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STORIA
DELLA
REPUBBLICA DI SIENA
REPUBBLICA DI SIENA
VOLUME PRIMO
STORIA
UtiLLA
REPUBBLICA DI SIENA
VOLUME PKIMO
STORIA
DELLA
REPUBBLICA DI SIENA
ESPOSTA I.X COMPENDIO
DA VINCENZO BUONSIGNORi
VOLUME PRIMO
SO A l856.
DALLA TIPOURAFIA DI Ci. LAXDI
ati iiuegua dett Aucwa
L' Autore intende valersi delle Leggi veglianti sulla proprietà
Jetteraria; vaglia la presente dichiarazione a tutti gli effetti co.
INTRODUZIONE
CAPITOLO PRIMO
SOMMARIO
(1) Sotto l' Impero Francese furono per ordine del Governo quelle
miniere nuovamente esplorate da intelligenti periti ; essi ritrovarono
totterranee gallerie con tutta la regolarità costruite , senza di che
non avrebbero potuto resistere al tempo , ma fu giudicato essere la
miniera esaurita.
(2) / corpi if arte furono in Toscana definitivamente aboliti dal
Gran Duca Leopoldo I. nell'anno 1777 quando aveano perduta la
loro importanza.
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Erano già sorte le divisioni fra la Chiesa e l'Impero a causa
della investitura delle primarie cariche ecclesiastiche; i Pontefici si
ostinarono a conservare un dritto che era loro appartenuto, gli Im
peratori contrastavano questo stesso dritto , e riguardandolo come
abusivo voleano appropriarselo esclusivamente ; i Pontefici Grego-
rio V. come ancora Niccolò II. erano intervenuti a regolare la ele
zione al Trono Imperiale , e questo intervento fu pure causa di
dissidi , ma in fine le differenze furono per il momento conciliate
ed il Pontefice incoronò l'Imperatore Enrico III., ma sotto il di lui
regno tornarono di nuovo con maggior potenza a manifestarsi. Alla'
di lui morte suo figlio che venne eletto Imperatore sotto il titolo
di Enrico IV. non solo volle sostenere le controversie già esisten
ti , ma dalle discussioni passò alle minacce contro Gregorio VII.
Questo Pontefice ch'era lldebraudo di Sovaua, figlio di un povero
artigiano era dotato dalla natura di un carattere fermo, intrapren
dente, attivo, e mentre g!' Imperatori miravano a frenare le inva
sioni dei Papi , e diminuire le loro prerogative , questi al contra
rio tendevano ad aumentare la loro potenza , e Gregorio VII. a
traverso i pericoli che affrontò , i disastri a cui soggiacque compì
questa grand' opera. Egli fondò la vera potenza della Chiesa.
lu mezzo a quelle controversie la Cristianità tutta si divise in
due campi ; in Germania il Duca di Sassonia , ed il Principe Bavaro
Weld si dichiararono per il Pontefice . e questo partito si chiamò
Guelfo ; gli elettori che si mantennero fedeli all' Impero formarono
un' altro partito che si chiamò Ghibellino.
Per non parlare del resto d'Italia diremo che la Toscana pure
si divise, e ciascuna delle sue Città abbracciò un partito: Firenze
fu Guelfa , Siena Ghibellina , tanto bastò ad alimentare la rivalità
fra loro. I Ghibellini Italiani pretendevano dare unità politica al
loro paese appoggiandosi alle forze dell'Impero; i Guelfi miravano
a conservare i Comuni e le conquistate libertà ponendosi sotto la
protezione dei Pontefici; e gli uni e gli altri s'ingannavano; e per
maggiore sventura non si trovarono le sole Città divise di partito
l' una dall'altra , ma nel loro interno i Cittadini, le famiglie dichia
randosi , o per l' uno , o per l' altro fanaticamente combatterono ,
e macchiarono di sangue fraterno !e pubbliche vie.
Lm icu sdegnato coulro il Pontefice scese io Italia con formi
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(tabili; esercito, ma colpito dai fulmini della Chiesa si trovò abban
donato dai suoi seguaci , talché quella scomunica fu per lui più
fatale di dieci battaglie perdute; gli fu forza cedere, ed implorando
l'assoluzione si ridusse a piedi scalzi nel cuor dell' inverno uel Ca
stello di Canossa ed ottenne perdono dal Pontefice dopo un digiuno
di più giorni consumato nel cortile del palazzo.
Tante umiliazioni irritarono maggiormente l' animo d' Enrico ;
infatti appena ritornato in Germania riuniva un nuovo esercito ,
col quale tornando in Italia si diresse verso Roma. Lo spirito di
vendetta a lui consigliò l'idea di fare eleggere dai Vescovi che gli
erano rimasti fedeli un antipapa che fu Clemente III.
Roma non volle , o non seppe opporre valida resistenza . per
cui Gregorio fu assediato dall' armata nemica in Castel Sani' An
gelo da dove poté fuggire salvato dat Guiscardo. Egli ritirassi a
Saterno ove moriva pronunziando queste significanti parole. Ltilexi
justitiam , et odi iniquitatem , propterea morior in exilium.
Intanto Enrico ebbro della sua vittoria si faceva incoronare dal
suo Antipapa in S. Giovau Laterano.
Reduce da Roma Enrico si arrestò in Siena col suo eserci
to , ove fu soccorso d' armi e di vettovaglie. Di quà si spinse
contro Firenze ch' erasi a lui mostrata nemica, ma l' avvicinarsi
di un esercito spedito dalla Contessa Matilde in difesa del Papa ,
distolse l' Imperatore da quell' impresa. Da questo fatto ebbe ori
gine la fiera inimicizia fra Firenze e Siena.
A Papa Gregorio VII. successe , ma per poco tempo Vittor-
re III. , e ad esso Urbano II Questo Pontefice dotato di un ca
rattere energico fece predicare nei Concilj di Piacenza e di Cler-
niont la prima crociata contro gl'infedeli , così la Cristianità tutta
s'infiammò di un santo zelo, tatmente che il partito Guelfo si rialzò
da quell' abbattimento in cui era caduto. l Senesi concorsero nu
merosi fra i crocesiguati sotto il comando di Domenico e Ruonifa-
zio Sgricci, e poi di Filippo Mala volti; ed abbandonando la patria,
che dovea essere dalle fazioni dilaniata , iuvece di tutelarla anda
rono fanaticamente a combattere in quella estranea terra, che fu
cuna al Cristianesimo, contro chi non provocava l'altrui inimicizia,
e solo invitati dalla conquista del Santo Sepolcro.
Alla morte di Urbano II. fu eletto Papa Pasquale IL, che si
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rese terribile ad Enrico , perché contribuì alla ribellione del figlio
contro il padre e la vendetta fu completa, giacché Enrico vinto in
una battaglia campale dovette cedere il trono ad Enrico V. , ma
quando il nuovo monarca ebbe cinta la fronte detla ooroua impe
riale si rivolse contro l'istigatore del suo misfatto, fece prigioniero
lo stesso Pasquale II., che per ottenere la libertà fece cessione del
drilto d'investitura dei Vescovadi, e delle Abbazie dell'Impero,
purché fossero concesse senza simonia. Finalmente ogni divergenza
fu conciliata nell'anno 1132 alla pace di Worms , nella quale fu
stabilito che il dritto d'investitura rimanesse al Pontefice, ed agli
Imperatori restò l'investitura dei beni signorili spettanti alle Chiese
dell'Impero; non per questo furono sedati gli odj di parte, che anzi
lo spirito di fazione e di partito rimasero minacciosi e terribili.
Durante le narrate divergenze, vieppiù eranzi inaspriti gli odj
municipali in Toscana. Appena Enrico ebbe lasciato le terre dei Fio
rentini per andare a combattere, come si é detto, l'esercito della
Contessa Matilde, essi rivolsero le armi loro ai danni di Siena, s'in
contrarono le parti a Leccete (1082) e venute a fiera pugna i Fio
rentini rimasero soccombenti , molti di essi furono uccisi , i supre-
stiti salvaronsi con una precipitosa fuga. I Senesi conservavano
queir umor guerriero che avevano ereditato dai Romani, erano valo
rosi in campo, ond'é che la loro amicizia era ambita dalle città To
scane, specialmente per quelle che Carteggiavano per l'Impero; in
fatti i Pistojesi essendo stati battuti dai Fiorentini ricorsero all'ajuto
dei Senesi. Essi s'interposero da prima come mediatori fra le parti,
ma non essendo stato possibile conciliare le differenze , spedirono
lor genti in soccorso di Pistoja. Al giungere delle armi ausiliario i
Pistojesi ripresero ardire e vinsero in più scontri i loro nemici; con
tinuò questa guerra con varie sorti, per cui le inimicizie si accreb
bero , «d il sangue sparso alimentò quei rancori che altro sangue
chiedeano. Ma frattanto per la chiarezza e per l' ordine degli av
venimenti ci convien trasportare la mente del lettore in più. vasto
campo.
Alla morte di Corrodo lll. era stato eletto Imperatore di Ger
mania Federigo Barbarossa ; la Lombardia come la Toscana era agi
tata dalle municipali discordie , i Milanesi avevano quasi distrutta
la città di Lodi. Federigo giovane , attivo , assetato di gloria , ab
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bracciò la causa dei Lodigiani col (ine di profittare di quelle di
scordie, onde ridurre gli Stati all'obbedienza dell'Impero, dal quate
eransi emancipati. Scese duuque in Italia con poderoso esercito,
devastò il Milanese, saccheggiò Tortona ed altre città, e si dispo
neva a spingersi verso Roma , rendendosi terribile ovunque con
tratti inumani esercitati dalla ferocia dei suoi soldati. Roma erasi
resa indipendente dai Pontefici , ed Arnaldo da Hrescia sollevando
il popolo lo avea svegliato a libertà.
Federigo giunto sotto le mura della superba citta , attaccolla,
ma dopo tanti sforzi una sola parte della città conquistò ; allora
fu incoronato da Adriano IV. nella Basilica di S. Pietro , ma la osti
nata difesa dei Romani l'obbligò ad abbandonar quell'impresa. Ar
natdo da Hrescia tradito da un amico fu consegnato a Federigo ,
che abhandonollo alla vendetta di Adriano; l'apostolo della libertà
Romana fu bruciato vivo. Federigo retrocedette per la via della
Toscana , e Siena città amica lo accolse liberalmente , ed ottenne
da lui il privilegio di occupare e distruggere tutti i castelli dei fen-
datari intorno alla città entro un raggio di dodici miglia, quindi esso
passando per il Lucchese si ridusse coll' esercito intorno a Crema.
Morì in questo tempo il Pontefice Adriano IV. ed ebbe a suc
cessore Orlando di Rauuccio Bandinelli de' Nobili di Siena, che as
sunse il titolo di Alessandro III.
Egli aveva avuto dei dispareri coll' Imperator Federigo, all'e
poca in cui fu legato del Papa alla Corte Imperiale. Di più avea
presso il PonteGce sostenuta la causa di Guglielmo II. della Casa
dei Normanni. Re di Napoli e di Sicilia, che in concorrenza con Fe
derigo pretendeva di essere eletio Imperatore. Si suscitarono adun
que i rancori antichi , nacque inoltre uno scisma nella Chiesa, per
cui fu eletto per antipapa Oltaviano Nobile Romano , che prese il
titolo di Vittorio III.
L' Imperatore sebbene avesse lasciato l' Italia per ritirarsi in
Baviera pure non era straniero a queste mene col fine di profit
tare di ogni differenza , che a lui porgesse il mezzo di assoggettare
l' Italia : infatti vi scese con nuovo esercito , e la città di Crema
fu la prima a pruovare pii effetti dell' imperiale furore.
I Milanesi aveano fatta alleanza con Alessandro III., l'antipapa
Vittorio erasi rifugiato a Pavia sotto la protezione dell'Imperatore,
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essi si scomunicarono a vicenda, e Milano fu messo al bando del-
l' impero ; Alessandro intanto col favore di Filippo Re di Fran
cia , del Re d' Inghilterra , e di Guglielmo Re di Napoli coi quali
erasi collegato, ritornò a Roma, ove fu dal popolo applaudito, mentre
Federigo ern abbandonato dalla maggior parte dei suoi vassatli. Essi
erano stanchi di una guerra inattiva. ed illustrata soltanto dal com
battimen(o di Bassano, net quale restarono le sorli indecise, onde
fu costretto a rimanere inoperoso, finché rinforzato nella primavera
da cento mila uomini conquistò Milano , di cui egli ordinò la di
struzione , fatto atroce che sparse it terrore in tutta Italia.
Nel 1163 Federigo tornò in Italia non per conquistare, ma an-
nunziandosi ai popoli apportato^ di pace. Infatti egli conciliò le ver
tenze che esistevano fra Pisani e Genovesi , ma le città Lombardie.
tiranneggiate dalle imperiali vessazioni si strinsero iu alleanza col
line di liberarsene : fu così che la Lega Lombarda ebbe vita , il
Pontefice Alessandro ne fu iniziatore.
Federigo intanto col suo esercito da Ancona si portava verso
Roma: giunto colà attaccò la città Leonina che si arrese: il Papa
era fuggite a Benevento. Fin quì la sorte arrideva a Federigo, ma
venuta Pestate un epidemia si sviluppò nel suo esercito e ne mo
rirono perfino i personaggi più distinti. Tali perdite furono un colpo
terribile per Federigo, la fortuna a lui volgeva le spalle; con gli
avanzi adunque della sua infiacchita armata lasciò Roma, e pren
dendo la via della Toscana per il Lucchese, e la Val-di-Magra giunse
a l'ontremoli , che gli chiuse le porte. Fu costretto così ad impe
gnare il suo esercito fra le stivite gole degli Appennini e dopo tanti
disagi si ridusse a Pavia.
Intanto Milano risorgeva datle sue rovine , e si edificava una
nuova fortezza, che dal Pontefice fu chiamata Alessandria della
Paglia.
Federigo sitibondo di vendetta era tornato in Germania onde
riunire nn nuovo esercito £ condurlo in Italia.
In questo tempo in Toscana. duravano ancora le discordie fra
Senesi e Fiorentini per causa dei confini. Intervenne il Pontefice a
sedare quelle meschine gare, e con un Breve determinò la linea
che divider doveva' i due Stati. Appena terminata questa questione
un'altra ne insorse, nella quale si trattava del dominio di Monte
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pulciano : i Senesi affacciavano dei dritti di possesso che i Fioren
tini negavano ; gli animi tornarono ad inasprirsi e si venne alle vie
di fatto. Le truppe si scontrarono presso Asciano, e nella fiera lotta
che ne successe furono battuti i Senesi; ma gli eventi della guerra
Lombarda, da cui pendevano le sorti future d'Italia, assorbivano
l'attenzione delli stati. per cui scesero agli accordi. e fu conve
nuto che la metà del Castello di Poggibousi appartenesse ai Fio
rentini , che l' altra metà colla pieve di S. Agnese , che era stata
edificata da Ranieri Vescovo di Siena, restasse ai Senesi, i quali per
altro dichiararono , che non avrebbero giammai impugnate le loro
armi contro l'Imperatore (H75). Di tutt' altro adunque fu trattato
e fu creduto prudente per il momento di lasciar sospesa la que
stione di Montepulciano con animo di agitarla a tempo più oppor
tuno ; così queste tregue erano piuttosto dettate dalla necessità ,
che suggerite da savia e leale politica.
Federigo era sceso in Italia con nuovo esercito per osteggiare
le ribelli città Lombarde; incominciò d;d prendere e disfare la città
di Susa , quindi andò a porre l' assedio ad Alessandria.
Questa. fortezza per quanto non terminata , pure per la sua
posizione e per quanto in fretta fosse stata edificata, presentava una
valida difesa; Federigo peraltro non Pavea a sufficienza calcolata,
poiché spinse i suoi soldati imprudentemente all'assalto, nel quale
furono respinti.
Le pioggie erano continue e dirotte, l'inteusità del freddo cre
sceva a dismisura, le nevi, il gelo accrescevano le molestie all' ar^
mata assediante , le vettovaglie incominciavano a mancare, incon
trando impedimenti per giungere al campo , pure l' Imperatore si
ostinava in quella malagevole impresa. Egli tentò di far penetrare
i suoi soldati m città per mezzo di una galleria sotterranea, ch'era
passata inosservata agli Alessandrini , ma furono ributtati ed inse
guiti; dopo di che l'Imperatore si risolse a levare l'assedio per ri
tirarsi in Pavia. L'armata dei confederati avanzava; nella Domenica
dello Palme erasi accampata presso Tortona. Intanto l' Imperatore
rinforzato da nuove (ruppe venute a lui dalla Germania, volle mi
surarsi coi nemici , ma nella celebre giornata di Legnano la sorte
fu avversa alle sue armi, ed eidi stesso che aveva combattuto da
prode nelle prime file, dovette alla velocità del suo cavallo la pro-
3
3»
pria salvezza. Egli ricomparve a Pavia solo, avvilito, e quell'uomo
altoro, feroce, che per ventidue anni aveva devastata V Italia con
scite eserciti che vi avca condoni , fu costretto a chieder pace.
Alessandro HI. recossi a Venezia, e colà furono aperte le pri
me tratlative d'accordo. Tosto che fu convenuta una tregua di sei
anni il Pontefice accondiscese a ricevere il vinto Imperatore , che
curvatosi in atto umile ricevette l' abbraccio di pace: così due Pon
tefici Senesi ebbero il vanto di sottomettere due poteutissimi Im
peratori. Le tratlutivc di una pace definitiva continuarono, ed in
fme si compirono a Costanza (25 Giugno 1183) e con quel trattata
furono detcrminati i dritti reciproci della Chiesa e dell' Impero, e
. quelli delle citta Lombarde ; ma la lega che avea un sì bel trionfo
ottenuto, invece di costituirsi sopra solido basi permanentemente,
si disciolse, e la città di Tortoua fu In prima a distaccarsene; mancò
sempre agl'Italiani lo spirito di unione, e ciascuna delle loro città
si compiacque di un indipendente isolamento.
ll Pontefice dopo l'accordo concluso a Venezia tornossene a Ro
ma, ove gli animi eransi a quiete disposti: la Repubblica di Siena
a lui mandò ambasciatori onde congratularsi dei felici eventi. Essi
furono graziosamente ricevuti e diede loro grata lusinga di tornare
in patria , onde riposarsi dai sofferti travagli : infatti adempito a
questo espresso desiderio, Siena lo rivide e lo accolse con immenso
giubbilo. Fu in quella circostanza che il Pontefice consacrò la Cat
tedrale , la di cui fabbrica non aveva ancora raggiunto la maestà,
che posteriormente acquistò , del che a suo tempo parleremo ; e
dopo alcuni mesi di dimora il Pontefice di qua partendo riportava
l' amore e l' ammirazione dei suoi concittadini. La pace avea pre
cariamente sopito il furore dei partiti , la presenza di Alessandro
avea lusingato ancora i Ghibellini Sanesi.
Federigo partendo dall' Italia vi avea lasciato per. suo Vicario
l' Arcivescovo di Magonza , che in uome dell' Imperatore confermò.
al Comune di Siena tutti i privilegi di cui aveva goduto (1180)
di più gli donò tutte le ragioni che t'Imperatore aveva sopra S. Qui-
rico . e sulla metà del Castel di Montieri . e siccome interessava
alla Repubblica questo possesso per le adiacenti miniere di cui ab
biamo altrove parlato , così questa donazione venne oppodujia ,
tanto più che erano in contrasto col Vescovo di Voi teria per alcuni
pretesi dritti che affacciava.
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TI' Comune di Siena ottenne di più il privilegio dì stozzar mo
neta propria in onta al patto ch' esisteva allora coi Fiorentini di
valersi della moneta Pisana ,' cosi tutto sorrideva alla città , ed i
destini a lei si palesavano propizi^
Federigo per assicurarsi della fede delle città Lombarde , e
della integrità di quei difitti che erasi l'Impero su di. esse riser
bati., volle tornare in Italia con poderoso esercito.
In Milano ove dimorò alquanto tempo tenue una. Dieta, netta
quale furono confermate le condizioni della pace di Costanza, quindi
si diresse verso Firenze, il di cui animo era sempre inasprito
dslle passate sventure. Giunto colà si urtò cou quel Coinuue , di
modo che partendo gli tolse molti dei privilegi e guarentigie . di
cui avea fino allora godutole si diresse atla volta di Siena. Qui»
vi i cittadini gelosi dette loro prerogative temerono di esser minac
ciati da qualche sacrifizio.a cui non erano disposti , e non ostante
la devozione che aveauo sempre mostrata all'Impero, ebbero l'ar
dire di chiuder le porte , e di negare l'ingressa in città all'Impe-
peratore ed al suo esercito. Sdegnato per questo tratto inatteso e
risoluto tentò un assalto che fu respinto; dopo altri inutili tenta.'
livi disperando del successo continuò la su. i marcia verso Roma ,
ma lasciava accampate presso la città una parte delle sue truppe
sotto ii comando del suo figlio Enrico. l Senesi vollero togliere quel-
T inciampo , ed usciti di città attaccarono quella gente , presso il
ponte a Rosajo ed ebbero completa vittoria sopra le truppe Im
periali.
L'Imperatore conobbe questo disastro mentre era a Viterbo,
egli andò in furore , ma giunsero colà a calmarlo atcuni oratori
spedili dal Comune di Siena.
Le persone le più influenti fra i cittadini previddero le con
seguenze funeste che poteano derivare da uu fatto col quale incon
sideratamente aveano gettato una sfida contro l' Impero : interes
sava adunque di calmare la collera di Federigo, tanto più che egli
prediligeva la città di Pisa che erasi sempre nella fede mantenuta.
Gli oratori Senesi adunque a lui dimostrarono essere la con
seguenza di un furor pollare quanto era accaduto contro il vo
lere di quelli che governavano . e queste dichiarazioni valsero a
soddisfare l'inasprito animo dell'Imperatore : egli si riconciliò coi Se
nesi a patio clic essi continuassero in quella fede cho in altro tempo
avcano all' Impero serbata.
(.)nol h'ederigo clio uvea tanto travagliata l'Italia collo scopo di
slH'»nero le litiortà , finì col prendere la Ooce. Kgli era ncll' Ar-
me.uia a combattere contro gl'infedeli quando annegando, per una
caduta del cavallo cho montava, nel piccolo fiume Salcf, finiva colà
i suoi giorni il 10 Oiugno 1190. Egli fu coraggioso e crudele, el'bo
glorie ed avversili! , ma la ferocia del di lui carattere ha fatto di-
menticare perfmo le sue virtù.
A ipicsio punto terminiamo il presento capitolo della Storia
della HepubMica di Siena; non o sicuramente colpa nostra se par
lando delt' origino della città abbiamo brancolato nelle incertezze ,
in cui ci lascia la mancanza assoluta di notizie e di Storie di un'c-
pur.i così remota ; ci basta di aver detto quanto basta a provaro
la di lei antichita. Abbiamo poi voluto tratlenerci sopra le grandi
vicende che appeltano alla Storia generale d' Italia per farne fonda
mento dei futuri racconti , ed adulandoci alle autorità di sommi
Storici , le di cui opere abbiamo in animo di consultare con dili-
gen/.a ed amore, procureremo di essere più espliciti parlando dello
epoche che alla nostra mcutc si presentano gravide di avvenimenti
tempestosi.
