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Omaggio a Fabrizio De André: la discografia, i testi, le immagini, le copertine, il tema del desktop, le skins, la
classifica, la bibliografia e tutto quello che serve agli appassionati di Fabrizio De André.
Sono Walter(pi) e mantengo questo sito con la collaborazione di Pierpaolo Tremolanti, Oreste Borri, Elena
Pala, Claudio Sassi, Lucio Mura, Alessandro Ghiotto, G. Giorgetti, Marco Blasi, Paola Gulminelli e gli
"scrittori" su NG (Ric e Franco in modo particolare) ed ML dedicate a Fabrizio De Andrè
clicca x ingrandire
www.writeup.it
Rivista on-line, primo numero dedicato a Faber
E' stato pubblicato il bando del 4° Reggio Film Festival, quest'anno dedicato a
Fabrizio De André (www.reggiofilmfestival.it) - cliccca sull'immagine per piu'
info.
NOTA: LE INFORMAZIONI QUI CONTENUTE SONO AL MEGLIO DELLE MIE POSSIBILITA - SONO SEMPRE POSSIBILI
INESATTEZZE
MAGGIO
Umbre de muri, con Napo e Corsi
GENOVA - Teatro della Gioventù di
26 http://www.lemusenovae.it/
Genova umbredemuri/date.htm
Commemorazione di Fabrizio al
Liceo Classico Colombo, scuola
da lui frequentata. Verrà posta una
27 16:30 Genova - Liceo Classico Colombo
targa ed interverranno Dori
Ghezzi, Max Manfredi, Piero
Milesi e altri.
Giornata Nazionale Lotta contro l'Ictus
27 21:00 Napoli ..Teatro Trianon cerebrale - Renato Franchi &
Orchestrina del Suonatore Jones
Urago Mella (Bs) - Apertura Festa
27 21:30 Corrente di Ali
dell'Oltremella
27 21:30 Campo Canneto (Parma) i Kinnara in concerto
Circolo M.C.L. "Villa Maria" - Medicina Concerto in memoria di Fabrizio De
27 21:00
(BO) - locandina André
Volta la carta 2005 - "Lunfardia ed
altre storie" recital di Roberto
Ferri. Spettacolo su brani di Brel,
27 21:00 Sasso Marconi, Teatro Comunale G. Marconi Brassens,De Andrè. Cantautore
italo/francese,grande amico di
Dori e Fabrizio,
Danilo 3392309012
28/05 Padova, Ex Fornace Carotta, Omaggio a Fabrizio De André
06/06 Via Siracusa 61 Discografia, bibliografia e altro
"Faber e Frances", spettacolo scritto
Bordighera, Centro culturale polivalente ex
e diretto da Virginia Consoli e
28 21:00 chiesa anglicana, Via Regina Vittoria - Via
dedicato a Fabrizio De André e allo
Primo Maggio - locandina
scrittore Francesco Biamonti
Volta la carta 2005. " Il disordine
dei sogni" Kinnara in concerto.
28 21:00 Sasso Marconi, Teatro Comunale G. Marconi Cover-band tra le piu' seguite ,in
uno splendido tributo a Fabrizio
De Andrè.
Volta la carta 2005: "... Figli
dell'uomo, fratello anche mio" -
dibattito/concerto partecipano
Romano Giuffrida-saggista,
29 21:00 Sasso Marconi, Teatro Comunale G. Marconi
Brunetto Salvarani-teologo e Don
Alessandro Santoro della
Comunità Le Piagge di Firenze.
Brani eseguiti da Alessio Blve.
29 21:00 La Loggia (TO) - Festival Musica Etnica Khorakhané
27
Lettere Caffè di Roma, via di san "Chi guarda Genova", dedicata a
Francesco a Ripa, 100 canzoni di De Andrè e Fossati
GIUGNO
01 21:00 Teatro Antonianum - Padova La cattiva strada
SETTEMBRE
L'Orchestrina del Suonatore Jones e l'associazione "Amici della corte" di Castellanza(Va)
informaNO che Domenica 4 settembre 2005 si terrà la seconda edizione della RASSEGNA-
TRIBUTO a FABER .."Mille anni al mondo e mille ancora" aperta a musicisti , band e
4
altre forme espressive.
Chi fosse interessato a partecipare o ad avere ulteriori informazioni è pregato di telefonare
al 335 7185266 o inviare un mail a martafra@libero.it
Se avete voglia di
scrivere un
commento o firmare
il libro degli ospiti,
eccolo
COLLABORAZIONI
Come tutti sanno le canzoni di De Andrè sono state cantate da moltissimi interpreti (qui ne
listeremo alcuni). Ma forse non tutti conoscono la vastità delle collaborazioni sui dischi
altrui.
Fabrizio De Andrè ha scritto canzoni specificatamente per altri ed ha prestato la sua voce a
canzoni scritte da altri. Se non ci credete eccoveli..
1981: "Tre rose" di Massimo Bubola (canta nei cori). E' un pò difficile sentire Fabrizio nei cori. Ad un
attento ascolto, a mio parere si può sentire il timbro della voce di Fabrizio De Andrè nella parte finale
della canzone Hoa-Io'-Io'. Fuori catalogo.
1985: "Volare", "MusicaItalia per l'Etiopia" è il nome di una formazione musicale di 22 artisti (tra i
quali Fabrizio De Andrè. Il ricavato di questo disco era destinato alla popolazione dell'Etiopia. Fuori
catalogo.
1988: Canzone "Questi posti davanti al mare" di Ivano Fossati, cantata con Fossati e De Gregori -
bellissima, sul CD "La pianta del té", di Ivano Fossati. Credo sia una delle canzoni più belle disponibili
sul mercato.
1990: Canzone "Genova Blues" (di Baccini-De Andrè), nell'album Il pianoforte non è il mio forte, di
Baccini. Ripresa nella raccolta "Baccini and "Best Friends" (ed. CGD). Qui De Andrè canta con
Baccini.
1991: Canzone "Davvero davvero" (di M. Pagani - M. Bubola - M. Pagani) nell'album di Mauro Pagani
"Passa la bellezza" (ed. Philips). Mauro Pagani è un musicista bravissimo, ma quando nella sua
canzone "entra" Fabrizio succede qualcosa di magico.Fuori catalogo.
1991: Club Tenco "La guerra di Piero", incisa sul CD Roba di Amilcare.
1992: Canzone "Pitzinnos in sa gherra" (come autore, di Marielli-De André), e "'Etta abba, Chelu", di
L. Marielli (come voce nel coro sardo) nell'album dei Tazenda Limba (ed. Visa Record). Fuori catalogo.
1992: Canzone "Navigare" (G. Manfredi - F. De André - R. Gianco) nell'album di Ricky Gianco
Piccolo é bello. Ripresa nell'album "Tandem". De André canta come seconda voce.
1992: Canzone "Don Raffaé" (di De André - Pagani - Bubola), cantata insieme a Roberto Murolo,
nell'album "Ottantavogliadicantare", di R. Murolo (ed. CGD). Fuori catalogo.
1994: Canzone "La fiera della Maddalena" (di M. Manfredi), nell'album MAX di Max Manfredi della
BMG Ariola. Qui canta insieme a Max, e quando "entra" Faber è di nuovo magia. Fuori catalogo.
1995: Canzone "Mis amour" sul CD de Li Troubaires De Coumboscuro intitolato "A toun
soulei" (etichetta Target). De André canta con Dori Ghezzi. Vedere la sezione (menù a lato) dedicata a
questo CD. Fuori catalogo. (qualche ditta la sta ristampando)
1995: Canzone "Un libero cercare" (T. De Sio), sull'album dallo stesso titolo (Ed. CGD). Fabrizio canta
con la De Sio... una frase (molto bella, ma UNA frase!)
1995: Canzone "Una storia sbagliata", sull'album "LUNA DI GIORNO" (Micocci Dischitalia Editori s.r.l.
- it -). Le canzoni di Pier Paolo Pasolini. Fuori catalogo.
1996: Canzone "Sidun" nell'album "Fatto per un mondo migliore". Un disco di beneficenza per i
rifugiati. L'interpretazione di Sidun è molto bella. Fuori catalogo.
1996: Anime Salve, con Ivano Fossati e Piero Milesi
1996: "Smisurata preghiera", in spagnolo (intitolata Desmedida plegaria), compare nei titoli di coda del
film "Illona arriva con la pioggia" di Sergio Cabrera. Mai pubblicato su CD..
Avvertenza!
Legge 633/41 art. 70 comma 1: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di
parti di opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento,
sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purchè non costituiscano concorrenza alla
utilizzazione economica dell'opera."
In altre parole: i testi delle canzoni che trovate su questo sito possono essere utilizzati solo
ed esclusivamente per uso personale o di discussione.
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Rivista on-line, primo numero dedicato a Faber
E' stato pubblicato il bando del 4° Reggio Film Festival, quest'anno dedicato a
Fabrizio De André (www.reggiofilmfestival.it) - cliccca sull'immagine per piu'
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INESATTEZZE
MAGGIO
Revignano d'Asti (AT), Cascina dell'Orto Ho visto Nina Volare: Concerto dei
29 15:30
(davanti alla casa di Bicio...) Khorakhané
27
Lettere Caffè di Roma, via di san "Chi guarda Genova", dedicata a
Francesco a Ripa, 100 canzoni di De Andrè e Fossati
GIUGNO
LUGLIO
DISCOGRAFIA
Fare la discografia di Fabrizio De Andrè è complesso, in quanto all'inizio della sua carriera ha
cambiato diverse case discografiche. Certe sue canzoni sono quindi state incise da Fabrizio diverse
volte e pubblicate più volte in "combinazioni" diverse. Altre, come "Titti" solo su 45 giri e mai riprese
su LP o CD.
Inoltre Fabrizio De André ha lavorato con molti artisti, lasciando sempre una traccia inconfondibile.
Non perdetevi la sezione interamente dedicata alle collaborazioni.
Poi ci sono le canzoni "accreditate" e cioè quelle che ufficialmente non risultato scritte da lui ma che
diversi "sintomi" o voci fanno pensare ad un suo contributo.
In ultimo sto cercando anche di identificare tutti quegli artisti (tanti!) che cantano canzoni di Fabrizio
De André.
Qualunque suggerimento (o correzione) è benvenuta!
La ballata dell'amore cieco - Amore che vieni amore che vai -La ballata dell'eroe - La canzone di
Marinella -Fila la lana -La città vecchia -La ballata del Michè - Canzone dell'amore perduto - La
guerra di Piero -Il testamento
Preghiera in gennaio - Marcia nuziale - Spiritual - Si chiamava Gesù - La canzone di Barbara - Via
del Campo - La stagione del tuo amore (sostituì "Caro amore" dei primi dischi) - Bocca di Rosa - La
morte - Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers (nuova esecuzione)
Cantico dei drogati - Primo intermezzo - Leggenda di Natale - Secondo intermezzo - Ballata degli
impiccati - Inverno - Girotondo - Terzo intermezzo - Recitativo - Corale
La canzone di Marinella - Il gorilla - La ballata dell'eroe - S'i fossi foco (da un sonetto di Cecco
Angiolieri) - Amore che vieni amore che vai - La guerra di Piero - Il testamento - Nell'acqua della
chiara fontana - La ballata del Michè - Il re fa rullare i tamburi (da una canzone popolare francese del
XIV secolo, traduzione di De Andrè).
Nuvole Barocche - E fu la notte - Delitto di paese - Valzer per un amore - Per i tuoi larghi occhi -
Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers - Il fannullone - Canzone dell'amore perduto -
Geordie
1970 Il pescatore (45 giri) (Incluso poi nella raccolta del 1976)
Laudate Dominum - L'infanzia di Maria - Il ritorno di Giuseppe - Il sogno di Maria - Ave Maria -
Maria nella bottega d'un falegname - Via della croce - Tre madri - Il testamento di Tito - Laudate
Hominem
1972-73 Fabrizio De Andrè (scheda) (Ed. Idea, Ristampa in album doppio di Tutto FdA e Nuvole Barocche)
Introduzione - Canzone del Maggio - La bomba in testa - Al ballo mascherato - Sogno numero due -
La canzone del padre - Il bombarolo -Verranno a chiederti del nostro amore - Nella mia ora di libertà
1973 Fabrizio De André (scheda) (Ed. Fontana, poi Philips - ristampa di Tutto Fabrizio De Andrè)
1973 Fabrizio De Andrè (scheda) (Ed. Fontana, poi Philips - ristampa di Nuvole Barocche)
Via della povertà - Le passanti (Les Passantes) - Fila la lana - Ballata dell'amore cieco - Suzanne -
Morire per delle idee (Mourir pour des ides) - Canzone dell'amore perduto - La città vecchia -
Giovanna d'Arco - Delitto di paese - Valzer per un amore
La cattiva strada - Oceano - Nancy - Le storie di ieri - Giugno '73 - Dolce Luna - Canzone per
l'estate - Amico fragile
Rimini - Volta la carta - Coda di lupo - Andrea - Tema di Rimini (strumentale) - Avventura a
Durango - Sally - Zirichiltaggia - Parlando del naufragio della "London Valour" - Folaghe
(Ed. Fontana, poi Philips - ristampa di Tutto Fabrizio De Andrè e Nuvole Barocche)
Bocca di rosa - Andrea - Giugno '73 - Un giudice - La guerra di Piero - Il pescatore - Zirichiltaggia -
La canzone di Marinella - Volta la carta - Amico fragile.
(Ed. Fontana, poi Philips - ristampa di Tutto Fabrizio De Andrè e Nuvole Barocche)
Avventura a Durango - Presentazione (parlato) - Sally - Verranno a chiederti del nostro amore -
Rimini - Via del Campo - Maria nella bottega del falegname - Il testamento di Tito.
1980 Una storia sbagliata/Titti (scheda/testi) (45 giri) (entrambe di De Andrè - Bubola, ed. Ricordi) Non sono
reperibili su CD. Una storia sbagliata è nel cofanetto di 14CD pubblicato nel 1999.
Quello che non ho - Canto del servo pastore - Fiume Sand Creek - Ave Maria (canto tradizionale
sardo, adatt. A. Puddu) - Hotel Supramonte - Franziska - Se ti tagliassero a pezzetti - Verdi pascoli.
La canzone di Marinella - Valzer per un amore - La guerra di Piero - Delitto di paese - Per i tuoi
larghi occhi - Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers - La città vecchia - Canzone
dell'amore perduto - Il fannullon
Creuza de mä - Jamin-a - Sidun - Sinan capudàn pascià - 'A pittima - A dumenega - Da a me riva
La canzone di Marinella - Andrea - La guerra di Piero - Carlo Martello ritorna dalla battaglia di
1987 Fabrizio De André (raccolta-cofanetto con Vol. I, Vol. III, Vol. 8 e Rimini)
(Ed. Fontana, poi Philips - ristampa di Tutto Fabrizio De Andrè e Nuvole Barocche)
Le nuvole - Ottocento - Don Raffaè - La domenica delle salme - Megu Megun - La nova gelosia
(ignoto) - 'A cimma - Monti di Mola
La canzone di Marinella - La ballata dell'amore cieco (o della vanità) - La guerra di Piero - (Valzer
per un amore) Valzer campestre - La città vecchia - Il fannullone - La canzone dell'amore perduto -
Fila la lana - E fu la notte - Amore che vieni, amore che vai - La ballata dell'eroe - Geordie - Il
testamento - Nuvole Barocche - La ballata del Michè - Per i tuoi larghi occhi - Delitto di paese
(l'assasinat) - Carlo Martello (ritorna dalla battaglia di Poitiers)
Don Raffaè - La domenica delle salme - Fiume Sand Creek - Hotel Supramonte - Se ti tagliassero a
pezzetti - Il gorilla - La canzone dell'amore perduto - Il testamento di Tito - La canzone di Marinella
- Creuza de ma - Jamin-a - Sidùn - Mègu Megùn - 'A pittima - 'A dumenega - 'A Cimma - Sinà n
Capudàn Pascià - Le nuvole (mus.).
La canzone di Marinella - La ballata dell'amore cieco (o della vanità ) - La guerra di Piero - (Valzer
per un amore) Valzer campestre - La città vecchia - Il fannullone - La canzone dell'amore perduto -
Fila la lana - E fu la notte - Amore che vieni, amore che vai - La ballata dell'eroe - Il testamento -
Nuvole Barocche - La ballata del Michè - Per i tuoi larghi occhi - Carlo Martello (ritorna dalla
battaglia di Poitiers)
Princesa - Khorakhamè (a forza di esser vento) - Anime Salve - Dolcenera - Le acciughe fanno il
pallone - Disamistade - A cumba - Ho visto Nina volare - Smisurata Preghiera
Coda di lupo - La canzone di Marinella (con Mina) - Sally - La cattiva strada - Canto del servo
pastore - Bocca di Rosa - Se ti tagliassero a pezzetti - Jamin-a - La canzone dell'amore perduto (live)
- Il bombarolo - Ave Maria
Il suonatore Jones - Ottocento - Andrea - Verranno a chiederti del nostro amore - Canzone per l'estate
- Hotel Supramonte - Don Raffaè - Amore che vieni amore che vai - Suzanne - La ballate del Michè -
Canzone del Maggio - La guerra di Piero - Girotondo - Anime Salve
Creuza de mà - Via del Campo - Don Raffaè - Sidun - Monti di Mola - Parlando del naufragio della
London Valour - Rimini - A Dumenega - Da a me riva - Zirichiltaggia
Elogio della solitudine (discorso) - Princesa e i Rom (discorso) - A fianco degli indiani (discorso) - Se
ti tagliassero a pezzetti (canzone) - Ai figli della luna (discorso) - Le maggioranze (discorso) - Un
discorso sulla libertà (discorso) - I carbonari (canzone)
Jamin-a, Le acciughe fanno il pallone, La domenica delle salme, Disamistade, Fiume Sand Creek,
Sidun, Anime salve, Don Raffaè, Ho visto Nina volare, A cùmba, Bocca di rosa, Smisurata preghiera
COLLABORAZIONI
Come tutti sanno le canzoni di De Andrè sono state cantate da moltissimi interpreti (qui ne listeremo
alcuni). Ma forse non tutti conoscono la vastità delle collaborazioni sui dischi altrui.
Fabrizio De Andrè ha scritto canzoni specificatamente per altri ed ha prestato la sua voce a canzoni
scritte da altri. Se non ci credete andate nella sezione apposita...
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Legge 633/41 art. 70 comma 1: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di
parti di opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento,
sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purchè non costituiscano concorrenza alla
utilizzazione economica dell'opera."
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ed esclusivamente per uso personale o di discussione.
(testi)
(clicca x ingrandire)
(clicca x ingrandire)
● 1 - La ballata dell'amore cieco (o della vanità) (Testo e Musica di Fabrizio De André)... 2'50"
● 2 - Amore che vieni amore che vai (Testo e Musica di Fabrizio De André).... . . . . . . . 2'40"
● 3 - La ballata dell'eroe(1)(Testo e Musica di Fabrizio De André)...... .. . . . . . . . . . . . . .2'40"
● 4 - La canzone di Marinella(2)(Testo e Musica di Fabrizio De André)...... . . . . . . . . . .. 3'11"
● 5 - Fila la lana(3)(Testo e Musica di Fabrizio De André)................ . . . . . . . . . . . . ...... 2'22"
● 6 - La città vecchia (Testo e Musica di Fabrizio De André).............. . . . . . . . . . . ........ 3'21"
● 7 - La ballata del Michè(4)(Testo e Musica di Fabrizio De André)..... . . . . . . . . . . . . .. 2'44"
● 8 - La canzone dell'amore perduto(5)(Testo e Musica di Fabrizio De André)........ . . ... 3'40"
● 9 - La guerra di Piero(6)(Testo e Musica di Fabrizio De André).... . . . . . . . . . . . . . . ... 3'25"
● 10 - Il testamento (Testo e Musica di Fabrizio De André) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4'06"
(1) Registrata tra il 18 ed il 25 Luglio 1964 a Roma negli Studi Dirmaphon in via Pola (RCA)
tecnico del suono: Carlo Nistri
chitarra acustica: Fabrizio De André
chitarra solista: Vittorio Centanaro
basso: Pierazzoli
armonica a bocca: De Gemini
organo: Tarantino
(2) Arrangiamento e direzione orchestra di Giampiero Reverberi
(3) Da una canzone popolare francese del XV secolo
(4) Collabora al testo Clelia Petracchi
(5) Musica tratta da "Concerto in Re maggiore per tromba, archi e continuo" - Adagio - di
Georg Philipp Telemann
(6) Registrato tra il 18 ed il 25 Luglio 1964 negli studi "Dirmatron" di Roma
tecnico del suono: Carlo Nistri
chitarra acustica: Fabrizio De André
chitarra solista: Vittorio Centanaro
basso: Pierazzoli
arrangiamento di Vittorio Centanaro
La presentazione di un Personaggio o di un'opera d'Arte non è cosa da poco. L'uno o l'altra possono
spesso valere meno della sottile arte del Presentatore ed allora è quest'ultimo il vero Artista, capace di
creare un Personaggio o un'opera d'Arte là dove questa o quello mancano. In questo caso sarebbe
doveroso fare la presentazione del Presentatore e così facendo si correrebbe il rischio di dover fare la
presentazione del Presentatore del Presentatore...
Ma noi siamo Industriali, non Artisti, come dire il contrario di Presentatori: e non vi è alcun pericolo
quindi che la nostra presentazione possa essere sospettata Opera d'Arte a sostegno del Personaggio e
delle sue creazioni artistiche: tanto per intenderci, avendo qui un Personaggio autentico ed autentiche
opere d'Arte possiamo permetterci di fare a meno di un abile Presentatore.
Per la verità, un illustre Signore aveva promesso di scrivere per noi la pagina che avete sotto gli occhi:
ma accintosi all'opera e considerata da vicino la difficoltà di presentare Fabrizio e le sue Canzoni, ha
rinunciato. La cosa ci ha addolorato, ma dobbiamo convenire che è molto più facile creare Fabrizio che
descriverlo, essendo il costruirlo più facile che lo smontarlo, al contrario di quanto avviene con gli
orologi.
Infatti Fabrizio è un Artista, non un orologio. E con questa prima messa a punto riteniamo sia l'ora di
presentarVelo veridicamente, non con le solite lodi zuccherine, i panegirici, i dati storici ed anagrafici:
lasciamo questa epigrafica letteratura ad altra occasione e diciamo la nuda, la vera verità. Com'è
Fabrizio?
E qui la cosa diventa difficilissima. Egli infatti non è solo un Personaggio, è tre personaggi in uno ed ha
almeno cinque caratteri; noi non vogliamo, non sappiamo rattrappirlo in una posa convenzionale, lo
dobbiamo consegnare vivo ed umano alla Vostra considerazione. Non ci resta che fare un elenco delle
sue qualità e presentarvelo perché Voi stessi le scegliate secondo una Vostra intima convinzione.
Queste qualità possono apparire in conflitto tra loro, ma quale uomo veramente vivo non ha purtroppo
conflitti interiori? Per facilitare le cose, nell'elencare tutte le possibili qualità di Fabrizio lasceremo a
fianco di ciascuna di esse un quadratino nel quale potrete segnare una crocetta: la linea che congiunge
tutte le crocette sarà il vero profilo di Fabrizio e si denomina scientificamente.
IL FABRIZIOGRAMMA:
Di questo Fabriziogramma noi abbiamo brevettato una curva, quella autentica, e la teniamo a
disposizione coloro che vorranno confrontarla con il Fabriziogramma redatto intuitivamente da loro.
A disposizione di tutti, Fabrizio escluso, beninteso
Ma - sentiamo chiedere - se non lo conosciamo, come possiamo tracciare il corretto
Fabriziogramma?... No, Amici, non è vero: innanzitutto lo possiamo vedere su questa copertina, e a
colori. In secondo luogo non abbiamo che da ascoltare (come già state facendo ora) le sue canzoni
che, nel loro insieme, ben definiscono il Personaggio. In terzo luogo, tutta la Stampa...
Ma - sentiamo ribattere - in questo disco mancano alcune canzoni, quelle più significative, quelle di
cui si dice siano state proibite: "Carlo Martello ritorna dalla Battaglia di Poitiers", ad esempio. Avete
sottratto alla nostra valutazione elementi preziosi. Questo è vero, Amici, ma vi siamo stati costretti
da forza maggiore. E ce ne dispiace molto, tanto più che "Carlo Martello" è, tra l'altro, una pagina di
veridica storia e veridico costume, ben trattata letterariamente e musicalmente.
E se anche è vero - come taluno sussurra - che qualche ragazzino, da Carlo Martello, avrebbe potuto
imparare qualche parolaccia (anziché insegnarla, come usano i ragazzini), è anche vero che in
compenso saprebbe meglio la Storia se i Grandi Uomini di essa fossero ricordati con la rustica
vitalità di "Carlo Martello" e non sterilizzati come usa nei buoni testi scolastici.
Non lo credete? Ebbene, chiediamolo ad un autorevole testimonio, ad un Personaggio storico di
larga e meritata notorietà, insospettabile per lealtà, e che rappresenta un simbolo di virtù militari e
civili: - "Che ne pensa, Lei, della fedeltà storica, Generale Cambronne?".
Grazie, Generale. Come vedete, avevamo ragione.
Gli Editori
Ristampa: FABRIZIO DE ANDRÉ - 1972 - Album doppio di "Tutto Fabrizio De André" e "Nuvole
barocche" - IDEA
Ristampa: IL VIAGGIO - 1991 - Antologia di tutto il materiale pubblicato con etichetta Karim -
PHILIPS - 848 288-1
testi
1967 Volume I (testi) ( Note inserite nel disco, sia nel 1967 sia nel 1970)
Nelle tarde edizione del 1967 al posto di "Caro amore" venne messa "La stagione del tuo amore"
Via del campo: musica del XVI secolo, tratta da una ricerca di Dario Fo e Enzo Jannacci
Carlo Martello: nuova esecuzione rispetto al 45 giri KARIM
EDIZIONI:
1967 Bluebell Records BBLP 39 - copertina marrone apribile, con "Caro amore" -
due edizioni diverse di Bocca di Rosa ("il cuore tenero" e "spesso gli sbirri")
1970 Produttori Associati PA-LPS 39 (LP, con "La stagione del tuo amore" al posto di "Caro amore")
1970 Tonycassette 3 TC 1008 - cassetta stereo 7
1970 Produttori Associati PA 1008 - cassetta stereo 7
1970 Produttori Associati PA 9003 stereo 8
1970 Ricordi SMRL 6236 (Bocca di rosa con "spesso gli sbirri...")
1983 Ricordi Orizzonte ORL 8898 (copertina diversa)
1983 Ricordi Orizzonte ORK 78898 cassetta stereo 7
1987 Ricordi CDMRL 6236 (CD),
1991 Ricordi Orizzonte CDOR 8898 (CD),
1995 BMG-Ricordi RIK 76493 cassetta stereo 7
1995 BMG-Ricordi CDMRL 6493 (CD)
2002 BMG-Ricordi 74321974572 (CD) 24 bit remastering
.
(BB LP 39
clicca x ingrandire) (BB LP 39 (BB LP 39
clicca x ingrandire) clicca x ingrandire)
(CDOR8898
clicca x ingrandire)
(CDOR8898
clicca x ingrandire)
(CDMRL 6493
clicca x ingrandire)
Il commento di Walter(pi)
Il Volume I di De André contiene la canzone che inizialmente mi avvicinò al grande Fabrizio: Via
del Campo. E' una bella ballata, nello stile tipico del primo De
André (molto testo, un filo di arrangiamenti). E poi "Via del campo c'é una puttana...", una parolaccia
che non poteva che attirare l'attenzione di un giovincello come
me (e molti altri ancora, in effetti).
Acquistato (diversi anni dopo aver sentito Via del Campo) l'LP, mi sono stupito della bellezza
dell'insieme. La Preghiera in Gennaio è struggente e bellissima (solo da
poco ho saputo che era dedicata a Luigi Tenco). La Marcia Nuziale (derivata da Brassens) è una bella
storia, affascinante e toccante. La diversità qui sta nel fidanzamento di 25 anni e del figlio che "suona
l'armonica come un'organo da chiesa".
Spiritual è un vero spiritual, a mio parere molto ben riuscito (peccato che De André non ne ha scritti
altri).
La stagione del tuo amore è dolcissima, come poche canzoni del repertorio di Fabrizio. Bocca di
Rosa è un'altra canzone famosissima, ma che non mi ha mai "toccato veramente" (bestemmia!
bestemmia!), come pure Carlo Martello.
Ma quelle citate valgono ampiamente il disco.
Quello che interessa è cantare, per esprimersi, per conoscere, per trasmettere delle proprie impressioni.
Tutto qui. Ogni altra definizione sarebbe aleatoria e arbitraria. E' vero che Fabrizio è stato classificato - e
con qualche giustificazione reale - come "cantante intellettuale", come "il cantante che fa rivivere il
menestrello medioevale, il troubador provenzale". Ed è sicuramente altrettanto vero che dietro a Fabrizio
esistono una solida cultura, delle buone letture, un dialogo coi poeti del passato.
Tanto per divertirci in un gioco di elencazioni potremmo fare alcuni nomi: un Villion, certi "poeti di
piazza" della Francia prima di Montaigne, oppure i più vicini e più nostri Boudelaire, Verlaine, Rimbaud.
Ma tutto ciò è marginale, anche se gioca il suo ruolo nella formazione del mondo creativo di Fabrizio De
Andrè. Si prenda, per spiegarci meglio, la canzone "Preghiera in Gennaio" (forse l'esempio limite della
gamma di toni di questo cantautore): basterebbe l'inizio, "Lascia che sia fiorito / Signore il suo sentiero",
oppure certe immagini come "fate che giunga a Voi con le sue ossa stanche" , per capire subito un clima,
un entroterra culturale. Per capire che anche il De Andrè - e sia detto senza voler far comparazioni
impossibili - si è lasciato tentare dalla "rima fiore / amore / la più antica, difficile del mondo".
Ma poi c'è la musica, così popolare, cosi melodicamente cantabile, così da romanza. E questa musica di
colto, di intellettuale, di "commercio coi poeti" non ha proprio nulla. E allora si evidenzia l'altro aspetto
del De Andrè, un aspetto fatto di attaccamento alle più pure ragioni popolari, veramente, autenticamente
popolari della canzone italiana. Di modo che questo ligure introverso, chiuso, schivo, riesce ad aprirsi ad
un lirismo immediato, mediterraneo, che può anche essere imparentato (e l'accostamento non sorprenda)
da un lato con la canzone francese d'oggi - un Brassens - e dall'altro con quella napoletana dell'Ottocento.
Ma l'ascolto attento delle canzoni contenute in questo L.P., così diverse fra loro e pure così simili, potrà
indicarci altre inclinazioni di gusto e di atteggiamento proprie di De Andrè. Inclinazioni decadenti, senza
dubbio, ma anche di deformazione e di satira, di umori boccacceschi e picareschi ("Via del Campo",
"Carlo Martello", "Bocca di rosa") che balenano qua e là improvvisi e nei versi e nelle inflessioni della
voce. Voce che si muta e si plasma ad ogni diversa situazione che via via va cantando e raccontando.
Voce che diventa uno strumento, un mezzo non per giustificare il "bel canto", ma per dare colori e toni
alla storia, alla favola che in quel momento si racconta.
Perché, se è vero che Fabrizio De Andrè nelle sue canzoni si ispira sempre alla realtà, a fatti veri o che
potrebbero essere veri, è altrettanto vero che questo non è che il punto di partenza. Quello di arrivo è la
favola, il fatto che diventa simbolo. Certo, la cosa ha i suoi rischi, i suoi limiti, che sono poi quelli del
bozzetto. Ma quando l'operazione riesce, allora si ottengono bellissime canzoni, come la celeberrima
"Carlo Martello", o la recentissima "Bocca di Rosa" che "metteva l'amore sopra ogni cosa", canzone che
ha il sapore di una ballata popolare con quel suo andamento, allegro e gioioso, a saltarello.
Di quando in quando l'inchiostro del De Andrè diventa triste e amaro, quasi cattivo. E' il caso di "Marcia
Nuziale", una canzone che ha il sapore di una disperata malinconia, come di una rivincita andata a vuoto,
di una sfida persa, con il ragazzo già grande che assiste alle nozze dei suoi genitori, accompagnandole
suonando "con la gola tesa l'armonica come un organo da chiesa". Oppure la ballata sulla morte, vista
come "l'estrema nemica", una nemica che "non serve colpirla nel cuore / perché la morte mai non muore".
Gli esempi potrebbero continuare, ma questi possono bastare. E poiché la chiacchierata rischia di
diventare troppo lunga bisognerà cercare una plausibile conclusione, come questa che tentiamo: in fondo
ad ogni canzone del De Andrè c'è sempre l'uomo. L'uomo con le sue miserie e le sue gioie, le sue poche
vittorie e le sue molte sconfitte e, soprattutto, col suo inesauribile bisogno di amore e di speranza.
Giuseppe Tarozzi
Qui viene spesso Fabrizio, che è - a suo modo un poeta e come tale ama scoprire il fondo delle cose, il
colore autentico della realtà umana che è fatta anche di miseria, di tristezza, di inutili attese e di disattese
promesse.
E' sempre stato un tema caro a Fabrizio, quello dell'uomo scrutato - e amato - nei capitoli più amari, nei
risvolti fallimentari della sua storia. Che è essenzialmente, per lui, storia di agognati ma tanto spesso
irraggiunti traguardi, di fronte alla cui evidenzà diventa inutile la speranza illusoria e la ribellione
pigmeiforme di chi vorrebbe opporre la propria fragile volontà alla violenza gigantesca del destino
Sempre pronto, quest'ultimo, a dissolvere con un colpo di spugna i poveri fantasmi che colorano i sogni
dell'uomo con le luci di un impossibile paradiso.
Ecco perché non mi ha affatto stupito - alla luce di quanto avevo intuito dalla affettuosa consuetudine con
lui uomo e con lui artista - che Fabrizio abbia composto, giunto ad un certo stadio della sua parabola
creativa, «Via dei Campo». Che non è soltanto una pagina di amarissima poesia, ma, soprattutto, il ritratto
embiematico di una condizione umana, la dimostrazione di quanto possa essere disagevole - oltre che
improduttivo - il mesistere di vivere.
In questa cornice vivono i personaggi di Fabrizio e si consuma la loro attesa, che ha già in sé i germi del
proprio nulla. Così la « graziosa » Via dei Campo, la bambina ai cui piedi nascono i fiori, ma che « vende
a tutti la stessa rosa , la puttana che non potrà mai offrire altro che un parad i so provvisorio e, tutto
sommato, inutile l'incan. tesimo di un quarto d'ora. Così il povero « illuso » che viene a cercare fra il
letame, i fiori di un impossibile, assurdo amore. Così, in fondo, tutti noi. E allora?
Si vorrebbe credere, si vorrebbe sperare. Ma in che cosa, e in chi? Può accadere che nasca nel buio dei
cuore la tentazione di una preghiera. Ma Dio dov'è?
« Dio dei cielo, se mi vorrai amare scendi dalle stelle e vienimi a cercare... ». Noi non sappiamo
individuare il confine che separa il sorriso dal pianto indìcacelo Tu: « le chiavi dei cielo non ti voglio
rubare / ma un attimo di gioia me lo puoi regalare... ».
Fiducia, se non altro, in una giustizia finale che arriverà ad invertire le posizioni, castigando chi troppo ha
goduto (« chi bene condusse sua vita male sopporterà sua morte .), affrancando chi troppo ha sofferto: «
partirvene non fu fatica / perché la morte vi fu amica ». E' l'epilogo che il suicida di « Preghiera in
gennaio » sceglie come unica alternativa « all'odio e all'ignoranza» che avvelenano la terra: «Lascia che
sia fiorito, Signore, il suo sentiero...» . Non c'è altra certezza, non altro rimedio è lecito supporre al nostro
male di vivere: «Dio di miserìcordia il tuo bel paradiso / l'hai fatto soprattutto /per chi non ha sorriso,/ per
quelli che han vissuto/ con la coscienza pura: l'inferno esiste solo per chi ne ha paura ».
E prima? Diceva Ungaretti: «La morte si sconta vivendo». Nessuno si salva da questa legge, neppure
coloro che Fabrizio chiama semidei, i fortunati. Come quel Carlo Martello il cui rango regale non vieta ad
una qualsiasi sgualdrinella di sottoporlo ad una atroce turlupinatura; neppure coloro che, avendo raggiunto
alle spalle degli altri una aleatoria felicità, troveranno il loro castigo quando la morte, «estrema nemica»,
verrà a rammentare loro «l'infinita vanità dei tutto».
Lungo queste costantì la meditazione di Fabrizio nasce e procede con frutti di una concretezza tanto più
tangibile quanto più diretto - e sofferto - è il suo approccio con la realtà. E se e taluni troppo ampio potrà
sembrare lo spazio che Fabrizio concede ad un pessimismo apparentemente distruttivo, non va
dimenticato come esso trovi le proprie radici in un atto d'amore per l'Uomo, di ansia per la sua salvezza.
Cesare G. Romana
(testi)
(clicca x ingrandire
testi
CDMRL6496 Ricordi, CD
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NOTA: A volte questo disco viene considerato il "Volume 2" esistono però sotto questo
nome, anche riedizioni di altri dischi di De Andrè del periodo Karim. Vedere su FDA 72-
73
Cantico dei drogati (Testo di Fabrizio De André e Riccardo Mannerini - Musica di Fabrizio De
André)...... 7'06"
Per la Leggenda di Natale: testo ispirato a Le Père Noël e la petite fille di Georges Brassens.
ciao Franco,
Lilia
La mia pagina!
http://web.tiscalinet.it/cleoo
Capo dell'istituzione era Fabrizio, che a quell'epoca ottenne presso i gatti genovesi la stessa
incondizionata ammirazione che oggi gli viene tributata dai « patiti » delle sue canzoni.
E' affollato, il suo mondo_poetico, di gatti che hanno fame (di pane, di pietà, di amore): da «
Miché » a « Bocca di rosa », alla fauna notturna de « La città vecchia » o di
Via dei campo,», ai negri di « Spiritual » che continuano ad attendere che Dio si accorga di loro,
al suicida di « Preghiera in gennaio », ai protagonisti de « La ballata dell'eroe », « La guerra di
Piero », < La ballata dell'amore, cieco ».
C'è bisogno di tanta pietà, per i gatti randagi come per gli uomini, vuoi dirci Fabrizio. E per
dircelo ha raccolto tutte le folgorazioni le, angosce, i tremori delle sue canzoni precedenti, per
scrivere questa cantata che è anche - e soprattutto - una galleria di personaggi, un vasto mosaico
sulla solitudine e sull'infelicità dell'uomo. Ancora una volta Fabrizio ha dato la parola ai gatti
randagi, perché la gente capisca e tragga le debite conseguenze. Ecco perché « Tutti morirono a
stento » è un messaggio di disperato amore, per tutti i diseredati cui una specie di morte morale
impedisce di recuperare il perduto gusto della vita.
E proprio la morte (come negazione della vita, ossia della dignità, della felicità, di tutto quanto
gli antichi comprendevano nel termine « humanitas »), fornisce il fondale inquietante di questa
cantata, un polittico che allinea tutto il triste campionario di un'umanità derelitta: tossicomani,
impiccati, bimbi impazziti negli agghiaccianti « jeux interdits » di uria guerra apocalittica,
adolescenti traviate, falsi babbi Natale che cercano nell'amore di fanciulle ancora pure il brivido
dimenticato della gioventù. Su tutti alleggia, nel dolente racconto dell'autore, la consapevolezza
dei proprio peccato e dell'impossibilità a riscattarsene, l'avidità di luce e di quiete cui fa
riscontro la condanna all'ombra e al tormento.
Così nel canto dei drogato (chi / e perché mi ha messo ai mondo / dove vivo la mia morte / con
un anticipo tremendo?) che nell'euforia illusoria dell'allucinogeno cerca
invano l'antidoto al proprio vuoto interiore: « Ho licenziato Dio / gettato via un amore / per-
costruirmi il vuoto / nell'anima e nel ' cuore... » e poi: « Gli arcobaleni d'altri mondi / hanno
colori che non so / lungo i ruscelli d'altri mondi / nascono fiori che non ho », impossibile
speranza in una felicità che stia « oltre il confine stabilito >, oltre la coscienza umana, oltre « i
bordi dell'infinito ».
Così ancora nella amara « Leggenda di Natale », la storia dei vecchio riccone che abusa
dell'innocenza di una fanciulla per allontanare da sé lo spettro incombente della vecchiaia: « E
venne l'inverno che uccide il colore e un babbo Natale che parlava d'amore / e d'oro e d'argento
splendevano i doni ma gli occhi eran freddi, e non erano buoni... E mentre incantata io stavi a
guardare/ dai piedi ai capelli li volle baciare ».
Un mondo, insomma, che ripugna alla fredda e asettica morale di chi giudica prima di
comprendere e di compatire (ed è la morale dei più) ma sul quale si china pietoso Fabrizio. E a
differenza della morale dei più, la sua morale è sempre giustificatrice, mai giustiziera. Per lui
tutti hanno diritto a salvarsi, « perché non c'è l'inferno / nel mondo dei buon Dio ».
Ma come salvarsi, se ogni rivalsa sulia naturale caducità delle cose e dei sentimenti finisce per
rivelarsi impossibile? E' vero che alla solitudine può anche seguire l'amore, che all'inverno
finisce per sostituirsi la primavera. (« Ma tu che vai, ma tu rimani / anche la neve morirà
domani / l'amore ancora ci passerà vicino / nella stagione dei biancospino »); ma altri inverni
sopraggiungeranno, anche l'amore finirà: « Ma tu che stai, perché rimani? / Un altro inverno
tornerà domani / cadrà altra neve a consolare i campi / cadrà altra neve sui camposanti ».
Insomma, è la mancanza di pietà che trasforma la nostra vita in un lungo cammino di morte. Il
tema affiora nella , Ballata degli impiccati », ai quali non è stata concessa possibilità di
redimersi, per i quali « il prezzo fu la vita / per il male fatto in un'ora »; o nel «
Marcondiro'ndero >> una delle pagine più intense e drammatiche dell'intera cantata. Vi si narra
come la spietata (appunto) follia dell'uomo abbia scatenato la guerra atomica, e di come la terra
ne si andata distrutta. Solo i bimbi sono rimasti vivi, a continuare un assurdo girotondo che li
trascina, gradualmente, alla pazzia. E su tutto aleggia un terribile monito, « chi ci salverà? ».
Dunque, vuole dirci l'autore, non c'è speranza nell'uomo, se non nell'amore che uccide l'odio,
nella carità che uccide cupidigie, e rancori, e ingiustizia. Abbiano pietà coloro che stanno in
alto, che hanno gloria, potenza e ricchezza. Abbiano pietà di chi conosce dolore e di chi conosce
l'errore, affinché per tutti - se lo vorranno - si apra la strada dei riscatto. I potenti, rammentìno
che la felicità non nasce dalla ricchezza né dal potere, ma dal piacere di donare. E che la morte è
rimorso, per chi non ha saputo aprirsi, in vita, alla compassione. Per chi non ha saputo amare i
gatti randagi.
testi
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images by Luca Bassanese)
Fabrizio De André, uno degli autentici «young angry men» della canzone contemporanea, ha
recuperato la lezione di messer Cecco nella sua allucinante attualità. Andando bene al di là di
certe definizioni di comodo, che fanno di Angiolieri un acido velleitario e un bestemmiatore da
trivio, ha compreso a fondo la sconcertante «verità» dei poeta medievale, si è calato entro la
drammatica accoratezza della sua «protesta», oggi più che mai viva, parlante più che mai.
Basterà, a scoprire la natura e la consistenza di tale legame, ascoltare questo disco in cui De
André ripropone, accanto al sonetto di Angiolieri, alcune fra le pagine più significative della
sua produzione di ieri e di oggi. Fra queste ultime è importante rilevare due traduzioni da
Brassens, un altro poet a cui il cantautore genovese è legato da particolari affinità di gusto, di
scelte, di inclinazioni.
A ben guardare, direi che la protesta anzi la ribellione di Fabrizio nasce da un assoluto bisogno
di fede, dalla ricerca di un qualcosa in cui credere che è testimonianza d'amore per, l'Uomo,
fiducia nel suo divenire. E questa tensione costante a salvare il mondo poetico di Fabrizio dalle
sabbie mobili dei nihilismo, a trattenerlo sull'orlo della negazione totale per impedirgli di
precipitare. Per sconfortata che sia la sua visione del mondo, vi è sempre l'impulso ad andare
avanti, a cercare ancora. Per distaccata e rinunciataria che possa sembrare la sua cronaca, è
facile leggervi fra le righe un invito alla lotta, un ammonimento a prendere coscienza della
realtà per imboccare altre strade.
Questo mi pare vogliano insegnarci i poveri eroi di Fabrizio, solitari campioni di un'umanità
che brancola nel buio e cerca la luce, e troppo spesso, vittima dei proprio cammino, inciampa
fra i sassi che costellano le vie dell'esistenza. Perché, a guardare in alto, si rischia di
incespicare: come Marinella, che muore nel momento stesso in cui scopre l'amore; come
Miché, omicida per il timore di perdere la sua ragazza, suicida per la disperazione di averla
perduta; come il soldato de «La ballata dell'eroe», che «troppo lontano / si spinse a cercare / la
verità»; come Piero, ucciso fra i papaveri dalla furia feroce della guerra, proprio mentre scopre
nel grembo di quest'ultima il sapore di un'impensata fraternità: «E mentre andavi con l'anima
in spalle / vedesti un uomo in fondo alla valle / che aveva il tuo stesso identico umore / ma la
divisa di un altro colore » Eccoci così al tema dell'«homo homini lupus», l'aspetto più
inquietante dei dissenso di Fabrizio Da André nei confronti della società. L'uomo non è
soltanto vittima dei propri errori o del proprio destino.
E soprattutto vittima degli altri, dell'ipocrisia, dell'odio, della malafede dei prossimo. Così la
cortigiana sfiorita, di stecchettiana memoria, dei «Testamento», costretta a vendere immagini
sacre all'angolo di una chiesa perché il consorzio sociale non le lascia altra possibilità di
sussistenza; così quel personaggio di cui si racconta ne «Il gorilla», ucciso dalla corriva
«giustizia» degli uomini: «Gridava mamma come quel tale / cui il giorno prima come ad un
pollo / con una sentenza un po' originale / aveva fatto tagliare il collo, La morte (dei sogni,
dell'amore, della dignità). La guerra, l'odio, il marciume che è dentro e intorno a noi.
Sono questi, dunque, i sassi che Fabrizio semina lungo l'itinerario dei propri personaggi, per
insegnare a noi a camminare. Sono i capisaldi della sua tristezza - e deHa sua speranza - di
artista profondamente partecipe della realtà. Di uomo che vive la vita degli altri uomini, vi si
cala fino in fondo e la soffre senza alternative, totalmente. Il fatto che, per esprimerla, egli non
di rado ricorra all'umorismo non significa nulla. E, il suo, un humour sempre disponibile ai
richiami dei tragico, quotidiano o no. Nessuna voglia di ridere: semmai il sarcasmo «cattivo»
di Cecco Angiolieri. Un sarcasmo che è l'alibi dell'amarezza, che ha l'infinita tensione di un
pianto rattenuto.
1 - Nuvole barocche (Testo e Musica di Fabrizio De André, Gianni Lario, Carlo Stanisci)2'26"
2 - E fu la notte (Testo e Musica di Fabrizio De André, Franco Franchi, Carlo Stanisci). 2'03"
3 - Valzer per un amore(1)(Testo di Fabrizio De André - Musica di Gino Marinuzzi jr).. .. 3'40"
4 - Per i tuoi larghi occhi (Testo e Musica di Fabrizio De André)................ . . . . . . . . ....... 2'33"
5 - La canzone dell'amore perduto(2)(Testo e Musica di Fabrizio De André)...................... 3'40"
6 - Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers(3)
(Testo di Fabrizio De André e Paolo Villaggio - Musica di Fabrizio De André)............ 5'19"
7 - Il fannullone(3)
(Testo di Fabrizio De André e Paolo Villaggio - Musica di Fabrizio De André)............ 3'37"
8 - Geordie(4)(Testo e Musica di Fabrizio De André)............ x'xx"
9 - Delitto di paese [L'assassinat]
(Testo italiano Fabrizio De André - Testo e Musica di Georges Brassens) x'xx"
(1) Musica tratta dal "Valzer campestre" della "Suite siciliana" di Gino Marinuzzi jr.
(2) Musica tratta da "Concerto in Re maggiore per tromba, archi e continuo" - Adagio - di Georg Philipp
Telemann
(3) Arrangiamenti e direzione orchestra di Giampiero Boneschi
(4) Da una musica tradizionale inglese è cantata con Maureen Rix
Raccolta di canzoni del periodo in cui De Andrè incideva per la Karim, comprensiva di
canzoni apparse nei primi singoli e non inserite nel primo album (Tutto FDA)
IL PESCATORE
E fu il calore di un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore.
(testi)
(Ricordi Orizzonte ORL 8918 - clicca (Ricordi Orizzonte ORL 8918 - clicca
x ingrandire) x ingrandire)
Novembre 1970
A cura di Roberto Dané
Arrangiamenti di Giampiero Reverberi
Orchestra e coro "I musical" diretti da Giampiero Reverberi
Tecnici del suono: Walter Patergnani (Ricordi) - Mario Carulli (Fonorama) - Plinio Chiesa
(Fonit-Cetra)
Grafico: Greguoli
Da qualche parte troverete scritto "a cura di", "arrangiamenti di" e qualche altra doverosa e
professionale gratitudine stampata da una macchina disperata, senza amici. Io ho degli amici:
Roberto Dané, che ha usato l'intelligenza per censurare e suggerire, l'affetto per stimolare e
convincere e infine il forcipe, perché questo lavoro diventasse un lavoro finito, perché nascesse;
Giampiero Reverberi, che ancora una volta ha saputo vestire di musica la mia consueta balbuzie
melodica; Corrado Castellari e Michele ai quali devo un'idea per la musica del testamento di
Tito; Franco Mussida - chitarra, Franz Di Cioccio - batteria, Giorgio Piazza - basso, Flavio
Premoli - organo, Mauro Pagani - flauto del complesso "I Quelli" ed il chitarrista Andrea Sacchi
che dopo due giorni di distaccata collaborazione hanno dimenticato gli spartiti sui leggii e sono
venuti a chiedermi "perché hai fatto questo disco, perché hai scritto queste parole". Anche con
loro la fatica comune si è trasformata in amicizia: da quel momento
Fabrizio De André
Non fatevi abbagliare dalla fama de "Il testamento di Tito", una delle canzoni più famose
di Fabrizio De Andrè¨.
Questo è uno dei dischi più belli di De Andrè, una unica bellissima poesia. testi incantevoli
su una musica unica. Da ascoltare dall'inizio alla fine.
Corrado Castellani (citato da Faber nei ringraziamenti) mi ha scritto qualche dettaglio in più:
Caro Walter
ecco come è andata: Fabrizio aveva scritto , musica e testo del TESTAMENTO DI TITO,
però aveva confidato a MICHELE (vedi Susan dei Marinai) suo grande amico, che non
era soddisfatto della musica che lui stesso aveva scritto, e qui intervenne la fortuna e
debbo dire un grazie grande come una casa a MICHELE il quale gli disse: " ho un amico
compositore( ero io) che ha delle belle idee musicali, perchè non lo fai provare a
musicarti il TESTAMENTO DI TITO?......" Fabrizio acconsentì a farmi provare- la mia
musica gli piacque tantissimo tanto che scelse la mia . Quindi IL TESTAMENTO DI
TITO è : testo :Fabrizio de Andrè musica:Corrado Castellari
A proposito, sai di chi è l'idea di SUSAN DEI MARINAI? E' di Fabrizio che ascoltando il
mio provino suonato e cantato in un inglese maccheronico, disse: "Questa è SUSAN DEI
MARINAI........"
Ciao Corrado
Per estensione vennero chiamati apocrifi tutti gli scritti esclusi dal codice, appartenessero o
meno a quelle sette. Così apocrifo divenne sinonimo di « non veritiero ,, « falso ,, « non corretto
».
Gli apocrifi sembrano colmare il vuoto dei quattro canonici (Marco, Matteo, Luca, Giovanni)
sull'infanzia di Maria, la storia di Giuseppe, l'infanzia di Gesù e la storia di Erode e Pilato. Ma la
differenza più affascinante è l'attenzione che gli autori mettono anche sulla natura « comunque »
umana dei foro protagonisti; costoro, e il popolo che vive con loro, sembrano semidei di vario
grado immersi in una meravigliosa e a volte anche troppo fantastica leggenda, costretti a viverla
come umili e martoriati esseri umani in balia di questa unica commedia umana.
Pur essendo fuori della Chiesa gli apocrifi hanno lasciato una traccia ben profonda: dalle più
piccole e radicate tradizioni: la grotta, l'asino e il bue, i nomi dei Magi e dei genitori di Maria,
fino alle basi sulle quali poggia il dogma dell'Assunzione e la definizione « Madre di Dio ».
Queste e altre notizie hanno ricchezza di particolari e spesso unica citazione nei vangeli apocrifi.
