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VINCENZO BUONSIGNORI

STORIA
DELLA

REPUBBLICA DI SIENA

FORNI EDITORE BOLOGNA


STORIA
DELLA

REPUBBLICA DI SIENA
VOLUME PRIMO
STORIA
UtiLLA

REPUBBLICA DI SIENA
VOLUME PKIMO
STORIA
DELLA

REPUBBLICA DI SIENA
ESPOSTA I.X COMPENDIO

DA VINCENZO BUONSIGNORi

VOLUME PRIMO

SO A l856.
DALLA TIPOURAFIA DI Ci. LAXDI
ati iiuegua dett Aucwa
L' Autore intende valersi delle Leggi veglianti sulla proprietà
Jetteraria; vaglia la presente dichiarazione a tutti gli effetti co.
INTRODUZIONE

LÀ Italia, madre feconda di gcnii che illustrarono ogni


umano sapere, vanta sommi Storici ancora, che le in-
tricate vicende dei secoli trascorsi maestrevolmente de
scrissero, ma ciò non ostante è sentimento prevalente
di menti illuminate, che come la parte filosofici! della
Storia non fu completamente esaurita, cosi lo scopo
principale di questa non siasi ancora per intiero rag
giunto; e che siccome le cause degli errori dei nostri
antenati, perciò almeno che spetta ali' Italia, non furono
abbastanza investigate, così non si possa portare re
lativamente ai mali che travagliarono questa nostra
Penisola un criterio esatto e sicuro. Allucinati i più
dalP abbagliante fulgore che dalle glorie di questa clas
sica terra diffondevasi non videro abbastanza il brutto,
o se lo videro, pare che abbiano avuto quasi un ri
brezzo di toccare le piaghe ulccriche che alterarono
la vitalità del corpo sociale.
fi
Infitili so poniamo mente alla passata condizione
dei popoli italiani, è facil cosa desumere le difficoltà
che presenta la loro istoria, comeché non si tratti di
una nazione clic abbia avuto un centro di unità e che
dalla medesima politica fosse diretta, ma di una Na
zione dove ogni Città, ogni Castello, ogni Borgata, eb
be istituzioni, interessi, costumanze e pregiudizi suoi
propri, che forse al bene generale si opponevano, per
cui ne nacquero le rivalità municipali, le guerre impo-
litichc, le agitazioni interne, i civili tumulti. Uno sguar
do ali' Italia di quei tempi, e ditemi come presentare
di questa die di Nazione nuli' altro avea che la reli
giosa credenza ed il comune idioma un quadro generale
e complessivo dove nulla che importi sia trascurato !
Popoli divisi, indipendenti I uno dall' altro, spesso
fra di loro nemici, da spirito di fazione, da odj impla
cabili accesi e sospinti, per cui tentano distruggersi a
vicenda con una rabbia brutalmente feroce. Divisioni
fatali fra la Chiesa e 1' Impero, che per più secoli con.
vcrtono i" Italia in un vasto campo di guerra e di ci
vili discordie, fra le quali si sacriGcano ferocemente le
generazioni.
In mezzo a tanti errori vedesi il progresso di una
nuova civiltà che attraverso mille ostacoli cerca di
trionfare sulla barbarica ignoranza, e promette ali' Ita
lia per la seconda volta la conquista di quel primato
civile eh' erasi estinto colla caduta del Romano Impero.
Il trambusto di tante passioni, di tanti interessi
genera uno spirito di libertà, che insensibilmente tra
smodando dalla moderazione agli eccessi produce con
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li-ari edotti , e genera tiranni e tirannucoli che calpe
stano per fino i più sacri diritti della natura.
Famiglie polenti dall'ambizione divorate, che su
scitano discordie atroci, funeste, orribili.
Capitani di ventura che senza fede, senza vessil
lo devastano gli ubertosi campi ed impongono taglie
alle città, che fatte deboli dalle faziose discordie non
possono opporre resistenza ai masnadieri avidi di bol
lino e di slrage.
Armate straniere che scendendo dalle Alpi signo
reggiano il bel Paese, e si contrastano a vicenda il
dominio di Stati e di Provincie predilette dalla natura
per la fertilità del suolo , per la benignità del clima ,
per la magnificenza delle sue superbe città, che le arti
aveano già abbellite. Ora, tale è presso' a poco 1 in
tricato labcrinlo, in cui lo Storico trovasi impegnato,
e che deve talvolta fra T oscurità percorrere.
Diversi che precederono il Sismondi, e principal
mente 1' instancabile Muratori coi suoi Annali d Italia,
il Denina colle Rivoluzioni d' Italia, hanno riunito, or
dinato notizie e documenti, hanno esposto i fatli, ed
hanno reso importanti servigi alla Storia, ma era ri
servato al primo il cumulare tanti tesori e disporli in
un solo quadro, al che egli pervenne colla Storia delle
Repubbliche Italiane. Ad esempio di lui recentemente
il Giudici colla sua opera sui Municipj Italiani ne ha
aumentata la ricchezza. TaJi opere laboriose sono si
curamente uno sforzo dell' umano ingegno, ma gii au
tori per quanto accurati, onde il più importante non
trascurare, pure sono costretti, dall'abbondanza dei
H
fatti a non fermarsi sopra certe particolarità locali che
impressero nel carattere dei popoli il marchio dei loro
vizi e delle loro virtù. Le grandi conseguenze dipen
dono talvolta da cause quasi impercettibili nella loro
origine, come i grandi fiumi sono insignificanti alla lo
ro sorgente, ma ingrossati dai tributari ruscelli si fan
no grossi , signoreggiano i piani , pei quali scorrono
impetuosi, finché le loro acque vanno a mescolarsi con
quelle dei mari. A queste specialità avrebbero potuto
giovare i Cronisti. se i pregiudizi della loro epoca non
gli avessero indotti talvolta a narrare perfido ciò «Ite
manco di verosimiglianza.
Da tutto ciò sembrami dover dedurre la necessi
tà in cui è P Italia di possedere buone Storie Munici
pali, onde sviluppare paratamente la specie e la im
portanza deHa respettiva organizzazione da cui sorsero
istituzioni varie, che diedero vita ed alimentarono tante
cause e di bene, e di male. Alcune città ebbero dovi
zia di queste municipali istorie, ma altre ne nimicano.
In quanto a Siena ebbe andi' essa i suoi Storici; il Ma-
lavolti, il Tommasi, il Pecci, 1' l'gurgieri, il Gigli han
no diffusamente parlato di lei, ma se le loro opere sono
ricche di preziosi documenti, dai quali si può rilevare
il corso delle vicende, non sempre per altro essi cor
rispondono al bisogno nella parte critica della Storia,
tanto più che questa parte di letteratura molto ha pro
gredito ai giorni nostri. II perché non faccia meravi
glia se nel tempo che professo slima e venerazione
agli antichi Storici della nostra patria , da cui attin
gerò quanto si possa, mi attento arditamente a rin
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giovanire un opera già fatta vecchia ed andata in
disuso.
Io Io confesso ingenuamente; la pochezza mia a
fronte del grande assunto, mi rende trepidante intorno
air esito, e per quanto si tratti di compendiare soltan
to, pure mi si presentano tutte le difficoltà, e solo il
desiderio di svegliare a scriver di Storia più potenti
ingegni m' indusse a metter mano ali' opra, per lo che
mi chiamerò sodisfatto, se per la celebrità di altri , di
venga oscuro il mio nome.
Procurerò di esser veridico usando franchezza e
semplicità nel dire, e spoglio di qualunque municipale
prevenzione, narrerò imparzialmente delitti e virtù,
glorie e sciagure.
La Repubblica di Siena non ù sicuramente da con
siderarsi i' ultima fra le stelle, che brillarono siili" oriz
zonte italiano: essa ebbe pure la sua politica importan
za, e se subì la legge che percosse le altre sue sorel
le, cadde gloriosamente e da forte. Questo è vero che
le divisioni furono quivi più che altrove pertinaci e sen
sibili, e ciò perché il male era nella sua medesima or
ganizzazione, la quale non potò giammai esser corretta,
ad onta che in più circostanze raggiungesse i gradi
estremi dell' anarchia; e se I' amor di patria, che la
passione predominante era degli avi nostri, faceva di
menticare tanti guai, come quello che capace era di
generare le magnanime gesta, tosto che al trambusto
la calma, alla tempesta la bonaccia succedeva, torna
vano i vizj antichi a incedere baldanzosi e protervi
per le contrade di Siena.
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A questa causa tlevesi attribuire la debolezza che
spesso obbligò la Repubblica a ricorrere alla prolezio
ne di Stati e Signori più potenti, per cui in certe de
terminate epoche, essa, come le altre sue consorelle,
non ebbe una vera indipendenza; e se quivi si tro
va una maggiore energia nel popolo, non è facile ri
scontrare una vera sapienza politica nei Magistrati che
ressero la Repubblica.
il Governo di lei cadde sovente o in Mercanti
scelti fra quelli di mediocre fortuna, come seguì sotto
i .'Sovesciti, o nelP infima classe della plebe,' giacché i
Sancsi procurarono sempre di eliminare dal potere le
persone emergenti o per opulenza o per ingegno, e
le gelosie di casta dettarono sovente i più strani con
sigli e le più assurde previsioni.
Io farò conto dei documenti i più interessanti; i
trattati che io reputerò di minor conto saranno sol
tanto citati e quand' occorra compendiati, poiché la
produzione per intiero degli originali formerebbe un
volume più grande di tutta la mia Storia; d'altronde
si tratta di un compendio, nel quale non mi credo te
nuto ad entrare in tutti gli sviluppi che modernamente
appartengono alla diplomazia: la investigazione di tut
te le particolarità intorno alle legazioni che trattarono
ali' estero gì' interessi della Repubblica, è piuttosto ope
ra spettante a chiunque voglia, più di quanto io mi
sono prefisso, estendersi in minuziosi dettagli.
Per quanto spetta alla letteratura ed alle arti belle
mi limiterò a darne per incidenza qualche cenno, es
sendo che la mia attenzione è rivolta alla parte poli
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tica: <T altronde sento che quand' anclic il volessi, lr:it-
tar non potrei con speranza di successo quello che
alla mia sfera non appartiene.
Possa questo mio tentativo essere bene accetto dal
Pubblico, e specialmente dai mici Concittadini, e da
quelli che col consiglio mi assisteranno a compire il
meno indegnamente possibile la mia ardila 'impresa ,
mentre a questi in particolare tributo riconoscenza ve
race e sincera. Amor dello studio ha vinto in me ogni
trepidanza; non per questo di ben fare mi sento sicu
ro, ma pure mi pongo all'opra, ed il coraggio che
succede alla ritrosia mi viene ispirato dal nobile sen
timento di pagare un tributo alla patria caldamente
amata, e se non corrisponderanno al desiderio le forze,
dirò col Latino Poeta che nelle cose grandi basta il
volere.
STORIA
DELLA REPUBBLICA DI SIENA

CAPITOLO PRIMO

SOMMARIO

Opinioni varie sull'antica origine di Siena — Fu Colonia Ro


mana — Ragioni per cui i Romani devono aver tenuta la posizio
ne di Siena in poco conto — Aumento della popolazione di Siena —
// Cristianesimo — S. Ansano — Carlo Magno — Ottone I. — Co
stituzione dei Comuni — Ordini militari — Sistema giudiciario ed
amministrativo — Carattere dei Senesi — Divisione topografica della
Città — Contrade — Monti — Costumi — Spettacoli pubblici — Pu-
gillato — // Console Bandinelli — II Popolo entra a parte del Go
verno diviso coi Patria — La Città prospera — Spedale di S. Ma
ria della Scala — La Fontebranda — La Dogana — Miniere — Di
visioni fra la Chiesa e I' Impero — Gregario VII. ed Enrico IV. —
Loro controvwsie — Vittore III. — l'rbano IL — Prima Crociata —
/ Senesi vi concorrono — Pace di Worms — Cauta a" inimicizia
fra Firenze e Siena — Combattimento di Lecceta — / Senesi ajuta-
no Pistoja contro i Fiorentini — Federigo Barbarossa — Alessan
dro III. — Loro controversie — Lega Lombarda — Guerre — Bat
taglia di lagnano — Conferenze di Venezia — Pace dì Costanza —
Federigo a Firenze — Siena gli chiude le porte — Combattimento
al Ponte a Rosajo — Conciliazione fra l' Imperatore ed i Senesi —
Morte di Federigo.

L', origine di Siena é cosi remota che le indagini si perdono


fra le tenebre dell' antichità. Gli Storici cinquecentisti che hanno
preteso di spingersi fra le nebbie dei secoli trascorsi per strappar
ne la verità, sono caduti nel favoloso, così che alcuni dei loro rac
conti cadono a fronte della sana critica : oml' é che noi riportando
li
le più accreditate opinioni non intendiamo di accrescere la sene
dulie notizie che su questo proposito già si conoscono, e di spar
gere nuova luce, che rischiarar possa il bujo fra cui si nasconde
un epoca cotanto lontana. In' oltre il discutere a lungo sopra fatti
cotanto incerti e privi di autorità ci sembra superfluo impegno,
essendoché l' iUile dalla verità soltanto può resultare.
È stato detto e con qualche ragione che Siena fu Borgo Etru
sco, (i) ma le vicende a cui andò soggetto ci sono affatto ignote;
si é pure detto che Plinio nomina una Colonia Senese, ma questa
opinione ancora é andata soggetta a tante confutazioni, che in fine
non presenta alla Storia alcun fondamento di autenticita. Vi é chi
pretende che Senio figlio di Remo, e nipote di Itomelo primo Ré di
Roma, per fuggire alla vendetta dello Zio venisse sulle rive del
torrente detto la Tressa , e quivi edificasse un Castello , e che da
lui prendesse il nome di Siena: il Gigli nel suo Diario racconta
diffusamente questo fatto tolte dai cronisti Patrizio Patrizi, e da
Teofilo Gallaccini, ma allo stesso narratore é sembrato, come a noi
pure, che la favola stia in luogo .della Storia, ed é per questo che
lo notiamo solamente senza asserirlo.
Cornelio Tacito nei suoi Annali di Roma nomina di certo Se
na, quando racconta che un Magistrato Romano fu insaliate e
percosso con pugni da un Sauese, e questa autori ih vale a con
fermare la opinione che Siena fu Colonia militare di Roma fin dal-
l' anno 290 (2), ma quando l' autorità stessa non bastasse a stabi
lire un giudizio, il raziocinio viene in soccorso della opinione.
Il vessillo Senese ò costituito dal bianco e dal nero, che furo
no i colori primitivi adottati per la bandiera di Roma antica.

(l) In diverse cscavaziani operate nei pressi della Città collo


scopo di fabbricare o di coltivare sonasi trovati dei vasi ed altri og
getti che a sentimento degl' intelligenti sono etruschi , ciò che da un
maggior peso alla opinione puramente tiadizionale qui sopra espressa.
(2) Crediamo dover notare che in Siena mancano ruderi o avanzi
di monumenti romani; rimane bensì qualche muro che rammenta l'epo
ca dcM' Impero. e vi o chi opina che sotto i Longobardi fosse demolito
quanto csistcvaper valersi del materiale onde costruire nuove fabbriche.
Io
L' arme della Città é simboli'pi'iata da una Lupn c\w allatta
due gemelli, che secondo un antica tradizione rappresentano Romo-
lo e Remo. In questi due fatti ci sembra riscontrirc fra Roma e
Siena i rapporti che devono essere esistiti fra la madre patria, e
la colonia (I). Si vuole ancora che il nome di Siena derivi dai Galli
Semini. ma una volta che assicurati ci siamo della sua remota an
tichita couvien dire che essa esisteva all' epoca delle incursioni di
questi stranieri in Italia, esistendo adunque essa doveva la di lei
denominazione possedere. Può bensì essere che nelle varie fasi della
guerra contro i Romani , traversando queste provinole vi si arre
stassero per qualche tempo, e vi formassero ancora delle Colonie (2).
l Romani la chiamarono sicuramente SI.MI: perché questo vo
cabolo significa la unione di diversi Borghi per formare una sola
Città; a questo nome fu poi aggiunto la parola vetus per denotare
appunto la di lei antica origine.
Ci sembra per altro ragionevole l' asserire che i Romani con
quistatori del Regno d' Etruria non facessero gran conto della po
sizione in cui si trova Siena, come che questo punto fosse per essi
eccentrico sia per la loro strategia militare, come per i loro rapporti
commerciali; su questo proposito ci permetteremo qualche riflessione.
Uno sguardo che si dia alla condizione geologica dell' Italia, la
si vede divisa in lungo dalla catena degli Appennini, che dalla loro
cima al piano formano due versanti. che uno si volge dalla parte
dell'Adriatico, l'altro da quella del Mediterraneo. Siena adunque
per quanto in una posizione centrale , é situata lungo la linea di
questa catena di monti; i Romani adunque poco curanti della eco
nomia delle distanze, preferirono sempre di tracciare le strade sul
declivio dei versanti; iu una parola essi mirarono al piano schi
vando i Monti; infatti per la via Emilia, trvcrsando le Maremme

(1) Si vuole che i Pretori di Roma abitassero in Castelvecchio ;


uwi ima casa che viene additata per I' abitazione di uno di essi chia
mato Marco Aurelio, ma in quel fabbricato nessun avanzo esiste che
rammenti i tempi di Roma.
(2) Si vuole che Brenna, luogo vicino a Siena, fosse edificato
'In Brenna.
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Senesi e le Città popolose allora esistenti Ansedoaia, Rosolio, Popu-
lonia, entravano nella riviera Ligure per andarsene nelle Gallie, e
questa era per lo più la loro linea militare. Iiali' altra parte tro
viamo la via Aurelia che passando per le Città di Chiusi, Arezzo
e sotto Fiesole conduceva nell'alta Italia, e questa era la linea clic
serviva ad alimentare i loro rapporti commerciali; infatti gli abi
tanti di Fiesole per cambiare le loro merci e le loro derrate coi
passanti scesero dal colle al piano, e prendendo la linea dell'Arno
fecero sorgere una nuova Città, e questa fu l' origine di Firenze.
Non deve sorprendere adunque se i Romani trascurarono l' incre
mento della Colonia Senese, siccome quella che era fuori delle loro li
nee che perla comodità dei rapporti guerreschi e commerciali aveano
altrove tracciate. Questo stabilimento loro somministrava dei buoni
soldati, e le istituzioni, che dalla loro politica erano suggerite, non
devono avere oltrepassato giammai lo scopo a cui miravano colla
Colonia Senese. Diversi Imperatori per altro nei loro viaggi transi
tarono da questa parte, e potrebbesi ancora indicare il luogo nel
quale in diverse pietre che per incuria imperdonabile sono state
dissipate, é scolpito il loro nome; ma non vogliamo impegnarci in
disquisizioni da cui siamo alieni, onde progredendo coi racconti di
remo che la popolazione di Siena si accrebbe all' epoca in cui i Ilo-
inani nella guerra sociale furono crudeli contro Chiusi ed Arezzo,
e gli abitanti di quelle Città, per sfuggire alla vendetta dei vinci
tori, si salvarono in questo luogo allora alpestre e boschivo; e clic
dopo un lasso di secoli maggiormente si accrebbe, quando per la
invasione dei Saraceni, da cui Siena fu immune, furono devastate
tutte le floride Città che sulla Costa Tirrena esistevano. Diremo
in oltre cosa che ognuno sa, che per la invasione di popoli Nordi
ci disparve la civiltà, e le Nazioni che avevano fiorito per dottrina
e per sapienza ricaddero nella barbarie; che Roma sotto il peso
della conquista abdicò la sua grandezza, e da reina del mondo di
venne la serva dei barbari, finché altre sorti non le assegnarono
una condizione distinta e giustamente dovuta alla memoria della
sua decaduta potenza. Questo vanto si deve al Cristiancsimo, che
fu il motore per il quale quei barbari s' incivilirono, e che preparò
agli uomini nuove sorgenti di civiltà e di progresso.
Si vuole che Siena pagana fosse convertita da S. Ansano circa
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all' anno 896, ma questa notizia pure é appoggiata sulle tradizioni,
ed é priva d' autorità (t). Egli soggiacque alle persecuzioni che so
gliono incentrare gli apostoli di una legge di verità. lina torre an
tichissima che trovasi a lato della Chiesa dedicata at culto, e che
porta il nome di questo Santo, si vuole che abbia servito a lui di
carcere , come si vuole il di lui martirio seguisse non lungi dalla
Città, in luogo detto S. Ansano a Dofana. Si vuole in oltre che
primieramente la Diocesi di Siena fosse istituita; dal Pontefice Gio
vanni l. Era nostro dovere il registrare queste notizie, ohe sebbene
autenticate dal tempo, pure mancano della sanzione di monumenti,
0 di scritti sopra i quali suole basarsi l' autorità della Storia.
Alla civiltà ed alle leggi Romane adunque subentrò il sistema
fendale, che sulle consuetudini e sulla forza si fondava; sorse sotto
tati auspicj il Regno dei Lombardi. Siena era sopravvissuta come
altre Città alta vandalica distruzione, il di lei fabbricato si concen
trava in Castel vecchio , che fu sicuramente il primo nucleo della
Città, quindi sorse in altro punto chiamata Val di Montone, quindi
m altro detto il Castetlare, e da questi avanzandosi in diverse dire
zioni venne ad ingrandirsi, ad accrescere la di lei importanza ; eb
be piazze, tempj sacri e fontane pubbliche, essa divenne una Città.
Neir~800 dell'era volgare, Carlo Magno scese in Italia, distrus-
se il Regno dei Longobardi e ristabilì I' impero dr Occidente. Egli
fu il primo a render libere molte Città , e Siena é in questo nu
mero. I di lui successori pare che non le fossero avversi , ma per
la decadenza dei Carlovingi nacquero guerre , vi furono usurpa
zioni, ed Ottone I. venuto dalla Germania profittando di quelle di
scordie, distrasse il regno di Rer.engario, e Siena o) tenne da que
sto conquistatore nuovi privilegi, ed egli fu che diede al popolo
per arme il Leone bianco in campa rosso. Come praticato avea
Carlo Magno, donò ai Baroni che lo aveauo seguito molte terre del
senese a titolo di fendo, e tale é l' origine delle più antiche fami-

(1] In una iscrizione incisa in pietra e che trovasi lungo il luo


go detto il fosso di S. Ansano si l&jge :
HIC UT TRADITUR S. ANSANUS SENEN : BAPT :
ANTE MARTÌRII COHONAM A. P. OCCHI
AB OLE! AC PICIS jESTU ILL t>rs EVAS1T.
2
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glie nobili Senesi, poiché col progresso della civiltà e coll' aumento
delle ricchezze lasciando la dimora dei loro Castelli vennero ad
abitar la Città . ove fabbricarono dei palagi , e separandosi dalla
moltitudine si arrogarono il potere , che per alquanto tempo non
venne loro contrastato (1).
Il Patriziato del medio' evo adunque sorse dai fendatari , ed il
loro governo, se privo di gloria e di giustizia, passò senza interne
divisioni; ma i privilegi stessi che andavano conquistando i Comu
ni erano fomite a quello spirito di libertà , e d' eguaglianza civile
che in quell' epoca divenne il primo bisogno dei popoli Italiani, per
cui non tardò a farsi sentire nelle classi inferiori il desiderio di di
vidersi coi Patrizi o Gentiluomini il supremo potere. Ma prima di
progredire nei racconti intendiamo fermarci sopra un fatto, che non
sembrerà estraneo alla Storia di Siena, quando si consideri che
trattasi di stabilire un principio fondamentale.
È fuor di dubbiili che i Governi municipali furono accordati
alle città da Ottone il Grande, e sotto il secondo ed il terzo degli
Ottoni la loro indipendenza acquistò progressivamente un maggiore
sviluppo ; infatti le città Lombarde furono le prime a scuotere il
giogo tirannico dei Baroni, dei Conti, e dei Marchesi, e quindi la
Toscana imitò quell' esempio , ma ci conviene ancora indagare le
ragioni che indussero quei regnanti a concedere quelle liberali isti
tuzioni, giacché non avvi effetto senza causa.
Ottone il Grande adunque dopo tanti tentativi riconobbe la
impossibilità di riunire la Lombardia all' Impero, poiché lo spirito
di libertà ed indipendenza ch' era sorto fra quelle popolazioni rin
vigorite dai costumi guerrieri dei conquistatori , si opponeva ad
amalgamarsi con una nazione reputata straniera e per la lingua
e pei costumi e per gl' interessi. L' Imperatore ricorse allora ad una
politica così saggia che sembrerebbe uscita dalla saviezza dell' an
tico Senato di Roma. Esso pensò dividere i governi della Penisola,
scordando ad ogni città diversi privilegi, ed una respettiva indi-
l.i miriì/:!. perché mantenendola in quello stato era facile. prevede
re che le gare municipali avrebbero indebolito quello spirito ca-

.'lj I Patrizi furono ancora distinti col titolo di Grandi di Siena.



vaHeresco da cai erano i popoli animati. Istituì adunque un siste
ma politico. di cui si aveva un esempio nella Grecia antica, siste
ma, che si opponeva ai principj di unità nazionale, ma col quale
sarebbero sorte divisioni e gare municipali , fomiti tutti di debo
lezza, da cui P Impero traendo partito poteva tosto o tardi dominar
colle armi qaei popoli, che uniti per mezzo di leggi comuni in una
sola famiglia , potevano divenir formidabili all' Impero stesso , e
questo gran piano sottile , ingegnoso , coadiuvato dallo stesso spi
rito di libertà di quell' epoca, sarebbe stato d'ai sncccessori di Ot
tone condotto a compimento, se pure una forza non sorgeva iu
Itatia che atle mire ambiziose validamente si opponesse;
Questa forza , quando l' Italia si vide minacciata dalle impe
riali invasioni , la trovò allora nello spirite religioso . piuttosto che
nelle armi proprie, poiché i Pontefici, col fine di tutelare i loro di-
dritti conculcati, impiegarono la potenza sacerdotate a sostegno di
quei Municipi, che da ogni soggezione imperiale tentarono di eman
ciparsi, e facendo causa comune il sacerdozio e la libertà a vicenda
si sostennero. Fu cosV che i Pontefici diedero il prim' esempio della
unificazione di due principi che non sempre andarono fra loro concordi;
e se le divisioni fra la Chiesa e l' Impero furono per ualatofatalissime,
dall' altro stabilirono un equilibrio eli forze, che salvò le libertà.
Nell' incominciare det secolo duodecimo questi Muuicipj si co
stituirono in vere Repubbliche, e fu solo allora che incominciarono
a svilupparsi tutti i vantaggi come tutti i vizi che sono nella na
tura dei governi democratici, e per sventura fu in mezzo all' im
perversare di continue rivoluzioni interne, e di gare impolitiche che
si formò il carattere nazionale.
Fra le prime notizie certe che troviamo del Comune di Siena,
si é un ordine del Console Bandinelle Bandinelli (1) emanato nel-
l' anno 1040, e col quale volle che nelle solennita lo accompagnas
sero due Comandatori vestiti iu toga di colore scarlatto colla bac
chetta in nnino. e colla balzana in petto. e quattro Trombetti iu
divisa turchina e verde (2), tatché puossi asserire che il Governo

(1} Quest' antichissima famiglia che si rese tanto celebre. e dalla


quale sono discesi i Paparoni e i Cerretani é di orir/ine. francese.
(2) In seguito poi questi Trombetti vennero chiamati Donzelli.
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della città, seguendo le tradizioni romane, risiedeva nei Consoli, o
questo fu chiamato il Governo degli Ottimati.
La prima necessità di questi Comuni si fu quella di circondare
il fabbricato di mura, onde difendersi dai nemici esterni nelle guer
re fraterne che insorsero. Il circuito delle mura di Siena, in con
seguenza del progressivo aumento della popolazione, fu accresciuto
per ben sette volte, l' ultima unil' anno 1248. Il Repetti nel suo
dizionario geografico , fisico e politico della Toscana da un esatto
ragguaglio delle epoche e della estensione degli accrescimenti ope
rati ; Per
per meglio
non dilungarci
provvedere
di troppo
alla difesa
crediamo
delle città
inutilefuil necessaria
trascriverlo.
la

istituzione di ordini militari ; la cavalleria fu assegnata come pri


vilegio ai Gentiluomini, e la infanteria fu presa negli attri ordini
dei Cittadini.
Per simbolo di guerra fu adottato dagl' Italiani il Carroccio ,
che era un carro pesante, tirato dai buoi : ogni città ebbe il suo,
e questo vessillo fu sacro alla patria, ed affidato alla custodia delle
milizie procacciava uu centro di unità e di difesa.
Fu pure istituito I1 ordine giudiciario per decidere le contro
versie che insorgevano fra i Cittadini, e le cause Criminali, e cosi
sorsero i Potestà , che per un tempo ritennero ancora il governo
degli ordini Militari, e guidarono in campo gli eserciti. Intanto si
dava
giore imparzialità
un ordine allee leggi
senzaed riguardi
ai patrii potessero
statuti ; ed
la affinché
giustizia con
ammini
mag-.

strare la esperienza del tempo suggerì ai Senesi l'idea di nominare


a questa dignità un estraneo alla cittadinanza loro, che unisse ai
pre^i della toga quelli della spada.
lu Siena per supplire alla parte amministrativa fu istituita la
Biccherna. Ci dice il Tommasi che questa voce derivante dal te
desco significa « luogo ove si conservano i libri delle pubbliche
entrate ». Questa magistratura fu composta di quattro Provveditori,
e del Camarlingo del Comune, ed invalse l' uso che quest' ultima
alla fine del di lui uffizio lasciasse una tavola dipinta che appresentas-
se qualché fatto memorabile accaduto durante la sua residenza (1).

(1) Di queste tavole dipinte se ne vedono una quantità disposte


in una delie sale del palazzo comunale.
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Mentre per altro si organizzavano gli ordini dello Stato, e si
sviluppava uno spirito di libertà fra la popolazione, era naturale ,
che i cittadini tollerar non potessero l' esclusivo privilegio di go
vernare, che risiedeva unicamente nei (Gentiluomini ; ma prima di
parlare delle rivoluzioni che incominciarono di buon ora a turbare
l' animo dei Cittadini e che tanto contribuirono alle pubbliche sven
ture, ci piace di far cenno del carattere e dei costumi dei Senesi,
non che della divisione topografica della città, e della classazione
degli ordini dei cittadini.
Il carattere dei Senesi fu volubile, vivace, giulivo, impressio
nabile : il sommo Dante disse
or fu giammai
Gente sì vana come la Sanese ?
Certo non la Francesca sì d' assai
INFKHNO C. XXIX.
ed altrove così si esprime:
Tu gli vedrai fra quella gente vana
Che spera in Talamone , e perderagli
Più di speranza, che a trovar la Diana. (1)
Il sommo poeta conosceva i Senesi, poichéPURGATORIO
in SienaC.dimorato
XIII. nvea.

prima che incominciassero le sue peregrinazioni in conseguenza


dell' esilio che per spirito di parte ebbe dalla Patria unitamente al
padre del Petrarca.

(1) Si fa alIusi ime ad un pozzo di cui si trova memoria nel


T. 136 dei Consigli di Biccharna Classe E anno 1527, ed allorquan
do per decreto pubblico fa incominciata la fabbrica del Convento de
dicato a S. Maria del ('armelo, dovendosi creare un pozzo, fu fatta
una profonda escavazione onde rinvenire una vena d' acqua, che se
condo le tradizioni antiche uvea hi sua sorgente in Castelvecchio at
lato del Tempio della Dea Diana, ed andava a perdersi per vie sot
terranee nel prossimo torrente detto la Tressa; la vena non fu rin
venuta, e si può vedere anche ai dì nostri il lavoro eseguito. Da que
sto fatto e Dante e Boccacio hanno preso ardimento per deridere i
Senesi, secondo lo spirito di rivalità municipale. proprio dei loro tem
pi, e dal quale anche le menti più illuminate non poteww
22
Noi, rispettando una tale autorità, diremo bensì che i Senesi
si distinsero per il franco vivere . la giovialità dei modi , e per la
lealtà che divenne proverbiale. La vivacità dello spirito poi contra
stava colla severa architettura del fabbricato della città, giacché
per quanto in parte cambiato ai giorni nostri pure da quanto
resta si può conoscere la gravità della sua costruzione, resa ancor
più severa da una selva di torri che sono state demolite.
La Repubblica accordava ai Cittadini in ricompensa di azioni
generose la facoltà di fabbricare una torre , come i Greci ricom
pensavano gli eroi col dono di una statua.
La divisione più confacentc alla sua configurazione topografica
si fu in Terzi , mentre la Città si estende in tre raggi , il di cui
punto di partenza è al luogo detto la Croce del Travaglio , e così
quello che si dirige alla porta S. Marco per andare nelle Maremme
Senesi fu detto Terzo di Città ; l' attro che si spinge alla porta Ro
mana fu detto Terzo di S. Martino , e V ultimo fu detto Terzo di
Camollia, che é quel raggio che conduce alla porta di questo nome
sulla direzione di Firenze. Ebbe ancora la Ci Uà una divisione di
Contrade o Compagnie: (1) ciascuna fu decorata di un vessillo con
particolari colori ; esse giunsero, comprese quelle dei pressi o mas
se della Città fino a sessanta. Anticamente gli abitauti di queste
Contrade avevano l' obbligo di prendere le armi ad ogni pericolo
detla Patria, e sotto la condotta dei loro capitani accorrere alle
mura e fuori a combattere contro i nemici; e non era soltanto la
gioventù animata dallo spirito guerriero, ma tutti gli uomini validi
fino ai 70 anni erano chiamati dallo stesso dovere.
Le denominazioni poi di queste Contrade stanno in armonia
colla semplicità delle idee dei tempi , in cui esse furono istituite ,
poiché in luogo di nomi enfatici derivanti dal greco , o dal latino
i Senesi adottarono per distinguerle dei vocaboli , coi quali si no
minano italianamente alcuni animali che esistono in natura.
Una terza divisione venne progressivamen te a complicare la
organizzazione interna della Città, ch'era classata primieramente

(1) Questo divisione la conserva ancoro at dì nostri; le Contrade


sono ridotte soltanto a diciassette.
23
fra Ottimati o Gentiluomini. e Cittadini: altri ordini s'immagina
rono, e furono chiamati Monti (1).
Quando il popolo minuto fu geloso dei Patrizi divenuti potenti
per accumulate ricchezze, non pensò ad evocare la legge agraria ,
e la divisione dei beni, anzi ebbe il più gran rispetto per la pro
prietà ; essa era colpita dalla confisca soltanto in casi di ribellione,
ma la condanna non era dall'arbitrio esercitata, ma dalla legge sta
bilita. Fu pensato adunque a bilanciare la potenza che nasce dalla
ricchezza colla forza materiale che sorge dalle masse, e ottennero così
un equilibrio col quale crederono di trasferire in tutti i ceti la par
tecipazione al potere; ma se da una parte realizzarono questo van
taggio, dall' altra crearono una causa permanente di collisioni fra i
diversi Monti, così che quello dei Nove fu abbattuto dall'altro dei
Dodici, talora quello del Popolo prendeva il di sopra, poi vennero i
Reformatori, poi gli Aggregati, e come vedremo, fu una lotta con
tinua di piazza, che spesso condusse la Hepubblica agli eccessi delt'a
narchia. Non fu mai possibile far rappresentare gli Ordini per eguai
porzione, lo che avrebbe potuto conciliare le esigenze di ciascun
Monte, che anzi tutti assetati di un dominio speciale se lo contra
starono con ogni possa, e se qualche volta fu tentato questo reparto
razionale , la misura ebbe assai breve durata. E questo spirito di
dominio fu la lebbra comune di tutte le Repubbliche Italiane, ma
quella di Firenze sebbene diminuita dallo spirito delle fazioni. pure
portando alla pubblica rappresentanza i capi d' arte chiamati i Priori
delle libertà, raggiunse lo scopo cui miravano i Senesi senza in
correre in altre divisioni , che alterassero la natura del Governo
Democratico. Quello che si può dire della istituzione dei Monti si
é ch' essa é in se stessa originale , e che differisce nelle forme e
nella sostanza da quante altre in quei tempi di grandezza e di
miseria furono dai Municipj Italiani architettate.
I Senesi ebbero una tendenza particolare al festeggiare. Essi
predilessero sempre i pubblici spettacoli: primieramente fecero pla
uso alla caccia dei tori, quindi alle corse delle bufale che si ese
guivano nella piazza del Campo, così chiamata anche da Dau-

[1/ Questo vocabolo viene da moltitudine.


2t
te (1). Questo spettacolo fu poi convcrtito nella Corsa dei Fantini
a cui intervennero le Contrade (2).
Uno spettacolo di altro genere, ch' ereditarono sicuramente dai
costumi dei Romani, i Senesi rappresentarono, vogliam dire la lotta
dei pugni , o pugillato. Esso serviva a sviluppare il coraggio per
sonale, nessun altro vantaggio racchiudeva. Il campo era diviso fra
Bianchi e Rossi, né sappiamo indicare da quat causa nascesse una
tal divisione. La cosi detta pallonata che si eseguiva pure nella
piazza del Campo', era tal giostra, che spesso per la ostinazione
delle parti si converi iva in una vera battaglia combattuta colle ar
mi della natura; crediamo superfluo il trattenerci più a lungo eoa
dettagliate particolarità (3).
Volendo progredire con ordine sulla narrazione dei fatti più no
tevoli accaduti in Siena .ci convien notare che nell' anno 1059 fu
tenuto nella Cattedrale un concilio, at quale intervennero 130 Ve
scovi eh' clessero Pontefice UH Oberando Arcivescovo di Firenze ,
che assuuse il titolo di Niccolò II., e fu stabilito, che d' allora in
poi l'elezione dei Papi dovesse appartenere di dritto ai soli Cardi
nali. Questa disposizione venne confermata più tardi nel Concilio
Lateranense sotto il Pontificato di Gregorio VII.
La Città sebbene avesse gradatamele prosperato sotto il Go-

{{) Quando vivea più glorioso , disse ,


Liberamente nel Campo di Siena
Ogni vergogna deposta . s affìsse. PUHG. C. XI.
(2) Questa Corsa esiste tuttora ed é bella per lo spirito che vi
presta il popolo , e per il magnifico anfiteatro in cui vien convcrtito.
la piazza del Campo. E questa festa come la istituzione delle Contrade
sopravvissero alla caduta della Repubblica, onde convien riguardarle
come vecchi mobili che si sono conservati in mezzo al rinnuovamento
dei costumi , ma e.sse ritengono , sebbene in meschine proporzioni. un
avanzo di quelle divisioni , e/ie furono tanto fatali alta Repubblica ,
poiché sono fomite di partiti e di gare . cìie sovente mettono in col
lisione i cittadini.
(3) Questa lotta fu soltanto abolita sotto I' Impero Francese ; si
eseguiva in certe epoche nel Prato di S. Francesco , ed anche di
Sanf Agostino.
ss
verno degli Ottimati si disponeva a nuovità, giacché i cittadiai,
come abbiamo altrove indicato aspiravano ad entrare a parte della
pubblica amministrazione, e come suole accadere in tutte le rivo
luzioni, incominciarono alcuni a cospirare: l'agitazione guadagnò le
menti, si fece generale, vi fu tumulto, dal quale ne derivò l' abo
lizione dell'autorità Consolare, e fu invece creato un Magistrato
di 24 individui metà Nobili, e metà Cittadini. Nell'anno 1147 fu
istituita la carica di Capitan di popolo, eligibile a tempo dal Con
siglio generale coll' attribuzione di soprintendere e presiedere il Go
verno sia in tempo di pace , come di guerra , e contemporanea
mente si formò il Consiglio di credenza, ossia Consiglio Segreto. nel
quale doveansi esaminare gli affari pubblici , prima che venissero
portati al Consiglio generale; questo fu detto della Campana, per
ché appunto si convocava ogni qual volta era chiamato dal suono
della campana maggiore. Sotto questo nuovo Reggimento la Repub
blica prosperò; fu aumentato il di lei dominio coll' acquisto delle
terre di Poggibonsi e di Staggia ; il Castello d' Orgia fu pure do
nato dalla famiglia Ardengheschi; altre terre e castella ambirono la
raccomandigia della Repubblica, e ne divennero tributarie pagando
certi determinati balzelli, fra i quali si trova sempre l'obbligo di
offrire una quantità di cera alla Cattedrale per la festa titolare del-
l' Assunzione che si celebra nel mezz'Agosto, e questa clausola pas
sata in consuetudine, vien riprodotta in tutti i trattati che passa
rono con tutti i Governi delle terre e castella del dominio e contado
sanese. Somministravano i loro contingenti in caso di guerra, pa
gavano tributi, nel resto erano indipendenti: in questo numero
noteremo principalmente Massa, Sovana, Grosseto, Montalciuo, e
l' ostinato Montepulciauo, luoghi tutti che per incessanti ribellioni,
costarono, come vedremo, tanto sangue, e tanti sacrifizi alla Repub
blica. di Siena; atcune altre Città si distinsero nel serbare ad essa
una fedeltà intemerata fino atla di lei gloriosa caduta (1).
Furono rivendicati alcuni diritti sopra la terra di Radicofani,
allora tenuta dulia Chiesa: fu per questo necessario muover delle

(1) In ricompensa della fede serbata alla Repubblica la terra delle


Serre e di hapoia.no ottennero il privilegio di aggiungire la Lupa
allarme propria.
26
truppe a quella volta, ma per una convenzione coll'Abate dell'Ala
badia S. Salvadore furono le differenze appianate, ed i dritti della
Repubblica furono riconosciuti.
1.' incremento di una Citta si può dedurre ancora dagl'istituti
e dai fabbricati che sorgono ad abbellirla.
Fino ah" anno 676 esisteva lo Spedale di S. Maria della Scala,
e ci convien notare su tal proposito che questo stabilimento di pub
blica beneficenza fu fra i primi a sorgere in Italia. Le sue carita
tevoli istituzioni, che andarono col tempo perfezionandosi, destarono
l' altrui ammirazione, e furono adottate in stabilimenti congeneri ,
e sebbene ad alterar si venga l'ordine Cronologico, pure ci sem
bra questo il luogo di osservare la donazione fattagli di tutti i suoi
beni nel 27 Luglio 1318 da Messer Jacopo figlio di Cristofano Man
cino, e che questo Spedalengo fu da alcuni equivocato con Jacopo
Bencivenni ch' era stato Rettore dello Spedale medesimo. Trarremo
argomento da queste notizie per dedurre ancora che una Città ca
pace di fondare di buon ora uno istituto a sollievo dei malati
che alle classi indigenti appartengono, non solo somministra una
prova di savia antiveggenza e di uno spirito caritatevole , ma di
più iià incontrastabile indizio ch'essa era a quell'epoca ad una es
senziale importanza pervenuta, per cui vieppiù ci pesa nell' animo
la ignoranza delle sue primitive vicende.
Nell'anno 1193 sorgeva per comodità dei mercanti la Fonte
Branda, ricca di acque, che con tanto. dispendio furono colà con-
dotie dalla sorgente di Fonte Untoli lontana 10 miglia circa dalla
Città.
Per far circolare quest' acqua, onde maggiormente servisse ai
comodi dei cittadini, furono costruiti dei canali sotterranei , chia
mati bottini, per mezzo dei quali furono alimentate le acque delle
pubbliche fontane, e delle cisterne dei privati. Una gran conserva
d' acqua fu pure costruita , onde affrontare le siccità che in certe
stagioni si riproducono , opere tutte magnifiche che destarono la
maraviglia perfino di Carlo V. allorquando nel di' lui passaggio per
la Città di Siena le visitava.
Netl'anno appresso si diede principio alla fabbrica di una Do
gana, che fu poi convertita in palazzo della Signoria. cosicché fin
dall'anno 1178 furono in Siena iutrodotte le gabelle col fine di
27
provvedere alle spese dei Ponti e Strade che andavano costruen
dosi e migliorandosi, e frattanto, riempiendo i fossi, e livellando il
terreno, si dava cominciamento alla piazza maggiore.
A Montieri , ed in quei monti comunemente chiamati le Cor
nate di Gerfalco furono ritrovate delle Miniere d'oro e d'argento,
dalle quali la Repubblica seppe ritrarre un utile equivalente all' im
presa (1), e l'erario pubblico fu spesso sovvenuto nei suoi bisogni
dai benefizi da quelle miniere realizzati. In alcuni tempi esse fu
rono date in appalto ad avveduti speculatori che con queir indu
stria si arricchirono.
Com' era accaduto in Firenze, pure in Siena furono organiz
zate le associazioni artistiche comunemente chiamate Maestranze;
esse furono divise in maggiori e minori ; fra le prime figuravano
1' arte della lana , e della seta che giunsero ad un grado di per
fezione mediante gli operaj Milanesi che quivi si refusarono all'e
poca della distruzione della loro patria ordinata dall'Imperator Fe
derigo Barbarossa (2); le altre, come di fabbro, di falegname, di
muratore furono annoverate fra le seconde ; i capi ossiauo i Ma
gistrati che in certe determinate epoche veniano cambiati a libero
voto , aveano la tutela delle istituzioni che tendevano a promuo
vere con ogni mezzo l' industria manifatturiera ed il commercio.
Tale era presso a poco lo stato florido di quei primi tempi della
Repubblica, nei quali gli animi non avvelenati ancora dallo spirito
di fazione, erano intenti a migliorare la condizione propria e quella
della patria, ma ben presto cambiò questo stato di prosperità, ed
alla pace, al tranquillo vivere subentrò la discordia interna ed ester
na , si suscitarono feroci partili , gare municipali , odj di famiglie,
mali tutti che cagionarono incalcolabili sventure non solo a Siena,
ma all' Italia tutta , ove sotto a varie forme si appalesarono.

(1) Sotto l' Impero Francese furono per ordine del Governo quelle
miniere nuovamente esplorate da intelligenti periti ; essi ritrovarono
totterranee gallerie con tutta la regolarità costruite , senza di che
non avrebbero potuto resistere al tempo , ma fu giudicato essere la
miniera esaurita.
(2) / corpi if arte furono in Toscana definitivamente aboliti dal
Gran Duca Leopoldo I. nell'anno 1777 quando aveano perduta la
loro importanza.
28
Erano già sorte le divisioni fra la Chiesa e l'Impero a causa
della investitura delle primarie cariche ecclesiastiche; i Pontefici si
ostinarono a conservare un dritto che era loro appartenuto, gli Im
peratori contrastavano questo stesso dritto , e riguardandolo come
abusivo voleano appropriarselo esclusivamente ; i Pontefici Grego-
rio V. come ancora Niccolò II. erano intervenuti a regolare la ele
zione al Trono Imperiale , e questo intervento fu pure causa di
dissidi , ma in fine le differenze furono per il momento conciliate
ed il Pontefice incoronò l'Imperatore Enrico III., ma sotto il di lui
regno tornarono di nuovo con maggior potenza a manifestarsi. Alla'
di lui morte suo figlio che venne eletto Imperatore sotto il titolo
di Enrico IV. non solo volle sostenere le controversie già esisten
ti , ma dalle discussioni passò alle minacce contro Gregorio VII.
Questo Pontefice ch'era lldebraudo di Sovaua, figlio di un povero
artigiano era dotato dalla natura di un carattere fermo, intrapren
dente, attivo, e mentre g!' Imperatori miravano a frenare le inva
sioni dei Papi , e diminuire le loro prerogative , questi al contra
rio tendevano ad aumentare la loro potenza , e Gregorio VII. a
traverso i pericoli che affrontò , i disastri a cui soggiacque compì
questa grand' opera. Egli fondò la vera potenza della Chiesa.
lu mezzo a quelle controversie la Cristianità tutta si divise in
due campi ; in Germania il Duca di Sassonia , ed il Principe Bavaro
Weld si dichiararono per il Pontefice . e questo partito si chiamò
Guelfo ; gli elettori che si mantennero fedeli all' Impero formarono
un' altro partito che si chiamò Ghibellino.
Per non parlare del resto d'Italia diremo che la Toscana pure
si divise, e ciascuna delle sue Città abbracciò un partito: Firenze
fu Guelfa , Siena Ghibellina , tanto bastò ad alimentare la rivalità
fra loro. I Ghibellini Italiani pretendevano dare unità politica al
loro paese appoggiandosi alle forze dell'Impero; i Guelfi miravano
a conservare i Comuni e le conquistate libertà ponendosi sotto la
protezione dei Pontefici; e gli uni e gli altri s'ingannavano; e per
maggiore sventura non si trovarono le sole Città divise di partito
l' una dall'altra , ma nel loro interno i Cittadini, le famiglie dichia
randosi , o per l' uno , o per l' altro fanaticamente combatterono ,
e macchiarono di sangue fraterno !e pubbliche vie.
Lm icu sdegnato coulro il Pontefice scese io Italia con formi
29
(tabili; esercito, ma colpito dai fulmini della Chiesa si trovò abban
donato dai suoi seguaci , talché quella scomunica fu per lui più
fatale di dieci battaglie perdute; gli fu forza cedere, ed implorando
l'assoluzione si ridusse a piedi scalzi nel cuor dell' inverno uel Ca
stello di Canossa ed ottenne perdono dal Pontefice dopo un digiuno
di più giorni consumato nel cortile del palazzo.
Tante umiliazioni irritarono maggiormente l' animo d' Enrico ;
infatti appena ritornato in Germania riuniva un nuovo esercito ,
col quale tornando in Italia si diresse verso Roma. Lo spirito di
vendetta a lui consigliò l'idea di fare eleggere dai Vescovi che gli
erano rimasti fedeli un antipapa che fu Clemente III.
Roma non volle , o non seppe opporre valida resistenza . per
cui Gregorio fu assediato dall' armata nemica in Castel Sani' An
gelo da dove poté fuggire salvato dat Guiscardo. Egli ritirassi a
Saterno ove moriva pronunziando queste significanti parole. Ltilexi
justitiam , et odi iniquitatem , propterea morior in exilium.
Intanto Enrico ebbro della sua vittoria si faceva incoronare dal
suo Antipapa in S. Giovau Laterano.
Reduce da Roma Enrico si arrestò in Siena col suo eserci
to , ove fu soccorso d' armi e di vettovaglie. Di quà si spinse
contro Firenze ch' erasi a lui mostrata nemica, ma l' avvicinarsi
di un esercito spedito dalla Contessa Matilde in difesa del Papa ,
distolse l' Imperatore da quell' impresa. Da questo fatto ebbe ori
gine la fiera inimicizia fra Firenze e Siena.
A Papa Gregorio VII. successe , ma per poco tempo Vittor-
re III. , e ad esso Urbano II Questo Pontefice dotato di un ca
rattere energico fece predicare nei Concilj di Piacenza e di Cler-
niont la prima crociata contro gl'infedeli , così la Cristianità tutta
s'infiammò di un santo zelo, tatmente che il partito Guelfo si rialzò
da quell' abbattimento in cui era caduto. l Senesi concorsero nu
merosi fra i crocesiguati sotto il comando di Domenico e Ruonifa-
zio Sgricci, e poi di Filippo Mala volti; ed abbandonando la patria,
che dovea essere dalle fazioni dilaniata , iuvece di tutelarla anda
rono fanaticamente a combattere in quella estranea terra, che fu
cuna al Cristianesimo, contro chi non provocava l'altrui inimicizia,
e solo invitati dalla conquista del Santo Sepolcro.
Alla morte di Urbano II. fu eletto Papa Pasquale IL, che si
30
rese terribile ad Enrico , perché contribuì alla ribellione del figlio
contro il padre e la vendetta fu completa, giacché Enrico vinto in
una battaglia campale dovette cedere il trono ad Enrico V. , ma
quando il nuovo monarca ebbe cinta la fronte detla ooroua impe
riale si rivolse contro l'istigatore del suo misfatto, fece prigioniero
lo stesso Pasquale II., che per ottenere la libertà fece cessione del
drilto d'investitura dei Vescovadi, e delle Abbazie dell'Impero,
purché fossero concesse senza simonia. Finalmente ogni divergenza
fu conciliata nell'anno 1132 alla pace di Worms , nella quale fu
stabilito che il dritto d'investitura rimanesse al Pontefice, ed agli
Imperatori restò l'investitura dei beni signorili spettanti alle Chiese
dell'Impero; non per questo furono sedati gli odj di parte, che anzi
lo spirito di fazione e di partito rimasero minacciosi e terribili.
Durante le narrate divergenze, vieppiù eranzi inaspriti gli odj
municipali in Toscana. Appena Enrico ebbe lasciato le terre dei Fio
rentini per andare a combattere, come si é detto, l'esercito della
Contessa Matilde, essi rivolsero le armi loro ai danni di Siena, s'in
contrarono le parti a Leccete (1082) e venute a fiera pugna i Fio
rentini rimasero soccombenti , molti di essi furono uccisi , i supre-
stiti salvaronsi con una precipitosa fuga. I Senesi conservavano
queir umor guerriero che avevano ereditato dai Romani, erano valo
rosi in campo, ond'é che la loro amicizia era ambita dalle città To
scane, specialmente per quelle che Carteggiavano per l'Impero; in
fatti i Pistojesi essendo stati battuti dai Fiorentini ricorsero all'ajuto
dei Senesi. Essi s'interposero da prima come mediatori fra le parti,
ma non essendo stato possibile conciliare le differenze , spedirono
lor genti in soccorso di Pistoja. Al giungere delle armi ausiliario i
Pistojesi ripresero ardire e vinsero in più scontri i loro nemici; con
tinuò questa guerra con varie sorti, per cui le inimicizie si accreb
bero , «d il sangue sparso alimentò quei rancori che altro sangue
chiedeano. Ma frattanto per la chiarezza e per l' ordine degli av
venimenti ci convien trasportare la mente del lettore in più. vasto
campo.
Alla morte di Corrodo lll. era stato eletto Imperatore di Ger
mania Federigo Barbarossa ; la Lombardia come la Toscana era agi
tata dalle municipali discordie , i Milanesi avevano quasi distrutta
la città di Lodi. Federigo giovane , attivo , assetato di gloria , ab
31
bracciò la causa dei Lodigiani col (ine di profittare di quelle di
scordie, onde ridurre gli Stati all'obbedienza dell'Impero, dal quate
eransi emancipati. Scese duuque in Italia con poderoso esercito,
devastò il Milanese, saccheggiò Tortona ed altre città, e si dispo
neva a spingersi verso Roma , rendendosi terribile ovunque con
tratti inumani esercitati dalla ferocia dei suoi soldati. Roma erasi
resa indipendente dai Pontefici , ed Arnaldo da Hrescia sollevando
il popolo lo avea svegliato a libertà.
Federigo giunto sotto le mura della superba citta , attaccolla,
ma dopo tanti sforzi una sola parte della città conquistò ; allora
fu incoronato da Adriano IV. nella Basilica di S. Pietro , ma la osti
nata difesa dei Romani l'obbligò ad abbandonar quell'impresa. Ar
natdo da Hrescia tradito da un amico fu consegnato a Federigo ,
che abhandonollo alla vendetta di Adriano; l'apostolo della libertà
Romana fu bruciato vivo. Federigo retrocedette per la via della
Toscana , e Siena città amica lo accolse liberalmente , ed ottenne
da lui il privilegio di occupare e distruggere tutti i castelli dei fen-
datari intorno alla città entro un raggio di dodici miglia, quindi esso
passando per il Lucchese si ridusse coll' esercito intorno a Crema.
Morì in questo tempo il Pontefice Adriano IV. ed ebbe a suc
cessore Orlando di Rauuccio Bandinelli de' Nobili di Siena, che as
sunse il titolo di Alessandro III.
Egli aveva avuto dei dispareri coll' Imperator Federigo, all'e
poca in cui fu legato del Papa alla Corte Imperiale. Di più avea
presso il PonteGce sostenuta la causa di Guglielmo II. della Casa
dei Normanni. Re di Napoli e di Sicilia, che in concorrenza con Fe
derigo pretendeva di essere eletio Imperatore. Si suscitarono adun
que i rancori antichi , nacque inoltre uno scisma nella Chiesa, per
cui fu eletto per antipapa Oltaviano Nobile Romano , che prese il
titolo di Vittorio III.
L' Imperatore sebbene avesse lasciato l' Italia per ritirarsi in
Baviera pure non era straniero a queste mene col fine di profit
tare di ogni differenza , che a lui porgesse il mezzo di assoggettare
l' Italia : infatti vi scese con nuovo esercito , e la città di Crema
fu la prima a pruovare pii effetti dell' imperiale furore.
I Milanesi aveano fatta alleanza con Alessandro III., l'antipapa
Vittorio erasi rifugiato a Pavia sotto la protezione dell'Imperatore,
391
essi si scomunicarono a vicenda, e Milano fu messo al bando del-
l' impero ; Alessandro intanto col favore di Filippo Re di Fran
cia , del Re d' Inghilterra , e di Guglielmo Re di Napoli coi quali
erasi collegato, ritornò a Roma, ove fu dal popolo applaudito, mentre
Federigo ern abbandonato dalla maggior parte dei suoi vassatli. Essi
erano stanchi di una guerra inattiva. ed illustrata soltanto dal com
battimen(o di Bassano, net quale restarono le sorli indecise, onde
fu costretto a rimanere inoperoso, finché rinforzato nella primavera
da cento mila uomini conquistò Milano , di cui egli ordinò la di
struzione , fatto atroce che sparse it terrore in tutta Italia.
Nel 1163 Federigo tornò in Italia non per conquistare, ma an-
nunziandosi ai popoli apportato^ di pace. Infatti egli conciliò le ver
tenze che esistevano fra Pisani e Genovesi , ma le città Lombardie.
tiranneggiate dalle imperiali vessazioni si strinsero iu alleanza col
line di liberarsene : fu così che la Lega Lombarda ebbe vita , il
Pontefice Alessandro ne fu iniziatore.
Federigo intanto col suo esercito da Ancona si portava verso
Roma: giunto colà attaccò la città Leonina che si arrese: il Papa
era fuggite a Benevento. Fin quì la sorte arrideva a Federigo, ma
venuta Pestate un epidemia si sviluppò nel suo esercito e ne mo
rirono perfino i personaggi più distinti. Tali perdite furono un colpo
terribile per Federigo, la fortuna a lui volgeva le spalle; con gli
avanzi adunque della sua infiacchita armata lasciò Roma, e pren
dendo la via della Toscana per il Lucchese, e la Val-di-Magra giunse
a l'ontremoli , che gli chiuse le porte. Fu costretto così ad impe
gnare il suo esercito fra le stivite gole degli Appennini e dopo tanti
disagi si ridusse a Pavia.
Intanto Milano risorgeva datle sue rovine , e si edificava una
nuova fortezza, che dal Pontefice fu chiamata Alessandria della
Paglia.
Federigo sitibondo di vendetta era tornato in Germania onde
riunire nn nuovo esercito £ condurlo in Italia.
In questo tempo in Toscana. duravano ancora le discordie fra
Senesi e Fiorentini per causa dei confini. Intervenne il Pontefice a
sedare quelle meschine gare, e con un Breve determinò la linea
che divider doveva' i due Stati. Appena terminata questa questione
un'altra ne insorse, nella quale si trattava del dominio di Monte
33
pulciano : i Senesi affacciavano dei dritti di possesso che i Fioren
tini negavano ; gli animi tornarono ad inasprirsi e si venne alle vie
di fatto. Le truppe si scontrarono presso Asciano, e nella fiera lotta
che ne successe furono battuti i Senesi; ma gli eventi della guerra
Lombarda, da cui pendevano le sorti future d'Italia, assorbivano
l'attenzione delli stati. per cui scesero agli accordi. e fu conve
nuto che la metà del Castello di Poggibousi appartenesse ai Fio
rentini , che l' altra metà colla pieve di S. Agnese , che era stata
edificata da Ranieri Vescovo di Siena, restasse ai Senesi, i quali per
altro dichiararono , che non avrebbero giammai impugnate le loro
armi contro l'Imperatore (H75). Di tutt' altro adunque fu trattato
e fu creduto prudente per il momento di lasciar sospesa la que
stione di Montepulciano con animo di agitarla a tempo più oppor
tuno ; così queste tregue erano piuttosto dettate dalla necessità ,
che suggerite da savia e leale politica.
Federigo era sceso in Italia con nuovo esercito per osteggiare
le ribelli città Lombarde; incominciò d;d prendere e disfare la città
di Susa , quindi andò a porre l' assedio ad Alessandria.
Questa. fortezza per quanto non terminata , pure per la sua
posizione e per quanto in fretta fosse stata edificata, presentava una
valida difesa; Federigo peraltro non Pavea a sufficienza calcolata,
poiché spinse i suoi soldati imprudentemente all'assalto, nel quale
furono respinti.
Le pioggie erano continue e dirotte, l'inteusità del freddo cre
sceva a dismisura, le nevi, il gelo accrescevano le molestie all' ar^
mata assediante , le vettovaglie incominciavano a mancare, incon
trando impedimenti per giungere al campo , pure l' Imperatore si
ostinava in quella malagevole impresa. Egli tentò di far penetrare
i suoi soldati m città per mezzo di una galleria sotterranea, ch'era
passata inosservata agli Alessandrini , ma furono ributtati ed inse
guiti; dopo di che l'Imperatore si risolse a levare l'assedio per ri
tirarsi in Pavia. L'armata dei confederati avanzava; nella Domenica
dello Palme erasi accampata presso Tortona. Intanto l' Imperatore
rinforzato da nuove (ruppe venute a lui dalla Germania, volle mi
surarsi coi nemici , ma nella celebre giornata di Legnano la sorte
fu avversa alle sue armi, ed eidi stesso che aveva combattuto da
prode nelle prime file, dovette alla velocità del suo cavallo la pro-
3

pria salvezza. Egli ricomparve a Pavia solo, avvilito, e quell'uomo
altoro, feroce, che per ventidue anni aveva devastata V Italia con
scite eserciti che vi avca condoni , fu costretto a chieder pace.
Alessandro HI. recossi a Venezia, e colà furono aperte le pri
me tratlative d'accordo. Tosto che fu convenuta una tregua di sei
anni il Pontefice accondiscese a ricevere il vinto Imperatore , che
curvatosi in atto umile ricevette l' abbraccio di pace: così due Pon
tefici Senesi ebbero il vanto di sottomettere due poteutissimi Im
peratori. Le tratlutivc di una pace definitiva continuarono, ed in
fme si compirono a Costanza (25 Giugno 1183) e con quel trattata
furono detcrminati i dritti reciproci della Chiesa e dell' Impero, e
. quelli delle citta Lombarde ; ma la lega che avea un sì bel trionfo
ottenuto, invece di costituirsi sopra solido basi permanentemente,
si disciolse, e la città di Tortoua fu In prima a distaccarsene; mancò
sempre agl'Italiani lo spirito di unione, e ciascuna delle loro città
si compiacque di un indipendente isolamento.
ll Pontefice dopo l'accordo concluso a Venezia tornossene a Ro
ma, ove gli animi eransi a quiete disposti: la Repubblica di Siena
a lui mandò ambasciatori onde congratularsi dei felici eventi. Essi
furono graziosamente ricevuti e diede loro grata lusinga di tornare
in patria , onde riposarsi dai sofferti travagli : infatti adempito a
questo espresso desiderio, Siena lo rivide e lo accolse con immenso
giubbilo. Fu in quella circostanza che il Pontefice consacrò la Cat
tedrale , la di cui fabbrica non aveva ancora raggiunto la maestà,
che posteriormente acquistò , del che a suo tempo parleremo ; e
dopo alcuni mesi di dimora il Pontefice di qua partendo riportava
l' amore e l' ammirazione dei suoi concittadini. La pace avea pre
cariamente sopito il furore dei partiti , la presenza di Alessandro
avea lusingato ancora i Ghibellini Sanesi.
Federigo partendo dall' Italia vi avea lasciato per. suo Vicario
l' Arcivescovo di Magonza , che in uome dell' Imperatore confermò.
al Comune di Siena tutti i privilegi di cui aveva goduto (1180)
di più gli donò tutte le ragioni che t'Imperatore aveva sopra S. Qui-
rico . e sulla metà del Castel di Montieri . e siccome interessava
alla Repubblica questo possesso per le adiacenti miniere di cui ab
biamo altrove parlato , così questa donazione venne oppodujia ,
tanto più che erano in contrasto col Vescovo di Voi teria per alcuni
pretesi dritti che affacciava.
35
TI' Comune di Siena ottenne di più il privilegio dì stozzar mo
neta propria in onta al patto ch' esisteva allora coi Fiorentini di
valersi della moneta Pisana ,' cosi tutto sorrideva alla città , ed i
destini a lei si palesavano propizi^
Federigo per assicurarsi della fede delle città Lombarde , e
della integrità di quei difitti che erasi l'Impero su di. esse riser
bati., volle tornare in Italia con poderoso esercito.
In Milano ove dimorò alquanto tempo tenue una. Dieta, netta
quale furono confermate le condizioni della pace di Costanza, quindi
si diresse verso Firenze, il di cui animo era sempre inasprito
dslle passate sventure. Giunto colà si urtò cou quel Coinuue , di
modo che partendo gli tolse molti dei privilegi e guarentigie . di
cui avea fino allora godutole si diresse atla volta di Siena. Qui»
vi i cittadini gelosi dette loro prerogative temerono di esser minac
ciati da qualche sacrifizio.a cui non erano disposti , e non ostante
la devozione che aveauo sempre mostrata all'Impero, ebbero l'ar
dire di chiuder le porte , e di negare l'ingressa in città all'Impe-
peratore ed al suo esercito. Sdegnato per questo tratto inatteso e
risoluto tentò un assalto che fu respinto; dopo altri inutili tenta.'
livi disperando del successo continuò la su. i marcia verso Roma ,
ma lasciava accampate presso la città una parte delle sue truppe
sotto ii comando del suo figlio Enrico. l Senesi vollero togliere quel-
T inciampo , ed usciti di città attaccarono quella gente , presso il
ponte a Rosajo ed ebbero completa vittoria sopra le truppe Im
periali.
L'Imperatore conobbe questo disastro mentre era a Viterbo,
egli andò in furore , ma giunsero colà a calmarlo atcuni oratori
spedili dal Comune di Siena.
Le persone le più influenti fra i cittadini previddero le con
seguenze funeste che poteano derivare da uu fatto col quale incon
sideratamente aveano gettato una sfida contro l' Impero : interes
sava adunque di calmare la collera di Federigo, tanto più che egli
prediligeva la città di Pisa che erasi sempre nella fede mantenuta.
Gli oratori Senesi adunque a lui dimostrarono essere la con
seguenza di un furor pollare quanto era accaduto contro il vo
lere di quelli che governavano . e queste dichiarazioni valsero a
soddisfare l'inasprito animo dell'Imperatore : egli si riconciliò coi Se
nesi a patio clic essi continuassero in quella fede cho in altro tempo
avcano all' Impero serbata.
(.)nol h'ederigo clio uvea tanto travagliata l'Italia collo scopo di
slH'»nero le litiortà , finì col prendere la Ooce. Kgli era ncll' Ar-
me.uia a combattere contro gl'infedeli quando annegando, per una
caduta del cavallo cho montava, nel piccolo fiume Salcf, finiva colà
i suoi giorni il 10 Oiugno 1190. Egli fu coraggioso e crudele, el'bo
glorie ed avversili! , ma la ferocia del di lui carattere ha fatto di-
menticare perfmo le sue virtù.
A ipicsio punto terminiamo il presento capitolo della Storia
della HepubMica di Siena; non o sicuramente colpa nostra se par
lando delt' origino della città abbiamo brancolato nelle incertezze ,
in cui ci lascia la mancanza assoluta di notizie e di Storie di un'c-
pur.i così remota ; ci basta di aver detto quanto basta a provaro
la di lei antichita. Abbiamo poi voluto tratlenerci sopra le grandi
vicende che appeltano alla Storia generale d' Italia per farne fonda
mento dei futuri racconti , ed adulandoci alle autorità di sommi
Storici , le di cui opere abbiamo in animo di consultare con dili-
gen/.a ed amore, procureremo di essere più espliciti parlando dello
epoche che alla nostra mcutc si presentano gravide di avvenimenti
tempestosi.
CAPITOLO SECONDO

SOMMARIO

Le arti e le lettere progrediscono in Itulia — Scuola pittorica


Senese — Folcacckien Folcoxchiiri poeta Senese — Filijijm ili Nw-
via Imperatore — Lega fra Firenze e .Sicria — listano dei beni .
tassa dei
losia dellafiorentini
Leva in —
Siena
I Senesi
— Montatemi)
aspirano at
in possesso
potere deidi Natesi
Montcjmlcia-
— (le-

no — Adunanza dei /tettori di S. Onirico. — Lodo favorevole ai


Senesi — Collisione fra Smesi e Fiorentini — Unita di Montalto —
Oratori Senesi ad Ottone IV. conveilati a Fuligno — Pulcxb'i i.stra
na)
nesi aalla
Siena
seconda
— Asciano
Crociata
recuperato
— (tabelle
— Federigo
alle porte
II. diImperatore
Sieitu — —
Gros-
.SV;-

seto in poter dei Senesi — Lo perdono — Accordo — Invidia dalle


città Guelfe — Conferenza alla l'ieve al Mozzone — Federigo If.
torna in Italia — / Senesi assediano Montepulciano, occupano Chimi-
ciano — fili Orvietani Sarteano — Lo ripremle il Potestà Al/urto
dei Conti — Radicandoli e lìelforte in potere dei Senesi — (iunrrn
con gli Orvietani ed i Fiorentini — Vengono sotto le mura di Sie-
ua — / Fiorentini a porta ('amo/Ha — .Sono rnsjynti — / Sem'si
battono gli Orvietani presso Sartcano — // Papa assolve dalla Sco
munica Federigo fI. — fresa di Montepulciano — Iheta di Itavi..n-
na —ai / Senesi
nati Fiorentini
— malsono
umore
cimilannati
in Siena
al fra
pai/amento
popolo e dei
nubili
danni
— nu/ìu-
Iti/or

ma nel Coviarno — Lega delle città Guelfe — Montalciuo .ti ribi.lla


ai Senesi — I' esercito Guelfo fsce in rampo — l'ace roncliÀxa nel
campo Fiorentino presso l'ufir/ibonsi — Federico nuovamente in Ita
lia — Ratta;/lia di Cortenuova — / Conti AUlobranilesehi — Discor
die in Siena frenate dal l'otestà Cacciaconti — Federigo IL contro
il Papa — Morte di Beato Andrea Gallerani — Celestino IV. — In-
nocenzio IV. — Federigo a Napoli — Lascia in Siena .tuo Potestà
l'undolfo da Fasanellu — Federigo passa in Lombardia — K sco
municato — Concilio di Lione — II iJuomo di Siena é accresciuto
— Assedio di Parma — È tolto — Morte di Federigo — Verti.nze
coi Conti Aldabrandèschi — Sono conciliate — Tentativo dei Pisani
e Senesi per liberare i Ghibellini assediati a Alontujo — (ìli asse
diati si arrendono — Pisani e. Seni.si battono i Lucchesi ». Moiil'ipo-
li — / vincitori sono battuti dai Fiorentini a Pontcderu. — / Sene
38
si' tentano invano di riprendere Montalcino — Fazioni diverse — Pa
ce conclusa nella Chiesa di Stommennano — Lega fra Firenze e Siena
convenuta a S. Donato in Poggio.

on ostante le rivoluzioni e le guerre incessanti in cui erasi


trovata impegnata l' Italia tutta , il genio naturale delle popola
zioni tornava a riaccendersi, la rinascente .civiltà soppiantava
la barbarica ignoranza , e scuoteva la ruggine dell' idiotismo. La
lingua volgare che era una mescolanza di voci latine e tentoniche
adottava delle regole generali. e diveniva lingua nazionale. Un tale
acquisto fu la sorgente di una nuova letteratura che Incominciò ad
ingentilire gli animi per cui le arti ancora risorgevano ; a questo
progresso contribuiva potentemente lo spirito di libertà e d'indi
pendenza .da cui erano animati i popoli Italiani. Pisa e Firenze fu
rono in Toscana le prime città ad entrare nella via che condurre do-
vea al moderno incivilimento , e Siena ebbe in Guido il suo pri
ma pittore (\): egli fondò quella scuola chedovea tanto distinguersi
in appresso per la vivacità del colorito, e per l'espressione che sep-
.pero dare ai soggetti ed atla figura , Duccio, Simone Memmi, Raz
zi, Beccafumi, Pacchierotto, Baldassarre Peruzzi, che fu ancora fra
i primari Architetti Italiani, Vanni . Hutilio Manetti ed altri.
Ebbe ancora il suo primo poeta in Folcacchiero Folcacchieri.
che visse circa il 1200 ; é pervenuta fino a noi una sua canzone
che incomincia coi seguenti versi.
e Tutto lo mondo vive sanza guerra .
« Ed eo pace non posso bavere neinte
a O Deo come fa roggio ,
« D Deo come sostenenti la terra! (2)

(1) Guido da Siena é anteriore di circa 40 anni a Cimabue.


Nella Chiesa di S. Domenico esiste un quadro di fluido : esso é di
pinto in tavola dorata in campo : rappresenta la Madonna col Bam
bino Gesù: vi si legge in numeri l'anno 1221. .Cimabue nacque nel
1240 . onde I' anteriorità i• abbastanza provata dat fatto.
(i) V. Lettera apologetica dell'Ab. Luigi.de Angelis l'ub. Prof. e
Bibliot. delti. e R. Univ. di Siena in favore di Folcacchiwo Folcac
chieri Cnv. Se.ntse del Sec. MI. il primo di cui si trovino poesie Ita
liane. Siena 1818 dai torchi di Onorato Porri.
In una lingua nascente non si potca meglio esprimer la pas
sione di un cuore addolorato ; i Senesi ebbero sempre una imma
ginazione vivace che loro giovò a fecondare il primo germe in di
verse branche del moderno incivilimento, e ad indicare la via per
la quale giunger si dovea alla umana perfettibilità (1).
Il Secolo XIII. s'inaugurava colla elezione di Filippo di Sve-
via al Trono Imperiale; egli avea potuto mettere guarnigione in
Toscana, e ne avea preso il titolo di Duca: laonde i Senesi e Fio
rentini si collegarono per sostenere i loro privilegi contro chiunque
volesse attaccarli, e convennero;

(1) Siena ha pagato anch' essa in ogni tempo il suo tributo alla
moderna civiltà , poiché se non ebbe celebrità , da stare a fronte di
un Dante . di un Galileo , di un Miche/angiolo , diede ingegni che fu
rono i precursori della vera luce; oltre ai già citati ne aggiungeremo
alcuni , che in diverse epoche fiorirono.
Il celebre Mattioli Medico e lìotanico fu il precursore del gran
Linneo colla sua opera della natura delle erbe e delle piante.
Il Turamini celebre Giureconsulto fu tra i primi a dimostrare
con prìncipi sicuri presi dalla legge di natura , e datl' indole delle
cose umane , la sapienza ascosa delle umane leggi , e ad accordare
insieme i giusti interessi dei privati coll' utile comune della società ;
in una parola egli istituì la filosofia del diritto.
ìl satirico Settano, Lodovico Scrgardi, le di cui opere latine par
tecipano delle bellezze che si trovano diffuse in Orazio e Giovenale'
L' Arciprete Salustio Rondini puossi riguardare come il fomla-
tore della pubblica economia ridotta a scienza ; sono noti i di lui
scritti sulle maremme Senesi.
La statistica pure ebbe la sua cuna in Siena: un Fondi fu il
primo a desumere la verità per messo di tavole dimostrative e di
confronti numerici , dai cui resultati viene il fatto a stabilirsi.
• II Cav. Perfetti fu il primo a trattare la poesia estemporanea ,
nella quale gì' Italiani hanno ottenuto una palma esclusiva.
Scendendo poi ai tempi moderni il celebre anatomico Mascagni
fu il primo a dimostrare l' esistenza nel sistema animale dei vasi lin
fatici; la sua grand' opera gli ha assicurata una reputazione Europea.
Chiunque amasse consultare i nomi degli uomini di lettei.e e di
scienze che ha somministrato la città di Siena , lo rimandiamo al
Diario del Gigli , giacché abbiamo creduto doverci limitare ai pochi
citati per non dilungarci di troppo.
40
Che i Fiorentini tenessero la terra di Montalcino e suoi uomini
per nemici, e quando i Senesi facessero guerra a Montalcino, fos-
ser tenuti i Fiorentini a somministrar loro cento cavalli , e mille
fanti pagati per un mese , e si obbligò M. Paganello de' Porcari
Potestà di Firenze in nome della Repubblica di salvare e difendere
i Senesi . e mantener con essi loro perpetua pace ed amicizia , e
siccome ad onta del breve del Pontefice Alessandro III. non era
ancora terminata la quistione dei confini , così fu convenuto che
ciascuna delle parti dovesse eleggere un arbitro . onde deciderla
entro sessanta giorni. Fu pure fatto in Siena un estimo dei beni
di ciascun cittadino , tassandolo di una lira per migliajo, per cui
questa tassa fu chiamata lira , mentre per esprimere le gravezze
pubbliche si valean del termine preste.
Si allestiva intanto la guerra contro Montalcino : alla fine di
Marzo del 1201 l'esercito dei Senesi si mosse guidato dat loro Po
testà Filippo Malavolti ; dopo un lungo assedio cadde in loro potere
nel mese di Maggio del 1202 (1 , e così venne riunito al dominio
di Siena". Contemporaneamente In Repubblica ebbe qualche diffe
renza coi Conti Ardengheschi per la inosservanza di certi accordi,
lo che diede luogo a qualche fazione , ma in fine si accordarono
con questi , come coi Conti di Sarteano , e coi Conti Scialenghi.
Nel susseguente anno 1203 i Fiorentini ebbero gelosia dei Se
nesi per il possesso di Montalcino , e furono pentiti di avergliene
essi data occasione , e per nascondere la vera causa del loro scon
tento tornavano a mettere in cumpo la quistione dei confini, e vo
lendo palliare i loro progetti non attaccarono direttamente i Sene
si, bensì mossero il campo contro il Castel di Tornano, che appar
teneva a certi gentiluomini alleati dei Senesi , e dentro i confini
del lor contado. Nondimeno i Senesi non vollero per questa causa at
taccar briga. e pensarono a preferenza alla impresa di Montepulcia-
no , che era nel voto generale della città , ed era tale allora il de
siderio di mantener concordia coi Fiorentini che non ebbero duTi-

M) Notiamo qui per avvertenza non essere concordi gii Storici


Senesi intorno all' epoca della cwlutu di Montalcino, mentre vi é chi
la cita sotto la data del il Settembre \201.
41
coltà di compromettere le quistioni in Uggieri Potestà di Poggibonsi
e nei Consoli di quella terra , i quali nel loro lodo assegnarono i
respettivi confini , che al dire del Malavolti furono a perdita dei
Senesi , e li condannarono a finanziare a qualunque diritto che
avessero sul Castel di Poggibousi, e sulla Chiesa di S. Agnese nella
medesima terra , come pure a consegnare ai Fiorentint entro uu
mese il Castello e le terre di Tornano, e qualora non ne avessero
facoltà , dovessero obbligarsi a non dare ajnto a Guarnellotto, che
ne era Signore , e ciò ottenuto dovessero i Fiorentini entro otto
giorni restituire ai Senesi tutte le mercanzie in balle , o torselli
che erausi ritenuti fin dal cominciamento delle vertenze, e mai ave
vano restituiti , e che dovesser queste far trasportare fino a Pog
gibonsi a loro spese.
Questo lodo invece di conciliare era piuttosto atto ad inasprire
gli animi specialmente dei Senesi, i di cui interessi erano stati mal
menati ; la restituzione della mercanzia non era se non che un atto
di giustizia, troppo tardi esercitato, e le altre condizioni erano sotto
tutti i rapporti dannose ed indecorose alla Repubblica. ll popolo se
la prese contro quelli che governavano, fece tumulto, nacquero per
questa causa delle sette , non che delle inimicizie particolari , ma
la ragione di doversi a quatunque costo conservare l' amicizia dei
Fiorentini, onde aver campo di affrettare l'impresa di Montcpul-
ciano, sedò tutte le contese , ma rimase il rancore.
I Senesi agognavano di venire in possesso di Moutepulciano ,
come abbiamo indicato ; le città di Toscana che si erano confede
rate , conobbero questa tendenza , onde nacque prima di tutto il
dubbio se essa appartenesse veramente al contado di Siena, e per
determinare il diritto di possesso fu convenuta una adunanza, dei
Rettori della compagnia in S. Quirico , alla quale intervennero (1)

(1) / Deputati di ciascuna città si chiamavano Rettori , che si


adunavano per discutere sulle quistioni che potevano fra una città e
f altra insorgere , e solo si veniva alla guerra quando non era stato
loro possibile conciliare le parti. .
L' Imperatore poi teneva in Toscana un Vicario , la di cui re
sidenza ordinaria era n S. miniato at Tedesco , e questo decideva
sulle questioni che erano di diritto appellabili ali' Impero ; in oltre
N
il Vescovo di Volterra priore della lega o compagnia , Ugo Vinci
guerra Rettore di Firenze, Rustichello per la citta di Lucca, Maizo
di Guido Maizi per Siena, Giutto per la città di Perugia , Assalto
per la città d'Arezzo. Furono esaminati i testimoni i quali contestual
mente deposero avere i Montepulcianesi pagato censi alla Repub
blica di Siena, ed essere stati governati da Conti Senesi, e da quelli
in specie che aveano conquistato quel titolo per essere stati dalla
Repubblica inviati come Ambasciatori a Federigo I. ed al suo suc
cessore Enrico , e che in oltre i Montepulcianesi stessi aveau som
ministrato il loro contingente di armati ai Senesi in diverse occa
sioni ; e di più che essendo insorta quistione di proprietà fra il
Conte Guglielmo . che era del Contado di Siena , ed Arrigo Taffo
che era per l' Imperatore Conte di Chiusi, fu decisa in favore dei
Senesi, per lo che i Ruttori adunati dichiararono Montepulciano ap
partenere al contado di Siena (f).
I Fiorentini per altro che gelosi sempre si mostrarono dell'au
torità di Siena , pensarono al modo d' impedire che Montepulciano
cadesse sotto il di lei dominio, non ostante la dichiarazione dei Ret
tori della compagnia, e sapendo che i Senesi si disponevano ad oc
cupare quella terra, e preparavano armati, inviarono le loro forze
unitamente a quelle degli Aretini loro collegati , onde prevenirli.
Avendo poi saputo che le genti di Siena spedite a Montepulciano,
camminavano spensieratamente e senza sospetto , all' improviso i
i Fiorentini le attaccarono al Castel di Montatto , che era del con
tado di Siena , e le ruppero; quindi per segnalar maggiormente la
loro vittoria assaltato il Castello stesso lo presero, e fu da essi di
sfatto. E questo modo di far guerra senza giustizia, ed a tradimento
indicava purtroppo la esistenza di una rivalità , che non si potca
spegnere se non col sangue. Intanto i Senesi si avviddero non po
ter contare sulla fede delle promesse e dei trattati, ma che soltanto

questi riscuoteva censi, pedaggi, gabelle , ed altri dazi , che si chia


mavano regalie.
Questa forma di confederazione si chiamava , far compagnia , «
fu molto utile alle città Toscane , finche si mantenne in vigore.
(i) Ci siamo serviti in questo punto dei termini stessi che tro
viamo nel Malavolti.
C3
"te forza ^mterà tutelare i loro mteressi. Questa fatale convinzione
corroborò queir inimicizia che ba durato dei secoli , e che le tra
dizioni , non che la Storia , ancora rammentano.
I Fiorentini presero e devastarono altre castella del Senese ,
arrecando i maggiori danni che loro fu possibile , per cui la Re
pubblica dovette cedere alla fortuna contraria, e per evitar danni
maggiori accettò la pace che si trattava , « fu dura veramente ,
perché fn obbligata ad abbandonar Montepu tetano, e fu convenuto
che i Fiorentini dovessero restituire le castella prese nel contado
di Siena, e mettere in libertà i prigionieri Tatti nella guerra, che
erano assai.
Dopo la morte dì Filippo fu eletto Imperatore Ottone IV. che
venne in Italia e fu incoronato da Papa Innocenzio. Fu quindi a S. Mi
niato , e quivi' ricevuti gli oratori Senesi , rilasciò alla Repubblica
tutti i censi e tributi arretrati fin dal tempo dell' Imperatore En
rico. Quindi sdegnato contro il Papa , dopo aver rinfrescato l'eser
cito di là .si mosse verso le Marche col progetto di conquistarle e
di torle al Papa. Essendo giunto a Fnliguo licenziò gli oratori Se
nesi che lo seguivano, e loro accordò nuovi privilegi individuali e
fu cosi che Aldobrando ed Enrico figliuoli di Aldobrandino Giu
seppi , e qualche altro nobile che aveva Signorìa nel contado di
Siena ed i loro sudditi furono emancipati dalla soggezione della
Repubblica , e dichiarati solo dipendenti atl' Impero.
Fu nel 1211 che si corresse la legge sulla elezione del Potestà,
di cui abbiamo parlato nella introduzione, poiché il popolo vedendo
che cadeva quasi sempre sopra un nobile Senese, e non sopra un
estraneo atla città, fece tumulto , e volle che la condizione di estra
neo fosse dichiarata da un espressa legge , conforme avvenne , ed
il primo ad esser creato Potestà in forza delle nuove disposizioni
fu Guido di Ranuccio iT Orvieto.
Quietata la città dalle interne discordie si pensò at ricupero
della terra d'Asciano, che nell'anno 1208 quando i Senesi furono
dai Fiorentini battuti a Monialto era tornata sotte il dominio dei
Conti Scialenghi col favore dei Fiorentini stessi. I Senesi dunque
mossero contro Asciano che ricusava di effettuare i capitoli stipu
lati colla Repubblica nel 1197 e rinnuovati nel 1202 , e l'ebbero
per forza. I Senesi ottennero ancora dall' Abate dell' Abbaiita di
44
Sant' Antimo a titolo di legittima donazione la quarta parte ch' era
iiulivi.su del Castel di Montalciuo ; e Guido di Ranuccio di Orvieto
Potestà ne prese possesso in nome del Comune di Siena , e me
diante alcune convenzioni stipulate in quell'occorrenza, furono con
fermati i diritti che i Senesi aveano intorno al dominio di Mou-
talcino.
Intanto l' ambizione dì Ottone a lui valse lo sdegno del Pon
tefice , poiché non solo partendo di Toscana aveva invaso lo stato
della Chiesa , ma voleva ancora impadronirsi del Reame di Napoli
e toglierlo a federico tiglio dell' Imperatore Enrico; il l'outelìce lo
scomunicò , e privollo del titolo dell' Impero. Allora fu in su» voce
dagli elettori creato Imperatore lo stesso Federigo Re di Napoli e
di
mania
Puglia,
vollechesostenere
prese il ititolo
suoi didiritti,
Federigo
ma II.battuto
Ottonenella
ritornato
celebre
in gior
Gcr»

nata di Bouvines da Filippo Augusto (27 Luglio 12U) rilirossi in


Sassonia , e Federigo col beneplacito del Pontefice fu il primo a
prendere iu Aquisgraua la Corona Imperiale.
Il Papa Innocenzio in un concilio tenuto a S. Giovan Laterano
ordinò una nuova Crociata per la conquista di terra Santa, e i Se
nesi vi mandarono 900 dei loro condotti da Guido da Palazzo dui
Bandinelli , che si trovarono alla presa di Damiata.
Nacquero delle contese fra il Pontefice e Federigo II. , perché
questi esitava a portarsi in difesa dei Crociati in Terra Santa, con
forme aveva promesso, e preferiva di rimanere in Italia col Dne di
consolidare il suo potere in Lombardia , ove sembrava che ri
sorger dovesse lo spirito della lega Lombarda a minacciare i dritti
dell' Impero , per cui ebbe interesse di vieppiù affezionarsi le città
che tenevano per il partito Ghibellino , per opporle alle altre che
tenevano per la parte Guelfa. Fu per questo che accordò a Siena
il privilegio di esiger gabetle alle porte della città , di batter mo
neta Senese , rinunziando al tempo stesso ad alcuni diritti di pe
daggio e tributi che gli erano dovuti ; prese ancora iu protezione
il Conte Aldobrandino Aldobrandeschi, come ancora la città di Gros-
seto, e molti altri Signori che alla. sua parte si accostarono. In se
guito i Conti Aldobrandeschi concessero libertà e franchigia alla
stessa città di Grosseto , con animo di amicarsi sempre più quella
popolazione , ma questa concessa franchigia appunto fu quella che
45
suggerì alla Repubblica l' idea della conquista di quella città, poi-
elio non essendo altrimenti sotto la dipendenza di quei Conti, ri
guardò infranti i capitoli della Lega che Tra loro esisteva. Infatti se-
gratamcnte i Senesi spedirono le lor genti all'espugnazione di quella
Piazza . che per quanto valorosamente difesa non poté resistere
all'assalto, e fu presa colla forza, ma poco tempo la tennero i Se
nesi , poiché dato ordine ad un sistema governativo vi lasciarono
un Potestà con piccola guarnigione, per cui la popolazione scon
tenta di aver perduta la propria libertà, ed irritata dai danni sof
ferti si ribellò , ritenendo prigionieri quei pochi soldati che i Se
nesi vi avevano lasciati.
Irritata la Repubblica da questa rivolta , quelli che la gover
navano ordinarono , che nuove genti. si allestissero per un altra
spedizione contro quella citta. ma il Conte Guglielmo Aldobrande-
schi entrato mediatore fra le parti stabiliva un accordo il 2i Ago
sto 1224 col quale il Conte e suoi si obbligarono a far si che i Gros
setani riconoscessero il dominio del Comune di Siena, restituendo
tutio quello che di proprietà dei Senesi nella ribellione eransi ap
propriato ; che le mura della citta sarebbero state spianate come
ancora le carbonaje ed i fossi , con patto che i Senesi non avreb
bero saccheggiato le case , ma anzi difesi i particolari da qualun
que molestia. Infatti il trattato ebbe il suo effetto, ed il 37 di Set
tembre dell'anno stesso 650 cittadini fra i primarj di G rosse to ven
nero in Siena a giurare osservanza di quanto il Conte Guglielmo
aveva convenuto , e di più s' impegnarono di adempire altri ob
blighi , che ci asteniamo di notare a scanso di tediosi dettagli. Ag
giungeremo bensì che il Malavolti prova le necessità, in cui erano
i Senesi d' impadronirsi di quel luogo che era stato sempre un
ostacolo ai loro progressi verso la maremma, poiché quelli di Gros-
sclo avevano ajutato coi loro armati tutte quelle terre, Signori e
Castella che dai Senesi stessi erano minacciati : che la Repubblica
sentendo il bisogno di spingersi fino al mare non poteva fare a meno
di tale conquista, e che considerando la natura del terreno ferace
alla produzione, e la insalubrità del clima, poteva essere a quella
provincia utile la di lei soggezione ad uno stato più forte , che
aveva interesse di migliorarne le sorti, ma osserva ancora, che per
sventura le fazioni e lo discordie fra Nobili e Plebei adombravano
16
talmente l' intelletto dei cittadini Senesi , che invece di dedicarsi
ad oggetti di pubblica utilità miravano piuttosto alla loro rovina
che alla loro salute.
L'acquisto di Grosseto destò l'invidia delle città Guelfe di To
scana che enano Firenze , Lucca , Orvieto & Perugia, contro i Se
nesi , che tenevano per la parte Ghibellina con Pisa , Arezzo , o
Pistoja. Di più temendo ancora che volessero di nuovo tentare l'im
presa di Montepulciano per vieppiù estendere il loro dominio , le
città Guelfe si misero in guardia onde prevenire quest'attacco qua
lora accadesse; ma i Senesi vedendo la coadizione poco florida in
cui si trovava l' Imperator Federigo , che era il sostegno dei Ghi
bellini, non crederono prudente l'avveaturarsi per allora in un im
presa pericolosa., bensì tentarono dei mezzi indiretti trattando con
i fuorusciti Montepulcianesi, coi quali segretamente convennero alla.
Pieve al Bozzone li 24 Aprile 1221 di prestar l''opera loro, onde
quella terra venisse in potere dei Senesi , e di più stabilirono i
Capitoli con che Montepulciano avrebbe prestate obbedienza alla
Repubblica pagando al Camarlingo di Biccherna ogni anno dieci'
marche d'argento, o veramente lire cinquanta di danaro Senese, (1)
e di portare. per la festa deM5 d'Agosto uri cero del peso di lib
bre 50 atla Cattedrale , ed in garanzia degli obblighi contratti si
obbligarono di dargli venti statichi da ritenersi dai Senesi fino che.
non fosse fatta la pace, e dal Comune di Montepulciano non si fosse.
effettuato quanto in quei capitoli essi promettevano, ed il Comune.
di Siena dal canto suo e per esso Albizzo di Pietro Camarlingo contò.
a quei fuorusciti seimila lire della moneta di quel tempo, onde po
tessero tentare il ritorno alla patria loro, con promessa inoltre di
aiutarli colle armi quando d'uopo fosse. Ciò non pertanto per il cre
dito immenso di cui godeva la parte Guelfa per l'assenza di Fe
derigo, che era andato atla guerra delle Crociate, differirono quel-
F impresa ; ed é da notarsi, che il Papa nonostante l'adempimento
delle promesse per parte dell' Imperatore , continuava ad essergli
ostile, addebitandolo'di mala fede verso i Cristiani, per cui le trup-

(1) Do questo ragguaglio si può calcolare che una Marca iTAr*


gento corrispondesse a cinque lire Senesi.
47
pe Pontificie riunite a quelle delle città Lombarde avevan prese
molte fortezze nel reame di Napoli , talmenteché Federigo fu co
stretto a ritornare iu Italia , e lasciare imperfette le cose di Le
vante. Al suo arrivo messo insieme un poderoso esercito ricu
perava le perdute piazze, cresceva in reputazione, e ristabiliva il
credito dell'umiliato partito Ghibellino. Fu atlora che i Senesi preso
maggiore ardire si avventurarono in qualche impresa. Primiera
mente furouo solleciti a liberare Chiusi che si trovava assediata
dagli Orvietani. quindi diressero quelle milizie contro Montepulciano
onde tentare coll' ajuto dei fuoruscili d'impadronirsene. Infatti die
dero un assalto che non riusciva , perché non secondato dagli abi
tanti coi quali i fuoriusciti medesimi avevano delle segrete intelli
genze; allora si contentarono di por vi assedio, per attendere nuòvi
rinforzi di truppe. Al tempo stesso volendosi assicurare della terra
di Chianciano , per tema che l' occupassero i nemici trattarono coi
Conti di Sarteano cui apparteneva , e fu convenuto che quel Ca
stello sarebbe stato a disposizione del Comune di Siena, onde va
lersene per far guerra ai Moutepulciauesi ed agli Orvietani , i quali'
venuti in cognizione di questo fatto, senza esitanza mossero te loro
armi ed occuparono Sarteano discacciandone i Conti.
Fu ai Senesi dolorosa questa perdita, perché olire at sacrificio
dei loro collegati, l'occupazione di quel Castello non solo dava campò
ai loro nemici di soccorrere Montepulciano, ma d'inquietare ancora
il loro esercito atle spalle, perciò con molta sollecitudine ordinarono
al loro Potestà Alberto dei Conti di Montauto , che governava le
truppe sotto Montepulciano , di riprenderlo a qualunque costo. In
fatti portatosi sollecitamente in quelle parti , ed assaltando all'im-
proviso con molta furia il Castello , lo prese facendo molta strage
degli Orvietani , ed ebbe suo prigioniero Monaldo di Pietro Monal-
deschi lor Capitano, che fu condono a Siena. Dopo questa segna
lata vittoria dei Senesi , i Fiorentini coll' idea di satvar Montepul-
ciauo fecero una diversione nel Senese, presero ed arsero il Castel
di Monteliscai , ma saputo l' avvicinarsi di Alberto Montauto , che
era stato per questo richiamato, si ritirarono colle fatte prede nel
loro stato. Avrebbero voluto i Senesi trarre vendetta di tale af
fronto, che era un' aperta violazione per parte del Comune di Fi
renze
ze distolti.
delle convenzioni esistenti, ma ne furono da altre eircostaa
48
I Centi Aldobrandeschi si erano alienati dall* amicizia loro e
parteggiavano per i Fiorentini. Olire di che i Conti stessi erano
debitori al Comune di Siena di censi arretrati , onde mandarono
ad occupare il Ibr Castelli di Radicondoli e Belforte, e dovendo te
ner guarnigione a Sarteauo e Cbianciano aveano sparse le lor genti;
ed essendo ormai incominciata la stagione delle piogge , che dirot-
tnn.enie cadevano in quel tempo, pensarono di non intraprendere
altre razioni durante l'inverno.
Nella primavera seguente i Fiorentini , sempre con animo di
allontanare i Senesi da Montepulciano , unitisi cogli Orvietani , e
menando il Carroccio , entrarono in quel di Siena. Devastando il
paese presero diverse Castella fra le quali il Bagno a Vignone , e
per la Val d'Orna furono fino a. Radicofani , quindi voltarono
verso la Val-di-Chiana , e fingendo di rientrare nei loro dominii,
invece si avviarono rapidamente verso Siena. Sapevano che con
tinue sedizioni fra Nobili e Plebei assorbivano l'interesse dei cit
tadini, e toglievano al Governo l' energia necessaria per guardarsi
e difendersi dai nemici esterni , onde pensarono di sorprenderli.
Tosto che i Fiorentini e gli Orvietani furono presso Siena an
darono ad accamparsi nel poggio di Vico, e vi posero il Capoccio,
sperimdo che i Senesi sarebbero usciti dalla città , per venire a
battaglia, e ritenendo per certa la vittoria, lusingavansi di entrare
in città confusi coi Tinti.
Per incitare maggiormente i Senesi ad uscire, incominciarono
ad abbattere la torre di Sant'Antonio, nella lusinga che sarebbero
Tenuti a difenderla. Non fu cosi; solo un distaccamento di Caval-
leggieri fu mandato a riconoscere il nemico , vennero alle mani ,
fecero quei di Siena buona prova , ma sopraffatti dat numero , e
temendo esser presi prigionieri rientrarono in città. Infatti i ne
mici Dell'inseguirli furono a Poi la Camollia , e superata la debol
guardia si avanzarono fino alla Magione. Ma il popolo dimenticando
gli odj , i rancori che dividevano tante famiglie divenute nemiche
le une delle altre , e vedendo il grave pericolo da cui era minac
ciato , aveva prese le armi, ed attaccandoli ferocemente li respinse
fino al Convento di Monte Cellesi: quivi fu fatto alto. I Fiorentini
tagliarono un pino di smisurata grandezza per far sulla strada uu
impedimento alla cavalleria qualora tentasse attaccarli , e mandato
19
avanti il bottino ed i prigionieri fatli in quella scorreria , che at
cuni storici fanno ascendere a 3000 , trauquillamente rientrarono
nel loro stato.
Rassicurata la città dal grave pericolo chn aveva corso , gli
uomini prudenti dimostrarono il danno delle civili discordie sempre
fatali , ma in specie allorquando si tratta di contese fra nobili e
plebe, onde furono conciliati per quel momento gli animi. e molte
famiglie tornarono alla primiera amistà (1).
I Senesi intanto seppero che le truppe degli Orvietani si era
no separate da quelle dei Fioreutini , perciò pensarono di correre
alla riscossa. Infatti mandarono loro incontro una grossa banda di
genie, ed avendoli raggiunti presso Sarteano li attaccarono il 25
Giugno 1231 e li misero in piena rotta; dopo questo fatto i Senesi
pensarono seriamente di ritornare all' impresa di Monte.puluiauo.
Aveva in questo tempo Federigo occupato tutto il reame di
Napoli, e gran parte degli Stati della Chiesa, onde i! Papa, a ciò
costretto , lo assolse dalla scomunica . e ritornarono in pace . per
cui il credito della parie ghibellina in Italia aveva ripreso il suo
ascendente, lo che fu esca ai Senesi per intraprendere quanto di
visato aveauo. Infatti spedirono il loro esercito verso Chiusi , per
assicurarsi detla fede di quel popolo . che vincolato coi Perugini ,
potea in un con gli Orvietaui disturbare i loro progetti. quindi
•mossero contro MouImpulciano, nulla curando le ostilità dei Fioren
tini che nel mese di Giugno erano entrati nel senese ed aveauo
presi e distrutti i castelli di Scivoli e Quercegrossa prossimi alla
citth. Era giunto il momento decisivo, laouòt. la Repubblica diede
ordine ai suoi capitani di attaccar Moutepulciano.

