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Edgar Allan Poe

La caduta di casa Usher


La caduta di casa Usher
Collana: Colossal

Direzione e Regia: Dario Penne, Dario Picciau


Produzione esecutiva: Matteo Cerutti
Interpreti: Gino La Monica (Peter)
Dario Penne (Frederick)
Marco Mete (Domestico)
Bruno Alessandro (Maggiordomo)
Dante Biagioni (dr. Flynn)
Aurora Cancian (Madeline)
Traduzione
e adattamento: Bruno Alessandro
Sound design e mix: Andrea Bolchi
Assistenza alla regia: Libero Stelluti
Studio di registrazione: CTA S.r.l.
Impaginazione: Francesca Turuani
In copertina: Edgar Allan Poe

L’opera può presentare differenze fra il testo originale dell’autore/traduttore, quello scritto e quello recitato,
dovute a scelte espressive di interpretazione o adattamenti.
È vietata la riproduzione, sia pure parziale, di testi, fotografie, tavole o di qualsiasi altro materiale contenuto
in questo libro senza autorizzazione scritta dell’editore.
Questo e-book è venduto in abbinamento con l’audiolibro “La caduta di casa Usher”
edito da LibriVivi Media S.r.l - Non vendibile separatamente.
Prima edizione: 02 agosto 2009 - ISBN 9788864610061.
Tutti i diritti riservati © 2009 - 2010 LibriVivi Media S.r.l.
via Don Enrico Uboldi 121 - 21042 Caronno Pertusella (VA)
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La caduta di casa Usher

DOMESTICO
Una lettera per voi, signore.
PETER
Vediamo un po’… chi mi scrive… Ah, è Frederick Usher!
DOMESTICO
Non lo conosco, signore.
PETER
È un mio carissimo amico d’infanzia. Ci siamo persi di vista da quan-
do eravamo due giovani di belle speranze…
DOMESTICO
Sono passati molti anni, allora…
PETER
Non essere impertinente… Eh si, sono passati circa 25 anni…

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DOMESTICO
I domestici sono curiosi, signore, e io non faccio eccezione. Mi fare-
ste cosa gradita se leggeste a voce alta…

PETER
“Peter carissimo…

FREDERICK
… mi rivolgo a te dopo un lungo silenzio, con la speranza che nulla
sia cambiato dal tempo felice della nostra giovinezza. Sono sempre
stato di carattere un po’ chiuso, come sai, e con gli anni questa carat-
teristica si è talmente accentuata, che dopo di te non ho avuto altri
amici. Da anni vivo come un recluso nella casa di famiglia, non esco
più, eppure qualche breve passeggiata potrebbe rinvigorire un fisico
debilitato da una malattia che i medici non sanno diagnosticare. Io
penso che non sia il corpo a soffrire, ma lo spirito. Avverto i segni
inequivocabili di un progressivo, devastante squilibrio mentale! Ti
prego, Peter, tu solo puoi alleviare la mia disperazione! Naturalmente
sarei felice di ospitarti per tutto il tempo che riterrai necessario. Con
la speranza di vederti presto,
tuo Frederick”.

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La caduta di casa Usher

DOMESTICO
Preparo la carrozza, signore?

PETER
No. Sellami il cavallo più resistente. Parto subito, voglio arrivare pri-
ma che faccia buio.

DOMESTICO
Provvedo immediatamente.