La loro storia è sotterranea. I « fedeli » cristiani non li conoscono, la Chiesa non li divulga, per
secoli sono stati ignorati eppure Dante, Carpaccio, Tiziano, Michelangelo, Raffaello, Hugo,
Buigakov devono averli letti se hanno raccontato o dipinto scene che solo gli apocrifi
contengono.
li lavoro di questo disco nasce da una ricerca sugli apocrifi e sull'animo umano che li ha
informati; nasce dalla necessità di divulgare e *comunicare e dalla convinzione che l'argomento
è lungi dall'essere superato: semmai, oggi, l'interesse si sposta, finalmente, dallo studioso alla
gente, attraverso l'unico tramite ancora possibile, l'artista.
Fabrizio De André comincia il suo mestiere di autore con le canzoni di protesta, La guerra di
Piero, La ballata dell'eroe (vai la pena di chiamarle di protesta visto che nove anni fa la protesta
non era di moda) e con stupende canzoni d'amore, Bocca di rosa, Via dei Campo, Marinella.
La storia spesso fa da supporto, da pretesto per la polemica, per la satira, per l'umorismo su
questo nostro « scostumato » mondo. Tra un verso e l'altro filtra l'ironia dell'uomo che ha
bisogno di fede e fede non ha trovato. Il problema più che-religioso è mistico e, fattosi primo tra
gli altri, comincia a cadenzare una
sfiducia in tutto ciò che è mito ma non risolve, che è autorità ma non opera, che è volontà ma
non vuole altri che se stessa. L'ironia, qualche volta, prende la piega acre dei sarcasmo, la
sfiducia scende di classe, corrode anche gli oppressi fino alla passività che è suicidio e De André
scrive Tutti morimmo a stento, cantata sulla morte ma anche per la morte, certa, sicura, e tanto
più amara se i] vivere non è stato. Tutti morimmo a stento è un quieto dolore che finisce male,
della rivolta non ci sono più neppure le radici, rimangono due invocazioni e un atto di accusa
che sembrà una preghiera. Solo la morte ha ragioni per vivere: ha la coscienza di essere stata
chiamata.
E De André segue questo itinerario: alla favola sembra crederci, la porta avanti come se dovesse
concludersi con il lieto fine, termina persino il primo tempo con l'odore della felicità. E poi
distrugge con forza e decisione tutto ciò che ha costruito e lo distrugge senza giustificazioni di
destini o di predestinazioni: con la convinzione che l'ineluttabile morte deve accadere,
comunque, anche per errore. Sembra allora che la costruzione della prima parte sia stata fatta
apposta per essere abbattuta: più dolce, femmina e leggenda, per frustrare definitivamente con la
realtà dura e maschile ogni capacità di speranza. Non importa che la storia dei vangeli gli fosse
ovviamente nota. Alla sua storia « evangelica » manca il riferimento biblico « affinché si
compisse quei che è stato predetto ». De André usa perciò della stessa meraviglia dei narratore
originale, l'incredibile lo allarga, lo riempie di possibile, lo umanizza come fosse credibile, fino
al tentativo di corruzione dell'ascoltatore perché gioisca con lui: questa volta ce l'abbiamo fatta, i
fatti cambiano il mondo! E poi lo dileggia perché ha creduto, ancora una volta, alla favola
illusoria.
dei testamento di Tito: unico comandamento, ama il prossimo tuo, che comandamento non è.
Parallelamente a questa sfiducia esistenziale (anche l'unico che poteva essere Dio è morto) c'è,
ben chiara, quella propriamente politica. Ed è ancora la stessa strada della frustrazione.
Così una bambina, prima ancora di capire, prima ancora di volere, è già strumento della fede dei
genitori e, naturalmente, dei potere che quella fede esercita. E viene allevata nel seno dei potere
per servire-il potere. E proprio dalla vergine per vocazione (sterile, perciò) , nasce la rivolta. La
gioia è breve, il potere riprende le redini in mano, la rivolta è soffocata, il potere uccide.
L'altalena vichiana dei finale toglie, senza molte cortesie, e senza tanto favoleggiare, le illusioni
a diciannove secoli di storia.
La storia finisce con la morte perché la morte è la fine della realtà. La resurrezione sarebbe
ancora leggenda e ancora una volta toglierebbe forza alla possibilità di imitare quest'uomo che
De André considera,il più importante rivoluzionario della storia.
Il legame con i vangeli apocrifi è allo stesso tempo profondo e tenue. Direi che De André li usa
fin che gli sono utili, ne adopera alcuni strumenti, sono la fonte necessaria per un lavoro così
complesso.
canonici) il sogno della concezione e soprattutto il testamento di Tito nascono dalla fantasia di
De André per costruire una storia che termini, fisicamente e nel contenuto, con « lodate l'uomo
».
Dei versi di Fabrizio, ormai giunto alla maturità espressiva, c'è da segnare l'uso della metrica e
della rima. Ne è divenuto così padrone da non perdere occasione per proporre un'immagine. E
qui le immagini si rincorrono, si sovrappongono, si ammucchiano una contro l'altra dal primo
verso all'ultimo.
Apparentemente senza fatica. E invece è stata fatica, di un anno di lavoro, molti giorni e molte
serate e troppe notti.
Credo che con questo disco De André entri a far parte, volente o nolente, sia bene o sia male, del
costume italiano.
-
testi
1971 Non al denaro non all'amore nè al cielo (testi) (Note inserite nel disco)
1971 Produttori Associati PA/LPS 40 (LP)
1973 Ricordi SMRL 6231 (LP)
1983 Ricordi Orizzonte ORL 8920 (LP) - copertina diversa -
1983 Ricordi RIK 76499 cassetta stereo 7
1983 Ricordi Orizzonte ORK cassetta stereo 7
1991 Ricordi Orizzonte CDOR 8920 (CD) - Un malato di cuore è più lungo di 24" -
1995 BMG - Ricordi CDMRL6499 (CD) - Un malato di cuore è più lungo di 24"
2002 BMG - Ricordi 74321974442 (CD) 24 bit remastering
(CDOR8920 Copertina CD
(CDOR8920 Copertina CD clicca x ingrandire)
clicca x ingrandire)
Una notizia che ti do per certa ma che non ho mai ritrovato riportata è che nel 1972 (dell'anno non sono
sicuro al 100%), l'Università di Losanna insignì Fabrizio De Andrè della Laurea "Honoris Causa" in
Letteratura Straniera per la traduzione ed il libero adattamento di alcune poesie dell'Antologia di Spoon
River di Edgar Lee Master che Fabrizio fece per mezzo del suo Album "non al denaro, non all'amore nè al
cielo".
"Pietro G. POLIGNANO" <mc8617@mclink.it>
In questa pagina:
Testi originali di Lee Masters (in italiano)
Note inserite nel disco
Intervista virtuale con Lee Masters
Commenti a "Un blasfemo", di Enrica
Ciao a tutti
Paolo
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Testi originali (in italiano)
Grazie al contributo di Stefano, eccovi la traduzione ufficiale delle poesie a cui si è ispirato Fabrizio
De Andrè.
Da Antologia di Spoon River, a cura di Fernanda Pivano, Torino, Einaudi, 1968:
La collina
Ottima! E adesso?
Luce, soltanto luce che trasforma tutto il mondo in giocattolo.
Benissimo, faremo gli occhiali così.
Il suonatore Jones
La terra ti suscita
Vibrazioni nel cuore: sei tu.
E se la gente sa che sai suonare,
suonare ti tocca, per tutta la vita.
Che cosa vedi, una messe di trifoglio?
O un largo prato tra te e il fiume?
Nella meliga è il vento; ti freghi le mani
perché i buoi saran pronti al mercato;
o ti accade di udire un fruscio di gonnelle
come al Boschetto quando ballano le ragazze.
Per Cooney Potter una pila di polvere
o un vortice di foglie volevan dire siccità;
a me pareva fosse Sammy Testa-rossa
quando fa il passo sul motivo di Toor-a-Loor.
Come potevo coltivare le mie terre,
-non parliamo di ingrandirle-
con la ridda di corni, fagotti e ottavini
che cornacchie e pettirossi mi muovevano in testa,
e il cigolio di un molino a vento - solo questo?
Mai una volta diedi mano all'aratro,
che qualcuno non si fermasse nella strada
e mi chiamasse per un ballo o una merenda.
Finii con le stesse terre,
finii con un violino spaccato -
e un ridere rauco e ricordi,
e nemmeno un rimpianto.
Pivano:
Hai voglia di raccontarci come ti è Venuto in mente di fare questo disco?
Fabrizio:
Spoon River l'ho letto da ragazzo, avrò avuto 18 anni. Mi era piaciuto, e non so perché mi fosse
piaciuto, forse perché in questi personaggi ci trovavo qualcosa di me. Poi mi è capitato di
rileggerlo, due anni la, e mi sono reso conto che non era invecchiato per niente, Soprattutto mi ha
colpito un fatto: nella vita, si è costretti alla competizione, magari si è costretti a pensare il falso o
a non essere sinceri, nella morte invece, i personaggi di Spoon River si esprimono con estrema
sincerità, perché non hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente da pensare. Così parlano
come da vivi non sono mai stati capaci di fare.
P.Cioè, tu hai sentito in queste poesie che nella vita non si riesce a «comunicare»? Quella che a me
pare la denuncia più precorritrice di Masters, la ragione per la quale queste poesie sono ancora
attuali, specialmente tra i giovani?
F.Sì, decisamente sì. A questo punto ho pensato che valesse la pena ricavarne temi che si
adattassero ai tempi nostri, e siccome nei dischi racconto sempre le cose che faccio, racconto la
mia vita, cerco di esprimere i miei malumori, le mie magagne (perché penso di essere un individuo
normale e dunque penso che queste cose possano interessare anche gli altri, perché gli altri sono
abbastanza simili a me), ho cercato di adattare questo Spoon River alla realtà in cui vivo io. Perché
ho scelto Spoon River e non le ho addirittura inventate io, queste storie? Dal punto di vista
creativo, visto che c'era stato questo Signor Edgar Lee Masters che era riuscito a penetrare così
bene nell'animo umano, non vedo perché avrei dovuto riprovarmici io.
P.Sicché le grosse manipolazioni che hai fatto sui testi sono state come delle
operazioni chirurgiche per rendere il libro attuale, contemporaneo?.
F.Sì. Addirittura per rendere più attuali i personaggi, per strapparli dalla piccola borghesia della
piccola America 1919 ed inserirli nel nostro tipo di vita sociale. Quando dico borghesia non dico
babau, dico la classe che detiene il potere e ha bisogno di conservarselo, no? il suo potere. Ma
anche nel nostro tipo di vita sociale abbiamo dei giudici che fanno i giudici per un senso di rivalsa,
abbiamo uno scemo di turno di cui la gente si serve per scaricare le sue frustrazioni (è tanto
comodo a tutti, uno scemo ... ).
P.Dal libro hai preso nove poesie, scegliendole tra le più adatte a spiegare due temi che
sembravano le più insistenti costanti della vita di provincia: l'invidia (come molla del potere
esercitata sugli individui e come ignoranza nei confronti degli altri) e la scienza (come contrasto
tra l'aspirazione del ricercatore e la repressione del sistema). Perché proprio questi due temi?
F.Per quanto riguarda l'invidia perché direi che è il sentimento umano in cui si rispecchia
maggiormente il clima di competitività, il tentativo dell'uomo di misurarsi continuamente con gli
altri, di imitarli o addirittura superarli per possedere quello che lui non possiede e crede che gli
altri posseggano. Per quanto riguarda la scienza, perché la scienza è un classico prodotto del
progresso, che purtroppo è ancora nelle mani di quel potere che crea l'invidia, e, secondo me, la
scienza non è ancora riuscita a risolvere problemi esistenziali.
F.Dopo aver fatto la scelta ne ho parlanto con Bentivoglio al quale ho proposto di aiutarmi in
questo lavoro. Tra noi ci sono state molte discussioni, come è ovvio e come è giusto. Bentivoglio
tendeva a fare un discorso politico ed io volevo fare un discorso essenzialmente umano. Alla fine
la fatica più dura è stata, mai rinunciando ad esprimere dei contenuti, quella di accostarsi il più
possibile alla poesia. Fatica a parte devo dire che vorrei incontrare un centinaio di Bentivoglio
nella vita: se vivessi cent'anni, un disco. all'anno, sarei l'autore di canzoni più prolifico del mondo.
Puoi spiegarmi meglio l'idea del malato di cuore come alternativa all'invidia?
Se ci riuscissi. Gli altri personaggi si sono lasciati prendere dall'invidia e in qualche maniera
l'hanno risolta, positivamente o negativamente (lo scemo che per invidia studia l'enciclopedia
britannica a memoria e finisce in manicomio, il giudice che per invidia raggiunge abbastanza
potere da umiliare chi l'ha umiliato, il blasfemo che è un esegeta dell'invidia e per salirne alle
origini la va a cercare in Dio); invece il malato di cuore pur essendo nelle condizioni ideali per
essere invidioso compie un gesto di coraggio e...
P. Possiamo dire che ha scavalcato l'invidia perché a spingerlo non è stata la molla del calcolo ma
è stata la molla dell'amore?
P. E allora possiamo concludere con la -vecchia proposta di Masters, che a trionfare sulla vita è
soltanto chi è capace di amore?
P.Anche per il gruppo della scienza hai trovato un'alternativa, vero? Bentivoglio mi diceva che per
rappresentare il tema della scienza hai scelto il medico che ha cercato di curare i malati gratis ma
non c'è riuscito perché il sistema non glielo ha permesso, il chimico che per paura si rifugia nella
legge e nell'ordine come fatto repressivo e l'ottico che vorrebbe trasformare la realtà in luce e nel
quale hai visto una specie di spacciatore di hashish, una specie di Timothy Leary, di Aldous
Huxley. In che modo il suonatore di violino è una alternativa?
F.Il suonatore di violino (che è diventato per ragioni . oni metriche di flauto) è uno Che i problemi
esistenziali se li risolve, e se li risolve perché, ancora, è un « disponibile ». E' disponibile perché il
suo clima non è quello del tentativo di arricchirsi ma del tentativo di fare quello che gli piace: è
uno che sceglie sempre il gioco, e per questo muore senza rimpianti. Non ti pare che sia perché ha
fatto una scelta? La scelta di non seppellire la libertà?
P.Allora si può dire che questo è il messaggio che hai voluto trasmettere con questo disco? Perché
siamo abituati 'a pensare che tutti i tuoi dischi hanno proposto un messaggio: quello libertario e
non violento delle tue prime ballate ' come nella Guerra di Piero, quello liberatorio della paura
della morte, come in Tutti morimmo a stento, quello demistificante dei personaggi del Vangelo,
come nel Testamento di Títo. Qual è il messaggio di questo Spoon River?
Direi, tutto sommato, che siamo usciti dall'atmosfera della morte per tentare un'indagìne sulla
natura umana, attraverso personaggi che esistono nella nostra realtà, anche se sono i personaggi di
Masters.
E' chiaro che le poesie le hai tutte rifatte. Ma per esempio, nella poesia del blasfemo tu hai
aggiunto un'ídea che non era in Masters, quella della « mela proibita », cioè della possibilità di
conoscenza, non più detenuta da Dio ma detenuta dal potere poliziesco del sistema.
botte: volevo anche dire che forse è stato il blasfemo a sbagliare, perché nel tentativo di contestare
un determinato sistema, un determinato modo di vivere, forse doveva indirizzare il suo tipo di
ribellione verso qualcosa di più consistente che non contro un'immagine così metafisica.
P.Mi diceva Bentivoglio che se la « mela proibita » non è in mano a un Dio ma al potere
poliziesco, è il potere poliziesco che ci costringe a sognare in un giardino incantato. Cioè ' il
giardino incantato non è più quello divino dove secondo Masters l'uomo non avrebbe dovuto
sapere che oltre al bene esiste il male.
F.Sì. In realtà per il blasfemo il giardino incantato non è stato creato da Dio ma è stato addirittura
inventato dall'uomo e comunque « la mela proibita » è ancora sulla terra e noi non l'abbiamo
ancora rubata. A questo punto hai capito che cosa voglio dire io per sognare: voglio dire pensare
nel modo in cui si è costretti a pensare dopo che il sistema è intervenuto a staccarci decisamente
dalla realtà.
Mi pare che la tua aggiunta non sia una forzatura, perché anche nella denuncia della
manipolazione del pensiero ' del lavaggio mentale esercitato dal sistema, Masters è un precorritore
dei nostri problemi. Cerca di dirmi in che modo, quando eri ragazzo, a un ragazzo della tua
generazione Masters è sembrato un contestatore.
F.Perché denuncia i difetti di gente attaccata alle piccole cose, che non vede al
di là del proprio naso, che non ha alcun interesse umano al di fuori delle
necessità pratiche.
P.Ritornando alle tue manipolazioni del testo, possiamo dire che l'aggiunta di questo concetto
della « mela proibita » non detenuta da Dio ma dal potere del sistema è la manipolazione più
grossa. D'altronde è passato mezzo secolo da quando Masters ha scritto queste poesie, sicché se
questa galleria di ritratti la potesse riscrivere adesso non c'è dubbio che la sua vena libertaria gli
farebbe inserire elementi che si è limitato a sfiorare come precorritore. Questo vale anche per
l'altra grossa manipolazione che hai fatto, quella dell'ottico visto come proposta di un'espansione
della coscienza. Ma proprio dal punto di vista stilistico, perché hai sentito la necessità di cambiare
la forma poetica di Masters? Bentivoglio mi diceva che il verso libero di queste poesie non ti
serviva, avevi bisogno di ritmo e di rima, questo è chiaro. Ma sembra quasi che tu abbia voluto
divulgare, spiegare questi testi.
F.Sì. Mi pareva necessario spiegare queste poesie; poi c'era la necessità di farle diventare delle
canzoni. Cioè delle storie e una storia non è un pretesto per esprimere un'idea, dev'essere proprio
la storia a comprendere in sé l'idea.
P.Ma come spieghi per esempio il fatto di aver usato parole di un linguaggio contemporaneo quasi
brutale, per esempio nel verso della poesia del giudice « un nano è una carogna di sicuro perché ha
il cuore troppo vicino al buco del c... » e di avere per esempio inserito immagini come « le cosce
color madreperla » in poesie che pur essendo piene di sesso sono espresse per lo più in forma
F.Perché anche il vocabolario al giorno d'oggi è un po' cambiato, e io ero spinto soprattutto dallo
sforzo di spiegare il vero significato di queste cose. Ouanto alla definizione del giudice, questo è
un personaggio che diventa una carogna perché la gente carogna lo fa diventare carogna: è un
parto della carogneria generale. Questa definizione è una specie di emblema della cattiveria della
gente.
Tutto sommato mi pare che queste siano state le manipolazioni più pesanti che hai fatto ai concetti
e al testo di Masters; e d'altra parte quando il libro è uscito, ai suoi contemporanei è sembrato
tutt'altro che asettico e asessuato: il gruppo dei NeoUmanisti lo aggredì come « iniziatore di una
nuova scuola di pornografia e sordido realismo ».
F.Capirai.
P.Comunque sono certa che non deluderai i tuoi ammiratori, perché le poesie le hai proprio scritte
tu, con quella tua imprevedibile, patetica inventiva nelle rime e nelle assonanze, proprio come
nelle poesie dell'antica tradizione popolare. Ma fino a che punto, per esempio, ti si identificato col
suonatore di violino (Jones, che nel '71 suona il flauto) che conclude il disco? E non voglio
alludere al fatto che da ragazzo ti sei accostato alla musica studiando il violino.
F.Non c'è dubbio che per me questa è stata la poesia più difficile. Calarsi nella
realtà degli altri personaggi pieni di difetti e di complessi è stato relativa
mente facile, ma calarsi in questo personaggio così sereno da suonare per
puro divertimento, senza farsi pagare, per me che sono un professionista
della musica è stato tutt'altro che facile. Capisci? Per Jones la musica è un
mestiere, è un'alternativa: ridurla a un mestiere sarebbe come seppellire la
libertà. E in questo momento non so dirti se non finirò prima o poi per
seguire il suo esempio.
Fernanda PIVANO
Ti sei dimenticata di rivolgermi una domanda: chi è Fernanda Pivano? Fernanda Pivano per tutti è
una scrittrice. Per me è una ragazza di venti anni che inizia la sua professione traducendo il libro
di un libertario mentre la società italiana ha tutt'altra tendenza. E' successo tra il '37 e il '41:
quando questo ha significato coraggio.
Fabrizio DE ANDRE'
libro su una città di campagna che avesse tanti fili e tanti tessuti connettivi da diventare la storia
del mondo intero.
Masters - Ho trascorso più o meno lo stesso numero di anni nei due villaggi. Ma a Lewistown ho
visto la gente con occhi maturi e in circostanze che avevano acuito la mia osservazione.
Petersburg era soltanto una fiera di campagna con molta gente; Lewistown era un microcosmo
organizzato...E' stato il fiume Sangamon, non lo Spoon, a fornirmi lo spunto per l'antologia. Però
53 poesie sono ispirate a nomi delle regioni di Petersburg, 66 a nomi della regione del fiume
Spoon...Le tombe che ho descritto sono di Petersburg, ma la collina è di Lewistown.
Masters - 244. Ci sono 19 storie sviluppate in ritratti intrecciati. Ho trattato tutte le occupazioni
umane consuete, tranne quelle del barbiere, del mugnaio, dello stradino, del sarto e del garagista
(che sarebbe stato un anacronismo).
Masters - Il 10 Maggio 1914 mia madre venne a trovarmi a Chicago. Chiaccherando riandammo
al passato di Lewistown e Petersburg, rievocando personaggi e avvenimenti che mi erano sfuggiti
di mente...Una domenica, dopo averla accompagnata al treno, mentre suonava la campana della
chiesa e la primavera era nell'aria, scrissi la Collina e i ritratti di Fletcher McGee e Hod Putt...Mi
venne quasi subito l'idea: perché non fare così il libro che mi ero immaginato nel 1906, in cui
volevo rappresentare il macrocosmo descrivendo il microcosmo?
Masters - Sulla rivista di William Marion Reedy, il <<Mirror>> Di St. Louis. Uscirono il 29
Maggio 1914, sotto lo pseudonimo di Webster Ford.
Masters - Reedy pubblicò il mio vero nome nel numero del <<Mirror>> del 20 Novembre.
Masters - Come un rozzo attacco di un figlio sleale della comunità e cominciarono subito a
identificare nei vari epitafi persone viventi o che avevano vissuto lì attorno...A mia madre non
piacque, a mio padre piacque moltissimo...John Cowper Powys fece una conferenza a Chicago e
ciò che disse mi atterrì e mi attribuì una responsabilità che non potevo sopportare.
Masters - Di ridestare quella visione americana, quell'amore della libertà che gli uomini migliori
della Repubblica si sono sforzati di conquistare per noi e di tramandare nel tempo
Ro
PERIODO KARIM
Ristampa su album doppio di Tutto Fabrizio De Andrè (il suo primo LP) e Nuvole Barocche
con altro codice. Copertina di M. Convertino. Grazie a Stefano per la cover e la segnalazione.
Ristampa su due album e con copertine diverse di Tutto Fabrizio De Andrè (il suo primo
LP) e Nuvole Barocche.
testi
● 1 - Introduzione .........................................................................................1'42"
● 2 - Canzone del Maggio(1)........................................................................ 2'24"
● 3 - La bomba in testa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .......... 4'01"
● 4 - Al ballo mascherato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .......... 5'12"
● 5 - Sogno numero due . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . .3'13"
● 6 - La canzone del padre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .......... 5'14"
● 7 - Il bombarolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4'20"
● 8 - Verranno a chiederti del nostro amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .......... 4'19"
● 9 - Nella mia ora di libertà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5'09"
testi
Tutti i sono di Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, ad eccezione della Nr. 5, che è di Fabrizio De ANdré e Roberto
Dané.
musiche
Tutte le sono di Fabrizio De André e Nicola Piovani.
Questo il testo della canzone del maggio francese che fabrizio tradusse ne "la canzone del maggio".
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salud
--Franco Senia--
Un impiegato ascolta, 5 anni dopo, una delle canzoni del maggio francese 1968. E' una canzone di
lotta: ricorda gli avvenimenti accaduti durante la rivolta nata dagli studenti e, rivolgendosi a quelli
che alla lotta non hanno partecipato, li accusa e ricorda loro che chiunque, anche chi, in quelle
giornate, si è chiuso in casa per paura, è ugualmente coinvolto negli avvenimenti. La canzone
contiene l'affermazione che la rivolta non è finita ma ci sarà nuovamente, in futuro, più forte.
L'impiegato paragona la sua vita fatta di buonsenso, individualismo e paure, a quella dei ragazzi che
hanno avuto il coraggio di ribellarsi al sistema che li opprimeva.
Si rende conto, o così presume di sé. di non poter unirsi a loro, di non poterli seguire né affiancarsi in
L'impiegato sa cosa fare, sa dove andare, sa chi deve colpire e perché. Va dritto al parlamento a
gettare una bomba vera per ammazzare gente vera, ma la sua abilità era soltanto un sogno: la bomba
rotola giù verso un'edicola di giornali e l'unica cosa che lo colpisce è, come una previsione, la faccia
della sua fidanzata che sta su tutte le prime pagine dei giornali.
E alla fidanzata dei mostro, l'impiegato scrive una lettera di addio dal carcere nel quale è rinchiuso.
Nel carcere, in una realtà non più individualista, ma forse il massimo dell'essere uguali, l'impiegato
non più impiegato scopre un nuovo modo di capire la vita e le cose che lo circondano. Scopre la
realtà della parola "Collettivo" e della parola "potere".
Per la prima volta in bocca al personaggio e per la seconda nel disco, l'io passa al noi mentre si
prepara una nuova rivolta o sta continuando la stessa della canzone del maggio.
La nota più interessante che se ne ricava è la contrapposizione fra due diverse realtà: quella nella
quale si muove l'impiegato preso a simbolo della classe borghese media che, in cambio del rispetto
delle regole imposte da chi ha in mano le leve del comando, gode dei suoi stessi privilegi e la realtà
del carcere, diventata qui, saltandone a pie' pari le implicazioni di degradazione di cui tutti siamo a
conoscenza, il simbolo della oppressione e anche della uguaglianza".
La scelta del carcere (da parte di De André e Bentivoglio) è ovviamente formale, ai fini del racconto,
e viene usata come pretesto per indicare una situazione di collettività.
Queste due situazioni hanno un punto in comune: sono due condizioni esistenziali di costrizione ma
la prima necessita, per la liberazione, della legge della jungla, l'individualismo, la lotta personale, la
necessità di imparare delle regole non scritte, dei codici di comportamento che sono appannaggio di
coloro che si dividono la torta del potere.
Ed il risultato, questa liberazione, può essere soltanto una posizione personale più prestigiosa, un
salto di piano, una crescita obbligata all'interno di quelle regole: perciò da oppresso a oppressore.
Poiché è contenuta nella stessa logica del potere la possibilità che qualcuno ne possa avere altrettanto
o di più, non c'è vero conflitto, sempre che le regole siano rispettate.
Per grandi gruppi economici non importa il nome di chi governa se il nome è il prestanome di un
sistema di governare.
Così non importa se l'impiegato prende il posto di uno che ha in mano qualche piccola leva di
comando, basta che rispetti le regole del gioco. (Nel disco è il posto del padre, usato da De Andrè e
Bentivoglio come esempio della conservazione di classe.)
Anzi, ben venga un rinnovamento, sangue giovane e vitale, per consolidare quella realtà che servirà
ad istruire, condizionare, preparare altra gente e altro sangue a sostituirsi ai vecchi migliorando ma
non cambiando il decalogo della classe dominante.
In carcere la realtà concede invece due alternative. Ovvero, in condizioni di sfruttamento sopra una
intera collettività ci sono due modi di liberarsi: uno individuale, ma bisogna abbandonare la classe
alla quale si appartiene per entrare nell'altra, quella già descritta, l'altra possibilità è quella di farIo
collettivamente.
Ed è proprio in una realtà collettiva che si impara un altro modo di agire, di pensare, di gestire la
propria persona tenendo conto della presenza degli altri, facendosi un tutto con gli altri fino a
cambiare l'io col noi, ripetendo la stessa posizione di lotta ma questa volta con la coscienza di
appartenere alla stessa classe di sfruttati.
Un'altra nota sul disco è la scelta dei linguaggio che gli autori hanno usato per esprimersi.
Un linguaggio moderno, staccato decisamente dalla forma di racconto per approdare a delle
immagini di tipo psicologico fino a delle immagini oniriche di stampo reichiano, espresse
mescolando elementi reali e irreali sulla stessa costruzione del verbo.
De André e Bentivoglio hanno differenziato con particolare cura il linguaggio della canzone del
carcere e della traduzione della canzone del maggio in rapporto a quelle delle altre canzoni del disco.
De André e Piovani hanno composto le musiche riuscendo a fondere lo spirito della ballata
tradizionale con momenti di musica rappresentativa, dando al disco varie espressioni mimiche, dalla
rabbia alla nostalgia, dalla tenerezza alla smorfia sadica.
Gli arrangiamenti dello stesso Piovani accentuano ancora di più le sezioni del disco portando ad
ognuna il contributo di comunicazione e legandole una ad una in una storia essenziale.
L'interpretazione di Fabrizio De André passa dalla canzone di piazza del maggio alla forma recitata
del sogno numero due, dal tenero cinismo della canzone d'amore alla rabbia della canzone del
carcere, con disinvoltura, in un disco in cui De André cantante è sempre meno cantante e sempre più
interprete abile e misurato e con la consueta aggressività e presenza si impone al suo e al nuovo
pubblico mantenendo
intatta la coerenza dal primo lontano disco del 1960.
Roberto Dané
testi
1974 Produttori Associati PA/LP 52 (LP, copertina rosa bordi tondi, scritte nere)
1974 Produttori Associati PA/LP 52 (LP, copertina rosa bordi tondi, scritte blu)
1974 Produttori Associati PA 1042 cassetta stereo 7
1974 Produttori Associati PA 90033 cassetta stereo 8
1974 Ricordi SMRL 6233, (LP, copertina rosa, boardi squadrati)
1983 Ricordi Orizzonte ORL 8629 (LP, copertina con foto e sfondo scuro)
1991 Ricordi Orizzonte CDOR 8629 (CD)
1995 BMG-Ricordi CDMRL 6491 (CD)
1995 BMG - Ricordi RIK 76491 cassetta stereo 7
2001 GR. Editoriale L'Espresso BME 22 (CD)
2001 BMG-Ricordi 74321 860012 (CD)
2002 BMG - Ricordi 74321974152 (CD) 24 bit remastering
Produttori Associati
PA 90033 cassetta stereo 8
ORL 8629 (LP, copertina con foto e sfondo scuro click to enlarge)
accordi
11 - Valzer per un amore (Testo di Fabrizio De André - Musica di Gino Marinuzzi jr.)3'37"
Via della
povertà svelata
Alla fine del 1974, in preparazione della sua primissima tournée di concerti (che lo avrebbe poi
visto esordire alla "Bussola" di Viareggio"), Fabrizio de Andre' si diverti', ad Asti, a cantare
questa versione di "Via della Poverta' " sostituendo ai personaggi della canzone i nomi di
politici italiani e altri personaggi di allora. Oltre a questo, vi sono anche delle variazioni
testuali non di poco conto, e alquanto "dure".
Le diverse "rielaborazioni" di "Via della Poverta' " apparse anche sul NG e sulla mailing list
hanno quindi una sorta di "precedente storico" elaborato direttamente da Fabrizio.
Riprendo il testo dal sito di Luigi Galati, integrandolo con alcune note piu' o meno ovvie e ad
uso piu' che altro di chi ha meno di una certa
eta'.
http://fabriziodeandre.supereva.it/
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[1] Giorgio Almirante (Salsomaggiore /PR/ 1914 - Roma 1988). Leader del MSI e suo
segretario per lunghi anni. Ex repubblichino e vicedirettore della rivista "La difesa della razza".
[2] Alfredo Covelli (Bonito /AV/ 1914 - Roma 1998). Esponente di primo piano del MSI, in
cui rappresentava l'ala monarchica. Nel 1946 fondo' il PNM (Partito Nazionale Monarchico);
conflui' nel 1970 nel MSI-Destra Nazionale. Fece poi parte di Democrazia Nazionale, il partito
nato nel 1977 da una scissione del MSI e scomparso poco tempo dopo.
Dal suo monarchismo il riferimento di De Andre' nell'ultimo verso della strofa.
[3] Il 15 giugno 1975 si svolsero le elezioni amministrative che videro uno storico "balzo in
avanti" del PCI (circa il 34% dei voti).
[5] Accostamento di Berlinguer al Papa nel 1974, l'anno del referendum sul divorzio...
[6] Giovanni Leone, allora presidente della repubblica (eletto coi voti decisivi della destra ).
Avvocato napoletano e parlamentare, e' scomparso poco piu' di un mese fa in tardissima eta'.
Di lui si ricordano certi celebri gesti scaramantici e le sue dimissioni, nel 1978, in conseguenza
dello scandalo Lockheed.
[8] Ricordiamo che Indro Montanelli (scomparso il 18 luglio 2001) proprio nel 1974 aveva
fondato "Il Giornale".
--
* Riccardo Venturi*
* Er muoz gelîchesame die leiter abewerfen
* So er an îr ûfgestigen ist *
* _________________________________________
* Via Garibaldi 41, 57122 Livorno
* 05 86 88 58 75 / 34 02 46 18 74
* venturi(*)email.is / venturi(*)despammed.com
* http://utenti.tripod.it/Guctrad/alamanno.html
* http://utenti.tripod.it/Balladven/index.html
Salve a tutti,
sono un "lettore" (o lurker?) della lista, che eccezionalmente prende la parola, e poi molto
probabilmente ritornera' al silenzio.
Tempo fa uno o piu' di voi aveva scritto che De Andre' spesso supera in poesia, con i suoi
rifacimenti, i testi originali a cui si era ispirato. Erano stati portati, a titolo di esempio, testi di
Bob Dylan e di Lee Masters.
Non so se tutti sapete che anche il celebre e bellissimo testo "Citta' vecchia" e' frutto di una
ispirazione.
Però non direi che anche in questa occasione l'"allievo" ha superato il maestro ... credo che al
massimo Fabrizio ha pareggiato! :-)
Città vecchia
LA CITTÀ VECCHIA
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi
una bimba canta la canzone antica della donnaccia
quel che ancor non sai tu lo imparerai solo qui fra le mie braccia
e se alla sua età le difetterà la competenza
presto affinerà le capacità con l'esperienza
dove sono andati i tempi d'una volta per Giunone
quando ci voleva per fare il mestiere anche un po' di vocazione?
***
A questo punto qualcuno si chiedera': ma chi e' il "maestro" a cui Fabrizio si e' ispirato?
Si tratta del poeta triestino Umberto Saba, 1883-1957.
E la città vecchia di Genova, probabilmente, assomiglia a quella di Trieste (quella di Genova
pero' non l'ho mai vista).
Bene, e con cio', sperando di aver fatto cosa gradita (dare spazio alla poesia in un gruppo di
estimatori di De André dovrebbe essere Obbligatorio!), vi saluto
Giuliano
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Io non conosco un gran che di brassens, anche perché il francese lo mastico poco.
Un amico (ah, gli amici!) ha spedito il testo di "le bistrot" di brassens e poi sono stato aiutato
a trovare un pezzettino di mp3.
Tempo fa qui si parlo' delle accuse di furto (o perlomeno di appropriazione indebita) mosse
specialmente da bubola contro de andré. Che abbia rubacchiato anche un caposaldo come la
città vecchia? E proprio a brassens, di cui ha tradotto (da par suo) molti brani, specie nella
prima fase della sua carriera?
Dei punti in comune, tra le bistrot e la città vecchia, non mancano di sicuro: l'atmosfera
generale di marciume incombente, una medesima umanità avvinazzata ed arrapata, il lezzo del
vinaccio da quattro soldi...
Parigi contro genova. Città vecchie entrambe.. Entrambe ricche di angoli marci e poveri,
grandi intrugli di genti diverse.
Però... I due personaggi maschili sono nettamente diversi. Il gran porco di brassens,
proprietario del bistrot, il marito della bella ostessa, non gioca lo stesso ruolo del vecchio
professore. L'ostessa, splendida donna che solo esistendo fa di un tugurio un palazzo non
canta certo la canzone antica della donaccia, anzi, tiene pure le mani pesanti con chi esagera.
Eppure...
Eppure l'odore ed i colori che mi vengono suggeriti dalle diverse sceneggiature di de andré e
di brassens non li avverto come
differenti.
Le bistrot
(la piola)
G. Brassens
Non la traduco, per carità di patria. Lascio solo la traduzione del titolo (by slowina...) che
forse c'entra qualche cosa con le vicende passate e future prossime di questa lista. ;- ))) Spero
solo che gli accenti reggano.
Non posto nemmeno la città vecchia, sarebbe offensivo per la deandreaggine di tutti, vero?
Resta da spiegare il perché della musica della citta vecchia che, per quel poco che ne capisco
di musica, sembra proprio quella di brassens. Perché qui lo scippo c'è! Come mai?
Provo a immaginare che fabrizio sia stato fulminato da le bistrot (ovvio, sennò mica se la
filava) e sia partito per tradursela con una certa fedeltà. Poi ha iniziato a tradurre come sapeva
fare solo lui, che sacrificando la lettera del testo alla fine salvava l'anima del brano. E avrà
visto che ancora la musica originale reggeva, sulla sua trasposizione. E poi lima di qua,
aggiungi di là, sposta questo e togli quello, metti quella frase e quella scenetta che ti è venuta
in mente, quando te ne stavi delle ore appoggiato ad un portone a studiare la strada che ti
viveva davanti e... hoplà. Scene del tutto nuove, nella stessa atmosfera che qualche anno
prima incantò brassens.
E poi, in fondo alla città vecchia, il predicozzo finale, tanto per togliere tutti dubbi, uno di
quei predicozzi che all'inizio della carriera fabrizio declamava in chiaro, e che poi,
nell'ermetismo dell'ultima produzione, riuscirà a nascondere con tanta bravura.
E la musica di brassens ancora ci stava. A testimoniare che all'inizio, lo spirito dello studente
cantautore genovese era proprio quello del mariuolo!
O no?
slow
(che spera di non aver fatto di un palazzo un tugurio)
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Fabrizio De André Mailing List [http://DeAndre.freeweb.org]
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> Dei punti in comune, tra le bistrot e la città vecchia, non mancano di sicuro: l'atmosfera
generale di marciume incombente, una medesima > umanità avvinazzata ed arrapata, il lezzo
del vinaccio da quattro soldi...
> Parigi contro genova. Città vecchie entrambe.. Entrambe ricche di angoli marci e poveri,
grandi intrugli di genti diverse.
beh', sottoscrivo quasi tutto... comunque, non mi pare che De Andre' abbia mai fatto mistero di
essersi pesantemente ispirato a Brassens, ANCHE in altre canzoni oltre a quelle tradotte pari
pari! La "Leggenda di Natale", per esempio, da dove viene?... C'e' una canzone di Brassens
intitolara "Le pere Noel et la petite fille", il babbo Natale e la ragazzina, e scusatemi se tutti gli
accenti sono andati, che su questa tastiera non posso fare altro.
Anzi, mi sembra che lui l'abbia anche ingentilita, quella francese e' proprio cruda: l'uomo
maturo e affascinante che soggioga la ragazzina ANCHE perche' le parla d'amore,
nell'originale e' semplicemente un ricco sporcaccione che riesce a irretirla solo perche' lei e'
povera e non dispone di nulla e lui la riempie di regali, non si parla per niente di sentimenti o
di fascino, ma solo di qualcuno che "ti ha vestita a festa, ha rovesciato valanghe di perle e
rubini dentro le tue scarpe, e ti ha messo le mani addosso..." Fa l'altro, mi pare che proprio quel
verso, "il a' mis le mains sur tes hanches", il compianto Fabrizio se lo sia fregato per metterlo
in TUTT'ALTRA canzone... :)
ciao
Lisa
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amosfree.cjb.net
buona canzone.
Sasuke
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Delitto di paese
Introduzione:
SOL DO
Non tutti nella capitale
FA DO
sbocciano i fiori del male
MI- DO RE-
qualche assassinio senza pretese
LA- MI
abbiamo anche noi in paese
MI- DO RE-
qualche assassinio senza pretese
FA SOL LA-
abbiamo anche noi qui in paese
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testi
L'astemio ha scritto:
Dovete sciogliermi un bel pacchetto di dubbi 'interpretativi'......
La domanda è.....
Della serie "domande facili".:-) ....visto che ho sempre pensato che Volume 8 potesse essere l'argomento
di un libro di 1000 pagine, non scritto da me, ovviamente. Azzardo un improbabile quanto insufficente
riassuntino.
Volume 8 e' il disco sicuramente piu' complesso di tutti, realizzato da Fabrizio a 4 mani con De Gregori,
quando De Gregori ancora era lui...i tempi del disco della pecora, insomma. Le storie di ieri, addirittura, e'
tutta di De Gregori, che la canta anche in Rimmel, mi sembra. E Nancy e' una traduzione di Cohen.
E' un disco di sogni, di illusoni spezzate, di amara consapevolezza della nostra (intesa come degli
uomini) incapacita' di ritagliarci una condizione che ci aggradi in questo mondo. La scelta provocatoria
della cattiva strada come inizio non e' casuale: la strada cattiva, le scelte all'apparenza errate, sono una
sorta di "ultima spiaggia", che spesso molti intraprendono, magari inconsciamente, per cercare di
contrastare il tempo che passa.
C'e' l'uomo che sceglie di condividere delle idee con altri (Le storie di ieri) e si riscopre uomo grazie ad
esse (nel dettaglio quelle fasciste), senza chiedersi se siano sbagliate, ma interessato solo del risultato
concreto del suo benessere.
C'e' il benestante di "Canzone per l'estate" che, dopo aver cercato di cambiare, di lottare, di dire la sua, si
ritrova nella malinconica realta' di un mondo quotidiano fatto di famigliola, chiesa e felicita' dettata da
regali materiali e non piu' da sentimenti.E "non riesce piu' a volare", ha smesso di sognare, di sperare, ha
perso l'anima.
Oppure l'amarezza del marinaio (Dolce luna) che ricorda le settimane passate in mare, fra storie di pirati
e corsari e balene fantastiche, ora che la realta' lo incatena a terra e lo costringe a regolarsi con una
famiglia, e lui, che sogna ancora quelle onde, spera che suo figlio possa nascere, come per sogno, per
incanto, dal rapporto con una balena (il terzo occhio inconfondibile e speciale), e vivere in quel mare che
tanto ha segnato la sua vita. Grande canzone, dolce luna, molto arcana.
Personale ma sullo stesso tema dei sogni svaniti e' Giugno '73 che, l'ho letto da qualche parte, e' il
racconto della storia fra De Andre' e la sua prima moglie, Enrica. Lui non era ben visto dalla famiglia,
molto benestante e borghese, e cercava di ingraziarsi i suoi genitori pur sapendo che i
"musicisti" non erano molto ben visti in quei tempi dai ceti elevati. Ma, nonostante tutto, l'ultima frase,
"e' stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati", lascia trasparire una volonta' finale (presente
anche in Dolce luna grazie al figlioletto in arrivo) di ottimismo.
In fondo, pensandoci, il disco non e' pessimista, tutti i brani hanno in fondo una scintilla di lieto fine, o,
almeno, di speranza per il futuro, al contrario, per esempio, di Tutti morimmo a stento, emblema della
disperazione cosmica verso tutto.
"Ma c'e' amore un po' per tutti e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada"; una strada c'e' sempre,
quell'amore, quei sogni tanto voluti da qualche parte si possono sempre trovare. Anche in "canzone per
l'estate", quanto meno, non c'e' "piu' niente per potersi vergognare", come a dire il peggio e' alle spalle,
ora sei libero di fare cio' che vuoi.
Amico fragile, per me, e' la piu' bella canzone di Fabrizio. E' la storia di un uomo, lui, che si rende conto
grazie ad un episodio (una cena con degli amici borghesi, borghesi non nel senso politico dell'accezione,
ma nel senso culturale, cioe' di persone che, diciamo hanno come unico scopo il materiale, il concreto, e
raramente sognano e fantasticano), di come il destino di alcuni uomini, dei fragili, dei sognatori, di quelli
che danno ancora un valore alle emozioni, sia destinato al macero, di come ormai questo mondo non lasci
piu' spazio al valore di un pensiero, di un ragionamento che non sia banale, frivolo, dei "Come stai" detti
non perche' ce ne freghi qualcosa, ma perche' l'educazione imponga di chiederlo.
Il vuoto che circonda i fragili.
Questa canzone Fabrizio la scrisse una notte, di ritorno da quella cena, in uno sgabuzzino per non essere
disturbato.
Ma forse questa amarezza era dovuta solo al fatto che era molto, ma molto piu' ubriaco di noi.
E, visto come la penso, credo di esserlo anch'io.
red
"Abbiamo scritto questa canzone, Fabrizio ed io, nel '74 o forse addirittura nel '73. Lui stava preparando il
disco che poi si sarebbe chiamato Volume VIII e mi aveva proposto di lavorare insieme dopo avermi
conosciuto in un locale di Roma, il Folkstudio.
Passammo quasi un mese da soli nella sua bellissima casa in Gallura, davanti ad una spiaggia
meravigliosa dove peraltro credo che non mettemmo mai piede: in quel periodo avevamo tutti e due delle
storie sentimentali assai burrascose ed era più o meno inverno. Fabrizio beveva e fumava tantissimo e io
gli stavo dietro con un certo successo. Giocavamo a scacchi, a poker in
due: ogni tanto prendevo il suo motorino e me ne andavo in giro per chilometri. Al mio ritorno spesso lo
trovavo appena alzato che girava per casa con la sigaretta e il bicchiere e la chitarra in mano e che aveva
buttato giù degli appunti, degli accordi. Era uno strano modo di lavorare il nostro: non ci siamo mai messi
seduti a dire "Adesso scriviamo questa canzone". Semplicemente integravamo e correggevamo l'uno gli
appunti dell'altro, certe volte senza nemmeno parlarne, senza nemmeno incontrarci magari, perché lui
dormiva di giorno e lavorava di notte e io viceversa.
Fabrizio era un uomo generoso e bellicoso, facile da amare e difficilissimo da andarci d'accordo. Uno dei
ricordi più belli che conservo di lui è quando andammo all'Idroscalo di Milano sulle montagne russe del
Luna Park, insieme a Dori: scendemmo felici e ubriachi con lo stomaco in bocca e andammo a finire la
serata chissà dove.
Ho messo la nostra canzone in questo disco non per fargli un omaggio (Non ne ha bisogno e non so se gli
piacerebbe). E' solo una buona canzone che oggi, dopo tutti questi anni, sento un po' più mia.
GIUGNO '73
Da: matteo biagi <matteobi@infol.it>
Oggetto: Re: Giugno 73
Data: martedì 24 agosto 1999 1.11
per quel che ne so,parla di una storia d'amore vissuta dal nostro tra il primo matrimonio e la storia con
dori ghezzi. Evidentemente la storia con questa ragazza deve aver incontrato ostacoli legati alla differenza
di stile di vita; la ragazza in questione,di estrazione borghese, rimproverava a Faber atteggiamenti e/o
addirittura le amicizie... credo comunque di aver letto anni fa in una intervista che Fabrizio fosse piuttosto
legato a questa ragazza.
DOLCE LUNA
From: Riccardo Venturi <rventuri@sysnet.it>
Mailing-List: list fabrizio@egroups.com; contact fabrizio-owner@egroups.com
Delivered-To: mailing list fabrizio@egroups.com
List-Unsubscribe: <mailto:fabrizio-unsubscribe@egroups.com>
Date: Fri, 26 May 2000 23:25:11 +0200
Reply-To: fabrizio@egroups.com
Subject: [fabrizio] Dolceluna
Sperando d'incontrare qualcuna come lei, si mosse dalla sua casa davant'alla Fortezza per andare al Porto.
Vestito d'una maglietta bianca e d'un paio di vecchi pantaloni, non è dato sapere di quale vino fosse
ubriaco; e non è dato, forse, neanche sapere chi fosse, anche se io lo conoscevo abbastanza bene per
quanto conoscer si possa un'ombra. 20 luglio 1969, televisioni che gracchiano da ogni finestra.
Ruggero Orlando e Tito Stagno, triste sera.
Eppure, la Luna è lassù.
Non si vede niente, dalla Piazza.
È lassù, e ben altri sono i fili dell'ignoto.
Da un altro porto, ma non da un altro mare, qualcuno lo vide camminare e s'immaginò un vecchio
marinaio. "It is an ancyent marinere, and he stoppeth one of the three"...? Che non avesse un posto dove
andare, questo lo si sapeva; a parte una casa in via Pelletier, una stradaccia piena di vento, e un'osteria.
E che gliene importava se la terra non lo aspettava sotto i piedi?
Sognava sempre di ballare!
Di mogli ne aveva avute addirittura due; alte, snelle. Ma per lui non esistevano più, che avessero pure un
altro uomo e un altra donna. Adius!
E mentre, dall'altro porto, il Poeta gli mandava a dire che era un uomo da buttare tendendogli una canna
da pesca con incoccata un'esca dalle lunghe gambe (ah, Dylan! Storie di ubriachi, anche se preferivi
quell'orrida cervogia!), lui passava davanti alla Statua di Piazza Garibaldi frugandosi nelle tasche. C'era
solo un po' di polvere di mare.
Sabbia d'una spiaggia popolare. I Tre Ponti o il Calambrone, più lontano c'era la curva dove Vittorio
Gassmann e Jean Louis Trintignant s'eran volati di sotto dopo l'ultimo Sorpasso.
"Qui Pasadena..."
Ma quale Pasadena. C'era solo la Luna.
They came in peace for all mankind.
Lui camminava. Non poté testimoniare.
E non gliene sarebbe fregato poi molto.
All'altezza di Via Borra passò davanti al Monte di Pietà, e la Luna si specchiava nel Fosso, davanti alle
vecchie carceri.
Anarchico e comunista, diceva di cantare per non ammazzare.
Per ore ed ore poteva parlarti di tutte le sue guerre mondiali, e il
Poeta dell'altro porto lo sapeva.
Ogni giorno, una guerra mondiale; lui, come si sa, comandava un
Sottomarino e glielo faceva vedere chi era lui!
Un foglio del "Telegrafo" di due mesi prima; due patate lesse e una scatoletta di tonno. Un bicchiere, due
bicchieri, una bottiglia si rimedia sempre. Basta chiedere!
In questi posti davanti al mare, un po' di vino lo trovi dovunque.
E ripensava sempre alle lunghe gambe. Facevano l'amore?
E chi lo può testimoniare?
E intanto la notte passava.
delle ipotesi uso invece una sorta di "trascrizione grafemica" basata, in mancanza di meglio, sul tedesco
letterario e sull'olandese.
È stata condotta ad orecchio e, quindi, avverto che le mie sensazioni uditive potrebbero essere differenti
da quelle di altre persone. Ho ovviamente un orecchio piuttosto "allenato" a queste cose, ma questo non
significa necessariamente che le mie impressioni, percepite da una registrazione, siano rigorosamente
esatte.
Cercherò adesso di azzardare qualche ipotesi.
Innanzitutto, come detto, la "lingua" ha delle decise assonanze col tedesco. Parole tedesche pienamente
plausibili potrebbero essere le seguenti:
Partendo da questa specie di "base" ed ipotizzando che la "lingua" abbia qualcosa a che fare col tedesco,
mi sono accorto di due cose di differente natura, ma ugualmente importanti:
a) Che la strofa presenta una struttura lessicale regolare, con ripetizione di parole ed intere espressioni che
potrebbero far pensare ad un "significato";
b) Che è totalmente assente una delle caratteristiche fonetiche storiche che identificano il tedesco
letterario, ovvero la cosiddetta "seconda mutazione consonantica".
Quest'ultima cosa mi ha fatto pensare ad un dialetto basso-tedesco.
I dialetti basso-tedeschi (che, malgrado il nome, sono parlati nella Germania settentrionale; la
denominazione riprende quella originale, "Plattdeutsch", nel senso che il territorio di tali dialetti è in
generale pianeggiante) hanno una tradizione letteraria molto importante; nel medioevo il basso tedesco
letterario era, ad esempio, la lingua ufficiale della Lega Anseatica; uno dei loro caratteri distintivi rispetto
al tedesco letterario e ai dialetti alto-tedeschi è l'assenza della "seconda mutazione consonantica" (per cui,
ad esempio, si ha la contrapposizione [ ik / ich ] "io", [spreken / sprechen ] "parlare", [ to / zu ]
"a" (preposizione) ecc. I dialetti basso-tedeschi sono molto simili alla lingua olandese (di per se stessa,
storicamente, un dialetto basso-tedesco assurto a dignità di lingua nazionale).
Questo permetterebbe di "interpretare" altre parole, sia mediante il "Plattdeutsch" che mediante
l'olandese:
Ammettendo (e non concedendo) l'esattezza di tale ipotesi, si potrebbe azzardare già qualcosa:
Tutto questo ha un senso? Forse no, anche se cercare il senso di "Dolce Luna" potrebbe autorizzare le
"agudezas" più vertiginose. Ma non so se qualcuno ci aveva mai tentato prima, e quindi questa cosa sia
________________________________________________________________
R.Vent.