(1) A questo proposito riportiamo un passo di uno Storico vc~


ìicto , ove dice :
t La discordia invecchiata ì come un' infermità velenosa sparsa
« per tutto il corpo . che sebbene a farza di medicine si mitica 'la
« una parte. pei.ò ria finn.i da!!' attra. e da quella dove manco s' usjwt-
u tó, e le discordie fra cittadini . massime quelle fra ?wl•ili e piche
a inumo sempre causato grandissimi mali nelle città e nei regni ».
Siena esperimento questa fatai verità.
4
Dato le disposizioni Decessane vennero all'attacco, ed acco
state le scale alle mura. fu tale l' impeto, che i difensori mal po
tendo sostenerlo dovettero soccombere, e Montepulciano venne iu
potere dei Senesi. I vincitori demolirono le mura e la ròcca: que
sto accadde il 28 Ottobre 1232, e fu errore V abbattere quei ripa
ri, che avrebbero potuto difenderli contro gli attacchi dei nemici
nelle future contingenze. Lasciatavi buona guarnigione l' esercito
senese si diresse contro gli orviotani e ne devastò le campagne, e
dieci Castelli caddero in suo potere : ma la stagione avanzata versa
l' inverno costrinse i capitani a ricondurre le truppe in Siena, ove
furono al loro arrivo festeggiate dat popolo in quel modo che si usa
ad onorare i vincitori.
L' .imperato!' Federigo era venuto a Ravenna per tenervi una
Dieta; la fama delle vittorie che ne accresceva la grandezza, il suo
fasto, il di lui seguito, tutto era imponente, onde tutte le città si
affrettarono a spedirgli Ambasciatori ad onorarlo, e congratularsi
della sua fortuna. I Senesi non furono gli ultimi, ed in quella cir
costanza avanti a lui si querelarono contro i Fiorentini, diman
dando giustizia della mancanza di fede, poiché erano scesi in campo
non ostante gli accordi esistenti, e sanzionati dallo stesso Impera
toreabitazioni,
te , avevano predato
distrutto
bestiame,
castella,fatti
devastate
prigionieri,
campagne,
per cuiincendia-.
diman

davano il rifacimento dei dauui catcolati a lire seicento mila di


danari senesi. Trovata giusta la querela dalla Corte Imperiale fu
citato per il Comun di Firenze, il suo potestà, che era Jacopo da
Perugia, a comparirvi per esser giudicato, sotto pena, mauc.iudo,
di diecimila marche d' argento, e da questo processo ne nacque
una sentenza data dal Conte Gasparre di Amisten legato imperia
le in Italia, e da Pietro delle Vigne giudice della Corte, colla qua
le fu condannato il Comune di Firenze a pagare all' Imperatore
cento mila marche d' argento per non avere adempito ai coman
damenti suoi , e più dieci mila marche d' argento per non esser
comparso il Potestà secondo l'intimazione fattagli, ed in oltre a pa
gare al Comune di Siena seicento mila lire a titolo di rifacimento
di danni senza giustizia cagionati.
Lo storico Villani prendendo la difesa della sua patria , dice
che la guerra fu cagionata dai Senesi per le ostilità contro Monte
51
pulciano , a cui si può rispondere , che se non l' avesser preso i
Senesi, sarebbe tosto o tardi caduto in potere o dei Fiorentini stes
si, o degli Orvietani, o dei Perugini, giacché il più. debole mal si
può difendere datle naturali ambizioni del più forte. D' altronde era
comprovato datla compagnia tenuta in S. Quirico, e di cui abbiamo
parlato, che il diritto di possesso di quella terra prevateva in fa
vore del Comune di Siena, onde aveano ragione dì farlo valere. I
Sanesì
toli esistenti
intantoconprofittarono
Montalcino, del
ondeloro
vieppiù
favoreassicurarsi
per confermare
della fede
i capi*
di

quel popolo, al che fu acceduto facendo quelle promesse che. poi era
no violate alla prima occasione, per cui. i trattati solo dalla farsa
potean ricevere la loro sanzione.
La presenza dell' Imperatore in Italia fece si che per un- anno
non vi fu guerra, ma, come suole accadere nei popoli pieni di vita.,
quando essi non hanno distrazioni al di fuori , suscitano interna
mente delle sedizioni che turbano 1' ordine e la tranquillità pub
blica; così che mancando loro i nemici da uccidere in campo, com
battono fra di loro nelle strade e nelle piazzo, ed il sangue scorre
fra le civili discordie. Parve at. popolo di non aver sufficiente parte
nel Governo della città : nacquero altri desideri, altri partiti; pri
ma si discuteva in segreto, quindi in pubblico, il popolo accusava
i nobili di ambizione sfrenata ; le ire si accendevano, e vi era gran-
pericolo che corressero alle armi, chi per ottener colla forza quelle
che datla ragione venivagli ricusato, chi per difendersi da un ag
gressione riputata colpevole. In mezzo al turbamento degli animi
cui stava a cuore di evitare gli estremi , pensarono di riunire il
Consiglio, lo che fu fatto. Diversi furono i pareri, ciascuno difese
con calore e pertinacia la propria opinione , come suole accadere.
nelle pubbliche adunanze, ma dopo tanto dire fu decisa la elezione
di trenta cittadini metà nobili, metà popolani, i quali avessero au
torità di proporre una nuova forma di Governo. Le trattative au-
daroDo in lungo: ma saputosi che l' imperator Federigo si dispone
va a lasciare l' Italia . e temendo che alla sua partenza i Fiorentini
avrebbero dichiarato la guerra si affrettarono a combinar le diffe
renze onde aver campo di far le provvisioni, e convennero che si
formasse un Magistrato di ventiquattro individui da eleggersi dal
Consiglio colla condizione che dovessero esser nominati o squitti
«2
nati a parto eguale pii uomini prosi fra i duo coti ; la proposta fu
approvata,
no. I.' Imperatore
o solicelielio
ameni
aveae sipassato
diede l'opera
inverno
alla inriforma
Ravenna
del Mdl'
dover.
in

cominciare dell' nano 12.'i.'! se n'andò ad Aquilca ove poto. ienni•


nare la Dieta, e quindi passò in Sicilia onde quietare lo scdi/.ioni
che si erano suscitate noll' Isola, e Tu allora che le oiltà guelfe di
Toscana fecero fra di loro una lega, onde opporsi con maggior van-
tascio alla parte ghibellina , e Pepo de' Visconti di Campigli;i che
aveva sempre quella seguito, si confederò con la contraria, per lo
elio i Senesi spedirono uno squadrone a Campitita che facilmente
ottennero. Intanto i fiorentini e pii Orvietaui preparavano un pres
so esercito JKT andare a vettovagliare la terra di Montalcino, che
non osiante la ledo giurata pochi giorni prima, si era ribellata ai
Senesi capitolandosi eoi Nocentini che no presero la protezione.
Minacciati dalla lega i Senesi pensarono di non tener esercito
in campagna, ma distribuire le loro forze per la difesa della città
e di quei forti o castelli la di cui conservazione maggiormente in
teressava alla Repubblica, e siccome Montepulciano era privo di di
fesa cos'i pensarono di abbandonarlo.
Intanto l' esercito dei Fiorentini e dei guelfi collegati era uscito
in camlMi nel Giugno del 123i, ora venuto nel dominio senese ad
arrecar danni, avc'\a vettovagliato Montalcino, e dopo aver corso
la campagna per due mesi , con numerosa preda e molti prigioni
ritornossenc nel proprio stato. >on ostante questi vantaggi la parto
guelfa temeva I' ira di Federigo, e la ghibellina sperava più in quel
la che nelle proprie forze, onde vi erano cause e dall' una e dal-
l' altra per avvicinarsi ad una conciliazione, che se non veniva dat
cuore, era dettata dalla politica del momento: onde le città guelfe
si diressero al Pontefice pregando d' interporsi in quelle faccende
coll' autorità sua. Egli infatti spediva in Toscana in qualità di suo
legato il Cardinale Prenestinensc con commissione di negoziar la
pace , ed egli dopo aver considerate le ragioni di ognuno il di 3i)
Giugno 1335 riunitisi i raspottivi deputati sotto un padiglione del
campo che nveau posto i Fiorentini nel piano di Poggibonsi, ed alla
presenza di Ardengo vescovo di Firenze, Buonfiglio vescovo di Sie
na , l'agano vescovo di Volterra , Aldobrando vescovo di Orvieto
diede il suo lodo, col quale s' intendeva che il Commi di Firenze,
iniello il' Orvieto e Pepo da Campiglia eia una parte. ed il Comune
di Siena diltl' altra si perdonassero le reciproci»! ingiurie promet
tendosi perpetua pure , in segno di clie ordinava clie i n.spei tivi
Sindaci
sero; cherappresentanii
ciascun dovesse
le lor
rilenerc
Comuni
quanto
si a Allacciassero
occupava avanti
e si laliacias-
guer

ra e restituire quanto avesse in quelta occupato.


Che i Senesi pagar dovessero otto mila lire per riedificare il
Castel di Montepulciano che per ordine loro era stato demolito, «
che' cento prigionieri Senesi ritenuti dai Fiorentini dovessero resta
re in potere della Chiesa Romana lincilo la restaura/ione delle mu
ra di Montepulciauo non fosse compita. Oli altri prigionieri li di
chiarava liberi.
Intimava ai Senesi di noci molestare mai più Montalcino, dan
do il dritto ai Fioreniini di soccorrerlo colle loro armi qualora non
fosse stata quella disposizione rispettata.
Assolveva i Poggibonscsi da ogni giuramento che avessero fatto
in favor dei Senesi , sia di far lega contro i Fiorentini , come di
ajutare in qualunque altro modo il Comune di Siena.
In fine die il Castel di Chianciano dovesse esser consegnato
al Pontelicc, e per esso al Legato onde restituirlo ai veri .signori.
Cosi ognuno predominato dallo spirito di parie giudicava delle
cose secondo le proprie passioni , e se da una parto l' Impera tor
Federigo aveva aggravati i l'iorcntini , tassandoli a pagar vistoso
somme; dall'attra parte il Legato del .Papa aggravava i Senesi iu
modo da diminuire la loro potenza , ed il credito loro In una pa
rola e in pace e .in guerra si trovavano sempre a fronte e guclli
e ghibetlini.
Quando gli uomini come i popoli . le nazioni perdono nella
pubblica opinione, scaturiscono allo' tutti i nemici, e tutti preten
dono, e tutti si lagnano: quanto sono umili di fronte alla prospera
fortuna del rivale, altrettanto nella sua sventura divengono arditi.
Guglielmo Aldobrandeschi tosto che conobbe i capitoli di que
sto lodo portò querela avanti il Pontefice contro i Senesi per aver
questi disfalte le mura di Grosseto; il processo di questo falto an
dò tant' innanzi, che in fine, dietro l' opposi/ione dei Senesi, fu con
tro di essi dal Pontefice fulminata la scomunica.
Così i truttati esistenti, ed in conseguenza dei quali ianti ritti
54
eransi consumati, tanti dritti acquisiti, riconosciuti e sanzionati
anche con giuramento non avevano alcun valore, e i Pontefici, come
i Principi e Sovrani Secolari e le Repubbliche invece di consultare
te giustizia e la ragione, prediligevano talvolta il loro interesse
senza pudore o vergogna della reciproca slealtà.
Travagliato Federigo in Germania per la ribellione di Enrico
suo figlio, in fine lo vinse, e fattolo prigioniero lo mandò in Puglia,
ove finì miseramente in una carcere i suoi giorni. Allora rivoltosi
nuovamente alle cose d'Italia vi tornava con poderoso esercitò, e
venuto a battaglia colle truppe delle città collegate di Lombardia
k superò nella giornata combattuta a Corte-nuova, prese il Car
roccio ai Milanesi, fece prigioniero il loro Potestà, e ridottosi atla
espugnazione di Broscia dopo quella segnalata vittoria . dimandò
soccorso di truppe ai Senesi che gli mandarono più compagnie di
cavalieri, dei quali non pochi perirono nelle fazioni che furono sot
to Brescia combattute.
Il Conte Guglielmo Aldobrandeschi fattosi amico ai Fiorenti-
Di ottenne il titolo di cittadino di quel Comune. così ripudiando
F amicizia dei Senesi quando poco prosperava la loro fortuna , ma
dopo la riportata vittoria Federigo ebbe occasione di venire in To
scana, per andar contro il Papa che lo aveva dichiarato nemico del
la Chiesa e scomunicato; i Senesi allora assaltarono lo stato dei
Conti Aldobrandeschi, e tolsero loro i castelli di Collecchio, Pietra e
Montiano.
In quel tempo l' odio fra guelfi e ghibellini era tornato feroce
mente .ad infiammarsi, e non solo una città si dichiarava per spi
rito di parte nemica dell'altra, ma internamente si combattevano
i cittadini, e le famiglie stesse si trovavano divise da odj che fre
nar uon si poteano. Onesti mali che erano generali si fecero sentire
ancora in Siena noll' anno 1240, poiché correndo alle armi i citta
dini si ammazzarono, e vi furono incendi di palazzi, saccheggi e si
pervenne ad ogni riprovevole eccesso ; nominato Potestà di Siena
Aldobrandino Cacciaconti colla sua prudenza riuscì a calmare gli
sdegni, e molte famiglie a sua insinuazione si pacificarono. Ritor
nata la quiete i cittadini si occuparono di qualche opera di pub
blica utilità, e fu allora (1241) che le strade furono per la prima
volta mattonate.
Intanto Federigo erasi riddito in Toscana , e la sua presenza
lora
giovòina Urto
ristabilire
con Papa
il credito
Gregorio
della
IX parte
tneditòghibellina.,
l' impresaeddi essendo
Roma, ma
al*

trovati quei cittadini decisi a difendersi, dopo leggere scaramuccio


piegò coll' esercito verso le Marche, quindi a Ravenna. Gregorio ave
va ordinato un concilio da tenersi in S. GioVan Luterano, ma i Ve
scovi ed i Prelati che vi si conducevano sulle galere genovesi fu
rono per ordine di Federigo fatti prigioni dai Pisani; questa circo
stanza turbò tanto lo spirito del Pontefice, che ne moriva di dolore.
Moriva pure in Siena il benemerito cittadino Andrea Gallerani che
fu poi per le sue viriti, e la sua religione beatificato: egli lasciava
uno spedale da lui erelto con somma carità a benefizio dei pove
ri, che fu chiamato della Misericordia (1).
Era succeduto a Gregorio Celestino IV che visse papa 22 giorni,
e dopo diciotto mesi di sedia Vacante fu eletto Innocenze IV. Es
sendo cardinale aveva avuto dei rapporti con Federigo, onde fu spe
rata una conciliazione ; ma tentata inutilmente, il Pontefice se ne
andò in Francia ., allora Federigo prendendo la via di Grosseto si
recò a Pisa e dopo pochi giorni di permanenza, durante i quali die
de il miglior sistema possibile alle cose di Toscana , andò solle*
diamente a Napoli a dar sesto ai turbamenti cui era andato soggetto
quel Reame, lasciando Potestà di Siena il Conte Pandolfo da Fasanella
suo capitan generale in Toscana, il quale ordinò che Uggeri officiale
per i Senesi in Belforte, ed Ugolino che era a Radicondoli tenesse
ro il governo di quelle terre a comune fra l' Imperatore e Siena ,
dividendo a metà le rendite.
Federigo fa I' ultimo Imperatore che avesse il dritto di far esi
gere dai suoi ufficiali, che erano chiamati Castaidi , la metà delle
rendite, poiché dopo la di lui morte nei diciotto anni in cui restò
I' Impero Vacante, le città di Toscana si emanciparono, e si resero
affatto indipendenti da questo tributo; laonde l' imperator Ridolfo, ve*
dcndo l' impossibilità di rivendicare questo dritto ali' Impero, per

(O Questo Spedale esisteva nel luogo ridotto poi ad uso di Uni


versità, attualmente a quello di Accademia di belle Arti e pubblica
Biblioteca.
56
levar in qualche modo danari , prese il compenso di vendere la li
bertà a quelle città Toscane che vollero acquistarla.
Federigo sistemate le differenze del Regno di Napoli, se ne an
dò, passando per Siena e Pisa, in Lombardia ; egli aveva in animo
di andarsene a I.ione a trovare il Pontefice che aveva colà riunito
un concilio, ma giunto a Torino seppe che lo aveva scomuntcato,
privandolo ancora dell' impero. Allora invece di proseguire tornos-
sene per dove era venuto , e si ridusse iu Grosseto per sollevarsi
alla caccia da tanti disturbi , da tante agitazioni passate . ma non
doveva esser tranquillo perché colà scoperse una congiura ordita
contro di lui dai suoi Baroni stessi, che avevan divisato di toglier
gli l' Impero e la vita , per lo che a lui convenne tornare nel Rea
me di Napoli onde aver campo di punire i delinquenti.
In quel tempo essendo aumentata la popolazione di Siena poi
ché contava H,800 famiglie. pensarono di accrescere il fabbricato
della Cattedrale ch' era stata come abbiam detto , consacrata dal
Pontefice Alessandro III; vollero ancora ridurre a miglior forma la
sottoposta Chiesa di S. Giovanni, e far sì che da quella parte fa
cendo argine al monte culminante che si presenta dal sottoposto
piano servisse di fondamento alla Cattedrale. che fu chiamata Duo
mo: ne diede il disegno Niccola architetto Pisano (I).
Da Napoli Federigo passò in Toscana con poderoso esercito;
egli fu a Siena e quindi a Pisa, e per viepiù assicurarsi della de
vozione di quegli stati vi lasciava per Governatore un di lui figlio
naturale per nome Federigo d' Antiochia. Sempre con animo di por
tarsi a Lione a trattare personalmente col Papa se ne andò a Cre-
mona, ma ne fu questa volta pure frastornato dalla notizia che al
cuni fuorusciti, ed altri ribelli dell' Impero e genti della Chiesa gui-

(1) La esistenza del Tempio primitivo ad uso di Cattedrale é


antichissima, e negli archivi della Metropolitana esistono pergamene
contenenti contratti , donazioni , pagamenti di lavori che portano ìa
data del 1002. Questa mar/nifìra fabbrica continuò aurora nell'anno
128$, nel ynal* ne fu fatta la facciata : nell' anno 15.19 uveano già
incominciato a dare esecuzione a iptel mas/ni/lco piano, di evi par
leremo , e che rimase sosjjeso per lo infuriar della peste-
57
dati da Gregorio Montelungo legato del Papa eransi impadroniti
della città di Parma. Da questo fatto egli arguì che il Pontefice non
era inclinato alla pace, onde stabiliva di porre l' assedio a Parma,
siccome' costretto a continuar la guerra ; quest' assedio fu lungo, e
la difesa ostinata. Mentre ciò accadeva, da Firenze furono cacciati
i guelfi, e vi prevalse la parte ghibellina; da questo fatto Federigo
ne trasse buon augurio , ma la disperazione degli assediati fece
cambiar la sua fortuna, giacché un giorno quando l' Imperatore si
trovava a caccia uscirono improvisi dalla città, e fu tale l'impeto
dell' attacco che superate le prime linee si spinsero fin negli allog
giamenti delle truppe, battendo e disperdendo tutto quanto incon
trarono ; così l' assedio colla loro vittoria fu tolto. Essa era comple
ta, poiché fu impossibile riunire l' esercito disperso, e l' Imperatore
con pochi seguaci si ritirò in Cremona , da dove partì per tornare
in Puglia con animo di levar nuove truppe e tornare alla riscossa;
ma i calcoli umani sono spesso fallaci. e Federigo che aveva con
dotta una vita agitatissima, e non senza gloria e grandezza fu sor
preso dalla morte il 13 Decembre 1250.
I Senesi sotto la di lui protezione avevano passato qualche
tempo in quiete tanto internamente, quanto al di fuori, poiché il
partito guelfo non azzardava arrecar molestie alla parte contraria
per tema di esser fiaccato dalla potenza di Federigo , a cui i Se
nesi serbarono illibata fede.
Nacquero delle vertenze fra la Repubblica e gli Aldobrande-
schi ; i Senesi tolsero loro i castelli di Castiglione di Valdorcia e Sei-
vena, ma in fine nel mese di Maggio 125l il Conte Aldobrandino
venuto a Siena trattò l' accordo nella Chiesa di S. Cristoforo, luo
go ove in quei tempi era solito adunarsi il Consiglio generale; ven
nero reciprocamente confermate tutte le condizioni ch' erano state
convenute col Conte Guglielmo l'anno 1237, ed ottenne la restitu
zione delle terre di Radicondoli , Bclforte , Castiglioni e Selvena a
condizione di non cedere dette terre a veruno senza il e Jnsenso dei
Senesi , e furono altri capitoli convenuti , coi quali egli si dichia
rava pronto sempre atla difesa di Siena contro qualunque di lei
nemico.
L' eguaglianza del partito era il vincolo che stringeva l' allean
za fra Siena e Pisa, poiché ambedue tenevano per la parte giii
ss
bellina. A Firenze i guelfi soccombenti per un momento aveau rn
preso il di sopra, quelli della parte contraria avean dovuto esula
re , riducendosi nel castello di Montajo in Vatdarno , ov' erano dai
guelfi assediati. I Senesi ed i Pisani vollero tentare la levata di
queir assedio per proteggere in quelle strettezze i ghibellini secon
do i capitoli che fra loro esistevano, e vi mandarono delle trup
pe , ma giunte sopra un altura a vista del campo dei Fiorentini
eh' erano collegati coi Lucchesi ed Orvietani, non si riputarono ab
bastanza forti dal tentare un attacco, per cui alle primo mosse dei
nemici si ritirarono senza combattere, e gli assediati doverono ren
dersi a discrezione.
V anno appresso i Senesi ed i Pisani ruppero completamente
i Lucchesi a Montopoli ; ma incontrati poi dai Fiorentini presso a
Pontedera , dopo un lungo ed accanito combattimento i vincitori del
Lucchesi rimasero soccombenti. CosVsi avvicendavano le sorti delle
pugne mantenendo uu equilibrio che non dava alle parti una decìsa
superiorità. Nell' anno stesso essendosi condotto l' esercito dei Se
nesi intorno a Montalcino onde tentare di ricuperarlo, doverono ab
bandonarne l' idea , essendo stati i Montalcinesl soccorsi dai colle
gati. D* attronde alcune compagnie senesi essendosi dirette Verso
il Monto Follonica , s1 incontrarono con la cavatleria dei Montepul-
cianesi, che fu messa in fuga dopo averne uccisi molti ed altri
fatti prigioni. Passato V inverno i Fiorentini, andarono con poderoso
esercito contro Pistoja per rimettervi la parte guelfa, che ne era
stata discacciata ; i Senesi per soccorrere i Pistojesi che erano lor
collegati tentarono .una diversione colle loro genti comandate da
Uggeri da Bugnolo Bolognese loro capitan del popolo, che entrato
nel territorio fiorentino si spinse fino al Gatluzzo, saccheggiò, fece
molto prede, colle quati rientrò nel senese.
Fu questo il primo capitano straniero a Siena , cui fosse affi
dato il carico della guerra in luogo del Potestà ; fu quindi diretto
contro a Montalcino che fu vettovagliato dai Fiorentini i quali po
sero al tempo stesso I' assedio al Castel di Montereggioni. In fine i
Senesi abbandonati a loro stessi senza speranza di soccorso, e stret-
li da tanti nemici, si decisero ad accettar la pace che loro veniva
offerta, tanto più che i successi del papa Innocenzio, il quale erasi
insignorito di Napoli, davano alla parte guelfa queir ascendente,
59
di cui i ghibellini avevano goduto nelle prosperilé dell' imperator
Federigo. Il dì 11 di Giugno dell' anno 1254 fa dunque questa pace
stipulata nella chiesa di Stomennano, luogo vicino a Montereggioni,
a condizioni svantaggiose pei Senesi , poiché doverono cedere ai Fio
rentini. tutte le ragioni che aveano sopra Montatcino e Montepul-
ciano, e tanto basta per conoscere che i nemici stessi davano im
portanza a questi dritti ; doverono restituire a Pepe Visconti la Roc
ca di Campiglia, e l'altra di Castiglioni del Trinere, ed al Conte
Guglielmo tutte le terre che gli appartenevano, e che erano venu
te in potere dei Senesi. Fecero reciproco scambio dei prigionieri, e
stipulata la pace l' esercito fiorentino ritirassi in Poggibonsi (1).
Vollero allora i Senesi trar vendetta contro Piancastagnajo, ohe
per la sua vicinanza a Santa Fiora erasi mostrato a Siena nemico
per favorire il Conte Guglielmo , e fu preso per assalto colla mor
te di Tommaso Malavolti , che in assenza del Gapitan di popolo
aveva guidate quelle genti senesi.
Moriva il papa lunocenzio ed a lui succedeva Alessandro IV
quando Manfredi Duca di Tarante figlio naturale di Federigo, mosse
coatro le genti della Chiesa , e le disperse presso Foggia , quindi
s' impadronì della maggior parte del regno, per cui il papa Alessan
dro trovandosi poco sicuro in Napoli ov' era stato eletto, recossi ad
Avignoni sua patria, e di là scomunicò Manfredi dichiarandolo ne
mico della Chiesa.
Questi fatti ebbero influenza nella Toscana, ove rianimatesi le
speranze dei. ghibellini aspiravano a vendicarsi delle passate umi
liazioni, per lo che i Fiorentini sebbene in pace coi Senesi, vollero
vieppiù di loro assicurarsi facendo lega. I negoziatori che orano pei
Fiorentini Oddo Alleviti ed lacopo da Cerreto, e per i Senesi Berlin-
ghieri e Provenzano Salvani, si adunarono in S. Donato in Poggio ,
e quivi il dì 31 Luglio 1255 fu stabilita la lega in questi termini:
e Che fra Senesi e Fiorentini s' intendesse esser vera e perpetua
e amicizia et unione, obbligandosi di dare ajuto 1' una parte all' ai-

(1 ) Ci dice il Sismondi che Brunetto Latini, il prediletto maestro


di Dante, e che militava nella guerra di Siena, essendo nota/o, stese
e firmò il trattato di pace fra le due Repubbliche.
60
« tra, e difendere e conservare gli stati loro, e luoghi che ciascuno
« teneva e possedeva, e quand' occorresse, che qual si voglia ilolle
« dette due città havesse guerra , fusse obbligata l' altra di dargli
« aiuto con certo numero di cavalli e di balestrieri , e che i Fio-
c runtini , Montalcinesi e Moatepulciancsi non potcssero dar ricetto
« a sbandili, né a ribelli, né a fuorusciti Senesi, né Senesi a que-
« gli de Fiorentini, de' Montalcinesi e Moutepulcianesi, che fussero
« stati sbandili o fatli fuoruscili, o ribelli per qualche enorme ma-
« leficio , o per causa di congiura contro la patria, ma fusse cia
« scuna delle parti lunuta a mandargli via, a ogni requisizione di
« quella Comunità dalla quale fussero stati sbandili e ne fussero
« fuoruscili o ribelli o gli facesser guerra . le quali obbligazioni o
« convenzioni , dichiararono espressamente , e con giuramento che
e ciascuna parie , sotto certa pena , dovessero osservare in perpe-
« tuo, senza pregiudizio delle paci fatte insieme altro volte, e delle
« leghe che i Fiorentini avevano formate con Lucchesi, Genovesi,
« Orvietani, Montepulcianesi , Montalcinesi, Conte Guglielmo, Are-
« lini, Vescovo d'Arezzo, Sanmiuiatesi, Pistoiesi , Volterrani, Pepo
« Visconte , e Pratesi. o (1)
Da queste nuovo ira itato, che altro non é se non che la con
ferma del precedente, si può giustamente apprezzare quante po
tente fosse allora la lega guelfa in Toscana, nella quale primeggia la
Repubblica di Firenze, avendo avute di buon ora uomini sommi e sa
vi in politica che ne regolavano i destini. Il partito ghibellino al con
trario si ristringeva a poche città, e principalmente a quella di Pisa,
sulla di cui forza marittima gl' Imperatori avevano sempre fatto il
maggiore assegnamento , e a Siena , che non ostante la lega di
cui abbiamo fatta menzione , mantenendosi sempre a parte ghi
bellina era comoda agl' Imperatori come punto centrale della To
scana per spingersi all' Decorrenza e contro Firenze e contro Roma.

(1) Per maggiore storica verità abbiamo voluto litteralmente tra


scrivere le parole che si trovano registrate nelle pagine del Malavolti.
Lib. V. della prima parte pag. 66 e 67.
CAPITOLO TERZO

SOMMARIO

Nuove alterazioni fra Siena e Firenze — / Senesi dimandano


soccorso al fìe Manfredi — Arriva in Siena il Conte Giordano d'An-
glona — Crosse.to , e la Contea Aliiobrandesca ridotte all'obbedienza
•— Contingenti somministrati dalle Comuni del Dominio Senese —
Nuovi ambasciatori Senesi al Re Manfredi — II Potestà Troisìo
contro Montemassi — L esercito Fiorentino si riunisce in Val <TEl-
. za col Carroccio — Si avanza verso Casale — / Fiorentini pon
gono il campo sotto Siena — SOHO battuti dai Senesi — L'esercito che
era a Montemassi ritorna a Siena — \uovo attacco contro i Fio
rentini — Si ritirano — Incendio a l'orta Salaja — /'reso di Mon
temassi — I Senesi meditano il ricupero di Montcpulciano e Mon-
talcino — / Fiorentini vogliono soccorrere Montalcino — F.SSÌ riu
nite ìc forze della lega Guelfa muovono nuovamente contro Siena —
Pongono il campo a Montaperto — Generosità di Salimbene Salim-
beni — Ambasciatori spediti dal Campo ad intimar la resa — Sono
ricn*itti nella Chiesa di S. Cristoforo — La proposta é respinta, la
guerra decisa — L'esercito Senese col Carroccio esce da Porta Ovi
le — Disposizioni del Potestà Troisio — liattaglia di Montaper
to — L' esercito dei Fiorentini e dsi Guelfi é annientato — Spavento
cap/ionctto da quella notizia in Firenze — / Senesi non sanno trar
profìtto dalia loro vittoria — Dieta tenuta in Empoli, Firenze é sal
vata — Accordi fra Senesi e Fiorentini.

Il on passò molto tempo senza che i Senesi dessero ai Fio


rentini prova della loro fede , poiché essendo accaduta in Arezzo
la cacciata dei «inciti, la Repubblica Fiorentina volle togliere quello
scandalo Ghibellino, e dietro invito, i Senesi mandarono lor genti,
che contribuirono a ristabilire colà l'ordine che era stato rovesciato.
l Senesi ebbero quindi la sottomissione dei Conti di Torniella , i
Fiorenti ni dal canto loro disfecero le mura di Poggi bonsi , avendo
62
quel luogo tenuto per la parte Ghibellina, e gli Aretini abbatterono
quelle di Cortoua.
In fine il partito Guelfo divenuto tanto potente soverchiava
talmente il partito contrario, che in Firenze fatto centro di quella
lega Toscana non furono altrimenti tollerate le famiglie conosciute
per il loro partito Ghibellino , e vennero bandite. Molte di esse si
ricoverarono in Siena ; tanto bastò perché si alterassero gli umori,
per cui il Comune di Firenze spediva suoi ambasciatori Albizo Trin-
cavelli ed lacopo Gherardi a far intendere al Comune di Siena f
ohe in forza dei capitoli della Lega dovevano esser cacciati i fuo-
rusciti Fiorentini. Fu loro risposto dat Magistrato:
Che niente stava più a cuore , quanto il mantenimento della
pace e concordia col Comune di Firenze, e che aveano perciò pre
senti le fatte capitolazioni , ma che nel caso d' allora non erano
applicabili , in quanto che non conoscevano le cause per le quali
quelle famiglie ricovratesi in Siena erano stato fatto fuoruscito , e
non potevano supporre che lo fossero per qualche malefizio o con
giura o tradimenti fatti contro la patria , nel quat caso solamente
si erano obbligati a discacciarli : ora non costando di ciò intende
vano di non esser verso di loro scortosi, e di accordar loro il dritto
di ospitalità che era nel carattere dei Senesi.
Questa risposta non piacque e parve un garbuglio per stirac
chiare il dritto verso la parto ov' era il torto, onde sdegnati, prima
finsero appagarsene, e poi apertamente tornarono a rompere la pa
ce, mandando gente armata ai confini del Senese, per ivi pre
dare quanto lor capitava. I Senesi mossi da questo non dubbie di
mostrazioni dimandarono soccorso al Re Manfredi di Napoli , ben
conoscedno che le loro forze non erano bastevoli a far argine.
alla piena dei nemici che contro di loro la formidabil lega poteva
spedire; e qui comincia la serie di quegli avvenimenti che tanta
rinomanza doveauo acquistare nella Storia. L' invito dei Senesi
piuttosto che molesto fu aggradito da Manfredi , che predomina
to da potente ambizione concepì il pensiero d' impadronirsi della
Toscana. A tal' effetto spediva ambasciatori a Siena , che furono
Niccolò Mastaglia da Cremoua, e Paolo Usa, i quali confortarono co
loro che reggevano la Repubblica a star saldi nel partito Ghibelli
no , ed a far le provisioni occorrenti in danaro ed in gente, onde
$3
non lasciarsi sorprendere dai nemici nell' aspra guerra ohe si pre
parava ; infatti i Senesi non vennero meno nel bisogno, ma la lega
Guelfa era formidabile, e l' affrontarla in campo senza estranei soc
corsi era pericoloso impegno, onde dal canto loro inviarono ora
tori al Re Manfredi , che furono Aldobrandiuo da Palazzo. e Ranieri
Maffei , per rappresentargli ingenuamente la condizione loro, e che
in premio della loro fedeltà speravano di essere da lui soccorsi, sen
za di che non era possibile ottenere vittoria.
Queste ragioni furono efficaci tanto ohe il Re dispose ohe buon
numero di sue genti si spedisse a soccorrer la Repubblica di Siena
che prese in sua protezione (1).
Infatti arrivarono in Siena quelle truppe nel mese di Deoem-
bre 1259 sotto il comando del Conte Giordano d'Anglone Conte di
S.
fredi
mosaSeveriuo
: ed
erano
agguerrita.
, 800
col titolo
uomini
E di
questi
aVicario
cavallo
erano
generale
dimantenuti
nazione
in Toscana
Tedesca,
e pagati
delgente
'dal
Re Regio
Mau-
ani*

erario per mezzo del Camarlingo Tauella che accompagnava il Conte


Giordano : e sebbene alla scadenza delle paghe non avesse danari
sufficienti per effettuarle , la Repubblica, come consta dai registri
della Biccherna, fece a lui l'imprestito di una somma che fu resti
tuita , e siccome quei soldati portavano delle once d' oro , moneta
corrente nel Reame di Napoli , così fu questa moneta valutata sei
lire , contandosi la lira soldi venti d' oro , e così ogni lira raggua
gliava un fiorino d'oro, come resulta dai pubblici registri di quei
tempi.
Vollero i Senesi rivendicare i diritti che l'Imperator Federigo.
loro avea concesso sopra Grosseto , e sulla Contea Aldobrandesca,
ma avendo ricusato di obbedire il Conte Giordano, dubitando che
volessero unirsi ai Fiorentini , pensò di portarvisi colle sue genti ,
alle quali furono unite quelle del terzo di Camollia e del contado.
e ciò per proposizione del Consiglio di credenza, approvata poi dal
Consiglio generale in tre adunanze diverse, com' era di costume se
condo gli ordini stabiliti.

(1) htrvmento del mese di Maggio 1239 portato a Siena dai MO.
rninati Ambasciatori.
64
Fu adunque ordinato che si formassero le cinquantine, che cosi
si chiamavano allora le compagnie di milizia , e che a ciascuna si
desse un Capitano , e per coprire il confine dello Stato dalla parte
del Fiorentino fa ordinato che gli uomini di Vat di Strove , della
Badia a Isola , di Monteriggioni, di Querce grossa , di Scivoli e di
Cerreto, e di altri luoghi compresi nel terzo di Camollia, si tenes
sero in armi , e pronti al muoversi.
Fu stabilita una Commissione che soprintender dovesse alle cose
della guerra , e si compose del Potestà , del Capitan di popolo, di
tre Priori dell' ufficio dei ventiquattro, e di dodici uomini deputati
sopra i fatti del Comune; queste ed altre furono le provisioni che
fecero per la guerra, che era divenuta omai indispensabile, mentre
gli animi dei cittadini si trovavano agitati fra il timore e la spe
ranza.
Il Conte Aldobrandino Aldobrandeschi, saputo quel movimento
guerriero che si faceva in Siena , da Santa Fiora spedì Ambascia
tori coll' apparente missione di trattar la pace col Conte Giordano,
ma il vero fine era quello di scandagliare l'animo di lui, e di ac
certarsi dei fatti che in Siena accadevano. Ma penetrato il progetto
furono gli oratori licenziati dal Conte Giordano, e dai dodici buon
uomini.
Correva il mese di Gennajo del UG0'onde non bisognava per
der tempo, e prima che incominciasse la primavera bisognava con
durre l' esercito in maremma, laonde il Conte Giordano volle affi
dare quella spedizione al Potestà , che era Francesco Troisio, che
l' accettò in seguito dell'autorizzazione datagliene dal Consiglio della
Campana che ne approvò la scelta a relazione fattane da Graziano
e da Buonsignore.
Adunatosi poi il Consiglio generale nella Chiesa di S. Cristo-
foro in Piazza Tolotnei , furono con solennità consegnate le ban
diere del Comune ai Gonfalonieri dei cavalli, e delle infanterie, ed
atle cinquantine del terzo di Camollia e contado, e pubblicato bando
che ordinava a quella gente d'armi di star pronti al partire. Il 19
di Gennajo uscivano in bell' ordine dalla città.
Speravano i Senesi che quei di Grosseto sarebbero venuti agli
accordi, ma al contrario si misero sulle difese, onde fu necessario
spedir da Siena le macchine che allora si usavano per assaltar le
65
munì , come buona provisiono di danaro , siccome il soldato era
soltanto panato fin che serviva. Ora un assedlo prolungava il ser
vizio per tempo indefinito. È vero che la capitolazione era per soli
trenta giorni . ma spirato quel termine le genti di quel terzo che
erano in attività di servizio venivano scambiate da quelle di un at
tro. In quell'occorrenza il terzo di Città doveva succedere al terzo
di Camollia : ma siccome la citta si empieva di fuorusciti Ghibel
lini , la maggior parte di Firenze, tutta gente valida alle armi, che
quivi si ricovrivano con animo di difendere il loro partito dive
nuto causa propria , così furono formati in compagnie , e spediti
alla volta di Grosseto sotto la condotta del Conte Guido Novello.
Casale spediva a difesa di Siena 100 fanti , 100 Radicondoli ,
100 vennero da Belforte, 25 da Monte Guidi, 100 da Gherardo di Pra
to, 100 dai Signori della Rocca Tederighi, 50 da Boccheggiano, 100
da Montalcinello, 50 da Asciano, 150 da Chiusure, 100 dalle Ser
re, 100 da Cetriolo, 50 da Uapolano, ''0 da Armajolo, 100 da Tre-
quanda , 50 dal Foggio Santa Cecilia , 100 da Moatefollonica ; 100
da Moni iur niello, 100 da Torri! a, e molti ne furono mandati dalla
città di Massa , da Montieri , dai Conti Pannocchieschi , e da altri
Capitolati colla Comune di Siena. Di tali elementi si componeva l'e
sercito dei Senesi , ed a questi uniti gli uomini che formavano le
compagnie dei Terzi , e del contado, si poteva tuli' al più riunire
una forza di circa 12,000 uomini. Meotalcino intanto si vettovaglia
va , giacché il Conte Giordano mandando verso S. Onirico alcuni
dei suoi cavalli , dava sospetto di voler contro di loro osteggiare.
Dall' assedio di Grosseto il Potestà scriveva speranze di sollecita
resa , ed a lui fu risposto che non si accettassero accordi se
non erano onorevoli at Re ed alla Repubblica , che si continuasse
a fabbricar macchine, che si distruggesse il mulino, onde far dan
no ai Grossetani. Giunse finalmente il Vinciguerra , uno dei consi
glieri del Conte Giordano , colla notizia che Grosseto si era libera
mente reso ai Senesi il 5 di Fchbrajo 1160.
. Fu ordinato ciò non ostanti? al Potestà che occupasse quel luogo
militarmente , perché ben conoscevano i Senesi quanto i Grossetani
fossero dubbi uclì. i fede, e che non rimandasse le compagnie del terzo
di Camollia, finché non fosscr giunte quelle del terzo di Città, o per
assicurarsene maggiormente vi si portò lo stesso Conte Giordano
5
(56
con alcune compagnie di Masnadieri (1); e volendo i Senesi nulla
trascurare onde la guerra non li trovasse alla sprovvista , spedi
rono Cemmissari ad assicurarsi delle fortificazioni, e dello stato di
difesa in cui si trovavano le castella del loro dominio. Fu neces
saria una requisizione di 600 cavalli, che allora era chiamata im
posta di Cavalli, di Cavallate, e fu ripartita fra la città, e le va
rie Comunità del'dominio Senese : il reparto della città fu fatto per
contrada , prendendo la base della nuova lira , o estimo catastate
che di recente era stato eseguito.
Ma tutti questi provvedimenti sembravano ancora non baste-
voli ad affrontare il pericolo, onde la Repubblica spediva nuovi
ambasciatori al Re Manfredi . colla speranza che facendoli rappre
sentare fedelmente lo stato delle cose, egli per interesse proprio,
e della Repubblica non avrebbe indietreggiato nell' aumentare il sua
contingente.
fitta In
chequel
Ezzellino
tempo da
il partito
RomanoGhibellino
signore disi Padova,
rallegravaTreviso,
per unaVicenza
scon-.

e Verona , aveva dato ai Guelfi di Lombardia presso Brescia.


I Fiorentini avevano mandato Ambasciatori a Pisa, onde vol
ger quella Repubblica , sebben Ghibellina , contro i Senesi ; ma le
loro pratiche non furono dal successo coronate, mentre essa non tra
diva la fede verso i Senesi : insomma ciascuna parte cercava di
attuare i mezzi d' offesa , e di difesa , onde avere il maggior van
taggio possibile nella guerra vicina. Eppure la Repubblica di
Firenze era potente e pei suoi mezzi , e per la lega che avea
potuto mirabilmente riunire in difesa della parte Guelfa. Il Conte
Giordano che era sempre a Grosseto , fu pregato dal Comune di
Siena di prendere degli ostaggi per assicurarsi della fede dei Gros
setani che davano segni di forzata obbedienza ai Senesi, e di tor
narsene in Siena , onde meglio concertar le cose della guerra : al
medesimo tempo gli fu fatto intendere aver deliberato il Consiglio
d' inviar quelle genti del terzo di città col Potestà Troisio contro
Moutemassi , invece di spedirle a Grosseto.

•1) Cos'i si chiamami In infanteria payata.


«7
Saputosi poi ihi Senesi che i Fiorentini s'ingrossavano in Vai
d' Elsa fornirono di vettovaglie Monteriggioni , e furono- nominati
dodici cittadini per vegliare continuamente alla sicurezza interna
della citta. Furono ancora spediti altri ambasciatori a Manfredi in
compagnia del Conte Guglielmo per ordine del Conte Giordano,
onde affrettare l' invio, dei soccorsi. Tutto era moto , attività : il
Consiglio di credenza era quasi in permanente seduta: il Consigli*
generale ossia. dello Campana ,. spesso chiamato a deliberare sopra
affari d' urgenza. M Conte Novello capo d«i fuonusciti voleva an
dare
marviinl' Casentine
n Un mone per
dei fare
l'iorentim.
un divcr.sivo
ma fu giudicato
da qudlaimprudente
parte. e ricini»-
par

tito, perché la gente di cui era capo non era bastante per numero
all'impresa, e invece fu spedito. in Valdichiana, onde impedire ai
Fiorentini di vettovagliare Montepulciamx
I Fiorentini il 20 d' Aprile cavarono il Carroccio simbolo di
guerra . ed uscirono con tutto le loro genti. Dietro. gli avvisi del
Potestà di Casale si credeva che volessero soccorrere Montemassi:
il Troisio che era a quell' impresa aveva. il medesima sospetto , e
dimandava rinforzi, e gli furono mandate le genti del terzo di S.
Martino , ordinando al tempo stesso al Conte Novello che a lui si
accostasse, e gli uomini del terzo di Camollia per quanto fosse sca
duto il tempo non vollero abbandonar. quell' impresa, e se ne par
tirono soltanto dopo aver saputo che i nemici abbandonando la via
della Maremma si erano rivolti verso la citta. Fu allora scritto in
fretta al Conte Giordano a Grossete, informandolo del fatto, atlìiv
ché tornasse colle sue genti in Siena,
I Fiorentini nella loro marcia si fermarono sotto Casolo, e Mei>
sano , che per non essere luoghi fortificati si resero a patti. Quindi
essendo stati rinforzati dalle genti di Lucca che vennero numero
se, si avviarono verso Siena, e misero il campo col Carroccio fuori
della porta Camollia, ove passarono quivi diversi giorni senza trar
vantaggio , poiché le mura dr Siena erano salde , I' animo dei di
fensori disposto a battagliare , il popolo a qualunque sacrifìzio de
ciso, i Fiorentini generalmente odiati.
Arrivava il Conte Giordano coi suoi, giacché in Grosseto aveva
soltanto lasciato un presidio per tenerlo in soggezione. Come anco-
!'j sforzandosi nelle marcie erano giunti in tempo gli uomini del
terzo di Camollia , talché una sorpresa per parte dei nemici, non
era più da temersi (1).
Reputando adunque cosa pericolosa il dare l' assalto alla cit
tì1 . devastarono all' intorno , diedero il guasto al Castel della Su
ghera , a quel di Montarrenti , a Rosia, a Sovicille , a Matignano,
a Montecchio luoghi tutti che non presentavano alcuna resistenza,
finché il 18 di Maggio essendosi accorti i Senesi che il campo ne
mico o per stanchezza dei sofferti disagi , o perché li tenessero in
poco conto , erasi rilasciato in certa tal qual sicurtà , la mattina
verso il mezzogiorno lo attaccarono imp*ovisamente , e misero tal
disordine fra i nemici che i fuggiaschi ortandosi reciprocamente si
ammazzavano fra loro . e tale fu l' impeto dei Tedeschi , che non
diedero ai nemici nemmeno il tempo di prendere le armi. Dell'e
sercito collegato ne perirono 1300, e dalla parte dei Senesi 270.
Questo fatto é attestato da Giovanni Villani e da Leonardo Aretino.
Altri storici poi narrano al contrario che vi rimasero morti tutti i
Tedeschi , e che vi perderemo per fino lo stendardo , quale porta
tolo in Firenze fu dal popolo dileggiato e messo in brani , lo che
obbligò vieppiù il Re Manfredi a sostenere i Senesi , onde vendi
care l'affronto. Vogliono ancora che l'impegnare in quel fatto d'ar
me sì debol numero di Tedeschi fosse consiglio di Farinata degli
Uberti profugo Fiorentino , quasi che , prevedendone l' esito infe
lice, intendesse di risvegliare la suscettibilità del Re Manfredi tosto
che venisse nell'amor proprio offeso. A distruggere tale asserzione
sta un decreto del Consiglio del giorno susseguente al fatto , col
quale elargisce ai Tedeschi per la bella prova che fecero nel com-
batlimento un premio di 500 lire, che allora corrispondevano a 500
fiorini d' oro.

(1) Convien notare che vi sono altri storici che raccontano di


versamente questi fatti : noi abbiamo creduto compendiare quelli cìie
sonori sembrati più veridici, prendendo a scorta il Malavoltì che as
sicura essere bene informato. Abbiamo poi fra le altre cose trovato
che i Fiorentini venuti sotto le mura di Siena per disprezzo getta
rono in città , vatendosi di un aryano, un Asinó , e che presero il
Costei di Quercegrossa con altre circostanze inutili a dirsi.
69
L'esercito che si trovava a Montomassi sentito che ebbe il pe
ricolo della patria , non poté restare costante a quell'impreso, on
do partissene dopo aver lasciate alcune compagnie a guardia: que
gli uomini paventavano per le mogli, pei figli, pei parenti che aveano
lasciato, e l' amor dei suoi prevalse in quel momento a qualunque
altro dovere.
(iiunio a Siena questo rinforzo tentarono i Senesi un altro at
tacco uscendo da porta Ovile , e questa volta pure il loro ardire
fu coronato da felice successo , poiché quel campo che erasi rior
dinato fu in tanto disordino, che i Senesi inseguirono i nemici fino
a Castel fiorentino, e di là senza esser molestati ritornarono al punto
dal quale erano partili.
Un fatto poi che sta a provare la levata del campo fiorentino
si é la spedizione dei soccorsi per parte dei Senesi nei punti più
minacciati , poiché il dì appresso Napoleone Ciampoli fu mandato
con cento cavatli e diversi balestrieri a difendere il cassero di Mon
te Laterone, che era stato preso dagli Orvietani accompagnati dal
Conte Aldobrandiuo di l'italiano, e da Pepo Visconti di Campiglia:
ora se i Senesi fossero stati soccombenti , vedendo crescere i loro
pericoli non avrebbero distaccate quelle genti, utili alla difesa della
Patria , onde abbiamo luogo di credere al Malavolti che Gio. Vil
lani male a proposito asserisce che /' Hoste dei Fiorentini tornò in
Firenze con gran trionfo et honore ; che se avessero riportata una
vittoria, in ragion dei vantaggi sarebbe cresciuta nei condottieri la
costanza nel progetto d'impadronirsi di Siena, mentre la loro par
tenza per lo meno prova di aver riconosciuta l' impossibilità di
vincere.
Mandarono ancora i Senesi a dare il guasto m quel di Colle,
ed in quel di Montalcino , e rinforzarono l' assedio di Montemassi,
di modo che la metà delle truppe lasciò la città. Poggibonsi e Stag
gia tornarono sotto l' obbedienza dei Senesi , con che fossero loro
restituiti i prigionieri : tutto sta a provare infine che quella cam
pagna fu prospera alle armi della Repubblica Senese.
Tornava dall' ambasciata di Napoli Provenzano Salvani seco
conducendo buon numero di soldati inviati nuovamente dal Re Man
fredi cou Agnolo da Sepentiuo , e quel numero allora fu creduto
bastevole a far fronte ai nemici , giacché si prevedeva che tornar
70
dovessero ad osteggiare. Una sventura por altro sovrastava alla
città ; inani festossi uu incendio presso porta Salaja (ora Costarella),
che propagandosi eon gran furia distrasse una parte. del terzo dì
Città: non ostante i mezzi attivi adopratrsi per arrestare il fuoco
molti cittadini si trovarono privi di ricovero proprio, perdettero le
loro masserizie ed una parte dei loro averi. Se fosse causale o ma
lizioso il fatto rimase occulto. Fa per altro ordinato che i Tedeschi
che abitavano uel terzo di Città ne sloggiassero per essere di
stribuiti nei terzi di Camollia e di S. Martino. Il Re Manfredi fe
ce intimazione ai mercanti Senesi. che. fio dall'anno 1251 avevano
imprestate delle .somme al He Corrado quando andò all'impresa del
Reame di Napoli, che si presentassero a tutto il primo Luglio, on
de liquidare i conti « ricevere il pagamento dei loro averi, dietro
rivendicazione delle gioje che si erano ritenuti in pegno.
Mandate nuovo truppe fu il Castel di Montemassi assaltato con
furore, e cadde tinalmente in potere dei Senesi, ohe 'vi mandarono
Cristofano Mantini con ordine di farne demolire le mura.
Per non tenere tante truppe oziose pensarono allora i Senesi
at ricupero di Montepnkiano. Onde prevenire il colpo arrivarono in
Siena deputati Perugini a trattare I' accordo . rivestendosi della
qualità di amici comuni e negoziatori disinteressati, mn ne parti-
inno dopo inefficaci trattative: adora vennero ambasciatori Orvie-
tani colla stessa missione: ma queste pratiche ben lungi dall'essere
sincere , miravano solianto ad acquistar tempo fin che ai Guelfi
giungessero gli aspettati soccorsi. Fu fatta deliberazione ancora dal
Consiglio di riprendere Montalciuo, che nemico ai Senesi si vetto
vagliava per favorire i collegati , e furono nominati diciotto Citta-
dini onde provvedere per tutto il mese. di Luglio alle cose della
guerra con amplio mandato senza necessità di approvazione per
parte
tino d'del
Andrea
Consiglio,
oratore
e tosto
del Re
cheManfredi
essi furono
, chein dimandava
officio udirono
la requi
Uber-

sizione di altri 400 cavalli, onde tenerli in riserva per qualunque


eventualità, giacché te Repubblica era impegnata in tante imprese
contro potenti nemici . ché la prudenza rendeva questa misura in
dispensabile. La proposta fu accettata , « 900 furono tassati alla
citta , 200 a) contado.
Il favore in cui erano venuti i Senesi si fa viepiù manifesto
71
ni vedere che AldobraruJino Aldobrandeschi cercò di tratiare coi
Senesi amichevolmente, ed ottenne da essi il permesso di venir
liberamente ad abitar la città colla sua famiglia, quando a lui pia
cesse , a coadizione che bandisse dai .suoi dominj alcuni soggetti
che si erano dichiarati nemici della Repubblica.
Seguivano giornalmente ai contini delle scaramucce eon varia
sorte: le terre di Montepulciano erano state guaste dai Senesi; Mon-
talcino era stretto d'assedio. Così passò l'estate, ma sul venire
dell' autunno parve ai Fiorentini poter soccorrere Montalciuo, senza
di che sarebbe caduto sicuramente in poter dei Senesi: e qui cre
diamo dover dire che le ribellioni di questa terra , e di quella di
Montepulciano , che mostrarono sempre uno spirito tanto animoso
verso i Senesi, quanto compiacente verso i Fiorentini, furono la causa
di tanti danni, e contribuirono ad inasprire quelli sdegni, che oggi
purtroppo ci sembrano vergognosi , ma che in quell' età erano la
conseguenza naturale dell'indole delle istituzioni, e dei costumi che
i secoli a v cano radicati.
Con animo adunque di soccorrere Montalcino i Fiorentini riu
nirono un formidabile esercito. AI dir del Villani non vi era fami
glia in Firenze che non avesse fra quelle truppe qualcuno dei suoi,
o a piedi , o a cavallo ; oltre di che vi erano Lucchesi, Bolognesi,
Pistoiesi. .Pratesi, Samminiatesi, Sangimignanesi , Volterrani. Are-
lini , ed Orvietani : vi erano pure Genovesi , e Lombardi , talché
puossi dire che il partito Guelfo si era dato appuntamento in Fi
renze per muover contro Siena, reputata il centro della parte Ghi
bellina. Quell'armata contava oltre quarantamila uomini, ed era
guidata da Buouconte Monaldeschi Potestà di Firenze. Si era fatto
credere che ta maggior parte dei Senesi stanchi del dispotismo di
Provensano Salvani, si sarebbero ribellati, ed avrebbero aperte le
porte della citta all'appressarsi di quell'esercito collegato. Èra que
sta una pretta menzogna , poiché Provensano Salvani , fu solo ri
spettabile cittadino , amico della patria sua , né mai ambì alla Si
gnoria della città.
L'esercito riunito mosse da Firenze col Carroccio; entrato nelle
terre di Siena segnalò il di lui arrivo colle prede, con gl' incendj,
colla devastazione , per cui gli ubitanti della campagna spaventati
da tanto scempio , vennero a ricovrarsi in cittì) , e vi sparsero il
72
terrore iu modo che si temeva da un momento all' nltro I' assalto
dei nemici alle mura della citta. Vi fu un .dlarme, che si propagò
in tutte le Contrade . ed i cittadim corsero ai punti della difesa ,
mandarono esploratori . e gli animi turbati da un santo sdegno ,
sebbene nella incertezza della vittoria , forte sentivano il bisoguo
di una vendetta.
Kbbero campo per altro di rassicurarsi, poiché l' esercito col
legato aveva traversata la Val di Biena , ed aveva posto il campo
ed il Carroccio a Monte Aperto, in una pianura circondata da col
line fra due torrenti , la Biena , e la Matena , che varmo a scari
carsi nelle prossime acque del fiume Arhia. Moutaperto aveva un
Castetlo, che ora più non esiste, e vi é luogo a credere che fosse
di poca entità , ma che serviva di punto d' appoggio all' armata
collegata.
I Fiorentini confidando nella forza del numero si tenevano certi
della vittoria , ed attendevano l' esito della congiura per entrare
trionfanti iu città ; per maggior dispregio , chiamavano i Senesi ,
besciolinì (1).
In città si deliberava , e siccome il popolo chiedeva di com
battere, fu deciso l' attacco contro i nemici prima che si accostas
sero alla città, perché l'uomo ardito desidera di battagliare in cam
po aperto senza farsi scudo di una muraglia : e siccome al Conte
Giordano non erano state rimesse dal Re Manfredi le paghe dei suoi
Tedeschi , si volse atla Repubblica , onde volesse supplire al biso
gno. Intesa la dimanda dal Magistrato dei ventiquattro, e dai de
putati per la guerra , che erano adunati in S. Cristoforo . Saliin-
bene Salimbeni, veduto che per le tante spese occorse mancavano
i mezzi , offriva danari propri , che furono immediatamente por
tati sopra un carro coperto in mezzo agH applausi della popolazione
che apprezzava giustamente quel tratto di sincero patriottismo.
Si udirono ancora due nmbnscintori ispediti dal campo dei Fio
rentini , che iu nome della loro Repubblica intimavano a Senesi di

(1) È diminutivo di lìesci o Sessi , cioé pazzi stolidi, nome che


anticamente fu dato dai Fiorentini ai Senesi.
73
non molestare i loro confederati Montalciaesi , e che rinunciando a
tutte le altre leghe e compagnie, discacciassero da Siena i fuorusciti, e
specialmente Farinata degli Uberti , senza di che non si aspettas
sero misericordia, lierché uel loro furore non avrebbero risparmiato
né sesso , ué eia , e che in quest' eccidio i Senesi avrebbero ve
duto la distruzione della loro patria. Se animosa era la proposta ,
la risposta fu nobile, poiché calcolando che i partiti quanto più sono
in certe circostanze arditi , tanto più hanno la probabilità della
riuscita, quelli che governavano la Repubblica fecero intendere agli
oratori Fiorentini, che i Senesi l'avrebbero data la risposta in com
po: per lo che gli oratori erano in sul partire, quando uditasi una
trombetta comparve loro un messo spedito dal campo che portava
nuove istruzioni, dopo lette essi tornarono in Magistrato più animosi.
Alle dimandi' già fatte i Fiorentini aggiungevano, che i Senesi si ren
dessero a discrezione, e demolissero le mura dalla parte del cam
po , perché la cavalleria e l' esercito non voleva passar per la
porta , o che si aspettassero l' ultimo esterminio che loro si pre
parava.
Il Magistrato non fece alcuna risposta : si limitò a congedare
gli oratori , ed adunando immediatamente il Consiglio generale , e
referita per la bocca del Potestà là dimanda fatta , volle cono
scere in tanta estremità il parere , ed il voto dei cittadini. Tutti
in udire quella temerità erano rimasti attoniti; ma considerando che
essi andavano incontro alla più umiliante servitù, decisero, che il
tentar la sorte delle armi, per quanto incerta, era prudente con
siglio : onde un grido generale di guerra sorse da ogni banda; la
disperazione il dispetto fece gigante l' ardire : allora fu comandato
che ciascuno riducendosi sotto il Gonfalone del proprio terzo si pre
parasse a combattere; e messe in ordine le compagnie furono am
monite con affettuose parole , affinché tutti fossero obbedienti agli
ordini del Potestà , che era il Trolzio . mentre da essi dipendeva
la sorte della patria , dei figli , dei parenti , per cui era venute il
momento di sprezzare il pericolo e la morte , sacrificando la pro
pria vita per una causa sV giusta.
Infiammato l' esercito si avviava col Carroccio, col Gonfalone,
ed altre insegne della Repubblica, insieme a quelle del Conte Gior
dano Generale della cavalleria ed infanteria Tedesca , verso Porta
74
Ovile per dove usciva all' incontro del campo nemico (1). Restaro-
rono i deputati sopra la guerra con una parie delle loro genti a
custodia della citta per difenderla 600 all'estremo, quando la sorte
delle armi fosse loro stata contraria. »

Erano vigilate le persone di dubbia fede col fine di evitar tu


multi, che a seconda dei casi della battaglia potessero interamente
suscitarsi; in mezzo alla incertezzu crudele i cittadini erano da una
speranza di probabil vittoria animati.
L'esercito scese il poggio in mirabil ordine: fece alto al pian
delle Ropole. l Fiorentini che lo vedevano schierato furono sorpresi
a» qnell' ardito movimento. Compresi i Tedeschi, i forestieri stipen
diati. i fuoiiusciti fiorentini sommavano forse a diciassettemila. Non
vi erano confederati, perché i Pisani impegnati nella guerra contro
i Genovesi non poterono dare ajuti. I Fiorentini secondo Niccolò Sa
bino erano quarantamila; la lotta per numero era sproporzionata.
Il Potestà Troisio volendo trarre partito da certe colline che
si presentavano sul fianco, ordinò a Niccolò da Bigo/.zi , ed al Duras,
che con quattrocento Tedeschi e con alquante compagnie di bale
strieri , passassero l' Arbia , ed in quelle si ponessero in aguato .
onde irrompere improvisi sui nemici tosto che il momento fosse de
cisivo. Tali furono le disposizioni per quella gran battaglia, combat
tuta li 4 Settembre 1260.
Intanto sorgeva impcnvisa una nube singolare per la forma e
per il colore cenericcio che assunse ; essa ricopriva (utta la città.
I Senesi ne trassero felice augurio, i Fiorentini ne furono spaven
tati , sembrando loro che il cielo si dichiarasse cou quel sogno fa-

(1) Io insegna del terzo di S. Martino era verde col santo di


qwsto nome nel mezzo.
Gonfaloniere Giovanni De-Guastellini.
Terzo di Camalitu, bianca.
Terzo di
Gonfaloniere
Città, colarBartolommeo
vermiglio , con
Renaldini.
im r/ran Croce bianca nel

r/iezso.
Gonfaloniere Jacopo Del Tondo.
Capitan di Popolo Hufrudi dn Isola
75
vcrevùle ai nemici. Erano le ore tre e mezza lx>meridiane quando
fu dato il segnale della battaglia. I primi a muoversi all' attacco
furono .i Tedeschi colla cavalleria , e fu tale l' urto, che fecero ri
piegare in disordine la cavalleria nemica; ma soccorsa da una squa
drone di cavalieri ritornò a combattere. Già la pugna si era fatta
generale su tutta la linea : la sorte pendeva dubbia. Siccome dui-
1' una parte e dall' altra si facevano prove di valore , l' odio reci
proco inferociva i cuori , tutti sprezzavano la morie. Il Conte Al-
dobrandino di Pitigliano, Pepo Visconti di Campiglia, benché Ghi
bellini , combattevano nelle (ile dei Fiorentini per avversione ai
Senesi. I più valorosi cadì.ano spenti , molti stendardi erano ab
battuti , e fra il suono delle trombe e dei tamburi e le grida
terribili, gli uomini iaferocivano nel sangue dei loro fratelli. Il Gio
vane Gualtiero nipote del Gente Giordano , era stato .il primo ad
attaccar la zuffa , e Niccolò Garzoni Capitano dei Lucchesi cadde
sotto i di lui colpi: il Capitan dei Pratesi cadeva sotto la lancia
del Dastimbergh, ed il Conte Giordano uccideva Donatelle Capitar.
degli Aretini. lacopo dei Pazzi che portava l'insegna del Commi di
Firenze colpito da un fendente vibrato da .un cavaliere della prima
fila della cavalleria Guelfa perdé il braccio, e con esso cadde a terra
l' insegna, (1) simbolo funesto di odj fanatici. Datla parte Senese
l'Ugurgeri era .morto combattendo contro le schiere dell'Aldobran-
dino da Pitigliano, e del Mi nella; i! Beccarini scavalcato e privo di
sai corso , pesto dai cavalli esalava 4' anima furente di generoso
sdegno.
I fuorusciti Fiorentini guidati da Farinata degli Uberti faceano
prodigi di valore ; essi cercavano nella pugna i loro personali ne
mici per vendicarsi o morire. Era pertanto incerto l'esito della pu
gna, quando il Bigozzi, ed il Duras improvisamente scaturiti colle
lor genti, attaccarono i Fiorentini alle spalle. A quell'improviso urto
l'esercito nemico si pone in disordine, il timor panico lo assale, i Capi-

fi) Questo colpo si attribuisce ad un tradimento di Bocca degli


Alati , che fingendosi Guelfo, se la intendeva coi fiionauti Ghibelli-
ni di Firenze.
76
tani tentano invano di arrestarne la fuga, e dì riordinarla batta
glia ; allora un gruppo di valorosi si riunisce intorno al Carroccio
per
riti tentarono
difenderlo salvarsi
: ma in colla
fine fuga,
spossati,
abbandonando
e la maggiorquel
partesacro
uccisivessillo
o fe~

di guerra col Gonfalone della Repubblica in poter dei vincitori. Molti


avrebbero voluto arrendersi . ma le ire feroci facean tacer la pie
tà . era una strage che incrudeliva i cuori. Reggeva ancora com
battendo sul pendio delle colline il corno destro dei fiorentini at
taccato dal sinistro dei Senesi, ma il disordine della sconfitta dei
loro toccata sul piano, fece ceder quella gente, poiché oltre la fuga
altra salute loro non restava. Tale fu l' esito di quella famosa bat
taglia che ha ispirato a Dante quei versi

« .... Lo strazio ed il grande scempio


« Che fece l' Arbia colorata in rosso.

e da sì straordinario avvenimento puossi arguire che la Provviden


za distrugge talvolta i calcoli umani i meglio combinati. È da la
mentarsi che si sparse sangue fraterno , onde il vanto é oscurato
da torti reciproci, che gli uomini di maggior senno lamenteranno
in ogni eia.
Dalla parte dei Fiorentini ne morirono diecimila , e fra que
sti molti Aretini, Orvietani, e Lucchesi. I prigionieri furono circa
i ventimila; il Carroccio fu il principal trofeo della vittoria, (I) i Fio
rentini TÌ perderono perfino i registri ove erano notati i Capitani
ed i nomi di coloro che componevano le compagnie. Vi periva pure
il loro Potestà Buoncontc Honaldeschi.

(1) La Campana detta Marlineila che é quella che era nel Car
roccio , chiamata così da Marte per indicar l' uso della guerra, più
non
tradasi della
trovaPantera
; si é creduto
, trasferitavi
che fosse
da quella
uria delie
dellatorrette
Chiesa merlate
della Coìi-
del

palazzo pubblico , ma si é verificato esser quella stata fusa due an


ni dopo la battaglia di Montaperto , cioé il 1262. È stato detto an
cora trovarsi nel campanile della Chiesa di S. Giorgio: mancano per
77
I Senesi ebbero a lamentare la perdita di 600 uomini e fra
questi i Capitani Ugurgieri e Beccarmi (1) come pure molti valo-

altro prove sufficienti per asserirlo: ciò non ostante nella incertezza
ci sembra esser questa la versione la più probabile , come che essa
doveva esser disposta in quel monumento che rammenta la battaglia
in cui fu conquistata.
Il Carroccio vecchissimo, e tarlato si trova nei magazzini della
Comune: i Senesi ne fecero fabbricare uno compagno che é quello
di cui si servono il 14 <f Agosto, vigilia della festa dell' assunzione
per portare in un col cero , i drappelloni del palio alla Cattedrale.
Vi sono due antenne adese a due colonne nella Cattedrale mede
sima, che si dice essere quelle del carroccio dei Senesi; in vederle
ci sono sembrate troppo grandi per aver servito a queir uso.
Lo stendardo bianco della Repubblica che fu portato in quel
giorno della battaglia si é conservato per tanto tempo nella Sagrestia
della Chiesa dello Spedale di S. Maria della Scala, ma ora più non
si trova , e nessuno sa indicare come sia avvenuta la sua sparizione.
(1) Le loro spoglie sono sepolte all' ingresso della Chiesa della
Cattedrale : ciò si rileva chiaramente dalle iscrizioni analoghe che
si trovano sulle lapide situate di fronte l' una all' altra. — quella
dì Andrea Beccarmi é così concepita.

D. O. M.
ANDREAS EX NOBILI
BECCARINI0RUM FAMILIA
QUIA IN MONTIS APERTIS CERTAMINE
STRENUE CECIDIT
DECRETO PUBLICO
HIC SITUS KST PRIMUS
Viti. KALENDAS MAJAS MCCLXI

E I' altra dell' Ugurgeri, eccola


JOANNER UGURGERIUS DECRETO
PUHL1CO H1C SITUS EST
DECESS. MONTIS APERTI CLADE
ANNO SAL. MOTI X.

N. J). La differenzu delle date nasce dalla diversità dell'epoca,


in cui fu accordata contro l'uso dei tempi la scpultura nella Cat
tedrale.
78
rosi giovani della Nobiltà Senese; i feriti sommarono 100, che fu
rono nutriti e curati .1 spese della Repubblica.
Se I' ansia dei cittadini era stata mortale , tanto più grande
fu il gaudio della vittoria ; l' esercito rientrando vincitore in città
fu salatato dai gridi festosi del popolo, che dai luoghi più. eminenti
aveva assistito all' immensa spettacolo di quella. battaglia. Le ve
dove. gli orfani , i padri che avevano perduti i figli eran confortati
dall' idea che i loro cari erano morti in campo per la difesa della
patria , onde alle lacrime amare del dolore se ne mescolavano al1
cune di tenerezza.
I Senesi ricorsero aneora alla Religione, e ringraziarono la Ver
gine, al di cui patrocinio attribuirono l'ottenuta vittoria, ed il Ma
gistrato decretò che nelle monete si aggiungesse al motta Sacna ve
lia , I' altro Civitas Virginis.
Onde perpetuare alla memoria dei posteri questo segnalato
trionfo, decretarono pure le costruzione di una Chiesa dedicata a
S. Giorgio protettore delle armi Senesi , e nel luogo ove esiste si
vede ergere una torre di forma gotica, con quaranta finestre, per
indicare il numero delle compagnie che presero parte a quella bat
taglia.
La strage dei fuggenti non finì col giorno , poiché il contado»
che era stato tauto oppresso dalle fiorentine vessazioni, volle ven
detta; e quelli a cui erano stati carpili i bestiami, devastati cam
pi , incendiate le case , si levarono in massa , né vi era forza e
ragione che potesse contenerli, perché uccidevano anche gl'inermi.
Le memorie notano un certo spaccalegna per nome Geppo ed Usi-
lia sua moglie , che nella rolta fecero orribile strage dei nemici.
Saputasi a Firenze la notizia della disfatta toccata a Monta-
perto, molti non volevano prestar fede a quanto loro sembrava im
possibile , ma quando il fatto si confermò con più. certe notizie, e
se ne conobbe l'orrendo strazio, fu uno spavento generale; non vi
era famiglia che non avesse a deplorare la perdita di qualcuno ,
onde all' ardire successe la villa. I cittadini riunendo quel più che
potevano , abbandonavano la patria ritirandosi chi a Lucca, chi a
Bologna: Firenze rimase un deserto, la città restò affatto priva di
qualunque difesa.
Un generale che fosse stato dotato di un vero genio di gucr
79
ra. non avrebbe frapposto indugio, in due giorm l' esercito Senese
profittando della sua vittoria doveva occupar la vinta Firenze. I
Romani incendiarono Cartagine. quando la fortuna delle armi, do
po tante guerre sfortunate, loro si mostrò propizia; fra le rivalità
é impolitica qualunque transazione. I Senesi non lo fecero, perché
forse gli distornò da questo pensiero lo stesso Conte Giordano, che
volle preservare quella città dalla distruzione, lusingandosi di averla
acquistata al suo Signore.
Infatti egli pertossi colà con alquante truppe, e coi fuoruscili
Ghibellini che ripresero il potere , e cambiarono le forme del Go
verno; ma la città fu salva, ed i cittadini riavutisi dal primo spa
venta salutarono 1'[arrivo del Conte Giordano per adularlo; essi eb
bero amorevoli risposte , e gli animi furono rassicurati.
I Senesi invece dello slancio che tentar doveano si perdettero
nel combattere i piccoli signori dei castelli ribellati. Moutalcino spe
cialmente doveva provare la loro vendetta, e cosV fu . poiché spe
diteli contro alquante truppe lo presero d' assalto, fecero uno scem
pio proporzionato al rancore, e ne demolirono le mura tino at suolo.
La maggior parte della popolazione, prevedendo la rovina della pa
tria , erasi ridotta in Ruouconvento. Di là i Montalcinesi si parti
rono umiliati, onde chiedere ai Senesi misericordia, e l' ottennero
a coudizione, che riconoscessero l'autorità della Repubblica, e che
pagassero alcuni tributi. Secondo alcuni furono condannati a sep
pellire i cadaveri che giacevano nel desolante campo di Moutaperto.
Non tutti gli storici sono d'accordo su questo fatto; il Malavolti ,
accurato narratore, lo tace , ma pure é questa una tradizione co
mune che é pervenuta tino all' età nostra. Gli altri castelli cede
remo alle intimazioni, e ritornarono sotto la soggezione della Repub
blica Senese; la maggior parte delle città collegate mandarono ora
tori a scusare con vari pretesti il loro ostile procedere; solo Arezzo
e Lucca furono nella inimicizia persistenti. Firenze giurò fedeltà al
Re Manfredi , e per ordine suo il Conte Guido Novello vi rimase
Potestà. Ad insinuazione del Conte Giordano si adunava una dieta
in Kmpoli , alla quale tutte le città Toscane furono invitate a spe
dire i loro deputati eoa le istruzioni ut.cessane. onde trattare dell'as
sestamento del presente, ed impedire nuovi turbamenti per 1' av
veitire.
80
Fu questa preceduta datlo stesso Conte in nome del Re Man
fredi ; varie Furono le proposte che in essa si ventilnrono, e come
ora naturale i soli deputati di Siena e Pisa dimandarono la demo
lizione di Firenze, proponendo di ridarla a borgate, onde mai più
avesse forza di turbane la pace della Toscana. Questa proposta fu
vivamente combattuta da Farinata degli Uberti che fece al caso
l'applicazione di un antico proverbio: Come caino sape,si va capra
zoppa, cos'i minuzza rape se lupo non la intoppa, e fu comandato
che in caso di guerra le città confederate dovessero somministrare
un contingente stabilito, e che in oltre dovessero a spese della lega
medesima esser mantenni! mille uomini sotto il comando del Conte
Guido Novello , onde valersene contro chiunque fosse per divenire
ostile alla lega medesima.
Così Firenze fu salva , e colla mediazione del Conte Giordano
venne ai patti con Siena, « ed il 10 del mese di Novembre in Ca-
« stel Fiorentino, fra Lottaringo ed Libertino Pegalotti cittadini Fio-
« rentini, ed Jacomo Pagliaresi e Buonaguida Boccacci cittadini Se
ii nesi, sindaci e procuratori dei respettivi Comuni fu solennemente
« stipulato it contratto della nuova lega , amicizia , ed unione fra
o le due Repubbliche con promissione di salvare, custodire e guar-
« dare l'onore, lo stato, i beni, e le ragioni l' una dell' altra , di
ci chiarando che i Senesi non fossero obbligati ad osservar questi
« patti a prigioni Fiorentini né dello stato di Firenze e suo distretto
« che si trovavano in Siena , fuor che a quelli che si rilassassero
« come Ghibellini , ué fossero obbligate le dette città ad osservarle
« a qualsivoglia , che fusse nemico o ribelle del Re Manfredi . né
a nemici o ribelli della città di Firenze, o della città di Siena. An-
« nullarono tutte le leghe fatte per il passato fra loro, e promisero
« per i loro principali, che ciascuno di età dai 18 tino ai 20 anni
« tra quattro mesi prossimi giurerebbe il medesimo , e chs ogni
t dieci anni si rinnuoverebbe il medesimo giuramento ».
Nel medesimo luogo, ed il dì medesimo, fu rogato l'atto eoa
cui il Comune di Firenze fece a quello di Siena la cessione di tutte
le ragioni che aveva sopra Montepulciano , Moutalciuo , Castiglion
del Trinere, Rocca di Campiglia, Mensano, Casale, Poggibonsi ,
Staggia, quali ragioni, fu detto dai Fiorentini, averle avute dai Se
nesi. Fu fatta cessione ancora delle ragioni che avevano i Fioren
81
tini nella Centra Aldobramlosca. ì netta Marittima, di quelle 'che
avevano contro gli eredi del Conte Guglielmo , e sopra la Contea
Pannocchiesca , e promisero di non impedir mai ai Senesi la pos
sessione di detti luoghi', confessando di più di averglieli tolti per
forza (1). Conciliate cosi le vertenze, e riscattati i prigionieri con
tributi, il Re Manfredi nominò Potestà di Siena il suo vicario ge
nerale in Toscana lo stesso Conte Giordano , talché la vittoria di
Montaperto se salvava i Senesi da un pericolo imminente , fruttò
a Manfredi il dominio della Toscana, ai Ghibellini la loro salute, a
Siena una vittoria i di cui frutti dovevano essere dall' orrore pa
ralizzati..

(1) Queste notìzie sono fedelmente totte dal Maluvoltr , libro se


condo dclln seconda parte.
CAPITOLO QUARTO

MIMtiBM

!Unntepiifc.iiuio in potere dei Scarsi — Fuorusciti Aretini — Gre-


gorin Semplici in Siena — Rissa al Ragno a Petriolo — Sue conse
guenze — Pare fm Siena e gii Aldobrandcschi — Crociata di Ur
bano II'. contro il Re Manfredi — Progetti iti S. Luigi Re di Francia
— Esercito Gìiibflimo a Lacca — Tutta la. Toscana obbediente al
Re Manfredi — / Conti Pnnttncchieschi — Assassinio di l'mberto
Aldobrtnileschi — Martedì l'rbano IV. — Clemente IV. di lui suc
cessore —- Dieta tenuta in. Pisa da Gaspero Semplice — Suo par
tenza — // Conte Guido \nvello lo rimpiazza — C«r/o d" Angiò
sbarca nlle foci déi Tei'ere — Va a Roma — Soccorsi spediti dalla
Toscana al Re Manfredi — Catlo <f Angiò riceve dal Papa I' inve
stitura del Reame di \apoli e di Sicilia — Disfatta di Manfredi a
seto
Bfneveìito
ne —ribellatosi
II Conte.
— //aifitiiii»
partito
Senesi\ovetlo
Guelfo
— Discordie
rialza
ed i Ghibellini
la
aviti
fronte
in Siena
in
lasciano
Toscana
— Conci/iazi'o-
Firenze
— Gros-—

Siena Pisa e Poggiboasi rrstano costanti a parte Ghibellina — Guer


re — // Re Carlo coli' esercito sotto Poggibonsi — Lo. prende —
Ritorna a Xapoli — Corradino tenta di riconquistare il Reame avito
— Siena e Pisa lo a/utano — Viene in Itatia — Si ferma a Pisa
— Passe a Roma — Belsetve battuto al Ponte a Valle sull'Arno —
Corrodato giunge a Roma coll' esercito — Sì dirige per gli Abruz
zi — K disfatto nella giornata di TagUacozzo — È fatto prigionie
ro — Suo supplizio in \apoli — Le città Lombanle ricusano di ri
conoscere I' autorità di Carlo • — / Fiorentini coi fuonuciti Senesi
muovono contro Siena — Fazione presso Cotte di Val a' Elza — /
Senesi sono battuti — Morte di Provenzano Salvani — Montalcino
in potere dei fuorusciti — II Re Carlo a Pisa — Fa lega coi Pisa
ni — Pace fra i Senfii e loro fuorusciti — Cambiamento nel go
verno della cittn — Lega coi Fiorentini — Siena passa alla parte
Guelfa — Ririolfo Imperatore — Morte di Gregario :Y. — Riforma
nel Governo di Siena — Xiecolò ttwnsignori in Siena coi fuorusciti
Ghibellini — Sono respinti — Vespri Siciliani — Pietro d'Aragona
Re di Sicilia — Morte di Carlo rT Angifi — Decadenza det partito
Guelfo — Nuove rifórme nel Governo di Siena — L' Ordin dei Nove
assume il potere — Gran progetto per la- fabbrica della Cattedrate
S4
— Disfatta della flotta Pisana alla Meloria — // Conte f'golino ti
ranno di Pisa — È rovesciato dal potere — Muore. di fame coi fi
gli rinchiuso in una torre — Morte di Beato Ambrogio Sansedoni —
Beato Franco — Arezzo fatto centro dei Ghibellini — / Guelfi van
no contro Areszo — / Senesi sono battuti alla Pieve al Toppo —
Carlo lì. in Toscana — Itotta dei Ghibellini a Campalbino — Fuo-
rusciti riammessi in Siena — Montepulciano riconquistato — Cele
stino V. addica il papato — Viene eletto Bonifazio VIII. —• Pace
fra Giacomo Re d' Aragona e Carlo di Napoli — // titOS fu comin
ciata la fabbrica del palazzo della Signoria in Siena — Provvedi
menti diversi — .Veri' signore di Sfociano ucciso in Siena dal Van
ni — / manchi ed i Neri — II Conte di Valois. in Siena — Incen
dio del palazzo Sarcomi' — Carestìa — Talamone — Pistoja perde
la sua indipendenza — Bonifazio VIIi. e Filippo il bello — Gugliel
mo di Nogaret colle truppe ad Agnani — Morte di Buonifacio — Be
nedetto Xf. gli succede — Muore avvelenato — La Se'te Apostolica.
é trasferita in Avignone — Ribellione di Grasceta — Fuga di Bino
deir Abate.