CAPITOLO SECONDO
SOMMARIO
(1) Siena ha pagato anch' essa in ogni tempo il suo tributo alla
moderna civiltà , poiché se non ebbe celebrità , da stare a fronte di
un Dante . di un Galileo , di un Miche/angiolo , diede ingegni che fu
rono i precursori della vera luce; oltre ai già citati ne aggiungeremo
alcuni , che in diverse epoche fiorirono.
Il celebre Mattioli Medico e lìotanico fu il precursore del gran
Linneo colla sua opera della natura delle erbe e delle piante.
Il Turamini celebre Giureconsulto fu tra i primi a dimostrare
con prìncipi sicuri presi dalla legge di natura , e datl' indole delle
cose umane , la sapienza ascosa delle umane leggi , e ad accordare
insieme i giusti interessi dei privati coll' utile comune della società ;
in una parola egli istituì la filosofia del diritto.
ìl satirico Settano, Lodovico Scrgardi, le di cui opere latine par
tecipano delle bellezze che si trovano diffuse in Orazio e Giovenale'
L' Arciprete Salustio Rondini puossi riguardare come il fomla-
tore della pubblica economia ridotta a scienza ; sono noti i di lui
scritti sulle maremme Senesi.
La statistica pure ebbe la sua cuna in Siena: un Fondi fu il
primo a desumere la verità per messo di tavole dimostrative e di
confronti numerici , dai cui resultati viene il fatto a stabilirsi.
• II Cav. Perfetti fu il primo a trattare la poesia estemporanea ,
nella quale gì' Italiani hanno ottenuto una palma esclusiva.
Scendendo poi ai tempi moderni il celebre anatomico Mascagni
fu il primo a dimostrare l' esistenza nel sistema animale dei vasi lin
fatici; la sua grand' opera gli ha assicurata una reputazione Europea.
Chiunque amasse consultare i nomi degli uomini di lettei.e e di
scienze che ha somministrato la città di Siena , lo rimandiamo al
Diario del Gigli , giacché abbiamo creduto doverci limitare ai pochi
citati per non dilungarci di troppo.
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Che i Fiorentini tenessero la terra di Montalcino e suoi uomini
per nemici, e quando i Senesi facessero guerra a Montalcino, fos-
ser tenuti i Fiorentini a somministrar loro cento cavalli , e mille
fanti pagati per un mese , e si obbligò M. Paganello de' Porcari
Potestà di Firenze in nome della Repubblica di salvare e difendere
i Senesi . e mantener con essi loro perpetua pace ed amicizia , e
siccome ad onta del breve del Pontefice Alessandro III. non era
ancora terminata la quistione dei confini , così fu convenuto che
ciascuna delle parti dovesse eleggere un arbitro . onde deciderla
entro sessanta giorni. Fu pure fatto in Siena un estimo dei beni
di ciascun cittadino , tassandolo di una lira per migliajo, per cui
questa tassa fu chiamata lira , mentre per esprimere le gravezze
pubbliche si valean del termine preste.
Si allestiva intanto la guerra contro Montalcino : alla fine di
Marzo del 1201 l'esercito dei Senesi si mosse guidato dat loro Po
testà Filippo Malavolti ; dopo un lungo assedio cadde in loro potere
nel mese di Maggio del 1202 (1 , e così venne riunito al dominio
di Siena". Contemporaneamente In Repubblica ebbe qualche diffe
renza coi Conti Ardengheschi per la inosservanza di certi accordi,
lo che diede luogo a qualche fazione , ma in fine si accordarono
con questi , come coi Conti di Sarteano , e coi Conti Scialenghi.
Nel susseguente anno 1203 i Fiorentini ebbero gelosia dei Se
nesi per il possesso di Montalcino , e furono pentiti di avergliene
essi data occasione , e per nascondere la vera causa del loro scon
tento tornavano a mettere in cumpo la quistione dei confini, e vo
lendo palliare i loro progetti non attaccarono direttamente i Sene
si, bensì mossero il campo contro il Castel di Tornano, che appar
teneva a certi gentiluomini alleati dei Senesi , e dentro i confini
del lor contado. Nondimeno i Senesi non vollero per questa causa at
taccar briga. e pensarono a preferenza alla impresa di Montepulcia-
no , che era nel voto generale della città , ed era tale allora il de
siderio di mantener concordia coi Fiorentini che non ebbero duTi-
quel popolo, al che fu acceduto facendo quelle promesse che. poi era
no violate alla prima occasione, per cui. i trattati solo dalla farsa
potean ricevere la loro sanzione.
La presenza dell' Imperatore in Italia fece si che per un- anno
non vi fu guerra, ma, come suole accadere nei popoli pieni di vita.,
quando essi non hanno distrazioni al di fuori , suscitano interna
mente delle sedizioni che turbano 1' ordine e la tranquillità pub
blica; così che mancando loro i nemici da uccidere in campo, com
battono fra di loro nelle strade e nelle piazzo, ed il sangue scorre
fra le civili discordie. Parve at. popolo di non aver sufficiente parte
nel Governo della città : nacquero altri desideri, altri partiti; pri
ma si discuteva in segreto, quindi in pubblico, il popolo accusava
i nobili di ambizione sfrenata ; le ire si accendevano, e vi era gran-
pericolo che corressero alle armi, chi per ottener colla forza quelle
che datla ragione venivagli ricusato, chi per difendersi da un ag
gressione riputata colpevole. In mezzo al turbamento degli animi
cui stava a cuore di evitare gli estremi , pensarono di riunire il
Consiglio, lo che fu fatto. Diversi furono i pareri, ciascuno difese
con calore e pertinacia la propria opinione , come suole accadere.
nelle pubbliche adunanze, ma dopo tanto dire fu decisa la elezione
di trenta cittadini metà nobili, metà popolani, i quali avessero au
torità di proporre una nuova forma di Governo. Le trattative au-
daroDo in lungo: ma saputosi che l' imperator Federigo si dispone
va a lasciare l' Italia . e temendo che alla sua partenza i Fiorentini
avrebbero dichiarato la guerra si affrettarono a combinar le diffe
renze onde aver campo di far le provvisioni, e convennero che si
formasse un Magistrato di ventiquattro individui da eleggersi dal
Consiglio colla condizione che dovessero esser nominati o squitti
«2
nati a parto eguale pii uomini prosi fra i duo coti ; la proposta fu
approvata,
no. I.' Imperatore
o solicelielio
ameni
aveae sipassato
diede l'opera
inverno
alla inriforma
Ravenna
del Mdl'
dover.
in
SOMMARIO
(1) htrvmento del mese di Maggio 1239 portato a Siena dai MO.
rninati Ambasciatori.
64
Fu adunque ordinato che si formassero le cinquantine, che cosi
si chiamavano allora le compagnie di milizia , e che a ciascuna si
desse un Capitano , e per coprire il confine dello Stato dalla parte
del Fiorentino fa ordinato che gli uomini di Vat di Strove , della
Badia a Isola , di Monteriggioni, di Querce grossa , di Scivoli e di
Cerreto, e di altri luoghi compresi nel terzo di Camollia, si tenes
sero in armi , e pronti al muoversi.
Fu stabilita una Commissione che soprintender dovesse alle cose
della guerra , e si compose del Potestà , del Capitan di popolo, di
tre Priori dell' ufficio dei ventiquattro, e di dodici uomini deputati
sopra i fatti del Comune; queste ed altre furono le provisioni che
fecero per la guerra, che era divenuta omai indispensabile, mentre
gli animi dei cittadini si trovavano agitati fra il timore e la spe
ranza.
Il Conte Aldobrandino Aldobrandeschi, saputo quel movimento
guerriero che si faceva in Siena , da Santa Fiora spedì Ambascia
tori coll' apparente missione di trattar la pace col Conte Giordano,
ma il vero fine era quello di scandagliare l'animo di lui, e di ac
certarsi dei fatti che in Siena accadevano. Ma penetrato il progetto
furono gli oratori licenziati dal Conte Giordano, e dai dodici buon
uomini.
Correva il mese di Gennajo del UG0'onde non bisognava per
der tempo, e prima che incominciasse la primavera bisognava con
durre l' esercito in maremma, laonde il Conte Giordano volle affi
dare quella spedizione al Potestà , che era Francesco Troisio, che
l' accettò in seguito dell'autorizzazione datagliene dal Consiglio della
Campana che ne approvò la scelta a relazione fattane da Graziano
e da Buonsignore.
Adunatosi poi il Consiglio generale nella Chiesa di S. Cristo-
foro in Piazza Tolotnei , furono con solennità consegnate le ban
diere del Comune ai Gonfalonieri dei cavalli, e delle infanterie, ed
atle cinquantine del terzo di Camollia e contado, e pubblicato bando
che ordinava a quella gente d'armi di star pronti al partire. Il 19
di Gennajo uscivano in bell' ordine dalla città.
Speravano i Senesi che quei di Grosseto sarebbero venuti agli
accordi, ma al contrario si misero sulle difese, onde fu necessario
spedir da Siena le macchine che allora si usavano per assaltar le
65
munì , come buona provisiono di danaro , siccome il soldato era
soltanto panato fin che serviva. Ora un assedlo prolungava il ser
vizio per tempo indefinito. È vero che la capitolazione era per soli
trenta giorni . ma spirato quel termine le genti di quel terzo che
erano in attività di servizio venivano scambiate da quelle di un at
tro. In quell'occorrenza il terzo di Città doveva succedere al terzo
di Camollia : ma siccome la citta si empieva di fuorusciti Ghibel
lini , la maggior parte di Firenze, tutta gente valida alle armi, che
quivi si ricovrivano con animo di difendere il loro partito dive
nuto causa propria , così furono formati in compagnie , e spediti
alla volta di Grosseto sotto la condotta del Conte Guido Novello.
Casale spediva a difesa di Siena 100 fanti , 100 Radicondoli ,
100 vennero da Belforte, 25 da Monte Guidi, 100 da Gherardo di Pra
to, 100 dai Signori della Rocca Tederighi, 50 da Boccheggiano, 100
da Montalcinello, 50 da Asciano, 150 da Chiusure, 100 dalle Ser
re, 100 da Cetriolo, 50 da Uapolano, ''0 da Armajolo, 100 da Tre-
quanda , 50 dal Foggio Santa Cecilia , 100 da Moatefollonica ; 100
da Moni iur niello, 100 da Torri! a, e molti ne furono mandati dalla
città di Massa , da Montieri , dai Conti Pannocchieschi , e da altri
Capitolati colla Comune di Siena. Di tali elementi si componeva l'e
sercito dei Senesi , ed a questi uniti gli uomini che formavano le
compagnie dei Terzi , e del contado, si poteva tuli' al più riunire
una forza di circa 12,000 uomini. Meotalcino intanto si vettovaglia
va , giacché il Conte Giordano mandando verso S. Onirico alcuni
dei suoi cavalli , dava sospetto di voler contro di loro osteggiare.
Dall' assedio di Grosseto il Potestà scriveva speranze di sollecita
resa , ed a lui fu risposto che non si accettassero accordi se
non erano onorevoli at Re ed alla Repubblica , che si continuasse
a fabbricar macchine, che si distruggesse il mulino, onde far dan
no ai Grossetani. Giunse finalmente il Vinciguerra , uno dei consi
glieri del Conte Giordano , colla notizia che Grosseto si era libera
mente reso ai Senesi il 5 di Fchbrajo 1160.
. Fu ordinato ciò non ostanti? al Potestà che occupasse quel luogo
militarmente , perché ben conoscevano i Senesi quanto i Grossetani
fossero dubbi uclì. i fede, e che non rimandasse le compagnie del terzo
di Camollia, finché non fosscr giunte quelle del terzo di Città, o per
assicurarsene maggiormente vi si portò lo stesso Conte Giordano
5
(56
con alcune compagnie di Masnadieri (1); e volendo i Senesi nulla
trascurare onde la guerra non li trovasse alla sprovvista , spedi
rono Cemmissari ad assicurarsi delle fortificazioni, e dello stato di
difesa in cui si trovavano le castella del loro dominio. Fu neces
saria una requisizione di 600 cavalli, che allora era chiamata im
posta di Cavalli, di Cavallate, e fu ripartita fra la città, e le va
rie Comunità del'dominio Senese : il reparto della città fu fatto per
contrada , prendendo la base della nuova lira , o estimo catastate
che di recente era stato eseguito.
Ma tutti questi provvedimenti sembravano ancora non baste-
voli ad affrontare il pericolo, onde la Repubblica spediva nuovi
ambasciatori al Re Manfredi . colla speranza che facendoli rappre
sentare fedelmente lo stato delle cose, egli per interesse proprio,
e della Repubblica non avrebbe indietreggiato nell' aumentare il sua
contingente.
fitta In
chequel
Ezzellino
tempo da
il partito
RomanoGhibellino
signore disi Padova,
rallegravaTreviso,
per unaVicenza
scon-.
tito, perché la gente di cui era capo non era bastante per numero
all'impresa, e invece fu spedito. in Valdichiana, onde impedire ai
Fiorentini di vettovagliare Montepulciamx
I Fiorentini il 20 d' Aprile cavarono il Carroccio simbolo di
guerra . ed uscirono con tutto le loro genti. Dietro. gli avvisi del
Potestà di Casale si credeva che volessero soccorrere Montemassi:
il Troisio che era a quell' impresa aveva. il medesima sospetto , e
dimandava rinforzi, e gli furono mandate le genti del terzo di S.
Martino , ordinando al tempo stesso al Conte Novello che a lui si
accostasse, e gli uomini del terzo di Camollia per quanto fosse sca
duto il tempo non vollero abbandonar. quell' impresa, e se ne par
tirono soltanto dopo aver saputo che i nemici abbandonando la via
della Maremma si erano rivolti verso la citta. Fu allora scritto in
fretta al Conte Giordano a Grossete, informandolo del fatto, atlìiv
ché tornasse colle sue genti in Siena,
I Fiorentini nella loro marcia si fermarono sotto Casolo, e Mei>
sano , che per non essere luoghi fortificati si resero a patti. Quindi
essendo stati rinforzati dalle genti di Lucca che vennero numero
se, si avviarono verso Siena, e misero il campo col Carroccio fuori
della porta Camollia, ove passarono quivi diversi giorni senza trar
vantaggio , poiché le mura dr Siena erano salde , I' animo dei di
fensori disposto a battagliare , il popolo a qualunque sacrifìzio de
ciso, i Fiorentini generalmente odiati.
Arrivava il Conte Giordano coi suoi, giacché in Grosseto aveva
soltanto lasciato un presidio per tenerlo in soggezione. Come anco-
!'j sforzandosi nelle marcie erano giunti in tempo gli uomini del
terzo di Camollia , talché una sorpresa per parte dei nemici, non
era più da temersi (1).
Reputando adunque cosa pericolosa il dare l' assalto alla cit
tì1 . devastarono all' intorno , diedero il guasto al Castel della Su
ghera , a quel di Montarrenti , a Rosia, a Sovicille , a Matignano,
a Montecchio luoghi tutti che non presentavano alcuna resistenza,
finché il 18 di Maggio essendosi accorti i Senesi che il campo ne
mico o per stanchezza dei sofferti disagi , o perché li tenessero in
poco conto , erasi rilasciato in certa tal qual sicurtà , la mattina
verso il mezzogiorno lo attaccarono imp*ovisamente , e misero tal
disordine fra i nemici che i fuggiaschi ortandosi reciprocamente si
ammazzavano fra loro . e tale fu l' impeto dei Tedeschi , che non
diedero ai nemici nemmeno il tempo di prendere le armi. Dell'e
sercito collegato ne perirono 1300, e dalla parte dei Senesi 270.
Questo fatto é attestato da Giovanni Villani e da Leonardo Aretino.
Altri storici poi narrano al contrario che vi rimasero morti tutti i
Tedeschi , e che vi perderemo per fino lo stendardo , quale porta
tolo in Firenze fu dal popolo dileggiato e messo in brani , lo che
obbligò vieppiù il Re Manfredi a sostenere i Senesi , onde vendi
care l'affronto. Vogliono ancora che l'impegnare in quel fatto d'ar
me sì debol numero di Tedeschi fosse consiglio di Farinata degli
Uberti profugo Fiorentino , quasi che , prevedendone l' esito infe
lice, intendesse di risvegliare la suscettibilità del Re Manfredi tosto
che venisse nell'amor proprio offeso. A distruggere tale asserzione
sta un decreto del Consiglio del giorno susseguente al fatto , col
quale elargisce ai Tedeschi per la bella prova che fecero nel com-
batlimento un premio di 500 lire, che allora corrispondevano a 500
fiorini d' oro.
r/iezso.
Gonfaloniere Jacopo Del Tondo.
Capitan di Popolo Hufrudi dn Isola
75
vcrevùle ai nemici. Erano le ore tre e mezza lx>meridiane quando
fu dato il segnale della battaglia. I primi a muoversi all' attacco
furono .i Tedeschi colla cavalleria , e fu tale l' urto, che fecero ri
piegare in disordine la cavalleria nemica; ma soccorsa da una squa
drone di cavalieri ritornò a combattere. Già la pugna si era fatta
generale su tutta la linea : la sorte pendeva dubbia. Siccome dui-
1' una parte e dall' altra si facevano prove di valore , l' odio reci
proco inferociva i cuori , tutti sprezzavano la morie. Il Conte Al-
dobrandino di Pitigliano, Pepo Visconti di Campiglia, benché Ghi
bellini , combattevano nelle (ile dei Fiorentini per avversione ai
Senesi. I più valorosi cadì.ano spenti , molti stendardi erano ab
battuti , e fra il suono delle trombe e dei tamburi e le grida
terribili, gli uomini iaferocivano nel sangue dei loro fratelli. Il Gio
vane Gualtiero nipote del Gente Giordano , era stato .il primo ad
attaccar la zuffa , e Niccolò Garzoni Capitano dei Lucchesi cadde
sotto i di lui colpi: il Capitan dei Pratesi cadeva sotto la lancia
del Dastimbergh, ed il Conte Giordano uccideva Donatelle Capitar.
degli Aretini. lacopo dei Pazzi che portava l'insegna del Commi di
Firenze colpito da un fendente vibrato da .un cavaliere della prima
fila della cavalleria Guelfa perdé il braccio, e con esso cadde a terra
l' insegna, (1) simbolo funesto di odj fanatici. Datla parte Senese
l'Ugurgeri era .morto combattendo contro le schiere dell'Aldobran-
dino da Pitigliano, e del Mi nella; i! Beccarini scavalcato e privo di
sai corso , pesto dai cavalli esalava 4' anima furente di generoso
sdegno.
I fuorusciti Fiorentini guidati da Farinata degli Uberti faceano
prodigi di valore ; essi cercavano nella pugna i loro personali ne
mici per vendicarsi o morire. Era pertanto incerto l'esito della pu
gna, quando il Bigozzi, ed il Duras improvisamente scaturiti colle
lor genti, attaccarono i Fiorentini alle spalle. A quell'improviso urto
l'esercito nemico si pone in disordine, il timor panico lo assale, i Capi-
(1) La Campana detta Marlineila che é quella che era nel Car
roccio , chiamata così da Marte per indicar l' uso della guerra, più
non
tradasi della
trovaPantera
; si é creduto
, trasferitavi
che fosse
da quella
uria delie
dellatorrette
Chiesa merlate
della Coìi-
del
altro prove sufficienti per asserirlo: ciò non ostante nella incertezza
ci sembra esser questa la versione la più probabile , come che essa
doveva esser disposta in quel monumento che rammenta la battaglia
in cui fu conquistata.
Il Carroccio vecchissimo, e tarlato si trova nei magazzini della
Comune: i Senesi ne fecero fabbricare uno compagno che é quello
di cui si servono il 14 <f Agosto, vigilia della festa dell' assunzione
per portare in un col cero , i drappelloni del palio alla Cattedrale.
Vi sono due antenne adese a due colonne nella Cattedrale mede
sima, che si dice essere quelle del carroccio dei Senesi; in vederle
ci sono sembrate troppo grandi per aver servito a queir uso.
Lo stendardo bianco della Repubblica che fu portato in quel
giorno della battaglia si é conservato per tanto tempo nella Sagrestia
della Chiesa dello Spedale di S. Maria della Scala, ma ora più non
si trova , e nessuno sa indicare come sia avvenuta la sua sparizione.
(1) Le loro spoglie sono sepolte all' ingresso della Chiesa della
Cattedrale : ciò si rileva chiaramente dalle iscrizioni analoghe che
si trovano sulle lapide situate di fronte l' una all' altra. — quella
dì Andrea Beccarmi é così concepita.
D. O. M.
ANDREAS EX NOBILI
BECCARINI0RUM FAMILIA
QUIA IN MONTIS APERTIS CERTAMINE
STRENUE CECIDIT
DECRETO PUBLICO
HIC SITUS KST PRIMUS
Viti. KALENDAS MAJAS MCCLXI
MIMtiBM
(i) Questo palazzo nella Cura di S. Anrlrea, era qwllo rhf poi
fu abitato dalla famiglia Matarolti , ora busnni M' ì
sr,
ché questi aveva spmti i Suraroni nello («re ilelln chiesa a Far
dei danni; la irritazi«ne riebbe a segno che il Pontolìce lmbMicava
una crociata contro il Re Manfredi, accordando tutte le indulgenze
di cui fruivano i liberatori di Terra Santa : e dopo averlo obbli
gato a far ritirare le sue genti dal territorio ilolla Ckiosa , io citò
a comparire innanzi a tui. onde purgarsi dei deliui di cui ora in-
cojpato , e giustificare l' accusa delle sue relazioni coi Saraceni , e
della perseveranza nel far celebrare i santi misteri nei paesi col
piti datl' interdetto ; ed informato die Manfredi Iratta.va con Gia
como Re. d'Arapona per dare in sposa al .figlio di questo sua figlia
Costanza, por frastouarc il matritnouio . scrisse .a Giaconto lettera
ingiuriosa contco Manfredi ; ciò uou .ostatite l' unione ebbe effetto,
e così gli Aragonesi vennero aJ acquistare un dritto sulla succes
sione al Reguo dell» due Sicilie. S. Luigi Ite.di Francia, che aveva
diiuaudato per suo tiglio la mauo di. una figlia allo stesso Giacomo,
scandalizzato da questo matrimonio, mentre si trattava di unirsi
ad una famiglia nemica della Chiesa , non solo troncò ogni tratta-
liva , ma avvicinandosi al Pontefu.e , u' ebbe speranza di far rivi
vere un progetto concepito da Innocenzo IV. i'hc consisteva nel far
passare la corona di Sicilia m Carto d' Angiò fratello di S. Luigi.
