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Adsorbimento in fase gas

Lezione 29-11

Si tratta di un processo impiegato a livello industriale, principalmente, per il trattamento di:


1. Composti organici volatili (VOC, benzene, HC, PAH);
2. Mercurio (Hg0/Hg(II)), ci sono stati studi anche relativi all’Arsenico;
3. NOx Storage-Reduction (NSR).

Sul sito docenti sono presenti due capitoli di libri: Couper et al (2010) (si occupa di plant design, riportando
per le varie apparecchiature una serie di dati sul dimensionamento e le cosiddette regole “del pollice” che
sono utili per ricordare rapidamente come dimensionare alcuni tipi di impianto, è utile per una consultazione)
e Suzuki (1998) (l’articolo estratto è relativo al dimensionamento delle colonne di adsorbimento e alla stima
delle curve di breaktrought).
L’Adsorbimento è un fenomeno superficiale. Che differenza c’è tra l’assorbimento e l’adsorbimento? Tutte
le interazioni con due fasi, anche con un liquido, sono reazioni di interfaccia, per cui è il destino del composto
adsorbito che determina la differenza tra le fasi. Per una data superficie solida, si osserva che se le molecole
appartenenti alla quantità di materia che si deposita (fase fluida) sulla superficie hanno la possibilità di
penetrarla allora si parla di assorbimento (fenomeno di bulk) altrimenti di adsorbimento. Le Differenze
sostanziali sono sostanziali, ad esempio, si consideri un surfattante: quest’ultimo posto all’interno di un
liquido favorisce la formazione di gocce più piccole, stabilizza il sistema e si deposita all’interfaccia per cui
cosa si sta effettuando un assorbimento o un adsorbimento? Si tratta di un processo all’interfaccia, la
quantità di surfattanti che si mette nel liquido è data da ciò che si riesce a mettere sulla superficie, in quanto,
non è quantità che si riesce a sciogliere nel liquido. Molti soluti, come i cloruri, non è detto che vadano tutti
nel bulk in quanto c’è un disproporzionamento tra la concentrazione di ioni presenti nel bulk del liquido e la
quantità di ioni che si riesce a mettere all’interfaccia.
Se si guarda al fenomeno in una maniera un po’ più completa e si pensa ad un trasporto di materia, si ha che
le particelle passano dal gas alla superficie della fase condensata (solido), dopo di che se hanno la possibilità
di penetrare all’interno della fase condensata, avendo una distribuzione del bulk, allora si parla di
assorbimento mentre altrimenti si ha un adsorbimento.
Quindi, nei fenomeni di assorbimento il ruolo dell’interfaccia e il processo di adsorbimento diventano
fondamentali.
Considerando la teoria del doppio film per il trasporto di materia dove la resistenza sta nel film all’interfaccia,
la relazione di equilibrio consente di relazionare le due interfacce (gas-liquido):

ybulk

yinterfaccia

xinterfaccia

xbulk

Il gap (tratto rosso) all’interfaccia definisce un processo che è un adsorbimento, poi se la resistenza al
trasporto di materia è abbastanza bassa e tale da consentire una penetrazione allora si parla di assorbimento
altrimenti adsorbimento.
Se si sciolgono dei soluti all’interno dell’acqua, cambia la tensione superficiale della goccia d’acqua perché
cambia la distribuzione delle specie ioniche sull’interfaccia per cui cambia il modo in cui queste gocce
possono essere spruzzate. Ad esempio, per gli Spray elettrificati (lavoro del prof. Assorbimento di SO2 con
questi strumenti) il fatto che ci sia una carica elettrica sulle gocce cambia in maniera significativa il
comportamento all’interfaccia, cambia il modo in cui la SO2 viene assorbita e pertanto negli esperimenti,
ripuliti tutti gli effetti idrodinamici (deformazione della goccia, gocce più piccole) si ha che gli scambi di
materia sono un 20/30% più grandi di quelli che dovrebbero essere per cui c’è qualcosa che sta cambiando.
Per cui lo Scrubber in esame è il 20/30% più piccolo rispetto ad altri e ciò è positivo.
Poiché il processo di adsorbimento è superficiale, la gran parte dell’equilibrio sono di questo tipo:

c
Nell’adsorbimento in fase acquosa non esiste, per una serie di fenomeni elettrici all’interfaccia, non si ha la
possibilità di avere fenomeni di questo tipo (curva crescente) e normalmente tutt’al più hanno un asintoto
orizzontale, molte di queste curve nelle concentrazioni di interesse o sono lineari oppure hanno un
andamento che inizia a flettere (modello di Freundlich) ovvero la legge di potenza.
Nei gas la curva può crescere. Se si hanno tante molecole che sono condensate e si sono legate alla superficie,
la massima di quantità di molecole che si possono mettere è proporzionale alla superficie. La quantità
adsorbita (punto indicato sul grafico dalla stella) è proporzionale all’area superficiale dell’adsorbente rispetto
alla superficie effettiva di attacco delle molecole (ABET/A), per cui quando finisce la superficie le molecole non
potrebbero più legarsi in realtà il processo continua (curva crescente) in quanto ha luogo la condensazione.
Anche se si ha un limite fisico di adsorbimento, in alcuni casi posso superarlo. Ad esempio, la rugiada: il liquido
non si distribuisce uniformemente sulla foglia ma si formano delle gocce.
Se sulla superficie ci sono più layer di molecole, si osserva che ogni molecola genera un suo campo elettrico
di attrazione, il quale si esaurisce rapidamente: per cui il legame che esiste tra le altre molecole è quello che
esiste tra le molecole presenti in una goccia d’acqua che è liquida che possiede la capacità di scorrere. Le
molecole anziché prediligere una configurazione in cui tutta la superficie è ricoperta da molecole a sua volta
ricoperte da un altro strato di molecole e così via, preferiscono disporsi in una configurazione in cui il primo
strato resta uguale mentre la stessa quantità di liquido, che forma i layer superiori nel primo caso, preferisce
(a causa della tensione di superficiale, della volontà di esporre una minor superficie verso l’esterno) formare
una goccia; per cui lo stesso volume distribuito in questo modo è più stabile rispetto ad una configurazione
a più strati.
Per la stessa ragione se si hanno delle goccioline piccole, si osserva che nel tempo che quest’ultime
scompaiono mentre quelle grandi aumentano, inoltre, queste goccioline evaporano; questo fenomeno
prende il nome di ostwald ripening. Ad un certo punto, pertanto, l’adsorbimento diventa una condensazione
e ubbidisce a regole che sono quelle della condensazione; questo è il confine che esiste nella condensazione
eterogenea tra le fasi di nucleazione e le fasi di accrescimento.
Nei campi di nostro interesse, raramente lavoriamo con concentrazioni tali da avere il tratto crescente
presente nel grafico precedente. Nella pratica industriale, l’adsorbimento è usato come processo di
separazione di purificazione spinta; i modelli più utilizzati per descrivere tali curve sono quello di Langmuir,
quello di Freundlich ed eventualmente quello di Henry.
q

c
L’adsorbimento è un processo di separazione. Come si capisce se un soluto sta meglio sul solido o nel gas?
Valutare il grado di affinità per un liquido non è semplice, ma nel gas è possibile dare una risposta. Immagino
di fare una misura sperimentale in cui metto a contatto un gas con una certa concentrazione e un solido; la
variabile con cui si misura la concentrazione dei gas è la pressione parziale per cui nel grafico seguente
sull’asse delle x è presente il rapporto tra la pressione parziale del componente i e la sua tensione di vapore
alla temperatura T (più di questo non posso mettere altrimenti condensa). Sull’asse delle ordinate si pone il
rapporto tra la quantità che si può adsorbire effettivamente del composto i e la quantità massima che si può
adsorbire del composto i. Considerando una diagonale, su cui è presente il punto di equilibrio dove la quantità
presente nel bulk coincide con quella presente sul solido, in proporzione alle loro capacità di mantenere
quella specie; se l’isoterma invece coincide con la curva nera, allora, si ha un’isoterma favorevole in quanto
a parità di rapporto di concentrazione ho più soluto sul solido rispetto a quanto ce n’è nel gas. Mentre se
l’isoterma fosse rappresentata dalla curva blu allora sarebbe sfavorevole per l’adsorbimento.

qi/qmax

p/pi0(T)
Dal punto di vista industriale, è chiaro che si vuole condurre esclusivamente processi di adsorbimento
favorevoli.
La mass transfer zone e la curva di breaktrought sono espressione dei profili di concentrazione all’interno del
solido e nel gas nelle diverse posizioni di un filtro tenuto fermo, a seconda che si vada a guardare come scala
lo spazio o il tempo. Se voglio conoscere il rapporto tra la concentrazione della fase fluida rispetto a quella di
ingresso e i profili di concentrazione del filtro esposto ad una certa corrente dopo un certo lasso di tempo,
disegno delle curve del tipo:

Per ognuna delle varie curve si ha un tempo. Se mi pongo all’uscita (z=Z), vedo la concentrazione di uscita: in
un primo momento vedrò che questa è nulla ma ad un certo punto la concentrazione inizia a crescere fino a
quando, al tempo di saturazione, avrò una concentrazione in uscita pari a quella di ingresso.
Una caratteristica importante dell’isoterme favorevoli è che la forma di questa curva si conserva.
Consideriamo un filtro: la prima parte di liquido vede un filtro pulito che prenderà, pertanto, tutte le molecole
possibili per cui dopo una certa distanza comincia a ripulire la superficie; man mano che si riduce la
concentrazione il processo rallenta perché si riduce la forza spingente.
La parte alta della colonna si trova, adesso, in una condizione di saturazione per cui di fatto anche li rallenta.
Si dimostra che se si ha un’isoterma lineare o sfavorevole, nonostante tutto, la parte a bassa concentrazione
rallenta anche essa ma di meno rispetto a quanto faccia la parte alta; il profilo di concentrazione vede una
velocità, nella zona più o meno satura, più bassa rispetto alla parte inferiore per cui le curve non si
mantengono costanti.
Invece, se l’isoterma è favorevole si dimostra che il rallentamento della parte alta è compensato dall’aumento
di velocità della parte bassa per cui l’intera curva si muove alla stessa velocità.
La mass transfer zone si conserva lungo la colonna e si muove ad una certa velocità: se sono in grado di
stimare tale velocità e anche quanto è grande tale zona di trasferimento, riesco a stimare il tempo di durata
del filtro; se il filtro è grande il doppio allora il tempo di funzionamento è il doppio perché se la velocità con
cui si muove la zona di trasferimento è costante allora si ha una diretta proporzionalità tra grandezza del
filtro e tempo di funzionamento. La zona di trasferimento di materia è più o meno stretta mentre il filtro deve
essere fermato prima che si saturi: si immagini che la zona è di 1 cm e resta sempre tale, se prendo un letto
grande 10 cm, si ha che questo deve essere rimosso una volta esaurita la superficie dei primi 9 cm e l’ultimo
cm non può essere usato in quanto mi fa passare dalla concentrazione desiderata a quella di saturazione che
non va bene. Se il letto è 40 cm e la mass transfer zone è sempre 1 cm, allora in realtà ne uso 39 cm per cui
ne uso una quantità da maggiore. I parametri che devo conoscere per caratterizzare e capire come
dimensionare questi sistemi, sono: quanto è grande la zona di trasferimento di materia e quanto
velocemente si muove.
Immaginiamo che il trasporto di materia è istantaneo, per cui teoricamente appena la corrente entra va
all’equilibrio: in colonna mi aspetto di vedere che non appena entra il fluido viene adsorbito e portato
all’equilibrio con la concentrazione c0 ed il grafico rappresentativo è il seguente:

c/c
0

t
Si vuole calcolare la velocità della zona di trasferimento, e si può ottenere con un bilancio di materia molto
semplice: alimento q ad una concentrazione c0 per un tempo t* e questa quantità viene adsorbita
completamente sul materiale per cui 𝑄 ∗ 𝑐0 = 𝑚 ∗ 𝑞0 .
Per saturare un certo letto con una portata Q e una certa concentrazione iniziale, data la curva di equilibrio
che mi permette di sapere quanto vale q0 posso sapere il tempo che impiego per saturarlo.
Se considero una resistenza al trasporto di materia, viene meno l’idealità del processo perché ho nella parte
alta una concentrazione molto alta e quindi ho una certa velocità di trasferimento di materia mentre nella
parte bassa ce ne è un’altra. Queste curve rispetto all’idealità, pertanto, deviano ed iniziano ad avere una
forma a sigmoide.
Se voglio usare il letto e assicurarmi che la concentrazione in uscita dal letto sia sempre zero, se avessi un
modello ideale potrei considerare un tempo infinitesimamente più piccolo di t* ed avere zero (molto al di
sotto del limite di legge); poiché però nella realtà c’è una resistenza al trasporto di materia, devo
interrompere il mio processo molto prima rispetto a t* per cui considero il cosiddetto tempo di breaktrought.
Nella realtà dei fatti, pertanto, il letto di adsorbimento non posso utilizzarlo completamente in quanto non
posso accettare in uscita concentrazioni troppo elevate. Quanto più sono bravo con il trasporto di materia,
tanto più la curva reale si avvicina a quella del caso ideale. Il modo in cui mi avvicino, cresce con la velocità
di trasferimento di materia all’idealità.
Per far funzionare tale sistema, quindi, devo capire quanto vale t* (quanto velocemente si adsorbe) e quanto
è grande la mass transfer zone. Esistono diverse soluzioni analitiche per trovare la forma della mass
transformer zone, noti certi parametri. Tuttavia, bisogna considerare un’assunzione di partenza che funziona
bene per i gas ma non per i liquidi: gran parte delle curve di adsorbimento dei gas sono simmetriche rispetto
al tempo t* per cui coincide con il tempo per cui c/c0=0.5. Tra le ipotesi più forti di tutti i modelli descrittivi
del fenomeno di adsorbimento in fase gas, si ha che il Kf*a (funzione della concentrazione c) sia costante e
che le Curve di breakthrought siano simmetriche per cui t* coincide con la condizione c/c0= 0.5.
L’Adsorbimento è un fenomeno superficiale, per cui se si effettua con particelle molto piccole la quantità di
materiale che si può adsorbire, a parità di unità di volume, è maggiore. I materiali molto porosi (area
superficiale di un carbone attivo è 100/1000 m2/g) consentono di adsorbire maggiori quantità rispetto ad un
materiale con un’elevata superficie esterna; i coefficienti di trasporto di materia (Kf*a) delle particelle piccole
al netto, visto l’aumento dell’area superficiale, sono maggiori rispetto a quelli che si hanno per particelle
maggiori. Pertanto, si desidera effettuare l’adsorbimento con particelle molto piccole e con aree superficiali
enormi. Dato questo materiale, come lo metto in contatto con un fluido? I carboni attivi sono caratterizzati
da tante particelle con dimensione dell’ordine dei micron fino a qualche millimetro. Potrei immaginare di
metterlo in un rettore batch, chiudere tutto e aspettare un tempo di reazione; in alternativa posso fare un
filtro fermo e far passare il liquido attraverso il filtro. Posso immaginare di spruzzare il solido, per cui potrei
fare un processo del genere (simile alle colonne di assorbimento) però poiché l’adsorbimento è un fenomeno
superficiale dovrei lavorare con molto solido e poco gas; queste operazioni di sistemi in continuo, potrebbero
essere dimensionate come le colonne di assorbimento utilizzando le stesse identiche equazioni, tuttavia, ciò
è possibile esclusivamente per i liquidi mentre per i gas la difficoltà sta nell’alimentare il solido e poi separarlo
dal gas in uscita, poiché per particelle molto piccole si potrebbe avere il trascinamento del solido.
Le cinetiche lente e la difficoltà di separare il solido dal fluido portano ad avere un letto fisso come tipica
configurazione anche per i sistemi in continuo.
Uno dei parametri più importanti del filtro è la perdita di carico, per cui nonostante le particelle piccole siano
vantaggiose per le motivazioni dette in precedenza sono poco usate in quanto determinano elevate perdite