IT| entro dal Conte Giordane si attivavano quelle negozia


zioni, di cui abbiamo nel precedente capitolo tenuta proposito, per
servizio comune del Re , e delli stati della Toscana , i Senesi per
interesse proprio mandarono le lor genti contro Montepulciano che
cadde in loro potere , e fu accordato che i Senesi potessero edifi
care una fortezza in quel luogo, con due ali di muro fin fuori della
terra , donde potessero avere l'entrata , e l' uscita libera a voglia
loro , colla facoltà di spianar mura, carbonaje, e case, che i Mon-
tepulcianesi dessero 200 statichi da condursi in Siena . e colli ri
tenersi finché non fosse fabbricata la fortezza , conforme fu fedel
mente eseguito. I Senesi ordinarono ancora che fossero riedificate
le mura di Poggibonsi che i Fiorentini avevano fatte demolire.
l fuorusciti Aretini entrarono nelle terre del loro contado , e
minacciavano Arezzo; i Senesi aiutarono di genti e di mezzi i fuo
rusciti , al tempo stesso spedivano ajuti ai Pisani che erano in
guerra coi Genovesi, ed al Conte Giordano a Lacca; ma non ostan
te tutte queste fazioni la sicurezza in cui aveva posto la Repub
blica la vittoria di Montaperto , addormentò l' attività dei Senesi .
poiché credevano che i loro nemici non potessero mai più divenirli
85
molesti; quell' ozio ancoro fu pernicioso, poiché mancato le distra
zioni, la vita del popolo tornava nuovamente a manifestarsi nelle
discordie interne.
ll Conte Giordano erasi da Siena partito nel 1262 perché chia
mato alla guerra della Crociata bandita da Papa Urbano IV. Il Re
Manfredi spediva allora a rimpiazzarlo nella qualità di suo Vicario
generale in Toscana Gregorio Semplici , e Potestà di Siena fu no
minato Giulio dalla Palude.
Accadde in quel tempo, che trovandosi una brigata di giovani
Senesi al bagno a Petriolo , venuti fra loro in quistione fu morto
da un nobile un popolano , il di cui genitore risiedeva uri magi
strato dei ventiquattro che governava la citta. Da questo fatto na
cquero nuove inimicizie, perché il popolo per quella violenta morto
trascorse agli eccessi contro i Nobili. Il padre che aveva lx'terc ,
volle vendicata con rigore la morte del figlio sopra il padre del-
l' uccisore , che fu incarcerato , messo in catene, e condannato ad
una multa, giacché il figlio si era salvato colla fuga. Alcuni nobili
dichiarati di parte Guelfa lasciarono la città, ritirandosi a Radico-
fani , luogo forte , che allora apparteneva alla Chiesa , e da dove
si resero molesti alla Repubblica, per cui speditali contro la forza
vennero alle mani: i fuoruscili furono rotti, e vi fu ucciso Cuccio
Tolomei loro capo.
Urbano IV. condannò i Senesi at pagamento di diecimila mar
che d' argento per il guasto da essi dato alle terre di Radicofani.
Fu conclusa la pace fra i Senesi ed il Conte Aldobrandiuo Al-
dobrandeschi di S. Fiora condannandolo al pagamento di tutti i
censi di cui era debitore , ed ali' obbligo di terminare il palazzo
che aveva cominciato in Siena (1). Furono fatti ancora nuovi patti
con Napoleone Visconti , dell' esecuzione dei quali i Conti Pannoc-
chieschi restarono garanti di fronte alla Repubblica.
Intanto fatti gravi si disponevano in. Italia ; Urbano IV. Pon
tefice altero, francese di Dazione si lagnava del Re Manfredi, por-

(i) Questo palazzo nella Cura di S. Anrlrea, era qwllo rhf poi
fu abitato dalla famiglia Matarolti , ora busnni M' ì
sr,
ché questi aveva spmti i Suraroni nello («re ilelln chiesa a Far
dei danni; la irritazi«ne riebbe a segno che il Pontolìce lmbMicava
una crociata contro il Re Manfredi, accordando tutte le indulgenze
di cui fruivano i liberatori di Terra Santa : e dopo averlo obbli
gato a far ritirare le sue genti dal territorio ilolla Ckiosa , io citò
a comparire innanzi a tui. onde purgarsi dei deliui di cui ora in-
cojpato , e giustificare l' accusa delle sue relazioni coi Saraceni , e
della perseveranza nel far celebrare i santi misteri nei paesi col
piti datl' interdetto ; ed informato die Manfredi Iratta.va con Gia
como Re. d'Arapona per dare in sposa al .figlio di questo sua figlia
Costanza, por frastouarc il matritnouio . scrisse .a Giaconto lettera
ingiuriosa contco Manfredi ; ciò uou .ostatite l' unione ebbe effetto,
e così gli Aragonesi vennero aJ acquistare un dritto sulla succes
sione al Reguo dell» due Sicilie. S. Luigi Ite.di Francia, che aveva
diiuaudato per suo tiglio la mauo di. una figlia allo stesso Giacomo,
scandalizzato da questo matrimonio, mentre si trattava di unirsi
ad una famiglia nemica della Chiesa , non solo troncò ogni tratta-
liva , ma avvicinandosi al Pontefu.e , u' ebbe speranza di far rivi
vere un progetto concepito da Innocenzo IV. i'hc consisteva nel far
passare la corona di Sicilia m Carto d' Angiò fratello di S. Luigi.
Minacciato il He Manfredi spediva ambasciatore in Toscana Pietre
di Cosenza a Francesco Semplici suo Vicario . ordinandoli di ri
durre in qualunque modo a parie Ghibellina quelle rii tà Toscane ove
il .partito Guelfo. preponderava, onde il Vicario si trovò uecessitato
a riunire l'esercito della k.ga di Toscana, se n'andò alla volta di
Lucca , sebbene ivi a vessero fatto testa i Guelfi che erano siati lian-
dili dalla lor patria., tuttavia i Lucchesi furono costretti ad en-
irare nella lega Ghibellina, ed a giurare fedeltà al He Manfredi;
•tvi pure fu obbligata a tornare uila parte Ghibelliua, cosicché
ta Toscana tutta obbediva al Ite Manfredi.
In questo tempo i Conti Pannocchicschi che er.iRsi mantenuti
indipendenti, . fecero Ja loro sottomissione alla Repubblica di Siena,
ed a sicurtà della fedele esecuzione doi patti stabiliti diedero dei
stilili h• che Iiuon consegnati alla custodia di Guido d'Orlando Ma-
lavolti , che era Guelfo , e da .ciò si deduce , che non tutti quelli
che seguivano quella parte erano stati espulsi dalla cilUi. Da al
cuni annali poi si rilev a che nel mese di Settembre dell' .inno 1201
89*
•i

furono per ordine dei Re Manfredi richiamati in città indistinta


mente tutti i Guelfi.
La famiglia Aldobrandeschi potente per ricchezza e per ade
renze signoreggiava in Campagn a lieo. Umberto Aldobrandeschi ogni
mezz.0 poneva in opera per arrecar danno ai Senesi; suscitava
foro nemici quando il poteva , ed assoldando armati infestava
la strada maremmana , talché dubbia la fede dei Grossetani dive
niva sempre più vacillante verso i Senesi per le triste insinuazioni
del detto Conte Umberto. Sopragginuse per altro un avvenimento
tragico che liberò Siena da questo molesto e poteste vicino.
Si presentarono due frati colla divisa di S. Francesco in Cam-
pagnatioo , dimandando ospitalità at Conte per una notte. Egli eli
riceveva mentre era a convito , e rampognava i di lai commen
sali delle beffe con cui avevano deriso gli umili frati. Ma essi in
vece erano due giovani Senesi che sotto quelle mentile spoglie a-
veano giurato di perdere il Conte Umberto.
In fatti coll' oro corruppero un servo , che gli secondò , ed in
quella notte stessa lo trafissero nel proprio letto. Quindi fuggirono
non visti , e quando la morte del Conte fu palese , erano già in
salvo , assistiti dai compiici di quella congiura.
Dante nel suo purgatorio finge di trovare il Conte Umberto ,
e gli fa dire:
lo fui Latino e nato da un gran Tosco
Guglielmo Aldobraudeschi fu mio padre

L' antico sangue e l' opere leggiadre


Dei miei maggior mi fer si anogante,
Che non pensando alla comune madre,
Ogni uomo ebbi in dispetto tanto avante
Ch' io ne morii come i Sanesi sanno ,
E sallo in Campagnatico ogni fante.
È restato il dubbio se i Magistrati che reggevano la Repub
blica di Siena ordinassero quell' assassinio. Si sa , e ce lo dice il
Tommasi . che il Conte Aldobrandino dolente della morie di Um
berto, andava facendo giure e compagnie, sollevando lo (zenti di
Maremma. tinche condusse la città di Grosseto a ribellarsi ma sap-
8S
piamo poi coll' autorità del Mal.ivolti i;ho quella città ritornò sotto
la fede , dandosi ai Senesi liberamente (1).
Intanto le variabili vicende clic accaddero, richiamano altrove
l' attenzione del lettore.
I preparativi che si facevano in Francia da Cnrlo d' Angiò per
la conquista del reame di Napoli comandarono a Manfredi di met
tersi in guardia contro quatunque evento , onde a lui occorse di
richiamare dalla Toscana il sue Vicario (J aspero Semplici, e di so
stituirvi iu quella qualità il Conte Guido Novello.
Moriva in quel tempo il Papa Urbano IV. e gli fu dato per
successore Clemente IV. Provenzale di nazione, sollecito quanto il
di lui antecessore a favorire i progetti di Carlo sul he. une di Na
poli. I Senesi s'inquietavano della loro situazione, siccome la loro for
tuna era collegata con quella di Manfredi. Infatti segni di ribellione
si manifestavano nel dominio, per cui furono costretti a mandare
l esercito intorno alla Rocca di Campiglia , ed intimare ad Aldo-
brandino di Santa Fiora di rispettare i capitoli stabiliti, e ritirare
le sue genti da quel luogo, come era stato convenuto; ma essendosi
pmstrato riottoso aUe intimazioni, fu necessario l'assalto; la Rocca
fu dai Senesi presa e disfatta.
Giunsero in quel punto al campo 20 dei principali cittadini
di Grosseto , che essendo stati banditi all' epoca della capitolazio
ne , non vi erano intervenuti , onde giurarono fedeltà a Manfredi
e sottomissione alla Repubblica , come si rileva da istrumento ro
gato Gaspero
sotto il Simplici
2 Giugnotrovandosi
1264, chein Pisa
fa debitamente
volle colà riunire
ratificato.
una Dieta,

ove intervennero i deputati di tutte le città Toscane, onde coave-

(1) II Tommasi ci da i nomi di coloro che congiurarono e con


tribuirono all' assassinio dtl Conte Umberto , ed aggiunge esser que
sti giovani di perdute speranze , e per diversi eccessi banditi dalla
città , sebbene appartenessero a. cospicue famiglie.
Salimberte di Bernardino Saracini — Sacco di Messrr Gherardo
di Sarteano — Stricco Tebalducci — Pelacane di P,anìeri Ulwieri
— Gilberto Bisdomini e Caponsacco — ai quali conviene aggiun
gere Scorzino di Colle , e Spinello di .Vare/ano.
89
nire intorno alle future contingenze. Da Siena vi furono spediti la-
copo Ciampoli, Provenzano Salvani, Pirozzo Malavolti, Incomo Pa-
gliaresi, Bandinelle, e Castellano notaro. Fu in quell'adunanza che
il Semplici rassegnò il di lui potere, investendone il Conte Guido No
vello , dopo aver confortato quei rappresentanti delle citta a man
tenersi fedeli nella lega Ghibellina , conforme tutti giurarono.
Intanto Carlo d'Angiò schivando le galere di Manfredi, giunto
con alcuni navigli alla foce del Tevere eravi sbarcato, ed essendo
andato a Roma fu dai Romani festeggiato; culi attendeva la di lui
annata che sotto gli ordini del Conte Guido di Menforte doveva scen
dere in Italia , per la esecuzione dei suoi progetti. La lega Ghibel
lina Toscana fu spaventata da queste noti/ir; il partito Guelfo in
cominciava già ad essere baldanzoso, e molte terre del contado di
Siena si mostrarono disobbedienti verso la Repubblica , ed i Senesi
furono obbligati a mettere il campo sotto l' Abbadia S. Satvadore,
che dava segni manifesti di sedizione; lo stesso seguiva di Sartea-
no : ma questi paesi furono con la forza contenuti.
Si convennero dei capitoli fra i Senesi ed i Lucchesi , mediante
i quali quest'ultimi si obbligarono a scacciare tutti i banditi Senesi
che colà si trovassero : at tempo stesso e da Siena , e dalle altre
città di Toscana si mandarono diverse squadre di cavalli in servi
zio del Re Manfredi, mentre i Toscani della parte Guelfa correvano
a rinforzare l' armata di Carlo d'Angiò. Questi fu in Roma creato
senatore , e giuntovi il dì lui esercito verso i primi di Gennajo
del 1265 ricevette dat Pupa i" investitura del Reame di Napoli, e
della Sicilia , quindi si avviò all' impresa.
Scontratesi le armate presso a Benevento vennero a fiera bat
taglia, ma il Re Manfredi per quanto combattesse con straordinario
•valore , tradito da una parte dei suoi Baroni fu soccombente , e
pugnando incontrò la Gne dei prodi; il Conto Giordano. ed il Conte
Bartolommeo Simplice furon fatti prigionieri. Questa sventura colpì
il partito Ghibellino , mentre il Guelfo dopo la morte di Manfredi
poteva con probabilità di successo nuovamente aspirare al perduto
potere , ponendosi sotto la protezione di Carlo.
Grosseto fu la prima città a ribellarsi contro la Repubblica di
Siena , ma fu ripresa per forza , e moriva in questa fazione Pepo
Visconti che era stato nemico ignobile dei Senesi. llapoluno pure
90
si ribellava, ma fu ripreso. Incominciarono a manifestarsi anco i tur
fcamenti interni, e col fine di evitarli furono nominate 60 persone
coll' incarico di proporre una riforma al governo della città, ma ve
nuti in sospetto i popolani che volessero farsi delle concessioni ai
Bobili, vi fu tumulto; il popolo prese le armi, corse al palazzo del
Vescovado, ove i 60 erano adunati, e messo fuoco atla porta per
abbatterla, fece impeto, ed i sessanta a stento si posero in salvo.
Alcuni per altro cercando di tutelare Vonor pubblico si difesero, e
fra qnesti vi erano di casa Tolomei , Salrmbeni, Piccolomiui , Acca-
rigi : ma oppressi dalta moltitudine parte morirono , ed altri con
highirane Capitaii del popolo si allontanarono dalia citta.
Dopo la loro partenza furono dichiarati ribelli e nemici della
patria, i loro beni furono confiscati, e demoliti i palazzi Tolomei,
Piocolomini , Aocarigi e la torre dei figliuoli dì Satimbene Salimbe-
ui ; e tanta era la fierezza degli uomini che fu spinta la Vendetta
fino alla devastazione delle terre a quelle famiglie pertinenti.
Quelli che erano stati costretti a fuggire, e gli altri che furono
scacciati, si unirono ai fini.usciti Guelfi che fatti arditi per la vit
toria di Carlo d'Augiò divennero potenti, ed in pochi giorni s'ini-
padrooironodi Montepulciano, Torri ta, Mensano, Cerreto, e di altre
terre. che ribellaiidosi ai Senesi si davano ai fimrusciti; né Siena fu
sola il tcairo di sedizioni, poiché ne accaddero in molte aiire città,
di modo che pochi giorni bastarono a far disparire quella quiete ,
di cui dopo la battaglia di Montaperto aveva la Toscana goduto.
I Senesi confidando nella sagacità di Clemente IV. pensarono di spe
dirli ambasciatori , fra i quali il Vescovo di Siena , onde volesse
interporsi col fine di quietare gli animi, e ristabilire l'ordine tur
bato ; infatti egli dispose le parti ad una conciliazione, e pronunziò
la pace fra i Senesi che governavano la città ed i lor collegati, e
gli Orvietani , i fuorusciti, i Conti Aldobrandeschi e Pannocchieschi
e loro aderenti, e si perdonarono reciprocamente i danni, offese, in
giurie che fossero occorso fino a quel giorno; e questa pace fu poi
ratificata tanto in Orvieto , quanto da tutti quelli che vi aveauo
interesse. La debolezza mostrata in Firenze dal Conte Guido No
vello fu la causa principale , per cui i Guelfi colà ripresero il di
Mipr.i. ed egli fuggisscue con tutta la sua milizia, e con le fami
glie Ghibelline che spatriarono.
I Guelfi ritornaii in Firenze riordinarono hi ferma del governo,
e cacciarono dalla cittìi quelle famiglie del partito contrario che vi
erano rimaste , e diedero la signoria dello stato per dieci anni al
Re Cario: e cosi .all'esempio di Firenze molte altre città della Io
scaua scacciarono i .Ghibellini , e fatte nuove leghe e riunito uu
esercito guidato dal Vicario del Re .Carlo si volsero ai danni di Sie
na , onde discacciami. la parte Ghibellina , che tuttora si mante
neva .al .potere. Prima di tutto assediarono Poggibonsi , ove confi
dando nelle fortezza del luogo si erano molti Ghibellini ridotti; tal
ché Siena, Pisa, e Poggibonsi nell'avversa come nella prospera for
tuna non cambiarono fede, anzi con straordinaria costanza propu
gnarono, finché fu loro possibile , a sostegno del partito Iicl quale
eransi .dichiarati.
L' esercito fiorentino non faceva fortuna sotto Poggibonsi , e
senza la presa di quel sito assai forte , i condottieri reputavano
imprudente l'avanzarsi contro Siena, parche si lasciavano alle spallo
dei nemici che potevano inquietarli. Accadde che il Re Carlo venne
ad insinuazione ancora .del Pontefice a prendere possesso della si
gnoria di Firenze. la quella circostanza egli portassi personalmente
al campo di Peggibonsi, e dopo quattro mesi d'assedio per la man
canza di viveri I' ebbe a pani.
Terminato l' assedio di Pogglbonsi il Re Carlo avata notizia di
alcune sollevazioni accadute in Sicilia, in Puglia, ed in altri punti
del reame, suscitate dalla speranza di vedere in Italia Corradino ni
pote del Re Manfredi a riconquistare il trono avito , tornossene in
Vutta fretta a Napoli , e quivi ci sia permesso dire , essere un vi
zio istintivo nei popoli il desiderare sempre il ritorno di quel go
verno, che esistente hanno disprezzato, talché sono per lo più scon
tenti del presente, desiderosi del passato. Ora nel Reame di Napoli
avevano i popoli applaudito alla caduta dell' infelice Manfredi , ed
eransi piegati al giogo francese; ma presto disingannati abborriron»
quella straniera dominazione, ed anelarono il ritorno di quella fa
miglia che gli aveva meglio governati. Ma Corradino era giovane
imberbe , e giunto appena al terzo lustro dell' età sua : bensì
mostrava di buon ora quell' ardire eruditato dagli avi , ed il par
tito Ghibellino fondava molte speranze sopra questo rampollo di una
famiglia sventurata.
92
I Senesi in specie non sì slancarono coi consigli, colle promesse
a sollecitare la venuta di Corradino in Italia onde si ponesse alla
testa del partito Ghibellino che lo attendeva. Infatti i Senesi man
tennero la data fede , poiché nell' anno 1267 giunto a Verona
con diecimila uomini che aveva riuniti in Germania, molti Se
nesi . e quei Ghibellini d' Italia che avevano militato sotto il
vessillo del glorioso suo avo, lo raggiunsero, e lo ajutarono di mezzi
e di consigli. In oltre da Siena , e da Pisa ebbe ventimila fiorini
d' oro , e tosto che fu creduto opportuno, il giovane Corradino si
ava mò coll' esercito.
Kermessi qualche giorno in Pisa, e recatosi a Siena fu accolto dal
popplo con amore ; la sua gioventù, la sua bellezza, lo spirito che
addimostrava , la grata memoria dell' infelice suo zio , che viveva
ancora nella mente dei Senesi , tutto contribuiva atla di lui popo
larità : ed avutasi notizia che Guglielmo di Belselve Maresciallo di
Carlo era partito da Firenze per Arezzo, gli furono spedite contro
da Siena delle truppe comandate dagli Uberti di Firenze onde pre
venirlo. Infatti il Maresciallo stesso fu falto prigioniero in un im
boscata tesali al Ponte a Valle sull'Arno: le sue truppe furono uc
cise o disperse. Questo glorioso fatto era di buon augurio al gio
vane Corradino , ma non é dato ali' uomo il leggere nelle incerte
ed oscure pagine dell' avvenire. Roma ancora apriva a Corradino
le porte, mentre il Pontefice erasi ritirato in Viterbo, ed i Romani
stanchi del suo governo aspiravano a Muovila.
Corradino di Ih partendo si avviò verso le gole degli Abruzzi;
da quella parie egli divisava entrare nel regno degli avi suoi, ove
tante simpatie lo attendevano; ma incontratosi il 23 Agosto 1268
coll' esercito nemico , comandato dallo stesso Carlo d' Angiò nella
pianura di Tagliagozzo vennero a giornata campale, nella quale la
dubbia sorte delle armi prima arrise at giovane Corradino, ma le
schiere avide del bottino, credendo aver vinto, lasciarono le ordi
nanze. Allora vivamente attaccate dai nemici furono rotlo, ed al
tro scampo non rimase a Corredino che la fuga; ma per sventura
essendo stato riconosciuto, mentre s'imbarcava perla Sicilia venne
arrestato, e condotto a Napoli; colà Carlo d'Angiò ebbe la crudeltà
di farlo decapitare. Cosi periva miseramente nell'aurora della vita
un giovane che addimostrava possedere il gcrme di qualita che lo
93
poteano condurre ad alti destini. Federigo d Austria che lo accom
pagnava , e. di versi geDliluomini che non vollero da lui separarsi
nell' avversa fortuna, furono egualmente decapitati. ll raffinamento
di crudeltà che usò Carlo contro i prigionieri é degno di Nerone.
Dopo questa vittoria il Re Carlo intese a ridurre sotto la sua ob-
bedienza quelle provinote del reame di Napoli che a lui eransi ri
bellate: ovunquc fu crudelmente tirannie terribile nelle sue ven
dette. In quella guerra militò sotto le di lui insegne una compa
gnia di fuorusciti Senesi di parto Guelfa.
La disfatta e la morte di Corredino fu un colpo mortale per
il partito Ghibellino di Toscana ; ed il Papa , che nella vacanza
dell'Impero pretendeva appartenergli di diritto la qualità di Vicario
Imperiale in Italia, per evitare la contradizione che sarebbe resul
tata nel veder capo del partito Ghibellino il rappresentante del par
tito Guelfo, ne diede l' investitura a Carlo d' Angiò : ma le città
Lombarde ricusarono di riconoscere quell' autorità , e nella dieta
tenuta nel 1269 iu Cremona fu dichiarato che si attribuivano ad
onore l' amicizia del He Carlo , ma ricusavano di prestargli obbe-
dienza. Mentre queste. cose accadevano , la Toscana era travagliata
dai partiti che inferocivano. Siena era minacciata dai fuorusciti
Guelfi che aveau fatto sosta a Colle di Val d'Elza, ed assistiti da
quelli del paese la inquietavano colle loro continue scorrerie; il Re
Carlo che dopo la vittoria riportata sopra l' infelice Corradino vo
leva profittare di quei vantaggi aveva spedito a Firenze il Conte
di Montarte con truppe, con ordine di agire contro Siena, e col fine
di abbattervi il partito Ghibellino ; egli adunque guidando la ca
valleria Francese, e le truppe Fiorentine si riunì in Colle coi fuo
rusciti Senesi. La Repubblica di Siena conoscendo il pericolo da cui
era nuovamente minacciata , troppo confidente nelle proprie forze,
si decise a prevenire l' attacco.
L' esercito Senese uscì dalla città sotto il comando di Proven
gano Salvani , che avendo valorosamente combattuto a Montaperto
erasi acquistata la reputazione di prode guerriero; ma se valoroso
non fu abbastanza cauto ed antiveggente; egli fu attaccato dai ne
mici improvvisamente mentre cambiava il campo per ritirarsi in
più forte posizione. In quel momento critico nacque la confusione
nelle truppe Senesi, e dopo debolo resistenza la rotta fu completa.
94
Periva combattendo lo stesso Provensano SaTvani , ucciso da Ca-
volino Tolomei fuoruscito di Siena e suo personal nemico, e non
saiio di quella merte , t.igliava la testo dell' uccist), quindi messa
in cima ad mi asta ne faceva orribile. trofeo di riportata vittoria,
tanto erano gli odj potenti ed infiammati ! Questo disastro dimostrò
chiaramente ai Senesi Perrore commesso col non aver saputo pro*
fittare dei vantaggi o! tenuti a Montaperte, e troppa tardi si pen
tirono di una mal calcolata inazione. Ore i tempi erano cambiati,
le sciagure subentravano atle passate glorie , ed un complesso di
fetali circostanze contribuivano ai danni d' Italia tutta.
La. rotta toccata a Colle non alterò il reggimento interno della
città , poiché si mantenne per allora a parte Ghibellina : bensì fu
necessario pensare atle future- contingenze, pcovedersi di vettova
glie e d' armi , e tra le akre precauzioni furono murate. diverse
porte delta città, che allora erano trentasei. I fuorusciti divenuti
dopo la vittoria di Colle audaci, avevano occupato Montatcino, di
cui restaurarono le mura . e da quel punto si rendevano molesti
alle campagne^
I Senesi clessero per loro Potestà irConte Guidò Novellò, che
trovavast quivi coi fuorusciti Ghibellini di Firenze, e di altre città
Toscane. l1 Re Carlo che si era. portato verso Pisa passando coll'e-
scrcito pep le maremme , fece lega coi. Pisani , il fatto sorprese la
Toscana intiera, e Pisa ohe si era sempre. mantenuta. a parte Ghi
bellina , ora senza. necessiti. cambiava alleanza.. quando possedeva
una fiorente armata, colla- quale difender potca il partito che abban
donò: i Guelfi ne fu rono. scontenti perché volevano contro quella citta
vendicarsi: i Ghibellini chiamarono tradimento q.uell' atto ohe più
dal timore che iLdla prudenza. era stato consigliato.
Dato sesto alle cose di Pisa il Re Carlo decise di andare in Af
frica a raggiungere i crociati, e lasciava il Conte Guido di Monforte
suo Vicario generate in Toscana. Costui volle tornare coll' esercito
contro Poggibonsi, che i fuonusciti Ghibellini avevano potuto recu
perare , e l' ebbe dopo uu lungo assedio. Ne fece disfare le mura,
ed allora gran parte degli abitanti stabilirono la loro dimora sotto
al Poggio . e continuarono a chiamar quella nuova terra col noma
.Irti" antica.
Dopo ta caduta di Poggibonsi e le nnovità di Pisa, Siena era
95
la sola città Toscana rimasta costante , e fedele all' antica divisa.
Aveva vinto e debilitato il partito contrario a- Montaperto : aveva
contribuito atla discesa in Italia di Corradino, ed ora abbandonata
a se stessa, circondata da ogni parte da nemici, che giornalmente
oe molestavano il dominio, minacciata dalla potenza di Carlo, dal-
l' antica rivalila dei fiorentini , soccombente a. Colte <k Val d'Elza
non vacillava neHa costanza, anzi i Senesi erano pronti a qualun
que sacrifizio, tanto il loro carattere era pertinace anche nelle sven
ture: ma finalmente ascoltati consigli amichevoli del Conte di Mon-
forte stesso conclusero la. pace coi fnorasciti lor patriotiì, che nel
giorno 15 di Agosto dell'anoo 1270, giorno per Siena annoariamente
festiva, perché dedicato all'Assunzione dello Vergine , spatriarono
con generai soddisfazione dei cittadini ; bensì il Conte Guido No
vello, lasciando la sua autorità, si ritirava seguito da molti Ghibel
lini, cui non piacque di accumunarsi coi Guelfi. che rientravano.
Per quanto prevalesse sempre la parte Ghibellina , pure un cam
biamento nella politica era avvenuto coll' ammissione in citta dei
fuoruscili Guelfi , era perciò naturale un alterazione conseguente
nell' ordine del governo.
Infatti ai 24 che reggevano la citta furono aggiunti i 12" Bnono-
miui, e si fermò un sol magistrato di 36 , per cui si trova scritto nei
libri pubblici Triginta sex Gvbernatores. civitatis. et camunis Senmsis,
nel quale officio tanto erano ammessi i nobili eome i popolani.
Quietate le cose il Conte di Monforte venne ìu Siena: a nome.
dei Re Carlo he prese la protezione, talché la necessita avea con
dotto i Senesi ad adottare una di quelle misure, che si chiamano
di transizione, poiché aveva del Guelfo e del Ghibellino, in attesa
di una soluzione in favore dell'unoì o dell'altro, che solo dai tempi
e dalle circostanze poteva dipendere.
Fu tale la prudenza del Conte dì Monforte, cost sagaci i di
lui consigli , che i Senesi scesero a far lega coi Fiorentini , quale
poi essendosi più volte rinnuovata, ebbe per utile resultata il man
tenimento della tranquillità interna', e della pace esterna, per cui
queste due Repubbliche poterono attendere al miglioramento della
loro condizione civile ed economica , talché la protezione del Re
Carlo fu salutare ad ambedue ; e di più passando per Siena ue)
mese di Giugno dell'armo 1272 il Papa Gregorio X. mentre andava
96
al Concilio di I-ione persuase ai Guelfi che erano venati a capo di
assumere il governo della Repubblica di riammettere tutti i fuoru-
scili Ghibellini senza eccezione. Infiliti fu convenuto l' accordo, e
nel mese di Giugno 1 273 tornarono in Siena; ma non andò in lungo
che essi si disgustarono per il poco credito di cui godevano, e vo
lontariamente dì nuovo esularono. Lo stesso fecero i Ghibellini di
Firenze r talché" le guerre civili tornarono a rinnuovarsi , e la Re
pubblica di Siena passò decisivamente alla parte Guelfa, e la Ghi
bellina per salvare l' onore del partito rinunziò per il momento alla
pretes» di dominare. Il Pontefice venuto in cognizione di questo
turbamento , mentre aveva inculcato pace e concordi;! fra i citta
dini , ne fu talmente sdegnato , che poneva all' interdetto tanto la
città di Siena, quanto quella di Firenze (1273).
Ma nel procedere del Pontefice vi era tra altra veduta, e Hn-
tertese che prendeva per i Ghibellini era dettato dalla gelosia che
incominciava ad ispirargli la potenza, e l'ascendente che aveva pi
gliato in Italia Carlo d' Angiò ; ora pretendeva di paralizzarlo p»-
cilicando i partiti, di modo che non avessero altrimenti bisogno di
ricorrere alla di lui protezione.
Dopo ventotto anni fu provveduto alla vacanza dell'Impero colla
nomina di Ridolfo, che fu confermato Imperatore Occidentale. In quel
tempo moriva in Arezzo il Papa Gregorio X. . giacché nel ritornare
a Roma aveva presa quella via, onde non passare né da Firenze,
né da Siena da lui interdette.
Col mezzo di Salimbene Salimbeni , che altra volta erasi in
grave emergenza dimostrato pieno di patrio amore, i Senesi riven
dicarono molti castelli, che nette passate guerre avevano dati in
pegno ai lor sovventori di danaro. Altri castelli vennero sotto la
protezione della Repubblica , di modo che le sue sorti andavano
migliorando , ma nulla vi era di stabile , ed una agitazione senza
freno turbava gli animi.
Il popolo lusingato dai Guelfi tornò ad inveire contro i nobili;
furono bruciati e disfalli i palazzi della famiglia Incontri, ed a tanto
giunse la irritazione che si venne.poi a riformare il reggimento della
citta, e fu allora (1280) che il magistrato dei 36 fu ristretto in so
li 15 individui , e ne furono affatto esclusi i nobili.
Alla morte del Papa Niccoia III. che aveva procurato di man
97
tenere in pace te città Toscane, tornarono nuovamente ad infero*
cire i fiimiti e Ghibellini. Da Siena furono cacciati qm'st'nltimi con
Niccolò fiuonsignori che u' era capo . uomo molto ilisi into JHT il
valore personale , quanto per le belle qualita cho possedeva , ed
essendo stato informato nel suo esilio . clic li; f.mnutir Ghibelline
restate in città erana continunmente oppresse dulie «ernie contro
di esse usate dal Potestà Matico Orsini teutò di liberarle.
In una notte egli coi snci adercnti , e rinfor/ati ;mcora da
b*ion numero di gente ottenuta d. il favore dei Conti di Xmia
Fiora
tro la siporta
accostarono
all'arco (1}
alleentrarono
mura della
in città.
città, :Sv«•i:li.ito
e roMa dail ilnei
lmpolo
di.dvn-
dalla

campana che era. sulla torre di casa Mignanelli che suonava a stor
mo,' prese le armi; si combutte nelle strade tutta la notte. i Ghi
bellini rivinsi spinti fino alla Piazza .del Campo . ma la resistenza
che quivi incontrarono li costrinse alla ritirata. Molti di loro per-
derouo la vita in quel terribile coutlilto : Jacopo Forteguerri fu in
quésto numero : altri rimasero prigionieri , e Niccolò Buonsiguori ,
che si difese come un Icone , fu in line uostretto ad abbandonare
coi suoi la città, uscendo prr la puri. i per ta quale erano entrati.
Lo seguirono molte famiglie nobili di parte Ghibellina, come For-
teguerrt , Pagliarcsi, Salvaui, Ugurgcci, Ragnoui ed altre, e si ri
dussero nella terra di Kigomagno; lutto ciò accadeva versola mei»
del mese di Luglio del 4isl.
Era succedato. a Niccolo III. Martino IV.. egli pure di naiion
Francese. Appoggiandosi il Re Carlo at favore di questo ora dive-
nuto potentissimo in Toscana, per cui inebriato della sua potenaa
si disponeva. a passare con un esercito in Grecia con ferma spe
ranza d'impadronirsi di Costantinopoli, di rivendicarci dritti cedutili
sopra l' Impero d'. Oriente da Balduino suo suocero , e discacciare
Michele Paleologo che l'aveva usurpato ; ma una circostanza a lui
fatale veooe a. coulraciafc i suoi progetti, pokhé il 30 Marzo

(1) Questa porta era a quell'are* detto ora di S. Agostino, ette


.nne. poi inutile allorquando per I' nccrescimcitto della città fu fab
bricata poco più lumji la porta I'«/S.
7
98
i1 popolo di Palermo ad un tocco di campana all'ora di vcsporo si
sollevò contro i Francesi, le inscienze dei quali non che lo tirannie mi
sero alla disperazione i cittadini, che ammati da Giovanni da Trucida
vollero vendicarle col sangue dei Francesi ; quella sollevazione si
propagò in tutta l'isola, ed ovunque incontrarono sciagurata line i
soldati di Francia. Questo fatto terribile contribuì a cambiare le
sorti del Re Carlo , poiché essend* stato eletto Re di Sicilia Pietro
d'Aragona che aveva un dritto ancora sul Reame di Napoli per parte
di Costanza sua moglie figlia di Manfredi , volte rivendicarlo: ed
allora incominciarono quelle fatali guerre , che chiamando in Italia
tante armate straniere , viepiù esulcerarono quelle piaghe da cui
era la penisola afflitta ; si accrebbero i suoi mati e fu teatro mise
rando sul quale l'altrui cupidigia e le smodate ambizioni a vicenda
si saziarono.
La vendetta dei Vespri Siciliani allarmò vl partito Guelfo, poi
ché alle sorti del Re Carlo erano vincolati i suoi destini, come al
tra volta alla fortuna di Manfredi si appoggiava la potenza dei
Ghibellini . onde i'Senesi procurarono d'Inquietare continuamente
i fuorusciti nei castelli che aveano occupati, perché non avessero
animo d' intraprendere cose di maggior rilievo.
Dopo tante vicende di guerra combattuta fra Pietro d'Aragona
e il Re Carlo, in cui rimase prigioniero degli Aragonesi il suo figlio
Principe di Salerno il dì 7 del mese di Febbrajo dei 1294, attaccato
lo stesso Re Carlo da una febbre maligna terminava tutti i trava
gli detla vita: le sue virtù bilanciarono i difetti, ma il supplizio di
Cumutino é rimasto una macchia indelebile alla sua fama. La mor
te di Carlo fu un colpo fatale al partito Guelfo : di più giungeva
in Toscana il Vicario dell' Imperator Ridolfo , quale pensava a ri
vendicare i dritti dell'Impero, ed a sostenere il partito Ghibellino.
Dall'altra parte i fuorusciti ne trassero argomento di fortuna;
ed in fatti le loro speranze crebbero tanto, che moki di essi unitisi
a 400 cavalieri Ghibellini venuti dalla romagna , entrarono per la
parte della Valdichiana nel territorio Senese , ed essendosi diretti
verso la città, si scontrarono colf esercito Senese comandato in
persona dat Potesta, e sebbene nella fazione che De seguì fossero
i Ghibellini messi in rotta, pure nou cessarono d'incuter Umore
a coloro che governavano la città.
99
La condizione poco prospera del partito Guelfo che allora te
neva il lK)(ere , suggerì I' idea ai Senesi di ristringerlo in fjochi ,
onde iivi;.:giormeiUe riconcentrarlo, e cosi più facili te deliberazioni
e maggiore unità di voleri ottenere. Fra un passo che ossi facevano
contrario alle pubbliche libertà , ma utile nelle gr.ivi emergenze ,
onde grandemente lusingò. i più ambiziosi ed i più pavidi. così il
magistrato dei 1.'T fu cistretto. a soli 9 cittadini• e sebbene esclusi
da questa magistratura, pure concorse aivcora ad approvare il cam
biamento la volnntà dei nobili. Qumrierim vironim Mngistratus cwn
nnmcrosior videretìtr , consensu etiam nohiliiein ari. nooem reductus
est, hincque inithtm. ìialmit Senis• \aotm vtroritm ordo; ed dtlinchò
con maggiore attività e prontezza potessero attendere alla spedi
zione degli affari, fu ordinato che dovessero stare per il tempo di
due mesi, clic durava quella rappresentanza, continuamente in uu
palazzo, quale variava allora, perché non essendo edihcato il palazzo
pubblico, la Repubblica prendeva in affitto ora questo. ora quello;
e fu in oltre dichiarato, che in quell'ufficio nominato dei nove (•<•i-
vernatori e difensori del Comune e popolo di Siena non vi potesse
entrare alcuno che fosse nobile. De numero Daminonun novem vel
ipsius offici] o/Jitialis tsse non posati aliqttis de. aliquo casato Civitatis
Saenensis. nec aliynis Xobilis de dottate vel jurisdictione Smensi. E
di più : Domini Aotwn, 711;' sunt. et esse debant Defensnre.S Commu~
nis . et.Popnli Civitatis Sencnsts^ et riistridia oc jwisdi'ttionis C/UT
sdcm , slnt et esse debeant de mcrcatorifms et de numero mercato-
rum Civititis praedictae, vel de mcdua geiìte; ed ecco come dal S>-
smondi viene apprezzata questa nuova forma di governo. a cui solò
i mercanti di modica fortuna, e non i principali potevano aspira
re ; « ivi » Questo modo di reclutare la scelta ad una sola condi-
« zione, che non era la principale dello stato diede origine ad una
• nuova oligarchia plebea, che in Siena chiamavasi l'ordine o Monte
« dei Nove, perché i mercanti che si erano appropriati il governo,
* escludendovi nobili. ed i! popolo, formarono in seguito un regi-
•/ stro dei noini delle fumiglie che stimavano ammissibili alla <•/<•-
.c zionc dei nove difensori. Gli iscritti su questo registro formarono
' in Siena una casta particolare, non meno orgogliosa della nobil
.c In . non meno ambiziosa , non meno avida del potere esclusivo,
' e perciò non meno di quello csIwstu olla gelosia del popolo , e
c spesso allo sue persecuzioni».
100
Abbiamo voluto quivi riportare il giudizio di questo sommo
storico, non solo perché ci som lira giusto, ma perché ancora di
vidiamo la stessa opinione. Questo cambiamento nelle forme del
goveruo accadde nell'anno 12S5.
Quanto la Repubblica fosse magnificente quando sì trattava di
pubbliche fabbriche, sia di tempii , sia di palazzi, ce lo prova ab
bastanza la deliberazione presa dal magistrato in quell'anno stesso
dietro il rapporto di nove deputati , scelti fra i oittadini tre per
terzo
pio. Ecclesia
, i qualiputeru
furono, concordi
magna etnel
magnifica
proporre, quae
la fabbrica
&it benedi proportio-
un .Tcm-

nata in longitudine , latitudine et amplitudine, et cian omnibus men-


suris , quae ad pulcram Ecclesiam pertinent , et cum omnibus fulgi-
dis ornamenti'*. quae ad tam magnam, tamque honoriftcam et pulcram
Ecclesiam pertinent et expectant (1).
Diremo poi a suo tempo per quali luttuose circostanze questo
gran pensiero non ebbe tutio il suo compimento, ruent.ro fu forza
modificare il primitivo piano , e ridarla a più strette proporzioni.
L'anno 1284 fu memorabile per la sconfitta , che il 6 di
Agosto ebbero i Pisani alla Meloria dai Genovesi in quella terribile
battaglia navale, in cui Oberto I toria ammiraglio Genovese si batle
con Alberto Morosini ammiraglio Pisano, e che cestò a Pisa la per
dita di 32 galere, e di 5000 morti, ed 11000 prigionieri. Essa per
dé in quella rotta i più rispettabili cittadini , e la sua potenza
marittima fu quasi annientata : se devesi prestar fede agli scrittori
Pisani, questa disfatta accadde non per vilta, ma per tradimento
di Ugolino della Gnerardesca, che comandando una squadra di ga
lere si diede alla fuga quando era tempo di combattere : egli agi
col fine di indebolire la sua patria, onde poterla più facilmente ri
durre io servitù ; ma in mezzo a tante contradizioui, é difficile ap-

(() il Malavolti referisce « che nel? amo 4285 con disegno e


v modello di Giovanni di Niccolo da Pisa si fondò la facciata della
« Cattedrale. la quale Chiesii era stata accresciuta d'altra banda so-
« pra la Chiesa di S. Ciovantà I' a?wo /245 coi disegna del mede-
<i simo Niccolo, che é quelle ckt ha intagliato il pergamo di marmo
n della medesima Chiesa , nella quale da Domenico Bcccafumi deno-
a minato Mecarino fu dato principio ali' età nostra al più grande .
•< al più magnifico pavimento che mai si vedesse. »
101
prezzare la verità. Questa sciagura fu dannosa al partito Ghibellino
di Toscana. In fatti la lega Guelfa si levò contro Pisa , e special
mente la cittb di Lucca : ma i Pisani nominarono lor capitano ge
nerale il Conte l'golino, che seppe con molta destrezza render vani
i tentativi della lega , ed assistito ancora dalle città che erano con
Pisa confederate fece argine ai nemici ; ma i sospetti che i Pisani
aveano sulla fede di Ugolino , la sua condotta tirannica con cui
oppresse la patria tosto che ne divenne signore , tutto ciò valse
a lui la perdita di queir avanzo di popolarità che lo aveva reso
potente. Alla fine il Vescovo Buggero attaccollo nel suo palazzo, lo
fece prigioniero , e chiusolo in una torre coi suoi figli , feceli bar
baramente morire di fume.
Questo tratto di raflinata crudeltà in un ministro del culto,
ispirò a Dante il sublime Canto XXXllI. dell' Inferno. Pisa restò a
parte Ghibellina.
Èra succeduto nel papato, a Martino , Onorio IV., che non fu
tanto proclive a secondare la parte Guelfa, per cui i Ghibellini pre
sero ardire nel Senese : ed accompagnati dalle genti di Guglielmo
degl' Ubertini Vescovo d'Arezzo occuparono il Castel di Poggio S. Ce
cilia e vi si fortificarono. La Repubblica fu costretta a spedirvi le
sue truppe che lo conquistarono dopo sei mesi d'assedio: i prigio
nieri fatti Jn quell'occasione furono dai Guelfi con stupore di tutta
la città consegnati alla giustizia; tanto rigore urtò il popolo minuto
che unitosi ai Ghibellini tentò di liberarli ; ma il colpo fallì .
perché incalzati ed inseguili dai soldati molti sediziosi furono mor
ti. Fra i prigionieri furono per sentenza decapitati Turino Incontri
Cali.echio Cauli , Ruggeri, Arriguccio Corazzieri, Albertuccio Vergel-
li. Ma sebbene fosse quella sedizione col terrore compressa , ebbe
Per resultato di condurre la plebe dalla parte Ghibellina.
Moriva nell' anno 12SG un rispettabile cittadino Senese Ambro-
cio Sansedoni, che per le sue virtù, e la sua religione fu dalla Chiesa
letificato ; la sua dottrina lo aveva reso celebre in lutta Italia :
egli era grau teologo , ed essendo contemporaneo di S. Tommaso
il' Aquino lo emulò nel sapere; fu gran predicatore dei tempi suoi,
e mentre uel prato di S. Domenico ( perché la Chiesa sebben gran
de , era piccola per contenere la folla J declamava una predica con
tro gli usurai , moriva sul pergamo stesso per una vena scoppia
102
i. iti noi IifUo: poco dopo, e precisamente HI Novembre 12;M. man
cava ai viventi il Beato Franco: nato ;i (ìrotti, da Mutini I.ippi. e
Cnlidonia Danielli , passò una gioventù tutta dedicata atla disso
lutezza di oiMii p'ueu'. ni .ilitir.irci.mdo to M;I i o militare fu soldato
della Repubblica ; spedito a Sarteauo ad osteggiare contro gli
Orvietani si mostrò crudele e feroce , macchinandosi fon nefan
de .1710111 ; tante dissolntezee a lui cagionarono la perdita della
vista, che ricuperò a S. .lacopo di Compostila: penetrata l'anima
sua da lanio benefizio, che dal c.ielo rendeva, andò pellegrinando
a Roma : e pentito dei suoi passati trascorsi implorò da Gregorio
X. la remissione dei suoi peccati; quindi si ritirava a far penitenza
in una tana scavata nel tufo presso Porta S. Marco ; indi io luogo
più solitario presso Grotti condusse una'vita in mezzo alle priva
zioni di oiini genere, e confacente all'istinto suo selvaggio. \el 128Ì
si fece converso Carmelitano , e dagl' istrumenti di penitenza che
usavA , quali si conservano ancora nella Chiesa del Carmine , si
può dedurre non solo l' austerità del suo "vivere, ma /<• mortilica-
yioni a cui assorettava il suo corpo. Egli moriva nella cadente eia
di anni 80 dopo avero esercitato virUi religiose in espiazione dei
suoi passati falli.
L' anno 1287 fn votta l'armata di Roberto Conte d'Aras. che
governava .il Reame di Napoli per Carlo II. , che era prigioniero de
gli Aragonesi, e rinchiuso in una fortezza della Catalogna. In altri
sooutri anuora quelle armi furono sfortunate , non ostante che la
lega Guelfa di Toscana avesse somministrato il suo contingente,
che soiin il Comando di Montarte difendeva la parte Angjoina. I''.
.siccome per la morte di Fapa Onorio IV. la sede rimase vacanti-,
cosi .per questi avveniincuti la parte Ghibellina riprendeva vigore,
etino
facendo
si rendeva
cavalcate
terribile.
e scorrerie
I.a basetanto
e centro
nel Senese,
della sua
comeforza
nel era
l'ioren-
di

venuta Arezzo, onde la lega Guelfa conobbe la necessita della oc


cupazione di quella citta. Adunò adunque i contingenti. ed i Senesi
vi concorsero sotto il comando di Hauuccio da Farnese , persona
reputata per il suo viilore . e le sue qualità , e dopo aver prese
molte custeUd del dominio Aretino, fra le altre quella di Latcrina
l' esercito confederato si recò sotkì le mura d' Arezzo : ma dopo
uua sostd di pochi giorni seuza nulla di più intraprendere l'cser
•103
cito si separò per «flètto di |roca unione fra i comandanti. I Senesi
tornavano tranquillamente per la loro via , quando furono d' im-
proviso assaliti dai Ghibellini e da quelli <f Arezzo, che segreta
mente prevenuti di questa mossa da Nello di Pietro, i princi
pali capitani di queir esercito ebbero tempo, camminando per vie
più corte, di mettesi in aguato alla pieve al Toppo per dove do-
veano i Senesi passare. Il traditore Nello fu il primo a dare il se
gno dell' allarme , ed il disordine della sua compagnia che si
sbandava, portò «elle altre Io scompiglio'. molti però voltarono la
fronte e valorosamente combatterono, e Ranuccto fra i primi si di
stinse, ma ciò non ostante furono rotti, e quella fazione costava la
vita a più di 300 cittadini. Per questa vittoria il partito Ghibellino
veniva in maggior potenza, e fu allora che i Guelfi furono discac
ciati da Pisa : e sebbene i fuorusciti facessero molti danni in quel
contado , e che le truppe Senesi e Fiorentine mettessero in rotta
200 cavalli dei Ghibellini , pure si riconcentravano in A rezzo mi
nacciosi, pronti sempre a nuove imprese. Infatti nel Senese conqui
starono il CasteJ di Chiusure e predarono il paese fino alla Val
d' Arbia.
La venuta in Toscana di Carlo II., che liberato dalla sua pri
gionia tornava a Napoli, riaccese l' energia del partito Guelfo, che
incominciava ad essere umiliato; tornarono i confederati contro
Arezzo, e Campalbimrfu fatale ai Ghibellini, perché quivi scontra
tisi i due eserciti l' 11 Giugno 1289, gli Aretini furono rotti colla
morte di 3000 Ghibellini , di Buonconte figlio del loro condottiero
Guido di Montefeltro , e di Guglielmo degli Ubertini Vescoro d' A-
rezzo. In questa memorabil battaglia combatterono non solo i Ghi
bellini di Toscana, ma vi si trovarono ancora quelli della romagna,
del Ducato e delle Marche. La sconfitta toccata, ai Senesi alla Pieve
ni Toppo, fu quivi vendicata. Questa vittoria dei Guelfi distrusse
le speranze del partito Ghibellino , che si trovò vinto , ed inabile
l'IT qualche tempo ad intraprendere fazioni che potessero turbare
la quiete della Toscana, nelle di cui città il potere dei Guelfi viep
più si consolidava. Intanto Lucignano di Valdichiana che apparte
neva alla giurisdizione d' Arezzo attaccato dai Senesi si rese a pat
ti ; e vi fu mandato Vecchietta Accurigi per Potestà. Perduta
ogni speranza di vittoria i fuoruscili Senesi dimandarono pace
404
alla parie contraria , e l' ottennero. e così fecero ritorno in patria
cini L'i'tu.i .il.. soddisfazione ; l'ino da Vernaccia da Cremona cho
Liceva lo veci di Potesta si adoprò Unto in favor loro che li furono
testituite le loro possessioni. Fu fortificato in quel tempo dai Se
ni.si il Castel di Puganico , onde difenderlo dalle scorrerie che fa
cevano da quella parte molti signori della maremma , per cui
molti indiiti furnn forzati a vendere i beni che possedevano in quei
paraggi , quali furono comprati in nome del Comune di Siena.
Montepulciano si era ribellato; i Seuesi vi spedirono l'esercito;
ma presi da limore, se non detla ribellione pentiti, i Montepulcia-
nesi spedirono deputati a far la loro sottomissione.
L' anno 1294 per la morte di Hidolfo era vacante l' Impero .
e per la morte di Niot'olò IV. era da ventisette mesi pare vacante
la fic'du Apostolica ; pervenuto al papato Celestino V. , giudican
doci poco atto a sostenere quel peso, .addico il suo potere , ed in
sua vece fu eletto Ruouifazio ViII. , « fu nominato Imperatore
Adulto. L'auno < 2'Jó fu conclusa la pace tra lacomo Uè d'A rapina,
che per essere stanco delle guerre ili Sicilia, fece .cessione a Carlo
Ue di Napoli di quell' isola , a condizione che il Conte di Valois
riuun/iasw atI'iuAi.stiiura che Papa Martino gli aveva data del Re
gno d' Aragona ; questa ed altrc furono le coudizioni per cui la
pace fu conclusa , ma ben l ivesto ionia cono alla guerra.
In Sieua in qwtl' anno 1295 fu cominciata la costruzione del pa
lazzo della Signoria , edificando sopra il muro della fabbrica , che
avea servito ad uso di dogana; odi più si fondò quella parte che
é accanto alla via di MalborgnetVo , ondo con maggior maestà si
presentasse. Questa fabbrica fa termiuata nel 1308 ma uua parte
fu abitata qualche anno prima.
Abbassato il partito Ghibellino, ed emancipatasi la Toscana
dalla soggezion dell' Impero, le citta Toscane si costituirono in vere
Repubbliche democratiche , e per viepiù contenere l'ordine dei No
bili il Magistrato dei Nove ordinava che 400 uomini per ciascun
terzo fossero continuamente in anni , sotto il pretesto di frenare
le sedizioni a cui davan luogo le inimicizie personali sorte fra di
verse famiglie ; fu ordinato pure che fossero poste ad ogni capo
strada dello catene di ferro , onde ali" Decorrenza spiegandole da
una parie all'altra impedissero ai Gentiluomini di scorrer le vie
105
a cavallo per battersi scambievolmente; fu ordinato pure che tanto
i cittadini , quanto quelli del contado, entro un raggio di quattro
miglia, dovessero alla circostanza ridarsi armati nella Piazza del
Campo, onde accorrere ove il pericolo si presentasse. Il Malavolti
osserva che queste misure furono generali in tutta la Toscana, per
cui ne nacque il fatale errore di armare il popolo contro un ceto,
e quelle armi che erano state impiegate in difesa della patria, fu
rono rivolte alla oppressione dei cittadini, né sa se , a questo male
più vi contribuisse l' orgoglio dei nobili mal sopportato dal popolo,
o il sospetto immoderato dei .popolani ; comunque sia diremo che
dovendosi riguardare piìi alle conseguenze che alle cause questa
discordia fu una peste fatale che peggiorò la condizione delle Re
pubbliche: e se il governo libero si mantenne in Siena con decoro
e lustro, ciò attribuir si deve all'aver ristretto il potere in pochi
individui , non ostante che questa forma pregiudicasse alle pubbli
che liberta.
Il Magistrato dei Nove sospettando che un certo Neri Signore
di Sticciano mantenesse segrete intelligenze coi Conti di Santa Fio
ra Demici della Repubblica , lo citò a comparire. Venuto in Siena
£li fu intimato di non uscire dalla città ; poco dopo fu ucciso da
un certo Vanni presso Porta Salaja , e nacque il sospetto che il
Magistrato stesso avesse quest' assassinio ordinato, sospetto che si
•accrebbe coll' assoluzione del Vanni.
I Senesi tolsero ai Conti Aldobrandeschi , coi quali erano iu
guerra , le terre di Montepescali , Tatti , Radicondoli , Mouteguidi ,
Belforte , ma i Conti Guido , Guglielmo , Aldobrandino ed Enrico
temendo maggiori perdite vennero a patti coi Senesi, e fu fra loro
stabilita la pace , e con un breve pontificio del 10 Ottobre 1300
Bonifacio confermò ai Senesi il diritto di possesso delle terre, colle
quali si era accresciuto il dominio dello stato. Lo stesso pontefice Bo
nifacio con un breve dato da Rieti li 28 Ottobre 1298 assolse i Se
nesi dal pagamento di più migliaja di marche d'argento a cui erano
stati condannati da Urbano IV. per i danni cagionati a Radicofani,
quando era incorporato agli stati della Chiesa. In oltre ordinò un
Giubbileo per tutta la cristianità . per cui a Roma concorse una
quantità straordinaria di pellegrini che andavano a lucrare le in
dulgenze promesse : non per questo le idee del secolo miglioraro
106
no. che anzi rimasero persisi enti nella via erronea in cui le nvoan
condotte le ambizioni dei potenti , gli odj di parte , lo spirito di
fazione , le rivalità municipali , mali sociali che dovean generare
triste conseguenze ai posteri.
Da una fazione nata in Pistoja nella famiglia dei Cancellieri ,
che era numerosissima, nacquero due potenti partili: uno fu chia-
Hi;Ho dei Bianchi, l'altro dei Neri. Firenze si commosse, si divise,
come altra volta fra Guelfi e Ghibellini : le nuove fazioni risorge
vano dalle ceneri delle vecchie , che se non erano affatto spente ,
almeno erano fiacche. I Bianchi fecero causa comune coi Ghibellini,
ed andando uniti contro Firenze se ne resero padroni ; ma chia
mati dai Neri, che era la parte Guelfa, in loro ajuto i confederati
Senesi , questi entrarono in Firenze per la porta S. Lorenzo sotto
il comando di Uguccione Renaldini, e dopo una fiera pugna i Bian
chi ne furono discacciati ; ad insinuazione del Pontefice , Carlo di
Vnlois fratello del Ile di Francia si recò in Firenze, e compose le dif
ferenze insorte fra i Bianchi ed i Neri.
Il Conte di Valois era stato in Siena di passaggio per Roma ,
insieme colla consorte che quivi si sgravò di una figlia, quale fu
teuniii al fonte battesimale da Renaldo Mala volti Vescovo di Siena.
vuta IladConte
un fratello
ricevevadeldaiRe cittadini
di Francia.
quella
Doveva
ospitale
ritornare
accoglienza
in Siena
do-

per comporre serie dissensioni che erano sorte fra diverse case no
bili, ma ne fu frastornato dalla guerra che erasi riaccesa in Sicilia
fra i Francesi e gli Aragonesi, per cui il di lui pacifico intervento
non poté essere impiegato ; ma in fine parve che la ragione pre
valesse sopra le ire stolide , e nel mese d' Agosto del 1302 fecero
la pace i Malavolti , i Salimbeni , i Gigli, i Squarcialupi , i Picco-
lomini, i Pelacani, i Tegolei ed i Malavolti. Nel successivo mese di
Novembre si appiccò fuoco ai palazzi dei Saraciui e delli Scotti, che
si estendevano dalla costa .di S. Paolo, fino alla costarella, e non fu
possibile dominarlo . di modo che rimasero inferamente distrutti.
In quell' anno per le dirotte pioggie cadute fu scarso il raccolto.
l Nove furono costretti a comprare gran quantità di grano in Si
cilia , che veniva condotto e sbarcato a Talamone, porto antichis
simo sulla costa Tirrena, che era stato con moltn avvedutezza com
prato dalla Repubblica nel 1302 dall'Abate o Monastero dei Cister
107
censi dell' Abbadia S. Salvadore , che per dritti fendali lo possede
vano: questo sbocco sul mare poteva essere di grande utilità alla
Repubblica, qualora avessero i governatori saputo trarue tutti quei
vantaggi che al commercio ed all' industria presentava.
Intanto Pistoja avea colto l'amaro frutto dei propri errori, su
scitando le fazioni dei Bianchi e dei Neri; le citta Guelfe si arma
rono contro di lei, ed essa fini per perdere la propria indipendenza.
I Fiorentini furono più generosi verso di tei, ma i Lucchesi nemici
irreconciliabili dei Pistojesi imposero ai vinti dure leggi; ma la di
sperazione diede animo agli oppressi. la .citta si sollevò, e ricusando
di ricevere il Magistrato mandatoli da Lucca a governare, si mise
sulle difese; arrivarono in quel tempo i deputati spediti dalla Re
pubblica di Siena, e fattisi mediatori poterono conciliar le parti,
e la sentenza dei Senesi reso a Prstoja la libertà che avea perduta
dopo le guerre dei Bianchi e dei Neri.
Conciliate queste vertenze altri gravi avvenimenti si dispone
vano. Buonifacio VIII., uomo di un carattere violento ed altero, di
venne nemico delle famiglie Colonua , si urtò con Filippo il bello
Re di Francia: il clero francese postosi dalla parte del Re incomin
ciò a difendere le libertà della Chiesa Gallicana ; allora Buonifacio
intimava un concilio del Clero Francese da tenersi in Roma. Filippo
fece sì .che nessun ecclesiastico della sua nazione v' intervenisse.
II Papa sdegnato scomunicò il Re .e la irritazione arrivò tant' oltre.
che Guglielmo di Nogaret francese di nazione , unitosi ai Colonna
nemici di Buonifacio si stabiliva in Staggia presso Siena con circa
trecento cavalli : e dopo aver profuso del danaro per farsi un par
tito nello stato pontificio , marciò alla volta d1 Agnan) , ove dimo
rava il Papa ; colà giunto gli fu una porta per tradimento aperta:
corse le strade gridando viva il Re di Francia , muoja Buonifacio !
Sciarra Colonna con gli Italiani si presentarono at Pontefice, men
tre i Francesi si occupavano più di rubare i di lui tesori, che della
sua persona.
Il rispetto che incusse il capo della Chiesa nella sua cantzie,
vestito degli abiti pontificali trattenne i congiurati dal commettere
un assassinio. Rimasero intmicai alla di lui presenza , e per tre
giorni non seppero cosa risolvere. Il Pontefice fu trasportato a Ro-
mn ; colà contrariato nei suoi progetti dai Cardinali Orsini , preso
10*
«In un accesso di frenesin , morivo miseramente fra le convulsioul
della rabbia. Dante ha detto nel Purgatorio e. XX.

Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso ,


E nel .Vicario suo Cristo esser catto.
VegIjiolo un altra volta esser deriso;
Veggio t'innovellar l' aceto e 'I fele ,
E tra nuovi ladioni esser anciso.

A questo Pontefice successe Benedetto XI. quale volendosi ti


berare dalla opposizione dei Cardinali, che lo volevano loro schia
vo, lasciò Roma refusandosi in Perugia. Colà moriva avvelenato,
siccome tentò di vendicare l' affronto del suo predecessore contro
Filippo il bello. Il conclave in dieci mesi non convenne sulla no
mina del nuovo Pontefice, finalmente prevalse un intrigo del Car
dinal Del Prato che per favorire Filippo il bello fece cadere la scelta
sopra un Francese , Bertrando di Golte Arcivescovo di Bordeaux.
Questo Pontefice ad insinuazione dello stesso Re di Francia tra
sferiva la sede Apostolica da Roma in Avignone. Ecco cosa riferi
sce il Muratori intorno a questo importante avvenimento.
« Seguì l' elezione di questo Vescovo al Soglio Pontificio. Oh!
« mali arnesi della Chiesa di Dio ! in mano ad essi avea messo la
« provvidenza l' eleggere un Sommo Pontefice non già per servire
« alle umane cupidigie di loro, e dei Principi della terra, mn bensì
« per procurare il maggior bene del popolo Cristiano. Ecco il frutto
• della gabala e dell' ambizione che li portò ad eleggere un Vescovo
a si lontano e mat conosciuto , ed ecco come tradirono la inten-
o zione di Dio e le coscienze proprie con una elezione per se stessa
« illecita e scandalosa, recando insieme alla rovina dell' Italia una
« piaga sempre memorabile alla sede di S. Pietro. Così passò in
« Francia la sede Apostolica, e vi restò poi per sette anni in cat
« liviUi , somigliante alla Babilonica perché schiava di Filippo il
a bello Re di Francia ».
L'autorità di tauto storice ci esonera da qualunque commento,
e solo diremo, che abbiamo voluto di questo fulto far menziono, poi
ché tornerà alla mente allorquando avremo occasione di parlare di
S. Caterina da Siena.
Nell' anno 130S fu accresciuto il palazzo pubblico dalla parie
di Malborghetto, e fu aperta la strada che dalla Croce del Trava
glio conduce in piazza comprando la casa di Guerra di Pepo Mi-
lianda ; fu edificato pure il locale ove i Consoli dei Mercanti, poi
chiamati officiali della Mercanzia, potessero adunarsi ; da tutto ciò
si può dedurre che il commercio maggiormente sviluppando le «ue
risorse accresceva gh' agi dei privati , lo che contribuisce ad au
mentare le rendite pubbliche: allora sorgono sontuosi edilìzi, ed il
genio delle arti si manifesta. In fatti l'architettura in quel tempo
assumeva un carattere, che mentre dir non si potea né greco né
romano, pure incominciava a distaccarsi dal gotico, talché quello
stile restaurato, se pure non era nuovo, corrispondeva alle maschie
idee di un epoca di grandezza.
A (i rossote frattanto Bino dell'Abate sollevando il popolo avea
scosso il giogo dei Senesi ribellandosi alla Repubblica. Il Magistrato
dei Nove fu costretto a spedirvi le truppe, che atterrando una par
te delle mura , poterono facilmente ricuperarlo , per cui gli abi
tanti tornarono a giurare perpetua obbedienza al Comune di Sie
na. e Bino dell'Abate si salvò colla fuga, giacché i Grossetani uveau
decretato in consiglio di consegnarlo ai vincitori.
Tali erano i fatti principali. di cui aveva dovuto occuparsi la
Repubblica sult' incominciare del Secolo XIV. Il partito Guelfo era
divenuto quivi come altrove predominante. Siena era compresa nella
lega delle altre città Toscane che combattevano i Bianchi ed i Ghi
bellini. Il Magistrato dei Nove divenuto potente avea saputo tute
lare l' ordine interno , sebbene spesso minacciato dalle inimicizie
di alcune famiglie Nobili, e specialmente dai Tolomei e Salimbeni.
ll dominio era stato accresciuto col possesso di molte ragguardevoli
terre. Non ostante queste prosperità, avvenimenti gravissimi nella
sfera politica si disponevano, che sollevando nuovi pericoli esterni
ed interni alle Italiane Repubbliche, dovcano anche alla Senese ar
recare la loro fatale influenza.
CAPITOLO QUINTO

•OMMARI»

Enrico VII. di Lussemburgo — Suoi ambasciatori a Siena —


Viene a Genova — Per mare va a Pisa — Zuffa dei Ghibellini Se
nesi al Castellojf Elei contro i soldati di Siena — Assoluzione da
ta ai banditi -^~Sono ^nuovamente discacciati dalla città — L'Im
peratore va alla volta di Ragia — I Guelfi rinforzati dalle truppe
della Lega — L' Imperatore é battuto — Non ostante si fa incoro
nare in S. Giovan Luterano — Grosseto si ribella — / Fiorentirù
battuti dall'Imperatore all'Jncisa — Firenze soccorsa dai Senesi —
Pisani battuti a Cerretello — L'Imperatore leva l'assedio di Firen
ze—I Guelfi bruciano i borghi di Poggibonsi — L Imperatore
coll'esercito a Poggibonsi — Ordina la fabbrica di un nuovo Castel
V
lo Imperatore
— Siena minacciata
si ritira —— Va
Scontro
a Pisafra—gì'Vasti
Imperiati
progetti
edtfi Enrico
Senesi —

Va all'impresa di Napoli — Passa coll'esercito presso Siena — Po


ne il compo a Pancate — Le brighe in suo favore dei Ghibellini Se
nesi sono scoperte e prevenute — Morte dell'Imperatore a Buoncon-
vento — Uguccione della Foggiala — Sue imprese — Pace fra la
lega delle città Guelfe ed i Pisani — Casale si arrende ai Senesi —
Uguccione s'impadronisce di lacco — lI Duca di Gravina Vicario
del Re Roberto di Napoli in Toscana — Va a Firenze a sedare i
tumulti — / Senesi costretti a difendersi dalle incursioni dei Ghi
bellini
Tolomei—e Salimbeni
Prendono il—Castellati
Sedizione Elei
— Strattagemma
— Inimiciziaper
fracalmarla
le famiglie
— -'

/Senesi
Filippo
Guelfi—
principe
sono
Muovono
battuti
di Taranto
contro
— Sedizione
Uguccione
in Siena
a Pisa
— Battaglia
A contro
lui si Uguccione
uniscono
di Mantecatiti
le—truppe
iuc

ca segue quel movimento — Uguccione perde il potere — Pace sti


pulata in Volterra — Fiera lotta dei pugni in Siena — Spedizioni
contro Massa a proposito dì Gerfalco — Agitazione rivoluzionaria in
Siena — / rei sono puniti — Meco/uccio Mignanelti ucciso a Sfas
ta — Vieìi predato a Talamone il deposito dei grani — Carestia
— Istituzione della Università dei Studi in Siena.

rauo passati alcuni anni senza che gl'Imperatori di Germa


nia si occupassero delle cose d'Italia, quasi che l'avessero dimen
m
ticata ; lasciarono cho Te Repubbliche , specialmente quelle di To
scana, coniendessero fra di loro, e che i partili reciprocamente si
dilaniassero, senza prendervi alcuna parte; le divisioni di Filippo
il bollo coi Pontefici aveano supplantato le altre che tanto avevano
scosso l' Italia durante le contese fra la Chiesa e l' Impero. Ma l'a
patia Germanica si scosse all'aspetto della crescente influenza Fran
cese. Infuni la Francia straniera tino a quel punto agl'interessi Ita
liani oravi intervenuta, come abbiano detto, fin dal Papa Clemen
te IV. che in odio al Ghibellino Manfredi ed alla di lui discendenza
diede l' investitura del Reame di Napoli a Carlo d' Angiò ; le con
tinue guerre per la conquista di quel reame dopo i Vespri Sici
liani aveano richiamato gli sforzi dei Francesi e degli Aragonesi ,
che si contrastavano un paese che allettava l'ingordigia degli stra
nieri. Filippo il bello avea finito, dopo le sue dispute con Ronifacio,
per attrarre in Francia la sede Apostolica , Io che gli dava agio
d' influenzare i Pontefici scelti per lo più fra i Vescovi di quella
nazione ; e qui é da notarsi che i Francesi chiamati in Italia da
Urbano , e da Clemente IV. divennero molesti a quella potenza
stessa che avea creduto farne (strumento contro il partito Ghibel
lino , poiché essa tentò di assoggettare i Papi , allontanandoli dui
centro del loro universale impero spirituale, per condurli là dove
la loro indipendenza poteva essere dalla Francia minacciata.
Alla morte dell'Imperatore Alberto era succeduto Enrico VII.
di Lussemburgo , quate si decise a scendere in Italia . e mandò
Ambasciatori a denunziare questa sua determinazione; giunsero
anche in Siena , ed intimarono alla Repubblica che cessasse di mo
lestare gli Aretini clic continuavano a ricevere e proteggere i fuo-
rusciti Ghibellini. In fatti la Repubblica richiamò le sue genti che
erano ai danni del contado Aretino, e quando gli Ambasciatori Im
periali si accomiatarono loro furono donati a litolo di regalia 300
fiorini d'oro. Per il prossimo arrivo in Italia dell'Imperatore i partiti
tornarono a commuoversi, i Ghibellini sperarono il loro trionfo; i Guelfi
si armarono per lori» difesa. Fra i Ghibellini Senesi che erano an
dati in Germania a sollecitare la venuta dell'Imperatore vi fu Nic
colò Buonsignori , che saputosi guadagnare la stima di Eurico, fu
ammesso nel consiglio segreto , e lo lasciò suo Vicario generale in
Milano, dopo che il Zi Settembre 1310 quell' Imperatore cinse la
113
fronte dcHa corona .di ferro* Alcune città della Lombardia prestarono
obbedienziv. ma Cremena che voleva difendersi fu presa e saccheggia
ta* Più forte opposizione fece la città di Brescia, ma fu suo danno,
perche fu costretta a cedere alfa forza. Non ostante questi vantaggi
le perdite Imperiali in quelle faiioni erano state considerevoli; di pi*
la peste s'insinuò nell'esercito , per cui una gran parte di esso rimase
vittima di quella infezione. Sentendo poi che le città Guelfe di To
scana avevano rinnovata la lega per difendersi, ed opporsi al di
lui passaggio alla volta, di Roma, ( ove voleva, secondo il costume
dei predecessori suoi , farsi incoronare) invece di avanzarsi cam
biò direzione e si recò a Genova, e quivi fu ricevuto fra le generali
acclamazioni. Colà perdeva la consorte che mori di parto. Te-
mendapoi che le truppe, che i Guelfi Toscani avevano poste a guar
dia degli appennini , potessero impedirli il posso, se ne andò per
pubblica
mare con piùtrenta
deferente
galere aia di
Pisa*
lui evoleri,
cola giunto,
ne cambio
per i aver
magistrati,
quella che
Re-

rimpiazzava coi suoi aderenti. Infatti i Pisani riconobbero la. Signo


ria Imperiale. Di là Enrico mandò più volte le sue genti a forag
giare nel lucchese , ed in quel di S. Miniato al Tedesco.
Essendo l' Imperatore a Pise i Ghibellini in Siena mostravano
nuova ardire, ed il magistrate dei Nove fu costretto il 17 dv Feb-
brajo a spedire verso il Castello d' Elei delle truppe, avendo avuto
notizia che colà i fuorusciti facevano sosta; infatli armatisi i Ter
razzani ed usciti coi Ghibellini in armi, si latteremo colle truppe della
Repubblica , e dopo breve zuffa Andrea di Balda Tolomei, che co
mandava quel pugno di soldati Senesi fu costretto a ritirarsi. Que
sto falto allarmò la eitth, per cui fu necessaria far provisioni per
garantire la pubblica tranquilliti), e per difendersi all'occasione dai
nemici. Ricorsero perciò ad min misura dettata dalla politicai e die
dero l'assoluzione generale a tutti i banditi che tuttora si trovavano
dalla patria assenti, per lo che inolii ritornarono ocl seno delle loro
famiglie; e coltine di prepararsi alla guerra imposero gravezze tan
to sulla città, quanto sul contado, che allora si chiamavano Pre
ste; ma con questi aggravi destarono tal malcontento negli animi
dei cittadini, che il 9 d' Aprile 1312 la città si levò in armi contro
i Magistrati. La sedizione fu » quietata , ma i Nove crederono ne
cessario allontanare i Ghibellini più turbolenti, e fra questi alcuni
8
m
delle famiglie Buonsignori , Incontri , Pagliaricci , Gallerani. Ugur-
gcri, Ragnoni, Caceiaconti, Arzocchi, Salvani, assegnandoli per loro
confine le citta di Perugia, Cortona , ed Orvieto. Ma partendo da
Siena invece essi ne andarono a Pisa , onde querelarsi di coloro
verno
che condella
tanta
città,
ambizione
escludendone
di dominio
affattoavevano
i ceti, cheavocato
avevano
.a se
diritto
il g&.a

parteciparne. Queste lagnanze dovevano naturalmente impressio


nare l'animo dell'Imperatore, che vedeva in quei querelanti dei
servi rimasti sempre fedeli alle sorti dell' Impero. Infatti essi par
tirono sodisfatti dalla promessa , che al di lui ritorno ih Roma
stituita
avrebbe l'autorità
puniio le primiera.
città ribelli, ed avrebbe ai Senesi fuorusciti re-

Era nella mente dei Guelfi impedire quella coronazione , per


cui la lega faceva preparativi guerreschi, sebbene le loro forze im
pedir non potessero il viaggio a cui si accingeva l' Imperatore.
In fatli quando ebbe ingrossato il di lui esercito per la via
della maremma si avanzò alla volta di Roma : colà giunto senza
ostacoli, superate le guardie che i Guelfi avean posto at ponte Molle
s' impadronì di una parte della citta entrando per la porta del Po
polo. Si trovò allora divisa ta città stessa, perché una parie occu
pata dai Guelfi sotta il comando del fratello del Re di Napoli Gio
vanni Principe della Morea ajutato dagli Orsini , e l' altra metà
dalle truppe dell' Imperatore , unite agli ajuti datili dei Colonna ;
per cui non passava giorno senza che accadessero delle micidiali
avvisaglie. I Guelfi si rinforzavano colle truppe spedite dalle città
Toscane; da Siena partirono per quel destino 300 cavalli e 500
fanti comandati da Caroccio lor Constabile, e si unirono al contin
gente di Firenze e di Lucca. Governava quella truppa come Ma
resciallo il Tiogo. I Senesi poi spedirono io più volto altre truppe,
e non contenti di questi sforzi mandarono ambasciatori a Roberto
Re di Napoli, onde volesse inviare attra gente per impedire la in
coronazione dell' Imperatore, ma quel Re occupato nella guerra che
a lui faceva nelle Calabrie il Re Federigo di Sicilia non si prestò
gran falto alle istanze dei Guelfi che rimasero privi di quel soc
corso.
L' Imperatore poteva incoronarsi in S. Giovan Laterono , ma
si ostinò nel volere eseguita la cerimonia solenne iu S. Pictro, e
115
siccome quella parte era occupata dai nemici, decise di attaccarli;
ma io quella giornata rimase soccombente , poiché oltre ad essere
scovo
ributtate
di Liegi
le sue. l'genti
Abatenell'
di attacco,
Lussemburgo
v.i perirono
, Guatlieri
combattendo
di Fiandra
il Ve*
ed

altri suoi Baroni. Si distinsero datla part» contraria Niccolò degli


Orsini, Gentile, e Capoccio Constabile dei Senesi. Dopo questo fat
lito attacco l'Imperatore. scoraggito datle difficoltà che incontrava
avrebbe di buon grado abbandonata l'impresa, ma ne fu dai suoi
consiglieri distolto, perché ravvisavano in quella ritirata l'ultima
rovina del partito Ghibellino , onde si decise a farsi incoronare da
tre legati det Papa in S. Giovan Laterauo il 29 di Giugno 1312.,
e giurò di non portare mai la guerra contro li stati della Chiesa,
né contro Roberto Re di Napoli come feudatario della Chiesa stessa,
ed a queste condizioni fu dai Legati stessi fatto precetta at Prin
cipe della Morea , ed ai Guelfi di Toscana di partirsene , ma in
vece si ostinarono' a ristarvi finché non fu partito. l' Imperatore^
Dispiacque assai in Siena la notizia della seguita incoronazione,
ed i Nove condannarono alla multa di 500 lire per ciascuno e con
finarono iu diversi luoghi Piero e Menocio Tolomei , Pietro Squar-
cialupi , Viviano Focteguerri , e Pietro Saracini, per avere abban
donato il campo, e come disertori furono puniti.
I Ghibellini nel Senese presero per quel successo tauto ardire,
che i signori di Succiano incominciarono a predare il paese , e fu
necessario alla Repubblica di spedire delle genti per frenarli. la
Grosseto, ove gli animi eran. sempre inquieti, i partigiani di Bino
dell' Abate vennero alle mani con Cecco di Brizzio Papaleschi ed
in quel combattimento la parte di quest' ultimo essendo rimasta
soccombente . la città rimase in potere di Bino e di Malìa suo fi
glio. I Senesi dissimularono quel fatto per allora, siccome in quel
tempo i Guelfi riunivano tutte le loro forze per impedire il passo
per lo stato Senese all'Imperatore, che tornava da Roma; ma saputo
che erasi diretto dalla parte di Orvieto , spedirono a quella parte
le truppe : considerando per altro che l' esercito Imperiale era su
periore in forze , cambiarono i condottieri Guelfi la loro determi
nazione , e ciascuno ritornò a guardia del proprio paese.
L'Imperatore ricevuto amicabilmente in Cortona, e quindi in
Arezzo , si disponeva a marciare sopra Firenze per insignorirsi di
Ufi
quella città , e di certo l'impresa non era impossibile , perché in
quel momento era disarmata , ed il popolo preso da spavento. In
fatti il di lui esercito si mosse per il Val d'Arno, e presi i Castelli
di Montevarchi a di S. Giovanni, incontratosi coi Fiorentini pressa
all' Ancisa dopo un breve combattimento H mise in piena rotta, e
tutta la cavalleria si sbandò. Avanzandosi allora mise il campo il
19 di Settembre 1312 all' Ahbaitìa di S. Salvi , ed é opinione dei
scrittori contemporanei , che con un ardito e subitanee assalto egli
sarebbesi impadronito di quella città; ina ciò che era facile in quel
giorno divenne difficile il di appresso, mentre arrivavano colà 600
cavalli e 2000 fanti mandati in tutta fretta da Siena in soccorso.
dei Fiorentini. Questo rinforzo incoraggi gli animi prostrati, ed il 5
Ottobre quetle truppe uscite da Firenze attaccarono i Pisani . che
erano intorno al Castel di Cerretello, e gli misero in fuga. Al ri
torno i Senesi presero una forte posizione appoggiandosi ad un mu
lino che apparteneva alla famiglia degli Abati di Firenze du dove
impedivano che giungessero le vettovaglie al campo Imperiate, per
cui trovandosi in grandissima penuria 1Imperatore stimò prudente
levare l' assedio , e ritornò a S. Casolano ove ricevé dai Pisani le
vettovaglie che mancavano per campare Peserei te; ma accadde che
la scorta di un convoglio incontratasi un giorno coi Senesi che l'at
tendevano a Castel Fiorentino, fu rotta cotta morte di molti Pisani,
e Tedeschi che di quetla scorta facevano parte. Dopo quella fazione
i Guelfi per impedire che l'Imperatore alloggiasse il suo esercito nei
borghi di Poggibonsi gli fecero bruciare.
I Senesi che tanto avevano contribuito alla liberazione di Fi
renze , potevano essere da un momento all' altro minacciati nella
propria citta. In fatti una quantità di fuoruscili Ghibellini accom
pagnati da alcune compagnie di Tedeschi si partirono dat campo
di S. Casciano ed andarono ad occupare C asole e Kadicondoli che
si erano ribellati ai Senesi : ma volendosi quindi impadronire del
Castel di Mensano furono nell' assalto ributtati. Intesi questi fatti
i Senesi mandarono 500 cavalli a Colle di Val d' Elsa per dar la
caccia a quelle truppe nel loro ritorno, ma giunsero troppo tardi;
e sentito che l'Imperatore si era mosso coll' esercito da S. Casciano
per scendere verso Poggibonsi, quella gente presa da tiroor panico,
e figurandosi di avere un nemico potente e fronte, mentre era lon
tano , si diedero vilmente a fuggire senza attenderlo.
m
L' Imperatore infatti venne a Poggibonsi , e trovando i bor
ghi bruciati, richiamò gli abitanti che si erano dispersi in cerca di
ricovero, ed ordinava l' edificazione di un nuovo Castello in sito
più comodo ed ameno , e fu chiamato Poggio Imperiale.
La vicinanza del nemico che colle sue scorrerie giungeva tal
volta tino a Fontebecci , luogo poco discosto dalla citià , metteva
in grande apprensione i cittadini. Molte castella profittando della
presenza dell' armata Imperiale , atla Repubblica si ribellarono , e
scordando fin anche i benefizi ricevuti aumentarono il pericolo da
cui era minacciata la città di Siena.
Intanto l' Imperatore non lasciava Poggibonsi , e le continue
scorrerie, colle quali danneggiava in ogni modo il Senese^ spesso si
rinnuovavano. Accadde adunque (12 Febbrajo 1313) uno scontro
fra gl' Imperiali, ed i Senesi sotto gli ordini di Guglielmo Scaliere
di Catalogna Constabile delle truppe che il Re Roberto aveva in
Toscana ; si azzuffarono con una rabbia indicibile: gl' Imperiali ri
masero soccombenti , ed i Senesi vi fecero prigioniere Adamo di
Belmonte di Lorena stretto parente dell'Imperatore, con diversi al
tri Baroni dell' Impero. Sensibili furono le perdite dei Senesi, men
tre vi morirono oltre settanta giovani di famiglie nobili ; molto
maggiori furono quelle dei Tedeschi.
A calmare le ansie della città giunse opportunamente uu rin
forzo mandato dal Re Roberto di Napoli, consistente in 230 cava
lieri. catalani sotto la condotta del Conte di Luni d' Aregona. In
tanto i Senesi giornalmente intercettavano le vettovaglie destinate
l)(•!• il campo Imperiale. Questo mezzo valse a decidere l'Imperatore
a sloggiare dal suo Poggio Imperiale, e cosi dopo avervi fatto lunga
dimora , e senza avere intrapreso fatti di rilievo né contro Firen
ze, né contro Siena si ridusse coll' esercito a Pisa. Egli mancò di
energia , e diede tempo ad ambedue le citta di riaversi dal primo
spavento.
I castelli ribellati, che dall' Imperatore avean tanto sperato, ri
tornarono
sisteva nella
sotto
ribellione
l'olii « dici!
, siccome
/.;i dellasostenuta
Repubblica;
da solo
moltiAsinalunga
Ghibellini per-
l'uo-

ruscili , onde i Senesi vi mandai ono il 17 di Marzo con una com


pagnia di Catalani , i cavalieri del terzo di Città , e di Camollia
sotto il comando del Potestà ; a fronte di queste forze si arrese a
118
tosto
patti ,che
.ed icolla
Senesi
forza
preferirono
, considerando
di ricuperarli!
le perdite
in sensibili
questa guisa.
che avean
piut-

fitUe nelte continue fazioni combattute contro l'esercito dell' Impe


ratore , per .cui olire ai .morti si coniavano in Siena circa 800
feriti.
Erano i Nove tanto gelosi del potere , che sul dubbio che i
nobili divenuti nelle guerre più potenti , .potessero aspirare al Go
verno , oltre a varie precauzioni fecero rinnuovar ia 'legge che h'
escludeva da qualunque .masitstratura; edera questa ona -massima
ingiustizia . mentre i nobili prodigavano il loro sangue in difesa
della patria, onde 'molte famiglie dei grandi per dispetto ancora si
attaccarono alla parie Ghibellina ; e siccome l' Imperatore che era
sempre io Pisa aveva in auimo d'impadronirsi della città di Siena
per larne 'ceniro delle sue future operazioni contro le altre città
Guelfe della Toscana , cosi per mezzo dei fuoruscili Senesi incomin
ciò a dar vita a segreti Imitati coi Ghibellini .che erano restati in
citta. quali si erano obbligati di consegnare alle sue truppe. quando
si fossero presentate. una porta della città . e di assisterle perché
di essa s'impadronissero: e di .certo i progetti d' Enrico erano va
sti , .poiché dopo aver falto dichiarare il Re Roberto nemico e ri
belle dell' Impero, aveva fatta alleanza con Federigo Re di Sicilia,
e colla Repubblica di Venezia, e così sostenuto dai mezzi di questa
che arano potealissimi, e dagli .altri delle Repubbliche di Genova , e
di Pisa, aveva potuto riunire scito i di lui ordini 125 galere , ed
un esercito di 4000 cavalli, e 11,000 t'auii. e con questi prepararvi
ci disponeva alla conquista del Reame di Napoli.
In fatti egli partendo da Pisa il dì 8 Agosto 1313 prese la via
di Sena , e. giunto presso quella città poneva il campo a Pancole,
luopo vicino a Montaperto: quindi schierò tutto l'esercito sul poggio
in attesa sempre di un movimento interno della citta, e di vedersi
aprire, secondo il convenuto, una porta per entrarvi ; ma il trat
tato segreto era venuto a cognizione dei Nove, ed aveano saputo
il colpo prevenire. Molti dei compromessi si satvarono colla fuga
ricovrandosi nel campo Imperiale colla speranza di ripatriarc fra
pochi giorni e di riassumere la perduta autorità. Fallito il colpo
l'esercito Imperiale dopo diverse marce e contromarce si riduceva
di nuovo a Pancole devastando tutto il paese.
I.'esercito dell'Imperatore s'ingrossava per nuovi rinforzi cimiti
da Arezzo sotto il comando del Duca di Montefeltro, per cui si vol
le allora tentare una recognizione verso la porta S. Viene , ma fu
respinta dal Conte di Sarteano, che comandava la cavalleria Senese.
L' Imperatore Enrico era partito da Pisa malaticcio: il disagio
del viaggio, il travaglio dell'animo avevano fatta più seria la ma-
latlia , onde sapendo che nello stato Senese abondavano le acque
minerali volle recarsi a Macereto per protìttar di quei bagni.
I.'esercito lasciando Pancole si diresse a quella volta . ed era
molesta quella permanenza cosi prolungata, perché i soldati incen
diavano , uccidevano o per lo meno facevan prigionieri ancora gli
inermi , per cui uno spavento generale aveva fatto fuggire tutti
gli abitanti di quei paraggi. Lo stesso giorno, in cui si partiva l'e
sercito da Pancole ( 16 Agosto) giunsero in Siena il Conte di Limi,
« Pietro Arturo con 300 cavalli , che il He Hoberto teneva in To
scana. A soccorrer la città giunsero ancora 250 cavalli ed alquanti
fanti sotto il comando del Conte Ruggeri dei Conti Guidi, mandati
dai Fiorentini ; anche i Lucchesi mandarono 200 cavalli , onde la
citta vedendosi appoggiata dalla lega Guelfa ebbe motivo di ras
sicurarsi , e di sperare.
Quattro giorni si trattenne l'Imperatore ai bagni di Macereto.
e dei profughi Senesi si trovavano con lui Filippo Buonsignori ,
Neri , 11 uffrei I i Incontri ; vi erano ancora i signori di Stimano , e
quelli di Sassoforte di maremma , e per non tenere il soldato in
ozio presero il Castel di Pari , Montautolo. Civitella , Sasso , Pa-
ganico , Campagnatico, facendo ancora indicibili guasti . giacché lo
spirito di parte spingeva gli animi ad inaudite vendette.
I Senesi non azzardarono attaccarlo, non ostante che il cam-
binmento del campo da Pancole a Macereto, glie ne offrisse l' op
portunità , eppure avevano esperimentato a Montaperto che le de
terminazioni ardite sono tatvolta le più fortunate : ma essi erano
fiacchi per le perdite fatte nelle fazioni che ebbero luogo quando
l' Imperatore si irattenne coll' esercito in Poggibonsi.
l bagni invece di giovare aggravarono la malattia dell' Impe
ratore, onde diretto l'esercito per la via romana da Macereto par
tì : ma rialzata grandemente la febbre fu necessita fermarsi in
Buonconvento. castello del dominio Senese lontano 16 miglia dalla
130
citta , ove dopo aver ricevuti i Sacramenti della Chiesa religiosa
mente moriva il 24 Agosto del 1313 non senza sospetto di avve
lenamento.
Egli aveva in animo di ridurre all'antica obbedienza dell'Im
pero tutte le città d' Italia che per incuria dei suoi antenati se ne
erano atienate; ma le risorse della mente non andarono in lui unite
alle qualità necessario ad un Untraprendente Capitano ; mancogli
sovente V ardire , per cui non poteva raggiungere il suo scopo.
La di lui morte fu sventura per la città di Pisa, perché per
deva in fai un protettore, ed i Ghibellini il toro più valido ap
poggio.
Questa partito non fu fortunato perché non seppe cogliere i
vantaggi dalla vittoria di Montaperto, ed in politica un grave er
rore. diUìciimente sì corregge; insomma gli disparve sempre la for
tuna nel momento in cui credeva averla afferrata.
Il cadavere dell' Imperatore fu portato a Pisa , ove dai suoi
Baroni , e dai Ghibellini in. meno al compianto fu dato onorevole
sepoltura.
In Siena si seppe la Domenica la morte dell' Imperatore , e
parve ai cittadini che uu colpo inaspettato della Provvidenza li
avesse liberati da sì formidabile nemico. I Fiorentini, quasi dispe
rando della salvezza della loro città, ne avevano dato il dominio
per cinque anni al Re Roberto , che si fece colà rappresentare da
lacomo Cautelino suo Vicario.
Federigo Re di Sicilia era venuto a Pisa, ma intesa la morte
dell' Imperatore suo alleato, ué avendo potuto ottenere la signoria
di quella città, ne partiva senza nulla intraprendere: anzi reputò
prudente consiglio il far la pace con Roberto Re di Napoli.
I Senesi si diedero a recuperare le perduta cartella, ma non
poterono per allora impadronirsi di Casole , «he si difese.
I Lucchesi quando credevano di essersi liberati dai travagli ,
che loro davano continuamente i vicini Pisani, questi sotto la cou-
dottu di Uguccione della Faggiola , prode capitano li molestavano
maggiormente, per cui i Senesi richiesti di ajuto a fauna dei patli
della lega doverono spedire colà 200 cavalli.
Era Tguccione distinto Ghibellino della Homagna , e fin da
quando ora al soldo degli Aretini dimostrato avca gran valore perso
121
naie , e sagacità noll' arte della guerra. Coll' acquistata reputa
zione signoreggiò il partito Ghibellino; i fuoruscili lo seguirono, e di
più assoldò 800 uomini a cavallo di nazione tedesca , che erano ri
masti liberi , allorquando si sciolse l' esercito imperiale , ed accre
scendosi giornalmente il di lui credito fa nominato Potestà di Pisa,
di cui in seguito si fece padrone ; e non vi ha dubbio che senza
la opposizione della lega Gnelfa , non solo la vicina Lucca sarebbe
caduta sotto il di lui dominio, ma avrebbe conquistato ancoiagran
parte della Toscana , siccome egli era guerriero ardito ed ambizioso.
Quando Lucca fn. minacciata da Uguecione, i Senesi non solo
mandarono una parte delle loro forze a soccorrerla , ma fecero an
cora un diversivo contro i Pisani, ed unitisi a quelli di Massa in
vasero il territorio Pisano dalla parte della maremma fino a Piom
bino , da dove riportarono cospicua preda di bestiame.
Il Re Roberto che aveva accettata per cinque anni la signoria
di Lucca , come quella di Firenze , vedendo che quella città mal
potea difendersi dai continui e ripetuti attacchi di Uguccione , ri
corse al compenso di trattar la pace, quale fu firmata fra i Pisani, e
le città della lega Guelfa, che erano Firenze, Siena, Lucca , Pistoja,
Massa di Maremma, Volterra, e Città di Castello con altre terre di
minor conto.
Mentre si trattava quella pace accadde che Filippo Buonsignori
che era uno dei principali banditi Ghibellini, come altrove abbiamo
veduto , fu per un maneggio riammesso in patria ; quivi tornato
giurò nel Consiglio del popolo di rinunziare al suo partito , e di
venir Guelfo, e quella parte sempre difendere e seguire. Altri Ghi
bellini ancora furono amistiati, per cui si ridussero nuovamente in
patria.
La pace conclusa non era ancora stata ratificata dai Pisani ,
che IJguccioue la contrariava con ogni mezzo, perché essa distrug
geva tutte le sue vedute ambiziose ; giunse fino a far tagliare la
tosta a Bauduccio cittadino Pisano ed a suo figlio perché la favo-
scrivano, siccome l'avevano promessa al He Roberto quando fu
rono a lui spediti nella qualità di ambasciatori a Napoli.
Questo fatto crudele risvegliò nei Pisani un odio contro Uguc
cione, ed i Senesi per non perdere i fruiti che da quella pace ne
sarebbero derivati, spedirono a Pisa Giotto di Bondone loro Siuda
122
ro . ed egli mineijRiossi in modo . che nel consiglio del 26 Marzo
i'1! i fu contro la volonta di l'guccione <l.n (Ghibellini e dai bianchi
quella pace ratificata.
Casolo. allora , non potendo altrimenti sostenere la guerra che
le facevano i Senesi, si arrese a patti. L'guccione per altro cedendo
per un momento alla necessita , anelava sempre la guerra , onde
si maneggiò in modo da riaccenderla coi Lucchesi con un mezzo
fraudolento; fece si che i Ghibellini tornati in Lucca in conseguenza
della pace , venissero alle prese colla parte Guelfa ; durava la se
dizione. ed egli totto il pretesto di quietarla partitosi da Pisa il U
Giugno 13U con 500 cavalli tedeschi . e 500 Ghibellini v'inter
venne: cacciò i Guelfi, e s'impadronì della città. Un simile laccio
era stato
zione di Filippo
teso ai Buonsigaori
Senesi , m;i negarono
Don vi caddero
di comprendere
, poiché nella
ad insinun-
pace i