Minacciato il He Manfredi spediva ambasciatore in Toscana Pietre
di Cosenza a Francesco Semplici suo Vicario . ordinandoli di ri
durre in qualunque modo a parie Ghibellina quelle rii tà Toscane ove
il .partito Guelfo. preponderava, onde il Vicario si trovò uecessitato
a riunire l'esercito della k.ga di Toscana, se n'andò alla volta di
Lucca , sebbene ivi a vessero fatto testa i Guelfi che erano siati lian-
dili dalla lor patria., tuttavia i Lucchesi furono costretti ad en-
irare nella lega Ghibellina, ed a giurare fedeltà al He Manfredi;
•tvi pure fu obbligata a tornare uila parte Ghibelliua, cosicché
ta Toscana tutta obbediva al Ite Manfredi.
In questo tempo i Conti Pannocchicschi che er.iRsi mantenuti
indipendenti, . fecero Ja loro sottomissione alla Repubblica di Siena,
ed a sicurtà della fedele esecuzione doi patti stabiliti diedero dei
stilili h• che Iiuon consegnati alla custodia di Guido d'Orlando Ma-
lavolti , che era Guelfo , e da .ciò si deduce , che non tutti quelli
che seguivano quella parte erano stati espulsi dalla cilUi. Da al
cuni annali poi si rilev a che nel mese di Settembre dell' .inno 1201
89*
•i
campana che era. sulla torre di casa Mignanelli che suonava a stor
mo,' prese le armi; si combutte nelle strade tutta la notte. i Ghi
bellini rivinsi spinti fino alla Piazza .del Campo . ma la resistenza
che quivi incontrarono li costrinse alla ritirata. Molti di loro per-
derouo la vita in quel terribile coutlilto : Jacopo Forteguerri fu in
quésto numero : altri rimasero prigionieri , e Niccolò Buonsiguori ,
che si difese come un Icone , fu in line uostretto ad abbandonare
coi suoi la città, uscendo prr la puri. i per ta quale erano entrati.
Lo seguirono molte famiglie nobili di parte Ghibellina, come For-
teguerrt , Pagliarcsi, Salvaui, Ugurgcci, Ragnoui ed altre, e si ri
dussero nella terra di Kigomagno; lutto ciò accadeva versola mei»
del mese di Luglio del 4isl.
Era succedato. a Niccolo III. Martino IV.. egli pure di naiion
Francese. Appoggiandosi il Re Carlo at favore di questo ora dive-
nuto potentissimo in Toscana, per cui inebriato della sua potenaa
si disponeva. a passare con un esercito in Grecia con ferma spe
ranza d'impadronirsi di Costantinopoli, di rivendicarci dritti cedutili
sopra l' Impero d'. Oriente da Balduino suo suocero , e discacciare
Michele Paleologo che l'aveva usurpato ; ma una circostanza a lui
fatale veooe a. coulraciafc i suoi progetti, pokhé il 30 Marzo
per comporre serie dissensioni che erano sorte fra diverse case no
bili, ma ne fu frastornato dalla guerra che erasi riaccesa in Sicilia
fra i Francesi e gli Aragonesi, per cui il di lui pacifico intervento
non poté essere impiegato ; ma in fine parve che la ragione pre
valesse sopra le ire stolide , e nel mese d' Agosto del 1302 fecero
la pace i Malavolti , i Salimbeni , i Gigli, i Squarcialupi , i Picco-
lomini, i Pelacani, i Tegolei ed i Malavolti. Nel successivo mese di
Novembre si appiccò fuoco ai palazzi dei Saraciui e delli Scotti, che
si estendevano dalla costa .di S. Paolo, fino alla costarella, e non fu
possibile dominarlo . di modo che rimasero inferamente distrutti.
In quell' anno per le dirotte pioggie cadute fu scarso il raccolto.
l Nove furono costretti a comprare gran quantità di grano in Si
cilia , che veniva condotto e sbarcato a Talamone, porto antichis
simo sulla costa Tirrena, che era stato con moltn avvedutezza com
prato dalla Repubblica nel 1302 dall'Abate o Monastero dei Cister
107
censi dell' Abbadia S. Salvadore , che per dritti fendali lo possede
vano: questo sbocco sul mare poteva essere di grande utilità alla
Repubblica, qualora avessero i governatori saputo trarue tutti quei
vantaggi che al commercio ed all' industria presentava.
Intanto Pistoja avea colto l'amaro frutto dei propri errori, su
scitando le fazioni dei Bianchi e dei Neri; le citta Guelfe si arma
rono contro di lei, ed essa fini per perdere la propria indipendenza.
I Fiorentini furono più generosi verso di tei, ma i Lucchesi nemici
irreconciliabili dei Pistojesi imposero ai vinti dure leggi; ma la di
sperazione diede animo agli oppressi. la .citta si sollevò, e ricusando
di ricevere il Magistrato mandatoli da Lucca a governare, si mise
sulle difese; arrivarono in quel tempo i deputati spediti dalla Re
pubblica di Siena, e fattisi mediatori poterono conciliar le parti,
e la sentenza dei Senesi reso a Prstoja la libertà che avea perduta
dopo le guerre dei Bianchi e dei Neri.
Conciliate queste vertenze altri gravi avvenimenti si dispone
vano. Buonifacio VIII., uomo di un carattere violento ed altero, di
venne nemico delle famiglie Colonua , si urtò con Filippo il bello
Re di Francia: il clero francese postosi dalla parte del Re incomin
ciò a difendere le libertà della Chiesa Gallicana ; allora Buonifacio
intimava un concilio del Clero Francese da tenersi in Roma. Filippo
fece sì .che nessun ecclesiastico della sua nazione v' intervenisse.
II Papa sdegnato scomunicò il Re .e la irritazione arrivò tant' oltre.
che Guglielmo di Nogaret francese di nazione , unitosi ai Colonna
nemici di Buonifacio si stabiliva in Staggia presso Siena con circa
trecento cavalli : e dopo aver profuso del danaro per farsi un par
tito nello stato pontificio , marciò alla volta d1 Agnan) , ove dimo
rava il Papa ; colà giunto gli fu una porta per tradimento aperta:
corse le strade gridando viva il Re di Francia , muoja Buonifacio !
Sciarra Colonna con gli Italiani si presentarono at Pontefice, men
tre i Francesi si occupavano più di rubare i di lui tesori, che della
sua persona.
Il rispetto che incusse il capo della Chiesa nella sua cantzie,
vestito degli abiti pontificali trattenne i congiurati dal commettere
un assassinio. Rimasero intmicai alla di lui presenza , e per tre
giorni non seppero cosa risolvere. Il Pontefice fu trasportato a Ro-
mn ; colà contrariato nei suoi progetti dai Cardinali Orsini , preso
10*
«In un accesso di frenesin , morivo miseramente fra le convulsioul
della rabbia. Dante ha detto nel Purgatorio e. XX.
•OMMARI»
/Senesi
Filippo
Guelfi—
principe
sono
Muovono
battuti
di Taranto
contro
— Sedizione
Uguccione
in Siena
a Pisa
— Battaglia
A contro
lui si Uguccione
uniscono
di Mantecatiti
le—truppe
iuc
SOMMARIO
dava invece per suo Vicario Gualtieri Duca d'Atene Conte di Bren
na, francese di nazione. Egli giunse in Siena il 10 di Luglio, e nella
sua dimora domandò pel suo padrone la signoria della citta : ma
i Senesi per quanto deferenti dal Re Roberto, pure si chiamarono
scontenti della non provocata inchiesta , e venuto il popolo in so
spetto che da Firenze fossero partite delle truppe a sostegno delle
pretese del Duca, si levò in armi; furono chiuse le porte della cit
tà, tirate le catene ai capi-strada, e si disponeva ad attaccare lo
stesso Duca che era alloggiato nel palazzo del Vescovado. Scosso
da questo tumulto , e conoscendo che i cittadini erano in questo
unili , e non divisi come aveva esposto nella sua dimanda, chiese
di parlare al Magistrato ; dopo averlo inteso deliberò d' inviare la
domanda del Duca al Consiglio. All'adunanza si trovarono presentì
480 ciltadini dai quali fu deciso che per conciliare la libertà della
Repubblica coll' onore regio , il Duca di Calabria avesse per soli
cinque anni l' autorità di eleggere il Potestà di Siena sulla terna
che gli sarebbe proposta dal popolo, e che il litolo di Potestà fosse
13S
cambiato con quello di Vicario del Duca stesso, e che ad ogni rm-
nuovameato il uuovo Vicario dovesse giurare di mantenere le leggi
e statuti della Repubblica.
Il Duca d'Atene acquietato da questa concessione, prima di
partire dalla città persuase ad una tregua i Salimbeni ed i Tole-
tnei, che si mostrarono alle di lui conciliative istanze condiscendenti.
L'Armata che il Re Roberto aveva spedito in Sicilia non avendo
potuto colà intraprendere azioni di rilievo, venne verso Talamone,
porto del dominio Senese : alcune truppe che colà sbarcarono si
diressero verso il Castel di Magliuuo . che era dei Conti di Santa
Fiora, e se ne resero padroni; dopo avervi lasciato a guardia 100
cavalli, e 1.!iO balestrieri , fatti ricchi di un ragguardevole bot
tino se ne tornarono alle navi ; quindi fecero vela per Genova ,
ove si trovava lo stesso Re Roberto, reduce da Avignoue, e l'Am
miraglio Conte Novello del Balzo se ne partiva alla volta di Firenze
al servizio del Duca di Calabria.
l Mnssetani arbitrariamente si erano fatti padroni del Castel
di Montieri , ma fatta dai Nove intimazioue a quel Comune di ri
trattare. revocare e cassare ogni sottomissione che fosse stata estorta
a quei di Montieri , la questione restò aggiustata senza bisogno di
ricorrere alle armi. I Nove ordinarono pure in quell'anno 1327 un
censo delle famiglie che popolavano la città, diviso per terzi, e ne
resultò il numero di 11,711 divise in 59 compagnie o contrade,
nou comprese le masse , o contado di Siena , e dovendo fare cal
colo approssimativo della popolazione su quella base , ed ammet
tendo essere le famiglie in quei tempi numerose, ci sembra ragio
nevole di dare a ciascuna cinque individui invece di tre, come é
costume di molti , e così facendo , ne resulta una cifra di .'ix..'1'i."ì
abitanti , che a tanto crediamo potesse ammontare la popolazione
d' allora. Ciò premesso altrove ci convinn portare I' attenzione.
lira stato eletto Imperatore di Germania Lodovico Duca di Ba
viera. Il Petrarca ci ha lasciato il quadro fedele della ferocia del
suo carattere , quaudo parlando di lui dice :
viduale
(1) istruzione.
L'ignoranza della patria storia lascia un vuoto nella indi- .
173
era la discordia clin esisteva fra le famiglie nobili stesse , per cui
si facevano una guerra continua , e scambievole , da cui ne deri
vavano rappresaglie, viltà, e delitti, e per darne un' idea ci piace
di riportare in ordine a tali fatti quanto ne riferisce il Mala-
volti.
« Fu dal Consiglio ordinato per sicurtà di quelli che avevano
« brighe, acciò potessero più sicuramente e con l' animo più quieto
a andare alle lor devozioni visitando le Chiese , ed altri luoghi
« pii , se ben non era fra loro fatta tregua, che il giorno di Santa
« Maria d' Agosto e un giorno prima e un poi , il dì della Nati-
« vita di Cristo, un prima, e un poi, la Domenica delle Palme con
a tutta la settimana santa, fino al secondo giorno della Pasqua di
« Resurrezione di nostro Signore , fusson tregue tra tutti , come
« se fusson fatte per consenso delle parti. « E quindi segue : o ma
« poca consolazione se n'ebbe, poiché in quell'anno fu interdetta
« la città per cagion del debito che aveva il banco de Buonsignori
« di Siena con la Camera Apostolica, non pagando ottantamila fio-
« rini, che già molto tempo prima aveva ricevuto in prestanza da
t da Niccolò III. »
Da ciò puossi argomentare dell'abuso che i Papi facevano delle
scomuniche, mentre impiegavano i fulmini della Chiesa per punire
una intera città di un fatto particolare che riguardava soltanto un
privato banchiere , ed un banchiere che forse più per impotenza ,
che
gnoriperfnlltrofio
cattiveria
con sidanno
era mantenuto
universale del
in commercio
morosità. Infatti
della città,
i Buonsi-
esu
avea combattuti.
Il Legato in fine lo accusò d'eresia e lo scomunicò. Allora Cola
ricorse nuovamente al popolo, ma questa volta la di lui eloquenza
non
1l suoebbe
potere.
efficacia:
Ecco eil frustrato
giudizio di
nelle
Sismondi
sue speranze
intornofinì
a quest'
per deporre
uomo.
m
« La rivoluzione che rovesciò Cola da Rienzo accadde il 15
« Deccmbre 1347, meno di scite mesi dopo essersi fatto capo della
« Repubblica. In questo breve spazio di tempo quest' uomo avea
« dato al mondo un maraviglioso esempio del potere dell'eloquen-
« za , e dell' entusiasmo, che il nome e la memoria di Roma ecci-
« tavano in tutta Europa, come pure deH'inebrinmento cui si espo-
« ne il dotto che dalla biblioteca viene portato sul trono, e che non
« ha potuto prepararsi che coi libri all' esercizio del sovrano po
« tere ».
Cola fuggendo da Roma dopo tante vicende tristissime ebbe
asilo alla Corte di Lodovico d' Ungheria: quindi passò in Germania
ad implorare la protezione dell' Imperator Carlo IV. Il Petrarca a
questo Principe lo raccomandava. ma il discendente della casa di
Lussemburgo lo diede slealmente in potere del Pontefice: la morte
però di Clemente lo salvò dal suppli/io che lo minacciava. Il di lui
successore Innocenzo VI. volendo liberare tutte le città degli stati
Romani dai tiranni che le dominavano , mandò a Roma lo .stesso
Cola unitamente al Cardinale Albernoz ; con quella missione en
trati in Roma per opera di Francesco Baroncelli, che in mezzo alle
civili risorte divisioni dei potenti , teneva il governo della città,
chiamato il popolo alle armi , Cola riprese il primiero ascendente ,
e fu nominato dall' Albernoz Senatore di Roma ; ma l' esperienza
uon avea corretti i di lui vizi , le sue debolezze , la sua vanità ;
e siccome la sua posizione, era piìi difficile di quando rappresen
tava la parte di Tribuno, trattandosi adesso di conciliare la volontà
del Pontefice colle esigenze del popolo , i suoi difetti apparvero
ancora maggiori , talché scoppiò una sedizione di cui fu vittima.
Cola attaccato dal popolo nel suo palazzo tentò invano difendersi,
e cercò di fuggire travestito.. ma essendo stato per fatalità ricono
sciuto fu trascinato fino alla seconda scala del Campidoglio avanti
al leene di porfido egiziano , e mentre tentava di parlare fu uc
ciso con un colpo di pugnate da un tai Cecco del Vecchio, e così
quel luogo stesso che era stato testimone dei suoi trionfi vide la
sua miseranda fine; e quel popolo stesso che lo avea un giorno
esaltato, trascinò barbaramente il di lui cadavere per le strade di
Roma.
Per non interrompere l'interessante racconto che riguarda Cola
176:
di Rienzo ci siamo spinti ad epoche avanzate , ora riloniìamo al
punto at quale abbiamo la stona di Siena interrotta.
Nell' anno 1 346 nessuna guerra esterna minacciava il riposo
della Repubblica : il Governo dei Nove , sebbene di natura oligar
chico, pure era stato salutare allo stato: ma quei turbamenti stessi
che accadevano prossimamente nelli stati romani erano esca per
coloro che aveano sete di dominio a cospirare contro una magistra
tura invisa. Infatti un tale Spinellacelo Toiotnei sollevando coi suoi
settari tutti i malcontenti , corsero le strade della città gridando ,
muojano i Nove ! e non avendo potuto forzare il palazzo, si porta
rono alle respettive case di coloro che erano di magistrato ; ma
queste pure erano ben guardate, per cui vani riuscirono i loro at
tacchi. Finalmente si ridussero a quella di Berto di Lotto , ove si
erano adunati i Nove in consulta : quivi la difesa essendo stata
meno valida, vi entrarono qnei furibondi ed uccisero Giovanni Fo-
scherani ed uno dei suoi figli che tentò difenderlo. Tuttavia la ri
voluzione nou faceva profitto, poiché su tutti i punti la forza pub
blica trionfava , per cui i congiurati vedendo la inutilità dei loro
sforzi si diedero alla fuga, e mancati i capi, gli altri restarono senza
consiglio , né poterono attro tentare. Fu dimandato dai Nove soc
corso a Firenze ed in pochi giorni furono riunite tante forze da
imporne ai faziosi. Allora incominciò il corso della giustizia, e molti
dei colpevoli furono decapitati , altri banditi : e per vieppiù con
solidare il potere esistente fu fatta in Staggia il 20 Luglio di quel*
l'anno 1346 nuova lega coi Fiorentini, e nei capitoli fu dichia
rato e/te qualunque congiura che fosse fatta contro qtialsivoglia di
Magistrato o stato delle due città , s' intendesse fatta ancor contro
I' altra , e parimente dovesse pigliarne la difesa , e procedere con
tutto il potere alla distruzione dei congiurati. Cosi il pericolo per
allora si dileguò.
Era sceso in Italia con formidabile esercito Lodo-fico Re d'Un
gheria col fine di vendicare , colla conquista del Reame di Napoli,
la morte del suo fratello Andrea , attribuita a sua moglie Regina
Giovanna. Essa presa da timore in un col suo nuovo consorte
Principe di Tarante fuggirono da Napoli per andare a ricovrarsi in
Provenza. Giunti in Siena furono magnificamente onorati, siccome
i Senesi conservavano grata memoria del Ite Roberto suo zio. Nou
177
fu però loro possibile di proseguire il viaggio per ferra , men
tre i Fiorentini li ricusarono il passo per il loro stato, e fu neces
sità prender la via di mare, e cosisi ridussero in Avignonc, ove
i reali coniugi furono dal Pontefice benignamente accolti.
Aveva intanto Lodovico preso Napoli , e conquistato tutto il
Reame , ove avea esercitate le sue vendette e col supplizio del
Duca di Durazzo, e colla persecuzione contro di altri della casa
Reale: ma la manifestazione della peste che fu terribile in tuli.i
Italia nell' aiuio 1318 la decise a tornarsene sollecitamente in Un
gheria, lasciando a guardia del Regno una parte del di lui esercito
sotto gli ordini di Corrado Lupo che era uno dei Baroni che l0
avean seguitato.
Se da una parte la corruttela delle corti, e la mollezza che in-
cominciavasi ad introdurre nei costumi, snervavano la generazione
durante il Secolo XIV. , d. dl' altra svilupp;iv.msi gl' ingegni in
mezzo alle fazioni, ai partiti, agli odj municipali delle Repubbliche
Italiane. La poesia, la pittura, la musica, l' architettura, la scultura
che avevano nel secolo anteriore ricevuto un nuovo impulso,
raggiungevano quel grado di perfezionamento che costituisce il
vero beli». Gusto , "genio , grandezza , eran penetrate nella mente
degli immini , e facevau un ammirabile contrasto coi vizi che dal-
l' altra parte degradavano l' epoca, quando un flagello terribile so-
praggiunse a cambiare l' aspetto di questa condizione, come se la
Provvidenza nei suoi arcani destinato avesse di arrestare a quel
piinto lo slancio del genio Italiano.
Una malattia epidemica contagiosa erasi sviluppata in Oriente;
le tradizioni popolari sono piene di favoli. intorno alla sua origine;
standosene per altro a quanto ne riferisce lo storico Villani, pare
che nel regno di Casiin la terra fosse agitata da violenti scosse di
terremoto, per cui affondarono villaggi e città ; le voragini aperte
vuomitarono fiamme, che comunicandosi alle erbe aride si estesero
da ogni banda alla distanza di molti giorni di cammino. Coloro che
giosa,
si sottrassero
che si sparse
a qaesto
dalle
disastro
rive del
secoTauai
portarono
a Trabisonda.
una maiatila
A Sebastia
conta-
SOMMARIO
(1) Cerne era una voce che significava chiamare sotto le armi
i battaglioni 6 compagnie destinate alla difesa dello stato.
pensiero che diede luogo ad una originalità , che tutti non sanno
spiegare , e oosì la Piazza , che Dante chiamò del Campo , ornata
da questo monumento, dalla fonte di Giacomo della Quercia, che
é pur essa originale nella forma , dal magnifico palazzo della Si
gnoria e da diversi altri che sono pur magnifici , e dalla svelta
torre detta del Mangia , offre all' occhio un insieme che é bello a
vedersi (1).
Se le arti fiorivano, lo spirito pubblico non migliorava in nes
suna parte cl' Italia , anzi i inali , da cui era viziato il di lei or
ganismo sociale , si facevano oguor più sensibili.
In Toscana si palesarono nuove agitazioni. Appena terminate
le differenze fra la Regina Giovanna ed il Re d'Ungheria, meiiiante
la renuuzia di quest'ultimo a qualunque pretesa sul Reame di Na
poli , pago di aver vendicato l' assassinio del fratello ; e mentre il
Papa tentava di porre un limite all'ambizione del Vescovo Viscon
ti, che divenuto potente minacciava l'indipendenza dei piccoli stati,
quel Pier Saccone, che il Duca d' Atene avea liberato dal carcere,
in cui i Fiorentini con ingratitudine lo avean chiuso, predominato
da cieca ambizione aveva potuto riunire una schiera di cavalli e
fanti che condusse all'acquisto di Borgo S. Sepolcro togliendolo
HÌ Perugini, e quindi a lui si diede la terra d'Angniari. Il Vescovo
di Milano non era straniero a queste brighe : al tempo stesso la
famiglia Brandagli di Arezzo tentò per mezzo di una congiura ve
nire in possesso di Orvieto , togliendolo ai Nonaldeschi che se ne
erano fatti tiranni. Altre controversie sanguinose accaddero fra
Buonconte
naldeschi, che
e Petruccio
divennerodi fra
Pepo,
loroambedue
nemici per
dulia
maliziosa
stessa famiglia
insinuazione
Mo-
del Vescovo di Milano , che lini per mandare suo Vicario il Pre
felto di Vico , che si fece signore di Viterbo , ed Orvieto , cosi si
fu manifesto che la libertà tanto decantata di quei tempi era effi-
tere l'ordin dei Nove; ottetmto questo intento non fu sazia ancora
la plebe, ed il 12 Decembre 1368 bruciò la porta del palazzo pub
blico , e quanti libri capitarono alle mani : e facendo grande stre-
pito volle esclusa dal governo anche la parte dei Dodici, talché il
potere cadde in mano di uomini nuovi . poco adatti al maneggio
della pubblica amministrazione, e senz' attra scorta che il loro entu
siasmo, e la sete di dominio. Questa andava per altro sempre ac
compagnata da un forte sentimento di patrio amore , nel quale
tutti gli ordini erano concordi.