Riccardo Venturi
e-mail: venturi@couriermail.de"
OCEANO
Ciao, sono un grande fan di Fabrizio da non molto tempo, e documentandomi su internet, non
potevo non cadere nel tuo sito (che definirei "divino").
Essendo comunque più fan di De Gregori, una delle pagine più interessanti per me è quella che
riguarda VOLUME 8. Ho apprezzato la ricchezza di informazioni e tutto l'ipegno messo per dare
spiegazioni. Posso venirti in aiuto riguardo alla mitica canzone Oceano (scritta a 4 mani). Durante
San Remo del 2003, Cristiano (figlio di Fabrizio) raccontò un piccolo aneddoto su di lui e
De Gregori, che spiega un po' tutta la motivazione della canzone. Ti allego le informazioni che ho
raccolto, ormai da più di un anno. Aspetto una tua risposta.
Ciao
Claudio.
"Siamo in un sito dedicato a De Gregori e quindi mi sembra doveroso ricordare l'intervento di Cristiano De
Andrè al Festival di Sanremo proprio perché riguarda Francesco.
Penso che in pochissimi erano a conoscenza del vero destinatario di Oceano, di Cristiano che, a otto anni,
chiedeva continuamente a Francesco "Ma perché Alice guarda i gatti e i gatti, invece, guardano nel sole?".
Ha raccontato poi che un giorno i due cantautori si chiusero in una stanza e tirarono fuori quel capolavoro
per dargli tutte le risposte. Io, per esempio, ero convinto che fosse dedicata a una donna.
Nel suo forum, Fegiz risponde così a qualcuno che era contrario all'intervento di Cristiano: "A me è
sembrato un intervento carino e lui sincero. Ha raccontato un aneddoto che molti non sanno. Anche la
memoria storica fa cultura... ".
Vedete che avendo la giusta chiave di lettura, le canzoni di Ciccio sono di una chiarezza cristallina?
Ora che tutti sappiamo la storia di questa canzone, rileggetene il testo e scoprite quanta poesia c'è dentro:
OCEANO
(De Gregori-De Andrè)
...Una volta avevo ascoltato in una discoteca una canzone che mi era rimasta in testa, mi era
piaciuta tantissimo, ed era "Alice" di Francesco De Gregori. Nello stesso tempo mi era rimasta in
testa una domanda: ma perché Alice guarda i gatti e non può guardare quel lampione là o non può
guardare qualsiasi altra cosa, un sasso piuttosto che un cespuglio, un albero? E volevo
chiederglielo, però non sapevo come, non lo conoscevo e avevo questa domanda da fargli...
L'estate successiva scopro che sta iniziando a lavorare con mio padre ad un album che era
"Volume ottavo". Figurati, impazzisco, vado in Sardegna e me lo trovo lì, a casa. In pigiama. Che
lavora con mio padre, seduto sul mio divano, con la chitarra, giovane, con la barba rossa, un po'
fricchettone, era un grande e lo è tuttora, è una persona che stimo moltissimo, non soltanto a
livello artistico, ma anche umano... E allora io prendo coraggio e vado da lui. Questo è il figlio di
Fabrizio, Cristiano; piacere Francesco. Comincio alla larga, poi piano piano mi convinco e un
giorno: Francesco, perché Alice guarda i gatti? Lui mi guarda con un occhio aperto e l'altro
chiuso... Non mi risponde. E non mi ha mai risposto. Anzi mi ha risposto, però in un modo
abbastanza inconsueto: cioè scrivendo una canzone, con mio padre. Si chiama "Oceano", e devo
dire che io sono orgoglioso di questa canzone perché è stata dedicata a me. E' la risposta di perché
Alice guarda i gatti. Al che non mi sono più sognato di fargli domande di questo genere.
Claudio
testi
(clicca x ingrandire)
(clicca x ingrandire)
E' l'unico CD in cui si possa sentire la versione originale de "Il pescatore", oltre che nelle "Opere
complete" (in seguito troverete solo la versione arrangiata con la PFM)
Nel panorama della musica leggera italiana, De André è l'unico cantante verso il quale il rispetto
nasce naturale anche da quelle frange che vedono nel pop le loro uniche possibilità espressive.
Chi segue De André da una decina d'anni, può solo dire che è l'interprete più fedele di un modo
pulito e fresco di fare musica. Non per questo portando bende sugli occhi o mistificando la realtà,
tutt'altro, se è vero che di De André anche i critici sottolineano il graffio dell'ironia, pur inferto col
sorriso sulle labbra, e la condanna del compromesso eletto a sistema nella vita e nei rapporti
interpersonali. Magari cantando l'amore, il cantautore genovese stigmatizza la brutalità delle leggi
che regolano la società moderna, attraverso codici magari non scritti ma ugualmente validi nella
vita di ogni giorno.
Fabrizio De André, è uno dei pochi, pochissimi autori e cantanti di rilievo espressi dall'avaro
mondo della musica leggera italiana degli ultimi anni. Una canzone "controcorrente", una canzone
"per adulti o per diventare adulti", una canzone "alla rovescia", nel senso che vi si esprimono le
convinzioni più intime, le esortazioni per niente retoriche (qualcuno ha detto, esagerando un po'
"l'ideologia") di "uno" che malgrado le apparenze, crede nell'uomo e nel suo futuro.
Come alti poeti (ieri Villon, oggi, Dylan e Brassens di cui è stato eccellente traduttore) De André
ha esplorato tutte le pieghe della vita, anche le più scabrose; come tanti poeti, il cantante-autore
genovese si è scagliato e si scaglia contro l'ipocrisia, contro la malafede, contro l'odio fatto sistema
di vita, contro la pigrizia di chi non vuol vedere oltre la punta del proprio naso.
Il merito di De André, al pari di ogni artista vero, è proprio questo: farci cogliere le sgradevoli
verità della vita che non abbiamo la forza ed il coraggio di affrontare da soli. In questo senso
abbiamo parlato di "canzoni da leggere alla rovescia"; in questo senso si può dire che ogni album
del cantante è il capitolo di una realtà sconcertante, la nostra, dove rigo per rigo, ciascuno di noi
può ritrovare parte di se stesso.
La voce di De André è libera, amara ed ironica, una voce che non esita a descrivere il mondo così
com'è, sconvolto da grandi tragedie e piccoli drammi quotidiani che i versi delle canzoni cercano
di alleviare con umorismo a volte beffardo. Il rischio di De André è insomma quello di avere
troppo successo proprio per aver evitato a lungo il successo.
testi
1978 Rimini
1978 Ricordi SMRL 6221
1983 Ricordi Orizzonte ORL 8897
1991 Ricordi CDOR 8897
1978 Ricordi Stereosette RIK 76221
1983 Ricordi Stereosette RIK 76492
1995 BMG-Ricordi CDMRL 6492
2002 BMG-Ricordi 74321974472 24 bit remastering
Testi e musiche di Fabrizio De André e Massimo Bubola (se non diversamente specificato)
(1) Dedicata all'amico Salvatore Pinna. Grazie a Paolo Paggiolu per l'aiuto nella traduzione in
gallurese.
Il commento di Pierpaolo
Rimini a posteriori può essere considerato un album
"di transizione"; ci sono infatti bellissimi brani e altri
meno ispirati, inoltre risente pesantemente del clima politico degli anni 77-78 con le stragi
brigatiste e il sequestro "Moro".
E' difficile trovare un nesso che leghi i vari brani anche se scovando tra le pieghe delle
canzoni si può notare forse la paura che le spinte ideologiche di quegli anni abbiano solo
indirizzato la società verso una reazione conservatrice tout-cour compreso ovviamente anche
il più grande partito (e unico rappresentante) dell'opposizione di quegli anni : il PCI…
Tralasciando le disquisizioni politiche che ci porterebbero su altri argomenti torniamo al disco:
"Rimini" apre l'album, il pezzo parla di una donna, Teresa affascinata più dai miti
rivoluzionari diffusi da certa sinistra che della sua "banale" vita reale.
"Volta la carta" è una ballata molto ritmata con un testo che potrebbe essere la sceneggiatura
di un film con i suoi repentini cambiamenti di scena, tutta giocata sullo scorrere del tempo e
della vita .
"Coda di lupo" viene ricordata soprattutto per l'accusa nei confonti del sindacalismo di
sinistra di avere oramai "seppellito le asce…" a proposito della visita di Lama allora segretario
della CGIL (capelli corti generale) all'università di Roma quando fu contestato dagli studenti
(non fumammo con lui,non era venuto in pace…)
"Andrea" è un altro grande inno contro la guerra sullo sfondo di una grande storia d'amore.
"Sally" è probabilmente un brano autobiografico in cui Fabrizio parla della sua vita giovanile
in cui il desiderio di lasciare la madre (e quindi i legami familiari) era molto forte ma forse
non sarebbe ancora stato il momento giusto.
*******************************************************
Parlando del naufragio.... non credo abbia riferimenti socio-politici. Il naufragio avvenne
davvero al porto di Genova, la London Valour era una nave che trasformava mercanzie e
sbaglio' manovra andandosi a schiantare contro un molo. De Andre' cerco' di immaginare che
cosa facevano o pensavano nel momento dell'impatto i marinai di quella nave. Secondo me e'
una canzone molto innovativa per quel periodo.
Coda di lupo, invece, si riferisce al fenomeno degli Indiani Metropolitani, molto in voga negli
anni sessanta. Persone che prendevano spunto dalla cultura dei Native Americans. Molti
riferimenti della canzone si riferiscono a quel povero popolo massacrato dagli yankees. Per
esempio, gli Indiani consideravano come prova di maturita' il rubare un cavallo a qualcuno
(rubai il mio primo cavallo e mi fecero uomo), e usavano dire dei minorenni che "puzzavano
di serpente".
E la situazione viene catapultata agli anni 70, le proteste antiborghesi alla scala (uccisi uno
smoking e glielo rubai) e i movimenti studenteschi con tentativi sindacali di fermarli (capelli
corti generale - Lama - ci parlo' all'universita', ma non fumammo con lui, non era venuto in
pace). E via di seguito, con quel ritornello su un Dio sicuramente non troppo.. .come dire?...
comprensivo (e a un dio a lieto fine non credere mai...). In fondo gli Indiani rappresentano un
po' tutti i "perdenti" della storia, movimenti di sinistra - ahime'
- compresi.
Sally e' una favola, un viaggio, un'avventura cominciata in prati verdi con quella liberta' che
forse solo gli zingari comprendono appieno, e terminata amaramente fra copertoni di una vita
da prostituta (il re dei topi sotto il ponte, le sue bambole bruciavano copertoni). In mezzo tanti
sogni (pesciolini d'oro) e l'ombra di un omicidio (mi guardavo nello stagno, l'assassino si era
gia' lavato).
E' a mio avviso una delle canzoni piu tristi di De Andre', anche se "mascherata" da Fiaba. Ho
come l'impressione che la protagonista (che non e' Sally, attenzione!, Sally e' una zingara) sia
la rappresentazione dello stesso Fabrizio che sognava sicuramente una vita diversa.
Ma di Sally ne parlo un'altra volta, che' ci vuole piu' spazio.
ciao
red
****************************************************************** **
--Franco Senia--
Cominciando dalla seconda che hai detto, poco da dire sull'interpretazione. La canzone parla
davvero di un naufragio, avvenuto nel '70, di una nave filippina nel porto di genova.
Nel mare in tempesta perirono molti marinai: il tentativo di salvarli con una sorta di teleferica
fallì. Il capintao della nave si suicidò per il dolore dovuto alla perdita della moglie.
Purtuttavia, si può anche leggere (secondo il parere di Romana) una metafora della
normalizzazione che si avvia alla fine del decennio (parliamo degli anni settanta) e che prende
a pretesto il sequestro moro.
E, sicuramente, il discorso torna se andiamo a leggere "Coda di Lupo" e le sue chiara lettura
dei "10 anni che sconvolsero il mondo", dal 1968 al 1977.
Si vedono scorrere tutti gli avvenimenti che hanno segnato quell'epoca, dalle prime
contestazioni (alla scala di milano), alle battaglie contro il "numero chiuso", al moderatismo
becero di certa sinistra, fino alla cacciata di lama, nel 1977, dall'università di roma, a cura
degli autonomi.
Poi la sconfitta a cui seguira la deriva della lotta armata che darà luogo agli anni di piombo.
saluti
--Franco Senia--
Coda di Lupo è, insieme a la domenica dele salme, la sola canzone di fabrizio ad avere un
respiro, per così dire, storico.
Mentre la domenica delle salme si "limita" a scattare una fotografia impietosa di quegli anni
di "merda" che culminano nella caduta del muro di berlino; inchiodando quell'avvenimento in
una "fissità" che sortisce l'effetto di lasciarci sgomenti. I pochi riferimenti al passato di alcuni
dei protagonisti non inficiano l'inferno di un eterno presente.
Diversamente accade per "coda di lupo"!
Qualche anno dopo, la storia di un impiegato, fabrizio torna a parlare di politica. Tenta un
bilancio e, per farlo, parte da lontano. Prova a tracciare una storia dell'antagonismo, usando un
artificio: muove dagli indiani d'america e dal loro impatto colla civiltà occidentale per arrivare
agli "indiani metropolitani" e al movimento del '77, che chiude il decennio cominciato nel
1968.
De André ci parla, in questa canzone scritta nel 1978, dell'ultimo vero conflitto che ha segnato
la società italiana: quello fra l'estrema sinistra e il più grande partito comunista d'europa,
incapace nella sua totale cecità di sfruttare la vittoria elettorale del 1975, impegnato com'era a
fare professione di moralismo e di austerità!
Il dio degli inglesi "sono" i valori della borghesia che vengono usati per far presa sull'animo di
una classe che esce fuori dalla resistenza e dalla liberazione! Questi ultimi impersonati dal
nonno.
Il dio perdente è lo spauracchio agitato, negli anni cinquanta, contro i primi sprazzi di
ribellione giovanile, che assumono anche i connotati tipici delle bande giovanile e dei "teddy
boys"!
L'alternativa? Un impiego da ragioniere!
Il dio goloso è quello capace di eliminare, fagocitandoli, i partigiani che non avevano smesso
di credere che la liberazione avrebbe dovuto portare a ben altri risultati!
Il dio della scala ci parla della prima contestazione che, in italia, ebbe l'eco della stampa. Ci
parla delle uove marce scagliate contro gli invitati alla prima della scala, in un'italia già e
ancora divisa in due. Ci parla della prima "violenza" collettiva fatta e subita da parte di una
generazione che si affacciava, allora, alla storia.
Il dio a lieto fine, che manca, è quello che ad un decennio di lotte e di contestazione risponde
con il numero chiuso nelle università, incapace di recepire le istanze che scaturivano dalla
società di allora. La strada viene, in qualche modo tracciata!
Ed arriviamo a generale capelli corti (Luciano Lama) che incarna l'deologia più becera
fondata sui valori assurdi del lavoro (il dio fatti il culo) che davanti al più imponente
movimento che anima l'italia del dopo guerra non trova niente di meglio da fare che attuare la
sua squallida provocazione alla sapienza di roma (il little big horn). E' la più grande vittoria
del movimento, ma anche l'inizio della sconfitta!
L'ultima strofa ci parla della lotta senza sbocco alcuno, la lotta armata da una parte e i
sommovimenti culturali dall'altra(i teatri di posa dove scaricare la propria rabbia, quasi una
sorta di feroce autocritica!). E la loro tragica separazione (ne riparlerà ne ladomenica delle
salme a proposito dei cantautori e delle loro voci potenti per il "vaffanculo"). La risposta
individuale ai problemi della sopravvivenza (la pesca con le bombe a mano), gli atti di
eroismo inutili da parte di chi continuava a lottare nelle piazze e nelle fabbriche.
Rimangono solo pochi disperati, sparuti, che hanno perso la memoria e sparano anche a chi,
tutto sommato, non meriterebbe una tale sorte!
Il cerchio si chiude: la risposta che rimane ai loro falsi dei è un povero dio senza fiato e senza
speranza che si gloria di questo suo tragico modo d'essere!
--Franco Senia--
SALLY
Credo che questa canzone rappresenti un po' la fine meschina che troppo spesso fanno i
sogni e i tentativi di cambiamento.
Politicamente si puo' legare al fenomeno delle Brigate rosse e simili, ma non
necessariamente.
"Mia madre mi disse non devi giocare con gli zingari nel bosco"...Disobbedire alla figura
materna, cioe' all'ordine costituito, a quei comandamenti scritti proprio da chi puo'
permettersi di non rispettarli.
Ma l'animo giovane e ancora fertile del protagonista decide di andare lo stesso perche' "il
bosco era scuro e l'erba gia' verde", cioe' praticamente perche' la sua natura lo spinge ad
andare e basta, senza ragione (avete mai visto boschi chiari ed erba blu?). Troppo forte il
richiamo ad un incontro proibito: arriva Sally col suo tamburello, donna o bambina non
conta, comunque utopia solo sognata ed adesso reale. "Dite a mia madre che non
tornero'." Dite, voi generico, rivolto ad una societa' ben attraccata a terra con piedi e mani
ed incapace di sognare.
Entrano poi in scena Pilar del mare e Pilar dei meli, che dubito siano la stessa persona, o
idea o cosa. La citta', luogo dove Pilar o chi per lei si "addormenta il cuore con due gocce
d'eroina", quindi viaggio artificiale che spesso porta alla morte come unica via di fuga fra
le mura di una citta', al contrario di pilar dei meli, idea selvaggia e zingara che si trova
nell'eterno viaggiare (vicino alle roulottes), niente droga ma una bocca sporca di mirtilli,
frutti selvatici, ed un coltello che la uccide, forse per rabbia, forse per negarle la liberta'.
E che l'assassino sia il protagonista? "Mi guardai nello stagno, l'assassino si era gia'
lavato"...nello stagno si riflette la propria immagine, magari capita di essere colpevoli
senza rendersene conto, presi irrefrenabilmente da una cultura di negazione della liberta'
che credevamo lontana da noi e che invece ci ha assorbito completamente.
Dite a mia madre che non tornero', il viaggio mi ha provato, ho fallito, sono stanco, la
voglia di giocare libero nel bosco mi ha portato ad uccidere, la voglia di cercare
onestamente la liberta' mi ha portato ad usare mezzi che credevo fossero le armi solo di
chi combattevo.
Ho fallito, sono stanco e povero, resta l'ultima e amara soluzione: i bassifondi, il pappone
re dei topi che vive fra puttane e gomme che bruciano, il commercio della persona umana
come atto estremo di umiliazione dell'uomo. E un bracciale come un marchio, un marchio
che ti segna e segna la fine del tuo viaggio verso i sogni, lasciandoti ancora piu' avvilito
di quando dovevi partire. Chissa', forse dovevi dar retta alla madre....
Ma il bosco e' ancora scuro e l'erba ancora verde, e Sally e' sempre li, col suo tamburello.
red
--Franco Senia--
========================================================
Commento di Alessandro
Gradirei sapere cosa ne pensate voi, che di sicuro avete una cultura maggiore della mia
per quanto concerne l'opera e la vita di De Andrè.
Grazie
Alessandro Pistonesi
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cover by Lucio
cover by Lucio
Vol. 1
La ballata dell'amore cieco
Amore che vieni - amore che vai
La ballata dell'eroe
La canzone di Marinella
Fila la lana
La città vecchia
La ballata del Michè
La guerra di Piero
Il testamento
Questo disco ha il contenuto di Nuvole Barocche (vedere per i testi). E' pubblicato dalla
Philips (che rilevò la Roman Record Company che pubblicò Nuvole Barocche nel 1969)
ma è datato 1968. In questa data non figura nei testi a mia disposizione.
Vol. 2
Nuvole Barocche (De André - Stanisci - Lario)
E fu la notte (De André - Stanisci - Franchi)
Delitto di paese (L'Assassinat) (De André - Brassens)
(Valzer per un amore) Valzer Campestre (De André - Marinuzzi jr.)
Per i tuoi larghi occhi
Carlo Martello (ritorna dalla battaglia di Poitiers)
Il fannullone (De André - Paolo Villaggio - De André)
Geordie (tradizionale - adattamento F. De André)
Canzone dell'amore perduto
(Ricordi SMRL 6244 - clicca x ingrandire) (Ricordi SMRL 6244 - clicca x ingrandire)
Arrangiamenti PFM
Realizzazione a cura di Fabrizio De André e della PFM
Franz Di Cioccio, Patrick Djivas, Franco Mussida, Flavio Premoli appaiono per gentile
concessione della Zoo Records
Lucio "Violino" Fabbri appare per gentile concessione della Cramps Records
Rigistrato dal vivo al Teatro Tenda di Firenze e al Palasport di Bologna 13-14-15-16 gennaio
1979 col "Manor Mobile" Recording Studio della Virgin Records, Londra
Tecnici di registrazione Peter Greenslade
Assistenti alla registrazione Chris Blake, Ken Capper
Mixaggi effettuati durante il mese di febbraio 1979 presso lo studio di registrazione "Il mulino"
Milano
Mixaggi: Franco Mussida
Assistente ai mixaggi Pietro Pellegrini
Fonico Pietro Bravin
Un ringraziamento particolare a Sergio, Patrizia e tutto lo staff tecnico Mike Henley, Gino
Lazzaroni, Fernando Scarpa, Patrick Germanini, Bruno Russo, Mario Lavecchia e alla Zoo
Records
A Patrick 28-01-1979
Fabrizio
(clicca x ingrandire)
Lucio "Violino" Fabbri appare per gentile concessione della Cramps Records
Rigistrato dal vivo al Teatro Tenda di Firenze e al Palasport di Bologna 13-14-15-16 gennaio 1979
col "Manor Mobile" Recording Studio della Virgin Records, Londra
(45 giri) (entrambe di De André - Bubola, ed. Ricordi) Non sono reperibili su CD.
"Una storia sbagliata" è stato ripreso ed è disponibile unicamente nella raccolta di
14CD. "opere complete"
TITTI
>
> Una storia da dimenticare? Da non raccontare? Forse non e' neanche
> cosi' complicata, almeno se si ha ancora la capacita' di usare della
> propria memoria. E, forse, neanche "sbagliata". E' solo una storia, e
> le storie non sono mai "sbagliate" o "giuste"; bisogna semplicemente
> pigliarle da ogni angolazione possibile, perche' ogni storia e' una
> serie di domande alle quali tocca rispondere. Domande a volte espresse
> per affermazione o come racconto, come una serie di immagini; domande
> che ne ingenerano altre, dalla piu' semplice ("che vuol dire...?")
> alla piu' complessa. Domande che non si fanno piu'. Ricordo quando, su
> questo NG, dalla domanda piu' semplice magari espressa da qualcuno che
> entrava e si volatilizzava, scaturivano discussioni nelle quali ci si
> sforzava di rispondere, a quelle cazzo di domande. E neppure quelle
> risposte erano "giuste" o "sbagliate"; erano solo risposte.
>
> Una storia politica o una storiaccia "da basso impero"? Perche' c'e'
> di mezzo la morte di uomo, Pier Paolo Pasolini, che ha fatto politica
> e che ha dato il suo contributo a segnarla, in questo famoso
> "dopoguerra" che e' sempre di piu', oramai, un "anteguerra" o forse
> addirittura un tempo di guerra; il cannone nel cortile lo lucidiamo
> sempre, dev'essere pronto in ogni momento. Fabrizio de Andre' sa
> esprimersi per contrari. Una storia da dimenticare quando, con le sue
> parole, la fissa per sempre nella memoria; una storia da non
> raccontare quando, con le sue parole, la racconta come forse nessun
> altro ha saputo fare. Domande.
>
> Non sono e non sono mai stato un "pasoliniano".
> Ammetto onestamente che su tale cosa pesa, e pesera' sempre, la storia
> di Valle Giulia e dei celerini "figli del popolo". Che vada
> definitivamente a fare in culo, il "popolo". La poesia di Pasolini la
> butterei nel cesso in blocco, se non fosse per quelle prime,
> bellissime, poesie in friulano. Dalla passione di Pasolini per il
> "Lumpenproletariat" sono nati dei romanzi e dei film perfettamente
> definiti da De Andre': "storie diverse per gente normale", "storie
> comuni per gente speciale". Come la morte stessa di Pasolini. Lo
> scorso due novembre sono stati ventisette anni. Ventisette, lunghi,
> anni fa.
>
> Una storia un poco scontata, come dicono anche le cronache
> giudiziarie; talmente scontata che la reazione generale fu quasi di
> logicita'. Pasolini non poteva che finire cosi'. Un ragazzino adescato
> in qualche borgata o bidonville di Roma. Un "terrain vague" di
> periferia. Delle cose chieste (domande) e rifiutate (risposte). Una
> botta e via. Una pietra sulla testa; fu quella la botta. E il "via" di
> pneumatici che sgommano, che passano sopra un cadavere, che lo
> sconciano. Processi, giudici, giurati, condanne, galere. Una panoplia
> di cose gia' "deandreiane" di per se'; una storia scontata (sbagliata,
> normale, diversa) e, al tempo stesso, un destino ridicolo. Una storia
> sconclusionata. Ma di quale natura?
>
> Se fosse solo una storiaccia di cronaca nera, perche' dovrebbe essere
> "insabbiata"? E quella "spiaggia ai piedi del letto" che riporta ad
> un'altra, antica storiaccia: il caso di Wilma Montesi. C'era di mezzo
> un politico democristiano. Flash che arrivano, flash contemporanei,
> flash di una Roma dove si moriva male, per mano poliziotta, per mano
> fascista, per mano ben protetta. Come quella degli stupratori del
> Circeo. Quelle facce di merda da "bravi ragazzi", Angelo Izzo, Andrea
> Ghira e compagnia. La faccia insanguinata di Donatella Colasanti. Fu
> lo stesso anno della morte di Pasolini, il 1975; solo qualche mese
> prima. Storie sbagliate? Storie ordinarie? Diverse? Storie che si
> intrecciano, perche' tutto questo riesce a riportare alla mente una
> canzone. In questi casi, spesso, si tira in ballo l' "affresco".
>
> Notti concitate che hanno valicato gli anni; e tante altre che non lo
> hanno fatto. Che non sono state "risapute". Forse De Andre' ci ha
> voluto parlare anche di quelle, o soprattutto di quelle. Questa
> vorrebbe essere una specie di risposta, anche se non so se lo puo'
> veramente essere.
>
> Ora che il cielo ha colpito al centro quelle vite, ora che quelle vite
> pian piano si spengono definitivamente nella dimenticanza, ora che
> tornano i tamburi battenti dell' "arte per l'arte" e' bene far vedere
> che De Andre', con la sua "arte", poneva e causava soprattutto domande
> di varia natura. Era lui che scolpiva ai bordi, non il cielo. I
> carabinieri ci hanno lavorato sopra quanto dovevano farlo, e avranno
> fatto il loro solito lavoro. I rotocalchi dai parrucchieri sono da
> secoli finiti al macero; qualcuno sara' stato persino "riciclato". Per
> altre storie; perche' mica sono finite quella notte di novembre. Non
> ci sono purtroppo piu' molte persone capaci di raccontarle, queste
> storie "sputtanate" di tutti i giorni, di tutti i minuti.
>
> Ma noi ci chiediamo sempre, e su tutto, come e' andata. In quel "non
> ci chiedere piu' " finale e' contenuto il suo contrario: chiedici
> sempre. Chiediamocelo sempre, per ogni storia. Lo sappiamo che tutto
> sara' sempre sbagliato, come no; ma quando non ce lo chiederemo piu',
> uscendo di casa, saremo morti. E io voglio essere vivo. Vivo come
> Fabrizio de Andre'.
>
> Salut,
>
> --
> *Riccardo Venturi*, venturi@spl.at
> *Er muoz gelîchesame die leiter abewerfen
> *So er an îr ûfgestigen ist (Vogelweide)
> *59860 Bruay sur l'Escaut [France, Nord]
> *http://utenti.lycos.it/Guctrad/alamanno.html
testi
(clicca x ingrandire)
CDMRL 6281
(clicca x ingrandire)
click to enlarge
Testi e musiche di Fabrizio De André e Massimo Bubola (ove non diversamente esposto)
Registrato e mixato nei mesi di giugno a luglio 1981 agli "Stone Castle Studios" di Carimate da
Ezio De Rosa. Assistente di studio: Daniele Falconi.
La caccia al cinghiale è stata registrata in Gallura nel mese di gennaio 1981 grazie alla Compagnia
di caccia di Marco Lattuneddu. Grazie e Sandro Colombini che a rischio di fucilate e fratture
multiple, sprezzando il pericolo di un'indigestione ci ha aiutati nella registrazione della caccia.
1982 Fabrizio De Andrè (Ed. Superstar SU 1003) e (Ed. Ricordi Prof ili Musicali SRIC 005)
(clicca x ingrandire
immagini by Lucio)
La canzone di Marinella
Valzer per un amore
La guerra di Piero
Delitto di paese
Per i tuoi larghi occhi
Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers
La città vecchia
Canzone dell'amore perduto
Il fannullone
1982 Fabrizio De Andrè (Ed. Ricordi Prof ili Musicali SRIC 005)
Bocca di rosa
Il pescatore
La canzone di Marinella
Andrea
La città vecchia
Canzone dell'amore perduto
La guerra di Piero
La cattiva strada
testi
Creuza de mä
Jamin-a
Sidun
Sinan capudàn pascià
'A pittima
A dumenega
Da a me riva
Copertina autografa
mandatami da Lucio.
CREUZA DE MA ('84)
Il commento di Pierpaolo
Questo album, senza alcuna enfasi, ha rappresentato la chiave di volta dell'intero panorama
musicale italiano.
Il disco è cantato tutto in dialetto genovese e la musica è quasi interamente suonata con
strumenti "etnici"; una scommessa controcorrente e decisamente contro ogni regola di mercato.
Per le musiche Fabrizio si è fatto accompagnare da Mauro Pagani, ex PFM, grande cultore di
musica e strumenti provenienti da mondi minori e dimenticati, e in questo caso i nostri due
artisti hanno soprattutto fatto riferimento a sonorità del bacino mediterraneo, dato che l'idea di
fondo del disco è il viaggio, che nel caso di un genovese come Fabrizio non poteva non legarsi
al concetto di mare e di navigazione.
L'album si apre con "Creuza de mà", brano che apre l'intero disco che descrive non solo
verbalmente ma anche musicalmente (per es. le voci del mercato) personaggi e ambienti legati
al mondo ligure sia marinaro che dell'entroterra.
"Jamin-a" è un ritratto a tutto tondo di una prostituta di origine araba che ogni marinaio
vorrebbe incontrate in ogni porto.
Il terzo brano è "Sidun" un canto straziante di un padre che ha visto la cosa più atroce che può
capitare ad un genitore: la morte violenta di suo figlio.
"Sinan Capudan Pascià" è la storia di un marinaio genovese del XV secolo che salvando la
vita di un sultano arabo fu nominato "gran vizir", rigettando l'accusa di "rinnegato" per essersi
convertito all'islam perché in fondo cosa ha fatto di male ha soltanto vissuto "bestemmiando
Maometto al posto del Signore".
"A pittima" era l'esattore che veniva mandato dai privati cittadini a esigere i debiti nella
Genova dei tempi andati.
"A dumenega" ricorda la passeggiata delle prostitute che venivano portate a spasso dalla
"madama" con tutti i lazzi e le ironie anche da parte di coloro che non si peritano di sapere da
dove vengano certi finanziamenti…
"D'a me riva" è decisamente un pezzo autobiografico visto che probabilmente nella stesura del
disco Fabrizio trovandosi in Sardegna si trovava dalla sua riva dirimpetto alla altra "sua riva"
cioè la Liguria in generale e Genova in particolare.
Voglio ricordare inoltre che il disco è risultato disco del decennio 1980-89 dal referendum
indetto dalla rivista "Musica e Dischi" e premiato anche per la bellissima copertina.
Nel verso "bruttu galusciu de 'n purtò (e accidenti, niente accento circonflesso)..." c'è un
imprecisione dell'autore dei testi contenuti nella bustina dietro il disco. Vado a spiegare:
"Mancu ciù u nazu (sì, la "z" è una "s" impura in genovese) gh'avei..."
D'ä mæ riva
Ed ecco una bella e libere interpretazione di Riccardo Venturi, come solo lui sa fare:
D'ä mæ riva
Sulu u teu mandillu ciaèu
D'ä mæ riva
'Nta mæ vitta
u teu fatturisu amàu,
'Nta mæ vitta
Ti me perdunié u magún
Ma te pensu cuntru su
E u so ben, t'ammìi u mä
'n po' ciû au largu du dulú
(Un po' più al largo del dolore, c'è un'isola. Appare sempre nella
nebbia, tra i fuochi di porti lontani; nel gelo o nella calura, le onde
si spezzano su delle secche o su degli incagli prossimi alle rive
frastagliate, rotte, scoscese. Non c'è nessuno, pur sapendo che l'isola
vive e ed è vissuta. Al vederla, si gronda sudore per abitudine.
Nella piattitudine dell'arrivo, si staglia la forma d'un monte ripido e
crestato in lontananza; nel cielo latteo si risentono le voci del
passato, algidi tromboni che parrebbero non avere alcun senso. Al di là
delle voci, sono i ricordi, distillati goccia a goccia, che rimangono
incatenati come Prometeo; le tue vanità sono oramai sepolte nel midollo;
(Nella foto, spedita dal Taller Fotográfico Mounier & Hijos di Buenos
Aires, si vedono due signori di mezz'età. Se non fosse che li riconosci
come i tuoi zii, Sebastiana e Dino, si direbbero due corpulenti coniugi
argentini; eppure passavi al Vapelo, su per la Salita del Salandro, e
sapevi che abitavano li'. Scale che si perdono negli oleandri.
Tornarono, e il baule era nella stanza principale, e quasi unica, della
vecchia casa. Il gabinetto era ancora di quelli pensili, bisognava
uscire fuori nel corridoio. La televisione gracchiava in bianco e nero,
Pippo Baudo giovanissimo, Nino Ferrer, Febo Conti. L'uomo era quasi
infermo nelle gambe, ma aveva una straordinaria forza nelle mani. La
donna tirava il mulino e la croce. Il baule. Non ho mai saputo che cosa
ci fosse dentro, ma non ho mai chiesto d'aprirlo. Ma forse c'erano
E non ho più nessuna foto, se non quelle immagini che ho dentro come
fossero un rumore o un odore. Il sasso che tiro nell'acqua, il pomodoro
che bolle nel pentolone, il primo morto in purtrefazione, il sangue, lo
sparo che uccise Rodolfo Boschi, l'odore del primo sesso femminile che
ho visto, il rumore della prima porta che ho sbattuto in faccia a
qualcuno o che qualcuno mi ha sbattuto in faccia.
E' tutto cosi'; eppure la canzone dura pochissimo. E' una breve
interazione di una voce e di due accordi. C'era tutto, e forse non lo
sapevo. Ma arrivano le cinque del mattino, è ora d'andare.
*Riccardo Venturi*
*Er muoz gelîchesame die leiter abewerfen
*So er an îr ûfgestigen ist (Vogelweide)
*_____________________________________
*Via Garibaldi 41, 57122 Livorno
*05 86 88 58 75 / 34 02 46 18 74
*venturi@couriermail.de / venturi@concordanze.net
*http://utenti.tripod.it/Guctrad/alamanno.html
*http://utenti.tripod.it/Balladven/index.html
Scipione Cicala era nato a Genova da una nobile ed antica famiglia viscomitale, nel 1552. La
notizia pare assolutamente certa, malgrado alcuni lo abbiano voluto originario della Calabria o
della Sicilia.
Vedremo comunque in seguito che la Calabria lo vide comunque protagonista di una delle sue
imprese.
All'eta' di 19 anni, nel 1561, il giovane Cicala s'imbarco' assieme al padre, diretto in Spagna; ma,
nei pressi di Messina, la loro nave venne abbordata da dei pirati barbareschi ed il giovane venne
fatto prigioniero condotto a Costantinopoli. Ai giovani rapiti veniva
usualmente posta l'alternativa di abiurare la propria religione ed entrare nel corpo dei
Giannizzeri (turco < yeni ceri > "nuovo soldato"), oppure d'essere messi a morte. Scipione
Cicala non ebbe naturalmente dubbi; abiuro' il cristianesimo, abbraccio' l'Islam ed entro' nel
famoso corpo militare ottomano.
Scipione Cicala, sembra, era un giovane di rara bellezza. La cosa, oltre ad interessare le fanciulle
turche, piacque soprattutto al sultano Suleyman (ovvero Solimano II), che aveva certe
"tendenze". Non si sa esattamente che cosa avvenne, ma da quel momento la fortuna del Cicala
ha un'impennata verso l'alto: giunge ai piu' alti gradi del corpo dei Giannizzeri, e' rispettato e
temuto a corte ed ottiene il titolo di Pascia'.
Nel frattempo, abbracciando la nuova religione, Scipione Cicala ha cambiato nome. Si chiama
prima Hassan Çigala-zade (pronunciato alla turca, con l'accento in fondo: çigalà), aggiungendo
pero' al nuovo nome, in ricordo della sua citta' natia, la denominazione di "Sinan" (= genovese,
da "Sina" la denominazione ottomana di Genova derivata direttamente da "Zena"). All'apice
della sua fortuna, a Sinan Hassan Çigala-zade Pascià viene addirittura permesso di aggiungere al
suo gia' complicatissimo nome la denominazione di "Kapudan", alla lettera "facente parte della
Sublime Porta" (Kapu).
Il Cicala (continueremo a chiamarlo cosi' per comodita') rivela doti militari non comuni; dal
corpo dei Giannizzeri viene posto a capo di una flotta corsara che, nel 1594-95, compie
numerose e violente incursioni nell'Italia meridionale, particolarmente in Calabria; Soverato,
Cirò Marina e la stessa Reggio vengono messe a ferro e fuoco, e ancora adesso e' nota questa
strofa popolare:
Nel 1596 il Cicala torna al servizio di fanteria e conduce i suoi Giannizzeri alla vittoria contro
gli Austriaci nella battaglia di Mezõ-Kerésztes, in Ungheria; lo stesso successo gli arride
nell'assedio della citta' di Erlau.
Nel 1602 il Cicala e' di nuovo a capo di una flotta corsara, e la sua mèta e' di nuovo la Calabria.
La citta' di Reggio e' in preda alle ostilita' intestine tra i Melissari e i Monsolini, con morti e
feriti; il capitano turco-genovese intende approfittarne per impadronirsene.
Al momento dell'incursione, pero', la flotta turca viene fatta oggetto di un fitto ed inaspettato
cannoneggiamento, e il Cicala viene costretto a recedere nella rada di Motta, dove sbarca ed
attende tempi migliori per marciare su Reggio. Ad un certo punto, tenta la conquista attraverso
uno stratagemma: prende uno dei suoi soldati, un sardo nano anch'esso a suo tempo catturato in
una scorreria, e lo traveste da soldato spagnolo. Il sardo viene, per la sua minuscola statura,
introdotto nei cunicoli che conducono alla rocca, per aprirne le porte; ma vi rimane incastrato.
Visto l'insuccesso dello stratagemma, il Cicala tenta l'azione di forza con 3000 uomini che
vengono fronteggiati da 1000 reggini, tra cui 400 uomini condotti da Gerolamo Musitano, che lo
sconfiggono a Sant'Agata.
E chissa' che non sventolasse per lui quel fazzoletto di cui si parla in "D'a mæ riva", in quel
lontano giorno del 1561.
_______________________________________________________
(R.Vent.)
testi
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image by Lucio)
Il commento di Pierpaolo
ANIME SALVE ('96)
"Anime Salve" può essere considerato il testamento musicale definitivo di Fabrizio anche se si deve
ricordare il contributo di Ivano Fossati alla musica e ai testi più per il concepimento dell'album che
all'effettiva realizzazione perché in studio risultò determinante la presenza di Piero Milesi.
L'album è di eccezionale intensità e i brani sono sia per il contenuto che per la qualità musicale tra i più
belli di quelli incisi da Fabrizio.
Il disco si apre con un brano che su ritmi bahiani (una fusione di jazz, pop e bossanova ) ci porta dentro
l'anima di "Princesa", un transessuale brasiliano che vive a Milano con i rischi di una vita vissuta
sempre al limite.
"Khorakhanè" risente delle influenze musicali provenienti dall'est europeo con un epico finale cantato
in lingua rom dalla toccante voce di Dori Ghezzi (Da segnalare che sul cd "Fabrizio De Andrè in
teatro" questa parte è stata cantata da Luvi De Andrè).
In "Anime salve" si riconosce l'impronta "fossatiana" del pezzo anche se la voce di Fabrizio raggiunge
dei livelli di ecellenza assoluta.
"Dolcenera" è una ballata allegra e melanconica allo stesso tempo che parla di un tradimento amoroso
durante il quale si scatena una tremenda ondata di piena.
"Le acciughe fanno il pallone" e "A cumba" sono entrambi brani che avrebbero potuto essere tratti da
"Creuza de mà", risentono infatti dell'ambientazione ligure anche se le tematiche dal particolare si
trasformano in universale.
"Disamistade" è uno dei miei pezzi favoriti ,la musica del brano ha un andamento dolente riflettendosi
nel contenuto del testo che parla dello scontro tra due famiglie.
"Ho visto Nina volare" è un brano legato alla memoria giovanile e contadina di Fabrizio ,anche se
l'ispirazione originaria del brano come ha raccontato Fossati viene da una vecchia contadina lucana che
separava il miele dalla cera masticando.
"Smisurata preghiera" è l'elegia finale dell'album da cui si evince la tematica fondante di tutta l'opera :
la difesa e la dignità delle minoranze in questo nostro mondo opulento e brutale che tende a omologare
tutto e tutti.
Il brano è ispirato alla "Saga di Maqroll-Il gabbiere" di Alvaro Mutis un marinaio che continua il suo
viaggio errando senza arrivare mai alla meta prefissata ma il suo andare è solo un pretesto per capire le
cose importanti della vita il senso dell'avventura ,gli affetti .
Pierpaolo
Io mio commento
Ci metti un pò ad "entrare" nello spirito di questo CD. A me c'é voluto il concerto trasmesso in TV.
Inizialmente mi piaceva in modo particolare "Ho visto Nina
volare", per quella musica molto particolare che ha. Altra canzone con una musica che affascina è "Le
acciughe fanno il pallone".
Princesa è la storia (vera) di un transessuale, raccontata con una violenza che dà quasi fastidio, ma fa
toccare con mano una realtà di emarginati, un'ottima apertura
per un CD dedicato agli emarginati.
Su Dolcenera suggerisco di leggere la lunga ed interessante discussione che è andata in onda sul
Newsgroup dedicato a Fabrizio De André.
Un altro commento a questo disco lo potete trovare sul sito di Alberto Mingardi.
Su Dolcenera:
Ecco una delle piu' belle canzoni di Fabrizio di cui non riesco a capire il messaggio.
Parla di acqua, pioggia, forse un allagamento. E' l'acqua Dolcenera? Parla di un amore incasinato, in
cui il protagonista sembra conteso fra la moglie di Anselmo (ma chi e' Anselmo) e questa Dolcenera.
Ora mi viene naturale pensare ad una citazione di cui non ho idea. Poi il simbolismo ha sicuramente
una funzione fondamentale per capire questa bellissima canzone, ma non so da dove cominciare.
***********************
LEONMATHILDA ha scritto:
> Scusate se mi intrometto, avete cazziato il povero The gynius che non capisce dolcenera e poi non gli
avete spiegato un cavolo, ma almeno voi l'avete capita? No??? E allora non fate gli sputa sentenze...
(Ernesto) Io non l'ho capita, ma amo tutto di Fabrizio, anzi vi dirò di + io non l'ho mai condiviso o
quasi mai eppure l'ho sempre amato molto come cantautore e allora????
Assolutamente non per fare polemica, ma solo perche' me ne sfugge il significato: cosa vuol dire "non
l'ho mai condiviso?" Su qualche argomento? Politica? Religione? O non hai mai badato ai testi?
Comunque sul contesto sono d'accordo. Credo che "capire" una canzone sia un termine molto
soggettivo... io in un brano posso leggerci una cosa, altri un'altra cosa, e' il bello dell'arte, altrimenti
sarebbe tutta matematica.
Li' 2+2 fa per forza e insindacabilmente 4, mentre Dolcenera puo' rappresentare un'amplesso,
un'alluvione con la morte dell'amante.... per me, ad esempio e' il racconto di un rapporto sessuale
immaginato guardando dalla finestra un'alluvione. Immaginato perche' appunto, la donna che il
protagonista aspettava, la moglie di Anselmo, non riuscira' mai ad arrivare, perche' uccisa
dall'alluvione (realmente avvenuta a Genova, non mi ricordo l'anno).
Ma la narrazione fino all'ultima strofa sembra raccontare il contrario, sembra descrivere un incontro
effettivamente avvenuto e in cui lo sviluppo e' sincronizzato allo sfacelo dell'alluvione. Solo l'ultima
strofa "quell'amore dal mancato finale, cosi' splendido e vero da potervi ingannare" rivela l'inganno.
**********************************
E a un dio a lieto fine non credere mai
(F.De Andre')
**********************************
Da: Lisa <lisa@bastaconglispam.arcetri.astro.it>
Oggetto: Re: De Dolcenera
Data: martedì 29 giugno 1999 19.03
Mah, secondo me Dolcenera E' la moglie di Anselmo stessa. Un quartiere di mare e di pescatori, una
volta paesino alle porte di Genova e adesso inglobato nella continuita' della citta', che corre lungo la
costa, lineare, unidimensionale, sottile. Un marinaio che da uno dei tanti viaggi si e' portato in patria
una sposa esotica che fa girare la testa a tutti, e che stenta ad adattarsi alla nuova vita di quartiere, di
convenzioni e di civilta', perche' non conosce altra legge che la natura e l'istinto, puliti, senza malizia,
ma che nel nuovo mondo in cui e' capitata vengono visti come peccato e tentazione. Per chi ha letto
Jorge Amado, una sorta di "Gabriella Garofano e Cannella" in salsa ligure, che nemmeno riesce a
capire perche' quelle passioni e quella sincerita' che a lei sembrano tanto naturali vengano visti come
temibili e devastanti.
E poi una tempesta di pioggia torrenziale, che inonda, spacca, travolge la citta' intera, come da quelle
parti e' successo tante volte. E la Dolcenera che e' l'acqua stessa, nella testa e sulla pelle dell'uomo che
la desidera, acqua inebriante che fluttua e culla, che ingorga gli anfratti con scroscio affatturato, che
gonfia le lenzuola e le voglie agitandosi in una sorta di magico dormiveglia, e che poi dilaga, invade e
porta via, sollevando bufere di emozioni, di incredulita' e di ferite insanabili, mentre alla fine se ne
rimane tranquilla e limpida come prima, incurante dei disastri che ha provocato, non per cinismo o per
disprezzo, ma perche' e' fatta cosi', come all'acqua vera dell'alluvione non si possono certo
rimproverare i danni combinati in citta'...
Il passaggio che crea confusione e' quel "la moglie di Anselmo non lo deve sapere, che e' venuta per
me...", che a una prima orecchiata distratta fa pensare che la moglie di Anselmo e la donna che e'
arrivata siano due persone diverse. Io, piuttosto, l'ho sempre interpretata nel senso che la dolce, nera,
travolgente, che e' appena venuta, sia proprio questa fatale moglie di Anselmo, e che "non lo deve
sapere" non si debba intendere "non deve sapere che e' arrivata quest'altra", ma semmai "la moglie di
Anselmo, che e' appena arrivata per me, e che mi spalanca davanti i sogni e le speranze di un momento
d'amore appassionato, non deve sapere..." che sta per scatenarsi l'ira di Dio dai nuvoloni gonfi che
aspettano fuori!
La vita che si risveglia oltre il muro dei vetri a battaglia finita e' SIA quella della citta' che si riprende
dalla tempesta, SIA quella dei due amanti che riprendono fiato e tornano alla realta' di tutti i giorni...
Comunque, mi hanno appena dato una dritta secondo cui la "Nera" sarebbe anche il nome di un fiume
che scorre presso Genova e che e' a costante rischio di alluvioni da panico... se e' vero, il doppio senso
e' ancora piu' trasparente! C'e' qualche ligure che puo' confermare o smentire questa cosa?...
ciao
Lisa
===========================
Da: Alessandro Longo <Falsepartenze@hotmail.com>
Oggetto: Re: De Dolcenera
Data: domenica 4 luglio 1999 23.48
La mia interpretazione di dolcenera molti la conoscono. Del resto è anche nel sito di tozzi. Cmq,
rieccovela:
Penso che questa sia una delle più complesse e ricche di significato,tra le canzoni del Nostro, così ho
pensato opportuno sviluppare un'analisi quanto possibile approfondita, considerata l'esigenza di sintesi.
Mi sembra che, per comodità, si possano riscontrare almeno tre livelli metaforici:
1) L'alluvione per lo straripare di un fiume(dolce-nera) vista come fatto reale, che sconvolge quello che
è probabilmente un paesino poco sviluppato (il dialetto, le tematiche dell'albo, il rit-mo che ricorda
quello della tarantella, ecc., sono elementi indicativi) prendendo di sorpresa e uccidendo "la moglie
d'Anselmo" (anche questo epiteto rimanda a locuzioni popolari). A questo livello l'amore è utilizzato
come metafora; la "moglie d'Anselmo" sogna il mare-amante-immaginario, ma l'acqua di altra natura
sconvolge tutto, come teme la persona-amante-immeginaria da cui la moglie d'Anselmo si è recata ("e
l'amore ha l'amore come solo argo-mento, e il
tumulto del cielo ha sbagliato momento").
2) Ma la vita, la morte e l'amore si confondono: tutte le descrizioni del massacro sono anche figu-rative
di un amplesso (ed anche dolce-nera, sembrano caratteri di una donna). Non c'è rottura reale tra il
sogno di vita-mare e la morte-alluvione, quasi che il secondo fosse lo svelamento del primo, che
all'improvviso getta la maschera e violenta. Così alla fine, "oltre il muro dei vetri si risveglia la vita,
che si prende per mano a battaglia finita" : i superstiti, coloro che hanno com-battuto contro la morte,
si riprendono per mano come amanti dopo l'atto, ma, poiché questo simboleggia la lotta, avvenuta
prima, con la morte, c'è un filo continuo tra scampare e ripren-dersi; i personaggi sono gli stessi, i
compagni cui ridiamo la mano dopo la sventura sono insepa-rabili dall'acque mortali. E infatti continua
"...come fa questo amore, che dall'ansia di perdersi ha avuto in un giorno la certezza d'aversi".
E' l'amore-morte della "moglie d'Anselmo", che è proprio il punto massimo d'incontro tra la lotta per la
vita e l'amore per la morte: la morte, da questo punto di vista, è la raggiunta completezza. Amore
"vero" ma immaginario, "da potervi ingannare", della moglie d'Anselmo, personaggio anch'esso
indistinto, senza nome. Si
chiarisce meglio questa vicinanza vita-morte se si comprende come metafora generale di un vivere in
pe-ricolo e in bilico, da parte della povera gente: ciò che è vita (l'acqua-mare) può diventare mor-te
(acqua-fiume), e viceversa: a questo punto le distinzioni vacillano, l'amore feticizzato per la morte (è
inutile ricordare qui i miti pagani) si associa alla diffidenza per il compagno. Così è an-che più chiara
l'immagine del prendersi per mano dei superstiti-morte: in una situazione di peri-colo i vicini possono
aiutare, ma possono essere anche d'ostacolo: si lotta contro la morte ( che viene da fuori) ed anche (per
la sopravvivenza) con chi ci è affianco. Nella penuria il nemico è ovunque: poi si ricostruirà insieme
sulle macerie, ma intanto tutto si è incrinato perché l'altro è apparso come avversario, il mostro
potrebbe ricomparire. Ed insieme, nell'impotenza verso il pericolo (di prevederlo, evitarlo, perfino
comprenderlo), si giunge ad amarlo, ad ipostatizzarlo; ché l'amore per la morte è conseguenza del
pericolo incombente nella vita, fino all'indistinzione. Il pericolo, il mostro, all'origine è esterno
(alluvione), ma è portato all'interno della comunità.
Così è per Desamistate: la miseria in un ambiente è causata dalla società, ma la violenza subita
costringe, nella scarsezza, a rivolgersi contro il compagno. Di più: la causa pri-ma della propria miseria
(la natura distruttiva-la società "civile" dei ricchi) è lontana, ineffabile, la si può quindi amare poiché la
si teme troppo per fronteggiarla: l'unico odio antagonistico vi-sibile, impotente, è quello intra-
comunitario, che (anch'esso) comunque si unisce alla solidarietà organica presente in certe società,
chiuse e organiche, crudeli e soccorrevoli per la mutua assi-stenza, sempre per la stessa condizione
disagiata.
3) Ancora, più sottilmente, l'alluvione potrebbe essere una metafora per un avvenimento d'amore. Due
si amano, in un'idealità immaginaria, senza toccarsi: poi succede qualcosa, la realtà è sve-lata, ciò che
voleva contenersi piatto nella finzione, straripa, uccidendo metaforicamente.
Dol-ce-nera è la realtà dell'amore, che sconvolge il sogno e si fa amare nella sua forza dirompente.
Sconvolge e abbandona, "fredda come un dolore, dolce nera senza cuore": così la morte è le-gata alla
rivelazione-abbandono.