Conti di Santa Fiora , i Signori di Sasso Forte , i Conti d' Elei, o


gli altri nemici della Repubblica, che avrebbero favorito gl'interessi
di Uguccione prestandosi alle di lui tenebrose macchinazioni.
I Lucchesi che si erano altra volta valorosamente difesi contro
l'esercito dell' Imperatore Enrico unito a quello dei Pisani, ora si
fecei.o vincere da una frode, che ad eluderla sarebbe bastata la sola
prudenza.
Le città Toscane allarmate per quell'avvenimento dimandarono
soccorso al Re Roberto , che loro spediva delle truppe sotto il co
mando del di lui fratello minore Pietro Duca di Gravina sopran
nominato Tempesta. Egli giunse colle sue genti in Siena ai U di
Agosto; ma chiamato dai Fiorentini, poiché le loro discordie interne
tenevano agitato lo stato , partissene sollecitamente a quella volta.
I Senesi avevano a Firenze mandato pochi giorni prima 200 cavalli
della città, e 200 del contado , sotto il comando di Roberto degli
Orgogliosi di Forlì lor Potestà. I Ghibellini fuorusciti continuavano
al tempo stesso a molestare lo Stato di Siena , poiché appoggiati
dai Conti di S. Fiora e da Uguccione , facevano sosta ai castelli
d'Elei e Moutalbano; i Senesi furono costretti a richiamare da Fi
renze il corpo ausiliario. ed unite a quello altre genti andarono alla
riscossa. Fu sì grande lo spavento di coloro che guardavano il ca
stello d'Elei di fronte ad uu oste sì poderosa, che senza combattere
abbandonavano il castello, per cui i Sfiu.si ne furono padroni senza
123
combattere. I Pisani troppo tardi aveauo inviati dei rinforzi consi
derevoli per soccorrerli, e vi giunsero quando il falto era consumato.
Il Magistrate dei Nove udito questo movimento ordinò che le truppe
marciassero contro i Pisani; ma essi sapendo di non poter resisterc
alle forze. che la Repubblica di Siena poteva opporli. si ritirarono.
Questa piccola guerra , queste fazioni , ribellioni prese e riprese
di castella durarono ancora , giacché il partito Ghibellino. ad onta
che la fortuna non si mostrasse a lui propizia non cedeva il campo.
D' altronde una transazione era impossibile, di fronte agli odj con
citati , agl' interessi ed alle ambizioni predominanti.
L'inimicizia fra le due potenti famiglie Senesi Salimbeni e To-
Iniin'i. la prima Ghibellina. l'altra Guelfa si fece più minacciosa;
In fine nell'anno 4314 scesero alle vie di fatto, e passarono dalle
minacce all' azione. La pugna si accese in faccia a casa Ma re
scotti : fu lunga, accenni ta , poiché accorsero gli amici, i parenti a
sostenere colle armi la diriga feroce ; le strade della città furono
macchiate di sangue fraterno, e molti cadaveri ricoprirono il suolo
della patria.
La forza pubblica fu impotente a sedare quelle ire feroci: ogni
tentativo rimase infruttuosò, tanto la ragione era offuscata dallo
sdegno ; ma quello che non poté l' autorità del governo l' ottenne
un' ingegnoso strattagemma.
Fu sparsa la voce che il Vescovo d'Arezzo, che era della fa
miglia dei Tarlati . si avanzava alla volta di Siena con armati. In
un momento tutti furono fuori della città, per combattere i nemici.
1l popolo furibondo giunse in massa lino all' Arbia . e quelli stessi
che pocli* anzi fra loro contendevano, da un pericolo detla patria,
sebbene immaginario, altrove chiamati, obliarono i reciproci ran
cori. e si unirono per respingere l' aggressione. Tale era lo spirito
di quei tempi, in cui gli uomini usi alle armi combattevano quasi
per diporto , e predominati da un sentimento di orgoglio . o di
potenza inferocivano anche per vani puntigli. Il Vescovo d'Arezzo
non aveva nemmen pensato a muoversi , e quella invenzione, ad
•arte propagata , valse a distrarre le menti , ed a far cessare una
pugna a morte. cui avevano dato causa meschine suscettibilità do-
mestiche . individuali rancori . e privati sdegni.
Arezzo pure passò alla parte Guelfa. e diede la signoria della
m
eittà per cinque anni al Re Roberto , e fu allora conclusa la pace
fra i Senesi e gli Aretini.
Ad onta per altro di questi vantaggi ottenuti dalla parte Guel
fa , Uguecione coi Pisani , ed i Ghibellini divenivano più che mai
minacciosi. I Fiorentini impazienti, e contro la sapienza «Iella loro
politica , o meglio presi da timore , chiedevano soccorsi al Re Ro
berto senza dei quali vedevano che tutte le forze della lega Guelfa
non bastavano a frenare l' orgoglio della parte contraria.
Roberto per tante guerre sostenute infiacchito, consigliava un
sistema di temporrggiamento , promettendo che avrebbe mandato
col tempo un'armata in loro soccorso guidata dal Duca di Calabria
suo figlio ; ma vinto dalle istanze fece partire alla volta della To
scana Filippo Principe di Tanmto suo fratello con !i00 cavalli tra
Fraucesi, Provensali, e Catalani. Questa truppa col suo Duce , che
aveva seco uno dei suoi figli per nome Carlo ancor giovinetto ,
arrivò in Siena il 26 di Luglio 1315, e dopo quattro giorni di ri
poso , dietro le sollecitazioni dei Fioreilini parti alla loro volta.
Contemporaneamente arrivavano in Firenze i contingenti spedili
dalle cittfe confederate, e dei Senesi 500 cavalli, e 400 fanti. Riunito
quell' esercito, ne fu affidato il comando al Principe di Tarauto, e
dato
dosi per
l' ordine
il coutado
di partenza,
di Pistoj'a.
il 6 di Agosto usciva dalla città avviau-

Quelle truppe erano numerose e fiorenti, animate dal migliore


spirito, onde si poteva sperare una luminosa vittoria sopra i Ghi-
belliui comandati da Uguccìone , le di cui forze erano più deboli in
numero degli avversar*, per cui egli aveva divisato di sfuggire una
battaglia campale; ma trovatosi a fronte dell'armata Guelfa a Mon-
tecatini , si avvide non poter di là ritirarsi senza combattimento,
onde mise in ordine le sue truppe e si dispose ad accettar batta
glia. I primi ad attaccarla furono quelli della parte Guelfa , e ter
ribile fu il primo scontro: già si combatteva ferocemente da ogni
banda : pendeva la sorte delle armi incerta, ma poiché le schiere
Ghibelline incominciavano a disordinarsi , Uguccione , che era
prode , si spinse ove più fiera era la zuffa , e fece tali prove di
personale valore che i di lui capitani ripreso nuovo ardire incal
zarono con impeto i loro avversari. Essi non poterono resistere al-
l' urto e volsero in fuga ; i più valorosi ostinandosi a tener fermo
123
furono moFti ; il campo Guelfo in poco tempo fu in piena rotta ,
la vittoria fu per Uguccione.
Quella giornata costò molte vittime ad ambe le parti ; fra i
«orti delta parte Guelfa , si noverò quella dei Vicario Pietro fra
tello del Re Roberto, del giovin Cario figlio del Principe, del Conte
di Marciano, di 26 cavalieri Fiorentini. Del Senesi tra Gentiluomini
ed altri ne perirono 150.
Dalla parte di Uguccione vi restò morto Francesco suo figlio,
e circa 80 capitani e nobili Alemanni , con molti altri soggetti di
distinzione. Il Principe con gli avanzi dell'esercito si salvò in Fi
renze, e nel mese di Decembre venne in Siena, ove fu costretto
fermarsi per guarire dalla febbre terzana che lo aveva attaccato.
I Ghibellini dopo la vittoria di Montecatini tornarono a deva
stare lo stato di Siena, ed una colonna di 1 0DO cavalieri, che scor
tando la vedova di Francesco figlio di Uguccione passò per lo stato
di Siena, onde accompagnarla in Arezzo sua patria, fece dovunque
danni immensi e spieiati.
I Fiorentini dopo la sventura toccata tornarono atte antiche
discordie , siccome alcuni accagionavano quella perdita al Re Ro
berto, di cai erano scontenti; ma in fatta il valore, la prodezza di
Uguccione avean satvato la parte Ghibellina. Egli ne colse il frutto
poiché si faceva proclamare signore di Pisa e Lucca : ma quanto
egli era prode in battaglia , altrettanto. poco savio in politica , per
cui essendo egli in Lucca ebbe notizia che Pisa ingrata si era a
lui ribetlata : e volendo correre a sedar quella sedizione , appena
partito si sollevò contro di lui ancora Lucca, di modo che e l'una
e l' altra sfuggivano al suo dominio ; la stella d' Uguccione della
Faggiola era giunta at suo tramonto. La sua rovina fu la salute del
partito Guelfo ; giacché molti disertando già quel partito si erano
riuniti ad Uguccione finché la fortuna gli arrise, quando te sorti
cambiarono, gli amici incerti dell'una tornarono a gettarsi nell'al
tra parte; cosi fu, che molti signori poco propensi verso la Repub
blica di Siena a lei si accostarono, e Montalcino che erasi mostrato
ostile tornò all' obbedienza. Fu fatta pace fra Siena , Pisa e Luc
ca, stipulata in Vollerra li 11 Settembre 1316, e così queste città
tornarono all'amicizia antica; e registrar ci conviene ancora la pace
occorsa fra i Senesi ed i Conti di Santa Fiora stipulata li 17 Aprile
, dopo che con scambievoli daimi aveva ciascuna parte peg
giorata la propria condizione.
Era quello il tempo delle paci , poiché tuttì erano stanchi di
quelle guerre rovinose ; anche gli odj interni . i dissidi di famiglie
si calmavano. Si riconciliarono i Satimbeni e Tolomei con gaudio
immenso di tutti i cittadini e delle città confederate, e per fino il
Commi di Firenze mandò ambasciatori a congratularsi per quell'av
venimento che tanto giovava alla quiete interna. In fme le città
Guelfe si riconciliarono colle Ghibelline, stabilirono fra loro dei pat
ti ali" ombra dei quali tornò a splendere in tutta la Toscana uu' iride
di pace tanto desiderata. Comprarono allora i Senesi molle castella
che i n.spi'itivi signori venderono , e così il dominio della Repub
blica venne ampliata.
Abbiamo altrove parlato dell' antico costume dei Senesi del
giuoco dei pugni, o pusitla to, ora diremo che noll' anno 1317. fu
tale l'impegno di quelli del terzo di Città, contro gli altri del terzo di
S. Martino, che il giuoco degenerò in vera battaglia, talché vi fu
rono dei morti e non pochi feriti ; e per quanto dalla forza pub
blica. il di cui intervento fu necessario per dividere i combattenti,
si facesse il possibile per sgombrare la Piazza del Campo , ove la
giostra si effettuava, pure era già avanzata la notte, né si trovava il
mezzo di ammansine quella gioventù ardente , e quasi inferocita.
I malconci pugnatori si facevan coprire quando si sentivano dalla
stanchezza oppressi , (1) ed appena riprese nuove forze tornavano
con maggior ferocia a combattere : in fine il bisogno di riposo pre
valse alla rabbia , e diede fine a quetla spieiata pugna.
Fra le castella comprate, come abbiamo detto dai Senesi , im
poriante. acquisto fu quello di fìerfalco ; mn siccome da certi
della famiglia Pannocchieschi che lo possedevano u' erano state ce
dute le ragioni alla Repubblica di Massa Marittima . così i Masse-
tatù seutita la vendita vollero far valere i loro diritti di pos
sesso , e si fecero inutilmente delle tratlative d' accordo : onde

(1) Quando I' uomo era da attri coperto . o si gettava in tcrra,^


era intangibile , poiché si teneva per vinto, ma non gli era impedito
di tornare in giostra.
127
il Magistrato dei Nove deliberò di mandarvi l'esercito. I Fiorentini
offrirono cento cavalli per quella spedizione, e riunite le genti sotto
il comando di Paolo di Guido Baglioni di Perugia capitaiì del popolo,
mossero all'impresa; i Massetani per evitar danni maggiori, rinun-
ziaronoai loro diritti, o giusti o pretesi, in favor del Comune di Sie
na , e cosi furono risparmiate delle vittime.
Sarebbe oggi difficile il numerare tutti i castelli che facevano
parte del Dominio di Siena, sia nei dintorni della città, come nelle
maremme, e nel Monte Amiata; da per tutto si ergevano maestose
muraglie alle quali l'architettura dei tempi feodali aveva impresso
un carattere suo proprio. Ora pochi ne restano ; alcuni col tempo
divennero borghi che si popolarono e si fecero interessanti: alcuni
furono demoliti : d' altri ne restano le vestigia fatte abituro dei
gufi e dei rettili ; ma quegli avanzi stessi circondati da una soli
tudine imponente, o da boschi maestosi, risvegliano delle idee fan-
tastiche: ossia il rispetto dovuto all'antichità, o la considerazione
della storia che agli avi nostri appartiene , provasi all' aspelto di
quei ruderi una misteriosa impressione, che riconduce la mente at
passato , alla voracità del tempo che distrugge , e tutta consuma
l'opera umana; nemmeno quella del scoio resiste ad onta che essa
sia un'emanazione divina a tutela della civiltà, che l' istessa pre
potenza degli uomini tenta talvolta distruggere.
La pace esterna ha sempre prodotto iuterne agitazioni presso
i popoli che sono pieni di vita; per essi le disnnzioni sono neces
sario. Nei tempi di mezzo non erano le scuole tìlosofichu che pro
pagavano dei principj astratti , da cui nascevano le sette , fomite
permanente di agitazioni sociali ; nell' adolescenza della civiltà lo
spirito di dominio , l' ambizione del potere , e la cupidigia trasci
nano gli uomini alle rivoluzioni. Le Repubbliche del medio evo spe
cialmente risentirono questo difetto , poiché ogni cittadino di qua
lunque condizione avendo il diritto di partecipare alla cosa pubblica
si credeva capace di amministrar lo stato, e tutti volevano governare;
era facile perciò trascendere ad un disequilibrio nei poteri che con
duce al massimo dei disordini , che viene definito col termine
anarchia.
Ottenuta la pace esterna incominciarono di nuovo a Siena le
sedizioni. Tornato a Siena l'esercito che era andato alla spedizione
di Massa, manifestò it suo matcontento , imprecando contro il su
premo capitano , che coll' accordo aveva salvato quella citta dal
saccheggio. Dugento fanti entrati da Postierla senza deporre le ar
mi incominciarono a percorrere la città gridando muoiano i tra
ditori , abbasso il Capitano : a queste grida accorse gran quantità
di popolo, ed i macellai ed i fabbri a quei soldati si unirono, ed
occuparono la maggior parte degli sbocchi che mettono alla Piazza del
Campo; il Capitano così minacciato ritirossi nel palazzo dei Neve ,
e fu per allora possibile ai magistrati calmare colle persuasioni il
tumulto; ma la piaga era aperta, e presto tornarono a manifestar
si le lagnanze dei cittadini, che vedevano in quel governo ridotto a
cie
pochidi individui,
dispotismo.
e dal quale lutti gli Ordini erano esclusi, una spe-

l Dottori. ed i Notai dimandarono di essere ammessi nella


magistratura. l Nobili ed i plebei aspiravano aneli' essi a godere
dello stesso diritto, onde quei pochi che se lo erano esclusivamente
appropriatosi trovarono in. preda agli attacchi della intiera popola
zione.
Gli scontenti non avendo ottenuto giustizia, anzi essendo stati
repressi con minacce di severa punizione passarono a cospirare ;
i congiurati avevan divisato di ammazzare i Nove e tutti i loro
aderenti. Sozzo di Messer Deo Tolomei che era il capo di quella
cospirazione doveva esser Potestà ; aveau scelto un proconsolo , e
Cione di Viti.luccio Macellarto era già nominato bargello.
Date queste ed altre disposizioni la sera del 26 Ottobre 1318
i congiurati presero le armi gridando, orno/ano i Nove : ed entrati
in piazza dalla parte del Cacato per attaccare il palazzo , furono
scontrati da molti cavalli e da trecento fanti, che la Repubblica
aveva in quel tempo assoldati per mandarli a Genova in servizio
del Re Roberto.
I congiurati non poterono sostenere l'urto: e sebbene combat
tessero per due ore con molta ostinazione , quei soldati assistili
ancora da un rinforzo che aveva spedito il Comune di Firenze sotto
il comando di un Bingeri Iluscellai , poterono respingere gli assa
litori , e dissipare il pericolo; ma non vi ha dubbio, che qualora i
congiurati avessero scelto per I' esecuzione dei loro progetti il
tempo, in cui quella troppa fosse da Siena per il sue destino par-
129
tita , essi avrebbero trionfato, ed una nuova forma di governo sa.
rebbesi ordinata; l'oscurita dcUa notte favori i capi della congiurn,
che si salvarono colla fuga : ma Cione di Viti.luccio con cinque al
tri macella] furono prési , e per sentenza del Potestà decapitaii :
gli altri contumaci furono dichiarati ribelli , e vennero atterrati i
palazzi dei Forteguerri in. Postierla, ed uno de'Tolomei che era m
•Calzoleria ; e ad, un oalzolajo che uvea rivelato la congiura furono
in premio pagati 200 fiorini d'oro. Tale fu la tragica fine di quella
cospirazione : bensì i Nove, credendo di dare una sodisfazione ai
cittadini, ordina reno .il rinnuevamento dei bossoli da dove si estrae
vano a sorte i nomi di quelli che dovevano succedere nel Magistra
to a coloro che arcano compito il tempo d' ufficio. Questi nomi
furono pubblicamente letti e mostrati, ma in fatto, o fòsse la .sorte
o la malizia , il govenio non uscì dat cerchio di quelle persone ,
che lo aveano quasi costantemente temuto.
I fuoriusciti Senesi che eransi ingrossati dopo la sventata con
giura , persuasero al Conte Gaddo di Guglielmo Pannocctrieschi di
andar contro Gerfcilco ed impadronirsene ; infatti infrante le capi
tolazioni esistenti, il falto fu compinto. Il Magistrato dei Nove allora
impegnato
battevano contro
a 'soccorrere
la parte
i Guelfi
Ghibellina
di Brescia
favorita
e didaiCrcmona
Visconti che
in Lom
oom-

bardia , dissimula por allora queir offesa , ma a suo tempo pensò


a vendicarsene; Ciri.falco fu facilmente ripreso, ed i fuoruscili nou
pensarono nemmeno ad opporre una resistenza.
Secondo i patti esistenti con Massa doveva a ciascuna vacanza
esser nominato alla carica di Potesti di quel luogo un Senese. Ac
cadde adunque che Niocolaceio Mignauelli venne ammazzato colà
proditoriamente; l' assassinio fu misterioso , ma i Massetani invece
di ricevere dopo quella morte il loro Potestà da Siena scelsero Uberto
dei Cancellieri di Pistoja , onde fu necessario mandar colà l' eser
cito: ma prima che giungesse , i Massetani spedirono a Siena i loro
deputati a rinnovare i capitoli.
Nell'anno 1319 le dirotte pioggie ohe caddero, defraudando
le concepite speranze di abbondanza, distrussero il raccolto, per cui
predominò la carestia: il governo di Siena era stato sollecito a prov
vedere una quantità di grano in Sicilia, e ne avea formato nel porto
di lalamene il deposito, quando giunte alla vista di quel porto do-
9
130
dici galere coi fnornsciti Ghibellini di Genova, sbarcarono colà, e se
no impadronirono per vendicarsi . dicevan essi , della Repubblica
di Siena , che aveva soccorso il Re Roberto contro la patria loro.
Per qnesta sciagura i bisogni della popolazione aumentarono, e fu
necessario far provista di uuovi grani . con grave dispendio. dei
cittadini.
In Siena come altrove la necessità di progredire uegli studi si

faceva sentire, e quivi più sollecitamente che in attre citta ad imi


tazione di Bologna , fu fondata una Università di studj, essendo a
ciò deputati Bartolommeo Tegolei, Biagio Montanini, e Simonc del
Tondo I) . i quali nel 1320 ridussero a quest'uso il locale ove il Reato
Andrea Gallerani avea fondata la casa della Misericordia, per cui fu
distinto d'allora in poi col nome di Sapienza. Furono chiamati Dot
tori e Professori da ogni parte ti' Italia. per insegnarvi la filosofia,
il diritto, e le scienze, e cosi uomini sommi vi figurarono, e fra
questi il celebre Bartolo (2); la frequentaronostudenti non solo d'Italia,
ma vi concorsero ancora numerosi dalla Germania, per cui atcuni
Imperatori le accordarono privilegi, fino ad affrancare dai diritti di
pedaggio a cui erano assoggettati i viandanti, e da attre tasse tanto
i professori , quanto gli studenti che dall' Impero si recavano allo

(1) La Università di Bologna rimonta al 1165, ed é la prima


che sia stata istituita in Italia. Essa acquistò tanto credito nelli studj
che
della; per
Giurisprudenza,
questo Bolognaquanto
meritassi
quellail di
nome
Parigi
di d»tta.
nelle scienze
Quella di
Teologi-
Pisa

pare che incominciasse a figurare verso il Ì530. Il Pignotti nella sua


Storia della Toscana dopo varj ragionamenti e confutazioni cos> si
esprime « senza far questione di parole , egli é certo che nel Se
colo XIII. esisteva in Pisa uno studio di Giureconsulti ed un col
legio di arti. Nel medesimo tempo esistevano in Arezzo in Siena
ed a Pistoja simili studj » , riteniamo adunque che questi studj fos
sero meglio organizsati nei Secolo XIV., per cui divennero vere Uni
versità , e senza fare una questione di precedenza si può dedurre
essere quella di Siena e di Pisn quasi contemporanee.
(2) .Si' dice per un' antica tradizione avvalorata ancora dal Gi-
r/ìi nel suo Diario ; che Cristoforo Colombo sia stato alunno di que
sta Università.
131
studio di Siena. In una cirrosl.inza gli studenti di Bologna diser
tando in massa da quella rniversità si ridussero a Siena. a ciò in
vitati dal credito che erasi acquistato quest'Ateneo. Coll' andar del
tempo cittadini commendevoii spinti da un patrio affetto vollero ar
ricchirla. legandoli dei fondi coi quati fu supplito al mantenimento dei
Professori e degli Impiegati. Fu corredata di una biblioteca aperta al
pubblico, ove si conservano ora circa 50,000 volumi stampati, e 2600
manoscritti: per lo studio della Botanica fu creato sotto la direzione
del celebra Mattioli un giardino di piante : le scienze mediche
ebbero un collegio dottorale, in una parola i mezzi di corredo fu
rono in seguito aumentati a seconda dei progressi delle scienze, e
tali cure sono tanto più da valutarsi, in quanto eoe le continue
guerre in cui trovossi la Repubblica imliegnata , e le interne agi
tazioni doveano distrarre dalle opere di pubblica uiilità non solo
i mezzi, ma le menti ancora di quelli che la governavano; ed é per
questo che non crediamo di essere animati da uno spirito muni
cipale , se abbiamo spese poche parole ad encomiare una isniuzio
ni. , che segna un' c{'oca di :progresso e di civiltà crescente , che
onora la patria nostra.
CAPITOLO SESTO

SOMMARIO

Castruccio Castracani — Diviene signore di Zucca ed occupa


Pist'jja — Gelosia dei Fiorentini — La lega Guelfa manda contro di
lui l'esercito — Battaglia d' Altopasc/o — Castruccio va sotto Fi-
reme — / Bolognesi si danno alla Chiesa — Aumento di fabbricati.
in Siena — Briga insorta fra il Potestà ed il Capitan di guerra dei
Senesi — Tragica fine di Giovanni da Sasso Ferrato — Firenze si
da per dieci anni a Carlo Duca di Calabria — / Senesi soccorrono
i Fiorentini — Gualtieri Duca d Atene — Giunge in Siena — Di-
mnnda la signarla della città per il Duca di Calabria — Vien ri
cusata — Truppe dsl He Roberto sbarcano a Talamone — Censo
della popolazione ordinato in Siena — Lodovico di Baviera Impera
tore di Germania — Viene a Milano — Prende la Corona di Ferro
— Priva della signoria Galeazza Visconti — L' Imperatore ajutato
da Castruccio viene a Iucca — Vanno insieme a Komn — // Duca
di Catabria parte da Firenze — /faccio Fogliani General dei Senesi
contro Montemassi — // Dura di Sangineto s'impadronisce di Pi-
Stoja — Castruccio lascia homo e torna a Pisa — Pone I' assedio
a Pistoja — Dopo un lungo assedio si arrende — Morte di Castruc
cio — / Senesi prendono Montemassi — Flotta Siciliana a Talamo
ne — // Bavaro assedia Grosseto — Morte del Duca di Calabria —
// Havaro s' insignorisce di Pisa e lucca — Carestia — Tumulto
della
— / plebe
disertori
in Siena
Tedeschi
— occupano
Pestilenza Iucca
— // —
Bavaro
La vendono
lascia la
alloTosrunn
Spino-

la — / Senesi distruggono il castello d'Ansedonia — Pace fra Senesi


f Pisani — / Fiorentini tentano di prendere Iucca — Giovanni di
lìoemia a Trento — Lo Spinala a lui dona la città di tocca — in
voluzione in Colle di Val d' Elsa — Nuove discordie fra Toìomri r
Salimbeni — I Fiorentini levano /' assedio a iucca — / Senesi van
iio contro i Conti di Santa Fiora — Lega Guelfo — GliMlina — /
Senesi contro Massa — Vendetta dei Salimbeni contro i Tolomci —
Pisani e Massctani battuti dai Senesi — Tregua — Inimicizia fra t
Mulavolti ed i Picco/omini — II Re Giovanni a Torino coll' armata
— h battuto sotto Ferrara dalf esercito della lega — II Re dì tiw
nun
fra ilasciù
Scin.sil' da
Italia
n;i«—putii:
Accordo
ed pronunziato
i Pisani e )l.iss<:tnni
dui Vescovo dultdiulti
IJue celebri Capitani fìtiurarono noi Secolo XIV: abbiamo ve
duto primeggiare l'gumonc dulia h'aggiola, elio sebbene b.issamcute
astuto non sapesse inalzarsi all' altezza dei sommi politici nel go-
veruo civile , pure fu valoroso in campo : ora verrà sulla grande
scena il rinomato Castruccm Castracani ili Lucca, quale seppe riu
nire ai presi iiuerrieri la sapienza politica.
Allorquando I.ncca si liberò, come abbiam detto . dalla tiran
nia di Uguceione , Castruccio languiva in una carcere per ordine
di Neri figlio del tiranno, che aveva divisato farvelo morire. Dalla
rivoluzione uon solo ebbe la libertà, ma seppe così bene far valere
il credito che crasi col suo merito acquistato , che ben presto di
venne signote della sua patria. I/. ninno di lui era predominato da
una smisurata cupidigia di dominio. Kgli possedeva le doti di un
conquistatore, e qualora avesse potuto disporre di maggiori mezzi,
aspirar poteva a divenire il più potente signore d' Italia , poiché
tanto era il di lui genio da emulare gli eroi dell' antichità (1).
Non contento della signoria di Lucca. per un trattato concluso
con Filippo Xedici, che poi fu suo genero, occupò ancora la città
di i'istoja. I Fiorentini allora incominciarono ad ingelosirsi della di
lui ambizione : richiesero l' ajuto dei Senesi, che gli spedirono 500
cavalli e 1200 fanti guidati da Pirozzo Malavolti, e ricevuti i con
tingenti delle altre città Guelfe , mandarono t' esercito comandato
dal lor Capitano Raimondo da Cordona alla volta di Pistoja contro
Castruccio, che era divenuto capo del partito Ghibellino in Tosca
na. Egli aveva fatto di più, erasi confederato con Galeazze Visconti
potente signore di Milano , che lo avea soccorso di armati sotto la
condotta di Azzo suo figlio. Quell'esercito della lega non fece sotto
Pistoja a4cun profitto , poiché Castruccio aveva saputo ben fortifi
carla , ed ogni tentativo d' attacco fu reputato infruttuoso , onde

(1) Egli non fu inferiore né a Filippo di Mnr.edonia padre di


Alessandro , né a Scipione di Homo. , e senza dubbio avrvblic supe
rato e l' uno e I' altro se in cambio di Lncca avesse avuto per sua
patria Macedonia o Roma.
Macchiavelli vita di Castruccio ec.
135
disperando dell' impresa e lasciando Pistoja , si recò contro il Ca-
stel d' Altopascio che si rese a patli ; i collegati si disponevano n
portarsi sotto le mura di Lucca, ma prevenuti da Castruccio, do
verono venire seco lui a giornata campale ; terribile fu la rotta dei
collegati (23 Settembre 132.i '. Il generai Raimondo da Cardona
con Guglielmo suo figlio , e Guido e Raimondo suoi nipoti furon
presi prigionieri; orribile fu la strage di quella giornata, poiché vi
rimasero morti una quantità di Capitani Guelfi; dei Senesi vi pe
rirono, oltre al Duce Pirozzo Malavolti, Vitellotto Hinaldini che por
tava 'lo stendardo , e molti di famiglie nobili furono fatti prigio
nieri. Pochi giorni dopo quella rotta i castelli di Cappiano, di Mon-
tefalcone, di Carmignano, ed Altopascio, che tenevano pei Fiorentini
si diedero a Castrucuio , quale incominciò a devastare tutto il
paese, si fece ricco di preda, e divenne temuto dai suoi nemici.
Seguitando la sua marcia vittoriosa si portò sotto le mura di Fi
renze , ove per dispregio fece correre due palii fra le derisioni dei
soldati che beffeggiavano i Fioreutini. Dopo poco levò il campo per
portarsi a Signa da dove devastava tutte le campagne all'intorno.
In olire i Senesi avevano mandato a rinforzare i Guelfi di Bologna
alcune schiere comandate da Giovanni Paparoni , ma queste colle
truppe del Re Roberto doverono ritirarsi dal castel di Monte.veglio,
e refugiarsi a Bologna , ove furono assediate da Passerino signor
di Mautova e Modena, e ne furono libere per l' avvicinarsi del Le
gato Pontificio con poderoso esercito, col quale erasi reso padrone
di Piacenza, Parma, e Reggio, per cui Passerino fu sollecito ad ab
bandonare quella fazione per tornare a guardia dei propri stati. I
Bolognesi allora conoscendo la propria debolezza, tanto più che erano
fra loro divisi di opinione sulla forma del governo , pensarono es
sere loro utile darsi alla Chiesa , e spedirono il decreto al legato
che allora trova vasi in Parma, che fu sollecito a prendere possesso
in nome del Pontefice di quel nuovo interessante acquisto. Ad esem
pio di Bologna diverse città della romagna si diedero egualmente
alla Chiesa, e cos'i essa divenne più potente . siccome aumentava
di mozzi per continuare con vigore la guerra contro i Visconti, ed
i C. HI Della Scala.
I Senesi dopo la vittoria riportata da Castruccio temerono che
volesse rivolgersi ai danni loro, perché avevano assistiti i Fioren
13G
tini netla guerra , ma furono immuni dalla di lui vendetta , poi
ché meditava più vasti prositi.
In Siena cresceva sempre la popolazione per'cui in quell'anno
<325 fu fabbricata la Porta Tufi, e fu ampliato il giro delle mura
della città fino a quel punto. Fu accresciuto il palazzo pubblico dalla
parte di Salirono onde alloggiarvi il Potestà , the poi fu chiamato
Capitati di Giustizia, talmenteché tre volte quel fabbricato fu in
grandito , ed il 23 di Decembre sul canto di detto palazzo iuco-
minoiarono a fabbricare la torre di piazza , detta poi la torre del
Mangia. Un' anno dopo fu incominciata la vasta Chiesa di S. Fran
cese*, di modo che non mancavano prove certe di crescente pub
blica prosperità.
Ebbe I uo«o una briga personale fra Francesco Manfredi di
Faenza allora Potestà, e Giovanni da Sasso Ferrato Capitan di guer
ra dei Senesi. Essa diede luogo ad uno scandalo che assumer po
teva un carattere sedizioso: poiché partitisi dal palazzo due dei
Nove accompagnati da rispettabili cittadini , cui stava a cuore la
interna pece, con animo di andare alla casa dei contendenti e con
ciliarli , furono attaccati per sbaglio dni soldati del Capitano alla
Costarella e si trovarono in grave pericolo, da doversi difendere
colle armi. Accorse il popolo, si fece zuffa: alcuni vi restarono feriti,
i due dei Nove furono salvati , e procedendo per le vie di giusti-
li» contro i delinquenti, il Capitan del popolo condannò il Capitaiì
della guerra al pagamento di 2000 fiorini d'oro colla comminazione
che gli fosse tagliata la testa se non li avesse sborsati fra venti
giorni ; la tassa fa sodi sfa ita col danaro , e quindi il Sasso ferrato
parti alla volta di Firenze. Tornando poi verso Siena , fu per via
assalito da Agnolo Tolomei , che era stato da lui bandito, e per
quanto il Sasso Forte si difendesse , e fosse ancor difeso da Paolo
Baglioni e da un' altro Perugino, pure vi rimase ucciso, e non gli
fu possibile salvarsi dalla vendetta serbatali dal Tolomei, tanto gli
animi erano allora arditi e feroci ; il cadavere portato in Siena fu
per ordine dei Nove e coi dovuti onori seppellito al luogo dei frati
predicatori in Camporeggi.
moltiDopo
altri un
fuorusciti
tal fattodatragico,
Colle di
saputosi
Val d'che
Elzalo eransi
stesso diretti
Tolomeiverso
con

P.iganico, la Bepubblica spedì colà dei soldati sotto la condotta di


137
Francesco Accarìgi, onde garantir quel luogo da una sorpresa: ma
saputo che andavano predando verso Grosseto , tanto furono dal-
l' Accarigi seguitati , .che in fi uè avendoli raggiunti li ruppe colla
morte di molti fuorusciti.
Quasi contemporaneameate a questo fatto, il Capitan di guerra
dei Fiorentini fu in una fazione superato e fatto prigioniero da Ca-
struocio presso Carmignano, per cui la citta di Firenze trovandosi
continuamente dal di lei nemico minacciata , quelli che la gover
navano pensarono di darne la Signoria per dieci anni a Carlo Duca
di Calabria figlio di Roberto Re di Napoli, onde la difendesse: e
siccome la paura fu sempre pessima consigliera, così fu questa una
misura imprudente per le conseguenze che ne derivarono.
Al tempo stesso fu dimandato soccorso ai confederati Senesi,
«d essi inviarono 350 cavalli sotto la condotta di Francesco Agiato
di Vanni Malavolti col gonfalone detla Repubblica ; lo stesso Mala*
volti fu nominato dai Fiorentini loro Capitan di guerra fino alla
venuta del Duca di Calabria.
Accettò il Duca la Signoria offertali , ma impedito per il mo
dre
mentoal di
comando
andaredia una
Firenze,
spedizione
siccomecontro
era stato
i Siciliani
destinato
, cosi
da visuoman
pa*

dava invece per suo Vicario Gualtieri Duca d'Atene Conte di Bren
na, francese di nazione. Egli giunse in Siena il 10 di Luglio, e nella
sua dimora domandò pel suo padrone la signoria della citta : ma
i Senesi per quanto deferenti dal Re Roberto, pure si chiamarono
scontenti della non provocata inchiesta , e venuto il popolo in so
spetto che da Firenze fossero partite delle truppe a sostegno delle
pretese del Duca, si levò in armi; furono chiuse le porte della cit
tà, tirate le catene ai capi-strada, e si disponeva ad attaccare lo
stesso Duca che era alloggiato nel palazzo del Vescovado. Scosso
da questo tumulto , e conoscendo che i cittadini erano in questo
unili , e non divisi come aveva esposto nella sua dimanda, chiese
di parlare al Magistrato ; dopo averlo inteso deliberò d' inviare la
domanda del Duca al Consiglio. All'adunanza si trovarono presentì
480 ciltadini dai quali fu deciso che per conciliare la libertà della
Repubblica coll' onore regio , il Duca di Calabria avesse per soli
cinque anni l' autorità di eleggere il Potestà di Siena sulla terna
che gli sarebbe proposta dal popolo, e che il litolo di Potestà fosse
13S
cambiato con quello di Vicario del Duca stesso, e che ad ogni rm-
nuovameato il uuovo Vicario dovesse giurare di mantenere le leggi
e statuti della Repubblica.
Il Duca d'Atene acquietato da questa concessione, prima di
partire dalla città persuase ad una tregua i Salimbeni ed i Tole-
tnei, che si mostrarono alle di lui conciliative istanze condiscendenti.
L'Armata che il Re Roberto aveva spedito in Sicilia non avendo
potuto colà intraprendere azioni di rilievo, venne verso Talamone,
porto del dominio Senese : alcune truppe che colà sbarcarono si
diressero verso il Castel di Magliuuo . che era dei Conti di Santa
Fiora, e se ne resero padroni; dopo avervi lasciato a guardia 100
cavalli, e 1.!iO balestrieri , fatti ricchi di un ragguardevole bot
tino se ne tornarono alle navi ; quindi fecero vela per Genova ,
ove si trovava lo stesso Re Roberto, reduce da Avignoue, e l'Am
miraglio Conte Novello del Balzo se ne partiva alla volta di Firenze
al servizio del Duca di Calabria.
l Mnssetani arbitrariamente si erano fatti padroni del Castel
di Montieri , ma fatta dai Nove intimazioue a quel Comune di ri
trattare. revocare e cassare ogni sottomissione che fosse stata estorta
a quei di Montieri , la questione restò aggiustata senza bisogno di
ricorrere alle armi. I Nove ordinarono pure in quell'anno 1327 un
censo delle famiglie che popolavano la città, diviso per terzi, e ne
resultò il numero di 11,711 divise in 59 compagnie o contrade,
nou comprese le masse , o contado di Siena , e dovendo fare cal
colo approssimativo della popolazione su quella base , ed ammet
tendo essere le famiglie in quei tempi numerose, ci sembra ragio
nevole di dare a ciascuna cinque individui invece di tre, come é
costume di molti , e così facendo , ne resulta una cifra di .'ix..'1'i."ì
abitanti , che a tanto crediamo potesse ammontare la popolazione
d' allora. Ciò premesso altrove ci convinn portare I' attenzione.
lira stato eletto Imperatore di Germania Lodovico Duca di Ba
viera. Il Petrarca ci ha lasciato il quadro fedele della ferocia del
suo carattere , quaudo parlando di lui dice :

Né v' accorgete ancor per tante prove


Del barbarico ingegno
Ch'alzando il dito con la morte scherza ?
139
Netta lunga guerra sostentita in Alemanna contro il di lui compe
titore al trono imperiale Federigo d'Austria, il Bavaro aveva date pro
ve della sua fiera immanità. Ora i Ghibellini volendo esser da lui soc
corsi, onde far fronte al Duca di Calabria, lo sollecitarono a scen
dere con un esercito in Italia. Essi sapevano di più che l' Impe
ratore dopo aver vinto il suo rivale si disponeva a venire a Roma
per farsi colà incoronare <:ontro la volontà del Papa Giovanni XXII.
che l' aveva scomunicato.
Èra naturale che Castruccio destro qual' era , non avrebbe
perduta questa circostanza per far causa comune col Bavaro, o per
trarne tutto quel partito che all'ambizione sua presentavasi.
Intanto egli non cessava di tenere in continuo allarme la parte
Guelfa di Toscana , per cui il Pontefice , vedendo il pericolo , vi
mandava per suo legato il Cardinale Orsini eon buon numero di
genti d' armi.
H Bavaro ghinto a Milano prese ìa corona di Ferro per le roani
di Guido Tarlati Vescovo e signore d'Arezzo, ed imposta una tassa
esorbitante sopra Galeazze Visconti sotto frivoli pretesti, lo privava
della Signoria, .e lo faceva sue prigioniero per la impossibilità del
pagamento, e tale fu la meritata ricompensa che ebbe il Visconti
dall' avere all' Imperatore aperta la strada, e favorita la di lui di
scesa in Italia.
Questo fatto destò un generate spavento per tutti li stati. Il
Legato Apostolico appena giunto in Firenze scomunicava Castruccio,
ed il Vescovo d'Arezeo, privando questo anche del Vescovado. Fu
allora che ti Vescovo dopo un vivo alterco con Castruccio alla pre
senza del Bavaro , abbandonava quella Corte, e tornandosene per
la via della maremma cadde malato nel Castel di Montenero nel
dominio di Siena , ove morì dando segni di pentimento dei falli
commessi.
Coll' ajuto di Castruccm l'Imperatore per la via di Pontremoli
venne a Lucca , e quindi s' impadronì di Pisa. Cola il Bavaro
volle ricompensar Castruccio dei servigi pi estati, e lo intitolò Duca
di Lucca , di I. uni. di Pistoja e Volterra. Restituì pure la Signoria
ai Visconti di Milano , e pieno di sdegno contro i Fiorentini ed i
Senesi per avergli negato il passo pei loro stati, prendendo la via
della maremma recossi a Roma in compagnia di Castruccio.
In questo tempo il Duca ili Calabria che era stato 18 mesi in
Firenze, se ne pai O per Napoli , chiamato da suo padre, onde at
tendere alla difesa del Regno. Passando per Siena non fece alcuna
innovazione a quanto era stabilito. Lasciò in Firenze suo Capitano
e Luogotenente il Duca di Sangineto , ed a Siena per suo Vica
rio LICI mino di Buonifazio da Pozzuolo di Brescia. Quei soldati che
erano stati lasciati a custodia del Castel di Magliano, lo abbaudo-
uurono, e nel partire lo diedero alle fiammeì quale fu poi restaurato
dai Conti di Santa Fiora che tornarono ad impossessarsene.
La parte Ghibellina per la presenza in Italia del Bavaro e per
la potenza di Castruccio , e la partenza del Duca di Calabria te-
nevasi sicura del trionfo. Fatti audaci i figli di Biadino signore di
Sticciano si erano dati a scorrere il puese rubando ed assassinando
a guisa dei masnadieri. Il Comune di Siena fu obbligato a spedire
contro il Castel di Montemassi il suo Generale di Guerra Guido di
Riccio Fogliaoi di Reggio con gente armata, ma avendo trovato il
castello assai forte, divisò di assediarlo sembrandoli impresa peri
colosa il prenderlo d' assalto ; fece perciò costruire un battifolle ,
ossia bastione , di fronte alle mura , e degli steccati di legname
all'intorno continuamente guardati dai soldati per impedire qualun
que comunicazione agli assediati , affinché non ricevessero vetto
vaglie , la di cui mancanza li avrebbe obbligati alla resa. Mentre
queste cose accadevano nel Senese . fatli più importanti altrove
si consumavano , poiché il Duca di Saugineto profittando dell'as
senza di Castruccio, partitosi da Firenze, s'impadronì con un colpo
di mano di Pistoja. La guarnigione di Castruccio che non erasi po
tuta sostenere neppure nella fortezza ritirossi a Seravalle, ma l'ar
mata di Sangineto , composta la maggior parte di borgognoni, abusò
orribilmente della sua vittoria, saccheggiando per dieci giorni la
ciliii senza risparmiare i Guelfi come i Ghibellini, e rilasciata ognt
disciplina si rese incapace alla difesa di quella città.
Castruccio ebbe questo tristo annunzio mentre era alla inco
ronazione del Ravaro , per cui senza frapporre indugio si diresse
alla volta della Toscana con 1000 cavalli e 1000 arceri, che aveva
rondoni al seguito dell' Imperatore : giunto a Pisa si appropriò il
prodotto delle gabelle , ed estorse nuove contribuzioni , senza ri
spetto ad un Luogotenente che il Bavaro avea colà lasciato a rap
ui
presentare la Imperatrice a cui aveva donata ta sovramtà di Pisa.
Fatti i suoi preparativi mise l' assedio a Pistoja con i iute le forze
che a lui fu possibile riuuire , e dopo molti travagli sofferti il 3
d'Agosto 1328 quella piazza per mancanza di vettovaglie a lui si
arrese.
Fu vergogna dei Fiorentini il non averla in qualche modo soc
corsa, tanto più che avevano riunito un esercito coi contingenti delle
città Guelfe confederate , ed i Senesi vi aveau mandato i loro ar
mati sotto il reggimento di Incorno Saracini. Queste truppe si av
vicinarono a Pistoja , ma nulla intrapresero contro Castruccio , e
si limitarono alle devastazioni d' uso nel Pisano, e nel Lucchese.
Le fatiche nuli' assedio durante i calori estivi avevano tal
mente indebolita la satute di Castruccio , che giunto trionfante a
Lucca vi cadeva malato, e dopo pochi giorni dovette soccombere ad
una infezione febbrile, di cui morirono ancora dei suoi commilitoni.
Quasi contemporaneamente sorpreso dall'epidemia nella Rocca
di Pescia, moriva Galeazze Visconti, che per quanto fosse stata a
lui restituita dall' Imperatore la Signoria di Milano, pure decaduto
dalla sua grandezza militava sotto le insegne del Bavaro. La morte
di Castruccio liberava la Toscana dal pericolo di cadere sotto il di
lui dominio , mentre la sua fama, la sua esperienza guerresca, le
sue vittorie , l' ajuto del Bavaro , davano a lui un prestigio , una
preponderanza, atla quale i di lui nemici avevano pochi mezzi da
opporre. Egli fu grande , ma fu ancora crudele : tradì gli amici
stessi , poiché predominato da immensa ambizione disprezzò tutti
i riguardi che alle sue tendenze si opponevano: non ostante questi
vizi , egli si presenta il più ragguardevole personaggio dell' epo
ca sua.
I Senesi che avevano tenuto l'assedio per tanto tempo a Mon-
tcmassi , mancando alfine le vettovaglie agli assediati , 1' ebbero a
patti , e sul dubbio di essere attaccati dalle forze di Luigi di Ba
viera at suo ritorno da Coma, (mentre sembrava rinunziasse alla
conquista del Reame di Napoli) si prepararono alla difesa: ma la
morte di Castruccio liberava la città da ogni pericolo.
L'Imperatore riprese la via della maremma, quando una tlotta
siciliana sotto il comando di Don Pedro figlio del Re Federigo giunse
avanti Talamone , e sbarcate colà delle truppe lo saccheggiarono ;
142
la stessa infelice sorte ebbe Orbetello. Quivi si abboccò eoa Luigi
di Baviera. In questa conferenza reciproca mente si rampognarono
di lentezza nell' oprare contro Roberto Re di Napoli ; ma siccome.
il Bavaro aveva saputo presso Grosseto la morte di Castruccio, ed
opinando, che privo del di lui appoggio non poteva altrimenti at
tuare i suoi progetti, furono d'accordo nel rimetterne la esecuzione
ad altra circostanza; dopo di che quello truppe sbarcate tornarono
alle loro navi. che salparono da quei lidi.
Il Bavaro mise l' assedio a Grosseto: ma già quella piazza era.
stata in tempo soccorsa dalle truppe Senesi, per cui la guarnigione
si difeso virilmente ed i replicati assalii furono respinti: e saputo
che il figlio di Castruccio erasi di Pisa impadronito, dopo la morte
del padre , l" Imperatore a quella volta se ue partiva.
Morì. pure in quell' epoca il Duca di Calabria. e questa circo
stanza liberava i Senesi dulia presenza di quel sue Vicario, di cui
non erano adatto contenti ; pure spedirono in qualità di ambascia
tore Francesco Malavolti e Nuncio Aldobraudini al Re Roberto, per
condogliarsi della morte del di lui figlio. Il Bavaro ben presto di
menticò' i sommi servigi che a lui aveva reso Castruccio, poiché
insignoritosi di Pisa e di Lucca ne discacciò i figli del defunto,
estorse danari da quelle popolazioni , e per quanto le imposte di
cui le aggravò fossero eccessive, pure non bastarono a tar le pa
ghe arretrate ai suoi soldati , per cui 800 tedeschi si ammutina
rono, od inaspettatamente partirono da Pisa con animo d' insigno
rirsi di Lucca : ma prevenuti, non. poterono il loro progetto adem
piere, e si contentarono di ritirarsi nella montagna, in un luogo detto
Ceruglio che Castruccio aveva reso forte: e di Ih taglieggiavano tutto
il paese con danno e timore delle popolazioni. Il Bavaro spedì a trat
tare seco loro accordi Marco Visconti, quale fu ritenuto iu ostaggio.
Una orribile carestia- afflisse tutti gli stati dell' Italia non che
la Toscana nell'anno 1329. In Siena il Magistrato dei Nove aveva
prese le consuete misure per provvedersi dei grani oltre mare; lo
spedale distribuiva giornalmente per carità ai poveri del pane, mu
il numero crebbe a segno, che un giorno il genere non bastava a.
contentare tutta la turba immensa dei richiedenti: tanto servì per
ché quella plebe prorompesse in lamenti ed imprecazioni, e man
dando grida spaventevoli si diresse verso la Piazza del ( .ampi
in
quivi derubò e manomesse tutto quanto si trovava. Venne il Po
testà ed il Capitan della guerra coi soldati : gli ammutinati fecero
armi dei legni e dei sassi , e si opposero arditi alla forza pubbli
ca : per altro molti ne furono arrestati : intanto lo Spedale sup
pliva alia mancanza con nuovo pane in fretta apprestato ed il tu
multo a stento si sedò. In seguito la carestia divenne più orribile,
specialmente nelle campagne: non pochi morirono di fame. Il Mata-
volti ci dice, che il grano costava un fiorino «foro lo sfaro nel
contado. — In Siena f» posto il prezzo soldi 50 di soM 71 che valeva
il formo rf oro : e siccome la pubblica economia. si fondava sopra
falsi principj , così credendo di fare il bene, producevano il male
con adottare sistemi proibitivi che impedivano il libero scambio, e
molti trasgressori furono puniti cell' applicazione di leggi improvi-
de , e contrarie at ben essere dei popoli.
Gli eccitatori di quel• tumulto furono processati , ed otto ne
impiccarono come perturbatori della pubblica quiete. In fatti fu
provato essere stata la plebe incitata a rivolgersi contro i palazzi
dei signori , ove le sr faceva credere che avrebbe trovata grande
quantità di grano da satollare le sue miserie. Questi fatti deplo
rabili tutti si somigliano, ed in ciascuna circostanza ricompariscono
li stessi vizi , siccome gli uomini sono predominati sempre dalle
stesse passioni.
Alla carestia , eausa di tanti patimenti , e di tante privazioni
nei campagnoli e nella plebe minuta , suoi succedere la peste; in
fatti ciò accadde in Siena. I Cronisti e specialmente Giovanni Dei
citano che in quell' Decorrenza Gipvanni di Tese Tolomei , Rettore
dello Spedale della Scala fu tergo di benefizi e di opere di carità
verso i bisognosi. Medici e medicine ed in città e fuori spediva ove
la necessità lo richiedesse , e queste beneficenze fruttarouo assai
allo Spedale, perché non pochi cittadini rammentando quei bene
fizi, quelle generose etargizioni, fecero nei loro testamenti cospicui
legati per rimunerarle , e così quel pio stabilimento venne a ri
trarre un frutto delle opere pie esercitate verso i poveri a cura
di quel commendevole cittadino che lo reggeva.
Lodovico il Bavaro si partiva di Toscana lasciando il suo An
tipapa a Pisa , quale poi cadde in potere del Pontefice Giovanni ,
ohe lo tenne lungamente in carcere. Quella partenza fu dannosa
U4
al partito Ghibellino, che non poté realizzare alcuno di quei van
bardia
taggi di, senza
cui allanulla
sua intraprendere
venuta erasi , lusingato.
se ne tornò
Traversando
in Alemagoa,
la J_om-
ove

fu colle consuete formalità incoronato Imperatore.


I Fiorentini a quell' epoca tornarono in pace coi Pistojesi , e
Siena spediva in servizio del Comune di Firenze Mino d'Andrenc-
cio con buon numero di armati per tentare l' impresa di Monteca-
tini , che infatli più tardi si arrese.
I Tedeschi che fransi ammutinati contro il Bavaro a Pisa, fi
nirono per occupare Iucca; e per rimborsarsi dei loro crediti trat
tarono la vendita di quella città ora coi Pisani, ora coi Fiorentini,
di modo che nella concorrenza crebbe l' odio di queste due città
che si disputavano quell' acquisto; finalmente i Tedeschi la ven
derono o Bernardino Spinola Genovose per trentamila fiorini , e
così non. l' ebbero né i Fiorentini né i Pisani ; trista condizione di
tempi , in cui pochi briganti potevano disporre a voglia loro delle
sorti di un popolo. mettendbne i destini sopra uua bilancia a fronte
di qualche migliaja più o meno di fiorini ; misera Italia ! come ti
hanno straziato le impolitiche discordie degli avi !
Moltiche nelle passate guerre si erano assuefatti a viver di quel
d'altrui. ora mancando chi gli assoldasse eransi ridoni in marem
ma , e fortificandosi nel Castello d' Ansedouia vicino al mare , as
sassinavano, uccidevano i viandanti, ed erano oUremodo molesti
e pericolosi a tutta quella provincia. A purgarla dalle turbe di
questi malfattori la Repubblica fu costretta a spedirvi le sue trup
pe sotto la condona di Francesco Accarigi , ed Auselmo Pelacani,
quali facendo la caccia a quei ladroni molti ne presero: e distrug
gendo dalle fondamenta il Castel d' Ansedonia, avanzo di una ve
tusta ci Uà , loro tolsero il ricovero da dove spingevano le loro
escursioni ; ebbero ancora i Senesi in quell' occasione la sottomis
sione di Gaddo d'Elei per i capitoli stipulati li 39 Marzo 1330.
Accordarono ancora la ciltadinanza ai Conti Paunocebieschi , me
diante la cessione che essi tornarono a fare del Castel di Travale
e di quello di Castiglioni : e dai Conti Aldobrandeschi comprarono
l'altro di Sassofono. Il 12 di Luglio di quell' anno stesso fu con
clusa in Volterra la pace fra i Senesi , ed i Pisani colla reciproca
abolizione volontaria di tutti i privilegi ottenuti dull' Imperatore
un
Enrico VI. ma questa pace non impedì una nuova e sollecita rot
tura , poiché i Fiorentini pentiti di noe aver comprata dai Tede
schi la città di Lucca, tosto che la videro in possesso dello Spinola
deliberarono di conquistarla , uon ostante che loro venisse offerta
per quarantamila fiorini.
Vi mandarono dunque l' esercito. L' impresa fu assai più dif
ficile di quanto eransi immaginati . non ostante che la parte Ghi
bellina fosse umiliata ed abbattuta in tui i" Italia. l'assedio durava
da molti mesi, quando sopravenne una circostanza impreveduta ad
alterare tutti i progetti e tutte le speranze.
Essendo venuto a Trento il Re Giovanni di Boemia, figlio del-
l' Imperatore Enrico che morì in Buoncon vento, la cittìi di Brescia
di parte Guelfa , che per conto del Re Roberto era governata da
Francesco Agiato de' Malavolti di Siena , presa dal timore che a
quella popolazione incutevano i suoi fuorusciti Ghibellini, spedì al
Re Giovanni ambasciatori pregandolo a volerla prendere sotto la
stia protezione e difenderla dai pericoli da cui era minacciata.
L' offerta fu gradita dal Re Giovanni , e tanto si adoprò che
riuscì a conciliare i Guelfi coi Ghibellini. Quest' esempio invaghì
Bergamo , ed altre città di Lombardia a fare altrettanto, e lo Spi
nola stesso per dispetto dei Fiorentini, e col consenso dei Lucche
si , donò allo stesso Re quella citta. Egli che aspirava al principato
della Toscana afferrò l' occasione propizia che a lui si presentava,
e spediva ambasciatori a Firenze , onde intimare a quel Comune
che levasse l' assedio a Lucca, poiché in caso contrario intendeva
difenderla colle armi , essendo essa divenuta sua proprietà; e sic
come i Senesi avevano unite le loro genli a quelle dei Fiorentini
ricevevano eguale intimazione, alla quale per allora fu risposto in
un modo evasivo , onde prendere miglior consiglio dal tempo , e
dalle circostanze.
Non vi é terra ed angolo d'Italia che non ricordi qualche fatto
straordinario degno di esser dalla storia rammentato.
La terra di Colle di Val d'Elza si governava liberamente
ad esempio delle città Toscane . quando giunto alla carica di Ca
pitano Albino Taneredeschi valendosi di modi fraudolenti giunse ad
usurpare un potere arbitrario. Stanco il popolo dalle sue tirannie
d 10 Marzo 1330 lo assaltò nel suo paldzzo , e dopo ostinata pu-
10
Ufi
gna rimase ucciso ; e due suoi fratelli , l' uno chiamato Angelo fu
egualmente morto , e l' altro per nome Defe , dopo lunga e valo
rosa difesa fu ferito , e fatto prigione ; alcuni dicono che morisse
di veleno nel carcere , attri che si fosse strangolato , così i Colli
giani riconquistarono la loro libertà.
La tregua che ad insinuazione del Duca d'Atene aveano fatta
i Salimbeni ed i Tolomei fu di breve durata , poiché scontrandosi
presso Torrenieri Pietro ed Ottavianozzo Tolomei con alcuni di casa
Salimbeni , furono questi improvisamente attaccati dai loro avver
sari , e vi rimasero uccisi Ranuccio ed Alessandro Salimbeni: que-
st' assassinio fu una vendetta della morte di Mino , e di t'orniio
Tolomei che erano stati uccisi in casa Salirubeni, e così di reazione
in reazione gli odj divenivano implacabili ed ereditarj. Saputosi
l' eccidio in Siena nacque forte tumulto , ed accorrendo gli ade
renti dell' una e dell' altra famiglia , minacciavano di venire alle
vie di falto. La forza pubblica poté quietare la sedizione, e Pietro,
ed Oltaviauo Tolomei dichiarati assassini furono banditi in perpetuo
dalla Patria ; essi si refusarono in Ferrara.
Il Re Giovanni dopo la fatta intimazione si disponeva a soste
nerla colle armi , qualora fosse stata , conforme prevedeva . dai
Fiorentini disprezzata. Riunito un poderoso i.sorci to lo inviava iu
soccorso degli assediati Lucchesi. Quando i Fiorentini sentirono av
vicinarsi quelle truppe con vergogna loro, e di lutte le città Guelfe
di Toscana levarono l' assedio.
I Lucchesi onorarono i nuovi venuti, come lo Spinola che par
tiva di là : i primi perché gli avevano liberati da grave pericolo,
l' altro perche aveva addimostrato e carattere fermo e generosità,
con che aveva di gran lunga superata l'astuta politica dei Fioren
tini. Essi per altro tornarono coir esercito a far guerra , e Lucca
fu difesa da Piero De Rossi di Parma Vicario del Re Giovanni, ma
vedendo di non poterla più a lungo tenere dopo la partenza dal.
l' Italia del suo Signore la donò a Mastino della Scala Signore di
Verona, e scito la di lui egida fu difesa ancora, finché scontento
il De Rossi per la presenza di altri Capitani , colà mandati dallo
stesso Mastino. si dimesse; allora passò al servizio dei Fiorentini ,
e di lui si valsero nella guerra che i loro collegati Veneziani fecero
contro Mastin della Scala ; finalmente mori in una fazione combat
tendo valorosamente.
U7
Fin da quando le truppe che erano coi Fiorentini tornarono
in città in conseguenza di aver levato l' assedio di Lacca , i Se
nesi mossero guerra ai Conti di Santa Fiora , perché avevano in
quel tempo infranti i capitoli colla Repubblica. Guido di Riccio t.o-
gliani generale di guerra tolse ai Conti le terre di Scansano, e di
Castel del Piuno, ed assediò l'altra d' Arcidosso, finalmente il 7
di Agosto del 1332 avendo battuti 250 cavalli, che il Re Giovanni
aveva inviati in soccorso dei Conti, essi mandarono a Siena i;lòroi
Sindaci a chieder pace e l'ottennero, concedendo la metà della Si
gnoria della terra, cassero, corte, e distretto d'Aroidosso: l'altra
metà restò in potere dei Conti lacomo e Pietra, che la venderono l'an
no appresso alla Repubblica per 10,000 fiorini d'oro; venderono
pure la terra di Castel del Piano per il prezzo di fiorini d'oro. SODO,
per
stel lo
delchePiano
i Senesi
; e quei
presero
cavalli
legittimo
del Repossesso
Giovanni,
di Arcidosso
che per non.
e didarsi
Ca-

prigionieri cercarono di salvarsi per la via della maremma, diedero


nell' Accarigi Capitano a guardia di quella provincia, e furono tutti
presi con armi o bagagli , ed essi coutenti di aver con questo sa-
crifizio ottenuto la loro libertà.
. Senza che se ne 'conoscessero le vere cause ebbe luogo un ab
boccamento in un certo luogo tra Modena e Bologna fra il Legato
Apostolico Bernardo del Poggetto che risiedeva iu quest'ultima città,
ed il Re Giovanni che era a Parma. Essi separaronsi con segni
di reciproca cordialità , quindi il Re Giovanni , dopo esser tornato
in Germania, andò in Avignone a conferir col Papa.
Nacque forte sospetto in tutta Italia che si trattasse di un pro
getto di conquistare la penisola tutta, e dividersela, per spegnere
così ambedue i partiti, tanto il Guelfo come il Ghibellino, e togliere
ai Muuicipi le loro libertà , e la loro indipendenza.
Accadde però quanto la prudenza, il savio consiglio non ave
va fin allora potuto operare. Si riunirono i due partili in un sol
volere, e formarono una lega, nella quale ciascuno incorse nei se
guenti obblighi . nel caso in cui i respettivi contraenti si trovas
sero in una guerra impegnati, e convennero, che Mastin della Scala
che avt?a difesa in Lombardia la parte Ghibellina contribuir vi dor
vosse con 600 cavalli.
Azze Visconti Signor di Milano con altri 600.
us
I Carrara Signori di Padova con 400.
I Principi di Ferrara con 200 . con 200 i Signori di Mantova.
II Re Roberto con 600 , e con eguai numero le città Guelfe di
Toscana : noll' obbligo inoltre di accrescer respettivamente queste
forze a seconda dei bisogni , e delle eventualità che nascer potes
sero nel corso degli avvenimenti. Un fatto così straordinario é da
notarsi nella storia d' Italia , siccome da questo apparisce uno di
quei lampi di sana politica, che in mezzo a tante aberrazioni delle
menti poteva assai influire sui futuri destini di un popolo trava
gliato da un principio dissolvente, che ne decomponeva la immensa
viuilità; ma per sventura il male era troppo inveterato perché po
tesse da un rimedio casuale esser vinto: la falsa politica aveva di
troppo la ragione ottenebrata.
Mentre tali fatli importanti si succedevano , i Massetani. che
por la perdita del Castel di Gerfalco contro i Senesi conservavano
rancore , si collegarono colla città di Pisa , credendo favorevole la
circostanza per riacquistare, quanto in forza dei capitoli convenuti
avevano alla Repubblica di Siena ceduto. Onde si staccarono dal-
l' amicizia dei Senesi, quali furono costretti a mandar l'esercito ,
che era verso Arcidosso, nel contado di Massa, ed in poco tempo,
furono presi i Castelli di Pcrolla , Monterotondo , e Colonna, men
tre vari altri volontariamente si sottomettcvano; per allora non
vi furono ulteriori resultati.
Non ostante la sodisfazione ottenuta dalla giustizia col bando
dato dalla patria contro i Tolomei , i Salimbeni meditavano una
vendetta ; ed essendosi messi in aguato perché seppero che Fran
cesco Tolomei con Cai.luccio di lui figlio , ed un suo nipote dove
vano andarsene a S. Giovan d'Asso, gli assaltarono improvisamente,
e con poca difficoltà gli uccisero : vi rimase morto ancora Pietro
di Francesco Piccolomiui che nel tumulto non fu conosciuto, e così
queste reazioni portavano gli uomini a nuovi esecrabili delitti che
turbavano la società.
Continuava la guerra con Massa , ed era governato l' eser
cito dei Senesi da Guido di Riccio Capitan di guerra , quale te
nendo delle segrete intelligenze in Massa era stato lusingato dagl'in
terni cospiratori di ottenere una porta della città : a tale effelto
lece avvicinare con altre truppe Moncada di Gabbrielle Piccolomiui,
149
onde farsi da quelle sostenere; ma il piano rimase frastornato: bensì
questa unione dei due corpi non fu sv:mtaggiosa, poiché i Pisani messo
insieme un esercito , si erano recati presso Giuncarico , divisando
di attaccare i Senesi simultaneamente coi Massetaui e romperli. Il
14 Decembre 1332 vennero a battaglia , e dopo fiera pugna i Pi
sani ed i Massetani furono dalle armi senesi battuti : ed oltre a
tanti morti e feriti da una parte e dall'altra vi rimase prigioniero
Bino della Rocca generale dei Pisani con 200 altri prigionieri , e
sei Capitani che allora chiamavansi ('(instabili ; questi furono tutti
condotti a Siena con sei bandiere conquistate ai nemici , che for
marono il più bel trofeo della vittoria. Facile allora era divenuta
la conquista di Massa . tanto più che mancava di vettovaglie : ma
quelli che governavano atlora in Siena avevano interesse a man
dare in lungo la guerra , onde trar da questa motivo di aggravare
il popolo di tasse, e continuare il dispendio sul quale essi con fraude
guadagnavano , per cui fu accordata ai Massetani una tregua di
due mesi, nel qual tempo ebbero campo di provvedersi di vetto
vaglie , e di soldati.
Terminata la tregua si seppe che Ciupo Scolari , che aveva
rimpiazzato Dino della Rocca nel comando dell'esercito Pisano era
giunto a Mussa con molte truppe ; allora Guido Capitano dei Se
nesi si partì coll' esercito a quella volta, e fece bandire che i ba
lestrieri della citta e del contado seguissero le sue bandiere (erano
circa a 6000 a piedi ) e fece comandar la vendita (2).
Una fiera inimicizia sorse in quel tempo fra le famiglie Ma
lavolti e Piccolomini , perché alcuni giovani dell' una . avendo li.
armi mentre si disponevano a partir per la guerra. presero briga
con alcuni dell' altra alla Croce del Travaglio presso la loggia dei
mercanti e vennero alle mani. Meo di Niccolò Malavolti ferì grave
mente N'addo di Bonuccio Piccolomini , e da questo fatto ne susse
guirono altri omicidi, poiché gli odj privati passavano di genera
zione in generazione.
Ciupo Scolari intanto partito da Massa, invase il territorio Se
nese, prese alcune castella, e si spinse fino a Rosia poco lungi

fi) Per la vendita s'intendeva In. facoltà data ai


mercanti, rivenditori di seguir ttsercfto per vffv'ere a: s .•
loro poteva orrorrer? in t'/wn' ed nl/i.n
f50
dalla città , bruciando e predando tutto il paese che percorse. Il
generate Senese lo seguiva coll' esercito da vicino senza tentare al
cuna (azione , quasiche si compiacesse in vedere quello scempio
fatto dai nemici. Non potca esser viltà perché d' animo valoroso,
e le forze che comandava erano superiori a quelle dell'avversario.
La di lui condotta adunque fu severamente criticata : l' opinione
l' accusava di segrete intelligenze col nemico, ma i meglio informati
dicevano che il governo della città aveva a lui imposto di non az
zardare un fatto decisivo , ed aggiungevano ancora esser quest'or
dine dettato da quell'interesse stesso che consigliò l'impolitica tregua
coi Massetani. L' esercito nemico adunque imbaldanzito dal conte
gno indifferente del Duce senese continuò le sue depredazioni fin
ché condottosi in quel di Voltcrra sane e salvo e carico di preda
tornossene a Massa.
Il Capitano dei Senesi ebbe rossore delle sua viltà , per cui
si recò nelle terre di Pisa , e le devastò, per ritornare più carico
di bottino , che di gloria. Ma lasciamo per un momento la Tosca
na, giacché l'ordine vuole die si parli della lega Guelfa-Ghibellina.
Il Re Giovanni partendo da Avignone, ov' erasi trattenuto per
quindici giorni in segrete conferenze con Giovanni XXII. se ne
torna .a Parigi per adunare i soldati che promesso gli avea il Re di
Francia, ed in Gennajo del 1333 giunse a Torino con un armata
composta del fiore della cavalleria francese. Filippo di Valois gli
avea prestati contornila fiorini d'oro per capitanar quella gente;
con quest'armata intendeva mandare ad effetto i suoi progetti sul
l'Italia. Il Legato del Papa sentendolo vicino aveva attaccato il Fer
rarese , avea rolto e fatto prigioniero ( 16 Febbrajo) a Cousandoli
il Marchese Niccolò d' Este, e dopo questo fatto avea intrapreso
t'assedio di Ferrara. Ma l'armata della lega venne introdotta nella
città prima che il Legato potesse impedirlo. Questa facendo una
•vigorosa sortita dalla parte opposta a quella per cui era entrata
ruppe il 14 Aprile 1333, l' armata della Chiesa, che aveva già ri-
cevuto il rinforzo di 60U cavatli della Linguadoca comandati dal
Conte di Armdgnac , che vi rimase prigioniere . con Galeotto Mala-
testa di Rimini, Alamanno da Lucca, Ricciardo da Faenza, Fran
cesco Sinibaldi di Fora, il figlio del Conte Ruggiero dei Conti Gui
di , e col nipote dello stesso Cardinal Legato di Bologna. Costoro
m
essendo stati rilasciati senza taglia (avendoli il Legato negati i sus-
sidj per liberarsi), tornarono in Romagna a rivoluzionare ciascuno
le loro città, che furono allora perdute alla Chiesa; così la fortuna dei
due alleati cambiò, quando credevano di potere assoggettare l'Italia.
In quella sera in cui il Generat dei Senesi tornava dalla de
vastazione dal Pisano, trovò appunto che iu mezzo al giubbilo ge
nerale la popolazione festeggiava la vittoria di Ferrara riportata
dall' esercito della lega . alla quale i Senesi aveano somministrato
il loro contingente.
Tante perdite fecero si, che il Boemo rinunziasse ai suoi am
biziosi progetti, onde estorte quelle maggiori contribuzioni che gli
fu possibile, vendeva alcuni principati, di cui disporre potea ai più
opulenti Signori che a dominarli aspiravano, e così ai Rossi , Parma
e Lucca per 3o,000 fiorini , Reggio alla Casa di Fogliano , Modena
a quella dei Pii , Cremoua a Ponzino Pouzani, e riuniti i suoi sol
dati . con essi mandò suo figlio a governare iu Roemia . ed Egli
riunissi a Parigi , vago non più della gloria delle pugne, ma della
effemminatezza di quella corte, ed il 15 d'Ottobre del 1333 la
sciava l' Italia.
Intanto la importanza dei partili Guelfo e Ghibellino aveva ce
duto di fronte ad un interesse di equilibrio politico: che era dive
nuto la prima necessità sentita in quel secolo: e dopo la partenza
del Boemo , e la mala prova fatta, il Papa si accorse che era en
trato in una via falsa . e procurò di riprendere l' ascendente che
aveva perduto sopra i Guelfi di Toscana, e presso il Re Roberto.
Fu allora che egli volle mischiarsi delle differenze esistenti fra i
Senesi ed i Pisani a proposito della guerra di Massa. ed ordinò al
Vescovo di Firenze di farsi mediatore , onde trattar la pace fra
quelle due Repubbliche , e troncare quelle discordie che avrebbe
ro potuto un'altra volta turbare la quiete della Toscana. Il Vescovo
fece intendere alle parti belligeranti che desistessero dalPoffendersi
reciprocamente , ed i Senesi quanto i Pisani furono d' accordo di
rimettere al di lui giudizio lo loro differenze , e dopo avere intesi
gli ambasciatori speditili , tolse ai Pisani la città di Massa, prima
origine di quella guerra , tolse ai Senesi le castella conquistate ai
Wassetani , fece liberare i rcspettivi prigioni , ed il 25 Settembre
1333 fu ratificato iu Firenze il suo lodo. e la pace fu ristabilita.
CAPITOLO SETTIMO
•^
SOMMARIO

Alluvione di Firenze — Morte di Mafia — / Senesi occupano


Grosseto — Vi fabbricano una fortezza — Assassinio di Regolmo
Malavolti — II legato di Bologna é battuto dal popolo — / Senesi
favorevoli a quella rivoluzione — Ingrandimento della .Piazza del
Campo — Nuova lega Gue.lfa — Fuga da Siena deli Abatino di Bino
degli Abati — Raggiunge le truppe Pisane — Riprende Grosseto —
Esercito Senese a Massa — Perugini e Senesi contro Pier Saccone
— / Senesi pongono I' assedio a Grosseto — L' abbandonano vergo
gnosamente — L'Abatino a Grosseto — Si tratta la pace — L'Abatino
fa uccidere barbaramente i prigionieri Senesi — Si rfa alla fuga —
Arezzo donato da Pier Saccone ai Fiorentini — Congiura scoperta
in Massa — Peste e carestia del 1339 — Patriottismo di Buoncon-
te di Meo — Cittadinanza Senese accordata ai Conti di Santa Fiora
— Lega fra Senesi e Fiorentini confermata nel Costei di Staggia —
Possesso di Iucca ambito dai Fiorentini — / Pisam gliel contrasta
no — L' esercito Fiorentino é rotto — Omicidi in Siena — / Fio
rentini tornano in campo contro i Pisani — Dubbia condotta del Ma-
latesta da Rimini lor generale — È rimpiazzato da Gualtieri Duca
d' Atene — Iucca si arrende ai Pisani — il Duca rf7 Atene ottiene
la Signoria di Firenze — Fa io pace coi Pisani — Duca Guarnie-
ri Capitan di ventura — Fiene ai danni di Siena — Morte di Ro
berto Re di Napoli — Fonte gaja terminata in Siena — Potenza
del Duca d' Atene — Sue vedute ambiziose — Sua tirannia — /
Fiorentini si sollevano contro di lui — È scacciato da Firenze —
Nuova forma di Governo consigliata dagli ambasciatori Senesi — lu-
rhino Visconti reclama il possesso di Iucca — Morte violenta di An-
drea marito della Regina Giovanna — Torre di piazza in Siena
quando fu terminata — le arti belle vi fiorivano — Trascurata ce
lebrilà — Piaghe interne — II Banco dei Buonsignori — Suo fal
limento — Cola da Rienzo — Sue gesta — Sua tragica fine — Con
giura di Spinellacelo Tolomei contro i Nove — Lodovico Re a" Un
gheria coll' esercito in Italia — la Regina Giovanna passa da Sie
na — Terribile peste dell' anno 1348 — Distrugge due terzi delle
popolazioni — la gran fabbrica del Duomo di Siena é sospesa —
Deliberazione presa dai 12 Governatori nel 1357 — Introduzione
delie armi a fuoco nell'arte della guerra.
J.je dirotte pioggie che caddero in Toscana in sul pendio del-
l' anno 1333 fecero danni incalcolabili. Il primo di Novembre spe
cialmente piovve talmente in Firenze , come in tutte le valli
dell' appannino che tributano le loro acque all'Arno, che sembrava
rinnovar si dovesse I' orribile catastrofe del diluvio ; fra il rombo
del tuono , l' imperversar della tempesta , fra il suono lugubre di
tutte le campane, e fra le strida degli spaventati, tutti temevano
un generale eccidio. Le acque straripando dal fiume con impeto
invadevano le strade e le case, e fu tale la loro violenza che ur
tando contro le mura della ci Uà, rie furono atterrate per una lun
ghezza di cento braccia dalla parte che corrisponde al corso dei
Tintori; il livello delle acque crebbe talmente che i tetti divennero
il ricovero delle intere famiglie. Bisognò improvisare dei mezzi onde
salvare i malati, e gl'infermi che languivano nel letto. l piani d,el
Casentine , quelli d'Arezzo e del Valdarno di sopra rimasero
sommersi , poiché ogni piccolo ruscello che inetti' nell'Arno di
venne un gran fiume , e diversi ponti furono trascinati dalla cor
rente; il danno che ne soffrirono i fabbricati, la perdita delle mer
canzie dei ricchi mercanti fiorentini fu incalcolabile; finalmente nella
notte del 5 e 6 Novembre cadde la muraglia d'Ogni Santi. e per
]' apertura di 350 braccia di larghezza l'acqua si precipitò verso il
pian d' Arno di Sotto. Tale fu la terribile catastrofe a cui soggiac
que Firenze, ma i danni furono generali in tutta la Toscana, poi
ché i monti, le colline si trovarono spolti dei terreni coltivati,
ed i bassi fondi furono convertiti in altrettanti laghi, e le semente
andarono perdute. Pisa fu salva per la strada che le acque si
aprirono al di sotto della città.
Firenze ebbe in quel tempo la fortuna di non avere vicini a
se potenti nemici, come altra volta , che diversamente per si de
plorabile sventura sarebbe facilmente divenuta preda di un ardito
conquistatore.
Nel mese di Gennajo seguente moriva il Malia , che era stato
erede della Signoria di Grosseto lasciatali da Bino dell'Abbate suo
padre. Il Magistrato dui Nove vi spedì subito il Conte Gabbriello
d' Agubbio Capitai) della guerra con molti cavalli e fanti a pren
derne possesso , e l' ebbe facilmente , poiché il popolo che aveva
155
desiderato di esser libero dalla tirannia prima di Bino , e poi del
Malia non prese parte atla difesa , ed i figli di quest' ultimo come
aucora l' Abatino suo fratello, avendo pochi aderenti fecero debole
resistenza : allora fu riordinato quel governo, e fu stabilito che si
mandasse il Potestà da Siena , col titolo di Potestà di Grosseto per
il Comune di Siena, si riformassero gli statuti della città da depu
tati eletti dai Nove ; che il Potestà per fuggire il malore dell' aria
potesse nei mesi di Luglio , Agosto , e Settembre allontanarsi da
Grosseto lasciandovi un Vicario ; che i dodici Priori del Comune si
riducessero a nove ; che si fabbricasse una fortezza da custodirsi
dai soldati di Siena , e fintauto che non fosse terminata, la guar
nigione che terrebbero i Senesi in Grosseto dovesse esser pagata ,
quanto ai fanti dal Comune di Grosseto . e quanto ai cavalli da
quello di Siena. Queste ed altre disposizioni furono il 23 Genuajo
1333 approvate dal Consiglio, e così fu consumata una spoliazione
di dritti sopra i legittimi eredi. I Senesi s' impadronirono della
città non chiamati, e senza provocazione: che se volevano rivendi
care dej privilegi anteriori al dominio di quei signori , quand' an
che questo fosse stato da essi usurpato bisognava per giustizia far
palese il diritto prima di usar la forza : ma la brusca occupazione
corrispose piuttosto ad una prepotenza che ad un atto di legittima
autorità. Il Magistrato dei Nove che era stato recentemente rieletto,
nominò per operai o officiali incaricati di soprintendere alla fabbrica
zione della fortezza di Grosseto Vanni di Meo del Balza. Ceccariuo
di Ser Bindo, e Guidaceto di Latino, quali avendo convenuto con
le Autorità competenti del luogo, della forma, grandezza ed attezza
del forte fu posta la prima pietra di una delle quattro torri , che
doveano fiancheggiarlo. Marzo 1334. Narreremo a suo luogo il se
guito di tali avvenimenti.
Mentre giocava a scacchi fu in Siena assassinato Regalino di
Uguccione Malavolti, da quattro della famiglia Piccolomini, che fu
rono in pena banditi dalla patria, e disfatte le case di Riccio, di
Amerigo , e di Finuccio Piccolomini , e da ciò parci potere argo
mentare , che la pena di morte era solamente applicata nei casi ,
in cui si trattava di attentati contro lo stato, e contro i Magistra
ti, mentre era risparmiata al contrario quando il delitto commesso
non appellava alla politica. Terminate le differenze fra i Pisani ed
i Senesi , questi ultimi ebbero di che occupare le loro truppe.
L'amicizia del Re Giovanni con il Pontefice od il Legato Apo
stolico avea, come in tutt' Italia, eccitati i sospetti dei Bolognesi. I
dubbi crebbero nella popolazione allorquando il Legato Bertraudo
del Poggetto si diede a far erigere una fortezza , col fine certo di
tener soggetta la città, e col pre testo che quella servir doveva di
abitazione al Papa, che nojato del suo soggiorno in Avignone, pen
sava di trasferir colà la sua sede Apostolica : ma quando i muri
incominciarono ad essere atti alla difesa vi stabili i suoi soldati di
Linguadoca , e credendo di aver con quel mezzo consolidato il suo
potere incominciò a far vieppiù sentire il peso della sua tirannia.
I suoi progetti erano favoriti da Taddeo De-Pepoli, e contra
riati dai Gozzadini , e dai Beccadelli. Il Legato reputandosi forte
volle tentare due fazioni contro i Ferraresi , ma in ambedue ri
mase soccombente , e fu costretto a ritirarsi hi Bologna, onde ri
storare le fatte perdite. Il Duca d' Rste dopo essersi impadronito
del Castello d' Argenta si spinse sopra Cento , onde impegnare il
Legato ad uscire dalla citta. Difatti i Guasconi il 17 Marzo si av
vicinarono contro il Duca , e fu quello l' istante in cui i Bolognesi
si levarono in armi gridando viva il Popolo! muoja il Legato! Quei
soldati Guasconi che erano rimasti in città furono uccisi per le
strade; il Legato si chiuse nel forte, ed i Fiurentini spedirono gente
a cavallo a liberarlo, ed ebbe in Firenze ospitalità. I Senesi al con
trario pensarono di dover sostenere il popolo contro l' ambizione
dei Legato, e del Re Giovanni , ed unitisi a molti altri Guelfi di
Toscana spedirono i loro balestrieri in soccorso dei Bolognesi.
In quell'anno l'attenzione della Repubblica non fu richiamata
ad altre cure esterne , onde ebbe agio di occuparsi del materiale
miglioramento noll' interno della città , e fu iograndita la Piazza
del Campo, e venne mattonata; di più fu tolto un gran masso di
pietra che ora restato nel centro della medesima , e che aveva
servito alla vendita del pane sequestrato dalle Autorità , quando
non corrispondeva nel peso , e quando la qualità era riputata
inferiore
(1) Vial era
prezzo
un' altra
(1). La
pietra
citta, sulla
d'Orvieto
quale fui debitori
in quel impossibilitati
tempo trava-

a pagare erano condannati a percuotere le parti posteriori. per mezzo


157
gliata da civili discordie , ed i Senesi loro alleati v' intervennero ,
onde acquietarle.
! l'erugini devastavano il territorio d'Arezzo, ma scontratisi
i.olle truppe di Pier Saccone de' Tarlati, che governava quella cit
tà , furono rotti presso Cortona , ed inseguiti dalle genti di Sac
cone fin sotto le mura di Perugia. Dopo quella rotta fu rinnuovata
la lega dei Guelfi, della quale fecero parte molte città dell'Umbria
ed anche i Senesi, e questi volendo viepiù stringere i loro legami
di amicizia coi Fiorentini li 21 di Giugno 1335 confermarono la lega
gia esistente.
La Repubblica di Siena credeva poter godere dei frutti della
pace , mentri- procurato avea ogni mezzo per stabilirla , quando
un nuovo fatto venne a turbarne il riposo.
Abbiamo altrove fatto menzione del modo, e del dritto (seb
bene a parer nostro poco fondato) col quale i Senesi presero pos
sesso della città di Grosseto. Ora i figli di Malia , ed Abatino di
Bino Abati loro zio fatti prigionieri , erano stati condotti in Siena.
Il governo non volle essere contro di essi soverchiamente rigoroso,
onde si limitò ad impedirli di uscire dalla citta. Essendo così li
beri era facile eludere questa disposizione , ed infatti evasero, ed
andarono a raggiungere 400 cavalli mandati loro da Pisa , e con
vergogna e danno dei Senesi il 26 di Luglio 1335 ripresero la loro
citta di Grosseto , facendo prigioniero tutto il presidio, unitamente
ai deputati che assistevano alla fabbrica della fortezza.
Questa notizia indignò i Senesi che sollecitamente riunirono i
loro armati. Serie inquietudini al tempo stesso dava al governo
della Repubblica la città di Massa. i di cui abitanti patteggiavano
apertamente pei Pisani, onde fu creduto prudente consiglio di as
sicurarsi di quella posizione , prima d' intraprendere l' impresa di
Grosseto, per cui l'esercito fu contro Massa avviato. Quella città
infatti erasi messa sulle difese; i Lodiui ed i Bancucci potenti fa
miglie spingevano gli abitanti alla resistenza , ma non ostante la

dell' aguzzino. Questa pena era volgarmente chiamata batter la cu


lata. e liberava da qualunque ulterior molestia dei creditori; la legge
era vendicata dallo scorno.
153
loro ostinazione doverono cedere alla fortuna delle armi Senesi, che
s' impadronirono di Massa entrando per una porta che fu aperta
per opera dei Galluzzi e dei Ghezzi , che in odio alle altre fami
glie pareggiavano pei Senesi. Allora i Massetani concentrarono la
loro difesa noi forte, ma dopo avere inutilmente aspettato i Pisani
a liberarli , si arresero a patto di aver salva la vita;. Fu così che
Massa tornò di nuovo sotto il dominio della Repubblica di Siena ,
e questa per viepiù. assicurarsi di quell'importante possesso vi edi
ficò una nuova fortezza (1). La vendetta contro Grosseto era ri
servata a migliore opportunità , poiché da altre cure era per al
lora richiamata l' attenzione e la politica del governo.
I Perugini dopo la rotta subita da Pier Saccone cercarono di
vendicarsene ; per cui messo insieme un esercito , al quale i Se
nesi contribuirono mandando ai loro alleati un certo numero di
armati furono di nuovo nel contado d' Arezzo: si spinsero fino alla
ciltà , ove si fermarono tre giorni dalla parte del Duomo vecchio,
ed al loro ritorno verso Perugia bruciarono Lucignano di Valdichia-
na , e predarono il paese, al cui effetto avean seco condotti 5000
ribaldi, che così allora erano chiamati quelli destinati a distinguersi
nel dare il guasto alle terre secondo il feroce uso delle guerre di
quei tempi. Dopo presero Citla di Castello che era tenuta dai Si
gnori di Pietrnmala , e vi fecero prigioniero il fratello di Pier Sac
cone con cinque suoi figli e due nipoti, che languirono lungamente
in un carcere.
Mentre questi fatti si compivano , la punizione della ribellione
dei Grossetani forte pesava nell'animo dei Senesi , per cui dopo.
aver consolidato il loro potere in Massa, spedirono l'esercito sotto

