con conseguente inapplicabilità della regola generale di cui all’art. 1153 cod.
civ. tutte le volte in cui il primo acquisto sia avvenuto in violazione delle procedure
di legge. Ne consegue che l’acquirente finale del bene appartenente al patrimonio
artistico dello Stato... non può invocare la buona fede ovvero la esistenza di un
primo acquisto a titolo originario (quale l’acquisto all’asta del bene) poiché tutti gli
atti giuridici di acquisto di tali beni sono nulli, se non sono state esperite le pro-
cedure di legge, come espressamente disposto dalla norma citata, che... ha voluto
evitare, con espressioni addirittura enfatiche, l’aggiramento del divieto legislativo
attraverso atti giuridici di qualsiasi tipo che consentissero al terzo di invocare la
propria buona fede qualora, al momento dell’acquisto, non si fosse accertato della
esistenza della previa autorizzazione ministeriale alla alienazione. 10
10
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava la confisca dell’opera d’arte deno-
minata «Polittico Mormino attribuito al pittore bolognese Antonio Rimpatta». Si legge nella
sentenza «Il Polittico Mormino era stato acquistato da un privato nel 1977 a seguito di una
espropriazione mobiliare promossa dalla Esattoria Comunale di Napoli e successivamente,
dopo alcuni passaggi, era pervenuto al Maj e quindi era entrato in possesso di tale Poma Ar-
naldo residente in Svizzera; rientrato in Italia, per esigenze di restauro, il Polittico era stato
oggetto di contestazione tra privati ed in tale ambito era iniziato, su denuncia del Maj, il pro-
cedimento penale per appropriazione indebita a carico del terzo, poi esteso al Maj e concluso
con la archiviazione per il Maj per prescrizione e per il terzo per insussistenza delle condizioni
previste dall’art. 10 cod. pen., con contestuale confisca dell’opera, di rilevante valore artistico
che era già stata consegnata, nel 1992, alla Sovrintendenza per i beni storici ed artistici di Fi-
giurisprudenza italiana 183
renze la quale aveva provveduto ad importanti opere di restauro con fondi pubblici» (Cass.
pen., n. 3712/2009 cit.). Come si vede, la Suprema Corte, con la pronuncia da ultimo indi-
cata, pur ponendosi nel solco dell’indirizzo già tracciato (viene infatti valorizzato il divieto di
consegna ex art. 32), se ne discosta allorché qualifica la nullità di cui all’art. 61 della legge
come nullità assoluta.
11
De Martino, Del possesso, in Commentario Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1984,
p. 76 s.; Mengoni, Gli acquisti «a non domino», Milano, 1975, p. 184. In giurisprudenza si
veda Cass., 6 aprile 1982 n. 2103, in Giur. it., I, 1, 821.
184 giurisprudenza italiana
riconoscimento della proprietà originaria dello Stato italiano sul bene, in base alle
considerazioni svolte nei paragrafi precedenti. Al riguardo infatti, la Corte Su-
prema con la sentenza n. 1321 del 10 giugno 1974 (Foro it., 1975, II, 237) ha
affermato: «La confisca – che si pone come strumento di acquisto a titolo origi-
nario ed in favore dello Stato delle cose che ne sono oggetto – non può essere
disposta su cose di interesse storico, il cui rinvenimento ne abbia già comportato
l’acquisto in favore dello Stato. In tale evenienza, infatti, vi sarebbe incompatibilità
logica e giuridica tra i due titoli, non potendosi acquistare la proprietà della cosa
già propria». Tale principio ribadito anche recentemente dal Giudice di legittimità
(cfr. Cass. pen., 16 ottobre 1978, in Foro it., 1979, II, 576 e, piú recentemente, da
Cass. pen., sent. 28 aprile 2004 n. 23295, imp. Paleologo) appare pienamente
condivisibile quando il bene illegittimamente acquistato da un privato, da un ente
o da persona giuridica, si trovi già nel territorio nazionale, potendo in tal caso lo
Stato ottenere la restituzione del bene anche facendo ricorso ai suoi poteri di
autarchia ed autotutela.
Si deve tuttavia rilevare che, quando i beni si trovano all’estero, in territorio
non soggetto alla sovranità dello Stato italiano, il diritto di proprietà a titolo
originario (derivante dalla natura di bene di interesse archeologico, che ne
comporta l’assegnazione al patrimonio indisponibile dello Stato) risulta in con-
creto attuabile solo attraverso gli strumenti di cooperazione internazionale, che
tuttavia spesso presuppongono un formale provvedimento di confisca, che,
qualora concesso, verrà poi inviato all’Autorità richiesta per un formale ricono-
scimento.
Si evidenzia infatti che proprio la previsione di un particolare meccanismo
costituito da strumenti di natura civilistica e di diritto internazionale fondati su
accordi specifici di assistenza e collaborazione tra Stati, conferma la necessità, nel
caso di detenzione all’estero del bene, di un preventivo provvedimento ablativo che
lo Stato richiedente potrà far valere al fine di promuoverne l’azione di restituzione
avanti al tribunale del luogo in cui si trova il bene sottratto o illecitamente espor-
tato. Tale particolare tipo di azione per i beni illecitamente esportati che si trovino
in uno Stato membro dell’Unione, è disciplinata dagli artt. 75 ss. del codice Urbani,
mentre, se il bene è stato rubato o illecitamente esportato in uno Stato che non fa
parte dell’Unione, l’art. 87 del codice Urbani rinvia alle disposizioni della conven-
zione Unidroit del 24 giugno 1995.
Nel caso di specie, il bene illecitamente esportato non si trova in uno Stato
membro dell’Unione europea e non appare neppure applicabile la convenzione
Unidroit richiamata dall’art. 87, in quanto non risulta che gli Stati Uniti abbiano
mai ratificato il suddetto atto internazionale, di guisa che il provvedimento ablativo
diventa titolo necessario per consentire allo Stato di rientrare in possesso del bene,
atteso che lo Stato italiano non può autonomamente riconoscersi un titolo origina-
rio di proprietà, quando non è in grado di affermare la propria signoria sul bene,
proprio perché si trova all’estero.
Si deve ancora rilevare che secondo il costante orientamento della Suprema
Corte, il provvedimento ablativo può prescindere da un previo provvedimento di
sequestro, in quanto la confisca: «non presuppone necessariamente il sequestro, né
deve immancabilmente essere preceduta da detto provvedimento cautelare, ogni
volta che i beni sono altrimenti individuabili» (cfr. Cass., 29 gennaio 2008 n. 6383).
186 giurisprudenza italiana
P.Q.M., (il Tribunale), visti gli artt. 240 cod. pen., 666, 667, 676 cod. proc.
pen., 174 del d.lgs. n. 42/2004, ordina la confisca della statua denominata «L’Atleta
Vittorioso» attribuita allo scultore greco Lisippo attualmente detenuta dal J. Paul
Getty Museum ovunque essa si trovi.
giurisprudenza italiana 187
Curatela del Fallimento della s.p.a. Costruzioni Callisto Pontello (avv. Gesmundo) contro
Repubblica del Portogallo - Ministero dei lavori pubblici e dei trasporti (intimati).
Fatto. Con il ricorso sopra indicato al T.A.R. del Lazio, la società Costruzioni
Callisto Pontello s.p.a. chiedeva, ai sensi dell’art. 62 della l. 31 maggio 1995 n. 218,
la condanna del Ministero dei lavori pubblici della Repubblica del Portogallo al
risarcimento dei danni ad essa cagionati dalla esclusione da più gare di appalto
indette dalla controparte, per la costruzione di strade in territorio portoghese, per
eccesso di ribasso nelle offerte di più imprese concorrenti e, in particolare, per la
mancata aggiudicazione alla ricorrente dell’appalto IP2 Sohaleira - Castelo Branco,
annullata al pari delle altre aggiudicazioni con offerte più basse, con sentenza del 7
dicembre 1999 del Supremo Tribunale amministrativo del Portogallo, per essere
illegittimo e contrario alla disciplina comunitaria (direttive 93/37/CEE e 89/440) e
alla normativa interna, l’inadempimento dalla stazione appaltante dell’obbligo di
invitare i partecipanti alla gara a giustificare la loro offerta.
Si costituiva il Ministero dei lavori pubblici e dei trasporti della Repubblica del
Portogallo, che impugnava quanto dedotto da controparte, chiedendo il rigetto del
ricorso, perché inammissibile, irricevibile e infondato, senza eccepire il difetto di
giurisdizione del giudice italiano.
Dichiarata fallita la società ricorrente dal Tribunale di Firenze nel 2004, il
giudizio dinanzi al T.A.R. del Lazio era stato dichiarato interrotto ed era stato
successivamente riassunto dal curatore fallimentare nel luglio del 2008; lo stesso
curatore ha proposto il presente regolamento, per il sopravvenuto dubbio sul
potere cognitivo del giudice adito, sia in quanto giudice italiano che come giudice
amministrativo, chiedendo a questa Corte di accertare: 1) la proponibilità della
domanda risarcitoria, per violazione della normativa comunitaria dalla controparte
intimata in questa sede, non riguardando la controversia l’esercizio di poteri sovrani
o autoritativi di questa, ma il solo inadempimento di obblighi sorti in base alla
normativa comunitaria; 2) la giurisdizione, su tale domanda, del giudice italiano, in
mancanza del rifiuto di questa dalla resistente Repubblica portoghese; 3) l’accerta-
mento di detta giurisdizione interna, anche per essersi il danno prodotto in Italia,
* Tra le decisioni delle Sezioni Unite citate in motivazione possono leggersi in questa Ri-
vista le seguenti; ord. 25 febbraio 2009 n. 4461, ivi, 2009, p. 713 ss.; ord. 1º ottobre 2009 n.
21053, ivi, 2010, p. 462 ss.; ord. 24 ottobre 2006 n. 22818, ivi, 2008, p. 549 (breve); 23 novem-
bre 2000 n. 1200, ivi, 2001, p. 994 ss.; ord. 17 dicembre 2007 n. 26479, ivi, 2008, p. 785 ss.
188 giurisprudenza italiana
liana iniziata nel 2002 riservata alla cognizione dei giudici amministrativi per l’en-
trata in vigore della l. 21 luglio 2000 n. 205 che attribuisce alla giurisdizione
esclusiva di tali giudici ogni causa in materia di affidamento di appalti di lavori.
La domanda pertanto è stata correttamente proposta al Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, identificato in rapporto allo Stato, cioè l’Italia, ove l’evento
dannoso costituito dal mancato guadagno dell’appalto non stipulato si è prodotto e
dove comunque dovrà darsi esecuzione all’eventuale condanna del resistente stra-
niero (cosı́ s.u., ord. 17 dicembre 2007 n. 26479).
Pertanto, trattandosi di azione di risarcimento del danno per lesione di interessi
legittimi in materia riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,
che deve estendersi anche ai diritti patrimoniali consequenziali e ai risarcimenti del
danno, il giudice italiano cui spetta la cognizione della causa principale è quello
adito, dinanzi al quale il processo deve essere proseguito.
Nulla deve disporsi per le spese del presente procedimento incidentale, che
restano a carico della Curatela ricorrente, non essendosi difesi in questa sede i
resistenti del processo principale, che non si sono opposti alle richieste dell’istante.
Osserva. Il Tribunale è chiamato a stabilire, ai sensi degli artt. 112 e 116 cod.
civ., se l’Ufficiale dello stato civile presso il Comune di Ragusa si sia o meno
legittimamente rifiutato, in data 23 febbraio 2010, di celebrare il matrimonio tra
gli odierni ricorrenti. In particolare, va accertato se lo stesso abbia operato in
conformità alle previsioni di cui al novellato art. 116 cod. civ. ovvero non abbia
fatto corretta applicazione di tale norma.
In altri termini, occorre valutare solo se il M., alla data del 23 febbraio 2010,
fosse regolarmente o meno soggiornante nel territorio italiano. Recita l’art. 5
comma 1 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 che «possono soggiornare nel territorio
dello Stato gli stranieri entrati regolarmente al sensi dell’art. 4, che siano muniti di
carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati e in corso di validità a
norma del presente testo unico».
Ai sensi del quarto comma dello stesso articolo, poi, il rinnovo del permesso di
soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora entro
un determinato termine, diverso a seconda dei motivi per cui lo stesso è stato
rilasciato, comunque anteriormente alla scadenza.
Nel caso di specie, appare certo che il M. ha chiesto il rinnovo del suo permesso
di soggiorno per motivi di lavoro abbondantemente dopo la scadenza dello stesso
(oltre tre anni dopo) e che, dopo la presentazione dell’istanza di rinnovo, costui, per
ragioni ignote a questo Ufficio, non ha collaborato con l’autorità cui è demandata
l’istruttoria e l’evasione della sua richiesta, omettendo di presentarsi alla Questura
di Ragusa per la convocazione del 6 novembre 2009 (v. nota 27 febbraio 2010 della
Questura di Ragusa, diretta al difensore del M., depositata nel fascicolo di que-
st’ultimo).
Tale convocazione era stata disposta dalla Questura di Ragusa dopo la presen-
tazione, ad opera del M., in data 22 ottobre 2009, dell’istanza di rinnovo del
permesso di soggiorno già scaduto, tenendo conto del fatto che la legge impone
all’amministrazione (vedi ultimo comma dell’art. 4 del d.lgs. n. 286/1998) di prov-
vedere al rilascio, rinnovo o conversione dei permesso di soggiorno entro venti
giorni dalla data di presentazione della relativa domanda.
Appare cosı́ evidente che il M., nel giorno in cui avrebbe dovuto essere cele-
brato il matrimonio con E.L. e nel tempo in cui si è proceduto alle pubblicazioni,
non era titolare di permesso di soggiorno in corso di validità, ma solo di un
permesso di soggiorno già scaduto e per il quale aveva presentato domanda di
rinnovo (il 22 ottobre 2009). Il tardivo inoltro della relativa domanda non esclude
automaticamente la possibilità del rinnovo, dovendo l’amministrazione valutare le
ragioni del ritardo (Consiglio di Stato, 17 agosto 2000 n. 368 e 9 dicembre 2002 n.
6687), come la presentazione anche tempestiva dell’istanza di rinnovo non implica
che lo stesso sarà sicuramente rinnovato, occorrendo valutare la persistenza delle
condizioni per il soggiorno.
192 giurisprudenza italiana
È stato pure affermato, per le ragioni suddette, che la semplice scadenza del
permesso di soggiorno riscontrabile dagli atti d’ufficio non costituisce automatica-
mente motivo per l’espulsione dello straniero che abbia stabilito in Italia la sede del
suoi affari e dei suoi affetti (Consiglio di Stato, 17 agosto 2000, n. 368).
Ne deriva che lo straniero che abbia presentato con ritardo l’istanza di rinnovo
deve considerarsi come colui che sia entrato regolarmente in Italia e sia in attesa di
conseguire il permesso di soggiorno.
L’Ufficiale di stato civile del Comune di Ragusa, nel caso di specie, ha rifiutato
lo celebrazione del matrimonio interpretando l’art. 116 cod. civ. e le norme di
riferimento alla fattispecie, anche della circolare n. 19 in data 7 agosto 2009 del
Ministero dell’interno, nel senso di escludere che il M., nelle condizioni suesposte,
potesse considerarsi regolarmente soggiornante in Italia. Tale circolare risulta ema-
nata a seguito dell’entrata in vigore della l. 15 luglio 2009 n. 94, che, all’art. 1, ha
novellato l’art. 116 cod. civ. aggiungendo che lo straniero il quale vuole contrarre
matrimonio nello Stato deve presentare all’ufficiale dello stato civile anche «un
documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».
Dato per pacifico che appare probatorio di detta condizione il permesso di
soggiorno, la circolare si prefigge di interpretare la norma in esame per stabilire
quali documenti possano pure provare detta condizione, posto che la stessa non
richiede la produzione del permesso di soggiorno in corso di validità o per il quale
sia stata inoltrata l’istanza di rinnovo nei termini di legge, ma solo la produzione di
un «documento» attestante la regolarità del soggiorno nello Stato.
Essa stabilisce, tra l’altro, che lo straniero in attesa di rilascio del permesso di
soggiorno per lavoro subordinato, per provare la sua condizione di soggetto rego-
larmente soggiornante in Italia al fine di poter contrarre matrimonio, deve produrre
il contratto di soggiorno, la domanda di rilascio del permesso di soggiorno presen-
tata allo Sportello unico per l’immigrazione e la ricevuta rilasciata dall’Ufficio
postale attestante l’avvenuta presentazione della richiesta del permesso di sog-
giorno. Stabilisce, poi, che, per contro, lo straniero, in attesa del rinnovo del
permesso di soggiorno deve produrre, per provare di essere regolarmente soggior-
nante in Italia, la ricevuta della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno e il
permesso da rinnovare «al fine di verificare che la presentazione dell’istanza sia
avvenuta nei termini di legge».
Nel caso di specie, il M. ha prodotto questi due ultimi documenti, ma il
Comune di Ragusa ha ritenuto che non ricorressero le condizioni richieste dalla
legge in quanto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, pur se presentata dal
M. prima della richiesta di pubblicazioni del matrimonio, non sarebbe valutabile al
fini della regolarità del suo soggiorno in Italia in quanto inoltrata dopo la scadenza
dei termini fissati dalla legge allo scopo.
Una tale valutazione è stata fondata sulla circolare de qua, che impone agli
ufficiali di stato civile di richiedere, oltre a quella dell’avvenuta presentazione del-
l’istanza di rinnovo, anche la prova che la stessa sia presentata nei termini di legge
(con la produzione del permesso scaduto).
Una tale interpretazione della norma di legge in esame non appare condivisi-
bile.
Come osservato, lo straniero che abbia presentato in ritardo l’istanza di rinnovo
si trova nella stessa condizione di quello che, entrato regolarmente in Italia, sia in
giurisprudenza italiana 193
attesa del permesso di soggiorno, condizione che la stessa circolare suddetta ritiene
idonea a soddisfare i requisiti di cui all’art. 116 cod. civ.
Ove si ritenga che lo straniero entrato regolarmente in Italia e in attesa di
ottenere il permesso di soggiorno possa contrarre matrimonio, ex art. 116 cod.
civ., in quanto ritenuto regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, sarebbe
irragionevole ritenere che non sia in tale condizione e non possa contrarre matri-
monio colui che sia entrato regolarmente in Italia ed abbia conseguito il permesso
di soggiorno e che, seppure con ritardo, ne abbia chiesto il rinnovo dopo la sua
scadenza, posto che costui non è irregolare, ma in attesa del provvedimento ammi-
nistrativo che consenta il suo soggiorno in Italia per il tempo previsto dalla legge.
Ne deriva che, nel caso di specie, il M. ha documentato la sua condizione di
straniero regolarmente soggiornante in Italia, equiparabile a quello dello straniero
che sia entrato regolarmente e sia in attesa del permesso di soggiorno già richiesto.
Pertanto, deve considerarsi illegittimo il rifiuto della celebrazione del matrimonio
frapposto dall’Ufficiale della stato civile del Comune di Ragusa. Certo, non è dato
sapere se l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno da costui presentata tardi-
vamente potrà essere accolta o meno, ma si tratta di una valutazione che spetta
all’autorità competente e non all’ufficiale di stato civile. Neppure rileva in questa
sede che il M. non si sia presentato in Questura per il giorno fissato ai fini del-
l’audizione in relazione alla sua istanza di rinnovo, perché le ragioni di tale mancata
presentazione potranno essere valutate solo dall’amministrazione deputata a prov-
vedere sulla sua istanza. Ne deriva che deve ordinarsi al Comune di Ragusa di
celebrare il matrimonio in oggetto. D’altra parte, questa è l’unica interpretazione
della norma costituzionalmente orientata e, diversamente, si porrebbe la questione
della sua legittimità costituzionale (vedi, anche se per profili diversi, l’ordinanza 3
aprile 2008 con la quale il Tribunale di Venezia ha rimesso alla Corte Costituzionale
una questione di legittimità costituzionale di altre norme del codice civile sempre in
materia di matrimonio).
Invero, il diritto di sposarsi configura un diritto fondamentale della persona
umana, come riconosciuto sia a livello sovranazionale (dagli artt. 12 e 16 della
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, dagli artt. 8 e 12 CEDU
e dagli artt. 7 e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea procla-
mata a Nizza il 7 dicembre 2000), che a livello costituzionale (dall’art. 2 Cost.).
Un tale diritto va inteso nella sua accezione positiva di libertà di contrarre
matrimonio con la persona prescelta (Corte Costituzionale, n. 445/2002) e in quella
negativa di libertà di non sposarsi (Corte Costituzionale, n. 166/1998).
La libertà di sposarsi (o di non sposarsi) e di scegliere il coniuge in assoluta
autonomia (e qui viene in gioco anche una tale libertà del cittadino italiano, ovvero
la L., anch’ella ricorrente) riguarda la sfera dell’autonomia e dell’individualità e,
quindi, una scelta sulla quale lo Stato, che tutela la famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio (art. 29 Cost.), non può interferire, salvo che non vi siano
interessi prevalenti incompatibili, quali potrebbero essere la salute pubblica, la
sicurezza o l’ordine pubblico.
Interessi prevalenti di tale rango non sussistono nel caso di specie, non essendo
il M., per quel che risulta dagli atti e per quel che risultava all’ufficiale dello stato
civile al momento di celebrare il matrimonio, un clandestino o un soggetto perico-
loso per la sicurezza pubblica, tanto che l’amministrazione non si è curata di
espellerlo nonostante sia rimasto in Italia per oltre tre anni con permesso di sog-
194 giurisprudenza italiana
giorno scaduto e ciò neppure dopo avere appreso, attraverso la formale richiesta di
rinnovo del permesso di soggiorno da costui formulata, della condizione in cui
versa lo stesso. Pertanto, si ribadisce che l’interpretazione della norma sostenuta
dal Comune di Ragusa, sulla scorta della suindicata circolare del Ministero dell’in-
terno, oltre a non essere aderente alla lettera e allo spirito dell’art. 116 cod. civ.,
come novellato, renderebbe quest’ultimo di dubbia legittimità costituzionale. Pe-
raltro, l’interpretazione operata da questo Collegio non appare in contrasto con la
suddetta circolare e, anzi, è pienamente coerente con la stessa.
Ne segue la fondatezza del ricorso.
L’istanza risarcitoria appare inammissibile in questa sede (di volontaria giuri-
sdizione).
Essa è stata probabilmente formulata nella convinzione che il presente ricorso
potesse qualificarsi come ricorso contro atti discriminatori ai sensi degli artt. 43 e 44
del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, ma appare evidente che lo stesso debba essere
qualificato come ricorso ex art. 112 cod. civ., tanto che è stata necessaria la deli-
berazione collegiale, senza contare che il rifiuto opposto dall’Ufficiale dello stato
civile non appare ispirato a ragioni discriminatorie per ragioni di razza, colore o
nazionalità dei ricorrenti, quanto ad una non corretta interpretazione dell’art. 116
cod. civ. Poiché il Comune di Ragusa si è determinato a non celebrare il matrimonio
sulla scorta delle circolare suddetta, che induce, anche se non necessariamente, ad
un’interpretazione conforme a quella di detto ente locale, e visto che non sono
ravvisabili comportamenti discriminatori per ragioni legate alla condizione di stra-
niero del M., sussistono gravi motivi per compensare interamente tra le parti le
spese processuali.