PETER
Racimolai poche cose, le misi dentro una grossa borsa, e partii. For-
tunatamente la residenza del mio vecchio amico distava appena una
quindicina di chilometri. Era una grigia giornata d’autunno, uggiosa
e cupa. In groppa al mio cavallo attraversai un tratto singolarmente
deserto di campagna, e, all’imbrunire, mi trovai, come previsto, di
fronte alla malinconica casa Usher. Un senso di oppressione e di tri-
stezza pervase il mio animo.
La casa appariva più grigia del cielo, i muri squallidi, le finestre
sembravano grandi occhiaie vuote, e, intorno, poche piante malate,
qualche tronco d’albero in disfacimento…
Il mio cavallo si scostò impaurito, e io lo assecondai. Si fermò di
lì a poco sulla ripida riva di un lugubre stagno, dove si specchiavano,

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capovolte, le piante malate e le occhiaie vuote delle finestre. Quella
vista mi fece rabbrividire. Ciononostante pensavo di trascorrere qual-
che settimana in quei luoghi. I miei buoni propositi, però, vacillarono
quando spostai lo sguardo dall’immagine della casa riflessa nello sta-
gno a quella reale: mi parve che tutta la residenza fosse immersa in
un’atmosfera da incubo, mentre un odore acre appena percettibile
esalava dagli alberi in disfacimento, dal muro grigio e dallo stagno
silenzioso: un vapore pestilenziale, cupo e plumbeo, opprimente e
mistico…
Mi arrabbiai con me stesso per l’irragionevole inquietudine che
stavo provando… perciò spronai il cavallo, mi avvicinai per vedere
meglio, e, in parte, mi rinfrancai: quella casa imponente mi sembrò
solo invecchiata, scolorita.
L’insieme, però, appariva solido. Sottovalutai, forse, la presenza
quasi invisibile di una sottile crepa, che, come una ferita, dal tetto
scendeva a zig-zag giù per il muro, fino a perdersi nelle livide acque
dello stagno.

MAGGIORDOMO
Seguitemi, signore.

PETER
E voi chi siete?

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La caduta di casa Usher

MAGGIORDOMO
Sono il maggiordomo. Vi ho visto arrivare e vi sono venuto incontro.
Siete atteso, signore.

PETER
Uno stalliere si prese cura del mio cavallo, mentre il maggiordomo
mi accompagnò attraverso una miriade di oscuri corridoi fin dove mi
attendeva il suo padrone.
Era un salone grandissimo, con il soffitto a volta molto alto; le
finestre lunghe, strette, a sesto acuto. Barlumi di luce violacea filtra-
vano attraverso le scure vetrate rendendo appena visibili gli oggetti
circostanti; ma gli occhi scrutavano invano gli angoli più remoti della
stanza; arazzi scuri pendevano dalle pareti; i mobili erano antichi e
corrosi dal tempo. Frederick Usher mi accolse con grande cordialità
e sincera gioia.

FREDERICK
Carissimo Peter! Non ti ringrazierò mai abbastanza di essere venuto
in mio soccorso. Fatti abbracciare, amico mio!

PETER
Sedemmo e per qualche minuto tacque. Lo guardai provando una
sensazione di pietà: mai uomo era mutato così terribilmente come

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Frederick Usher! A stento riconoscevo in lui il compagno di giochi
della mia giovinezza! Lo ricordavo di colorito pallido, con rughe sot-
tili, occhi molto grandi, pieni di luce intensa, capelli più sottili di una
tela di ragno. Ora il suo naturale pallore era diventato spettrale, le ru-
ghe erano dei solchi, lo splendore degli occhi appariva di una lumino-
sità eccessiva, febbrile, i capelli erano incolti, lunghissimi e bianchi…
In lui c’era qualcosa di disumano, di profondamente inquietante.

FREDERICK
Ero impaziente di vederti, spero tanto che tu possa darmi conforto.

PETER
Di quale malattia si tratta?

FREDERICK
È un male ereditario senza rimedio.

PETER
Non disperare, potrebbe anche trattarsi di una semplice affezione
nervosa. I sintomi quali sono?

FREDERICK
Sono tanti e tutti… innaturali.

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La caduta di casa Usher

PETER
Qualche esempio?