(i) Massa é città antichissima. In una cronaca esistente in Ro


ma nella Libreria Pontificia a 180 quarta parte si legge che Totila
Re dei Goti, sotto l' Impero di Ghtstiniano, passando da quella par
te, volle punire Ccrbone Vescurn di Massa , per avere nascosti al
quanti soldati Imperiati per salvarli. e lo diede in preda ad alcuni
orsi feroci , che quel He faceva nutrire : quando neli atto di essere
sbranato fu da u«o di quelli difeso; dunque Massa aveva ijià
•mio sotto f Impero di (ìiustiniano.
139
la condotta del lor Cnpii.m di guerra Conte Marconaldo contro Gros-
scio. Il Duce avendo trovate le mura ben difese , pensò di porvi
l' assedio. Seppe quindi che l' Abatino uscito da Grosseto aveva ot
tenuto dai Pisani 400 cavalli ed un certo numero di fanti : se lo
figurò già pronto ad attaccar la sua gente . e quel panico timore
comunicatosi ai soldati , in ini momento tutti vilmente fuggirono,
come se il nemico gli avesse inseguiti olle spalle, quando era lon
tano cinquanta miglia. Il campo rimase deserto , e le macchine di
assedio con tanta cura fabbricate restarono in potere dei Grosse
tani. L'Abatino colle truppe che a lui eransi riunite, solo il dì ap
presso giunse in Grosseto , e con stupore non trovava nemici da
combattere: e fatto libero della sua azione si recò arditamente nel
dominio Senese , ove le sue truppe predarono, distrassero quanto
loro piacque , senza essere nella loro escursione molestate. La vilta
del Marconaldo, se pure non fu tradimento , .urtò l' orgoglio dei
Senesi, per cui destituito questo Duce , e fatte nuove provisioni ,
riunirono un nuovo esercito dell' altro più formidabile, e lo invia
rono a vendicar l'onta della mancata impresa; convien credere che
fossero formidabili i preparativi poiché l'Abatino, ed i figli di Ma
lia considerando di non poter resistere , scesero agli accordi , e
fu convenuto che i Grossetani restituissero alla libertà tutti i Se
nesi che ritenevano prigionieri ; ma un tratto di mala fede e di
barbarie venne a distruggere quel patto nel tempo stesso che si
trattava.
I figli di Malia in queir intervallo fecero uccidere tutti i pri
gionieri Senesi in un modo il più crudele, poiché un palo di ferro
arroventato fu l' istrumento di morte da quei barbari impie
gato. Conosciutosi questo strazio crudele fu rotta ogni trattati
va : le truppe Senesi invasero ferocemente la città : non manca
rono le rappresaglie , ma i Malìa , e l' Abatino sfuggirono alla me
ritata vendetta , e trovarono un sicuro asilo in Pisa. L' esecrabile
eccidio non diede luogo a condizioni fra i vincitori , ed i vinti ,
onde i Senesi non solo continuarono la fabbrica della fortezza, ma
fecero ancora demolire in diversi punti le mura della cinh: il tra
dimento loro dava il dritto che nasce dalla conquista.
Continuavano i Perugini a fare aspra guerra contro Pier Sac
cone , e questo conoscendo di non poter più a lungo difendersi in
160
Arezzo meditava intorno al partito clic a lui restava a prendersi,
quando fu persuaso da Regolino Tolomei a donare quella città ai
Fiorentini. onde la difendessero, ed in ricompensa si fecero a lui
molte promesse, che non furono poi mantenuto. E siccome i gene
rosi sono sempre con ingratitudine corrisposti, così avvenne a Pier
Saccone , che imputato dai Fiorentini di aver tentato di far rivo
luzionare la città d' Arezzo per ritornarne al possesso , fu lunga
mente chiuso a languire in un carcere ; a Regolino Tolomei in
premio della mediazione fu assegnata per dieci anni l' entrata di
mille scudi d' oro.
Nell' anno 1337 il Consiglio della Campana occupandosi delle
sanguinose differenze fra le famiglie Salimbeni e Tolomei fece sì
che si perdonarono le reciprochi offese, e fu stabilita fra loro la pace
con gaudio generale di tutta la città ; ed essendo eon pontificia
autorità mediatore di quelle stesse differenze il Vescovo di Firen
ze, tentò di conciliare ancora quelle che esistevano fra le famiglie
Malavolti e Piccolomiui : ma ogni accordo fra queste fu turbato ,
perché avendo Salomone Piccolomini comprata la Tenuta di Casti-
glion del Bosco , mandò cinquanta fanti a prenderne possesso; ma
avendovi trovata la gente di Donusdeo Malavolti Vescovo di Siena
che pretendeva aver dritto su quel possesso, vennero alle mani e
vi furono nella zuffa dei morti e dei feriti , per cui gli odj si ac
crebbero potentemente.
Fu scoperta in Massa una congiura ordita da più cittadini che
volevano tor la città ai Senesi per darla ai Pisani, ma i cospira
tori furono arrestati e condotti a Siena , e resultando rei dal pro
cesso furono per atto tradimento condannati. Ai capi. che erano un
Ciamberlato ed un Francesco Lucci , fu tagliata la testa, attri do
verono pagare delle multe in contanti. La sentenza fu pronunziata
da Ridotto da Camerino capitan della guerra.
La città di Siena fu nel 1339 afflitta dalla peste che tolse di
vita molti cittadini ; a questo flagello tenne dietro la carestia che
fu oltremodo molesta ai poveri, non ostante che il governo avesse
provveduto una quantità di grano in Sicilia ed in Catalogna , col
sacrifizio del pubblico erario di olire 40,000 fiorini d'oro; ma i si
stemi proibitivi che si praticavano in quei tempi con estremo ri
gore, aggravavano il male, mentre credevano di procurare il medio.
164
Un tratto di vera carità , e di sincero patriottismo merita di
esser quivi registrato. L'n tal Buonconte di Meo Rettore dello Spe
dale vendeva al Comune di Siena il suo castello, cassero e mulino
di Campaguatico , onde con quel provento far fronte alle ingenti
spese giornaliere , che le gravi malattie dominanti occasionavano al
pio stabilimento : tanto disinteresse non é comune fra le umane
azioni.
I Conti di Santa Fiora si capitolarono col Comune di Siena ,
ed ottennero in ricambio la cittadinanza Senese con tutti i bene-
flcj, privilegi, onori e favori di cui godevano i legittimi e naturali
cittadini.
Nel Castello di Staggia il 16 di Giugno 1340 fu confermata la
lega fra Senesi e Fiorentini . essendo ambasciatori dei primi Ri-
naldo di Neri , e Giovanni di Tura di Geri , e per i secondi An
tonio di Lando degli Albizzi , ed lacomo d' Alberto degli Alberti ,
e fu convenuto che per il mantenimento di pacifico stato le due
Repubbliche si dovessero scambievolmente ajutare colle armi è col
consiglio , tanto nelle guerre che nelle discordie interne.
Fin da quando il Re Giovanni lasciò l' Italia , dopo la scon
fitta che le sue genti e quelle del Legato di Bologna toccarono in
Ferrara, i confederati aveau convenuto d'impossessarsi e dividersi
tutte le citta , che a quel Re eransi volontariamente sottomesse ;
cosi destinarono Parma a Mastin della Scala, Cremona ai Visconti
di Milano , Modena ai Marchesi di Ferrara , Reggio ai Marchesi di
Muntova , e Lucca ai Fiorentini , che pentiti di nou averla com
prata dai Tedeschi volevano in quella circostanza correggere l'er
rore commesso , e giungere al possesso di quella citta. Ma questa
prematura divisione era soggetta a tante eventualità, che ne ren-
deano l'esito incerto, e dubbia la fede stessa dei confederati; in
fatti Mastino della Scala sotto frivoli pretesti occupò Lucca più sol
lecitamente dei Fiorentini. Insorsero allora naturali differenze, ma
per mezzo di Vannuecio di Bnldaccione di Siena ne trattarono la
compra collo stesso Mastino che convenne di darla ai Fiorentini per
200,000 fiorini d' oro, da pagarsi in più rate: e per sicurtà i Fio
rentini diedero ai Marchesi di Ferrara !'0 ostaggi scelti fra i più
ragguardevoli cittadini, e quindi messo insieme l'esercito della lega
ai disponevano a spedirlo per prendere l'investitura della città com-
11.
prata . quando risvegliatasi l' antica gelosia nei Pisani decisero di
conti.astane con ogni mezzo , e con tutte le loro forze il possedi-
ntonto di Lucca ai Fiorentini ; furono perciò solleciti a spedire il
loro cscTcito sotto le mura stesse di quella città , ed a porvi l'as
sedio , por cui fu necessario ai Fiorentini riunire più forte esercito
per andare alla riscossa , ed i Senesi lo rinforzarono con 200 ca
valli e 200 balestrieri , e con altri 250 giovani a cavallo apparte
nenti alle prime famiglie nobili che andarono a proprie spese e co
me volontarj a quella guerra , ed al dir del Villani , essi furono
sotto gli ordini di Mnffeo Capitan dei Fiorentini.
Gli eserciti giunsero ad affrontarsi , ed i giovani Senesi che
diedero i primi sopra una schiera di Pisani uscita dalle fortifica
zioni fecero prodigi di valore, per cui i Fiorentini ebbero sulle pri
me dei vantaggi ; ma per uno strattagemma di guerra usato da
C'mpo Scolari Capitan dei Pisani la seconda schiera dei Fiorentini
fu rotta, e tutto l' esercito loro messo in fuga. (2 Ottobre 1341 ).
In questo fatto d' armi i morti non furono molti , abbenché com
battessero fra una parte e l'altra 2000 cavalli; moltissimi per al
tro furono i prigionieri, e fra questi il generai dei Fiorentini, molti
Capitani di Mastino , e diversi Senesi che furono ritenuti in Pisa
per ben trcdici mesi. Dopo questa vittoria i Pisani aumentarono i
fossi e li steccati, e vieppiù strinsero l'assedio della città: ma in
questo non furono fortunati , mentre gli assediati continuarono a
difendersi , ed a sopportare con rassegnazione tutti i disagi e le
privazioni di un assedio , sperando che i Fiorentini sarebbero tor
nati a liberarli.
Intanto in Siena accadevano degli omicidi provocati dai con
sueti odj di famiglie. Avvenne una sera ché Salimbene Scotto es
sendo stato invitato , insieme a certi di casa Tolomei ed altri gen
tiluomini , ad un convito , mentre così in compagnia vi si re
cava fu assalito a capo di Fontebranda da una banda di uomini
condona da Vannuccio Saracini , e fu ucciso : quelli che vollero
difenderlo furono fi.riii. Qualche sera dopo fu morto Niccolò di
Salamene Piccolomini dat figlio di Regolino Malavolti , che volle
vendicare la morte del di lui genitore , ucciso come si é detto ,
meni re giuocava agli scacchi. Così le ire inferocivano , e si accre
scevano i mali della patria.
163
I Fiorentini per quanto battuti sotto le mura di Lucca non si
diedero per vinti , purché misero insieme un nuovo esercito , ad
ingrossare il quale contribuirono lo confederazioni di cui erano for
ti , mentre vi concorsero e Mastin della Scala, le citta di Bologna,
Ferrara e Perugia, i Conti Guidi , o Siena che diede 300 cavalli e
500 fanti sotto la guida di Filippo di Pietro Forteguerri. Entrò que
sto esercito in campagna sotto il comando del M.datesta di Rimini,
che giunto presso al campo dei Pisani trovò talmente ingrossato il
fiume Serchio per le dirotte piogge cadute, che non fu possibile
guadarlo. Dopo questa circostanza impreveduta passò un mese
senza che quel generale intraprendesse veruna fazione, ad onta che
avesse sotto i suoi ordini un esercito così fiorente e numeroso ,
onde i Fiorentini lo sospettarono traditore, tanto più che era stretto
in parentela con Montefeltro Capitan dei Pisani. Per rimuovere ogni
dubbio , e per trattar I» guerra con maggiore efficacia , scrissero
al Re Roberto, onde volesse mandarli un Generale esperto , che
ricondur potesse la vittoria dalla parte loro. Fu allora che Gualticri
Duca d'Atene, Conte di Brenna fu spedito dallo stesso Re Ro
berto , e vi concorse per deferenza l'acccttazione del popolo Fioren
tino, e fu così che Gualtieri prese il comando di quelle armi.
II Malatesta che fu. dimesso, non aveva mai trovato il moda
di assaltare i Pisani entro i loro trinceramenti, né di vettovagliare
lo città di Lucoa; né più felice di lui fu il nuovo venuto, poiché
dopo aver consumata l'estate in inutili scaramucce, pensò al prin
cipiar dell'inverno a ritirarsi, ed i Lucchesi non avendo altrimenti
modo di più sostenersi, e disperando ormai di qualunque soccorso,
dopo che con tutta rassegnazione . e costanza .avevano resistito a
(ami travagli , il dì M di Luglio 1310 si diedero ai Pisani salva
la 'vita , e le proprietà.
Questa guerra di un esito infelice pei Fiorentini abbassò nella
opinione quella reputazione, a cui quella Repubblica era pervenuta
col mettersi alla testa di una lega formidabile. Infatti le cospicue
ricchezze che col commercio avevano acquistate i suoi cittadini ,
la raffinata politica di coloro che reggevano il governo della città,
tutto ciò non bastava a raggiungere lo scopo da essi tanto desi
derato , poiché le armi loro, o per imperizia di chi le comandava ,
o per altre cause occulte non furono fortunate nell' osteggiare con,
Iti
tre i nemici. Altre sventure inoltre minacciavano la interna pace
di quella Repubblica , e le libertà che quel popolo più murcaute
che guerriero tanto vagheggiava. Il Duca d' Atene che altra volta
era stato in Firenze come Vicario del Duca di Calabria avea con
cepito dei pensieri ambiziosi; ora trovandosi in quella stessa città
Capitati di guerra alla testa di uu esercito, si lusingò di valersi dei
mezzi di cui poteva disporre onde pervenire at suo fine. Le arti
degli ambiziosi tutte si somigliavano, ed egli seppe usarne in modo
che il di 8 Settembre 1343 il popolo Fiorentino gli conferì a vita
la Signoria di Firenze. Egli fece subito la pace coi Pisani, che ri
masti liberi possessori della città di Lucca, licenziarono l'esercito
nel quale si contavano 2000 cavalli. Fu allora che un tal Duca
Guarnieri Tedesco di nazione, riunì circa 800 dei suoi nazionali
che uscivano da quel servizio senza avere impiego : ma privo di
mezzi per pagare e far vivere quella gente, pensò di autorizzare
I' uso della forza, onde ottenere quanto a lui mancava ; così inva
dendo e taglieggiando le province e li stati più deboli si rese ter
ribile alle popolazioni ; e seguendo questo esempio fatale, dopo di
lui altri venturieri lo imitarono. L' apparizione di costoro poteva
paragonarsi alla invasione delle locuste , perché in eguai modo ,
sebbene con altri mezzi , sterilivano i paesi (1).
ll contado di Siena fu il primo a provare i tristi effetti della
loro barbarie , poiché uon contenti di predare, arsero i villaggi, e
fermatisi a Baonconvento devastarono tutta la Val d' Arbia, spin
gendosi talvolta fin sotto le mura della città. Per liberarsi dulia
loro presenza il Comune , dando un tristo esempio , si accordò a
pagarli diecimila fiorini ; lo stesso poi fece il Comune di Montepul-

(1) Si trascrivono dal Sismondi le seguenti notiate intorno al


Duca Guarnieri.
« La più sfrenata licenza regnava nel campo di questi assas-
« sini : etsi non si vergognavano di verun delitto o crudeltà , ed il
« Duco Guarnieri accoppiava al titolo di Signore della grande com-
* pagnia , quello di nemico di Dio, della pietà e della misericordia.
« Aveva fatto incidere questi odiosi titoli sopra una lastra d'argento
« che portava per ornamento al petto ».
165
ciano , e quello di Città di Castello e Perugia , ed il Duca d'Atene
fece pagar loro ottomila fiorini , perché non facesser danno nel ter
ritorio Fiorentino. Passarono in Romagna a Bologna, e taglieggiando
le città cumularono danari , coi quali ciascuu fatto ricco , se ne
tornò tranquillamente ai propri lari a godersi il frutto dei falli la
droneggi. Vergogna dei tempi , in cui una mano di briganti stra
nieri imponeva durissima legge alle principali città italiane senza
trovare nemmeno chi si opponesse ! Ecco il frutto delle divisioni ,
dei municipali rancori , di stravagauti partiti. Nel cieco fanatismo
di quelle gare lo spirito pubblico era svanito : non era altrimenti
possibile riconcentrarlo , e la cognizione di una tal verità prepa
rava all' Italia un più tristo avvenire , e come vedremo, ben altri
condottieri incoraggili da qucst' esempio col loro ardJTe misero a
contribuzione l' altrui viltà.
Moriva nel Gennajo 13Ì2 il Re Roberto di Napoli nell'avanzata
eié di auui 80 , e lasciava erede del suo trono Giovanna sua ni
pote , nata da Carlo Duca di Calabria suo unico figlio ; la di lui
perdita , sebben prevedata , fu in Toscana sentita con dispiacere.
Egli era stato protettore sincero di quelle Repubbliche sia Guelfe ,
di cui egli era il capo , come ancora delle Ghibelline, poiché cono
sciuto avea quanto l' unione era preferibile alle rivalità.
La mancanza di un appoggio così potente , come era stato il
Re Roberto , fece sì , che le città Guelfe viepiù si stringessero fra
loro con nuove leghe ; infalli il i di Decembre 1342 fu in Monte-
pulciauo stipulato un nuovo trattato di alleanza fra i Senesi ed i
•Perugini , e questo falto fu gradito dalle respettive popolazioni.
Un avvenimento dell' anno successivo 1343 fu soggetto di fe
sta, e di tripudio per i Senesi, poiché fu portata a fine da lacomo
di Maestro Pietro di Filippo della Quercia scultore senese la fonte
gaja situata nella Piazza del Campo, ed il popolo che vide per la
prima volta, il primo di Giugno, sgorgare tanta abbondanza d' a-
cqua proruppe in gaudio, e quell'allegria durò un mese: e giornal
mente inventava nuovi piccoli passatempi, onde render gradevole
il soggiorno della città a tutti quelli che dalla campagna , e dai
diversi castelli del dominio Senese quivi si recavano per vederla.
È questa una fonte singolare per la forma, ornata di sculture
e di mezzi rilievi trattali con una grazia , ed una squisitezza di
166
disegno che attestano la perfeziom. a cui erano giunte le arti bel
le ; é da lamentarsi che il tempo , e la incuria degli uomini ab
biano fatto tanto decadere quel monumento , che ormai ne resta
la forma quasi materiale del liello che conteneva , poiché tanto le
figure e ornati sono corrosi in modo da offrire soltanto una remi
niscenza di ciò che furono. Questa fonte compiuta in dicci anni ,
per cura di Orlando Malavolti, costò 2200 fiorini d' oro, e l'esimio
scultore per quest' opera egregia fu soprannominato lucomo della
Fonte. Fuwi in quelt'anno un abbondantissimo raccolto di vino, e
ci dice il Malavolti che questo più dell'acqua contribuì a ravvivare
maggiormente un popolo più inclinato ai piaceri , che dedito ai
negozi.
Fu terminata pure in quell' anno la sala grande del Consiglio
sopra alle carceri, ud era grande cusì da contenere la maggior mol
titudine che poteva dare la città, e vi fu iu quel medesimo mese
convocato per la prima volta il popolo che numeroso v ' inter
venne (1).
Il Duca d' Atene ottenuta che ebbe la Signoria di Firenze
crebbe nell'ambizione tanto, che si lusingò di farsi padrone di lutta
la Toscana. Infatti Volterra , Arezzo , Pistoja erano venute in suo
dominio , e non del Comune di Firenze ; e colle minacce , e colle
astuzie ebbe ancora S. Gemignano e Colle ; ed intanto pensava al
modo con cui poter ottenere anche il dominio di Siena. Per mezzo
dei suoi emissari concitava le ire fra nobili , e plebei onUe aver
campo , giunte che fossero agli eccessi , d' intervenire per quietar
le , e farla da padrone ; ma sapevasi in Siena che per la sua ti
rannia ero venuto in odio ai Fiorentini, e quelli che governavano
la città prevennero con energiche misure le attrui malizie, per cui
le arti astute non fruttarono al Duca che il generai disprezzo.
Stanchi infine i Fiorentini del costui dispotismo , l«iché ave
va procurato d' ingrandire la sua fortuna , sacrificando l' onore di
Firenze , incominciarono a cospirare. Tre congiure si scoprirono
che tutte miravano al medesimo fine . sebbene l' una non avesse

(1) Ora questa Sala del Consiglio é convertita in Teatro , che


si chiama grande, ed appartiene all' Acccademia dei Rinnuovati.
167
conosciuta l'esistenza dell'altra. l congiurati scambievolmente s'in
tesero, sicché e nobili, e popolo, e plebe si trovarono uniti in un
solo volere, iu quello cioé di salvare le pubbliche libertà, togliendo
il potere dalle mani del tiranno che neavea abusato. Per un eccesso
di cecità egli non voleva credere all'esistenza delle occulte trame
che si ordivano contro di lui , anzi giunse pedino a far uccidere
i delatori. Allora i congiurati affrettarono l'esecuzione dei loro pia
ni, ed il 26 di Luglio 1343 essendosi levato in massa il popolo, e
specialmente quella plebe stessa che poco fa applaudiva il Duca ,
uccise per le piazze e per le vie di Firenze gran parte della ca
valleria del tiranno : quindi corse al palazzo ove egli abitava , ed
atle grida di muoja il Duca , viva il Comune e la libertà ! respinse
i borgognoni che n'erano a guardia, e quivi il Duca trovossi per
più giorni assediato. Molti dei di lui amici che avevano tentato di
calmar quel furore erano stati dal popolo uccisi, e da ogni banda
giungevano rinforzi ai Fioretiimi , per cui il trionfo del popolo era
assicurato.
Infatti rispettabili cittadini si adunarono nella Chiesa di Santa
Reparata, e crearono un Magistrate di U individui fra nobili e po
polani onde assumesse il governo della Repubblica ; vi fu poi ag
giunto ail sei
mente Vescovo
ambasciatori
di Firenze
Senesi
ed ilfurono
Conte incaricati
di Batlifolle,
di riformare
quali unita-
la

costituzione dello stato (1).


Già il Comune di Siena appena ricevutone l' avviso, era stato
sollecito a spedire alla volta di Firenze in tuHa fretta 350 cavalli
e 400 balestrieri guidati da Francesco da Montone Capitano della
guerra , e da Niccolò di Cecco Manetti Gonfaloniere de balestrieri
con ordine d' interporsi , e n.atture accordo tra il Duca ed il po
polo. Giunti che furono in Firenze non fu loro possibile intendersi
con quel popolo , che inferocito erasi bagnato nel sangue.
Fra i ministri del Duca , che erano alla moltitudine quanto
(1) Gli
il Duca ambasciatori
stesso Senesi
invisi, eravi furono d'Assisi
Guglielmo Francesco
di di
cuiBino Accarigi,
il popolo vo-

Guido di Predi, Agnolo di Granello Tolomei, Francesco di Renuccio


Salimbeni, Davino di Menano di Viitu, Giovanni di Tura di Gerì.
168
leva la morie insieme a quella di un di lui figlio di sedici anni ,
che non aveva partecipato ai delilli, ed alle crudeltà del genitore;
e per quanto il Duca non consentisse a rilasciare queste vittime
alla vendetta popolare, pure i borgognoni che erano a guardia del
palazzo, sperando forse con quel sacrifmo di salvare se stessi, a
forza gli spinsero fuori del palazzo , per cui caddero in potere di
quella moltitudine, che inferocita gli mise orribilmente in brani. Le
loro membra dilaniate si videro io cima alle lance portarsi dal po
polo in segno di trionfo per le vie della citta.
Calmato, con quello scempio e col sangue versato, il furor del
popolo , si scese agli accordi , e fu convenuto :
Che il Duca cedesse il palazzo al Vescovo , ai Quattordici del
nuovo Magistrato , ai Deputati Senesi ed al Conte Simone, ed egli
avrebbe salva la vita e quella delle sue genti.
Fu per lui forza accettare queste umilianti condizioni, e scor
tato dai Senesi e dat Conte Simone uscì di Firenze assai con paura
per la porta S. Niccolò dirigendosi a Poppi: così decaduto da luiila
fortuna e vituperato, giunse in una villa dello stesso Conte Simone
Batltfolle , nella quale ebbe cortese ospitalità. Intanto Arazzo , l'i-
stoja , Volterra , Sangemignauo e Colle di Val d' Elza sentendo
mancata l' autorità del Duca , si ribellarono , e scacciate le genti
che da lui erano state mandate a guardia tornarono in libertà , e
così ebbe fine l' effimera grandezza del Duca d' Atene.
Secondo quello che asserisce il Villani gli Oratori Senesi consi
gliarono la nuova forma di governo concordemente al Conte Simo
ne , ed aggiunsero at Magistrato dei 1 4 otto Priori del popolo , e
quattro dei nobili, e divisero la citta in quartieri; ma anche que
sta nuova forma di governo non fu durevole , sia per l' atterigia
dei nobili . sia per la intolleranza dei popolari, quali volevano do
minare liberamente senza il concorso dei ceti superiori , per cai
il 22 di Settembre del 1343 accadde ; che gli otto priori popolari
discacciarono dal palazzo i quattro nobili; ciò che fa palese che non
emendati i Fiorentini tornavano a libertà. Saputosi a Siena questo
nuovo turbamento si faceva partire alla volta di Firenze Giovanni
Saracini che conduceva più considerevol rinforzo di quello manda
to; all' arrivo di queste Iruppe calmossi l'agitazione in che era la
citiii , mentre molti palazzi dei signori erano stati dal popolo mi-
nuto saccheggiati.
169
Allora si ricompose il governo tutto di popolari, ed "il numero
dei priori fu diviso in modo che due fossero del popolo grosso, che
era quello che aveva governato la città prima che ne fosse con
ferita la Signoria al Duca <!' Atene ; tre del popolo mezzano e tre
del popolo minuto.
Anche questa forma puramente democratica ebbe i suoi di
fetti , poiché gli artefici minori furono in sproporzionata maggiori
tà ; e soggiunge il Villani che si corruppe il buon ordine dato per
gli Ambasciatori Senesi, e per lo Conte Simone (I). Accadde ancora
che molti nobili rinunziando al loro ceto divennero popolari, onde
godere del diritto di esser nominati alle Magistrature: ma qualun
que fosse la forma che assumevano , non si rallentava il disprez
zo , e l' odio che il popolo atlora nutriva contro i grandi , ed i
gentiluomini.
Riordinato che fu lo stato, il nuovo governo per maggiormente
assicurare la quiete rinnovò la pace che il Duca d'Atene avea faTta
coi Pisani, ai quali fu definitivamente ceduta la Signoria di Lucra
a condizione , che pagassero in quattordici anni centomila n'orini ,
che il Comune di Firenze si era obbligato corrispondere a Mastin
della Scala per la compra di quella città.
I Pisani trovatisi secondati dalla fortuna , erano divenuti or
gogliosi , ed aveano dimenticato . che i loro successi contro i Fio
rentini nell' impresa di Lucca , in gran parte li dovevano a I.u-
chino Visconti Signore di Milano , poiché avea loro fornite molto
truppe sotto il comando di Giovanni Visconti. Ora Luchiuo recla
mava il possesso della città di Lucca , ed a tai effetto spediva a
Pisa lo stesso Giovanni in compagnia di Enrico figlio di Castruc-
cio. affinché riuuuovassero le più pressanti istanze. Il popolo insu
perbito si levò a romore contro di loro , per cui Giovanni fu ab
bastanza fortunato se poté salvarsi , fuggendo con molti cavalieri
del suo seguito ; ma Enrico fu fatto prigioniero , e lo rilasciarono

(1) In questa circostanza gli ambasciatori Senesi furono :


Ciane di Mino, Francesco di Guido, Francesco Bandinelli, Gio
vanni di Ntccolino di Benzo, quali si trattennero trentaquattro gior
ni in Firenze.
170
soltanto dietro le minacce di Luchino. Venuti i Pisani a miglior con
siglio si studiarono di placarlo mandando a lui ambasciatori ; ma
egli fermo nel suo proposito, reclamava quanto a lui era stato pro
messo in principio della guerra , onde spedi contro di loro gran
parte delle sue truppe ; e per quanto esse trovassero verso Pietra
Santa chiuso il passaggio per mezzo di fossi e di bastioni eretti
dai Pisani , tutio superarono dopo ostinate fazioni , ed entrate nel
territorio Pisano fecero un esterminio bruciando , predando tutio
quanto incontrarono , ed uccidendo anche gl' inermi.
I Pisani non avendo potuto ottenere soccorso dai Senesi ad
onta che con ripetute istanze lo dimandassero , scesero a chieder
pace a Luchino , e l' ottennero , ma però a durissime condizioni ,
e sborsando forti somme di danaro.
Era in Siena Capitan di guerra in quel tempo un tal Filesmino
da Camerino , che venne iu sospetto dei Nove per le sue continue
e segrete intelligenze con molti popolani, ed era anche general
mente odiato , per cui lo rimandarono : ma la sua licenza fu ac
compagnata da doni che appagar potessero se non l'onore, almeno
l' interesse.
Passava da Siena in quell' anno 1344 un Cardinal Legato del
Papa . il quale era stato ad incoronare a Napoli Andrea figlio del
l!<. il' Ungheria , marito della Regina Giovanna ; era di poco questo
di qua partito quando si seppe la morte violenta di quel Re. La
fama pubblica accusava complice di quel delitto la stessa cousorte ;
infatti era quella corte la più culta , e la più corrotta d'Europa ;
i giovani sposi incapaci ambedue di reggere quel potere , di cui
erano scambievolmente gelosi , si davano più ai piaceri , che alla
gloria. Fra i continui intrighi dei suoi cortigiaui Giovanna incomin
ciò da esser fredda verso il marito , che per quanto giovane , e
bullo di corpo conservava l' originaria rozzezza ; quindi si diede
ad amare perdutamente Luigi di Taranto suo cugino. Questa pas
sione le fece nascere il desiderio di disfarsi di un marito che de
testava : non mancò chi secondasse una tale idea , e si ordì una
congiura , di cui Andrea fu vittima , poiché in una notte, mentre
era coricato colla Regiua, lo chiamarono per attendere al disbrigo
di affari urgenti, di cui erano giunte allora le notizie, ma invece
i congiurati lo uccidevano uell'anticamera. Questa tragica fine ebbe
171
le sue fatati conseguenze per l' Italia , come ci sarà dato di con<>-
sccre al seguito dei nostri racconti : per ora torniamo a ciò che
riguarda Siena.
In quell'anno stesso fa terminata la torre della Piazza del
Campo, la di cui fabbrica incominciò nel 1325 cou disegno di Ago
stino ed Agnolo scultori ed architetti senesi, che avevano ancora
dato il disegno della vasta chiesa di S. Francesco (1).
Le arti belle fiorivano quivi quanto nelle altre città Toscane;
e se Pisa mediante i suoi rapporti marittimi coll' Oriente fu la pri
ma a sviluppare il gusto per le arti : se Firenze mediante i sommi
uomini che vi fiorirono divenne la cuna della rinascente civiltà .
Siena pure degnamente le emulava nella splendida restaurazione
che nei Secoli XIII. e XIV. si compiva. Né si può una tal verità
revocare in dubbio, qualora si voglia por mente alla istituzione sol
lecita della Senese Università . di cui abbiamo fatta parola : alla
scuola pittorica che in Siena era stata già fondata da valenti inge
gni, ..'i ai monumenti magnifici che si edificavano, e che anche ai
dì nostri fanno fede della grandezza, e della maestria degli ante
nati nostri , cose tutte che sono assai vagamente accennate dalla
storia; e senza indicarne le cause egli é certo, diremo noi, che di
Siena poco é stato scritto , sì per la parte politica , quanto per
quella artistica. I cittadini stessi in certe epoche non lontane poco

(1) II celebre Gioito Pittore , raccomandò guesti due scultori a


Piero Saccone, come i migliori di quel tempo. In conseguenza ebbero
la commissione di eseguire il sepolcro del Vescovo Guido di lui fra
tello Signore d' Arezzo. Essi furono coetanei di .Yeroccto, altro cele
bre Architetto Senese.
(2) Nel locale di questa Accademia delle belle arti é stata re
centemente classata una raccolta di quadri antichi della Scuola Se
nese. che dimostrano la storia monumentale e secolare della pittura,
talché ogni progresso di essa vedesi determinato dal fatto, cosi dalla
primitiva rozzezza si perviene fino ai bei tempi in cui maggiormente
fiorì. La classazione di questa insigne raccolta Siena la deve ad un
celebre pittore , non ha molto mancato ai viventi, al Direttore Fran
cesco \enci, coadiuvato da Carlo Pini.
172
SODOSÌ curati di conoscerne i fasti, sebbene ne siano mancati eletti
patriottici ingegni che a celebrarli si accinsero (1).
Né basteranno certo questi pochi cenni assolutamente impar
ziali, sebben dettati da un patrio affetto, a toglierla da queir oblio
in cui é stata lasciata, mentre tanto vanto nella mia oscurità non
ardisco attribuirmi: ma se i pregi di una storia nel vero principal
mente consistono, saranno queste poche parole accettate, ne siamo
certi , come una giusta rivendicazione di trascurata celebrilà.
Né solamente le arti belle ed industriali si coltivavano. ma
d' ingrandire il dominio ancora i Senesi studiavansi comprando dai
legittimi possessori innumerevoli castella, e subentrando nei diritti
che altri aveano sopra la terza, e quarta parte di terre, sulle quali
il sistema fendale ancora prevaleva, ed accordando la cittadinanza
Senese, che dai potenti signori ancora era ambita , per cui la in-
iluenza della Repubblica al di fuori aumentava , mentre interna
mente l'ordinamento politico andava sviluppandosi sopra quei prin
cìpi di libertà che miravano a rendere eguale la potenza di ogni
ceto; e quì come altrove il popolo tutio intento alla conservazione
del suo potere s' ingelosiva dei nobili , ed opponeva alla ricchezza
la forza materiale ogni qual volta sembravali che C equilibrio fosse
minacciato. Questa lotta fu continua : essa fu la lebbra che con-
sunse le forze della Repubblica, e paralizzò i vantaggi che dall'istin
tivo amor di patria potevano resultare.
L' anno 1346 venendo a morte il Conte lacoino del Conte Buo-
nifazio di Santa Fiora, si trovò che col di lui testamento istituiva
erede della sua pingue fortuna , consistente in tante castella e ter
re, il Comune di Siena, con questo, che fossero distribuiti in opere
pie 325,000 fiorini d'oro; ed essendo nata controversia fra il detto
Comune ed il Vescovo di Sovana intorno alla spettanza di questa
distribuzione fu sentenziato in favore del Comune di Siena.
Né la lotta fra i nobili e gli altri ceti era la sola che distur
bava la quiete interna, e toglieva quell'unità da cui nasce la forza
degli stati : ma come spesso abbiamo dimostrato, anche più fatale

viduale
(1) istruzione.
L'ignoranza della patria storia lascia un vuoto nella indi- .
173
era la discordia clin esisteva fra le famiglie nobili stesse , per cui
si facevano una guerra continua , e scambievole , da cui ne deri
vavano rappresaglie, viltà, e delitti, e per darne un' idea ci piace
di riportare in ordine a tali fatti quanto ne riferisce il Mala-
volti.
« Fu dal Consiglio ordinato per sicurtà di quelli che avevano
« brighe, acciò potessero più sicuramente e con l' animo più quieto
a andare alle lor devozioni visitando le Chiese , ed altri luoghi
« pii , se ben non era fra loro fatta tregua, che il giorno di Santa
« Maria d' Agosto e un giorno prima e un poi , il dì della Nati-
« vita di Cristo, un prima, e un poi, la Domenica delle Palme con
a tutta la settimana santa, fino al secondo giorno della Pasqua di
« Resurrezione di nostro Signore , fusson tregue tra tutti , come
« se fusson fatte per consenso delle parti. « E quindi segue : o ma
« poca consolazione se n'ebbe, poiché in quell'anno fu interdetta
« la città per cagion del debito che aveva il banco de Buonsignori
« di Siena con la Camera Apostolica, non pagando ottantamila fio-
« rini, che già molto tempo prima aveva ricevuto in prestanza da
t da Niccolò III. »
Da ciò puossi argomentare dell'abuso che i Papi facevano delle
scomuniche, mentre impiegavano i fulmini della Chiesa per punire
una intera città di un fatto particolare che riguardava soltanto un
privato banchiere , ed un banchiere che forse più per impotenza ,
che
gnoriperfnlltrofio
cattiveria
con sidanno
era mantenuto
universale del
in commercio
morosità. Infatti
della città,
i Buonsi-
esu

larono in Francia , ove vennero arrestati.


Lasciamo per un momento la Repubblica di Siena per porta
re altrove la nostra attenzione , giacché sarebbe grave mancanza
lasciare negletto uno dei più splendidi avvenimenti del Secolo XIV.
Dopoche i Papi aveano lasciato Roma per trasferirsi in Avigno-
ne , quella città era caduta nella più turbolenta anarchia. I Baroni
che volpano dominare circondati da assassini, e dallo spurgo della
società , si facevano una guerra disleale: i loro palagi erano dive-
nuti altrettante fortezze da dove signoreggiavano strade divenute
deserte; il popolo era oppresso. Un governo senza forza e senza
autorità era inefficace a tutelare la vita e le sostanze dei cittadini
minacciati dai sicari dei potenti. Esso si componeva di 13 capo
m'
rioni, così erano chiamati quei magistrati, il di cui potere era ef<.
fimero; il Senatore veniva nominato dal Papa, ma la scelta cadeva
sempre sopra un grande che avea una parzialità per il suo ceto.
In mezzo a questi disordini sorse un uomo commendevole per ener
gia, e per una non comune eloquenza, il quale assunse l' incarico
di vendicare i diritti conculcati del popolo, ed infiammato dall'an
tica grandezza di Roma si lusingò di far rivivete le antiche virtù,
e di castigare l'alterigia dei grandi. Questo fu Cola da Rieozo; egli
sollevò il popolo : e quando Stefano Colonna da Corneto si recò a
Roma per combatterlo, Cola fece suonare la campana d'allarme del
Campidoglio, ed il Colonna e gli altri baroui furono costretti a fug
gire verso Palestrina.
Allora s' intitolò Tribuna del popolo, e come tale si fece inco
ronare nella chiesa di Santa Maria Maggiore ; intanto riordinò lo
stato , fece imparzialmente amministrare la giustizia, punire i rei,
premiare la virtù; umiliò i bareni la di cui potenza non seppe re
sistere all' ardire del Tribuno. L'annunzio di questo cambiamento
fu generalmente gradito. I Senesi ad imitazione di quasi tutte le
città d'Italia mandarono essi pure 50 cavalli al servizio della nuova
Repubblica; ma la vanità dell'uomo facilmente si lascia lusingare,
e Cola non sapendo resistere alle adulazioni di coloro che lo cir
condavano credeva aver compito un' opera che non avea consoli
data . e fra le pompe finì per perdere quella popolarità che avea
f.itta la di lui grandezza. Allora Clemente VI. vedendo giunta l'op-
portuuità di perdere il Tribuno , spediva a. Roma un Legato colla
missione di comporre le civili discordie. Passando per Siena avea
detto ai Magistrati esser Cola un nemico della Chiesa. I nemici del
Tribuno profitarono della circostanza per impadronirsi di Roma.,
ma il popolo respinse le loro forze uccidendo alcuni Baroni per le
vie della citta, e fra questi il vecchio Colonna ed un suo figlio; ma
questo
l0 avea popolo
nella prosperità
che si tenneripudiato
per vincitore
per circondarsi
disprezzava
di quei
quelnobili
Cola che

avea combattuti.
Il Legato in fine lo accusò d'eresia e lo scomunicò. Allora Cola
ricorse nuovamente al popolo, ma questa volta la di lui eloquenza
non
1l suoebbe
potere.
efficacia:
Ecco eil frustrato
giudizio di
nelle
Sismondi
sue speranze
intornofinì
a quest'
per deporre
uomo.
m
« La rivoluzione che rovesciò Cola da Rienzo accadde il 15
« Deccmbre 1347, meno di scite mesi dopo essersi fatto capo della
« Repubblica. In questo breve spazio di tempo quest' uomo avea
« dato al mondo un maraviglioso esempio del potere dell'eloquen-
« za , e dell' entusiasmo, che il nome e la memoria di Roma ecci-
« tavano in tutta Europa, come pure deH'inebrinmento cui si espo-
« ne il dotto che dalla biblioteca viene portato sul trono, e che non
« ha potuto prepararsi che coi libri all' esercizio del sovrano po
« tere ».
Cola fuggendo da Roma dopo tante vicende tristissime ebbe
asilo alla Corte di Lodovico d' Ungheria: quindi passò in Germania
ad implorare la protezione dell' Imperator Carlo IV. Il Petrarca a
questo Principe lo raccomandava. ma il discendente della casa di
Lussemburgo lo diede slealmente in potere del Pontefice: la morte
però di Clemente lo salvò dal suppli/io che lo minacciava. Il di lui
successore Innocenzo VI. volendo liberare tutte le città degli stati
Romani dai tiranni che le dominavano , mandò a Roma lo .stesso
Cola unitamente al Cardinale Albernoz ; con quella missione en
trati in Roma per opera di Francesco Baroncelli, che in mezzo alle
civili risorte divisioni dei potenti , teneva il governo della città,
chiamato il popolo alle armi , Cola riprese il primiero ascendente ,
e fu nominato dall' Albernoz Senatore di Roma ; ma l' esperienza
uon avea corretti i di lui vizi , le sue debolezze , la sua vanità ;
e siccome la sua posizione, era piìi difficile di quando rappresen
tava la parte di Tribuno, trattandosi adesso di conciliare la volontà
del Pontefice colle esigenze del popolo , i suoi difetti apparvero
ancora maggiori , talché scoppiò una sedizione di cui fu vittima.
Cola attaccato dal popolo nel suo palazzo tentò invano difendersi,
e cercò di fuggire travestito.. ma essendo stato per fatalità ricono
sciuto fu trascinato fino alla seconda scala del Campidoglio avanti
al leene di porfido egiziano , e mentre tentava di parlare fu uc
ciso con un colpo di pugnate da un tai Cecco del Vecchio, e così
quel luogo stesso che era stato testimone dei suoi trionfi vide la
sua miseranda fine; e quel popolo stesso che lo avea un giorno
esaltato, trascinò barbaramente il di lui cadavere per le strade di
Roma.
Per non interrompere l'interessante racconto che riguarda Cola
176:
di Rienzo ci siamo spinti ad epoche avanzate , ora riloniìamo al
punto at quale abbiamo la stona di Siena interrotta.
Nell' anno 1 346 nessuna guerra esterna minacciava il riposo
della Repubblica : il Governo dei Nove , sebbene di natura oligar
chico, pure era stato salutare allo stato: ma quei turbamenti stessi
che accadevano prossimamente nelli stati romani erano esca per
coloro che aveano sete di dominio a cospirare contro una magistra
tura invisa. Infatti un tale Spinellacelo Toiotnei sollevando coi suoi
settari tutti i malcontenti , corsero le strade della città gridando ,
muojano i Nove ! e non avendo potuto forzare il palazzo, si porta
rono alle respettive case di coloro che erano di magistrato ; ma
queste pure erano ben guardate, per cui vani riuscirono i loro at
tacchi. Finalmente si ridussero a quella di Berto di Lotto , ove si
erano adunati i Nove in consulta : quivi la difesa essendo stata
meno valida, vi entrarono qnei furibondi ed uccisero Giovanni Fo-
scherani ed uno dei suoi figli che tentò difenderlo. Tuttavia la ri
voluzione nou faceva profitto, poiché su tutti i punti la forza pub
blica trionfava , per cui i congiurati vedendo la inutilità dei loro
sforzi si diedero alla fuga, e mancati i capi, gli altri restarono senza
consiglio , né poterono attro tentare. Fu dimandato dai Nove soc
corso a Firenze ed in pochi giorni furono riunite tante forze da
imporne ai faziosi. Allora incominciò il corso della giustizia, e molti
dei colpevoli furono decapitati , altri banditi : e per vieppiù con
solidare il potere esistente fu fatta in Staggia il 20 Luglio di quel*
l'anno 1346 nuova lega coi Fiorentini, e nei capitoli fu dichia
rato e/te qualunque congiura che fosse fatta contro qtialsivoglia di
Magistrato o stato delle due città , s' intendesse fatta ancor contro
I' altra , e parimente dovesse pigliarne la difesa , e procedere con
tutto il potere alla distruzione dei congiurati. Cosi il pericolo per
allora si dileguò.
Era sceso in Italia con formidabile esercito Lodo-fico Re d'Un
gheria col fine di vendicare , colla conquista del Reame di Napoli,
la morte del suo fratello Andrea , attribuita a sua moglie Regina
Giovanna. Essa presa da timore in un col suo nuovo consorte
Principe di Tarante fuggirono da Napoli per andare a ricovrarsi in
Provenza. Giunti in Siena furono magnificamente onorati, siccome
i Senesi conservavano grata memoria del Ite Roberto suo zio. Nou
177
fu però loro possibile di proseguire il viaggio per ferra , men
tre i Fiorentini li ricusarono il passo per il loro stato, e fu neces
sità prender la via di mare, e cosisi ridussero in Avignonc, ove
i reali coniugi furono dal Pontefice benignamente accolti.
Aveva intanto Lodovico preso Napoli , e conquistato tutto il
Reame , ove avea esercitate le sue vendette e col supplizio del
Duca di Durazzo, e colla persecuzione contro di altri della casa
Reale: ma la manifestazione della peste che fu terribile in tuli.i
Italia nell' aiuio 1318 la decise a tornarsene sollecitamente in Un
gheria, lasciando a guardia del Regno una parte del di lui esercito
sotto gli ordini di Corrado Lupo che era uno dei Baroni che l0
avean seguitato.
Se da una parte la corruttela delle corti, e la mollezza che in-
cominciavasi ad introdurre nei costumi, snervavano la generazione
durante il Secolo XIV. , d. dl' altra svilupp;iv.msi gl' ingegni in
mezzo alle fazioni, ai partiti, agli odj municipali delle Repubbliche
Italiane. La poesia, la pittura, la musica, l' architettura, la scultura
che avevano nel secolo anteriore ricevuto un nuovo impulso,
raggiungevano quel grado di perfezionamento che costituisce il
vero beli». Gusto , "genio , grandezza , eran penetrate nella mente
degli immini , e facevau un ammirabile contrasto coi vizi che dal-
l' altra parte degradavano l' epoca, quando un flagello terribile so-
praggiunse a cambiare l' aspetto di questa condizione, come se la
Provvidenza nei suoi arcani destinato avesse di arrestare a quel
piinto lo slancio del genio Italiano.
Una malattia epidemica contagiosa erasi sviluppata in Oriente;
le tradizioni popolari sono piene di favoli. intorno alla sua origine;
standosene per altro a quanto ne riferisce lo storico Villani, pare
che nel regno di Casiin la terra fosse agitata da violenti scosse di
terremoto, per cui affondarono villaggi e città ; le voragini aperte
vuomitarono fiamme, che comunicandosi alle erbe aride si estesero
da ogni banda alla distanza di molti giorni di cammino. Coloro che
giosa,
si sottrassero
che si sparse
a qaesto
dalle
disastro
rive del
secoTauai
portarono
a Trabisonda.
una maiatila
A Sebastia
conta-

le piogge furono accompagnate da uu enorme quantità di insetti


ueri , quali avvelenavano col morso , e la putrefazione di quelli
morti infettava l'aria. Intanto la peste faceva rapidi progressi, poi-
12
178
ché si spnrse in tutto il Levante , e tlnll' Egitto attaccò le Isoie
dell'Arcipelago, la Turchia, la Grecia, nò vi erano allora istituzioni
onde provvedere all' igiene pubblica per mezzo di provvide leggi
sanitarie , onde era impossibile arrestare il corso di questo conta
gio. Infatti i mercanti Italiani che per l'esercizio del loro commer
cio dimoravano in quei paesi , spaventati dalla comparsa dell' epi
demia , fuggendo portarono il contagio in Sicilia , in Corsica , in
Sardegna, in tutte le coste del Mediterraneo , da dove propagossi
in tutta Italia , e quindi in Alemagna, in Francia, in Spagna.
L'infezione si comunicava non solo coll' assistenza dei malati,
ma ancora col tatto di oggetti impestati , sicché lo spavento era
così grande che giammai si era veduto l' egoismo raggiungere ogni
eccesso: non solo il vicino abbandonava il vicino, l' amico, l'amico,
ma la sposa il marito , e perfino i genitori i propri figli. In mezzo
allo spavento tacevano iutti i nobili e cari sentimenti , e pochi
generosi si distinsero con opere umanitarie, e fra questi non pochi
furono vittima di una filantropia ammirabile; e per quanto sia im
possibile alla storia il citare quei nomi degni di rispetto , pure é
consolante il ritrovare sempre la virtù in mezzo ancora all' oblìo
dei più nobili sentimenti della natura. I giovagti libertini per dis
simulare il loro interno Umore si davano più che mai ai piaceri
sensuali. ai passatempi, ai bagordi, ma non per questo si libera
vano dall'epidemia, che anzi consumando la vita più sollecitamente
cadevano vittima del morbo.
Èra tale l'abbandono in cui erano le popolazioni cadute, che
il fetore esalante dalle meschine case dei poveri , era il solo indi
zio delle morti ivi avvenute. Alcuni colpiti improvvisamente ca
devano per le vie come per effetto di apoplessia fulminante.
I cadaveri che venivano sepolti lo erano per cura di quei po
chi generosi. che una carità evangelica li spingeva a '[nel dovere;
essi dicevono « ajutiamoci a portare questo cadavere alla fossa ,
onde altri ci portino quando morremo ».
La proporzione dei morti sui maiati era spaventevole , poiché
in cinque colpiti dal morbo uno appena se ne salvava. Il cronista
Angelo di Tura ci dice che in Siena nei quattro mesi di Maggio ,
Giugno , Luglio ed Agosto di quell'anno 1348 la peste rapi ottan-
t. inni. i persone. Noi crediamo che abbia inteso di parlare non della
179
citth solamente, ma di tutio il dominio Senese (1), infatti, al Mura-
tori ancora nell'aspetto in cui vien posta, o sembrata quella cifra
esagerata; il Malavolti poi si esprime. « La pesto consumò la mag-
• gior parte dei viventi; in Siena si estinscro più di mito casate
« nobili, oltre alle altre innumerevoli di ninna considerazione (i).
A Firenze pure la strage che fece la fiera epidemia fu immensa.
Una delle perdite più significanti la quella dello storico Villani,
che aveva fedelmente registrati tutti gli avvenimenti eonlempora-
nei : e le sue narrazioni scritte con grazia ed elegania hanno ser
vilo di base a tutti coloro che hanno voluto parlare di cose Italiane
e particolarmente fiorentine. Il Sismoudi poi che deve aver consul
tato documenti autentici asserisce che la peste del 1348 tolse tre
quarti della popolazione di ciascuno stato. Cosi si può argomenta
re, che al cessare del contagio le città poco prima fiorenti, attive,
industriose, piene di vita, erano divenute squallide, deserte, prive
di quel moto che ne accresce la maestà.
Fu necessario 'in Siena sospendere la fabbrica, che dicci aimi

(1) Come abbiamo veduto dal censo delia popolazione . non po


teva a questa cifra elevarsi il numero totale degli abitanti dell' in
terno della città.
(i) Se devesi prestar fede alle tradizioni il none di Fontebranda
fu quasi satvo datt' epidemia : se ne attribuisce la causa alle esala
zioni delle materie che servono alia concia ildlc pelli . per mezzo
delle quali I' atmosfera si puninva datla infezione. Si vuole aurora
che molte famiglie »i salvassero ricovrando colà; ci mancano per al
tro dati certi su mi fondarci. Si vuole ancora che aicuni rioni fos
sero dati alle fiami;•e dopo cessato il malore, di.rante il quale erano
stati isolati . e si spiegherebbe cos'i la ragione per cui esistono tanti
terreni ridotti a r.nìtura entro il recinto delle mura.
Vittima rii questa peste fu pure il B. Rernardo. Tolomei con 80
dei suoi compagni che eransi dedicati a soccorrere con cristiana ca
rità gli attaccati dal morbo , ma non é stato possibile ritrovare il
cadavere del detto Beato. Esso fu il fondatore del Ccuobio di Monte
Oliveta maggiore, che ebbe ancora un convento presso Porta Tufi.
Furono a lui compagnt in questa deista e pia impresa Patrizio Pa
trizi , ed Ambrogio Piccolomini nobili Senesi ; egli fu ancora let
tore all' Università Senese.
180
prima era incominciata. della Cattedrale. di quel magnifico tempio
che portato a compimento, doveva formare una meraviglia. Quando
fu ripresa, occorse proporzionare l'opera ai diminuiti mezzi, onde
il piano fu ristretto e limitato alla grandezza che presentemente
vediamo. E se nelle forme architettoniche qualche leggera mancanza
esiste, non si potrà negare esser questo un monumento pregievole
per la sua finitezza , pei suoi ornati , pei il suo pavimento vera
mente unico, per le belle pitture a buon affresco di cui é fregiato,
per le belle statue che l' «dornano, per la sua bella facciata gotica,
talché l' istruito viaggiatore che lo visita, vi riscontra dappertutto
un gusto squisito , mi una ricchezza di arti profusa perfino negli
angoli della chiesa. E qualora la immaginazioue si trasporti a con
siderare la grandezza del primitivo progetto, calcolandolo dalle ve-
stigia dei muri, e dalle colonne che rimasero imperfette, e che tut
tora in modo stabile si conservano, couvien dire che la Repubblica
disponeva di. mezzi, sui quali fra le miserie dei tempi moderni
non possiamo con ragione , ed aggiustatezza decidere , poiché sor
prende che un piccolo stato, impegnato in continue guerre coi vi
cini, in mezzo a continue abitazioni di partiti, potesse impegnarsi
e mandare a rompimento delle opere, e dei monumenti degni delle
più grandi e delle più potenti nazioni. Noi crediamo che il patriot
tismo dei privati supplisse alla modicità delle pubbliche risorse (I).

(1) Nelt asserire che la sospensione della fabbrica del Duomo fu


per cagione della pette, ci siamo tenuti ad una tradizione generalmen
te accettata. Resulta bensì da documenti autentici e specialmente da
un Lodo o parere di Benci di Cione di Firenze esistere nell' Archi
vio dell' Opera del Duomo di Siena , e da altro parere di Maestro
Domenico d'Agostino, e di Maestro Niccolò di Cecco del Mtrcia, ( ar
chivio detto, libro .V. 1. documento di N. 5). che la fabbrica nuova
fosse difettosa nella sua costruzione, e questi ultimi specialmente con
sigliarono di mantenere tale quale era la fabbrica vecchia , e colia
aggiunta che si faceva allora (1537) sopra al S. Giovanni. Sembra
poi, che la fabbrica nuova minacciasse rovina, perché trovasi una de
liberazione dei Dodici Governatori della Repubblica del mese di Giu
gno 1357 che ordina la demolizione delle volte della fabbrica nuo-
Non abbiamo la presunzione di (essere una storia artistica ,
onde non saremo addebitati se abbiamo consacrate soltanto po
che parole alla descrizione di questo magnifico Tempio , e se tra
scuriamo ancora di far cenno di tanti altri di cui la città é ricca:
come ancora é perdonabile il nostro silenzio intorno a tante isti
tuzioni di beneficenza di cui la città stessa abbonda : essi sono
doni lasciati dalla previdenza dei nostri maggiori , e che a giusto
titolo possono lusingare un municipale orgoglio. Ci siamo prefissi
di tenerci ad un compendio della storia politica; il campo sarebbe
troppo vasto qualora diffonder ci dovessimo in altre materie ; é
bensì giusto l' asserire che i Senesi persistono nell' amore di pa
tria carità, talché si rinuuovavano giornalmente gli esempi di ge
nerosa filantropia ; e se i moderni non sono splendidi quanto di
antichi , ciò si deve attribuire ai cambiati tempi , alle diminuite
fortune , alle sfortunate vicende cui andò nei secoli trascorsi sog
getta questa città.
Le pubbliche sciagure se ammaestrano i popoli, non per que
sto ne cambiano l'istinto: esso ha le sue profonde radici nelle isti
tuzioni, e nei costumi, per cui a misura che vien ripresa quella
vita che restò per un momento paralizzata, tornano a germogliare
quei vizi che nell' organismo sociale sono impressi , onde vedremo
ben presto riunuovarsi gli odj privati , le fazioni . i partiti, il sor
do agitarsi delle sette , i rancori municipali , lo spirito di domi
nio , e di divisione ; bensì la società entrava nel Secolo XIV. in
una nuova fase , mediante la invenzione delle artiglierie , inven
zione
nica eche
terribile
cambiòdell' arte
fuoco,della
all' arme
guerra,bianca,
sostituendo
sulla quale
l' azione
fino mecc:i-
allora

va ; al che può aver contribuito e il difetto di costruzione , e I' ab


bandono in cui era stata lasciata dopo la peste : cos'i nel testo :
« Ideo sapientes predicli unanimiter et coucorditer provide-
« runt et ordiuaverunt , quod more volte et cuncta laboreria que
« sunt super diclis inuris diete nove ecclesie , quam cilius fieri
a potest , disfaciantur , muris circunstantibus, diete novae ecclesie
« salvis remnnentilius eie. etc. eie.
( .Si legge nclI' occhietti! ) come si prese in Consiglio che il Duomo si
disfaccia: dclib. del mese di Giugno anno MCCCL\'lf
1*2
erasi fondata la difesn, e l' attacco delle piazze, e la strategia dei
combattimenti a campo aperto.
La prima volta tanino impiegate nella battaglia di Crecy fra
gl' Inglesi, ed i Francesi: le prime armi si chiamarono bombarde.
Questa invenzione che andò progressivamente perfezionandosi eb
be la più grande influenza sui destini delle nazioni , poiché sosti
tuendo al valor personale la forza dei mezzi artificiali , la guerra
divenne un calcolo ; le mura non furono altrimenti ucr sicuro ri
paro. Le cifre numeriche dei tiri delle artiglierie , e della portata
di esse, divennero la soluzione di quelle sanguinose lotte, i:he com
battute prima corpo a corpo erano decise dal valore dei più per
fetti cavalieri.
CAPITOLO OTTAVO

SOMMARIO

Fa Regina Giovanna riconquista il Reame di Napoli — Conse


guenze della peste sui costumi, e sulle proprietà — Giubbileo -* le
ga fra i Senesi, Fiorentini . Perugini , ed Aretini, contro ti Vescovo
Visconti di Milano — Montepulciano si 'ribella alla Repubblica di
Siena — È sottomesso — / Tolomei s' insignoriscono di Colle di Val
d' Elza — Ne sono discacciati — Cappella di Piazza edificata —
Pier Saccone — Ambiziose mire del Vescovo Visconti — Le Repub
bliche Toscane chiedono soccorso a Carlo i V. Re dei Romani — Con
venzione fatta — Fra Mortale Cavaliere di Rodi — Carlo JV. ne
ga di ratificare il trattato fatto a Firenze — l.e Repubbliche To
scane si pacificano coll' Arcivescovo di Milano — Carlo IV. scende
in Italia — Viene a Pisa — Siena a lui spedisce deputati a prestare
obbedivi- a — Tergiversazioni — Cario giunge a Sietia — lI popolo
chiede la caduta del Magistrato dei Nove — Sono discacciati dal Pa
lazzo — La plebe trionfa — Nuova forma di Governo — Carlo IV.
parte per Roma lasciando suo Vicario in Siena l' Arcivescovo di
Praga — / dodici Governatori — Collegio dei Nobili — Consiglio
generale — Nuove discordie — Carlo JV. reduce da Roma vuoi pro
fittarne — II Patriarca o" Aquilea dichiarato Signore della città —
Carlo parte da Siena — Agitazioni interne — 1I Patriarca lascia
la città — Malvei suzioni commesse dai Dodici — Carlo IV. torna
in Germania — Diverse città del dominio si ribellano — Terribile
vendetta dei Senesi contro Massa — Stratagemma dei Montepulcia-
nesi — // toro messo é impiccato in Siena — Patriottismo dei No
bili — Capitón di popolo della città — / Senesi perdono la Rocca
di Montepulciano — Grosseto si sottomette — Congiura di d'ano di
Benedetto — II porto di Talamone animato dal commercio dei Fio
rentini — Male intelligenze fra Senesi e Perugini — Grosseto si ri
bella — È attaccato e preso d' assalto dai Senesi — Guerra di Sie
na contro Perugia — / Senesi' liberano Cortona dall'assedio — L'e
sercito Senese passa la Chiana — Batte i Perugini — Si spinge
sotto Perugia — Carlo IV. si mostra benevolo verso i Senesi — Con
tinua la guerra contro Perugia — / Senesi sono respinti a Monte
S. Savino — Anichino lar generale sospettato traditore — / Peru
gini alle porte di Siena — La compagnia del Conta Lando assoldatu
dai Senesi — / Fiorentini gli negano il passo — Pace conclusa fra
184
Senesi e Pendini — Aon é otse.rvata dalle parti, indi é ristabilita
Ja compagnia del Conte Lando — Congiura ordita da alcuni dell'or
dine dei Nove — È scoperta — Pestilenza — La compagnia detta
del Cappella — È battuta presso Torrita — Magistrato dei Regola
tori — La compagnia bianca sotto Firenze — Pace fra Pisani e Fio
rentini — La compagnia della Stella — Si unisce a quella di Ani-
chino e battono la compagnia inglese — // Papa Urbano lascia
Aviffuone e torna a Roma — Insidie dei dodici contro i Nobili —
Maiatata da Rimini spedito a Siena da Carlo IV. — Si lenta di
ricostituire il Governo dei Consoli — Sedizione fra i Nobili , ed i
Popolani — Questi aiutati dal Maìatetta sono vittoriosi — / infor
matori — Carlo IV. in Siena — Parte per Roma — Nuove popolari
agitazioni — Carla IV. torna da Roma — Tenta assoggettare la Re
pubblica — il popolo attacca le sue truppe — /.a barricata al pa
lazzo Tolomei — Eccidio — È assediato nel Palazzo Salimbeni —
Tratta col popolo — Accorda privilegi — Parte da Siena.

lYLentre la peste infieriva , la Regina Giovanna saputo che i


Napoletani stanchi del giogo degli Ungari desideravano il di lei ri
torno si apparecchiò alla conquista del suo regno; e siccome le di
lei finanze erano affatto esauste , vendeva a Clemente VI. la so
vranità di Avignone , che ad essa apparteneva, per 30,000 fiorini.
In questa circostanza il Papa accordò a Luigi di Taranto, che non
aveva voluto riconoscere come Re di Napoli, il titolo di Re di Ge
rusalemme. I due sposi partirono sul finire d'Agosto del 1348 eoa
dieci galee genovesi prese al loro soldo, e giunsero a Santa Maria del
Carmine presso Napoli : di lì preceduti dalla grande compagnia co
mandata dal Duca Guarnieri, che era passato al loro servizio, rien
trarono in Napoli . mentre gli Ungari eransi ritirati nelle fortezze.
Luigi di Taranto si adoprò molto abilmente per riconquistare
il regno, ma dovette lasciare le provincie in balta di soldati mer-
cenari, che barbaramente trattarono i regnicoli, vessandoli con ogni
crudeltà. I capitani di ventura incominciarono così il loro mestiere
coll' esercizio del quale doveano tanti mali arrecare alla misera Ita
lia , come in seguito diremo.
La Repubblica di Siena mandò ambasciatori a Napoli a con
gratularsi colla Regina per il di lui ritorno , e per la coronazione
come Re di Napoli del suo secondo consorte ; mandò pure alcune
185
troppe in soccorso dei Perugini che erano a campo nella terra di
Bellona, che erasi ad essi ribellata: e fu costietta ancora mandare
altre truppe alla volta della Valdichiana per difenderla dalla com
pagnia di Corrado Lupo, che essendo stato Vicario del Re d'Un
gheria a Napoli, come abbiamo detto , ora devastava orribilmente
tutti i paesi che percorreva. Al cessare della peste si accesero una
infinita di litigi per conseguire le giacenti eredità di quelle fami
glie che eransi estinte.durantc il flagello ; e quì come altrove il
popolo si era dato alla crapula, profittando degli averi degli estinti
divenuti proprietà d' illegittimi possessori. Non si trovava chi vo
lesse lavorare, sebbene i salari fossero ammontati ad uu prezzo esa
gerato; l'agricoltura mancava di braccia, le fabbriche languivano:
il danno resultante da questo stato era immenso. La religione al
lora venne in soccorso della politica, poiché Clemente VI. volendo
richiamare i fedeli a sentimenti di pietà , dopo il terribile flagello
che aveva le popolazioni decimate , pubblicò un nuovo giubbileo
per il 1350, e nell' incominciare di quell' anno, ad onta di una
rigorosa stagione, il concorso verso Roma dei pellegrini che da ogni .
parte dell' Europa scendevano in Italia , fu immenso. Questi reli
giosi viaggiatori diedero l'esempio di un fervore e di una pura
morale , talché l' esempio contribuì potentemente a migliorare la
condizione della società.
Altri torbidi si apprestavano , poiché i Signori della Lombar
dia rinfrancatisi dalle perdite sofferte nella peste andavano susci
tando nuove contese alle Repubbliche della Toscana. Quella di Siena
fu costretta a spedire delle truppe comandate da Francesco Acca-
rigi per riprendere la terra di Piancastagnajoche si era ribellata per
darsi a Giovanni Visconti Vescovo e Signore di Milano. Egli aveva
ancora destata la gelosia dei governi della Toscana colla compra che
avea fatta dai Pepoli della città di Bologna , e supposero con ra
gione che volesse farne la base di una meditata conquista ; questi
sospetti accrebbero tosto che egli mandò un esercito in Toscana
sotto la condotta di Giovanni di Oleggio. Fu allora che si aduna
rono in Siena (1352) i deputati delle città di Firenze, di Arezzo,
e di Perugia, e formarono coi Senesi una lega onde difendersi dul-
l' aggressione. Infatti le truppe di queste quattro città collegate
contrastarono valorosamente alle truppe del Visconti il possesso
186
della terra di Scarperia, da dove all' avvicinarsi dell' inverno, ve
duta l'inutilità dei replicati assalii, poiché furono sempre respinti ,
doverono vergognosamente sloggiare per ritirarsi a Bologna.
Durante questi fatti Montepulciano si era ribellato ai Senesi
per brighe occulte del Visconti , dal quale avea sperato soccorso.
La Repubblica vi spediva le sue truppe per ridarla colla forza ,
ma non fu impiegata, perché fattesi mediatrici le città collegate si
sottomise colla capitolazione del 21 Aprile 1353.
Né furono queste sole le cure che richiamarono l' attenzione
dei Senesi. Il Magistrato dei Nove si era lasciato sfuggire l' occa
sione di occupare la terra di Colle di Val d' Elsa , che a cagione
delle stragi occasionate dalla peste era rimasta quasi deserta ; se
ne insignorirono invece quei Tolomei che a motivo delta congiura
contro i Nove , erano stati dichiarati ribelli e banditi.
I Fiorentini per altro fedeli al trattato stipulato in Staggia
mandarono le lor genti a scacciare di là i Tolomei . e così furono
allontanati dai confini dello stato quei fuoruscili che ne turbavano
la quiete ed il riposo. Anche la terra di Casole si ribellò, per cui
i Nove furono costretti a chiamar le Cerne (1), e spedite queste con
tro il Castel di Casole , dopo diversi attacchi si arrese , e tornò
sotto il dominio della Repubblica. In mezzo a questi turbamenti
non trascuravano i Nove di abbellir la città con nuovi monumenti.
Con pubblico decreto fu ordinata la erezione della Cappella che é
a pié della torre della Piazza del Campo , onde eternare la infau
sta memoria della pestilenza; il disegno ne fu dato da Duccio ce
lebre pittore Senese. Sì la forma , come l' esecuzione delle scultu
re . e degli ornati di cui é ricca . attestano il progresso che avean
fatto le arti belle. Questa Cappella ha le forme di un loggiato, ed
é aperta mediante tre archi che ne sostengono e di fronte, e late
ralmente il frontone ; ed a ciò fare vi contribuì l' idea di erigere
un' altare , nel quale celebrar si potessero i divini uffici all' aria
aperta , nel caso fatale. in cui rinnuovar si dovesse la pestilenza,

(1) Cerne era una voce che significava chiamare sotto le armi
i battaglioni 6 compagnie destinate alla difesa dello stato.
pensiero che diede luogo ad una originalità , che tutti non sanno
spiegare , e oosì la Piazza , che Dante chiamò del Campo , ornata
da questo monumento, dalla fonte di Giacomo della Quercia, che
é pur essa originale nella forma , dal magnifico palazzo della Si
gnoria e da diversi altri che sono pur magnifici , e dalla svelta
torre detta del Mangia , offre all' occhio un insieme che é bello a
vedersi (1).
Se le arti fiorivano, lo spirito pubblico non migliorava in nes
suna parte cl' Italia , anzi i inali , da cui era viziato il di lei or
ganismo sociale , si facevano oguor più sensibili.
In Toscana si palesarono nuove agitazioni. Appena terminate
le differenze fra la Regina Giovanna ed il Re d'Ungheria, meiiiante
la renuuzia di quest'ultimo a qualunque pretesa sul Reame di Na
poli , pago di aver vendicato l' assassinio del fratello ; e mentre il
Papa tentava di porre un limite all'ambizione del Vescovo Viscon
ti, che divenuto potente minacciava l'indipendenza dei piccoli stati,
quel Pier Saccone, che il Duca d' Atene avea liberato dal carcere,
in cui i Fiorentini con ingratitudine lo avean chiuso, predominato
da cieca ambizione aveva potuto riunire una schiera di cavalli e
fanti che condusse all'acquisto di Borgo S. Sepolcro togliendolo
HÌ Perugini, e quindi a lui si diede la terra d'Angniari. Il Vescovo
di Milano non era straniero a queste brighe : al tempo stesso la
famiglia Brandagli di Arezzo tentò per mezzo di una congiura ve
nire in possesso di Orvieto , togliendolo ai Nonaldeschi che se ne
erano fatti tiranni. Altre controversie sanguinose accaddero fra
Buonconte
naldeschi, che
e Petruccio
divennerodi fra
Pepo,
loroambedue
nemici per
dulia
maliziosa
stessa famiglia
insinuazione
Mo-

del Vescovo di Milano , che lini per mandare suo Vicario il Pre
felto di Vico , che si fece signore di Viterbo , ed Orvieto , cosi si
fu manifesto che la libertà tanto decantata di quei tempi era effi-

(1) È da lamentarsi che l' Architetto Fantastici consigliasse la


rimodernazione del palazzo Cerretani che da sulla piazza, che era
di un gotico bellissimo, e forse il più antico di quanti palazzi odor-
nano la piazza stessa.
188
mera, mentre i popoli soggiacevano alla tirannia dei potenti, o dei
partiti , ed in mezzo alle continue divisioni tutto era precario , e
la società senza un'ordine stabile era continuamente agitata da ri
voluzioni , nelle, quali il vincitore perseguitava ferocemente il soc
combente; e tanti erano i mali di quell'epoca, che hanno lasciato
dietro di se tracce .funeste del loro predominio.
Se le città Toscane che si erano collegate contro il Vescovo
Visconti poterono trionfare di lui a Scarperia , più terribili delle
sue armi erano le di lui insidie, ed i mezzi di corruttela di cui si
serviva per comprare coll'oro ovunqne i traditori, onde furono co
strette a spedire Ambasciatori al Papa Clemente VI. per impegnarlo
ad agire contro il Vescovo di Milano (1) , ma essi erano stati pre
venuti ; e la Corte di Avignone era già stata sedotta dal Viscon
ti , e la collera pontificia di cui in passato esso avea temuto , an
dava giornalmente mitigandosi. Gli ambasciatori conobbero di non
potere altrimenti fare assegnamento sulle forze della Chiesa. Infatti
il Papa ed il Vescovo si misero d'accordo. Intanto le Repubbliche
Toscane costrette di rinunziare ai soccorsi del loro naturale alleato
si rivolsero all' erede di una famiglia contro la quale i loro ante
nati avevano guerreggiato , at nipote cioé di Enrico VII., al figlio
di Giovanni di Boemia , a Carlo IV. che inallora era Re dei Ro
mani. Gli rappresentarono che quell' avanzo di potere che gl' Im
peratori conservavano ancora in Italia sarebbe in breve usurpato
dai Visconti , se il monarca non poneva freno alle loro ambizioni.
Gli promisero di secondarlo con tutte le loro forze nell' impresa, e
di pagargli i sussidj quando scenderebbe in Italia a prendere le
due corone dei Lombardi, e dell'Impero Romano. Venne a Firenze
un Cancelliere di Carlo IV. per stabilire il trattato, e fu convenuto
che il sussidio da pagarglisi fosse portato a dugentomila fiorini, e
che l' Imperatore dovesse condurre un' armata di 6000 cavalli , di
cui soltanto un terzo sarebbero da lui pagati, e che i magistrati delle
Repubbliche dovessero prendere il titolo di Vicari Imperiali.
Le sole Repubbliche che allora rimanevano in Italia si limi-

fi. Per Siena andarono Ciane Malavolti e Francesco Accarigi.


189
lavano a Venezia , Pisa , Firenze , Siena , e Perugia ; trovavansi
Genova e Bologna almeno momentaneamente sottomesse ai Viscon
ti ; Lucca obbediva ai Pisani , le altre città della Toscana erano
piuttosto
parentemente
suddite
strano
che che
alleate
essideiricorressero
tre Comunia Guelfi,
cercare eun
sembra
appoggio
ap-

nel rappresentante del partito Ghibellino, segno manifesto, che oltre


alla necessità , che é Purissima legge. vi concorresse ancora il de
cadimento, che nella pubblica opinione incominciavano questi par
tili a subire; gli altri stati Italiani obbedivano ai Signori e tiran-
nucoli che ne aveano usurpato il potere.
Fra Moriale scorreva allora l' Italia colla sua compagnia ; era
costui un cavaliere di Rodi , Provenzale di nazione , che essendo
stato lasciato a guardia di una parte del Reame di Napoli da Lo
do vico Re d'Ungheria; quando fu di Ih scacciato da Mala testa Si
gnore di Rimini, che era passato ai servigi di Giovanna Regina di
Napoli, riunì un gran numero di venturieri, e si diede a scorrere
e taglieggiare le città , e devastare i paesi. Comparso nel contado
di Siena gettò lo spavento fra gli abitanti, e la Repubblica per li
berarsi dalla presenza di un ospite cosi incomodo , e da assassini
nemici della società., e da gente di perduti costumi fu costretta a
pagargli 13,300 fiorini. oltre alle sussistenze che egli estorse, e
che passarono sol to l' aspetto di doni voloutari (1).
Mentre tali fatti accadevano Carlo IV. per quanto desideroso
fosse di scendere con un esercito in Italia, pur non potendo allora
allontanarsi dal suo Regno di Boemia , rifiutò di ratificare il trat
tato fatto a Firenze. Allora i coallzzati vedendo di Inon poter far
fondamento sul di lui appoggio si risolsero di trattare gli accordi
coll' Arcivescovo di Milano , e dopo varie pratiche la pace fu sti
pulata a Sarzana colla mediazione dei Gambacorti, e della Repub
blica di Pisa, che eransi conservati nentrali fra l' Arcivescovo e le

(1) Moriale fu arrestato in Roma per ordine di Cola di Rienxo,


fu tradotto avanti ai giudici. e per le devastazioni da luì commesse
nelle Marche . nella Romagna, ed in Toscana, fu condannato a mor
te, ed- il 29 Agosto 1354 fu decapitato. ÌM sua compagnia era pas
sata sotto il comando del Conte Lando.
190
Repubbliche collegato; e i pochi castelli presi da una parte e dal
l'altra furono restituii i, e la Repubblica di Pisa si dichiarò garante
dell' esecuzione del trattato.
Un popolo come il Senese che peccava di volubilità presto va
gheggia nuovi ordini di governo , specialmente in tempi , in cui
mancano altre distrazioni che lo preoccupino. Tale é la natura
umana che presto si stanca ancor di quanto può aver desiderato.
Ora se a questa ragione si aggiunge I' altra della parzialità accor
data in un governo libero ad un ceto , che non era nemmeno il
più interessante, avremo trovato la causa per cui i Nove che go
vernavano la citta erano odiati e dal popolo , e dalla nobiltà e da
tutti quelli che non partecipavano al potere. E bensì vero che que
sto stesso potere aveva giovato appunto per essere in pochi ristret
to (1). Oiirst.i oligarchia popolare aveva mantenuto l'ordine all'in
terno. Collegandosi spesso colle altre citta Guelfe della Toscana aveva
acquistato una potenza, che sarebbe stata di minor considerazione
lasciandola in uno stato il' isolamento, e per quanto i Nove avessero
punito severamente tutti i cospiratori passati , pure non era pos
sibile estirpare il mal seme del rancore che esisteva contro di loro;
ora si avvicinava l' epoca fatale nella quale essi doveano soccom
bere sotto il peso della generale animaversione.
Èra finalmente sceso in Italia l' Imperatore Carlo IV. col con
senso d' Innocenzio VI. che era succeduto a Clemente, ed arrivato
a Pisa, i Nove calcolando su quanto era più utile per loro a farsi,
seguirono il consiglio di Giovanni Salimbeni , che nemico di molte
case nobili, spinto da nilj personali in quelle mene s'intrometteva,
e decisero di spedire una deputazione all' Imperatore per offrirgli
l' obbedienza della città senza patti. Fra gli ambasciatori mandati
alla volta di Pisa v' era Guccio Tolomei , il di cui animo era av
verso a quella precipitata deliberazione, e consultandosi con gli
ambasciatori Fiorentini ed Aretini, che erano in Pisa a complimen
tare l'Imperatore, lo dissuasero tanto dal proseguire nella sua mis
sione , che si decìse col consenso dei. suoi colleglii a spedire a