P.Q.M., (il Tribunale), visti gli artt. 112 e 116 cod. civ. e 737 cod. proc. civ.,
ordina all’Ufficiale di stato civile del Comune di Ragusa di celebrare il matrimonio
tra M.E. e L.E., sopra generalizzati. Dichiara inammissibile l’istanza risarcitoria e
compensa interamente tra le parti le spese processuali.
Mogavero e Arcidiacono (avv. Adragna, Colbertaldo) contro Chifari E., Andò (avv. Riccio,
Gioia, Spedale) e Chifari F. (intimato).
zione di Roma del 19 giugno 1980 – che ai sensi dell’art. 1 lett. e non si applica al
diritto delle società e in particolare alla loro costituzione – né l’art. 25 disp. prel. cod.
civ. 1*
GIURISPRUDENZA IN BREVE
Corte di Cassazione, 7 luglio 2008 n. 18613, G.L.M. (avv. Rizzo, Bernardini De Pa-
ce) c. G.F. (avv. Punzi).
cazione del primo criterio di collegamento previsto dal sistema del diritto internazio-
nale privato per la regolamentazione dei rapporti tra le parti di un giudizio di
separazione personale, che è quello della legge ‘‘comune dei coniugi al momento
della domanda’’ (legge n. 218 del 1995, art. 31), cioè, nel caso di specie, quella
italiana, avendo entrambe le parti tale cittadinanza. Pur non essendo identici i con-
cetti di ‘‘nazionalità’’ e di ‘‘cittadinanza’’, come può desumersi dagli stessi diritti e
doveri che la Costituzione garantisce a tutti i cittadini italiani, indipendentemente
dalla loro nazionalità (art. 13 Cost. ss.), gli stessi sono di regola identificati nella
legislazione (legge n. 218 del 1995, art. 29 cpv.) e dalla giurisprudenza di questa
Corte, per la individuazione delle leggi applicabili nel diritto di famiglia (cosı́ Cass.,
14 settembre 2007 n. 19239, 24 gennaio 2007 n. 1609, 11 febbraio 2000 n. 1505).
«L’acquiescenza della G. alla statuizione della Corte d’Appello sull’accerta-
mento della cittadinanza italiana di lei, stante la irrilevanza delle contestazioni
proposte solo in sede di udienza di discussione orale su tale punto fondamentale
per la decisione, comporta l’assenza di qualsiasi rilievo, nel caso, della ‘‘legge dello
Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata’’ (legge n. 218 del
1995, artt. 29 e 31), non essendosi dedotto da nessuna delle parti tempestivamente
che, nella presente controversia, il G.F. e la G. abbiano ‘‘diverse cittadinanze o più
cittadinanze comuni’’ (cosı́ il citato art. 29 della riforma del sistema di diritto
internazionale privato).
«Pertanto, nella fattispecie, i rapporti nascenti dalla separazione personale delle
parti, entrambe, con cittadinanza italiana, non andavano regolati in base alla legge
dello Stato in cui esse avevano vissuto per un tempo maggiore durante il loro
matrimonio, cioè con il criterio della c.d. localizzazione prevalente della vita ma-
trimoniale, essendovi una legge comune ad entrambe le parti e quindi non vi è stata
la violazione di legge denunciata con il primo motivo né assume rilievo alcuno la
pretesa insufficiente motivazione sui presupposti di fatto di detta localizzazione, di
cui al secondo motivo del ricorso principale».
Corte di Cassazione, sentenza 16 giugno 2009 n. 13936, B.L. (avv. Tirini) c. F.T.
(avv. Pietroforte) e Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i mino-
renni di Bari (intimato).
Corte di Cassazione, 15 marzo 2010 n. 6197, C.B. (avv. Gullotta, Tirini) c. T.B.
(avv. Rossi) e Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Na-
poli (intimata).
Corte di Cassazione penale, sentenza 19 gennaio 2010 n. 2950, sul ricorso proposto
da M.G.L.
Corte di Cassazione penale, sentenza 19 gennaio 2010 n. 2951, sul ricorso proposto
da M.G.
Italia, nei cui confronti era stato emesso un mandato d’arresto da parte dell’autorità
giudiziaria rumena.
Nel primo, deciso con sentenza 19 gennaio 2010 n. 2950, la Corte (pres. Di
Virginio, rel. Conti, p.m. Selvaggi, conf.) ha rigettato il ricorso proposto avverso la
sentenza con cui la Corte di Appello di Torino aveva disposto la consegna all’au-
torità giudiziaria rumena del ricorrente, cittadino rumeno, nei cui confronti era
stato emesso mandato d’arresto europeo cosı̀ motivando:
«Ad avviso della Corte il ricorso è infondato.
«In base al costante orientamento di questa Corte, ai fini dell’applicabilità del
particolare regime di consegna disciplinato dalla l. 22 aprile 2005 n. 69, art. 19 lett.
c, occorre avere riguardo ad una nozione di residenza che si renda funzionale alla
assimilazione, operata dalla citata norma, della categoria dello straniero residente
allo status del cittadino; con la conseguenza che assume rilievo l’esistenza di un
radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in ..., che dimostri che il
predetto abbia ivi istituito, con continuità temporale e sufficiente stabilità territo-
riale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, pro-
fessionali od economici (Cass., sez. VI, 19 marzo 2008 n. 12665); richiedendosi
altresı̀ che tale scelta sia indicativa di una volontà di stabile permanenza nel terri-
torio italiano, per un apprezzabile periodo di tempo (Cass., sez. VI, 28 aprile 2008
n. 17643; Cass., sez. F., 1º settembre 2009 n. 34213).
«In definitiva, per poter considerare sussistente il requisito della residenza in
Italia, occorre che sia dimostrato che l’interessato non soltanto abbia la sua dimora
abituale in un determinato luogo del nostro Paese, ma intenda permanervi stabil-
mente, con ciò stabilendo un radicamento nel territorio nazionale (Cass., sez. VI, 28
aprile 2008 n. 17643, cit.; sez. VI, 15 luglio 2009 n. 33511), dovendosi escludere, in
particolare, che possano di per sé risultare idonee a comprovare la sussistenza del
requisito richiesto dalla legge le certificazioni anagrafiche, aventi un valore mera-
mente indiziario (Cass., sez. V, 15 giugno 2004 n. 28617).
«Nel caso in esame, dalle informazioni acquisite presso la Questura e il Co-
mando Carabinieri e dalla documentazione ad esse allegata si evince che il ricor-
rente vive da solo in ..., ove ha formale residenza, senza stabile lavoro, da epoca non
precisata, e comunque non anteriore al ...; avendo contatti familiari solo con la
madre, che abita altrove.
«Alla stregua di simili emergenze, non è possibile parlare di uno stabile radi-
camento del ricorrente nel territorio nazionale, nei termini richiesti dalla giurispru-
denza di questa Corte; non avendo d’altro canto il medesimo offerto elementi di
fatto idonei a rappresentare una diversa realtà.
«Pertanto, in mancanza di prova della effettiva residenza del ricorrente in ..., il
presente giudizio può ben essere definito in modo indipendente dalla risoluzione
della proposta questione di legittimità costituzionale della legge n. 69 del 2005, art.
18 comma 1 lett. r.
«Infatti, il L., a prescindere dalla eventuale incostituzionalità della norma in
esame, nei termini prospettati nel ricorso non può di certo invocare l’applicazione
della causa di rifiuto della consegna prevista dalla stessa disposizione di legge».
Nel secondo caso, deciso con sentenza 19 gennaio 2010 n. 2951 la Corte di
Cassazione penale (pres. Di Virginio, rel. Milo, p.m. Selvaggi, conf.) ha rigettato il
ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Bologna si era
pronunciata in senso favorevole alla sussistenza delle condizioni per disporre la
giurisprudenza italiana 203
consegna all’autorità giudiziaria rumena del ricorrente, cittadino rumeno, nei cui
confronti era stato emesso mandato d’arresto europeo, cosı̀ motivando:
«Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.
«La doglianza del ricorrente, in sostanza, ...mira ad accreditare una interpre-
tazione estensiva della legge n. 69 del 2005, art. 18 lett. r, per armonizzarlo con la
previsione del successivo art. 19 lett. c relativa all’esecuzione ‘‘condizionata’’ del
m.a.e. processuale nei confronti del ‘‘cittadino o residente’’ nello Stato italiano.
«Al fine dell’applicabilità del particolare regime di consegna disciplinato da
quest’ultima disposizione, occorre avere riguardo ad una nozione di residenza che si
renda funzionale alla assimilazione, operata dalla norma, della categoria dello stra-
niero residente allo status del cittadino, con la conseguenza che assume rilievo
l’esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia,
che dimostri che egli abbia ivi istituito, con continuità temporale e sufficiente
stabilità territoriale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi
affettivi, professionali o economici. La scelta della persona interessata deve, in
sostanza, essere indicativa della volontà, non solo in termini di contingente attualità
ma di organico progetto di vita, visto anche in prospettiva, di stabile permanenza
sul territorio nazionale e di integrazione nella relativa realtà sociale (cfr. Cass., 19
marzo 2008 n. 12665; 28 aprile 2008 n. 17643; 1º settembre 2009 n. 34213).
«Ciò posto, rileva la Corte che, nel caso in esame, come agevolmente si evince
dalle informazioni acquisite tramite i Carabinieri e dalla documentazione ad esse
allegata, il ricorrente non versa in tale condizione. Risulta, infatti, che è immigrato
dalla ...; ha svolto in... (contratto non rinnovato). Se è vero che, nel breve periodo di
permanenza in Italia, ha vissuto con la madre e con la sorella minore, tale circo-
stanza, di per sé, non è indicativa di un radicamento reale nel nostro territorio,
difettando – per altro – elementi in tale senso anche con riferimento ai suoi fami-
liari».
GIURISPRUDENZA DELL’UNIONE EUROPEA
* Testo non autentico tratto gratuitamente dal sito web ufficiale della Corte di giustizia.
La sentenza della Corte di giustizia 16 luglio 2009, in causa C-168/08, citata in motivazione,
può leggersi in questa Rivista, 2010, p. 176 ss.
«b) de procédures de divorce intentées par l’épouse après le 1er mai 2004
devant les juridictions d’un autre État (Royaume-Uni), qui était un État membre
durant toute la période pertinente?
«Les époux ont tous deux eu leur résidence permanente, durant toute la
période pertinente, dans l’État Y (Royaume-Uni).
«Les époux ont tous deux, durant toute la période pertinente, eu la citoyenneté
de l’État X (Chypre)».
Sur la question préjudicielle
17. En vertu de l’art. 104 par. 3, second alinéa du règlement de procédure,
lorsque la réponse à une question posée à titre préjudiciel ne laisse place à aucun
doute raisonnable, la Cour peut statuer par voie d’ordonnance motivée.
18. La Cour, ayant informé la juridiction nationale et entendu les intéressés
visés à l’art. 23 du statut de la Cour de justice, estime que le présent renvoi
préjudiciel peut recevoir une réponse sur le fondement de ladite disposition.
19. Par sa question, la juridiction de renvoi demande, en substance, à la Cour si
le règlement, notamment les règles de compétence judiciaire énoncées dans ce
dernier, peut s’appliquer au litige pendant devant elle.
20. À cet égard, M. Michalias fait valoir, conformément aux articles 2 par. 1, 42
et 46 du règlement, que l’Oikogeneiako Dikastirio est compétent pour statuer dans
le cadre tant de la procédure de divorce intentée devant cette juridiction que de
l’action en divorce introduite devant la juridiction britannique, étant donné que les
deux époux sont des ressortissants chypriotes.
21. Mme Ioannou-Michalia estime que le règlement n’attribue pas de compé-
tence aux juridictions chypriotes pour connaı̂tre d’un recours formé devant elles
avant l’adhésion de cet État à l’Union. Les tribunaux chypriotes ne seraient compé-
tents que pour connaı̂tre des actions intentées après l’entrée en vigueur dudit
règlement à Chypre, à savoir après le 1er mai 2004. Par ailleurs, les juridictions
britanniques seraient compétentes pour statuer sur la procédure de divorce intro-
duite devant elles.
22. Quant à la question préjudicielle posée sous a), les gouvernements chy-
priote, tchèque, allemand, hongrois et portugais ainsi que la Commission des
Communautés européennes considèrent que les articles 2, 42 et 46 du règlement
doivent être interprétés en ce sens que ce règlement n’est pas applicable aux
procédures judiciaires intentées après son entrée en vigueur, mais avant que l’État
devant les juridictions duquelles la procédure a été engagée ne devienne un État
membre de l’Union.
23. S’agissant de la question préjudicielle posée sous b), le gouvernement
allemand soutient qu’elle est irrecevable. Selon le gouvernement portugais, une fois
que la première juridiction saisie s’est déclarée incompétente pour connaı̂tre de ce
litige, la juridiction saisie en second lieu est incompétente pour y donner suite. De
l’avis de la Commission, la procédure de divorce entamée par Mme Ioannou-Mi-
chalia devant les juridictions britanniques est régie par le règlement.
24. Afin de répondre à la question posée, il y a lieu de rappeler, à titre liminaire,
que la Cour a jugé que le règlement n’était applicable aux États ayant adhéré à
l’Union le 1er mai 2004 qu’à partir de cette date (voir, en ce sens, arrêt du 16 juillet
2009, Hadadi, C-168/08, non encore publié au Recueil, point 26).
25. Dans l’affaire au principal, il convient de relever également que, conformé-
giurisprudenza dell’unione europea 207
ment à l’art. 1er par. 2 de l’acte relatif aux conditions d’adhésion à l’Union européenne
de la République tchèque, de la République d’Estonie, de la République de Chypre,
de la République de Lettonie, de la République de Lituanie, de la République de
Hongrie, de la République de Malte, de la République de Pologne, de la République
de Slovénie et de la République slovaque, et aux adaptations des traités sur lesquels est
fondée l’Union européenne (JO 2003, L 236, p. 33), lu en combinaison, d’une part,
avec les articles 2 et 24 ainsi qu’avec l’annexe VII de l’acte relatif aux conditions
d’adhésion de ces États et, d’autre part, avec l’art. 42 par. 1 du règlement, ce dernier
n’est pas applicable à une procédure judiciaire pendante dans un État membre,
lorsque celle-ci a été intentée avant la date d’adhésion de cet État à l’Union.
26. Il importe d’observer, en outre, qu’aucune des dispositions relevées ci-
dessus ne contient une règle permettant une application rétroactive du règlement
à des demandes introduites devant une juridiction des États susmentionnés avant la
date d’adhésion de ces derniers à l’Union.
27. S’agissant de la disposition de nature transitoire, figurant à l’art. 42 par. 2
dudit règlement, il y a lieu de souligner que, ainsi que la Commission l’a fait
remarquer à juste titre, cette disposition ne porte pas sur les décisions relatives à
la compétence d’une juridiction. La règle qui y est énoncée vise à permettre la
reconnaissance de décisions judiciaires intervenues après l’entrée en vigueur du
règlement, même si les recours ont été formés à une date antérieure, à condition
toutefois que la compétence internationale ait été fondée sur des règles prévues au
chapitre II du règlement.
28. Or, ainsi qu’il ressort du cadre factuel et juridique du litige au principal, les
conditions d’application de ladite règle transitoire, définies à l’art. 42 par. 2 dudit
règlement, ne sont pas remplies.
29. Il en résulte que la juridiction de renvoi doit examiner sa compétence au
regard des conventions internationales qui lient son État ainsi que de son droit
interne dans le domaine considéré et non pas sur le fondement des dispositions du
règlement.
30. En ce qui concerne le dernier volet de la question préjudicielle, il suffit
d’observer que la juridiction de renvoi ne saurait être compétente pour statuer sur
une demande de divorce introduite devant la juridiction d’un autre État membre.
31. Il convient dès lors de répondre à la question posée que le règlement n’est
pas applicable à une action en divorce intentée devant une juridiction d’un État
avant que ce dernier ne devienne un État membre de l’Union.
Sur les dépens
32. La procédure revêtant, à l’égard des parties au principal, le caractère d’un
incident soulevé devant la juridiction de renvoi, il appartient à celle-ci de statuer sur
les dépens. Les frais exposés pour soumettre des observations à la Cour, autres que
ceux desdites parties, ne peuvent faire l’objet d’un remboursement.
Per «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore», ai sensi
dell’art. 10 lett. b, iv del regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, va
intesa una decisione definitiva, adottata sulla scorta di una disamina completa del-
l’insieme degli elementi pertinenti, con la quale il giudice competente si pronuncia
sulla disciplina della questione dell’affidamento del minore, disciplina che non è piú
soggetta ad altre decisioni amministrative o giudiziarie. Il carattere definitivo della
decisione non viene meno per il fatto che la disciplina della questione dell’affidamento
del minore preveda una revisione o un riesame periodico entro un certo periodo, o in
funzione di certe circostanze, di tale questione. Un provvedimento provvisorio non
configura pertanto una decisione siffatta e non può costituire il fondamento di un
trasferimento di competenza ai giudici dello Stato membro verso il quale il minore è
stato illecitamente trasferito.
La decisione del giudice competente che disponga il ritorno del minore rientra
nell’ambito di applicazione dell’art. 11 par. 8 del regolamento (CE) n. 2201/2003
anche qualora non sia preceduta da una decisione definitiva adottata dal medesimo
giudice sul diritto di affidamento del minore.
Ai sensi dell’art. 47 par. 2, secondo comma del regolamento (CE) n. 2201/2003
una decisione emessa successivamente da un giudice dello Stato membro di esecuzione,
che attribuisca un diritto di affidamento provvisorio e sia considerata esecutiva ai sensi
della legge di tale Stato, non è opponibile all’esecuzione di una decisione certificata,
emessa anteriormente dal giudice competente dello Stato membro di origine e con la
quale era stato disposto il ritorno del minore.
L’esecuzione di una decisione certificata non può essere negata nello Stato mem-
bro di esecuzione adducendo un mutamento delle circostanze, sopravvenuto dopo la
sua emanazione, tale per cui l’esecuzione potrebbe ledere gravemente il superiore
interesse del minore. Un mutamento del genere dev’essere dedotto dinanzi al giudice
competente dello Stato membro di origine, al quale dovrebbe essere presentata anche
l’eventuale domanda di sospensione dell’esecuzione della sua decisione. 1*
* Testo non autentico tratto gratuitamente dal sito web ufficiale della Corte di giustizia.
Entrambe le sentenze della Corte di giustizia citate in motivazione possono leggersi in questa
Rivista: 11 luglio 2008, in causa C-195/08 PPU, ivi, 2008, p. 1134 ss.; 23 dicembre 2009, in
causa C-403/09 PPU, ivi, 2010, p. 526 ss.
giurisprudenza dell’unione europea 209
Alpago relativamente al ritorno in Italia della loro figlia Sofia, che si trova in Austria
con la madre, e al diritto di affidamento di tale minore.
Contesto normativo
La convenzione dell’Aja del 1980
3. L’art. 3 della convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili
della sottrazione internazionale di minori (in prosieguo: la «convenzione dell’Aja
del 1980») cosı́ recita:
«Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito:
«a) quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una per-
sona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla
legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale imme-
diatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e
«b) se tali diritti [erano] effettivamente esercitati, individualmente o congiun-
tamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o
avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze.
«Il diritto di custodia citato al capoverso a) di cui sopra può in particolare
derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o
da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato».
4. L’art. 12 di tale convenzione dispone quanto segue:
«Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi del-
l’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal tra-
sferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell’istanza
presso l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il
minore, l’autorità adita ordina il suo ritorno immediato.
«L’autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del
periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del
minore, a meno che non sia dimostrato che il minore sia integrato nel suo nuovo
ambiente.
«Se l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto ha motivo di
ritenere che il minore è stato condotto in un altro Stato, essa può sospendere la
procedura o respingere la domanda di ritorno del minore».
5. Ai sensi dell’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980:
«Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’autorità giudiziaria o
amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore
qualora la persona, istituzione od ente che si oppone al ritorno dimostri:
«a) che la persona, l’istituzione o l’ente cui era affidato il minore non esercitava
effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato
rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato
ritorno; o
«b) che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto
del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione
intollerabile.
«L’autorità giudiziaria o amministrativa può altresı́ rifiutarsi di ordinare il
ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno e che
ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del
suo parere.
«Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le autorità giudiziarie e
210 giurisprudenza dell’unione europea
12. Ai sensi dell’art. 10 del regolamento, che contiene norme specifiche sulla
competenza nei casi di sottrazione di minori:
«In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giuri-
sdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale
immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la com-
petenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un
altro Stato membro e:
«a) se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affida-
mento ha accettato il trasferimento o mancato rientro
«o
«b) se il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno
da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha
avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si
trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle
seguenti condizioni:
«i) entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto
conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si
trovava non è stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle
autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal
quale non ha fatto rientro;
«ii) una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento è
stata ritirata e non è stata presentata una nuova domanda entro il termine di cui al
punto i);
«iii) un procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale dello Stato membro
nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferi-
mento o del mancato rientro è stato definito a norma dell’articolo 11, paragrafo 7;
«iv) l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la
residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato
ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del
minore».
13. L’art. 11 del regolamento, intitolato «Ritorno del minore», cosı́ dispone:
«1. Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affida-
mento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un
provvedimento in base alla [convenzione dell’Aja del 1980] per ottenere il ritorno
di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro
diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale imme-
diatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i para-
grafi da 2 a 8.
«2. Nell’applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell’Aja del 1980, si
assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non
appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità.
«3. Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il
ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della do-
manda stessa, utilizzando le procedure piú rapide previste nella legislazione nazio-
nale.
«Fatto salvo il primo comma l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui
circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al piú tardi sei
settimane dopo aver ricevuto la domanda.
212 giurisprudenza dell’unione europea
«Il certificato ha effetto soltanto nei limiti del carattere esecutivo della sen-
tenza».
19. L’art. 47 del regolamento, rubricato «Procedimento di esecuzione», stabi-
lisce quanto segue:
«1. Il procedimento di esecuzione è disciplinato dalla legge dello Stato membro
dell’esecuzione.
«2. Ogni decisione pronunciata dall’autorità giurisdizionale di uno Stato mem-
bro e dichiarata esecutiva ai sensi della sezione 2 o certificata conformemente
all’articolo 41, paragrafo 1, o all’articolo 42, paragrafo 1, è eseguita nello Stato
membro dell’esecuzione alle stesse condizioni che si applicherebbero se la decisione
fosse stata pronunciata in tale Stato membro.
«In particolare una decisione certificata conformemente all’articolo 41, para-
grafo 1, o all’articolo 42, paragrafo 1, non può essere eseguita se è incompatibile
con una decisione esecutiva emessa posteriormente».