L'acqua-amante distruttivo ma amato (amato nonostante, amato per questo) sembra anche una donna
che attraversa il paese divorandolo, rompendo gli schemi, e la moglie d'Anselmo sognatrice non deve
sapere che è arrivata anche dal "suo" uomo. I due sensi si uniscono, il sogno è sconvolto in tutti i sensi:
l'amante ideale si svela alluvione /l'amante ideale si svela abitato anche lui dall'alluvione, (è lui stesso
alluvione) donna fatale che conquista, sconvolge, contamina l'idealità nella sua reale carnalità-morte.
Così si può tornare ai versi forse più ambigui della canzone, a prescindere da un livello metaforico
preciso: <<Ma la moglie d'Anselmo non lo deve sapere, ché[ si noti bene, non "che"] è arrivata per me,
è arrivata da un'ora, e l'amore ha l'amore come solo argomento, il tumulto del cielo ha sbagliato
momento>>. Qui l'ambiguità è massima: chi è che arriva? Insieme, ambiguità voluta, dolcenera o La
moglie d'Anselmo. In entrambi i casi l'idealità-amore (a seconda del livello metaforico, può es-sere
intesa in vari sensi) è spezzata dal "tumulto" del cielo; se ad arrivare è La moglie d'Anselmo la rottura
è successiva, temporalmente e logicamente, ma se è dolcenera, allora immediatamente l'amore è rottura
(morte-vita-amore per la morte-per la vita), poiché in questo caso l'io narrante è immediatamente
coinvolto dal "tumulto" : i due sensi si uniscono, e questo accresce il fluire vita-morte, amore-rottura.
E così, ugualmente, l'io (rappresentato da quel "me") è sia il portatore di un'idealità delusa, all'arrivo
(prima o dopo) di dolcenera, sia "'incarnazione di questa rottura, diven-tano indistinguibile da
dolcenera stessa. Come prima, i sensi si intrecciano.
Ancora un verso di difficile interpretazione: narrando dell'effetto di dolcenera sul paese, si dice:
"Acqua per fotografia per cercare i complici da maledire". Penso che bisogni far riferimento, anco-ra,
al senso molteplice che si vuole assegnare all'acqua(=dolcenera): distruttrice, creatrice, acqua, donna.
Non è ragionevolmente necessario preferirne uno, la poesia non è scienza, si serve di signifi-cati
plurivoci. L'acqua-done affascina, suscita fotografie (curiosità, per il disastro, ma anche amma-
liamento, come se si mettesse in posa), scatena sentimenti di solidarità tra le "vittime" (dell'alluvione),
ma anche lotta per la sopravvivenza. I questo caso il vicicno diventa complice dell'acqua, non ci aiuta,
è avversario. Non pensiamo solo all'alluvione come disastro, ma anche come sconvolgimento
passionale, in ogni caso succede qualcosa in quel paesino che ne romnpe la normalità (anche a S.Ilario
con Bocca di Rosa…).
Così, la lotta è per dolcenera: a causa e per con-quistarla.
=================
Da: Paolo <paolo.maledetto@tiscalinet.it>
Oggetto: Re: De Dolcenera
Data: giovedì 1 luglio 1999 12.17
The Gynius ha scritto:
> Ecco una delle piu' belle canzoni di Fabrizio di cui non riesco a
> capire il messaggio.
>
> Parla di acqua, pioggia, forse un allagamento. E' l'acqua Dolcenera? Parla di un amore incasinato, in
cui il protagonista sembra conteso fra la moglie di Anselmo (ma chi e' Anselmo) e questa Dolcenera.
>
> Ora mi viene naturale pensare ad una citazione di cui non ho idea. Poi il simbolismo ha sicuramente
una funzione fondamentale per capire questa bellissima canzone, ma non so da dove cominciare.
>
> Qualcuno mi aiuta? ^__^;;
> --
> Giovanni "Gyo" Perdicaro
> E-Mail: thegynius@hotmail.com
Eccomi qua!
Premetto che se non avessi sentito la spiegazione di Faber al concerto non l'avrei mai capita per conto
mio. Comunque, veniamo a noi:
L'acqua di cui si parla altro non è che l'alluvione di Genova. Il protagonista della canzone che narra
l'episodio è a casa che aspetta la moglie di Anselmo, ma si scatena d'improvviso la violenza della
natura.
Qui la narrazione diventa visionaria e confusa, mentre il narratore s'illude che la sua donna sia arrivata,
e ci fa l'amore (" Ma la moglie di Anselmo non lo deve sapere, che è venuta per me, è arrivata da
un'ora, e l'amore ha l'amore come solo argomento, e il tumulto del cielo ha sbagliato momento").
Naturalmente lei è bloccata da qualche parte a causa della tempesta ("nel suo tram scollegato da ogni
distanza" ) e non può arrivare da lui.
Il loro amore è diventato eterno, perchè a lei, adesso, il tempo avanza: quel tram è diventato la sua
tomba, sigillo di un amore "così splendido e vero da potervi ingannare".
Ciao
Paolo
PRINCESA
Ne parlo nella canzone Prinçesa, che ho tratto da uno splendido, breve romanzo di Maurizio Janelli e
Fernanda Farias, in effetti una biografia . Nella musica ci sono improvvise variazioni : è il riepilogo dei
passaggi fondamentali della vita della protagonista, un elenco di gioie e sfortune incontrate nelle tappe
delle sue varie metamorfosi .
Per mantenersi esercita la professione più antica del mondo, finché per volere del destino si trasforma
ancora, e per l'ultima volta, da prostituta nell'amante ufficiale di un avvocato . Questa è l'ultima
metamorfosi; la musica, grazie anche e soprattutto a Ivano Fossati, accompagna questa evoluzione
passando da tonalità maggiori a minori e sottolineando in quel martellare di cembali il miraggio della
felicità, fino a ritornare all'infanzia brasiliana " .
Ieri sera a Perugia c'è stata la "prima" della nuova tournée di Fossati . In
questa occasione Ivano ha trovato il tempo per un breve ricordo che riguarda
la sua collaborazione con Faber per l'album Anime salve :
"Con De André giravamo il Sud in cerca di idee, presso Matera c'erano dei
vecchi che separavano la cera dal miele masticandola : ci colpi' molto
vedere usi secolari proiettarsi nel Duemila . E fu cosi' che , in 40 minuti,
nacque Ho visto Nina volare ".
Ciao
"Paolo Micheli"
Reply-To : fabrizio@yahoogroups.com
To : <fabrizio@yahoogroups.com>
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PONTREMOLI (MS) - «Non vedo l'ora di riascoltarla» dice Dori Ghezzi mentre Zucchero l'aiuta a
sfilarsi il soprabito. E' appena arrivata da Milano per un sabato nella fattoria di Fornaciari , casupole
basse e un vecchio mulino di pietra su un fazzoletto di terra cucito tra Toscana e Liguria che solo un
fanatico di blues e soul poteva battezzare Lunisiana Soul (un'ardita associazione tra Louisiana e
Lunigiana, un incrocio bastardo tra Pontremoli e New Orleans, un impossibile mix tra le acque del
Magra e quelle del Mississippi). Bionda, minuta, elegante, gli occhi azzurri mobilissimi, è venuta ad
ascoltare la versione finale di Ho visto Nina Volare, la canzone del De André di Anime Salve che
Zucchero pubblicherà l'8 febbraio in un singolo e il cui ricavato sarà devoluto a Emergency. È un
pomeriggio gelido, grigio. Gli alberi sono scheletri, le zolle ammuffite di brina. Accanto al camino si
parla della scena musicale, che sembra non aver trovato la marcia giusta in questo inizio millennio.
Dell'incontro di Dori con Leonard Cohen a Luglio. «Mi aveva mandato un biglietto quando Fabrizio
morì. Abbiamo parlato due ore. Mi ha detto: "Mandami la traduzione delle dieci canzoni che tu reputi
più in sintonia con il mio spirito. Vorrei
inciderle"». Di David Byrne che non ha mai abbandonato l'idea di pubblicare sulla sua etichetta Luaka
Bop una versione internazionale di Creuza de ma.
«Sarebbe l'occasione per rimissarlo, perché lì c'è un mondo sommerso da scoprire. È un desiderio che
ho sempre avuto: quel che sentii in studio in quel
lontano 1984 è una cosa che mi è rimasta nel cuore». «È uno dei dischi italiani più belli di sempre.
Quella è world music!» esclama Zucchero. «Fu
premiato come album del decennio» conferma Dori «e inserito fra i 2000 dischi più importanti di tutti i
tempi. Nella lista, di italiani, ci sono solo
De Andrè e Morricone».
Insieme agli antipasti, tutti insaccati prodotti nella fattoria, Zucchero sposta il discorso sul suo tour
mondiale che partirà l'11 febbraio da Zurigo
(le date italiane: 13 Montichiari, 14 Torino, 16 Bologna, 17 Ancona, 19 Bari, 21 Palermo, 23 Acireale,
25 perugia, 26 esaro, 27 Verona, 1 e 2 marzo
Treviso, 3 Bolzano, 5 Genova, 6 e 9 Firenze). «Sarà un concerto più rock degli altri, con una
scenografia semplice che ricorda quello dei vecchi show
televisivi della Motown. Tutti i vecchi brani sono stati riarrangiati, liberati da quel "funkettino" che
sentivo un po' vecchio».
«Sono curiosa. Non vado via senza aver ascoltato la canzone» insiste Dori quando fuori comincia a
imbrunire. Nella House of Blues, il nastro è già
montato sul registratore. Arrivano gli applausi (il brano è stato registrato nel corso del tributo a De
André, al Carlo Felice di Genova il 12 marzo
2000). Poi, su un tamburo che scandisce il tempo della memoria, la voce di Zucchero entra assorta,
malinconica, dolente, prima di sciogliersi in un
ruggito sulle parole: Stanotte è venuta l'ombra / l'ombra che mi fa il verso. Il silenzio alla fine
dell'ascolto è irreale.
C'è commozione nell'aria.
Di chi è stata l'idea? Come scelse la canzone da cantare?
ZUCCHERO: «Fu Dori a farmi ascoltare "Ho visto Nina volare". "Tu la puoi rifare, puoi renderla tua"
mi disse.
DORI: «Pensavo all'atmosfera di "Dune mosse". In quella canzone tu e Fabrizio siete sulla stessa
lunghezza d'onda».
Z: «Non è facile cantare una canzone di De André. Per niente».
D: «Infatti ti avevo visto disorientato. Il piacere era tanto, ma anche la paura, il pudore, la
preoccupazione di fare un passo falso. Ma io pensavo a
certi tuoi testi, ai frequenti riferimenti all'infanzia. Ti ci vedevo tutto dentro Nina. Ricordo quando
arrivasti alle prove: mia figlia Luvi ed io
rimanemmo calamitate dalla tua interpretazione. E conquistate dalla tua dolcezza, dall'umiltà».
Z: «Non volevo rovinare qualcosa di bello. Si fa presto a dire: incido una cover. Ma che senso ha se
non riesci a fare tua la canzone, senza disturbare né l'essenza né il feeling dell'originale?»
D: «Non bisogna dimenticare il contesto in cui la canzone fu incisa. Un evento estraneo al business,
dal quale tenemmo lontane anche le telecamere per paura che i tempi televisivi guastassero l'atmosfera.
Come mai avete aspettato due anni per pubblicarla?
Z: «È il tempo che svela la grandezza di una canzone. Solo col tempo ho capito che Dune mosse e
Diamante erano due brani nati bene. Ho visto Nina
volare mi ha fatto lo stesso effetto. Allora perché lasciarla lì nel cassetto?».
Fabrizio si era mai reso conto della devozione che lo circondava?
D. «Non credo fino a questo punto. Anche perché, come tutti i grandi uomini, Fabrizio non credeva di
aver detto queste cose straordinarie, di essere diventato quel punto di riferimento che ora è per molti di
noi. Lui non cercava mai la parola più dotta, per dimostrare che ne sapeva più degli altri, ma quella più
giusta, più immediata, alla portata di tutti».
Su SMISURATA PREGHIERA
(postato sul NG da "un ottico" <ppp@ppp.ge>
DESMEDIDA PLEGARÍA
Smisurata Preghiera
Recitando un rosario
De mezquinas ambiciones,
De temores milenarios,
De inagotables astucias
Cultivando tranquila
La horrible variedad
De su propia soberbia
La mayoría está
Como un descuido,
Como una anomalía,
Como una distracción,
Como un deber
fonte: http://utenti.lycos.it/rock3000/album/animesalve.html
*****
Smisurata preghiera è l'epitome del disco, la summa dei tracciati che lo
percorrono. Ed è ancora un affresco sulle minoranze, sulla necessità di
difendersi da parte di chi non accetta "le leggi del branco", su coloro
insomma che devono pagare per difendere la propria dignità: gli unici che
attraversando l'emarginazione e la solitudine riescono ancora a "consegnare
alla morte una goccia di splendore". La musica
[In Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, p. 77]
*****
*****
FONTE: http://www.giuseppecirigliano.it/Smisurata%20preghiera.htm
http://www.viadelcampo.com/indiano24_8.jpg24/05/2005 11.49.42
http://www.viadelcampo.com/caro_amore_v1_lm_LPf5.jpg
http://www.viadelcampo.com/caro_amore_v1_lm_LPf5.jpg24/05/2005 11.51.04
Testi 1976 FDA
Avvertenza!
Legge 633/41 art. 70 comma 1: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera,
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sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purchè non costituiscano concorrenza alla
utilizzazione economica dell'opera."
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IL PESCATORE
E fu il calore di un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore.
BOCCA DI ROSA
Ma le comari di un paesino
non brillano certo in iniziativa
le contromisure fino a quel punto
si limitavano all'invettiva.
LE PASSANTI
LA CATTIVA STRADA
e la regina lo seguì
col suo dolore lo seguì
sulla sua cattiva strada.
ed il pilota lo seguì
senza le stelle lo seguì
sulla sua cattiva strada.
A un diciottenne alcolizzato
versò da bere ancora un poco
e mentre quello lo guardava
lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi
adesso è ora che io vada"
l'alcolizzato lo capì
non disse niente e lo seguì
sulla sua cattiva strada.
ed i giurati lo seguirono
a bocca aperta lo seguirono
sulla sua cattiva strada
sulla sua cattiva strada.
UN GIUDICE
IL TESTAMENTO
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STORIA DI UN IMPIEGATO
Canzoni di De Andrè e Bentivoglio.
INTRODUZIONE
VERSIONE INEDITA
LA BOMBA IN TESTA
di poter sanguinare
e il senso non dev'essere rischiare
ma forse non voler più sopportare.
AL BALLO MASCHERATO
Imputato ascolta,
noi ti abbiamo ascoltato.
Tu non sapevi di avere una coscienza al fosforo
E se tu la credevi vendetta
il fosforo di guardia
segnalava la tua urgenza di potere
mentre ti emozionavi nel ruolo più eccitante della
legge
quello che non protegge
la parte del boia.
Imputato,
il dito più lungo della tua mano
è il medio
quello della mia
è l'indice,
eppure anche tu hai giudicato.
Hai assolto e hai condannato
al di sopra di me,
ma al di sopra di me,
per quello che hai fatto,
per come lo hai rinnovato
il potere ti è grato.
Ascolta
una volta un giudice come me
giudicò chi gli aveva dettato la legge:
prima cambiarono il giudice
e subito dopo
la legge.
IL BOMBAROLO
Intellettuali d'oggi
idioti di domani
ridatemi il cervello
che basta alle mie mani,
profeti molto acrobati
della rivoluzione
oggi farò da me
senza lezione.
Vi scoverò i nemici
per voi così distanti
e dopo averli uccisi
sarò fra i latitanti
ma finché li cerco io
i latitanti sono loro,
ho scelto un'altra scuola,
son bombarolo.
io vengo a restituirti
un po' del tuo terrore
del tuo disordine
del tuo rumore.
VERRANNO A CHIEDERTI
DEL NOSTRO AMORE
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Multimedialità / Domande e risposte- (artt. 72 e segg. Legge 633/41))
LA CITTA' VECCHIA
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi,
una bimba canta la canzone antica della donnaccia
quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia.
Se tu penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.
stanotte Michè
s'è impiccato a un chiodo perché
non voleva restare vent'anni in prigione
lontano da te
io so che Michè
ha voluto morire perché
ti restasse il ricordo del bene profondo
che aveva per te
se pure Michè
non ti ha scritto spiegando perché
se n'è andato dal mondo tu sai che l'ha fatto
soltanto per te
domani Michè
nella terra bagnata sarà
e qualcuno una croce col nome la data
su lui pianterà
e qualcuno una croce col nome e la data
su lui pianterà.
LA GUERRA DI PIERO
IL TESTAMENTO
LA BALLATA DELL'EROE
LA CANZONE DI MARINELLA
Avvertenza!
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PREGHIERA IN GENNAIO
Quando attraverserà
l'ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà
baciandoli alla fronte
venite in Paradiso
là dove vado anch'io
perché non c'è l'inferno
nel mondo del buon Dio.
Signori benpensanti
spero non vi dispiaccia
se in cielo, in mezzo ai Santi
Dio, fra le sue braccia
soffocherà il singhiozzo
di quelle labbra smorte
che all'odio e all'ignoranza
preferirono la morte.
Dio di misericordia
il tuo bel Paradiso
lo hai fatto soprattutto
per chi non ha sorriso
per quelli che han vissuto
con la coscienza pura
l'inferno esiste solo
per chi ne ha paura.
Dio di misericordia
vedrai, sarai contento.
MARCIA NUZIALE
SPIRITUAL
SI CHIAMAVA GESU'
BARBARA
CARO AMORE
(sostituita in seguito da "La stagione del tuo amore")
Caro amore
nei tramonti d'aprile
caro amore
quando il sole si uccide
oltre le onde
puoi sentire piangere e gioire
anche il vento ed il mare.
Caro amore
così un uomo piange
caro amore
al sole, al vento e ai verdi anni
che cantando se ne vanno
dopo il mattino di maggio
quando sono venuti
e quando scalzi
e con gli occhi ridenti
sulla sabbia scrivevamo contenti
le più ingenue parole.
Caro amore
i fiori dell'altr'anno
caro amore
sono sfioriti e mai più
rifioriranno
e nei giardini ad ogni inverno
ben più tristi sono le foglie.
Caro amore
così un uomo vive
caro amore
e il sole e il vento e i verdi anni
si rincorrono cantando
verso il novembre a cui
ci vanno portando
e dove un giorno con un triste sorriso
ci diremo tra le labbra ormai stanche
"eri il mio caro amore".
LA MORTE
BOCCA DI ROSA
Ma le comari di un paesino
non brillano certo in iniziativa
le contromisure fino a quel punto
si limitavano all'invettiva.
cingendolo d'allor
Avvertenza!
Legge 633/41 art. 70 comma 1: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di
parti di opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento,
sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purchè non costituiscano concorrenza alla
utilizzazione economica dell'opera."
In altre parole: i testi delle canzoni che trovate su questo sito possono essere utilizzati solo
ed esclusivamente per uso personale o di discussione.
Ho licenziato Dio
gettato via un amore
per costruirmi il vuoto
nell'anima e nel cuore.
Chi mi riparlerà
di domani luminosi
dove i muti canteranno
e taceranno i noiosi
quando riascolterò
il vento tra le foglie
sussurrare i silenzi
che la sera raccoglie.
E soprattutto chi
e perché mi ha messo al mondo
dove vivo la mia morte
con un anticipo tremendo?
Mi citeran di monito
a chi crede sia bello
giocherellare a palla
con il proprio cervello.
Cercando di lanciarlo
oltre il confine stabilito
che qualcuno ha tracciato
ai bordi dell'infinito.
PRIMO INTERMEZZO
LEGGENDA DI NATALE
SECONDO INTERMEZZO
INVERNO
GIROTONDO
TERZO INTERMEZZO
RECITATIVO
(Due invocazioni e un atto d'accusa)
CORALE
(Leggenda del Re infelice)
C'era un re
che aveva
due castelli
uno d'argento
uno d'oro
ma per lui
non il cuore
di un amico
mai un amore né felicità.
Un castello
lo donò
e cento e cento amici trovò
l'altro poi
gli portò
mille amori
ma non trovo
la felicità.
Avvertenza!
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LA CANZONE DI MARINELLA
attenti al gorilla !
attenti al gorilla !
attenti al gorilla !
attenti al gorilla !
attenti al gorilla !
attenti al gorilla !
attenti al gorilla !
attenti al gorilla !
IL GORILLA
RE
Sulla piazza di una città
LA7
la gente guardava con ammirazione
un gorilla portato là
RE
dagli zingari di un baraccone
contemplavano l'animale
RE
non dico come non dico dove
RE LA7 RE LA7 RE
attenti al gor - i -lla !
LA BALLATA DELL'EROE
LA GUERRA DI PIERO
IL TESTAMENTO
stanotte Michè
s'è impiccato a un chiodo perché
non voleva restare vent'anni in prigione
lontano da te
io so che Michè
ha voluto morire perché
ti restasse il ricordo del bene profondo
che aveva per te
se pure Michè
non ti ha scritto spiegando perché
se n'è andato dal mondo tu sai che l'ha fatto
soltanto per te
domani Michè
nella terra bagnata sarà
e qualcuno una croce col nome la data
su lui pianterà
e qualcuno una croce col nome e la data
su lui pianterà
IL RE FA RULLARE I TAMBURI
(canzone popolare francese del XIV° secolo)
Il re fa rullare i tamburi
Il re fa rullare i tamburi
ed il marchese disse al re
" maestà è la mia sposa "
se tu vorrai cederla a me
sarà la favorita
signore se non foste il re
signore se non foste il re
v'intimerei prudenza
ma siete il sire siete il re
vi devo l'obbedienza
marchese vedrai passerà
marchese vedrai passerà
d'amor la sofferenza
io ti farò nelle mie armate
maresciallo di Francia"
Avvertenza!
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NUVOLE BAROCCHE
E FU LA NOTTE
E fu la notte
la notte per noi
notte profonda
sul nostro amore.
E fu la fine
di tutto per noi
resta il passato
e niente di più.
Ma se ti dico:
"non t'amo più"
sono sicuro
di non dire il vero.
E fu la notte
la notte per noi
buio e silenzio
son scesi su noi.
E fu la notte
la notte per noi
buio e silenzio
son scesi su noi..
DELITTO DI PAESE
.................................
E se tu tornerai
t'amero come sempre ti amai,
come un bel sogno inutile
che si scorda al mattino.
repente la parcella
presenta al suo signor
IL FANNULLONE
GEORDIE
Uomo
Mentre attraversavo London Bridge
un giorno senza sole
vidi una donna pianger d'amore,
piangeva per il suo Geordie.
Donna
Impiccheranno Geordie con una corda d'oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Uomo
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera
sellatele il suo pony
cavalcherà fino a Londra stasera
ad implorare per Geordie
Donna
Geordie non rubò mai neppure per me
un frutto o un fiore raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Insieme
Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso,
non ha vent'anni ancora
cadrà l'inverno anche sopra il suo viso,
potrete impiccarlo allora
Uomo
Nè il cuore degli inglesi nè lo scettro del re
Geordie potran salvare,
anche se piangeran con te
la legge non può cambiare.
Insieme
Così lo impiccheranno con una corda d'oro,
è un privilegio raro.
Uomo
Rubò sei cervi nel parco del re
Avvertenza!
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IL PESCATORE
E fu il calore di un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore.
Avvertenza!
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LA BUONA NOVELLA
L'INFANZIA DI MARIA
Coro:
Laudate dominum
Laudate dominum
Laudate dominum
Voce:
Forse fu all'ora terza forse alla nona
cucito qualche giglio sul vestitino alla buona
forse fu per bisogno o peggio per buon esempio
presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio
presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio.
Coro:
Scioglie la neve al sole ritorna l'acqua al mare
il vento e la stagione ritornano a giocare
ma non per te bambina che nel tempio resti china
ma non per te bambina che nel tempio resti china.
Voce:
E quando i sacerdoti ti rifiutarono alloggio
avevi dodici anni e nessuna colpa addosso
ma per i sacerdoti fu colpa il tuo maggio
la tua verginità che si tingeva di rosso
la tua verginità che si tingeva di rosso.
Coro:
Sciogli i capelli e guarda già vengono...
Guardala guardala scioglie i capelli
sono più lunghi dei nostri mantelli
guarda la pelle viene la nebbia
risplende il sole come la neve
guarda le mani guardale il viso
sembra venuta dal paradiso
guarda le forme la proporzione
sembra venuta per tentazione.
Guardala guardala scioglie i capelli
sono più lunghi dei nostri mantelli
guarda le mani guardale il viso
sembra venuta dal paradiso
guardale gli occhi guarda i capelli
guarda le mani guardale il collo
guarda la carne guarda il suo viso
guarda i capelli del paradiso
guarda la carne guardale il collo
sembra venuta dal suo sorriso
guardale gli occhi guarda la neve guarda la carne del paradiso.
Voce:
E fosti tu Giuseppe un reduce del passato
falegname per forza padre per professione
a vederti assegnata da un destino sgarbato
una figlia di più senza alcuna ragione
una bimba su cui non avevi intenzione.
IL RITORNO DI GIUSEPPE
Odore di Gerusalemme,
la tua mano accarezza il disegno
d'una bambola magra,
intagliata del legno.
IL SOGNO DI MARIA
AVE MARIA
Maria:
"Falegname col martello
perché fai den den?
Con la pialla su quel legno
perché fai fren fren?
Costruisci le stampelle
per chi in guerra andò?
Dalla Nubia sulle mani
a casa ritornò?"
Il falegname:
"Mio martello non colpisce,
pialla mia non taglia
per foggiare gambe nuove
a chi le offrì in battaglia,
ma tre croci, due per chi
disertò per rubare,
la più grande per chi guerra
insegnò a disertare".
La gente:
"Alle tempie addormentate
di questa città
pulsa il cuore di un martello,
quando smetterà?
Falegname, su quel legno,
quanti corpi ormai,
quanto ancora con la pialla
lo assottiglierai?"
Maria:
"Alle piaghe, alle ferite
che sul legno fai,
falegname su quei tagli
manca il sangue, ormai,
perché spieghino da soli,
con le loro voci,
quali volti sbiancheranno
sopra le tue croci".
Il falegname:
"Questi ceppi che han portato
perché il mio sudore
li trasformi nell'immagine
di tre dolori,
vedran lacrime di Dimaco
e di Tito al ciglio
il più grande che tu guardi
abbraccerà tuo figlio".
La gente:
"Dalla strada alla montagna
sale il tuo den den
ogni valle di Giordania
impara il tuo fren fren;
qualche gruppo di dolore
muove il passo inquieto,
altri aspettan di far bere
a quelle seti aceto".
TRE MADRI
Madre di Tito:
"Tito, non sei figlio di Dio,
ma c'è chi muore nel dirti addio".
Madre di Dimaco:
"Dimaco, ignori chi fu tuo padre,
ma più di te muore tua madre".
Le due madri:
"Con troppe lacrime piangi, Maria,
solo l'immagine d'un'agonia:
sai che alla vita, nel terzo giorno,
il figlio tuo farà ritorno:
lascia noi piangere, un po' più forte,
chi non risorgerà più dalla morte".
Madre di Gesù:
"Piango di lui ciò che mi è tolto,
le braccia magre, la fronte, il volto,
ogni sua vita che vive ancora,
che vedo spegnersi ora per ora.
IL TESTAMENTO DI TITO
Tito:
"Non avrai altro Dio all'infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse venute dall'est
dicevan che in fondo era uguale.
Laudate dominum
Laudate dominum
uccise ".
Laudate dominum
Laudate dominum
Qualcuno
qualcuno
tentò di imitarlo
se non ci riuscì
fu scusato
anche lui
perdonato
perché non s'imita
imita un dio,
un dio va temuto e lodato
lodato...
Laudate hominem
No, non devo pensarti figlio di Dio
ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.
Ma figlio dell'uomo, fratello anche mio.
Laudate hominem.
Laudate Hominem
Avvertenza!
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UN GIUDICE
la statura di Dio.
UN MEDICO
UN MALATO DI CUORE
UN CHIMICO
UN OTTICO
Prima parte:
Daltonici, presbiti, mendicanti di vista
il mercante di luce, il vostro oculista,
ora vuole soltanto clienti speciali
che non sanno che farne di occhi normali.
Seconda parte:
Primo cliente - Vedo che salgo a rubare il sole
per non aver più notti,
perché non cada in reti di tramonto,
l'ho chiuso nei miei occhi,
e chi avrà freddo
lungo il mio sguardo si dovrà scaldare.
IL SUONATORE JONES
In un vortice di polvere
Avvertenza!
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Mentre l'alba sta uccidendo la luna Mentre l'alba sta uccidendo la luna
e le stelle si son quasi nascoste e le stelle si son quasi nascoste
la signora che legge la fortuna la signora che legge la fortuna
se n'è andata in compagnia dell'oste. se n'è andata in compagnia dell'oste.
Ad eccezione di Abele e di Caino Ad eccezione di Abele e di Caino
tutti quanti sono andati a far l'amore tutti quanti sono andati a far l'amore
e fa il fiume ti risponda
che da sempre siete amanti.
ma di morte lenta
La città vecchia
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi,
una bimba canta la canzone antica della donnaccia
quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia.
(altra versione:
quella che di giorno chiami con disprezzo specie di troia
quella che di notte stabilisce il prezzo alla tua gioia.)
Se tu penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.
lalalalalala
Via della povertà: uno dei parteciapnti alla mailing list, Gianpi,
mi ha permesso di recuperare il testo di una versione live della canzone
con i nomi dei politici dell'epoca al posto dei personaggi inventati:
--------
(Gianpi)
Avvertenza!
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A la compagne de voyage
Dont les yeux, charmant paysage
Font paraître court le chemin
Qu'on est seul, peut-être, à comprendre
Et qu'on laisse pourtant descendre
Sans avoir effleuré sa main
L'ASSASSINAT (Brassens)
Avvertenza!
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VOLUME 8
LA CATTIVA STRADA
A un diciottenne alcolizzato
versò da bere ancora un poco
e mentre quello lo guardava
DOLCE LUNA
Coi tuoi santi sempre pronti a benedire i tuoi sforzi per il pane
con il tuo bambino biondo a cui hai dato una pistola per Natale
che sembra vera,
con il letto in cui tua moglie
non ti ha mai saputo dare
e gli occhiali che tra un po' dovrai cambiare.
Con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente
con la tua tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente
la tua coda di ricambio
le tue nuvole in affitto
le tue rondini di guardia sopra il tetto.
LE STORIE DI IERI
AMICO FRAGILE
OCEANO
GIUGNO '73
NANCY
RIMINI
RIMINI
E Colombo la chiama
dalla sua portantina
lei gli toglie le manette ai polsi
gli rimbocca le lenzuola
VOLTA LA CARTA
CODA DI LUPO
ANDREA
AVVENTURA A DURANGO
(B.Dylan - F.De André - M.Bubola)
Sol Re
Peperoncini rossi nel sole cocente
Do Sol
polvere sul viso sul cappello
Sol Re
io e Maddalena all'occidente
Do Lam Sol
abbiamo aperto i nostri occhi oltre il cancello
Sol Re
Ho dato la chitarra al figlio del fornaio
Do Sol
per una pizza ed un fucile
Sol Re
la ricomprerò lungo il sentiero
Do Lam Sol
e suonerò per Maddalena all'imbrunire
Re
Non chiagne Maddalena
Dio ci guarderà
Do Sol
e presto arriveremo a Durango
Re
Strigneme Maddalena
SALLY
ZIRICHILTAGGIA
Mia moglie vive da signora e mio figlio conosce più di mille parole
la tua munge da mattina a sera e le tue figlie sono sporche di terra
e di letame e andranno a spostarsi a qualche servo pastore.
Avvertenza!
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Traduzione
HOTEL SUPRAMONTE
E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome
ora il tempo è un signore distratto è un bambino che dorme
ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano
cosa importa se sono (fottuto*) caduto se sono lontano
perché domani sarà un giorno lungo e senza parole
perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole
ma dove dov'è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore.
FRANZISKA
SE TI TAGLIASSERO A PEZZETTI
Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso.
Ma se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso.
VERDI PASCOLI
Avvertenza!
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CREUZA DE MÄ
CREUZA DE MÄ
(Mulattiera di mare/
stradina che delimita due proprietà )
JAMIN-A
(Jamina)
ma seu Jamin-a
ti me perdunié
se nu riûsciò a ésse porcu
cumme i teu pensë
destacchete Jamin-a
lerfe de ûga spin-a
fatt'ammiâ Jamin-a
roggiu de mussa pin-a
staccati Jamina
labbra di uva spina
fatti guardare Jamina
getto di fica piena
nu navegâ de spunda
primma ch'à cuæ ch'à munta e a chin-a
SIDUN
(Sidone)
U mæ nininu mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d'amë d'amë
in questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte
intu mezu du mä
gh'è 'n pesciu tundu
che quandu u vedde ë brûtte
u va 'nsciù fundu
in mezzo al mare
c'è un pesce tondo
che quando vede le brutte
va sul fondo
intu mezu du mä
gh'è 'n pesciu palla
che quandu u vedde ë belle
u vegne a galla
in mezzo al mare
c'è un pesce palla
che quando vede le belle
viene a galla
e questa è la memoria
la memoria del Cicala
ma sui libri di storia
Sinán Capudán Pasciá
amü me bell'amü
a sfurtûn-a a l'è 'n grifun
ch'u gia 'ngiu ä testa du belinun
amü me bell'amü
la sfortuna è un cazzo
che vola intorno al sedere più vicino
e questa è la mia storia
e te la voglio raccontare
A PITTIMA
(La Pittima, persona noiosa e pedante a cui veniva affidato l'incarico
di riscuotere i crediti difficili)
A DUMENEGA
(La domenica)
Nota: nella vecchia Genova le prostitute stavano in un quartiere apposito. Uno dei loro
diritti era la passaggiata domenicale. Con i proventi delle case di tolleranza il comune
era in grado di pagare i lavori portuali.
DA A ME RIVA
(Dalla mia riva)
D'ä mæ riva
sulu u teu mandillu ciaèu
d'ä mæ riva
'nta mæ vitta
ma te pensu cuntru su
e u so ben t'ammii u mä
'n pò ciû au largu du dulú
e sun chi affacciòu
a 'stu bàule da mainä
Avvertenza!
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NUVOLE
(Canzoni di Fabrizio De André e Mauro Pagani, eccezion fatta per il testo
"Don Raffaè" scritto con Massimo Bubola e per i testi di "Megu Megun" e "A Cimma"
scritti con Ivano Fossati) - 1990 -
Gli intermezzi prima e dopo "Don Raffae" sono tratti da "Le Stagioni" di Chajkowskj.
LE NUVOLE
Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio
Vanno
vengono
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più
il posto dove stai
Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte
e si mettono li tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.
OTTOCENTO
Ottocento
Novecento
Millecinquecento scatole d'argento
fine Settecento ti regalerò
Figlio figlio
povero figlio
eri bello bianco e vermiglio
quale intruglio ti ha perduto nel Naviglio
figlio figlio
unico sbaglio
annegato come un coniglio
per ferirmi , pugnalarmi nell'orgoglio
a me a me
che ti trattavo come un figlio
povero me
domani andrà meglio
Un piccolo pinzimonio
splendido matrimonio
cavoli e fragole
e patelle ed arselle
pescate a Zanzibar
e qualche krapfen
prima di dormire
ed un risveglio con valzer
e un Alka-Seltzer per
dimenticar.
Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio
quante belle figlie da sposar
e quante belle valvole e pistoni
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar.
DON RAFFAÈ
e al centesimo catenaccio
alla sera mi sento uno straccio
per fortuna che al braccio speciale
c'è un uomo geniale che parla co' me
i trafficanti di saponette
mettevano pancia verso est
chi si convertiva nel novanta
ne era dispensato nel novantuno
la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista
MÈGU MEGÙN
(Medico medicone)
E mi e mi e mi
anà anà
e a l'aia sciurtì
a suà suà
e ou coèu ou coèu ou coèu
da rebellà
fin a piggià piggià
ou trèn ou trèn
E io e io e io
andare andare
e uscire all'aria
sudare sudare
e il cuore il cuore il cuore
da trascinare
fino a prendere a prendere
il treno il treno
E 'nta galleria
gentè 'a l'intra au scùu
sciòrte amarutia
loèugu de 'n spesià
e 'ntu strèitu t'aguèitan
te dumàndan chi t'è
E nella galleria
la gente entra al buio
esce ammalata
cesso d' un farmacista
e nello stretto ti guardano
ti domandano chi sei
e nell'altra stanza
le bagasce a dare il menù
e tu con una voglia che non vuoi
a tirare la Bibbia nel muro
E mi e mi e mi
nu anà nu anà
stà chi stà chi stà chi
durmì durmì
E io e io e io
non andare non andare
stare qui stare qui stare qui
dormire dormire
E mi e mi e mi
nu anà nu anà
stà chi stà chi stà chi
asùnàme
e io e io e io
non andare non andare
stare qui stare qui stare qui
sognare
il patrimonio e il mestiere
che per loro il viaggiare non lo è
poi ti tocca un portiere viscido
e una stanza umida
LA NOVA GELOSIA
'A ÇIMMA
(La cima)
nu turnà dùa
e 'nt'ou nùme de Maria
MONTI DI MOLA
In li Monti di Mola
la manzana
un'aina musteddina era pascendi
in li Monti di Mola
la manzana
un cioano vantarricciu e moru
era sfraschendi
- Oh bedda mea
l'aina luna
la bedda mea
capitale di lana
Oh bella mia
l'asina luna
la bella mia
cuscino di lana
oh bedda mea
bianca foltuna –
O bella mia
bianca fortuna-
- Oh beddu meu
l'occhi mi bruxi
lu beddu meu
carrasciale di baxi
O bello mio
mi bruci gli occhi
il mio bello
carnevale di baci
lu beddu meu
lu core mi cuxi -
oh bello mio
mi cuci il cuore –
Amori mannu
di prima 'olta
l'aba si suggi tuttu lu meli di chista multa
Amore grande
di prima volta
l'ape ci succhia tutto il miele di questo mirto
Amori steddu
di tutte l'ore
di petralana lu battadolu
di chistu core
amore bambino
di tutte le ore
di muschio il battacchio
di questo cuore
-Beata idda
uai che bedd'omu
beata idda
cioanu e moru
beata idda
Beata lei
mamma mia che bell'uomo
beata lei
giovane e bruno
beata lei
sola mi moru
beata idda
ià ma l'ammentu
beata idda
più d'una 'olta
beata idda
'ezzaia tolta –
io muoio sola
beata lei
me lo ricordo bene
beata lei
più d'una volta
beata lei
vecchiaia storta –
Amori mannu
di prima 'olta
l'aba si suggi tuttu lu meli di chista multa
Amore grande
di prima volta
l'ape ci succhia tutto il miele di questo mirto
Amori steddu
di tutte l'ore di petralana lu battadolu
di chistu core
amore bambino
di tutte le ore di muschio il battacchio
di questo cuore
ma a cuiuassi no riscisini
l'aina e l'omu
chè da li documenti escisini
fratili in primu
Avvertenza!
Legge 633/41 art. 70 comma 1: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera,
per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento,
sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purchè non costituiscano concorrenza alla
utilizzazione economica dell'opera."
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Anime Salve
Testi e musiche di Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati - Ricordi 1996
PRINCESA
a un avvocato di Milano
ora Princesa regala il cuore
e un passeggiare recidivo
nella penombra di un balcone
o encanto (l'incantesimo)
a magia (la magia)
os carros (le macchine)
a policia (la polizia)
a canseira (la stanchezza)
o brio (la dignità)
o noivo (il fidanzato)
o capanga (lo sgherro)
o fidalgo (il gransignore)
o porcalhao (lo sporcaccione)
o azar (la sfortuna)
a bebedeira (la sbronza)
as pancadas (le botte)
os carinhos (le carezze)
a falta (il fallimento)
o nojo (lo schifo)
a formusura (la bellezza)
viver (vivere)
KHORAKHANE'
(a forza di essere vento)
Khorakhanè: tribù rom di provenienza serbo-montenegrina
ANIME SALVE
canti di stagione
anime salve in terra e in mare
sono state giornate furibonde
senza atti d'amore
saranno scontri
saranno cacce coi cani e coi cinghiali
saranno rincorse morsi e affanni per mille anni
mille anni al mondo mille ancora
DOLCENERA
âtru da camallâ
â nu n'à â nu n'à
Altro da mettersi in spalla
non ne ha non ne ha
atru de rebellâ
â nu n'à â nu n'à
Altro da trascinare
non ne ha non ne ha
mi sposerò all'altare
ogni balcone
una bocca che m'innamora
ogni tre ami
c'è una stella marina
DISAMISTADE
(disamicizia, faida)
a misura di braccio
a distanza di offesa
che alla pace si pensa
che la pace si sfiora
un odiare a metà
e alla parte che manca
si dedica l'autorità
che la disamistade
si oppone alla nostra sventura
questa corsa del tempo
a sparigliare destini e fortuna
A CUMBA
(La colomba)
Pretendente:
Gh'aivu 'na bella cùmba ch'à l'é xeûa foea de cà
gianca cun'à néie ch'à deslengue a cian d'à sâ
Padre:
Cau ou mè zuenottu ve porta miga na smangiaxun
che se cuscì fise puriesci anàvene 'n gattixun
Nu ghe n'é nu ghe n'é nu ghe n'é
Pretendente:
Vegnu d'â câ du rattu ch'ou magun ou sliga i pë
Padre:
Chi de cumbe d'âtri ne n'é vegnûe nu se n'é posé
Pretendente:
Vegnu c'ou coeu marottu de 'na pasciun che nu ghe n'è
Vengo con il cuore malato di una passione che non ha uguali
Padre:
Chi gh'é 'na cumba gianca ch'â nu l'é â vostra ch'â l'é a me
Nu ghe n'é âtre nu ghe n'é / nu ghe n'é âtre nu ghe n'é
Qui c'è una colomba bianca che non è la vostra che è la mia
Non ce n'è altre non ce n'è non ce n'è altre non ce n'è
Coro:
A l'e xëuâ â l'é xëuâ / a cumba gianca
Pretendente:
Vui nu vuriesci dàmela sta cumba da maiâ
gianca cum'â neie ch'à deslengue 'nt où rià
Duv'a l'é duv'a l'é / duv'a l'é duv'a l'é
Padre:
Mié che sta cumba bella a stà de lungu a barbaciu
che nu m'à posse vèdde à scricchi 'nte n'âtru niu
Nu ghe n'é âtre nu ghe n'é / nu ghe n'é âtre nu ghe n'é
Pretendente:
A tegnio à dindanàse suttà 'n angiou de melgranâ
cù a cua ch'ou l'ha d'â sèa â man lingèa d'ou bambaxia
Duv'a l'é duv'a l'é / duv'a l'é duv'a l'é
La terrò a dondolarsi sotto una pergola di melograni
con la cura che ha della seta la mano leggera del bambagiaio
dov'è dov'è dov'è dov'è dov'è
Padre:
Zuenu ch'âei bén parlòu 'nte sta seian-a de frevâ
Giovane che avete ben parlato in questa sera di febbraio
Pretendente:
A tegnio à dindanàse suttà 'n angiou de melgranâ
La terrò a dondolarsi sotto una pergola di melograni
Padre:
Saèi che sta cumba à mazu a xeuâ d'â më 'nt â vostra câ
Sappiate che questa colomba a maggio volerà dalla mia nella vostra casa
Pretendente:
Cu 'â cua ch'ou l'ha d'â sea â mân lingea d'ou bambaxia
Nu ghe n'é âtre nu ghe n'é / nu ghe n'é âtre nu ghe n'é
Coro:
A l'e xëuâ â l'é xëuâ / a cumba gianca
de noette â l'é xëuâ / au cian d'â sâ
A truvian â truvian / â cumba gianca
de mazu â truvian / au cian d'ou pan.
Mastica e sputa
mastica e sputa
prima che venga neve
luce luce lontana
più bassa delle stelle
un giorno la prenderò
come fa il vento alla schiena
e se lo sa mio padre
dovrò cambiar paese
se mio padre lo sa
mi imbarcherò sul mare
Mastica e sputa
da una parte il miele
mastica e sputa
dall'altra la cera
mastica e sputa
prima che faccia neve
stanotte è venuta l'ombra
l'ombra che mi fa il verso
le ho mostrato il coltello
e la mia maschera di gelso
e se lo sa mio padre
mi metterò in cammino
se mio padre lo sa
mi imbarcherò lontano
Mastica e sputa
da una parte il miele
mastica e sputa
dall'altra la cera
mastica e sputa
prima che metta neve
ho visto Nina volare
tra le corde dell'altalena
un giorno la prenderò
come fa il vento alla schiena
SMISURATA PREGHIERA
Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine
per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
Avvertenza!
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http://www.viadelcampo.com/html/testi_mi_innamor.html24/05/2005 11.59.29
Testi in concerto
Avvertenza!
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Creuza de mä
Princesa
Khorakhamè(a forza di esser vento)
Dolcenera
L'infanzia di Maria
Il ritorno di Giuseppe
Il sogno di Maria
Tre madri
Il testamento di Tito
La città vecchia
Amico fragile
Il pescatore
Geordie
Via del campo
Volta la carta
L'INFANZIA DI MARIA
Coro:
Laudate dominum
Laudate dominum
Laudate dominum
Voce:
Forse fu all'ora terza forse alla nona
cucito qualche giglio sul vestitino alla buona
forse fu per bisogno o peggio per buon esempio
presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio
presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio.
Coro:
Scioglie la neve al sole ritorna l'acqua al mare
il vento e la stagione ritornano a giocare
ma non per te bambina che nel tempio resti china
ma non per te bambina che nel tempio resti china.
Voce:
E quando i sacerdoti ti rifiutarono alloggio
avevi dodici anni e nessuna colpa addosso
ma per i sacerdoti fu colpa il tuo maggio
la tua verginità che si tingeva di rosso
la tua verginità che si tingeva di rosso.
Coro:
Sciogli i capelli e guarda già vengono...
Guardala guardala scioglie i capelli
sono più lunghi dei nostri mantelli
guarda la pelle viene la nebbia
risplende il sole come la neve
guarda le mani guardale il viso
sembra venuta dal paradiso
guarda le forme la proporzione
sembra venuta per tentazione.
Guardala guardala scioglie i capelli
sono più lunghi dei nostri mantelli
guarda le mani guardale il viso
sembra venuta dal paradiso
guardale gli occhi guarda i capelli
guarda le mani guardale il collo
guarda la carne guarda il suo viso
guarda i capelli del paradiso
guarda la carne guardale il collo
sembra venuta dal suo sorriso
guardale gli occhi guarda la neve guarda la carne del paradiso.
Voce:
E fosti tu Giuseppe un reduce del passato
falegname per forza padre per professione
a vederti assegnata da un destino sgarbato
una figlia di più senza alcuna ragione
una bimba su cui non avevi intenzione.
IL RITORNO DI GIUSEPPE
Odore di Gerusalemme,
la tua mano accarezza il disegno
d'una bambola magra,
intagliata del legno.
IL SOGNO DI MARIA
TRE MADRI
Madre di Tito:
"Tito, non sei figlio di Dio,
ma c'è chi muore nel dirti addio".
Madre di Dimaco:
"Dimaco, ignori chi fu tuo padre,
ma più di te muore tua madre".
Le due madri:
"Con troppe lacrime piangi, Maria,
solo l'immagine d'un'agonia:
sai che alla vita, nel terzo giorno,
il figlio tuo farà ritorno:
lascia noi piangere, un po' più forte,
chi non risorgerà più dalla morte".
Madre di Gesù:
"Piango di lui ciò che mi è tolto,
le braccia magre, la fronte, il volto,
ogni sua vita che vive ancora,
che vedo spegnersi ora per ora.
IL TESTAMENTO DI TITO
Tito:
"Non avrai altro Dio all'infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse venute dall'est
dicevan che in fondo era uguale.
Avvertenza!
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1 - Il suonatore Jones
2 - Ottocento
3 – Andrea
4 - Verranno a chiederti del nostro amore
5 - Canzone per l'estate
6 - Hotel Supramonte 31"
7 - Don Raffaè
8 - Amore che vieni amore che vai
9 – Suzanne
10 - La ballata del Michè
11 - Canzone del Maggio
12 - La guerra di Piero
13 - Girotondo
14 - Anime salve
IL SUONATORE JONES
In un vortice di polvere
gli altri vedevan siccità,
a me ricordava
la gonna di Jenny
in un ballo di tanti anni fa.
OTTOCENTO
Ottocento
Novecento
Figlio figlio
povero figlio
eri bello bianco e vermiglio
quale intruglio ti ha perduto nel Naviglio
figlio figlio
unico sbaglio
annegato come un coniglio
per ferirmi , pugnalarmi nell'orgoglio
a me a me
che ti trattavo come un figlio
povero me
domani andrà meglio
Un piccolo pinzimonio
splendido matrimonio
cavoli e fragole
e patelle ed arselle
pescate a Zanzibar
e qualche krapfen
prima di dormire
ed un risveglio con valzer
e un Alka-Seltzer per
dimenticar.
Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio
quante belle figlie da sposar
e quante belle valvole e pistoni
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar.
ANDREA
Coi tuoi santi sempre pronti a benedire i tuoi sforzi per il pane
con il tuo bambino biondo a cui hai dato una pistola per Natale
che sembra vera,
con il letto in cui tua moglie
non ti ha mai saputo dare
e gli occhiali che tra un po' dovrai cambiare.
Con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente
con la tua tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente
la tua coda di ricambio
le tue nuvole in affitto
le tue rondini di guardia sopra il tetto.
HOTEL SUPRAMONTE
E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome
ora il tempo è un signore distratto è un bambino che dorme
ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano
cosa importa se sono caduto se sono lontano
perché domani sarà un giorno lungo e senza parole
perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole
ma dove dov'è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore.
DON RAFFAÈ
e al centesimo catenaccio
alla sera mi sento uno straccio
per fortuna che al braccio speciale
c'è un uomo geniale che parla co' me
e fa il fiume ti risponda
che da sempre siete amanti.
E Gesù fu marinaio
finchè camminò sull'acqua
e restò per molto tempo a guardare solitario
dalla sua torre di legno
e poi quando fu sicuro
che soltanto agli annegati
fosse dato di vederlo
disse: Siate marinai finchè il mare vi libererà.
E Suzanne ti da la mano,
ti accompagna lungo il fiume,
porta addosso stracci e piume
presi in qualche dormitorio
il sole scende come miele
su di lei donna del porto
e ti indica i colori
tra la spazzatura e i fiori
scopri eroi tra le alghe marce
e bambini nel mattino
che si sporgono all'amore
e si sporgeranno sempre
e Suzanne regge lo specchio.
stanotte Michè
io so che Michè
ha voluto morire perché
ti restasse il ricordo del bene profondo
che aveva per te
se pure Michè
non ti ha scritto spiegando perché
se n'è andato dal mondo tu sai che l'ha fatto
soltanto per te
domani Michè
nella terra bagnata sarà
e qualcuno una croce col nome la data
su lui pianterà
e qualcuno una croce col nome e la data
su lui pianterà.
E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
provate pure a credevi assolti
siete lo stesso coinvolti.
E se credente ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.
LA GUERRA DI PIERO
GIROTONDO
ANIME SALVE
canti di stagione
anime salve in terra e in mare
sono state giornate furibonde
senza atti d'amore
saranno scontri
saranno cacce coi cani e coi cinghiali
saranno rincorse morsi e affanni per mille anni
mille anni al mondo mille ancora
Avvertenza!
Legge 633/41 art. 70 comma 1: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera,
per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento,
sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purchè non costituiscano concorrenza alla
utilizzazione economica dell'opera."
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Creuza de mà
Via del Campo
Don Raffaè
Sidun
Monti di Mola
Parlando del naufragio della London Valour
Rimini
A Dumenega
Da a me riva
Zirichiltaggia
CREUZA DE MÄ
(Mulattiera di mare/
stradina che delimita due proprietà )
DON RAFFAÈ
e al centesimo catenaccio
alla sera mi sento uno straccio
per fortuna che al braccio speciale
c'è un uomo geniale che parla co' me
SIDUN
(Sidone)
U mæ nininu mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d'amë d'amë
in questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte
MONTI DI MOLA
In li Monti di Mola
la manzana
un'aina musteddina era pascendi
in li Monti di Mola
la manzana
un cioano vantarricciu e moru
era sfraschendi
- Oh bedda mea
l'aina luna
la bedda mea
capitale di lana
Oh bella mia
l'asina luna
la bella mia
cuscino di lana
oh bedda mea
bianca foltuna –
O bella mia
bianca fortuna-
- Oh beddu meu
l'occhi mi bruxi
lu beddu meu
carrasciale di baxi
O bello mio
mi bruci gli occhi
il mio bello
carnevale di baci
lu beddu meu
lu core mi cuxi -
oh bello mio
mi cuci il cuore –
Amori mannu
di prima 'olta
l'aba si suggi tuttu lu meli di chista multa
Amore grande
di prima volta
l'ape ci succhia tutto il miele di questo mirto
Amori steddu
di tutte l'ore
di petralana lu battadolu
di chistu core
amore bambino
di tutte le ore
di muschio il battacchio
di questo cuore
-Beata idda
uai che bedd'omu
beata idda
cioanu e moru
beata idda
Beata lei
mamma mia che bell'uomo
beata lei
giovane e bruno
beata lei
sola mi moru
beata idda
ià ma l'ammentu
beata idda
più d'una 'olta
beata idda
'ezzaia tolta –
io muoio sola
beata lei
me lo ricordo bene
beata lei
più d'una volta
beata lei
vecchiaia storta –
Amori mannu
di prima 'olta
l'aba si suggi tuttu lu meli di chista multa
Amore grande
di prima volta
l'ape ci succhia tutto il miele di questo mirto
Amori steddu
di tutte l'ore di petralana lu battadolu
di chistu core
amore bambino
di tutte le ore di muschio il battacchio
di questo cuore
ma a cuiuassi no riscisini
l'aina e l'omu
chè da li documenti escisini
fratili in primu
RIMINI
E Colombo la chiama
dalla sua portantina
lei gli toglie le manette ai polsi
gli rimbocca le lenzuola
A DUMENEGA
(La domenica)
Nota: nella vecchia Genova le prostitute stavano in un quartiere apposito. Uno dei loro diritti
era la passaggiata domenicale. Con i proventi delle case di tolleranza il comune era in grado
di pagare i lavori portuali.