(1) Secoìido il Sismondi a forza di artifai usati nelle respetlive


elezioni gli eligibili da imborsarsi si limitavano a novanta nomi.
191
Siena, ondo meglio intendere il sentimento dei Nove, prima di ese
guire l'affidatogli incarico. Carlo informato di queste pratiche n'ebbe
sdegno , poiché a lui interessava di ricondurre a parte Ghibellina
una Repubblica che erosene; allontanata , e spiacevali che gli
sfuggisse la circostanza di otteuere il suo intento , quando a lui
mancava la forza per sottometterla. Egli cercava di aumentare col-
l' altrui la sua potenza , e s'ingannavano coloro che pretendevano
rendersi forti col di lui appoggio. Ritornato il messo di Siena por
tava l' ordine di dar corso alla commissione , onde Carlo accettò
in apparenza benignamente l' offerta piacqueli simulare.
La sera del 24 Marzo 1355 giunse improvisamente in Siena; il
giorno appresso si sollevò il popolo , che guidato dai Tolomei .
dai Matavolti , dai Piccolomini , dai Saracini . e da. alcuni dei Sa-
limbeni chiedeva ad alte grida la caduta del Magistrato dei Nove.
Èra priore in quel giorno Lorenzo di Lotto del Bragaglia , e dopo
vari combattimenti accaduti nelle piazze e nelle vie della citta ,
l'impeto del popolo divenne irresistibile, ed i Nove furono cacciati
dal palazzo : il loro odiato potere cessò quel giorno , nel quale il
trionfo rimase alla plebe sfrenata. Essa saccheggiò molte case , si
trasportò ai solili furibondi eccessi ; bruciò le borse della Signo
ria , le trascinò nel fango alla presenza dell'Imperatore, ed egli fa
cendosi dai Nove restituire le carte che gli avea rilasciate , le fece
bruciare alla loro presenza, ma fece si che la loro vita in quel tram
busto fosse salva.
Èra necessario costituire un nuovo governo, e Carlo, la di
cui influenza era divenuta superiore a qualunque autorità me
diante la consumata rivoluzione , vi provvidde dando commis
sione a venti cittadini, dodici popolani ed otto nobili di formulare
una nuova costituzione, e lasciandovi per suo Vicario l'Arcivescovo
di Praga, il 28 del detto mese si avviò alla volta di Roma, e nel
viaggio lo accompagnarono molti gentiluomini Senesi , che si mi
sero al di lui seguito. Intanto la Commissione incaricata di prepa
rare la nuova forma di governo il 31 di detto mese ordinò, che
dodici popolani dovessero essere i governatori ed amministratori
della Repubblica di Siena, da eleggersi quattro per cuscim terzo
da cambiarsi ogni due mesi : che questi dovessero a spese pub
bliche risiedere nel palazzo , e che atle loro deliberazioni dovessero
192
iutervenire dodici gentiluomini cligibili. quattro per terzo , senza
l'onere di risiedere in palazzo, meno che nel caso venissero chia
mati per pubblico servizio. Questa magistratura assunse il titolo
di Collegio dei Nobili. Il 17 di Aprile successivo fu ordinata la for
mazione di un Consiglio di 400 cittadini, dei quali 150 nobili e 250
popolani, eligibili e mutabili ogni sei mesi. Da questo consiglio ge
nerale furono esclusi , quelli che aveano fatto parte del governo
dei Nove. Se questa nuova costituzione sembrava equilibrata nei
poteri , pure conteneva il vizio di mettere continuamente in colli
sione la nobiltà col popolo. Carlo IV. reduce da Roma trovò già
sorte delle divisioni che minacciavano nuovi turbamenti. Egli ne
prese occasione per attentare alla indipendenza della Repubblica ,
e per appropriarsi un potere che i Senesi non sapevano sostenere.
A questo fine lusingando i popolani si fece un partito che lo rese
padrone d' imporre ai contrari. Fece accordare la Signoria dello
Stato at Patriarca d'Aquilea suo fratello naturale. Volle la consegna
di alquanto fortezze, e dichiarò cessato l'ufficio dei Dodici, e quello
del Collegio dei nobili. Ciò ottenuto Carlo IV. partiva da Siena il
5 Maggio per andarsene a Pisa , contento di aver procurato at di
lui fratello un bel retaggio. Cosi le interne divisioni aveano cieca
mente condotto la Repubblica sotto la sferza del dispotismo. Fatto
ardito dal successo Carlo IV. tentò in Pisa di praticarne le stesse
seduzioni a suo prò , ma fu contrariato dalle nuovila che sorsero
in Siena.
Il Patriarca d' Aquilea divenuto Signore dello Stato , credeva
sostenervisi lusingando la plebe, ed era questo un falso principio,
perché rendeva scontenti i ceti i più interessanti. Infatti il di lui
potere stabilito sopra deboli basi fu di breve durata , poiché il dì
8 Maggio la citta levossi in armi; furono chiuse le porte e minac
ciosa la moltitudine dimandava che fossero rimessi in officio i Do
dici governatori , ed il Collegio dei nobili. Durò ire giorni questo
stato di agitazione , e così finché i magistrati della Repubblica non
tornarono ad istallarsi io palazzo , e riassunsero le redini del go
verno. A questo trambusto altri ne successero a cagione di atcuni
forestieri che eransi introdotti in città. Essi tennero dei discorsi
sediziosi dai quali alcuni pretendevano scorgere aderenze segrete
colla nobiltà , altri non ne convenivano , e volevano difenderli.
193
Questo partilo tornò a dimandare soccorso all' Imperatore che tro-
vavasi in Pisa, ma egli travagliato da tanti disgusti lo ricusò, anzi
scriveva al Patriarca che procurasse di porsi in salvo. Infatti il 26
del detto mese dì Maggio egli spontaneamente ridonilava la Signo
ria che gli era stata conferita, e cosi tutto il potere ritorni) ai do
dici Governatori ed amministratori della Repubblica. Se una con
ciliazione fosse accaduta dei. nuovi coi vecchi magistrati , o per
meglio dire, se una fusione dell'ordine dei Dodici con. quello dei
Nove si fosse in quel tempo operata, forse si sarebbero risparmiate
nuove e nere collisioni, che in seguito agitarono la Repubblica più
crudelmente dei partiti Guelfo e Ghibellino; ma gli od] prevalsero
alla prudenza, e ciascun mutamento conteneva in se stesso il germe
di nuove sanguinose divisioni. Ed ora tanto potente allora quest'odio
che fu per mezzo di una legge stabilito che fosse in tutti gli atti
esistenti cancellato il titolo di governo dei Nove sostituendovi l'altro
dei Dodici , come se fosse stato possibile distruggcre così la me
moria dell' esistenza passata di un governo stabilito , mentre non
laccano che rendere ereditario nelle famiglie quello spirito di parte
che bisognava estinguere,
Carlo IV. colla slessa iugratitudioe. con cui mantò di fede ai
Nove sacrificandoli al rancore della plebe, si contenne coi Gamba
corti, cbc governando in Pisa lo aveau ricolmo di eortosie; e come
é costume degli sleali li fece sua vilume, poiché i Gambacorti. fu
rono uccisi colla macchia di traditori. Allora .si vide quanto più
accorti furonO'i Fiorentini che a lui pagarono contomila fiorini piut
tosto che riceverlo nella loro citta.
Il governo. dei Dodici esordiva con dei pubblici scandali; e sic
come le popolari commozioni conducono sempre al governo degli
esseri dispregievoli,. così la frode spesso subentra alla giustizia.
Infatti all'uscire d' uffizio , perché terminato il tempo di loro
residenza , furono condannati per falsati un Maestro Giovanni del-
l' Acqua , un Guccio di Piero , ed lacomo di Domenico che erano
stati di governo; il primo fu decapitato, gli. altri due si salvarono
con la fuga e furono banditi, e quelli ch* in. carica subentrarono
senza veruna forma di processo , e contro il. parere del Potestà e
degli altri magistrati che vegliavano al rispetto della giustizia, fe
cero decapitare Tallo e Bartolommeo figliuoli di un Manfredi , sul
13
dubbio che essi avessero tentato di cospirare contro lo stato: e ciò
sta a provaro che i mutamenti nel governo spesso peggiorano in
vece di migliorare 1. 1 condizione dolla società , e che invece det
bene sperato le vnriazioni conducono talvolta a mali impreveduti.
L'Imperatore intanto partendo da Pisa lasciava l'Italia per tornar
sene in Germania; i Senesi furono liberi dalla vicinanza di un po
tente, che simulatore qual era . poteva aver concepito il pensiero
di vendicarsi contro di essi dell'affronto usato al Patriarca d'Aqui-
Ica suo fratello. Rassicurato il popolo per questa parte tornò nuo
vamente a diffidare della nobiltà , sembrando ai piii , che essa, e
per lo splender dei natali , e per le possedute ricchezze potcsso
usurpare la suprema autorità : in una parola si ridestava la gelo
sia di Casta, ed era minacciata continuamente la interna tranquillità.
Questa permanente divisione che indeboliva la potenza della
Repubblica, fu causa che le cittii dello stato, scontente sempre
dell'altrui dominio si ribellassero. Grosscto, Massa, VonUdcino, Mon-
trpulciano, Casolo ed altre terre ricusarono obbedienzd ai magistrati
dell'i cinh: e siccome le interno agitazioni preoccupavano l'animo,
e la mcntc dei ciltadini, così nemmeno si pensava at modo di ar
restare lo sfacelo da cui era la Repubblica minacciata. Tinalmentc
vedendo che i Massetani olire all'aver discacciati tutti i Senesi che
colà ritrovavanoi . e che l' assediata rocca senza pronto soccorso
sarebbe in poiere dei ribelli caduta , il Magistrato dei Dodici pensò
di mandarvi l'esercito. Incontrata per via una banda di Massotani
usciti per combatterlo , senza esitanza fu dai Senesi attaccata , e
molti Massetani morirono nella mischia, e la più gran parte si di
spersero. Giunto l'esercito Senese a Massa nel calore di quella vit
toria la prese d' assalto, la mise a sacco, e fu qucst' esempio ter-
rilule ammonizione agli altri ribelli ; Massa fu ridotta a contado.
Casolo vedendo di non poter resistere alle forze della Repubblica
inviò i suoi Sindaci a sottomettersi con certi capitoli , che furono
stipulati il 29 Giugno 1355.
Ciò ottenuto i Senesi ordinavano l'esercito per inviarlo a soc
corso della rocca di Montepulciano , che teneva ancora per loro.
Per arrestare questa spedizione, di fronte alla quale i ribelli non
avrebbero potuto resistere , essi ricorsero atla frode. Quei di Mon-
tepulciano scrissero al Magistrato dei Dodici sull' inutilità di agire
contro di essi, in quanto che erano pronti. a sottomettersi, ad ónta
dei mutamenti avvenuti nel governo della Hepubhlica. Il vero fine
era quello di acquistar tempo, allungando le trattative finché fosse
caduta in loro potere l'assediata rocca: ma i Dodici conobbero l'a
stuzia, e cou troppa crudeli;! fecero immediatamente impiccare in
piazza il Diesso latore di quella lettera. Questo tratto da barbari
fu addebitato atle insinuaziont del collegio dei nobili. La moltitu
dine sempre pronta ad attaccarli . fece subbuglio, che fu dai pru
denti cittadini quietato.
I Nobili allora diedero l' esempio di un sincero patriottismo ,
poiché spontaneamente si ritirarono da qualunque utlìcio , solo ri
servandosi il dritto per tre del loro ceto, uno per ciascun terzo, d' in
tervenire atle deliberazioni del governo. Ma questa disposizione an
cora ebbe corta vita, mentre pochi giorni dopo fu revocata. Un'al
tra legge ancora fu in quel tempo promulgata col tine di allontanare
ogni possibil motivo di alterazione.
II Capitan del popolo che era stato forestiere fu stabilito do
ver essere di Siena , e gli fu data autorità d' intervenire alle de
liberazioni. Il primo eletto a questa dignità in forza di quella legge
fu Sozzo di Francesco Tagliacci. Mentre a quietare le interne dis-
senzioni si occupavano, trascuravansi le altre cure di stato.
Infatti per mancanza di soccorso, giacché l'eserei to non fu più
spedito , si arrese ai ribelli la rocca di Montepulciano , e da essi
fu demolita. Temendo sempre la vendetta dei Senesi i Montepul-
cianesi si diedero volontari ai Perugini , che si obbligarono a di
fenderli da qualunque attacco.
Quei di Grosseto poi, temendo la sorte stessa che aveva col
pito Massa , mandarono a Siena il loro Sindaco Brunelle di Bru-
nacdolo a rinnuovare la loro obbedienza alla Repubblica , talché
di tutte le citt« ribellatesi al di lui dominio , Montepulciano sola
mente era riuscita ad emanciparsi.
Montalcino* pure vacillava nella fede, parteggiando pei Fioren
tini, onde, sia pei mali interni, sia per i pericoli che si manifesta
vano nello stato , la condizione della Repubblica non era florida ,
ed a peggiorarla sopraggiunse la scoperta di una congiura tramata
da un tal Gano di Benedetto , macellajo di professione , che erasi.
fra i plebei formato un partito. Questi cospiratori intendevano di
196
ridurre il potere nelle mani di un solo , como mezzo unico di li
berare la patria da quelle continue sedizioni tonto pregiudici.voli
al di lei benessere. Essi avrebbero preferito il dispotismo all'anar
chia. Mejo di lacopo Tolomei doveva, secondo loro, assumere il su
premo potere , con autorità dittatoria. La cospirazione non passò
inosservata alla vigilanza dei Dodici, e Gano non ebbe poi fermezza
di cospiratore, poiché confessò lo scopo ed i compiici della congiura;
egli fu decapitato; gli altri confinati , e Mejo che eransi posto in
salvo fu dichiarato ribelle e bandito.
Una congiura abortita aumenta In forza morale del potere
insidiato . ma pure rimanevano permanenti le cause di mal
umore, poiché i Dodici avevano imposte gravezze di cui non giusti
ficavano la necessità , e della di cui erogazione non rendevano
alcun conto.
S' imputavano malversazioni ed estorsioni di somme a coloro
che avean fatto parte del governo dei Nove, e sotto il pretesto di
dovute reintegrazioni allo stato, s' imponevano tasse agl' imputati;
insomma la corruttela dei tempi faceva tacere lo scrupolo delle co
scienze , e ciascuno che era in carica , invece del ben pubblico
cercava di avvantaggiare il proprio interesse.
Questi vizi si riproducono ogni qua! volta manca la stabilità
nei governi, poiché quelli che li tengono, temendo di esser sopra
fatli da altro partito, cercano di avvantaggiare il proprio interesse
per avere almeno un compenso al vacillante potere; pochi sono
gli uomini illibati e schietti che resistono a tentazioni di tal ge
nere , e che al ben pubblico , sacrificano il proprio interesse.
Non ostante la fatta sottomissione Grosscto prese animo a ri
bellarsi di nuovo attesa la confusione che dominava nel governo
della Repubblica , e fu necessario l' impiego di mezzi amichevoli
onde conciliar le differenze , e dopo varie trattative fu convenuto
che spettar dovesse ai Senesi la nomina di un Capitano da stabilirsi
in Grosseto con 35 cavatli, per sicurtà delle mercanzie che i nego
zianti Fiorentini facevano di colà transitare.
Talamone era divenuto allora lo scalo di cui si valeva il co
mune di Firenze p r attivare i suoi marittimi rapporti , siccome
quella Repubblica era in guerra coi Pisani , ed ora interesse dei
Senesi il favorire quei rapporti, che davano, sebbene momentanea
197
monte nuova vita al loro porto. Fin da quando i Perugini presero
sotto la loro protezione i ribelli Montqiulcianusi, In mala intelligenza
IV: i le due Repubbliche era subentrata a quella cordialità che le
aveva unite durante la lega Guelfa, onde non deve sorprendere se
i Senesi procurarono di distorrc dall' obbcdienza dei Perugini le
citth di Pietrasanta e Cortona , che con Siena si capitolarono. Per
quest' avvenimento la città di Grosseto sempre instabile nella fede,
vedendo probabile una guerra fra Siena e Perugia , tornò a ribel
larsi. Stanco il governo di Siena di un contegno cotanto disleale
decise di mandarvi l'esercito, e di espugnare quel luogo, che non
aveva avuto alcun rispetto pei trattati tante volte conclusi e tante
volte violati.
Il comando di quell'esercito destinato ad agire contro Grosseto
fu affidato a Giovannaccio Malavolti, ed a Cristofano di Mino Ver
delli. Giunti sotto le mura della città fu ordinato l' assalto , che
essendo stato non ostante la resistenza , coronato dal successo ,
Grosseto cadde sotto la potestà dei Senesi; e volendolo punire dello
passate frodi la privarono di qualunque privilegio e franchigia, di
cui aveva sotto il dominio di Siena goduto.
Non ostante i travagli della Repubblica cagionati datle interne
divisioni , e dalle ribellioni delle città e castelli che faceano parte
del di lei dominio , i Senesi mandarono molta gente a piedi e a
cavallo in servizio dei Visconti di Milano lor collegati che erano in
guerra col Signor di Bologna , e col Marchese di Ferrara, e buona
parte di questa gente rimasero uccisa nelle fazioni varie che furono
in quella guerra combattute.
In quel tempo moriva at servizio di Francia , e combattendo
valorosamente nelle guerre terribili che ebbero i Francesi con gl'In
glesi, quel Guarnieri Duca d'Atene, che fu discacciato da Firenze.
La sua tine fu eroica, siccome moriva da soldato nei campi di
battaglia.
Le male intelligenze sorte fra i Senesi ed i Perugini, ed alle
quali diede origine la ribellione di Montepulciano , ebbero le loro
conseguenze, poiché la guerra fra queste Repubbliche divenne ine
vitabile , né poteva esser breve e passeggera , siccome le forze di
ambedue erano equilibrate; dopo tanti urti reciproci si scese ai fatn.
Aveva la Repubblica di Siena condotto ai suoi stipendi nella
19»
qualità di Generale Anichiim dn Mongardo valente Capitano , ed
aveva di più assoldati, facendoli venir di Lombardia, 800 cavalli .
400 Tanti, ed una grossa banda d' Ungari. Queste truppe unite
alle altre di cui poteva diserro la città sotto il comando di Ani-
chino furono mandate in soccorso della città di Cortona , sotto la
quale i Perugini da due mesi tenevano l'assedio. Al sopraggiungere
delle genti di Siena , senza molto combattere , quelle di Perugia
fuggirono abbandonando alloggiamenti , munizioni , vettovaglie e
salmerie ; la guerra così esordiva felicemente. Dopo quest'impresa
felice il l)uce «ra inresoluto nel determinare le future operazioni ;
i Perugini guardavano con assai forze i passi delie Chiane, e pa
reva a lui azione troppo ardita il tentarne il passaggio, onde avrebbe
voluto tornare indietro, e per attra strada andare in traccia del
nemico ; ma guadagnato coll' oro un contadino di quei paesi cir
costanti , venne in cognizione di una via da pochi praticata , per
la quale senza pericolo poteva l' esercito transitare le Chiane. In
fatti condotto da questa guida e con molta circospezione , fu di
notte felicemente compito il tragitto senza che il nemico avesse sen
tore di questo movimento. Passate le Chiane, il nemico si trovò im-
provisamente attaccato, e fu tale l' impeto degli assalitori che l'e
sercito Perugino volse in fuga e fu rotto inferamente. Altri hanno
detto che le genti dei Senesi lasciando Torrita, passarono vicino a
Montepulciano , e per il contado d' Orvieto andarono a passare le
Chiane al di là del Castel della Pieve; ma comunque, il fatto si é,
che la vittoria fu completa, e che i Senesi entrati nel Perugino si
spinsero fin sotto le mura della città e ne bruciarono i borghi , e
quindi passando da Panicale si condussero all' Orsaja. Per qucsti
resultati favorevoli la guerra per mancanza di ulterior resistenza
aveva perduto la sua entità, tanto più che il Duce dei Senesi non
intese ad espugnar Perugia , ma si mantenne sempre in campo
onde tentare altre fazioni ; e qualora non si conoscesse che i Ca
pitani di quei tempi aveano interesse ad allungare le guerre , ci
dovrebbe sorprendere come dopo tonta fortuna dei Senesi non ve
nisse tentata la impresa di Montepulciano, causa principale di quella
guerra. Torneremo a suo tempo a narrarne gli eventi.
In quell' anno 1357 l' Imperator Carlo IV., che aveva , come
abbiam detto lasciato l'Italia senza avvantaggiar di troppo i pro
199
pri interessi , irovavasi in Roemin m.lla sua capitale di Praga , e
non sappiamo se sollecitato dai Senesi . o per tini indiretti culi si
mostrasse assai benevolo verso questa Repubblica. Non tenne conto
delle offese che aveva ricevute, allor quando i Senesi disconobbero
la di lui autorità , e discacciarono il Patriarca di Aquilea. Il fatto
si é che sotto l' apparenza di premiare la fedeltà che in passato i
Senesi avvimo mantenuto al sacro Homano Impero, concesse, donò
la libertà al Comune e popolo di Siena , oltre a confermare tutte
le grazie e privilegi che avea da altri Imperatori ricevuti, permise
che si governasse con quelle leggi e consuetudini di stato popolare
sotto il reggimento dei Dodici , col patio, che questo magistrato o
qualunque altro che potesse succederli , in conseguenza di variati
statuti, assumesse il titolo di Vicario generale dell'Impero. Quest'at
to é importante in quanto che contiene in se medesimo una formai
renunzia a qualunque dritto o pretesa che potea far valere.
Di più condonò i censi non pagati, volendo bensì che per l'av
venire fossero secondo le consuetudiai adempiti ; ordinò ancora che
fosse restaurata la Università degli Studi che per cagione della pe
ste era rimasta inattiva , e che tutti i Dottori eletti dal Comune
di Siena potessero leggervi in qualunque scienza ; ed esentò da
tutte le gabelle e pedaggi e regalie solite pagarsi dai viandanti, i
Dottori e gli scolari che per l'esercizio delle respettive funzioni vi
si conducessero , e volle che questa Università godesse di tutti i
privilegi , grazie , liberta . di cui erano investili gli altri celebri
studi: ed al Vescovo di Siena , ed in suo difetto al Capitolo della
Chiesa Metropolitana, accordò la facoltà di conferire le insegne det
Dottorato. a quelli che dal collegio dei Dottori ne fossero giudicati
meritevoli. In conseguenza di che tornava la Senese Università a
fiorire, e vi fu condotto per la prima cattedra quel celebre Cristo-
fano Castiglioni , chiamato il Monarca delle leggi. Seguitava come
abbinin detto la guerra contro Perugia ; i Senesi per assicurarsi
della fedeltà di Cortona vi mandarono un conservatore ed altri uf-
fiziali a soprintendere al governo di quella città. Anichino si man
teneva colle sue genti nel Castel di Torrita , avendone rimandate
una parte a Siena. I Perugini per vendicarsi dell' onta ricevuta ,
e della loro vergognosa fuga , ripreso animo dopo la inazione di
Anichino . fecero una cavalcata nel dominio di Siena , arrecando
200
non lievi danni, quindi mossero contro Ton.ita ma dopo qn«lche
giorno avendo saputo che da Siena si mandavano nuove truppe ,
se ne partirono , tornando a Perugia ricchi di prede , e con aria
di trionfo : Anichino per attro lasciando Torrita li aveva insegniti
i* quetla loro ritirata lino a tre miglia di distanza da Perugia: ed
in questa scorreria predò il contado , e prese l' Abbadia , o Prio
rato di S. Pietro al Petrojo presso Montepulciano ; si voltò poscia
verso il Monte S. Saviuo, ove essendosi fermato diversi giorni con
animo di espugnarlo , non fu nella riescita felice , poiché gli as
salii datili non solo furono respinti, ma in una sortita che fecero
i difensori , vi rimasero morti molti Senesi , e lo stesso Anichino
ferito. Continuava l' assedio , ma finalmenlc era stato deciso un
generale attacco, od i nezzi erano tali per parte dei Senesi da non
renderne dubbio l' esite. Il giorno per altro in cui dovrà accadere
nacque disputa fra i soldati forestieri ed i Senesi . e nel campo
stesso vennero alle mani, « vi furono molti morti da una parte e
dall' altra. Questo coutrattempo fu sajutare ai aemici , poiché
l' assalto n«Q ebbe effelto. La fede d' AnicLino allora cadde in
dubbio , e si disse eeeere stato lui stesso il segreto istigatore di
quella rissa col fine di evitare un fatto decisivo ed allungare la
guerra. FratUnto il Vicario del Legato del Papa , e gli ambascia
tori liorcutiui procuravano di metter d'accordo le parti, e si vuole
che per risarcire ai Perugini l' onore che in quella guerra aveano
perduto, li avessero accordato di operare una cavalcata nel Senese
fino a Duoncon.vento, assicurandoli che non avrebbero trovato per
parie ddla ReIwbblica di Siena veruna resistenxa. Infatti questa
scorreria ebbe luogo; ma i Perugini oltrepassando il limile stabilito
si spinsero fin sotto le mura della cilta , investirono la porta S.
Viene , e furono in tempo a toglierne i catorci. Il popolo sulle pri
me sorpreso nou opponeva resistenza , ma dato il segno dell' al
larme corse a combattere , ed i Perugini furono respinti, e lunga
mente inseguiti , ma non fu possibile ritorli i prigionieri che seco
conducevano con la fatta preda. ll popolo gridò allora al tradimen
to Quelli che tenevano il geveruo della ritti» erano presi di mira,
ed Agnolo di Sei. Chelotto che era atlora Capitan del popolo per
salvarsi evase , ricovrendosi iu Pisa. I ' irritazione contro i Peru
gini accrebbe , per cui non solo la pace progetUta dai mediatori
MI
noii oliho altrimenti effetto , ma i Senesi scontenti di Anichino .
pensarono esser per loro necessario prendere ai loro stipendi la com
pagnia del Conte Lando. Era essa la pia forte che fosse ia Italia,
e composta di gente di .varie nazioni, ma la maggior parte Tedesca.
Come abbiamo detto it Conte Lando era succeduto nel comando
della grande compagnia a Fra Menale, ma questa «rasi assai accre
sciuta ili numero , e secondo il barbaro uso dei tempi essa scor
reva i paesi taglieggiando le città e devastando le campagne, tin
ciio non trovava chi le pagasse i forti contributi a cui sottometteva.
Saputosi un tale accordo dai Fiorentini , dispiacque loro che
quosti ladroni venissero iu Toscana agli stipendi di una Repubblica
'vicina, e senza il riguardo dovuto ai Senesi, coi quali si mantene
vano in face, ed in amichevoli relazioni vollero impedirne il passo
per il loro stato.
A tale odiato mandarono l' esercito comandato dal loro gene
rale Pandolfo Malatesta a guardia degli Appennini , ed al Conte
Lando che trovò quei passi erti e scabrosi ben guardati , fu im
possibile superarli , per cui tentò allora di girare il territorio Fio
rentino , e passando per la Val di Lamene, ed il Casentine voleva
scendere fino ad Arezzo, e di là entrare nel Senese ; ma impedito
in tutti i modi Iu costretto a rinunciare al suo progetto, e ritirarsi
in Romagna.
1 Senesi trovatisi privi di un tal soccorso divennero più arren
devoli verso la pace , e fattisi nuovamente mediatori il Legato del
Papa ed i Fiorentini , fecero sì che gli oratori si trovassero in Arezzo
con Baglione Novello de Baglioni , ed altri Sindaci di Perugia ;
e fu fatto un lodo col quale veniva stabilito , che oltre a per
donarsi reciprocamente le offese , avessero I1 obbligo di riammet
tere respettivamente i banditi per causa di quella guerra , e do
vessero i Perugini entro tre giorni sloggiare dal territorio di Cortoua,
e nei tre giorni seguenti demolire tutte le fortezze che in quel ter
ritorio stesso avessero edificate. Che liberassero la terra di Monte-
pulciano da tutti i loro uffiziali fra quattro giorni , rinunziando
ancora a qualunque dritto potessero avervi , salvo che in caso di
guerra fra Siena e Moutepulciano potessero i Perugini pigliarne la
difesa contro i Senesi , ed altre condizioni e formule solite prati
carsi nei trattati di quei tempi , come sarebbe , di mandare ogni
202
anno per la festa del mezzo Agosto un cero in dono atla Cattedrale
di Siena : l' obbligo di essere amici degli amici, nemici dei nemici
del Comune di Siena , ed altre ec. Questo lodo poi conteneva de
gli obblighi della città di Cortona verso i Perugini , e fra gli altri
quello di offrire uu palio atla Chiesa di Perugia per cinque anni ,
della vatuta di n'orini venti d" oro in occasione della festa di S. Èr-
lotano. Vedosi adunque da queste condizioni che in quei tempi si
mirava piuttosto ad appagare t'orgoglio municipale, che a sodisfarc
ai veri interessi di stato.
Accettalo dalle parti respettive quanto era stabilito nel lodo ,
si venne alla pace formale il 6 Novembre 1358. Ma pubblicata che
fu in Siena ed iu Perugia nacque discordia fra le due Repubbliche
intorno alla interpetrazione di una parte dei capitoli contenuti nel
lodo , per cui ne fu sospesa la esecuzione.
I Perugini continuavano a mantenersi nel forte. Questo luogo
non molto lontano dalla città di Cortona é celebre per la disfalta
che diede
glia del Trasimeno,
quivi Annibale
prendendo
ai Romani
il nome, edal
cheprossimo
fu chiamata
lago. laI Senesi
batta-

dall' attro canto tenevano molta gente d'arme a guardia di Cortona,


talché e gli uni, e gli altri mancavano ai patti stipulati. In quel
tempo si diede sfogo ad una rivalità fra i due fratelli lacomo e
Bartolommeo Casali. Il primo occupando la Rocca di Cortona., in
tendeva farsela sua , e difendersi contro il fratello, ma privo alla
fine di vettovaglie fu costretto ad arrendersi e ad esulare riducen
dosi a Siena , ove la Repubblica lo prendeva ai suoi stipendi.
Èra necessità togliere le insorte differenze, mentre il Pontefice
intendeva pacificare le Repubbliche Toscane fra loro, giacché esse
erano le uniche suprestiti. Le altre città d'Italia erano tutte cadute
sotto il dominio dei tiranni e lirannucoli devoti all'Impero, per cui
sotto il di 21 d' Aprile 1359 fu fatto un' altro compromesso che
presso a poco non differiva dal primo , ma all' apparente pace re
stava sempre di contro una minacciosa probabilità di nuova guerra.
La compagnia del Conte Lando, per quanto respinta dall'eser
cito di Firenze , era divenuta potente da che erasi ritirata nelli
stati della Chiesa , per cui Innocenzio per liberarsi dalla pre
senza di ospiti molesti fu obbligato a pagar loro 50,000 fiorini. Siena
non fu esente nemmeno da una contribuzione che le fu imposta
203
di 12,000 fiorini mentre dovendo la banda del Conte Lando pas
sare per il territorio della Repubblica si obbligò , mediante quello
sbórso di nou arrecarli danno conforme mantenne.
I Fiorentini al contrario osteggiarono contro di Ini, tanto più
che il lere esercito era stato rinforzato da gente mandatali da Her-
nabò Visconti Signore 'di Milano, dal M.archese di Ferrara e da al
tri collegati. Il Malatesta adunque, e Niccolò Tolomei di Siena che
era «I soldo del Comune di Firenze seguivano nei suoi movimenti
la banda del Conte Lando che erasi condotta uel contado di Pis;v.
per dirigersi verso i confini Saminiatesi ed in Val di Nievo-
le , ed essendo stati dalla compagnia sfidati , si preparavano a
combattere , quando fatto miglior consiglio una mattina all' alba
il Conte Lando coi suoi chetamente sloggiava con determinazione
di lasciar la Toscana e portare altrove le sue devastazioni.
Dopo la guerra di Perugia , e le vicende accadute al Conte
Lando vi fu uu intervallo di quiete. Molte terre e castella torna
rono sotto la obbedienza del Comune di Siena , ma nel 1362 fu
scoperta una congiura diretta contro il governo dei Dodici da al
cune famiglie che erano dell' ordine dei Nove , alle quali si erano
•uniti molti nobili e popolani : il piano però fu rivelato da un tal
Antonio da Monticchiello, ed il magistrato dei Dodici diede ordine
al Potestà di agire contro i congiurati , anche con modi arbitrar!
non contemplati dagli statuti e dalle leggi , onde molti furono gli
arrestati e fra gli altri Niccolò Miguanelli , Tavenozzo Cinughi . ed
essendo resultata dat processo la loro reità , gli fu mozzata la te
sta , come pure a Naccio Saracini , che essendo fra i banditi era
stato preso da Turinello alla villa al Piano. Altri furono condannati
a multe pecuniarie. Molti poi quando seppero la congiura scoperta
ebbero campo di fuggire . e furono quindi dichiarati ribelli e ban
diti. Così si riscontra sovente che le congiure sono pericolose non
tanto al potere insidiato, ma più ancora a coloro che le tramano
perché ordite anche in pochi, si trova il traditore, che lusingato
dalla speranza dell' impunità , o di un premio sacrifica vilmente i
propri amici.
La Repubblica di Siena era in quel tempo senza guerra, non
per questo l' Italia era tranquilla , poiché quei piccoli stati si at
taccavano a vicenda, si dilaniavano fra loro, e Milano e Bologna. e
204
Firenze contro Pisa con varie sorti combattevano , ed egualmenU.
io bande comandate da avventurieri ardili e feroci devastavano
i paesi , ed il facil guadagno, il viver prepotente e lo rapine lusin
gavano tauto, che oltre ai Tedeschi, agli Ungari venne in Italia an
che una banda Inglese condotta da Giovanni Hawlkwod e da Don
garten ; cosicché i governi divisi e rivali frìi loro , mancavano di
forza capace di frenare la ingordigia del saccheggio di audaci ven
turieri che facevano i ladri per mestiere, e dispregiando qualunque
vessillo, impunemente calpestavano il dritto delle genti ed i sacri
doveri dell' umanità.
I banditi pure di ciascun paese erano talmente cresciuti, che
quelli di Firenze standosene nel Senese, e quelli di Siena nel Fio
rentino molestavano i paesi , per cui i Dodici spedirono ambascia
tori onde intendersi col Comune di Firenze intorno al modo di fre
nar quella licenza, e fu convenuto che si nominasse a comune un
bargello che obbedisse ad ambedue le città, con facoltà di arrestare
banditi, ribelli, e condannati che si trovassero in ambedue li stati.
£ come se tanti mali non avessero ancora colma la misura , nel
mese d' Aprile del 1360 si manifestò nuovamente la peste a mie
tere la vita di molti ed anche rispettabili cittadini ; ed iu Siena
un incendio terribile si appiccò al palazzo della Signoria, ove pe
rirono molte persone, e fra gli altri Ambrogio di Gerino che era Ca
pi tan del popolo.
Dopo queste sventure venne la compagaia detta del Cappello
ad aumentarle. Era essa comandata da un tal Niccolò di Montefcltro
Conte d'Orbino; costui in unione ad Ugolino Sabbatini di Bologna,
e Marcolfo de Rossi da Kimini , e molti Constabili Tedeschi e Bor
gognoni che per la mancanza delle paghe aveano abbandonato il
campo dei Fiorentini durante la guerra contro i Pisani. Questa
banda si diresse verso il territorio Senese fermandosi ali' Abbadia
a Isola. Saputosi ciò . i Dodici mandarono ambasciatori onde ten
tare con quelle genti qualche accordo, ma le pretese erano talmente
esagerate che non fu possibile intendersi; allora i Senesi pensarono
seriamente alla difesa, per cui prendendo al loro soldo un tal Ugo
dell' Ala ed un Ormanno con 22 bandiere Tedesche, che unite que
ste con altre truppe straniere formarono un esercito la di cui spesa
oltrepassava le forze finanziere drllo stato , specialmente in tempi
205
così calamitosi. Il comando delle truppe (Irti. i Repubblica fu dillo
a Francesco Orsini.
Intanto la Compagnia del Cappello aveva lasciato Campagna-
tico, e si avvicinava verso la città, facendo ovunque passava gra
vissimi danni ; era arrivata a Buonconvento il 6 d' Ottobre 1368.
L' esercito Senese usci dalla cilta per incontrarla , ma il generale
aveva l' ordine di non az/ardare una giornata campale , solo di
obbligare la banda, inseguendola, ad abbandonare il territorio , al
che sarebbe stata forzata ancora dalla mancanza di vettovaglie.
Infatti la Compagnia all'avvicinarsi dell'esercito Senese si ri
tirò avviandosi verso la Valdichiana , ma giunta presso il Castel
di Torrita fece alto , e si dispose in battaglia. I Tedeschi non po
terono esser contenuti . e si azzuffarono : ma per quanto combat
tessero con molto valore sarebbero stati soprafatti dal numero ,
ilu.ilora non fossero stati soccorsi , onde fu forza impegnare altre
truppe, così che a poco a poco la battaglia divenne generale. Dopo
però lunga ed ostinata pugna quelli della Compagnia cominciarono
a cedere , ed in fme rotti su tutti i punti si diedero a precipitosa
fuga. Molti caddero in potere dei Senesi, e fra questi il Duce, che
era come abbinm detto, Niccolò di Montefeltro Duca d' Urbino con
molti altri Capitani, 300 uomini d'arme, e 1000 pedoni. I prigio
nieri furono mandati a Sienalunga , trascinando le loro bandiere ;
molti furono i morti lasciati sul campo di battaglia.
Tornando in città l' esercito vittorioso fu salutato dai plausi
del popolo, che fece gran feste pubbliche, e fu ringraziata la divina
Previdenza
In quelchetorno
avea
(1356)
liberata
fu eletto
la città
une nuovo
lo statoMagistrato
da tanta calamità.
chiamato

dei Regolatori coll' incarico di soprintendere all'amministrazione


delle pubbliciià entrate , onde non venisse defraudato il Comune.
Al tempo stesso, siccome continuava sempre aspra guerra fra Pi
sani e Fiorentini , così i Senesi come amici comuni si studiarono
di ristabilire la concordili per mezzo dei loro ambasciatori con que
sto incarico spedili ; ed a ciò tentare furono spinti ancora dallo
scopo d' impedire le continue scorrerie che facevano nel Senese le
bande di avventurieri che erano al servizio dell' una e dell' al
tra parte.
I Pisani tirarono ai loro stipendi la Compagnia degl' Inglesi ,
206
di cui abbiam fatta mon/ione , che era chiamata la Compagnia
Bianca. Essa si rese terribile per gl' incendi, per le rapine per gli
omicidi ; e spintasi una volta fin sotto le mura di Firenze prese
d' assalto alcuni trinceramenti che erano stati eretti a difesa delle
porte, e vi restarono morti i difensori. Quindi sul colle di Fiesole
at chiarore dclle faci i vincitori celebrarono secondo le loro barbare
costumanze la festa della cavalleria , consumando la notte nelle
orgie le più oscene. Dopo quest' impresa aitaccarono il territorio
d' Arezzo , quello di Cortono , e vennero nel Senese, e la Repub
blica dové obbligarsi a pagar loro 27,000 fiorini d' oro; e siccome
mancava il danaro, poiché poco prima aveva dovuto pagare 12,000
fiorini ad una Compagnia Tedesca, così bisogna dar loro in ostag
gio sei fra i più rispettabili cittadini , fra i quali troviamo regi
strato il nome di Giovanni di Ser Mino di Sozzo da Porcena, che.
fu padre del famoso eresiarca Sozzino , onde la famiglia prese il
uome dei Sozzi ni di Siena.
Tati erano le sventure che l'Italia tutta subiva in. quei tempi
per effetto di cieche rivalità , che consumavano la vita degli stati
e la economia dei cittadini. Pisa speciatmente ritrasse gravissimo
danno da questa guerra, poiché occupato quel governo dagl'inte
ressi di terra, trascurò per necessità i suoi rapporti marittimi, per
cui il di lei commercio passava a fiorire in altre parti ove' ormivi
cittadini del proprio ben essere maggiormente solleciti. Finalmente
si venne alla pace fra Pisani e Fiorentini, e fu stabilita nel mese
d'Agosto del 1364 coll' intervento dell'Arcivescovo di Ravenna. e
di Fra Marco da Vi torbe generale dei frati minori mandati espres
samente dal Papa Urbano V. che era succeduto a Buonifacio , ed
alla presenza degli oratori Senesi, Genovesi e Perugini. Questa pace
se da una parte recava qualche vantaggio, dall'altra infestava mag
giormente li stati vicini degli avventurieri e soldati che le perii
erano .costrette a licenziare.
Infatti la Compagnia della Stella venne nel contado di Siena,.
ed estorse alla Repubblica 10,000 fiorini; ed unitasi poi questa alla
Compagnia di Anichino di Mongardo , che era stato Generale dei
Senesi vennero ad attaccare la Compagnia Inglese, onde obbligarla
a sloggiare da quei paraggi. Infatti fiera fu la pugna ma in fine
gl' Inglesi rotti , colla perdita di molti dei loro Capitani , furono
207
messi in fuga , e quindi affrontatisi nuovamente presso il Osici
di Magliano , giacché avean presa la via della maremma , furono
per la seconda volta sconfitti , così il territorio Senese trovossi li
bero dalla loro temuta presenza. Non per questo le sventure fmi-
vaono , siccome alcune compagnie ritornarono , alcune furono con
sborso di danaro quietate, altre furono colle armi discacciate, tat
ché questa genia di ladroni , che tanto male cagionò atl' Italia , si
rstinse affatto quando cambiarono i costumi , e quando non pote
rono altrimenti imporre alii stati sema grave laro pericolo. Noi frat
tanto ne troncheremo la storia per non renderla monotona con
continue ripetizioni che si assomigliano nella forma e nella sostanza,
tanto più che il lettóre . da quanto abbiamo detto , può essersi
fatta un'idea dell'indole di tal gente e dei danni che cagionava.
Il Papa Urbano avea compreso di essere schiavo dei Re di
Francia, tincile egli colla sua corte fissava la sua residenza iu Avi-
gnone , e d'altronde non mancò chi di ritornare a Roma le solle
citasse , siccome sembrava allora clic da questa pontificia determi
nazione dipendesse il rimedio ai tanti mati che l'Italia desolavano.
Si decise perciò a lasciare quella residenza; e partito ina
spettatamente da Avignone il 22 Settembre 1366 giunse a Marsilia:
e servito dalle galee della Regina Giovanna, dei Genovesi e dei
Pisani si diresse alla volta del Tevere. Ferroossi a Genova , come
pure a Tatamone , ove furono ad onorarlo gli ambasciatori della
Repubblica di Siena , e giunto quindi a Corneto, gli ambasciatori
di Roma andarono ivi a fargli atto di sommissione, colla riserva
per altro di alcuni municipali privilegi. Il M Gennajo poi del 1367
fece il suo ingresso solenne nella città Leonina.
Le sue vedute erano eccellenti , poiché meditava la concilia
zione dei partili in Italia ; voleva estirpate le compagnie dei ven
turieri , e soprattutto vedeva necessaria una riforma nella Chiesa,
per i tanti vizi, e tante turpitudini con cui il Clero si era degradato.
Talvolta però sopraggiuugono delle circostanze a frastornare le
migliori intenzioni dell'uomo: inaspettati oppositori , e nuove dif
ficoltà distruggono i divisamenti più giusti , ed i meglio concepiti,
e quandol' Italia é stata sul punto di riordinarsi a migliori condi
zioni, una forza straniera é sopraggiunta a frastornare l'opera ri-
generatrice.
208
Carlo IV. già da qualche tempo si disponeva nuovamente a.
in Italia con una formidabile armata (1368) per combattere
contro i Visconti. Infatti solleeito vi giunse , ma quelle truppe fu
rono, dopo qualche mese di dimora nel Mantovano, congedate senza
che avessero intrapreso cosa che fosse degna di un esercito così'
numeroso. All'ora Carlo venne a Lucoa . e consegnò questa città a
Marcovaldo Vescovo d'Augusta, che ne prese possesso a nome
dell' Imperatore; quivi Agnello Giovanni, che s'Intitolava Doge di
Pisa , andato ad onorare l' Imperatore colla veduta di essere da
quello nella sua usurpata autorità confermato, in occasione di una
festa, spezzatosi il palco ove esso era montato , cadde nella rovina
e si ruppe ima coscia ; saputosi dai Pisani tale accidente a lui si
ribellarono.
Mentre questi falli accadevano , in Siena era morto- per una
caduta che fece da cavallo, nell' andare alla Rocca di Val d'Orda
Giovanni Salimbeni, cittadino rispettabile, che con ogni maniera di
modi si era reso gradevole alla Repubblica. La sua perdita fu per
Siena una pubblica sventura, perché egli colla sua prudenra si era
polari.
maneggiate
In fatti
in. modo
essendo
da egli
contenere
cosi miseramente
le prave passioni
mancato, i aidissidj
viventi
po*,

i Dodiei si stodiarono di metter dissidj fra le famiglie nobili, onde


si risvegliassero gli odj antichi, ohe erano sopiti me non distratti:
ma però Te arti maligne furono scoperte , per cui le case nobili
finsero di disporre le armi, e prepararsi alle offese , ma invece al
momento dell' azione si riunirono in una sola volontà , e furono
buone a scacciare dal palazzo i Dodici, a sopprimere la loro auto
rità , e rinnuovare la forma del Governo.
Fu dunque il caduto potere rimpiazzato da dìeoi Gentiluomini,
e tre popolani scelti fra l'è famiglie che avean fatto parte dell' or
dine dei Nove. Si pretese rinnuovare. U. governo dei Consoli , che
nel Secolo XII. avea fiorito, e n'ebbero la somma i Tolomei i Sa
limbeni , i Pkcoloffiini , i Saracini , ed i Malav.oltii In quell' epoca
emergeva in Siena per dottrina , e sapienza politica un Grcgorio
Sansedoni : esso non solo ricoprì cariche eminenti nel governo della.
città , ed i di lui savi consigli , la sua prudenza , i suoi tentativi
per la conciliazione dei partiti , sebbene inutili , gli meritarono In
stima dei coatemporunei. Quelle turbolenze diedero motivo u Car
209
b IV. di spedire a Siena come suo Vicario il Malatesta di Rimini
iV origine Ungero , scortato dn una quantità di corazzieri a caval
lo. A questa determinazione era stato ancora sollecitato dalla fami
glia Salimbeni , che essendo nemica di alcune case nobili ricor
dava all' Imperatore di essere stata sempre affezionata al partito
Ghibellino , mentre in segreto lusingavasi col di lui ajuto crescere
iu autorita , e vendicarsi dei propri nemici.
Appena si seppe essere vicino alla città il Malatesta coi suoi
armati, il popolo minuto condotto dai Dodici che erano stati di.po
sti , attaccò i nobili , ( 24 di Settembre 1368 j e la pugna durava
tutio l' intiero giorno con la morte di molti cittadini , quando per
opera di quei di dentro rotta la porta di S. Prospero , entrò per
quella in Città il Malatesta a rinforzare i Salimbeni, e la parte po
polare , per cui non solo venne tolto ai Nobili il potere , ma sac
cheggiati furono i loro palazzi , ed alcuni scacciati dalla citta.
Francesco di Paolo da Catvoli Congelatore di Siena, che avea
preteso con 200 barbute di sedare il tumulto. sopraffatto dalla mol
titudine rimase prigioniero in quella orribile zuffa.
Allora i plebei crearono un consiglio di 121 popolari . esclu
dendone
tori , poiché
affatto
ebbei nobili.
autoritàquale
di riformare
fa chiamato
il governo
Consiglio
, che
deifuRiforma-
ricosti

tuito col magistrato dei Dodici, componendolo di cinque del popolo


minuto, quattro di quelli che appartenevano all'ordine dei Dodici,
e tre di quelli dell' ordine dei Nove , confermarono il Consiglio ,
composto di 61 individui del popol minuto, 35 popolari che erano
stati udl' ufficio dei dodici , 28 di quelli che aveano appartenuto
all' ordine dei Nove , e così in tutti 124.
Il Malatesta approvò la cacciata dei nobili . il di cui potere
era
mento durato
popolare
soltanto
, perché
ventidue
conosciuto
giorni ,avea',
e confermò
che dail sìnuovo
repentini
riordina-'
mu

tamenti sorger doveano nuovi dissidj, che avrebbero giovato all'e


secuzione dei progetti del di lui Signore.
È innegabile che senza la penuria di danaro in cui si trovava,
Carlo avrebbe saputo trar partito datle rivoluzioni che accadevano
in Siena e Pisa, per assoggettare quelle due Repubbliche; ma egli
era stato costretto ad impegnare in Firenze per fin la sua corona
per ottenere in imprestito 16,000 fiorini , ed é cosa maravigliosa ,
H
210
come dei piccoli stati, divorati continuamente da guerre e dallo ves
sazioni dei Capitani di ventura avessero cittadini così ricchi da
imprestare ad un Imperatore Signore di ben vasti dominj. Questa
corona gli fu poi recuperata dai Senesi.
Né si arrestarono al punto indicato i mutamenti avvenuti nel
governo della Repubblica, poiché i Riformatori rifecero il Consiglio
generale componendolo non altrimenti di 124, ma di 650 popolari
della citta , e 240 della campagna sempre sulla proporzione di 5
4 e 3 , e ci dice il Halavolti :
« Questa fu la prima volta che nei libri pubblici si scrivesse,
« e si conservasse la memoria delle divisioni nate nel popolo , e
« si Incesson ( col creare i Magistrati per distribuzione di fazioni
« o d'Ordini, o di Monti, come si son domandate poi ) le discordie
« immortali, come si sono mantenute vive in quei libri, che colla t
a loro immortalila han tolto la vita non solo a infmiti particolari
« nelle spesse e sanguinose novità che ne sou seguite, ma ancora
o all' universale della Repubblica ».
In oltre i Riformatori annullarono tutte le deliberazioni prese
dai nobili nel breve periodo del loro potere , e volendo ricompen
sare il Salimheni di quanto avea operato in favor del popolo, e con
tro gli altri nobili li donarono cinque castella.
L' Imperatore Carlo quando seppe riordinate le cose nella guisa
da noi narrala , lasciava Lucca , e si dirigeva alla volta di Siena,
ove entrava il 12 Oltobre 1368 da Porta S. Marco iu un colla Im
peratrice , ( era la sua quarta moglie ) e quivi furono con grandi
onori ricevuti dai Magistrati della Repubblica e dal popolo , e fu
rono gl'illustri ospiti alloggiati nel palazzo dei Salimbeni. Il U del
medesimo mese ne partiva alla volta di Roma, ove altri interessi
lo richiamavano , lasciando la Imperatrice in Siena fino al Zi per
ottenere il ricupero della corona Imperiale, che come abbiam detto,
era stata impegnata in Firenze, e lo sborso fu fatto parte da Fran
cesco Porcari , e parte da Galgano di Guccio di Rino.
Per sicurezza e quiete della città i Dodici crederono utile di
confinare alcuni nobili venti miglia lungi dal contado di Siena , e
furono, Tolomei , Piccolomini , Malvolti , Cerretani . Saracini e
lortegucrri, con pena della vita a chi rompeva il confine; e que
sta misura fu improvida , poiché ridottisi nei loro resultivi ca
21 f
stelli , da quelli facevano guerra ai cittadini con impedire che le
vettovaglie arrivassero ai mercati. con guastar le molina, e correr
predando fin sotte le mura della citta.
Nei governi democratici la intolleranza della servitù. e l' am
bizione del potere sono state le cause , che hanno cagionati muta-
meati strani , e spesse volte fatali, raramente utili alla grandezza
degli stati; e sebbene in qucsta parte la storia di tutte le Repub
bliche Italiane del medio evo si assomigli, pure Siena è quella che
di questi stessi mutamenti abbia dato maggiori esempi. Infatti U
parte
tenuto,popolare
onde dato
non disi nuovo
sentivapiglio
affattoallesodisfatta
armi volle
di quanto
eliminato
aveva
dal po
oi-

tere l'ordin dei Nove; ottetmto questo intento non fu sazia ancora
la plebe, ed il 12 Decembre 1368 bruciò la porta del palazzo pub
blico , e quanti libri capitarono alle mani : e facendo grande stre-
pito volle esclusa dal governo anche la parte dei Dodici, talché il
potere cadde in mano di uomini nuovi . poco adatti al maneggio
della pubblica amministrazione, e senz' attra scorta che il loro entu
siasmo, e la sete di dominio. Questa andava per altro sempre ac
compagnata da un forte sentimento di patrio amore , nel quale
tutti gli ordini erano concordi.
Le sorti future della Repubblica pendevano dui Riformatori, ma
essi pure predominati dalle passioni , e dai pregiudizi dell' epoca ,
miravano piuttosto a togliere altrui il potere per appropriarselo ,
anzi che. a proporre una nuova forma di governo quale distrug
gendo l'oligarchia ammettesse le classi le più influenti, ed equili
brasse i poteri in modo da assicurare a tutti i cittadini una per
fetta eguaglianza nei dritti civili . e cosi distniggendo il passato,
abolire tutti gli Ordini per eliminare le divisioni che dai Monti
derivavano , e avrebbero allora resa la macchina governativa meno
complicata, e l' azione di essa meno discordante. La sede del male
risiedeva più nelle istituzioni , che nelle persone ; ma frattauto gli
avvenimenti incalzavano, e non era lontana una crisi che decider
doveva delle sorti future della Repubblica ; essa trovavasi in uno
stato convulsivo, e tauti moti popolari, tanti mutamenti non ave
vano ancora sodisfdtto le pretese delle fazioni ; il popolo non do-
poneva le armi , e fra tanli sentimenti e tante brighe non si tro
vava un governo che avesse la forza d' imporre alla moltitudiue.
212
ll Mala testa allora entrato in palazzo nominò diciotto del popol mi
nuto , che coi cinque eletti del numero dei Dodici , ed i tre Gon
falonieri dei Terzi, e quattro di casa Salimbeni formassero il nuovo
governo della Repubblica; forse era il Matatesta stesso che fomen
tava lo scontento nel popolo , ed in vece di calmarlo , lo voleva
agitato. Questi nuovi riformatori adunatisi subito in concisioni uni
tamente al Malatesta, operarono nuovi mutamenti che escludevano
dal potere tutti quelli che in passato ne avean goduto , e porta
vano in seggio uomini affatto nuovi, ma restavano però gli stessi
vizi, anzi le cause del male si facevano più sensibili.
Carlo IV. tornando da Roma trovò la città in maggiore scom
piglio di quando l' avea lasciata. Egli era subdolo, vile, ed avaro,
ed a Roma avea avvilita la dignita Imperiale avanti at Pontefice,
fino a servirli la messa ; a Siena volea valersi di quella stessa di
gnità che «vea avvilita , per imporre. Assicuratosi della fede dei
Salimbeni , e del favor dei Dodici che miravano a recuperare il
perduto potere , volle tentare d' impadronirsi della città , quale
crasi impegnato di vendere at Papa. Per riuscire a ciò lo aveva
raggiunto Guy di Monfortc, legato di Bologna, con un grosso corpo
di cavalleria che unito ai corazzieri Imperiali sommavano a 3000.
A questo punto incomincia l'azione di un fatto, la di cui de
scrizione intendiamo di trascriverla dal Ptsmomli, siccome é posta
sotto un aspetto veridico , ed egli trae le notizie da una cronaca
Senese di Neri di Donato.
i Carlo IV. dimandò che la Signoria mettesse in sua mano i
o cinque più importanti Castelli del suo territorio, Massa, Montal-
« cino , Grosseto , Talamone , e Casole , e che i Gonfalonieri ed i
a soldati della milizia gli prestassero giuramento di fedeltà. Que-
« st' inchiesta venne comunicata al Consiglio Generale , che la ri-
« gettò con grandissima plurarità di voti. Ricusò pure di accrescere
a il potere dei Dodici , come l' Imperatore avrebbe desiderato , il
« quale offeso da queste due negative risolse di adoprare la forza ;
« dietro i di lui suggerimenti il 19 Gennajo 1369 la fazione dei
u Dodici diede mano alle armi di concerto coi Salimbeni, per iscac-
« ciare di palazzo i tre cittadini dell' ordine de' Nove , che sede-
•' vano nella Signoria. Nello stesso tempo il Malntesta si portò nella
« gran piana colla sua cavalleria, e l'Imperatore armato di tutto
213
« punto si pose alla testa dei suoi corazzieri . e di quelli della
» chiesa. I tre .Signori dei Nove , ai quali era stato portato l' or-
« dine di uscire dal Palazzo per papié del Malatesta, si eraiwFef-
" fettivamente rilirati , malgrado le istanze dei loro colleghi , ma
« questi, rimasti soli non si smarrirono. Fecero suonare la campana
« d' allarme , ed ordinarono al Capitau del popolo Matteino Men
« zano di attaccar I' Imperatore colle compagnie delle milizie.
« II pubblico patazzo trovavasi di già in parte occupato dalla
« fazione dei Dodici , e dei Salimbeni, ma essi ne furono cacciati
« dal popolo furibondo. Il Maiatesca stava nella Piazza del Campo
* con ottocento corazzieri, che furono respinti; uccisa la maggior
« parie dei cavalli . ed egli stesso costretto a fuggire verso il pa
« lazzo Mula volti. ove cercò di afforzarsi. L'Imperatore circondato
a dai Principi Tedeschi, dai suoi Capitani, e da tutto il rimanente
« della cavalleria, avanzavasi verso il palazzo, e di già era giunto
« fino alla Croce del Travaglio, quando venne impetuosamente at-
« taccato dalle compagnie del popolo. La sua truppa , fu ben to-
« sto disordinata, ucciso colui che portava lo stendardo Imperiale;
« e Carlo obbligato a ripararsi verso la Piaiza de'Tolomei, si for-
« liticò entro il palazzo di quei gentiluomini emigrati. Per più di
« sette ore egli difese i suoi trincerameli , ed in questa lunga
« pugna si perdette molta gente da ambe le parti. Più della me-
« tà dei soldati di Carlo erano feriti , 400 dei più valorosi caduti
« morti ai suoi fianchi , i suoi corazzieri avevano perduto più di
« 1200 cavalli , quando finalmente fu superata la barricata che
« egli difendeva , ed il monarca costrettola fuggire nelle case dei
« Salimbeni ».
« Mentrc ancora durava la battaglia la Signoria avea di già
<ì fatli richiamare i suoi tre colleghi dell' ordine dei Nove , che la
a fazione dei Dodici avea cacciato di palazzo, furono ricondotti ai
« loro seggi a suono di trombette, coperti di ghirlande, e con un
« tralcio d' ulivo in mano .
« ll Capitan del popolo non inseguì l' Imperatore nelle case
« dei Salimbeni, sebbene gli fosse agevole di farlo prigioniere, cre-
« dette dovere modcratameute usare della vittoria verso il primo
« Monarca della Cristianità, e mostrargli tutti i riguardi uell'istante
<•i che più non potca temerlo. Ma egli lo fece pregare per mezzo
su
< dei Salimbeni di uscire di città , e per rendere più efficace la
« sua preghiera fece a suono di tromba bandire la proibizione di
« somministrare vettovaglie a lui , ed alla sua truppa.
« L' Imperatore (dice uno storico Senese contemporaneo) era
« rimasto solo colla più gran paura, che mai abbia avuto un mi-
« sei.abile. Gli occhi di tutto il popolo armato erano verso di lui
« rivolti ; egli piangeva , si scusava , ed abbracciava coloro che
t lo avvicinavano ; diceva di essere stato tradjto dal Malatesta ,
« dal Potestà , dai Salimbeni e dai Dodici , e raccontava in quat
« modo , e quali offerte erano a lui state fatte. Francesco Bartali,
« che egli indicava come colui che aveva avuta parte in questa
« negoziazione venne arrestato, e dato in mano at Capitan del po
« polo : cercaronsi pure gli altri traditori. Frattanto l' Imperatore
« trattava colla Signoria e col popolo: dava alla prima il Vicariato
« perpetuo della città e suo territorio, ed accordava al popolo un
« amnistia generale, e più grazie che non gli erano dimandate', così
« tremnnte quaP era ed affannoso , pareva che avesse del tutto
« perduta la ragione : voleva andarsene , poi vedeva di non po-
« Urlo , non avendo più né cavalli, né danaro , né compagnia, e
« con molti stenti il Capitano gli fece ricuperare parte di ciò che
« avea perduto »•
Al Malatesta fu per generosità concesso di mettersi in salvo
con pochi che lo seguirono, coi quali premuroso ed ansante usciva
dalla città. Quando l' Imperatore si fu rimesso dal primo spavento,
dimandò in ricompensa delle grazie che avea concesse , che la
Repubblica gli pagasse una pensione di 20,000 fiorini in quattro
rate. I Senesi vi acconsentirono , e la prima gli fu pagata imme
diatamente, quindi partiva atla volta di Lucca , ove arrivò senza
toccar Pisa , mentre temeva che atteso il suo scaduto credito si
rinnovassero colà i casi di Siena , che abbastanza avevano la sua
tracotanza umiliata.
Tale fu la fine di quella fazione, nella quale i Senesi, sebbene
divisi, provarono quanto gelosi fossero della loro indipendenza, e
come sapevano difenderla contro qualunque aggressione a prezzo
della vita , e del sangue loro.
CAPITOLO NONO

SOMMARIO

/ Senesi non sanno correggere i vizi del loro governo — Nuove


agitazioni — Lodo del Marchese di Manforte — Xuov' ordine del po
polo — Lodo della Repubblica di Firenze per conciliare in Siena i
partiti — Beato Giovan Colombini — Debito pubblico la prima volta
iscritto — Gabella sul Vino, su/ Grano — Rivolta degli abitanti la
Contrada del Bruco — / Riformatori ne profittano per tornare al
potere — // governo cade nell' infima plebe — Esecuzioni e vendet
te — Andrea di \iccolo Salimbeni — Suo delitto — E condannato
a morte — / Salimbeni giurano vendetta — Debolezza della Repub
blica — Guerra civile — Pestilenza — Pace fra i Riformatori ed
i Salimbeni — Giovanni Acuto Capitan di ventura — Gambacorti
di Pisa ai danni di Siena — Duello fra due soldati Bretoni e due
Italiani — II Papa l'rbano ritorna in Avignone — Muore — Gre
gario XL di lui successore — Santo Caterina. da Siena — Persuade
Gregario a ristabilire la Sede Apostolica a Roma — Le genti della
Chiesa devastano le maremme — Morte di Gregario XI. — l'rbano
VI. gli succede — Tumulti Romani — \uovo Conclave — Xominn
di Clemente VII. antipapa — Scisma nella Chiesa — Talamone resti
tuito alla Repubblica di Siena — Turbamenti rivoluzionari in Fi
renze — Morte di Santa Caterina — Luigi Duca d'Angiò viene alla
conquista del Reame di Napoli — Briglie fra i Riformatori, e quelli
dell ordine dei Dodici — / Riformatori sono cacciati dal Iwi/rt—"
pubblico — Proscrizioni.

JL Senesi che avean trionfato di Carlo IV. e che erauo stati


unili nella pugna , dopo saporate le delizie della vittoria , invece
di correggere i vizi nel sistema del governo-Jien presto .tornarono
alle divisioni faziose ; ormai il sangue dei cittadini era. temperato
olle discordie civili. Quello che si può dire, che esse non passarono
senza gloria, e nel male stesso che cagionarono, si trova un istinto
di grandezza e di coraggio clic appartiene soltanto a quell' epoca
memorauda , e questo durò fino all' cstinzione della Repubblica .
216
poiché
trio affetto
a misura
, l' amore
che della
peggioravano
libertà e ledella
sue indipendenza
sorti aumentava
; mail non
pn-

vogliamo colle riflessioni precedere agli avvenimenti, onde torniamo


alla parte narrativa.
Gli animi continuavano ad essere inquie'li ; il .popolo non de
poneva le armi ; la libertà concessa a coloro che eranò stati im
prigionati per dubbio di tradimento, aumentò il mal umore. Mille
voci circolavano per la cittù , ognuno viveva in sospetto ; di più
avvenne che un tal Niccolò di Niccolò di Guelfo dell'ordin dei No
ve, uccise Paolo di Niccolò Legacci, e ferì due dell'ordin dei Do
dici ; accorse il Senatore con gente armata . vi fu una zuffa per
cui bisognò assicurare con buone guardie il palazzo , la Piazza, e
le porte della città , perché si temevano mali maggiori. Otto del-
l' Ordin dei Nove , « 16 dell' Ordin d«i Dodici furono per questo
confinati. ll Marchese di Montorie che avoa tentato di conciliare
te parti , e metter d' accordo i nobili colla plebe vedendo la inuti
lità dei suoi sforzi se ne partì di Siena, assicurando che da Firenze
avrebbe spedito il suo lodo. Esso uou fu accettato ; poiché conte
neva fra gli altri capitoli la condizione che i Salimbeni dovessero
restituire alla Repubblica le castella che loro erano state donate ;
che dovessero renunziare a tenere la bandiera coll' arme del po
polo , e licenziare i fanti che loro era stato permesso di assoldare
a guardia delle persone della famiglia. La fazione dei Dodici che
favoriva i Salimbeni fece tumulto, per cui il lodo rimase una let
tera morta : bensì i Salimbeni per rafforzare il loro partito fecero
la pace coi Gonfalonieri. Allora coloro che governavano la città ,
pensarono di formare un al Iro Monte, che fu detto del popolo. Gli
storici contemporanei dicono, o fecero una compagnia la quale fu
« chiamata la Gasata grande del popolo , che in perpetuo dovesse
« durare tra quei popolani della città e della stessa consorteria ,
« nella quale non si potesse accettare nessun nobile, dovendo giu-
« rar ciascuno di osservare i capitoli ordinati per il mantenimento
« di quello stato ».
Furono accordate a quest' Ordine alcune esenzioni, ed il drilto
di tenere alle porte delle respettive abitazioni il Icone bianco ,
ohe era l' arme del popolo, ma in sostanza questa creazione ebbe
vita per bilanciare l' ascendente dei nobili , che diveniva piìi po
217
tente per la loro unione. Recapitolaudo adunque esistevano oltre
alle divisioni della nobiltà colla plebe , i Monti dei Nove , dei Do
dici , dei Riformatori, e del Popolo ; un tale ordinamento era cos'i
complicato , che non era possibile armonizzarlo . siccome tutti gl-
Ordini miravano ad un esclusivo potere. Anche la Repubblica di Fi
renze si adoprò per conciliare le pretese di questi Monti , e diede
uu lodo, nel quale si stabiliva che i nobili fuorusciti potessero li
beramente ripatriare, e che dovessero essere ammessi a tutti gl'im
pieghi : questo lodo fu accettato dai Gentiluomini. gradito dal po
polo , per cui crederono cessate una volta tante miserie { 1369 ).
Fioriva in quel tempo nella città di Siena un essere predi
letto, che merita per giustizia particolar menzione nelle pagine della
patria Storia , vogliam dire di Beato Giovan Colombini , che di
scendente da nobil prosapia esercitava il commercio. Ebbe dalla
natura modi aspri, e stravaganti : si coniugò con Biagia di Gio.
Cerretani, e da questo connubio nacquero due figli Pietro ed Agno-
lina,e questa fu monaca nel convento di S. Abondio presso Siena: egli
era soltanto dedito ad accumular ricchezze . quando capitatoli un
giorno un libro ascetico, vi si fermò, ed a quella lettura l'anima
sua si scosse, ed abiurò da quel punto le umane seduzioni. Si diede
atla predicazione , e la sua mente infiammata fiall' amor di Gesù
pensò soltanto alla vita eterna; istituì uu ordine religioso detto dei
Gesuati (1) . e divise coi poverelli gran parte delle cumulate
ricchezze.
Non ostante la sua umilia e le esercitate virtù ebbe le sue
persecuzioni. Fu accusato presso Urbano V. quasi che egli ed i suoi
discepoli fossero infetti dall'eresia dei Fraticelli; quindi fu esiliato
dalla patria; percorrendo le città della Tosóana, e dell' Umbria pre
dicò in nome di Gesù pace e coucordia fra le fazioni che allora
dividevano i cittadini : le sue lettere, le sue poesie, le laudi spi
rituali, che sono pervenute fino a noi , e di cui parla ancora Feo

(1) Quest ordine fu soppresso sotto il Pontificato di Clemente IX.


{ breve del 6 Decembre 1638 ) e le rendite furono passate alla Re
pubblica di Venezia per essere impiegate nella guerra che atlora so
steneva contro i Turchi, detta la guerra di Candiii.
Belcnri. che ne ha scritta la vitn, sono ispirate dell' amore di Dio.
o pregiate per purezza di stile. Egli non dovea rivedere la sua pa
tria, poiché richi.imatovi per la fama delle sue virtù, e per le se
date civili discordie , si partiva da Viterbo . quando sorpreso da
fiero morbo moriva all'Ahbadia S. Salvadore; in conseguenza dello
sue disposizioni testamentarie il di lui corpo fu portato a seppel
lirsi nel Convento di S. Abundio, e quindi fu trasferito in quello del
Carmino, ove attualmente si trova.
Nell' anno 1370 fu preso da quelli che governavano un utile
provvedimento. Il debite pubblico in quel tempo confuso, non era
abbastanza sancito legalmente. Fu adunque ordinato che coloro che
avevano imprestato danari alla Repubblica si facessero iscrivere
in tre diversi libri per distinzione dei terzi della città , e che il
camarlingo del sale dovesse annualmente pagare il dicci per cen
to in diminuzione del debito; sembra adunque che in quei tempi di
patria carità non si trattasse di esazione di frutti allorquando i
cittadini imprestavano alla Repubblica. La iscrizione di questo de
bito pubblico fu chiamato , secondo l' uso dei tempi Monte.
Nello stesso tempo fu ordinato la gabella sul vino . calcolan
dola non sul drilto d' introduzione , nu sul quantitativo del rac
colto, per cui i così chiamati Scrittori del Vino, andavano nel con-
Udo a verificare le denuuzie , e lo stesso fu praticato pel grano.
Ih queste previsioni ci sembra scorgere i primi elementi della pub
blica economia, le di cui teorie dovevano col iempo. e colla scienza
acquistare immense proporzioni.
L' Ordine dei Riformatori andava sempre aumentando di nu
mero. talché la sua influenza era cresciuta talmente da soverchiare
gli altri Ordini. Esso Si appoggiava specialmente sul popolo mi-
nuto , ed era pronto a profiltar di qualunque circostanza per mi
surar la sua forza di fronte agli altri , e di fatti ne trasse occa
sione dalla carestia che in quell' anno 1370 dominava. Alcuni
lavoranti dell' arte di Lana che abitavano nel pian d'Ovile, con
trada detta del Bruco, presero briga coi loro maestri a cagione delle
paghe , e tanto bastò, perché tutta quella contrada fosse in armi,
pronta a rinnuovare quei disordini che tanto aveano agitata la cit
tà. Questo popolo armato, e condono da un tal Domenico vendi-
tor di panni vecchi, invase le case di quelli che si supponeva aves.
B19
sero del grano per rubarglielo , giacché di aver colla forza quello
che altri legalmente possiede , fu sempre il bisogno sentito nelle
popolari commozioni , a segno che l' istinto fa in alcuni tacere per
fin la coscienza , e qualificano di giustizia gli atti stessi di violen
za. A quel tumulto accorse il Conservatore (1) e fece arrestare tre
persone che erano i capi della sedizione: ma il rimedio fu peggiore
del male , poiché tutti quelli della Contrada del Bruco corsero al
palazzo del Conservatore, e minacciarono di bruciarlo, se non ren
deva la libertà ai loro compagni. Infatti cominciarono a battersi
coi Soldati della corte , ed a recar materie combustibili onde ap
piccar fuoco. Al pericolo del Conservatore accorse il Capitan del
popolo preceduto dal Gonfalone e dalle trombette (i) e vedendo di
non poter frenare l' impeto popolare, pensò di render la libertà ai
tre prigionieri, ad onta che avessero rivelato, quanto bastava per
condannarli a morte. Ritornando al palazzo fu seguito da tutta
quella moltitudine , ma egli ordinò che si chiudessero le porte , e
fu prudente consiglio , mentre tentarono invano gli ammutinati di
forzarle , bensì incominciarono a gridare di voler fuori di seggio i
quattro Signori dell' ordine dei Dodici, ed i tre dell'ordine dei No
ve ; erano i Riformatori che volevano invadere tutto il potere. La
moltitudine vedendo andar vano il tentativo, si portò verso il pa

ti) // nome di Conservatore dato dai Dodici era stato cambia


to dai Riformatori in quello di Senatore. Noi continueremo a di
stinguerli , colla prima denominazione , e siccome aveva autorità
sul criminale si può ancora interpetrare per Capitan di giustizia
Nelle repentine risoluzioni poi che si succedettero a quest'epoca stessa
fu chiamato ancora esecutore: ma lasciando il titolo le ingerenze fu
rono le stesse.
(2) II palazzo del Conservatore o Capitan di giustizia é quello
che la Repubblica avea comprato dalla famiglia Squarcialupi accanto
allo Spedale di Santa Maria della Scala, e che si vede attualmente
rimesso nelle antiche sue forme architettoniche ; il nobil pensiero
di questa restaurazione appartiene ad Edoardo Grottanelli patrizio
Senese che n' é proprietario. V ordine di questo palazzo é gotico ,
e sotto la corona merlata che ne forma il cornicione vi é stata ag
giunta la serie delle armi gentilizie dei Capitani che vi dimorarono.
220
lazzo dei S.ilimlieni . nella lusinga di valersi dell' ajuto, e dell'au
torità loro, ed avendo per vi;i riscontrato Naunaccio di Francesco,
che pochi mesi prima era stiito Capitan del popolo , e che aveva
in qualche modo favorito l' ordine dei Dodici, lo ammazzarono.
I Salimbeni rifiutarono di unirsi alla sedizione, per lo che loro
fu tolta l' arme del popolo che era appesa ad uua finestra del pa
lazzo. Ai Gonfalonieri tolsero il Gonfalone, dandolo ad altri soggetti,
quindi tornarono nuovamente a tumultuare al palazzo della Signo
ria: ma essendo stati quivi ributtati, tornarono al palazzo dei Sa
limbeni per assaltarlo; ma incontratisi per via con una compagnia
di gentiluomini e fra questi gli stéssi Salimbeni, i Malavolti, i To-
lomei, i Renatdiui vennero alle mani: non appena attaccata la zuf
fa, i gentiluomini furono messi in rotta e vi moriva Carlo di Fran
cesco Malavolti. La sedizione cresceva ed era divenuta troppo
imponente perché si potesse con una transazione quietare. Fa so
spesa però nella notte , ma nel giorno appresso la compagnia del
popolo, e quelli della Contrada del Bruco forzarono il palazzo e ne
cucciarono i i dei Dodici, ed i 3 dei Nove che vi risiedevano, ed
in loro vece furono eletti sette del popolo minute, giacché la Signo
ria da 12 fu portata a 15 individui , e così i! potere cadde nelle
mani di uomini traiti dall' infima plebe ed incapaci a tenerlo. Si
formò allora una contro congiura. per istrapparglielo, e si fece san
guinosa pugna, ma il popolo però mise in fuga i congiurati, e pas
sando dalla vittoria alla vendetta il primo d' Agosto 1371 con or
ribile e miserando esempio fu pubblicamen i e nella Piazza del Campo
tagliata la testa a Francino Capitan del popolo , a Magio di Fran
cesco calzolajo Gonfaloniere del terzo di Città, e con essi perirono
pure nel modo stesso gli altri due Gonfalonieri e molti congiurati,
talché col sangue dei cittadini fu spento quel tumulto.
Se grande magnanima era stata la pugna contro l' Imperator
Carlo IV. questa rivoluzione é notevole soltanto per il carattere di
ferocia cui la plebe Senese addimostrò. Colpa dei tempi iu cui non
si risolveva questione senza imbrandire le armi.
I Riformatori allora invasero il governo, ed essendo depaupe
rato l" erario pubblico , oltre alle multe eoe estorsero a coloro che
furono condannati a pagarle, misero in vendita tutte le pubbliche
entrate di tre anni, e così cumularono l'ingente somma di 318,000
221
fiorini d' oro , ma como doveva accadere questo compenso che fu
per la prima volta allora adottato , e quindi seguito , fu rovinoso
atlo stato , mentre si ritraevo dagli appaltatori avidi di guadagno
molto meno di quanto le rendite pubbliche fruttavano, ed i citta
dini erano vessati col modo aspro che si praticava nelle percezioni.
Né si distinsero i Riformatori per opere e monumenti grandiosi
sotto il loro potere edificati, mentre si limitarono alla fabbrica delle
mura di Staggia e Buonconvento.
Andrea di Niccolo Salimbeni si disonorò con un delitto orri
bile facendo morire di lento veleno una fanciulla erede del castello
di Porolla ( essendole morto il padre ) onde impinguirsi di quel pa
trimonio come prossimo parente della famiglia Geri, cui apparteneva,
quindi si fece tiranno di quella terra. La Repubblica per liberarsi
di lui e dei suoi aderenti che infestavano le strade della maremma
divenute mal sicure per i viandanti , fu costretta a spedirli con
tro gente armata , che fattolo prigioniere, e sottoposto ad un pro
cesso fu dal Conservatore risparmiato dalla morte, alla quale però
condannava 16 suoi compagni, che furono decapitati. Parve al po
polo che il Conservatore avesse commesso un' ingiustizia nel salvare
Andrea Salimbeni, che la fama pubblica accusava complico di quei
misfatti , onde la Contrada del Bruco tumultuò nuovamente , ed i
Riformatori per calmarla , siccome poveri di consiglio e di forza ,
non seppero far di meglio che d' incaricare un certo Neccio di Van
ni Sellajo del giudizio di Andrea Salimbeni, che infatti fu da lui
condannato a morte, siccome aveva interesse di lusingare la plebe,
per guadagnare il di lei favore , e farsi strada al potere.
I Salimbeni mossi a sdegno per la morte violenta e disonore
vole dei loro , giurarono vendetta , e riuniti in schiera i loro pa
renti , ed amici s' impadronirono dei castelli di Montemassi e Boc
cheggiano.
I Riformatori che si preparavano a combatterli e punirli della
loro ribellione nominarono un magistrato di dieci cittadini onde
provvedesse ai bisogni della guerra. Chiesero soccorso ai Fioren
tini dai quali ebbero 200 lance, e dai Lucchesi loro alleati 50 ca
valli , o 100 fanti. Da questi meschini soccorsi che la Repubblica
non ricusava , si vede che tante popolari sedizioni aveano in quel
tempo condotta a decadenza la sua possanza , mentre da se sola
222
HDD poteva far fronte ai mezzi che contro di lei opponeva una sola
famiglia. Vennero inoltre ambasciatori da Firenze, da Perugia onde
conciliar le parti, ma i Salimbeni accecati dallo spirito di vendetta
non furono arrendevoli a veruna condizione. Si continuò la guer
ra , se pur tale si può giudicare una fazione di alcuni ribelli., che
cercavano vendicarsi contro la patria, perché la giustizia, comun
que amministrata, avea infitila contro alcuni loro parenti una pena
meritata. Tale fu sempre la prepotenza dei grandi che all' ombra
della loro superiorità vollero tutelare perfinoi più esecrabili delitti.
La Repubblica lusingandosi di espugnare il Castel di Boccheg
giano , spedì le truppe colle macchine allora in uso per abbattere
le mu^i. Ma incontrate queste genti dai Salimbeni , furono rotte,
e molti caddero prigionieri in poter dei vincitori. Saputasi questa
perdita a Siena , le famiglie cui appartenevano quei prigionieri si
portarono at patazzo dei Salimbeni , ed arrestarono quanti quivi
erano di quella famiglia, onde ritenerli in ostaggio per la sicurezza
della vita dei loro parenti prigionieri.
La guerra civile non era la sola sventura che affliggeva Siena
nel 1374 ma a questa si univa la carestia, ed anche la peste che
desolava gran parte d' Italia.
Il grano valeva due fiorini d' oro lo stajo . e bisognava farlo
venire da Genova , ove era pagato carissimo. Questo stato mi
sero durò fino alla raccolta del 1375 che fu abbondantissima.
Per la peste morirono rispettabili persone, e fra le altre il Potestà;
famiglie intiere disparvero, onde la misura dei mali era giunta al
colmo , né per questo cessava la guerra che si faceva in tutto lo
stato fra i Salimbeni , ed il Comune di Siena , per cui Gregorio
XI. che succedette come diremo nel Pontificato, pensava di potersr
facilmente impadronire di Siena, mentre divisa in tante fazioni, e
sodo un governo senza forza, sembrava facil conquista. Venuti in
sospetto di questo pericolo i Fiorentini , non solo mandarono soc
corso di armati alla Repubblica , onde si opponesse al passo che
avea dimandato il legato di Perugia di 400 cavalli e 600 fanti col
pretesto di mandarli a Bologna , ma di più mandarono per loro
ambasciatori in Siena Buonaccorso di Lapo, e Carlo Strozzi a trat
tar la pace fra i Riformatori ed i Salimbeni, quale fu conclusa sol-
lecitamente. in quanto che si seppe che i Visconti di Milano aveauo
223
aggiustate le loro differenze col Legato di Bologna, e si temeva che
uniti i loro eserciti potessero rivolgerli contro la Toscana , tanto
più che le divisioni sorte in Firenze dai Ciompi , fra le fami
glie Hicci ed Albizzi travagliavano tanto quella Repubblica da
toglierli la forza che era necessaria alla difesa della propria indi
pendenza; ma non fu così, anzi Giovanni Acuto che liberato dalla
prigione era divenuto Generale delle armi della Chiesa , abbando
nando quel servizio divenne Capitan di ventura, e volgendosi verso
la Toscana , mise a contribuzione Firenze , Arezzo e Siena , che
non avendo armati da opporli furono necessitate a pagargli .forti
taglie onde quietarlo, e deciderlo a partire. Anche Gambacorti Si
gnore di Pisa mosse verso la maremma ai danni di Siena ; in
una fazione fu preso prigioniero il Cavalier di S. Giovanni Priore
di Pisa, che fu generosamente rimandato , ma egli invece di mo
strare animo grato per l' ottenuta libertà tornossene in maremma
con nuovi armati , sorprese Talamone , e n' espugnò la Rocca.
In ogni tempo gli stranieri o a torto o a ragione hanno deriso
gl' Italiani. È vizio generale delle nazioni il magnificare i difetti al-
trui , senza riconoscere e convenire dei propri. Così accadde ni
campo che si teneva presso Bologna. I soldati Bretoni dispregiando
gl'ltaliani, che di male in cuore senti vansi punti, vennero ad una
sfida ; si batterono due per parte, scelti fra i più eletti cavalieri, e
dopo ostinata lotta , nella quale ciascuno fece prova di valore alla
presenza dell' esercito , la vittoria rimase ai due Italiani , e questi
erano Betto niffoli Fiorentino , e Guido d' Asciano.
Urbano V. che da Roma , come abbiam detto , aveva ricon
dotta la sede apostolica ad Avignone , disgustato di Bernabò Vi
sconti , che egli aveva interdetto , e vedendosi inefficace a sanare
i mali da cui l' Italia era oppressa, più sollecito nell' avanzata sua
eia del proprio riposo, che del bene altrui, era di nuovo ritornato
fin dal 1370 in Avignone: appena arrivato colà cadde gravemente
infermo, e vi moriva nel mese di Decembre dell' anno stesso; ebbe
a successore il già nominato Gregorio XI. Miseranda era la condi
zione dell' Italia , perché campo continuo di guerre e di discordie
vivili; vi erano signori che all'ombra di un potere usurpato tiran
neggiavano i popoli. I pochi Municipi , che liberi si serbavano, di
visi fra loro e divenuti deboli, aveano abdicata la loro potenza, ri
224
valità , ambizioni , odj , tutti vizi di un epoca corrotta emergeva
no ; la pubblica morale era guasta , le coscienze traviate; il clero
non si asteneva dalle empietà e dalle lascivie. Il massacro di Cesena
accaduto in quell'epoca, ed ordinato dal Cardinal di Ginevra é uu
fatto orribile nel quale si rinnuovarono le più atroci crudeltà dei
selvaggi. l Capitani di veutura prepotenti , avidi , inumani erano
la lebbra del corpo sociale , e le Repubbliche marli lime, come Ge
nova e Venezia , gelose e rivali fra loro , impiegavano la forza in
guerre impeli iiclio per contrastarsi la priori th dei mari , e del
commercio.
In mezzo u tante miserie ed a tanto lezzo una donna osò al
zar la voce , e proclamare la verità in faccia ai Regi, ai tiranni, ai
popoli , e questa fu Caterina Beniucasa da Siena figlia di poveri
genitori , che abitavano in Fontebranda, Contrada dell' Oca , quali
onestamente vivevano esercitando l' umile professione della tinto
ria. Questa donna dotata dalla natura di uno spirito straordinario
avea cattivata la mente noll' amor puro della religione ; la di lei
vita angelica corrispondeva ai sentimenti nobili di un anima ele
vata : atii di cristiana carità , privazioni , digiuni , preci l'allon
tanavano dalle umane debolezze ; essa vestiva l' abito monastico
come Terziaria dell' ordine di S. Domenico.
Sotto questa umile divisa .viaggiando dimessa, correva a quie
tare le ire cittadine ove maggiormente fervevano; scriveva ai gran
di rimproverandoli i loro errori. Le di lei lettere souo piene di gra
zie . di concetti grandiosi , di verità incontrastabili. ed ispirandosi
alle celesti visioni la sua parola scendeva al cuore , e quale anti
doto ai profondi mali dell' epoca ridestava le sopite virtù. Iddio ,
e la patria ue signoreggiavano la intelligenza , onde nella mondana
umiltà comparve grande ai grandi , e l' altrui invidia , la maldi
cenza, il sarcasmo non poterono giammai avvilire la donna del po
polo. Essa vide un rimedio satutare nel ritorno di Gregorio a Ro
ma , a lui ne scriveva ; in fine recossi ella stessa ad Avignone.
Colà alla presenza della corte e dei cortigiani rammentò at Papa il.
voto di proteggere la libertà dei Muuicipj , e di rendere la pace
all' Italia , voto sacro dei predecessori suoi ; parlò della necessità
di una riforma nella Chiesa , dipinse al vero i mali, i vizi, lu tur
pitudini d' Italia , e la ostinazione di Gregorio fu vinta ; l' umile
225
donzella superò la influenza che nella Corte di Roma esercitava il
Re di Francia: i di lui cortigiani furono vinti dall' eloquenza ispi
rata dalla Benincasa , e nel mese di Novembre del 1376 il Papa
fu di ritorno a Roma. I Senesi a lui spedirono ambasciatori, onde
pregarlo a far sì che Talamone fosse adessi restituito, ma conob
bero essere l' animo di lui più inclinato alla guerra che alla pace,
poiché volendo egli combattere e ridurre all' obbedienti i di lui
sudditi ribelli ambiva di ritenere lui stesso quel porto in pegno
della fede dei Senesi, che voleva per alleati nell' impresa che me
ditava.
Intanto delle genti in armi al soldo della Chiosa scorrevano le
maremme Senesi predando e devastando il paese, come se in guerra
fossero colla Repubblica. Il Castel di Porrona cadde in loro potere,
e lo diedero alle fiamme, dopo avervi uccisi con Yogaraccio Squar-
cialupi tutti quelli che lo guardavano.
Queste truppe si recarono quindi verso Grosseto, e poco mancò
che per un tradimento del Castellano, col quale mantenevano se
grete intelligenze, non se ne impadronissero; ma scoperte le pra
tiche , i traditori furono mandati a Siena , e condannati alla pena
capitale, l' esecuzione della quale non passò senza qualche strano
avvenimento.
Un parente dei condannati, mentre passavano per andare at
supplizio , si gettò in mezzo alle guardie di giustizia , gridando
viva l' Imperatore ; il coltello che imbrandiva servì a tagliare la
eorda con cui erano legate le mani dei condannali, che insieme at
loro liberatore presero a fuggire , se non che le guardie riavu
tesi datla prima sorpresa si misero ad inseguirli , ed infatti i fug
genti furono arrestati; però l'infausta sorte dei condannati la subì
pure il liberatore , che fu con gli nitri decapitato.
Le genti del Papa nou si davano per viule, poiché tornarono
contro Grosseto , diedero diversi assalti a quelle mura, e dopo es
servisi trattenuti quaranta giorni, veduta la inutilità dei loro sforzi
se de partirono : ma ciò non ostante questa guerra indegna con
tro uno stato che non aveva offeso il Pantefice dimostrava, che egli
era ben lontano dall' idea di voler compire un voto santo , perché
giusto, e che invece di arrecar pace, era venuto nuove discordie
a suscitare : ma nel 26 di Maggio i 378 questo Pontefice passava al-
15
226
i altra vita . mentre in Snrzana coll' intervento ancora degli am
basciatori di Firenze , di Siena . di Pisa , di Lucca , e d' Arezzo ,
si trattava la pace eoa Bernabò Visconti per far cessare una guerra
che durava da più anni. e che avea desolata gran parte delti stati
d' Italia. Alla di lui morte i Cardinali Francesi avrebbero voluto
far prevalere nel Conclave i voti a favore di un loro connazionale
per ricondurre nuovamente la sede Pontificia in Avignone , ma il
popolo Romano alzò la sua voce non senza tumultuare , per cui
gli adunati per la elezione del nuovo Pontefice si trovarono con
cordi nella scelta dell' Arcivescovo di Bari. che assunse il titolo di
Urbano VI. ma i suoi modi rozzi stravaganti ed alteri , la di lui
indole crudele disgustarono ben presto tutti i Cardinali , per cui
sotto il pretesto di essere stata la loro volonta coatta dai romani
tumulti, nuovamente si riunirono in Conclave, e con grande scan
dalo della cristianità e detrimento del principio religioso, nomina
rono un altro Papa nel Cardinal di Ginevra, quello stesso che avea
ordinato il massacro di Cesena , che assunse il titolo di Clemente
VII. Nacque uno scisma che portò nuove turbolenze e tribolazioni
alii stati ed ai cittadiui. La Chiesa ebbe due Pontefici uno a Ro
ma . i' altro ad Avignoue, che fra loro si scomunicavano a vicen
da. Le Repubbliche si erano indebolite per mezzo dell' abuso delle
loro forze; e la mollezza, ed i vizi avean corrotto gli altri popoli
che erano da una corte governati; di modo che in mezzo a tante
turbolenze il Secolo XIV. , che nella sua origine avea tanta vita
lità mostrato , nel suo declinare palesava segni evidenti di deca
denza generata dalle divisioni e dalle immortalità che aveauo cor
rotti i costumi in tutta Italia.
Urbano avea fatta pace coi Visconti, e gli ambasciatori Senesi
clic aveano aderito al trattato aveauo convenuto che la Repubblica
pagherebbe 12.000 fiorini, perché le fosse restituito il porto di Ta-
lamone , e la Rocca , e così ritornò , com' era giusto , sotto il do
minio della Repubblica di Siena.
Grandi alterazioui accaddero in Firenze nell'anno 1379. I fuo-
rusciti tentarono di occupare Figline ed altri castelli del territorio
Fiorentino , ed a questa congiura non erano estranei i Ciompi ; le
trame furono denunziate , molti rispettabili cittadini furono arre
stati; il popolo sollevatosi per questa uuovità chiedeva ad alta voce
227
giustizia : l' agitazione crebbe tanto che i giudici atterrili condan
narono al supplizio 46 cittadini . che la maggior parte morirono
innocenti. In questa terribile circostanza fu necessario spedire da
Siena più compagnie di balestrieri in soccorso di quel governo ,
come ancora Ambasciatori Senesi a far da pacieri. In Siena ni con
trario volendo i Riformatori alleggerirsi dei nemici domestici richia
marono, assolvendoli dal bando, tutti i ribelli condannati all'epoca
del trionfa della rivolta della Contrada del Bruco contro i Nove ,
ed i Dodici , e che erano stati chiamati i Fini.
Vi fu ancora una molesta visita fatta nel Senese dalla compa
gnia detta di S. Giorgio, alla quale convenne pagare 12,000 fiorini
ti' oro , onde si partisse dal dominio di Siena.
Emaciata dai travagli e dalle privazioni in fresca dì» moriva in
Roma nell'anno 1380 Caterina da Siena in odore di santità; i dr
tei sinceri sforzi onde i destini di questa terra volgessero al me
glio non furono dal successo coronali , poiché le radici del male
erano così profonde che lo svellerle non era nelle forze della umana
uatura. La sua religione , le sue virtù cittadiue la resero eterna
mente celebre non solo all' Italia, ma a tutta la cristianità; essa
può ascriversi fra quegli esseri angelici destinati più che a vivere
in terra, a servire d' ornamento nel ciclo. Dopo la di lei morte fu
dalla Chiesa canonizzata per santa , ed ove esisteva la umile di
mora di quest'essere veramente prodigioso sorse un sacro oratorio,
cui fu dato dai cittadini il di lei nome , ed o anche ai giorni no
stri la residenza della nobil Contrada dell' Oca. I viaggiatori van
no con religioso rispetto a visitar quel luogo onore della città , e
sacro alla memoria di uu essere straordinario (1) , che comparirà
ancor più grande, qualora si ponga meote alla scostumatezza che
prevalse uell' epoca in cui visse.

(1) IIdi cui corpo si conserva a Roma nella Chiesa della Minerva,
e Pio secondo ordinò che ogni anno nella prima Domenica di Maggio
se ne celebrasse la festività : la di le ' sacra testa é esposta in Siena
alla pubblica venerazione nella Chiesa di S. Domenico entro una
Cappella ricca di squisiti affrcS''li dipinti dal Razzi. È fama che
questa testa fosse portata in Siena dal di lei confessore spirituale
Padre Raimondo da Capw che ne ha scritta la vita.
228
Sjena dovette combattere in qucll' anno contro Francesco Dò
Prefetto da Vico , che nelle rivoluzioni a cui erano soggiaciute le
città della Chiesa , erasi impadronito di Viterbo, e per timore che
i Senesi andassero in soccorso dei suoi nemici, loro faceva guerra
colle bande dei Brettoni e Guasconi che avea assoldate. Queste
presero il Castel di Montorio; Siena mandò ad espugnarlo colle sue
genti Agnolino Salimbeni , ma l' impresa non riesciva . perché il
nemico era soccorso di vettovaglie da Cione di Sanciro Salimbeni,
che teneva la Rocca di Celle, e che aveva estrema gelosia di Agno-
lino , onde fu necessario prima che il Marchese Spinetta Senatore
di Siena espugnasse la Rocca di Celle , e quindi riuniti gli ajuti
delle citià collegute con 2000 cavalli e 1000 fanti di Giovanni d'Azzo
Ubaldioi , iucominciarou a fare scorrerie , e devastare il territorio
dei nemici: e lasciando parte dell'esercito all'assedio di Montorio
presero il Castel della Marsiliana che dai Senesi era stato già ven
duto ai Signori De Baschi. Fu poi falta pace fra Senesi ed i Si
gnori di Farnese che predavano la maremma ; il castel di Molitorio
fu comprato dalla Repubblica , e così terminarono quelle ignobili
fazioni , che sono penose a raccontarsi, in quanto che nulla hanno
di grande , e di generoso.
In quel tempo Carlo di Durazzo essendosi impadronito del Rea
me di Napoli fuce prigioniera , e quindi morire la Regina Giovan
na. Fu allora clie Luigi Duca i1" Angiò , fratello di Carlo V. Re di
Francia , scese in Italia con formidabile esercito , mentre ad insi
nuazione dell' antipapa Clemente era stato dalla Regina Giovanna
adottato per tiglio, e dichiarato crede del Reame di Napoli, voleva
adunque riconquistare quel Regno , affacciando i suoi dritti eredi-
tari. Questo fatto fu causa di altre guerre, di altre fazioni che de
solarono mnpgiormente l'Italia, abbenché alla Repubblica di Siena,
ed alle attre della Toscana fossero più utili che dannose, poiché al-
l' avvicinarsi di qucll' esercito le compagnie di ventura che le ta
glieggiavano si ritirarono affatto ; né si lasciarono sedurre quei
governi , poiché dimandati di soccorso . ad ambedue le parti co
stantemente lo ricusarono.
Senza fn il. ii ci a narrar* altre piccole fazioni, conquiste o per
dite di castelli , fatli tutti che presso a poco si assomigliano, pas
seremo a narrare quanto d'mteressante accadeva in Siena nel 138i.
2*9
L' Ordine dei Dodici ambiva di ritornare al potere, ed i nobili
lo secondavano; gih aveano L capi prese le loro disposizioni affinché
nella elezione , che doveasi effettuare per la residenza dei mesi
di Marzo e d' Aprile vi entrassero alcuni dei loro. Non avendo ciò
lM3tuto ottenere , fecero bisbiglio , siccome non sembrava loro giu
sto , che non dovessero partecipare all' amministrazione della cosa
pubblica. Questa ragione trovava tanto partito, che nel dì appresso
i Riformatori adunarono il Consiglio generale per reclamar giustizia.
Tale successo otte.nuto incoraggi, invece di scorare l' Ordin dei Do
dici , onde in quel giorno vi fu tumulto , ed un tal Lucarino Ce
stelli uomo sedizioso dell' Ordin dei Dodici fu arrestato a Porta Sa-
laja , e le guardie lo trascinavano per la Costarella onde icario in
prigione, quando accorsi allo strepito diversi suoi aderenti lo strap
vano
paronoin alla
piazza,
forza
ma ei nobili
vi fu con
zuffa.quelli
Quelli
deidei
Nove,
Riformatori
e dei Dodici
si butte-
im

pedirono che la plebe vi entrasse, combattendo con vantaggio a tutti


gli sbocchi pei quali vi si giunge : cosi sopraffatti dal numero i
Riformatori, e privi di soccorso furono cacciati di palazzo, e fu loro
tolta 1' amministrazione e il dominio della Repubblica , e dopo la
loro cacciata, il 2 i di Marzo, tornarono in città i Salimbeni , una
parte dei Tolomei, i Malavolti, i Piccolomini, i Cerretani, gli l'gur-
geri ed altri gentiluomini, avendo seco 300 cavalli e 2000 fanti
guidati da alquanti Signori di Farnese , ed in pochi giorni più di
4000 della fazione soccombente furono mandati in esilio. Così ogni
mutamento era nuova rovina per lo stato, ed aumentava le scia
gure dei ciltadini , ed in speciat modo di quell'Ordine Popolare
composto in gran parte di artigiani, e di gente che doveano trarre
dall' industria la loro sussistenza. Frattanto il governo colla cac
ciata dei Riformatori venne diviso tra i Nove, i Dodici, ed il Po
polo; la noi HlI ii rimase esclusa dagl'impieghi; strana combinazione
ora questa che ponendo a fronte interessi ed ambizioni varie , di
consistenza mancanti , nuove esorbitanti passioni fomentare nella
plebe dovca.
CAPITOLO DECIMO

SOMMARIO
Morte del Petrarca e del Boccaccio — Governo di Siena ridotto
ai 10 Difensori — \uove cospirazioni — Spinello Tolomei — Arre
sti — Esecuzioni — Sedizioni a Casale ed a Massa — Lodo degli
Anziani di Bologna — Benedetto Alberti profugo Fiorentino in Sie
na — Nuovi dissidi fra Firenze e Siena a proposito di Montepul-
ciano — Si ribella ai Senesi — Questi chiedono assistenza a
Gio Galeazza Visconti — Convenzione fatta — .Vontepulciano torna
sotto il dominio di Siena — Cortona si ribella per darsi ai Fioren
tini — Preparativi alla guerra contro Firenze — Nuove previsiont
— Niccolo Piccolomini batte la Compunnla dei Bretoni — Consulti»
tro
dei Morosiià
Somiglianti
confermato
— Cio d'Senatore
Azza l'baldini
— Batista
at Piccolomini
soldo dei Senesi
spedito
, e al'ir.
(i.

Galeazza Visconti — Montepulciano si da ai Fiorentini — Lega fra


Siena e Gio Galeazza contro Firenze — Guerra — / Fiorentini in
una notte sono a Porta S. I/orco — Si ritirano — Gambacorti di
Pisa si fa mediatore — .Yuova legge — La confederazione fra Siena
e Gio Galeazza vien confermata — Nuova congiura di Spinello To
lomei — È scoperta e prevenuta — II Capitan Savelli contro la
Compagnia dei Bretoni — Sono battuti ad Asinalunga — Si riaccen
de la guerra fra Siena e Firenze — Andreasso Cavalcalo nominato
Senatore di Siena — Dimanda la Signoria di Siena per Gio Galeaz
za Visconti — Mozione presentata al Consiglio — Viene apjìrovutn
— Gio Galeazza ottiene la Signoria di Siena — Sedizione fra i i.uri
partiti — Niccolò Alalavolti decapitato — / Malavolti si capitolano
con Firenze — Siena li dichiara ribelli — Continua la guerra con
tro Firenze — II Conte d' Armignach coll' esercito in Piemonte —
Contento dei Fiorentini — L Armignarh é battuto da Iacomo del
Verme — Le truppe dei Fiorentini si ritirano dal territorio senese
— Giacomo del Verme viene coll' esercito in Toscana — Nel contado
di Pisa si unisce alle truppe di Siena — Entra nel territorio Fio
rentino — // Del Verme s' impadronisce delle vettovaglie destinate
per Firenze — Spavento in questa città — Le controversie sono com
promesse nel Doge di Genova — St fa la pace.