20. L’art. 60 del regolamento, sotto il titolo «Relazione con talune convenzioni
multilaterali», dispone che, nei rapporti tra gli Stati che ne sono parti, tale regola-
mento prevale, segnatamente, sulla convenzione dell’Aja del 1980.
Causa principale e questioni pregiudiziali
21. Come risulta dal fascicolo di causa sottoposto alla Corte, la sig.ra Povse e il
sig. Alpago hanno convissuto more uxorio fino alla fine del mese di gennaio del
2008 con la figlia Sofia, nata a Vittorio Veneto il 6 dicembre 2006. Ai sensi dell’art.
317-bis del codice civile italiano, l’esercizio della potestà spettava congiuntamente a
entrambi i genitori. Alla fine del mese di gennaio del 2008 la coppia si è separata e
la sig.ra Povse ha lasciato l’abitazione comune, accompagnata dalla figlia Sofia.
Sebbene il Tribunale per i minorenni di Venezia, con provvedimento provvisorio
e urgente emesso su istanza del padre l’8 febbraio 2008, avesse disposto a carico
della madre il divieto di espatriare con la bambina, nel febbraio del 2008 essa si è
recata con la figlia in Austria, dove vivono da allora.
22. Il 16 aprile 2008 il sig. Alpago ha adito il Bezirksgericht Leoben (giudice di
primo grado del circondario di Leoben, Austria) per ottenere il ritorno della figlia
in Italia in forza dell’art. 12 della convenzione dell’Aja del 1980.
23. Con decreto del 23 maggio 2008 il Tribunale per i minorenni di Venezia ha
revocato il divieto di espatrio della madre con la figlia e ha disposto temporanea-
mente l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori, precisando al contempo che
la figlia poteva, fino all’adozione della decisione definitiva, risiedere in Austria con
la madre, alla quale tale giudice attribuiva il potere di prendere le «decisioni
concernenti l’ordinaria amministrazione». Con lo stesso decreto il giudice italiano
disponeva che il padre partecipasse alle spese di mantenimento della figlia, stabiliva
modi e tempi di visita di quest’ultimo alla figlia e ordinava una consulenza tecnica
d’ufficio per verificare i rapporti esistenti tra la bambina e i genitori.
24. Nonostante tale decisione, risulta dalla relazione peritale redatta il 15 mag-
gio 2009 dal consulente tecnico d’ufficio cosı́ designato che le visite del padre erano
permesse dalla madre solo in maniera minima ed insufficiente a valutare i rapporti
del padre con la figlia, soprattutto dal punto di vista delle competenze genitoriali,
ragion per cui il consulente dichiarava di non essere in grado di assolvere il proprio
incarico in maniera completa e nell’interesse della minore.
25. Il 3 luglio 2008 il Bezirksgericht Leoben ha respinto la domanda del sig.
giurisprudenza dell’unione europea 215
Alpago del 16 aprile 2008, ma il 1º settembre 2008 tale decisione è stata annullata
dal Landesgericht Leoben (giudice di secondo grado per il Land di Leoben, Au-
stria) sulla base del rilievo che il sig. Alpago non era stato ascoltato, come impone
l’art. 11 par. 5 del regolamento.
26. Il 21 novembre 2008 il Bezirksgericht Leoben ha nuovamente respinto la
domanda del sig. Alpago, fondandosi sul decreto del Tribunale per i minorenni di
Venezia del 23 maggio 2008, da cui risultava che la minore poteva restare provvi-
soriamente presso la madre.
27. Il 7 gennaio 2009 il Landesgericht Leoben ha confermato la decisione di
rigetto della domanda del sig. Alpago evocando un grave rischio di danno psichico
per la minore, ai sensi dell’art. 13 lett. b della convenzione dell’Aja del 1980.
28. La sig.ra Povse ha adito il Bezirksgericht Judenburg (Austria), competente
per territorio, chiedendo l’affidamento della figlia. Il 26 maggio 2009 tale giudice,
senza concedere al sig. Alpago la facoltà di esprimersi, in conformità del principio
del contraddittorio, si è dichiarato competente in forza dell’art. 15 par. 5 del
regolamento, e ha chiesto al Tribunale per i minorenni di Venezia di declinare la
propria competenza.
29. Tuttavia, già in data 9 aprile 2009 il sig. Alpago aveva adito il Tribunale per
i minorenni di Venezia, nell’ambito del procedimento ivi pendente sul diritto di
affidamento, chiedendo che fosse disposto il ritorno della figlia in Italia ai sensi
dell’art. 11 par. 8 del regolamento. Nel corso di un’udienza tenutasi dinanzi a tale
giudice il 19 maggio 2009, la sig.ra Povse si è dichiarata disponibile a seguire un
progetto di incontri tra padre e figlia predisposto dal consulente tecnico d’ufficio.
Essa non ha fatto menzione del procedimento giudiziario intentato dinanzi al
Bezirksgericht Judenburg, sfociato nella citata decisione 26 maggio 2009.
30. Il 10 luglio 2009 il Tribunale per i minorenni di Venezia ha confermato la
propria competenza, dichiarando che a suo giudizio non ricorrevano i presupposti
per un trasferimento di competenza ex art. 10 del regolamento, e ha rilevato che la
consulenza tecnica d’ufficio da esso disposta non aveva potuto essere portata a
termine in quanto la madre non aveva aderito al progetto di incontri elaborato
dal consulente.
31. Con lo stesso decreto del 10 luglio 2009 il Tribunale per i minorenni di
Venezia ha inoltre disposto il ritorno immediato della minore in Italia e ha incari-
cato i servizi sociali del comune di Vittorio Veneto, per l’ipotesi in cui anche la
madre facesse ritorno con la bambina, di mettere a loro disposizione un alloggio e
di predisporre un programma d’incontri con il padre. Il giudice auspicava in tal
modo di ripristinare i contatti tra padre e figlia, che si erano interrotti a causa
dell’atteggiamento della madre. A tal fine il Tribunale per i minorenni di Venezia
ha rilasciato un certificato ex art. 42 del regolamento.
32. Il 25 agosto 2009, il Bezirksgericht Judenburg ha emesso un provvedimento
provvisorio con il quale la minore è stata provvisoriamente affidata alla sig.ra Povse.
Copia di tale provvedimento è stata inviata per posta al sig. Alpago in Italia, senza
informarlo del suo diritto di rifiutarne la ricezione e senza accludere una tradu-
zione. Il 23 settembre 2009 tale provvedimento è divenuto definitivo e dotato di
efficacia esecutiva in diritto austriaco.
33. Il 22 settembre 2009 il sig. Alpago ha chiesto al Bezirksgericht Leoben
l’esecuzione del decreto del Tribunale per i minorenni di Venezia del 10 luglio 2009
che aveva disposto il ritorno della figlia in Italia. Il Bezirksgericht Leoben ha
216 giurisprudenza dell’unione europea
respinto la domanda rilevando che l’esecuzione del decreto del giudice italiano
presentava un grave rischio di danno psichico per la minore. In accoglimento
dell’appello interposto dal sig. Alpago avverso tale decisione, il Landesgericht
Leoben, richiamandosi alla sentenza della Corte 11 luglio 2008, causa C-195/08
PPU, Rinau (in Raccolta, p. I-5271), ha riformato detta decisione e disposto il
ritorno della minore.
34. L’Oberster Gerichtshof (Corte di Cassazione, Austria) è stato adito dalla
sig.ra Povse con ricorso per «Revision» volto a ottenere la cassazione della sentenza
del Landesgericht Leoben e il rigetto della domanda di esecuzione. Tale organo
giurisdizionale, nutrendo dubbi in ordine all’interpretazione del regolamento, ha
deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) Se rientri nella nozione di ‘‘decisione di affidamento che non prevede il
ritorno del minore’’ ai sensi dell’art. 10 lett. b, iv del regolamento... anche un
provvedimento provvisorio con cui si dispone che, fino all’adozione della decisione
definitiva sull’affidamento, ‘‘le decisioni relative al minore’’, in particolare il diritto
di stabilire il luogo di residenza, spettano al genitore che ha sottratto il minore.
«2) Se un decreto che dispone il ritorno del minore rientri nel campo di
applicazione dell’art. 11 par. 8 del regolamento solo qualora il giudice disponga
il ritorno sulla base di una decisione di affidamento da esso stesso adottata.
«3) In caso di soluzione affermativa alla prima e alla seconda questione:
«a) Se nello Stato di esecuzione possa essere eccepita l’incompetenza del giu-
dice dello Stato di origine (prima questione) o l’inapplicabilità dell’art. 11 par. 8 del
regolamento (seconda questione) per opporsi all’esecuzione di una decisione che sia
stata certificata dal giudice di origine ai sensi dell’art. 42 par. 2 del regolamento.
«b) Oppure se, in tale fattispecie, il convenuto debba richiedere la revoca del
certificato nello Stato di origine, con la possibilità di sospendere l’esecuzione nel
secondo Stato fino all’adozione della decisione nello Stato di origine.
«4) In caso di soluzione negativa alle questioni prima e seconda o terza, sub a:
«Se una decisione emanata da un giudice del secondo Stato, da considerarsi
esecutiva ai sensi del diritto di quest’ultimo, con la quale la custodia viene provvi-
soriamente attribuita al genitore che ha sottratto il minore, osti, ai sensi dell’art. 47
par. 2 del regolamento, all’esecuzione di un decreto che dispone il ritorno emesso
precedentemente nello Stato di origine ai sensi dell’art. 11 par. 8 del regolamento
anche quando non impedirebbe l’esecuzione di un provvedimento di ritorno ema-
nato dal secondo Stato ai sensi della convenzione dell’Aja.
5) Qualora anche la quarta questione vada risolta in senso negativo:
«a) Se, nel caso di una decisione certificata dal giudice di origine ai sensi
dell’art. 42 par. 2 del regolamento, il secondo Stato possa rifiutarsi di darvi esecu-
zione qualora, successivamente alla sua adozione, le circostanze siano mutate in
modo tale che ora l’esecuzione sarebbe gravemente lesiva per l’interesse del minore.
«b) Oppure se, in tal caso, il convenuto debba far valere tali mutate circostanze
nello Stato di origine, con la possibilità di sospendere l’esecuzione nel secondo
Stato fino a che sia stata adottata la decisione nello Stato di origine».
Sul procedimento d’urgenza
35. Il giudice del rinvio ha motivato la propria richiesta di trattare il rinvio
pregiudiziale con procedimento d’urgenza ex art. 104-ter del regolamento di pro-
giurisprudenza dell’unione europea 217
cedura affermando che i contatti tra la minore e il padre si sono interrotti. Una
decisione tardiva in merito all’esecuzione del decreto del Tribunale per i minorenni
di Venezia del 10 luglio 2009, che ha disposto il ritorno della minore in Italia,
comporterebbe un ulteriore deterioramento dei rapporti tra padre e figlia ed ac-
crescerebbe quindi il rischio di danno psichico nel caso in cui la minore dovesse
fare ritorno in Italia.
36. Su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, l’11 maggio
2010 la Terza Sezione della Corte ha deciso di accogliere la domanda del giudice a
quo di sottoporre il rinvio pregiudiziale a procedimento d’urgenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
37. È pacifico che la causa principale verte su una fattispecie di trasferimento
illecito di minore ai sensi dell’art. 3, primo comma della convenzione dell’Aja del
1980 e dell’art. 2 n. 11 del regolamento.
38. È altresı́ pacifico che, ai sensi dell’art. 10 del regolamento, il giudice com-
petente, quanto meno al momento della sottrazione della minore, era il Tribunale
per i minorenni di Venezia, giudice del luogo di residenza abituale della minore
prima dell’illecito trasferimento.
Sulla prima questione
39. Con tale questione il giudice del rinvio domanda se, in una fattispecie di
trasferimento illecito di minore, l’art. 10 lett. b, iv del regolamento debba essere
interpretato nel senso che un provvedimento provvisorio va qualificato come «de-
cisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore» ai sensi di tale
disposizione.
40. Occorre sottolineare che il sistema istituito dal regolamento si impernia sul
ruolo centrale conferito al giudice competente ai sensi delle disposizioni del rego-
lamento stesso e che, ai sensi del suo ventunesimo considerando, il riconoscimento
e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro devono fondarsi sul prin-
cipio della fiducia reciproca, mentre i motivi di non riconoscimento dovrebbero
essere limitati al minimo indispensabile.
41. Nel caso di trasferimento illecito di minori, l’art. 10 del regolamento attri-
buisce la competenza, come regola generale, ai giudici dello Stato membro in cui il
minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento. Tale
competenza è in via di principio conservata e si trasferisce solo qualora il minore
abbia acquisito la residenza abituale in un altro Stato membro e, inoltre, ricorra una
delle condizioni alternative previste dallo stesso art. 10.
42. La questione sollevata dal giudice a quo è diretta specificamente ad accer-
tare se, mediante l’adozione di un provvedimento provvisorio, il giudice compe-
tente abbia trasferito la propria competenza, a norma dell’art. 10 lett. b, iv del
regolamento, ai giudici dello Stato membro in cui il minore sottratto è stato con-
dotto.
43. A tal proposito va rilevato che il regolamento mira a dissuadere dal com-
mettere sottrazioni di minori tra Stati membri e, in caso di sottrazione, ad ottenere
che il ritorno del minore sia effettuato al piú presto (v. sentenza Rinau cit., punto
52).
44. Ne consegue che il trasferimento illecito di un minore non dovrebbe, in
218 giurisprudenza dell’unione europea
norma solo qualora si fondi su una decisione definitiva del medesimo giudice in
merito al diritto di affidamento del minore.
52. Si deve rilevare che una siffatta interpretazione, che subordina l’esecuzione
di una decisione del giudice competente con la quale si disponga il ritorno del
minore all’esistenza di una decisione definitiva dello stesso giudice in merito al
diritto di affidamento, non trova alcun fondamento testuale nell’art. 11 del regola-
mento né, specificamente, nel suo par. 8. Al contrario, l’art. 11 par. 8 del regola-
mento fa riferimento a qualunque «successiva decisione che prescrive il ritorno del
minore».
53. Vero è che, ai sensi del par. 7 dello stesso articolo, l’autorità giurisdizionale
o l’autorità centrale dello Stato membro di residenza abituale anteriore deve noti-
ficare alle parti le informazioni che abbia ricevuto in merito a un provvedimento
contro il ritorno del minore adottato nello Stato membro in cui questi è stato
trasferito e invitarle a presentare le proprie conclusioni «affinché [tale autorità]
esamini la questione dell’affidamento del minore». Questa disposizione, tuttavia,
non fa che indicare l’obiettivo finale dei procedimenti amministrativi e giudiziari,
vale a dire la regolarizzazione della situazione del minore, ma da ciò non è lecito
dedurre che la decisione sull’affidamento del minore costituisca una condizione
preliminare all’adozione di una decisione che dispone il ritorno del minore. Tale
decisione intermedia, infatti, è anch’essa volta al conseguimento dell’obiettivo fi-
nale, che è la disciplina della questione dell’affidamento del minore.
54. Analogamente, gli artt. 40 e 42-47 del regolamento non subordinano affatto
l’esecuzione di una decisione emessa ai sensi dell’art. 11 par. 8 e certificata ai sensi
dell’art. 42 par. 1 del regolamento alla previa adozione di una decisione in materia
di affidamento.
55. Questa interpretazione dell’art. 11 par. 8 del regolamento è confermata
dalla giurisprudenza della Corte.
56. La Corte ha dichiarato che, benché intrinsecamente connessa ad altre
materie disciplinate dal regolamento, in particolare al diritto di affidamento, l’ese-
cutività di una decisione che prescrive il ritorno di un minore successiva ad un
provvedimento contro il ritorno beneficia dell’autonomia procedurale, al fine di
non ritardare il ritorno di un minore illecitamente trasferito. Essa ha altresı́ affer-
mato questa autonomia delle disposizioni degli artt. 11 par. 8, 40 e 42 del regola-
mento nonché la priorità riconosciuta alla competenza del giudice di origine nel-
l’ambito del capo III, sezione 4, del regolamento (v., in tal senso, sentenza Rinau
cit., punti 63 e 64).
57. Occorre aggiungere che tale interpretazione è conforme alla ratio del mec-
canismo istituito dagli artt. 11 par. 8, 40 e 42 del regolamento.
58. In base a tale meccanismo, qualora il giudice dello Stato membro in cui il
minore è stato illecitamente trasferito abbia emesso una decisione contro il ritorno
ai sensi dell’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980, il regolamento, che all’art.
60 afferma il proprio primato su tale convenzione nei rapporti tra gli Stati membri,
intende riservare al giudice che sia competente in forza di questo stesso regola-
mento qualunque decisione in merito all’eventuale ritorno del minore. In tal senso,
l’art. 11 par. 8 dispone che una siffatta decisione del giudice competente è esecutiva
conformemente alla sezione 4 del capo III del regolamento, allo scopo di assicurare
il ritorno del minore.
59. Si deve ricordare che il giudice competente, prima di adottare tale deci-
220 giurisprudenza dell’unione europea
sione, deve tener conto dei motivi e degli elementi di prova sulla scorta dei quali è
stata emessa la decisione contro il ritorno. Il fatto che egli abbia preso in conside-
razione tali elementi contribuisce a giustificare l’esecutività della decisione, una
volta che sia stata adottata, in conformità al principio di reciproca fiducia sotteso
al regolamento.
60. Per giunta, tale sistema comporta un duplice esame della questione del
ritorno del minore, garantendo cosı́ una maggiore fondatezza della decisione e una
tutela rafforzata degli interessi del minore.
61. Inoltre, come correttamente rileva la Commissione europea, il giudice cui
spetta pronunciarsi in definitiva sul diritto di affidamento deve disporre della
facoltà di stabilire tutte le modalità e le misure intermedie, ivi inclusa la designa-
zione del luogo di residenza del minore, il che potrebbe eventualmente renderne
necessario il ritorno.
62. L’obiettivo di celerità perseguito dagli artt. 11 par. 8, 40 e 42 del regola-
mento e la priorità attribuita alla competenza del giudice di origine difficilmente
potrebbero conciliarsi con un’interpretazione secondo la quale la decisione di ri-
torno dovrebbe essere preceduta da una decisione definitiva sul diritto di affida-
mento. Un’interpretazione del genere si tradurrebbe in un vincolo tale da obbligare
eventualmente il giudice competente a prendere una decisione sul diritto di affi-
damento senza disporre di tutte le informazioni e di tutti gli elementi pertinenti, né
del tempo necessario a valutarli in modo obiettivo e pacato.
63. Quanto all’argomento secondo il quale un’interpretazione siffatta potrebbe
comportare per il minore una serie di spostamenti inutili, nel caso in cui il giudice
competente dovesse in definitiva attribuire l’affidamento al genitore residente nello
Stato membro del trasferimento, si deve necessariamente sottolineare che l’interesse
a che sull’affidamento definitivo del minore sia resa una decisione giudiziaria giusta
e fondata, la necessità di scoraggiare le sottrazioni di minori nonché il diritto del
minore di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con en-
trambi i genitori prevalgono sugli eventuali inconvenienti che tali spostamenti
potrebbero provocare.
64. Uno dei diritti fondamentali del bambino è infatti quello, sancito dall’art.
24 par. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a
Nizza il 7 dicembre 2000 (Gazz. Uff. Com. eur., C 364, p. 1), di intrattenere
regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, e il rispetto
di tale diritto si identifica innegabilmente con un interesse superiore di qualsiasi
bambino (v. sentenza 23 dicembre 2009, causa C-403/09 PPU, Deticek, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 54). Orbene, è giocoforza constatare che, il piú
delle volte, un trasferimento illecito del minore, a seguito di una decisione presa
unilateralmente da uno dei suoi genitori, priva il bambino della possibilità di
intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con l’altro genitore
(sentenza Deticek cit., punto 56).
65. La correttezza di tale impostazione emerge anche dall’esame della fattispe-
cie di cui è causa.
66. Il decreto del 10 luglio 2009 con il quale il giudice competente ha disposto
il ritorno della minore si fonda, infatti, sulla considerazione che i rapporti tra la
bambina e il padre si sono interrotti. Risponde pertanto al superiore interesse della
minore che tali rapporti siano ripristinati e che, nei limiti del possibile, sia anche
assicurata la presenza della madre in Italia, affinché i rapporti della bambina con
giurisprudenza dell’unione europea 221
74. Per contro, le questioni attinenti alla fondatezza della decisione in quanto
tale, e segnatamente la questione se ricorrano i presupposti perché il giudice com-
petente possa pronunciare tale decisione, ivi incluse le eventuali contestazioni in
merito alla competenza, devono essere sollevate dinanzi ai giudici dello Stato mem-
bro di origine, in conformità delle norme del suo ordinamento giuridico. Del pari,
la domanda di sospensione dell’esecuzione di una decisione certificata può essere
presentata soltanto al giudice competente dello Stato membro di origine, in con-
formità delle norme del suo ordinamento giuridico.
75. Pertanto, contro l’esecuzione di siffatta decisione non vi è alcun mezzo
d’impugnazione esperibile dinanzi ai giudici dello Stato membro del trasferimento,
e le uniche norme giuridiche di tale Stato che siano applicabili sono quelle proce-
durali, ai sensi dell’art. 47 par. 1 del regolamento, vale a dire le modalità di esecu-
zione della decisione. Orbene, un procedimento come quello che costituisce og-
getto della presente questione pregiudiziale non riguarda né requisiti di forma né
questioni procedurali, bensı́ questioni di merito.
76. Di conseguenza, l’incompatibilità, ai sensi dell’art. 47 par. 2, secondo
comma del regolamento, di una decisione certificata con una decisione esecutiva
successiva dev’essere verificata soltanto rispetto alle eventuali decisioni pronunciate
successivamente dai giudici competenti dello Stato membro di origine.
77. Una siffatta incompatibilità si produrrebbe non soltanto nei casi in cui la
decisione fosse annullata o riformata a seguito di un’azione in giudizio nello Stato
membro di origine. Come è stato chiarito in udienza, infatti, il giudice competente
può, d’ufficio o, se del caso, su richiesta dei servizi sociali, ritornare sulla propria
decisione, allorché l’interesse del minore lo esige, e adottare una nuova decisione
esecutiva, senza espressamente revocare la prima, che risulterebbe cosı́ caducata.
78. Ritenere che una decisione emessa successivamente da un giudice dello
Stato membro di esecuzione possa ostare all’esecuzione di una decisione anteriore
certificata nello Stato membro di origine che abbia disposto il ritorno del minore
costituirebbe un’elusione del meccanismo istituito dalla sezione 4 del capo III del
regolamento. Una simile deroga alla competenza dei giudici dello Stato membro di
origine priverebbe di effetto utile l’art. 11 par. 8 del regolamento – che conferisce in
ultima analisi al giudice competente il diritto di decidere e prevale, in forza dell’art.
60 del regolamento, sulla convenzione dell’Aja del 1980 – e riconoscerebbe una
competenza di merito ai giudici dello Stato membro di esecuzione.