DA A ME RIVA
(Dalla mia riva)
D'ä mæ riva
sulu u teu mandillu ciaèu
d'ä mæ riva
'nta mæ vitta
e u so ben t'ammii u mä
'n pò ciû au largu du dulú
e sun chi affacciòu
a 'stu bàule da mainä
ZIRICHILTAGGIA
Mia moglie vive da signora e mio figlio conosce più di mille parole
la tua munge da mattina a sera e le tue figlie sono sporche di terra
e di letame e andranno a spostarsi a qualche servo pastore.
Avvertenza!
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LA CANZONE DI MARINELLA
DELITTO DI PAESE
FILA LA LANA
Ma la dama abbandonata
lamentando la sua morte
per mill'anni e forse ancora
piangerà la triste sorte.
Ma la dama abbandonata
non ritroverà il suo amore
e il gran ceppo nel camino
non varrà a scaldarle il cuore.
IL FANNULLONE
stanotte Michè
s'è impiccato a un chiodo perché
non voleva restare vent'anni in prigione
lontano da te
io so che Michè
ha voluto morire perché
ti restasse il ricordo del bene profondo
che aveva per te
se pure Michè
non ti ha scritto spiegando perché
se n'è andato dal mondo tu sai che l'ha fatto
soltanto per te
domani Michè
nella terra bagnata sarà
e qualcuno una croce col nome la data
su lui pianterà
e qualcuno una croce col nome e la data
su lui pianterà.
IL TESTAMENTO
LA GUERRA DI PIERO
Re Carlo s'arrestò
GEORDIE
Uomo
Mentre attraversavo London Bridge
un giorno senza sole
vidi una donna pianger d'amore,
piangeva per il suo Geordie.
Donna
Impiccheranno Geordie con una corda d'oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Uomo
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera
sellatele il suo pony
cavalcherà fino a Londra stasera
ad implorare per Geordie
Donna
Geordie non rubò mai neppure per me
un frutto o un fiore raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Insieme
Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso,
non ha vent'anni ancora
cadrà l'inverno anche sopra il suo viso,
potrete impiccarlo allora
Uomo
Nè il cuore degli inglesi nè lo scettro del re
Geordie potran salvare,
anche se piangeran con te
la legge non può cambiare.
Insieme
Così lo impiccheranno con una corda d'oro,
è un privilegio raro.
Uomo
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
LA BALLATA DELL'EROE
.................................
E se tu tornerai
t'amero come sempre ti amai,
come un bel sogno inutile
che si scorda al mattino.
LA CITTA' VECCHIA
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi,
una bimba canta la canzone antica della donnaccia
quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia.
Se tu penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.
Avvertenza!
Legge 633/41 art. 70 comma 1: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera,
per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento,
sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purchè non costituiscano concorrenza alla
utilizzazione economica dell'opera."
In altre parole: i testi delle canzoni che trovate su questo sito possono essere utilizzati solo ed
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JAMIN-A
(Jamina)
ma seu Jamin-a
ti me perdunié
se nu riûsciò a ésse porcu
cumme i teu pensë
destacchete Jamin-a
lerfe de ûga spin-a
fatt'ammiâ Jamin-a
roggiu de mussa pin-a
staccati Jamina
labbra di uva spina
fatti guardare Jamina
getto di fica piena
nu navegâ de spunda
primma ch'à cuæ ch'à munta e a chin-a
nu me se desfe 'nte l'unda
e l'ûrtimu respiu Jamin-a
ogni balcone
una bocca che m'innamora
ogni tre ami
c'è una stella marina
i trafficanti di saponette
la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista
DISAMISTADE
(disamicizia, faida)
a misura di braccio
a distanza di offesa
che alla pace si pensa
che la pace si sfiora
da un'ombra di passo
un odiare a metà
e alla parte che manca
si dedica l'autorità
che la disamistade
si oppone alla nostra sventura
questa corsa del tempo
a sparigliare destini e fortuna
SIDUN
(Sidone)
U mæ nininu mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d'amë d'amë
in questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte
ANIME SALVE
canti di stagione
anime salve in terra e in mare
sono state giornate furibonde
senza atti d'amore
saranno scontri
saranno cacce coi cani e coi cinghiali
saranno rincorse morsi e affanni per mille anni
mille anni al mondo mille ancora
DON RAFFAÈ
e al centesimo catenaccio
alla sera mi sento uno straccio
per fortuna che al braccio speciale
c'è un uomo geniale che parla co' me
Mastica e sputa
da una parte il miele
mastica e sputa
dall'altra la cera
mastica e sputa
prima che venga neve
luce luce lontana
più bassa delle stelle
un giorno la prenderò
come fa il vento alla schiena
e se lo sa mio padre
dovrò cambiar paese
se mio padre lo sa
mi imbarcherò sul mare
Mastica e sputa
da una parte il miele
mastica e sputa
dall'altra la cera
mastica e sputa
prima che faccia neve
stanotte è venuta l'ombra
l'ombra che mi fa il verso
le ho mostrato il coltello
e la mia maschera di gelso
e se lo sa mio padre
mi metterò in cammino
se mio padre lo sa
mi imbarcherò lontano
Mastica e sputa
da una parte il miele
mastica e sputa
dall'altra la cera
mastica e sputa
prima che metta neve
ho visto Nina volare
tra le corde dell'altalena
un giorno la prenderò
come fa il vento alla schiena
luce luce lontana
che si accende e si spegne
A CUMBA
(La colomba)
Pretendente:
Gh'aivu 'na bella cùmba ch'à l'é xeûa foea de cà
gianca cun'à néie ch'à deslengue a cian d'à sâ
Padre:
Cau ou mè zuenottu ve porta miga na smangiaxun
che se cuscì fise puriesci anàvene 'n gattixun
Nu ghe n'é nu ghe n'é nu ghe n'é
Pretendente:
Vegnu d'â câ du rattu ch'ou magun ou sliga i pë
Padre:
Chi de cumbe d'âtri ne n'é vegnûe nu se n'é posé
Pretendente:
Vegnu c'ou coeu marottu de 'na pasciun che nu ghe n'è
Vengo con il cuore malato di una passione che non ha uguali
Padre:
Chi gh'é 'na cumba gianca ch'â nu l'é â vostra ch'â l'é a me
Nu ghe n'é âtre nu ghe n'é / nu ghe n'é âtre nu ghe n'é
Qui c'è una colomba bianca che non è la vostra che è la mia
Non ce n'è altre non ce n'è non ce n'è altre non ce n'è
Coro:
A l'e xëuâ â l'é xëuâ / a cumba gianca
de noette â l'é xëuâ / au cian d'â sâ
A truvian â truvian / â cumba gianca
de mazu â truvian / au cian d'ou pan.
Pretendente:
Vui nu vuriesci dàmela sta cumba da maiâ
gianca cum'â neie ch'à deslengue 'nt où rià
Duv'a l'é duv'a l'é / duv'a l'é duv'a l'é
Padre:
Mié che sta cumba bella a stà de lungu a barbaciu
che nu m'à posse vèdde à scricchi 'nte n'âtru niu
Nu ghe n'é âtre nu ghe n'é / nu ghe n'é âtre nu ghe n'é
Pretendente:
A tegnio à dindanàse suttà 'n angiou de melgranâ
cù a cua ch'ou l'ha d'â sèa â man lingèa d'ou bambaxia
Duv'a l'é duv'a l'é / duv'a l'é duv'a l'é
La terrò a dondolarsi sotto una pergola di melograni
con la cura che ha della seta la mano leggera del bambagiaio
dov'è dov'è dov'è dov'è dov'è
Padre:
Zuenu ch'âei bén parlòu 'nte sta seian-a de frevâ
Giovane che avete ben parlato in questa sera di febbraio
Pretendente:
A tegnio à dindanàse suttà 'n angiou de melgranâ
La terrò a dondolarsi sotto una pergola di melograni
Padre:
Saèi che sta cumba à mazu a xeuâ d'â më 'nt â vostra câ
Sappiate che questa colomba a maggio volerà dalla mia nella vostra casa
Pretendente:
Cu 'â cua ch'ou l'ha d'â sea â mân lingea d'ou bambaxia
Nu ghe n'é âtre nu ghe n'é / nu ghe n'é âtre nu ghe n'é
Con la cura che ha della seta la mano leggera del bambagiaio
non ce altre n'è non ce n'è altre non ce n'è
Coro:
A l'e xëuâ â l'é xëuâ / a cumba gianca
de noette â l'é xëuâ / au cian d'â sâ
A truvian â truvian / â cumba gianca
de mazu â truvian / au cian d'ou pan.
BOCCA DI ROSA
Ma le comari di un paesino
non brillano certo in iniziativa
le contromisure fino a quel punto
si limitavano all'invettiva.
SMISURATA PREGHIERA
Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine
per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
Avvertenza!
Legge 633/41 art. 70 comma 1: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di
opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento,
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1
Indice
RIMINI 28
IL PESCATORE (45 GIRI) (1970) ...........13 VOLTA LA CARTA 28
CODA DI LUPO 28
IL PESCATORE 13 ANDREA 29
MARCIA NUZIALE 14 AVVENTURA A DURANGO 29
SALLY 29
ZIRICHILTAGGIA 30
LA BUONA NOVELLA (1970) ...........14 ZIRICHILTAGGIA (Traduzione) 30
PARLANDO DEL NAUFRAGIO DELLA LONDON
VALOUR 30
2
avrai e lui che non ti volle creder morta
amore che vieni da me fuggirai bussò cent'anni ancora alla tua porta
Venuto dal sole o da spiagge gelate
perduto in novembre o col vento d'estate Questa è la tua canzone Marinella
io t'ho amato sempre, non t'ho amato che sei volata in cielo su una stella
mai e come tutte le più belle cose
amore che vieni, amore che vai vivesti solo un giorno come le rose
LA BALLATA DELL'AMORE CIECO (O io t'ho amato sempre, non t'ho amato e come tutte le più belle cose
DELLA VANITA') mai vivesti solo un giorno come le rose
Un uomo onesto un uomo probo amore che vieni, amore che vai
Testo: F.De Andrè
s'innamorò perdutamente Anno di pubblicazione: 1964
Testo: F.De Andrè
d'una che non lo amava niente Anno di pubblicazione: 1966
gli disse "Portami domani" FILA LA LANA
gli disse "Portami domani LA BALLATA DELL'EROE Nella guerra di Valois
il cuore di tua madre per i miei cani" Era partito per fare la guerra il signor Divlie è morto
lui dalla madre andò e l'uccise per dare il suo aiuto alla sua terra se sia stato un prode eroe
dal petto il cuore le strappò gli avevano dato le mostrine e le stelle non si sa non è ancor certo
e dal suo amore ritornò e il consiglio di vendere cara la pelle ma la dama abbandonata
lamentando la sua morte
Non era il cuore non era il cuore E quando gli dissero di andare avanti per mill'anni e forse ancora
non le bastava quell'orrore troppo lontano si spinse a cercare la piangerà la triste sorte
voleva un'altra prova del suo cieco verità
amore ora che è morto la Patria si gloria Fila la lana fila i tuoi giorni
Gli disse "Amor se mi vuoi bene" d'un altro eroe alla memoria illuditi ancora che lui ritorni
gli disse "Amor se mi vuoi bene" libro di dolci sogni d'amore
tagliati dai polsi le quattro vene" Ma lei che lo amava aspettava il ritorno apri le pagine sul suo dolore
le vene ai polsi lui si tagliò d'un soldato vivo d'un eroe morto che ne
e come il sangue ne sgorgò farà? Son tornati a cento e a mille
correndo come un pazzo da lei tornò se accanto nel letto le è rimasta la gloria i guerrieri di Valois
d'una medaglia alla memoria son tornati alle famiglie
Gli disse lei ridendo forte ai palazzi alle città
gli disse lei ridendo forte Testo: F.De Andrè ma la dama abbandonata
"L'ultima tua prova sarà la morte" Anno di pubblicazione: 1961 non ritroverà il suo amore
e mentre il sangue lento usciva e il gran ceppo nel cammino
LA CANZONE DI MARINELLA
e ormai cambiava il suo colore non varrà a scaldarle il cuore
la Vanità fredda gioiva Questa di Marinella è la storia vera
un uomo s'era ucciso per il suo amore che scivolò nel fiume a primavera
Fila la lana fila i tuoi giorni
ma il vento che la vide così bella
illuditi ancora che lui ritorni
Fuori soffiava dolce il vento dal fiume la portò sopra una stella
libro di dolci sogni d'amore
ma lei fu presa da sgomento apri le pagine al suo dolore
quando lo vide morir contento Sola senza il ricordo di un dolore
morir contento e innamorato vivevi senza il sogno di un amore
Cavalieri che in battaglia
quando a lei niente era restato ma un Re senza corona e senza scorta
ignorate la paura
non il suo amore non il suo bene bussò tre volte un giorno alla tua porta
stretta sia la vostra maglia
ma solo il sangue secco delle sue vene ben temprata l'armatura
Bianco come la luna il suo cappello
al nemico che vi assalta
Testo: F.De Andrè come l'amore rosso il suo mantello
siate presti a dar risposta
Anno di pubblicazione: 1966 tu lo seguisti senza una regione
perché dietro a quelle mura
come un ragazzo segue l'aquilone
AMORE CHE VIENI, AMORE CHE VAI vi s'attende senza sosta
Quei giorni perduti a rincorrere il vento E c'era il sole e avevi gli occhi belli
a chiederci un bacio e volerne altri cento Fila la lana fila i tuoi giorni
lui ti baciò le labbra ed i capelli
un giorno qualunque li ricorderai illuditi ancora che lui ritorni
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi
amore che fuggi da me tornerai libro di dolci sogni d'amore
lui pose le sue mani sui tuoi fianchi
un giorno qualunque li ricorderai chiudi le pagine sul suo dolore
amore che fuggi da me tornerai Furono baci e furono sorrisi Testo: F.De Andrè
E tu che con gli occhi di un altro colore poi furono soltanto i fiordalisi Anno di pubblicazione: 1965
mi dici le stesse parole d'amore che videro con gli occhi delle stelle
fra un mese, fra un anno, scordate le fremere al vento e ai baci la tua pelle LA CITTÀ VECCHIA
avrai Nei quartieri dove il sole del buon Dio
amore che vieni da me fuggirai Dicono poi che mentre ritornarvi non dà i suoi raggi
fra un mese, fra un anno, scordate le nel fiume, chissà come, scivolavi ha già troppi impegni per scaldar la
3
gente d'altri paraggi se tu penserai e giudicherai da buon su lui pianterà
una bimba canta la canzone antica della borghese
donnaccia li condannerai a cinquemila anni più le Testo: F.De Andrè
quel che ancor non sai tu lo imparerai spese Anno di pubblicazione: 1961
solo qui fra le mie braccia ma se capirai se li cercherai fino in fondo LA CANZONE DELL'AMORE PERDUTO
e se alla sua età le difetterà la se non sono gigli son pur sempre figli
Ricordi sbocciavan le viole
competenza vittime di questo mondo
con le nostre parole:
presto affinerà le capacità con
"Non ci lasceremo mai
l'esperienza Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1965 mai e poi mai"
dove sono andati i tempi d'una volta per
Vorrei dirti ora le stesse cose
Giunone LA BALLATA DEL MICHE' ma come fan presto amore
quando ci voleva per fare il mestiere
Quando hanno aperto la cella ad appassir le rose
anche un po' di vocazione?
era già tardi perché così per noi
con una corda sul collo L'amore che strappa i capelli
Una gamba qua una gamba là gonfi di
freddo pendeva Miche' è perduto ormai
vino
tutte le volte che un gallo non resta che qualche svogliata carezza
quattro pensionati mezzo avvelenati al
sento cantar penserò e un po' di tenerezza
tavolino
a quella notte in prigione
li troverai là col tempo che fa estate e
quando Miche' s'impiccò E quando ti troverai in mano
inverno
dei fiori appassiti
a stratracannare a stramaledir le donne
Stanotte Miche' al sole d'un aprile
il tempo ed il governo
si è impiccato ad un chiodo perché ormai lontano li rimpiangerai
loro cercan là la felicità dentro a un
non poteva restare ma sarà la prima
bicchiere
vent'anni in prigione che incontri per strada
per dimenticare d'esser stati presi per il
lontano da te che tu coprirai d'oro
sedere
nel buio Miche' per un bacio mai dato
ci sarà allegria anche in agonia col vino
se n'è andato sapendo che a te per un amore nuovo
forte
non poteva mai dire
porteran sul viso l'ombra d'un sorriso fra
che aveva ammazzato E sarà la prima
le braccia della morte
perché amava te che incontri per strada
io so che Miche' che tu coprirai d'oro
Vecchio professore cosa vai cercando in
ha voluto morire perché per un bacio mai dato
quel portone
gli restasse il ricordo per un amore nuovo
forse quella che sola ti può dare una
del bene profondo
lezione
che aveva per te Testo: F.De Andrè
quella che di giorno chiami con Anno di pubblicazione: 1965
disprezzo "Pubblica moglie"
Vent'anni gli avevano dato LA GUERRA DI PIERO
quella che di notte stabilisce il prezzo
la Corte decise così
alle sue voglie Dormi sepolto in un campo di grano
perché un giorno aveva ammazzato
non è la rosa non è il tulipano
chi voleva rubargli Mari'
(quella che di giorno chiami con che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
lo avevan perciò condannato
disprezzo specie di troia ma sono mille papaveri rossi
vent'anni in prigione a marcir,
quella che di notte stabilisce il prezzo
però adesso che lui s'è impiccato
alla tua gioia – (versione censurata)) "Lungo le sponde del mio torrente
la porta gli devono aprire.
voglio che scendano i lucci argentati,
tu la cercherai tu la invocherai più d'una non più i cadaveri dei soldati
Se pure Miche'
notte portati in braccio dalla corrente"
non ti ha scritto spiegando perché
ti alzerai disfatto rimandando tutto al Così dicevi ed era d'inverno
se n'è andato dal mondo
ventisette e come gli altri verso l'inferno
tu sai che l'ha fatto
quando incasserai delapiderai mezza te ne vai triste come chi deve
soltanto per te
pensione il vento ti sputa in faccia la neve
domani alle tre
diecimila lire per sentirti dire "Micio bello
nella fossa comune cadrà
e bamboccione" Fermati Piero fermati adesso
senza il prete e la messa
lascia che il vento ti passi un po'
perché di un suicida non hanno pietà
Se t'inoltrerai lungo le calate dei vecchi addosso
domani alle tre
moli dei morti in battaglia ti porti la voce
nella terra bagnata sarà
in quell'aria spessa carica di sale gonfia chi diede la vita ebbe in cambio una
e qualcuno una croce
di odori croce
col nome e la data
lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo Ma tu non lo udisti e il tempo passava
su lui pianterà
strano con le stagioni a passo di giava
e qualcuno una croce
quello che ha venduto per tremila lire ed arrivasti a varcar la frontiera
col nome e la data
sua madre a un nano in un bel giorno di primavera
4
ad ogni fine di settimana Quando la morte mi chiamerà
E mentre marciavi con l'anima in spalle sopra la rendita di una puttana nessuno al mondo si accorgerà
vedesti un uomo in fondo alla valle che un uomo è morto senza parlare
che aveva il tuo stesso identico umore Voglio lasciare a Biancamaria senza sapere la verità
ma la divisa di un altro colore che se ne sfrega della decenza, che un uomo è morto senza pregare
un attestato di benemerenza fuggendo il peso della pietà
Sparagli Piero sparagli ora che al matrimonio le spiani la via
e dopo un colpo sparagli ancora con tanti auguri per chi c'è caduto Cari fratelli dell'altra sponda
fino a che tu non lo vedrai esangue di conservarsi felice e cornuto cantammo in coro giù sulla terra
cadere in terra a coprire il suo sangue con tanti auguri per chi c'è caduto amammo in cento l'identica donna
"E se gli sparo in fronte o nel cuore di conservarsi felice cornuto partimmo in mille per la stessa guerra
soltanto il tempo avrà per morire, questo ricordo non vi consoli
ma il tempo a me resterà per vedere, Sorella Morte lasciami il tempo quando si muore, si muore soli
vedere gli occhi di un uomo che muore" di terminare il mio testamento questo ricordo non vi consoli
lasciami il tempo di salutare quando si muore si muore soli
E mentre gli usi questa premura di riverire di ringraziare
quello si volta ti vede ha paura tutti gli artefici del girotondo Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1963
ed imbracciata l'artiglieria intorno al letto di un moribondo
non ti ricambia la cortesia
Signor Becchino mi ascolti un poco
Cadesti a terra senza un lamento il suo lavoro a tutti non piace
e ti accorgesti in un solo momento non lo considerano tanto un bel gioco PREGHIERA IN GENNAIO
che il tempo non ti sarebbe bastato coprir di terra chi riposa in pace Lascia che sia fiorito
a chieder perdono per ogni peccato ed è per questo che io mi onoro Signore il suo sentiero
nel consegnare le la vanga d'oro quando a te la sua anima
Cadesti a terra senza un lamento ed è per questo che io mi onoro e al mondo la sua pelle
e ti accorgesti in un solo momento nel consegnare la vanga d'oro dovrà riconsegnare
che la tua vita finiva quel giorno quando verrà al tuo cielo
e non ci sarebbe stato ritorno Per quella candida vecchia Contessa là dove in pieno giorno
che non si muove più dal mio letto risplendono le stelle
"Ninetta mia crepare di maggio per estirparmi l'insana promessa
ci vuole tanto troppo coraggio di riservarle i miei numeri al lotto Quando attraverserà
Ninetta bella dritto all'inferno non vedo l'ora di andar fra i dannati l'ultimo vecchio ponte
avrei preferito andarci in inverno" per riferirglieli tutti sbagliati ai suicidi dirà
non vedo l'ora di andar fra i dannati baciandoli alla fronte
E mentre il grano ti stava a sentire per riferirglieli tutti sbagliati venite in Paradiso
dentro alle mani stringevi il fucile là dove vado anch'io
dentro alla bocca stringevi parole Quando la morte mi chiederà perché non c'è l'inferno
troppo gelate per sciogliersi al sole di restituirle la libertà nel mondo del buon Dio
forse una lacrima forse una sola
Dormi sepolto in un campo di grano sulla mia tomba si spenderà Fate che giunga a Voi
non è la rosa non è il tulipano forse un sorriso forse uno solo con le sue ossa stanche
che ti fan veglia all'ombra dei fossi dal mio ricordo germoglierà seguito da migliaia
ma sono mille papaveri rossi di quelle facce bianche
Se dalla carne mia già corrosa fate che a Voi ritorni
Testo: F.De Andrè dove il mio cuore ha battuto il tempo fra i morti per oltraggio
Anno di pubblicazione: 1964 dovesse nascere un giorno una rosa che al cielo ed alla terra
la do alla donna che mi offrì il suo pianto mostrarono il coraggio
IL TESTAMENTO
per ogni palpito del suo cuore
Quando la morte mi chiamerà Signori benpensanti
le rendo un petalo rosso d'amore
forse qualcuno prosterà spero non vi dispiaccia
per ogni palpito del suo cuore
dopo aver letto nel testamento se in cielo, in mezzo ai Santi
le rendo un petalo rosso d'amore
quel che gli lascio in eredità Dio fra le sue braccia
non maleditemi non serve a niente soffocherà il singhiozzo
A te che fosti la più contesa
tanto all'inferno ci sarò già di quelle labbra smorte
la cortigiana che non si dà a tutti
ed ora all'angolo di quella chiesa che all'odio e all'ignoranza
Ai protettori delle battone preferirono la morte
offri le immagini ai belli ed ai brutti
lascio un impiego da ragioniere
lascio le note di questa canzone
perché provetti nel loro mestiere Dio di misericordia
canto il dolore della tua illusione
rendano edotta la popolazione il tuo bel Paradiso
a te che sei per tirare avanti
ad ogni fine di settimana lo hai fatto soprattutto
costretta a vendere Cristo e i santi
sopra la rendita di una puttana per chi non ha sorriso
5
per quelli che han vissuto per la gente bagnata per gli dei SI CHIAMAVA GESU'
con la coscienza pura dispettosi Venuto da molto lontano
l'inferno esiste solo le nozze vanno avanti viva viva gli sposi" a convertire bestie e gente
per chi ne ha paura non si può dire non sia servito a niente
Testo: F.De Andrè (traduzione di “La marche perché prese la terra per mano
nuptiale” di G.Brassens)
Meglio di Lui nessuno vestito di sabbia e di bianco
Anno di pubblicazione: 1967
mai ti potrà indicare alcuni lo dissero santo
gli errori di noi tutti SPIRITUAL per altri ebbe meno virtù
che poi e vuoi salvare Dio del cielo se mi vorrai si faceva chiamare Gesù
ascolta la sua voce in mezzo agli altri uomini mi cercherai
che ormai canta nel vento Dio del cielo se mi cercherai Non intendo cantare la gloria
Dio di misericordia nei campi di granturco mi troverai né invocare la grazia o il perdono
vedrai sarai contento di chi penso non fu altri che un uomo
Dio del cielo se mi vorrai amare come Dio passato alla storia
Testo: F.De Andrè ma inumano è pur sempre l'amore
Anno di pubblicazione: 1967
scendi dalle stelle e vienimi a cercare
oh Dio del cielo se mi vorrai amare di chi rantola senza rancore
MARCIA NUZIALE scendi dalle stelle e vienimi a cercare perdonando con l'ultima voce
Matrimoni per amore matrimoni per chi lo uccide tra le braccia d'una croce
forza Le chiavi del cielo non ti voglio rubare
ne ho visti d'ogni tipo di gente d'ogni ma un attimo di gioia me lo puoi regalare E per quelli che l'ebbero odiato
sorta Le chiavi del cielo non ti voglio rubare nel Getsemani pianse l'addio
di poveri straccioni e di grandi signori ma un attimo di gioia me lo puoi regalare come per chi lo adoro come Dio
di pretesi notai di falsi professori che gli disse: "Sii sempre lodato"
Oh Dio del cielo se mi vorrai amare per chi gli portò in dono alla fine
Ma pure se vivrò fino alla fine del tempo scendi dalle stelle e vienimi a cercare una lacrima una treccia di spine
io sempre serberò il ricordo contento oh Dio del cielo se mi vorrai amare accettando ad estremo saluto
delle povere nozze di mio padre e mia scendi dalle stelle e vienimi a cercare la preghiera e l'insulto e lo sputo
madre
decisi a regolare il loro amore sull'altare Senza di te non so più dove andare E morì come tutti si muore
come una mosca cieca che non sa più come tutti cambiando colore
Fu su un carro di buoi se si vuol esser volare non si può dire che sia servito a molto
fianchi senza di te non so più dove andare perché il male dalla Terra non fu tolto
tirato dagli amici spinto dai parenti come una mosca cieca che non sa più ebbe forse un po' troppe virtù
che andarono a sposarsi dopo un volare ebbe un volto ed un nome Gesù
fidanzamento di Maria dicono fosse il figlio
durato tanti anni da chiamarlo ormai Oh Dio del cielo se mi vorrai amare sulla croce sbiancò come un giglio
d'argento scendi dalle stelle e vienimi a salvare
oh Dio del cielo se mi vorrai amare Testo: F.De Andrè
Cerimonia originale strano tipo di festa Anno di pubblicazione: 1967
la folla ci guardava di occhi fuori dalla scendi dalle stelle e vienimi a salvare
testa LA CANZONE DI BARBARA
eravamo osservati dalla gente civile E se ci hai regalato il pianto ed il riso Chi cerca una bocca infedele
che mai aveva visto matrimoni in quello noi qui sulla terra non l'abbiamo diviso che sappia di fragola e miele
stile e se ci hai regalato il pianto ed il riso in lei la troverà Barbara
Ed ecco soffia il vento e si porta lontano noi qui sulla terra non l'abbiamo diviso in lei la bacerà Barbara
il cappello che mio padre tormentava in
una mano Oh Dio del cielo se mi vorrai amare Lei sa che ogni letto di sposa
ecco cade la pioggia da un cielo mal scendi dalle stelle e vienimi a cercare è fatto di ortica e mimosa
disposto oh Dio del cielo se mi vorrai amare per questo ad un'altra età Barbara
deciso ad impedire le nozze ad ogni scendi dalle stelle e vienimi a salvare l'amore vero rimanderà Barbara
costo
Ed io non scorderò mai la sposa in Oh Dio del cielo se mi cercherai E intanto lei gioca all'amore
pianto in mezzo agli altri uomini mi troverai scherzando con gli occhi ed il cuore
cullava come un bimbo quei suoi fiori di oh Dio del cielo se mi cercherai di chi forse la odierà Barbara
campo nei campi di granturco mi troverai ma poi la perdonerà Barbara
ed io per consolarla io con la gola tesa
suonavo la mia armonica come un Dio del cielo io ti aspetterò E il vento di sera la invita
organo da chiesa nel cielo e sulla terra io ti cercherò a sfogliare la sua margherita
Mostrando i pugni nudi gli amici tutti per ogni amore che se ne va
quanti Oh Dio del cielo... lei lo sa un altro petalo fiorirà
gridarono: "Per Giove le nozze vanno per Barbara
avanti Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1967
6
Testo: F.De Andrè Caro amore del paesino di Sant'Ilario
Anno di pubblicazione: 1968 i fiori dell'altr'anno tutti s'accorsero con uno sguardo
VIA DEL CAMPO caro amore che non si trattava d'un missionario
sono sfioriti e mai più
Via del Campo c'è una graziosa
rifioriranno C'è chi l'amore lo fa per noia
gli occhi grandi color di foglia
e nei giardini ad ogni inverno chi se lo scegliere per professione
tutta notte sta sulla soglia
ben più tristi sono le foglie. Bocca di Rosa né l'uno né l'altro
vende a tutti la stessa rosa
lei lo faceva per passione
Caro amore
Via del Campo c'è una bambina
così un uomo vive Ma la passione spesso conduce
con le labbra color rugiada
caro amore a soddisfare le proprie voglie
gli occhi grigi come la strada
e il sole e il vento e i verdi anni senza indagare se il concupito
nascon fiori dove cammina
si rincorrono cantando ha il cuore libero oppure ha moglie
verso il novembre a cui
Via del Campo c'è una puttana
ci vanno portando E fu così che da un giorno all'altro
gli occhi grandi color di foglia
e dove un giorno con un triste sorriso Bocca di Rosa si tirò addosso
se di amarla ti vien la voglia
ci diremo tra le labbra ormai stanche l'ira funesta delle cagnette
basta prenderla per la mano
"eri il mio caro amore". a cui aveva sottratto l'osso
E ti sembra di andare lontano
(Nota: Musica tratta dal "Concerto di Ma le comari d'un paesino
lei ti guarda con un sorriso
Aranjuez" - Adagio - di J.Rodrigo) non brillano certo in iniziativa
"Non credevi che il paradiso
le contromisure fino a quel punto
fosse solo lì al primo piano" Testo: F.De Andrè si limitavano all'invettiva
Anno di pubblicazione: 1967
Via del Campo ci va un illuso
LA STAGIONE DEL TUO AMORE Si sa che la gente dà buoni consigli
a pregarla di maritare
sentendosi come Gesù nel tempio
a vederla salire le scale La stagione del tuo amore
si sa che la gente dà buoni consigli
fino a quando il balcone è chiuso non è più la primavera
se non può più dare cattivo esempio
ma nei giorni del tuo autunno
Ama e ridi se amor risponde hai la dolcezza della sera
Così una vecchia mai stata moglie
piangi forte se non ti sente se un mattino fra i capelli
senza mai figli senza più voglie
dai diamanti non nasce niente troverai un po' di neve
si prese la briga e di certo il gusto
dal letame nascono i fior nel giardino del tuo amore
di dare a tutte il consiglio giusto
dai diamanti non nasce niente verrò a raccogliere il bucaneve
dal letame nascono i fior
E rivolgendosi alle contenute
passa il tempo sopra il tempo
le apostrofò con parole argute:
Testo: F.De Andrè ma non devi aver paura
Anno di pubblicazione: 1967 "Il furto d'amore sarà punito"
sembra correre come il vento
disse "dall'ordine costituito"
CARO AMORE però il tempo non ha premura
piangi e ridi come allora
(sostituita in seguito da "La stagione del E quelle andarono dal commissario
ridi e piangi e ridi ancora
tuo amore") e dissero senza parafrasare:
ogni gioia ogni dolore
"Quella schifosa ha già troppi clienti
poi ritrovarli nella luce di un'ora
Caro amore più di un consorzio alimentare"
nei tramonti d'aprile
passa il tempo sopra il tempo
caro amore Ed arrivarono quattro gendarmi
ma non devi aver paura
quando il sole si uccide con i pennacchi con i pennacchi
sembra correre come il vento
oltre le onde ed arrivarono quatto gendarmi
però il tempo non ha premura
puoi sentire piangere e gioire con i pennacchi e con le armi
piangi e ridi come allora
anche il vento ed il mare.
ridi e piangi e ridi ancora
Spesso gli sbirri e i carabinieri
ogni gioia ogni dolore
Caro amore al proprio dovere vengono meno
puoi ritrovarli nella luce di un'ora
così un uomo piange ma non quando sono in alta riforme
caro amore Testo: F.De Andrè e l'accompagnano al primo treno
al sole, al vento e ai verdi anni Anno di pubblicazione: 1967
che cantando se ne vanno Alla stazione c'erano tutti
dopo il mattino di maggio BOCCA DI ROSA dal commissario al sacrestano
quando sono venuti La chiamavano Bocca di Rosa altra stazione c'erano tutti
e quando scalzi metteva l'amore metteva l'amore con gli occhi rossi e il cappello in mano
e con gli occhi ridenti la chiamavano Bocca di Rosa
sulla sabbia scrivevamo contenti metteva l'amore sopra ogni cosa A salutare chi per un poco
le più ingenue parole. senza pretese senza pretese
Appena scesa alla stazione a salutare chi per un poco
7
portò l'amore nel paese repente una parcella presenta al suo
Signor
Testo: F.De Andrè (traduzione di “Le verger du roi
C'era un cartello giallo Louis” di G.Brassens) "Deh! Proprio perché noi siete il sire
Anno di pubblicazione: 1967
con una scritta nera fan cinquemila lire, è un prezzo di favor"
diceva: "Addio Bocca di Rosa CARLO MARTELLO RITORNA DALLA "È mai possibile oh porco di un cane
con te se ne parte la primavera" BATTAGLIA DI POITIERS che le avventure in codesto reame
Re Carlo tornava dalla guerra debban risolversi tutte con grandi
Ma una notizia un po' originale lo accoglie la sua terra cingendolo d'allor puttane
non ha bisogno di alcun giornale al sol della calda primavera Anche sul prezzo c'è poi da ridire,
come una freccia dall'arco scocca lampeggia l'armatura del sire vincitor ben mi ricordo che pria di partire
vola veloce di bocca in bocca il sangue del Principe e del Moro v'eran tariffe inferiori alle tremila lire"
arrossano il cimiero d'identico color
E alla stazione successiva ma più che del corpo le ferite Ciò detto agì da gran cialtrone
molta più gente di quando partiva da Carlo son sentite le bramosie d'amor con balzo da leone in sella si lanciò
chi manda un bacio chi getta un fiore "Se ansia di gloria, sete d'onore frustando il cavallo come un ciuco
chi si prenota per due ore spegne la guerra al vincitore fra i glicini e il sambuco il re si dileguò
non ti concede un momento per fare
Persino il parroco che non disprezza all'amore. Re Carlo tornava dalla guerra
fra un miserere e un'estrema unzione Chi poi impone alla sposa soave lo accoglie la sua terra cingendolo d'allor
il bene effimero della bellezza di castità la cintura, ahimè, è grave, al sol della calda primavera
la vuole accanto in processione in battaglia può correre il rischio di lampeggia l'armatura del sire vincitor
perder la chiave"
E con la Vergine in prima fila Testo: F.De Andrè – P.Villaggio
e Bocca di Rosa poco lontano Anno di pubblicazione 1963
Così si lamenta il re cristiano,
si porta a spasso per il paese s'inchina intorno il grano, gli son corona i
l'amore sacro e l'amor profano fiori
lo specchio di chiara fontanella
Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1967
riflette fiero in sella dei mori il vincitor CANTICO DEI DROGATI
quand'ecco nell'acqua si compone
mirabile visione il simbolo d'amor Ho licenziato Dio gettato via un amore
LA MORTE
nel folto di lunghe trecce bionde per costruirmi il vuoto nell'anima e nel
La morte verrà all'improvviso cuore
avrà le tue labbra i tuoi occhi il seno si confonde ignudo in pieno sol
Le parole che dico non han più forma né
ti coprirà d'un velo bianco accento
addormentandosi al tuo fianco "Mai non fu vista cosa più bella,
mai io non colsi siffatta pulzella" si trasformano i suoni in un sordo
nell'ozio nel sonno in battaglia lamento
verrà senza darti avvisaglia disse re Carlo scendendo veloce di sella
"Deh! Cavaliere non v'accostate Mentre fra gli altri nudi io striscio verso
la morte va a colpo sicuro un fuoco
non suona il corno né il tamburo già d'altri è gaudio quel che cercate
ad altra più facile fonte la sete calmate" che illumina i fantasmi di questo osceno
madonna che in limpida fonte giuoco
ristori le membra stupende Come potrò dire a mia madre che ho
la morte non ti vedrà in faccia Sorpreso da un dire sì deciso
sentendosi deriso re Carlo s'arrestò paura?
avrà il tuo seno e le tue braccia
Ma più dell'onor poté il digiuno
fremente l'elmo bruno il sire si levò Chi mi riparlerà di domani luminosi
Prelati notabili e conti dove i muti canteranno e taceranno i
sull'uscio piangeste ben forte codesta era l'arma sua segreta
da Carlo spesso usata in gran difficoltà noiosi
chi bene condusse sua vita Quando riascolterò il vento tra le foglie
male sopporterà sua morte alla donna apparve un gran nasone
un volto da caprone ma era Sua Maestà sussurrare i silenzi che la sera raccoglie
straccioni che senza vergogna
portaste il cilicio o la gogna "Se voi non foste il mio sovrano"
Carlo si sfila il pesante spadone Io che non vedo più che folletti di vetro
partirvene non fu fatica che mi spiano davanti che mi ridono
perché la morte vi fu amica "Non celerei il disio di fuggirvi lontano
Ma poiché siete il mio signore" dietro
guerriero che in punta di lancia
dal suolo d'Oriente alla Francia Carlo si toglie l'intero gabbione
"Debbo concedermi spoglia ad ogni Come potrò dire la mia madre che ho
di stragi menasti in gran vanto paura?
e fra i nemici il lutto e il pianto pudore"
di fronte all'estrema nemica Perché non hanno fatto delle grandi
non vale coraggio o fatica Cavaliere lui era assai valente
ed anche in quel frangente d'onor si pattumiere
non serve colpirla nel cuore per i giorni già usati per queste ed altre
perché la morte mai non muore ricoprì
e giunto alla fin della tenzone sere
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore incerto sull'arcione tentò di risalir
veloce lo arpiona la pulzella E chi, chi sarà mai il buttafuori del sole
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chi lo spinge ogni giorno sulla scena alle ma gli occhi eran freddi e non erano di darci memoria
prime ore buoni ritrovi ogni notte sul viso un insulto del
tempo e una scoria
E soprattutto chi e perché mi ha messo Coprì le tue spalle d'argento e di lana
al mondo di pelle e smeraldi intrecciò una collana Coltiviamo per tutti un rancore che ha
dove vivo la mia morte con un anticipo e mentre incantata lo stavi a guardare l'odore del sangue rappreso
tremendo? dai piedi ai capelli ti volle baciare ciò che allora chiamammo dolore è
dai piedi ai capelli ti volle baciare soltanto un discorso sospeso
Come potrò dire a mia madre che ho
paura? E adesso che gli altri ti chiamano dea Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
l'incanto è svanito da ogni tua idea Anno di pubblicazione: 1968
Quando scadrà l'affitto di questo corpo ma ancora alla luna vorresti narrare INVERNO
idiota la storia d'un fiore appassito a Natale
Sale la nebbia sui prati bianchi
allora avrò il mio premio come una la storia d'un fiore appassito a Natale
come un cipresso nei camposanti
buona nota
Testo: F.De Andrè (ispirato a “Le Père Noël e la
un campanile che non sembra vero
petite fille” di G.Brassens) segna il confine fra la terra e il cielo
Mi citeran di monito a chi crede sia bello
Anno di pubblicazione: 1968
giocherellare a palla con il proprio
Ma tu che vai, ma tu rimani
cervello SECONDO INTERMEZZO vedrai la neve se ne andrà domani
Sopra le tombe d'altri mondi nascono rifioriranno le gioie passate
Cercando di lanciarlo oltre il confine fiori che non so col vento caldo di un'altra estate
stabilito ma fra i capelli di altri amori muoiono fiori
che qualcuno ha tracciato ai bordi che non ho Anche la luce sembra morire
dell'infinito
nell'ombra incerta di un divenire
Sopra le tombe d'altri mondi nascono dove anche l'alba diventa sera
Come potrò dire a mia madre che ho fiori che non so e i volti sembrano teschi di cera
paura? ma fra i capelli di altri amori muoiono fiori
che non ho Ma tu che vai, ma tu rimani
Tu che m'ascolti insegnami un alfabeto
anche la neve morirà domani
che sia Testo: F.De Andrè l'amore ancora ci passerà vicino
differente da quello della mia Anno di pubblicazione: 1968
nella stagione del biancospino
vigliaccheria
BALLATA DEGLI IMPICCATI
Testo: F.De Andrè – R.Mannerini Tutti morimmo a stento ingoiando La terra stanca sotto la neve
Anno di pubblicazione: 1968 l'ultima voce dorme il silenzio di un sonno greve
tirando calci al vento vedemmo sfumare l'inverno raccoglie la sua fatica
PRIMO INTERMEZZO la luce di mille secoli, da un'alba antica
Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori
che non so L'urlo travolse il sole l'aria divenne stretta Ma tu che stai, perché rimani?
lungo i ruscelli d'altri mondi nascono fiori cristalli di parole l'ultima bestemmia detta Un altro inverno tornerà domani
che non ho cadrà altra neve a consolare i campi
Prima che fosse finita ricordammo a chi cadrà altra neve sui camposanti
Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori vive ancora
che non so che il prezzo fu la vita per il male fatto in Testo: F.De Andrè
lungo i ruscelli d'altri mondi nascono fiori Anno di pubblicazione: 1968
un'ora
che non ho GIROTONDO
Poi scivolammo nel gelo di una morte Se verrà la guerra, Marcondiro'ndero
Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1968
senza abbandono se verrà la guerra, Marcondiro'ndà
recitando l'antico credo di chi muore sul mare e sulla terra, Marcondiro'ndera
LEGGENDA DI NATALE senza perdono sul mare e sulla terra chi ci salverà?
Parlavi alla luna giocavi coi fiori
avevi l'età che non porta dolori Chi derise la nostra sconfitta e l'estrema Ci salverà il soldato che non la vorrà
e il vento era un mago, la rugiada una vergogna ed il modo ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà
dea, soffocato da identica stretta impari a
nel bosco incantato di ogni tua idea conoscere il nodo La guerra è già scoppiata,
nel bosco incantato di ogni tua idea Marcondiro'ndero
Chi la terra ci sparse sull'ossa e riprese la guerra è già scoppiata, chi ci aiuterà
E venne l'inverno che uccide il colore tranquillo il cammino ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro'ndera
e un Babbo Natale che parlava d'amore giunga anch'egli stravolto alla fossa con ci aiuterà il buon Dio, lui ci salverà
e d'oro e d'argento splendevano i doni la nebbia del primo mattino
ma gli occhi eran freddi e non erano Buon Dio è già scappato, dove non si sa
buoni La donna che celò in un sorriso il disagio buon Dio se n'è andato, chissà quando
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ritornerà cos'è muover le tombe e metterle vicine
e tu, tu lo chiami amore e non ti spieghi il come fossero tessere giganti
L'aeroplano vola, Marcondiro'ndera perché di un domino che non avrà mai fine
l'aeroplano vola, Marcondiro'ndà
se getterà la bomba, Marcondiro'ndero Testo: F.De Andrè Uomini, poiché all'ultimo minuto
Anno di pubblicazione: 1968
se getterà la bomba chi ci salverà? non vi assalga il rimorso ormai tardivo
CORALE (LEGGENDA DEL RE INFELICE) per non aver pietà giammai avuto
Ci salva l'aviatore che non lo farà e non diventi rantolo il respiro:
Uomini senza fallo, semidei
ci salva l'aviatore che la bomba non sappiate che la morte vi sorveglia
che vivete in castelli inargentati
getterà gioir nei prati o fra i muri di calce,
che di gloria toccaste gli apogei
come crescere il gran guarda il villano
noi che invochiam pietà siamo i drogati.