Jj Italia aveva fatto due gravi perdite, poiché erano morti


due grandi uomini che nel Secolo XIV. illustrarono le lettere coi
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loro preziosi componimenti. Nel 1374 moriva il Boccaccio, e nel suc
cessivo 75 moriva il Petrarca in Arquà presso Padova alle falde
dei monti Euganei. La gentilezza dell' animo che nelle loro opere
immortali traspire, fa uu contrasto notevole coi costumi dei tempi
in cui vissero; é questa la proprietà del vero genio che suole inal
zarsi al di sopra delle miserie e dell' avvilimento , da cui trovasi
circondato. A Firenze erano periti in mezzo al furor delle fazioni,
uomini di stato illustri , dei gran cittadini , cosi che il secolo di
vorava tutto ciò che aveva contribuii» ad illustrari.') , ma l' Italia
fu sempre madre feconda d'ingegni straordinari, che sorsero mag
giormente in mezzo atle civili commozioni , che fra la quiete di
tempi pacifici.
Cacciati che furono dal governo di Siena i Riformatori , esso
rimase in potere degli altri Ordini, che in luogo del Magistrato dei
quindici difensori , ne introdussero un nuovo , composto da soli
dieci . che dovessero risiedere nel palazzo pubblico, e furono chia
mati i Signor Priori Governatori della città di Siena ; e siccome
l' Ordin del Popolo era tanto diminuito in numero per l' esilio di
tanti plebei , fu aumentato , onde partecipasse per eguai porzione
all'andamento della cosa pubblica. Èra interesse che gli Ordini di
versi si equilibrassero, perché il più forte non divenisse arbitro as
soluto uel potere dello stato. Il nuovo Magistrato appena fu costi
tuito spediva ambasciatori agli altri stati . onde confermare le
intelligenze e patli che esistevano , e nel tempo stesso volle assi
curarsi della fedeltà e dell' obbedieuza dei paesi e terre di cni si
componeva il domiuio della Repubblica ; ma non tardarono a com
parire sospetti di cospirazioni, che miravano ad abbattere il nuovo
governo appena creato, per ristabilirvi i Riformatori, poiché si venne
in cognizione di uni congiura , mediante la quale alcuni della fa
miglia Tolomei unitisi ad alquanti popolani avevano fatto avvicinare
atla citta alcune bande forestiere, onde valersene per far rivoluzione.
I provvedimenti presi dai Priori sventarono questi progetti, e
la tranquillità pubblica per allora non venne turbata; ma non era
evitato un pericolo, che altro dello stesso genere rinasceva. Questa
volta era Spinello Tolomei unito ad un gran numero di Riforma
tori , quali avevano aderenti in città , che tentavano di abbattere
il nuovo governo. Delle bande prezzolate dovevano prima devastare
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parte del territorio Senese . quindi accostandosi alla città , dove
vano impadronirsi di una porta per dove introducendosi i congiu
rati , assistiti dat loro partito , avrebbero cacciati i Priori dal pa
lazzo, come avean praticato dei Riformatori; ma scoperte le occulte
intelligenze si fecero degli arresti , ed alcuni furono decapitati in
Val-di-Moutone , e fra questi un .Vanni di Dota , che era uno dei
capi fra i cospiratori. La congiura «frullò , come suole accadere ,
nuove disgrazie alle famiglie , alla città. In quanto a Spinello To-
lomci , egli si difese, contro le forze della Repubblica , ma in fine
Cocco di Clone Salini beni lo forzò a capitolare; egli consegnò ai Se
nesi Castiglioni con la fortezza . quindi di là partitosi co' suoi, in
cendiò il Castel di Cotono , talché la Repubblica non ebbe che la
Chiesa di quel luogo da Spinello rispettata: ogni rimanente era in
cenere. Non fuvvi eccesso d'mnanzi al quale retrocedessero gli uo
mini di partito assetati dall' ambizione di dominio. Né per questo
Spinello desisteva dai suoi progetti , che anzi essendo state inter
cettate due sue lettere dirette ai suoi aderenti che erano in città,
esse diedero luogo a diversi arresti. Uno dei compiici, che era Pie
tro di N'addo disperando della sua salute si ammazzò , gettandosi
da una fmestra del palazzo del Potestà , altro che era lacomo di
Francesco di Dota, unitamente al portatore di una lettera, furono
decapitati. Tutti questi spettatoli orribili ed il terrore di una vicina
rivoluzione tenevano agitata tutta la città, e le terre del dominio.
Infatti non tardò a scoppiare nel Castel di Casole una terribile se
dizione, per cui i casolani divisi venivano giornalmente alle mani,
e si ammazzavano: e Niccolò Malavolti colà spedito dai Priori, stentò
assai a ristabilir la calma. Anche Massa si commosse a sedizione,
e le discordie si calmarono mediante le cure di Tommaso Agaz-
zati , e di lacomo Renuccini espressamente colà spedili dal Ma
gistrato. Era insorta qualche differenza fra il Comun di Firenze, e
quello di Siena a proposito della terra di Lucignano, che era stata
colle sue adiacenze occupata dai Senesi: per terminare la questione
amicabilmente fu compromessa negli Anziani di Bologna , i quali
fecero un lodo , dichiarando , che il Castel di Lucignano apparte
neva ad Arezzo , per conseguenza a Firenze , siccome a quella
Repubblica allora obbediva, e che per questa ragione i Senesi non
avendovi diritto di proprietà dovessero restituirlo ai Fiorentini, me
Jiante il rimborso di 8000 fiorini che la Repubblica di Siena vi
aveva spesi per restaurar le mura , e per diversi altri lavori ; il
lodo ebbe la sua piena esecuzione, e così fu la questione troncata.
In quel tempo si rifugiava in Siena Benedetto Alberti , uno dei
gran cittadini di Firenze . che vittima delle dominanti fazioni era
stato dalla patria discacciato; cos'i le proscrizioni ovunque si mol-
tiplicavano per effetto di una 'lotta di partiti che disperdeva senza
v criin frutto le forze vitali delle Repubbliche.
A questo punto ( 1387 ) dobbiam parlar delle cause di una
guerra che fu combattuta dalle parti con odio e pertinacia. e forse
la più dannosa fra quante altre in Toscana avessero effetto. Sem
brava apparentemente che fossero sparite le antiche rivalità fra
Senesi e Fiorentini, dopo che la lega Guelfa di Toscana le avea unite
in modo che eransi scambievolmente giovate nei pericoli e nei bi
sogni , ma esse non erano che sopite, e perciò pronte a ricompa
rire tosto che gl' interessi lo richiedessero.
Colla ricchezza dei cittadini cresceva in Firenze l' ambizione
della Repubblica ; e sebbene non fosse priva ar.ch' essa d' interne
discordie , pure non era stata in quei tempi agitata tanto da in
debolirne la potenza. Quella di Siena al contrario in mezzo alle
continue fazioni avea perduta la sua energia, e dava segni di debo
lezza da lusingare l' avidità del più forte.
Abbiamo veduto quanti sacrifizi costava ai Senesi l' acquisto
di Montepulciano, quali erano i dritti di possesso sui quali si fon
dava il loro dominio , pure i Fiorentini si mostravano sempre ge
losi di ogni ingrandimento territoriale della Repubblica di Siena ,
e ad onta che Montalcino e Montepulciano fossero per essi posizioni
eccentriche , pure tentarono sempre di toglierle a Siena , benché
fossero entro i limiti naturali del di lei stato. Così per il possesso
meschino di una terra i governi s' impegnavano in guerre mici
diali , e devastandosi a vicenda le loro ubertose campagne senza
gloria e senza onore accrescevano i mali abbastanza inaspriti dalle
iuterne discordie.
In mancanza di dritti legali i Fiorentini ricorsero alla frode ,
onde giungere al possedimento di Montepulciano; con mene segrete
ottennero che nuovamente si ribellasse. Gli uffiziali del Comune
di Siena furono cacciati. e Niccolò del Pecora fattosi capo di quella
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sedizione , dimandò soccorso ai Fiorentini , coi quali avea mante
nute segrete intelligenze. Non vollero accordarglielo in un modo di
retto per non scendere ad una aperta rottura coi Senesi; ma Cecco
di Diana finse di lasciare il servizio del Comune di Firenze, e passò
ai stipendi di Montepulciauo con trecento cavalli ; la finzione non
era tanto sottile da passare inosservata. Il Comune di Siena sen
tite quelle nuovità spediva Giovanni d' Ascoli suo Potestà con di
verse compagnie d' armati a danneggiar le terre di Montepulciano,
e siccome non poteva disporre di forze sufficienti per ridurre quella
città ribelle all' obbedienza fu costretto a ricorrere alla protezione
di Gio Galeazze Visconti di Milano , la di cui potenza era notabil
mente cresciuta in Lombardia. Egli avea vinto Francesco di Car
rara che rimase iu una battaglia suo prigioniero. Gio Galeazze scrisse
lettere al Commi di Firenze esortandolo a non voler turbare la pace
in Toscana per una cieca ambizione , e che saggio consiglio era
quello di accettare una mediazione che conciliasse quei sopravve
nuti turbamenti.
Quelli che tenevano il Governo in Siena scrivevano pure ai
Priori di Firenze, che eglino eransi sempre guardati dal disturbar
la quiete altrui, per cui desideravano esser corrisposti, lo che sa
rebbe apparso chiaro , tosto che fosse stato richiamato a Firenze
Cecco di Diana coi suoi soldati.
I Fiorentini colti nel vero, e vedendo di più che Galeazze Vi
sconti preponderava per la causa dei Senesi , non stimarono op
portuna
tori a Siena
l' attuazione
a trattar dei
gli accordi.
loro progetti.
I''.ssi fecero
Infatticostituire
spedirono
la loro
ambascia-
difesa

nel dimostrare, che Cecco di Diana aveva terminato il tempo della


sua capitolazione col Comune di Firenze, e che non poteano impe
dirgli di passare ad altri stipendi.
Li stessi ambasciatori assumendo la qualità di paceri si reca
rono a Montepulciano a fine di disporre quel Comune a sottomet
tersi . e preparati gli animi ad una conciliazione il 29 Ottobre 1 387
i Fiorentini pubblicarono il loro lodo, nel quale si dichiarava, che
fra il Comune di Siena, e la famiglia de Salimbeni da una parte,
ed il Comune di Montepulciano e Giovanni di Niccolò Cavalieri os-
sivvero della casa Del Pecora dall' altra , s' intendesse conclusa e
stabilita la pace.
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Che il Comune di Montepulciano stesse per cinquanta anni in
accomandigliì scito la protezione del Comune di Siena, ma che in
ogni caso il detto Comune di Moutepulciano dovesse tener per ami
co quello di Firenze.
Che quei di Montepulciano fossero tenuti ad offrire un cero in
segno di devozione ed accomandigia alla Chiesa Cattedrale di Sie
na, della valuta -di fiorini ottantadue d' oro, e per censo lire dieci
di danaro in una borsa di seta , ben inteso che simile offerta do
vesse rinnuovarsi ogni anno in occasione della festa titolare del
mezzo Agosto; e che il 25 Marzo dell' anno che correva 1387 gior
no dell' anuunziazione di Maria Vergine dovessero questo censo in
cera e danari presentare in compenso di quello che non era stato
offerto nel passato Agosto.
Esser tenuti i Senesi mandar quelle genti d'armi che fossero
richieste dai Montepulcianesi per guardia della terra , e viceversa:
Fossero obbligati quei di Montepulciano a ricever nella terra
loro fino a venticinque lance e non più. Dovessero i Montepulcia-
nusi eleggere per loro Potestà un cittadino Senese da rinnuovarsi
ogni sei mesi.
Fosse obbligato il Comune di Montepulciano a restituire ai suoi
fuorusciti tutto quello che gli era stato tolto insieme con In pa
tria , fuor che a Gberardo e a Biagio di M. Incomo . a Orlando di
M. Corrado , a lammo di M. Bertoldo della casa dei Cavalieri , o
del Pecora che erano ribelli. Gli uomini di casa Salimbeni doves
sero d' ordine del Comune di Siena far pace con quelli di Monte
pulciano ; e diversi altri capitoli meno interessanti.
Mentre queste cose si trattavano accadde che la citta di Cor-
tona , che era in accomandigia e censuaria del Comune di Siena
si ribellò accostandosi ai Fiorentini. Ouest' avvenimento palesava
anche più chiaramente ai dieci Priori del Magistrato Senese i piani
occulti dei Fiorentini, che non contenti di quanto possedevano mi
ravano ad estendere il loro dominio, e farsi più degli altri stati
potenti. Abbiamo già detto altrove che il mantenimento dell' equi
librio politico era un bisogno fortemente sentito in quel suolo, onde
non deve far meraviglia, se la condotta dei Fiorentini, sebben pal
liata con malizia , destava la gelosia nei Senesi. Per tutti questi
avvenimenti conoscendo pur troppo che per parte dei Fiorentini lo
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parole non corrispondevano ni fatli , il Comune di Siena incomin
ciò a lumerc In guerra, onde volle dare all' interno un sistema più
solido, per quietare i partili ed averli al bisogno tutti unili in un
sol volere.
l Dieci Priori vollero l'aumento di un individuo che fosse scelto
fra i Riformatori, e cosi il Magistrato fu portato ad undici persone.
Ordinarono che i Camarlinghi di Biccherna , e delle Gabelle ,
del vino, delle some , del sale, dei paschi , della mercanzia, e del-
l' opera e dell' altre pubbliche amministrazioni che erano undici, 4
fossero dei Nove , i dei Dodici , e 3 Popolari.
Ordinarono che tutte le potesterie e capitanati ordinar), come
era il Capitan della Maremma, della Montagna, e della Yaldichiana
dovessero esser nobili , e quand' anche occorresse mandar fuori
qualche Capitano straordinario, dovesse essere scelto a vicenda, fra
nobili e popolari. Infine fu dato il perdono a molti banditi . onde
ritornassero in seno delle loro famiglie, e con questi ed altri prov
vedimenti donati dalla prudenza , crederono di aver conciliati gli
animi delle fazioni in modo da non temere congiure e perturba-
menli interni.
Moni re tali fatti si compivano la compagnia di Giovanni Rei-
cotto, dice il Malavolti, per ordine dei Fiorentini era entrata nello
stato di Siena con 3000 cavalli, onde fu creduto utile il comporsi
con questi predatori colla mediazione del Pontefice che si trovava
allora in Perugia , e loro furono pagati 3000 fiorini , come pochi
mesi prima avean fatto colla compagnia dei Bretoni , i quali tor
narono nuovamente nel contado di Siena arrecando infiniti danni:
e per salvar la preda che avean falta si ritirarono per Staggia e
Poggibonsi nel territorio Fiorentino, e quindi per Val di Strove ri
tornarono nel Senese ; cavalcarono la moutagnola devastaudo f ed
abbruciando tutto ciò che a loro si presentava, ma verso il Gasici
di Monticiano si scontrarono con Niccolò Piccolomini CapiUn della
montagna, il quale avendoli attaccati con ardire ottenne segnalata
vittoria, in modo che la preda dei nemici cadde in potere dei suoi;
ma non ostante questa fazione i Bretoni si avventurarono a dare
l' assalto al Castel di Monticiano , dal quale però furono ributtati.
Allora il Piccolomini attaccandoli alle spalle, li costrinse alla fuga,
e si diressero per la via di Stigliano, e di Brenna verso la strada
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Romana , e si ridussero in quel d' Arezzo che teneva per Firenze,
come altra volta abbiamo indicato.
Tali avvenimenti contristavano I' animo di coloro che in Siena
tenevano la somma delle cose, e paventavano esser la guerra ine
vitabile ; e per togliere adunque tante lunghezze , che sono inse
parabili nelle questioni che si sottopongono all'esame di un Consiglio
generale ordinario , vollero che si formasse un Consiglio detto dei
Somiglianti composto di quelle persone di tutti i Monti che erano
stati Priori , e Governatori , e di tutti quelli che aveano il loro
nome nell' urna (bossoli) di questi Magistrati, i quali uniti a do
dici Gentiluomini eletti dalla Signoria; dovessero insieme coi Priori
provvedere alle urgenze che presentar si potessero.
Inoltre condussero al loro soldo Giovanni d' Azzo Ubaldini che
era in Bomagna colla sua compagnia , e confermarono Senatore Pie
tro Morosini di Venezia.
Per garantirsi maggiormente ricorsero ancora alla protezione
di Gio Galeazze Visconti , che si era sempre mostrato amico delta
Repubblica Senese , ed a lui spedirono Batista Piccolomini, che fu
da quel Signore gradito ed onorato , e ripatriando condusse seco
Giovanni della Porta , lo stesso Tesoriere di Gio Galeazze Visconti
da lui spedito coll' incarico di assoldare quel maggior numero pos
sibile di soldati al servizio della Repubblica e per conto dello stesso
Galeazze , per cui i Capitani Brogliolc e Bramlolino, e Iti.andino da
Panicele con cento cavalli per ciascuno , vennero a rinforzare le
truppe Senesi.
Intanto i Montepulcianesi aveano nominato per loro Potestà un
Fiorentino, ed avean fatto incamerare la loro terra nel dominio di
quelle di Firenze ; sicché la ribellione contro il Comune di Siena
era consumata. Di più fu scoperta una trama, mediante la quale
doveva pure ribellarsi contro i Senesi, e darsi ai Fiorentini il Co
mune di Casole ; diversi cospiratori furono appiccati , e la rivolta
non ebbe altrimenti effetto.
Gio Galeazzo Visconti dopo essersi impadronito di Verona, e di
Padova
ritti ereditari
, volevadella
faresua
altrettanto
famiglia su
della
quella
cittàcitta.
di Bologna
I Fiorentini
per corti
diedero
di-

ajuto in tal circostanza ai Bolognesi . per cui viepiù sdegnato da


questo tratto ostile si decise u favore della Repubblica di Siena .
che si mise sotto la protezione di si potentc Signore.
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Entrava nella di lui polilica l' occupare i Fiorentini in quella
guerra , onde disturbassero il meno possibile i di lui piani nell' I-
talia : e per rinforzare viepiù le truppe dei Senesi , affinché potes
sero tener testa a quelle dei loro avversari, spediva Favolo Savelli
con trecento lance.
Fu dunque fatta lega fra la Repubblica e Gio Galeazzo Visconti
contro il Comune di Firenze , e fu convenuto coll' atto di confede
razione che questa durar dovesse per anni dieci ( 1389). Che il
Visconti avrebbe mantenuto in Toscana 700 lance at servizio del
Comune di Siena sotto il comando di Paolo Savelli , e che la Re
pubblica di Siena ne dovesse tenere a sue spese 300, con 200 ba
lestrieri. Che il trattato fosse aperto a tutte le Comunità di Toscana
che volessero aderirvi , colla dichiarazione che tutte quelle terre ,
castella , citta , e fortezze , che si conquistassero in quella guerra
contro i Fiorentini, dovessero appartenere alla Repubblica Senese.
Che Gio Galeazzo non potesse far tregua o pace col Comune
di Firenze senza l' intervento dei Senesi , e viceversa :
Questi ed altri patti di minor conto furono in quella lega sti
pulati. Intanto la Repubblica di Firenze dal cauto suo si preparava
a guerreggiare con tutti quei mezzi, di cui la di lei potenza poteva
disporre , sicché le ostilità erano imminenti.
In fatti una truppa di soldati Fiorentini avanzatasi verso Stag
gia , venne in una notte ad appiccar fuoco atla porta San Marco ,
lusingandosi di poter facilmente entrare in quel rione, che allora era
spopolato, e stabilirvisi, mentre altre truppe che seguivao le prime
doveano appoggiare il tentativo. Il rumore delle genti armate sve
gliò le guardie, e dato il segno d'allarme il popolo nccorse a torme
a quella parte , e siccome il fuoco che ardeva era d' impedimento
al passo in quel punto, così uscendo per le altre più vicine, Tufi,
e porta Laterina il popolo attacco arditamente quelle genti che in
gran fretta si ritirarono senza avere ottenuto il loro intento.
Come si é veduto i mezzi di difesa della Rebubblica di Siena,
non ostante gli ajuti ricevuti , erano deboli , e piuttosto che sulle
poderose armate . che mancavano , il Comune potea far conto sul
patriottismo dei cittadini. D'altronde osservare ancora couviene che
le ostilità furono dai Fiorentini incominciate , sebbene il trattato
col Visconti non lasciasse alcuu dubbio sulle determi nazioni dei Se
340
nesi, talché noi crediamo, che quanto sleali erano state le segrete
mene contro Siena, altrettanto era nel diritto dei Fiorcn lini di cor
rere alle armi dopo il trattato stipulato dalla Repubblica di Siena
e G. Galeazze a solo danno dei Fiorentini : cos'i dopo una lunga
concordia , e dopo essersi reciprocamente assistite quelle due Re
pubbliche tornavano ad esser nemiche, l' una per aumentare pri
ma con mezzi subdoli , e poi con la conquista il di lei dominio ,
e l'altra per conservare quanto legalmente possedeva , onde non
crediamo di essere offuscati dallo spirito di parte attribuendo ai
Fiorentini tutto il torto di quella sconsigliata guerra.
Pietro Gambacorti che era Signore di Pisa, uomo reputato per
la sua sagacità e prudenza , si fece mediatore di quelle differenze,
e trovò arrendevoli i Fiorentini , perché aveano conosciuto che la
loro ambizione. avrebbegli suscitati potenti nemici, ed in partico-
lar modo temevano la petenza di Gio Galeazze Visconti, onde con
vennero di far sì che la terra di Montepulciano tornasse sotto il
dominio di Siena , conforme accadde. Fu fatta quindi una nuova
lega fra Galeazze Visconti , e le Repubbliche di Firenze , Bologna ,
Perugia, Siena, Lucca , Alberto d' Este Marchese di Ferrara, Fran
cesco Gonzaga Imperiai Vicario di Mantova ed altri Signori unita
mente al Gambacorti Capitano e difensore del popolo Pisano, e tutti
s' impegnarono a difendersi scambievolmente dalle compagnie dei
predatori , ed ajutarsi l' un coll' altro nei loro bisogni , ma tutte
queste apparenze ritardarono , ma non distrussero le cause della
guerra , poiché i Fiorentini cercavano soltanto di guadagnar tem
po. Mentre quelle pratiche di comune accordo si facevano. veniva
confermata in Siena il à\ 9 Novembre 1389 la confederazione pri
mitiva fra la Repubblica e Gio Galeazze Visconti , che ratificolla
nella città di Pavia, e di più mandò un suo Capitano Gio d'Azzo
Ubaldini per la parte della Romagna , con 400 lance in servizio
della Repubblica Senese , intanto che i Fiorentini ritenevano sem
pre al loro soldo la compagnia dei Bretoni.
In quel tempo altra congiura fu scoperta, ordita pure da Spinello
Tolomei che era bandito , e da altri dell' Ordine dei Riformatori, e
nella quale era pure intruso Giovanni del Pecora Signore di Mon
tepulciano , quali si lusingavano per mezzo di segrete intelligenze
che aveano in città di penetrarvi diuottc per Porta Ovile con gran
Ì41
numero d'armati, e di rovesciare il governo d'allora. Ma scoperte
le pratiche furono arrustati diversi rinadmi, ed i congiurati che si
avanzavano dalla parte del Chianti sconcertati dagli avvisi che ri
cevevano, si limitarono a fare una cavalcata JKT la vai d' Ar-
bia , e di là recaronsi verso Staggia predando nel loro passaggio
tutio il paese, sebbene stati abbondantemente provvisti di vettova-
glie dai Montepulcianesi, che erausi di nuovo ribellati a Siena per
darsi ai Fiorentini. I Senesi ricorsero ai confederati , ma nessuno
porse loro l'ajuto convenuto, non ostante che la compagnia dei Bre-
toui fosse entrata nel contado di Siena a devastarlo. Allora fu ne
cessità spedirli contro il Capitan Paolo Savelli colla sua cavalleria,
e con parte di quella dei Senesi, ed avendoli raggiunti presso Asi-
nalunga gli attaccò. li batle, tolse loro tutta la fatta preda, e fece
molti prigionieri; quindi volendo profitare del suo vantaggio, in
seguì quei predatori finchò per la parto di Colle di Val d'Elza en
trarono nel territorio Fiorentino. Cola SÌ adunava molta gente, si
provvedevano vettovaglie, ed arnesi da campo, ondo far la guerra
.iti. i scoperta , e uon altrimcnti sotto la maschera .dei predatori.
Intanto essendosi i Fiorentini diretti al Re di Francia per aver soc
corsi , ne riportarono soltanto parole e promesse evasive , e con-
tentaronsi di prendere al loro soldo il Duea Armignac, che assolda-
va truppe per venire in loro soccorso. Ciò non ostante continuo
ancora quella guerra da briganti , che ora più dannosa di quella
ordinata , poiché se non vi erano rotte di eserciti si devastavano
tanto le campagne dell' una , e dell' attra parte , che abbandonate
e fatte deserte presentavano quello squallore che preconizza la ca
restia. Questi stessi predatori avean faito trattato con alcuni di
Perugia che promettevano loro dar la città , purché fosse messa a
sacco , ma scoperti i rei disegni, il Savelli per prevenirne l' esecu
zione si spinse celà colla sua cavalleria, ed in certo luogo s'in
centrò con la gente dei Fiorentini , che presto volse in fuga. Nel
medesimo tempo i Montepulcianesi, con altra gente dei Fiorentini;
per vendicarsi di una preda che avean fatto nel loro contado Cio-
no Salimheni, e Gherardo Del Pecora loro ribelle, uscirono per de
vastare la Val d' Orcia , e quindi si avviarono verso la città di
Chiusi; giunti celà all'improviso la presero, ma non avendo potuto
impossessarsi della rocca , uuilisi a Cecco di Diana che avea 400
16
cavalli si posero ad assediarla: quando seppero l'avvicinarsi del Sa-
velli . frettolosamente se ne partirono, ed egli colà giunto, recu-
IMTII quella città dai nemici olibandonata. Avevano i Fiorentini con-
liid i» .11 loro stipendi il Conte Giovanni da Barbianocon 800 cavalli,
da lui raccolti in Romagna , e nella marca d' Ancona , ma Carlo
Malatesta Capitano del Visconti che trovavasi in quelle parti con
molte truppe, ponendosi in aguato in luogo stretto ed a lui vantag
gioso, quando comparvero gli attaccò, e distrusse la maggior parte
di quella gente. Ciò inteso dai Bolognesi mandarono in ajato del
Contc Giovanni 300 cavalli, i quali unitisi ad altra gente dei Fio
rentini guidati da Luigi di Capua lor Generale passarono in ma
remma e distrussero ed incendiarono tutto quanto fu loro possibile
di trovare: quindi passando per la montagnela si ridussero nel Fio
rentino carichi di preda.
Qucsta guerra terribile ed ignobile, di cui ci dispensiamo dal
descrivere tutte le fasi perché tutte si assomigliano , durò lungo
tempo senza glorie per ambe le parti ; a questi mali cagionati dalla
ferocia degli uomini si unirono ancora la carestia , e la peste. Di
più i cittadini di Siena vennero fra loro in discordia circa al con
tinuare o desistere dalla guerra ; diverse erano le opinioni ed i
progetti. Si diceva da una parte che i Fiorentini avrebbero di buon
grado accettate proposizioni di pace per combattere con maggiore
efficacia in Lombardia , ove la sorte non arrideva altrimenti alle
armi di Gio. Galeazze Visconti; il volgo poi acciecato dall'odio con
tro i Fiorentini, voleva che la Repubblica spendesse fino all'ultimo
soldo per combatterli. I più assennati poi aveau conosciuto che il
Visconti mirava a condurre in servitù la citta. In fatli essendo stato
eletto a Senatore di Siena Andriasso Cavalcato membro del Con
siglio secreto del Visconti, venuto espressamente da Milano, ne di
mandò il dominio.
Questa dimanda risvegliò nei Senesi tutio l'amore da essi sen
tito l>rr la indipendenza della loro patria, pure in molti, ed erano
i più, la stanchezza della guerra, il disgusto provato per tanti cam
biamenti , e per tanti. rivoluzioni che avcano arrecate sventure
alla città ed alle famiglie , faceva prevalere I' idea di aderire alla
pace. Questo partito formulò in segreto una mozione da presentarsi
al Consiglio generale. che conteneva in sostanza una volontaria do
Iti
nazione della citth e dominio di Siena senza patli a Giov. Galeazze
Visconti. Si unirono a questo partito i Salimbeni , che avendo di
fesa la parte Ghibellina erano nemici dei Tolomei e dei Matavolti,
famiglie Guelfe, e dopo tanto ragionare quella mozione fu dal Con
siglio approvata , ( 15 Marzo 1390 ) per cui i Salimbeni ebri del
loro trionfo coi loro seguaci corsero tutta la città gridando, viva Gio.
Galeazze Visconti ! Il partito opposto intollerante di questa nuovii.'i
si azzuffò, e questa sedizione costava la vita a venti cittadini che
vi rimasero morti (f390).
Né si arrestò a questo punto lo spirito fazioso che si era in
carnato negli uomini di quell'epoca; fu falto prigioniere ed incar
cerato Niccolò Malavolti , rispettabile cittadino , che avea reso im
portanti servigi alla patria, e fu quindi fatto decapitare. Offesi da
tanta ingiustizia gli altri della famiglia , come ancora i Tolomei si
Filtrarono nelle loro castella , ed Orlando Malavolti unitamente a
due suoi nipoti Donusdco, e Bartotammeo. spingendo più oltre del
dovere il loro sdegno, si capitolarono colla Repubblica di Firenze,
soltomeCtendo al di lei dominio le loro eastella.
Qualunque ragione non potra setisare quest' atto di dedizione
ad unii Repubblica colla quale la. lero patria era allora io guerra.
Unirsi ai di lei nemici era un tradirla apertamente. Le castella
Malavolti date in accomandila alla Repubblica di Firenze erano
Pari , Montacuto, ("astiglioni in montagna con la villa di lesa, Ga-
\orrano , Ravi , Pietra, Tatli, ed Alma vicino at mare. La Repub
blica di Siena gli dichiarò ribelli, e il popolo diatrusse il loro palaz
zo, che era sul Poggio Malavolti, con tutte le case annesse, vigne
ec. e r obbrobrio dei ciitadini più saggi fu la pena più acerrima in
tima ai traditori.
Mentre la moltitudine per quella volubilità che gli é propria
inclinava a servitù , continuava la guerra colli stessi danni che
erano incalcolabiti.
Odio reciproco senza gloria ecco il carattere che essa aveva :
e qui diremo ancora una volta , che la comparsa dei capitani di
ventura fu per tutti i rapporti fatale , poiché oltre a far disparire
uei popoli lo spirito cavalieresco, e le pratiche guerresche, che sono
la salute delli stati , la guerra cambiò natura , poiché quei Capi
tani assoldati ora da questo, ora da quello uon avevano né patriot-
244
, né attaccamento ad alcuna parte, e queir interesse da cui
erano guidati loro comandava di allungar la guerra quanto era
possibile , onde maggiormente arricchirsi. Èra loro interesse di Don
azzardar giammai un falto decisivo.
Èra sì grande la carestìa, la miseria a cui si erano ridotte le
due Repubbliche , che in Siena fu dichiarato che il fiorino d' oro
si spendesse per lire tre, e diciotto soldi (1), e fu provveduto che
tutti i forestieri ad eccezione dei soldati e religiosi, si partissero
dalla città fra due giorni , e fra cinque dal contado.
Una notizia pervenuta in quel tempo quanto prostrò gli animi
in Siena , altrettanto inorgogliva i Fiorentini . poiché saputosi che
il Conte d' Armignach era disceso in Piemonte con 15,000 cavalli
( dice l'Aretino ) e con poderoso esercito di fanti per venire in soc
corso della Repubblica di Firenze , non solo pareva loro certa la
conquista di Siena, ma pareva anche di aver già domato quel Giov.
Galeazzo Visconti , che tanto aveano temuto. Ma le umane previ
sioni SODO soggette a fallire , speciatmente quando esse sieno pre
coci. Mentre scontrato quell' esercito da Incorno Del Verme Capitano
di G. Galeazzo Visconti presso Alessandria della Paglia, fu comple
tamente battuto e disperso, lo stesso Armiguach vi rimase ucciso,
e prigionieri rimasero i Commissari Fiorentini , che erano Rinaldo
Giantìgliazzi, e Giovanni de Ricci. Di questo memorabile fatto dice
1' Ariosto :
E la gente di Francia mal accorta ,
Tratta con arte ove la rete é tesa
Col Conte d'Armignaco la cui scorta,
L' avea condotta all' infelice impresa ,
Giacca per tutta la campagna morta.

Questa notizia che sulle prime a Firenze non fu creduta, pro


dusse un senso inverso a quello che negli animi erasi suscitato al
lorquando si seppe lo avanzarsi di quel formidabile esercito.

(I) Malvuoiti libro nono della seconda parte pagina \TÌ an


no 1391.
245
Disparvero ad un tratto tutio le truppe al soldo dei Fiorentini
dal territorio Senese , ed i cittadini riavutisi dai concepiti timori
mandarono a recuperare tutte le castella che aveano perdute. Gio.
Galeazze Visconti per arrecar maggior danno ai Fiorentini spediva
in Toscana il vincitore d' Alessandri;i , lo stesso Dat Verme , ed i
Senesi , riunito quel numero maggiore d' armati che loro fu pos
sibile , mandarono a raggiungere il prode Capitano. Infatti la loro
riunione seguì nel contado di Pisa , e quindi si volsero con gran
furore nello stato Fiorentino. Quella Repubblica al contrario gli op
poneva Luigi da Capua e Giovanni Aguto con tutte quelle forze
che le fu possibile riunire. Scontratisi questi eserciti si tennero fermi
in osservazione più giorni , quando 500 cavalli avanzo dell'armata
d' Armignach, che erano stati assoldati dal Visconti dopo la rotta.
passarono al nemico. Per questo tradimento il D.il Verme credette
cosa prudente ritirarsi nuovamente nel contado di Pisa , dopo pic
cole fazioni senza reciproco vantaggio.
Ridottisi gli eserciti in luoghi ove meno difettavano le vetto
vaglie, il Dal Verme seppe che una gran quantità di muli ( dicono
mille ) carichi di tutto ciò che occorreva per alleggerire la carestia
che. dominava in Firenze erano partiti da Pisa scortati da 500 ca
valli : onde si portò in certo luogo per dove passar dovevano , e
messosi in aguato con molta circospezione ne attaccò la scorta, e
dopo breve combattere gli fu facile farla prigioniera e d' impadro
nirsi di tutto quell' inestimabile bottino.
La notizia di questa perdita sparse lo spavento in Firenze, più
di quello che avea prodotto la rotta dell' Armignach.
Alle idee di conquista succederono brame assai più moderate,
ed il desiderio della pace cominciò a bisbigliarsi nelle bocche dei
più ; al tempo stesso che il Pontefice Buonifacio IX. che era succe
duto ad Urbano s' intrometteva per far cessare quella impolitica
guerra , e Gambacorti Signore di Pisa , come abbidm detto assai
distinto per la sua prudenza, consigliava ancora Gio. Galeazze Vi
sconti a scendere agli accordi, ed in fine tutte le parti convennero
di compromettere la soluzione delle questioni nel Doge di (ìenov.i
che er;r Antoniotto Adorno, presso il quale i Senesi il 2 Decembru
1391
tista Piccolomini
mondarono , per
e nel
ambasciatori
mese di Gennajo
Giovanni1392
di Ser
fu dall'arbitro
Guccio , e i:ou
Ba-
21G
consenso di tutte le parti conclusa la pace fra dio Galeazze Vi
sconti , i Senesi, Perugini, Principe di Mantova ed altri collegati ,
ed i Fiorentini , Bolognesi, Alberto d' Este Duca di Ferrara , e lor
confederati, e siccome fra i patti non vi erano innovazioni rimar
chevoli , ma lasciavano lo stato nelle condizioni stesse in cui era
avanti la guerra, meno i ^ravi danai delle miserie sofferte , così fu
quel trattato dal Consiglio generale ralitkato in nome del Comune
e popolo di Siena.
CAPITOLO UNDECIMO

SOMMARIO

Considerazioni intorno alla cessata guerra — Giov. Gali.azza Vi


sconti compra la Signoria di Pisa — Funerali in Siena di Giov. Te
riesco Tarlati — Congiura scoperta in Montate/no — Nuove contro
versie fra Senesi e Fiorentini — Rappresaglie reciproche — La
Repubblica di Firenze dichiara la guerra a Giov. Galeazza Visconti
— Fazioni varie senza gloria — / Veneziani mediatori per la paca
— ì' conclusa una tregua di due anni — /.a dedizione.. della citlìi
di Siena al Duca di Milano vien confermata — Condizioni — Pe
rugia si da a Giov. Galeazza — L'Imperatore Roberto vuoi frenare
l' ambiatone di Giov. Galeazzo — Viene coll' esercito a Trento — È
disfatto sotto Brescia — L Imperatore a Padova — Pandolfo Mala-
testa generale del Visconti a Siena — Gli otto Signori detla Babà
— Morte di Giov. Galeazzo — Condizione in cui trovasi Siena —
Congiura ordita contro il Governatore S. Giorgio del Carretto — La
previene e fa uccidere Francesco Salimbeni — II Monte dei Dodici
escluso dal potere — Lo assumono i Nove ed i Riformatori — / Se
nesi si emancipano dalla soggezione dei Visconti — Pace fra Senesi
e Fiorentini — Gabrielle Maria Visconti tiranneggia Pisa — Assas
sinio in Siena di Orlando Malavolti — Prospere conseguenze della
pace — Pisa torna in potere dei Fiorentini — Gregario XII. in Sie
na — Suoi maneggi — Va a iucca — Ladislao Re di \apoli occupa.
lioma — Si avanzo verso la Toscana — Entra nel dominio Senesn
— Si ritira a Cartona — Lodovico Puca a" Angiò minori:ia d
Regno di Napoli — Ladislao lascia la Toscana — Concilio di Pisa
— Lega conclusa da Lodovico a" Angiò con i Ficrrntini. Bolognesi .
e Senesi — Ottiene da Alessandro V. l'investitura dei Reame eli Na
poli — Conquiste fatte dall' esercito della Lega — L' esercito Senese
contro il Conte Bertoldo di Savana — / Genovesi raggiungono alla
Melario le navi di Lodovico a"Angiò e le disperdono — Morte di Ales
sandro V. — Giovanm XXlll. suo successore — l Senesi riprendono
TalamoìiK — Pace fra i Fiorentini ed il Re Ladislao — Lodovico
d' Angiù vince il suo nemico — .Von sa profittare della sua vittoria

dislao
È costretto
ed il Papa
tornare
— Ia Senesi
Roma escontenti
quindi indelta
Francia
pac<~——Pace
£a.r's'oo
fra I.a.
ic
24»
rompe — Grrupa Roma — Muove perso la Toscana — Trattato fra
Ladislao ed i Fiorentini — Sforte di l.adislao — La Repubblica di
Siena compra dallo Sforza Chiusi e. Piancastagnajo con altre terre
— Guerra fra Siena ed il Conte Bertoldo da Pitigliano — Concilio
di Costanza — Odiino ed i due fratelli Socini di Siena riformatori
di religione — .Vartino V. Papa — Rivalità fra Braccio da Montone e
lo Sforza da Catignnla — Tocco Salimbeni — Lo Sforza e battuto
da Braccio fra l'iterbo e Montefiasconi — Martino V. si pacifica con
Braccio — // Papa ritorna di Firenze per la via di Siena a Roma
— Nuovo Concilio ordinato da Martino V. da tenersi .in Siena — Lo
stesso Papa lo contrordina il Concilio.

Qualora il senno politico avesse prevalso sopra gli odj Muni


cipali , le Repubbliche di Firenze , e di Siena , come in generale
tutte le Repubbliche Toscane non avrebbero sicuramente Ira loro
combattuto a morte per l' acquisto ora di questa , ora di quella
terra. In fatti esaminiamo le conseguenze della guerra da noi suc
cintamente descritta , e domandiamo allo spirito d' investigazione
se pure vi fu un vantaggio a fronte dei danni immensi che essa
produsse? Campagne incolte, la popolazione agricola obbligata a la
sciare i campi e cercare un ricovero entro le mura delle città; i cil-
tadiui in preda alla miseria, e come conseguenze inevitabili la ca
restia e quindi la peste. Le pubbliche rendite divorate dai Capitani,
da venturieri avidi e tiranni. Almeno in quelle fazioni vi fosse stata
qualche gloria! nemmeno! Infatti non vi può esser nulla di gran
de , ove gli animi sono signoreggiati da odj, da rivalità meschine,
ila basse passioni. A Montaperto i ciltadini uscirono in campo a
salvar col loro sangue la patrla minacciata e derisa dal nemico, se
la causa allora pure era impolitica, l'errore era sancito dal drilto:
ma sul decadere del Secolo XIV. i ciltadini consunti dalle interne
divisioni, preoccupati dall' ambizione di governare piuttosto che dal
bene della patria, erano tanto deboli, che per difendersi erano co
stretti a ricorrere atle armi mercenarie. Che più ! giunsero per fino
al sacrih'zio della loro indipendenza. Insomma in quella guerra non
vi fu di grande se non che l'ambizione di Gio. Galeazze Visconti,
che secondato dalla fortuna delle armi. mancando di fede agli ami
ci come ai nemici . tentava di farsi Signore della Lombardia . e
della Toscana, e di riunire lanti mozzi da difendersi da chiunque
avesse voluto contrastargliene il possesso. Conclusa la pace i sol
dati di Cio. Galeazzo lasciarono hi Toscana per mancanza di vetto
vaglie , e si riconcentrarono in Lombardia.
Altri mali allora si aggiunsero, poiché quei soldati che ciascuna
delle parti licenziava, si riunivano in bande di predatori, e deva
stavano tutto il paese. Lo Repubblica di Siena per liberarsene fu
obbligata a pagarli ingenti taglie . Quando fu sedato il fanatismo
odioso, i Senesi incominciarono a pentirsi della sottomissione fatta
senza patli a Giov. Galeazzo, avrebbero voluto emanciparsene, ma
il Visconti contentandosi soltanto di esercitare un alto dominio la
sciò che la Repubblica si governasse coi suoi statuti , e si mante
nesse neil' adottata forma di governo. Infatti troviamo che in un
compromesso fatto fra i Senesi in quell' epoca col Conte di Bertoldo
Signore di Sovana vi intervenne ancora Orlando De Sommi che
Giovan Galeazzo aveva nominato suo Vicario in Siena.
Che l' ordine del governo non fosse alterato ce lo prova la mi
sura ordinata egualmente in quell'epoca ai Somiglianti ( 18 Luglio
1392) del riscontro, o scontrino dui nuovi bossoli, o borse, prima
di procedere alle nuove elezioni dei magistrati. Furono da queste
urne esclusi i nomi di tutti coloro che abitando nel contado, si era
no fatli iscrivere fra i cittadini.
Una circostanza sopravvenne a viepiù favorire i progetti di
Giovan Galeazzo. Pietro Gambacorii e due suoi figli furono uccisi
a tradimento da lacopo d' Appiano che era stato dai traditi bene
ficato ; il traditore tosto che ebbe usurpato quel potere divenne.
tiranno , ed alla di lui morte , il Visconti che non era stato stra
niero a quelle tenebrose mene, comprò la Signoria di Pisa da Ghe-
rardo figlio di lacopo Appiano.
Gli odii concitati non si calmarono in Siena. poiché quelli che
governavano misero la taglia a quelli di casa Malavolti . e stabili
rono un premio da conferirsi a chi li avesse ammazzati o fatli
prigionieri.
Nel mese di Febbrajo 139* moriva in Orvieto Giovan Tedesco
Tarlati dei Signori di Pietramalu, che era stato Capitano di Giovan
Galeazzo e dei Senesi. Portato il di lui cadavere in Siena venne
con gran pompa funebre sepolto nella Cattedrale, quasi contempo
250
raneamente moriva in Firenze (ìiovnnni Aguto Capitano dei Fio-
rentini, il quale venuto dall' Inghilterra in Italia aveva acquistata
In reputazione di prode Capitano. così ché col secolo sparivano gran
parte degli uomini che vi avevano figurato. Lo spirito di sovver
sione era tant' oltre pervenuto, ché in Montalcino fu scoperta una
congiura . che tendeva ad accordare il dominio ad una compagnia
di Bretoni , cosicché i Montalcinesi preferivano i predatori ai Sene
si. Questa compagnia infatti si mostrò in quei paraggi , ma cono
scendo la stoltezza trattò invece col Comune di Siena , dal quale
estorse una somma colln promessa di nulla tentare.
Intanto Giovan Gateazio Visconti Conte di virtù fin dnl '•'•i Set
tembre 1395 era stato dichiarato in nome dell' Imperatore Duca di
Milano. Egli scrisse ni Comune di Siena affinché mandasse suoi ora
tori a Firenze , per confermare atcuni capitoli della pace che era
stata convenuta in Genova. Infatti adunatosi il congresso fu rico
nosciuto da tutti gli oratori intervenuti non esser necessaria ve
runa alterazione , siccome i capitoli non ammettevano dubbio da
schiarirsi.
Non ostante tutto qoesto , mal si sedava il reciproco rancore
fra Fiorentini e Senesi, anzi minacciava giornalmente d' irrompere
alle vie di fatto , poiché i soldati respettivi rinnovavano le loro
cavalcate ora in questa parte, ora in quella, si facevano lecito di
predare non ostante la pace ed i trattati esistenti ; i danni che ne
resultavano erano incalcolabili.
Anche i Montepulcianesi che furono la prima causa di quella
deplorabile guerra si mostravano sempre avversi ai Senesi, teneri
pei Fiorentini. Tante cause permanenti d' irritazione spinsero la
Repubblica di Siena a bandire che fosse lecito a ciascun cittadino
di andare ai danni dei Fiorentini non con simulazione e pretesti ,
ma palesemente , poiché non era altrimenti possibile per le sover
chierie ricevute mantener con essi la pare, senza ledere ed avvi
lire la dignità della Repubblica. Comandava le truppe dei Senesi
il Capitan Brogliole . e Rernardo da Sala quelle dei Fierentini ; il
Dura di Milano provvide di danaro i Senesi . onde potessero dar
le paghe : di più ordinò al Conte Alberilo, che era suo Generale,
che dal contado d' Arezzo si recasse verso Firenze. I Senesi rin
forzarono quel corpo di una buona scorta di cavalli, quali appena
usciti dalla città presso Santa Reina s'incontrarono con una trup
pa di 600 soldati Fiorentini, che si erano audacemente spinti fino
a quel punto col desio di far bottino. Questo era l' unico scopo di
quelle guerre senza onoro, mentre non si trattava di venire a bat
taglia . né di assalti , né di prese di fortezze , ma di attaccare i
villici inermi , predar bestiame e raccolte, devastare e incendiare
il paese.
Quella gente fiorentina adunque male accorta alla vista del ne
mico fuggiva , ma appena passato, si avviava verso Porta Ovile,
per mettervi fuoco : suonata però la campana d' allarme, il popola
che usciva armato da Porta Camollia e S. Viene . la fece pentire
della sua audacia uccidendone molti , e riportandone in città più
di 500 prigionieri.
La Repubblica di Firenze vedendosi giornalmente fatta bersa
glio delle insidie del Duca di Milano , dichiarogli apertamente la
guerra. Il Conte Alberilo di Bai biano General del Visconti tentò in
vano di prendere S. Miniato , per cui accostossi a Siena . e quivi
rinforzato da altre truppe , e cavalcando nel territorio Fiorentino
prese e saccheggiò il Castel di Pausano, quindi si spinse fin sotto
le mura della capitale alla testa di un considerevole esercito. Ac
campandosi presso alla Certosa, gettò lo spavento in tutto il paese
circostante. Èrano in gran timore i Fiorentini per la sicurezza della
loro città , ma egli invece partendosi, passava l' Arno, per andare
ad accamparsi al Castel di Signa. e dopo avere arrecati tutti quei
danni , e falte tutte quelle rappresaglie che erano negli usi, senza
esser molestato , per la Val di Pisa , e la Val d' Elsa , tornossene
in quel di Siena.
Una parte di quella truppa quivi restò , l' altra fu mandata
ad arrecar danno in quel di Montepulciano, e di Corion». Il Gene
ral dei Fiorentini sollecitamente richiamato, che era in quel di Luc-
ca, inteso che l'avversario erasene ritornato nel territorio Senese
carico di pieda , si condusse a Colle di Val d' Elsa per entrare
in quel di Siena e vendicarsi. Di tali e simili fazioni orribili e de-
vastatrici é piena la storia , ed il loro racconto sarebbe, come al
tra volta si disse una ripetizione minata e disgradevole , onde il
lettore non ci farà una colpa se dal parlarne ci asteniamo, mentre
confessar ci conviene a coloro che volessero addebitarci di un la
253
conismo eccessivo nei rncconti ilcllo azioni guerresche di quei tem
pi , che esso é stato volontario siccome non vi abbiamo trovato
né gloria , né magnanimità da registrare. Infatti fa tal issi me furono
alla Toscana tutte quelle guerre. La Repubblica di Firenze , seb
bene avesse ragione di opporsi allo spirito d'invasione del Viscon
ti , che minacciava la municipale libertà , pure rimase oppressa
sotto il peso dei propri sacrifizi ; la Repubblica di Siena estenuata
dalle interne divisioni era in una decadenza dalla quale é difficile
poter risorgere. Niente migliore era la condiziono di quella di Pisa
la di cui libertà era stata messa a prezzo , e venduta ; quella di
Lucca, che Castruccio aveva altre volte resa potente, era pure tra
vagliata da interne dissenzioni anarchiche, talché sul declinare del
Secolo XIV. da per tutto si andava spegnendo quella fiamma di
libertà che poco prima chiara splendeva su tutta Itatia.
Da tante calamità prostrati gli animi si diedero ad un ascc-
licismo fanatico , e colle processioni , e colle pubbliche preghiere ,
coi pellegrinaggi impetrarono dalla divina misericordia quei beni
che perduti aveano per effetto dei propri errori.
Ma prima di lasciare questo secolo convien narrare , che es
sendosi i Veneziani fatti mediatori fra i Fiorentini ed il Duca di
Milano a Venezia si trattò della pace , ed a tal effetto fu invitata
la Repubblica di Siena a mandarvi i suoi ambasciatori , quali fu
rono Cino di Vanni di Cino , e Giovanni di Baudino.
Essendo poi stato trasferito il congresso nella città di Pavia
fu quivi stabilita fra le parti una tregua di dieci anni ( 11 Maggio
1398): qual trattato fu pure ratificato dalla Repubblica di Siena,
e nel successivo anno 1399 il 6 Settembre: fu pure confermata la
dedizione della città al Duca di Milano siccome per il mat governo
i cittadini non aveau saputo conservare la libertà, ed in mano de
gli ambasciatori espressamente mandati da Giovan Galeazze Viscon
ti , i Senesi giurarono di serbarli fedeltà ed obbedienza (1).
Nella dedizione fu stabilito fra le altre cose dovesse in Siena
risiedere un Luogotenente del Visconti per presiedere coi Priori ,

(1) Nel Malavolti si trovano i capitoli che sono 29 stipulati /hi


Duca di Milano . e la Repubblica di Siena.
253
Governatori e Capilon del popolo a tutti i Consigli della città con
due voti deliberati vi. Che.il Potestà ed il Senatore dovessero esser
nominati dal Duca, che i Priori, Governatori e Capitati del popolo
dovessero essere scelti dallo stesso Duca sopra quattro nomi per
ciascun officio , che dal Comune gli sarebbero sottoposti.
Infine si .appropriava le rendite ed il diritto di estinguere il
debito pubblico nel modo che avrebbe creduto il più conveniente.
Cosicché la Repubblica sacrificava la propria indipenza; ecco il frut
to delle interne divisioni , delle private ambizioni , dei tumulti di
piazza , dei partiti , delle sette , mezzi tutti che distruggono la vi
talità sociale e conducono gli stati alla loro rovina.
nenteIl , Contc
ed i Senesi
Guido che
di Modigliana
troppo tardifu riconobbero
dal Duca nominato
i passatiLuogote-
errori ,

incominciarono a riparare ai bisogni della città e del dominio.


La prima provvisione fu quella di riammettere tutti i banditi con
poche eccezioni; la stessa assoluzione fu fatta a quelli del contado che
crono esuli; e per avvantaggiare l'agricoltura ed il commercio che
languivano, fu incominciata la costruziom.' di diversi ponti sui fiu
mi principali dello stato , cioé quello sull'Arbia , quello sull'Orci.ì
quale fu nominato dé cinque ponti , quello dell' Ombrane presso
BuoncouventO; quello della Mersa a Macereto, e l' altro della Parma
a Petriolo. Furono aperte nuove strade , e quelle che eran guaste
furono restaurate ; questi ed altri utili provvedimenti furono adot-
lati, onde far sì «he scomparissero i segni e le tracce che aveva la
sciate l' ultima deplorabil guerra.
Mentre gli uomini si prendeano cura di risarcire i danni pus-
sati , la natura imperversò contro di loro. Si manifestava nell'an
no 4400 una peste micidiate in tutte le città d'Italia, quale ovuu-
que fece strage. In Siena la mortalità sarebbe stata anche maggiore,
qualora i ciltadini non avessero preso il compenso di andare alla
campagna, ove non infieriva l'epidemia; fu necessario sospendere
I' azione dei tribunali per le cause civili ; ed il Consiglio generale
dai 150 si ridusse a 100 e quindi a 60 per i due mesi di Luglio
ed Agosto, e non cessando la peste, il termine stabilito bisognò pro
rogarlo per altri due mesi.
Le stesse cause producono i medesimi effetti: la città' di Peru
gia spossata dalle sue divisioni interne , per liberarsi dalle guerre
254
che ue derivarono tini per darsi come Siena al Duca di Milano ,
poiché i Fiorentini, a cui stava a cuore .di non prendere altre bri
ghe gli ricusarono la loro protezione. Così i progetti del Yiscouti
erano secondati dalla fortuna . e Livorni dagli errori altrui.
La tregua di Venezia ben lungi dal ristabitire la pace , era
piuttosto la continuazione di uno stato di reciproca diffidenza fra
i Visconti ed i Fiorentini, stato pernicioso quanto la guerra stessa ;
le occulte insidie del Visconti giornalmente si patesarono : tentò
sebbene infruttuosamente d' impadronirsi di Pistoja: sorprese il ca
stello della Sambuca. Di più egli aveva tentato di fare avvelenare
1' Imperator Roberto dal suo stesso medico. Roberto allora si acco
stò ai Fiorentini , e promise di scendere in Itali» con sufficienti
forze per abbattere la potenza del Visconti : l'esercito si riunì a
Trento. L' Imperatore prese il comando dei Ha vari , affidò quello
degli Italiani emigrati di Lombardia a Francesco da Carrara , la
sciando le truppe delt'Impero sotto gli ordini del Burgravio di V-
rimberga , e del Duca Leopoldo d' Austria.
Il Visconti non era stato minore di su stesso : aveva riunito
un esercito fiorente suilo gli ordmi di Giacomo Del Verme da Ve
rona : esso era formato di soli soldati Italiani guidati dai Capitani
che eransi nelle passate guerre formata uno reputazione , cioé il
Conte Alberico da' Barbiuno . l'acino Cane , Galeazzo di Mantova ,
Galeazze ed Antonio Porro di Milano, il Marchese di Monferrato, il
Malatesta di llimmi.
È sempre vero che gli uomini sorgono a seconda delle circo
stanze , e che si formano alla scuola dei grandi ; sceso in Italia
l'esercito dell'Imperatore si trovò a fronte dell' ltaliano avanti Dre-
scia. Giacomo Del Verme fu il primo ad attaccar battaglia , ed il
primo incontro decise della vittoria. Il Burgravio di Norimberga op
posto al Marchese di Monferrato fu rovesciato da cavallo : il Duca
Leopoldo d' Austria che combatteva contro Carlo Malatesta fu folto
prigione , e l' armata Imperiale sarebbe stata iutta disfatta se un
italiano Giacomo da Carrara non ne proteggeva la ritirata con un
corpo di cavalleria egualmunte italiana, che serviva sotto l'Im
peratore.
Dopo questa disfalta gli avanzi dell' esercito Imperiale si rili-
i .imiio , tornando nei luoghi dai quali. erano venuti. Punto per al
255
iro l' amor proprio dell'Imperatore, e sollecitato dai fuorusciti il
6 di Novembre tornò di nuovo ed entrò in Padova. Colà riceveva
gli ambasciatori Fiorentini, che a lui rimproverarono di aver man
cato alle promesse, poiché la Repubblica di Firenze gli aveva aperti
i di lei tesori coi quali avrebbe dovuto assoldarc un esercito più
formidabile. ,
Tali rampogne furono troncate eoa rimetter la questione in ar
bitrio dei Veneziani. Quella gelosa Repubblica non aveva il corag
gio di opporsi apertamente ai progetti di Giovan Galeazze, ma fa
voriva tutti i di lui nemici. l mediatori adunque trattennero Ro
berto dal ritornare in Germania , e fecero sì che i Fiorentini a lui
pagassero in conto 65,000 fiorini, purché continuasse a restare in
Padova. Giovan Galeazzo mostra vasi indifferente a queste pratiche,
siccome era solito dividere i di lui nemici prima di attaccarli.
Mentre questi fatti s traci.dinari accadevano, i Senesi spedirono
a Milano Lodovico di Francesco d' Arrigo onde dimandar soccorso
al Duca per il caso in cui fossero dai Fiorentini attaccati. Infatti
egli spediva a Siena diverse compagnie di cavalli sotto il comando
di Pandolfo Malatcsta , che giunse nel mese d'Aprile 1403. A co
prire la carica di Potestà fu mandato Ugolino de' Consiglieri di Bo
logna , quale si ricusò di prestare il consueto giuramento , finché
non gli fu fatto intendern dal Duca che l' osservanza delli statuti
esistenti era il primo dovere di quel magistrato. Ad evitare qua
lunque alterazione che potesse in quelle circostanze sopraggiungere
nel popolo , crederono che bastasse il dare il prezzo ai generi di
prima necessità, lo che fu fatto; ed il 18 Maggio providero ancora
che stante la guerra che minacciava estendersi, otto cittadini in un
col Luogotenente Ducale , coi Priori Governatori , Capitaiì del po
polo , e Gonfalonieri avessero l' autorità del Consiglio generale , la
di cui azione venne a certe condizioni sospesa; gli otto furono chia
mati i Signori di Balla.
I Montalcinesi sempre inquieti , sempre insofferenti del domi
nio dei Senesi , aveano tramato di ribellarsi in favore dei Fioren
tini. Scoperte le pratiche condannarono ad una pena pecuniaria i
capi di quella congiura , ai quali fu perdonata la vita.
La provvidenza tal volta suoi cambiare i destini dei popoli
OD avvenimenti straoi dinari che non si possono umanamente prò
256
vedere; Giovan Galeazze era pressoche al punto di cogliere il frutto
dei suoi travagli ; in Lombardia dominava. L'Imperatore era stato
in battaglia dai di lui Capitani scontino: in Toscana la sua domi
nazione si estendeva; la Repubblica di Venezia non azzardava di
chiarar la guerra a sì potente avversario ; la sola Repubblica di
Firenze osava opporsi ai grandi progetti di Giovan Galeazzo . ma
dopo che Bologna cadde in potere del Visconti , gir eserciti Ducali
stringevano lo stato si fattamente, che presto avrebbe dovuto ce
dere ad una superiorità divenuta omai irresistibile, quando mani
festatasi la peste in Lombardia Giovan Galeazzo per evitarla lasciò
Pavia per andare a chiudersi in Marignano , ove suo zio Bernabò
erasi rifugiato in altra simile circostanza: ma il contagio lo attac
cò , ed il 3 di Settembre del 1 102 moriva. Mancò così un gran po
litico i di cui progetti tendevano a formare una gran Monarchia
in Italia capace di far fronte, e difendersi da per se stessa da qua
lunque invasione , e di emanciparsi affatto dai diritti che gl' Im
peratori Germanici aveano continuamente affacciati sui Municipi Ita
liani ; la di lui morte troncò questo vasto piano , e l' antico equi
librio da lui minacciato tornò a ristabilirsi.
l figli di Giovan Galeazzo si divisero gli stati lasciati dal pa
dre, e così divennero deboli ; i Capitani che si eran formati sotto
il defunto passarono al servizio dei loro nemici, ed i Fiorentini che
non aveano potuto trovare un alleato in Italia , quando soli com-
battevano per la indipendenza Municipale , ricscirono facilmente a.
formare una potente lega per attaccare e vincere gli eredi di Gio
van Galeazzo; il Papa Bonifacio IX. dopo la morte del Duca fece
coi Fiorentini causa comune ai danni dei Visconti , talché in poco
tempo si sfasciò la gran macchina. ed abortirono i grandi progetti
di Galeazzo; durando la guerra i Fiorentini cercarono di sottrarre
la citta di Siena al dominio dei Visconti. Già gli animi quivi co
minciavano di nuovo ad alterarsi , seml>rava al Monte del popolo
nella divisione dei poteri di essere in minorila di fronte agli al
tri ordini dello stato. Si era creduto di rimediare a questo scon
tento ordinando, che nell' ofDcio dei Priori ciascun Monte fosse rap
presentato da quattro individui , e che negli ufficj di Biccherna ,
degli esecutori delle gabelle , de Regolatori , e del Monte del Sale,
e dei Paschi , vi fossero distribuiti anche dei Gentiluomini , ma
257
tutti questi provvedimenti ritardavano le collisioni, ma uuu ue di
struggevano le cause.
Pandolfo Malatesta Luogotenente det Visconti era stato richia
mato. porò la ciltà estenuata di forze, carica di debito non poteva
che assoldar poche truppe per difendersi dai Fiorentini. Coloro che
frano stati obbligati ad espatriare a causa dei debiii che aveano
couir.it ii durante la guerra . furono autorizzati a ritornare; fuvvi
fra questi Corco Hi Cione , e Franteesco di Niccolò Salimbeni : essi
tentarono di risvegliare nel popolo il sopito amor di patria , e di
rendere alla citta la perduta indipendenza. ma non trovarono l'an
tica energia negli animi infiacchiti: i Malavolti , i Salimbeni, ed il
Monte dei Dodici erano soli entrati nella congiura ; il giorno della
esecuzione era stabilito per il 26 Novembre : dovevano attaccare
il palazzo pubblico e discacciare il Sin Giorgio dal Carretto allora
Governatore della città, Dia questi avvisato di quanto si tramava
ciiun o di lui , trasse con un pretesto Francesco Salimbeni nel Pa
lazzo , e mentre discorreva seco lui familiarmente , ad un cenno
convenuto uscirono le guardie che l' uccisero. I Dodici che presero
le armi per difendersi furono attaccali e vinti; coloro che caddero
in. potere dei Tincitori furono decapitati, e fra questi Angelo Ma
lavolti , Neri e Toso di Giovanni Salimlieni. ed il Monte dei Dodici
fu con pubblico decreto escluso da ogni Iwrtecipaiione al governo,
così che la gelosia degli altri Monti fu paga di questa vendetta. K
da notarsi che quei Salimbeni che cospirarono conico i Visconti ,
erano quelli stessi elio si adoprarono in favor loro allorquando ot
tennero il dominio i(etlo stato , talclié puossi congetturare che il
loro rancore fosse prodotto piuttosto da nou sodisfotta ambizione ,
che da vero amor di patria.
La viltoria dei Ducali portò il governo iielle manj ^ ftove
del Popolo , e dei Riformatori, iiunii procedendo alla riforma dello
stato , li 27 Novembre U03, conferirono autorila e Balta a Giorgio
dat Carretto Luogotenente Ducate, ni Priori Governatori del Comu
ne . al Capitan di popolo, Gonfalonieri e Maestri , che insieme ad
otto cittadini da essi eletti , due per ciascun Monte , di attendere
per sei mesi al Governo della città , e questi diedero Balìa a di
versi cittadini di proporre una nuova riforma delli statuii. Qucsta
Balìa d' allora in poi divenne un Magistrato permanente . ohe ve-
17
2o8
gliava alla conservazione ed all' osservanza delle leggi , per uui
qutlt' autorità acquisiii una grande importanza nel governo.
La potenza dei Visconti andava intanto declinando per le cause
da noi enunciate. Molte citta della Lombardia si erano ad essi ri
bellate ; il Papa collegatosi coi Fiorentini li faceva la guerra ; un
di lui fratello messosi alla testa di un esercito pontificio , minac
ciava Perugia ; altre truppe erano intorno a Bologna , onde i Se
nesi mossi dai timori , e da quella volubilità ancora , che gli ha
qualificati . pensarono di far cessare la guerra che durava sempre
coi Fiorentini senz' altro resultato oltre quello della reciproca de
vastazione territoriale, e deliberarono di trattar la pace separatamen
te. Questo passo implicava la emancipazione della città dal dominio
dei Visconti, ed in fatli, con un tratto di ordinaria ingratitudine.
la Balta e gli altri Magistrati ordinarono alla zecca, che dalli stozzi
delle monete fosse tolta la biscia , che era l' arme Ducale, e com
missionarono Bertoccio di Meo Tolomei, Mccolaccio di Terroccio, e
Cristofano d' Andrca , Tommaso di Vannino orefice , che erano in
Firenze di trattar la pace , che il 6 di Novembre U04 fu conclu
sa ; il Governatore San Giorgio del Carretto, conoscendo che la di
lui autorità era avvilita, volontariamente abbandonava la citta pri
ma di esserne discacciato : così senza spargimento di sangue , e
senza popolari commozioni Siena riacquistava la propria indipen
denza. Si era accomodata al dominio dei Visconti finché furono te
mibili e formidabili , e lo scossero allorquando la loro fortuna de
clinava.
La pace coi Fiorentini non fu onerosa , perché erano stanchi
e spossati da quella guerra; restituirono ai Senesi tutte le castella
conquistate , e si ritennero la giurisdizione di Montepulciano , cho
era stata la prima causa di quella guerra ; vollero che tutti i pro
fughi ed esiliati fossero rimessi in patria, ed al godimento dei loro
beni e diritti di cittadinanza. Questo trattato di pace si pubblicò
il 4 d' Aprde 1 404 in mezzo al tripudio dei cittadini delle respet-
live città.
A Pisa le cose non andarono di eguai passo: essa gemeva op
pressa dalla lirannide di Gabrielle Maria Visconti, che sotto il pre
testo di una cospirazione ordita contro di lui dai Bergolini fece
morire un Agliaii, un Buonconti , ed altri rispettabili cittadini , e
259
non contento ili avere inutilmente versato quet sangue , mise la
confisca ai loro beni , per impinguire il proprio erario e per sup
plire alto smodata prwiigalità della sua corte ; e le pratiche che i
Fiorentini fecero per liberarla da quel giogo contribuirono iuvecea
peggiorare la condizione dei Pisani.
In Siena , come abbinin narrato . la rivoluzione aveva proce
duto tranquillamente, e solo Tu macchiata da un delitto, a cui die
de motivo il ritorno in patria di Orlando Mala volli, ( che era stato
bandito all' «poca della dedizione della città a Giovan Galeazzo ) il
quale prenotando delle disposizioni della pace fa in Siena nei pri
mi giorni di Maggio del 1404, e meni re si recava a visitar la Si
gnorìa fu assalito da coloro che possedevano i suoi beni, e venne
barbaramente ucciso. — Gli assassini crederono che la di lui morte
gli avrebbe liberati dalla restituzione: infottì fu fatta contro alcuni
di loro una. procedura senza atcun resultato, ed. i figli dell' ucciso
altora in età pupillare penderono una quantità di castella pertinenti
alla loro famiglia, non ostante che la Signona di Firenze ne assu
messe la tutela.
Tr.Mì(luilhiU' le cose, la Repubblica godé i frutti della' pace ,
e per qualche tempo la quiete interna•non fu turbata dalle fazioni.
Molte castella che si erano ribellate tornarono sutto il di lei domi
nio , e cos'i furono risarelte le piaghe che aveva aperte la guerra,
e la prosperità pubblica incominciando a germogJiare rinvigoriva
lo stato. Montalcino per altro non desisteva dall' essere turbolento,
poiché cercò di ribellarsi nuovamente in fovor dei Fiorentini; i fatti
confessati ai commissari che colà spediva la Baite ottennero per
dono , e solo fu proceduto contro i capi di quella sconsigliata con
cinni. cte furono colpiti da leggerissime condanne. Pesava per a li
tro nell' animo dei Senesi la perdila di MoDtepuIciano , ma. le vi
cende erano state così disgraziate T che bisognava rinunziare alla
legittimità di quel possesso. Si diedero cura di risarcire i mali im
mensi cagionati datla guerra, e siccome l'erario pubblico era esau
sto, i debiti imponenti, così fu prnsatoMi voltare alla costruzione
dei ponti , e delle strade i fendi che erano destinati a dar termi
ne alla Cattedrale. Al tempo stesso il Vescovo di Siena si diresse
al Papa Innocenze VII. reclamando una indennità per U Repubblica
dei danni cagionati nelle maremme Senesi dai soldati della Chiesa,
260
f- ne ottennc giusti/in. Quosti danni furono catcolati lo.O00 fiorini,
che \ ormero rimborsati.
Quando tutio nolla Tosc.ma per l'ottenuta pacificazione si vol
geva al meglio. Pisa tiranneggiata, come abbiam detto, da Gabrici
Maria Visconti , ne scosse finalmente it piego. Egli per salvar la
vita fu costretto a ritirarsi nella cittadella, e nel immilto perdeva
la sua madre Agnese. fasciato buon presidio in quel forte celi se
ne parti prendendo la via di Sarzana. Quando fu in sicuro a Ge
nova, per consiglio ancora di quel fìovernatore, pensò di vendere
ili Fiorentini la città . sulla quale avea dispoticamente governato ,
per 200.000 fiorini ; si riservò il possesso di Sarzana , che per al-
Iro fu dai Pisani stessi dopo pochi giorni presa e disfatta. Da que
sto punto incominciò una guerra , in cui le fazioni dei Raspanti o
hcrgnlini avanzo dei partili Guelfo e Ghibellino si trucidarono scam
bievolmente ; in line Pisa fu ili nuovo venduta ai Fiorentini il 9
'Htobre M06 da Giovanni Gambacorti per 50.000 ducati ; e per
Guiderdone del tradimento il venditore ottenne il possesso delle Isole
di Gorgona , della Capraja , del Giglio , e del contado di S. Maria
iu Hapno ; così quella Repubblica tanto potente, e contro la quale i
riorcntini avevano tanto combattuto , dopo tante vicende alcune
triste, attre gloriose prima vide distrutta la di lei potenza marittima
e quindi finì per esser venduta ai suoi stessi avvcrsarj , con che
perdeva per allora la sua politica esistenza.
Non erano inferamente composto le differenze della Toscana,
quando il i di Settembre di quell'anno giunse in Siena Papa Gre-
porio XII. con un seguito di dodici Cardinali. molti Vescovi e Pre
lati. L'oggeUo del di lui viaggio si era di andare a Savona per ab
boccarsi coll' antipapa Benedetto . e riunire la Chiesa che era di
visa da uno scisma fin dall' anno <379 all' epoca della creazione
del papa Urbano VI. e continuò sotto Bonifazio IX. Innocenze VII.
tino a Gregorio XII. Alessandro V. fino a Giovanni XXIII. . quali
ebbero per antipapi Roberto de Conti di Gebetma che si fece chia
mare Clemente VII. e Pietro di Luna Benedetto XIII. Ora Grego
rio XII. aveva stabilito per condizione , espressa con giuramento
atl'epoca in cui fu eletto Papa , di troncare a qualunque costo
questa vergognosa divisione che durava da quarant' anni , pron
to ancora a rinunziare al Papato qualora fosse necessario ad
ottonero I inizuto da tutta la cristianità desiderato ; ma quando
In m Siena, sentendo che I' antipapa si disponeva egli pure a re
carsi coi suoi cardinali al convento, incominciò ad esitare con dei
pretesti, e finì per dichiarare la sua volontà negativa, non ostante
che i Dottori a cui era stata la questione sottomessa, giudicassero
che egli era in obbligo di adempire alla promossa.
Kgli era continuamente visitato da ambasciatori di tutte le na
zioni che lo pregavano iu nome dei Sovrani e stati che venivano
n rappresentare di volersi recare a Savona, ed a voler contribuire
alla conciliazione della Chiesa Cattolica , lo che da lui soltanto di
pendeva , tanto più che il di lui avversario partitosi da Marsilia
era giunto al luogo convenuto. Sollecitato da tante pressanti istanze
allora promise di abdicare al Pontificato, scmpreché ottenesse in
compenso il Patriarcato di Costantinopoli con altri benefizi di cui
godeva prima di esser Papa , e che a Ire suoi nipoti fossero date
in fendo alcune terre della Chiesa.
Tutto sembrava infine convenuto, quando egli cambiò impro-
visamente pensiero , e ritornando sul proposito della conciliazione
disse di preferire per luogo del convenio gli stati del Duca di Monfcr-
rato , mentre a Savona temeva dei tradimenti contro la sua per
sona . ed i suoi Cardinali ; ma intanto ordinava a molti religiosi
della ciltà a voler dall'altare. dopo celebrata la messa, dimostrare
al popolo che in vera coscienza non poteva il Pontefice concludere
quella unione per le ragioni espresse iu diciotto articoli pubblicati da
persone sconosci u te, e prive di qualunque antoritn; al tempo stes
so, egli , maestro in simulare ordinava una proceisiono, e pubbli
che preghiere onde ottenere datla divina provvidenza la unità tanto
desiderata dolla Chiesa Cattolica; ,l. i in fine non potendo nemmeno
con pluusibili ragioni resistere alle istanze di tutti coloro che lo cir
condavano si decise di recarsi a Lucca , dicendo che per essere
più vicino a Savona , da quella città avrebbe potuto con maggior
comodo trattare con Benedetto XIII. Per allungare ancora questa
determinazione volle da! Gmnici , allora Signore di Lucca , degli
ostaggi per sua sicurtà ; aggiustata questa differenza ancora , seb
bene con repugnnnza, dal (ìuinigi, il Papa finalmente partiva da Sie
na il 22 Gennajo del 1407 ; in Lucca fermanvasi circa sei mesi.
Mentre questi fatti accudivano Lndisldo R.. di N.iI;oli alla ti.
262
sta di un poderoso esercito mosse contro Roma : ma Puolo Orsini
in un colla popolazione Romana la difesero così vatidamente , che
respingendo ripetuti assalii costrinsero il nemico a ritirarsi. Ritor
nato poi nell'anno seguente con nuove truppe, 'prima prese lacittà
d' Ostia , e quindi s' impadronì di Roma. Il vincitore diede avviso
di questa conquista atla Repubblica di Siena, che volle esternarne
pubblicamente il suo contento ordinando feste e giostre, atle quati
il popolo univa il proprio entusiasmo.
Intanto Gregorio essendo in Lucra. contro hi fede giurala creava
quattro nuovi Cardinali fra i quali il Vescovo di Siena, che fu poi
Papa sotto il titolo di Eugenio IV. eletto nell' anno 1431 (1).
Le sottigliezze usate da Papa Gregorio per eludere le istanze
pressanti di coloro che desideravano l'unione della Chiesa, finirono
per stancare ognuno. Egli adunque lasciava Lucra e fermatosi per
qualche giorno a Pisa ritornava a Siena con soli cinque Cardiuali,
giacché uno sólamente fra gli antichi gli era rimasto fedele.
L' Antipapa lornossene in Aragona, e coavocò un Concilio ge
nerale, lo che costrinse Gregorio ad intimarne un' altro da tenersi
in Aquilea.
Fatta in Siena dal Papa una nuova elezione di nove Car
dinati il 27 d'Ottobre U07 si partiva di qua per andarsene a
Rimini.
Il Re Ladislao Signore di Roma minacciava di condurre l' e-
sercito in Toscana, e per quanto fosse amico ai Senesi , pur essi
temevano per la loro indipendenza, che non avrebbero voluto per
la seconda volta sacrificare. Aveva tentato di far lega seco loro
ai danni dei Fiorentini, ma fu saviamente pensato che vinta da lui
la Repubblica di Firenze, gli sarebbe stato facile assoggettare quella
di Siena, onde con prestargli ajuto non vollero preparare i Senesi
la loro rovina ; e fu quello onesto e savio consiglio, tanto più che
solenni trattati gli univano alla Repubblica di Firenze e dovevano
per conseguenza correre la medesima sorte , mentre al contrario si
sarebbero acquistati una taccia di sleali , e di mancatori di fede.

(1) Gabbrielle Cotvìulmero Veneziano di famiglia plebea , che


mostrò un raro talento , e somma perizia nel trattare i pubblici
affari.
Dopo Innte pratiche infruttuose il Re Lodisbo nel mese d' A-
prilo del 1409 entrava coll' esercito nel dominio di Siena. Aveva
il magistrato provveduto in qualche modo alla difesa assoldando di
versi Capitani e della gente a cavallo. ma i cittadini per quel na
turale istinto di volubilità , che era uno dei principali loro vizi .
incominciavano ad essere stanchi di quel loro reggimento , onde
occorse a quelli che reggevano lo stato di avvicinarsi ai Dodici, e
di ordinare in citia una requisizione delle armi. Queste interue in
disposizioni degli animi facevano la debolezza della Repubblica; lo
sapevano i Fiorentini, né certi erano ancora della fede dei Senesi,
ed i loro sospetti poi si accrebbero allorquando un tai Monaldo di
Mino , persona di qualche importanza , erasi partito da Siena per
andare al campo del Re Ladislao, per lo che pensarono di mandare
per ambasciatori a Siena Cristoforo Spini, e Hidolfo Peruzzi, poi-
clié loro interessava d'impedire quella unione che paventavano,
onde gli oratori dimostrarono a coloro che governavano la citi.i
i pericoli che avrebbero corso allontanandosi dall'amicizia dei Fio
rentini , poiché la sventura sarebbe stata comune, qualora il Re
Ladislao potesse giovarsi dell'ajuto dei Senesi per debellare Firen
ze. Al contrario stando uniti potevano salvarsi scambievolmente ,
mentre a forma dei capitoli della lega erano pronti a soccorrere
Siena con tutti i loro mezzi. Difatti erano giunte diverse compa
gnie di soldati loro per prevenire quatunque bisogno. Al che fu ri
sposto dai Magistrati Senesi non esser solili mancare alla fede giu
rata , olire di che conoscevano essere la difesa interesse comune :
che avrebbero coi loro mezzi fatto scudo ai Fiorentini , sebbene
essi fossero primi esposti agli attacchi del nemico . e che la par-
tenza dalla città di Monaldo era occorsa per fatti suoi particolari,
e che non ostante lo avevano bandito e dichiarato ribelle della pa
tria. Questa franca risposta quietò l' animo degli ambasciatori , e
calmato ogni sospetto si pensò soltanto alla difesa comune.
Il Re Ladislao non avendo potuto indurre i Senesi ad unirsi
seco lui , si avanzò da Corsignano , ( oggi Pienza ) a devastarne il
contado , e benché tentasse di prendere il castel di Perceua sopra
Buonconvento, non gli fu possibile in sette giorni che vi si fermò;
avanzandosi bruciò la fortezza di S. Fabiano ; accostatosi quindi
alla titla si scontrò colla cavalleria dei Senesi che era escita d,i
2B4
l'orta Naova la mattina ilei ì"i Aprile 1 119 al tempo stesso si com
batteva a Porta Tufi ed a quella di S. Viene, senza alcun decisivo
resultato. Allora vedendo le forze unite di quelle due Repubbliche
che aveva sfiorato di separare, stante gli odj antichi che fra di esse
esistevano , si ritirò per la Val d' Ombrane. saccheggiò alcune ca
stella in sulla Chiana , ma non fu felice sotto Sarteano ; e dando
il guasto io quel di Montepulciauo, ed Arezzo si ritirò a Cortona,
che a lui si sottomesse.
Èrano a questo punto i fatli guerreschi, quando Lidislao seppe
che Lodovico Duca d'Angiò riuniva un'armata per conquistare il
Regno ; allora lasciando a guardia di Cortona il Conte di Troja, si
diresse col resto delle sue ^enti verso Roma, e fatta nel cammino
gran preda di bestiame la lasciarono in quel del Conte di Bertoldo
di Sovana , clte nemico ai Senesi si era seco lui unito ; lo avea
pure seguito Cocco di Cione di Sandro Salimbeui Siguore di molte
castella nella Val d' Orcia.
In mezzo alle scandalose rontroversie della Chiesa erasi intanto
adunato un Concilio a Pisa oel quale vennero concordemente sco
municati, dichiarati eretici e spergiuri tanto il Papa Gregorio XII. ,
quanto Benedetto XIII. che si contendevano il papato , e quindi
entrati i Cardinali ivi presenti in Conclave elessero Papa Pietro Fi-
largi Greco , nato nell' Isola di Candia , frate di S. Francesco , ed
Arcivescovo di Milano; il 7 di Luglio fu coronato assumendo il ti
tolo di Alessandro V. cosicché la Chiesa si ridusse ad aver tre
Pentefki at tempo stesso con grave scandalo di lutta la cristiani-
tà. I Senesi secondo il costume mandarono ambasciatori a congra-
tulorsi col nuovo Pontefice, ed abbatterono tutti li stemmi coll'ar-
me di Gregorio.
Una tempesta si condensava contro Ladislao , poiché il Duca
d' Angiò per diritti ereditari pretendeva al Regno da Ladislao oc
cupato ; il nuovo Pupa non poteva essergli amico , poiché aveva
conquistata la citta di Roma sede dei Pontefici. Infitti Lodovico
d' Augiò venne a Pisa a rendere omaggio al nuovo Pontefice, e fu
conclusa una lega coi Fioreutini , Bolognesi, e Senesi. ed ottenne
da Alessandro V. l' investiluro del Reame di Napoli, e quindi par
tendo da Pisa accompagnato da molti Capitani e dal Cardinal Cassa
Legato di Bologna vennero a Siena, ove furono dal popolo festeg
pi. iti , e quindi passarono a S. Quirico accompagnati d;i (iiucomo
Pecci , dn Aringliirri di Niccolò Aringhieri, e da Niccolò Tiuouinso.
gui Commiss.iri della Repubblica, e colà trovarono l' esercito della
lega sotto il comando di Malatesta di Malatesti che mosse all' ac
quisto di molte terre della Chiesa , che Ladislao aveva occupate.
Intanto il Re Luigi d' Angiò ritornava in Provenza a proveder da
nari , e lutto quanto occorreva per la guerra dell' anno venturo.
L'esercito della lega prese Orvieto, Montefiasconi , e Viterbo, ma
Roma era difesa dal Conte di Troja, che a tai effetto erasi partito
da Cortona coi Colennesi, e coi Savelli onde non fu per allora at
taccata , ma cadde poi sodo Paolo Orsini , che partitosi dai ser-
vigj di Ladislao, l'ebbe per conto della Chiesa (1). Allora l'eser
cito dei Senesi guidato dal loro Capitano Angolo del Pergola andò
contco il Conte Bertoldo di Sovuna , e con un colpo di mano sca
lando improvvisamente lo mura col mezzo di un tai Antonio Quer-
cicola ebbe la citta senza spargi mei) to di sangue , ed ai gridi di
viva Siena ! viva la Lupa ! accorse il Conte Bertoldo a soccorrerla
con 400 cavalli, e molti fanti, ma trovandola già occupata dai Se
nesi rilirossi a l'itigti. mo. l soldati di Siena quando sentirono l'av
vicinarsi del Conte presero le armi , ma dopo la di lui ritirata
misero a sacoo la città , ed i cittadini sì trovarono esposti a tutti
gli eccessi della licenza soldatesca. La città di Sovaoa é anti
chissima e celebre per aver dato i natali al grande Ildebraudo (Gre-
gorio VII. ) di cui abbiamo in altro luogo parlato. Dopo l' impresa
di Sovana i Senesi fecero pace con Cocco Salimbeni, e collo Sforza
di Catignola suo genero. Egli aveva condotta in sposa Antonia fi
glia del detto Cocco Salimbeni, vedova di Francesco da Casale Si
gnore di Cortona , che fu ucciso a tradimento da Luigi dn Casale
suo stretto parente.

(1) II Sismondi trartvh le notizie da Piero Minerbetti, da tvttt


il pregio della conquista di Roma al Malatesta ed alle armi de.lla
Repubblica di Firenze. Il Malavolti storico imparziale I' attribuisce
a Paolo Orsini : noi ci siamo tenuti a questo autore. Altronde in
quella campagna non fu sola la bandiera di Firenze coi gigli d' oro
a spiegarsi fra le schiere che combattevano contro le truppe di La
dislao ; la sua parte a tutti.
206
Dall' altro cnnto i Genovesi . rhe nveano ramato dalla loro
città le genti di Carlo VI. He di Francia. si erano uniti con il He
Ladislao. Le loro navi raggiunsero presso la Meloria le galere pro
venzali che conducevano l'armata del Re Luigi; egli fece forza di
vele e poté salvarsi a Porto Pisano con alquante galere , ma sei
rimasero indietro, che attaccate da sei legni Genovesi, e nove del
Re Ladislao, doverono cedere alla superiorità del numero; due fu
rono calate a fondo, tre prese e condotte a Porto Venere, ed una
sola sfuggl , salvandosi a Piombino ; dopo questa vittoria i Geno
vesi costeggiando colle loro navi la costa tirrena, presero per tra
dimenio di chi la guardava , il porto e la rocca di Talamone. Vi
corse subito Angelo Della Pergola colle genti Senesi per ricuperarli,
ma trovandovi a guardia molte truppe rimin/io per allora a quel-
l' impresa.
Moriva dell'anno U10 il Papa Alessandro V., e gli fu dato
per successore il Cardinal Cassa, che era Legato a Hologna, e che
assunse il titolo di Giovanni XXIII. Fu detto non essere stato que
sta elezione libera , e di piii essendo morto il vecchio Pontefice in
Bologna , ove lo aveva condotto l' ambizioso legato, contro il sen
timento dei Fiorentini , fuvvi qualche sospetto di avvelenamento.
I Senesi volendo a qualunque costo recuperare il Porto di Ta
lamone, ed avendo abbandonato il loro servizio Angelo della Per
gola presero ai loro stipendj Francesco da Catignola , Franceschi)!
della Mirandola, il Conte dell' Aquila, ed il Conte di S. Fiora, cia
scuno con 290 lance , e con queste forze riunite ottennero il loro
intento , ed ebbero la rocca ancora dal comprato Castellano che
la guardava. Riacquistato così Talamone lo concessero per una
quantità di anni ad alcuni mercanti Catalani, riportandone un an
nua retribuzione.
Le sorti del He Luigi erano state infelici, ed i Fiorentini sco
raggiati dalla non curanza dei loro alleati , ed avendo esauriti i loro
tesori per sostenere essi soli tutto il peso delle spese della guerra,
si accordarono col He Ladislao: ed il trattato di pace nel quale fu
rono compresi i Senesi, fu firmato il 7 Gennajo U11 ed ottennero
lu cessione di Cortona , coi castelli di Pierii e Marcatale.
II Papa Giovanni risolse fmalmente di tornare a Roma, onde
esser più vicino al teatro ove si meditava di portare la guerra, che
2r,7
gnesi
volevadicontinuare
cui egli avea
unitamente
usurpataalla Re
Signoria,
Luigi contro
profiltando
Ladislao.
della l diBoi"
lui

assenza , ne scossero il giogo , e respinsero il Malatesta.