79. Di conseguenza, occorre risolvere la quarta questione dichiarando che l’art.
47 par. 2, secondo comma del regolamento dev’essere interpretato nel senso che
una decisione emessa successivamente da un giudice dello Stato membro di esecu-
zione, che attribuisca un diritto di affidamento provvisorio e sia considerata ese-
cutiva ai sensi della legge di tale Stato, non è opponibile all’esecuzione di una
decisione certificata, emessa anteriormente dal giudice competente dello Stato
membro di origine e con la quale era stato disposto il ritorno del minore.
Sulla quinta questione
80. Con tale questione il giudice a quo domanda se l’esecuzione di una deci-
sione certificata possa essere negata nello Stato membro di esecuzione adducendo
un mutamento delle circostanze, sopravvenuto dopo la sua emanazione, tale per cui
l’esecuzione potrebbe ledere gravemente il superiore interesse del minore, o se
invece un tale mutamento debba essere dedotto dinanzi ai giudici dello Stato
giurisprudenza dell’unione europea 223
* Testo non autentico tratto gratuitamente dal sito web ufficiale della Corte di giustizia.
Tra le sentenze della Corte di giustizia citate in motivazione possono leggersi in questa Rivi-
sta: 2 aprile 2009, in causa C-523/07, ivi, 2009, p. 750 ss.; 16 giugno 1981, in causa 166/80,
giurisprudenza dell’unione europea 225
ivi, 1982, p. 141 ss.; 2 maggio 2006, in causa C-341/04, ivi, 2006, p. 1105 ss.; 23 dicembre
2009, in causa C-403/09 PPU, ivi, 2010, p. 526 ss.; 11 luglio 2008, in causa C-195/08 PPU,
ivi, 2008, 1134 ss.; 9 marzo 1978, in causa 106/77, ivi, 1978, p. 616 ss.; 19 giugno 1990, in
causa C-213/89, ivi, 1991, p. 1080 ss.; 8 novembre 2005, in causa C-443/03, ivi, 2006, p. 252
ss.
226 giurisprudenza dell’unione europea
sentare una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto
comunitario (Gazz. Uff. Un. eur., L 151, p. 36).
8. L’art. 11 della convenzione dell’Aja del 1996, contenuto nel suo capitolo II,
rubricato «Competenza», è redatto nei seguenti termini:
«1. In tutti i casi di urgenza, sono competenti ad adottare le misure di prote-
zione necessarie le autorità di ogni Stato contraente sul cui territorio si trovino il
minore o dei beni ad esso appartenenti.
«2. Le misure adottate in applicazione del paragrafo precedente nei confronti
di un minore che abbia la residenza abituale in uno Stato contraente cessano di
avere effetto non appena le autorità competenti ai sensi degli articoli da 5 a 10
hanno adottato le misure imposte dalla situazione.
«3. Le misure adottate in applicazione del paragrafo 1 nei confronti di un
minore che abbia la sua residenza abituale in uno Stato non contraente cessano
di avere effetto in ogni Stato contraente non appena vi sono riconosciute le misure
imposte dalla situazione, adottate dalle autorità di un altro Stato».
9. L’art. 23 della convenzione dell’Aja del 1996, parte del capitolo IV, rubricato
«Riconoscimento ed esecuzione», cosı́ recita:
«1. Le misure adottate dalle autorità di uno Stato contraente sono riconosciute
di pieno diritto negli altri Stati contraenti.
«2. Tuttavia, il riconoscimento può essere negato:
«a) qualora la misura sia stata adottata da un’autorità la cui competenza non era
fondata ai sensi delle disposizioni del capitolo II;
«...».
10. L’art. 26 di tale convenzione, compreso nel medesimo capitolo, precisa:
«1. Se le misure adottate in uno Stato contraente e in esso esecutive compor-
tano atti esecutivi in un altro Stato contraente, esse sono dichiarate esecutive o
registrate ai fini dell’esecuzione in quest’altro Stato, su richiesta di ogni parte
interessata, secondo la procedura stabilita dalla legge di tale Stato.
«...
«3. La dichiarazione di exequatur o la registrazione non possono essere negate
se non per uno dei motivi di cui all’articolo 23, paragrafo 2».
11. L’art. 31 del regolamento (CE) del Consiglio del 22 dicembre 2000 n. 44/
2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale (Gazz. Uff. Com. eur., L 12, p. 1),
stabilisce quanto segue:
«I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato mem-
bro possono essere richiesti al giudice di detto Stato anche se, in forza del presente
regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta al giudice di un
altro Stato membro».
12. La convenzione di Bruxelles del 1968, concernente la competenza giuri-
sdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Gazz. Uff.
Com. eur., 1972, L 299, p. 32), come modificata dalla convenzione del 9 ottobre
1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito
di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (ibidem, L 304, p. 1, e – testo modificato – p.
77), dalla convenzione del 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica
ellenica (ibidem, L 388, p. 1), dalla convenzione del 26 maggio 1989, relativa
all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (ibidem, L 285,
p. 1), e dalla convenzione del 29 novembre 1996, relativa all’adesione della Repub-
giurisprudenza dell’unione europea 227
blica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (ibidem, 1997,
C 15, p. 1; in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles»), conteneva all’art. 24, una
disposizione analoga.
13. Prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 2201/2003, il Consiglio
dell’Unione europea, con atto del 28 maggio 1998, aveva emanato, sulla base
dell’art. K.3 del trattato sull’Unione europea, la convenzione concernente la com-
petenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali
(Gazz. Uff. Com. eur., C 221, p. 1; in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles II»).
Tale convenzione non è entrata in vigore. Nella misura in cui il suo testo ha ispirato
quello del regolamento n. 2201/2003, la relazione esplicativa di detta convenzione
(ibidem 1998, C 221, p. 27), redatta dalla sig.ra A. Borrás (in prosieguo: la «rela-
zione Borrás»), è stata richiamata per chiarire come interpretare tale regolamento.
14. Il regolamento n. 2201/2003 è stato preceduto dal regolamento (CE) del
Consiglio del 29 maggio 2000 n. 1347, relativo alla competenza, al riconoscimento e
all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei
genitori sui figli di entrambi i coniugi (Gazz. Uff. Com. eur., L 160, p. 19). Il
regolamento n. 1347/2000 è stato abrogato dal regolamento n. 2201/2003, il cui
ambito di applicazione è piú ampio.
15. Il dodicesimo, sedicesimo, ventunesimo e ventiquattresimo considerando
del regolamento n. 2201/2003 dispongono:
«(12) È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità
genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del
minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza
giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore
risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in
caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale.
«...
«(16) Il presente regolamento non osta a che i giudici di uno Stato membro
adottino, in casi di urgenza, provvedimenti provvisori o cautelari relativi alle per-
sone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati.
«...
«(21) Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro
dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non ricono-
scimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile.
«...
«(24) Il certificato rilasciato allo scopo di facilitare l’esecuzione della decisione
non dovrebbe essere impugnabile. Non dovrebbe poter dare luogo a una domanda
di rettifica se non in caso di errore materiale, ossia se il certificato non rispecchia
correttamente il contenuto della decisione».
16. Ai sensi dell’art. 2 del regolamento n. 2201/2003:
«Ai fini del presente regolamento valgono le seguenti definizioni:
«1) ‘‘autorità giurisdizionale’’: tutte le autorità degli Stati membri competenti
per le materie rientranti nel campo di applicazione del presente regolamento a
norma dell’articolo 1;
«...
«4) ‘‘decisione’’: una decisione... emessa dal giudice di uno Stato membro...
relativa [tra l’altro] alla responsabilità genitoriale, a prescindere dalla denomina-
zione usata per la decisione, quale ad esempio decreto, sentenza o ordinanza;
228 giurisprudenza dell’unione europea
«...
«7) ‘‘responsabilità genitoriale’’: i diritti e doveri di cui è investita una persona
fisica o giuridica in virtú di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in
vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in
particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita;
«...
«9) ‘‘diritto di affidamento’’: i diritti e doveri concernenti la cura della persona
di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo
luogo di residenza;
«...
«11) ‘‘trasferimento illecito o mancato ritorno del minore’’: il trasferimento o il
mancato rientro di un minore:
«a) quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una
decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato
membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima
del suo trasferimento o del suo mancato rientro
«e
«b) se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o
congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato
rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi. L’affidamento
si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei
titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione
o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso
dell’altro titolare della responsabilità genitoriale».
17. L’art. 8 par. 1 di tale regolamento ha il seguente tenore:
«Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le do-
mande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede
abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono adite».
18. Secondo l’art. 9 par. 1 di detto regolamento:
«In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato
membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale, la competenza delle
autorità giurisdizionali dello Stato membro della precedente residenza abituale
del minore permane in deroga all’articolo 8 per un periodo di 3 mesi dal trasferi-
mento, per modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro
prima del trasferimento del minore, quando il titolare del diritto di visita in virtú
della decisione sul diritto di visita continua a risiedere abitualmente nello Stato
membro della precedente residenza abituale del minore».
19. L’art. 10 dello stesso regolamento dispone quanto segue:
«In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giuri-
sdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale
immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la com-
petenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un
altro Stato membro...».
20. L’art. 19 par. 2 del regolamento n. 2201/2003 cosı́ recita:
«Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state
proposte domande sulla responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il
medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’autorità giurisdizionale successivamente
giurisprudenza dell’unione europea 229
adita sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la compe-
tenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita».
21. L’art. 20 di tale regolamento, rubricato «Provvedimenti provvisori e cau-
telari», stabilisce quanto segue:
«1. In casi d’urgenza, le disposizioni del presente regolamento non ostano a che
le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori
o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone presenti in quello
Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, è
competente a conoscere nel merito l’autorità giurisdizionale di un altro Stato mem-
bro.
«2. I provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere
applicabili quando l’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente in
virtú del presente regolamento a conoscere del merito abbia adottato i provvedi-
menti ritenuti appropriati».
22. Gli artt. 21 ss. di detto regolamento riguardano il riconoscimento e l’ese-
cuzione delle decisioni. Detto art. 21 par. 1 prevede in particolar modo che le
decisioni pronunciate in uno Stato membro siano riconosciute negli altri Stati
membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.
23. L’art. 24 del regolamento n. 2201/2003 dispone che non si può procedere
al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’ori-
gine.
24. L’art. 39 di tale regolamento prevede il rilascio di un certificato. Come
emerge dall’allegato II di detto regolamento, che indica le menzioni che figurano in
tale certificato, esso precisa diversi elementi del procedimento, in particolare l’atte-
stato di esecutività e notificazione di una decisione giudiziaria.
25. Secondo l’art. 46 del medesimo regolamento:
«Gli atti pubblici formati e aventi efficacia esecutiva in uno Stato membro
nonché gli accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva nello Stato membro di
origine sono riconosciuti ed eseguiti alle stesse condizioni previste per le decisioni».
26. L’art. 60 del regolamento n. 2201/2003 stabilisce che detto regolamento
prevale, tra l’altro, sulla convenzione dell’Aja del 1980. L’art. 61 del citato regola-
mento riguarda le relazioni tra quest’ultimo e la convenzione dell’Aja del 1996.
Fatti della causa principale e procedimento in corso
27. Dalla decisione di rinvio risulta che verso la metà del 2005 la sig.ra Pur-
rucker si era trasferita in Spagna con il sig. Vallés Pérez. Essa dava alla luce due
gemelli, nati prematuramente nel maggio 2006. Il maschio, Merlı́n, poteva lasciare
l’ospedale nel settembre 2006, mentre la femmina, Samira, poteva farlo solamente
nel marzo 2007, a causa di complicazioni sopravvenute nel frattempo.
28. In precedenza, la relazione tra la sig.ra Purrucker e il sig. Vallés Pérez si era
deteriorata in quanto la sig.ra Purrucker voleva tornare in Germania con i figli
mentre il sig. Vallés Pérez, inizialmente, si era opposto a tale progetto. Il 30 gennaio
2007 le parti concludevano un accordo notarile che doveva essere approvato da un
giudice per divenire esecutivo. Le clausole 2 e 3 di tale accordo sono formulate nei
seguenti termini:
«II. Si stabilisce che i figli minori della coppia sono soggetti alla potestà geni-
toriale del padre e della madre, i quali sono entrambi titolari del diritto di affida-
mento, fatto salvo il diritto di visita di cui dispone il padre nei confronti dei figli,
230 giurisprudenza dell’unione europea
mento comune per i due minori Samira e Merlı́n Vallés Purrucker; fermo restando
che entrambi i genitori conservano la responsabilità genitoriale.
«In ottemperanza al presente provvedimento, la madre deve restituire il figlio
minore Merlı́n al padre domiciliato in Spagna. Sono adottate le misure idonee a
consentire alla madre di viaggiare con il figlio e di visitare Samira e Merlı́n ogni-
qualvolta ne abbia intenzione. A tale scopo, un’abitazione che funga da luogo di
incontro familiare deve essere messa a sua disposizione o può essere messa a sua
disposizione da un familiare o dalla persona di fiducia che deve essere presente nel
corso delle visite per tutto il tempo che la madre passa con i minori, fermo restando
che tale abitazione può essere quella del padre qualora le parti si accordino su
questo punto.
«2. Divieto di lasciare il territorio spagnolo con i minori senza previa auto-
rizzazione del giudice.
«3. Consegna dei passaporti di ciascuno dei minori al genitore titolare del
diritto di affidamento.
«4. Qualsiasi cambiamento di domicilio dei minori Samira e Merlı́n è subordi-
nato alla previa autorizzazione del giudice.
«5. A carico della madre non è stabilito alcun obbligo di prestare gli alimenti.
«Non è pronunciata alcuna condanna alle spese.
«In caso di presentazione di un procedimento di merito, questa ordinanza è
registrata nei corrispondenti atti processuali.
«La presente ordinanza deve essere notificata alle parti e al pubblico ministero
secondo le disposizioni prescritte e con la menzione che indichi che essa non può
essere impugnata».
38. Come emerge dai documenti allegati alle osservazioni della sig.ra Purruc-
ker, la sentenza del Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El
Escorial 8 novembre 2007 è stata oggetto di una sentenza di rettifica il 28 novembre
2007. Il punto 1 del dispositivo è stato rettificato nella parte in cui attribuisce al
padre il «diritto di affidamento» e non piú il «diritto di affidamento comune».
39. L’11 gennaio 2008 il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de
El Escorial ha rilasciato un certificato ai sensi dell’art. 39 par. 1 del regolamento n.
2201/2003, che attestava che la sua decisione era esecutiva ed era stata notificata.
40. Sembra che il sig. Vallés Pérez abbia presentato un ricorso nel merito, che il
giudice adito si sia pronunciato su tale ricorso il 28 ottobre 2008 e che la decisione
resa su tale ricorso sia stata impugnata.
Il procedimento avviato in Germania per l’ottenimento del diritto di affidamento
41. Il 20 settembre 2007, ossia prima che fosse pronunciata la decisione del
Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial, la sig.ra Purruc-
ker, con un ricorso nel merito proposto dinanzi all’Amtsgericht Albstadt (Tribunale
di primo grado di Albstadt, Germania), aveva chiesto che le fosse assegnato il
diritto di affidamento dei minori Merlı́n e Samira. A norma dell’art. 16 della
convenzione dell’Aja del 1980, il procedimento sul diritto di affidamento è stato
sospeso dal 19 marzo al 28 maggio 2008, e successivamente assegnato all’Amtsge-
richt Stuttgart (Germania), ai termini dell’art. 13 della legge tedesca sull’esecuzione
e l’applicazione di taluni mezzi giuridici in materia di diritto internazionale di
famiglia (Gesetz zur Aus- und Durchführung bestimmter Rechtsinstrumente auf
dem Gebiet des internationalen Familienrechts). L’Amtsgericht Stuttgart ha negato
giurisprudenza dell’unione europea 233
funzione della forma della decisione nel contesto del riconoscimento e dell’esecu-
zione delle decisioni di altri Stati membri e richiede unicamente una ‘‘decisione
giudiziaria’’. Nonostante i figli comuni non siano stati sentiti dal tribunale spagnolo,
la mancata audizione non viola alcuna norma processuale fondamentale del diritto
tedesco, e ciò a maggior ragione considerato che i minori avevano solo un anno e
mezzo di età alla data della decisione. Il certificato del tribunale spagnolo rilasciato
ai sensi dell’art. 39 del regolamento n. 2201/2003 dissipa i dubbi, suscitati dalla
presentazione tardiva del ricorso nel merito, formulati dalla convenuta in ordine
all’esecutività della decisione spagnola. Non esistono neppure motivi di non rico-
noscimento ex art. 23 del regolamento n. 2201/2003. In particolare, non è stata
rilevata alcuna violazione dell’ordine pubblico tedesco; i diritti della difesa sono
stati rispettati grazie alla convocazione della convenuta all’udienza. La circostanza
che essa non abbia assistito personalmente all’udienza, ma si sia limitata a farsi
rappresentare dal suo avvocato, è il risultato di una sua scelta. Nel contesto del
procedimento di riconoscimento e di esecuzione, questo tribunale non può proce-
dere ad una revisione nel merito della causa relativa al diritto di affidamento decisa
in Spagna».
46. Nel ricorso di impugnazione presentato dinanzi al Bundesgerichtshof la
sig.ra Purrucker contesta la decisione dell’Oberlandesgericht Stuttgart 22 settem-
bre 2008 in quanto, ai sensi dell’art. 2 n. 4 del regolamento n. 2201/2003, il
riconoscimento e l’esecuzione di decisioni pronunciate da giudici di altri Stati
membri non si applicano ai provvedimenti provvisori ai sensi dell’art. 20 di detto
regolamento, in quanto questi ultimi non possono essere qualificati come decisioni
in materia di responsabilità genitoriale.
Decisione di rinvio e questione pregiudiziale
47. Il Bundesgerichtshof rileva che la questione dell’applicabilità delle dispo-
sizioni di cui agli artt. 21 ss. del regolamento n. 2201/2003 anche ai provvedimenti
provvisori ex art. 20 di tale regolamento, oppure solo alle decisioni di merito, forma
oggetto di dibattito in dottrina e non è stata ancora definitivamente risolta dalla
giurisprudenza.
48. Secondo una prima tesi, i provvedimenti provvisori ex art. 20 del regola-
mento n. 2201/2003 andrebbero in linea di principio esclusi dalla sfera di applica-
zione delle disposizioni sul riconoscimento e sull’esecuzione, come quelle previste
dagli artt. 21 ss. di detto regolamento. L’art. 20 di quest’ultimo conterrebbe una
mera regola di competenza. La sentenza 2 aprile 2009, causa C-523/07, A (in
Raccolta, p. I-2805, punti 46 ss.), potrebbe suffragare questa tesi, in quanto dichiara
che i provvedimenti provvisori ex art. 20 del regolamento n. 2201/2003 devono
avere natura temporanea e che la loro attuazione e il loro carattere imperativo
devono risultare dalla normativa nazionale. Se cosı́ fosse, l’impugnazione della sig.ra
Purrucker dovrebbe essere accolta.
49. Secondo talune tesi, la sfera di applicazione dell’art. 2 n. 4 del regolamento
n. 2201/2003 si estenderebbe ai provvedimenti provvisori adottati da un tribunale
competente nel contesto di un ricorso nel merito, a condizione che siano salvaguar-
dati, per lo meno a posteriori, i diritti della difesa. Tale principio corrisponderebbe
alla giurisprudenza della Corte, secondo cui un’audizione a posteriori è sufficiente
per garantire un processo equo (sentenza 16 giugno 1981, causa 166/80, Klomps, in
Raccolta, p. 1593). Altre tesi limiterebbero l’applicazione del regolamento n. 2201/
giurisprudenza dell’unione europea 235
65. La causa principale dimostra come non sia sempre agevole, alla lettura di
una sentenza, qualificare sotto questo profilo la decisione adottata da un giudice ai
sensi dell’art. 2 n. 1 del regolamento n. 2201/2003. Infatti, il Juzgado de Primera
Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial dichiara che il ricorso è fondato sul
diritto sostanziale spagnolo rilevante, sulla convenzione dell’Aja del 1980 nonché
sul detto regolamento e sull’accordo tra il Regno di Spagna e la Repubblica federale
di Germania del 14 novembre 1983, relativo alla competenza dei giudici spagnoli.
Tra queste disposizioni, egli sembra fondare la sua competenza piú specificamente
sull’art. 769 n. 3 del codice di procedura civile spagnolo e sull’art. 1 della conven-
zione dell’Aja del 1980. Quanto ai fatti che possono giustificare questa competenza
alla luce di tali disposizioni, il Juzgado de Primera Instancia n. 4 de San Lorenzo de
El Escorial richiama, al contempo, la residenza dei genitori, l’ultimo domicilio
familiare, la residenza abituale del minore fino alla sua partenza per la Germania,
la nazionalità del ricorrente, la sua residenza abituale in Spagna e la circostanza che
si tratta del primo procedimento avviato in questa causa in Spagna. Infine, tale
giudice menziona l’opinione del pubblico ministero che, a prescindere dagli ele-
menti già enunciati, prende in considerazione il fatto che l’atto notarile è stato
stipulato in Spagna e la circostanza che il minore Merlı́n è nato in Spagna.
66. Sembra che la maggior parte dei fatti elencati dal Juzgado de Primera
Instancia n. 4 de San Lorenzo de El Escorial non corrisponda a criteri atti a fondare
una competenza ai sensi degli artt. 8-14 del regolamento n. 2201/2003. Per quanto
riguarda fatti corrispondenti ai criteri di cui agli artt. 8, 9 e 10 di detto regolamento,
idonei a fondare siffatta competenza, ossia la residenza abituale del minore e la
precedente residenza di quest’ultimo, essi non consentono di individuare in forza di
quale di queste disposizioni tale giudice si sarebbe riconosciuto competente, am-
messo che lo abbia fatto, a norma di questo regolamento.
67. Come dimostrano le osservazioni depositate presso la Corte e le difficoltà
incontrate dagli interessati che hanno presentato osservazioni nel proporre una
soluzione alla questione pregiudiziale, dal complesso di questi elementi discende
una grande incertezza, alla lettura della decisione del Juzgado de Primera Instancia
n. 4 de San Lorenzo de El Escorial, quanto al riconoscimento da parte di que-
st’ultimo del primato del regolamento n. 2201/2004 sulle altre disposizioni men-
zionate in detta decisione e all’applicazione di quest’ultimo ai fatti di specie.
68. Secondo il governo ceco, in ossequio al principio della fiducia reciproca,
che sottende il regolamento n. 2201/2003, in mancanza di un’esplicita menzione
secondo cui una decisione rientra nell’art. 20 di tale regolamento è d’uopo presu-
mere che un giudice che adotta una decisione sia competente ai sensi di quest’ul-
timo. Ad avviso della sig.ra Purrucker e del governo tedesco, invece, la mancata
precisazione dell’esistenza di una competenza ai sensi del regolamento n. 2201/
2003 dovrebbe al contrario implicare l’applicazione di una presunzione secondo cui
detta decisione è un provvedimento che ricade nell’art 20 di questo regolamento.