FREDERICK
Mangio solo cibi insipidi, riesco a indossare esclusivamente indumen-
ti di lana, anche d’estate… i fiori più sono odorosi e più mi oppri-
mono; come avrai notato questa stanza è quasi al buio perché i miei
occhi non tollerano la luce. E soprattutto ho paura di ogni cosa e di
tutti. Io, io vivo nell’angoscia…

PETER
Non c’è nulla che non si possa curare.

FREDERICK
No, no. Io morirò, dovrò morire, in questa vergognosa pazzia. Così,
così e non altrimenti, finirò…
Io… io temo il pericolo, ma non in quanto pericolo.

PETER
Non capisco…

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FREDERICK
Lo temo, anzi, anzi mi fa orrore, soltanto perché porta inevitabil-
mente la Paura! Ora, ora però perdonami, vado in camera mia. Sono
molto stanco.

PETER
E senza aggiungere altro se ne andò.

MAGGIORDOMO
La vostra cena è pronta, signore. Nella camera adiacente. Buon
appetito.

PETER
Grazie. Feci un pasto frugale, e poi mi coricai in una stanza angu-
sta, al pianterreno, scortato dal solerte maggiordomo. Ero stanco del
viaggio e dormii come un ghiro fino alle dieci del mattino seguente.
In quello stesso istante sentii bussare con molta discrezione alla porta
della mia camera. Avanti.

MAGGIORDOMO
Lascio la colazione qui sul tavolino, signore.
Sarà mia premura avvertirvi quando il signor Usher intenderà
ricevervi.

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La caduta di casa Usher

PETER
E senza attendere risposta, uscì.
Feci colazione, e poi, non sapendo che fare, per mia sfortuna mi ad-
dentrai nella lettura di un libro talmente noioso che non ne ram-
mento più il titolo… Frederick mi fece chiamare soltanto nel tardo
pomeriggio, al calar del sole.

MAGGIORDOMO
Siete atteso in salone, signore.

PETER
E uscì, sempre senza aspettare la risposta.
Come mai così tardi, amico mio?

FREDERICK
Oggi la giornata era troppo luminosa per i miei poveri occhi malati.

PETER
Ieri sera hai interrotto il tuo racconto in maniera un po’… sbrigativa.

FREDERICK
Si, si è vero. E te ne chiedo scusa.
Che impressione ti ha fatto la casa… all’esterno?

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PETER
L’edificio è un po’ fatiscente… ma è solido, destinato a durare nel
tempo.

FREDERICK
No, impressione fallace, Peter. Siamo entrambi malati, io e la mia
casa. Ma c’è una cosa che non so: non so se è cominciato prima il de-
terioramento dei muri esterni… e interni… o quello del mio corpo…
e della mia anima…
Comunque sia, il progressivo degrado della casa… ha progressiva-
mente minato il morale della mia esistenza.

PETER
Sei sicuro che la malinconia che ti affligge non abbia una causa più
naturale, più concreta?

FREDERICK
Mah, forse hai ragione. C’è una persona cara che soffre… è grave-
mente malata, ormai prossima alla fine… E questo… questo mi scon-
volge più di ogni altra cosa.

PETER
Chi è questa persona?

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La caduta di casa Usher

FREDERICK
Lady Madeline, mia sorella.

PETER
Non sapevo che avessi una sorella…

FREDERICK
È stata la sola compagnia che ho avuto in tutti questi lunghi anni…
l’ho amata, e l’amo, teneramente… con la sua morte rimarrò l’ultimo
degli Usher. Non ti voltare!
Lei è qui, ci sta osservando!

PETER
Che donna straordinaria!

FREDERICK
Non devi guardarla! Lei è… mia!

PETER
È affascinante… così bella, così misteriosa…
Se ne va, che peccato…
Mi rattrista il pensiero che una simile creatura sia tanto malata…

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FREDERICK
Avanti… ah, siete voi, dottor Flynn… Venite, venite qui, per favore,
credo che il mio amico voglia saperne di più sulla malattia di mia
sorella.