La bomba è già caduta, finché non sia maturo per la falce
Dell'inumano varcando il confine
Marcondiro'ndero
conoscemmo anzitempo la carogna
la bomba è già caduta, chi la prenderà? Coro:
che ad ogni ambito sogno mette fine:
la prenderanno tutti, Marcondiro'ndera Non cercare la felicità
che la pietà non vi sia di vergogna
siam belli o siam brutti, Marcondiro'ndà in tutti quelli a cui tu
hai donato
Coro:
Siam grandi o siam piccini li distruggerà per avere un compenso
C'era un re
siam furbi o siam cretini li fulminerà ma solo in te
che aveva
nel tuo cuore
due castelli
Ci sono troppe buche, Marcondiro'ndera se tu avrai donato
uno d'argento
ci sono troppe buche, chi le riempirà? solo per pietà
uno d'oro
non potremo più giocare al per pietà
ma per lui
Marcondiro'ndera per pietà...
non il cuore
non potremo più giocare al
di un amico
Marcondiro'ndà Testo: Fabrizio De Andrè
mai un amore né felicità Anno di pubblicazione: 1968
E voi a divertirvi andate un po' più in là
Banchieri, pizzicagnoli, notai,
andate a divertirvi dove la guerra non ci
coi ventri obesi e le mani sudate
sarà
coi cuori a forma di salvadanai LA CANZONE DI MARINELLA
noi che invochiam pietà fummo traviate. Vedi pag. 2
La guerra è dappertutto,
Navigammo su fragili vascelli
Marcondiro'ndera
per affrontar del mondo la burrasca IL GORILLA
la terra è tutta un lutto, chi la consolerà?
ed avevamo gli occhi troppo belli: Sulla piazza d'una città la gente
Ci penseranno gli uomini, le bestie i fiori
che la pietà non vi rimanga in tasca guardava con ammirazione
i boschi e le stagioni con i mille colori
un gorilla portato là dagli zingari d'un
Giudici eletti, uomini di legge baraccone
Di gente, bestie e fiori no, non ce n'è più
noi che danziam nei vostri sogni ancora con poco senso del pudore le comari di
viventi siam rimasti noi e nulla più
siamo l'umano desolato gregge quel rione
di chi morì con il nodo alla gola. contemplavano l'animale non dico come
La terra è tutta nostra, Marcondiro'ndera
Quanti innocenti all'orrenda agonia non dico dove
ne faremo una gran giostra,
votaste decidendone la sorte
Marcondiro'ndà
e quanto giusta pensate che sia Attenti al gorilla
abbiam tutta la terra Marcondiro'ndera
una sentenza che decreta morte?
giocheremo a far la guerra,
Marcondiro'ndà... D'improvviso la grossa gabbia dove
Coro: viveva l'animale
Testo: F.De Andrè
Un castello s'apri di schianto non solo perché fosse
Anno di pubblicazione: 1968 lo donò l'avevano chiusa male
e cento e cento amici trovò la bestia uscendo fuori di là disse:
TERZO INTERMEZZO l'altro poi "Quest'oggi me la levo"
La polvere il sangue le mosche e l'odore gli portò parlava della verginità di cui ancora
per strada fra i campi la gente che mille amori viveva schiavo
muore ma non trovo
e tu, tu la chiami guerra e non sai che la felicità. Attenti al gorilla
cos'è
e tu, tu la chiami guerra e non ti spieghi il Uomini cui pietà non convien sempre Il padrone si mise a urlare: "Il mio gorilla
perché male accettando il destino comune, fate attenzione
andate, nelle sere di novembre, non ha veduto mai una scimmia
L'autunno negli occhi l'estate nel cuore a spiar delle stelle al fioco lume, potrebbe fare confusione"
la voglia di dare l'istinto di avere la morte e il vento, in mezzo ai tutti i presenti a questo punto fuggirono
e tu, tu lo chiami amore e non sai che camposanti, in ogni direzione
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anche le donne dimostrando la Anno di pubblicazione: 1968 io la presi con tanto ardore
differenza fra idea e azione che lei fu di nuovo vestita
LA BALLATA DELL'EROE
Attenti al gorilla Vedi pag. 2 Il gioco divertì la graziosa
S'I' FOSSE FOCO che molto spesso alla fontana
Tutta la gente corre di fretta di qua e di là tornò a bagnarsi pregando Dio
S'i' fosse foco arderéi 'l mondo
con grande foga per un soffio di tramontana
s' i' fosse vento lo tempesterei
si attardano solo una vecchietta e un
s'i' fosse acqua i' l'annegherei
giovane giudice con la toga Testo: F.De Andrè (traduzione di “Dans l'eau de la
s'i' fosse Dio mandereil'en profondo claire fontaine” di G. Brassens)
visto che gli altri avevano squagliato il
Anno di pubblicazione: 1968
quadrumane accelerò
S'i' fosse papa, sare' allor giocondo
e sulla vecchia e sul magistrato con LA BALLATA DEL MICHE'
tutti i cristïani imbrigherei
quattro salti si portò Ved pag. 3
s'i' fosse 'mperator sa' che farei
a tutti mozzarei lo capo a tondo
Attenti al gorilla IL RE FA RULLARE I TAMBURI
S'i fosse morte, andarei da mio padre Il re fa rullare i tamburi
"Bah" sospirò pensando la vecchia "che il re fa rullare i tamburi
s'i' fosse vita fuggirei da lui
io fossi ancora desiderata vuol scegliere fra le dame
similemente farìa da mi' madre
sarebbe cosa alquanto strana e più che un nuovo e fresco amore
s'i' fosse Cecco com'i' sono e fui
altro non sperata" ed è la prima che ha veduto
torrei le donne giovani e leggiadre
"Che mi si prenda per una scimmia" che gli ha rapito il cuore
e vecchie e laide lasserei altrui
pensava il giudice col fiato corto
"non è possibile questo è sicuro" - il Marchese la conosci tu
S'i' fosse foco arderéi 'l mondo
seguito prova che aveva torto marchese la conosci tu
s' i' fosse vento lo tempesterei
s'i' fosse acqua i' l'annegherei chi è quella graziosa
Attenti al gorilla ed il marchese disse al re:
s'i' fosse Dio mandereil'en profondo
"Maestà è la mia sposa"
Se qualcuno di voi dovesse costretto Testo: Un sonetto di Cecco Angiolieri
con le spalle al muro Anno di pubblicazione: 1968 Tu sei più felice di me
violare un giudice od una vecchia della tu sei più felice di me
sua scelta sarei sicuro AMORE CHE VIENI AMORE CHE VAI d'aver dama sì bella
ma si dà il caso che il gorilla considerato Vedi pag. 2 signora sì compita
un grandioso fusto se tu vorrai cederla a me
da chi l'ha provato però non brilla né per LA GUERRA DI PIERO sarà la favorita
lo spirito né per il gusto Vedi pag. 3
Signore se non foste il re
Attenti al gorilla IL TESTAMENTO
signore se non foste il re
Vedi pag. 3 v'intimerei prudenza
Infatti lui sdegnata la vecchia si dirige sul ma siete il sire e siete il re
NELL'ACQUA DELLA CHIARA FONTANA
magistrato vi devo l'obbedienza
lo acchiappa forte per un'orecchia e lo Nell'acqua della chiara fontana
trascina in mezzo a un prato lei tutta nuda si bagnava
Marchese vedrai passerà
quello che avvenne tra l'erba alta non quando un soffio di tramontana
marchese vedrai passerà
posso dirlo per intero le sue vesti in cielo portava
d'amor la sofferenza
ma lo spettacolo fu avvincente e la io ti farò nelle mie armate
suspance ci fu davvero Dal folto dei capelli mi chiese
maresciallo di Francia
per rivestirla là di cercare
Attenti al gorilla i rami di cento mimose
Addio per sempre mia gioia
e ramo con un ramo intrecciare
addio per sempre mia bella
Dirò soltanto che sul più bello dello addio dolce amore
spiacevole e cupo dramma Volli coprire le sue spalle
devi lasciarmi per il re
piangeva il giudice come un vitello negli tutte di petali di rosa ed io ti lascio il cuore
intervalli gridava "Mamma" ma il suo seno era così minuto
gridava "Mamma" come quel tale cui il che fu sufficiente una rosa
La regina ha raccolto dei fiori
giorno prima come ad un pollo la regina ha raccolto dei fiori
con una sentenza un po' originale aveva Cercai ancora nella vigna celando la sua offesa
fatto tagliare il collo perché a metà non fosse spoglia
ed il profumo di quei fiori
ma i suoi fianchi eran così minuti
ha ucciso la marchesa
Attenti al gorilla che fu sufficiente una foglia
Testo: F.De Andrè (traduzione di una canzone
Testo: F.De Andrè (traduzione di “Le gorille” di Le braccia lei mi tese allora popolare francese del XIV secolo)
G.Brassens) per ringraziarmi un po' stupita Anno di pubblicazione: 1968
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servirà ad appassir le rose
che per piangere sui tuoi occhi così per noi
NUVOLE BAROCCHE che nessuno più canterà L'amore che strappa i capelli
Poi un'altra giornata di luce è perduto ormai
poi un altro di questi tramonti Vola il tempo lo sai che vola e va non resta che qualche svogliata carezza
e portali colonne e fontane forse non ce ne accorgiamo e un po' di tenerezza
tu mi hai insegnato a vivere ma più ancora del tempo che non ha età
insegnami a partir siamo noi che ce ne andiamo E quando ti troverai in mano
ma il cielo è tutto rosso e per questo ti dico amore amor dei fiori appassiti
di nuvole barocche io t'attenderò ogni sera al sole d'un aprile
sul fiume che si sciacqua ma tu vieni non aspettare ancor ormai lontano li rimpiangerai
sotto l'ultimo sole vieni adesso finché è primavera ma sarà la prima
e mentre soffio a soffio che incontri per strada
le spinge lo scirocco (Nota: Musica tratta dal “Valzer che tu coprirai d'oro
sussurra un altro invito campestre” della “Suite siciliana” di per un bacio mai dato
che dice di restare G.Marinuzzi jr.) per un amore nuovo
poi carezze lusinghe abbandoni
poi quegli occhi di verde dolcezza
Testo: F.De Andrè E sarà la prima
Anno di pubblicazione: 1964 che incontri per strada
mille e una di queste promesse
tu mi hai insegnato il sogno PER I TUOI LARGHI OCCHI che tu coprirai d'oro
io voglio la realtà per un bacio mai dato
Per i tuoi larghi occhi
e mentre soffio a soffio per un amore nuovo
per i tuoi larghi occhi chiari
le spinge lo scirocco che non piangono mai
sussurra un altro invito (Nota: Musica tratta dal "Concerto in Re
che non piangono mai
che dice devi amare maggiore per tromba, archi e
e perché non mi hai dato
che dice devi amare continuo" - Adagio - di
che un addio troppo greve
G.P.Telemann)
perché dietro a quegli occhi
Testo: F.De Andrè – C.Stanisci – G.Lario batte un cuore di neve
Anno di pubblicazione: 1958 Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1965
E FU LA NOTTE Io ti dico che mai
il ricordo in me lascerai CARLO MARTELLO RITORNA DALLA
E fu la notte la notte per noi BATTAGLIA DI POITIERS
notte profonda sul nostro amore sarà stretto al mio cuore
e fu la fine di tutto per noi da un motivo d'amore Vedi pag. 6
resta il passato e niente di più non pensarlo perché
tutto quel che ricordo di te IL FANNULLONE
ma se ti dico "Non t'amo più"
di quegli attimi amari Senza pretesa di voler strafare
sono sicuro di non dire il vero
sono i tuoi occhi chiari io dormo al giorno quattordici ore
e fu la notte la notte per noi
anche per questo nel mio rione
buio e silenzio son scesi su noi
I tuoi larghi occhi godo la fama di fannullone
e fu la notte la notte per noi
che restavan lontani ma non si sdegni la brava gente
buio e silenzio son scesi su noi
anche quando io sognavo se nella vita non riesco a far niente
Testo: F.De Andrè – C.Stanisci – F.Franchi anche mentre ti amavo
Anno di pubblicazione: 1958 e se tu tornerai Tu vaghi per le strade quasi tutta la notte
ti amerò come sempre ti amai sognando mille favole di gloria e di
VALZER PER UN AMORE come un bel sogno inutile vendetta
Quando carica d'anni e di castità che si scorda al mattino racconti le sue storie a pochi uomini
tra i ricordi e le illusioni ormai stanchi
del bel tempo che non ritornerà Ma i tuoi larghi occhi che ridono fissandoti con vuoti sguardi
troverai le mie canzoni i tuoi larghi occhi chiari bianchi
nel sentirle ti meraviglierai anche se non verrai tu reciti una parte fastidiosa alla gente
che qualcuno abbia lodato non li scorderò mai facendo della vita una commedia
le bellezze che allor più non avrai divertente
e che avesti nel tempo passato Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1965 Ho anche provato a lavorare
Ma non ti servirà il ricordo non ti servirà LA CANZONE DELL'AMORE PERDUTO senza risparmio mi diedi da fare
che per piangere il tuo rifiuto ma il sol risultato dell'esperimento
del mio amor che non tornerà Ricordi sbocciavan le viole fu della fame un tragico aumento
ma non ti servirà più a niente non ti con le nostre parole: non si risenta la gente per bene
servirà "Non ci lasceremo mai se non mi adatto a portar le catene
che per piangere sui tuoi occhi mai e poi mai"
che nessuno più canterà Vorrei dirti ora le stesse cose Ti diedero lavoro in un grande ristorante
ma non ti servirà più a niente non ti ma come fan presto amore a lavare gli avanzi della gente elegante
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ma tu dicevi "Il cielo e la mia unica cavalcherà sino a Londra stasera e ritornò col protettore dal vecchio
fortuna ad implorare per Geordie truffatore
e l'acqua dei piatti non rispecchia la mentre lui fermo lo teneva sei volte lo
luna" Donna: accoltellava
tornasti a cantar storie lungo strade di Geordie non rubò mai neppure per me dicon che quando lui spirò la lingua lei gli
notte un frutto o un fiore raro. mostrò
sfidando il buon umore delle tue scarpe Rubò sei cervi del parco del re dicon che quando lui spirò la lingua lei gli
rotte vedendoli per denaro mostrò
misero tutto sotto sopra senza trovare
Non sono poi quel cagnaccio malvagio Insieme: un soldo
senza morale straccione e randagio Salvate le sue labbra, salvate il suo ma solo un mucchio di cambiali e di atti
che si accontenta di un osso bucato sorriso, giudiziali
con affettuoso disprezzo gettato non ha vent'anni ancora ma solo un mucchio di cambiali e di atti
al fannullone sa battere il cuore cadrà l'inverno anche sopra il suo viso, giudiziali
il cane randagio ha trovato il suo amore Potrete impiccarlo allora. allora presi dallo sconforto e dal
rimpianto del morto
Pensasti al matrimonio come al giro di Uomo: s'inginocchiaron sul povero uomo
una danza Né il cuore degli inglesi né lo scettro del chiedendogli perdono
amasti la tua donna come un giorno di re s'inginocchiaron sul povero uomo
vacanza Geordie potranno salvare, chiedendogli perdono
hai preso la tua casa per rifugio alla tua anche se piangeranno con te quando i gendarmi sono entrati
fiacca la legge non può cambiare piangenti li han trovati
per un attaccapanni a cui appendere la fu qualche lacrima sul viso a dargli il
giacca Insieme: paradiso
e la tua dolce sposa consolò la sua così lo impiccheranno con una corda fu qualche lacrima sul viso a dargli il
tristezza d'oro, paradiso
cercando fra la gente chi le offrisse è un privilegio raro. e quando furono impiccati volarono fra i
tenerezza rubò sei cervi nel parco del re beati
Uomo: vendendoli per denaro qualche beghino di questo fatto fu poco
E' andata via senza fare rumore soddisfatto
forse cantando una storia d'amore Testo: F.De Andrè (traduzione di una canzone qualche beghino di questo fatto fu poco
la raccontava ad un mondo ormai popolare inglese) soddisfatto
Anno di pubblicazione: 1966
stanco non tutti nella capitale sbocciano i fiori
che camminava distratto al suo fianco DELITTO DI PAESE del male
lei tornerà in una notte d'estate Non tutti nella capitale sbocciano i fiori qualche assassinio senza pretese
l'applaudiranno le stelle incantate del male abbiamo anche noi in paese
rischiareranno dall'alto i lampioni qualche assassinio senza pretese abbiamo qualche assassinio senza pretese
la strana danza di due fannulloni anche noi in paese abbiamo anche noi in paese
la luna avrà dell'argento il colore qualche assassinio senza pretese
sopra la schiena dei gatti in amore abbiamo anche noi qui in paese Testo: De Andrè (traduzione di “Assassinat” di
G.Brassens)
aveva il capo tutto bianco ma il cuore Anno di pubblicazione: 1958
Testo: F.De Andrè – P.Villaggio
Anno di pubblicazione: 1963
non ancor stanco
gli ritornò a battere in fretta per una !
GEORDIE giovinetta
Uomo: gli ritornò a battere in fretta per una IL PESCATORE
Mentre attraversavo London Bridge giovinetta All'ombra dell'ultimo sole
un giorno senza sole ma la sua voglia troppo viva subito gli s'era assopito un pescatore
vidi una donna pianger d'amore, esauriva e aveva un solco lungo il viso
piangeva per il suo Geordie in un sol bacio e una carezza l'ultima come una specie di sorriso
giovinezza
Donna: in un sol bacio e una carezza l'ultima Venne alla spiaggia un assassino
Impiccheranno Geordie con una corda giovinezza due occhi grandi da bambino
d'oro, quando la mano lei gli tese triste lui le due occhi enormi di paura
è un privilegio raro. rispose eran gli specchi di un'avventura
Rubò sei cervi nel parco del re d'essere povero in bolletta lei si rivestì in
vendendoli per denaro fretta E chiese al vecchio: "Dammi il pane
d'essere povero in bolletta lei si rivestì in ho poco tempo e troppa fame"
Uomo: fretta e chiese al vecchio: "Dammi il vino
Sellate il suo cavallo dalla bianca e andò a cercare il suo compagno ho sete e sono un assassino"
criniera partecipe del guadagno
sellatele il suo pony e ritornò col protettore dal vecchio Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
truffatore
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non si guardò neppure intorno il vento e la stagione ritornano a giocare
ma versò il vino e spezzò il pane ma non per te bambina che nel tempio Secondo l'ordine ricevuto Giuseppe
per chi diceva ho sete e ho fame resti china portò la bambina nella propria casa e
ma non per te bambina che nel tempio subito se ne partì per dei lavori che
E fu il calore d'un momento resti china lo attendevano fuori dalla Giudea.
poi via di nuovo verso il vento Rimase lontano quattro anni.
davanti agli occhi ancora il sole E quando i sacerdoti ti rifiutarono
dietro alle spalle un pescatore alloggio Testo: F.De Andrè
avevi dodici anni e nessuna colpa Anno di pubblicazione: 1970
Dietro alle spalle un pescatore addosso IL RITORNO DI GIUSEPPE
e la memoria è già dolore ma per i sacerdoti fu colpa il tuo maggio
Stelle, già dal tramonto,
è già il rimpianto di un aprile la tua verginità che si tingeva di rosso
si contendono il cielo a frotte,
giocato all'ombra di un cortile la tua verginità che si tingeva di rosso
luci meticolose
nell'insegnarti la notte.
Vennero in sella due gendarmi E si vuol dar marito a chi non lo voleva
Un asino dai passi uguali,
vennero in sella con le armi si batte la campagna si fruga la via
compagno del tuo ritorno,
chiesero al vecchio se lì vicino popolo senza moglie uomini d'ogni leva
scandisce la distanza
fosse passato un assassino del corpo d'una vergine si fa lotteria
lungo il morire del giorno.
del corpo d'una vergine si fa lotteria.
Ma all'ombra dell'ultimo sole
Ai tuoi occhi, il deserto,
s'era assopito il pescatore Sciogli i capelli e guarda già vengono...
una distesa di segatura,
e aveva un solco lungo il viso
minuscoli frammenti
come una specie di sorriso Guardala guardala scioglie i capelli
della fatica della natura.
e aveva un solco lungo il viso sono più lunghi dei nostri mantelli
Gli uomini della sabbia
come una specie di sorriso guarda la pelle viene la nebbia
hanno profili da assassini,
risplende il sole come la neve
rinchiusi nei silenzi
Testo: F.De Andrè guarda le mani guardale il viso
Anno di pubblicazione: 1970 d'una prigione senza confini.
sembra venuta dal paradiso
MARCIA NUZIALE guarda le forme la proporzione
Odore di Gerusalemme,
sembra venuta per tentazione
Vedi pag. 4 la tua mano accarezza il disegno
guardala guardala scioglie i capelli
d'una bambola magra,
sono più lunghi dei nostri mantelli
! intagliata del legno.
guarda le mani guardale il viso
"La vestirai, Maria,
sembra venuta dal paradiso
LAUDATE DOMINUM ritornerai a quei giochi
guardale gli occhi guarda i capelli
Laudate Dominum lasciati quando i tuoi anni
guarda le mani guardale il collo
Laudate Dominum erano così pochi."
guarda la carne guarda il suo viso
Laudate Dominum guarda i capelli del paradiso
E lei volò fra le tue braccia
guarda la carne guardale il collo
Testo: F.De Andrè come una rondine,
sembra venuta dal suo sorriso
Anno di pubblicazione: 1970 e le sue dita come lacrime,
guardale gli occhi guarda la neve
dal tuo ciglio alla gola,
L'INFANZIA DI MARIA guarda la carne del paradiso
suggerivano al viso,
Forse fu all'ora terza forse alla nona una volta ignorato,
cucito qualche giglio sul vestitino alla E fosti tu Giuseppe un reduce del
la tenerezza d'un sorriso,
buona passato
un affetto quasi implorato.
forse fu per bisogno o peggio per buon falegname per forza padre per
esempio professione
E lo stupore nei tuoi occhi
presero i tuoi tre anni e li portarono al a vederti assegnata da un destino
salì dalle tue mani
tempio sgarbato
che vuote intorno alle sue spalle,
presero i tuoi tre anni e li portarono al una figlia di più senza alcuna ragione
si colmarono ai fianchi
tempio una bimba su cui non avevi intenzione
della forma precisa
d'una vita recente,
Non fu più il seno di Anna fra le mura E mentre te ne vai stanco d'essere
di quel segreto che si svela
discrete stanco
quando lievita il ventre.
a consolare il pianto a calmarti la sete la bambina per mano la tristezza di
dicono fosse un angelo a raccontarti le fianco
E a te, che cercavi il motivo
ore pensi "Quei sacerdoti la diedero in
d'un inganno inespresso dal volto,
a misurarti il tempo fra cibo e Signore sposa
lei propose l'inquieto ricordo
a misurarti il tempo fra cibo e Signore a dita troppo secche per chiudersi su
fra i resti d'un sogno raccolto.
una rosa
Scioglie la neve al sole ritorna l'acqua al a un cuore troppo vecchio che ormai si Testo: F.De Andrè
mare riposa" Anno di pubblicazione: 1970
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IL SOGNO DI MARIA perché spieghino da soli,
"Nel Grembo umido, scuro del tempio, Testo: F.De Andrè con le loro voci,
Anno di pubblicazione: 1970 quali volti sbiancheranno
l'ombra era fredda, gonfia d'incenso;
l'angelo scese, come ogni sera, AVE MARIA sopra le tue croci".
ad insegnarmi una nuova preghiera: E te ne vai, Maria, fra l'altra gente
poi, d'improvviso, mi sciolse le mani Il falegname:
che si raccoglie intorno al tuo passare,
e le mie braccia divennero ali, "Questi ceppi che han portato
siepe di sguardi che non fanno male
quando mi chiese - Conosci l'estate - perché il mio sudore
nella stagione di essere madre.
io, per un giorno, per un momento, li trasformi nell'immagine
corsi a vedere il colore del vento. di tre dolori,
Sai che fra un'ora forse piangerai
Volammo davvero sopra le case, vedran lacrime di Dimaco
poi la tua mano nasconderà un sorriso:
oltre i cancelli, gli orti, le strade, e di Tito al ciglio
gioia e dolore hanno il confine incerto
poi scivolammo tra valli fiorite il più grande che tu guardi
nella stagione che illumina il viso.
dove all'ulivo si abbraccia la vite. abbraccerà tuo figlio".
Scendemmo là, dove il giorno si perde Ave Maria, adesso che sei donna,
a cercarsi da solo nascosto tra il verde, La gente:
ave alle donne come te, Maria,
e lui parlò come quando si prega, "Dalla strada alla montagna
femmine un giorno per un nuovo amore
ed alla fine d'ogni preghiera sale il tuo den den
povero o ricco, umile o Messia.
contava una vertebra della mia schiena. ogni valle di Giordania
Femmine un giorno e poi madri per
impara il tuo fren fren;
sempre
(... e l' angelo disse: "Non qualche gruppo di dolore
nella stagione che stagioni non sente.
temere, Maria, infatti hai muove il passo inquieto,
trovato grazia presso il Testo: F.De Andrè altri aspettan di far bere
Signore e per opera Sua Anno di pubblicazione: 1970 a quelle seti aceto".
concepirai un figlio...)
MARIA NELLA BOTTEGA D'UN Testo: F.De Andrè
Le ombre lunghe dei sacerdoti FALEGNAME Anno di pubblicazione: 1970
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La semineranno per mare e per terra che vedo spegnersi ora per ora. Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
tra boschi e città la tua buona novella, Figlio nel sangue, figlio nel cuore, quegli altri nel nome di Dio.
ma questo domani, con fede migliore, e chi ti chiama - Nostro Signore -,
stasera è più forte il terrore. nella fatica del tuo sorriso Non commettere atti che non siano puri
Nessuno di loro ti grida un addio cerca un ritaglio di Paradiso. cioè non disperdere il seme.
per esser scoperto cugino di Dio: Per me sei figlio, vita morente, Feconda una donna ogni volta che l'ami
gli apostoli han chiuso le gole alla voce, ti portò cieco questo mio ventre, così sarai uomo di fede:
fratello che sanguini in croce. come nel grembo, e adesso in croce, Poi la voglia svanisce e il figlio rimane
ti chiama amore questa mia voce. e tanti ne uccide la fame.
Han volti distesi, già inclini al perdono, Non fossi stato figlio di Dio Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore:
ormai che han veduto il tuo sangue di t'avrei ancora per figlio mio". ma non ho creato dolore.
uomo
fregiarti le membra di rivoli viola, Testo: F.De Andrè Il settimo dice non ammazzare
incapace di nuocere ancora. Anno di pubblicazione: 1970 se del cielo vuoi essere degno.
Il potere vestito d'umana sembianza, IL TESTAMENTO DI TITO Guardatela oggi, questa legge di Dio,
ormai ti considera morto abbastanza tre volte inchiodata nel legno:
Tito:
e già volge lo sguardo a spiar le guardate la fine di quel nazareno
"Non avrai altro Dio all'infuori di me,
intenzioni e un ladro non muore di meno.
spesso mi ha fatto pensare:
degli umili, degli straccioni. Guardate la fine di quel nazareno
genti diverse venute dall'est
Ma gli occhi dei poveri piangono altrove, e un ladro non muore di meno.
dicevan che in fondo era uguale.
non sono venuti a esibire un dolore
Credevano a un altro diverso da te
che alla via della croce ha proibito Non dire falsa testimonianza
e non mi hanno fatto del male.
l'ingresso e aiutali a uccidere un uomo.
Credevano a un altro diverso da te
a chi ti ama come se stesso. Lo sanno a memoria il diritto divino,
e non mi hanno fatto del male.
e scordano sempre il perdono:
Sono pallidi al volto, scavati al torace, ho spergiurato su Dio e sul mio onore
Non nominare il nome di Dio,
non hanno la faccia di chi si compiace e no, non ne provo dolore.
non nominarlo invano.
dei gesti che ormai ti propone il dolore, Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
Con un coltello piantato nel fianco
eppure hanno un posto d'onore. e no, non ne provo dolore.
gridai la mia pena e il suo nome:
Non hanno negli occhi scintille di pena.
ma forse era stanco, forse troppo
Non sono stupiti a vederti la schiena Non desiderare la roba degli altri
occupato,
piegata dal legno che a stento trascini, non desiderarne la sposa.
e non ascoltò il mio dolore.
eppure ti stanno vicini. Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
Ma forse era stanco, forse troppo
Perdonali se non ti lasciano solo, che hanno una donna e qualcosa:
lontano,
se sanno morir sulla croce anche loro, nei letti degli altri già caldi d'amore
davvero lo nominai invano.
a piangerli sotto non han che le madri, non ho provato dolore.
in fondo, son solo due ladri. L'invidia di ieri non è già finita:
Onora il padre, onora la madre
stasera vi invidio la vita.
Testo: F.De Andrè
e onora anche il loro bastone,
Anno di pubblicazione: 1970 bacia la mano che ruppe il tuo naso
Ma adesso che viene la sera ed il buio
perché le chiedevi un boccone:
TRE MADRI mi toglie il dolore dagli occhi
quando a mio padre si fermò il cuore
e scivola il sole al di là delle dune
Madre di Tito: non ho provato dolore.
a violentare altre notti:
"Tito, non sei figlio di Dio, Quanto a mio padre si fermò il cuore
io nel vedere quest'uomo che muore,
ma c'è chi muore nel dirti addio". non ho provato dolore.
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
Madre di Dimaco: Ricorda di santificare le feste.
madre, ho imparato l'amore".
"Dimaco, ignori chi fu tuo padre, Facile per noi ladroni
ma più di te muore tua madre". entrare nei templi che rigurgitan salmi Testo: F.De Andrè
di schiavi e dei loro padroni Anno di pubblicazione: 1970
Le due madri: senza finire legati agli altari
"Con troppe lacrime piangi, Maria, sgozzati come animali. LAUDATE HOMINEM
solo l'immagine d'un'agonia: Senza finire legati agli altari Laudate Dominum
sai che alla vita, nel terzo giorno, sgozzati come animali. Laudate Dominum
il figlio tuo farà ritorno:
lascia noi piangere, un po' più forte, Il quinto dice non devi rubare Gli umili, gli straccioni:
chi non risorgerà più dalla morte". e forse io l'ho rispettato "Il potere che cercava
vuotando, in silenzio, le tasche già il nostro umore
Madre di Gesù: gonfie mentre uccideva
"Piango di lui ciò che mi è tolto, di quelli che avevan rubato: nel nome d'un Dio,
le braccia magre, la fronte, il volto, ma io, senza legge, rubai in nome mio, nel nome d'un Dio
ogni sua vita che vive ancora, quegli altri nel nome di Dio. uccideva un uomo:
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nel nome di quel Dio che di febbre si lasciò morire e neppure la notte ti lascia da solo:
si assolse. dov'è Herman bruciato in miniera gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro
Poi, poi chiamò Dio dove sono Bert e Tom
poi chiamo Dio il primo ucciso in una rissa E sì, anche tu andresti a cercare
poi chiamò Dio quell'uomo e l'altro che uscì già morto di galera le parole sicure per farti ascoltare:
e nel suo nome e cosa ne sarà di Charley per stupire mezz'ora basta un libro di
nuovo nome che cadde mentre lavorava storia,
altri uomini, e dal ponte volò e volò sulla strada io cercai di imparare la Treccani a
altri, altri uomini memoria,
uccise ". Dormono, dormono sulla collina e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
dormono, dormono sulla collina continuarono gli altri fino a leggermi
Non voglio pensarti figlio di Dio matto
ma figlio dell'uomo, fratello anche mio. Dove sono Ella e Kate
morte entrambe per errore E senza sapere a chi dovessi la vita
Laudate Dominum una di aborto, l'altra d'amore in un manicomio io l'ho restituita:
Laudate Dominum e Maggie uccisa in un bordello qui sulla collina dormo malvolentieri
dalle carezze di un animale eppure c'è luce ormai nei miei pensieri,
Ancora una volta e Edith consumata da uno strano male. qui nella penombra ora invento parole
abbracciamo e Lizzie che inseguì la vita ma rimpiango una luce, la luce del sole
la fede lontano, e dall'Inghilterra
che insegna ad avere fu riportata in questo palmo di terra Le mie ossa regalano ancora alla vita:
ad avere il diritto le regalano ancora erba fiorita.
al perdono, perdono Dormono, dormono sulla collina Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
sul male commesso dormono, dormono sulla collina di chi ha perso lo scemo e lo piange in
nel nome d'un Dio collina;
che il male non volle, il male non volle, Dove sono i generali di chi ancora bisbiglia con la stessa
finché che si fregiarono nelle battaglie ironia
restò uomo con cimiteri di croci sul petto "Una morte pietosa lo strappò alla
uomo. dove i figli della guerra pazzia"
partiti per un ideale
Non posso pensarti figlio di Dio per una truffa, per un amore finito male Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
ma figlio dell'uomo, fratello anche mio. hanno rimandato a casa Anno di pubblicazione: 1971
le loro spoglie nelle barriere UN GIUDICE
Qualcuno legate strette perché sembrassero intere
Cosa vuol dire avere
qualcuno
un metro e mezzo di statura,
tentò di imitarlo Dormono, dormono sulla collina
ve lo rivelan gli occhi
se non ci riuscì dormono, dormono sulla collina
e le battute della gente,
fu scusato
o la curiosità
anche lui Dov'è Jones il suonatore
d'una ragazza irriverente
perdonato che fu sorpreso dai suoi novant'anni
che vi avvicina solo
perché non s'imita e con la vita avrebbe ancora giocato
per un suo dubbio impertinente:
imita un dio, lui che offrì la faccia al vento
vuole scoprir se è vero
un Dio va temuto e lodato la gola al vino e mai un pensiero
quanto si dice intorno ai nani,
lodato... non al denaro, non all'amore né al cielo
che siano i più forniti
lui sì sembra di sentirlo
della virtù meno apparente,
Laudate hominem cianciare ancora delle porcate
fra tutte le virtù
mangiate in strada nelle ore sbagliate
la più indecente
No, non devo pensarti figlio di Dio sembra di sentirlo ancora
ma figlio dell'uomo, fratello anche mio. dire al mercante di liquore
Passano gli anni, i mesi,
Ma figlio dell'uomo, fratello anche mio. "Tu che lo vendi cosa ti compri di
e se li conti anche i minuti,
migliore?"
è triste trovarsi adulti
Laudate hominem
Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
senza essere cresciuti;
Testo: F.De Andrè Anno di pubblicazione: 1971 la maldicenza insiste,
Anno di pubblicazione: 1970 batte la lingua sul tamburo
UN MATTO (DIETRO OGNI SCEMO C'E' fino a dire che un nano
UN VILLAGGIO) è una carogna di sicuro
Tu prova ad avere un mondo nel cuore perché ha il cuore troppo
" " e non riesci ad esprimerlo con le parole, troppo vicino al buco del culo
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, Fu nelle notti insonni
DORMONO SULLA COLLINA che passa, vegliate al lume del rancore
Dove se n'è andato Elmer
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che preparai gli esami inventato, loro
diventai procuratore ci costringe a sognare in un giardino poi l'anima d'improvviso prese il volto"
per imboccar la strada incantato
che dalle panche d'una cattedrale ci costringe a sognare in un giardino Da ragazzo spiare i ragazzi giocare
porta alla sacrestia incantato al ritmo balordo del tuo cuore malato
quindi alla cattedra d'un tribunale e ti viene la voglia di uscire e provare
giudice finalmente, Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio che cosa ti manca per correre al prato,
arbitro in terra del bene e del male Anno di pubblicazione: 1971 e ti tieni la voglia, e rimani a pensare
UN MEDICO come diavolo fanno a riprendere fiato
E allora la mia statura
Da bambino volevo guarire i ciliegi
non dispensò più buonumore Da uomo avvertire il tempo sprecato
quando rossi di frutti li credevo feriti
a chi alla sbarra in piedi a farti narrare la vita dagli occhi
la salute per me li aveva lasciati
mi diceva "Vostro Onore", e mai poter bere alla coppa d'un fiato
coi fiori di neve che avevan perduti
e di affidarli al boia ma a piccoli sorsi interrotti,
fu un piacere del tutto mio, e mai poter bere alla coppa d'un fiato
Un sogno, fu un sogno ma non durò
prima di genuflettermi ma a piccoli sorsi interrotti
poco
nell'ora dell'addio
per questo giurai che avrei fatto il dottore
non conoscendo affatto Eppure un sorriso io l'ho regalato
e non per un dio ma nemmeno per
la statura di Dio e ancora ritorna in ogni sua estate
gioco:
quando io la guidai o fui forse guidato
perché i ciliegi tornassero in fiore,
Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio a contarle i capelli con le mani sudate
Anno di pubblicazione: 1971 perché i ciliegi tornassero in fiore
non credo che chiesi promesse al suo
UN BLASFEMO (DIETRO OGNI sguardo,
E quando dottore lo fui finalmente
BLASFEMO C'E' UN GIARDINO non mi sembra che scelsi il silenzio o la
non volli tradire il bambino per l'uomo
INCANTATO) voce,
e vennero in tanti e si chiamavano
quando il cuore stordì e ora no, non
Mai più mi chinai e nemmeno su un "gente"
ricordo
fiore, ciliegi malati in ogni stagione
se fu troppo sgomento o troppo felice,
più non arrossii nel rubare l'amore
e il cuore impazzì e ora no, non ricordo,
dal momento che Inverno mi convinse E i colleghi d'accordo i colleghi contenti
da quale orizzonte sfumasse la luce
che Dio nel leggermi in cuore tanta voglia
non sarebbe arrossito rubandomi il mio d'amare
E fra lo spettacolo dolce dell'erba
mi spedirono il meglio dei loro clienti
fra lunghe carezze finite sul volto,
Mi arrestarono un giorno per le donne con la diagnosi in faccia e per tutti era
quelle sue cosce color madreperla
ed il vino, uguale:
rimasero forse un fiore non colto.
non avevano leggi per punire un ammalato di fame incapace a pagare
Ma che la baciai questo sì lo ricordo
blasfemo,
col cuore ormai sulle labbra,
non mi uccise la morte, ma due guardie E allora capii fui costretto a capire
ma che la baciai, per Dio, sì lo ricordo,
bigotte, che fare il dottore è soltanto un mestiere
e il mio cuore le restò sulle labbra
mi cercarono l'anima a forza di botte che la scienza non puoi regalarla alla
gente
"E l'anima d'improvviso prese il volo
Perché dissi che Dio imbrogliò il primo se non vuoi ammalarti dell'identico male,
ma non mi sento di sognare con loro
uomo, se non vuoi che il sistema ti pigli per
no non mi riesce di sognare con loro"
lo costrinse a viaggiare una vita da fame
scemo, Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
nel giardino incantato lo costrinse a E il sistema sicuro è pigliarti per fame Anno di pubblicazione: 1971
sognare, nei tuoi figli in tua moglie che ormai ti
a ignorare che al mondo c'e' il bene e c'è disprezza, UN CHIMICO
il male perciò chiusi in bottiglia quei fiori di neve, Solo la morte m'ha portato in collina
l'etichetta diceva: elisir di giovinezza un corpo fra i tanti a dar fosforo all'aria
Quando vide che l'uomo allungava le per bivacchi di fuochi che dicono fatui
dita E un giudice, un giudice con la faccia da che non lasciano cenere, non sciolgon
a rubargli il mistero di una mela proibita uomo la brina
per paura che ormai non avesse padroni mi spedì a sfogliare i tramonti in prigione solo la morte m'ha portato in collina
lo fermò con la morte, inventò le stagioni inutile al mondo ed alle mie dita
bollato per sempre truffatore imbroglione Da chimico un giorno avevo il potere
... mi cercarono l'anima a forza di botte dottor professor truffatore imbroglione di sposar gli elementi e farli reagire,
ma gli uomini mai mi riuscì di capire
E se furon due guardie a fermarmi la Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio perché si combinassero attraverso
vita, Anno di pubblicazione: 1971 l'amore
è proprio qui sulla terra la mela proibita, UN MALATO DI CUORE affidando ad un gioco la gioia e il dolore
e non Dio, ma qualcuno che per noi l'ha
"Cominciai a sognare anch'io insieme a
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Guardate il sorriso guardate il colore il sole e la gente lo sa che sai suonare,
come giocan sul viso di chi cerca per non aver più notti, suonare ti tocca
l'amore: perché non cada in reti di tramonto, per tutta la vita
ma lo stesso sorriso lo stesso colore l'ho chiuso nei miei occhi, e ti piace lasciarti ascoltare
dove sono sul viso di chi ha avuto e chi avrà freddo e chi avrà freddo
l'amore lungo il mio sguardo si dovrà scaldare Finii con i campi alle ortiche
dove sono sul viso di chi ha avuto finii con un flauto spezzato
l'amore Secondo cliente - Vedo i fiumi dentro le e un ridere rauco
mie vene, e ricordi tanti
È strano andarsene senza soffrire, cercano il loro mare, e nemmeno un rimpianto
senza un volto di donna da dover rompono gli argini,
ricordare. trovano cieli da fotografare. Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
Ma è fosse diverso il vostro morire Sangue che scorre senza fantasia Anno di pubblicazione: 1971
vuoi che uscite all'amore che cedete porta tumori di malinconia
all'aprile
cosa c'è di diverso nel vostro morire Terzo cliente - Vedo gendarmi
pascolare
Primavera non bussa lei entra sicura donne chine sulla rugiada, INTRODUZIONE
come il fumo lei penetra in ogni fessura rosse le lingue al polline dei fiori Lottavano così come si gioca
ha le labbra di carne i capelli di grano ma dov'è l'ape regina? i cuccioli del maggio era normale
che paura, che voglia che ti prenda per Forse è volata ai nidi dell'aurora, loro avevano il tempo anche per la
mano forse volata, forse più non vola galera
che paura, che voglia che ti porti lontano ad aspettarli fuori rimaneva
Quarto cliente - Vedo gli amici ancora la stessa rabbia la stessa primavera...
Ma guardate l'idrogeno tacere nel mare sulla strada,
guardate l'ossigeno al suo fianco loro non hanno fretta, Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
Anno di pubblicazione: 1973
dormire: rubano ancora al sonno l'allegria
soltanto una legge che io riesco a capire all'alba un po' di notte: CANZONE DEL MAGGIO
ha potuto sposarli senza farli scoppiare e poi la luce, luce che trasforma Anche se il nostro maggio
soltanto la legge che io riesco a capire il mondo in un giocattolo ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
Fui chimico e, no, non mi volli sposare. Faremo gli occhiali così! vi ha fatto chinare il mento
Non sapevo con chi e chi avrei Faremo gli occhiali così! se il fuoco ha risparmiato
generato: le vostre Millecento
Son morto in un esperimento sbagliato Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
anche se voi vi credete assolti
proprio come gli idioti che muoion Anno di pubblicazione: 1971
siete lo stesso coinvolti.
d'amore IL SUONATORE JONES
e qualcuno dirà che c'è un modo E se vi siete detti
In un vortice di polvere
migliore non sta succedendo niente,
gli altri vedevan siccità,
a me ricordava le fabbriche riapriranno,
Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
Anno di pubblicazione: 1971 la gonna di Jenny arresteranno qualche studente
in un ballo di tanti anni fa convinti che fosse un gioco
UN OTTICO a cui avremmo giocato poco
Prima parte: Sentivo la mia terra provate pure a credevi assolti
vibrare di suoni, era il mio cuore siete lo stesso coinvolti.
Daltonici, presbiti, mendicanti di vista e allora perché coltivarla ancora,
il mercante di luce, il vostro oculista, come pensarla migliore Anche se avete chiuso
ora vuole soltanto clienti speciali le vostre porte sul nostro muso
che non sanno che farne di occhi Libertà l'ho vista dormire la notte che le pantere
normali. nei campi coltivati ci mordevano il sedere
a cielo e denaro, lasciamoci in buonafede
Non più ottico ma spacciatore di lenti a cielo ed amore, massacrare sui marciapiedi
per improvvisare occhi contenti, protetta da un filo spinato anche se ora ve ne fregate,
perché le pupille abituate a copiare voi quella notte voi c'eravate.
inventino i mondi sui quali guardare Libertà l'ho vista svegliarsi
Seguite con me questi occhi sognare, ogni volta che ho suonato E se nei vostri quartieri
fuggire dall'orbita e non voler ritornare per un fruscio di ragazze tutto è rimasto come ieri,
a un ballo, senza le barricate
Seconda parte: per un compagno ubriaco senza feriti, senza granate,
se avete preso per buone
Primo cliente - Vedo che salgo a rubare E poi se la gente sa, le "verità" della televisione
anche se allora vi siete assolti
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siete lo stesso coinvolti. "Ama il consumo come te stesso" per l'odio potrei farcela da solo
e se voi lo avete osservato illuminando al tritolo
E se credete ora fino ad assolvere chi ci ha sparato chi ha la faccia e mostra solo il viso
che tutto sia come prima verremo ancora alle vostre porte sempre gradevole, sempre più
perché avete votato ancora e grideremo ancora più forte impreciso.
la sicurezza, la disciplina, voi non potete fermare il tempo
convinti di allontanare gli fate solo perdere tempo. E l'esplosivo spacca, taglia, fruga
la paura di cambiare tra gli ospiti di un ballo mascherato,
verremo ancora alle vostre porte io mi sono invitato
e grideremo ancora più forte a rilevar l'impronta
per quanto voi vi crediate assolti Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio dietro ogni maschera che salta
Anno di pubblicazione: 1973
siete per sempre coinvolti, e a non aver pietà per la mia prima
per quanto voi vi crediate assolti LA BOMBA IN TESTA volta.
siete per sempre coinvolti.
... e io contavo i denti ai francobolli Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
dicevo "grazie a Dio" "buon Natale" Anno di pubblicazione: 1973
(Nota: Liberamente tratta da un canto
mi sentivo normale
del Maggio francese del 1968) AL BALLO MASCHERATO
eppure i miei trent'anni
erano pochi più dei loro Cristo drogato da troppe sconfitte
ma non importa adesso torno al lavoro. cede alla complicità
VERSIONE INEDITA
di Nobel che gli espone la praticità
Cantavano il disordine dei sogni di un'eventuale premio della bontà.
CANZONE DEL MAGGIO
gli ingrati del benessere francese Maria ignorata da un Edipo ormai scaltro
e non davan l'idea mima una sua nostalgia di natività,
Anche se il nostro maggio
di denunciare uomini al balcone io con la mia bomba porto la novità,
ha fatto a meno del vostro coraggio
di un solo maggio, di un unico paese. la bomba che debutta in società,
se la paura di guardare
al ballo mascherato della celebrità.
vi ha fatto guardare in terra
E io ho la faccia usata dal buonsenso
se avete deciso in fretta
ripeto "Non vogliamoci del male " Dante alla porta di Paolo e Francesca
che non era la vostra guerra
e non mi sento normale spia chi fa meglio di lui:
voi non avete fermato il tempo
e mi sorprendo ancora lì dietro si racconta un amore normale
gli avete fatto perdere tempo.
a misurarmi su di loro ma lui saprà poi renderlo tanto geniale.
e adesso è tardi, adesso torno al lavoro. E il viaggio all'inferno ora fallo da solo
E se vi siete detti
con l'ultima invidia lasciata là sotto un
non sta succedendo niente,
Rischiavano la strada e per un uomo lenzuolo,
le fabbriche riapriranno,
ci vuole pure un senso a sopportare sorpresa sulla porta d'una felicità
arresteranno qualche studente
di poter sanguinare la bomba ha risparmiato la normalità,
convinti che fosse un gioco
e il senso non dev'essere rischiare al ballo mascherato della celebrità.
a cui avremmo giocato poco
ma forse non voler più sopportare.
voi siete stato lo strumento
La bomba non ha una natura gentile
per farci perdere un sacco di tempo.
Chissà cosa si prova a liberare ma spinta da imparzialità
la fiducia nelle proprie tentazioni, sconvolge l'improbabile intimità
Se avete lasciato fare
allontanare gli intrusi di un'apparente statua della Pietà.
ai professionisti dei manganelli
dalle nostre emozioni, Grimilde di Manhattan, statua della
per liberarvi di noi canaglie
allontanarli in tempo libertà,
di noi teppisti di noi ribelli
e prima di trovarsi solo adesso non ha più rivali la tua vanità
lasciandoci in buonafede
con la paura di non tornare al lavoro. e il gioco dello specchio non si ripeterà
sanguinare sui marciapiedi
"Sono più bella io o la statua della Pietà
anche se ora ve ne fregate,
Rischiare libertà strada per strada, "
voi quella notte voi c'eravate.
scordarsi le rotaie verso casa, dopo il ballo mascherato del celebrità.
io ne valgo la pena,
E se nei vostri quartieri
per arrivare ad incontrar la gente Nelson strappato al suo carnevale
tutto è rimasto come ieri,
senza dovermi fingere innocente. rincorre la sua identità
se sono rimasti a posto
e cerca la sua maschera, l'orgoglio, lo
perfino i sassi nei vostri viali
Mi sforzo di ripetermi con loro stile,
se avete preso per buone
e più l'idea va di là del vetro impegnati sempre a vincere e mai a
le "verità" dei vostri giornali
più mi lasciano indietro, morire.
non vi è rimasto nessun argomento
per il coraggio insieme Poi dalla feluca ormai a brandelli
per farci ancora perdere tempo.
non so le regole del gioco tenta di estrarre il consiglio della sua
senza la mia paura mi fido poco. Trafalgar
Lo conosciamo bene
e nella sua agonia, sparsa di qua, di là,
il vostro finto progresso
Ormai sono in ritardo per gli amici implora una Sant'Elena anche in
il vostro comandamento
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comproprietà, eppure anche tu hai giudicato. ha una valigia e due passaporti,
al ballo mascherato della celebrità. Hai assolto e hai condannato lei ha gli occhi di una donna che pago.
al di sopra di me, Commissario io ti pago per questo,
Mio padre pretende aspirina ed affetto ma al di sopra di me, lei ha gli occhi di una donna che è mia,
e inciampa nella sua autorità, per quello che hai fatto, l'uomo magro ha le mani occupate,
affida a una vestaglia il suo ultimo ruolo per come lo hai rinnovato una valigia di ciondoli, un foglio di via.
ma lui esplode dopo, prima il suo il potere ti è grato.
decoro. Non ha più la faccia del suo primo
Mia madre si approva in frantumi di Ascolta hashish
specchio, una volta un giudice come me è il mio ultimo figlio, il meno voluto,
dovrebbe accettare la bomba con giudicò chi gli aveva dettato la legge: ha pochi stracci dove inciampare
serenità, prima cambiarono il giudice non gli importa d'alzarsi, neppure
il martirio è il suo mestiere, la sua vanità, e subito dopo quando è caduto:
ma ora accetta di morire soltanto a metà la legge. e i miei alibi prendono fuoco
la sua parte ancora viva le fa tanta pietà, il Guttuso ancora da autenticare
al ballo mascherato della celebrità. Oggi, un giudice come me, adesso le fiamme mi avvolgono il letto
lo chiede al potere se può giudicare. questi i sogni che non fanno svegliare.
Qualcuno ha lasciato la luna nel bagno Tu sei il potere. Vostro Onore, sei un figlio di troia,
accesa soltanto a metà Vuoi essere giudicato? mi sveglio ancora e mi sveglio sudato,
quel poco che mi basta per contare i Vuoi essere assolto o condannato? ora aspettami fuori dal sogno
caduti, ci vedremo davvero,
stupirmi della loro fragilità, Testo: F.De Andrè – R.Danè io ricomincio da capo.
Anno di pubblicazione: 1973
e adesso puoi togliermi i piedi dal collo
amico che m'hai insegnato il "come si fa"
CANZONE DEL PADRE
Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
se no ti porto indietro di qualche minuto Anno di pubblicazione: 1973
"Vuoi davvero lasciare ai tuoi occhi
ti metto a conversare, ti ci metto seduto IL BOMBAROLO
solo i sogni che non fanno svegliare".
tra Nelson e la statua della Pietà,
"Sì. Vostro Onore, ma li voglio più Chi va dicendo in giro che odio il mio
al ballo mascherato della celebrità.
grandi." lavoro
Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio
"C'è lì un posto, lo ha lasciato tuo padre. non sa con quanto amore mi dedico al
Anno di pubblicazione: 1973 Non dovrai che restare sul ponte tritolo
e guardare le altre navi passare è quasi indipendente ancora poche ore
SOGNO NUMERO DUE le più piccole dirigile al fiume poi gli darò la voce il detonatore
Imputato ascolta, le più grandi sanno già dove andare."
noi ti abbiamo ascoltato. Così son diventato mio padre Il mio Pinocchio fragile parente
Tu non sapevi di avere una coscienza al ucciso in un sogno precedente artigianale
fosforo il tribunale mi ha dato fiducia di ordigni costruiti su scala industriale
piantata tra l'aorta e l'intenzione, assoluzione e delitto lo stesso movente. di me non farà mai un cavaliere del
noi ti abbiamo osservato lavoro
dal primo battere del cuore E ora Berto, figlio della Lavandaia, io son d'un'altra razza son bombarolo
fino ai ritmi più brevi compagno di scuola, preferisce
dell'ultima emozione imparare Nello scendere le scale ci metto più
quando uccidevi, a contare sulle antenne dei grilli attenzione,
favorendo il potere non usa mai bolle di sapone per giocare; sarebbe imperdonabile giustiziarmi sul
i soci vitalizi del potere seppelliva sua madre in un cimitero di portone
ammucchiati in discesa lavatrici proprio nel giorno in cui la decisione è
a difesa avvolta in un lenzuolo quasi come gli mia
della loro celebrazione. eroi; sulla condanna a morte o l'amnistia
si fermò un attimo per suggerire a Dio
E se tu la credevi vendetta di continuare a farsi i fatti suoi Per strada tante facce non hanno un bel
il fosforo di guardia e scappò via con la paura di arrugginire colore
segnalava la tua urgenza di potere il giornale di ieri lo dà morto arrugginito, qui chi non terrorizza si ammala di
mentre ti emozionavi nel ruolo più i becchini ne raccolgono spesso terrore
eccitante della legge fra la gente che si lascia piovere c'è chi aspetta la pioggia per non
quello che non protegge addosso. piangere da solo
la parte del boia. io sono d'un altro avviso son bombarolo
Ho investito il denaro e gli affetti
Imputato, banca e famiglia danno rendite sicure, Intellettuali d'oggi idioti di domani
il dito più lungo della tua mano con mia moglie si discute l'amore ridatemi il cervello che basta alle mie
è il medio ci sono distanze, non ci sono paure, mani
quello della mia ma ogni notte lei mi si arrende più tardi profeti molto acrobati della rivoluzione
è l'indice, vengono uomini, ce n'è uno più magro, oggi farò da me senza lezione
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e loro si stupiranno
Vi scoverò i nemici per voi così distanti che tu non mi bastavi, È cominciata un'ora prima
e dopo averli uccisi sarò fra i latitanti digli pure che il potere io l'ho scagliato e un'ora dopo era già finita
ma finché li cerco io i latitanti sono loro dalle mani ho visto gente venire sola
ho scelto un'altra scuola son bombarolo dove l'amore non era adulto e ti lasciavo e poi insieme verso l'uscita
graffi sui seni non mi aspettavo un vostro errore
Potere troppe volte delegato ad altre per ritornare dopo l'amore uomini e donne di tribunale
mani alle carenze dell'amore se fossi stato al vostro posto...
sganciato e restituitoci dai tuoi aeroplani era facile ormai ma al vostro posto non ci so stare
io vengo a restituirti un po' del tuo terrore non sei riuscita a cambiarmi se fossi stato al vostro posto...
del tuo disordine del tuo rumore non ti ho cambiata lo sai. ma al vostro posto non ci sono stare.
Così pensava forte un trentenne Digli che i tuoi occhi me li han ridati Fuori dell'aula sulla strada
disperato sempre ma in mezzo al fuori anche fuori di là
se non del tutto giusto quasi niente come fiori regalati a maggio e restituiti in ho chiesto al meglio della mia faccia
sbagliato novembre una polemica di dignità
cercando il luogo idoneo adatto al suo i tuoi occhi come vuoti a rendere per chi tante le grinte, le ghigne, i musi,
tritolo ti ha dato lavoro vagli a spiegare che è primavera
insomma il posto degno d'un bombarolo i tuoi occhi assunti da tre anni e poi lo sanno ma preferiscono
i tuoi occhi per loro, vederla togliere a chi va in galera
C'è chi lo vide ridere davanti al ormai buoni per setacciare spiagge con e poi lo scanno ma preferiscono
Parlamento la scusa del corallo vederla togliere a chi va in galera.
aspettando l'esplosione che provasse il o per buttarsi in un cinema con una
suo talento pietra al collo Tante le grinte, le ghigne, i musi,
c'è chi lo vide piangere un torrente di e troppo stanchi per non vergognarsi poche le facce, tra loro lei,
vocali di confessarlo nei miei si sta chiedendo tutto in un giorno
vedendo esplodere un chiosco di proprio identici ai tuoi si suggerisce, ci giurerei
giornali sono riusciti a cambiarci quel che dirà di me alla gente
ci son riusciti lo sai. quel che dirà ve lo dico io
Ma ciò che lo ferì profondamente da un po' di tempo era un po' cambiato
nell'orgoglio Ma senza che gli altri non ne sappiano ma non nel dirmi amore mio
fu l'immagine di lei che si sporgeva da niente da un po' di tempo era un po' cambiato
ogni foglio dirmi senza un programma dimmi come ma non nel dirmi amore mio.
lontana dal ridicolo in cui lo lasciò solo ci si sente
ma in prima pagina col bombarolo continuerai ad ammirarti tanto da volerti Certo bisogna farne di strada
portare al dito da una ginnastica d'obbedienza
Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio farai l'amore per amore fino ad un gesto molto più umano
Anno di pubblicazione: 1973 o per avercelo garantito, che ti dia il senso della violenza
VERRANNO A CHIEDERTI DEL NOSTRO andrai a vivere con Alice che si fa il però bisogna farne altrettanta
AMORE whisky distillando fiori per diventare così coglioni
o con un Casanova che ti promette di da non riuscire più a capire
Quando in anticipo sul tuo stupore
presentarti ai genitori che non ci sono poteri buoni
verranno a crederti del nostro amore
o resterai più semplicemente da non riuscire più a capire
a quella gente consumata nel farsi dar
dove un attimo vale un altro che non ci sono poteri buoni.
retta
senza chiederti come mai,
un amore così lungo
continuerai a farti scegliere E adesso imparo un sacco di cose
tu non darglielo in fretta
o finalmente sceglierai. in mezzo agli altri vestiti uguali
non spalancare le labbra ad un ingorgo
tranne qual'è il crimine giusto
di parole Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio per non passare da criminali.
le tue labbra così frenate nelle fantasie Anno di pubblicazione: 1973 Ci hanno insegnato la meraviglia
dell'amore
NELLA MIA ORA DI LIBERTÀ' verso la gente che ruba il pane
dopo l'amore così sicure a rifugiarsi nei
ora sappiamo che è un delitto
"sempre" Di respirare la stessa aria
il non rubare quando si ha fame
nell'ipocrisia dei "mai" di un secondino non mi va
ora sappiamo che è un delitto
non sono riuscito a cambiarti perciò ho deciso di rinunciare
il non rubare quando si ha fame.
non mi hai cambiato lo sai. alla mia ora di libertà
se c'è qualcosa da spartire
Di respirare la stessa aria
E dietro ai microfoni porteranno uno tra un prigioniero e il suo piantone
dei secondini non ci va
specchio che non sia l'aria di quel cortile
e abbiamo deciso di imprigionarli
per farti più bella e pesarmi già vecchio voglio soltanto che sia prigione
durante l'ora di libertà
tu regalagli un trucco che con me non che non sia l'aria di quel cortile
venite adesso alla prigione
portavi voglio soltanto che sia prigione.
state a sentire sulla porta
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la nostra ultima canzone vedendo Jeckyll che ride nello specchio e nessuno riuscirà
che vi ripete un'altra volta a ingannare il suo destino
per quanto voi vi crediate assolti Ofelia è dietro la finestra in via della Povertà
siete per sempre coinvolti. mai nessuno le ha detto che è bella
Per quanto voi vi crediate assolti a soli ventidue anni La tua lettera l'ho avuta proprio ieri
siete per sempre coinvolti. è già una vecchia zitella mi racconti tutto quel che fai
ma non essere ridicola
Testo: F.De Andrè – G.Bentivoglio La sua morte sarà molto romantica non chiedermi "Come stai"
Anno di pubblicazione: 1973 trasformandosi in oro se ne andrà questa gente di cui mi vai parlando
per adesso cammina avanti e indietro è gente come tutti noi
in via della Povertà non mi sembra che siano mostri
non mi sembra che siano eroi
VIA DELLA POVERTA' Einstein travestito da ubriacone e non mandarmi ancora tue notizie
Il salone di bellezza in fondo al vicolo ha nascosto i suoi appunti in un baule nessuno ti risponderà
è affollatissimo di marinai è passato di qui un'ora fa se insisti a spedirmi le tue lettere
prova a chiedere a uno che ore sono diretto verso l'ultima Thule da via della Povertà
e ti risponderà: "Non l'ho saputo mai" sembrava così timido e impaurito
quando ha chiesto di fermarsi un po' qui Testo: F.De Andrè – F.De Gregori (traduzione di
Le cartoline dall'impiccagione ma poi ha cominciato a fumare “Desolation row” di B.Dylan)
sono in vendita a cento lire l'una Anno di pubblicazione: 1974
e a recitare l'ABC
il commissario cieco dietro la stazione ed a vederlo tu non lo diresti mai
per un indizio ti legge la sfortuna ma era famoso qualche tempo fa Via della povertà
per suonare il violino elettrico (versione LIVE eseguita a Viareggio nei
E le forze dell'ordine irrequiete in via della Povertà primi anni "80)
cercano qualcosa che non va
mentre io e la mia signora ci affacciamo Ci si prepara per la grande festa Il Salone di bellezza in fondo al vicolo
stasera c'è qualcuno che comincia ad aver sete è affollatissimo di marinai
su via della Povertà il Fantasma dell'opera prova a chiedere a uno che ore sono
si è vestito in abiti da prete e ti risponderà "non l'ho saputo mai".