69. In proposito va rammentato che il regolamento n. 2201/2003, facendo
parte del diritto dell’Unione, prevale sul diritto nazionale. Peraltro, esso prevale
sulla maggior parte delle convenzioni internazionali vertenti sulle materie che di-
sciplina, alle condizioni sancite dai suoi artt. 59-63.
70. Come emerge dal secondo considerando del regolamento n. 2201/2003, il
principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie è la pietra d’an-
golo della creazione di un vero spazio giudiziario.
238 giurisprudenza dell’unione europea
78. Ne consegue che qualsiasi decisione che non risulti essere stata adottata da
un giudice competente o asseritamente competente nel merito non rientra neces-
sariamente nell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003, ma ricade invece nella sfera
di questa disposizione solamente quando soddisfa le condizioni da essa previste.
79. Quanto agli effetti di un provvedimento che rientra nell’art. 20 di detto
regolamento, la Corte ha dichiarato che, poiché tale provvedimento era stato adot-
tato in base a disposizioni del diritto nazionale, il suo carattere imperativo doveva
risultare dalla normativa nazionale in questione (sentenza A cit., punto 52).
80. L’art. 20 par. 2 del regolamento n. 2201/2003 precisa peraltro che i prov-
vedimenti adottati in esecuzione dell’art. 20 par. 1 di tale regolamento cessano di
essere applicabili quando l’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente
in virtú di detto regolamento a conoscere del merito abbia adottato i provvedimenti
ritenuti appropriati.
81. Dal carattere vincolante del regolamento n. 2201/2003, dalla sua diretta
applicabilità e dalla formulazione del suo art. 20 risulta che nello Stato membro
dell’autorità giurisdizionale che ha adottato la decisione un provvedimento rien-
trante in tale disposizione può essere opposto ad una decisione precedente presa da
un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro competente nel merito. Vice-
versa, una decisione che non ricada nell’art. 20 di detto regolamento in quanto non
soddisfa le condizioni che esso stabilisce non può prevalere su siffatta decisione
precedente (v. la situazione oggetto della sentenza Deticek cit., punto 49).
82. Quanto agli effetti di una decisione che ricade nell’art. 20 del regolamento
n. 2201/2003 negli Stati membri diversi da quello dell’autorità giurisdizionale che
l’ha adottata, la Commissione e diversi Stati membri hanno affermato che per i
provvedimenti rientranti in tale articolo dovrebbe valere il sistema di riconosci-
mento e di esecuzione predisposto da detto regolamento. Essi hanno richiamato
l’ipotesi di uno spostamento delle persone o dei beni dopo che il giudice si sia
pronunciato, o quella di un incidente o di una malattia del minore che rendano
necessaria un’autorizzazione da parte di una persona che si trova in un altro Stato
membro.
83. Tuttavia, come ha rilevato l’avvocato generale ai parr. 172-175 delle con-
clusioni, il sistema di riconoscimento e di esecuzione predisposto dal regolamento
n. 2201/2003 non è applicabile a provvedimenti rientranti nel suo art. 20.
84. In realtà, il legislatore dell’Unione non ha voluto siffatta applicabilità. Come
emerge dalla motivazione della proposta della Commissione del 2002, sfociata
nell’adozione del regolamento n. 2201/2003 [doc. COM(2002) 222 def.], l’art.
20 par. 1 di tale regolamento trae la sua origine dall’art. 12 del regolamento n.
1347/2000, che a sua volta riprende l’art. 12 della convenzione di Bruxelles II. La
motivazione della proposta della Commissione del 1999 che ha condotto all’ado-
zione del regolamento n. 1347/2000 [doc. COM(1999) 220 def.] e la relazione
Borrás sulla convenzione di Bruxelles II indicano entrambi, in termini identici,
per quanto riguarda tali articoli, che «[l]a norma contenuta in questo articolo si
limita a stabilire effetti territoriali nello Stato in cui sono adottati i provvedimenti».
85. La relazione Borrás sottolinea in proposito la differenza di redazione tra
l’art. 12 della convenzione di Bruxelles II e l’art. 24 della convenzione di Bruxelles
nel senso che «i provvedimenti di cui all’articolo 24 [di quest’ultima] si limitano alle
materie che rientrano nella sfera della convenzione [e] producono invece effetti
extraterritoriali». Da tale confronto con la convenzione di Bruxelles si evince che i
240 giurisprudenza dell’unione europea
Sulle spese
101. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi
statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
GIURISPRUDENZA IN BREVE
Tribunale della funzione pubblica (pres. Mahoney), sentenza 1º luglio 2010 nella
causa F-45/07, Mandt c. Parlamento europeo, sostenuto da Braun-Neumann
(unica erede Meyer).
* Testo non autentico tratto gratuitamente dal sito web ufficiale della Corte di giustizia.
244 giurisprudenza dell’unione europea
dell’avvocato generale Warner nella sentenza della Corte 5 febbraio 1981, causa 40/
79, P. c. Commissione, in Raccolta, p. 382 ss.). Peraltro, il giudice dell’Unione
dovrebbe altresı́ astenersi da siffatta impresa che, in particolare, equivarrebbe a
una legislazione giudiziale (conclusioni dell’avvocato generale Warner cit., p. 383).
«69. Nella specie, per verificare l’opportunità di riconoscere al defunto sig.
Braun-Neumann la qualità di coniuge superstite, il Parlamento, senza fondare
espressamente la propria posizione su un ragionamento di diritto internazionale
privato, si è principalmente fondato su considerazioni relative al diritto sostanziale e
all’ordinamento giuridico di un paese, la Germania, che mostrava palesi collega-
menti molto stretti sia con la situazione del defunto sig. Braun-Neumann, sia con la
controversia considerata nel suo insieme.
«70. Invero, il defunto sig. Braun-Neumann era di nazionalità tedesca e risie-
deva in Germania. Inoltre, non soltanto il matrimonio con la defunta sig.ra Neu-
mann era stato celebrato in questo paese, ma anche la signora, che è la persona di
cui sostiene essere il coniuge superstite, era di nazionalità tedesca e, ancorché
residente in Belgio durante la sua vita lavorativa, pare aver trasferito la sua resi-
denza in Germania dopo il suo collocamento a riposo; in effetti, anche se il ricor-
rente, dopo l’udienza, ha prodotto un certificato di residenza belga della defunta
sig.ra Neumann che indicava, fino alla data del suo decesso, indirizzi in Belgio,
occorre osservare, da un lato, che è lo stesso ricorrente che, nella sua risposta del 9
giugno 2008 a misure di organizzazione del procedimento decise dal Tribunale,
riconosceva che la defunta signora Neumann si era stabilita in Germania nell’aprile
2002 e, dall’altro, che i certificati di residenza possiedono un valore probatorio assai
relativo se le autorità emittenti non verificano la residenza effettiva (v., in tal senso,
sentenza del Tribunale 8 aprile 2008, causa F-134/06, Bordini c. Commissione, non
ancora pubblicata nella Raccolta, punto 76). Per giunta, l’altra persona che riven-
dicava la qualità di coniuge superstite della defunta sig.ra Neumann, ossia il ricor-
rente, era anch’essa di nazionalità tedesca e residente in Germania.
«71. Alla luce dei collegamenti cosı́ stretti con la Germania e senza che sia
necessario stabilire se, comparativamente, la Germania fosse il paese piú stretta-
mente collegato con il defunto sig. Braun-Neumann o con la controversia conside-
rata nel suo insieme, il che sembra peraltro probabile, il Parlamento poteva legitti-
mamente riferirsi al diritto sostanziale e all’ordinamento giuridico tedesco per
rispondere alla questione se occorresse riconoscere al defunto sig. Braun-Neumann
la qualità di coniuge superstite.
«72. Peraltro, non si può contestare che, come nella maggior parte degli ordi-
namenti giuridici nazionali, lo stato matrimoniale del defunto sig. Braun-Neumann
sarebbe determinato in applicazione del diritto sostanziale tedesco e sarebbe quello
che gli verrebbe riconosciuto dall’ordinamento giuridico di tale Stato membro.
«73. Orbene, alla luce del diritto sostanziale e dell’ordinamento giuridico tede-
sco, non può esistere ragionevole dubbio che dopo il decesso della sig.ra Neumann
e fino al proprio decesso il sig. Braun-Neumann è stato coniuge superstite della
suddetta signora.
«(omissis)
«83. Per quanto concerne la questione relativa alla validità della sentenza di
divorzio del Tribunal de première instance de Namur, anche se la relativa validità
nell’ordinamento giuridico belga non è contestata, è sufficiente constatare che la
sua validità in Belgio lascia del tutto impregiudicata la sua validità all’interno di altri
giurisprudenza dell’unione europea 247
* Si veda in questa Rivista, 2010, p. 1089 ss., la decisione del Consiglio 2010/405/UE,
del 12 luglio 2010, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore del diritto applica-
bile in materia di divorzio e di separazione legale, di cui al considerando n. 5 del presente
regolamento. Sono altresı́ pubblicati in questa Rivista (rispettivamente, 2003, p. 1143 ss. e
2005, p. 516 ss.) il regolamento (CE) n. 2201/2003 e il regolamento (CE) n. 2116/2004,
che ne modifica l’art. 63 rispetto ai trattati con la Santa Sede. Le note qui di seguito ripro-
dotte sono pubblicate nella Gazz. Uff. Un. eur. sopra indicata.
1
Gazz. Uff. Un. eur., n. L 189 del 22 luglio 2010, p. 12.
2
Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla
competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in
materia di responsabilità genitoriale (Gazz. Uff. Un. eur., n. L 338 del 23 dicembre 2003,
p. 1).
membro partecipante. Qualora sia designata la legge di un altro Stato membro, la rete
istituita con decisione 2001/470/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa all’istituzione
di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, 3 potrebbe intervenire per
fornire assistenza alle autorità giurisdizionali sul contenuto della legge straniera.
(15) Per aumentare la mobilità dei cittadini è necessario rafforzare la flessibilità e ga-
rantire una maggiore certezza del diritto. A tal fine, il presente regolamento dovrebbe po-
tenziare l’autonomia delle parti in materia di divorzio e separazione personale riconoscendo
una limitata possibilità di scelta in ordine alla legge applicabile al divorzio o alla separazione
personale.
(16) I coniugi dovrebbero poter scegliere, quale legge applicabile al divorzio e alla
separazione personale, la legge di un paese con cui hanno un legame particolare o la legge
del foro. La legge scelta dai coniugi deve essere conforme ai diritti fondamentali riconosciuti
dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(17) Prima di designare la legge applicabile occorre che i coniugi abbiano accesso ad
informazioni aggiornate relative agli aspetti essenziali della legge nazionale e dell’Unione e delle
procedure in materia di divorzio e di separazione personale. Per garantire l’accesso ad appro-
priate informazioni di qualità, la Commissione le aggiorna regolarmente nel sistema di informa-
zione destinato al pubblico che si avvale di Internet, istituito con decisione 2001/470/CE.
(18) La scelta informata di entrambi i coniugi è un principio essenziale del presente
regolamento. Ciascun coniuge dovrebbe sapere esattamente quali sono le conseguenze giu-
ridiche e sociali della scelta della legge applicabile. La possibilità di scegliere di comune
accordo la legge applicabile dovrebbe far salvi i diritti e le pari opportunità per i due coniugi.
A tal fine i giudici negli Stati membri partecipanti dovrebbero essere consapevoli dell’impor-
tanza di una scelta informata per entrambi i coniugi riguardo alle conseguenze giuridiche
dell’accordo raggiunto.
(19) Occorre definire norme sulla validità sostanziale e formale, in modo che la scelta
informata dei coniugi sia facilitata e che il loro consenso sia rispettato nell’obiettivo di garantire
la certezza del diritto ed un migliore accesso alla giustizia. Per quanto riguarda la validità
formale, dovrebbero essere introdotte talune garanzie per assicurare che i coniugi siano consa-
pevoli delle conseguenze della loro scelta. Come minimo l’accordo sulla scelta della legge
applicabile dovrebbe essere redatto per iscritto, datato e firmato da entrambe le parti. Tuttavia,
se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale
nel momento in cui è concluso l’accordo prevede requisiti di forma supplementari, questi ultimi
dovrebbero essere rispettati. Tali requisiti possono ad esempio esistere in uno Stato membro
partecipante in cui l’accordo è inserito nel contratto di matrimonio. Se, nel momento in cui è
concluso l’accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi
che prevedono requisiti di forma differenti, è sufficiente che siano soddisfatti i requisiti di forma
di uno dei due Stati. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, uno solo dei due coniugi ha la
residenza abituale in uno Stato membro partecipante che prevede requisiti di forma supple-
mentari, questi ultimi dovrebbero essere rispettati.
(20) L’accordo che designa la legge applicabile dovrebbe poter essere concluso e mo-
dificato al piú tardi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale e anche nel corso del
procedimento se la legge del foro lo prevede. In tal caso, dovrebbe essere sufficiente che
l’autorità giurisdizionale metta agli atti tale designazione in conformità della legge del foro.
(21) In mancanza di scelta della legge applicabile, il presente regolamento dovrebbe
introdurre norme di conflitto armonizzate basate su una serie di criteri di collegamento
successivi fondati sull’esistenza di un legame stretto tra i coniugi e la legge in questione, al
fine di garantire la certezza del diritto e la prevedibilità e impedire le situazioni in cui un
coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato
da una legge che ritiene piú favorevole alla tutela dei suoi interessi. È altresı́ opportuno che la
3
Gazz. Uff. Un. eur., n. L 174 del 27 giugno 2001, p. 25.
documentazione 251
scelta dei criteri di collegamento sia tale da assicurare che i procedimenti di divorzio o
separazione personale siano disciplinati da una legge con cui i coniugi hanno un legame
stretto.
(22) Laddove, ai fini dell’applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si
riferisce alla cittadinanza quale fattore di collegamento, la problematica dei casi di cittadi-
nanza plurima dovrebbe essere disciplinata dalla legislazione nazionale, nel pieno rispetto dei
principi generali dell’Unione europea.
(23) Nell’ipotesi di un procedimento volto a convertire una separazione personale in
divorzio e in mancanza di scelta della legge applicabile ad opera delle parti, la legge applicata
alla separazione personale dovrebbe applicarsi anche al divorzio. Tale continuità favorirebbe
la prevedibilità per le parti e rafforzerebbe la certezza del diritto. Se la legge applicata alla
separazione personale non prevede la conversione della separazione in divorzio, il divorzio
dovrebbe essere disciplinato dalle norme di conflitto che si applicano in mancanza di scelta
ad opera delle parti. Ciò non dovrebbe ostare a che i coniugi chiedano il divorzio in forza di
altre norme del presente regolamento.
(24) In certe situazioni, quali quelle in cui la legge applicabile non prevede il divorzio o non
concede a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di
accesso al divorzio o alla separazione personale, dovrebbe tuttavia applicarsi la legge dell’autorità
giurisdizionale adita. Ciò dovrebbe tuttavia far salva la clausola relativa all’ordine pubblico.
(25) Considerazioni di interesse pubblico dovrebbero dare alle autorità giurisdizionali
degli Stati membri la possibilità, in circostanze eccezionali, di disapplicare una disposizione
della legge straniera qualora in una data fattispecie sia manifestamente contraria all’ordine
pubblico del foro. Tuttavia, le autorità giurisdizionali non dovrebbero poter applicare l’ec-
cezione di ordine pubblico allo scopo di non tenere conto di una disposizione della legge di
un altro Stato qualora ciò sia contrario alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione euro-
pea, in particolare all’articolo 21, che vieta qualsiasi forma di discriminazione.
(26) Laddove il presente regolamento si riferisce al fatto che la legge dello Stato membro
partecipante in cui è adita l’autorità giurisdizionale non prevede il divorzio, ciò dovrebbe
essere interpretato nel senso che la legge di tale Stato membro non contempla l’istituto del
divorzio. In tal caso, l’autorità giurisdizionale non dovrebbe essere obbligata a emettere una
decisione di divorzio in virtú del presente regolamento.
Laddove il presente regolamento si riferisce al fatto che la legge dello Stato membro
partecipante in cui è adita l’autorità giurisdizionale non considera valido il matrimonio in
questione ai fini del procedimento di divorzio, ciò dovrebbe essere interpretato, inter alia, nel
senso che tale matrimonio non esiste secondo la legge di tale Stato membro. In tal caso,
l’autorità giurisdizionale non dovrebbe essere obbligata a emettere una decisione di divorzio
o di separazione personale in virtú del presente regolamento.
(27) Poiché in alcuni Stati e Stati membri partecipanti coesistono due o piú sistemi
giuridici o complessi di norme per materie disciplinate dal presente regolamento, è oppor-
tuno prevedere in quale misura il presente regolamento si applica nelle differenti unità
territoriali di tali Stati e Stati membri partecipanti o a categorie diverse di persone di tali
Stati e Stati membri partecipanti.
(28) In mancanza di norme che designino la legge applicabile, le parti che scelgono la
legge dello Stato di cui una di esse ha la cittadinanza dovrebbero al tempo stesso indicare di
quale unità territoriale hanno convenuto di applicare la legge nel caso in cui lo Stato di cui è
scelta la legge comprenda diverse unità territoriali, ciascuna delle quali ha il proprio sistema
giuridico o un complesso di norme in materia di divorzio.
(29) Poiché gli obiettivi del presente regolamento, ossia aumentare la certezza del diritto,
la prevedibilità e la flessibilità nei procedimenti matrimoniali internazionali e quindi agevolare
la libera circolazione delle persone nell’Unione europea, non possono essere conseguiti in
misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della portata e degli effetti
del presente regolamento, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può
intervenire, se del caso mediante una cooperazione rafforzata, in base al principio di sussi-
252 documentazione
Capo i
Ambito di applicazione, relazione con il regolamento (CE) n. 2201/2003,
definizioni e carattere universale
Articolo 1
Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento si applica, in circostanze che comportino un conflitto di leggi,
al divorzio e alla separazione personale.
2. Il presente regolamento non si applica alle seguenti materie, anche se si presentano
semplicemente come questioni preliminari nell’ambito di un procedimento di divorzio o
separazione personale:
a) la capacità giuridica delle persone fisiche;
b) l’esistenza, la validità e il riconoscimento di un matrimonio;
c) l’annullamento di un matrimonio;
d) il nome dei coniugi;
e) gli effetti patrimoniali del matrimonio;
f) la responsabilità genitoriale;
g) le obbligazioni alimentari;
h) i trust o le successioni.
Articolo 2
Relazione con il regolamento (CE) n. 2201/2003
Il presente regolamento fa salva l’applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003.
Articolo 3
Definizione
Ai fini del presente regolamento valgono le definizioni seguenti:
1) «Stato membro partecipante»: uno Stato membro che partecipa alla cooperazione
rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale in virtú
della decisione 2010/405/UE o in virtú di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 331,
paragrafo 1, secondo o terzo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea;
2) «autorità giurisdizionale»: tutte le autorità degli Stati membri partecipanti competenti
per le materie rientranti nell’ambito di applicazione del presente regolamento.
Articolo 4
Carattere universale
La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno
Stato membro partecipante.
documentazione 253
Capo II
Norme uniformi sulla legge applicabile
al divorzio e alla separazione personale
Articolo 5
Scelta della legge applicabile dalle parti
1. I coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla
separazione personale purché si tratti di una delle seguenti leggi:
a) la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione
dell’accordo; o
b) la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede
ancora al momento della conclusione dell’accordo; o
c) la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della
conclusione dell’accordo; o
d) la legge del foro.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, l’accordo che designa la legge applicabile può essere
concluso e modificato in qualsiasi momento, ma al piú tardi nel momento in cui è adita
l’autorità giurisdizionale.
3. Ove previsto dalla legge del foro, i coniugi possono del pari designare la legge
applicabile nel corso del procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale. In tal caso, que-
st’ultima mette agli atti tale designazione in conformità della legge del foro.
Articolo 6
Consenso e validità sostanziale
1. L’esistenza e la validità di un accordo sulla scelta della legge o di una sua disposizione
si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtú del presente regolamento se
l’accordo o la disposizione fossero validi.
2. Tuttavia, un coniuge, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, può
riferirsi alla legge del paese in cui ha la residenza abituale nel momento in cui è adita l’autorità
giurisdizionale, se dalle circostanze risulta che non sarebbe ragionevole stabilire l’effetto del
suo comportamento secondo la legge prevista nel paragrafo 1.
Articolo 7
Validità formale
1. L’accordo di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, è redatto per iscritto, datato e firmato
da entrambi i coniugi. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione elettronica che
permetta una registrazione durevole dell’accordo.
2. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno
la residenza abituale nel momento in cui è concluso l’accordo prevede requisiti di forma
supplementari per tali accordi, si applicano tali requisiti.
3. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova
in Stati membri partecipanti diversi e se la legge di tali Stati prevede requisiti di forma
differenti, l’accordo è valido, quanto alla forma, se soddisfa i requisiti della legge di uno
dei due Stati.
4. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, uno solo dei coniugi ha la residenza
abituale in uno Stato membro partecipante e se tale Stato prevede requisiti di forma sup-
plementari per questo tipo di accordo, si applicano tali requisiti.
Articolo 8
Legge applicabile in mancanza di scelta ad opera delle parti
In mancanza di una scelta ai sensi dell’articolo 5, il divorzio e la separazione personale
sono disciplinati dalla legge dello Stato:
254 documentazione
a) della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizio-
nale, o, in mancanza;
b) dell’ultima residenza abituale dei coniugi sempre che tale periodo non si sia concluso
piú di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora
nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;
c) di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale;
o, in mancanza;
d) in cui è adita l’autorità giurisdizionale.
Articolo 9
Conversione della separazione personale in divorzio
1. In caso di conversione della separazione personale in divorzio, la legge applicata alla
separazione personale si applica anche al divorzio, a meno che le parti abbiano convenuto
diversamente ai sensi dell’articolo 5.
2. Tuttavia, se la legge applicata alla separazione personale non prevede la conversione
della separazione in divorzio, si applica l’articolo 8, a meno che le parti abbiano convenuto
diversamente ai sensi dell’articolo 5.
Articolo 10
Applicazione della legge del foro
Qualora la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 8 non preveda il
divorzio o non conceda a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari
condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, si applica la legge del foro.
Articolo 11
Esclusione del rinvio
Quando prescrive l’applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si
riferisce alle norme giuridiche in vigore in quello Stato, ad esclusione delle norme di diritto
internazionale privato.
Articolo 12
Ordine pubblico
L’applicazione di una norma della legge designata in virtú del presente regolamento può
essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine
pubblico del foro.
Articolo 13
Divergenze fra le legislazioni nazionali
Nessuna disposizione del presente regolamento obbliga le autorità giurisdizionali di uno
Stato membro partecipante la cui legge non prevede il divorzio o non considera valido il
matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio ad emettere una decisione di
divorzio in virtú dell’applicazione del regolamento stesso.