Le sorti future della Repubblica pendevano dui Riformatori, ma
essi pure predominati dalle passioni , e dai pregiudizi dell' epoca ,
miravano piuttosto a togliere altrui il potere per appropriarselo ,
anzi che. a proporre una nuova forma di governo quale distrug
gendo l'oligarchia ammettesse le classi le più influenti, ed equili
brasse i poteri in modo da assicurare a tutti i cittadini una per
fetta eguaglianza nei dritti civili . e cosi distniggendo il passato,
abolire tutti gli Ordini per eliminare le divisioni che dai Monti
derivavano , e avrebbero allora resa la macchina governativa meno
complicata, e l' azione di essa meno discordante. La sede del male
risiedeva più nelle istituzioni , che nelle persone ; ma frattauto gli
avvenimenti incalzavano, e non era lontana una crisi che decider
doveva delle sorti future della Repubblica ; essa trovavasi in uno
stato convulsivo, e tauti moti popolari, tanti mutamenti non ave
vano ancora sodisfdtto le pretese delle fazioni ; il popolo non do-
poneva le armi , e fra tanli sentimenti e tante brighe non si tro
vava un governo che avesse la forza d' imporre alla moltitudiue.
212
ll Mala testa allora entrato in palazzo nominò diciotto del popol mi
nuto , che coi cinque eletti del numero dei Dodici , ed i tre Gon
falonieri dei Terzi, e quattro di casa Salimbeni formassero il nuovo
governo della Repubblica; forse era il Matatesta stesso che fomen
tava lo scontento nel popolo , ed in vece di calmarlo , lo voleva
agitato. Questi nuovi riformatori adunatisi subito in concisioni uni
tamente al Malatesta, operarono nuovi mutamenti che escludevano
dal potere tutti quelli che in passato ne avean goduto , e porta
vano in seggio uomini affatto nuovi, ma restavano però gli stessi
vizi, anzi le cause del male si facevano più sensibili.
Carlo IV. tornando da Roma trovò la città in maggiore scom
piglio di quando l' avea lasciata. Egli era subdolo, vile, ed avaro,
ed a Roma avea avvilita la dignita Imperiale avanti at Pontefice,
fino a servirli la messa ; a Siena volea valersi di quella stessa di
gnità che «vea avvilita , per imporre. Assicuratosi della fede dei
Salimbeni , e del favor dei Dodici che miravano a recuperare il
perduto potere , volle tentare d' impadronirsi della città , quale
crasi impegnato di vendere at Papa. Per riuscire a ciò lo aveva
raggiunto Guy di Monfortc, legato di Bologna, con un grosso corpo
di cavalleria che unito ai corazzieri Imperiali sommavano a 3000.
A questo punto incomincia l'azione di un fatto, la di cui de
scrizione intendiamo di trascriverla dal Ptsmomli, siccome é posta
sotto un aspetto veridico , ed egli trae le notizie da una cronaca
Senese di Neri di Donato.
i Carlo IV. dimandò che la Signoria mettesse in sua mano i
o cinque più importanti Castelli del suo territorio, Massa, Montal-
« cino , Grosseto , Talamone , e Casole , e che i Gonfalonieri ed i
a soldati della milizia gli prestassero giuramento di fedeltà. Que-
« st' inchiesta venne comunicata al Consiglio Generale , che la ri-
« gettò con grandissima plurarità di voti. Ricusò pure di accrescere
a il potere dei Dodici , come l' Imperatore avrebbe desiderato , il
« quale offeso da queste due negative risolse di adoprare la forza ;
« dietro i di lui suggerimenti il 19 Gennajo 1369 la fazione dei
u Dodici diede mano alle armi di concerto coi Salimbeni, per iscac-
« ciare di palazzo i tre cittadini dell' ordine de' Nove , che sede-
•' vano nella Signoria. Nello stesso tempo il Malntesta si portò nella
« gran piana colla sua cavalleria, e l'Imperatore armato di tutto
213
« punto si pose alla testa dei suoi corazzieri . e di quelli della
» chiesa. I tre .Signori dei Nove , ai quali era stato portato l' or-
« dine di uscire dal Palazzo per papié del Malatesta, si eraiwFef-
" fettivamente rilirati , malgrado le istanze dei loro colleghi , ma
« questi, rimasti soli non si smarrirono. Fecero suonare la campana
« d' allarme , ed ordinarono al Capitau del popolo Matteino Men
« zano di attaccar I' Imperatore colle compagnie delle milizie.
« II pubblico patazzo trovavasi di già in parte occupato dalla
« fazione dei Dodici , e dei Salimbeni, ma essi ne furono cacciati
« dal popolo furibondo. Il Maiatesca stava nella Piazza del Campo
* con ottocento corazzieri, che furono respinti; uccisa la maggior
« parie dei cavalli . ed egli stesso costretto a fuggire verso il pa
« lazzo Mula volti. ove cercò di afforzarsi. L'Imperatore circondato
a dai Principi Tedeschi, dai suoi Capitani, e da tutto il rimanente
« della cavalleria, avanzavasi verso il palazzo, e di già era giunto
« fino alla Croce del Travaglio, quando venne impetuosamente at-
« taccato dalle compagnie del popolo. La sua truppa , fu ben to-
« sto disordinata, ucciso colui che portava lo stendardo Imperiale;
« e Carlo obbligato a ripararsi verso la Piaiza de'Tolomei, si for-
« liticò entro il palazzo di quei gentiluomini emigrati. Per più di
« sette ore egli difese i suoi trincerameli , ed in questa lunga
« pugna si perdette molta gente da ambe le parti. Più della me-
« tà dei soldati di Carlo erano feriti , 400 dei più valorosi caduti
« morti ai suoi fianchi , i suoi corazzieri avevano perduto più di
« 1200 cavalli , quando finalmente fu superata la barricata che
« egli difendeva , ed il monarca costrettola fuggire nelle case dei
« Salimbeni ».
« Mentrc ancora durava la battaglia la Signoria avea di già
<ì fatli richiamare i suoi tre colleghi dell' ordine dei Nove , che la
a fazione dei Dodici avea cacciato di palazzo, furono ricondotti ai
« loro seggi a suono di trombette, coperti di ghirlande, e con un
« tralcio d' ulivo in mano .
« ll Capitan del popolo non inseguì l' Imperatore nelle case
« dei Salimbeni, sebbene gli fosse agevole di farlo prigioniere, cre-
« dette dovere modcratameute usare della vittoria verso il primo
« Monarca della Cristianità, e mostrargli tutti i riguardi uell'istante
<•i che più non potca temerlo. Ma egli lo fece pregare per mezzo
su
< dei Salimbeni di uscire di città , e per rendere più efficace la
« sua preghiera fece a suono di tromba bandire la proibizione di
« somministrare vettovaglie a lui , ed alla sua truppa.
« L' Imperatore (dice uno storico Senese contemporaneo) era
« rimasto solo colla più gran paura, che mai abbia avuto un mi-
« sei.abile. Gli occhi di tutto il popolo armato erano verso di lui
« rivolti ; egli piangeva , si scusava , ed abbracciava coloro che
t lo avvicinavano ; diceva di essere stato tradjto dal Malatesta ,
« dal Potestà , dai Salimbeni e dai Dodici , e raccontava in quat
« modo , e quali offerte erano a lui state fatte. Francesco Bartali,
« che egli indicava come colui che aveva avuta parte in questa
« negoziazione venne arrestato, e dato in mano at Capitan del po
« polo : cercaronsi pure gli altri traditori. Frattanto l' Imperatore
« trattava colla Signoria e col popolo: dava alla prima il Vicariato
« perpetuo della città e suo territorio, ed accordava al popolo un
« amnistia generale, e più grazie che non gli erano dimandate', così
« tremnnte quaP era ed affannoso , pareva che avesse del tutto
« perduta la ragione : voleva andarsene , poi vedeva di non po-
« Urlo , non avendo più né cavalli, né danaro , né compagnia, e
« con molti stenti il Capitano gli fece ricuperare parte di ciò che
« avea perduto »•
Al Malatesta fu per generosità concesso di mettersi in salvo
con pochi che lo seguirono, coi quali premuroso ed ansante usciva
dalla città. Quando l' Imperatore si fu rimesso dal primo spavento,
dimandò in ricompensa delle grazie che avea concesse , che la
Repubblica gli pagasse una pensione di 20,000 fiorini in quattro
rate. I Senesi vi acconsentirono , e la prima gli fu pagata imme
diatamente, quindi partiva atla volta di Lucca , ove arrivò senza
toccar Pisa , mentre temeva che atteso il suo scaduto credito si
rinnovassero colà i casi di Siena , che abbastanza avevano la sua
tracotanza umiliata.
Tale fu la fine di quella fazione, nella quale i Senesi, sebbene
divisi, provarono quanto gelosi fossero della loro indipendenza, e
come sapevano difenderla contro qualunque aggressione a prezzo
della vita , e del sangue loro.
CAPITOLO NONO
SOMMARIO
(1) IIdi cui corpo si conserva a Roma nella Chiesa della Minerva,
e Pio secondo ordinò che ogni anno nella prima Domenica di Maggio
se ne celebrasse la festività : la di le ' sacra testa é esposta in Siena
alla pubblica venerazione nella Chiesa di S. Domenico entro una
Cappella ricca di squisiti affrcS''li dipinti dal Razzi. È fama che
questa testa fosse portata in Siena dal di lei confessore spirituale
Padre Raimondo da Capw che ne ha scritta la vita.
228
Sjena dovette combattere in qucll' anno contro Francesco Dò
Prefetto da Vico , che nelle rivoluzioni a cui erano soggiaciute le
città della Chiesa , erasi impadronito di Viterbo, e per timore che
i Senesi andassero in soccorso dei suoi nemici, loro faceva guerra
colle bande dei Brettoni e Guasconi che avea assoldate. Queste
presero il Castel di Montorio; Siena mandò ad espugnarlo colle sue
genti Agnolino Salimbeni , ma l' impresa non riesciva . perché il
nemico era soccorso di vettovaglie da Cione di Sanciro Salimbeni,
che teneva la Rocca di Celle, e che aveva estrema gelosia di Agno-
lino , onde fu necessario prima che il Marchese Spinetta Senatore
di Siena espugnasse la Rocca di Celle , e quindi riuniti gli ajuti
delle citià collegute con 2000 cavalli e 1000 fanti di Giovanni d'Azzo
Ubaldioi , iucominciarou a fare scorrerie , e devastare il territorio
dei nemici: e lasciando parte dell'esercito all'assedio di Montorio
presero il Castel della Marsiliana che dai Senesi era stato già ven
duto ai Signori De Baschi. Fu poi falta pace fra Senesi ed i Si
gnori di Farnese che predavano la maremma ; il castel di Molitorio
fu comprato dalla Repubblica , e così terminarono quelle ignobili
fazioni , che sono penose a raccontarsi, in quanto che nulla hanno
di grande , e di generoso.
In quel tempo Carlo di Durazzo essendosi impadronito del Rea
me di Napoli fuce prigioniera , e quindi morire la Regina Giovan
na. Fu allora clie Luigi Duca i1" Angiò , fratello di Carlo V. Re di
Francia , scese in Italia con formidabile esercito , mentre ad insi
nuazione dell' antipapa Clemente era stato dalla Regina Giovanna
adottato per tiglio, e dichiarato crede del Reame di Napoli, voleva
adunque riconquistare quel Regno , affacciando i suoi dritti eredi-
tari. Questo fatto fu causa di altre guerre, di altre fazioni che de
solarono mnpgiormente l'Italia, abbenché alla Repubblica di Siena,
ed alle attre della Toscana fossero più utili che dannose, poiché al-
l' avvicinarsi di qucll' esercito le compagnie di ventura che le ta
glieggiavano si ritirarono affatto ; né si lasciarono sedurre quei
governi , poiché dimandati di soccorso . ad ambedue le parti co
stantemente lo ricusarono.
Senza fn il. ii ci a narrar* altre piccole fazioni, conquiste o per
dite di castelli , fatli tutti che presso a poco si assomigliano, pas
seremo a narrare quanto d'mteressante accadeva in Siena nel 138i.
2*9
L' Ordine dei Dodici ambiva di ritornare al potere, ed i nobili
lo secondavano; gih aveano L capi prese le loro disposizioni affinché
nella elezione , che doveasi effettuare per la residenza dei mesi
di Marzo e d' Aprile vi entrassero alcuni dei loro. Non avendo ciò
lM3tuto ottenere , fecero bisbiglio , siccome non sembrava loro giu
sto , che non dovessero partecipare all' amministrazione della cosa
pubblica. Questa ragione trovava tanto partito, che nel dì appresso
i Riformatori adunarono il Consiglio generale per reclamar giustizia.
Tale successo otte.nuto incoraggi, invece di scorare l' Ordin dei Do
dici , onde in quel giorno vi fu tumulto , ed un tal Lucarino Ce
stelli uomo sedizioso dell' Ordin dei Dodici fu arrestato a Porta Sa-
laja , e le guardie lo trascinavano per la Costarella onde icario in
prigione, quando accorsi allo strepito diversi suoi aderenti lo strap
vano
paronoin alla
piazza,
forza
ma ei nobili
vi fu con
zuffa.quelli
Quelli
deidei
Nove,
Riformatori
e dei Dodici
si butte-
im
SOMMARIO
Morte del Petrarca e del Boccaccio — Governo di Siena ridotto
ai 10 Difensori — \uove cospirazioni — Spinello Tolomei — Arre
sti — Esecuzioni — Sedizioni a Casale ed a Massa — Lodo degli
Anziani di Bologna — Benedetto Alberti profugo Fiorentino in Sie
na — Nuovi dissidi fra Firenze e Siena a proposito di Montepul-
ciano — Si ribella ai Senesi — Questi chiedono assistenza a
Gio Galeazza Visconti — Convenzione fatta — .Vontepulciano torna
sotto il dominio di Siena — Cortona si ribella per darsi ai Fioren
tini — Preparativi alla guerra contro Firenze — Nuove previsiont
— Niccolo Piccolomini batte la Compunnla dei Bretoni — Consulti»
tro
dei Morosiià
Somiglianti
confermato
— Cio d'Senatore
Azza l'baldini
— Batista
at Piccolomini
soldo dei Senesi
spedito
, e al'ir.
(i.
SOMMARIO
REPUBBLICA DI SIENA
VOLUME SECONDO
STORIA
DELLA
REPUBBLICA DI SIENA
ESPOSTA I* COMPENDIO
DA VINCENZO BUONSIGNOR!
VOLUME SECONDO
SIENA 1856.
DALLA TIPOGRAFIA DI 6. LANDI
«ll' insegna ilch'Aicora
STORIA
CAPITOLO DUODECIMO
SOMMARIO
dominazioni a guisa dei fluiti che l' uno all' altro si succedono net
mare e che vanno a frangersi sulle coste della terra In queste n
8
nascenti lotte figurano Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e Fran
cesi, e frattanto innumerevoli armate comandate da capitani stra
nieri inondano l'Italia, peggio dei Condottieri la devastano, la sac
cheggiano, e gli sforzi dei Governi Italiani, resi deboli dai loro stessi
errori, si affaticano invano a paralizzarne la potenza. L' Italia so
praffatta non ha più armi proprie in sua difesa ; é costretta a pu
gnare con braccia straniere ed a seguire le sorti del vincitore, cosi
alla indipendenza succede la schiavitù, per cui fiaccato lo spirito
e perduta l' energia primiera accade un« trasformazione nelle idee,
nei bisogni , negl' interessi dei popoli e nell' indole dei Governi ;
si cambiano i costumi , spariscono le glorie , e resta solo la me
moria del passato. Pure in mezzo a tante alterazioni due Repub
bliche della Toscana osano difendere un sistema politico eh' ebbe
quasi sei secoli di estistenza , e tentano frapporre un argine al
torrente che nel secolo XIV. tutta la Penisola invadeva , ma dopo
tanti sforzi quella di Firenze cade gloriosamente ; era per altro ri
servato a quella di Siena di somministrare alla storia il più grande
spettacolo dell' ultimo sacrifizio di un popolo che con eroica co
stanza pone sulla bilancia e vite ed averi per sostenere uu diritto
che avea ricevuto dagli avi : essa era destinata a perire, ma cadde
quando la fame e la miseria comandò ai cittadini suprestiti di fir
mare la resa della patria. hi mezzo a tanto squallore a tanta de
solazione per altro non si avviliscono, poiché i più generosi abban
donando quanto aveano di più caro al mondo , vanno ad impian
tare altrove la loro Repubblica, e quegli animi indomiti disdegno-
samente esclamano: UBI ClVES , IBI PATRIA.
Tanto ci resta ancora a descrivere , e sebben la nostra penna
sia inferiore al bisogno, pure dai fatti più che dalle parole chiara
comparirà la desolante catastrofe che quivi solo d'indicar ci é dato,
e che a suo luogo più diffusamente narreremo.
Martino V. aveva concepito dei rancori contro Giovanna II. re
gina di Napoli che influenzata dal di lei amante Caraccioli non volle
che le regie truppe soccorressero lo Sforza, quando fu battuto da
Braccio ; altr' oggetto d' odio era poi il vedersi frustrato nelle con
cepite speranze dell' inalzamento della propria famiglia, poiché il
Pontefice vedeva omai impossibile l' adozione per parte della Regi
na stessa, che era senz' eredi, del di lui nipote; le segrete influenze
9
degli amanti della Regina avevano cambiate le di lei disposizioni ,
e così sfuggiva all' ambizione dei Colonna il trono di Napoli.
Per queste cause Martino V. si risolse di favorire le pretese a
quel trono stesso di Luigi III. d' Angiò , e nel suo interno risenti
mento non tenne alcun conto dei nuovi mali che la di lui politica
preparava all' Italia , chiamandovi nuovi stranieri.
Lo Sforza essendosi recato a Firenze presso il Pontefice, quan
do egli dimorava colà, ebbe da lui la confidenza dei suoi segreti;
capitano d' onore ricusava di abbandonare il partito di Durazzo
cui aveva giurata fedeltà per abbracciare quello d' Angiò, ma gli
ambasciatori di Luigi che trovavansi presso il Pontefice vinsero ogni
repuguanza , anticipandoli ragguardevoli somme per riunire una
nuova poderosa armata. Infatti lo Sforza fatti i suoi preparativi si
diresse verso Napoli : giunto a poca distanza da quella città riman
dò alla Regina il bastone di gran Contestabile dichiarandosi sciolto
da qualunque giuramento , sotto il pi.cirsio di volersi .sottrarre ai
capricci del Caraccioli ; allora proclamò Lodovico III. d' Augiò Re
di Napoli , richiamando il driito ereditario fondato uell' adozione di
Giovanna I. Nel 15 d' Agosto U20 presentossi avanti a Napoli la
flotta del Re Lodovico che aveva armata parte in Provenza, e parte
a Genova: sorprese Castell' a mare, mentro lo Sforza occupava
A versa: Martino che era l' anima di queir impresa s' infingeva nen
trale, ed offriva alle Regina la di lui mediazione, ma il Malizia che
era il deputato di Giovanna presso il Pontefice penetrò la di lui
doppiezza e meditò sul modo di paralizzare i di lui piani, ed acco
standosi atl' Ambasciatore di Alfonso V. Re d' Arogona, di Majorca
di Sicilia, e di Sardegna, fece a lui sentire che In sua Regina pa
drona di disporre del suo regno avrebbe adottato per figlio e suc
cessore lo stesso Alfonso qualora l' avesse assistita nel pericolo da
cui era minacciata, e cos'i le due corone di Napoli e di Sicilia sa.
rebbensi riunite sulla testa di un solo Re. Il progetto fu avidamen
te abbracciato, ed Alfonso rinunziando all' impresa della Corsica in
cui erasi impegnato fece partire alla volta di Napoli diciotto galere
con tre dui migliori suoi Generali, ed il 6 Settembre si trovarono
in faccia a quella città.
La flotta di Lodovico d' Angiò che era più debole si ritirò: lo
Sforza non poté impedire lo sbarco degli Aragonesi , e Raiinondo
10
Perigles che li comandava Iti ricevuto da Giovauua nel modo il
più cordiale ; il Re d' Aragona fu proclamato figlio adottivo della
Regina ed erede presuntivo della corona ; così cominciarono quelle
celebri contese, che dovevano tanto influire sui futuri destini della
Penisola Italiana , e lo spirito d' invidia e di vendetta chiamarono
nuovi stranieri a contrastarsi questa terra, i di cui figli non avean
saputo in tanti secoli procurarsi una indipendenza che li ponesse
nel rango delle Nazioni , che anzi le loro forze disperse continua
mente in fazioni ed impoliliche guerre, si trovarono fiacche di fronte
a nemici più di loro potenti ed avveduti.
In quel tempo i Fiorentini impegnati nella guerra unitamente
ni Veneziani contro Filippo Maria Duca di Milano lasciarono tran
quilla la Toscana, ed i Senesi misero a proti ito quella pace di cui
godevano per risarcire i danni sofferti in tante devastatici guerre.
Fioriva allora un Cittadino che colla sua predicazione. e coll' esem
pio di austera virtù correggeva i vizi e rinvigoriva la pubblica mo
rale. Esso era nato il dì 8 di Settembre dell' anno 1350 da Tallo
di Bando Albizzeschi di Siena , e da Nera di Bindo Avveduti di
Massa Marittima, chiamavasi Bernardino: fu canonizzato per santo
da Papa Niccola V. dopo che nel 20 Maggio 1444 passò da questo
mondo alla vita eterna. Ohi quante volte i Senesi udirono da quel-
l' angelica bocca uscir rampogne sulle civili discordie che aveano
inaffiate di sangue fraterno le vie della citta, e la sua parola in
gentilita dall' amore ineffabile di cristiana carità, ed animata da un
sincero amor di patria, fu tanto potente da far sì che venisse mo
dificato lo Statnto in quella parte che condannava qualunque cit
tadino che avesse apparteuuto all'Ordine dei Dodici, ad una pena
pecuniaria , tutte le volte in cui di notte fosse stato trovato fuori
della propria abitazione, ed il nome di Gesù fu sostituito all' arme
di Galeazze Visconti nella facciata del Palazzo pubblico nella guisa
che pure ai dì nostri si conserva , cosicché anche lo spirito religioso
tornava a spargere nella popolazione i suoi benefici effetti. Ritem
prare i rilasciati costumi di un popolo é lo stesso che renderlo alla
vita quando va ad estinguersi, onde S. Bernardino deve esser no
verato fra quei gran cittadini che onorano la patria.