Cenerentola sembra così facile sta ingozzando a viva forza Casanova
ogni volta che sorride ti cattura per punirlo della sua sensualità Le cartoline dell'impiccagione
ricorda proprio Bette Davis lo ucciderà parlandogli d'amore sono in vendita a cento lire l'una
con le mani appoggiate alla cintura dopo averlo avvelenato di pietà il commissario cieco dietro la stazione
e mentre il Fantasma grida per un indizio ti legge la sfortuna
Arriva Romeo trafelato tre ragazze si son spogliate già
e le grida: "Il mio amore sei tu" Casanova sta per essere violentato e le forze dell'ordine irrequiete
ma qualcuno gli dice di andar via in via della Povertà cercano qualcosa che non va
e di non riprovarci più
mentre io e la mia signora ci affacciamo
E bravo Nettuno mattacchione stasera
E l'unico suono che rimane il Titanic sta affondato nell'aurora su via della Povertà.
quando l'ambulanza se ne va nelle scialuppe i posti letto sono tutti
è Cenerentola che spazza la strada occupati Signorile sembra così facile
in via della Povertà e il capitano grida: "Ce ne stanno ogni volta che sorride ti cattura
ancora" ricorda proprio Bette Davis
Mentre l'alba sta uccidendo la luna ed Ezra Pound e Thomas Eliot con le mani appoggiate alla cintura.
e le stelle si son quasi nascoste fanno a pugni nella torre di comando
la signora che legge la fortuna i suonatori di Calipso ridono di loro Arriva Lombardi trafelato
se n'è andata in compagnia dell'oste mentre il cielo si sta allontanando e le grida "la sinistra sei tu!"
e affacciati alle loro finestre nel mare ma qualcuno gli dice di andar via
Ad eccezione di Abele e di Caino tutti pescano mimose e lillà perché ormai non esiste piu'
tutti quanti sono andati a far l'amore e nessuno deve più preoccuparsi
aspettando che venga la pioggia di via della Povertà e l'unico suono che rimane
ad annacquare la gioia ed il dolore
quando l'ambulanza se ne va
A mezzanotte in punto i poliziotti è Signorile che spazza la strada
E il Buon Samaritano fanno il loro solito lavoro in via della Povertà.
sta affilando la sua pietà metton le manette intorno ai polsi
se ne andrà al carnevale stasera a quelli che ne sanno più di loro Mentre l'alba sta uccidendo la luna
in via della Povertà i prigionieri vengon trascinati e le stelle si son quasi nascoste
su un calvario improvvisato lì vicino la signora che legge la fortuna
I tre Re Magi sono disperati e il caporale Adolfo li ha avvisati se n'è andata in compagnia dell'oste.
Gesù Bambino è diventato vecchio che passeranno tutti dal camino
e Mister Hyde piange sconcertato e il vento ride forte Ad eccezione di Abele e di Caino
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tutti quanti sono andati a far l'amore mentre il cielo si sta allontanando dei baci che non si è osato dare
aspettando che venga la pioggia delle occasioni lasciate ad aspettare
ad annacquare la gioia ed il dolore e affacciati alle loro finestre nel mare degli occhi mai più rivisti
tutti pescano garofani e lillà
e il Cardinal Marcinkus e nessuno deve più preoccuparsi Allora nei momenti di solitudine
sta affilando la sua pietà di via della Povertà. quando il rimpianto diventa abitudine,
se ne andrà a far la questua stasera una maniera di viversi insieme,
in via della Povertà. Il tuo articolo l'ho letto proprio ieri si piangono le labbra assenti
ci hai messo dentro tutto quel che sai di tutte le belle passanti
Al Quirinale sono disperati ma non essere ridicolo che non siamo riusciti a trattenere
Sandro Pertini è diventato vecchio non chiedermi "come stai",
e Andreatta piange sconcertato Testo: F.De Andrè (traduzione di “Les Passantes” di
vedendo Craxi che ride nello specchio. questa gente di cui mi vai parlando G.Brassens, tratta da una poesia di Antoine
Paul)
è quasi gente come tutti noi Anno di pubblicazione: 1974
Sofia è dietro la finestra non mi sembra che siano mostri
tutti quanti le hanno detto che è bella e né tanto meno eroi FILA LA LANA
non ha ancora 53 anni e non mandarmi altre bozze da Vedi pag. 2
e mai nessuno l'ha chiamata zitella correggere
nessuno ti risponderà LA BALLATA DELL'AMORE CIECO (O
la sua fuga sarà molto romantica se non provi a spedirmi i tuoi articoli DELLA VANITA’)
trasformandosi in oro se ne andrà da via della Povertà. Vedi pag. 2
si è stufata di andare avanti e indietro
in via della Povertà. SUZANNE
LE PASSANTI Nel suo posto in riva al fiume
Mongolfini travestito da pallone Io dedico questa canzone Suzanne ti ha voluto accanto
ha nascosto i suoi appunti in un baule ad ogni donna pensata come amore e ora ascolti andar le barche
è passato di qui un'ora fa in un attimo di libertà ora puoi dormirle al fianco
diretto verso l'ultima Thule, a quella conosciuta appena sì lo sai che lei è pazza
non c'era tempo e valeva la pena ma per questo sei con lei
sembrava così timido e impaurito di perderci un secolo in più e ti offre il tè e le arance
quando ha chiesto di fermarsi un po' qui che ha portato dalla Cina
ma poi ha cominciato a fumare A quella quasi da immaginare e proprio mentre stai per dirle
e a recitare l'A B C tanto di fretta l'hai vista passare che non hai amore da offrirle
dal balcone a un segreto più in là lei è già sulla tua onda
ed a vederlo tu non lo diresti mai e ti piace ricordarne il sorriso e fa che il fiume ti risponda
ma era famoso qualche tempo fa che non ti ha fatto e che tu le hai deciso che da sempre siete amanti
per suonare il violino elettrico in un vuoto di felicità e tu vuoi viaggiarle insieme
in via della Povertà. voi viaggiarle insieme ciecamente
Alla compagna di viaggio perché sai che le hai toccato il corpo
Ci si prepara per la grande festa i suoi occhi il più bel paesaggio il suo corpo perfetto con la mente
c'è qualcuno che comincia ad aver sete fan sembrare più corto il cammino
Woityla ha gettato la ghiara e magari sei l'unico a capirla E Gesù fu un marinaio
si è travestito in abiti da prete e la fai scendere senza seguirla finché camminò sull'acqua
sta ingozzando a viva forza Berlinguer senza averle sfiorato la mano e restò per molto tempo
per punirlo della sua frugalità a guardare solitario
lo ucciderà parlandogli d'amore A quelle che sono già prese dalla sua torre di legno
dopo averlo avvelenato di pietà e che vivendo delle ore deluse e poi quando fu sicuro
con un uomo ormai troppo cambiato che soltanto agli annegati
e mentre Woityla grida ti hanno lasciato, inutile pazzia fosse dato di vederlo disse
4 suore si son spogliate già vedere il fondo della malinconia "Siate marinai finché il mare vi libererà"
Berlinguer sta per essere violentato di un avvenire disperato e lui stesso fu spezzato
in via della Povertà. ma più umano abbandonato
Immagini care per qualche istante nella nostra mente lui non naufragò
E bravo Carboni mattacchione sarete presto una folla distante e tu vuoi viaggiargli insieme
il paese sta affondando nella merda scavalcate da un ricordo più vicino vuoi viaggiargli insieme ciecamente
e gli Anarchici tutti annegati per poco che la felicità ritorni forse avrai fiducia in lui
e il capitano grida "ce ne stanno è molto raro che ci si ricordi perché ti ha toccato il corpo con la
ancora", degli episodi del cammino mente
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presi in qualche dormitorio moriamo per delle idee, va beh, ma di
il sole scende come miele morte lenta, "E chi sei tu" lei disse divertendosi al
su di lei donna del porto ma di morte lenta gioco
che ti indica i colori "Chi sei tu che mi parli così senza
fra la spazzatura e i fiori A chi va poi cercando verità meno fittizie riguardo"
scopri eroi fra le alghe marce ogni tipo di setta offre moventi originali "Veramente stai parlando col fuoco
e bambini nel mattino e la scelta è imbarazzante per le vittime e amo la tua solitudine amo il tuo
che si sporgono all'amore novizie sguardo"
e così faranno sempre morire per delle idee è molto bello ma
e Suzanne regge lo specchio per quali. "E se tu sei il fuoco raffreddati un poco
e tu vuoi viaggiarle insieme E il vecchio che si porta già i fiori sulla le tue mani ora avranno da tenere
vuoi viaggiarle insieme ciecamente tomba qualcosa"
perché sai che ti ha toccato il corpo vedendole venire dietro il grande e tacendo gli si arrampicò dentro
il tuo corpo perfetto con la mente stendardo ad offrirgli il suo modo migliore di essere
pensa "Speriamo bene che arrivino in sposa
Testo: F.De Andrè (traduzione di “Suzanne” di ritardo"
L.Cohen) moriamo per delle idee, va beh, ma di E nel profondo del suo cuore rovente
Anno di pubblicazione: 1972
morte lenta, lui prese ad avvolgere Giovanna D'Arco
MORIRE PER DELLE IDEE ma di morte lenta e là in alto e davanti alla gente
Morire per delle idee, l'idea è lui appese le ceneri inutili
affascinante E voi gli sputafuoco, e voi i nuovi santi del suo abito bianco
per poco io morivo senza averla mai crepate pure per primi noi vi cediamo il
avuta, passo E fu dal profondo del suo cuore rovente
perché chi ce l'aveva, una folla di gente, però per cortesia lasciate vivere gli altri che lui prese Giovanna è la colpì nel
gridando "Viva la morte" proprio la vita è grossomodo il loro unico lusso segno
addosso mi è caduta. tanto più che la carogna è già è lei capì chiaramente
Mi avevano convinto e la mia musa abbastanza attenta che se lui era il fuoco lei doveva essere il
insolente non c'è nessun bisogno di reggerle la legno
abiurando i suoi errori, aderì alla loro falce
fede basta con le garrote in nome della pace Testo: F.De Andrè (traduzione di “Joan of Arc” di
moriamo per delle idee, va beh, ma di L.Cohen)
dicendomi peraltro in separata sede Anno di pubblicazione: 1972
moriamo per delle idee, va beh, ma di morte lenta, va beh
morte lenta, va beh ma di morte lenta DELITTO DI PAESE
ma di morte lenta Vedi pag. 10
Testo: F.De Andrè (traduzione di “Mourir pour des
idees” di G.Brassens) VALZER PER UN AMORE
Approfittando di non essere fragilissimi Anno di pubblicazione: 1974
di cuore Vedi pag. 9
andiamo all'altro mondo bighellonando LA CANZONE DELL'AMORE PERDUTO
un poco, Vedi pag. 3
perché forzando il passo succede che si
muore LA CITTA' VECCHIA LA CATTIVA STRADA
per delle idee che non han più corso il Vedi pag. 2 Alla parata militare
giorno dopo. sputò negli occhi a un innocente
Ora se c'è una cosa amara, desolante GIOVANNA D'ARCO
e quando lui chiese "Perché"
è quella di capire all'ultimo momento Attraverso il buio Giovanna D'Arco lui gli rispose "Questo è niente
che l'idea giusta era un'altra, un altro il precedeva le fiamme cavalcando e adesso è ora che io vada"
movimento nessuna luna per la sua corazza e l'innocente lo seguì
moriamo per delle idee, va beh, ma di nessun uomo nella sua fumosa notte al senza le armi lo seguì
morte lenta va beh suo fianco sulla sua cattiva strada
ma di morte lenta
"Della guerra sono stanca ormai Sui viali dietro la stazione
Gli apostoli di turno che apprezzano il al lavoro di un tempo tornerei rubò l'incasso a una regina
martirio a un vestito da sposa o qualcosa di e quando lei gli disse "Come"
lo predicano spesso per novant'anni bianco lui le risposte "Forse è meglio è come
almeno. per nascondere questa mia vocazione al prima
Morire per delle idee sarà il caso di dirlo trionfo ed al pianto" forse è ora che io vada"
è il loro scopo di vivere, non sanno farne e la regina lo seguì
a meno. "Son parole le tue che volevo ascoltare col suo dolore lo seguì
E sotto ogni bandiera li vediamo ti ho spiata ogni giorno cavalcare sulla sua cattiva strada
superare e a sentirti così ora so cosa voglio
il buon Matusalemme nella longevità vincere un'eroina così fredda E in una notte senza luna
per conto mio si dicono in tutta intimità abbracciarne l'orgoglio" truccò le stelle ad un pilota
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quando l'aeroplano cadde e non ficcare il naso negli affari miei chiude gli occhi e si mette a sognare
lui disse "È colpa di chi muore e non venirmi a dire "Preferisco un chiude gli occhi e si mette a volare.
comunque è meglio che io vada" poeta,
ed il pilota lo seguì preferisco un poeta ad un poeta E i cavalli a Salò sono morti di noia
senza le stelle lo seguì sconfitto" a giocare col nero perdi sempre
sulla sua cattiva strada Ma se ci tieni tanto poi baciarmi ogni Mussolini ha scritto anche poesie
volta che vuoi. i poeti che strane creature
A un diciottenne alcolizzato ogni volta che parlano è una truffa.
versò da bere ancora un poco Testo: F.De Andrè – F.De Gregori
e mentre quello lo guardava Anno di pubblicazione: 1973 Ma mio padre è un ragazzo tranquillo
lui disse "Amico ci scommetto stai per la mattina legge molti giornali
dirmi NANCY è convinto di avere delle idee
adesso è ora che io vada" Un po' di tempo fa Nancy era senza e suo figlio è una nave pirata
l'alcolizzato lo capì compagnia e suo figlio è una nave pirata.
non disse niente e lo seguì all'ultimo spettacolo con la sua
sulla sua cattiva strada bigiotteria. E anche adesso è rimasta una scritta
Nel palazzo di giustizia suo padre era nera
Ad un processo per amore innocente sopra il muro davanti casa mia
baciò le bocche dei giurati nel palazzo del mistero non c'era proprio dice che il movimento vincerà
e ai loro sguardi imbarazzati niente il gran capo ha la faccia serena
rispose "Adesso è più normale non c'era quasi niente. la cravatta intonata alla camicia.
adesso è meglio, adesso è giusto,
giusto, è giusto Un po' di tempo fa eravamo distratti Ma il bambino nel cortile si è fermato
che io vada" lei portava calze verdi dormiva con tutti. si è stancato di seguire gli aquiloni
ed i giurati lo seguirono Ma cosa fai domani non lo chiese mai a si è seduto tra i ricordi vicini i rumori
a bocca aperta lo seguirono nessuno lontani
sulla sua cattiva strada s'innamorò di tutti noi non proprio di guarda il muro e si guarda le mani
sulla sua cattiva strada qualcuno guarda il muro e si guarda le mani
non proprio di qualcuno. guarda il muro e si guarda le mani.
E quando poi sparì del tutto
a chi diceva "È stato un male" E un po' di tempo fa col telefono rotto Testo: F.De Gregori
a chi diceva "È stato un bene" Anno di pubblicazione: 1975
cercò dal terzo piano la sua serenità.
raccomandò "Non vi conviene Dicevamo che era libera e nessuno era GIUGNO '73
venir con me dovunque vada" sincero Tua madre ce l'ha molto con me
ma c'è amore un po' per tutti non l'avremmo corteggiata mai nel perché sono sposato e in più canto
e tutti quanti hanno un amore palazzo del mistero però canto bene e non so se tua madre
sulla cattiva strada nel palazzo del ministero. sia altrettanto capace a vergognarsi di
Testo: F.De Andrè – F.De Gregori
me.
Anno di pubblicazione: 1974
E dove mandi i tuoi pensieri adesso trovi
Nancy a fermarli La gazza che ti ho regalato
OCEANO molti hanno usato il suo corpo molti è morta, tua sorella ne ha pianto,
Quanti cavalli hai tu ceduto alla porta hanno pettinato i suoi capelli. quel giorno non avevano fiori, peccato,
tu che sfiori il cielo col tuo dito più corto E nel vuoto della notte quando hai quel giorno vendevano gazze parlanti.
la notte non ha bisogno freddo e sei perduto E speravo che avrebbe insegnato a tua
la notte fa benissimo a meno del tuo È ancora Nancy che ti dice - Amore madre
concerto sono contenta che sei venuto. A dirmi "Ciao come stai ", insomma non
ti offenderesti se qualcuno ti chiamasse Sono contenta che sei venuto. proprio a cantare
un tentativo. per quello ci sono già io come sai.
Testo: F.De Andrè (traduzione di “Nancy” di
L.Cohen)
Ed arrivò un bambino con le mani in Anno di pubblicazione: 1975 I miei amici sono tutti educati con te
tasca però vestono in modo un po' strano
ed un oceano verde dietro le spalle LE STORIE DI IERI mi consigli di mandarli da un sarto e mi
disse "Vorrei sapere, quanto è grande il Mio padre aveva un sogno comune chiedi
verde condiviso dalla sua generazione "Sono loro stasera i migliori che
come è bello il mare, quanto dura una la mascella al cortile parlava abbiamo ".
stanza troppi morti lo hanno tradito E adesso ridi e ti versi un cucchiaio di
è troppo tempo che guardo il sole, mi ha tutta gente che aveva capito. mimosa
fatto male " Nell'imbuto di un polsino slacciato.
E il bambino nel cortile sta giocando I miei amici ti hanno dato la mano,
Prova a lasciare le campane al loro tira sassi nel cielo e nel mare li accompagno, il loro viaggio porta un
cerchio di rondini ogni volta che colpisce una stella po' più lontano.
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se non riuscirà a nuotare la tua ultima canzone per l'estate
E tu aspetta un amore più fidato l'importante è che abbia sulla guancia Con le tue mani di carta per avvolgere
il tuo accendino sai io l'ho già regalato destra altre mani normali
e lo stesso quei due peli d'elefante quella mia voglia di mare Con l'idiota in giardino ad isolare le tue
mi fermavano il sangue e mi dici ancora che il mio nome rose migliori
li ho dati a un passante. glielo devo proprio dare col tuo freddo di montagna
e il divieto di sudare
Poi il resto viene sempre da sé ma non so testimoniare e più niente per poterti vergognare
i tuoi "Aiuto" saranno ancora salvati io non so testimoniare.
io mi dico è stato meglio lasciarci Com'è che non riesci più a volare
che non esserci mai incontrati. Testo: F.De Andrè – F.De Gregori com'è che non riesci più a volare
Anno di pubblicazione: 1975
com'è che non riesci più a volare
Testo: F.De Andrè
CANZONE PER L'ESTATE com'è che non riesci più a volare
Anno di pubblicazione: 1975
Con tua moglie che lavava i piatti in Testo: F.De Andrè – F.De Gregori
cucina e non capiva Anno di pubblicazione: 1975
DOLCE LUNA con tua figlia che provava il suo vestito
Cammina come un vecchio marinaio nuovo e sorrideva AMICO FRAGILE
non ha più un posto dove andare con la radio che ronzava Evaporato in una nuvola rossa
la terra sotto i piedi non lo aspetta per il mondo cose strane in una delle molte feritoie della notte
strano modo di ballare e il respiro del tuo cane che dormiva con un bisogno d'attenzione e d'amore
sua moglie ha un altro uomo e un'altra Coi tuoi santi sempre pronti a benedire i troppo, "Se mi vuoi bene piangi "
donna, è proprio un uomo da buttare tuoi sforzi per il pane per essere corrisposti,
e nelle tasche gli è rimasta solo un po' di con il tuo bambino biondo a cui hai dato valeva la pena divertirvi le serate estive
polvere di mare una pistola per Natale con un semplicissimo "Mi ricordo":
e non può testimoniare. che sembra vera, per osservarvi affittare un chilo d'era
con il letto in cui tua moglie ai contadini in pensione e alle loro
Si muove sopra i sassi non ti ha mai saputo dare donne
come un leone invernale e gli occhiali che tra un po' dovrai e regalare a piene mani oceani
ti può parlare ore ed ore cambiare ed altre ed altre onde ai marinai in
della sua quarta guerra mondiale servizio,
conserva la sua cena dentro a un foglio Com'è che non riesci più a volare fino a scoprire ad uno ad uno i vostri
di giornale com'è che non riesci più a volare nascondigli
la sua ragazza "esca dalle lunghe com'è che non riesci più a volare senza rimpiangere la mia credulità:
gambe" fa all'amore niente male com'è che non riesci più a volare perché già dalla prima trincea
e non può testimoniare. ero più curioso di voi,
Con le tue finestre aperte sulla strada e ero molto più curioso di voi
Lui vide il marinaio indiano gli occhi chiusi sulla gente
alzarsi in piedi e barcollare con la tua tranquillità, lucidità, E poi sorpreso dai vostri "Come sta"
con un coltello nella schiena soddisfazione permanente meravigliato da luoghi meno comuni e
tra la schiuma e la stella polare la tua coda di ricambio più feroci,
e il timoniere di Shanghai tornò tranquillo le tue nuvole in affitto tipo "Come ti senti amico, amico fragile,
a pilotare le tue rondini di guardia sopra il tetto se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese
e lui lo vide con l'anello al dito e un altro Con il tuo francescanesimo a puntate e di te"
anello da rubare la tua dolce consistenza "Lo sa che io ho perduto due figli"
ma non può testimoniare. col tuo ossigeno purgato e le tue onde "Signora lei è una donna piuttosto
regolate in una stanza distratta"
Dal buio delle tango notti "Balla Linda" col permesso di trasmettere
alla paralisi di un porto, e il divieto di parlare E ancora ucciso dalla vostra cortesia
la luce delle stelle chiare e ogni giorno un altro giorno da contare nell'ora in cui un mio sogno
come un rifugio capovolto, ballerina di seconda fila,
la sua balena "Dolce Luna" che lo Com'è che non riesci più a volare agitava per chissà quale avvenire
aspettata in alto mare, com'è che non riesci più a volare il suo presente di seni enormi
gli ha detto molte volte "Amore, con chi com'è che non riesci più a volare e il suo cesareo fresco,
mi vuoi dimenticare " com'è che non riesci più a volare pensavo è bello che dove finiscono le
e non può testimoniare mie dita
e non può testimoniare. Con i tuoi entusiasmi lenti precisati da debba in qualche modo incominciare
ricordi stagionali una chitarra
E tu mi vieni a dire voglio un figlio e una bella addormentata che si sveglia
su cui potermi regolare a tutto quel che le regali E poi seduto in mezzo ai vostri
con due occhi qualunque e il terzo con il tuo collezionismo "arrivederci",
occhio inconfondibile e speciale di parole complicate mi sentivo meno stanco di voi
che non ti importa niente
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ero molto meno stanco di voi E due errori ho commesso mia madre e il mulino son nati ridendo
due errori di saggezza volta la carta c'è un pilota biondo
Potevo stuzzicare i pantaloni della abortire l'America pilota biondo camicie di seta
sconosciuta e poi guardarla con dolcezza cappello di volpe sorriso da atleta
fino a farle spalancarsi la bocca. ma voi che siete uomini Angiolina seduta in cucina che piange,
Potevo chiedere ad uno qualunque dei sotto il vento e le vele che mangia insalata di more
miei figli non regalate terre promesse Ragazzo straniero ha un disco
di parlare ancora male e ad alta voce di a chi non le mantiene ". d'orchestra che gira veloce che parla
me. Coro: Rimini, Rimini d'amore
Potevo barattare la mia chitarra e il suo Ragazzo straniero ha un disco
elmo Ora Teresa è all'Harrys' Bar d'orchestra che gira che gira che
con una scatola di legno che dicesse guarda verso il mare parla d'amore
perderemo. per lei figlia di droghieri
Potevo chiedere come si chiama il penso che sia normale Madamadorè ha perso sei figlie
vostro cane porta una lametta al collo tra i bar del porto e le sue meraviglie
Il mio è un po' di tempo che si chiama è vecchia di cent'anni Madamadorè sa puzza di gatto
Libero. di lei ho saputo poco volta la carta e paga il riscatto
Potevo assumere un cannibale al giorno ma sembra non inganni. paga il riscatto con le borse degli occhi
per farmi insegnare la mia distanza dalle piene di foto di sogni interrotti
stelle. "E un errore ho commesso - dice - Angiolina ritaglia giornali si veste da
Potevo attraversare litri e litri di corallo un errore di saggezza sposa canta vittoria
per raggiungere un posto che si abortire il figlio del bagnino chiama i ricordi col loro nome volta la
chiamasse arrivederci e poi guardarlo con dolcezza carta e finisce in gloria
ma voi che siete a Rimini chiama i ricordi col loro nome volta la
E mai che mi sia venuto in mente, tra i gelati e le bandiere carta e finisce in gloria
di essere più ubriaco di voi non fate più scommesse
di essere molto più ubriaco di voi sulla figlia del droghiere". Testo: F.De Andrè – M.Bubola
Coro: Rimini, Rimini Anno di pubblicazione: 1978
Testo: F.De Andrè
Anno di pubblicazione: 1974 CODA DI LUPO
Testo: F.De Andrè – M.Bubola
Anno di pubblicazione: 1978 Quand'ero piccolo m'innamoravo di tutto
correvo dietro ai cani
VOLTA LA CARTA e da marzo a febbraio mio nonno
RIMINI C'è una donna che semina il grano vegliava
Teresa ha gli occhi secchi volta la carta si vede il villano sulla corrente di cavalli e di buoi
guarda verso il mare il villano che zappa la terra sui fatti miei e sui fatti tuoi
per lei figlia di pirati volta la carta viene la guerra e al dio degli inglesi non credere mai
penso che sia normale per la guerra non c'è più soldati
Teresa parla poco a piedi scalzi son tutti scappati E quando avevo duecento lune e forse
ha labbra screpolate Angiolina cammina cammina sulle sue qualcuna è di troppo
mi indica un amore perso scarpette blu rubai il primo cavallo e mi fecero uomo
a Rimini d'estate. carabiniere l'ha innamorata volta la carta cambiai il mio nome in "Coda di lupo"
e lui non c'è più cambiai il mio pony con un cavallo muto
Lei dice bruciato in piazza carabiniere l'ha innamorata volta la carta e al loro dio perdente non credere mai
dalla santa inquisizione e lui non c'è più
forse perduto a Cuba E fu nella notte della lunga stella con la
nella rivoluzione C'è un bambino che sale un cancello coda
o nel porto di New York ruba ciliege e piume d'uccello che trovammo mio nonno crocifisso
nella caccia alle streghe tira sassate non ha dolori sulla chiesa
oppure in nessun posto volta la carta c'è il fante di cuori crocifisso con forchette che si usano a
ma nessuno le crede. il fante di cuori che è un fuoco di paglia cena
Coro: Rimini, Rimini volta la carta il gallo ti sveglia era sporco e pulito di sangue e di crema
Angiolina alle sei di mattina s'intreccia i e al loro dio goloso non credere mai
E Colombo la chiama capelli con foglie d'ortica
dalla sua portantina ha una collana di ossi di pesca la gira tre E forse avevo diciott'anni e non puzzavo
lei gli toglie le manette ai polsi volte intorno alle dita più di serpente
gli rimbocca le lenzuola ha una collana di ossi di pesca la conta possedevo una spranga un cappello e
"Per un triste Re Cattolico - le dice - tre volte in mezzo alle dita una fionda
ho inventato un regno e una notte di gala con un sasso a punta
e lui lo ha macellato Mia madre ha un mulino e un figlio uccisi uno smoking e glielo rubai
su di una croce di legno. infedele e al dio della scala non credere mai
gli inzucchera il naso di torta di mele
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Poi tornammo in Brianza per l'apertura Andrea raccoglieva violette ai bordi del tu potrai ballare o fandango
della caccia al bisonte pozzo
ci fecero l'esame dell'alito e delle urine Andrea gettava Riccioli neri nel cerchio Che cosa è il colpo che ho sentito
ci spiegò il meccanismo un poeta del pozzo ho nella schiena un dolore caldo
andaluso Il secchio gli disse - Signore il pozzo è siediti qui trattieni il fiato
- Per la caccia al bisonte - disse - Il profondo forse non sono stato troppo scaltro
numero è chiuso più fondo del fondo degli occhi della Svelta Maddalena prendi il mio fucile
E a un dio a lieto fine non credere mai Notte del Pianto. guarda dove è partito il lampo
Lui disse - Mi basta mi basta che sia più miralo bene cercare di colpire
Ed ero già vecchio quando vicino a profondo di me. potremmo non vedere più Durango
Roma al Little Big Horn Lui disse - Mi basta mi basta che sia più
capelli corti generale ci parlò profondo di me. Nun chiagne Maddalena Dio ci guarderà
all'università e presto arriveremo a Durango
dei fratelli tute blu che seppellirono le Testo: F.De Andrè – M.Bubola Stringimi Maddalena 'sto deserto finirà
asce Anno di pubblicazione: 1978 tu potrai ballare o fandango
ma non fumammo con lui non era AVVENTURA A DURANGO
venuto in pace Testo: F.De Andrè – M.Bubola (traduzione di
Peperoncini rossi nel sole cocente “Romance in Durango” di B.Dylan- J.Levy)
e a un dio fatti il culo non crede mai
polvere sul viso e sul cappello Anno di pubblicazione: 1978
io e Maddalena all'occidente
E adesso che ho bruciato venti figli sul SALLY
abbiamo aperto i nostri occhi oltre il
mio letto di sposo Mia madre mi disse - Non devi giocare
cancello
che ho scaricato la mia rabbia in un con gli zingari nel bosco
ho dato la chitarra al figlio del fornaio
teatro di posa Mia madre mi disse - Non devi giocare
per una pizza ed un fucile
che ho imparato a pescare con le con gli zingari nel bosco
la ricomprerò lungo il sentiero
bombe a mano Ma il bosco era scuro l'erba già verde
e suonerò per Maddalena all'imbrunire.
che mi hanno scolpito in lacrime lì venne Sally con un tamburello
sull'arco di Traiano ma il bosco era scuro l'erba già alta
Nun chiagne Maddalena Dio ci guarderà
con un cucchiaio di vetro scavo nella dite a mia madre che non tornerò
e presto arriveremo a Durango
mia storia
Stringimi Maddalena 'sto deserto finirà
ma colpisco un po' a casaccio perché Andai verso il mare senza barche per
tu potrai ballare o fandango
non ho più memoria traversare
e a un dio senza fiato non credere mai spesi cento lire per un pesciolino d'oro
Dopo i templi aztechi e le rovine
le prime stelle sul Rio Grande Andai verso il mare senza barche per
Testo: F.De Andrè – M.Bubola
Anno di pubblicazione: 1978 Di notte sogno il campanile traversare
e il collo di Ramon pieno di sangue spesi cento lire per un pesciolino cieco
ANDREA Sono stato proprio io all'osteria Gli montai sulla groppa e sparii in un
Andrea s'è perso s'è perso e non sa a premere le dita sul grilletto baleno
tornare Vieni mia Maddalena voliamo via andate a dire a Sally che non tornerò
Andrea s'è perso s'è perso e non sarà il cane abbaia quel che è fatto è fatto Gli montai sulla groppa e sparii in un
tornare momento
Andrea aveva un amore Riccioli neri Nun chiagne Maddalena Dio ci guarderà dite a mia madre che non tornerò
Andrea aveva un dolore Riccioli neri. e presto arriveremo a Durango
Stringimi Maddalena 'sto deserto finirà Vicino alla città trovai Pilar del mare
C'era scritto sul foglio ch'era morto sulla tu potrai ballare o fandango con due gocce di eroina si
bandiera addormentava il cuore
C'era scritto e la firma era d'oro era firma Alla corrida con tequila ghiacciata Vicino alle roulottes trovai Pilar dei meli
di re vedremo il toreador toccare il cielo bocca sporca di mirtilli un coltello in
Ucciso sui monti di Trento dalla All'ombra della tribuna antica mezzo ai seni
mitraglia. dove Villa applaudiva il rodeo Mi svegliai sulla quercia l'assassino era
Ucciso sui monti di Trento dalla Il frate pregherà per il perdono fuggito
mitraglia. ci accoglierà nella missione dite al pesciolino che non tornerò
Avrò stivali nuovi un orecchino d'oro Mi guardai nello stagno l'assassino s'era
Occhi di bosco contadino del regno e sotto il livello tu farai la comunione già lavato
profilo francese La strada è lunga ma ne vedo la fine dite a mia madre che non tornerò
Occhi di bosco soldato del regno profilo arriveremo per il ballo
francese e Dio ci apparirà sulle colline Seduto sotto un ponte si annusava il re
E Andrea l'ha perso ha perso l'amore la coi suoi occhi smeraldi di ramarro dei topi
perla più rara sulla strada le sue bambole bruciavano
E Andrea ha in bocca un dolore la perla Nun chiagne Maddalena Dio ci guarderà copertoni
più scura. e presto arriveremo a Durango Sdraiato sotto il ponte si adorava il re dei
Stringimi Maddalena 'sto deserto finirà topi
sulla strada le sue bambole adescavano
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i signori tutto quello che c'era dentro cavo dalla riva
Mi parlò sulla bocca mi donò un le pere butirre e l'orto coltivato e dopo ruba l'amore del capitano
braccialetto sei mesi che me n'ero andato attorcigliandole la vita
dite alla quercia che non tornerò sembrava un cimitero bombardato il macellaio mani di seta si è dato un
Mi baciò sulla bocca mi propose il suo nome da battaglia
letto Te ne sei andato a vivere coi signori, tiene fasciate dentro il frigo nove
dite a mia madre che non tornerò facendoti comandare da tua moglie mascelle antiguerriglia
e i soldi di papà li hai spesi tutti in ha un grembiule antiproiettile tra il
Mia madre mi disse - Non devi giocare dolciumi, medicine e giornali giornale e il gilè.
con gli zingari del bosco che tuo figliolo a quattro anni aveva già
Ma il bosco era scuro l'erba già verde gli occhiali E il pasticciere e il poeta e il paralitico e
lì venne Sally con un tamburello la sua coperta
Mia moglie vive da signora e mio figlio si ritrovarono sul molo con sorrisi da
Testo: F.De Andrè – M.Bubola conosce più di mille parole cruciverba
Anno di pubblicazione: 1978 la tua munge da mattina a sera e le tue a sorseggiarsi il capitano che si sparava
ZIRICHILTAGGIA figlie sono sporche di terra negli occhi
e di letame e andranno a sposarsi a e il pomeriggio a dimenticarlo con le sue
Di chissu che babbu ci ha lacátu la
qualche servo pastore pipe e i suoi scacchi
meddu palti ti sei presa
e si fiutarono compatti nei sottintesi e
lu muntiggiu rúiu cu lu súaru li àcchi
E tu quando sei partito soldato piangevi nelle azioni
sulcini lu trau mannu
come un bambinetto contro ogni sorta di naufragi o di altre
e m'hai laccatu monti múccju e zirichèlti
e dai padri delle tue amanti t'ha salvato rivoluzioni
tuo fratello e il macellaio mani di seta distribuì le
Ma tu ti sei tentu lu riu e la casa e tuttu
e se il coraggio che ti è rimasto è munizioni.
chissu che v'era 'ndrentu
sempre quello ce la vedremo in
li piri butìrro e l'oltu cultiato e dapói di sei
piazza Testo: F.De Andrè – M.Bubola
mesi che mi n'era 'ndatu Anno di pubblicazione: 1978
chi ha la testa dura e nel frattempo
parìa un campusantu bumbaldatu
mettimi la faccia in culo FOLAGHE
Ti ni sei andatu a campà cun li signuri PARLANDO DEL NAUFRAGIO DELLA (Strumentale)
fènditi comandà da to mudderi LONDON VALOUR
e li soldi di babbu l'hai spesi tutti in cosi I marinai foglie di coca digeriscono in
Anno di pubblicazione: 1978
boni, midicini e giornali coperta
che to fiddòlu a cattr'anni aja jà l'ucchjali il capitano ha un'amore al collo venuto
apposta dall'Inghilterra !
Ma me muddèri campa da signora a me il pasticcere di via Roma sta scendendo
fiddòlu cunnosci più di milli paráuli le scale UNA STORIA SBAGLIATA
la tòja è mugnedi di la manzàna a la ogni dozzina di gradini trova una mano E' una storia da dimenticare
sera da pestare e' una storia da non raccontare
e li toi fiddòli so brutti di tarra e di lozzu ha una frusta giocattolo sotto l'abito da e' una storia un po' complicata
e andaràni a cuiuàssi a calche ziràccu tè. e' una storia sbagliata.
Candu tu sei paltutu suldatu piagnii E la radio di bordo è una sfera di cristallo Comincio' con la luna sul posto
come unu stèddu dice che il vento si farà lupo il mare si e fini' con un fiume d'inchiostro
e da li babbi di li toi amanti t'ha salvatu tu farà sciacallo e' una storia un poco scontata
fratèddu il paralitico tiene in tasca un uccellino blu e' una storia sbagliata.
e si lu curàggiu che t'è filmatu è sempre cobalto
chiddu ride con gli occhi al circo Togni quando Storia diversa per gente normale
chill'èmu a vidi in piazza ca l'ha più tostu l'acrobata sbaglia il salto. storia comune per gente speciale
lu murro cos'altro vi serve da queste vite
e pa lu stantu ponimi la faccia in culu E le ancore hanno perduto la ora che il cielo al centro le ha colpite
scommessa e gli artigli ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.
Testo: F.De Andrè – M.Bubola
Anno di pubblicazione: 1978 i marinai uova di gabbiano piovono sugli
scogli E' una storia di periferia
ZIRICHILTAGGIA (Traduzione) il poeta metodista ha spine di rosa nelle e' una storia da una botta e via
Di quello che papà ci ha lasciato la parte zampe e' una storia sconclusionata
migliore ti sei presa per far pace con gli applausi per sentirsi una storia sbagliata.
la collina rosa con il sughero le vacche più distante
sorcine e il toro grande la sua stella sì e oscurata da quando ha Una spiaggia ai piedi del letto
e m'hai lasciato pietre, cisto e lucertole vinto la gara del sollevamento pesi. stazione Termini ai piedi del cuore
una notte un po' concitata
Ma tu ti sei tenuto il ruscello e la casa e E con uno schiocco di lingua parte il una notte sbagliata.
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cielo ogni cane abbaia
Notte diversa per gente normale insomma di segno contrario uno buono prendi la tua tristezza in mano e soffiala
notte comune per gente speciale uno vero. nel fiume
cos'altro ti serve da queste vite vesti di foglie il tuo dolore e coprilo di
ora che il cielo al centro le ha colpite Testo: F.De Andrè – M.Bubola piume
Anno di pubblicazione: 1980
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.
Sopra ogni cisto da qui al mare c'è un
E' una storia vestita di nero po' dei miei capelli
e' una storia da basso impero sopra ogni sughera il disegno di tutti i
e' una storia mica male insabbiata QUELLO CHE NON HO miei coltelli
e' una storia sbagliata. Quello che non ho è una camicia bianca l'amore delle case l'amore bianco vestito
quello che non ho è un segreto in banca io non l'ho mai saputo e non l'ho mai
E' una storia da carabinieri quello che non ho sono le tue pistole tradito
e' una storia per parrucchieri per conquistarmi il cielo per
e' una storia un po' sputtanata guadagnarmi il sole. Mio padre un falco mia madre un
o e' una storia sbagliata. pagliaio stanno sulla collina
Quello che non ho è di farla franca i loro occhi senza fondo seguono la mia
Storia diversa per gente normale quello che non ho è quel che non mi luna
storia comune per gente speciale manca notte notte notte sola sola come il mio
cos'altro vi serve da queste vite quello che non ho sono le tue parole fuoco
ora che il cielo al centro le ha colpite per guadagnarmi il cielo per piega la testa sul mio cuore e spegnilo
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite. conquistarmi il sole. poco a poco
Per il segno che c'e' rimasto Quello che non ho è un orologio avanti Testo: F.De Andrè – M.Bubola
non ripeterci quanto ti spiace per correre più in fretta e avervi più Anno di pubblicazione: 1981
non ci chiedere piu' come e' andata distanti
FIUME SAND CREEK
tanto lo sai che e' una storia sbagliata quello che non ho è un treno arrugginito
che mi riporti indietro da dove sono Si son presi il nostro cuore sotto una
tanto lo sai che e' una storia sbagliata.
partito. coperta scura
Testo: F.De Andrè – M.Bubola
sotto una luna morta piccola dormivamo
Anno di pubblicazione: 1980 Quello che non ho sono i tuoi denti d'oro senza paura
quello che non ho è un pranzo di lavoro fu un generale di vent'anni
TITTI occhi turchini e giacca uguale
quello che non ho è questa prateria
Come due canne sul calcio del fucile per correre più forte della malinconia. fu un generale di vent'anni
come due promesse nello stesso aprile figlio d'un temporale
come due serenate alla stessa finestra Quello che non ho sono le mani in pasta
come due cappelli sulla stessa testa quello che non ho è un indirizzo in tasca C'è un dollaro d'argento sul fondo del
come due soldini sul palmo della mano quello che non ho sei tu dalla mia parte Sand Creek
come due usignoli pioggia e piume sullo quello che non ho è di fregarti a carte.
stesso ramo. I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista
Quello che non ho è una camicia bianca del bisonte
Titti aveva due amori uno di cielo uno di quello che non ho è di farla franca e quella musica distante diventò sempre
terra quello che non ho sono le sue pistole più forte
di segno contrario uno in pace uno in per conquistarmi il cielo per chiusi gli occhi per tre volte
guerra guadagnarmi il sole. mi ritrovai ancora lì
Titti aveva due amori uno in terra uno in chiesi a mio nonno è solo un sogno
cielo Quello che non ho... mio nonno disse sì
insomma di segno contrario uno buono
uno vero. Testo: F.De Andrè – M.Bubola A volte i pesci cantano sul fondo del
Anno di pubblicazione: 1981 Sand Creek
Come le lancette dello stesso orologio
come due cavalieri dentro il sortilegio CANTO DEL SERVO PASTORE Sognai talmente forte che mi uscì il
e furono i due legni che fecero la croce Dove fiorisce il rosmarino c'e' una sangue dal naso
e intorno due banditi con la stessa voce fontana scura il lampo in un orecchio nell'altro il
come due risposte con una parola dove cammina il mio destino c'e' un filo paradiso
come due desideri per una stella sola. di paura le lacrime più piccole
qual'è la direzione nessuno me lo le lacrime più grosse
Titti aveva due amori uno di cielo uno di imparò quando l'albero della neve
terra qual'è il mio vero nome ancora non lo so fiorì di stelle rosse
di segno contrario uno in pace uno in
guerra Quando la luna perde la lana e il Ora i bambini dormono sul letto del
Titti aveva due amori uno in terra uno in passero la strada Sand Creek
quando ogni angelo è alla catena ed
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montagna
Quando il sole alzò la testa tra le spalle Prega tuo figlio quanto taglia il suo dolore più d'un
della notte per noi peccatori coltello, coltello di Spagna
c'erano sono cani e fumo e tende che tutti gli errori
capovolte ci perdoni Tu bandito senza luna senza stelle e
tirai una freccia in cielo senza fortuna
per farlo respirare Tantissime grazie ci doni questa notte dormirai col suo rosario
tirai una freccia al vento nella vita e nella morte stretto intorno al tuo fucile.
per farlo sanguinare e un meraviglioso destino Tu bandito senza luna senza stelle e
in paradiso senza fortuna
La terza freccia cercala sul fondo del questa notte dormirai col suo rosario
Sand Creek HOTEL SUPRAMONTE stretto intorno al tuo fucile
E se vai all'Hotel Supramonte e guardi il
Si son presi il nostro cuore sotto una cielo Hanno detto che Franziska è stanca di
coperta scura tu vedrai una donna in fiamme e un ballare
sotto una luna morta piccola dormiamo uomo solo con un uomo che non ride e non la può
senza paura e una lettera vera di notte falsa di giorno baciare
fu un generale di vent'anni e poi scuse e accuse e scuse senza tutta notte sulla quercia l'hai seguita in
occhi turchini e giacca uguale ritorno mezzo ai rami
fu un generale di vent'anni e ora viaggi ridi vivi o sei perduta dietro il palco sull'orchestra i tuoi occhi
figlio d'un temporale col tuo ordine discreto dentro il cuore come due cani
ma dov'è dov'è il tuo amore, ma dove è
Ora i bambini dormono sul fondo del finito il tuo amore Marinaio di foresta senza sonno e senza
Sand Creek canzoni
Grazie al cielo ho una bocca per bere e senza una conchiglia da portare o una
Testo: F.De Andrè – M.Bubola non è facile rete d'illusioni.