Articolo 14
Stati con due o piú sistemi giuridici – conflitti territoriali di leggi
Ove uno Stato si componga di piú unità territoriali, ciascuna con il proprio sistema
giuridico o complesso di norme per materie disciplinate dal presente regolamento:
a) ogni riferimento alla legge di tale Stato è inteso, ai fini della determinazione della legge
applicabile ai sensi del presente regolamento, come riferimento alla legge in vigore nell’unità
territoriale pertinente;
b) ogni riferimento alla residenza abituale in quello Stato è inteso come riferimento alla
residenza abituale in un’unità territoriale;
documentazione 255
Articolo 15
Stati con due o piú sistemi giuridici – conflitti interpersonali di leggi
In relazione ad uno Stato con due o piú sistemi giuridici o complessi di norme applicabili
a categorie diverse di persone riguardanti materie disciplinate dal presente regolamento, ogni
riferimento alla legge di tale Stato è inteso come riferimento al sistema giuridico determinato
dalle norme in vigore in tale Stato. In mancanza di tali norme, si applica il sistema giuridico o
il complesso di norme con cui il coniuge o i coniugi hanno il legame piú stretto.
Articolo 16
Non applicazione del presente regolamento ai conflitti interni di leggi
Uno Stato membro partecipante in cui diversi sistemi giuridici o complessi di norme si
applicano a materie disciplinate dal presente regolamento non è tenuto ad applicare il
presente regolamento a conflitti di leggi che riguardano unicamente tali diversi sistemi giu-
ridici o complessi di norme.
Capo III
Altre disposizioni
Articolo 17
Informazioni da parte degli Stati membri partecipanti
1. Entro il 21 settembre 2011 gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commis-
sione le eventuali disposizioni nazionali riguardo:
a) ai requisiti di forma per gli accordi sulla scelta della legge applicabile, conformemente
all’articolo 7, paragrafi da 2 a 4; e
b) alla possibilità di designare la legge applicabile in conformità dell’articolo 5, paragrafo
3.
Gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione qualsiasi successiva modi-
fica di tali disposizioni.
2. La Commissione rende pubblicamente accessibili le informazioni comunicate confor-
memente al paragrafo 1 con mezzi appropriati, in particolare tramite il sito web della rete
giudiziaria europea in materia civile e commerciale.
Articolo 18
Disposizioni transitorie
1. Il presente regolamento si applica ai procedimenti avviati e agli accordi di cui all’arti-
colo 5 conclusi a decorrere dal 21 giugno 2012.
Producono tuttavia effetti anche gli accordi sulla scelta della legge applicabile conclusi
prima del 21 giugno 2012, a condizione che siano conformi agli articoli 6 e 7.
2. Il presente regolamento fa salvi gli accordi sulla scelta della legge applicabile conclusi
conformemente alla legge di uno Stato membro partecipante la cui autorità giurisdizionale sia
stata adita prima del 21 giugno 2012.
Articolo 19
Relazione con altre convenzioni internazionali in vigore
1. Fatti salvi gli obblighi degli Stati membri partecipanti ai sensi dell’articolo 351 del
trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il presente regolamento non osta all’appli-
cazione delle convenzioni internazionali di cui uno o piú Stati membri sono parti al momento
dell’adozione del presente regolamento o al momento dell’adozione della decisione ai sensi
256 documentazione
dell’articolo 331, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e che
disciplinano i conflitti di leggi in materia di divorzio o separazione.
2. Tuttavia, il presente regolamento prevale, tra gli Stati membri partecipanti, sulle
convenzioni concluse esclusivamente tra due o piú di essi nella misura in cui esse riguardino
materie disciplinate dal presente regolamento.
Articolo 20
Clausola di revisione
1. Entro il 31 dicembre 2015 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione
presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione
sull’applicazione del presente regolamento. Tale relazione è corredata, se del caso, di oppor-
tune proposte di modifica.
2. A tal fine gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione le informazioni
pertinenti in ordine all’applicazione del presente regolamento da parte delle rispettive auto-
rità giurisdizionali.
Capo IV
Disposizioni finali
Articolo 21
Entrata in vigore e data di applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Si applica a decorrere dal 21 giugno 2012, ad eccezione dell’articolo 17, che si applica a
decorrere dal 21 giugno 2011.
Per gli Stati membri partecipanti che partecipano a una cooperazione rafforzata in forza
di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 331, paragrafo 1, secondo comma o terzo
comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il presente regolamento si ap-
plica dalla data indicata nella relativa decisione.
Article 1
Purpose of the Law
This law is formulated with a view to determining the applicable laws of foreign-related
* Sulla presente legge, che entrerà in vigore il 1º aprile 2011 ai sensi del suo art. 52, si
documentazione 257
civil relations, resolving foreign-related civil disputes in a fair and reasonable manner, and
protecting the legitimate rights and interests of parties involved.
Article 2
Sources and Methods of Determining Applicable Laws
The laws applicable to foreign-related civil relations shall be determined in accordance
with this law, except otherwise provided by other special laws with respect to specific
foreign-related relations.
To the extent that there is no relevant provision with respect to certain foreign-related
relations in this law as well as other special laws, such civil relations shall be governed by the
law which is of most significant relationship with the civil relations.
Article 3
Party Autonomy
The parties may choose in writing the law governing foreign-related civil relations in
accordance with laws.
Article 4
Mandatory Rule
Where the PRC’s law is compulsorily provided with respect to certain foreign-related
relations, such law shall be applied directly.
Article 5
Public Policy
Where the application of a foreign law will harm the public interest of the PRC, the law
of the PRC shall be applied in replace.
Article 6
Interregional Factor
Where a foreign country whose law is applicable to a foreign-related relation consists of
districts with different legal systems of law, the applicable law will be the law of district which
has the most significant relationship with such foreign-related relation.
Article 7
Statute of Limitation
The limitation period shall be governed by the law which is applicable to the related
foreign-related relation.
Article 8
Characterization
A foreign-related relation shall be characterized in accordance with the law of forum.
Article 9
Exclusion of Renvoi
The foreign law to be applicable to a foreign-related civil relation shall not include the
conflict of laws rules of such foreign country.
veda, in questo fascicolo della Rivista, p. 101 ss., il commento del Prof. Yong Gan, che ha
curato la presente traduzione e ha altresı́ aggiunto i titoli degli articoli.
258 documentazione
Article 10
Ascertainment and Proof of Applicable Foreign Laws
The foreign law applicable to a foreign-related civil relation shall be ascertained by the
people’s court, the arbitral institution, or the administrative agency. Where the parties choose
a foreign law as the applicable law, they shall provide such foreign law.
Where a foreign law to be applied can not be ascertained, or has no relevant provisions,
the law of the PRC shall be applied.
Article 11
Capacity for Rights of a Natural Person
The capacity for rights of a natural person shall be governed the law of his habitual
residence.
Article 12
Capacity to Act of a Natural Person
The capacity to act of a natural person shall be governed by the law of his habitual
residence.
Where a natural person engaging in civil activities is incapacitated under the law of his
habitual residence, yet is capacitated under the law of the place of engagement, the law of the
place of engagement shall be applied, except that engagement relates to marriage, family and
succession matters.
Article 13
Declaration of Disappearance and Death
The declaration of disappearance or declaration of death shall be governed by the law of
the declared person’s habitual residence.
Article 14
Capacity of a Legal Person
The capacity for rights, of a legal person and its branch, the capacity to act thereof, the
organization thereof, the rights and obligations of shareholders thereof, shall be governed by
the law of the place of its incorporation.
Where the place of incorporation of a legal person is different from its principal place of
business, the law of its principle place of business may be applied. The habitual residence of a
legal person is its principle place of business.
Article 15
Right to Personality
The contents of right to personality shall be governed by the law of habitual residence of
a natural person.
Article 16
Agency
Agency shall be governed by the law of the place where the agency is carried out, the
relationship between the principle and the agent shall be governed by the law where the
agent-principle relation comes into being.
The parties may choose the law applicable to entrust agency.
documentazione 259
Article 17
Trust
The parties may choose in writing the law applicable to trust. In case of no choice of law
made by parties, the law of the place where the trust property is located, or the law of the
place where the trust relationship comes into being shall be applied.
Article 18
Arbitration Agreement
The parties may choose the law applicable to arbitration agreement. In case of no such
choice, the law of the place where the arbitral institution is located or the law of the place
where arbitration takes place shall be applied.
Article 19
Law of Nationality
Where the application of the national law of a natural person is provided under this law,
and the natural person has two or more nationalities, the national law of the country in which
the natural person has habitual residence shall be applied; if the natural person has no
habitual residence in all countries of his nationalities, the national law which is of the most
significant relationship with the person is applied. If a natural person has no nationality or his
nationality is not clear, the law of his habitual residence is applied.
Article 20
Law of Habitual Residence
Where the law of the habitual residence of a natural person is applied in accordance with
this law, but his habitual residence is not clear, the law of the place where he is now residing
shall be applied.
Article 21
Material Validity of Marriage
The conditions of a marriage shall be governed by the law of the habitual residence of
both parties in the same country, in case the parties has no habitual residence in the same
country, the law of the same nationality shall be applied, in case the parties have no same
nationality, the law of the place of celebration of the marriage shall be applied where the
marriage is celebrated in the country where one party has his habitual residence or nationa-
lity.
Article 22
Formality of Marriage
The form of a marriage shall be governed by law of the place of celebration of the
marriage, or the law of any party’s habitual residence or nationality.
Article 23
Personal Relations between Spouse
The personal relation between husband and wife shall be governed by the law of the
habitual residence of the spouses in the same country, in case the spouses have no habitual
residence in the same country, by the law of the same nationality shall be applied.
260 documentazione
Article 24
Matrimonial Property
The matrimonial property shall be governed by the law chosen by the spouses among the
law of the habitual residence of any spouse, or the law of nationality of any spouse, or the law
where main asset is located. In case of no choice of law by the spouses, the law of the habitual
residence of the spouses in the same country shall be applied, in case the spouses have no
same habitual residence, the law of the same nationality shall be applied.
Article 25
Relations between Parents and Children
The personal and property relations between parents and children shall be governed by
the law of the habitual residence in the same country, in case of no habitual residence in the
same country, the law of any party’s habitual residence or nationality whichever is more
favorable to the weaker party shall be applied.
Article 26
Stipulated Divorce
The parties may choose to apply to stipulated divorce the law of one party’s habitual
residence or nationality. In case of no choice of law made by parties, the law of the habitual
residence of parties in the same country shall be applied, in case of no habitual residence in
the same country, the law of the same nationality shall be applied, in case of no same
nationality, the law of the place where the divorce agreement is recorded shall be applied.
Article 27
Judgment Divorce
Divorce through litigation shall be governed by the law of the forum.
Article 28
Adoption
The prerequisites and forms of an adoption shall be governed by the law of the habitual
residence of the adopter and the adoptee. The effects of an adoption shall be governed by the
law of adoptee’s habitual residence at the time of adoption. The termination of an adoption
shall be governed by the law of the adoptee’s habitual residence at the time of adoption or the
law of the forum.
Article 29
Maintenance
Maintenance shall be governed by the law of one party’s habitual residence, or the law of
one party’s nationality or the law of the place where the main asset is located, whichever is
more favorable to the protection of rights and interest of the supported person.
Article 30
Guardianship
Guardianship shall be governed by the law of one party’s habitual residence or the law of
nationalities, whichever is more favorable for the protection of rights and interests of the
ward.
documentazione 261
Article 31
Intestate Succession
The intestate succession shall be governed by the law of the habitual residence of the
deceased, but the intestate succession with respect to immovable property shall be governed
by the law of the place where the immovable property is located.
Article 32
Form of Wills
The form of a will shall be valid if it confirms with the law of habitual residence of the
testator either at the time of the testator’s death or at the time of execution of the will, or the
law of nationality of the testator or, the law of the place where the will is executed.
Article 33
Validity of Wills
The validity of a will shall be governed by the law of habitual residence of a testator at time of
his death or at the time of execution of the will, or the law of nationality of the testator.
Article 34
Administration of Estate
The administration of the estate shall be governed by the law of the place where the
estate is located
Article 35
Escheat
The title to escheat shall be governed by the law of the place where the estate is situated
at the time of death of the deceased.
Article 36
Immovable Property
The property rights in immovables shall be governed by the law of place where the
immovable is located.
Article 37
Movable Property
The parties may choose the law applicable to the property right in movables. In case of
no choice of law by the parties, the law of the place where the movable property is located at
the time of occurrence of legal facts shall be applied.
Article 38
Movables in Transit
The parties may choose the law governing the change of property rights in movable in
transit, in case of no choice of law by parties, the law of place of destination shall be applied.
262 documentazione
Article 39
Commercial Securities
The commercial securities shall be governed by the law of the place where the rights
under the commercial securities are fulfilled or the law which otherwise is of the most
significant connection with the commercial securities.
Article 40
Lien on Rights
The lien on rights shall be governed by the law where the lien is executed.
Article 41
General Contract
The parties may choose the law applicable to a contract. In case of no choice made by
the parties, the law of the habitual residence of the party whose performance of obligations
embodies the characteristics of such a contract, or the law which is otherwise of the most
significant relationship with the contract shall be applied.
Article 42
Consumer Contract
A consumer contract shall be governed by the law of the habitual residence of a consu-
mer; where a consumer choose to apply the law of place where goods are provided or service
rendered, or an operator does not engage related operations at the place of habitual residence
of a consumer, the law of the place where goods are provided or services rendered shall be
applied.
Article 43
Employment Contract
An employment contract shall be governed by the law of the place where an employee
works; if the place where an employee works can not be determined, the law of the principle
place of business of the employer shall be applied. Where an employee is dispatched to work
abroad, the law of the place where the employee is dispatched shall be applied.
Article 44
General Tort
Liability arising from a tort shall be governed by the law of the place where the tort is
committed, where the parties have habitual residences at the same countries, the law of the
same country where they have habitual residences shall be applied. After the commission of a
tort, if the parties choose the applicable law by agreement, the chosen law shall be applied.
Article 45
Product Liability
The product liability shall be governed by the law of habitual residence of victims, where
victims choose to apply the law of principle place of business of a perpetrator, or the law of
the place where damage occurs, or the law of principle place of business of a perpetrator or
the law of the place where damage occur if the perpetrator does not engage any operational
activities at the place of habitual residence of a victim.
documentazione 263
Article 46
Violation of Right to Personality
The violation of the right to one’s name, image, reputation, or privacy through internet
or other ways shall be governed the law of the place of habitual residence of a perpetrator.
Article 47
Unjust Enrichment and Voluntary Service
The unjust enrichment, voluntary service shall be governed by the law chosen through
agreement by parties. In case of no choice of law made by parties, the law of the same country
where the parties have habitual residences shall be applied, in case no habitual residences at
the same country, the law of the place where unjust enrichment is achieved or the voluntary
service is rendered shall be applied.
Article 48
Ownership and Contents of Intellectual Property
The ownership and content of intellectual property shall be governed by the law of the
place where its protection is requested.
Article 49
Transfer and License of Intellectual Property
The parties may choose the law applicable to the transfer and license of intellectual
property. In case of no choice of law by parties, the provisions with respect to contract in this
law shall be applied.
Article 50
Infringement of Intellectual Property
The liability arising from infringement of intellectual property shall be governed by the
law under which the legal protection of intellectual property is conferred, the parties may also
choose the law of forum after the infringement is committed.
Article 51
Relation with other Related Laws
Article 146, Article 147 of the General Principles of Civil Law of PRC, and Article 36 of
the Law on Succession are inconsistent with this law and therefore shall be taken precedence.
Article 52
Date of Taking Effect
This law shall come into force as of April 1, 2011.
264 documentazione
(D.lgs. 7 settembre 2010 n. 161, in Gazz. Uff., n. 230 del 1º ottobre 2010) 1*
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1
Disposizioni di principio e attuazione
1. Il presente decreto attua nell’ordinamento interno le disposizioni della decisione
quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del
principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o
misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, nei
limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i principi supremi dell’ordinamento
costituzionale in tema di diritti fondamentali nonché in tema di diritti di libertà e di giusto
processo.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) «decisione quadro»: la decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novem-
bre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze
penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro
esecuzione nell’Unione europea;
b) «sentenza di condanna»: una decisione definitiva emessa da un organo giurisdizionale
di uno Stato membro dell’Unione europea con la quale vengono applicate, anche congiunta-
mente, una pena o una misura di sicurezza nei confronti di una persona fisica;
c) «persona condannata»: la persona fisica nei cui confronti è stata pronunciata una
sentenza di condanna;
d) «trasmissione all’estero»: la procedura con cui una sentenza di condanna pronunciata
in Italia è trasmessa a un altro Stato membro dell’Unione europea, ai fini del suo ricono-
scimento e della sua esecuzione in detto Stato;
e) «trasmissione dall’estero»: la procedura con cui è trasmessa in Italia, ai fini del suo
riconoscimento e della sua esecuzione, una sentenza di condanna emessa in un altro Stato
membro dell’Unione europea;
f) «pena»: qualsiasi pena detentiva di durata limitata o illimitata irrogata con una sen-
tenza di condanna, a causa di un reato e a seguito di un procedimento penale;
g) «misura di sicurezza»: qualsiasi misura di sicurezza personale detentiva di durata
limitata o illimitata applicata con una sentenza di condanna, a causa di un reato e a seguito
di un procedimento penale;
* Il presente decreto legislativo reca il titolo: «Disposizioni per conformare il diritto in-
terno alla decisione quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del recipro-
co riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della
libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea». Sulla decisione quadro
2008/909/GAI, di cui il decreto legislativo costituisce attuazione, si veda questa Rivista,
2009, p. 543 s.
documentazione 265
Art. 3
Autorità competenti
1. In relazione alle disposizioni dell’articolo 2 della decisione quadro, l’Italia designa
come autorità competenti il Ministero della giustizia e le autorità giudiziarie, secondo le
attribuzioni di cui al presente decreto.
2. Il Ministero della giustizia provvede alla trasmissione e alla ricezione delle sentenze e
del certificato, nonché della corrispondenza ufficiale ad esse relativa. Il Ministero della
giustizia cura altresı́ la trasmissione e la ricezione delle informazioni ai sensi dell’articolo 20.
3. Nei limiti indicati dal presente decreto, è consentita la corrispondenza diretta tra le
autorità giudiziarie. In tale caso, l’autorità giudiziaria italiana competente informa immedia-
tamente il Ministero della giustizia della trasmissione o della ricezione di una sentenza di
condanna.
Capo II
Trasmissione all’estero
Art. 4
Competenza
1. La trasmissione all’estero è disposta, sempre che ricorrano le condizioni previste
dall’articolo 5:
a) dal pubblico ministero presso il giudice indicato all’articolo 665 del codice di proce-
dura penale, per quanto attiene alla esecuzione delle pene detentive;
b) dal pubblico ministero individuato ai sensi dell’articolo 658 del codice di procedura
penale, per quanto attiene alla esecuzione di misure di sicurezza personali detentive.
2. Non si applicano le disposizioni di cui al capo II del titolo IV del libro XI del codice di
procedura penale.
Art. 5
Condizioni di emissione
1. La trasmissione all’estero è disposta all’atto dell’emissione dell’ordine di esecuzione di
cui agli articoli 656 o 659 del codice di procedura penale ovvero, quando l’ordine è già stato
eseguito, in un qualsiasi momento successivo, non oltre la data in cui la residua pena o misura
di sicurezza da scontare è inferiore a sei mesi.
2. L’autorità giudiziaria competente dispone la trasmissione se non ricorre una causa di
sospensione dell’esecuzione e quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
a) l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza all’estero ha lo scopo di favorire il
reinserimento sociale della persona condannata;
b) il reato per il quale è stata emessa la sentenza di condanna è punito con una pena della
durata massima non inferiore a tre anni;
c) la persona condannata si trova nel territorio dello Stato o in quello dello Stato di
esecuzione;
d) la persona condannata non è sottoposta ad altro procedimento penale o non sta
266 documentazione
Art. 6
Procedimento
1. L’autorità giudiziaria competente ai sensi dell’articolo 4 procede alla trasmissione
all’estero di ufficio o su richiesta della persona condannata o dello Stato di esecuzione.
2. Fermo quanto previsto dall’articolo 5, comma 4, se la persona condannata si trova nel
territorio dello Stato l’autorità giudiziaria procede alla trasmissione all’estero solo dopo averla
sentita.
3. Prima di procedere alla trasmissione all’estero, l’autorità giudiziaria consulta, anche
tramite il Ministero della giustizia, l’autorità competente dello Stato di esecuzione al fine di:
a) verificare la condizione prevista dall’articolo 5, comma 2, lettera a);
b) comunicare il parere espresso, ai sensi del comma 2, dalla persona condannata;
c) acquisire il consenso dello Stato di esecuzione nell’ipotesi prevista dall’articolo 5,
comma 3, lettera c);
d) conoscere le disposizioni applicabili nello Stato di esecuzione in materia di liberazione
anticipata o condizionale.
4. Quando ricorre l’ipotesi prevista dall’articolo 5, comma 3, lettera c), la trasmissione
all’estero è disposta previa acquisizione del consenso dello Stato di esecuzione.
5. Quando ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 5, comma 4, la trasmissione all’estero è
disposta previa acquisizione del consenso della persona condannata.
6. Il provvedimento con cui è disposta la trasmissione all’estero deve contenere l’indi-
cazione dello Stato di esecuzione. Di esso è data in ogni caso comunicazione all’interessato,
mediante notifica di un atto contenente i requisiti di cui all’allegato II della decisione quadro.
Se la persona condannata si trova nello Stato di esecuzione, l’atto di cui al periodo precedente
è trasmesso, anche tramite il Ministero della giustizia, all’autorità competente dello Stato di
esecuzione perché provveda alla notifica.
7. Il provvedimento è trasmesso, unitamente alla sentenza di condanna e al certificato
debitamente compilato, al Ministero della giustizia che provvede all’inoltro, con qualsiasi
mezzo che lasci una traccia scritta, all’autorità competente dello Stato di esecuzione, previa
traduzione del testo del certificato nella lingua di detto Stato. Se la traduzione del certificato
non è necessaria o se a questa provvede l’autorità giudiziaria, il provvedimento può essere
trasmesso direttamente all’autorità competente dello Stato di esecuzione; in tale caso, esso è
altresı́ trasmesso, per conoscenza, al Ministero della giustizia. La sentenza e il certificato sono
trasmessi in originale o in copia autentica allo Stato di esecuzione che ne fa richiesta.
8. L’autorità giudiziaria sospende la trasmissione quando sopravviene una causa di
sospensione dell’esecuzione e può revocare il provvedimento quando, prima dell’inizio del-
documentazione 267
l’esecuzione all’estero, sia venuta meno una delle condizioni di cui all’articolo 5. Alla revoca
segue il ritiro del certificato. Della sospensione e della revoca è data comunicazione all’inte-
ressato, al Ministero della giustizia e all’autorità competente dello Stato di esecuzione, con
indicazione dei motivi che le hanno determinate.