di carico. Si dimensionano questi sistemi sulla base di perdite di carico e diametri delle particelle accettabili.
Per l’adsorbimento in fase gas, tipicamente, diametri delle particelle con cui si lavora sono dell’ordine dei
1000/7000 micron (alcuni millimetri). Il parametro usato per caratterizzare il sistema, non è dato dalle perdite
di carico, ma si tratta della velocità gas con un ordine di grandezza pari a 0.3-0.5 m/s; un gas in un convertitore
catalitico ha una velocità dell’ordine di 3-10 m/s, in un SCR 4-5 m/s decisamente più elevate della tipica
velocità dei letti a carbone fisso: il gas arriva da un tubo dove la sua velocità è di circa 10 m/s e deve entrare
in un reattore dove la velocità è decisamente più bassa, pertanto, bisogna considerare sistemi con sezioni
maggiori. Anche rispetto ad un convertitore catalitico, questi sistemi hanno sezioni molto più grandi.
Le perdite di carico sono un numero ballerino: nel SCR abbiamo definito la space velocity che è l’inverso del
tempo spazio del reattore per cui se devo trattare 10000 m 3/h con una SV di 30000 h-1 ottengo un certo
volume di catalizzatore che lo distribuisco a pezzi di 1 m l’uno; tale volume di catalizzatore mi serve a
completare una reazione catalitica per una data portata. Se il catalizzatore non si sporcasse, il catalizzatore
potrebbe stare li in eterno per cui il volume del catalizzatore utilizzato è sempre lo stesso e sarà sempre
sufficiente qualunque sia il tempo di trattamento; la definizione di un tempo di trattamento preciso nasce a
causa dell’avvelenamento del catalizzatore.
Nel letto fisso, il reattivo si esaurisce perché man mano la superficie viene ricoperta allora se si vuole definire
quanto deve essere grande un letto adsorbente occorre definire per quanto tempo deve durare; se voglio
che duri per un tempo maggiore deve essere più lungo con conseguente aumento delle perdite di carico. Le
perdite di carico non sono un parametro tipicamente riportato, più spesso viene riportata la velocità.
Quando il filtro si esaurisce, se posso lo rigenero altrimenti sono costretto a buttarlo per cui nasce il problema
dello smaltimento del solido. Molti sistemi per il trattamento delle acque sono caratterizzati da colonne
rimovibili: i fornitori vendono la colonna con all’interno il carbone, e dopo un certo periodo la smontano e
ne rimontano una nuova provvedendo poi allo smaltimento della vecchia; naturalmente questo ha un certo
costo per il proprietario dell’impianto. Se gli inquinanti sono organici, sono volatili che si rimuovono in fase
di combustione mentre i metalli pesanti no e si ritrovano nelle ceneri; è possibile rimuovere i composti volatili
ben prima che si bruci il carbone, per cui si ha una corrente di gas con gli organici trattati con un combustore
catalitico o termico mentre il carbone è nuovamente utilizzabile. Per cui il carbone esausto viene trattato in
un impianto di combustione secondario e poi è possibile nuovamente riutilizzarlo. Se si potesse rigenerare,
accenderei una possibilità in più: dopo un certo tempo, ad esempio 24 ore, fermo il reattore, lo rigenero e
faccio funzionare nel mentre un secondo reattore gemello al fianco; completo la rigenerazione in 24 ore in
modo tale che il reattore affianco nel frattempo si è esaurito, per cui posso alternare i due sistemi.
L’unica decisione da prendere con sistemi di questo tipo è la durata del tempo di processo di un reattore
prima di fermarlo per la rigenerazione; a seconda del tempo deciso si ottiene una lunghezza del reattore.
Le perdite di carico dipendono da una scelta che è completamente arbitraria: ad esempio, un sistema con un
ventilatore non può reggere più di 30mmbar per cui il letto non può avere più di 27mmbar non può fare per
cui deve essere lungo 2 m, allora dura 8h per cui devo rigenerarlo ogni 8h.
La rigenerazione, naturalmente, non è mai completa per cui dopo un certo numero di cicli la potenzialità del
reattore viene meno in quanto il sistema si sporca, per cui deve comunque essere portato ad un combustore
e smaltito.
La rigenerazione del materiale avviene grazie al processo di desorbimento, il quale determina il
funzionamento di questi sistemi in un modo molto semplice: immaginiamo di avere un inquinante con
concentrazione c0, e la seguente rappresenta la curva di equilibrio. Se si saturasse il materiale, teoricamente
il materiale a fine processo arriverebbe ad una concentrazione q0 ma nella realtà dei fatti non è così.