La pace di cui godeva allora la Toscana non doveva per altro
andar disgiunta da tentativi di pubblica commozione suscitati da
fi
coloro che dichiarati ribelli della patria nelle passato vicende desi
deravano di tornare a godere dei dritti civili, sentendosi stanchi
di quell' esilio , che é sì duro quando é imposto da una forza mag
giore; le intelligenze coi loro aderenti , che dimoravano in citta ,
non sfuggirono alla vigilanza pubblica, ed avendo inquisito un tal
Cristofano d' Jacomo di GriOblo resultò dalle corrispondenze passate
con Pietro di Bartolommeo Diui, che irattavasi di rimettere in po
tere l' Ordine dei Dodici ; puniti i rei valse l' esempio a mantener
la quiete interna fino all'anno 1428. Quando col mezzo del Cardi
nal Santa Croce Legato apostolico fu fatta la pace fra il Duca di
Milano, e la lega dei Veneziani e Fiorentini, le truppe di questi ul
timi che dalla Lombardia tornarono in Toscana furono alloggiate
sui confini del Senese. Non si stettero dall' esercitar vessazioni con
esigere dai viandanti insolite gabelle, e coll' impedire lo scambio
dei generi fra uno Stato e l' altro, lo che nei Senesi generò il so
spetto che i Fiorentini cercassero brighe per rinuuovare una guerra
aggressiva: si venne ad alcune spiegazioni che nel momento seda
rono le differenze. Fu in quel tempo visitata la città di Siena dal
celebre Capitano Francesco Carmagnola, che con tauta gloria e re
putazione aveva comandato le truppe dei Veneziani contro il Duca
di Milano: egli si recava prima ai Bagni minerali di Petriolo, quin
di agli altri di S. Filippo. I Senesi onorarono in lui l' illustre guer
riero, bensì egli visitando la città, i suoi forti, e le sue mura mi
nutamente, diede sospetto (ed i sospetti allora non mancavano )
che per qualche fine occulto volesse prender cognizione dello stato
di difesa in cui allora irovavasi. Seppero poi i Senesi che passando
per Firenze referiva a quella Signoria , essere la ciltà di Siena in
sito forte e ben guardato, per cui non era facile il prenderla finché
i Cittadini fossero uniti, ma che accertato erasi di tante divisioni che
esistevano allora fra di loro , per cui era facile approfittarne per
ottenere coli' astuzia quanto sarebbe stato difficile colla forza.
Si riaccendeva in Lombardia fra i Veneziani , ed il Duca di
Milano in quel tempo la guerra. I Fiorentini pensarono di appro
fittarne, e Niccolò Fortebracci, detto Niccolò della Siella, fingendo di
licenziarsi dai stipendi loro, colla sua banda diede il guasto al con
tado di Lucca nei primi di Novembre 1429. l Senesi non sodisfatti
della condotta dei loro vicini , e temendo che la guerra di Lom
bardi a potesse propagarsi anche alla Toscana spedirono per loro
Ambasciatore al Comune di Firenze Antonio di Francesco Petrucci,
onde esortare quelli che tenevano il Governo a non voler turbare
quella pace , di cui allora godevano ; la risposta non fu leale , e
versò sul solito tema d' altra volta, dicendo che Niccolò della Stella
era libero di agire a voglia sua, siccome licenziato dal servizio di
Firenze; era perciò evidente che sotto questo pretesto si nascon
deva il pensiero d' impossessarsi di Lucca, di cui era allora Signore
Ladislao Guinigi ; e di certo la debolezza dei Lucchesi non avreb
be potuto resistere alle forze dei Fiorentini. Questi rimproverarono
al Guinigì di aver servito il Duca di Milano contro i Veneziani nelle
passate vicende, e sotto questo pretesto incominciarono una guerra
palese, ma i Condottieri succedutisi nel comando delle loro truppe,
e fra questi Francesco Guicciardini non sodisfecero alle concepite
speranze, talché doverono invitare i Senesi a non permettere che
Antonio di Francesco Petrucci loro cittadino andasse ai stipendi del
Guinigi , conforme accader poteva per l' invito corso ed accompa
gnato da onorate condizioni.
Il Magistrato pur di mantenere la pace avrebbe condisceso
alle istanze dei Fiorentini , il che prevedendo il Petrucci disparve
da Siena , ed a quelli cui aveva anticipate le paghe per formare
compagnia, diede appuntamento nello Stato della Chiesa, e colà con
beneplacito del Pontefice riunita molta gente, traversò lo Stato di Pi
sa, e ridottosi sotto Lucca, abbenché fosse stata quella città circon
data dai Fiorentini di fossi e di steccati, pure fece impeto ove essi
erano più deboli, e combattendo coi nemici entrò coi suoi in città,
ove fu il ben venuto tanto per il Guinigi, quanto per la popolazione.
I Senesi deferenti per la brama di pace ai desideri dei Fioren
tini, cui il proceder del Petruccì dispiaceva, gli fecero intimazione
che da queir impresa desistesse sotto pena di esser dichiarato ri
belle della patria , al che egli rispondeva essere ormai l' onor suo
impegnato col Guinigi , e che senza infamia non poteva abbando
nare quel servizio. Mentre queste cose si trattavano egli improv
visamente disparve da Lucca , e recatosi presso Filippo Maria Vi
sconti Duca di Milano, gli rappresentò il pericolo imminente di quella
città minacciata dai Fiorentini. la di cui crescente potenza era ne
cessario frenare.
13
Frattanto uno strattagemma consigliato da Filippo Brunellesco
riuscì dannoso e non utile ai Fiorentini : si trattava di voltare il cor
so delle acque del fiume Serchio in modo che andando a percuotere
le mura della città vi aprissero una breccia. I Lucchesi che vede
vano dalle mura eseguire sul piano quei lavori previdero il colpo, e
quando furono presso che compili, ruppero di notte un argine, e
così l' acqua sgorgatalo per quella rotta allagò il campo dei Fioren
tini ; nel tempo stesso i Lucchesi fecero frequenti sortite, nelle quati
si distinsero due figli del Guinigi che avevano militato in Lombardia.
In quest' assedio comparvero per la prima volta i soldati armati di
fucile. la di cui invenzione é posteriore a quella delle bombarde.
Le premure del Petrucci presso Filippo Maria non furono in
fruttuose. Francesco Sforza che da Napoli era passato ai stipendi
di questo Duca ebbe la disgrazia di esser battuto nella Liguria dai
Genovesi: per questa causa era caduto in disgrazia del suo Signore,
e ritiratosi nella Lomelliua conservava sotto i suoi ordini un corpo
di cavalleria. Filippo Maria che non voleva apertamente comparire
favorevole ai Lucchesi si riconciliò in segreto con questo Generale,
e dopo avere con malizia pubblicato che egli non era altrimeiui ai
di lui servigi , e che ritornava nel Regno di Napoli , lo fece muo
vere, e scendendo per la strada della Lunigiana a Pietrasanta, at
taccò i Fiorentini , e li costrinse ad abbandonare il campo o riti
rarsi ; prese Buggiano, minacciò Pescia, e portò la guerra nel do
minio Fiorcutino. Non ostante questi successi il Guinigi, o che re
putasse
0 che conoscesse
i sacriti/i difatti
none da
avere
farsil' per
amore
la guerra
dei Lucchesi,
più grandi
siccome
dell'utile,
non
avoa potuto in trent' anni conciliarsi coi modi aspri che erano
nella natura del Guinigi, fatto si é che egli trattava segretamente
coi Fiorentini suoi nemici la vendita della città per 200 mila fio
rini : il primo a scoprire questa pratica fu il Petrucci, che gli avea
resi
1 Fiorentini
lanti servigi
(1). Egli
nonpartecipando
per amore verso
ai Magistrati
di lui, lamascoperta
per odiointercet-
contro
(1) Questo fatto ha servito d' argomento per uno dei quadri a
buon fresco da cui sono ricoperte le pareti della 'Libreria del Duomo,
ove il celebre Pintvricchio su i cartoni del divino Raffaello ha dipinto
la storia di Enea Silvio Picculomini, che fu Pio II.
•^
Concistoro
34 venne la dimanda esaudita ; cosi fu paga la vanità delta
donna che più di una corona di lauro apprezzò le gioje e le ricche
vesti: e giacché siamo venuti su questo proposito ci sia permesso
riflettere sul predominante principio di eguaglianza, che era portato
perfin sulle vesti, Siccome li statuti limitavano fi lusso dei potenti,
e le donnesche ambizioni con prescrivere una pracmatica sul modo
di vestire. Nel fabbricato antico della citta s' incontrano non poche
abitazioni con sole due finestre per ciascun piano: in molti luoghi
é visibile che più d' una di queste casucce cadute sotto un solo
proprietario sono state riunite, livellate, ma ciò noti ostante con
servano ancora qualche segno della loro primitiva costruzione, dal
che si può dedurre che anche le abitazioni di ciascuna cVasse dei
cittadini erano subordinate ad alcune regole inalterabili, fondate
principalmente sul principio detl' eguaglianza ; ora quelle a due sole
finestre per piano erano destinate per gli artigiani, la di cui sem
plicità net vivere era determinata ancora dalla modestia e pochez
za dei mobili e supellettili che supplivano ai comodi della vita. Tutta
IH grandezza e la maestà delle arti si portava sulla fabbricazione
dei Temnj consacrati al culto religioso, e dei pubblici stabilimenti.
I ricchi e le famiglie potenti che avevano il titolo di Graudi di
Siena si fabbricavano dei palazzi che rassomigliavano a tante for
tezze capaci a difenderle nelle civili discordie che formarono il vi
zio e la vergogna dei tempi. Alcuni di questi palazzi che hanno
resistito al tempo sembrano fabbricati per l' eternita. Finché le po
polazioni furono divise fra Guelfi e Ghibelline, anche l' architettura
assunse forme proprie a ciascuno di questi partiti , talché si può
distìnguere la fazione a cui appartenevano le famiglie che quei pa
lazzi abitarono. Tal differenza ci richiama ad Una importante os
servazione, che abbiamo altrove indicata, e diciamo a noi medesi
mi , come mai in tempi in cui la eguaglianza civile era il primo
bisogno sentito in quell' epoca nelle Repubbliche Italiane, il popolo
si conteutava della semplicità della vita , e lasciava ai Grandi , ai
Gentiluomini i loro palagi, le loro castella ? La questione per noi si
scioglie col dimostrare che il popolo in Siena, ed altrove ancora, ebbe
il più gran rispetto per la legittima proprietà : solo nei casi di ri
voluzioni provocate da bisogni e da passioni esagerate si diede alle
consuete dilapidazioni. al saccheggio, ma nei casi ordinarii intese
35
equilibrare la potenta che nasce dalla ricchezza con avocare ù se
il Governo della Repubblica ; cosi il popolo non divenne schiavo dei
potenti, e le forze si mantennero in un certo equilibrio bilanciando
col potere politico, ed amministrativo, l'altro che nasce dalla pro
prietà. Di più in Siena il popolo fu geloso ancora delle capacità
intellettuali, poiché non si riscontrano uomini eminenti al maneg
gio dei pubblici affari ; anzi furono in generale guidati da persone
che mancanti della necessaria istruzione , e di una superiorità di
spirito si consigliavano colla pratica di antichi sistemi, e col senti
mento delle proprie passioni , piuttosto che colla scienza per loro
ignota del ben governare : pure ci é forza dire che i patrii sta
tuti sorti per lo più in mezzo ai clamori della Piazza . e delle
civili discordio hanno il pregio di essere in armonia col diritto na
turale, e di essere basati sopra uu principio di equita compatibile
coi tempi in cui furono foggiati ; molti di essi sopravvivendo alla
caduta della Repubblica rimasero in vigore ancora sotto il sistema
Mediceo, e furono soltanto aboliti recentemente in conseguenza dulie
grandi rivoluzioni che scossero la società in Europa ; ciò premesso
ritorneremo al subietto.
L' Imperatore Federigo colla sua Sposa , e col suo numeroso
seguito partiva da Siena alla volta di Roma ; colà fu incoronaio
colle consuete cerimonie, e di là, previo invito ricevuto dal Re Al
fonso, l' augusta brigata passava a Napoli. Quindi l' Imperatore ri
prendendo la stessa via tornava a Siena per andarsene a Venezia,
ove la Imperatrice si era diretta per la via di mare; quindi ambe
due andarono in Alemagna.
Gli Oratori senesi che in quel viaggio di Roma e Napoli lo ave
vano accompagnato referirono intorno al desiderio loro espresso dal
Pontefice, che i Senesi si astenessero dal prender parte nelle guerre
che si minacciavano. Infatti Paodolfo Contarono ambasciator di Ve
nezia, si sforzava in Siena di accendere gli animi contro i Fioren
tini: Niccolò Scorano oratore del Re Alfonso esortava il Consiglio a
volersi decidere , giacché il Duca di Calabria coll' esercito sarebbe
stato fra breve in Toscana, per cui era sua opinione non doversi
dai Senesi perdere sì bella occasione per attaccare i loro naturali
nemici; ma ciò non ostante il Senato non si lasciò convincere da que
ste lusinghiere insinuazioni, e M mantenne saldo nel sistema di pace,
36
credendolo assai più utile agl' interessi della Repubblica della guer
ra, sebbene essa avesse i suoi pnrtigiani. Mentre si turbavano le
cose di Lombardia , giunse difatti nel senese l' esercito del Re Al
fonso condotto da suo figlio Ferdinando , cui aveva dato per Men
tore Federigo Principe d' Orbino, capitano distinto di queir età. Es
so era destinato ad agire contro i Fiorentini, affinché non potessero
soccorrere in Lombardia il Duca di Milano attaccato dai Veneziani.
L' esercito del Re Alfonso direttosi nella Valdichiana assaltò e prese
il Castel di Fojano: quindi dimandava ai Senesi vettovaglie, arti
glierie, balestre ed altre armi ; il Senato, avendo sottoposta questa
dimanda at Consiglio, ottenne in mezzo a tante contrarietà e di
visione di pareri le vettovaglie per soli quindici giorni, sebbene per
evitar danni maggiori coutinuasse a vettovagliare quell' esercito
finché durarono le minacciose istanze. Il Coute Sioionetto coll' eser
cito fiorentino era da quel Duca distante solo tre miglia, ma senza
nulla intraprendere diede agio ai nemici di Volgersi liberamente
verso il Chianti, e nella marcia il Duca s' impadronì del Castel di
Rencine; dopo comparve alla Castellina, ma per mancanza assoluta
di artiglierie nou poté impadronirsene , bensì predò una quantità
di bestiame che i Fiorentini da Poggibonsi condocevano alla loro città.
Già si avvicinava l' inverno, e la campagna era passata senza
gloria, e senza importanti resultati, onde il Dueo pensò di condurre
I' esercito nclie Maremme Senesi , e quivi alloggiarlo fi i io alla ven-
tura primavera, facendo disegno di aver per la via di mare da Na
poli le vettovaglie di cui difettava ; fece ancora occupare il Porto
di Vada, lo che Simonetto avrebbe voluto impedire; infatti si mosse
colle truppe verso quel luogo, ma inteso che il Duca di Calabria ave
va con spedire soccorsi prevenute le sue mosse ritirassi senz' al-
Iro tentare. Se giudicar si deve la condotta dei Senesi in mezzo ai
danni che loro cagionavano le guerre saremmo tentati di tacciarla
di pusillanimità, mentre non si può conservare degnamente ed util
mente un assoluta nentralità, quando il proprio Stato é fatto tea
tro dfilla guerra, onde bisognava decidersi o per una parte o per
l' attra, ma in ogni caso sostenere colle armi la propria indipen
denza, perché risentire tutti i danni della guerra senza aspirare ai
vantaggi che derivar ne possono, non fu giammai sana politica; in
una parola la Repubblica abdicava queir importanza che aveva m
37
altre occasioni esercitata. Mentre si preparava in Toscana una sc-
couda campagna i Fiorentini per mezzo del loro ambasciatore An
gelo Acciaioli pausarono d' indurre Carlo VII Re di Francia a spe
dire in Italia con formidabile esercito Renato Duca d' Angiò , per
rivendicare i di lui dritti sul reame di Napoli contro Alfonso d' Ara-
gena , e come eransi obbligati a corrispondere a Francesco Sforza
ottantamila fiorini annui finché durasse la guerra, fecero altrettanto
con Renato promettendoli l' annuo assegnamento di centov enti mila
fiorini ; in oltre presero al loro soldo Mai.cello d' Appiano che era
succeduto nella Signoria di Piombino, che loro portò il sussidio di
1500 cavalli. Così la lega divenne formidabile, e sceso Renato in
Italia portò le truppe dello Sforza a più di 15,000 uomini di ca
valleria pesante , e l' armata fiorentina divenne più numerosa di
quella di Ferdinando, per cui riprese Fojano, Rencine e Vado, men
tre i Napolitani costretti a campeggiare in luoghi mal sani furono
tormentali dalle febbri maremmane, e più indebolita dalle malattie
che dat ferro.
Un grande avvenimento in quell'anno 1453 scuoteva l' Euro
pa intiera, poiché il 919 Maggio un popolo guerriero , spinto da fa
natismo politico e religioso a gettarsi dall' Oriente sulP Occidente ,
conquistò la città di Costa utinopoli ; così dopo aver distrutto l' im
pero degl' Imperatori l'aleologhi metteva il piede in Europa minac
ciando tutta la cristianità. L'.Imperator Costantmo fu l' ultimo so
vrano greco , e mentre pericolava la di lui potenza , perdevasi in
vane discussioni teologiche ; pure la sua caduta non fu senza glo
ria , ma intanto Maometto Ottomanno faceva sventolare la mezza
Luna in luogo della Croce greca sulle torri di S. Sofia. Lo spavento
che generò questa notizia fece nascere negli animi il desiderio detl.i
pace, ed ognuno si rimproverava l' errore di non aver soccorso il
caduto impero. Fu adunato ad istanza del Pontefice un Congresso
a Roma, ma le pretese esagerate prodotte da ciascuna delle parti
belligeranti resero vana per allora ilualaniluu pratica couciltatrice.
In ogni tempo l' Italia ha prodotto delle anime elevate che in
sofferenti di un giogo umiliante hanno sognato di stabilire ordini
migliori, quasi che un movimento popolare possa con un sol tratto
cancellare i vizi antichi ed i mali inveterati. Abbiamo veduto Cola
di Rienzo d' animo grande e generoso perdere nella pratica l' in-
38
fluenzn che nel popolo erasi acquistati, o finir col sacrifizio della
propriiì viti ; Stefano Porcari cittadino romano meditava dopo di
lui gli stessi progetti ; egli voleva chiamare il popolo a libertà, ma
arrestato in un coi suoi compiici per orclin del Papa, confessata la
congiura furono condannati a morte, e miseramente perirono.
Mentre continuava la guerra con danno del Duca di Calabria,
i Fiorentini a misura che prendevano il di sopra facean sentire ai
Senesi che il vincitore dileggia anche i prudenti, poiché i danni ca
gionati nel territorio della Repubblica dalle truppe di Firenze non
erano paragonabili a quelli che aveva risentili dall' esercito napo
letano. Kra questo l' effetto di una politica indecisa e pusillanime,
che non aveva sodisfatto né l' uno, né gli altri : mandarono i Se
nesi Ambasciatori al Re Alfonso, al Papa, ma si avvidero in fine
che la loro nentralità era più dannosa della guerra, onde fu forza
armarsi a difesa dei proprio territorio e far lega col Re di Napoli
e colla Repubblica di Venezia , che fu conclusa il 7 di Marzo del
1453, e colla quale le parti si garantirono respettivamente per auni
dieci la integrità dei loro Stati, con obbligo alla Repubblica di Sie
na di mantenere a proprie spese in tempo di guerra a difesa del
proprio territorio 800*cavalli , ed il Re Alfonso obbligossi a tener
5D00 cavalli, 2000 fanti, e specialmente quattro galere armate a di
fesa delle coste marittime della Repubblica. I Veneziani oltre a con
fermare i patti della lega antica, chs avevano colla Repubblica di
Siena, si obbligarono dal canto loro di tener 1000 cavalli per ser
vizio della città, e fu dichiarato inoltre, che nessuna delle parti po
tesse far pace senza comprendervi le altre. In virtù di questo trat
tato fu restituito il Castel di (lavon.ano alla Repubblica di Siena,
che era stato occupato dalle truppe del Re Alfonso, che furono at
loggiate nel Castel di S. Quirico.
La lega era per parte della Repubblica di Siena semplicemente
difensiva, ma i Veneziani nulla trascurarono perché si convenisse
in offensiva, ed a tat uopo spedirono a Siena per ambasciatore un
Contarono, quale espose in Consiglio essere la Repubblica di Venezia
pronta a sostenere in qualunque modo la sua confederata: e tor
nando alla memoria le ingiurie che i Senesi avevano ricevuto dai
Fiorentini, disse esser tempo omai di vendicarle colle armi, al che
Ghiuo Bellanti rispose dignitose parole , dimostrando che ad onta
39
della prudente politica della Repubblica era slata forzata a far quel
la lega a propria difesa, che l' inimicizia antica dei Fiorentini con
tro i Senesi si era in quei tempi apertamente palesata, che perciò
ad imitazione degli anteuati erano pronti a tutto sacrificare per
)' onore e per la indipendenza della patria, onde il Consiglio ordinò
al Magistrato di Balìa di provvedere ai bisogni della guerra.
Mentre queste cose si trattavano una notte una gran compa
gnia di genti fiorentine, venute per vie inusitate, comparve al Bor
go fuori della Porta Camollia a derubare le chiese, e fare oltraggi
ai pacifici cittadini : e perché non potessero essere soccorsi da quelli
della citta conficcarono una grande spranga nella Porta; tanto gli
ozi della pace avevano prevalso sopra gli usi di guerra, che in
vece di stare all' erta , le guardie poltrivano in profondo sonno :
una squadra per altro uscita da Port' Ovile attaccò così impetuo
samente quei nemici mentre incendiavano e devastavano, che eb
bero appena il tempo di porsi in salvo, dopo aver lasciato gran parte
dei loro sul terreno.
L'Ambasciatore a quell'avviso consigliò ai Senesi nna riscos
sa, e chiamato un ingegnere che trovava»! in Siena, cert' Agostino
da Piacenza, fu invitato con promessa di larga ricompensa a met
tere in uso in quella circostanza un suo segreto di cui faceva
pompa, e questo consisteva in cert' acqua artificiale, che ad imita
zione del fuoco greco , incendiava quell' oggetto che ne fosse ba
gnato. Alcuni soldati ardiii s' incaricarono dell' esecuzione, e partili
per vie indirette e non praticate si trovarono di notte alla l'orta
S. Giorgio di Firenze. che bagnata con quell' acqua ed accesa arse
di fatto. e quelle fiamme, che soltanto colf olio si potevano estin
guere, misero in grande spavento tutta la città ; i cittadini si sve
gliavano ai gridi d' allarme, che per le vie si succedevano. In altra
occasione i soldati di Siena sorpresero la fiera delt' Impruneta, pre
darono una quantità considerevole di bestiame, e fecero prigionieri
molti mercanti che si riscattarono pagando forti taglie.
Da questi fatli incominciarono le reciprochi: offese, che si svol
sero in zuffe e scaramucce con varie sorti combattate, finché es
sendosi trattata la pace in Lodi fra i Veneziani ed il Duca di Mi
lano e i Fiorentini fu conclusa il 19 d' Aprile 1454', e pubblicata il
19 dello stesso mese, e fin da quel punto cessarono le ostilità con
40
tro i Fiorentini, che sebbene avessero al loro soldo reputati ca
pitani e soldati veterani, pure i danni che risentirono da quella
ignobile guerra, furono assai maggiori dei vantaggi che potevano
sperarne, poiché se noe vi furono sanguinose battaglie che cimen
tano la vita dei soldati, le reeiprochc rappresaglie invece macchia
rono 1' onore dei Governi, ed offiesero l' interesse di cittadini.