Anno di pubblicazione: 1981 grazie a te ho una barca da scrivere ho Marinaio di foresta senza sonno e senza
AVE MARIA (in sardo) un treno da perdere canzoni
e un invito all'Hotel Supramonte dove ho senza una conchiglia da portare o una
Deus Deus ti salve Maria visto la neve rete d'illusioni.
chi chi ses de grazia piena sul tuo corpo così dolce di fame così
de grazia ses sa ivena dolce di sete Hanno detto che Franziska è stanca di
ei sa currente... passerà anche questa stazione senza posare
ei sa currente... far male per un uomo che dipinge e non la può
passerà questa pioggia sottile come guardare
Su, su Deus onnipotente passa il dolore filo filo del mio cuore che dagli occhi porti
cun, cun tegus est istadu ma dov'è dov'è il tuo cuore, ma dove è al mare
pro chi t'ha preservadu finito il tuo cuore c'è una lacrima nascosta che nessuno
immaculata
mi sa disegnare
E ora siedo sul letto del bosco che ormai
Pregade pregade lu a fizzu ostru ha il tuo nome Tu bandito senza luna senza stelle e
chi chi tottu sos errores ora il tempo è un signore distratto è un senza fortuna
a nois sos peccadores bambino che dorme questa notte dormirai col suo rosario
a nos perdone ma se ti svegli e hai ancora paura stretto intorno al tuo fucile.
ridammi la mano Tu bandito senza luna senza stelle e
Meda meda grazia a nos done cosa importa se sono caduto se sono senza fortuna
in vida e in sa morte lontano questa notte dormirai col suo ritratto
e in sa diciosa sorte perché domani sarà un giorno lungo e proprio sotto il tuo fucile
in paradisu senza parole
perché domani sarà un giorno incerto di Hanno detto che Franziska non riesce
Testo: Da un canto tradizionale sardo
Anno di pubblicazione: 1981 nuvole e sole più a cantare
ma dov'è dov'è il tuo amore, ma dove è anche l'ultima sorella tra un po' vedrà
AVE MARIA (traduzione) finito il tuo amore sposare
Ave Maria l'altro giorno un altro uomo le ha sorriso
piena di grazia Testo: F.De Andrè – M.Bubola per la strada
tu che di grazie sei sorgente Anno di pubblicazione: 1981
era certo un forestiero che non sapeva
e fonte d’acqua corrente quel che costava
FRANZISKA
Dio onnipotente Hanno detto che Franziska è stanca di
pregare Marinaio di foresta senza sonno e senza
ti ha visitato canzoni
e ti ha conseravato tutta notte alla finestra aspetta il tuo
segnale senza una conchiglia da portare o una
immacolata rete d'illusioni.
quanto è piccolo il suo cuore e grande la
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Marinaio di foresta senza sonno e senza con le sue perle stelle e strisce
canzoni Testo: F.De Andrè – M.Bubola in fondo al cielo
senza una conchiglia da portare o una Anno di pubblicazione: 1981 e ora sorridimi perché
rete d'illusioni VERDI PASCOLI presto il concerto se ne andrà
con le sue stelle arrugginite
Gli aranci sono grossi
Testo: F.De Andrè – M.Bubola in fondo al mare
Anno di pubblicazione: 1981 i limoni sono rossi
lassù, lassù nei verdi pascoli Testo: F.De Andrè – M.Bubola
SE TI TAGLIASSERO A PEZZETTI ogni angelo è un bambino Anno di pubblicazione: 1981
Se ti tagliassero a pezzetti sporco e birichino
il vento li raccoglierebbe lassù, lassù nei verdi pascoli #
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso E ora non piangere perché CREUZA DE MÄ
e il polline di Dio di Dio il sorriso presto la notte finirà Umbre de muri muri de mainé
con le sue perle stelle e strisce dunde ne vegnì duve l'è ch'ané
Ti ho trovata lungo il fiume in fondo al cielo da 'n scitu duve a l'ûn-a a se mustra nûa
che suonavi una foglia di fiore e ora sorridimi perché e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua
che cantavi parole leggere, parole presto la notte se ne andrà e a muntä l'àse gh'é restou Diu
d'amore con le sue stelle arrugginite u Diàu l'é in çë e u s'è gh'è faetu u nìu
ho assaggiato le tue labbra di miele in fondo al mare ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse
rosso rosso da u Dria
ti ho detto dammi quello che vuoi, io La radio suona sempre canzoni da e a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria
quel che posso ballare E 'nt'a cä de pria chi ghe saià
lassù, lassù nei verdi pascoli int'à cä du Dria che u nu l'è mainà
Rosa gialla rosa di rame niente da scommettere gente de Lûgan facce de mandillä
mai ballato così a lungo tutto da giocare qui che du luassu preferiscian l'ä
lungo il filo della notte sulle pietre del lassù, lassù nei verdi pascoli figge de famiggia udù de bun
giorno che ti peu ammiàle senza u gundun
io suonatore di chitarra io suonatore di E ora non piangere perché E a 'ste panse veue cose che daià
mandolino presto la notte se ne andrà cose da beive, cose da mangiä
alla fine siamo caduti sopra il fieno con le sue perle stelle e strisce frittûa de pigneu giancu de Purtufin
in fondo al cielo çervelle de bae 'nt'u meximu vin
Persa per molto persa per poco e ora sorridimi perché lasagne da fiddià ai quattru tucchi
presa sul serio presa per gioco presto la notte finirà paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi
non c'è stato molto da dire o da pensare con le sue stelle arrugginite **
la fortuna sorrideva come uno stagno a in fondo al mare E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu
primavera 'nsc'i scheuggi
spettinata da tutti i venti della sera Non c'è d'andare a scuola emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi
ti basta una parola finché u matin crescià da puéilu
E adesso aspetterò domani lassù, lassù nei verdi pascoli rechéugge
per avere nostalgia c'è carne da mangiare frè di ganeuffeni e dè figge
signora libertà signorina fantasia erba da sognare bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
così preziosa come il vino così gratis lassù, lassù nei verdi pascoli che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza
come la tristezza de mä
con la tua nuvola di dubbi e di bellezza E ora non piangere perché
presto la notte finirà Testo: F.De Andrè – M.Pagani
T'ho incrociata alla stazione con le sue perle stelle e strisce Anno di pubblicazione: 1984
che inseguivi il tuo profumo in fondo al cielo
presa in trappola da un tailleur grigio e ora sorridimi perché * Creuza: qui impropriamente tradotto:
fumo presto la notte finirà mulattiera. In realtà la creuza è nel
i giornali in una mano e nell'altra il tuo con le sue stelle arrugginite genovesato una strada suburbana
destino in fondo al mare che scorre fra due muri che
camminavi fianco a fianco al tuo solitamente determinano i confini di
assassino Gli aranci sono grossi proprietà
i limoni sono rossi
Ma se ti tagliassero a pezzetti lassù, lassù nei verdi pascoli ** Lévre de cuppi: gatto
il vento li raccoglierebbe papà non c'ha da fare MULATTIERA DI MARE (traduzione)
il regno dei ragni cucirebbe la pelle papà ti fa giocare
Ombre di facce facce di marinai
e la luna la luna tesserebbe i capelli e il lassù, lassù nei verdi pascoli
da dove venite dov'è che andate
viso
da un posto dove la luna si mostra nuda
e il polline di Dio E ora non piangere perché
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
di Dio il sorriso presto il concerto finirà
e a montare l'asino c'è rimasto Dio
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il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido Anno di pubblicazione: 1984 Testo: F.De Andrè – M.Pagani
usciamo dal mare per asciugare le ossa Anno di pubblicazione: 1984
JAMINA (traduzione)
dell'Andrea Lingua infuocata Jamina
alla fontana dei colombi nella casa di * Vezzeggiativo che sta per bambino
lupa di pelle scura
pietra con la bocca spalancata SIDONE (traduzione)
E nella casa di pietra chi ci sarà morso di carne soda Il mio bambino il mio
nella casa dell'Andrea che non è stella nera che brilla il mio
marinaio mi voglio divertire labbra grasse al sole
gente di Lugano facce da tagliaborse nell'umido dolce di miele di miele
quelli che della spigola preferiscono l'ala del miele del tuo alveare tumore dolce benigno
ragazze di famiglia, odore di buono sorella mia Jamina di tua madre
che puoi guardarle senza preservativo mi perdonerai spremuto nell'afa umida
E a queste pance vuote cosa gli darà se non riuscirò a essere porco dell'estate dell'estate
cose da bere, cose da mangiare come i tuoi pensieri e ora grumo di sangue orecchie
frittura di pesciolini, bianco di Portofino staccati Jamina e denti di latte
cervelli di agnello nello stesso vino labbra di uva spina e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
lasagne da tagliare ai quattro sughi fatti guardare Jamina con la schiuma alla bocca
pasticcio in agrodolce di lepre di tegole getto di fica sazia cacciatori di agnelli
E nella barca del vino ci navigheremo e la faccia nel sudore a inseguire la gente come selvaggina
sugli scogli sugo di sale di cosce finché il sangue selvatico
emigranti della risata con i chiodi negli dove c'è pelo c'è amore non gli ha spento la voglia
occhi sultana delle troie e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
finché il mattino crescerà da poterlo dacci piano Jamina e nelle ferite il seme velenoso della
raccogliere non navigare di sponda deportazione
fratello dei garofani e delle ragazze prima che la voglia che sale e scende perché di nostro dalla pianura al modo
padrone della corda marcia d'acqua e di non mi si disfi nell'onda non possa più crescere albero né spiga
sale e l'ultimo respiro Jamina né figlio
che ci lega e ci porta in una mulattiera di regina madre delle sambe ciao bambino mio l'eredità
mare me lo tengo per uscire vivo è nascosta
dal nodo delle tue gambe in questa città
JAMIN-A
che brucia che brucia
Lengua 'nfeuga Jamin-a SIDUN nella sera che scende
lua de pelle scûa U mæ ninin* u mæ e in questa grande luce di fuoco
cu'a bucca spalancà u mæ per la tua piccola morte
morsciu de carne dûa lerfe grasse au su
stella neigra ch'a lûxe d'amë d'amë SINÁN CAPUDÁN PASCIÁ
me veuggiu demuâ tûmù duçe benignu Teste fascië 'nscià galéa
'nte l'ûmidu duçe de teu muaè ë sciabbre se zeugan a lûn-a
de l'amë dû teu arveà spremmûu 'nta maccaia a mæ a l'è restà duv'a a l'éa
Ma seu Jamin-a de stæ de stæ pe nu remenalu ä furtûn-a
ti me perdunié e oua grûmmu de sangue ouëge intu mezu du mä
se nu riûsciò a ésse porcu e denti de laete gh'è 'n pesciu tundu
cumme i teu pensë e i euggi di surdatti chen arraggë che quandu u vedde ë brûtte
cu'a scciûmma a a bucca cacciuéi de u va 'nsciù fundu
Destacchete Jamin-a bæ intu mezu du mä
lerfe de ûga spin-a a scurrï a gente cumme selvaggin-a gh'è 'n pesciu palla
fatt'ammiâ Jamin-a finch'u sangue sarvaegu nu gh'à che quandu u vedde ë belle
roggiu de mussa pin-a smurtau a qué u vegne a galla **
e u muru 'ntu sûù e doppu u feru in gua i feri d'ä prixún E au postu d'i anni ch'ean dedexenueve
sûgu de sä de cheusce e 'nte ferie a semensa velenusa d'ä se sun piggiaë ë gambe e a mæ brasse
duve gh'è pei gh'è amù sultan-a de e depurtaziún neuve
bagasce perché de nostru da a cianûa a u meü d'allua a cansún l'à cantà u tambûu
dagghe cianìn Jamin-a nu peua ciû cresce aerbu ni spica ni e u lou s'è gangiou in travaggiu dûu
nu navegâ de spunda figgeü vuga t'è da vugâ prexuné
primma ch'à cuæ ch'à munta e a chin-a ciao mæ 'nin l'ereditæ e spuncia spuncia u remu fin au pë
nu me se desfe 'nte l'unda l'è ascusa vuga t'è da vugâ turtaiéu ***
e l'ûrtimu respiu Jamin-a 'nte sta çittæ e tia tia u remmu fin a u cheu
regin-a muaé de e sambe ch'a brûxa ch'a brûxa e questa a l'è a ma stöia
me u tegnu pe sciurtï vivu inta seia che chin-a e t'ä veuggiu cuntâ
da u gruppu de e teu gambe e in stu gran ciaeu de feugu 'n po' primma ch'à vegiàià
pe a teu morte piccin-a a me peste 'ntu murtä
Testo: F.De Andrè – M.Pagani
e questa a l'è a memöia
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a memöia du Cigä SINÁN CAPUDÁN PASCIÁ A PITTIMA
ma 'nsci libbri de stöia (traduzione) Cosa ghe possu ghe possu fâ
Sinán Capudán Pasciá Teste fasciate sulla galea se nu gh'ò ë brasse pe fâ u mainä
E suttu u timun du gran cäru le sciabole si giocano la luna se infundo a e brasse nu gh'ò ë män du
c'u muru 'nte 'n broddu de fàru la mia è rimasta dov'era massacán
'na neutte ch'u freidu u te morde per non stuzzicare la fortuna e mi gh'ò 'n pûgnu dûu ch'u pâ 'n niu
u te giàscia u te spûa e u te remorde in mezzo al mare c'è un pesce tondo gh'ò 'na cascetta larga 'n diu
e u Bey assettòu u pensa ä Mecca che quando vede le brutte va sul fondo giûstu pe ascúndime c'u vestiu deré a 'n
e u vedde ë Urì 'nsce 'na secca in mezzo al mare c'è un pesce palla fiu
ghe giu u timùn a lebecciu che quando vede le belle viene a galla e vaddu in giù a çerca i dinë
sarvàndughe a vitta e u sciabeccu E al posto degli anni che erano a chi se i tegne e ghe l'àn prestë
amü me bell'amü diciannove e ghe i dumandu timidamente ma in
a sfurtûn-a a l'è 'n grifun si sono presi le gambe e le mie braccia mezu ä gente
ch'u gia 'ngiu ä testa du belinun da allora la canzone l'ha cantata il e a chi nu veu däse raxún
amü me bell'amü tamburo che pâ de stránûä cuntru u trun
a sfurtûn-a a l'è 'n belin e il lavoro è diventato fatica ghe mandu a dî che vive l'è cäu ma a
ch'ù xeua 'ngiu au cû ciû vixín voga devi vogare prigioniero bu-n mercöu
e questa a l'è a ma stöia e spingi spingi il remo fino al piede mi sun 'na pittima rispettä
e t'ä veuggiu cuntâ voga devi vogare imbuto e nu anâ 'ngíu a cuntâ
'n po' primma ch'à a vegiàià e tira tira il remo fino al cuore che quandu a vittima l'è 'n strassé ghe
a me peste 'ntu murtä e questa è la mia storia dö du mæ
e questa a l'è a memöia e te la voglio raccontare
a memöia du Cigä un po' prima che la vecchiaia Testo: F.De Andrè – M.Pagani
ma 'nsci libbri de stöia mi pesti nel mortaio Anno di pubblicazione: 1984
Sinán Capudán Pasciá. e questa è la memoria
E digghe a chi me ciamma rénegôu la memoria del Cicala * Alla pittima, ancora oggi sinonimo di
che a tûtte ë ricchesse a l'argentu e l'öu ma sui libri di storia persona insistente, noiosa,
Sinán gh'a lasciòu de luxî au sü Sinán Capudán Pasciá appiccicosa, si affidava il compito da
giastemmandu Mumä au postu du e sotto il timone del gran carro parte di cittadini privati dell'antica
Segnü con la faccia in un brodo di farro Genova di esigere i crediti dei
intu mezu du mä una notte che il freddo ti morde debitori insolventi.
gh'è 'n pesciu tundu ti mastica ti sputa e ti rimorde LA PITTIMA (traduzione)
che quandu u vedde ë brûtte e il Bey seduto pensa alla Mecca Cosa ci posso fare
u va 'nsciù fundu e vede le Uri su una secca se non ho le braccia per fare il marinaio
intu mezu du mä gli giro il timone a libeccio se in fondo alle braccia non ho le mani
gh'è 'n pesciu palla salvandogli la vita e lo sciabecco del muratore
che quandu u vedde ë belle amore mio bell'amore e ho un pugno duro che sembra un nido
u vegne a galla la sfortuna è un avvoltoio ho un torace largo un dito
che gira intorno alla testa dell'imbecille giusto per nascondermi con il vestito
Testo: F.De Andrè – M.Pagani amore mio bell'amore
Anno di pubblicazione: 1984 dietro a un filo
la sfortuna è un cazzo e vado in giro a chiedere i denari
* Nella seconda metà del XV secolo in che vola intorno al sedere più vicino a chi se li tiene e glieli hanno prestati
uno scontro alle isole Gerbe tra le e questa è la mia storia e glieli domando timidamente ma in
flotte della repubblica di Genova e e te la voglio raccontare mezzo alla gente
quella turca insieme ad altri un po' prima che la vecchiaia e a chi non vuole darsi ragione
prigionieri venne catturato dai Mori mi pesti nel mortaio che sembra di starnutire contro il tuono
un marinaio di nome Cicala che e questa è la memoria gli mando a dire che vivere è caro ma a
divenne in seguito Gran Visir e la memoria di Cicala buon mercato
Serraschiere del Sultano ma sui libri di storia io sono una pittima rispettata
assumendo il nome di Sinán Sinán Capudán Pasciá e non andare in giro a raccontare
Capudán Pasciá E digli a chi mi chiama rinnegato che quando la vittima è uno straccione
che a tutte le ricchezze all'argento e gli do del mio
** Ritornello popolare di alcune località all'oro
Sinán ha concesso di luccicare al sole A DUMENEGA
rivierasche tirreniche
bestemmiando Maometto al posto del Quandu ä dumenega fan u gíu
*** Turtaieu: letteralmente "imbuto". Signore cappellin neuvu neuvu u vestiu
Termine indicante un individuo che in mezzo al mare c'e' un pesce tondo cu 'a madama a madama 'n testa
mangia smodatamente che quando vede le brutte va sul fondo o belin che festa o belin che festa
in mezzo al mare c'è un pesce palla a tûtti apreuvu ä pruccessiún
che quando vede le belle viene a galla d'a Teresin-a du Teresún
tûtti a miâ ë figge du diàu
che belin de lou che belin de lou
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e a stu luciâ de cheusce e de tettín casino ma ti penso contro sole
ghe fan u sciätu anche i ciû piccin e più si addentrano nella città e so bene stai guardando il mare
mama mama damme ë palanche più occhi e voci gli danno dietro un po' più al largo del dolore
veuggiu anâ a casín veuggiu anâ a gli dicono quello che non possono dire e son qui affacciato
casín di giovedì di sabato e di lunedì a questo baule da marinaio
e ciû s'addentran inta cittæ a Pianderlino succhia cazzi e son qui a guardare
ciû euggi e vuxi ghe dan deré alla Foce cosce da schiaccianoci tre camicie di velluto
ghe dixan quellu che nu peúan dî in Carignano fighe di terza mano due coperte e il mandolino
de zeùggia sabbu e de lûnedì e a Ponticello gli mostrano l'uccello e un calamaio di legno duro
a Ciamberlinú ** sûssa belin e il direttore del porto che ci vede l'oro e in una berretta nera
ä Fuxe cheusce de sciaccanuxe in quelle chiappe a riposo dal lavoro la tua foto da ragazza
in Caignàn musse de tersa man per non fare vedere che è contento per poter baciare ancora Genova
e in Puntexellu ghe mustran l'öxellu che il molo nuovo ha il finanziamento sulla tua bocca in naftalina
e u direttú du portu c'u ghe vedde l'ou si confonde nella confusione
'nte quelle scciappe a reposu da a lou con l'occhio pieno di indignazione !
pe nu fâ vedde ch'u l'è cuntentu e gli grida gli grida dietro
ch'u meu-neuvu u gh'à u finansiamentu bagasce siete e ci restate LE NUVOLE
u se cunfunde 'nta confûsiún e tu che gli sbraiti appreso Vanno
cun l'euggiu pin de indignasiún neanche più il naso avete di nuovo vengono
e u ghe cría u ghe cría deré brutto stronzo di un portatore di Cristo ogni tanto si fermano
bagasce sëi e ghe restè non sei l'unico che se ne è accorto e quando si fermano
e ti che ti ghe sbraggi apreuvu che in mezzo a quelle creature sono nere come il corvo
mancu ciû u nasu gh'avei de neuvu che si guadagnano il pane da nude sembra che ti guardano con malocchio
bruttu galûsciu de 'n purtòu de Cristu c'è c'è c'è c'è
nu t'è l'únicu ch'u se n'è avvistu c'è anche tua moglie Certe volte sono bianche
che in mezzu a quelle creatúe a Pianderlino succhia cazzi e corrono
che se guagnan u pan da nûe alla Foce cosce da schiaccianoci e prendono la forma dell'airone
a gh'è a gh'è a gh'è a gh'è in Carignano fighe di terza mano o della pecora
a gh'è anche teu muggè e a Ponticello gli mostrano l'uccello o di qualche altra bestia
a Ciamberlin sûssa belin ma questo lo vedono meglio i bambini
ä Fuxe cheusce de sciaccanuxe DA A ME RIVA
che giocano a corrergli dietro per tanti
in Caignàn musse de tersa man D'ä mæ riva metri
e in Puntexellu ghe mustran l'öxellu sulu u teu mandillu ciaèu
d'ä mæ riva Certe volte ti avvisano con un rumore
Testo: F.De Andrè – M.Pagani 'nta mæ vitta prima di arrivare
Anno di pubblicazione: 1984 u teu fatturisu amàu e la terra si trema
'nta mæ vitta e gli animali si stanno zitti
* Era costume della vecchia Genova ti me perdunié u magún
che le prostitute fossero relegate in certe volte ti avvisano con rumore
ma te pensu cuntru su
un quartiere della città. Tra i diritti ad e u so ben t'ammii u mä
esse riconosciuti vi era quello della Vengono
'n pò ciû au largu du dulú vanno
passeggiata domenicale. Il Comune e sun chi affacciòu
era solito dare in appalto le case di ritornano
a 'stu bàule da mainä e magari si fermano tanti giorni
tolleranza con i cui ricavi pare e sun chi a miä
riuscisse a coprire quasi per intero gli tréi camixe de vellûu che non vedi più il sole e le stelle
annuali lavori portuali e ti sembra di non conoscere più
dui cuverte u mandurlin il posto dove stai
e 'n cämà de legnu dûu
** Denominazione di piazze, vie o e 'nte 'na beretta neigra
località di Genova Vanno
a teu fotu da fantinn-a vengono
LA DOMENICA (traduzione) pe puèi baxâ ancún Zena per una vera
Quando alla domenica fanno il giro 'nscià teu bucca in naftalin-a mille sono finte e si mettono lì
cappellino nuovo nuovo il vestito tra noi e il cielo
Testo: F.De Andrè – M.Pagani
con la madama la madama in testa Anno di pubblicazione: 1984 per lasciarci soltanto una voglia di
cazzo che festa cazzo che festa pioggia
e tutti dietro alla processione DALLA MIA RIVA (traduzione)
della Teresina del Teresone Dalla mia riva Testo: F.De Andrè
solo il tuo fazzoletto chiaro Anno di pubblicazione: 1990
tutti a guardare le figlie del diavolo
che cazzo di lavoro che cazzo di lavoro dalla mia riva OTTOCENTO
e a questo dondolare di cosce e di tette nella mia vita
il tuo sorriso amaro Cantami di questo tempo
gli fanno il chiasso anche i più piccoli
nella mia vita l'astio e il malcontento
mamma mamma dammi i soldi
mi perdonerai il magone di chi è sottovento
voglio andare a casino voglio andare a
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e non vuol sentir l'odore e quante belle valvole e pistoni Ah che bell 'ó café
di questo motor fegati e polmoni pure in carcere 'o sanno fâ
che ci porta avanti e quante belle biglie a rotolar co' â ricetta ch'a Ciccirinella
quasi tutti quanti e quante belle triglie nel mar compagno di cella
maschi, femmine e cantanti Traduzione del pezzo in tedesco: ci ha dato mammà
su un tappeto di contanti Un piccolo pinzimonio ah che bell 'ó café
nel cielo blu splendido matrimonio pure in carcere 'o sanno fâ
cavoli e fragole co' â ricetta di Ciccirinella
Figlia della mia famiglia e patelle ed arselle compagno di cella
sei la meraviglia pescate a Zanzibar preciso a mammà
già matura e ancora pura e qualche krapfen
come la verdura di papà prima di dormire Ca' ci sta l'inflazione, la svalutazione
ed un risveglio con valzer e la borsa ce l'ha chi ce l'ha
Figlio bello e audace e un Alka-Seltzer per io non tengo compendio che chillo
bronzo di Versace dimenticar stipendio
figlio sempre più capace e un ambo se sogno 'a papà
di giocare in borsa Testo: F.De Andrè aggiungete mia figlia Innocenza
Anno di pubblicazione: 1990
di stuprare in corsa e tu vuo' marito non tiene pazienza
moglie dalle larghe maglie DON RAFFAE' non vi chiedo la grazia pe' me
dalle molte voglie vi faccio la barba o la fate da sé
Io mi chiamo Pasquale Cafiero
esperta di anticaglie
e son brigadiero del carcere Oiné
scatole d'argento ti regalerò Voi tenete un cappotto cammello
io mi chiamo Cafiero Pasquale
Ottocento che al maxi-processo eravate 'o chiù
e sto a Poggio Reale dal '53
Novecento bello
e al centesimo catenaccio
Millecinquecento scatole d'argento un vestito gessato marrone
alla sera mi sento uno straccio
fine Settecento ti regalerò così ci è sembrato alla televisione
per fortuna che al braccio speciale
pe' 'ste nozze vi prego Eccellenza
c'è un uomo geniale che parla co' me
Quanti pezzi di ricambio m'î prestasse pe' fare presenza
quante meraviglie io già tengo le scarpe e 'o gillé
Tutto il giorno con quattro infamoni
quanti articoli di scambio gradite 'o Campari o volite o café
briganti, papponi, cornuti e lacchè
quante belle figlie da sposar
tutte l'ore co' 'sta fetenzia
e quante belle valvole e pistoni Ah che bell 'ó café
che sputa minaccia e s'â piglia co' me
fegati e polmoni pure in carcere 'o sanno fâ
ma alla fine m'assetto papale
e quante belle biglie a rotolar co' â ricetta ch'a Ciccirinella
mi sbottono e mi leggo 'o giornale
e quante belle triglie nel mar compagno di cella
mi consiglio con don Raffae'
ci ha dato mammà
mi spiega che penso e bevimm 'ó café
Figlio figlio ah che bell 'ó café
povero figlio pure in carcere 'o sanno fâ
Ah che bell 'ó café
eri bello bianco e vermiglio co' â ricetta di Ciccirinella
pure in carcere 'o sanno fâ
quale intruglio ti ha perduto nel Naviglio compagno di cella
co' â ricetta ch'a Ciccirinella
figlio figlio preciso a mammà
compagno di cella
unico sbaglio
ci ha dato mammà
annegato come un coniglio Qui non c'è più decoro le carceri d'oro
per ferirmi, pugnalarmi nell'orgoglio ma chi l'ha mai viste chissà
Prima pagina venti notizie
a me a me chiste so' fatiscienti pe' chisto i fetienti
ventun'ingiustizie e lo Stato che fa
che ti trattavo come un figlio se tengono l'immunità
si costerna, s'indigna, s'impegna
povero me domani andrà meglio don Raffae' voi politicamente
poi getta la spugna con gran dignità
io ve lo giuro sarebbe 'no santo
mi scervello e m'asciugo la fronte
Ein klein pinzimonie (Traduzione) ma 'ca dinto voi state a pagâ
per fortuna c'è chi mi risponde
Wunder matrimonie e fora chiss'atre se stanno a spassâ
a quell'uomo sceltissimo immenso
Krauten und erbeeren
io chiedo consenso a don Raffae'
Und patellen und arsellen A proposito tengo 'no frate
Fischen Zanzibar che da quindici anni sta disoccupato
Un galantuomo che tiene sei figli
Und enige krapfen chiss'ha fatto cinquanta concorsi
ha chiesto una casa e ci danno consigli
Früer vor schlafen novanta domande e duecento ricorsi
mentre o' assessore che Dio lo perdoni
Und erwachen mit walzer voi che date conforto e lavoro
'ndrento a 'e roulotte ci alleva i visoni
Und Alka-Seltzer für Eminenza vi bacio v'imploro
voi vi basta una mossa una voce
dimenticar chillo duorme co' mamma e co' me
c'ha 'sto Cristo ci levano 'a croce
Quanti pezzi di ricambio che crema d'Arabia ch'è chisto café
con rispetto s'è fatto le tre
quante meraviglie
volite 'a spremuta o volite 'o café
quanti articoli di scambio Testo: F.De Andrè – M.Bubola
e quante belle figlie da giocar Anno di pubblicazione: 1990
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LA DOMENICA DELLE SALME andrade e a l’aia sciurtî
Tentò la fuga in tram eravamo gli ultimi cittadini liberi e suâ suâ
verso le sei del mattino di questa famosa città civile e ou coêu ou coêu ou coêu
dalla bottiglia di orzata perché avevamo un cannone nel cortile da rebellâ
dove galleggia Milano fin a piggá piggá
non fu difficile seguirlo La domenica delle salme ou trén ou trén
il poeta della Baggina nessuno si fece male
la sua anima accesa tutti a seguire il feretro E ‘nta galleria
mandava luce di lampadina del defunto ideale génte ‘a l’íntra au scûu
gli incendiarono il letto la domenica delle salme sciórte amarutía
sulla strada di Trento si sentiva cantare loêugu de 'n spesiá
riuscì a salvarsi dalla sua barba "Quant'è bella giovinezza e 'ntu stréitu t'aguéitan
un pettirosso da combattimento non vogliamo più invecchiare" te dumándan chi t'è
a sustánsa e ou mesté
I polacchi non morirono subito Gli ultimi viandanti che pe' liatri ou viaggiá ou nu l'é
e inginocchiati agli ultimi semafori si ritirarono nelle catacombe poi te túcca 'n purté lepegúsu
rifacevano il trucco alle troie di regime accesero la televisione e ci guardarono e 'na stánsia lûvega
lanciate verso il mare cantare e 'nte l'âtra stánsia
i trafficanti di saponette per una mezz'oretta ê bagásce a dâ ou menû
mettevano pancia verso est poi ci mandarono a cagare e ti cu 'na quâe che nu ti voêu
chi si convertiva nel novanta "Voi che avete cantato sui trampoli e in a tiâ 'a Bibbia 'nta miágia
ne era dispensato nel novantuno ginocchio serrâ a ciàve ánche ou barcún
la scimmia del quarto Reich coi pianoforti a tracolla vestiti da e aresentíte súrvia ou coêu
ballava la polka sopra il muro Pinocchio
e mentre si arrampicava voi che avete cantato per i longobardi e Uh mégu mégu mégu mè megún
le abbiamo visto tutti il culo per i centralisti Uh chin-a chin-a zû da ou caragún
la piramide di Cheope per l'Amazzonia e per la pecunia
volle essere ricostruita in quel giorno di nei palastilisti 'Na caréga dûa
festa e dai padri Maristi nésciu de 'n turtà
masso per masso voi avevate voci potenti 'na fainà ch'a sûa
schiavo per schiavo lingue allenate a battere il tamburo e a ghe manca 'a sâ
comunista per comunista voi avevate voci potenti tûtti sûssa résca
adatte per il vaffanculo" da ou xattá in zû
La domenica delle salme se ti gíi 'a tèsta
non si udirono fucilate La domenica delle salme ti te véddi ou cû
il gas esilarante gli addetti alla nostalgia e a stâ foêa gu'è ou repentin
presidiava le strade accompagnarono tra i flauti ch'a te túcche 'na pasciún
la domenica delle salme il cadavere di Utopia pe 'na fàccia da Madònna
si portò via tutti i pensieri la domenica dalle salme ch'a a te spósta ou ghirindún
e le regine del "tua culpa" fu una domenica come tante ûn amú mai in esclusiva
affollarono i parrucchieri il giorno dopo c'erano i segni sémpre cun quarcósa da pagâ
di una pace terrificante na scignurín-a che súttu â cúa
Nell'assolata galera patria a gh'a ou gárbu da scignúa
il secondo secondino mentre il cuore d'Italia
disse a "Baffi di Sego" che era il primo: da Palermo ad Aosta Uh mégu mégu mégu mè megún
"Si può fare domani sul far del mattino" si gonfiava in un coro Uh chin-a chin-a zû da ou caregún
e furono inviati messi di vibrante protesta Uh che belin de 'n nólu che ti me faiésci
fanti cavalli cani ed un somaro fâ
ad annunciare l'amputazione della Baggina: così viene chiamata a Milano Uh ch'a sún de piggiâ de l'aia se va a
gamba la Casa di Riposo per anziani "Pio l'uspià
di Renato Curcio Albergo Trivulzio"
il carbonaro Baffi di Sego: gendarme austriaco in E mi e mi e mi
il ministro dei temporali una satira di Giuseppe Giusti nu anâ nu anâ
in un tripudio di tromboni De Andrade: vedi "Serafino Ponte stâ chi stâ chi stâ chi
auspicava democrazia Grande" di Oswald De Andrade durmî durmî
con la tovaglia sulle mani e le mani sui e mi e mi e mi
coglioni Testo: F.De Andrè nu anâ nu anâ
Anno di pubblicazione: 1990
"Voglio vivere in una città stâ chi stâ chi stâ chi
dove all'ora dell'aperitivo MÉGU MÉGUN asûnáme
non ci siano spargimenti di sangue E mi e mi e mi
o di detersivo" Testo: F.De Andrè – I.Fossati
e anâ anâ Anno di pubblicazione: 1990
a tarda sera io e il mio illustre cugino De
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MEDICO MEDICONE (traduzione) sognare anène via
E io e io e io
LA NOVA GELOSIA Pio vegnan a pigiàtela i câmé
e andare andare
e uscire all'aria Fenesta co' 'sta nova gelosia te lascian tûttu ou fûmmu d'ou toêu
sudare sudare tutta lucente mesté
e il cuore il cuore il cuore de centrella d'oro tucca a ou fantín à príma coutelà
da trascinare tu m'annasconne mangè mangè nu séi chi ve mangià
fino a prendere a prendere Nennella bella mia
il treno il treno lassamela vedé Çé serén tèra scûa
sinnò me moro carne ténia nu fâte néigra
E nella galleria nu turnâ dûa
la gente entra al buio Fenesta co' 'sta nova gelosia e 'nt'ou núme de Maria
esce ammalata tutta lucente tûtti diài da sta pûgnatta
cesso d'un farmacista de centrella d'oro anène via
e nello stretto ti guardano
ti domandano chi sei Fenesta co' 'sta nova gelosia Testo: F.De Andrè – I.Fossati
tutta lucente Anno di pubblicazione: 1990
il patrimonio e il mestiere
che per loro il viaggiare non lo è de centrella d'oro LA CIMA (traduzione)
poi ti tocca un portiere viscido tu m'annasconne Ti sveglierai sull’indaco del mattino
e una stanza umida Nennella bella mia quando la luce ha un piede in terra e
e nell'altra stanza lassamela vedé l'altro in mare
le bagasce a dare il menù sinnò me moro ti guarderai allo specchio di un tegamino
e tu con una voglia che non vuoi lassamela vedé il cielo si guarderà allo specchio della
a tirare la Bibbia nel muro sinnò me moro rugiada
chiudere a chiave anche la finestra metterai la scopa diritta in un angolo
e a ciambellarti sopra il cuore Gelosia: serramento della finestra che se dalla cappa scivola in cucina la
Centrella: chiodini strega
Uh medico medico medico mio a forza di contare le paglie che ci sono
Testo: da una canzone popolare della fine del XVIII
medicone sec. la cima è già piena è già cucita
Uh vieni vieni giù dal seggiolone Anno di pubblicazione: 1990
Cielo sereno terra scura
Una sedia dura 'A ÇIMMA carne tenera non diventare nera
scemo di un tortaio Ti t'adesciâe 'nsce l'éndegu du matin non ritornare dura
una farinata che suda ch'á luxe a l'à 'n pé 'n tèra e l'átru in mà
e le manca il sale ti t'ammiâe a uo spégiu de 'n tianin Bel guanciale materasso di ogni ben di
tutti succhiatori di lische ou çé ou s'amnià a ou spegiu dâ ruzà Dio
dal pappone in giù ti mettiâe ou brûgu réddenu 'nte 'n prima di battezzarla nelle erbe
se giri la testa cantún aromatiche
ti vedi il culo ti mettiâe ou brûgu réddenu 'nte 'n cuxín- con due grossi aghi dritto in punta di
e a star fuori c'è il rischio a á stría piedi
che ti tocchi una passione a xeûa de cuntâ 'e págge che ghe sún da sopra e sotto svelto la pungerai
per una faccia da Madonna 'a çimma a l'è za pinn-a a l'è za cûxia aria di luna vecchia di chiarore di nebbia
che ti sposta il comò che il chierico perde la testa e l'asino il
un amore mai in esclusiva Çé serén tèra scûa sentiero
sempre con qualcosa da pagare carne ténia nu fâte néigra odore di mare mescolato a maggiorana
una signorina che sotto la coda nu turnâ dûa leggera
ha il buco da signora cos'altro fare cos'altro dare al cielo
Bell'oueggé strapunta de tûttu bun
Uh medico medico medico mio prima de battezálu 'ntou prebuggíun Cielo sereno terra scura
medicone cun dui aguggiuîn drítu 'n púnta de pé carne tenera non diventare nera
uh vieni vieni giù dal seggiolone da súrvia 'n zû fítu ti 'a punziggè non ritornare dura
uh che cazzo di contratto mi faresti fare àia de lûn-a végia de ciaêu de négia e nel nome di Maria
uh che a forza di prendere aria si va ch'ou cégu ou pèrde 'a tèsta l'âse ou tutti i diavoli da questa pentola
all’ospedale senté andate via
oudú de mâ miscióu de pèrsa légia
E io e io e io cos'âtru fâ cos'âtru dàghe a ou çé Poi vengono a prendertela i camerieri
non andare non andare ti lasciano tutto il fumo del tuo mestiere
stare qui stare qui stare qui Çé serén tèra scûa tocca allo scapolo la prima coltellata
dormire dormire carne ténia nu fâte néigra mangiate mangiate non sapete chi vi
e io e io e io nu turnâ dûa mangerà
non andare non andare e 'nt'ou núme de Maria
stare qui stare qui stare qui tûtti diài da sta pûgnatta Cielo sereno terra scura
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carne tenera non diventare nera ià me l'ammentu Amore grande
non ritornare dura beata idda di prima volta
e nel nome di Maria più d'una 'olta l'ape si succhia tutto il miele di questo
tutti i diavoli da questa pentola beata idda mirto
andate via 'ezzaia tolta - amore bambino
di tutte le ore
MONTI DI MOLA Amuri mannu di muschio il batacchio
In li Monti di Mola di prima 'olta di questo cuore
la manzana l'aba si suggi tuttu lu meli di chista multa
un'aina musteddina era pascendi amori steddu Ma nulla si può fare nulla
in li Monti di Mola di tutte l'ore di petralana lu battaddolu In Gallura
la manzana di chistu core che non lo vengano a sapere
un cioano vantaricciu e moru in un'ora
era sfraschendi E lu paese intreu s'agghindesi e sul posto una brutta vecchia nascosta
e l'occhi s'intuppesini cilchendi ea ea ea pa' lu coiu tra le frasche
ea lu parracu mattessi intresi piangendo e guardando diceva fra sé
e l'ea sguttesi da li muccichili cù li bae ae in lu soiu con le bave alla bocca
ae ma a cuiuassi no riscisini
e l'occhi la burricca aia l'aina e l'omu "Beata lei
di lu mare chè da li documenti escisini mamma mia che bell'uomo
e a iddu da le tive escia fratili in primu beata lei
lu Maestrale giovane e bruno
e idda si tunchiâ abbeddulata ea ea ea e idda si tunchiâ abbeddulata ea ea ea beata lei
ea ea io muoio sola
iddu le rispundia linghitontu ae ae ae ae iddu le rispundia linghitontu ae ae ae ae beata lei
me lo ricordo bene
- Oh bedda mea Testo: F.De Andrè beata lei
l'aina luna Anno di pubblicazione: 1990 più d'una volta
la bedda mea MONTI DI MOLA (traduzione) beata lei
capitale di lana Sui Monti di Mola vecchiaia storta"
Oh bedda mea la mattina presto
bianca fortuna - un'asina dal mantello chiaro stava Amore grande
- Oh beddu meu pascolando di prima volta
l'occhi mi bruxi sui Monti di Mola l'ape si succhia tutto il miele di questo
lu beddu meu la mattina presto mirto
carrasciale di baxi un giovane bruno e aitante amore bambino
lu beddu meu stava tagliando rami di tutte le ore
lu core mi cuxi - e gli occhi si incontrarono mentre di muschio il batacchio
cercavano acqua di questo cuore
Amuri mannu e l'acqua sgocciolò dai musi insieme alle
di prima 'olta bave Il paese intero si agghindò
l'aba si suggi tuttu lu meli di chista multa e l'asina aveva gli occhi per il matrimonio
amori steddu color del mare lo stesso parroco entrò
di tutte l'ore di petralana lu battaddolu e a lui dalle narici usciva nel suo vestito
di chistu core il Maestrale ma non riuscirono a sposarsi
e lei ragliava incantata "Ea ea ea ea" l'asina e l'uomo
Ma nudda si po' fâ nudda lui le rispondeva pronunciando male "Ae perché dai documenti risultarono
in Gaddura ae ae ae" cugini primi
che no lu énini a sapí
int'un'ora "Oh bella mia E lei ragliava incantata "Ea ea ea ea"
e 'nfattu una 'ecchia infrasconata fea ea l'asina luna lui le rispondeva pronunciando male "Ae
ea ea la bella mia ae ae ae"
piagnendi e figgiulendi si dicia cù li bae cuscino di lana
ae ae O bella mia
bianca fortuna"
- Beata idda "Oh bello mio
uai che bedd'omu mi bruci gli occhi PRINCESA
beata idda il mio bello Sono la pecora sono la vacca
cioanu e moru carnevale di baci che agli animali si vuol giocare
beata idda oh bello mio sono la femmina camicia aperta
sola mi moru mi cuci il cuore" piccole tette da succhiare
beata idda
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Sotto le ciglia di questi alberi o esmalte (lo smalto) e ogni terra si accende e si arrende la
nel chiaroscuro dove son nato o espelho (lo specchio) pace
che l'orizzonte prima del cielo o baton (il rossetto)
era lo sguardo di mia madre o medo (la paura) I figli cadevano dal calendario
a rua (la strada) Yugoslavia Polonia Ungheria
"Che Fernandino è come una figlia a bombadeira (la modellatrice) i soldati prendevano tutti
mi porta a letto caffè e tapioca a vertigem (la vertigine) e tutti buttavano via
e a ricordargli che è nato maschio o encanto (l'incantesimo)
sarà l'istinto sarà la vita" a magia (la magia) E poi Mirka a San Giorgio** di maggio
os carroc (le macchine) tra le fiamme dei fiori a ridere a bere
E io davanti allo specchio grande a policia (la polizia) e un sollievo di lacrime a invadere gli
mi paro gli occhi con le dita a a canseira (la stanchezza) occhi
immaginarmi o brio (la dignità) e dagli occhi cadere
tra le gambe una minuscola fica o noivo (il fidanzato)
o capanga (lo sgherro) Ora alzatevi spose bambine
Nel dormiveglia della corriera o fidalgo (il gransignore) che è venuto il tempo di andare
lascio l'infanzia contadina o porcalhao (lo sporcaccione) con le vene celesti dei polsi
corro all'incanto dei desideri o azar (la sfortuna) anche oggi si va a caritare
vado a correggere la fortuna a bebedeira (la sbronza)
as pancadas (le botte) E se questo vuol dire rubare
Nella cucina della pensione os carinhos (le carezze) questo filo di pane tra miseria e fortuna
mescolo i sogni con gli ormoni a falta (il fallimento) allo specchio di questa kampina***
ad albeggiare sarà magia o nojo (lo schifo) ai miei occhi limpidi come un addio
saranno semi miracolosi a formusura (la bellezza) lo può dire soltanto chi sa di raccogliere
viver (vivere) in bocca
Perché Fernanda è proprio una figlia Nota: il punto di vista di Dio
come una figlia vuol far l'amore "Princesa" è liberamente tratta
ma Fernandino resiste e vomita dall'omonimo ****
e si contorce dal dolore romanzo-intervista di Maurizio Jannelli Cvava sero po tute (poserò la testa
e Fernanda Farias sulla tua spalla)
E allora il bisturi per seni e fianchi i kerava (e farò)
una vertigine di anestesia Testo: F.De Andrè – I.Fossati jek sano ot mon (un sogno di
finché il mio corpo mi rassomigli Anno di pubblicazione: 1996 mare)
sui lungomare di Bahia KHORAKHANE' * (A FORZA DI ESSERE i taha jek iak kon kasta (e domani un
VENTO) fuoco di legna)
Sorriso tenero di verdefoglia vasu ti baro nebo (perché l'aria
Il cuore rallenta la testa cammina
dai suoi capelli sfilo le dita azzurra)
in quel pozzo di piscio e cemento
quando le macchine puntano i fari avi ker (diventi casa)
a quel campo strappato dal vento
sul palcoscenico della mia vita
a forza di essere vento
Kon ovla so mutavla (chi sarà a
Dove tra ingorghi di desideri raccontare)
Porto il nome di tutti i battesimi
alle mie natiche un maschio s'appende kon ovla (chi sarà)
ogni nome il sigillo di un lasciapassare
nella mia carne tra le mie labbra ovla kon ascovi (sarà chi
per un guado una terra una nuvola un
un uomo scivola l'altro s'arrende rimane)
canto
me gava palan ladi (io seguirò
un diamante nascosto nel pane
Che Fernandino mi è morto un grembo questo migrare)
per un solo dolcissimo umore del
Fernanda è una bambola di seta me gava (seguirò)
sangue
sono le braci di un'unica stella palan bura ot croiuti (questa
per la stessa ragione del viaggio
che squilla di luce e di nome Princesa corrente di ali)
viaggiare
* Tribù rom di provenienza serbo-
A un avvocato di Milano montenegrina
Il cuore rallenta la testa cammina
ora Princesa regala il cuore ** Festa annuale del popolo rom nel sud
in un buio di giostre in disuso
e un passeggiare recidivo della Francia
qualche rom sì è fermato italiano
nella penombra di un balcone *** Baracca da campo dei rom
come un rame a imbrunire su un muro
**** Traduzione in romanes di Giorgio
o matu (la campagna) Bozzecchi (rom harvato)
Saper leggere il libro del mondo
o céu (il cielo)
con parole cangianti e nessuna scrittura
a senda (il sentiero) Testo: F.De Andrè – I.Fossati
nei sentieri costretti in un palmo di mano Anno di pubblicazione: 1996
a escola (la scuola)
i segreti che fanno paura
a igreja (la chiesa) ANIME SALVE
finché un uomo ti incontra e non si
a desonra (la vergogna)
riconosce Mille anni al mondo mille ancora
a saia (la gonna)
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che bell'inganno sei anima mia com'è l'é
e che bello il mio tempo che bella guardala come arriva guarda che è lei amiala cum'â l'arìa amìa ch'â l'è lé ch'â
compagnia che è lei l'è lé
guardala come arriva guarda guarda
Sono giorni di finestre adornate com'è (guardala come arriva guarda com'è
canti di stagione guardala come arriva guarda che è lei com'è
anime salve in terra e in mare che è lei) guardala come arriva guarda che è lei
che è lei)
Sono state giornate furibonde Nera che porta via che porta via la via
senza atti d'amore nera che non si vedeva da una vita Acqua di spilli fitti dal cielo e dai soffitti
senza calma di vento intera così Dolcenera nera acqua per fotografie per cercare i
nera che picchia forte che butta giù le complici da maledire
Solo passaggi e passaggi porte acqua che stringe i fianchi tonnara di
passaggi di tempo passanti
nu l'è l'aegua ch'à fá baggiâ
Ore infinite come costellazioni e onde imbaggiâ imbaggiâ âtru da cammalâ
spietate come gli occhi della memoria â nu n'à â nu n'à
altra memoria e non basta ancora (non è l'acqua che fa sbagliare
(ma) chiudere porte e finestre chiudere (altro da mettersi in spalla
Cose svanite facce e poi il futuro porte e finestre) non ne ha non ne ha)
I futuri incontri di delle amanti scellerate Nera di malasorte che ammazza e Oltre il muro dei vetri si risveglia la vita
saranno scontri passa oltre che si prende per mano
saranno cacce coi cani e coi cinghiali nera come la sfortuna che si fa la tana a battaglia finita
saranno rincorse morsi e affanni per dove non c'è luna luna come fa questo amore che dall'ansia di
mille anni nera di falde amare che passano le bare perdersi
ha avuto in un giorno la certezza di
Mille anni al mondo mille ancora âtru da stamûâ aversi
che bell'inganno sei anima mia â nu n'á â nu n'á
e che grande il mio tempo che bella Acqua che ha fatto sera che adesso si
compagnia (altro da traslocare ritira
non ne ha non ne ha) bassa sfila tra la gente come
Mi sono spiato illudermi e fallire un'innocente che non c'entra niente
abortire i figli come i sogni Ma la moglie di Anselmo non lo deve fredda come un dolore Dolcenera senza
mi sono guardato piangere in uno sapere cuore
specchio di neve che è venuta per me
mi sono visto che ridevo è arrivata da un'ora atru da rebellâ
mi sono visto di spalle che partivo e l'amore ha l'amore come solo â nu n'à â nu n'à
argomento
Ti saluto dai paesi di domani e il tumulto del cielo ha sbagliato (altro da trascinare
che sono visioni di anime contadine momento non ne ha non ne ha)
in volo per il mondo
Acqua che non si aspetta altro che E la moglie di Anselmo sente l'acqua
Mille anni al mondo mille ancora benedetta che scende
che bell'inganno sei anima mia acqua che porta male sale dalle scale dai vestiti incollati da ogni gelo di pelle
e che grande questo tempo che sale senza sale sale nel suo tram scollegato da ogni distanza
solitudine acqua che spacca il monte che affonda nel bel mezzo del tempo che adesso le
che bella compagnia terra e ponte avanza
Testo: F.De Andrè – I.Fossati nu l'è l'eagua de 'na rammâ Così fu quell'amore dal mancato finale
Anno di pubblicazione: 1996 'n calabà 'n calabà così splendido e vero da potervi
DOLCENERA ingannare
(non è l'acqua di un colpo di pioggia
Amiala ch'â l'arìa amìa cum'â l'è cum'â
(ma) un gran casino un gran casino) amiala ch'â l'arìa amìa cum'â l'è cum'â
l'é
l'é
amiala cum'â l'arìa amìa ch'â l'è lé ch'â
Ma la moglie di Anselmo sta sognando amiala cum'â l'arìa amìa ch'â l'è lé ch'â
l'è lé
del mare l'è lé
amiala cum'â l'arìa amìa amìa cum'â l'é
quando ingorga gli anfratti si ritira e amiala cum'â l'arìa amìa amìa cum'â l'é
amiala ch'à l'arìa amìa ch'â l'è lé ch'â l'è
risale amiala ch'à l'arìa amìa ch'â l'è lé ch'â l'è
lé
e il lenzuolo si gonfia sul cavo dell'onda lé
e la lotta si fa scivolosa e profonda
(guardala che arriva guarda com'è
amiala cum'â l'arìa amìa cum'â l'è cum'â (guardala che arriva guarda com'è
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com'è c'è una stella marina che dev'esserci un mondo di vivere
guardala come arriva guarda che è lei ogni tre stelle senza dolore
che è lei c'è un aereo che vola
guardala come arriva guarda guarda ogni balcone Una corsa degli occhi negli occhi
com'è una bocca che m'innamora a scoprire che invece
guardala come arriva guarda che è lei è soltanto un riposo del vento
che è lei) Ogni tre ami un odiare a metà
c'è una stella marina
Testo: F.De Andrè – I.Fossati ogni tre stelle c'è un aereo che vola E alla parte che manca
Anno di pubblicazione: 1996 ogni balcone si dedica l'autorità
LE ACCIUGHE FANNO IL PALLONE una bocca che m'innamora
Che la disamistade *
Le acciughe fanno il pallone
Le acciughe fanno il pallone si oppone alla nostra sventura
che sotto c'è l'alalunga
che sotto c'è l'alalunga questa corsa del tempo
se non butti la rete
se non butti la rete a sparigliare destini e fortuna
non te ne lascia una
non te ne resta una
non te ne lascia una Che ci fanno queste anime
E alla riva sbarcherò
non te ne lascia davanti alla chiesa
alla riva verrà la gente
questa gente divisa
questi pesci sorpresi Testo: F.De Andrè – I.Fossati questa storia sospesa
li venderò per niente Anno di pubblicazione: 1996
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Padre: Â l'é xêuâ â l'é xêuâ l'angoscia slega i piedi
Chí gh'è 'na cúmba giánca ch'â nu l'è â â cúmba giánca
vostra ch'â l'é a mê nu ghe n'è de nôette â l'é xêuâ Padre:
Âtre nu ghe n'è au cián d'â s'â Qui di colombe d'altri non ne sono
âtre nu ghe n'è A truvián â truvián venute
nu ghe n'è â cúmba giánca non se ne sono posate
de mázu â truvián
Coro: áu cián d'oú pán Pretendente:
 l'é xêuâ â l'é xêuâ Duv'à l'è duv'à l'è Vengo con il cuore malato di una
â cúmba giánca ch'â ne s'ascúnde passione che non ha uguali
â l'é xêuâ â l'é xêuâ se maiá se maiá
au cián d'â s'â áu cián d'oú pán Padre:
â l'é xêuâ â l'é xêuâ cum'â l'é cum'â l'é Qui c'è una colomba bianca che non è
â cúmba giánca l'é cum'â néie la vostra che è la mia
de nôette â l'é xêuâ ch'â vén zû deslenguâ Non ce n'è altre non ce n'è non ce n'è
áu cián d'oú pán da oú riâ altre non ce n'è
 l'é xêuâ â l'é xêuâ
Pretendente: â cúmba giánca Coro:
Vuí nu vuriésci dámela sta cúmba da de mázu â truvián E' volata è volata la colomba bianca
maiâ áu cián d'â sâ di notte è volata a pian del sale
giánca cum'â néie ch'â deslengue 'nt oú Duv'à l'è duv'à l'è la troveranno la troveranno la colomba
riá ch'â ne s'ascúnde bianca
se maiá se maiá di maggio la troveranno a pian del pane
Nu ghe n'è nu ghe n'è áu cián d'oú pán
Pretendente:
Padre: Cúmba cumbétta Voi non vorreste darmela questa
Mié che sta cúmba bèlla â stá de lûngu béccu de sêa colomba da maritare
barbacíu sérva à striggiún c'ou maiu 'n giandún bianca come la neve che si scioglie nel
che nu m'â pôsse védde à scricchî 'nté Martín ou vá à pê rio
n'âtru níu cun' l'âze deré dov'è dov'è dov'è dove dov'è
foêgu de légne ánime in çe
Nu ghe n'è nu ghe n'è nu ghe n'è cúmba cumbétta Padre:
béccu de sêa Guardate che questa bella colomba è
Pretendente: sérva à striggiún c'ou maiu 'n giandún abituata a cantare in allegria
 tegnió à dindánase sutt'à 'n anglóu de Martín ou vá à pê che io non la debba mai vedere stentare
melgranâ cun' l'âze deré in un altro nido
cu'â cûa ch'oú l'ha d'â sèa â mán lingéa foêgu de légne ánime in çe non ce n'è non ce n'è non ce n'è
d'oú bambaxia
Testo: F.De Andrè – I.Fossati Pretendente:
Dúve duv'â l'è Anno di pubblicazione: 1996 La terrò a dondolarsi sotto una pergola
dúve duv'â l'è LA COLOMBA (traduzione) di melograni
duv'â l'è duv'â l'è Pretendente: con la cura che ha della seta la mano
Avevo una bella colomba che è volata leggera del bambagiaio
Padre: fuori casa dov'è dov'è dov'è dove dov'è
Zeunu ch'âei bén parlóu 'nte sta seián-a bianca come la neve che si scioglie a
de frevà pian del sale Padre:
Pretendente: Giovane che avete ben parlato in questa
 tegnió à dindánase sutt'à 'n anglóu de dov'è dov'è sera di febbraio
melgranâ che l'hanno vista piegare le ali verso
Padre: questo casale Pretendente:
Saêi che sta cúmba à mázu a xêuâ d'â veloce come l'acqua che precipita dal rio La terrò a dondolarsi sotto una pergola
mê 'nt â vostra câ di melograni
nu ghe n'è non ce n'è non ce n'è non ce n'è
Padre:
Pretendente: Padre: Sappiate che questa colomba a maggio
cu'â cûa ch'oú l'ha d'â sèa â mán lingéa Caro il mio giovanotto non vi porta mica volerà dalla mia nella vostra casa
d'oú bambaxia un qualche prurito
che se così fosse potreste andarvene in Pretendente:
Âtre nu ghe n'è giro per amorazzi Con la cura che ha della seta la mano
nu ghe nu ghe n'è âtre nu ghe n'è leggera del bambagiaio
Pretendente: non ce n'è altre non ce n'è non ce n'è
Coro: Vengo dalla casa del topo che altre non ce n'è
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E se lo sa mio padre col suo marchio speciale di speciale
Coro: mi metterò in cammino disperazione
E' volata è volata la colomba bianca se mio padre lo sa e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi
di notte è volata a pian del sale m'imbarcherò lontano passi
per consegnare alla morte una goccia di
La troveranno la troveranno la colomba Mastica e sputa splendore
bianca da una parte la cera di umanità di verità
di maggio la troveranno a pian del pane mastica e sputa
dall'altra parte il miele Per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno
Dov'è dov'è che ci si nasconde mastica e sputa prima che metta neve scettro posticcio
si sposerà si sposerà a pian del pane e seminò il suo passaggio di gelosie
Ho visto Nina volare devastatrici e di figli
Com'è com'è è come la neve tra le corde dell'altalena con improbabili nomi di cantanti di tango
che viene giù sciolta dal rio un giorno la prenderò in un vasto programma di eternità
come fa il vento alla schiena
È volata è volata la colomba bianca Ricorda Signore questi servi
di maggio la troveranno a pian del sale Luce luce lontana disobbedienti
che si accende e si spegne alle leggi del branco
Dov'è dov'è che ci si nasconde quale sarà la mano non dimenticare il loro volto
si sposerà si sposerà a pian del pane che illumina le stelle che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
Colomba colombina becco di seta Mastica e sputa
serva a strofinare per terra col marito a prima che venga neve come una svista
zonzo come un'anomalia
Martino va a piedi con l'asino dietro Testo: F.De Andrè – I.Fossati come una distrazione
fuoco di legna anime in cielo Anno di pubblicazione: 1996 come un dovere
HO VISTO NINA VOLARE SMISURATA PREGHIERA
(Nota: "Smisurata preghiera" è
Mastica e sputa Alta sui naufragi
liberamente tratta dalla "Saga di
da una parte il miele dai belvedere delle torri
Maqroll" - Il gabbiere - di Alvaro
mastica e sputa china e distante sugli elementi del
Mutis Ediz. Einaudi – Torino)
dall'altra la cera disastro
mastica e sputa dalle cose che accadono al di sopra Testo: F.De Andrè – I.Fossati
prima che venga neve delle parole Anno di pubblicazione: 1996
celebrative del nulla
Luce luce lontana lungo un facile vento
più bassa delle stelle di sazietà di impunità
sarà la stessa mano
che ti accende e ti spegne Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
Ho visto Nina volare a guidare la colonna
tra le corde dell'altalena di dolore e di fumo
un giorno la prenderò che lascia le infinite battaglie al calar
come fa il vento alla schiena della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
E se lo sa mio padre
dovrò cambiar paese Recitando un rosario
se mio padre lo sa di ambizioni meschine
m'imbarcherò sul mare di millenarie paure
di inesauribili astuzie
Mastica e sputa coltivando tranquilla
da una parte il miele l'orribile varietà
mastica e sputa delle proprie superbie
dall'altra la cera la maggioranza sta
mastica e sputa
prima che faccia neve Come una malattia
come una sfortuna
Stanotte e venuta l'ombra come un'anestesia
l'ombra che mi fa il verso come un'abitudine
le ho mostrato il coltello
e la mia maschera di gelso Per chi viaggia in direzione ostinata e
contraria
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