q0
qb

c0
Si consideri la curva di breaktrought, se teoricamente si arrivasse al tempo di saturazione allora c sarebbe
uguale a c0 e mentre q=q0. Se si effettua un bilancio di materia, il quale ha una forma differenziale: Q*(c0-
c)= *q(T), la quantità di materia adsorbita sul solido è proporzionale all’area compresa tra l’asse dell’ordinate
e la verticale al tempo di saturazione sovrapposta alla curva; poiché non posso andare alla saturazione, in
quanto, il limite di legge impone concentrazioni più basse devo considerare tempi più bassi per l’interruzione
del filtro ed in particolare considero il tempo di breaktrought. La quantità che adsorbo pertanto è più piccola
e viene indicata con qb, per cui a fine vita del catalizzatore mediamente il mio solido ha concentrazione qb:
c’è una parte di catalizzatore che ha concentrazione q0 nella realtà, poi c’è una parte che ha 0 (all’equilibrio
cb) e poi c’è una parte intermedia. Per questa ragione, si considera sempre un valore medio della quantità
adsorbita.

Se si pensasse ad un processo completamente reversibile, e si posizionasse il catalizzatore in un punto in cui


non è presente alcun inquinante, a rigore esso dovrebbe avere concentrazione nulla sulla superficie: il
processo di adsorbimento, per avvenire deve essere in condizioni tali da avere ΔG<0, la specie condensata è
favorita rispetto alla specie lato gas (l’isoterma è favorevole) altrimenti il materiale non verrebbe preso. Si
consideri la legge di azioni di massa, si ha un certo livello di energia per la fase fluida e un livello più basso
per la specie condensata:

fluida

Per far avvenire condensat


la condensazione occorre spendere energia, tale salto energetico è fattibile ma il contrario
non è così semplice. Quanto più sono forti i legami, tanto più è difficile la reversibilità del processo, in quanto
richiede tempo e sforzi; il catalizzatore, arriva all’equilibrio, e raggiunge una concentrazione nulla dopo un
lasso di tempo molto elevato, dopo un tempo inferiore arriverà ad un’altra concentrazione. Abbiamo discusso
di materiali omogenei, tutti caratterizzati dallo stesso comportamento, ma se c’è una famiglia di siti attivi
diversi (come accade nella realtà, specialmente per i carboni attivi) vuol dire che ci sono dei siti attivi più
attraenti di altri, in quanto hanno delle energie di interazione molto più forti per cui la barriera da superare
per il processo inverso è ancora più sfavorevole. Il desorbimento di siti, che hanno energie di legame
maggiori, è più complesso; alla fine il processo si blocca per quei siti che non sono propriamente reversibili,
in condizioni pseudo-stazionarie non arriva mai a zero il carico di inquinante.
Per cui in seguito alla rigenerazione, si ha una concentrazione residua, la quale rispetto alla precedente curva
di breaktrought vede già un pezzetto di materiale che si è esaurito per cui la curva, molto probabilmente si
sposta verso sinistra (più è alta qr più il materiale si esaurisce):