CAPITOLO TREDICESIMO
SOJHMAHIO
« case nel modo che dal Consiglio del popolo fu-sc ordinato. Finito
a che fusse il bossolo della Signoria, che ve n' era ancora per qual-
« che anno , avendo fatta una deliberazione che nessuno di qual-
u sivoglia grado avesse ardire a penn della confiscazione dei beni
« di ragionare, tratttare , o scrivere che la trinità di quel Reggi-
« mento si dovesse alterare. (1)
Con questa deliberazione il Magistrato spediva al Pontefice Lo-
renzo di Ghino di Bartolommeo , Maestro Rartolo di Tura Bandini
ed J acomo Guidini in qualità di ambasciatori, onde esortarlo a vi
sitar la patria sua, e non a prendere a sdegno la inreverenza usa
tali ; essi lo trovarono a Perugia , e per quanto conoscesse la nul-
(1) Pio II fece alla Cattedrale di Siena altri preziosi doni, che
per brevità storica tralasciamo di notare. — II Braccio dì S. Gio
vanni viene annualmente con certe cerimonie esposto alla pubblica
venerazione nella Cattedrale la seconda festa della Pentecoste.
6*
rnir armata Mauro Doge di Venezia . ina il Pontefice dopo pochi
giorni cessò di vivere in mezzo al compianto di tutta la cristianità.
Intorno ai pregi di questo gran Pontefice abbiamo detto abba
stanza riportando il giudizio che ue fa il Sismondi, storico che non
ha ragioni per esagerare nel bene parlando di Pontefici della Chiesa
Cattolica. ora diremo che egli fu gran cittadino inculcando sempre
la pace e la concardia civile , poiché aveva pur troppo conosciuto
che il veleno dissolvente l' energia della Repubblica consisteva nello
spirito di fazione, e nelle divisioni che la tormentavano. Egli tentò
In conciliazione dei partiti per ricondurre alla quiete interna i cit
tadini e salvare la patria da una decadenza inevitabile ; questo
pensiero eccellente dimostra che ai pregi della mente, univa gli al
tri del cuore; ma il male era troppo inveterato: gli odj, le gelosie
di casta avcano negli animi un impero che opprimeva ogni senti
mento generoso: non deve sorprendere adunque se i di lui sforzi
furono impotenti a modificare i mali che solo col tempo, e non colle
insinuazioni della prudenza potevansi guarire. Egli fu ancora di
stinto IH irrito. e le sue opere attestano del gusto squisito, e della
profondiì cognizione che egli ebbe della bella latinità (1). Appena
morto Pupa Pio si alterarono tutte le concessioni che i Nobili per
suo mezzo avevano ottenuto, e fu riservato soltanto ai Piccolomini,
non come Nobili . ma come Popolari , il dritto di essere eletti alle
cariche principali, distribuendone alcuni nell'Ordine dei Nove, ed.
altri in quelli del Popolo, e dei Riformatori. A Pio II successe Pie
tro Barbo Cardinal di S. Mauro che era stato Vescovo di Siena sotto
il pontificato d" Eugenio. egli assunse il titolo di Paolo II. La Repub
blica spediva per ambasciatori un Cerretani , un Petroni , un Ar-
ringhieri, un Luti a prestar la solita obbedienza, accompaguaudola
che in uno Stato libero ove tutti i cittadini erano eguali divenisse
il potere ereditario ; questa divergenza aumentò dopo la morte di
Francesco Sforza , e preparava nuove agitazioni a quella potente
Repubblica. Luca Pitti colla sua ricchezza, Diotisalvi Neroni repu
tato pei suoi talenti, Niccolò Sederini l' amico delle libertà, Angelo
Acciajoli animato da un antico rancore furono acerrimi avversarii
della Famiglia Medicea : non ostante essa colle cospicue cumulate
ricchezze, e con una politica astuta, seppe trionfare dei suoi nemici,
ed a traverso di tante vicende raggiunse il di lei scopo, mentre i
Fiorentini non seppero conservare intemerata quella libertà che ave
vano in attri tempi con tanta costanza difesa. Firenze vide in mez
zo al trambusto delle fazioni colpiti dalle proscrizioni i suoi più ri
spettabili
fortificava cittadini
sulle sciagure
, ed intanto
della patria.
l' ambizione dei Medici vieppiù si .
CAPITOLO QUATTORDICESIMO
SOMMARIO
in un sol volere i governi italiani per far argine all' invasione dei
Turchi, ed assolse i Fiorentini dalla scomunica, perdonandoli tutte
le ingiurie fatte alla Chiesa ; ed il Re di Napoli loro rcstilu'i UUte
le terre che avea conquistate durante la guerra (1). Se un caso im-
preveduto avea salvata la Toscana dal sacrifizio delle sue libertà.
un nitro caso liberava l' Italia dalla schiavitù dei Turchi , da cui
era minacciata, e questo si fu la morte di Maometto II. La Signo
ria di Siena venne in cognizione di tale avvenimento mediante una
lettera ricevuta dalla serenissima Repubblica di Venezia. I Turchi
lasciarono difatti ( 10 Settembre U81 ) Otranto, e cosi riuunziaro-
no al propetto di conquistar la Penisola. Il Re Ferdinando tosto che
ebbe in suo potere Otranto ordinava ai Senesi di restituire ai Fio
rentini le terre che per i capitoli della lega erano in loro potere
strato
venute,diedSiena
erano
intese
la Castellina,
con dispiacere
S. Polo
questa
e Monte
inaspettata
Dominici
intimazione,
; il Magi-
che sembrava che tutto sorridesse alla lega dei Veneziani col Papa
contro sì potente nemico.
Se gli animi per uua parte si rassicuravano in Siena, non per
tanto si estingueva lo spirito sedizioso. Gli aderenti del Duca di Ca
labria tornarono ad esser bersaglio dei partili contrari, il popolo ri
prese lo armi, e dimandò che fossero restituiti i danari delle taglie
poste ai Riformatori all' epoca in cui essi furono cacciati dal go
verno della citta. Fu presentata un istanza alla Balta concepita in
tuono minaccioso, colla quale si dimandava che fosse fatto processo
contro coloro che ave.ano contribuito maggiormente alla cacciata dei
Riformatori, e che fossero condannati a pagare 12,000 ducati per cia
scuno, e con questo provento doversi rimborsare i Riformatori. Tre
cittadini erano specialmente invisi, e si volevano condannati. Né a
questo soltanto si limitavano le sfrenate voglie che nel popolo si
suscitavano uua dopo l' altra se non venivano dalla forza iiiirice
dell' ordine represse.
La mattinili del 28 d' Oltobre mentre il Consiglio teneva adu
nanza i faziosi si recarono in Piazza iu armi avanti il palazzo se
guiti da una moltitudine di popolo minuto gridando : Popolo! Popo
lo ! Èra loro divisamente ottenere una Batla composta tutta di po
polari escludendone affatto gli altri Ordini ; lo strepito delle armi,
quelle grida feroci misero tanto terrore negli adunati, che ben pre
sto la sala fu vuota: il Consiglio erasi senza ordine disciolto. Questo
fatto in cui mancò il coraggio civile sconcertò per altro gli amimi
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tinati. perché loro tolse il mezzo d' imporre al Consiglio quella for
ma di governo plebea che era nella mente dei più ambiziosi creata.
Per vendicarsi del disappunto si recarono allo Spedale di S. Maria
della Scala per deporre il Rettore, che era Cino Ciuugbi, e rimettervi
Salimbene Capacci che di quella carica era stato privato; attaccaro
no quindi le case di Francesco Marreti e di Mariano Bellanti, ed am
bedue questi Cittadini furono malmenati e feriti, e le loro masseri
zie guaste e derubate. Questo tumulto era durato sei in sette ore,
e solo per stanchezza gli ammutinati si separarono. Nel dì appresso
tornarono all' attaccii, ed invasa la sala stessa del Consiglio, ed oc
cupati li scanni da molti popolari, senza legale autorità fu nominata
una Balìa di venti Cittadini scelti fra i capi sediziosi, dietro di che
trovandosi sodisfatti proruppero in feste ed allegrezze. Nella notte
i cittadini più tranquilli, e dotati di senno si radunarono onde prov
vedere contro quella usurpazione priva di ogni diritto e contraria
alle leggi. Fu inteso il Capitano Michele di Domenico detto il Possa,
quale s' incaricò colla sua compagnia di proteggere I' Ordine contro
chiunque avesse voluto turbarlo: ed adunato il Consiglio al suono
della campana appena v'intervennero soltanto 146 cittadini del-
]' Ordine del Popolo, quali annullando la Balìa illegalmente nomi
nata il giorno precedente, una nuova ne elessero di 36 individui
di quell'Ordine Popolare. Ma tutto questo era provvisorio, poiché
nei giorni appresso adunatosi nuovamente il Consiglio coll' inter
vento di 40G Cittadini d' ogni Monte confermarono la precedente
Balìa, ed in questa solenne adunanza si stabilì nuova concordi» fra
i Monti medesimi, e ciascuno giurando sopra l' immagine di un Cro-
cefisso promise di difendersi scambievolmente, e di non tentare né
meditare
cordia fu giammai
stabilita fra
alterazione
i Monti dei
alcuna
Riformatori
al governo,
dei Nove,
e così euna
del con-
Po
dizione dei tempi, in cui gli uomini inferociti dallo spirito di fa/io
ne, bandito il rispetto dovuto allo leggi umane e divine, inventa
vano nuovi supplizi, e come se le uccisioni proditorie, i saccheggi,
le aggressioni, l' agitazione tumultuaria della piazza non servissero
a saziare l' istinto crudele, giungevano a gettare quasi per scherno
gli uomini dalle finestre dei palagi.
Commesso quel delitto i faziosi si presentarono alla Signoria a
dimandar la morte di quei tre cittadini che erano detenuti nelle
rocche di Radicofani, di Piancastagnajo e di Monticchiello; fu forza
cedere all' impeto, e data dal Potestà la sentenza di morte ( 3 Apri
le U53 ) contro Placido Placidi, Leonardo Gucci ed Antonio Bellanti
furono spediti Girolamo Bindo, Niccolò di Mona Elisabctta e Gusparn;
detto il Calvaja alle respettive rocche a far decapitare quei miseri,
95
di cui si seppe la morte più presto della condanna (1). Qualcuno
ha preteso che questi delitti fossero commessi ad insinuazioue di co
loro che governavano la città, e lo desumono dal vedere i delin
quenti impuniti: comunque sia, quando un popolo é pervenuto a
quel grado di demoralizzazione sociale é vicino at dispotismo, che
giunge per alcuni come un bene, giacché é unico rimedio, sebbene
violento, che vaglia a sanare i mali da cui é travagliata la società.
Questi fatti atroci destarono un sordo spavento nei cittadini,
per cui ne seguì una emigrazione volontaria. non solo di quelli dei
Nove, ma ancora di altre famiglie, ohe sebbene non avessero a te
mere per se stesse , erano disgustate da quel continuo disordine,
che degenerava iu n'era anarchia : molti si ridussero in Roma , ove
implorando la protezione di Papa Sisto, non che quella del Re di
Napoli e del Duca di Calabria dimandavano soccorso , per ripa-
triare sotto la protezione di leggi che tutelassero la loro vita, e le
loro proprietà. Avvedutisi di queste pratiche coloro che governa
vano la città di Siena prima fecero loro precetto di rendersi entro
un detcrminato tempo alla patria, sotto pene di confisca dei beni
contro i trasgressori, quindi si rivolsero al Pontefice per far lega
seco lui, ed esser considerati nella guerra che allora si combatteva
in Lombardia fra i Potentati italiani per la difesa di Ferrara contro
i Veneziani: ma gli Ambasciatori tornarono da Roma riportando sol
tanto le prove del disprezzo con cui erano stati ricévuti. Allora ri
volsero l'animo a collegarsi coi Fiorentini, che aderirono alle pro
poste degli Oratori senesi a condizione che loro fossero restituite le
castella della Castellina, S. Polo e Moutedominici ; la lega fu stabi
lità il 14 Giugno U83 e durar dovea per 25 anni. I fuorusciti ten
tavano ogni mezzo per ripatriare: si ridussero in quel di Perugia,
associarono della gente armata, e fra gli altri la banda di Ridolfo
Baglioni, e quindi entrarono del dominio di Siena, e fecero alto a
Saturnia. Quelli che tenevano il governo della città non erano tan
to spaventati dall' audacia dei fuorusciti, quanto dall' idea che essi
(1) La
doveano sentenza
essere di morte
sostenuti sospesa perdaalquanti
segretamente qualchegiorni fu eseguita
potente che mi-
ma furono perdute delle ore prima che gli emigrati potessero rimet
tersi in viaggio.
(1) La scalata segui precisamente al punto ove era il Convento
delle Mantellate di Valle-Piatta.
104
usciva dalla propria casa per correre al palazzo, unirsi ai suoi e
respingere i fuorusciti, che gli fu detto essere a porta Camollia. Egli
cadde al laccio, poiché fu da Camillo Venturini con un colpo di spa
da trafitto, e cosi il figlio vendicava su di lui la morte di Lorenio
suo padre.
Intanto riunitisi alcuni del primo popolo avevano fatto sosta
in Camporeggi ; erano soltanto circa a quaranta guidati da Bindo
Guidoccio, e risoluti di combattere si avviarono in armi verso la
piazza, ma incontratisi per via con Girolamo e con Biagio Tolomei
conobbero i particolari dell'avvenimento, e la morte di Cristofauo
li sgomentò , per cui vedendosi poco numerosi li veniva meno il
coraggio, per lo che tornarono a disarmarsi: ma fu opinione di molti
0he qualora avessero attaccato zuffa, diveniva molto incerta l' im
presa dei fuorusciti, che stanchi ed oppressi dalla fatica, seguiti da
pochi partigiaui non avrebbero potuto opporre valida resistenza
contro la furia del popolo che poteva schierarsi dalla parte di Bia
do: ma come suole accadere vinse il maggiore ardire, e I' audacia
di pochi sorprese i più. I fuoruscili avevano fatto assai: vi restava
il compimento dell' opera, che era la parte la più interessante : Mat-
teo Panuilini che era Capitan di popolo aveva fatto chiudere le por
te del palazzo, ed egli con alcuni seguaci suoi, fatta tumultuaria
mente provisione di vettovaglie si chiusero nella torre, e quivi va
lidamente per più ore si.difesero; ma in fine Matico spossato dalla
fatica si arrese a. Diario Ugurgieri ed a Massimo Massaini, due dei
Gonfalonieri .Maestri, fu disarmato coi suoi e consegnato al Potestà;
sob\ un processo che fu durissimo per le torture che dovette sof
frire. Egli era accusato di essere stato principale autore della ri
voluzione del 1482 contro i [Sovescili . e di aver contribuito alla
morte di Lorenzo Venturini che fu decapitato.
Era Matteo di maestoso aspetto : bello di forme per quanto
giunto al di lui sessantesimo anno : la di lui vita era un tessuto
di fortune e di sventure : ebbe dalla natura uno spirito intrapren
dente , ed a questo dono devesi attribuire il credito che acquistò
fra i popolari. Finalmente fu condannato a morte: la sentenza fu
eseguita in faccia alla porta del palazzo del Potestà : prima di mo
rire egli indirizzò al popolo parole generose, raccomandando la con-
cordia fra i cittadini, e quindi morì da forte.
105
Intanto fui dal 21 Luglio 1487 l' Ordine dei Nove riassumeva
il potere dello Stato dopo esserne stato privo per cinque anni, du
rante i quali perseguitato dal partito vincitore era stato l' oggetto
d'intollerabili sevizie: la cacciata per altro dei Noveschi lungi dal
portare la quiete fra i cittadini, e la pubblica prosperità, aveva
servito a vieppiù accendere quello spirito di fazione che é il prin
cipio dissolvente dell' ordine sociale : gli uomini nuovi da cui furo
no sostituiti , ora inalzati , ora depressi dalle repentine rivoluzioni
erano schiavi del proprio interesse, e poco curanti del ben pubblico,
per cui la condizione della città era divenuta assai P'ù trista. la
grandezza della Repubblica era stata abbassata ; e fu questo grave
danno , poiché la plebe che ad ogni mutamento avea sperato un
migliore avvenire, perduta la fiducia di coloro che avea stimato,
credette poter far meglio da se stessa; aspirò alle prime cariche,
le invase , e priva del soccorso dei lumi mise in pratica tutte le
aberrazioni figlio dell' idiotismo, e mentre credeva di favorire la li-
Lertà , preparava invece le catene della lirannide.
CAPITOLO QUINDICESIMO
SOMMARIO
così quella piazia che era stata il teatro dei loro trionfi, vide ar
dere il rogo che gli distrusse. I nemici del Savonarola ordinarono
che le sue ceneri si gettassero in Arno: pure ne furono sottratte
per essere dai suoi seguaci adorate: meschina ricompensa a'tanti
travagli , ed a sì trista fine. Il Savonarola illibato di costumi in
mezzo ad una generazione corrotta, caldo di mente, entusiaste per
uno libertà che si estingueva, fu vittima del proprio fanatismo, e
dell' altrui malvagità.
Paolo Vitelli alla testa delle truppe fiorentino, aveva ottenuto
segnalati vantaggi contro i Pisani sotto le mura stesse della città,
ma egli non volle e non seppe approfittarne, per cui cadde in so
spetto di segrete intelligenze con Piero de' Medici: così fu arrestato
a Cascina e condono a Firenze. Colà fu immediatamente sottoposto
alla tortura per strappargli la confessione dei tradimenti che gli
venivano imputati , ma egli sostenne con maschia costanza tutti i
tormenti , e non gli estorsero alcun argomento di reità ; pure fu
condannato a morte , e la seutenza fu eseguita in una delle sale
del palazzo.
Luigi XII aspirava a riconquistare i dritti sopra il Ducato
di Milano, la di cui successione spettava alla morte di Giovan
(jalcazzo Visconti. alla di lui figlia Valentiua sua ava, perciò scese in
Italia, ed unitosi ai Veneziani cacciarono da Milano li Sforza: Lo-
dovico il Moro partendo di là refugiossi in Germania. La Repub
blica di Siena, erasi confederata con Luigi Re di Francia, e la Ba
lìa avea confermato Monsig. De Lignì capitano generale delle armi Se
nesi, ad eccezione dei provisionati dulia guardia, ma non passarono
sei mesi dopo che Luigi area fbtto il suo trionfale ingresso in Mi
lano, che i Lombardi si disgustarono iL'i modi alteri e soverchiaiiti
che verso di loro usavano i Francesi. per cui ambirono di tonimi-
sotto il passato dominio: e Lodovico il Moro poté senza tauto com-
l 'Situro riconquistare il Ducato; ma per sua sventura essendo in. No
133
vara a fronte dei nemici fu tradito dai suoi Svizzeri. clie prima si
sollevarono sotto il pretesto delle paglie, quindi lo fcccr prigioniere
e lo consegnarono ai Francesi ; il Re Io faceva trasferire nella torre
di Loces, ove dopo 10 anni di prigionia finì miseramente la sua vitu.
Ricuperato che ebbe il Re di Francia il Ducato di Milano vi
mandò per Governatore Giorgio d' Amboise Cardinate di Roano; la
Repubblica di Siena gli spediva per ambasciatori Alessandro Bor
ghesi e Girolamo Sergardi ; si trattava del ricupero che i Fioren
tini reclamavano della terra di Moutepulciano: i Senesi opponevano
a quella dimanda la tregua conclusa coi Fiorentint stessi , ed il
trattato di alleanza esistente fra la Repubblica di Siena e S. M.
Cristianissima , col quale erasi obbligato a mantenere e difendere
la giurisdizione della città e Stato di Siena: ma non osi.mie que
ste ragioni gli Ambasciatori trovarono invincibile la prevenzione fa
vorevole ai Fiorentini, poiché essi avevano ajutato i Francesi nella
conquista del Ducato di Milano, talmente che reputarono prudente
di troncare ogni trattativa; il Senato allora con sua deliberazione
cedé tutte -le ragioni che i Senesi avevano su quella terra allo
stesso Re di Francia. Quel Monarca era piuttosto sdegnato contro
i Senesi, perché aveano sovvenuto di certa quantità di danaro Lu
dovico il Moro allorquando ricuperò il Ducato. AI contrario i Fio
rentini erano in tanto favore venuti presso di lui, che un esercito
francese scito la condotta di Giovanni di Beaumont fu spedito in
loro soccorso per tentare la espugnazione di Pisa ; i Senesi manda
rono Rinaldo Fuugai a complimentar quel Duca, e l' oratore fu as
sicurato della benevolenza del Re in favore della città di Siena.
Quell' esercito diede un terribile assatto a Pisa, dopo che le ar
tiglierie aveano fatta nelle mura una breccia di circa 60 braccia ,
ma pure i Pisani si difesero valorosamente, ed i Francesi. non ostan
te ripetuti sforzi, furono rigettati ; allora queir esercito, come suole
accadere in tutto le imprese sfortunate, si demoralizzò: i Guasconi
che ne facevano parte si ammutinarono, quindi minacciavano di get
tarsi a devastare il territorio senese, e la Repubblica volle allontanarli,
pagando loro 2000 ducati. Mentre questi fatti accadevano il Duc.i Va-
leutino (Cesare Borgia) figlio naturale di Papa Alessandro VI, scorre
va con altro esercito le città della Romagna, distruggendo la potenza
di quelle famiglie che col titolo di Vicarj le avevano fin allora go
13*
vernate. e riducevak? sotto il diretto dominio 'iiella Chiesa. Consi
derando adunque la Repubblica di Siena la smodata ambizione, e
la sete di dominio di costui, e vedendo al tempo stesso, sia in Lom
bardia , sia nel Regno di Napoli concentrarsi poderosi eserciti di
Francia, di Spagna, e d' Alemanna, pensarono di non farsi trovare
affatto sprovveduti negli avvenimenti eh» rHl' orizzonte politico si
disponevano, così presero ai loro stipendi il capitano Giov. Paolo
Baglioni, ed altri capitani con cavalli e fanti, e vollero in oltre as
sicurarsi ddl' amicizia dei Perugini. Il Duca Valentino non avendo
potuto espugnar Bologna rivolse il suo esercito verso la Toscana ,
ed entrò nel dominio Fiorentino. Egli avrebbe voluto spingersi fino
a Firenze per riporre in potere Piero de' Medici, che seguiva la di
lui armata, ma il Re di Francia si oppose, e fu prudenza cambiar
partito; allora si diresse contro Giacomo d'Appiano Signor di Piom
bino, e mandò a Bieca Vitellozzo Vitelli a far intendere che egli
bramava confederarsi colla Repubblica. La Balìa diede larga auto
rità a Pandolfo Petrucci , per la conclusione di un trattato. I Se
nesi furono costretti a condurre al campo del Valentino artiglierie,
munizioni, sussistenze per queir esercito. che dopo avere occupato
Sughereto. Scarlino, l' Isola dell' Elba, e di Pianosa, una parte di
esso intraprese l' assedio di Piombino, il resto si diresse verso Ro
ma per unirsi colle genti del Re di Francia comandate dat De-Au-
bigny, poiché il Papa Alessandro confederandosi colla Francia erasi
obbligato a concorrere alla conquista che Luigi voleva nuovamente
tentare del Reame di Napoli, in onta a Massimiliauo d' Austria Re
de' Romani, i .\ al Re di Spagna. Luigi XII aveva sempre macchiate
le sue azioni colla mala fede, e trafficando le sue alleanze coi Pi
sani, coi Fiorentini, col Duca 'Vatentino era pronto a tradirli tutti
qualora gli convenisse. Ora cou un trattato mostruoso stipulato a
Granata convenne di dividersi il Reguo di Napoli con Ferdinando
il Cattolico, che dal canto suo non era niente scrupoloso nella vio
lazione della fede e dei giuramenti. Egli completava il quadro, nel
quale i Borda e Luigi XII rappresentavano altrettanti giuocatori
che ponevano sul tavoliere la giustizia, la umanità, la religione, e
quasi per scherno le compromcltevano nei loro azzardi.