FLYNN
Siamo di fronte a un graduale, inesorabile disfacimento fisico… la
causa è ignota…
Ho chiamato a consulto i migliori medici della Contea, ma… ma
tutto è stato vano.
Vincendo la sua cronica apatia, mi ha detto: “Prima di morire
voglio vedere l’amico di mio fratello”.

PETER
L’ho vista poco fa…

FREDERICK
Non… non dimenticate qualcosa, dottore?

FLYNN
Scusate. La signora soffre saltuariamente di una forma di semicata-
lessi che è, come certo saprete, una sorta di morte apparente, che in
certi casi può durare anche qualche ora, in casi eccezionali… qualche
giorno…

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La caduta di casa Usher

Ad ogni modo la signora è consapevole che le resta poco da vive-


re… probabilmente quella di poco fa è stata la sua ultima apparizio-
ne. Mi congedo. Buonanotte, signori.

FREDERICK
Grazie, grazie dottore. Andate pure, resterò io accanto a mia sorella.

PETER
Per parecchi giorni io e Frederick non pronunciammo nemmeno il
nome, di Lady Madeline… In quel periodo feci quanto potevo per
alleviare la malinconia del mio amico. Dipingevamo e leggevamo in-
sieme, oppure mi conduceva in un locale sotterraneo, una specie di
cripta, che un tempo, forse, era stata la cappella di famiglia, e qui
suonava un vecchio organo: nenie funebri, di solito… Era un rituale
solenne, il suo. Quando risalivamo tornava a scatenare la sua fanta-
sia sui dipinti, e, pennellata dopo pennellata, raggiungeva un effetto
impressionistico che dava i brividi. Aveva il dono di saper dipingere
idee, sentimenti… Di un quadro, in particolare, mi ricorderò sem-
pre: raffigurava una galleria lunghissima, dai muri bassi, nudi, bianchi;
si trovava a un’enorme profondità sotto la superficie terrestre. Non
c’erano né torce, né finestre, eppure un diluvio di luce inondava tut-
to con uno splendore illogico e spettrale. Se l’arte deve trasmettere
emozioni, quel dipinto era arte allo stato puro.

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FREDERICK
Quando sei arrivato, hai visto… gli alberi malati?

PETER
Si.

FREDERICK
Hanno una loro sensibilità, come tutti gli esseri vegetali.

PETER
Il vescovo di Landaff è un convinto assertore di questa teoria.

FREDERICK
Anche il regno cosiddetto inorganico ha una sua sensibilità. Ma que-
sto il Vescovo non lo dice.

PETER
Credo di essere d’accordo con lui.

FREDERICK
Perché hai guardato con superficialità le grigie pietre di casa Usher.
Se avessi guardato con altri occhi avresti visto il loro doloroso sgreto-
larsi, l’affannoso, disperato sforzo di non staccarsi l’una dall’altra…
Per gli alberi è diverso, la loro agonia è palese…

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La caduta di casa Usher

Ma sia le pietre che gli alberi raddoppiano la loro sensibilità…


nel vedere le rispettive immagini riflesse nello stagno. Il risultato è
che… dalla casa, allo stagno l’atmosfera di morte incombente è quasi
palpabile.

PETER
Qualcosa di strano, indubbiamente c’è… e il mio cavallo, forse, lo
ha… “sentito”. Io stesso ero un po’ scosso…

FREDERICK
Madeline è morta.

PETER
Quando?

FREDERICK
Stanotte.
Mi ha preceduto.

PETER
E… il funerale… quando…

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FREDERICK
La mia stirpe usufruisce da sempre della facoltà di seppellire i suoi
cari all’interno del cimitero di famiglia.

PETER
Non l’ho visto. Dov’è?

FREDERICK
Nella cripta dove c’è l’organo. Tutt’intorno, tra gli archi, giacciono
i miei antenati. Nell’arco centrale ci sono due tombe vuote: in una
riposerà mia sorella, l’altra attende me, l’ultimo degli Usher. In quel
luogo, come sai, c’è solo una torcia vicino all’organo, il resto è al buio,
com’è giusto che sia.