qr

Se si assume che qr è sempre lo stesso, anziché dimensionare la curva con un tempo di funzionamento
relativo al sistema pulito, lo dimensiono in riferimento al sistema caratterizzato già da qr, ottenendo una
curva di breaktrought stazionaria: dimensiono un letto che dura 8h (ad esempio) solo che sarà caratterizzato
da una lunghezza maggiore rispetto alla dimensione del letto caratterizzato da una q nulla.
Si consideri un altro caso: piano piano, il materiale adsorbente si rigenera sempre di meno in quanto c’è
un’aliquota di adsorbente che non si riesce maia a sottrarre per cui aumenta nel tempo; in questo caso qr
aumenta ad ogni ciclo, per si avranno delle curve di adsorbimento che si sposteranno sempre più a sinistra
(a parità di lunghezza). Pertanto, per avere un sistema che funzioni 8h, posso procedere in due modi diversi:
1. dopo un certo numero di cicli occorre portare a rigenerazione come esausto per cui dimensiono
ipotizzando cosa accade dopo questo numero di cicli, sovradimensionando molto;
2. fermo il letto prima, tanto se posso effettuare la rigenerazione ho una bella possibilità.
Il tempo di funzionamento e il modo in cui posso dimensionare il letto dipendono dal tempo di rigenerazione:
in un processo che voglio fare quanto più velocemente possibile, aumentando la forza spingente quanto più
possibile, osservo che, ad esempio, per un letto di 5m sono richieste 3h per la rigenerazione; virtualmente
potrei mandare il letto in rigenerazione anche ogni 3h, non avrei bisogno di 24h, ma questa è una scelta
arbitrari, per cui trascorse le 24h una volta esaurito il letto, inverto il sistema. In 3h il reattore si è rigenerato
ma si aspettano comunque le 24h per consentire di esaurire l’altro in funzione, dopo di che vado avanti.
Visto che lo switching è un controllo automatico (una valvola che decide dove mandare i flussi) posso
diminuire anche volta per volta il tempo di funzionamento: il sistema si esaurisce man mano, sempre 3h
impiega per rigenerarsi, finché il tempo di funzionamento supera le 3h posso fare in maniera sicuro lo
switching tra una parte e l’altra, per cui potrei dimensionare anche in questa ottica.
I tempi di funzionamento è funzione del tempo di rigenerazione.
A questo punto si capisce perché è così importante la rigenerazione, e poi perché diventa importante per la
gestione dei tempi tanto da spendere molta energia per portarla avanti: se voglio che il carbone si rigeneri
quanto più velocemente possibile, per cui ad esempio si usa per tale scopo aria ad elevata temperatura,
infatti, se è presente un composto organico ad elevata T la tensione di vapore cresce molto e quindi la
tendenza ad evaporare aumenta. Inoltre, temperatura elevata vuol dire cinetiche molecolari più veloci per
cui alla fine ho un processo rapido; ma è bene sottolineare, che per far ciò, si sta spendendo energia in quanto
invio un gas caldo, che non solo non produce energia ma viene inquinato anche per cui è necessario che
estragga la massima concentrazione possibile. Questi sono i cosiddetti sistemi Temperature swing adsorption
TSA, questo sistema consuma molta energia; esiste anche un altro metodo che comunque consuma energia,
ma in alcuni casi è più efficace, ovvero non cambio la temperatura ma la pressione, per cui mando il sistema
in depressione per cui la pressione parziale del composto è molto bassa. Mentre nel meccanismo TSA cambio
anche l’isoterma di riferimento (aumentando T l’isoterma è sfavorevole), nel PSA mantengo l’isoterma
costante ma cambio la pressione parziale: abbassando la P totale, la pressione parziale si abbassa per cui
all’equilibrio si hanno concentrazioni basse. Mettere in depressione vuol dire che, prima cosa,
meccanicamente tutte le tenute, gli spessori devono essere ottime altrimenti implode il reattore, ed inoltre
si spende un sacco di energia per abbassare la P; è un sistema costoso che si usa molto per la rimozione della
CO2.
Con il TSA cambio l’isoterma, per cui se dovessi mantenere la stessa concentrazione c0, la velocità di
adsorbimento è quella più bassa.
Questi metodi implicano consumo di energia, tipicamente, i sistemi TSA lavorano con Temperature di
rigenerazione dell’ordine di 150-250 °C (effettiva voce dei costi) mentre i sistemi PSA lavorano con perdite di
carico dell’ordine di grandezza di -0.5/-0.3 bar.
Se opero un trattamento di adsorbimento ad alta pressione, dove le pressioni parziali sono più alte per cui è
favorito l’adsorbimento, è chiaro che se diminuisco la P (portandola a pressione atmosferica) il processo di
rigenerazione viene condotto con il metodo PSA.
Il Dimensionamento è legato ad un tempo che viene definito dalla rigenerazione. Occorre capire, a questo
punto, come dimensionare le colonne dato il tempo. Dal punto di vista impiantistico i riferimenti sono i
diametri delle particelle (precedentemente descritti) e le velocità molto basse; il tempo di funzionamento
che determina la lunghezza dell’adsorbitore è controllato dal tempo di rigenerazione. Esistono vari tipi di
rigenerazione, le più frequenti sono quelle in temperatura e quelle in pressione: depressurizzare il sistema,
che va molto bene per sistemi che partono pressurizzati oppure aumentare la T di un gas che solitamente è
un gas di scarto. Inoltre, occorre capire cosa fare del gas usato per la rigenerazione (usato in entrambe i casi
di rigenerazione descritti). Nel processo di rigenerazione con plasma non termico, l’obiettivo è quello di usare
il plasma per desorbire con reazione: si prende la NO2 che sta sul sorbente, si mette in contatto con N2 dove
non è presente la NO2 che esce dal sistema per mettersi in equilibrio con la nuova pressione parziale che è
più bassa. Quando succede ciò, il plasma fa reagire la NO2, la riduce ad azoto e quindi la pressione parziale
della NO2 lato gas resta sempre vicino a 0; sebbene si produca NO2 nel gas e quindi si blocca l’equilibrio, il
fatto di farlo reagire istantaneamente lo fa sparire ottenendo sempre zero come pressione parziale lato gas.
Questo metodo comporta un desorbimento abbastanza spinto.
Nel caso generale, il materiale viene posto a contatto con un volume di gas, viene portato all’equilibrio e alla
fine si ha una pressione parziale p0 del gas mentre il solido si prende una concentrazione q0; se scrivo un
bilancio di materia ho che il volume di gas parte dall’avere una concentrazione c0, quando lo metto in contatto
con una nota massa di solido, all’equilibrio avrò una concentrazione qb bloccata sul solido e una
concentrazione cb nel gas che è legata al bilancio di materia: Vg*(c0-cb) = m*qb.
Se considero l’espressione qb= Vg/m*c0- Vg/m *cb ottengo una retta, per cui se si parte da c0, in relazione, alla
massa m, si ottiene una retta con la pendenza Vg/m e si mette il sistema in equilibrio con una concentrazione
cb e con qb.