L' esercito francese destinato a quella conquista era passato
per la via di Siena ; la Repubblica fu tenuta a provvederlo di al
lo.n.qiamenti e di sussistenze: e fra gente d'arme e fanteria furono
circa ai 16.000, dopo di che il Magistrato regalava al Ligm 1500
ducati, per impegnarlo ad interporsi, affinché le rimanenti truppe
non passassero per lo Stato senese, e per mezzo del suo ambascia
tore a Milano Fa/io Benassai offriva al Cardinal di Roano Viceré
in Lombardia di unire a quelle truppe cento uomini d' arme, pur
ché il rimanente dell' esercito prendesse altra via. Queste pratiche
ebbero un favorevole effetto ; il resto dell' armata fu per altra par
te diretta.
Tali erano le vicende che sul declinare del XV secolo succe-
devansi, e quei straordinarii avvenimenti , altri ne preparavano, di
cui dovea il successivo esser fecondo.
CAPITOLO SEDICESIMO
SOMMARIO
L fati d' Italia erano già preordinati dai tempo e dalle circo
stanze : la decadenza io tutti i modi si faceva palese, poiché a mi
sura che io spirito di libertà fra gl' Italiani s' infiacchiva, subentra
va alla forza la debolezza , all' energia il languore. Quei gran ca
pitani che colle loro gesta avevano illustrate le armi erano disparsi
senza lasciare eredi degni di celebrità ; le arti stesse che nel secolo
XV avevano in Italia raggiunto la perfezione del bello , dovevano
nel successivo dar segni di decadimento, poiché le ispirazioni arti-
stiche s' infievolivano colla libertà.
Il commercio che aveva sviluppato immense risorse, allontanan
dosi dall' Italia incominciava al di fuori a crearsi altri centri. Infatti
scoperto nel U86 il Capo di Buoua Speranza dai Portoghesi le re
lazioni colle Indie si alimentarono per altra via, e le antiche dire
zioni per le nuove venivano abbandonate ; l' operosità del lavoro
che unita alle produzioni del suolo aveano fatto prosperare l' indu
stria delle arti, spariva insensibilmente per andare altrove a stabilire
la sua sede. Infatti tempo venne in cui le famiglie patrizie ripudia
rono la mercatura, scordando che gli avi loro eransi col commer
cio arricchiti ; cosicché per queste cause il XVI secolo era destinato
alla distruzione dei grandi vantaggi che sparivano colle idee ma
gnanime che aveano formato la grandezza dei secoli precedenti.
Né a tauta rovina contribuirono solamente gli stranieri colle
loro
debitare
ripetute
gli stessi
e spesse
Governi
incursioni,
liberi ma
d' Ilulia,
se ne poiché
deve più
mancò
che in
altro
essiad-il
SOMMARIO
Hira già sorto il genio tanto fatale all' Italia di Carlo V: erede
di vasti Regui, erasi dai Paesi Bassi, possedimenti paterni, recato
a prender possesso dei Regni d' Aragona e di Castiglia, e le Cortes
del Regno lo avevano a Vagliadolid dichiarato Re di Spagna. Egli
era nato a Guod il 24 Febbrajo 1500 da Filippo il Bello Arciduca
d' Austria. che era Tiglio dell' Imperniar Massimiliano e di Maria uni
genita di Carlo l' Ardito, ultimo Principe della Casa di Borgogna, e
fu sua madre Giovanna figlia di Ferdinando ed Isabetla d' Arago
na. Per alcuni fortunati eventi si apriva una strada a questo gio
vane Monarca per conseguire la riunione di estesi domimi. che da
Carlo M..IIMIO in poi nessun Sovrauo avea governato. Tale era la
potenza che minacciar dovea un rovescio generale nello stato poli
tico delle nazioni. L' Italia era sicuramente la parte la più incivi
lita dell' Europa, ma tormentata continuamente dalle sue divisioni
senza poter gjammai trovare un centro di unilb, erasi infiacchita,
snervata , e la sua debolezza , il suo bel ciclo , le attrattive della
fecondila del suo suolo , le sue ricchezze dovevano naturalmente
attrarre la cupidigia delti stranieri, presso i quali le pratiche guer
riere aveano resistito maggiormente alla mollezza che esalava dalle
Corti di tanti piccoli despoti che tiranneggiavano l' Italia. Le trup
pe spagnole e le svizzere erano formidabili: i Francesi fatti per la
guerra contendevano' coi rivali il primato: i popoli germanici bel
licosi per natura sovrastaci no colle loro masse imponenti: sotto il
peso di queste forze dovette soggiacere la Penisola ; essa divenne
il teatro di continue guerre, nelle quali amici e nemici ingannaro
no i creduli, oppressero i resistenti.
161
Salito al trono di Spagna Carlo V, la Repubblica , o meglio il
Castellano che la tira Diteggi a va, spedì a lui Ambasciatori per con
gratularsi dell' avvenimento , e per concludere ancora una le»;ì ,
le di cai basi erano state già negoziate in Roma coi suoi agenti
sotto
vanni gliPiccolomini
auspici delArcivescovo
Papa ; non diandò
Sienaguari
furono
che nominati
il Castellano
Cardinali,
e Ilio-
sorse uua se-Ua popolare detta dei Libertini, di cui erano l' anima
un Mario Bandini giovane di alti sensi, entusiaste per la patria li
bertà, figlio di una sorella del Cardinal Giovanni Piccolomini Arci
vescovo di Siena , un Girolamo Severini' uomo d' ingegno , e che
appresso Carlo V era salito iu gran credito : lo scopo della setta
era quello di liberare la patria dalla tirannide dei Noveschi, di cui
il Bichi era riguardato il principale istrumento.
Dopo la battaglia di Pavia per sedare i clamori, e per seguire
la parte vincitrice, il Bichi si accostò a Cesare, ed inviava Amba
sciatori per stabilir trattati. Fu di fatti convenuto che la Repubblica
di Siena pagasse all' Imperatore l'i. 000 ducati d' oro. Giungevano
in Siena ad esiger questa somma deputati i Commissari imperiali
Edoardo Ribera e Carlo Gazinio ; trovati i danari che mancavano,
il Bichi stabilì il giorno ed il luogo del pagamento: i deputati. im
periali furono invitati a recarsi al palazzo Arcivescovile: i Libertini
scelsero quel momento per agire ; prese le armi commossero il po
polo eccitandolo a vendetta e libertà. Già erano contati alla pre
senza del Bichi 7000 ducati, quando giunsero a prevenirlo del pe
ricolo che a lui sovrastava per la crescente popolare agitazione
Francesco Tancredi e Bartolommeo Spinelli ; ma egli confidando
nelle guardie che lo circondavano, e pensando di aver provveduto
alla su personal difesa negò di allontanarsi da quel luogo ; ma
intanto i Libertini aveano invaso il palazzo , viuta la debole resi
stenza delle guardie si avventarono contro il Bichi ; Giov. Batiista
Fautozza lo feriva il primo con un colpo di spada alla gola, non
ostantc il Bichi caduto per terra si rialzava grondante di sangue,
quando sopraggiungendo Pietro e Gherardo Saracini con più colpi
di pugnale nel petto lo ferirono: poco sopravvisse, e prima di mo
rire il Bichi perdonava ai suoi nemici. Egli era uomo dabbene , e
divenne despota perché pensava migliorare le sorti della patria ,
persuaso che non era possibile contener le fazioni e sedar le pub
bliche discordie, se pure il potere non veniva ad esser concentrato
uello mani di un solo. Egli non macchiò la sua faina coi delitti,
che hanno reso esecrabile il nome di Paudolfo Petrucci, pure assai
diversa fu la fine di ambedue, mentre il Bichi fu trafitto dal pu
gnale che non aveva giammai usato contro i suoi concittadini. ed
il Petrucci se fu temuto, fu almeno rispettato, ed i suoi delitti re
starono impuniti.
172
Questo tragico avvenimento destò l' orrore fra gli onesti cit
tadini ; i forsennati esaltarono per l'ottenuto trionfo, e nell'ebrez
za del compiuto misfatto dimandarono ed ottennero l'abolizione del
Governo stabilito il 7 Aprile 1535, e così invece della Bana mag
giore e minore, ne fu nominata una nuova composta di 21 indivi
dui ; fu annullata la fusione dei Monti e ristabiliti quelli dei Nove,
del Popolo e Gentiluomini che si divisero il potere, mentre l' Ordi
ne dei Dodici fu aggregato a quello del Popolo, come i Riformatori
vennero fusi noll' altro dei Gentiluomini; così i Senesi crederono
di aver riconquistata sul dispotismo la loro primiera libertà, men
tre essa tornava coi vizi che l' aveano tante volte macchiata.
La nuova Balìa licenziò i provisionati della guardia di Pataz
zo, che erano invisi siccome altrettanti Pretoriani. Fu assegnata
una pensione annua di 100 scudi a Giovanui Martiuozzi, e venne
rimunerato ancora Giov. Battista Piccoloraini per essersi ambedue
adoprati a rovesciare il passato Governo, esponendo ai più grandi
pericoli la loro vita e le sostanze.
Costituita la nuova Balìa, spediva Ambasciatori a Roma, al Du
ca di Sessa , al Viceré di Napoli che era coll' esercito imperiale in
Lombardia , e mandò le credenziali a Giov. Antonio Carli de' Pic-
colomini che trovavasi in Spagna per i suoi affari mercantili, af
finché rappresentasse la Repubblica presso S. M. Cesarea, ed a tutti
gl' incaricati fu dato ordine di assumere un tuono conciliativo nel
dare avviso del cambiamento avvenuto. Nemmeno fu trascurato il
Pontefice, ad onta che avverso a quella uuovità fosse reputato, onde
si può argomentare che il nuovo Governo , mentre intendeva di
riordinare internamente lo stato a liberià, al di fuori procurava di
conciliarsi amici, convinto com' era della propria debolezza.
Se da una parte prevaleva la prudenza , dalt' altra Io spirito
di fazione, accecando le menti, ridestava quell' odio fra i cittadini
che la ragione non poto/i sopire. Contro i voleri del Duca di Sessa
i fuoruscili erano sempre l' oggetto delle persecuzioni di coloro che
governavano; il Duca stesso aveva falta seutire la sua volontà di
portarsi personalmente a Siena per conciliare gli animi. Egli mal
conosceva i Senesi, poiché tutti quelli che lo avevano tenuto,
non escluso Pio II loro concittadino, avcan dovuto riuunziarvi. In
fatti i Senesi ebbero in questa circostanza 1' audacia di deliberare,
173
che venendo solo sarebbe stato onorato , se atla testa di armati e
di fnoruscili sarebbe stato respinto ; scrissero inoltre al Viceré in
Lombardia lagnandosi del Duca di Sessa perché prendeva in sua
protezione i fuorusciti ; a tanta cecità gli spingeva l' implacabile
odio di parte! Si fecero preparativi guerrieri con .animo di difen
dersi da qualunque aggressione; fu assoldato Giulio Colonna con 80
cavalli leggeri montati alla Borgognona, ed Oltaviauo Spirito con
200 fantaccini ; furono restituite le armi già requisite ai cittadini,
ed ai bottegai ; furono portati degli nrchibusi nel palazzo pubblico,
come se couvertir si volesse in fortezza il luogo stesso destinato
all' esercizio della giustizia e della sapienza di governo , stoltezze
tutte che servivano ad agitare gli animi piuttosto che a provvede
re alla salute della Repubblica.
L' infelice Francesco I. che il Viceré aveva destinato mandare
a Napoli in luogo di custodia, era stato per ordine di Carlo V con
dotto a Portofino, e là imbarcato fu direito verso le coste di Spa
gna per essere trasferito a Madrid, cosicché dovette subire l' ulti
ma umiliazione e trovarsi alla presenza del suo rivale fortunato.
Le disposizioni erano state antecedentemente prese per farlo pas
sare da Siena, secondo il desiderio del Viceré, del Pescara, e dello
stesso Duca di Borbone, ma gli ordini supremi distrassero le loro
vedute, siccome l' Impera tare aveva tenuio nascosto coll' abituale
sua simulazione la propria volontà.
La Balla spediva atl' Imperatore come ambasciatori Girolamo
di Ghino e Girolamo Severini per congratulnrsi in nome dulia Re
pubblica dell' ottenuto trionfo, ed al tempo stesso fu raccomandato
al Severini di andare in Lombardia al Marchese di Pescar;i supre
mo Duce dell' esercito imperiale a fargli sentire, che per le ingenti
spese commesse per le vettovaglie requisite nel territorio da vari
eserciti, la Repubblica era impossibilitata a pagare la richiesta con
tribuzione, dalla quale dimandava essere esonerata. Il Severini, se
condo gli ordini ricevuti , andò a Genova aspettando di unirsi a
Ghino
ni portanti
suo Compagno
che qualora
nell'non
ambasceria,
potessero eottenere
quivi ebbe
la dimandata
nuove istruzio-
esen
fanti sotto il comando del Conte dett' Anguillara, dol Conte di Pi-
tigliano, di Gentile Baglioni, e Giovanni della Sassetta, entrarono nel
dominio di Siena , e divisero l' esercito dirigendone una parte per
la via Romana, l'altra per quella delle Chiane con diversi pezzi
d' artiglieria venuti da Perugia. Quella parte che aveva presa la
177
via Romana deviando dulia strada principale a destra diede un
fiero assalto a Montalcino, che con pochi ajuti ricevuti da Siena fu
vigorosamente difeso da Marnino Finetti che era Commissario per
la Repubblica. Riescito vano quel tentativo l' esercito si avanzò
verso Siena . e giunto alla Porta Camollia fece la sua unione con
altre truppe spedite dai Fiorentini e guidate da Roberto Pucci, mu
nite pure di diversi pezzi d'artiglieria, ed occuparono tutta la li
nea dei Macciani.
I deputati alta guerra non avevano trascurato alcun mezzo per
mettere la città in stato di difesa ; avevano fra le altre fatta de
molirò il Convento di S. Maria Maddalena di fondazione di Pandolfo
Petrucci, edificato nel suburbio presso la Porta Tufi, e questo per
ché i nemici non potessero fortificarvisi ; fatta la rassegna degli uo
mini validi a portar le armi si veri fico la forza di 150 cavalli ar
mati alla Borgognona guidati da Giulio Colonna, di sci compagnie di
fanti sotto gli ordini dei capitani Gio. Maria Pini, G he cardo Saracini,
Virginio Massaiui, Sozzino Ronzi, Gio. Battista Palmieri, Enea Suc
chiili. ed altre truppe mercenarie; oltre di che il popolo era in armi,
e deciso a difendersi: quando il rombo del cannone s' intese, crebbe
in esso l' ardire: fu difficile a contenerlo, mentre voleva uscir dalle
mura a battagliare. Avevano i nemici piantate le loro artiglierie
fuori della Porta Camollia sul poggio presso al Prato, e siccome al
lora il Borgo era pieno di fabbricati , così potevano in questi co
modamente alloggiatisi. Dalla porte di Pescajn avevano collocate
alquante compagnie di 'Corsi , per garantire da quella parte il
campo da qualunque sorpresa.
I Senesi non trascurarono di ricorrere alla religione nel grave
pericolo l' da
stanza offerta
cui della
erano citta
minacciati
a Maria. eVergine
riunuovarono
loro patrona.
in quella
Essicirco-
tro-
(1) Crediamo che quetto sin il punto ove spiegare I' etimologia
della denominazione del Palazzo dei Diavoli non lontano dalla città, già
appartenuto alla Famiglia Turchi, per cui ti é scrìtto « Turcorum Pa-
latium ». Era questo divenuto proprietà deitu Repubblica, che vi te
neva una guarnigione; accadde adunque che quando i Fiorentini in
una delle loro scorrerie tentarono di sorprendere di notte Porta Ca
mollia, i soldati senesi di quel putta, die eransi nascosti nei sotterranei,
uscirono portando delle faci accese, colle quali spaventarono tanto i ne
mici, che credendo di essere attaccati dni demoni, si diedero a precipi
voli.
tosa Di
fuga,
questo
e tifatto
allora
ne scrisse
in poi fu
Francato
chiamatoVettori
quel luogo
a Mccoiò
Palazzo
Macchiavelli.
dei Din-
180
cò nuova zuffa, che per quanto sanguinosa, fu breve, poiché l' im
peto dei vincitori non avendo contrasto, la vittoria fu compita.
I Capitani, i Colonnelli, i Fuorusciti , i Commissari fiorentini
orano già fuggiti per mettersi in salvo nel territorio fiorentine: (1)
il resto dell' esercito si disperse affatto, e quelle compagnie che fa
cevano l' assedio di Monteriggioni vedendo tanta confusione s' uni
rono agli altri nella precipitosa fuga, lasciando uno dei pezzi d' ar
tiglieria che fu preso dai Senesi e condotto in città. Dopo la pu
gna si presentava il quadro spaventevole dei morti e dei feriti gia
centi al suolo lungo la linea della battaglia ; i feriti con cristiana
carità vennero soccorsi e condotti in Siena; le vettovaglie, i cariag
gi , le tende , i padiglioni , e diciassette cannoni la maggior parte
pertinenti ai Fiorentini, alcuni ai Perugini, furono i trofei della
vittoria. (2) Dei nemici morti fu impossibile precisare il numero,
poiché molti perirono nella fuga , ma sicuramente oltrepassarono i
1000 ; assai minore fu la perdita dei Senesi che di poco varcò i
150, fra i quali alcuni giovani appartenenti ad illustri famiglie, Sa-
raoini, Luti, Aringhieri, Buonsignori ed Allegretti. L' esercito vit
torioso rientrava trionfante in città seco recando l' insegne conqui
state, i prigioni e le prede : i cittadini esultanti salutarono i prodi
con entusiastiche acclamazioni : le feste pubbliche si succederono.
La notizia di questa disfatta giungeva al Pontefice contempo
raneamente all'altra della presa del castel di Milano, caduto in
potere decl' Imperiali. Egli ne rimase sconfortato ed atterrito. Fu
allora cho gli Agenti imperiali in Roma insieme ai Colounesi suoi
nemici alzarono lu fronte e fecero nascere tal tumulto, che giunse
ro a saccheggiarli il palazzo e la Chiesa di S. Pietro, ed egli stesso
IH.T non esser fatto prigioniere fu costretto a salvarsi nel Castel
SOMMARIO
mente
La perentoria,
intimazionechedelalla
Ferrante
Signoriain funome
forzadicedere,
S. M. Cesarea
e la nuova
era Co
tai-
« tasìone del governo dei Fiorentini ( con i quali per I' odio comune
« contro al Papa avevano avuto molti mesi quasi tanta pace e nt-
a telligenaa.} mettevano in ordine le artiglierie , ma con quanta più
a lunghezza potevano. » II Giuvio poi dice . che Siena accomodò di
artiglierie il Principe <f Orangcs, che preso Arezso, passò nel piano
di Firenze.
200
da Antonio de' Vecchi; fu convenuto il ritorno in patria dei fuo-
rusciti , ai quali doverono essere restituiti i beni confiscati per
cause politiche, e che l' Ordine dei Nove fosse riammesso al potere
per la quarta parte, dovendosi formare una nuova lialìa di venti
individui, con facoltà al Duca di Amaltì generale delle armi, ed at
Capitan di Popolo d' intervenire alle deliberazioni ; ma il Consiglio
non approvò questa. nuova forma: la colpa del rifiuto ricadde prin
cipalmenie sopra il Duca di Amatti , che ebbe innmazione di par
tir da Siena e dirigersi verso Napoli; in sua vece si nominava Don
Lopez di Scria, che chiamò in città un Capitano spagnolo con .400
fanti. Queste nuovita per altro che erano una manifesta infrazio
ne della indipendenza della Repubblica indispettivano i cittadini ,
che vedendo ritornare in patria i Noveschi sapevano doversi atten
dere implacabili vendette quando fossero appoggiati da soldati stra
nieri. Il popolo senese erasi mantenuto bellicoso, ardite, cimentan
dosi giornalmente a combattere per le fazioni che dividevano la
città, cosi non era tanto facile impresa imporrli quanto a lui ripu
gnava. Dopo la tornata dei Noveschi lo spirito di parte vieppiù
s' infiammò: di tratto in tratto i partiti correvano alle armi: una
guerra civile erasi incarnata Del carattere e nei costumi dei Senesi,
e mentre il Ferrante eon Bernardo Malvolti, e Bernardino Buonin-
segni ambasciatori della Repubblica trattavano in Pienea il modo
di sedare i partili, e ricondurre i cittadini alla pace, ed alla con-
cordia , ebbero avviso che il 2 Geonajo 1531 , mediante una lotta
accanita, i ftoveschi erano stati .superati dal popolo, che aveva loro
tolte le armi, e molti ne aveva uccisi, fra i quali Giovanni Marti-
no/zi, per cui fu rotta ogni pratica: ed il Ferrante che aveva de
liberato partire di II a poco dal dominio di Siena, venne a porre
l' esercito a Cuna, luogo poco discosto dalla citià : e parlando agli
Ambasciatori a lui spedili dalla Repubblica , che pretendevano di
scusare il popolo aggravando i Noveschi come promotori di quel tu
muli o. dichiarò la sua ferma volontà di non voler partire finché
uon fossero calmati gli animi, e finché i Nove non fossero assicu
rati al potere, perché qucsto era il volere di Cesare, ed intanto fece
ritenere nella torre di Cuna Mario Bandini , Sozzino Severiià , ed
Achilie Salvi. Questi arresti commossero il popolo io Siena, ed adu
nato il. Consiglio generale fu soppressa la Balìa, e fu creato uà Ma
201
Bistrato di otto cittadini, due per Monte, con autorità di disporre
tutto quanto dipender poteva dalle deliberazioni del Consiglio stes
so; così la reazione aumentava di forza, e quelle misure, colle quali
il Ferrante pretendeva imporre ed atterrire, non facevan che viep
più alimentare lo spirito di sedizione. La prima cura del nuovo
Magistrato si fu quella di raddoppiar le guai.die alle porte della
clttà , ed alla custodia delle mura. Intanto dichiarava at Ferrante
conoscere che non era nella mente di Cesare il saccheggio che si
esercitava dalle truppe nel dominio di Siena, e mentre lo pregava
a rendere la libertà ai detenuti gli faceva intendere che i Senesi
non volevano a .qualunque costo alterare l' ordine stabilito. Se la
fermezza da una parte prevaleva, dall' altra reagiva il dispetto, per
cui minacciava il Ferrante di voler condurre l' esercito sotto le
mura di Siena, e manomettere tutto quanto avrebbe incontrato:
bensì avendo potuto Mario Bandini evadere calandosi per una fi
nestra della torre di Cuna, furono gli attri due posti in libertà. La
irritazione delle parti era inoltrata, quando presen tossi il Marchese
del Vasto che veniva a rimpiazzare il Ferrante, e mandatigli am
basciatori dalla Repubblica, intesero che la mente di S. M. era in
tenta al favor dei Senesi , ma che desiderava la quiete e la pace
fra i cittadini, ed a questa coudizione prometteva loro di togliergli
il peso di quelle truppe che erano nel dominio di Siena. Tali sen
timenti erano meglio espressi in una lettera diretta dall' Imperatore
alla Signoria sotto la data del 21 Febbrajo 1531. Era il Marchese
del Vasto cognato del Duca di Amallì , ed era stato generale delle
armi della Repubblica, per cui i Senesi sperarono che sarebbe stato
verso di loro più benigno del suo predecessore.