PETER
Mi pare che la cripta sia, più o meno, sotto la mia stanza…

FREDERICK
È… esattamente sotto la tua stanza.

PETER
Per fortuna non sono superstizioso…

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La caduta di casa Usher

FREDERICK
Già per fortuna.
Peter…

PETER
Si?

FREDERICK
Conto sul tuo aiuto per deporla in quella che sarà la sua ultima
dimora.

PETER
Naturalmente.
Collocammo il corpo di Lady Madeline in una bara e lo portammo,
noi due soli, all’interno della cripta. Posammo il feretro sul pavimen-
to e accendemmo un paio di torce: notai che sul fondo, appena su-
perato l’arco centrale, c’era un’imponente porta di ferro massiccio;
quando si mosse sui cardini, mandò un cigolìo acuto e penoso. De-
posto il nostro mesto fardello nella sua ultima dimora, scostammo il
coperchio della bara, non ancora avvitato, e guardammo il volto di
Lady Madeline.
Fui colpito dalla straordinaria somiglianza tra fratello e sorella, e
Frederick, indovinando i miei pensieri, mi disse:

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FREDERICK
Avevo dimenticato di dirti che siamo gemelli…
Tra noi c’era un’intesa perfetta… una simpatia… un’attrazione, per-
sino, che non riuscivamo a spiegarci.

PETER
Le sue parole mi lasciarono interdetto. Volsi lo sguardo su di lei e non
potei fare a meno di pensare che il suo fascino non si era spento nem-
meno con la morte. Anzi. Come avviene in molti soggetti catalettici,
sul suo viso traspariva un lieve, ironico rossore, e sulle labbra ardenti,
appena increspate, affiorava un sorriso immobile, stanco e ambiguo.
La contemplammo a lungo in silenzio, poi, sospirando, rimettemmo
a posto il coperchio e lo avvitammo; quindi, serrata la grande porta di
ferro, risalimmo affranti nelle stanze superiori.
Dopo qualche giorno di amaro cordoglio, un evidente cambia-
mento apparve nel disordine mentale di Usher. Vagava senza meta
da una stanza all’altra; il pallore del suo volto era divenuto, se possi-
bile, più spettrale, e nei suoi occhi si era spenta la luce.
Lo vedevo fissare per lunghe ore il vuoto, come se stesse ascol-
tando, con profonda attenzione, un suono immaginario. Il suo at-
teggiamento mi atterriva e, quel ch’è peggio, mi stava contagiando,
lentamente ma inesorabilmente. Sperimentai tutto il potere di tali
suggestioni nel corso di una notte, la settima dopo la sepoltura.

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La caduta di casa Usher

Ero nella mia stanza, non riuscivo a prendere sonno, lottavo con-
tro la crescente agitazione che si stava impadronendo di me.
Aprii le finestre per respirare, peggiorando la situazione: gli arazzi
e le lacere tappezzerie, tormentate dal soffio d’un incipiente tempo-
rale, si agitavano convulsamente e frusciavano contro le decorazioni
del letto. Venni colto da un irrefrenabile tremito. Feci un respiro
profondo per dominarmi, e, spinto forse da uno spirito premonitore,
tesi l’orecchio ad ascoltare certi suoni bassi e indefiniti.
Terrorizzato da quei suoni lugubri e sordi, mi vestii rapidamen-
te. Stavo per uscire quando Frederick apparve, dal nulla, sulla soglia
della porta. Tra le mani tremanti reggeva un lume che gli illuminava
il volto, che era, come sempre, cadaverico, ma in più nei suoi occhi
c’era una ilarità folle, malata.

FREDERICK
E tu… e tu non l’hai vista?

PETER
Chi?

FREDERICK
Non l’hai vista!? Ma aspetta… aspetta! La vedrai! Vieni!