9. In caso di mancato riconoscimento della sentenza di condanna, il Ministero della
giustizia ne dà comunicazione all’autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento di
trasmissione all’estero.
Art. 7
Trasferimento delle persone condannate
1. La persona condannata che si trova nel territorio dello Stato, anche se detenuta, è
trasferita nello Stato di esecuzione entro trenta giorni dalla data in cui la decisione definitiva
di detto Stato sul riconoscimento della sentenza di condanna è comunicata al Ministero della
giustizia, che provvede a informarne l’autorità giudiziaria che ha disposto la trasmissione e il
Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell’interno. Il Ministero
della giustizia e l’autorità competente dello Stato di esecuzione possono concordare il tra-
sferimento in un termine piú breve.
2. Se il trasferimento nel termine di cui al comma 1 è reso impossibile da circostanze
impreviste, il Ministero della giustizia ne informa immediatamente l’autorità competente
dello Stato di esecuzione e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del
Ministero dell’interno, concordando una nuova data per il trasferimento. In tale caso, il
trasferimento avviene entro i dieci giorni successivi alla nuova data concordata.
3. Salvo il caso di evasione della persona condannata, non si procede all’esecuzione in
Italia dopo che questa ha avuto inizio nello Stato di esecuzione.
4. Se, successivamente al trasferimento, lo Stato di esecuzione chiede che la persona
trasferita sia perseguita, condannata o altrimenti privata della libertà personale per un reato
commesso anteriormente al suo trasferimento diverso da quello per cui la stessa è stata
trasferita, sulla richiesta provvede la corte di appello del distretto dell’autorità giudiziaria
competente ai sensi dell’articolo 4. A tale fine, la corte verifica che la richiesta dello Stato di
esecuzione contenga le informazioni di cui all’articolo 26, comma 3, della legge 22 aprile
2005, n. 69. Il consenso è dato quando il reato per il quale è richiesto permette il trasferi-
mento ai sensi dell’articolo 10. La corte nega il consenso quando ricorre uno dei motivi di
rifiuto di cui all’articolo 13.
5. Se ai fini del trasferimento verso lo Stato di esecuzione è necessario che la persona
condannata transiti sul territorio di un altro Stato membro ai sensi dell’articolo 16 della
decisione quadro, la richiesta di transito è formulata dal Ministero della giustizia.
Art. 8
Arresto provvisorio
1. L’autorità giudiziaria competente ai sensi dell’articolo 4, se la persona condannata si
trova nello Stato di esecuzione, può chiederne l’arresto provvisorio o l’adozione nei suoi
confronti di ogni altro provvedimento idoneo ad assicurare la permanenza nel territorio di
quello Stato, in attesa del riconoscimento.
2. La richiesta di arresto è formulata mediante la compilazione del riquadro e) del
certificato.
Capo III
Trasmissione dall’estero
Art. 9
Competenza
1. La trasmissione dall’estero non può essere autorizzata senza la decisione favorevole
della corte di appello.
268 documentazione
Art. 10
Condizioni per il riconoscimento
1. La corte di appello riconosce la sentenza di condanna emessa in un altro Stato
membro dell’Unione europea, ai fini della sua esecuzione in Italia, quando ricorrono con-
giuntamente le seguenti condizioni:
a) la persona condannata ha la cittadinanza italiana;
b) la persona condannata ha la residenza, la dimora o il domicilio nel territorio dello
Stato ovvero deve essere espulsa verso l’Italia a motivo di un ordine di espulsione o di
allontanamento inserito nella sentenza di condanna o in una decisione giudiziaria o ammini-
strativa o in qualsiasi altro provvedimento adottato in seguito alla sentenza di condanna;
c) la persona condannata si trova nel territorio dello Stato o in quello dello Stato di
emissione;
d) la persona condannata ha prestato il proprio consenso alla trasmissione, salvo quanto
previsto dal comma 4;
e) il fatto è previsto come reato anche dalla legge nazionale, indipendentemente dagli
elementi costitutivi o dalla denominazione del reato, salvo quanto previsto dall’articolo 11;
f) la durata e la natura della pena o della misura di sicurezza applicate nello Stato di
emissione sono compatibili con la legislazione italiana, salva la possibilità di un adattamento
nei limiti stabiliti dal comma 5.
2. La corte di appello procede altresı́ al riconoscimento quando ricorrono congiunta-
mente le condizioni di cui al comma 1, lettere c), d), e), ed f) e il Ministro della giustizia ha
dato il consenso all’esecuzione in Italia della sentenza di condanna emessa nei confronti di
una persona che non ha la cittadinanza italiana, ai sensi dell’articolo 12, comma 2.
3. Se la corte di appello ritiene di poter procedere al riconoscimento parziale, ne informa
immediatamente, anche tramite il Ministero della giustizia, l’autorità competente dello Stato
di emissione e concorda con questa le condizioni del riconoscimento e dell’esecuzione par-
ziale, purché tali condizioni non comportino un aumento della durata della pena. In man-
canza di accordo, il certificato si intende ritirato.
4. Il consenso della persona condannata non è richiesto se ricorrono congiuntamente le
condizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), ovvero se la persona condannata è fuggita in Italia
o vi è altrimenti ritornata a motivo del procedimento penale o a seguito della condanna e il
Ministro della giustizia ha autorizzato l’esecuzione in Italia ai sensi dell’articolo 12, comma 2.
5. Se la durata e la natura della pena o della misura di sicurezza applicate con la sentenza
di condanna sono incompatibili con quelle previste in Italia per reati simili, la corte di appello
procede al loro adattamento. La durata e la natura della pena o della misura di sicurezza
adattate non possono essere inferiori alla pena o alla misura di sicurezza previste dalla legge
italiana per reati simili, nè piú gravi di quelle applicate dallo Stato di emissione con la
sentenza di condanna. La pena detentiva e la misura di sicurezza restrittiva della libertà
personale non possono essere convertite in pena pecuniaria.
documentazione 269
Art. 11
Deroghe alla doppia punibilità
1. Si fa luogo al riconoscimento, indipendentemente dalla doppia incriminazione, se il
reato per il quale è chiesta la trasmissione è punito nello Stato di emissione con una pena
detentiva o una misura privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a
tre anni, sola o congiunta alla pena pecuniaria, e si riferisce a una delle fattispecie di cui
all’articolo 8, comma 1, della legge 22 aprile 2005, n. 69. In tale caso, la corte di appello
accerta la corrispondenza tra la definizione dei reati per i quali è richiesta la trasmissione,
secondo la legge dello Stato di emissione, e le fattispecie medesime.
Art. 12
Procedimento
1. Quando il Ministero della giustizia riceve da un altro Stato membro dell’Unione
europea, ai fini dell’esecuzione in Italia, una sentenza di condanna corredata dal certificato
tradotto in lingua italiana, la trasmette senza ritardo al presidente della corte di appello
competente ai sensi dell’articolo 9. La trasmissione della sentenza di condanna può essere
richiesta allo Stato di emissione anche dal Ministro della giustizia, purchè ricorrano le con-
dizioni di cui all’articolo 10.
2. Se lo Stato di emissione ha chiesto, anche prima della trasmissione della sentenza di
condanna e del certificato, che l’esecuzione in Italia abbia luogo, ai sensi dell’articolo 4,
paragrafo 1, lettera c) della decisione quadro, nei confronti di una persona condannata che
non ha la cittadinanza italiana, il consenso all’esecuzione è dato con decreto dal Ministro della
giustizia.
3. In caso di incompletezza del certificato, di sua manifesta difformità rispetto alla
sentenza di condanna o comunque quando il suo contenuto sia insufficiente per decidere
sull’esecuzione della pena o della misura, la corte di appello, anche tramite il Ministero della
giustizia, può formulare richiesta allo Stato di emissione di trasmettere un nuovo certificato o
la traduzione in lingua italiana della sentenza di condanna, o di parti essenziali della stessa,
fissando a tale scopo un termine congruo.
4. Se lo Stato di emissione ha chiesto l’arresto della persona condannata in attesa del
riconoscimento della sentenza di condanna, il Ministero della giustizia ne dà altresı́ comuni-
cazione al Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell’interno,
anche ai fini di cui all’articolo 15, comma 1, trasmettendogli copia della documentazione
disponibile.
5. La corte di appello decide con sentenza in camera di consiglio sull’esistenza delle
condizioni per l’accoglimento, anche parziale, della richiesta, sentiti il procuratore generale, il
difensore e la persona condannata, anche ai fini dell’acquisizione del consenso al trasferi-
mento, ove non dato in precedenza. Si applicano le disposizioni dell’articolo 702 del codice di
procedura penale.
6. La decisione deve essere emessa entro il termine di sessanta giorni dalla data in cui la
corte di appello ha ricevuto la sentenza di condanna trasmessa ai sensi del comma 1. Ove, per
circostanze eccezionali, sia ravvisata l’impossibilità di rispettare tale termine, il presidente
della corte informa dei motivi il Ministero della giustizia, che ne dà comunicazione allo Stato
di emissione. In questo caso il termine è prorogato di trenta giorni.
7. Della sentenza è data, al termine della camera di consiglio, immediata lettura. La
lettura equivale a notificazione alle parti, anche se non presenti, che hanno diritto a ottenere
copia del provvedimento.
8. Quando la corte di appello pronuncia sentenza di riconoscimento la trasmette al
procuratore generale per l’esecuzione.
9. Quando la decisione è contraria al riconoscimento, la corte di appello con la sentenza
revoca immediatamente le misure cautelari applicate.
10. La sentenza della corte di appello è soggetta a ricorso per cassazione e si applicano le
disposizioni di cui all’articolo 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69.
270 documentazione
Art. 13
Motivi di rifiuto del riconoscimento
1. La corte di appello rifiuta il riconoscimento della sentenza di condanna in uno dei
seguenti casi:
a) se non sussiste una o piú delle condizioni di cui agli articoli 10, commi 1 e 2, e 11;
b) se il certificato è incompleto o non corrisponde manifestamente alla sentenza di
condanna e non è stato completato o corretto entro il termine fissato ai sensi dell’articolo
12, comma 3;
c) se risulta che la persona condannata è stata giudicata in via definitiva per gli stessi fatti
da uno degli Stati membri dell’Unione europea purché, in caso di condanna, la pena sia stata
già eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa piú essere eseguita in forza
delle leggi dello Stato che ha emesso la condanna;
d) se i fatti per i quali la trasmissione dall’estero è stata chiesta potevano essere giudicati
in Italia e si sia già verificata la prescrizione del reato o della pena;
e) se è stata pronunciata, in Italia, sentenza di non luogo a procedere, salvo che sussi-
stano i presupposti di cui all’articolo 434 del codice di procedura penale per la revoca della
sentenza;
e) se la pena è prescritta secondo la legge italiana;
f) se sussiste una causa di immunità riconosciuta dall’ordinamento italiano che rende
impossibile l’esecuzione della pena;
g) se la pena è stata irrogata nei confronti di una persona che, alla data di commissione
del fatto, non era imputabile per età secondo la legge italiana;
h) se alla data di ricezione della sentenza di condanna da parte del Ministero della
giustizia ai sensi dell’articolo 12, la durata della pena ancora da scontare è inferiore a sei
mesi;
i) se la sentenza di condanna è stata pronunciata in contumacia, a meno che il certificato
indichi che la persona ha avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e
ha volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione;
l) se lo Stato di emissione ha, prima della decisione sul riconoscimento, rifiutato la
richiesta formulata dall’autorità giudiziaria italiana di sottoporre la medesima persona con-
dannata a un procedimento penale o di privarla della libertà personale, per un reato com-
messo anteriormente alla trasmissione della sentenza di condanna e diverso da quello per cui
la trasmissione è avvenuta;
m) la pena irrogata comprende una misura di trattamento medico o psichiatrico o altra
misura privativa della libertà personale incompatibile con il sistema penitenziario o sanitario
dello Stato, salvo quanto previsto dall’articolo 10, comma 5;
n) la sentenza di condanna si riferisce a reati che, in base alla legge italiana, sono
considerati commessi per intero o in parte all’interno del territorio dello Stato o in altro
luogo a questo equiparato.
2. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), b), c), e), i), m) ed n), la corte di appello, prima di
decidere di rifiutare il riconoscimento, consulta, anche tramite il Ministero della giustizia,
l’autorità competente dello Stato di emissione e richiede ogni informazione utile alla deci-
sione.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche
alla sentenza con cui è applicata una misura di sicurezza.
documentazione 271
Art. 14
Misure coercitive
1. Se l’autorità competente dello Stato di emissione ne ha fatto richiesta, la corte di
appello, su domanda del procuratore generale, può disporre una misura personale coercitiva
nei confronti della persona condannata che si trovi nel territorio dello Stato, allo scopo di
assicurare la sua permanenza nel territorio e in attesa del riconoscimento della sentenza di
condanna. La corte di appello decide con ordinanza motivata, a pena di nullità.
2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo I del libro IV del codice di
procedura penale, in materia di misure cautelari personali, fatta eccezione per gli articoli 273,
274, comma 1, lett. a) e c), e 280.
3. Le misure coercitive non possono essere disposte se vi sono ragioni per ritenere che
sussistono cause ostative al riconoscimento.
4. Entro cinque giorni dall’esecuzione delle misure di cui al comma 1, il presidente della
corte di appello, o il magistrato delegato, procede a sentire la persona sottoposta alla misura
cautelare, informandola, in una lingua alla stessa conosciuta, della richiesta di trasmissione
della sentenza di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia. Quando non ricorre una delle
ipotesi di cui all’articolo 10, comma 4, alla persona è altresı́ richiesto se acconsente all’ese-
cuzione in Italia. Si applica la disposizione dell’articolo 717, comma 2, del codice di proce-
dura penale.
5. La misura coercitiva, disposta a norma del presente articolo, è revocata se dall’inizio
della sua esecuzione sono trascorsi i termini di cui all’articolo 12, comma 6, ovvero, in caso di
ricorso per cassazione, ulteriori tre mesi senza che sia intervenuta sentenza irrevocabile di
riconoscimento.
6. La revoca e la sostituzione della misura coercitiva sono disposte in camera di consiglio
dalla corte di appello.
7. Copia dei provvedimenti emessi dalla corte è comunicata e notificata, dopo la loro
esecuzione, al procuratore generale, alla persona interessata e al suo difensore, i quali possono
proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Se si tratta di straniero, la copia è
trasmessa altresı́ alla competente autorità consolare.
8. Il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, fissa con decreto
l’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di riconoscimento entro il
termine di venti giorni dall’esecuzione della misura coercitiva e dispone contestualmente il
deposito della documentazione di cui all’articolo 12, comma 1.
9. Il decreto è comunicato al procuratore generale e notificato alla persona condannata e
al suo difensore, almeno otto giorni prima dell’udienza.
Art. 15
Arresto
1. Nei casi di urgenza, la polizia giudiziaria può procedere all’arresto della persona
condannata, allo scopo di assicurare la sua permanenza nel territorio dello Stato e in attesa
del riconoscimento della sentenza di condanna, se l’autorità competente dello Stato di emis-
sione ne ha fatto richiesta e ricorrono le condizioni di cui all’articolo 10, lettere a), b) ed e).
2. L’autorità che ha proceduto all’arresto pone al piú presto, e comunque non oltre le
ventiquattro ore, l’arrestato a disposizione del presidente della corte di appello nel cui
distretto l’arresto è avvenuto, mediante la trasmissione del relativo verbale, dandone conte-
stualmente notizia al Ministero della giustizia. Si applica l’articolo 12 della legge 22 aprile
2005, n. 69.
3. Quando non deve disporre la liberazione dell’arrestato, il presidente della corte di
appello, entro le quarantotto ore dalla ricezione del verbale d’arresto, informato il procura-
tore generale, provvede, in una lingua alla stessa conosciuta e, se necessario, alla presenza di
un interprete, a sentire la persona arrestata con la presenza di un difensore di ufficio nomi-
nato in mancanza di difensore di fiducia. Nel caso in cui la persona arrestata risulti ristretta in
località diversa da quella in cui l’arresto è stato eseguito, il presidente della corte di appello
272 documentazione
può delegare il presidente del tribunale territorialmente competente, ferma restando la sua
competenza in ordine ai provvedimenti di cui al comma 4.
4. Se risulta evidente che l’arresto è stato eseguito per errore di persona o fuori dai casi
previsti dalla legge, il presidente della corte di appello, o il magistrato della corte da lui
delegato, dispone con decreto motivato che il fermato sia posto immediatamente in libertà.
Fuori da tale caso, si procede alla convalida dell’arresto provvedendo con ordinanza, se ne
ricorrono le condizioni, all’applicazione di una misura coercitiva ai sensi dell’articolo 14. Dei
provvedimenti dati è informato immediatamente il Ministero della giustizia.
Art. 16
Esecuzione conseguente al riconoscimento
1. Quando è pronunciata sentenza di riconoscimento, la pena è eseguita secondo la legge
italiana. Si applicano altresı́ le disposizioni in materia di amnistia, indulto e grazia. La pena
espiata nello Stato di emissione è computata ai fini dell’esecuzione.
2. All’esecuzione provvede d’ufficio il procuratore generale presso la corte di appello che
ha deliberato il riconoscimento. Tale corte è equiparata, a ogni effetto, al giudice che ha
pronunciato sentenza di condanna in un procedimento penale ordinario.
3. Se la persona condannata non si trova nel territorio dello Stato, il Ministero della
giustizia, anche tramite il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero
dell’interno, si accorda con l’autorità dello Stato di emissione per il trasferimento.
4. Prima del trasferimento, il Ministero della giustizia informa lo Stato di emissione che
ne abbia fatto richiesta delle disposizioni applicabili alla persona condannata in materia di
liberazione anticipata, liberazione condizionale e indulto.
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche
all’esecuzione della sentenza con cui è applicata una misura di sicurezza.
Art. 17
Provvedimenti adottati dallo Stato di emissione
1. Quando lo Stato di emissione adotta una decisione per la quale la pena o la misura di
sicurezza applicate cessano, immediatamente o entro un termine, di essere esecutive, l’auto-
rità giudiziaria competente pone fine all’esecuzione della pena o della misura di sicurezza in
Italia, non appena informata.
2. La revisione della sentenza di condanna trasmessa per l’esecuzione spetta esclusiva-
mente all’autorità dello Stato di emissione.
Art. 18
Principio di specialità
1. Salvo quanto previsto dal comma 2, la persona trasferita in Italia per l’esecuzione della
condanna non può essere sottoposta a un procedimento penale, né privata della libertà
personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né altrimenti assoggettata
ad altra misura privativa della libertà personale, per un reato commesso anteriormente al
trasferimento, diverso da quello per cui la stessa è stata trasferita.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando:
a) la persona trasferita, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello
Stato decorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato,
vi ha fatto volontariamente ritorno;
b) il reato non è punibile con una pena o con una misura di sicurezza privative della
libertà personale;
c) il procedimento penale non consente l’applicazione di una misura restrittiva della
libertà personale;
d) la persona è soggetta a una pena o a una misura che non implicano la privazione della
libertà, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se può limitare la sua libertà personale;
documentazione 273
Art. 19
Transito
1. Le richieste di transito sul territorio dello Stato di una persona condannata, per la sua
trasmissione a fini di esecuzione in un altro Stato membro, sono ricevute, corredate del
certificato, dal Ministero della giustizia. Il Ministero della giustizia può richiedere allo Stato
di emissione la traduzione in lingua italiana del certificato.
2. Salvo quanto previsto dal comma 4, il Ministero della giustizia informa immediata-
mente lo Stato di emissione se non è in grado di garantire che la persona condannata non sarà
sottoposta a misure restrittive della libertà personale per reati commessi o condanne pro-
nunciate prima della richiesta di transito, in relazione a fatti per i quali vi è la giurisdizione
dello Stato.
3. Sulla richiesta di transito decide il Ministro della giustizia entro sette giorni dal
ricevimento o dalla trasmissione del certificato tradotto.
4. La persona condannata può essere trattenuta in custodia dall’autorità di polizia per il
tempo strettamente necessario al transito e, comunque, non oltre quarantotto ore dal mo-
mento del suo arrivo nel territorio dello Stato.
Capo IV
Disposizioni comuni ai procedimenti di trasmissione
Art. 20
Informazioni
1. Il Ministero della giustizia informa l’autorità competente dello Stato di emissione con
qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta:
a) della trasmissione della sentenza di condanna e del certificato all’autorità giudiziaria
competente responsabile dell’esecuzione in conformità degli articoli 9 e 12;
b) dell’impossibilità di eseguire la pena o la misura di sicurezza in quanto la persona
condannata, dopo la trasmissione della sentenza di condanna e del certificato, non può essere
rintracciata nel territorio dello Stato;
c) della decisione definitiva di riconoscere la sentenza di condanna e di eseguire la pena o
la misura di sicurezza, unitamente alla data della decisione;
d) dell’eventuale decisione di adattare la pena o la misura di sicurezza a norma dell’arti-
colo 10, comma 5, corredata di una motivazione;
e) della trasmissione della sentenza di condanna a un altro Stato membro per l’esecu-
zione, ai sensi dell’articolo 12, comma 11;
f) dell’eventuale decisione di non riconoscere la sentenza di condanna ed eseguire la pena
o la misura di sicurezza a norma dell’articolo 13, corredata di una motivazione;
g) delle decisioni adottate dall’autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 14 e 15;
274 documentazione
Art. 21
Spese
1. Sono a carico dello Stato italiano le spese sostenute nel territorio nazionale per il
trasferimento all’estero della persona condannata e per l’esecuzione della sentenza di con-
danna. Tutte le altre spese sono a carico dello Stato membro verso il quale la persona
condannata è trasferita o che ha chiesto la trasmissione della sentenza di condanna.
Capo V
Disposizioni transitorie e finali
Art. 22
Obblighi internazionali
1. Il presente decreto non pregiudica gli obblighi internazionali dello Stato italiano
quando la persona condannata deve essere trasferita da o verso uno Stato terzo.
Art. 23
Disposizioni finanziarie
1. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto non devono derivare nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente
decreto con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 24
Norme applicabili
1. Le disposizioni del presente decreto si applicano anche all’esecuzione della pena o
della misura di sicurezza nei casi di cui agli articoli 18, comma 1, lettera r), e 19, comma 1,
lettera c), della legge 22 aprile 2005, n. 69.
2. Per quanto non previsto dal presente decreto si applicano le disposizioni del codice di
procedura penale e delle leggi complementari, in quanto compatibili.
3. Non si applicano le disposizioni previste dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, e succes-
sive modificazioni, relativa alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.
Art. 25
Disposizioni transitorie
1. Salvo quanto previsto dal comma 2, le disposizioni del presente decreto si applicano ai
provvedimenti di trasmissione all’estero emessi a decorrere dal 5 dicembre 2011 e alle
richieste di trasmissione dall’estero pervenute a decorrere dalla stessa data.
