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(QE Giovanni Boccaccio Giovanni Boccaccio Nastagio degli Onesti e la bella sdegnosa del Decameron Fi- Nella quinta giornata 6 sarees Onesti il quale, di cui é da tempo infelicemente innamo. la storia di Nastagio degli nei lettori rimane perd il dubbio che dopo aver assistito a una la decisione finale della fanciulla sia stata dettata non da un autentico sentimento ma ir > scena, riesce a piegare il cuore nti f a fila di eau baolo Trnersari dalla volonta di evitare un terribile destino, ella Romagna, vivevano un tempo uali un giovane chiamato Nastagio del padre e di uno zio, Nastagio ia e la sua ricchezza A Ravenna, antichissima citta di molti nobili e gentiluomini, tra i q degli Onesti. In seguito alla morte era entrato in possesso delle propriet2 di fami; era cosi grande che non si riusciva a calcolare. Era scapolo e, come avviene ai giovani, si innamord di una fanciulla. La giovinetta era figlia di messer Paolo Traversari di famiglia dunque molto pitt nobile di quella degli Onesti. Ma Nastagio sperava ugual- mente di conquistarla con la magnificenza del suo comportamento € delle sue iniziative. Perd, nonostante egli facesse cose grandissime, belle e lodevoli, queste non solo non gli giovavano, ma anzi pareva che gli nuocessero. tanto crudele selvatica gli si mostrava la giovi- netta amata. La quale, forse a causa della sua straordinaria bellezza, forse a causa della nobilta della sua famiglia, era cosi sdegnosa che non solo non le piaceva Nastagio, ma nessuna delle cose che lo ri- guardavano. Per Nastagio questa crudele indifferenza era durissima da sopporta- re. Il giovane se ne lamentava con gli amici e pitt di una volta, per il dolore, aveva provato il desiderio di uccidersi. Mille volte decise in cuor suo di dimenticare la fanciulla o addirittura, se avesse potuto, di ricambiarla dello stesso odio. Ma invano faceva questi proponimenti, perché sembrava che il suo amore diventasse tanto pitt grande quanto minore era la speranza di vederlo ricambiato. Il tempo passava e Nastagio continuava a essere innamorato e a spen- dere senza misura per fare impressione sulla fanciulla. Alcuni dei suoi parenti, persuasi che cosi facendo il giovane avrebbe finito per ammalarsi e per consumare tutto il suo patrimonio, gli con- sigliarono pitt volte di allontanarsi da Ravenna. Un lungo soggiorno in qualche altro paese. dicevano, avrebbe fatto diminuire sia amore sia le spese esagerate. lndatesi: dopo aver natole tende- tocce: spade dalla affusolata e robusta, B.... eens befte pil volte di questo consiglio, ma quelli insiste- Prepared ila fine sembrdlasciarsi convince. Fece fare srandi ualehe se me, wlesse andarsene in Francia, in Spagna o in aden ee lontano. Poi montd a cavallo e, accompagnato Pri iaeets lontand da Ravenna. Pa ee 2 te miglia,arrivato in un luogo chiamato Classe, si fer- . Fece innalzare dai servi tende e padiglioni e disse agli amici che Gan Komassero pure in cittd, perché lui era arrivato. a attendatosi' in quel luogo, comincid a vivere in modo piacevole € dispendioso, invitando a pranzo e a cena, secondo le sue abitudini, ora questo, ora quello dei suci conoscent Ora avvenne che un venerdi, quasi all'inizio di maggio, in una bellis- sima giornata, Nastagio camminava pensando come al solito alla sua donna crudele. E per poterci pensare a suo piacimento, aveva ordina- to a tutti i servitori che lo lasciassero solo. ‘Cosi, immerso nei suoi pensieri, passo dopo passo arrivd nella pineta. Era gia pomeriggio inoltrato e Nastagio, senza avvedersene, si era addentrato tra i pini per circa mezzo miglio, scordandosi di mangiare di qualsiasi altra cosa. Quando, all'improvviso, gli sembrd di udire un gran pianto e lamenti altissimi emessi da una voce femminile. Interruppe il corso dei suoi pensieri amorasi e si guardd attorno, me- ravigliato di trovarsi nella pineta. Ed ecco venire di corsa verso di lui, attraverso una folta macchia di arboscelli e di pruni, una bellissima fanciulla, nuda, scarmigliata e tutta graffiata dalle frasche e dai rovi, che piangeva forte e gridava invocando piet’. Era inseguita da due grandi ¢ feroci mastini che la incalzavano senza tregua, mordendole crudelmente le carni ogni volta che riuscivano a raggiungerla. Dietro ai cani galoppava un cavallo nero. II suo cavaliere, vestito di bruno, col volto ferocemente corrucciato, impugnava uno stocco,? € con pa- role feroci e crudeli minacciava di morte la fuggitiva. Questa visione suscitd nell'animo di Nastagio meraviglia, spavento, compassione per la sventurata donna e desiderio di aiutarla a scam- pare da quella angoscia ¢ da quella orribile morte. I! giovane era di- sarmato, ma afferrd il ramo d'un albero e, alzandolo come un basto- ne, si fece incontro ai cani e al cavaliere. Ma costui, vedendolo da Jontano, gli grid: «Nastagio, non ti immischiare. Lascia fare ai cani @.a me cid che questa malvagia femmina ha meritato!> Tcani intanto avevano azzannato la donna ai fianchi, costringendola fermarsi. Quando il cavaliere sopraggiunse e smontd da cavallo, Nastagio gli si davanti ¢ gli disse: «lo non so chi sia tu, che mi conosci cost bene. Perd ti dico questo: @ una gran vilta che un cavaliere armato as Ei CN Giovanni Boccaccio Tabbia fatta braceare dai ecidere una donna nuda e indifesa, € voglia uccidere Fain bs ceani come se Fosse una bestia selvatica. Sappl che, quan difenderd per quanto pottd». Il cavaliere allora disse: +Nastagio, io nacqut nella tua stessa terrae il mio nome fu Guido degli Anastagi. Quando tu eri ancora un piccolo Fareiullo, io ero innamorato di questa donna ancor pitt di quanto tu non ami la figha di messer Traversari, E per la sua durezza e crudelta “and a finire che un giorno, come un disperato, mi uccisi con questo stocco che tu mi vedi in mano, e sono percid: condannato alle pene dellinferno. Costei si rallegrd moltissimo della mia morte, ma non passd molto tempo che anch’essa mori. Non si era pentita della sua Crudelta verso il mio amore né della letizia provata per i miei tor- menti: pensava addirittura che cid nan fasse peccato, ma anzi che fosse un gran merito. E cosi fu anche lei condannata alle pene dell inferno. La sua pena consiste nel fuggire senza tregua da- vanti a me. E la mia pena & quella di inseguirla, io che l'ho amata tanto, non come una donna amata, ma come una mor- #% tale nemica. E tutte le volte che la raggiungo devo ucciderla ‘con questo stesso stocco col quale mi uccisi, Devo aprirle la schiena e strapparle dal petto, come vedrai tra poco, quel cuore duro e freddo nel quale non poterono mai en- trare né amore né pieta. E devo gettare il cuore € le sue altre viscere in pasto ai cani. Subito dopo. cosi come vuole la giustizia e la potenza di Dio, ella si rialza, come se non fosse mai stata morta, € ricomincia a fuggire, e i cani e io ricominciamo a inseguir- la. La dolorosa fuga si conclude in questo luogo tutti i ven- ee_erdi a quest'ora. Qui la raggiungo e qui ne faccio lo strazio che vedrai. . f

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