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PETER
Posò il lume e mi trascinò fino al davanzale della finestra: era una
notte di tregenda. Un turbine sembrava aver chiamato a raccolta le
forze addensando una infinità di nubi sopra di noi. Non si vedevano
né la luna, né le stelle, né il bagliore di un lampo. In quel buio totale,
però, si scorgevano, rarefatti, gli alberi malati, i tronchi putrefatti e
lo stagno, immersi in un tenue chiarore innaturale prodotto da una
esalazione gassosa che avvolgeva come in un sudario tutta la casa de-
gli Usher. Non devi… non devi guardare! Vieni… ecco, siediti qui,
lontano dalla finestra. Cerca di calmarti, Frederick. È vero che quello
che abbiamo appena visto è abbastanza sconvolgente, ma si tratta di
un fenomeno naturale.

FREDERICK
Naturale?

PETER
Si… si… è un fenomeno elettrico molto comune… probabilmente
trae la sua origine dai fetidi miasmi dello stagno. Chiudiamo la fine-
stra, l’aria è fredda e ti può far male. Adesso, per tranquillizzarti del
tutto, ti leggerò un libro… così passeremo insieme il resto di questa
terribile notte.
La stanza è piena di libri, hai qualche preferenza?

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La caduta di casa Usher

FREDERICK
Prendi il primo che ti capita.

PETER
È… è la pagina 28. “Qui Ethelred…

FREDERICK
… vuole entrare con la forza in casa dell’eremita”.

PETER
Già, già… “L’impavido Ethelred si sentiva ancor più coraggioso gra-
zie al vino che aveva bevuto. Chiese ancora di entrare, ma ottenne
l’ennesimo rifiuto dall’ostinato eremita. Allora, sentendosi la pioggia
sulle spalle e temendo lo scatenarsi della tempesta, sollevò la mazza
e a furia di colpi si aprì un varco fra le assi della porta con la propria
mano guantata di ferro; quindi, tirando con forza, schiantò, frantu-
mò tutto, in modo tale che il rumore del legno secco spezzato fece
echeggiare il suo minaccioso rimbombo per tutta la foresta”.
Trasalii, e per un istante, interruppi la lettura: m’era parso che da
un’ala remota della casa giungesse l’eco spenta, soffocata, del legno
spezzato che il romanziere aveva così dettagliatamente descritto. Mi
convinsi che si trattava di una curiosa coincidenza e continuai a leg-
gere: “Ma l’intrepido Ethelred, varcata la porta, fu molto sorpreso di

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non scorgere il maligno eremita; al suo posto c’era un drago mostruo-
so, tutto coperto di squame e dalla lingua fiammeggiante che stava
a guardia di un palazzo d’oro con il pavimento d’argento. Sul muro
era appeso un grande scudo di bronzo scintillante, sul quale era incisa
questa frase: A chi varca la soglia, già la vittoria arride; lo scudo sarà,
di chi il drago uccide. Ed Ethelred levò la mazza e colpì la testa del
drago con tale violenza che il mostro stramazzò al suolo esalando il
suo pestifero spirito con un urlo così doloroso e spaventoso che il
nostro eroe dovette tapparsi le orecchie con le mani”.

Quel grido lontano era l’esatta riproduzione di quello che la mia


fantasia aveva immaginato come l’urlo del drago morente descritto
dal romanziere… stavolta non poteva essere una coincidenza… ma
questo non lo dissi a Frederick, nella vana speranza che non si fos-
se accorto di nulla. Il suo atteggiamento, infatti, si era stranamente
alterato: aveva a poco a poco spostato la sedia in modo da stare col
viso rivolto verso la porta della camera. Le sue labbra mormoravano
parole incomprensibili; la sua testa stava appoggiata sul petto, i suoi
occhi erano spalancati; si dondolava da una parte all’altra, con una
lieve ma costante oscillazione. Ripresi a leggere:

“Ethelred scavalcò la carcassa del drago e avanzò coraggiosamente


per prendere l’enorme scudo di bronzo che scintillava appeso alla pa-

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La caduta di casa Usher

rete. All’improvviso, però, lo scudo cadde ai suoi piedi sul pavimento


d’argento, con un rimbombo possente e terribile”.
Queste parole erano appena uscite dalle mie labbra che, come
se un grande scudo di bronzo fosse veramente piombato su un pa-
vimento d’argento, percepii distintamente un’eco forte, metallica e
rimbombante. Coi nervi a pezzi balzai in piedi, mentre Usher conti-
nuava imperterrito a oscillare con gli occhi fissi sulla porta, sempre
mormorando fra sé e sé…
Che cosa stai dicendo, Frederick? Non capisco…

FREDERICK
Non la senti? Io la sento, l’ho sentita a lungo… a lungo… a lungo…
per tanti minuti, ore, giorni… l’ho sentita. Eppure non ho osato…
sono un miserabile! Noi l’abbiamo messa viva nella tomba! I miei
acuti sensi se n’erano accorti… e io ora, solo ora… ti vengo a dire
che ho sentito i suoi primi, deboli movimenti all’interno della bara
dopo il suo risveglio dalla catalessi, perché quando li ho sentiti non
ho osato… non ho osato parlare!
E stanotte, Ethelred!
Ah! la porta dell’eremita infranta, l’urlo di morte del drago e il
fragore dello scudo! Parliamo invece dello squarciarsi del coperchio
di legno della bara, della sua lotta per svellere i cardini di ferro della
sua prigione, del cigolio infernale che ne è seguito!

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E adesso dove fuggirò? Lei tra poco sarà qui… Sta venendo da me
per rinfacciarmi la mia colpa!

PETER
Quale colpa?

FREDERICK
Quella di averla seppellita viva!
Sento i suoi passi… sta correndo su per le scale!
Sento i battiti del suo cuore… e tu vuoi tranquillizzarmi? Pazzo! Ti
dico che lei, adesso, è in piedi dietro la porta!

PETER
Come se l’energia sovrumana della sua voce avesse avuto la poten-
za di un incantesimo, la maniglia dell’uscio si abbassò lentamente,
e la porta si aprì: in piedi, avvolta nel sudario, stava Lady Madeline
Usher. Le sue bianche, candide vesti erano macchiate di sangue; sul
volto e sul corpo si scorgevano i segni inequivocabili di un’aspra lotta
durata sette giorni all’interno della bara. Per un momento rimase
sulla soglia, vacillando e tremando…
Lady Madeline era caduta in avanti addosso al fratello gemello,
e nella sua violenta e ormai definitiva agonia, lo aveva trascinato a
terra, cadavere anch’esso, vittima di un destino il cui tragico epilogo,

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La caduta di casa Usher

egli aveva previsto. Fuggii sconvolto da quella stanza e da quella casa.


Fuori l’uragano infuriava in tutta la sua violenza. All’improvviso una
strana luce lampeggiò sul mio cammino e mi voltai a vedere da dove
provenisse, poiché alle mie spalle c’erano solo la casa e le sue ombre
di morte.
La luce proveniva dalla luna piena, che tramontava rossa come la
porpora. La potevo intravedere attraverso la crepa che dal tetto della
casa attraversava a zig-zag, come una ferita, tutto il muro. Quella
crepa, che al mio arrivo era quasi invisibile, adesso era una fenditura,
e continuava rapidamente ad allargarsi. Adesso la luna mostrava la
sua intera faccia insanguinata. Il mio cervello vacillò quando vidi le
possenti mura cadere in frantumi e sprofondare; seguì un fragore
tumultuoso come la voce di mille cascate d’acqua; e, ai miei piedi, il
sinistro, profondo stagno si chiuse lugubremente e silenziosamente
sulle rovine della “Casa Usher”.

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