2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano nei confronti degli Stati membri
dell’Unione europea che ne abbiano fatto espressa dichiarazione ai sensi dell’articolo 28,
paragrafo 2, della decisione quadro, rispetto ai provvedimenti e alle richieste di trasmissione
che si riferiscono a sentenze di condanna divenute definitive prima del 5 dicembre 2011. In
tale caso, continuano ad applicarsi le norme anteriormente vigenti.
documentazione 275
3. A decorrere dal 5 dicembre 2011 e salvo quanto previsto dal comma 2, le disposizioni
del presente decreto sostituiscono a ogni effetto le disposizioni adottate in esecuzione degli
accordi internazionali conclusi dall’Italia con altri Stati membri dell’Unione europea, relativi
al trasferimento delle persone condannate ai fini dell’esecuzione all’estero.
4. Per le sentenze di condanna emesse prima del termine di cinque anni dal 5 dicembre
2011, la trasmissione verso la Polonia è condizionata al consenso della persona condannata
anche quando ricorra l’ipotesi di cui all’articolo 5, comma 3, lettera a).
NOTIZIARIO
Trattati bilaterali
Canada – Trattato di estradizione tra il governo della Repubblica italiana e il
governo del Canada (Roma, 13 gennaio 2005), reso esecutivo con l. 7 gennaio 2008
n. 7 (GU 27, 1º febbraio 2008), in vigore dal 17 novembre 2010 (GU 264, 11
novembre 2010).
Trattati multilaterali
11 aprile 1997 – Convenzione sul riconoscimento delle qualifiche relative al-
l’insegnamento superiore nella regione europea (Lisbona, 11 aprile 1997), resa
esecutiva con l. 11 luglio 2002 n. 148 (GU 273, 25 luglio 2002), in vigore dal 6
ottobre 2010 (GU 262, 9 novembre 2010).
16 maggio 2005 – Convenzione sulla lotta contro la tratta degli esseri umani
(STCE 197) (Varsavia, 16 maggio 2005), resa esecutiva con l. 2 luglio 2010 n. 108
(GU 163, 15 luglio 2010), in vigore dal 1º marzo 2011 (GU 300, 24 dicembre
2010).
bogia, Canada, Capo Verde, Cile, Cina, Cipro, Colombia, Costa Rica, Cuba, Da-
nimarca, Ecuador, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Gre-
cia, Guatemala, Guinea, India, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Kazakhstan, Kenia,
Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Madagascar, Mali,
Malta, Mauritius, Messico, Moldavia, Monaco, Mongolia, Norvegia, Nuova Ze-
landa, Panama, Paesi Bassi, Paraguay, Perú, Polonia, Portogallo, Regno Unito,
Repubblica ceca, Repubblica dominicana, Repubblica slovacca, Romania, Salvador,
San Marino, Seychelles, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti, Sud Africa, Svezia,
Svizzera, Tailandia, Togo, Turchia, Ungheria, Uruguay, Venezuela.
25) Competenza, legge applicabile ed esecuzione delle decisioni sulla potestà
parentale e sulla protezione dei minori (19 ottobre 1996): Armenia, Albania, Au-
stralia, Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Ecuador, Estonia, Finlandia, Francia, Ger-
mania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Marocco, Monaco, Polonia, Re-
pubblica ceca, Repubblica dominicana, Repubblica slovacca, Romania, Slovenia,
Spagna, Svizzera, Ucraina, Ungheria, Uruguay.
26) Protezione degli adulti (13 gennaio 2000): Estonia, Finlandia, Francia, Ger-
mania, Regno Unito, Svizzera.
firmato l’11 novembre 2010 (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 328 del 14 dicembre 2010).
A tal fine, il protocollo prevede diverse misure per la composizione amichevole delle
controversie, nonché la possibilità di instaurare unilateralmente un procedimento
arbitrale. L’art. 3 stabilisce che, in caso di controversia, entro 30 giorni dalla data di
ricevimento della relativa richiesta, si svolgano nel territorio della parte convenuta, a
meno che le parti non decidano diversamente, consultazioni che non possono co-
munque durare piú di 60 giorni calcolati sempre a partire dalla data predetta (in
caso di urgenza i termini sono rispettivamente di 15 e 30 giorni). Qualora le con-
sultazioni non pongano fine alla controversia, il protocollo prevede la possibilità per
le parti o di nominare di comune accordo un mediatore (art. 4), o, a richiesta
unilaterale, di costituire un collegio di tre arbitri (artt. 5-6). È previsto l’obbligo
per gli arbitri di presentare entro 120 giorni dalla costituzione del collegio una
relazione interinale in cui vengono rese note le conclusioni di fatto, l’applicabilità
delle pertinenti disposizioni e le motivazioni alla base delle conclusioni e delle
raccomandazioni in essa contenute; le parti entro 15 giorni possono chiedere al
collegio che ne siano riesaminati precisi aspetti (art. 7). Il lodo, salvo casi urgenti,
è notificato alle parti entro 150 giorni dalla costituzione del collegio (art. 8). Il
protocollo fissa inoltre le norme necessarie per la sua esecuzione (artt. 9-11) e per
la richiesta di misure temporanee in caso di mancata esecuzione (artt. 12-13). Viene
anche disciplinato il procedimento di arbitrato (art. 14 ss. e allegato I al protocollo),
prevedendo, in particolare, la pubblicità dei dibattimenti (art. 15 par. 2), salvo
diverso accordo tra le parti, e la possibilità di presentare memorie a titolo di amicus
curiae (art. 16 par. 2). Viene, inoltre, indicato nella convenzione di Vienna sul diritto
dei trattati del 1969 il diritto applicabile per l’interpretazione degli accordi (art. 17).
Il protocollo disciplina il rapporto tra tali procedimenti e il procedimento per la
risoluzione delle controversie dell’OMC, stabilendo che essi non possono svolgersi
contemporaneamente, ma che lo svolgimento dell’uno non pregiudica, successiva-
mente, la possibilità di ricorrere all’altro (art. 20). Il protocollo entrerà in vigore il
primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui le parti si notificheranno
l’avvenuta approvazione (art. 23). Infine, con dichiarazione comune dell’11 novem-
bre 2010, le parti si sono date atto che, a seguito dell’entrata in vigore del trattato di
Lisbona il 1º dicembre 2009, l’Unione europea ha sostituito la Comunità europea,
alla quale è succeduta, e che, a partire da tale data, l’Unione europea esercita tutti i
diritti e assume tutti gli obblighi della Comunità europea.
d’Avorio (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 29 del 2 febbraio 2005). La modifica,
necessaria per conformarsi alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite n. 1946 (2010) del 15 ottobre 2010 e alla decisione 2010/656/PESC del
Consiglio (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 285 del 30 ottobre 2010), introduce nuove
deroghe ai divieti di cui agli artt. 2 e 3, relativi all’esportazione di materiale che
potrebbe essere usato per la repressione interna e la fornitura di alcuni tipi di
assistenza tecnica, di finanziamenti e di assistenza finanziaria. In particolare si
stabilisce la possibilità di fornire assistenza tecnica, finanziamenti o assistenza fi-
nanziaria (art. 4 par. 1 lett. g), nonché di autorizzare la vendita, la fornitura, il
trasferimento o l’esportazione di materiale non letale destinato unicamente a per-
mettere alle forze di sicurezza ivoriane di mantenere l’ordine pubblico limitandosi
ad un uso appropriato e proporzionato della forza (art. 4-bis). La Gazz. Uff. Un.
eur., n. L 341 del 23 dicembre 2010 pubblica la decisione 2010/801/PESC del
Consiglio del 22 dicembre 2010 recante modifica della decisione 2010/656/PESC
del Consiglio che proroga le misure restrittive nei confronti della Costa d’Avorio,
mediante l’introduzione di restrizioni sui viaggi nei confronti di coloro che ostaco-
lano i processi di pace e di riconciliazione nazionale e, in particolare, minacciano il
buon esito del processo elettorale (art. 4 par. 1 lett. b). La Gazz. Uff. Un. eur., n. L
11 del 15 gennaio 2011 pubblica la decisione 2011/17/PESC del Consiglio recante
modifica della decisione 2010/656/PESC che proroga le misure restrittive nei con-
fronti della Costa d’Avorio, mediante l’inserimento di ulteriori nominativi nell’e-
lenco delle persone soggette a restrizioni riportato nell’allegato II della decisione
2010/656/PESC. Nella medesima Gazz. Uff. Un. eur. è pubblicata la decisione
2011/18/PESC del 14 gennaio 2011 recante modifica della decisione 2010/656/
PESC del Consiglio che proroga le misure restrittive nei confronti della Costa
d’Avorio, stabilendo restrizioni aggiuntive, in particolare il congelamento dei fondi
e delle risorse economiche, nei confronti delle persone che ostacolano i processi di
pace e di riconciliazione nazionale e minacciano il buon esito del processo eletto-
rale.
La Gazz. Uff. Un. eur., n. L 281 del 27 ottobre 2010 pubblica il regolamento
(UE) n. 961/2010 del Consiglio del 25 ottobre 2010 concernente misure restrittive
nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007 (v. questa
Rivista, 2007, p. 879 s.). Tale provvedimento si è reso necessario al fine di confor-
marsi alla decisione 2010/413/PESC del Consiglio del 26 luglio 2010 (v. questa
Rivista, 2010, p. 1106 s.), la quale, oltre a disporre l’assoggettamento di ulteriori
categorie di persone al congelamento dei fondi e delle risorse economiche, intro-
duce una serie di provvedimenti restrittivi e di accompagnamento aggiuntivi. In
particolare nel regolamento sono stabilite restrizioni alle esportazioni e alle impor-
tazioni di beni e tecnologie a duplice uso, elencati negli allegati I e II, nonché di
attrezzature che possono essere utilizzate per la repressione interna, elencate nel-
l’allegato III (artt. 2-7); restrizioni al commercio di attrezzature chiave dei settori
del petrolio e del gas naturale e agli investimenti in tali settori (artt. 8-10); restrizioni
al finanziamento di alcune imprese, in particolare agli investimenti iraniani nell’e-
strazione di uranio e nell’industria nucleare (artt. 11-15); restrizioni relative ai
trasferimenti di fondi da e verso l’Iran e ai servizi finanziari, riguardanti in parti-
colare il settore bancario iraniano e il mercato assicurativo e obbligazionario del-
l’Unione (artt. 21-26); restrizioni relative ai trasporti (artt. 27, 28). Nella medesima
Gazz. Uff. Un. eur. è pubblicata la decisione 2010/644/PESC del Consiglio del 25
notiziario 285
un periodo di tempo adeguato che consenta una presa di posizione prima della
decisione dell’autorità competente.
già esistenti modelli europei per la patente di guida e per il passaporto e al futuro
certificato successorio europeo, la Commissione ipotizza, altresı́, la creazione di un
certificato europeo di stato civile. Tale certificato coesisterebbe con gli atti di stato
civile nazionali degli Stati membri, sarebbe facoltativo e non già obbligatorio per i
cittadini, cui sarebbe in ogni caso lasciata impregiudicata la possibilità di chiedere il
rilascio di un omologo atto nazionale. La Commissione domanda, pertanto, quali
atti di stato civile potrebbero essere oggetto di un certificato europeo di stato civile,
nonché quali diciture debba riportare detto certificato. Per quanto concerne il
riconoscimento reciproco degli effetti degli atti di stato civile, la Commissione pone
in luce l’esigenza che ai cittadini europei, i quali esercitano il diritto di libera
circolazione, sia garantita la continuità e la permanenza della situazione di stato
civile. Essa rammenta come gli strumenti di diritto derivato messi a punto dall’U-
nione siano tuttora settoriali, non esistendo ad oggi norme generali in materia di
riconoscimento di situazioni connesse allo stato civile create in un altro Stato
membro. Puntualizzando la propria mancanza di potere di proporre norme euro-
pee sostanziali relative, ad esempio, all’attribuzione del nome, all’adozione, al ma-
trimonio o volte a modificare la definizione di matrimonio a livello nazionale, la
Commissione ipotizza tre possibili soluzioni alternative relative all’esigenza del
riconoscimento reciproco degli effetti degli atti di stato civile. Dette soluzioni
prendono forma, segnatamente, (i) nell’assistenza fornita alle autorità nazionali
nella ricerca di soluzione pratiche, (ii) nel riconoscimento di pieno diritto e (iii)
nel riconoscimento basato sull’armonizzazione delle norme di conflitto. In merito
alla prima soluzione, pur asserendo che i problemi di stato civile comunemente
affrontati dai cittadini nelle situazioni transfrontaliere sono risolti con maggiore
efficacia a livello degli Stati membri, poiché le autorità nazionali possono trovare
soluzioni pratiche direttamente nell’ordinamento nazionale, la Commissione pone il
quesito se possa ritenersi che bastino le autorità nazionali per risolvere i problemi di
stato civile riguardanti i cittadini in situazioni transfrontaliere. In caso di risposta
affermativa, si chiede se non sia opportuno che le istituzioni europee elaborino
almeno alcuni orientamenti, eventualmente sotto forma di raccomandazioni del-
l’UE, al fine di garantire un minimo di coerenza nelle soluzioni pratiche apprestate
per superare eventuali ostacoli al riconoscimento. In merito alla possibilità che si
pervenga al riconoscimento di pieno diritto, in uno Stato membro, di situazioni di
stato civile create negli altri Stati membri, la Commissione puntualizza come tale
riconoscimento avverrebbe in assenza di armonizzazione delle norme esistenti e non
inciderebbe sugli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Secondo la soluzione
cosı́ proposta, ogni Stato membro, nel rispetto della fiducia reciproca, accetterebbe
e riconoscerebbe gli effetti di una situazione giuridica creata in un altro Stato
membro. La Commissione conclude, pertanto, domandando a quali situazioni di
stato civile tale riconoscimento potrebbe applicarsi e per quali situazioni esso po-
trebbe, invece, rivelarsi inappropriato. Con riferimento, infine, all’ipotesi di un
riconoscimento basato sull’armonizzazione delle norme di conflitto, la Commis-
sione sottolinea come, grazie a tale soluzione, il diritto sarebbe determinato, in
modo definito ed in anticipo, per mezzo di uno o piú criteri di collegamento che
tengano conto della mobilità dei cittadini. Essa si chiede se il criterio di collega-
mento scelto debba essere unico per piú situazioni connesse allo stato civile, ovvero
se l’adozione di criteri diversi sia da preferirsi. Essa ipotizza altresı́ la possibilità che,
in linea di principio, si offra al cittadino che versi in una situazione transfrontaliera
notiziario 289
un genitore del minore sia legalmente residente nello Stato di nascita del minore
stesso (principle III). Interessante appare anche l’ulteriore previsione relativa alla
possibilità di valutare ai fini dell’acquisto della cittadinanza il fatto che il minore sia
stato considerato cittadino per un determinato periodo di tempo pur in assenza dei
requisiti prescritti (principle IV). La raccomandazione contiene inoltre disposizioni
relative ai diritti del minore nei procedimenti relativi all’acquisto o perdita dello
status di cittadino (principle V) e sull’annotazione delle nascite nei registri anagrafici
(principle VI); a tale riguardo la raccomandazione invita gli Stati a procedere gra-
tuitamente alla registrazione di tutti i minori nati nei propri territori, anche nel caso
in cui il genitore sia uno straniero irregolarmente presente in violazione delle norme
sull’immigrazione o se i genitori siano sconosciuti. I testi delle due raccomandazioni
sono reperibili sul sito Internet del Consiglio d’Europa, all’indirizzo www.coe.int,
insieme ai rispettivi rapporti esplicativi redatti dalla Commissione sulla coopera-
zione legale (CM(2009)163 del 29 ottobre 2009, appendici III e IV).
Segnalazioni
cittadinanze, sulla base di un lavoro di Basedow, in Revue critique, 2010, p. 427 ss.,
presentato dallo stesso Autore, e quello dell’applicazione del diritto straniero, in
particolare i problemi connessi alla prova di tale diritto e dell’accesso alle informa-
zioni relative allo stesso, sulla base di un rapporto presentato da Pauknerová e van
Loon (Reflections on the Application and Proof of, and Access to, Foreign Law:
allegato IV al resoconto). Sono state infine passate in rassegna le piú recenti novità
in materia di diritto internazionale privato nell’ambito dell’Unione europea, della
Conferenza dell’Aja e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti del-
l’uomo. A quest’ultimo riguardo, in particolare, nell’allegato V al resoconto è ri-
portato un commento di Kinsch sulle piú rilevanti decisioni rese dalla Corte euro-
pea dal settembre 2009.
«Article 56-2
«1. A judgment shall be recognised in a Member States without any special
procedure being required.
«2. Any interested party may, in accordance with the procedures provided for
by the law of the Member State addressed, apply for a decision that the judgment
be recognised or not recognised.
«Article 56-3
«1. A judgment shall not be recognised if the court of the State of origin took
jurisdiction when the court of a Member State would have had jurisdiction by
reason of the provisions of Sections 6 and 7 of Chapter II.
«2. A judgment shall not be recognised if the court of the State of origin took
jurisdiction on the basis of rules contrary to those of Sections 3 to 5 of Chapter II.
«3. A judgment shall not be recognised if the court of the State of origin took
jurisdiction in the absence of a sufficient connection between the State of origin and
the dispute, in particular when the jurisdiction of the court of that State could have
been based only on:
« – the nationality of one of the parties; or
« – the service on the defendant, or the notification to him, of the document by
which the proceedings were commenced when the defendant is temporarily present
in the territory of that State; or
« – the presence within that State of property belonging to the defendant which
is not connected with the dispute; or
« – the seizure of property situated within that State which is not connected
with the dispute; or
« – the carrying on of commercial or professional activities by the defendant in
that State which are not connected with the dispute.
«4. The provisions of the preceding paragraphs shall not apply when the party
opposing the recognition accepted the jurisdiction of the court of origin, except
where a court of a Member State has exclusive jurisdiction under Article 22.
«Article 56-4
«1. A judgment shall not be recognised if:
«(a) the document instituting the proceedings or an equivalent document was
not served on, or notified to, the unsuccessful defendant in sufficient time and in
such a way as to enable him to arrange for his defence; or
«(b) it is irreconcilable with a judgment given in a dispute between the same
parties in the Member State in which recognition is sought; or
«(c) it is irreconcilable with an earlier judgment given in another State involving
the same cause of action and between the same parties, provided that the earlier
judgment fulfils the conditions necessary for its recognition in the Member State
addressed.
«2. A judgment may not be recognised if the claim was brought in the State of
origin after a claim, which is still pending, was brought in a Member State involving
the same cause of action and between the same parties.
«Article 56-5
«A judgment shall not be recognised to the extent that:
«(a) it was granted in contravention:
« – of a mandatory provision respect for which is regarded as crucial by the
notiziario 293
State addressed to such an extent that it is applicable to any situation falling within
its scope, irrespective of the law otherwise applicable to the legal relationship; or
« – a mandatory rule of European Union law respect for which is regarded as
crucial by the Union to such an extent that it is applicable to any situation falling
within its scope, irrespective of the law otherwise applicable to the legal relation-
ship; or
«(b) it awards excessive non-compensatory damages, including exemplary or
punitive damages.
«Article 56-6
«A judgment shall not be recognised if such recognition is manifestly contrary
to the substantive or procedural public policy (‘ordre public’) of the State addres-
sed or of the European Union, in particular if the judgment is the result of an
infringement of the principles governing the right to a fair trial or of fraud regar-
ding a matter of procedure.
«Article 56-7
«Under no circumstances may the judgment be reviewed as to its substance.
«Article 56-8
«1. A judgment given in a non-member State and enforceable in that State shall
be enforced in a Member State when, on the application of any interested party, it
has been declared enforceable in that Member State.
«2. However, in the United Kingdom, such a judgment shall be enforced in
England and Wales, in Scotland, or in Northern Ireland when, on the application
of any interested party, it has been registered for enforcement in the part of the
United Kingdom in question.
«Article 56-9
«The procedure for making an application for obtaining a declaration of en-
forceability of a foreign judgment shall be governed by the law of the Member State
addressed.
«Article 56-10
«A foreign judgment which orders a periodic payment by way of a penalty shall
be enforceable in the Member State in which enforcement is sought only if the
amount of the payment has been finally determined by the courts of the State of
origin.
«Article 56-11
«Where the judgment has been given in respect of several matters, it may be
recognised or declared enforceable for all of them, or for one or more of them,
either of the court’s own motion or on the application of a party.
«Article 56-12
«1. A party seeking recognition of a judgment given in a non-member State or
applying for a declaration of its enforceability shall produce:
«(a) a copy of the judgment which satisfies the conditions necessary to establish
its authenticity;
«(b) in the case of a default judgment, the original or a certified copy of a
document certifying that the judgment debtor was served with the document which
instituted the proceedings or with an equivalent document;
«(c) all documents necessary to establish that the judgment is not subject to an
ordinary appeal in the State of origin, that it was served on, or notified to, the party
against whom it was given and that it is enforceable in that State.
294 notiziario
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
dei rispettivi status civitatis, ivi compresi quelli relativi alla successione degli Stati di
piú recente adesione, nonché sui peculiari statuti di cittadinanza regionale vigenti
ad esempio nelle isole Åland o nella Nuova Caledonia. Non potevano mancare,
passando all’ulteriore versante, ampie riflessioni dedicate alla libera circolazione
delle persone e al divieto di discriminazione in base alla cittadinanza, volte a
sottolineare l’emergere di un territorio «comunitario» nel quale i cittadini europei
si muovono ma nei cui confini al contempo intendono restare ai fini dell’esercizio
dei loro diritti.
Tuttavia, un simile duplice aggancio della cittadinanza europea alla dimensione
personale e territoriale rimane pur sempre sottoposto, quanto alla sua concreta
determinazione, alla competenza statale. La dimensione territoriale per di piú ri-
sulta evidentemente ridimensionata da un lato dal potere di limitazione dell’in-
gresso, in vista del possesso di risorse economiche sufficienti, e di espulsione (sia
pure limitato) tuttora detenuto dagli Stati membri nei confronti degli stranieri
«comunitari»; e dall’altro da una incompleta ma indubbia estensione dei diritti
dei cittadini europei ai cittadini di Stati terzi «soggiornanti di lungo periodo»,
secondo la terminologia adottata dalla direttiva 2003/109/CE. Tutto ciò, unito alla
resistenze degli Stati membri verso lo sviluppo di una dimensione politica dell’U-
nione e della relativa cittadinanza, porta l’A. a concludere lucidamente che la
cittadinanza europea incarna tutti gli auspici ma anche tutte le contraddizioni del
fenomeno comunitario che purtuttavia essa ha il merito di prospettare.
Si tratta di considerazioni ineccepibili, tanto piú se formulate al termine di una
cosı́ densa indagine. Cosı́ come va ascritto tra i meriti di quest’opera, oltre a un
solido impianto teorico e alla finezza dell’analisi, lo sterminato apparato bibliogra-
fico e giurisprudenziale.
Roberta Clerici