Un grave incendo si manifestò nella Chiesa di S. Domenico in
quell' anno, e nella notte precedente alla festività di S. Barbera, che
solevano quei Frati con gran pompa celebrare; esso incominciò dal
l'orchestra dell'organo, ove era stato posto del fuoco per asciugare la
parte umida e fresca per recenti muramenti: il suo progresso fu tau
to rapido, senza che fosse possibile arrestarlo, che ben presto cadendo
fu distrutta quasi tutta la volta sostenuta da travi armate. Un uomo
ardito ricoperto di panni fradici si spinse fra le fiamme, e poteva
con generai meraviglia salvare dall' incendio la Testa di S. Cateri
na togliendola dalla Cappella che é sottoposta all' organo medesimo;
la salvezza di quella preziosa reliquia fu attribuita a prodigio.
202
Da quanto abbiamo esposto resulta evidente che Carlo V, qua
lunque fosse la sorte che in futuro riserbava alla Repubblica di
Siena, egli non avea nulla trascurato per stabilire la concordici fra
i cittadini. ed estirpare le fazioni ; consigli , esortazioni, e per fino
un apparato di forze, ma non avea potuto ottenere che quelle ani
me indurite negli odj si attuassero. I Noveschi erano divenuti uu
oggetto di odio popolare e degli altri Ordini, siccome avevano ten
tato in ogni occasione di cambiare il reggimento del governo de
mocratico; sotto il Duca di Calabria, sotto i Visconti, sotto il go
verno tirannico di Pandolfo Petrucci, ed in ultimo per secondare
le vedute di Clemente VII avevano tentato sempre di appropriar
si le redini del Governo per cambiarne l' indole popolare che fin
dal secolo XII avea predominato; o fosse ambizioue di dominio, o
repugnauza ai disordini che in mezzo ai benefizi si generano sotto
il Governo del popolo, essi aveano sempre formato un partito ari-
•tocratico che tendeva alla uniBcazione dei poteri ; per queste ra
gioni uon deve sorprendere se trovarono nel partito opposto una
resistenza pertinace, che in fine doveva condurre la patria comune
at sacri tìzio della indipendenza.
Il Marchese del Vasto venuto iu città conferì col Cardinale di
Siena, e di comune accordo stabilirouo la nuova forma di governo
da presentarsi per l' approvazione al Consiglio, che era quella stes
sa convenuta con Lopez, e si verificò allora che coloro che avevano
amministrato la cosa pubblica, erano stati più solleciti del proprio,
che dell' interesse dello Stato , poiché per la prima volta avevano
dato 1' impolitico esempio di ricorrere per far danaro alla vendita
delle pubbliche entrate , per cui non pochi apppaltatori eransi ar
ricchiti ; e mettendo all' incanto gl' impieghi delle Potesterie, Vica
riati, Notariati, delle Cancellerie dei Magistrati della città, e perfino
del comando delle Rócche aveano introdotto la pratica di contrat
tazioni immorali , perché lasciano il campo libero alle male vena
zioni di coloro da cui dipende la vendita o l' appatto.
Accomodata per il meglio la condizione del nuovo .Goveruo ai
10 Aprile 1532 l' esercito comandato dal Marchese del Vasto parti
dal dominio di Siena per andare in Lombardia, lasciando segni fu
nesti di una devastazione che é inseparabile dalla lunga stazione
di un esercito straniero, e poco curante della militar disciplina. Nel
203
principio di Maggio con sodisfazione del popolo senese ntornava in
Siena il Duca di Amalfi. (1) a cui fu stabilita una pensione di 6000
scudi annui coll' onere del mantenimento della guarnigione spagno
la, che erasi ridotta a soli 100 soldati. L' Imperatore Carlo V. pri
ma di recarsi in Ungheria alla guerra che meditava contro i Tur
chi volle nuovamente abboccarsi in Bologna con Clemente VII. ed
in quella circostanza fu stabilita una lega fra il Pontefice, l' Impe
ratore e tutti i Potentati d' Italia ad eccezione dei Veneziani, e nel
la quale fu pure compresa la Repubblica di Siena eoa obbligo di
contribuire, in caso di guerra, 2000 scudi al mese. Ma la smodata
ambizione di Clemente VII non era paga ; lusingato di contrarre
un parentado, maritando una sua nipote al figlio secondo del He
Francesco , si decise , ad onta di dispiacere a Carlo V. ad uu ab
boccamento col Re di Francia che ebbe luogo a Marsilia , e dietro
il quale fu effettuato il matrimonio , e così Caterina de' Medici fu
moglie di Enrico di Francia che fu poi Enrico II.
11 Pontefice nel suo viaggio, ad onta della repugnanza che a
lui ispiravano i Senesi, non sdegnò di passare per il' loro territo
rio, ma quivi accadde un fatto disgustoso ed impreveduto : il Ma
gistrato mandò Ambasciatori al Papa per pregarlo a voler passare
per Siena : ricusata l' offerta cortese, egli preferì di fermarsi al Ca-
stelluccio, ma il Granciere che comandava -quella Ròcca ricusò di
aprire la porta ai Commissari senesi colà spedili, negando ospita
lità al Pontefice stesso quando vi giunse, per cui fu costretto recarsi
a Montepukiano. Erav.i stato chi avea messo in sospetto l' incauto
Grancere, facendoli credere che si volesse occupare quella fortezza.
Non mancarono i Commissari di scusare presso il Pontefice quel
fatto, siccome contrario affatto alla volontà del Magistrato: egli ac
cettò le scuse rispondendo: le parole sono femmine, i fatti sono maschi.
In quell' anno 1534 la città fu tormentata da terribile carestia,
per cui la plebe tumultuò : molte case furouo saccheggiate non esclu
sa quella del Duca di Amalfi, per quanto poco prima egli fosse l' ido
lo del popolo sempre incostante nelle sue predilezioni. Le opere del
Machiavelli erano divenute allora popolari in Siena, onde imbevuti
SOMMARIO
(I) II Sozsini nel suo Diario pone il Castello nel poggio di S. Pro
spero fra Porta Como/fìo e Fontebranda : il disegno era del Peloro
ingegnere senese. Furono ancora demolite varie torri per servirti del
materiale, lo che vieppiù dispiacque ai cittadini.
224
i quali Enea Piccolomini, Capitan Marcelle Palmieri, Amcrigo e Pter-
maria Amerighi, Giulio Vieri, Annihale Umidi e Domenico Minacci
insieme a Mario Sforza di Santa Fiora si riunirono a Grevole nella
Stato di Farnese, ove trovarono col Cardinale lo Sforza da Trivi-
nano. ed il Colonnello Girolamo Da Vecchiano di Pisa. che era con
lettere patenti del Magistrato nominato Capitano della guardia di
Palazzo di Siena: essi attestarono che oltre all'opera loro che vo
lenterosi offri vano ai Senesi, avere il Re di Francia spediti a Ro
ma più Capitani con -ordine di prestar mano a queir impresa , e
dopo avere stabilito il modo cou cui doveva essere compitai i Se
nesi contarono 4009 scudi, che divisi in otto parti , ciascuno ebbe
la sua , onde assoldare quella maggior quantità di gente che loro
fosse possibile, e per dare un colore alle pratiche furono distribui
te loro lettere patenti del Magistrato, colle quali «lavasi facoltà di as-
soldar truppe per difendere le coste dagli attacchi dei Turchi , di
cui la Repubblica di Siena avea timore.
Tutti questi accordi , e queste pratiche furono condotte eoa
tanto abilità e silenzio , che la congiura non fu scoperta ad onta
che le trattative avessero avuto luogo in Roma, in Venezia, in Fer
rara , ed in segreto fosse passato in tante bocche. Gli ausiliari la
sera del 26 Luglio 1552 arrivarono sotto le mura di Siena presso
alla Porta Nuova (1) senza che il D' Avila, maestro di campo e ca
pitano degli Spagnoli, ne avesse avuta precedente contezza. Egli
aveva tutta la responsabilità di quanto poteva accadere, siccome in
quel tempo il Mendozza era a Roma, perciò dopo essersi assicurato
del fatto mise in arme la sua truppa , e sollecitò la Balìa a man
dar bando che i cittadini non potessero uscir dalle case loro fino
alle dodici del giorno seguente ; ed affinché non fosse suonata a
stormo la campana maggiore fece guardare l' ingresso della torre
da quattro Spagnoli ; ottenne pure dalla Balla che fossero spediti
a quelle truppe alcuni cittadini per invitarle a nome pubblico a
volersi allontanare dalla città, onde .evitar nuove sciagure, al che
rovine della patria che cedere a fronte dei nemici della Repubblica
Senese. Quella generazione rivendicò nobilmente i torti degli avi che
cagionarono la celebre battaglia di Montaperto.
238
elioni. Questa disposizione destò tanto dispetto nel Duca di Somma.
abizioso di quel comando, che accostatosi ad Andrea Landucci e
Marc' Antonio Amerighi diressero al Re di Francia uno scritto, in
cui la condotta del Cardinale era altamente biasimata ; intercetta
la loro corrispondenza coll' arresto dt Giovan Maria Benedetti che
la recava. furono carcerati i due cittadini senesi, mentre il Cardi
nale provocava presso il Senato un inchiesta , per giustificare le
di iui azioni appresso al Re di Francia suo signore: ed é da notarsi
che i Francesi stessi Tenuti in Siena eransi divisi nei partiti che
agitavano i cittadini, ed avverte molto a proposito il Malavolti di
cendo che la malattia dei Senesi era contagiosa, siccome attacca
va tutti quelli che gli avvicinavano. Quel nuovo processo ritardò
la spedizione del precedente, (i) e mentre gli animi si perdevano
in queste piccolezze, fiera si apprestava la guerra contro Siena, a
Napoli , ed a Milano. Èra giunto l' istante della vendetta terribile
di Carlo V, ed i Senesi avevano più che in altri tempi necessità
dei soccorsi, per tentar di salvare la loro periclitante libertà.
Siamo giunti alla seconda guerra di Siena, a quel periodo che
meriterebbe, per il grande interesse che presenta. una minuta de
scrizione, ma senza dipartirci dalla consueta brevità procureremo
narrarne accuratamente le fasi principali.
Cosimo I. aveva compromessa la sua neutralità, con tratti di
nera perfidia verso i Senesi. e verso il Re di Francia, poiché. aveva
somministrato soccorsi di ogni genere ai loro nemici, e contro ogni
dritto aveva occupato Lucignàno che apparteneva al dominio se
nese; non fu straniero alle mene rivoluzionarie che da Giulio Salvi
erano state ordite, ma tosto che fu levato dagl' Imperiali l'assedio
di Montalcino, egli conobbe la falsa posizione in cui trovavasi, per
ciò si affrettò ad accordare la restituzione di Lucignano; ma frat
tanto egli noti poteva mantenersi sul trono a dispetto dell'odio dei
suoi sudditi senza essere spalleggiato da estera potenza, onde gli
SOMMARIO
delle donne e dei fanciulli. Infatti quei miseri subirono questo bar
baro, sebben meritato. rigore. e Dell' eccidio gl' innocenti forse pa
garono
se in avanti:
la penafudovata
ben ricevuto
ai rei. dui
Dato
Lucchesi
questo che
terribile
somministrarono
esempio si spia-
alla
cui parlava una lettera dello Strozzi da Mon taluino che era stata
letta. Nel caso contrario poi asseriva non essere intenzione del Re
suo signore ridurre la città atl' ultimo esterminio , sebbene essa
avesse in ogui modo a temere la vendetta di Carlo V, che perciò
avrebbe lasciato in facoltà dei cittadini il provvedere come meglio
avrebbero creduto alla loro salvezza. Questo consiglio fu accettato,
e prima di separarsi vollero gli adunati accordare la cittadinanza
senese a Cornelio Bentivogli in attestato di gratitudini;.
Le astinenze, le privazioni avevano sfigurate le fisonomic dei
cittadini : il pallore ora dipinto nei loro volti : molti morivano di
stento : tanta miseria poneva il popolo alla disperazione ed era da
temersi un ammutinamento, per cui il Monluc fece condurre alcu
ni pezzi d' artiglieria presso la loggia degli ufGziali della mercan
zia ( oggi Casino dei Nobili ) per contenere i malcontenti, ed evita
re nuove collisioni fra i cittadini.
fu spedito nuovamente Alessandro Guglielmi a Firenze con
amplio mandato di negoziare un accordo come meglio si volesse o
si potesse per la salvezza di Siena, setto la condizione della nullità
del trattato qualora fosse soccorsa durante le trattative.
Gli Spagnoli che erano a campo attorno alla città vi rimanda
vano tutti quelli che ne volevano uscire dopo aver loro tagliato le
orecchie ed il naso. talché rientrando facevano con quelle mutilazioni
uno spettacolo disgustoso e compassionevole : ia seguito presero il
compenso d' impiccarli.
Venne a morte il Pontefice Giulio III. Egli erasi mostrato con
trario ai Senesi, ed i ciltadini non ne provarono rammarico.
Ecco il prezzo a cui erano i generi al primo Aprile 1555: Vino
scudi 30 d' oro la soma — Olio scudi 7 d' oro lo stajo — Cappo
ni scudi 7 d' oro il pajo — Galline scudi 5 d' oro il pajo — Car
ne salata soldi 50 la libbra — Formaggio soldi 70 la libbra — Pic
cioni lire 13 il pajo — Ova soldi 20 la coppia (1) ed era fortuna
(1) II Cardinale Cervini era stato il primo dei tre Legati spe
diti daì Pontefice a rappresentarlo al Concilio di Trento , quivi so
stenne con energia e dottrina teologica la purità della. Cattolica fede.
e. I' autorità Pontificia.
273
vi ben altro da lacrimare. Il destino della patria era ormai deciso;
i Francesi si disponevano a partire : molte famiglie senesi erano
pronte a seguirli per liberarsi dalle sevizie degli Spagnoli e delle
truppe imperiali; e siccome quella partenza racchiude la catastrofe
dell' assedio , così ci piace di trascrivere il quadro che ne fa lo
Stesso Monluc nei suoi Commentari a ivi » (1) Uscirono du Porta
« Nuova il Sig. Cornelio ed il Conte di Gajazzo Beativogli armati
« e colla picca sul collo camminando di pari ; una truppa di nr
« chibusieri veniva lor dietro, e dopo loro due capitani che guidu-
« vano la testa delle picche ; fra le quali vi era de Corsaletti buon
it numero, e nel mezzo alle picche le bandiere piegate ed alzate,
« e alla coda delle picche il resto degli arcliibusiori. e due capita-
« ni alla coda loro. Il Sabato io avevo mandato a pregare il Mar
ce chese che volesse far quest' onore alle matrone e fanciulli che
a uscivano con esso noi, di prestarci 40 o 50 muli di quelli della
« sua munizione, ed egli il concesse, e prima che noi uscissimo li
« fece consegnare ai Senesi, i quali vi fecero salire le donne attem-
« pate con alcuni fanciulliui sopra il ginocchio. Tutti gli altri an.
« davano a piedi, fra i quali più di 100 fanciulle che seguitava-
« no it padre la madre loro : donne che portavano delle culle en-
« trovi i lor bambini in capo ; ed avreste veduto moltitudine d' uo-
« mini che tenevano da una mano la lor figliuola . e dall' ath. i la
u moglie , e furono annoverate più di 800 persone fra uomini ,
a donne e fanciulli. Io avevo veduto un lacrimoso spettacelo nel
a mandarne le bocche inutili , ma io vidi ben atiivi !. mia miseria
« nella dipartita di quelli, se ne veninno con esso noi, e di quelli
a che rimanevano; mai in vii. i mia ho veduto una separazione co
«a sibilo
si dolorosa,
stento,edpur
ancorché
tuttaviai nostri
doleva soldati
loro infinitameiUe
avessero patito
quella
ogni sepa-
pos-
(1) Ecco la nota dei nomi di coloro che doveano formare la nuo
va Ral'ia nominata dal Duca Cosimo : pel Popolo, Alessandro Gugliel
mi. MUSSHÌHÌ. Scipione Verdelli, Camillo Campana e Lattanzio Doni.
Pe* i Gentiluomini, Mariano Sozzini, Marcantonio Cinuzzi. Orlando
Marescotti, Ambrosio Spannoochi e Conte Camillo d' Elei. Per i Ri
formatori, Camitlo Biringucci, Scipione Chigi , Marcello Tegliani ,
Francesco Sozzita e Ferrando Benvoglienti. Per i Xuoe. Marcantonio
Borghesi, Giro/amo di Chino Bandinelli, Alessandro Bulgarini, Giulio
Santi e Bernardino Francescani. Cancellerie e Segretario Camillo
Celsi. ( Vedi Sozzini ) — Trovasi una variante ad una nota del Pecci.
276
dominio di Siena in ricompensa delle spese, dei sacrifizi e dei te
sori da lui prodigati in quella guerra, ma ben presto si dileguaro
no le sue illusioni , poiché Carlo V. negò di ratificare la capitola
zione fatta in suo nome . ed investì del dominio della citta e sta
to di Siena suo figlio Filippo erede presuntivo del trono, ed intanto
spediva Don Francesco di Toledo ad organizzare uu governo civile
e militare. Il Duca Coslmo tardi si avvidde di essere stato sopraf
fatto da una politica perfida, ma volle per atlora dissimulare, e chiu
se ncll' animo suo ogni risentimento. Moriva frattanto in Siena ai
i Ottobre 1553 Francesco di Toledo, a cui successe nel governo
iiella città Francesco di Mendozza Cardinale di Burgos, la di cui
inesperienza negli affari di Stato doveva rendere più trista la con
dizione di Siena. Infatti quanto conciliante erasi mostrato il suo
antecessore, altrettanto egli si mostrò severo: persepuitò i cittadini
che supponeva amici dei Francesi , empiva le carceri di detenuti ,
proibiva l'adunanza del Consiglio del popolo, ordinava doversi eleg
gere i Magistrati dal Concistore!, riorganizsava i Segreti della Balìa
incaricandoli di sentenziare contro i detenuti , talché questo siste
ma di tenebrosa inquisizione non ammetteva appello: stabilì un suo
Consiglio privato composto del Conte di S. Fiora, del Colonnello Gi-
rolnmo da Pisa, del Villanuova Capitan di Giustizia e di Ferdinan-
ilo Alvarez, e costoro consultava nella spedizione degli affari.
La i.ittii era squatlida: i ricchi erano cadati in povertà per i
fulti sacrifizi : i cittadini aggravati da forti imposte erano costretti
ad alloggiare nelle loro case i soldati, che fatti arroganti, ogni ec
cesso era ad essi permesso : il commercio e l' agricoltura affatto
languivano : le campagne erano deserte, e ovunque si vedevano le
tracce di una guerra di devastazione, che ogni risorsa avea distrut-
t.'ì. per cui l' emigrazione giornalmente per tanti mali aumentava.
Tale era la condizione di Siena sotto la spagnola dominazione.
Erano in tale stato le cose quando un fatto inaspettato soprag-
giuuse a risvegliare l' attenzione dell' Europa : Cario V. addicò la
corona dei suoi regni in favore di Filippo II. suo figlio primogeni
to. Quel gran politico aggravato dalla sua stessa grandezza si riti
rò nel Convento di S. Giusto, ove li 21 Settembre 1558 moriva,
dopo aver preferito ai suoi vasti progetti di dominazione univer
sale la pace del Chiostro. 1l suo successore continuò la guerra eoa
277
tro la Francia, alla quale erasi unito il Pontefice Paolo IV. Il Duca
Cosimo sempre intento all' acquisto di Siena, credé giunto il mo
mento di pervenire ai suoi fini, e minacciò di unirsi ai uemici delta
Spagna ; pure le armi di Filippo furono fortunate alla celebre bat
taglia di S. Quintino tanto micidiale alla Francia. (1) Ciò non ostan
te, o che volesse ricompensare il Duca Cosimo dei fatti sacrifizi. o
che cercasse di non aumentare i suoi nemici, siccome era stanco di
quella guerra, col trattato del mese di Luglio 1559 Filippo II. fece
formale cessione della città e stato di Siena al Duca di Firenze, ri
servandosi i possedimenti di Talentone, Port' Èrcole, Monteargenta-
rio, S. Stefano, che uniti alla città d' Orbetello formarono lo Stato
detto dei Presidii sotto la diretta dipendenza di Filippo IL Siena
trovossi pertanto separata dalla sua naturale comunicazione col
mare, colla quale avea tanti secoli il suo commercio alimentato, ma
in fine cessava la detestata dominazione spagnola, e sebbene i Se
nesi spogliati dalla conquista perdessero tutti i loro antichi privi
legi , la loro libertà , e la loro indipendenza , pure ritennero come
un vantaggio il passare sotto il dominio del Duca Cosimo, a cui
erano stati dalla Spagna vendutr. Intanto a minaccia permanente
contro lo spirito turbolento dei Senesi il Duca ordinò la fabbrica di
una fortezza quasi nel luogo istesso scelto dal Mendozza, e dalla
quale si può dominare colle artiglierie quasi intiera la città : il
progetto liberticida venne sollecitamente compito, (2) e l' oppres
sione dalla forza garantita.
Impegnati a descrivere le triste vicende di Siena abbiamo do
vuto tacere intorno ai Senesi rifugiati in Montartcino: ora diremo
VOLUME SECONDO
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