qb

-V/m

cb c0
Se voglio anche far desorbire questo sistema, senza cambiare niente, sempre in Batch, dovrei considerare un
secondo bilancio di materia. Parto con la massa m, che contiene qb, e la metto a contatto con un gas che non
contiene nulla: il materiale restando sulla stessa isoterma, giunge ad una concentrazione residua di qr, la
restante parte desorbita deve stare nel gas pulito che ho inserito, in condizioni che tutt’al più devono essere
quelle di equilibrio per cui la quantità di gas necessaria deriva dal bilancio m*qb=m*qr+Vr*cr. Si capisce che
tanto più è bassa cr tanto più il volume Vr necessario deve crescere, per cui non sto facendo altro che ripetere
sempre la stessa operazione: avevo un gas ad una concentrazione c0, che volevo purificare, l’ho ripulito con
l’adsorbimento su solido, dopo di che rigenero il solido utilizzando una corrente di un secondo gas pulito ma
con un volume elevato quanto più spinta deve essere la rigenerazione. A questo punto ottengo una corrente
di gas inquinata ma più diluita rispetto a quella di partenza, per cui sotto queste condizioni, si capisce che si
poteva semplicemente diluire la quantità di gas iniziale (aumento V).

1 qb

-v/m

qr

cr cb c0

All’inizio il gas ha concentrazione nulla mentre il solido pari a qb per cui il punto iniziale è il punto 1; dopo di
che voglio arrivare a cr per cui la retta di lavoro è quella rossa che ha una pendenza pari -vr/m ed è maggiore
rispetto a quella della curva iniziale viola.
Pertanto, ho fatto un trasferimento iniziale dal gas al solido, dopo di che per recuperare il solido effettuo un
secondo trasferimento dal solido al gas però poiché voglio una bassa concentrazione necessito di un’elevata
quantità di gas.
Per ovviare tale problema, considero un altro parametro da modificare ovvero la temperatura: se cambio la
T la curva di adsorbimento cambia per cui il punto relativo a qr cambia, ho bisogno di un volume di gas più
basso rispetto a quello che è trattato, e tanto più è bassa la nuova isoterma tanto meno gas ci vorrà in quanto
a parità di qr otterrò una concentrazione di equilibrio nelle nuove condizioni che è molto alta.

qb

-Vr2/m
-V/m
cr2
cb c0

Nelle rigenerazioni di tipo termico oppure con la pressione, cambiando l’equilibrio in maniera drastica porto
il gas in condizioni tali da poter avere la rigenerazione con piccolissimi volumi di gas; il gas che si ottiene viene
trattato nel modo che ritengo più opportuno.
L’adsorbimento si usa per le purificazioni, visto che comunque nella fase di rigenerazione produco una
corrente che poi devo trattare, l’adsorbimento non lo uso se ho già a disposizione una tecnica distruttiva
diversa o una separazione di fase più efficace e meno costosa. Uso l’adsorbimento quando le altre tecniche
non funzionano bene. L’adsorbimento è un processo di purificazione che prevede l’esaurimento del materiale
per cui è basato sul tempo, anche se si facesse in continuo dove tutt’al più si potrebbe avere c0 in uscita e
poi bisognerebbe trattare comunque il solido. Se il solido viene trasferito allo smaltimento dopo essere stato
usato un’unica volta non vale la pena effettuare tale processo, a meno che il solido non sia già un rifiuto; la
possibilità di rigenerare questi materiali è cruciale e questa è una differenza sostanziale tra l’adsorbimento
in fase liquida e quello in fase gas: in fase gas si riesce a far tale operazione in fase liquida no in quanto in
questo caso le energie di legame sono così grandi che il desorbimento è sfavorito. Nell’adsorbimento in fase
gas, si prende un gas che ha concentrazioni troppo basse per essere soggetto a conversioni termiche o
catalitiche oppure per un assorbimento per cui ci si mette in condizioni tali da concentrare tale gas passando
attraverso un materiale adsorbente che fa da tramite. Per il sistema concentrato si trova poi un’altra
tecnologia che consenta poi di poterlo smaltire in maniera definitiva. I sistemi a carboni attivi sono molto
efficaci, ed è chiaro che tanto più è alta la concentrazione degli inquinanti tanto meno diventano utili in
quanto il loro ruolo migliore, vista la necessità di rigenerazione, è quella di fare da tramite in maniera efficace
tra una corrente molto grande e diluita (complicata da trattare) e una corrente molto piccola e concentrata
molto più facile da trattare.

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