Luigi d' Angiò aveva riunite sotto le sue insegne i medesimi
condottieri che lo avevano servito nella precedente campagna. La
sua armata era povera , perché mancavano a Luigi i danari per
pagarla , ma era composta dei migliori soldati che avesse l' Italia.
Egli giunto a Roma la condusse a Ceprano. Ladislao lo stava aspet
tando a Rocca Secca con una forza quasi eguale. Il 19 Marzo 1i1i
Luigi d' Angiò attaccava impetuosamente il nemico , e tale fu la
disfatta del suo avversario, che quasi tutti i Baroni che lo segui
vano furono fatli prigionieri. Ladislao salvossi fuggendo, ma sareb
be stato facile raggiungerlo e farlo prigioniero, quando i vincitori
non fossero stati trattenuti dal saccheggio del campo di cui erano
rimasti padroni. Accadde poi che per la. necessità che avevano di
procurarsi danaro vendevano ai loro prigionieri per pochi ducati
e libertà ed armi , del che avvisato Ladislao mandò da S. Germa
no trombetti con danaro, ed in tal modo riebbe in poche ore quasi
tutta
profittare
l' armata
della che
sua avea
vittoria
perduta.
trovò Quando
occupatiLuigi
dai soldati
d' Angiòdi volle
Ladislao
ap-

tutti i passi del Regno. Sopraggiunse la mancanza di vettovaglie,


e da ciò derivarono le malattie , e così quell' armata fiorente si
demoralizzò. ll 12 di Luglio Luigi fu costretto a ritornare a Roma,
quindi imbarcossi sul Tevere e fece ritorno in Francia ove moriva
nel mese d'Agosto 1417.
Il Papa Giovanni era rimasto solo a combattere contro Ladi
slao, ma la di lui condizione peggiorava per la perdita dello Sforza
da Catignola, che passò ai servigi del He di Napoli, per non servi
re con Paolo Orsini suo nemico. Allora intromessisi alcuni negoziatori
fiorentini offrirono la pace a Ladislao, ed il Papa si obbligò pagarli
vistose somme di danaro purché riconoscesse la sovranità in ma
teria di fede del Concilio di Pisa, e la legittimità della sua elezione
al soglio Pontificio. Su queste basi fu concluso il trattato il 15 Giu
gno 1112 e Ladislao ottenuta da Giovanni la iuvestitura del Regno
di Sicilia, e l'abolizione di tutti i dritti di Luigi d' Angiò ordinava
a Gregorio, che erasi stabilito con una piccola Corte a Gaeta, di
uscire dai suoi stati , onde egli imbarcossi con soli tre Cardinali
26*
che ;_-ti orano rimasti fedeli, ed .nulo a stabilirsi a Himini sotto i..
protezione di Paolo Malatesti Signore di quella citià.
I Senesi sebbene compresi nella pace fatta dai Horcutini con
Ladislao non furono sodisfatli , siccome nulla stavn in loro favore
che compensasse i sacrifizi di quella guerra, pure mandarono am
basciatori a Napoli a ratificarla, persuasi di essere stati sacrificati
all' interesse dei Fiorentini.
II trattato di pace fra Ladislao ed il Papa fu pubblicato in
Roma il U Ottobre del 1412, ma non era ispirato da sentimenti
sinceri , poiché l' ambi/ione dei belligeranti non era paga. Gli am
basciatori Senesi reduci da .Napoli aveano scrutato l'.inimo del Re
Ladislao , e tornando dalla loro legazione aveano refi.rito non po
tersi contare sulla stabilità di quella pace. lufatti fu trovato facil
mente il mezzo d'intorbidarla ed eluderla. Paolo Orsini non vi era
stato compreso, stante che il Papa Giovanni conservava un segreto
odio contro di lui, per non avere appi.ùtin.iio della vittoria di Roc
ca Secca , onde pregò Ladislao a volerlo spogliare delle terre che
possedeva nella Marca d' Ancona. Il Re di Napoli fingendo di voler
compiacere questa dimanda ordinò allo Sforza , che sapeva esser
personal nemico dell' Orsini, di attaccarlo. L' Orsini sorpreso si ri
fugiò iu Rocca Contratta ove sostenne un lungo assedio.
Intanto Ladislao adunava l' esercito , e si mosse fingendo di
portarsi a sostegno del suo generale; ma improvisamente prese la
strada di Roma , ed il 31 Marzo si presentò alle porte della città.
Dopo sette giorni d' assedio essa fu in di lui potere , e Giovanni
ebbe appena it tempo di fuggire; fermatosi alquanti giorni iu lì. i.
dicofani , il 13 Giugno 1413 arrivò in Siena. Partendo di quà
prese la via di Firenze determinato di andare a Bologna, ma i Fio
rentini per non provocare l' ira di Ladislao non gli permisero di
entrare in citta.
Dopo occupata Roma Ladislao mosse verso Toscana . e dopo
aver prese molte terre dello stato della Chiesa si fermò iu Perugia.
Intanto Paolo Orsini cadde in suo potere , lo ritenne come prigio
niero : imputandolo di tradimento li minacciava la vita. I Fioren
tini ed i Senesi nou si credevano sicuri dalle frodi di Ladislao: la
sua vicinanza li rendeva solleciti a prepararsi alle difese.
Siena era la prima esposta, onde si fortificava per respingere
.ill' occasiono gli assalii del nemico. l'or uscire d;i uno stato fl' iu-
rertezza i Fiorentini spedirono umbasciatori a Ladislao onde sapere
ho doveano attendersi la pace , o la guerra ; il Re , fingendo . ac
colse con benevolenza i franchi oratori. e manifestando sentimenti
di amicizia verso la Signoria di Firenze pregava di assumere l'ar-
bi (raggio intorno alle differenze che aveva con Papa Giovanni. Egli.
dimandava di esser dal l'upa riconosciuto come Vicario della Chiesa
nelle città che avea conquistate, mediante un compenso in danaro;
ma Giovanni allora tutio occupato del Concilio che dovevasi riunire
a Costanza, e dal quale dipendeva la sua sorte futura, non poteva
prestare attenzione a tali trattative. mentre vedeva mal sicura la
sua autorità spirituale.
I Fiorentini allora separarono i loro interessi da quelli della
Chiesa . ed il 22 Giugno lili fecero con Ladislao un nuovo trat
tato di pace nel quale vennero comprese la città di Bologna, e la
Repubblica Siena. ed il General lìraccio di Montone. (Juesta pace
altro non era che una nuova tregua strappata dfdla fraudo di La-
dislao ; onde non contentò veruno , ed il popolo tanto in Firenze
che iu Siena avrebbe preferito una guerra aperta , ad una pace
senza sincerità. Infatti Ladislao meditava sempre qualche nuovo
tradimento. Egli erasi riconciliato con Paolo Orsino per valersi dei
suoi servigi , quando improvvisamente lo fece di nuovo arrestare
con Orso di Monte Rotondo . e molti altri Baroni Romani che vi
vevano sicuri sulla fede dei trattati : li minacciava del supplizio ;
deltà
ed infatti
; ma era
le sue
solito
dissolutezze
dar segno avevano
di guerra già
con alterata
qualche latratto
sua disalute
cru-

onde fu preso da una fiera malattia, che suoi derivare dall'incon


tinenza. Egli si fece trasferire a >'apoli ove moriva il 6 d' Agosto
del 1411. Una di lui amante, figlia di un medico di Perugia, mori
foutemporaneamente per violenti dolori colici, per cui nacque so
spetto che ambedue fossero stati per gelosia avvelenati.
La sua morte liberava le due Repubbliche di Firenze e di Sie
da un grave pericolo , siccome Ladislao era pervenuto a tal grado
di potenza alla quale non avrebbero potuto resistere due piccoli stati.
Dissipatosi ogni timore di guerra , i Senesi comprarono Orbe-
tcllo da un Albanese che ne era Governatore per conto del Re La
dislao che l'avca tenuto per certi privilegi cedutili dal Conte Ber
270
toldo , e da un altro che la guardava ebbero la Rocca. Questo nuo
vo acquisto costò 8000 fiorini, ed il 22 Agosto 1414 la Repubblica
per mezzo dei suoi commissari ne prendeva possesso.
Si sentirono in queir anno in Siena delle terribili scosse di
terremoto, quali se da una parte spaventarono la popolazione dal-
l' altra non cagionarono gravi danni. Si continuava intanto a raf
forzare le mura dalla Porta Tufi e quelle di S. Marco ; e trovan
dosi i Senesi molte truppe al loro soldo mandarono Francescano
della Mirandola loro Generale alla conquista di Pian Castagnajo; ina
trovando che lo Sforza da Catignola e Cocco Salimbeni di lui suo
cero , che lo possedevano , vi avevano inviata molta gente a di
fenderlo ne fu sospesa l'impresa. Non tardò per attro il Magistrato
di Siena a convenire con un nipote dello Sforza , che le terre che
possedeva nel dominio di Siena dovessero pagare alla Repubblica
un censo, conforme si praticava dalle oltre sottoposte, cosi fu tolta
ogni causa di rappresaglie.
Nel sacco dato dai Senesi alla citta di Sovana, gli abitanti ab
bandonando la patria altrove aveano cercato di salvarsi dalla sol
datesca licenza , talchi si contavano rimasti in paese solo % in
dividui. Interessava alla Repubblica di Siena che quel suo nuovo
acquisto tornasse a popolarsi ed a fiorire più che in passato, onde
il magistrato si diede cura di migliorarne la condizione scaduta, e
di risarcire i mali dalla guerra e dal saccheggio cagionati.
Quattro Sindaci di Sovana vennero a Siena per fare la loro
volontaria sottomissione il 29 Settembre liU e fu dal Magistrato
Senese accettata a irritissime condizioni. Fu accordata a quei di So
vana la esenzione dalle tasse , e la liberth dei pascoti per certo
tempo, ed affinché le famiglie esuli Spatriassero fu ordinata la di
stribuzione ai bisognosi di grano per vivere , e di danaro per re
staurare le case rovinate. Questi saggi provvedimenti ebbero un
buono effetto : la città tornò a popolarsi , ed i Senesi poterono col
tempo reintegrarsi delle anticipazioni sommiuistrate a quei cittadini.
Da una savia amministrazione , e da una retta politica si raccol
gono sempre larghi compensi , così accadde ai Senesi in quella cir
costanza , poiché veduta la generosità usata verso quelli di Sova
na , molti Signori padroni di castelli fecero la sottomissione alla
Repubblica , e Vitozzo, Castello Ottieri , ed i Conti di Montorio iu-
1 1 l'irono lu raccomandigiu della Repubblica stessa.
Dopo la morte del Re Ladislao era succeduta al Trono di Na
poli la Regina Giovanna II. sorella del defunto ; accadde adunque
che lo Sforza da Catignela essendo al di lei servizio . fu fatto in
carcerare da Giacomo di Borbone , secondo marito della Regina ,
per effetto di gelosia di corte. Sentita la sventura accaduta all'am
bizioso Sforza, il Magistrato di Siena decise d'impossessarsi di tutte
le terre e castella che il carcerato possedeva nel dominio Senese ,
e ciò contro ogni diritto , tanto più che erano stati puntualmente
pagati i ceasi dovuti per la raccomandigia.
Fu mandato adunque l'esercito con Gregorio Catasta, ed An-
dreoccio di Marco Hindi commissari della Repubblica ad occupare
quelle terre e castella; la prima che cadde in loro potere fu Mon-
tenero; la città di Chiusi si arrese, ed ebbero la rocca dal Castel
lano che la guardava, mediante lo sborso degli arretrati di cui lo
Sforza gli era debitore. Andati poi a Pian Castagnaio trovarono
Bernafdo da Camerino Luogotenente dello Sforza, che per 2i)00 fio
rini cedette ai commissari il paese e la rocca ; la terra di Monte
Giovio si difese perché retta da un Capitan Ferrarese; ma essendo
slato ucciso dai suoi, per tradimento di uu muto della terra stes
sa , i Senesi la presero.
Il Comune di Piancastagnajo mandò i suoi sindaci a Siena .1
far la sua volontaria sottomissione; lo stesso praticò In città di Chiu
si , ed ambedue furono prese dalla Repubblica in rat.comandigia ;
i capitoli furono firmati il 15 Novembre 1415.
Lo Sforza avendo riacquistata la sua libertà in Napoli ove la
sua ambizione era stata sopraffatta da altre più potenti ambizioni,
noa tardò a mandare a Siena Bernardo da Camerino suo Luogote
nente Generale a reclamare i suoi dritti di proprietà dal tradimento
e dalla forza conculcati , e dopo diverse conciliatrici trattative fu
convenuto e stipulato il contratto di vendita della città di Chiusi
con due fortezze, ponte e passo delle Chiane ; la terra e rocca di
Piancastagnajo ; il castello e cassero di Montegiovio ; il castello di
Mou tenero , la fortezza della Ripa , ed il Bagno a Vignoui furono
comprati dalla Repubblica di Siena per il prezzo di 18,000 fiorini.
Sigismondo succeduto al Trono Imperiale di Germania si affa
ticava a soffocar lo scisma , ed a togliere la divisione che agitava
la Chiesa cattolica. Era questo grave danno del principio religioso.
272
che andava nei popoti ad indebolirsi , e rilasciarsi in conseguenza
del
nedetto
maleXIII.
esempio
presumendo
che davano
ciascuno
Giovanni
di XXIII.
loro di Gregorio
essere il XII.
vero e Pon
Be-

tefice. Ottenne adunque che fosse convocato un Concilio generale a


quel fine da tenersi in Costanza.
Al tempo stesso il Conte Bertoldo da Fitigliano istigava lo stesso
Imperatore a venire in Italia ai danni della Repubblica di Siena
che aveva usurpate le sue terre, che dagli Imperatori suoi prede
cessori orano state tenute come fendo Imperiale. Iti un abbocca
mento che ebbe luogo fra di loro il Conte alterò la verità dei fatti:
ebbe speranza di sostegno, per lo che reso ardito intimava alla Re
pubblica di Siena la pronta restiiuzinne ilei di lui possessi.
I.a Repubblica piccata da questo contegno si mise in caso di
fargli la guerra, e nominava suo Capitano in quell'impresa Nanne-
ciò Farnese , che ai primi del mese d'Agosto 1416 condusse l'e
sercito ai danni del Conte Bertoldo, e prese le Bocchette , il.Tri-
costo , Capalbio e Montiano, quindi si spinse con lo sue genti tra
Pitigliano e Sorano, e dopo alcune scaramucce senza resultato av
vicinandosi l'inverno, e mancandoli l'appoggio del Tartaglia nemico
del Conte , sulla cooperazione del quale avea la Repubblica conta
to , il Farnese condusse l' esercito ai quartieri.
Nella primavera del 1417 quelle truppc furono nuovamente
mandate a Pitigliano , e mentre per mezzo delle trincrre i Senesi
tentavano accostarsi alle mura, uscirono improvvisamente gli asse
diati, ed obbligarono i Senesi a sloggiare. ed a ritirarsi verso So
rano , ove non furono felici. Allora nacque sospetto che fra i sol
dati forestieri , ed i nemici esistesse una segreta intelligenza , ed
il Magistrato di ciò convinto fu costretto a richiamare l'esercito a
Siena , ove licenziò diversi Capitani che gli erano sospetti , e rin-
uuovò i Commissari rimpiazzandoli con Petrino Bellanti, e Tommè
Vannini. Prese tali disposizioni l' esercito fu nuovamente condotto
sotto Sorano, e nel mese di Settembre il Conte Niccolò fratello del
Conte Guido si capitolò col Comune di Siena, cui diede in racco-
mandigia la (erra di Pitigliano e sua rocca coi castelli di Cigliano
Roccabruna. e Marrano , e così la differenza fu aggiustata.
Noi abbiamo voluto discorrere di queste piccole guerre por
quanto prive di fatli nobili o grandiosi in quanto cho abbiamo vo
273
luto dare un'idea del modo con cui le Repubbliche di Toscana •com
battevano contro H feudalismo. Tutti quei piccoli Signori, e tiran-
nucoli padroni di pochi villaggi , sebben guarentiti dalle mura da
cui erano circondati , doveano infine cedere atla fortuna del più
forte , che poi era pure destinato a soccombere sotto il peso di
una forza maggiore.
Il Pontefice Giovanni XXIII. era andate su» malgrado ad aprire
il Concilio di Costanza. Egli per avere un appoggio si era guada
gnata la protezione di Federigo Osca d'Austria. Pep lo che fatto
ardito lusingossi di essere in quell' augusto consesso conferma
to, e già a lui parca di avere umiliati i suoi competitori : ma i
padri invece per togliere le differenze che questa distinzione pote
va produrre in Spagna , in Germania ed in Italia , ove ciascuno
aveva i suoi seguaci , proposero la iU.siituzione di tatti. Allora
Giovanni col (ine di render nulla per la sua mancanza qualunque
deliberazione , ed assistito dal suo protettore Federigo d' Austria
faggi d,i Costanza travestii» da. palafreniere.
Il Concilio fu dopo questo avvenimento dubbioso, giacché quasi
tutti i Cardinali avcano seguito il Papa, al quale fu fatta intima
zione di tornare. Egli tentò invaii» colle sue lettere , e coi suoi
emissari di mettere reciprocamente la diffidenza fra le nazioni, on
de i Cardinali tornarono all'obbedienza del Concilio. lutine Giovanni
attaccato da una scrittura, che formava la di lui accusa, divisa in
72 articoli , si sottomise alle deliberazioni del Concilio stesso , dal
quale fu destituito e quindi chiuso nel castello di Gottieben nelle
vicinanze di Costanza. Beoedetto XIII, Cu deposto, non ostante che
questo ostinato vecchio difendesse acerrimamente i suoi diritti.
Gregorio XII. con una sua bolla Ietta da Carlo Malatesta ri
nunciò al Pontificato , talmente che lutti si unirono al Concilio di
Costanza, ove seguì la riunione della Chiesa cattolica, che rimasta
senza pastore dopo averne noverati tre , passò alla elezione di
Martino V.
Una volta riunita la Chiesa , si trattò di riformarla , per to
gliere colle divisioni che 1' aveano per tanto tempo lacerata , gli
abusi che si erano introdotti in conseguenza del disordine in cui
era caduta. Uomini di sommo ingegno, .allontanandosi dalla quistionc
degli abusi , entrarono a disputare nello sottigliezze teologiche , e
18
27 i
ronfondendo il dogma co» cl' interessi umani . e cosi il cielo colla
terra predicarono quella riforma clic tanto .igilò l'F.uropa eoa lor-
rihili guerre , nelle quali il dritto divino imprescrutabile eterno ,
fu riposto nella forza delle armate e dei cannoni. II tempio del Si
gnore fu trasferito in mezzo ai campi di battaglia, ed ebbe in olo
causto innumerevoli vittime sacrificate dal fanatismo prodotto da
malintesi principj di un falso apostolato.
Siena ebbe i suoi riformatori religiosi , ed Ochino, ed i due
fratelli Boccini Fnusto e Lelio portarono in Italia i loro attacchi con
tro la Chiesa con sottile ingegno e con teologica dottrina, e quivi
si distinsero, quanto in Germania i Dottori della Università di Praga
e Giovanni Viclcffo. Giovanni Huss. Girolamo dn Praga, e Giacchetlo
da Moisson. e poscia Lutere e Calvino (1). Ma lasciamo di parlare
del Concilio di Costanza e delle sue conseguenze. per tornare alla
storia politica.
Braccio da Montone celebre Capitano, unitosi col Tartaglia al
tro distinto Capitano ambiva la Signoria di Perugia sua patria. Egli
si trovò a fronte, presso quella città che assediava, del Malatesta
e di Agnolo della Pergola, che tentavano soccorrerla. Venuti a bat
taglia nel mese di Luglio U16 Braccio rimase vincitore: Carlo Ma-
latesi;i con due suoi nipoti e Ceccolino dei Michclotti rimasero suoi
prigionieri ; quindi fece sorprendere a Colle Fiorito, dal Tartaglia i•
da Luigi Colonna. Paolo Orsini che veniva contro di lui, e che vi
rimase ucciso. Intanto Perugia aveva al vincitore aperte le sue
porte . e tutta l' Umbria riconobbe la sovranità di Braccio da
Montone.
Lo Sforza. il v;ilnroso contadino da Catinola liberato dalla pn•

il) Etiti» anche ni dV nottri la setta Socciniana, ed é molto dif


fusa in Germania in Pollanla , al anche in America. I seguaci di
quelle dottrine passando dn Siena dimandano avidamente del palazzo
ove dimoravano i 6'occ/m , che é quello abitato dalla nobil. famigliti
Malavolti in Pantaneto. È stato fatto commercio di tabacchiere di
laccio tagliato da un certo albero di questo nome che esisteva nello
toro villa di Scopeto sotto il quale meditarono la loro riforma (sub
ilice ). Di recente qurst' albero é stato svelto per scrupoli religiosi di
./ualche indiscreto disceìidente di quella famiglia.
27»
ilif aveva sospi'so in N'dpoli il corso it<'!! i sua incominciai;!
fortuna . er.i tornato alla tr.sta delle truppe del Regno. e dei suoi
lidi venturieri. Egli bramava di vendicarsi contro Braccio accusan
dolo di avere approfittato della sua disgrazia per spogliarlo. Otte
nuto permesso dulia Regina Giovanna si mosse con un grosso eser
cito contro il suo nemico che erasi avanzato verso Roma: mn una
malattia che incominciava a svilupparsi nei soldati di Braccio lo
consigliò alla ritirata : ciò non ostante l' odio di questi due rivali
doveva portare i suoi tristi effetti.
Accadde che Braccio sdegnato perché due figli del Signor di
Cetomi che militavano nelle sue truppe avevano lasciato il servizio
prima che terminasse la loro capitolazione , passò le Chiane , ed
accampatosi sotto Cctona tenuta dai Coati di Cornaru di casa Mo-
naldeschi , la pigliò d' assalto. e quindi vendé quella terra al Co
mune di Siena ; voltatosi coll' esercito verso le Marche , e saputo
che la maggior parte dei Perugini , per fuggire il contagio , ave
vano abbandonata la citta. spediva i suoi ambasciatori a Siena. onde
pregare le autorità a voler spedire loro soldati a guardia di Peru
gia; infuni vi mandarono 100 cavalli e 400 lance guidate da Gio
vanni di Scarlino loro condottiere.
tori leOnando
MarcheBraccio
, si dirosse
ebbe devastate
verso la Toscana
secondo ,il lusingato
costume dei
di potervi
preda-

estorcere considerevoli somme di danaro; la prima terra che visitò


In Acquapendente , ed impose buona taglia a Micheletto Antendoli
che la tiranneggiava. Entrato poi nel dominio di Siena assattò nella
Val d'Orci. i le castella di Cocco Salimbeni, quale trovandosi uiegliu
provisi» di danari che di soldati, comprò la pace collo sborso di
4000 imi ini. Dopo questa piccola fazione spingendosi innanzi passò
Braccio vicino a Siena con 2500 cavalli e 500 fanti, traversò ra
pidamente il territorio fiorentino senza essere molestato da chic
chessia, e passando nel territorio Lucchese comparve sotto le mura
di quella citta , e al tempo stesso a lui si riuniva colla sua com
pagnia Ludovico degli Atlii/.i. che i Fiorentiui finsero di licenziare
«lai loro stipendi , ina ciò non ostante per questa circostanza ri
mase fondato dubbio che il Comune di Firenze ambizioso di accre
scereAd
il dominio
onta della
dello
celerità
si ato avesse
dell;i marcia
sotto mano
non giunse
ordinata
Braci.io
quell'impresa.
improv
276
viso sotto Lucca , in qunnto che lacomo di Marco Pecci cittadino
Senese era stato sollecito ad avvisare del pericolo il Guiuigi , che
allora teneva la Signorìa di quella città, ed é cosa mirabile, come
trovandosi a Pietra Santa giungesse io tempo per far chiuder le
porte , e provvedere alla difesa della città.
Vedendo fallito il suo colpo Braccio rivolse l' esercito a sac
cheggiare il contado , e fatta considerevol preda , ritirassi nel do
minio di Siena, quindi traversando le Chiane si ridusse nelli stati
della Chiesa.
Quelli che tenevano il governo di Siena non erano tranquilli
sulla crescente fortuna di Cocco Salimbeni Signore di molte castella
che possedeva nella Val d'Orcla : essi pensavano che sebbene fòsse
sotto raccomandigia della Repubblica di Siena , pure poteva dive
nirle molesto , unendosi secoudo le circostanze a qualche altro ne
mico della Repubblica stessa , onde decisero di abbatterne la po
tenza e preferirono , per vergogna loro, a qualunque altro mezzo
il tradimento.
Quattordici individui iIella Rocca a Santennauo, ove egii abi
tava, la maggior parte suoi familiari, adescati da ricompense erano
entrati nella congiura , e con quell' ajuto i Senesi poterono falsifi
care le chiavi del castello. Improvvisamente spedirono a quella volta
due loro Commissari che erano Paolo di Giovanui di Lando e Gui-
duccio di Bartolommeo con truppe guidate da Giovanni di Scartino
che di poco era tornato da Perugia , e dal Ceuturione di Camol
ini; entrati all'improvviso, di notte nel castello non trovarono osta
coli ; Cocco però avvisato dall' insolito movimento ebbe tempo di
chiudersi nella torre colla moglie, e dieci soldati. La torre era forte
né si poteva espugnare coi deboli mezzi d' attacco allora conosciu
ti , onde lasciato colà a guardia un presidio col resto delle genti
i commissari Senesi si spinsero al vicino castel di Castiglione, per
non il. ir tempo a coloro che ne avean la cura , di prepararsi alla
difesa; in fatti l' ottennero con poca difficoltà , ma il forte restò in
potere del Castellano di. Cocco.
Quelli di Castiglioncello sentendo la presa della rocca , e di
Castiglioni si ribellarono dall' odiata servitù di Cocco , ed ebbero
ancora il cassero ; la Repubblica di Siena vi mandò per Commis
sario Agnolo di Benedetto Martiuozzi, al quale per sicurtà degli ac
277
cordi diedero alquanti ostaggi. Giunsero per cooperare a quell'im
presa molti comandanti della montagna , e di tutto lo stuto, e di
più arrivarono ancora 100 cavalli mandati dal Tartaglia, onde Cocco
vedendosi assediato entro una torre da tanta gente senza speranza
di soccorso, giacché lo Sforza sull' ajuto del quale avrebbe potuto
contare, era impegnato nelle guerre che si combattevano nel Reame
di Napoli , capitolò per mezzo di Francesco Salimbeni, con la Si
gnorìa , fece cessione di tutte le sue castella , ed ebbe facoltà di
uscire con tutti i mobili, suppellettili, e danaro che possedeva. Egli
ritirossi prima a Montepulciano quindi a Firenze , e la Repubblica
di Siena senza grandi sacrifizi consumò uua spoliazione col diritto
del più forte , ed adducendo per scusa la gelosia ed il sospetto ,
che suscitava un potente fendatario al ben essere futuro dello stato.
Papa Martino V. volendo frenare le conquiste dì Braccio da
Montone, pensò di prendere ai suoi stipendi il Capitano Sforza da
Catignela , il quate col consenso di Giovanna II. Regina di Napoli,
partitosi coll'esercito si avviava verso la Toscana. Lo seguivano al
cuni Fiorentini e ribelli Senesi con animo di esser resi dalla vitto
ria non solo alla patria, ma di riacquistare ancora le perdute pro
prietà ; ma attaccato da Braccio e dal Tartaglia fra Viterbo e
Montefiasconi , quell' esercito fu rotto, e lo Sforza stesso vi rimase
ferito. Questo fatto inaspettato tranquillò i Senesi , che vedevano
nello Sforza un formidabile nemico , che avrebbe vendicato sulla
Repubblica gli oltraggi ricevuti durante la di lui prigionia , ed i
torti arrecati al suo suocero Cocco Salimbeni.
Le passate guerre che durarono lungamente , aveano creato
una classe che viveva della guerra, e della licenza, tanto più che
allora la rapina, il saccheggio e l' incendio erano sanciti dagli usi,
e dal dritto di guerra. Ridotta la Toscana in pace queste Cetiti non
sapeano né poteano dedicarsi alle arti utili , al lavoro, all' agricol
tura, at commercio: era per essi un passaggio naturale il mettersi
alle strada ad assassinare i viandanti , riunirsi in bande, assaltar
castelli , allorquando loro mancava un vessillo che legittimasse la
loro rapine, le loro devastazioni. Infatti le campatine, ed in social
modo le maremme si popolarono di malviventi che con crudeltà e
ferocia estorcevano tasse , minacciavano la proprietà e la vita de
gli onesti : giunsero fico ud impossessarsi di Saturnia, luogo cinto
278
da solida muraglia , sebbene antichissima porciti. di fabbrica Ko-
manu (1) . e quivi potevano a loro agio mettere al securn le prede
ed i prigioni: ma non potendo lu Repubblica di Siena tollerare tanta
insolenza e tanti danni vi mandò l' esercito , che prese il castello
d'assalto, e ne disfece in più luoghi le mura.
Nel medesimo anno 1419 da Giacomo della Quercia furono com
pite le statue che adonamo la fonte della Piazza del Campo, detta
ionie gaja , e nel successivo 1420 il Papa Martino V. che dimorava
da qualche tempo a Firenze si pacitìcò con Braccio da Montone ,
ni quale lasciò il governo della città di Perugia. Per questo fatto
il Pontelice si avviò a Roma per la via di Siena. ma non entrò in
citta , o fu alloggiato a Cuna , perché in quel tempo erasi svilup
pata una malattia che cagionava nei cittadini una spaventevole
morìu , ma furono bensì gli ambasciatori della Repubblica a ren
dergli i dovuti omaggi con segni di rispetto od amicizia, ed lacomo
Pecci cittadino Senese a lui imprestava 15.000 fiorini , prendendo
in sicurta la rocca di Spoleto.
Passò qualche anno senza che accadessero fatti notevoli degni di
esser rammentati dalla storia Municipale . se non che la carestia ,
la miseria . la peste desolò in i; nel tempo la maggior parte dell'I
talia ; a Siena dopo avervi esercitato come altrove il suo micidial
furore il morbo scomparve mentre in altri luoghi infieriva: per cui
il Concilio che era stato intimato a Pavia e che doveva essere il se
guito dell' attro di Costanza, fu ordinato da Martino V. che si riu
nisse in Siena.
Già molti rispettabili personaggi erano giunti per assistervi ,
e secondo il costume dei Senesi . erano da essi trattati con quella
cortesia che hanno sempre dimostrata ai forestieri, quando il Pon
tefice influenzato da occulte mene ordite dalla gelosia di altri Mu-
nicipj incominciò a vacillare sulla fatta scolta.
La Repubblica gli spedì ambasciatori, cheajutati ancora dall'Ar
civescovo di Colonia lo pregarono a non cambiar la dcterminazio-

(I. Saturnia fu rolonia Romana clic Jilu Livio chiama Campo


Caiftrinio.
270
ne . cio non ostante tutio era Incerto quando Alfonso d' Aragona
per
tenzione
l' odiodi che
proporre
portavaal aConcilio
Martino.la fece
causa
intendergli
di Don Pedro
elio eradi sua
Lunain-.

ossia di Benedetto XU. antipapa deposto dai Concilj di Pisa e di


Costanza. Allora Papa Martino vedendo che da nuove discussioni
potevano sorgere divisioni maggiori di quelle che evitar si voleano.
revocò I' intimato Concilio , cosicché Siena perdé una circostanza
che poteva essere decorosa alla città ed utile al tempo stesso all'eco
nomia pubblica e privata dei cittadini, ma ciò che più importa la
brusca determinazione pontificia lasciò sospesa la tante desiderata
riforma della Chiesa , lo che interessava a tutta la cristianità.
Da quanto abbiamo fin quì dimostrato puossi concludere frat
tanto, che per rapporto a Siena le sventure si avvicendavano colle
sorti della Repubblica , ma che i di lei destini , non per effetto di
animi inviliti , siccome lo spirito , se dalle sciagure oppresso tor
nava colla prosperità ad emergere. ma per mancanza di unità ne
gli ordini civili . e di concordia fra i cittadini ;i decadenza si vol
gevano.

>R DEL PRIMO


STORIA
DELLA

REPUBBLICA DI SIENA
VOLUME SECONDO
STORIA
DELLA

REPUBBLICA DI SIENA
ESPOSTA I* COMPENDIO

DA VINCENZO BUONSIGNOR!

VOLUME SECONDO

SIENA 1856.
DALLA TIPOGRAFIA DI 6. LANDI
«ll' insegna ilch'Aicora
STORIA

DELLA REPUBBLICA DI SIENA

CAPITOLO DUODECIMO

SOMMARIO

Martino V. favorisce le pretese di Luigt III. if Angiò — l.»


Sforza lo proclama He di Napoli — Alfonso V. d' Aragona si dispo
ne a sostenere la Regina Giovanna — È dichiarato dalla Hegma suo
figlio adottivo ed erede dd trono — Guerra — S. Bernardino da
Siena — Congiura dell' Ordine dei Dodici — È scoperta — / rei
puniti — 1I Carmagnola in Siena — Sospetto dei Senesi — Fran
cesco Petrucci a Siena — Sue imprese — / Fiorentini abbamlonann
V assedio di Lucca — // Petrucci denunzia le trame del Guinigi rhc
genio
é arrestato
IV.' —
— Sua
// Piccinino
morte — Morte
batte l'diesercito
Martinofiorentino
V. a cui —
succede
Minaccia
Kit-

Pisa — Disfatta dei Veneziani al Pò — Savana si ribella o Siena



lia Guerra
— Le truppe
fra Senesi
di Siena
e Fiorentini
si uniscono
— LaIniperator
quelle comandate
Sigismondo
dalinDellu
Itu.

Corda che. é attaccato a Pontedera dii Micheìetto — La fortuna. delle.


armi prima arride ai Fiorentini, il di appresso sono battuti — Ten
tano impedire il passo dell' Arno all' Imperntar Sigismondo — Giunge
felicemente a Siena — // Marchese di Ferrara stabilisce la pace — /
Senesi ricuperano Savana — Rivoluzioni a Genova — // Piccinino
e lo Sforza — // primo é richiamato in Lombardia — Sette varie
in Siena — I Soldati della Chiesa contro Piombino — Si rivolgano
a devastare lo Stato Senese — La via lìomana aperta per la linea
di Kadicofani — Donazione falta dai Senesi del Monte Argentario e
Porf Èrcole ad Angelo Morosini — Papa Eugenio in Siena — Fi
giunge il Piccinino — Congresso senza resultati — Capitolo tenuto
in Siena dai Cavalieri di S. Giovanni — Lo Sforza é battuto dai
Capitani del Papa — / Veneziani lo soccorrono — Morte di Papa
Eugenio, e di Filippo Maria Visconti — Pretendenti alla di lui sue
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cessione — Esercito del Re Alfonso nel dominio di Siena — // Re
dichiara la guerra ai Fiorentini, e si volge contro Piombino — Guer
ra — L' Imperator Federigo III. in Siena — S' incontra guivi colla
sua sposa Eleonora figlia del Re di Portogallo — Avventura di Ba
tista moglie d' Achille Petrucci — Federigo parte alla volta di Ro
ma — Si minacciano nuove guerre, nelle quali Siena nega prender
parte — L' esercito del Re Alfonso sverna nelle maremme senesi —
/ Fiorentini chiedono ajuto at Re di Francia — / Turchi conqui
stano Costantinopoli — Neutralità fatale ai Senesi — Fanno alleanza
con Alfonso e coi Veneziani — Sorpresa notturna dèi Fiorentini al
Borgo di Camollia — Fazioni varie — Pace di Lodi.

In mezzo alle incertezze che si presentano intorno alla origine


di Siena , abbiamo procurato nel precedente volume di far cono
scere l' incremento materiale, ed il progresso civile, che in essa at
par delle attre città toscane si sviluppò, allorché insieme cospiran
do contro la barbarica ignoranza sollecite ne scossero la ruggine ,
e fecero risorgere dalle tenebre stesse nna nuova luce di civiltà.
Privi di autentici documenti ed appoggiandoci più che altro
alle accreditate tradizioni abbiamo procurato colla sola scorta del
naturale criterio di separare il vero dal falso, il probabile dall' in
verosimile, finché la storia di essa, come di tutte le al ire Repub
bliche Italiane si rischiara , mediante le notizie attinte dai Cronisti
che incominciarono a registrare i più interessanti awenimeuti delle
epoche in cui vissero. Essi prepararono la vera storia , ch' erigen
dosi in pudice imparziale narra le vicende, loda e critica le azio
ni ; é per mezzo di essa che siamo giunti a stabilire il modo con
cui Siena si costituì in Repubblica democratica, e come alterandosi
i suoi primitivi ordinamenti, già viziati da impolitiche divisioni .
il di lei governo degenerò in una oligarchia , ove figurarono ora i
Nove , ora i Riformatori , ora i Dodici , finché fra il trambusto di
tante rivoluzioni il potere cadde nelle mani dell' infimo ordine della
società.
Appoggiandoci adunque all' autorità di valenti Storici abbiamo
procurato di narrare le di lei guerre la maggior parte impolitiche
poiché fraterne , che le une alle al ire succedendosi accagionarono
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vittorie e scontine, alleanze, tregue, trattati, e bene spesso azioin
magnanime ispirate da un vero patriottismo e dal dominante spi
rito di libertà , e d' indipendenza ; e come che i più interesssanti
avvenimenti sono vincolati alla storia generale d' Italia, così con
sultando sempre i più accreditati Storici , abbiamo dovuto diffon
derci in materie che non sembreranno estranee al nostro subietto,
qualora si consideri la necessità di rintracciare le cause che colla
loro immediata inflenza produssero contrarietà e vantaggi ai mol
tiplici Governi della Penisola, per cui i vari fatti associandosi fra
loro acquistano uoa generale importanza.
Nell' esame critico in cui ci siamo impegnati abbiamo dovuto
principalmente considerare le sventure che a diverse epoche distiate
oppressero in generale l' Italia. La prima di esse la troviamo nelle
fatali divisioni sorte fra la Chiesa e I' Impero che per più secoli
divisero le Nazioni in due campi opposti, e nei quali le generaziom
lottarono ferocemente ; ma in mezzo a tanti danni della società ,
almeno in Italia produssero il vantaggio di stabilire un equilibrio
di forze che la salvò per qualche tempo dalla dominazione dogl' Ini
peratori Germanici.
Sorsero quindi i Capitani di ventura che abusando di una forza
brutale ue imposero ai Governi, devastarono città e province, ma
da tanti mali ne resultò il vantaggio della couservazioue degli or
dini militari sebbene trattati in mezzo a truppe mercenarie, ani
mate soltanto da un individuale interesse piuttosto che da uno
stimolo d' onore e dallo spirito di gloria ; così un bene resultò dal
male stesso , ed una qualche influenza benefica l' Italia ne risen
tiva : infatti alcuni di essi si resero celebri e per straordinario va
lore e per distinti militari talenti ; qualcuno divenne sovrano di
vasti dominj , e lasciò di se una gran rinomanza nella storia.
Se ben si considera adunque, avvi un fatto che non ha in se
stesso alcun compenso, il cui danno non ha alcun vantaggio equi
valente, e questo lo troviamo nelle pretese che insorsero sul Bea
me di Napoli fra coloro che se ne contrastarono continuamente il
dominio,
pria indipendenza.
poiché da esse
Esse l'cagionarono
Italia reputa tante
la perdita
guerretotale
, tantedella
diverse
pro

dominazioni a guisa dei fluiti che l' uno all' altro si succedono net
mare e che vanno a frangersi sulle coste della terra In queste n
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nascenti lotte figurano Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e Fran
cesi, e frattanto innumerevoli armate comandate da capitani stra
nieri inondano l'Italia, peggio dei Condottieri la devastano, la sac
cheggiano, e gli sforzi dei Governi Italiani, resi deboli dai loro stessi
errori, si affaticano invano a paralizzarne la potenza. L' Italia so
praffatta non ha più armi proprie in sua difesa ; é costretta a pu
gnare con braccia straniere ed a seguire le sorti del vincitore, cosi
alla indipendenza succede la schiavitù, per cui fiaccato lo spirito
e perduta l' energia primiera accade un« trasformazione nelle idee,
nei bisogni , negl' interessi dei popoli e nell' indole dei Governi ;
si cambiano i costumi , spariscono le glorie , e resta solo la me
moria del passato. Pure in mezzo a tante alterazioni due Repub
bliche della Toscana osano difendere un sistema politico eh' ebbe
quasi sei secoli di estistenza , e tentano frapporre un argine al
torrente che nel secolo XIV. tutta la Penisola invadeva , ma dopo
tanti sforzi quella di Firenze cade gloriosamente ; era per altro ri
servato a quella di Siena di somministrare alla storia il più grande
spettacolo dell' ultimo sacrifizio di un popolo che con eroica co
stanza pone sulla bilancia e vite ed averi per sostenere uu diritto
che avea ricevuto dagli avi : essa era destinata a perire, ma cadde
quando la fame e la miseria comandò ai cittadini suprestiti di fir
mare la resa della patria. hi mezzo a tanto squallore a tanta de
solazione per altro non si avviliscono, poiché i più generosi abban
donando quanto aveano di più caro al mondo , vanno ad impian
tare altrove la loro Repubblica, e quegli animi indomiti disdegno-
samente esclamano: UBI ClVES , IBI PATRIA.
Tanto ci resta ancora a descrivere , e sebben la nostra penna
sia inferiore al bisogno, pure dai fatti più che dalle parole chiara
comparirà la desolante catastrofe che quivi solo d'indicar ci é dato,
e che a suo luogo più diffusamente narreremo.
Martino V. aveva concepito dei rancori contro Giovanna II. re
gina di Napoli che influenzata dal di lei amante Caraccioli non volle
che le regie truppe soccorressero lo Sforza, quando fu battuto da
Braccio ; altr' oggetto d' odio era poi il vedersi frustrato nelle con
cepite speranze dell' inalzamento della propria famiglia, poiché il
Pontefice vedeva omai impossibile l' adozione per parte della Regi
na stessa, che era senz' eredi, del di lui nipote; le segrete influenze
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degli amanti della Regina avevano cambiate le di lei disposizioni ,
e così sfuggiva all' ambizione dei Colonna il trono di Napoli.
Per queste cause Martino V. si risolse di favorire le pretese a
quel trono stesso di Luigi III. d' Angiò , e nel suo interno risenti
mento non tenne alcun conto dei nuovi mali che la di lui politica
preparava all' Italia , chiamandovi nuovi stranieri.
Lo Sforza essendosi recato a Firenze presso il Pontefice, quan
do egli dimorava colà, ebbe da lui la confidenza dei suoi segreti;
capitano d' onore ricusava di abbandonare il partito di Durazzo
cui aveva giurata fedeltà per abbracciare quello d' Angiò, ma gli
ambasciatori di Luigi che trovavansi presso il Pontefice vinsero ogni
repuguanza , anticipandoli ragguardevoli somme per riunire una
nuova poderosa armata. Infatti lo Sforza fatti i suoi preparativi si
diresse verso Napoli : giunto a poca distanza da quella città riman
dò alla Regina il bastone di gran Contestabile dichiarandosi sciolto
da qualunque giuramento , sotto il pi.cirsio di volersi .sottrarre ai
capricci del Caraccioli ; allora proclamò Lodovico III. d' Augiò Re
di Napoli , richiamando il driito ereditario fondato uell' adozione di
Giovanna I. Nel 15 d' Agosto U20 presentossi avanti a Napoli la
flotta del Re Lodovico che aveva armata parte in Provenza, e parte
a Genova: sorprese Castell' a mare, mentro lo Sforza occupava
A versa: Martino che era l' anima di queir impresa s' infingeva nen
trale, ed offriva alle Regina la di lui mediazione, ma il Malizia che
era il deputato di Giovanna presso il Pontefice penetrò la di lui
doppiezza e meditò sul modo di paralizzare i di lui piani, ed acco
standosi atl' Ambasciatore di Alfonso V. Re d' Arogona, di Majorca
di Sicilia, e di Sardegna, fece a lui sentire che In sua Regina pa
drona di disporre del suo regno avrebbe adottato per figlio e suc
cessore lo stesso Alfonso qualora l' avesse assistita nel pericolo da
cui era minacciata, e cos'i le due corone di Napoli e di Sicilia sa.
rebbensi riunite sulla testa di un solo Re. Il progetto fu avidamen
te abbracciato, ed Alfonso rinunziando all' impresa della Corsica in
cui erasi impegnato fece partire alla volta di Napoli diciotto galere
con tre dui migliori suoi Generali, ed il 6 Settembre si trovarono
in faccia a quella città.
La flotta di Lodovico d' Angiò che era più debole si ritirò: lo
Sforza non poté impedire lo sbarco degli Aragonesi , e Raiinondo
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Perigles che li comandava Iti ricevuto da Giovauua nel modo il
più cordiale ; il Re d' Aragona fu proclamato figlio adottivo della
Regina ed erede presuntivo della corona ; così cominciarono quelle
celebri contese, che dovevano tanto influire sui futuri destini della
Penisola Italiana , e lo spirito d' invidia e di vendetta chiamarono
nuovi stranieri a contrastarsi questa terra, i di cui figli non avean
saputo in tanti secoli procurarsi una indipendenza che li ponesse
nel rango delle Nazioni , che anzi le loro forze disperse continua
mente in fazioni ed impoliliche guerre, si trovarono fiacche di fronte
a nemici più di loro potenti ed avveduti.
In quel tempo i Fiorentini impegnati nella guerra unitamente
ni Veneziani contro Filippo Maria Duca di Milano lasciarono tran
quilla la Toscana, ed i Senesi misero a proti ito quella pace di cui
godevano per risarcire i danni sofferti in tante devastatici guerre.
Fioriva allora un Cittadino che colla sua predicazione. e coll' esem
pio di austera virtù correggeva i vizi e rinvigoriva la pubblica mo
rale. Esso era nato il dì 8 di Settembre dell' anno 1350 da Tallo
di Bando Albizzeschi di Siena , e da Nera di Bindo Avveduti di
Massa Marittima, chiamavasi Bernardino: fu canonizzato per santo
da Papa Niccola V. dopo che nel 20 Maggio 1444 passò da questo
mondo alla vita eterna. Ohi quante volte i Senesi udirono da quel-
l' angelica bocca uscir rampogne sulle civili discordie che aveano
inaffiate di sangue fraterno le vie della citta, e la sua parola in
gentilita dall' amore ineffabile di cristiana carità, ed animata da un
sincero amor di patria, fu tanto potente da far sì che venisse mo
dificato lo Statnto in quella parte che condannava qualunque cit
tadino che avesse apparteuuto all'Ordine dei Dodici, ad una pena
pecuniaria , tutte le volte in cui di notte fosse stato trovato fuori
della propria abitazione, ed il nome di Gesù fu sostituito all' arme
di Galeazze Visconti nella facciata del Palazzo pubblico nella guisa
che pure ai dì nostri si conserva , cosicché anche lo spirito religioso
tornava a spargere nella popolazione i suoi benefici effetti. Ritem
prare i rilasciati costumi di un popolo é lo stesso che renderlo alla
vita quando va ad estinguersi, onde S. Bernardino deve esser no
verato fra quei gran cittadini che onorano la patria.
La pace di cui godeva allora la Toscana non doveva per altro
andar disgiunta da tentativi di pubblica commozione suscitati da
fi
coloro che dichiarati ribelli della patria nelle passato vicende desi
deravano di tornare a godere dei dritti civili, sentendosi stanchi
di quell' esilio , che é sì duro quando é imposto da una forza mag
giore; le intelligenze coi loro aderenti , che dimoravano in citta ,
non sfuggirono alla vigilanza pubblica, ed avendo inquisito un tal
Cristofano d' Jacomo di GriOblo resultò dalle corrispondenze passate
con Pietro di Bartolommeo Diui, che irattavasi di rimettere in po
tere l' Ordine dei Dodici ; puniti i rei valse l' esempio a mantener
la quiete interna fino all'anno 1428. Quando col mezzo del Cardi
nal Santa Croce Legato apostolico fu fatta la pace fra il Duca di
Milano, e la lega dei Veneziani e Fiorentini, le truppe di questi ul
timi che dalla Lombardia tornarono in Toscana furono alloggiate
sui confini del Senese. Non si stettero dall' esercitar vessazioni con
esigere dai viandanti insolite gabelle, e coll' impedire lo scambio
dei generi fra uno Stato e l' altro, lo che nei Senesi generò il so
spetto che i Fiorentini cercassero brighe per rinuuovare una guerra
aggressiva: si venne ad alcune spiegazioni che nel momento seda
rono le differenze. Fu in quel tempo visitata la città di Siena dal
celebre Capitano Francesco Carmagnola, che con tauta gloria e re
putazione aveva comandato le truppe dei Veneziani contro il Duca
di Milano: egli si recava prima ai Bagni minerali di Petriolo, quin
di agli altri di S. Filippo. I Senesi onorarono in lui l' illustre guer
riero, bensì egli visitando la città, i suoi forti, e le sue mura mi
nutamente, diede sospetto (ed i sospetti allora non mancavano )
che per qualche fine occulto volesse prender cognizione dello stato
di difesa in cui allora irovavasi. Seppero poi i Senesi che passando
per Firenze referiva a quella Signoria , essere la ciltà di Siena in
sito forte e ben guardato, per cui non era facile il prenderla finché
i Cittadini fossero uniti, ma che accertato erasi di tante divisioni che
esistevano allora fra di loro , per cui era facile approfittarne per
ottenere coli' astuzia quanto sarebbe stato difficile colla forza.
Si riaccendeva in Lombardia fra i Veneziani , ed il Duca di
Milano in quel tempo la guerra. I Fiorentini pensarono di appro
fittarne, e Niccolò Fortebracci, detto Niccolò della Siella, fingendo di
licenziarsi dai stipendi loro, colla sua banda diede il guasto al con
tado di Lucca nei primi di Novembre 1429. l Senesi non sodisfatti
della condotta dei loro vicini , e temendo che la guerra di Lom
bardi a potesse propagarsi anche alla Toscana spedirono per loro
Ambasciatore al Comune di Firenze Antonio di Francesco Petrucci,
onde esortare quelli che tenevano il Governo a non voler turbare
quella pace , di cui allora godevano ; la risposta non fu leale , e
versò sul solito tema d' altra volta, dicendo che Niccolò della Stella
era libero di agire a voglia sua, siccome licenziato dal servizio di
Firenze; era perciò evidente che sotto questo pretesto si nascon
deva il pensiero d' impossessarsi di Lucca, di cui era allora Signore
Ladislao Guinigi ; e di certo la debolezza dei Lucchesi non avreb
be potuto resistere alle forze dei Fiorentini. Questi rimproverarono
al Guinigì di aver servito il Duca di Milano contro i Veneziani nelle
passate vicende, e sotto questo pretesto incominciarono una guerra
palese, ma i Condottieri succedutisi nel comando delle loro truppe,
e fra questi Francesco Guicciardini non sodisfecero alle concepite
speranze, talché doverono invitare i Senesi a non permettere che
Antonio di Francesco Petrucci loro cittadino andasse ai stipendi del
Guinigi , conforme accader poteva per l' invito corso ed accompa
gnato da onorate condizioni.
Il Magistrato pur di mantenere la pace avrebbe condisceso
alle istanze dei Fiorentini , il che prevedendo il Petrucci disparve
da Siena , ed a quelli cui aveva anticipate le paghe per formare
compagnia, diede appuntamento nello Stato della Chiesa, e colà con
beneplacito del Pontefice riunita molta gente, traversò lo Stato di Pi
sa, e ridottosi sotto Lucca, abbenché fosse stata quella città circon
data dai Fiorentini di fossi e di steccati, pure fece impeto ove essi
erano più deboli, e combattendo coi nemici entrò coi suoi in città,
ove fu il ben venuto tanto per il Guinigi, quanto per la popolazione.
I Senesi deferenti per la brama di pace ai desideri dei Fioren
tini, cui il proceder del Petruccì dispiaceva, gli fecero intimazione
che da queir impresa desistesse sotto pena di esser dichiarato ri
belle della patria , al che egli rispondeva essere ormai l' onor suo
impegnato col Guinigi , e che senza infamia non poteva abbando
nare quel servizio. Mentre queste cose si trattavano egli improv
visamente disparve da Lucca , e recatosi presso Filippo Maria Vi
sconti Duca di Milano, gli rappresentò il pericolo imminente di quella
città minacciata dai Fiorentini. la di cui crescente potenza era ne
cessario frenare.
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Frattanto uno strattagemma consigliato da Filippo Brunellesco
riuscì dannoso e non utile ai Fiorentini : si trattava di voltare il cor
so delle acque del fiume Serchio in modo che andando a percuotere
le mura della città vi aprissero una breccia. I Lucchesi che vede
vano dalle mura eseguire sul piano quei lavori previdero il colpo, e
quando furono presso che compili, ruppero di notte un argine, e
così l' acqua sgorgatalo per quella rotta allagò il campo dei Fioren
tini ; nel tempo stesso i Lucchesi fecero frequenti sortite, nelle quati
si distinsero due figli del Guinigi che avevano militato in Lombardia.
In quest' assedio comparvero per la prima volta i soldati armati di
fucile. la di cui invenzione é posteriore a quella delle bombarde.
Le premure del Petrucci presso Filippo Maria non furono in
fruttuose. Francesco Sforza che da Napoli era passato ai stipendi
di questo Duca ebbe la disgrazia di esser battuto nella Liguria dai
Genovesi: per questa causa era caduto in disgrazia del suo Signore,
e ritiratosi nella Lomelliua conservava sotto i suoi ordini un corpo
di cavalleria. Filippo Maria che non voleva apertamente comparire
favorevole ai Lucchesi si riconciliò in segreto con questo Generale,
e dopo avere con malizia pubblicato che egli non era altrimeiui ai
di lui servigi , e che ritornava nel Regno di Napoli , lo fece muo
vere, e scendendo per la strada della Lunigiana a Pietrasanta, at
taccò i Fiorentini , e li costrinse ad abbandonare il campo o riti
rarsi ; prese Buggiano, minacciò Pescia, e portò la guerra nel do
minio Fiorcutino. Non ostante questi successi il Guinigi, o che re
putasse
0 che conoscesse
i sacriti/i difatti
none da
avere
farsil' per
amore
la guerra
dei Lucchesi,
più grandi
siccome
dell'utile,
non

avoa potuto in trent' anni conciliarsi coi modi aspri che erano
nella natura del Guinigi, fatto si é che egli trattava segretamente
coi Fiorentini suoi nemici la vendita della città per 200 mila fio
rini : il primo a scoprire questa pratica fu il Petrucci, che gli avea
resi
1 Fiorentini
lanti servigi
(1). Egli
nonpartecipando
per amore verso
ai Magistrati
di lui, lamascoperta
per odiointercet-
contro

(1) (Juando /u ambasciatore per la Repubblica di Siena a Fi


renze, egli era stato fischiato dal popolaccio; per quel? insulto con-
un odio implacabile contro i Fiorentini.
li
tarono alcuue corrispondenze Che facevano chiaro il tradimento, e pre
si i concerti collo Sforza, coll' aiuto del Cennami in una notte arre
starono il Guinigi ed i suoi figli ; essi furono sotto scorta mandati
a Filippo Maria a Milano, che li fece custodire nella prigione di Pa-
via. Dopo due anni di deteisione il Guinigi padre moriva , senza
che vi fossero sospetti di atlentato contro la di lui vita. In questo
tempo i Senesi per viepiù garantirsi .contro le ambizioni dei Fio
rentini avevano fatto lega col Pontefice Martino V. che non poteva
vedere con indifferenza la caduta di Lncca, e dal canto loro i Fio
rentini , cui stava a cuore di non essere disturbati dai Senesi in
quella loro impresa che voleano continuare, spedirono loro amba
sciatori a Siena Ridolfo Peruzzi e Galeotto di Bettino Ricasoli con
Antonio Contarmi ambasciatore veneziano, quali rappresentarono al
Magistrato i danni , in cui sarebbero incorsi , quatora loro cadesse
in pensiero di mescolarsi in quella lotta, e quanto avrebbero pro
fittato conservando quella pace, che da tanto tempo gli univa: at
che fu dignitosamente risposto che di mal in cuore avrebbero ri-
nunziato allo stato di pace, ma allorquando brucia la casa del vi
cino é prudenza il garantire la propria dall' incendio.
Se poi i Senesi in quella circostanza facessero lega con Filip
po Maria e coi Genovesi, é cosa incerta, mentre se é da qualche
storico asserito, mancano poi i documenti officiali per comprovarla.
Moriva in quel tempo Papa Martino V. a cui successe Eugenio IV. (i)
e siccome era stato Vescovo di Siena, cos'i era a questa città affe-
zionatissimo , né mancò ci' inculcare ai Cittadini la concordia fra
loro, e la pace coi vicini. I Fiorentini erano decisi, non ostante le
contrarie vicende, a continuare la guerra contro i Lucchesi, onde
presero al loro soldo Micheletto da Cotignola , che seco condusse
mille cavalli. Dall' altra parte il Duca di Milano mandava in soc
corso dei Lucchesi Niccolo Piccinino, che il primo di Decembre 1430
disfece i Fiorentini in riva al Serchio, facendo una gran quantità
di prigionieri, e togliendoli tutta l' artiglieria con tutte le munizioni.
Dopo questa segnalata vittoria il Piccinino minacciava Pisa, e
senza gli ordini del suo Signore che li comandava di star sulla di•

Cardinale Gabriello Condotmìere veneziano.


15
fensivo , poteva minacciare la stessa Firenze. I Senesi frattanto si
mostravano pronti ad unirsi con chiunque avesse tentato di mode
rare l' ambizione dei Fiorentini, ed avevano nominato loro Capitan
di popolo quello stesso Antonio Petrucci che aveva con tanta ener
gia soccorso i Lucchesi : ma la morte di Martino V. che fu tanto
parziale per Filippo Maria, venne a cambiare la condizione della po
litica, mentre il di lui successore si mostrò al quel Duca contrarto,
e volle sostenere la indipendenza degli Stati dalla sua potenza mi
nacciata. Ciò non ostante la vittoria riportata il 23 di Maggio 1431
dal Piccinino e dallo Sforza sopra i Veneziani guidati dal Carma
gnola e dal Pisani, e combattuta presso il Pò e sul fiume, ed in
terra, assicurò al Duca di Milano la preponderanza.
Questa sconfitta costò a Venezia la perdita di 28 galere e 42
navi da trasporto, e vi perirono 2,500 dei suoi soldati. ll Carma
gnola dopo questo fatto chiamato a Venezia sotto il pretesto di con
sultare, fu tradotto in carcere, e dopo un informe giudizio fu de
capitato: si pretese che egli nella battaglia non avesse voluto soc
correre in tempo il Pisani poiché accadde, che le sue navi prese
all' arrembaggio dai nemici si empirono di corazzieri che avendo
I' usbergo ricoperto di ferro, erano invulnerabili e mietevano i sol
dati di Venezia, che coperti da una mezza armatura non poteano
difendersi nella sproporzionata pugna.
Questa vitti cria segnalata del Duca di Milano sopra i di lui
costanti nemici, poneva in caso la Repubblica di Siena di smasche
rare la sua politica in prò di Lucca, che avea interesse di salvare
dalle insidie e dagli attacchi dei Fiorentini. Infatti tutto inclinava
alia guerra, se non che attri avvenimenti vennero a distrarre l'at
tenzione della Repubblica.
La città di Sovana ribellandosi si diede al Conte di Pitigliano.
Il Potestà ed i Commissari senesi mancarono d' animo e piuttosto
che difendersi mendicarono una tregua di quindici giorni, che non
fa ratificata da quelli che governavano in Siena ; anzi per non san
zionare un tratto di viltà revocarono l' uno e gli altri, e vi man
darono a rimpiazzarli Guglielmo Petrucci , ed Alberto Attesi , ma
essendosi in quel tempo riaccesa la guerra coi Fiorentini fu neces
sario riconoscerla non solo, ma rimmo varia per più lungo tempo,
essendo state altrove rivolte le forze della Repubblica.
16
I Fiorentini tentarono di prendere [>er tradimento il Castel di
Monteguidi, ma scoperta la congiura da un soldato genovese al ser
vizio di Siena il colpo meditalo andò fallito , e furon fatti prigio
nieri tutti coloro che si erano avventurati ad entrar nel castello.
In Valdichiana fu assalita la terra di Torritn, ove furono da Siena
sollecitamente spedite diverse compagnie di cavalli. I Fiorentini
voltarono il loro esercito che mantenevano nel Lucchese sotto il co
rcando del loro capitano generale Micueletto versa il Castet di Santa
Maria in Triccio nel contado di Pisa. Quella posizione era di som
ma importanza siccome dominava la strada per la quale si pote
vano dirigore le truppe in Lombardia, onde Michelctto vi pose l' as
sedio facendovi fossi e bastioni, ed inquietando il Castello col tiro
delle bombarde. I Senesi spedirono più compagnie a soccorrerlo, ma
non fu possibile introdurvi vettovaglie di cui i difensori difettava
no, per cui in fine furono obbligati a readersi a patti, che poi non
furono osservati; continuò quella guerra con varie vicende, ma sen
za fatli che meritar possano una particolar menzione , trattandosi
soltanto di recipror.be devastazioni ai confini e di perdite, ed acqui
sti di Castella di poco conto.
V'ir anno 1 432 scese in Italia F Irnperator Sigismondo, che do
po aver presa iu Milano la Corona di Ferro secondo il costume dei
predecessori suoi, si avviò a Roma per esservi incoronato. Gl' Am
basciatori speditili dalla Repubblica di Siena che erano Mino della
lìazzaja, e Beltramo Mignanelli lo incontrarono a Piacenza. Al loro
ritorno erano in compagnia di due Baroni del seguito dello stesso
Imperatore, in nome del quale attcstarono al Magistrato le assicu
razioni della di lui simpatia per questa città, per cui era determi
nato ivell' occasione del di lui passaggio trattenersi qualche tempo.
Una tal domanda non mancò di far sorgere nell' animo di molti il
sospetto, che sotto lusinghiere apparenze covasse il pensiero di ven
dicare le onte ricevuto in Siena Dell' anno 1369 da Carlo IV. di
cui egli era figlio, onde la Signoria non volle tlclilwrare intorno
alla dimanda senza iutendcre il Consiglio dei popolo, ed il partito
adottato fu quello di rispondere semplicemente agli Ambasciatori,
che S. M. era padrone di venire in questa ciltà, ove sarebbe stato
dai cittadini ricevuto ed onorato. Non furono aggiunte altre cor
tesie, e con quelle poche parole fu supplito alla convenienza senza
dimostrare espansione.
M
Si avanzava il Conte Bernardinii della Corda spedito dal Duca
di Milano in favor dei Senesi, e dal contado d' Arezzo fece. inten
dere alla Signoria di Siena che attendeva quel maggior rinforzo di
truppe che a lui potesse spedire. Infatti al momento del ricevuto
avviso esse partirono per quella destinazione, accompagnate da Ago
stino Borghesi in qualità di Commissario per le provisioni. Mentre
il Conte Bernardino si occupò a prendere la terra di Marciano che
ebbe in suo potere, quivi seguiva una gran concentrazione di forze,
poiché oltre alle truppe venute da Siena con Agnolo della Pergola
ed il Prefetto di Vico, vi giungevano colle loro il Conte Antonio di
Poittadera ed Antonio Petrucci, che uel contado di Pisa aveauo rotto
le genti di Micheletto. Seguita la loro riunione si riposarono
qualche giorno, quindi si diedero a predare, lo che cagionava gior
natiere /.utle , ed i Fiorentini ebbero lor prigioniero in Lanari un
Damiano Minucci che teneva pei Senesi. Dopo di che l' esercito si
divise i le truppe fiorentine eransi ritirate nella Val d'Elsa, dopo
essere state poco fortunate nel Chianti. Una parte di quelle dei
Senesi entrarono in quel di Colle e di S. Gemignano ; altre guidate
da Bernardino della Corda vennero in quel di Volterra, e dopo ave
re occupati i castelli di Bibbona e di Gambassi recaronsi iu quel
iti Pisa. e furono in Pontadcra prima che MicheJetto potesse stabi-
lirvisi ; ma giunto poco dopo con tutte le sue genti appiccò fiera
pugna, e fu il prim' impeto dei sopraggiunti così forte, che ne ri
mase rotta la schiera del Conte Bernardino , per lo che in quel
giorno i Commissarii fiorentini segnalarono alla loro Signoria que
sto Catto come una vittoria decisiva ; non era per altro terminato
il gaudio festivo del popolo , quando giunse altr' espresso recaute
la dolorosa notizia della completa rotta dell'esercito fiorentino. In
fitii nel ih appresso rinouovata la pugna dal Conte Antonio di foù-
tadera, dal Prefetto di Vico, e da Antonio Pe ir ucci fecero dei ne
mici orribile strage, e riportarono un completo trionfo. In Siena, ove
1' ansia della popolazione era grande, avendo inteso che nel conta
do di Firenze si facevano fuochi di gioja, il contento fu immenso,
atlorquando giunse la certa novella della vittoria, e eoa una. solen
ne processione il dì 4 Giugno 142.'} il popolo ne rendeva grazie alla
Maestà Divina. A
Dopo quel {atto memorabile i Capitani ducali e senesi parten-
2
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dosi da quel di Pisa cavalcarono per lo Stato fiorentino in Val d' El
sa. In quel tempo giunse in Siena un inviato dell' Imperatore a far
intendere alla Signoria che partendo da Lucca egli sarebbe giunto
a Siena fra pochi giorni. La prima previsione che ordinò ir Magi
strato, prova che le fazioni, causa perenne di civili discordie, non
erano ancora spente, poiché intimò alla maggior parte dei Cittadini
dell' Ordine dei Nobili, e dell' Ordine dei Dodici che abbandonassero
in quell' occasione la ciilìi per ritirarsi nel contado. Il Magistrato
ebbe timore che l' Imperatore informato delle sevizie, di cui erano
continuamente 1' oggctto, prendesse parie in favor loro e, con quella
misura cercò di evitare un pericoloso incontro. Frattanto i Fioren
tini scorrevano il contado di Siena senza che i Generali della Re
pubblica tentassero d' impedirlo, che anzi restavano in una perfetta
inazione. Questa strana condotta fece nascere nei Senesi il sospetto
che mantenessero segrete intelligenze coi nemici, per lo che presero
ai loro stipendi Ludovico Colonna che fu nominato Capitano gene
rale delle armi di Siena.
I Fiorentini vedendo t' Imperatore favorevole at Duca di Mila
no ed ai Senesi, si collegarono col Pontefice Eugenio, al quale spe
dirono Neri Capponi, e pensarono ad impedire il passo all' Impera
tore del fiume Arno. Il Pontefice per appoggiarli in quell' impresa,
spedi per la via della Maremma Niccolò da Tolentiuo suo Generale
con 2000 cavalli, affinché si unisse con Micheletto; ma avendo il
Tolentino tanto ritardato la sua merci.i col predare le campagne
diede agio all' Imperatore, che era a Lucca sostenuto dal Conte di
Pontadera e dall' esercito dei Senesi, di passar oltre: e traversando
il territorio di Pisa e quel di Volterra giunse a Siena senza incon
trare impedimeuti. Solenne e festivo fu il di lui ingresso in ci uà:
fu ricevuto coi gonfaloni spiegati , gli furono presentate le chiavi
della ci ti.i dai Priori della Signoria, e quindi progredì per le vie
stipate di popolo plaudente sotto un baldacchino portato dai più
rispettabili Cittadini ; fu magnificamente alloggiato nel palazzo di
S. Maria, edificato da Douusdeo Malevolti Vescovo di Siena per ser
vizio dei Sacerdoti viandanti non molto lontano dall' Abbadia all'Ar
co. La prima disposizione dell' Imperatore fu l' ordine alle sue genti
d' armi d' unirsi all' esercito dei Senesi, militante contro i Fioren
tini, quali eransi di già congiunti colle truppe del Papa. — Fu più
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volte a visitar I' esercito, e diede consigli sul modo di trattar quella
guerra. È da notarsi che fra le sue genti vi erano 500 uomini ar
mati di schioppi, allora chiamati scoppietti, che furono dei primi a
vedersi in Toscana, talché per questa nuovita I' arte della guerra
incominciava a cambiar di base.
La prima fazione delle truppe imperiali riunite atle Senesi fu
una scorreria nel fiorentino fino al Castel di S. Casciano presso Fi
renze che misero a sacco, cosicché i Fiorentini stretti da tutte quel
le truppe , e dai soldati che manteneva il Duca di Milano nel se
nese, vedendo che le armi dei Veneziani lor collegati non avevano
fortuna in Lombardia, si accostarono all' Imperatore, affinché volesse
entrar mediatore per trattare un accordo coi Senesi, e frattanto di
mandavano un salvacondotto per il loro Ambasciatore che eran
pronti a spedire.
Concessa la domanda giunse in Siena Piero di Luigi Guicciar-
dini, ma dopo diverse inutili trattative se ne parti senza aver nulla
concluso, onde si continuava con varie vicende la guerra.
Il Pontefice allora vedendo lo svantaggio dei Fiorentini, mandò
a Siena due Cardinali per negoziare più efficacemente la pace ;
uno di questi Legati, che era francese, essendosi gravemente am
malato in Siena , vi moriva , e questa circostanza contribuì al ri
tardo delle trattative ; l' altro suprestite per quanto si affaticasse
non riuscì nelte pratiche e partissene alla volta di Roma. Conti
nuando la guerra fuvvi una zufTa sanguinosa presso flambassi: rie
sci ai Senesi di vettovagliare questo castello, ed obbligarono Nic
colò Pisano, e Niccolò da Tolentino a ritirarsi ; il primo allora si di
resse contro la Maremma ove fece preda di oltre 1500 bestie grosse,
ed intanto Niccolò da Tolentino portatosi nella sua ritirata. verso il
Castel d' Uliveto , se ne impossessò dopo aver atterrata la mura
glia col mezzo delle bombarde.
Mentre così lentamente si conduceva la guerra in Toscana, il
Piccinino, e Guido Torello condottieri del Duca di Milano ruppero
nuovamente l' esercito dei Veneziani in Lombardia ; questo fatto
giunse opportuno, e facilitò la conclusione di una pace che per stan
chezza di guerra era da tutti desiderata.
I Fiorentini la dimandarono nuovamente. per lo che l' Impe
ratore spediva uno dei suoi Baroni a Firenze. che di lì a poco tornò.
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con gli Ambasciatori spedili da r;uclln Signoria. Vennero pure Ora
tori da Lucca e da Piombino . ma ritardarono quelli di Genova e
ili Milano, che avendo fatto il viaggio per mare sbarcarono a Ta-
I. mione. ma di tutt' altro erano vogliosi che di paco, e mentre par
lando in pubblico sembrava che la volessero , in segreto poi pro
curavano di distorne il Magistrato. Gli Oratori fiorentini, H cui non
sfuggirono quelle segrete mene. offrirono ai Senesi condizioni van
taggiose, purché il Duca di Milano non fosse compreso in quel trat
tato che mirava unicamente a ristabilire l' armonia e la concordia
in Toscana ; ma i Senesi, che non volevano mancar di fede a chi
gli aveva assistili, rifiutarono assolutamente questo patto. In mez
zo a questi dispareri l' Imperatore che amava il bene della città ,
«•sortò gli uni e gli altri a por termine a quelle differenze: ma per
quante pratiche si facessero, non vi fu modo d' intendersi intorno
•dl' ultimo capitolo, per cui gli Ambasciatori fiorentini si licenzia
rono. ed i Senesi per togliere quatunque sospetto che potesse esser
nato nella mente del Duc.i, spedirono Ambasciatori a Milano, per
maggiormente assicurarlo dulia loro fede.
Durante il soggiorno dell' Imperatore in Siena egli occupossi
ancora di comporre col Pontefice Eugenio alcune differenze che fra
loro esistevano, e che avevano ritardata la di lui incoronazione in
Roma, onde la Signoria mandò colà per Ambasciatori Carlo d' Agno-
lino , Tommasso Ducei e Bartolommeo Buoncompagni. Questo era
un rendere la pariglia ai buoni officj, sebbene infruttuosi, resi dal-
l' Imperatore alla Repubblica. Le pratiche oneste e sincere ebbero
buon effetto, tanto più che il Papa era sollecitato a recarsi al Con
cilio che allora si teneva in Hasilea, per cui l' Imperatore dopo un sog
giorno di dieci mesi il 21 Aprile 1433 partiva da Siena per la via
delle Maremme alla volta di Roma, ove fu colle consuete cerimonie
mcoronato. Egli confermò alla citta tutti i privilegi già accordati
il. i suo padre Carlo IV. e addimostrò ai Senesi la più sincera gra
titudine. Siena frattanto era estenuata di mezzi che erano stati con
sunti nella guerra, e nel soggiorno dell' Imperatore, il bisogno della
pace si fauera ognor più sentire. Fortunatamente accadde che quello
che non erasi potuto realizzare nelle trattative onerate in Sienn ,
fu ottenuto col mezzo di Niccolò Marchese di Ferrara , e fu con
clusa la pace fra i Veneziani «i i Fiorentini da una parte , ed il
il
lnir;i di Milano ed i Senesi dall' ntirn. F.ssa Tu pubblicata in
il li di Maggio di queir anno 1433 e ne Tu la popolazione lietissima.
Dopo tanti travagli ognuno sperava di godere i benefizi di que
sta pace, ma non fu così, poiché i soldati di ventura, che solo vi
vevano della guerra , assaltarono li Stati della Chiesa colla solita
ferocia tanto spaventevole ai pacifici cittadini. Anche la città di Fi
renze fu turbata da sedizioni interne, e prevalse il partito di Ber-
nardo degli Albizzi che fece incarcerare Cosimo dei Medici, che poi
fu confinato a Padova, e non fu poco che egli salvasse la vita per
opera di Federigo Malavolti, conforme ne scrive il Macchiavelli.
Il Papa Eugenio fu forzato dai soldati Bracceschi e dal popolo
romano a lasciar Roma, da dove fuggiva tnvestito.
I Senesi recuperarono la terra di Sovana, che tre anni prima
erasi ribellata. Alcuni congiurati uccisero colà il Conte Gentile ili
Pitigliano che l' avea in quell' intervallo posseduta.
Nelle guerre che si erano avvicendate nel Regno di Napoli, e
di cui abbiamo voluto succintamente far conoscere l'origine, ac
cadde che in una battaglia navale combattuta presso a Caeta fu
dai Genovesi disfatta la flottiglia del Re Alfonso d' Aragona . e lui
stesso fu fatto prigioniere. I Genovesi lo mandarono in custodia at
Duca di Milano' loro Signore , ed egli generosamente lo rese a li
bertà, del che sdegnati i Genovesi scossero il giogo di Filippo Ma
ria, e tornarono alla prima indipendenza. Né a tutio questo si li
mitarono i turbamenti d' allora , mentre anche Bologna per opera
di Batista di Cannetola si ribellò alla Chiesa per cadere sotto un
tiranno che conoscendo la propria debolezza, per mantenersi in po
tere dimandò soccorso al Duca di Milano che gli mandò Niccolo
Piccinino: il Papa al contrario per recuperarla si diresse ai Vene
ziani ed ai Fiorentini.
Cosimo dei Medici era tornato trionfante in Firenze: molti cit
tadini allora furono banditi e fatti ribelli ; essi trovandosi a Milano.
che avean prescelto per loro terra d' esilio , persuasero il Duca a
mandare il Piccinino in quel di Pisa. Infatti lasciando di combat
tere contro i Genovesi vi si recò sotto il pretesto di passare per
inoltrarsi verso il Regno di Napoli in ajuto del Re d' Aragona, con
tro Renato d' Angiò, ma invece predò il territorio pisano, e quindi
termossi Della città di Lutea. l Fiorentini in un col Pontefice. al
ss
loro conosciuto il pericolo, chiamarono Francesco Sforza, quale an
dò in traccia del Piccinino, che si era trasferito in fretta nella terra
di Barga, e ciò nullameno combatté con esso senza però resultato
decisivo, per cui il Duca di Milano richiamava in Lombardia il Pic
cinino per difendersi dai Veneziani, che nuovamente lo inquietava
no. Dopo quella partenza i Fiorentini vedendo che Lucca era rima
sta senza difensori vi mandarono lo Sforza a porvi l' assedio. Così
i Senesi si trovavano prossimi al teatro della guerra, e forte teme
vano che quel fuoco dilatandosi potesse interrompere quella tran
quillità, di cui avevano per qualche tempo goduta.
Francesco Sforza che secondato dalla fortuna aveva in animo
d" inalzarsi per sodisfare alla sua ambizione avrebbe tradito qua
lunque padrone. Il Duca di Milano lo aveva conosciuto, per lo che a
lui offri di dargli in sposa Bianca sua figlia naturale, ed egli abbrac
ciando il partito abbandonò improvisamente l' assedio ; così disertò
la causa dei Fiorentini, quando essi si credevano sicuro il bramato
possesso di Lucca. Quest'avvenimento fu propizio ai Senesi, e par
ve loro di essersi liberati da un grave pericolo, siccome non pote
vano essere indifferenti qualora fosse quella città caduta in potere
dei Fiorentini.
Moriva uell' anno 1437 l' Imperator Sigismondo, mentre durava
ancora il Concilio in Basilea, allora il Papa Eugenio mancando co
lui che ne aveva la cura, pensò di trasferirlo a Ferrara, e quindi
a Firenze. Nel successivo anno 1438 si capitolarono con Siena le
Contesse di S. Fiora, confermando tutti i patti della sottomissione
già fatta dal Conte Guido Aldobraudeschi per le terre di S. Fiora,
Scansano e Castellazzara, e l'anno seguente 1439 la terra d' Ischia
d' Ombrone si sottomise egualmente .alla Repubblica, e l' anno ap
presso fece lo stesso la terra di Piancastagnajo.
Mentre l' Italia tutta era agitata dalle guerre , mentre a Na
poli Renato d' Angiò si contrastava la successione di Giovanna II.
con Alfonso d' Aragona, a Milano Filippo Maria Visconte immedesi
mandosi nei vasti progetti ereditati da Giov. Galeazze , e quanto
lui versatile, ambiva ad una vasta e potente monarchia, sebbene
a quest' ambizione si opponesse lo spirito democratico di Firenze e
di Venezia. Mentre queste gravi qucstioni si agitavano, Siena spos
sata dalle sue interne divisioni pensava soltanto a conservare la
ìli
propriiì indipendenza , né poteva figurare in mezzo a quelle gravi
contese. La sua debolezza non le permetteva di assumere una parte
attiva nelle gravi vicende politiche che allora si svolgevano e con-
tentavasi di godere una apparente tranquillità ; ma non tardarono
a suscitarsi le sette fra i cittadini, onde aggiungere ai mali passan
nuove tribolazioni.
Una quantità di giovani poco concordi nel conversare sociale
si erano divisi in due sette : una di esse aveva presa l.i denomi
nazione di Chiassa, e l'altra di Graffio ; dalle ingiurie passarono
ai fatii , e le loro continue e rinascenti discordie tenevano agitata
la città tutta. Per evitare i mali che ne potevano derivare il Se
nato fece bandire che sotto pene severissime per i trasgressori. nes
suno ardisse nominare quelle sette , qualificando quei termini di
sozzi e vili. Altri provvedimenti ancora furono adottati, OtKÌP tron
care il male che minaccioso propagavasi. Altri avvenimenti quindi
sopraggiunsero improvisi.
Baldacelo da Anghiari Capitano di una grossa compagnia per
mancanza di stipendi erasi fatto predatore, e fingendo di volersi
•portare da Figline nel Patrimonio della Chiesa, fece una cavalcata
nel territorio di Siena fmo a Sovereto, castello del Signor di Piom
bino, che cadde in suo potere. Per il dispiacere di quella perdita
moriva lo stesso Signor di Piombino, che era Giacomo I. d'Appia
no: pure ad insinuazione dei Senesi, Baldaccio restituiva quel ca
stello a Paola Colonna, rimasta vedova mediante il compenso da
essa sborsato di 9000 fiorini d' oro ; ma la morte del Signor di
Piombiuo aveva generato tanto nei Fiorentini, quanto nei Senesi il
desiderio di posseder quella terra, per cui gelosi gli uni degli altri
si schernivano con arti maligne , sebbene in apparenza trattate
con modi officiosi ; in mezzo a questi contrasti il Capitano Simo-
netto ai servizi della Chiesa con una forte compagnia diede l' as
salto a Piombino, e non essendo stato a lui possibile il prenderlo
per la fortezza del sito, fece una cavalcato nel senese fino alla Val
d' Ore» predando e devastando, del che ebbero luogo i Senesi di
lamentarsi per mezzo di Ambasciatori spediti al Pontefice, che al
lora trovavasi a Firenze, e mentre si trattava ua accordo per la
refezione dei danni, le truppe dei Senesi comandate "dai Capitaiio
Scardiamone, s'incontrarono con quelle del Conte Simonetto, che
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trovatesi così a fronte incominciarono una pugna che si fece osti
nata e feroce, ma in fine la vittoria si decise pei Senesi clte inse
guirono nella ritirata i soldati della Chiesa fino al confine dei loro
Stati ; avrebbero potuto spingersi più oltre , ma a ciò si oppone
vano gli ordini del Governo ; in quella fazione vi rimase morto il
Capitano Scardiccione, ed il Conte Simonetto mortalmente ferito fu
condotto da' suoi in Orvieto. Il Pontefice Eugenio di carattere irri
tabile e violento a quelle notizie minacciava gli Ambasciatori Se
nesi, ma il diritto era troppo palese , la infranzione della lega esi
stente, l'aggressione territoriale non provocata erano torti inescu-
sabili, onde il Papa scese a più mili sensi, e la differenza fu con
ciliata. Sorsero quindi altre querele fra la Repubblica di Siena ed
il Conte Aldobrandino, per cui i Senesi messere il campo a Pili-
gliauo ; furono traditi dal Parzaglia lor generale che consegnò al
Conte la terra della Roccalliegna , ed il castel di Montauto. I Fio
rentini però fecero sì , che la pace si ristabilisse. Al tempo stesso
i Senesi fecer lega con Paola Colonna, con Rinaldo Orsini Coute di
Tagliacozzi , con Caterina d" Appiano sua moglie, che possedevano
le terre di Piombino , Scarlino , Suvereto , Burlano e l' Abbadia al
Fango con le Isole dell' Elba e Pianosa. In olire presero ai loro sti
pendi lo stesso Conte Rinaldo nominandolo generale delle loro armi.
Fu in quel tempo ( 1442) che il Magistrato ordinò che la via
romana fosse aperta per la linea di Radicofani, e fosse guasta l' an
tica linea che era tracciata per la valle della Paglia, siccome, la
prima essendo difesa da una terra forte, e l' antica aperta a tutte
le scorrerie che sul dominio di Siena Venivano dagli Stati della
Chiesa, pensò così esser più savio consiglio a cagione della facil di
fesa preferire un luogo erto ad un piano, nel quale né l'arte, né
la natura non presentavano ostacoli all' invasione. Ordinò pure che
si fabbricasse uua fortezza sul Monto Argentario per difendere i
luoghi circonvicini dai Corsari, che allora predavano nei mari, e si
potesse da quella far segnali, coi quali prevenir quelli delle Saline
di Grosseto, del ponte di 'Paiamone e di Magliano, e fu ordinato che
Orbetello dovesse a quella spesa contribuire. Al tempo stesso il
Magistrato sempre intento alla difesa di quei luoghi donò il porto
e la terra di Portercole col Monte Argentario ad Angelo Morosino
cittadino sanese, perché era padrone di molte galere che aveva in
servizio del Re d' Aragona , eil il donatane si obbligò a restaurar
quei luoghi, e difenderli dai corsari per sicurezza dei mercanti, o
di lor mercanzie, di modo che da Porto Venere fino at faro di Mes
sina non vi sarebbero stati altri porti più sicuri oltre quelli di
Gaeta e Port' Èrcole.
Dopo venticinque anni di guerra terribile con varie vicende
combattuta e per mare e per terra, e nella quale presero parte i
più
to incelebri
Napolicondottieri
per mezzodidiquell'
un acquedotto
età, il Re Alfonso
che novecent'
d' Aragona
anni en'ra-
prima

Bilisario avea praticato per impadronirsi di quella ci'ttii, fu padrone


del reame di Napoli avendo costretto Renato d' Angiò a ritirarsi. La
Repubblica di Siena amica al vincitore a lui spediva per amba
sciatore Lodovico Petroni, onde congratularsi di quella vittoria che
ristabiliva una pace tanto desiderata.
Col mezzo del Conte Francesco Sforza fu pure conclusa la pace
fra il Duca di Milano , i Fiorentini ed i Veneziani. Papa Eugenio
non ne fu contento, siccome non fu in quel trattato convenuto che
fosse a lui restituita la città di Bologna tenuta dal Piccinino per
conto del Duca di Milano, per lo che si decise di lasciare il sog
giorno di Firenze per tornarsene a Roma, tanto più che erasi ricon
ciliato col popolo , per cui era deciso di tentare il ricupero delle
Marche allora occupate dallo Sforza. I di adunque il 10 di Marzo
<442 giunse in Siena con un seguito di ventiquattro Cardinali; il
popolo lo accoglieva con giubbilo e rispetto, e prima di progredir
oltre nel suo viaggio fermossi per ben sei mesi in Siena, nel qual
tempo fu visitato da molti Principi, fra i quali da quelli di Mento
va, d' Urbino e dal celebre Capitano Niccolò Piccinino, che vi giunse
con numerosa scorta di fanti e cavalli, e fatta reverenza al Pon
tefice ed alla Signoria, dalla quale venne solennemente ricevuto, e
con quella distinzione che meritava la di lui celebrità, se n' andò
ai Bagni di Petriolo, e quindi tornossene a Siena: ma tutta quella
soldatesca da cui era seguito, olire ad essere incomoda ad una cittSi
nella quale il concorso era tanto straordinario per la permanenza
del Pontefice , dava ancora sospetto che qualche cosa si meditasse
a danno della città stessa ; del che fattone parola al Piccinino con
quella franchezza propria dei repubblicani, rispose con eguai fran
chezza ch' egli anzi era ben affotlo alla ciltà di Siena , e cosi
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pronto a soccorrerla al bisogno, mai ad opprimerla. ma che per to
gliere ogni sospetto, egli ne sarebbe partito il dì seguente ; infatti
si diresse verso Perugia, ove dopo aver riunito l' esercito militò ai
servigi del Papa contro Francesco Sforza nella Marca. In Siena frat
tanto si concludeva la lega fra il Papa, il Re Alfonso ed il Duca di
Milano, per la quale il Papa stesso ricuperò la Marca di Ancona ed
altri possessi, che iu tante tortuose vicende aveva perdute.
La notte del 1. Settembre di quell' anno 1443 fu segnalata
da UD terribile uragano che spaventò la popolazione intiera , ed
un fulmine caduto nella Chiesa di S. Domenico ue incendiò il tet
to, Dé fu possibile spegnere il fuoco ad onta delle precauzioni pre
se, e dell' acqua dirotta che dal cielo cadeva. Il 1 4 di quel mese
il Pontefice Eugenio lasciava Siena per tornarsene a Roma , e fu
scortato dagli Ambasciatori senesi fino al confine dei due Stati ,
che era il Ponte a Centeno.
Io quel tempo le idee della moderazione e della concordia
nell' interesse generale d' Italia supplantavano i principi faziosi, e lo
spirito guerriero e turbolento che aveva tanto agitato i popoli ed
i governi, per cui fu intimato un congresso generale da tenersi in
Siena, per meglio stabilire ed intendersi sopra una pace generale.
Infatti nei mesi di .Febbrajo .e Marzo 1444 vi si trovarono gli Am
basciatori del Re di Napoli, della Repubblica di Venezia, del Duca
di Milano, dei Fiorentini e di altri Principi e Governi. e celebrata
nella Cattedrale la Mossa dello Spirito Santo. e fatta per la citta so
lenne processione si riunirono quei rappresentanti a trattare la pro
posta pace ; ma gl' ingordi appetiti di dominio dd ognuno malizio
samente celati, le ambizioni dei potenti furono estacolo insormon
tabile al bene che reclamava l' interesse d' Italia, per cui restarono
infruttuose quelle conferenze che si disciolsero nel successivo mese
di Maggio con grave rammarico de' buoni , che aveano da quelle
sperato tanti stupendi resultati.
Danni immensi recò alla città altr' oragauo impetuoso accadu
to il 4 d'Agosto 1444. I cittadini ne furono spaventati, e sebbene
durasse soltanto mezz' ora pure i venti ebbero tanta potenza di
scoprire gran parte del tetto della Cattedrale ricoperto di piombo.
Allorquando la guerra infieriva nelle Marche , che il Ponte
fice Eugenio intese a recuperare alla Sede Apostolica, secondo le
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convenzioni subitite nella lega, fu in Siena tenuto nel Ui5 il Capi
tolo generale dei Cavalieri di S. Giovanni detti di Malta, dopo che
penderono
Lo Sforza
l' isola
battuto
di Rodi.daiSiena
capitani
era divenuta
di Papa un
Eugenio
punto edi cl'convenio.
Alfonso

Re di Napoli avra perduto tutto quanto possedeva, e fu costretto


nella ritirata a transitare per il dominio di Siena dopo di avere di
mandato alla Signoria passo e vettovaglie per la sua gente. Infatti
egli si contenne da amico, e la Repubblica mandò Ambasciatori a
complimentarlo , e quindi passò in quel iT Orbino. Nuova guerra
si preparava in Italia , poiché lo Sforza negando al Duca Filippo
Maria di restituire la città di Cremona che riteneva per sicurezza
della dote di Bianca Visconti di lui moglie, non ostante che gli of
frisse il pagamento di 60,000 ducati smascherava la celata ambi
zione al sospettoso Duca che gli dichiarò la guerra. I Veneziani al
lora si mossero contro il Duca per soccorrer lo Sforza. Il Duca dal
canto suo trovandosi inferiore ai suoi nemici dimandò soccorso ad
Alfonso Re di Napoli, il quale si mosse coll' esercito in persona ad
attaccare i Fiorentini collegati coi Veneziani per obbligarli a ri
chiamar le lor forze che aveano in Lombardia. Al tempo stesso il
Papa dimandava di partecipare a quella lega, e spedì a Siena il
Cardinal Patriarca di Aquilea onde istigare la Repubblica ad unirsi
in quella guerra. Mentre tutto questo si trattava, il Pontefice Eu
genio moriva, ed il Re di Napoli che allora trovavasi coll' esercito
a Tivoli si arrestò sotto colore di occuparsi della sicurezza di Ro
ma, ma in realtà per esercitare maggiore influenza nel Conclave,
e meglio conoscere le disposizioni del futuro Pontefice e quelle de
gli altri Governi e Principi d'Italia. Lo Sforza intanto' manteneva
segrete corrispondenze col suo suocero Duca di Milano, il quale da
una parte avrebbe voluto seco lui riconciliarsi per togliere ai Ve
neziani il di lui ausilio, dall'altra incominciava ad esser geloso
della sua potenza, ed avrebbe voluto perderlo. Ai Veneziani non
sfuggivano tali disposizioni, ed ordinarono al loro generale Michele
Autendalo da Cotignola di occupar Cremona , ma il Luogotenente
che la teneva per lo Sforza seppe serbarla, sventando il tradimen
to, e mantenendo la popolazione nella fede. Tale era lo stato delle
cose Iquando
Senesi fusono statial sempre
eletto desiderosi
Pontificato Niccolò diV. cose nuove ; in quel
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tempo ne diedero una luminosa prova, poiché non podii cittadini
inquieti del presente, spedirono ad Alfonso Re di Napoli Oratori, onde
pregarlo a voler .fare la conquista della loro città, mentre lo avreb
bero in queir impresa assistito. Essi nulla curavano la perdita della
libertà e della indipendenza; ma un fatto, sebben preveduto, ma
della massima importanza, venne a cambiare la politica generale
d' Italia, e si fu In morte di Filippo Maria Visconti seguita nel Ca-
stel di Porta Zobbia; egli erasi prima di morire riconciliato collo
Sforza, non ostante Filippo vecchio, sospettoso, ora diffidava di lui,
ora lo blandiva, né l'avvicinarsi della morte mitigò in lui la gelo
sia del potere ; stando in questa disposizione l' animo suo non ave
va pensato a regolare per mozzo della legge la sua successione, per
l0 che morendo lasciava un campo vastissimo alle altrui ambizioni.
ll Re Alfonso affacciava dei dritti a sostegno dei quali si avanzò
con tutto l' esercito verso la Toscana : Carlo Duca d' Orleaus pre
tendeva l' eredità per ragione di Valentina di lui madre , che era
sorella di Filippo Maria. L' Imperatore Massimiliano affacciava che
essendo il Duca morto senza eredi legittimi il di lui Stato doveva
ricadere all' Impero. Finalmente Francesco Sforza marito di Bianca
Visconti figlia naturale del Duca credevasi legittimo successore ;
talché queste pretese dovevano necessariamente riaccendere nuove
guerre nel momento appunto che dalle conferenze apertesi in Fer
rara l' Italia attendeva una pace generale, tante volte tentata, e mai
ottenuta.
I Senesi sentendo che il Re Alfonso si avanzava, mandarono
Ambasciatori al suo incontro per pregarlo a uou alterar la quiete
della Toscana, mentre essi intendevano di conservare l' armonia che
allora passava coi Fiorentini ; la risposta del Re fu evasiva, poiché
disse agli Oratori, che avrebbe mandato a far conoscere alla Repub
blica le di lui intenzioni.
Era già il di lui esercito entrato nel dominio Senese accam
pandosi fra Sarteano, Chiusi e Cctona, quando giunsero a Siena
tre Oratori del Re Alfonso, i quali fecero intendere al Magistrato
che i Fiorentini a tante ingiurie usateli in passato con favorir sem
pre la Casa d' Angiò, ora che egli era chiamato dai Milanesi a pren
der possesso dell'eredità di Filippo Maria aggiungevano il riufiuto
del passo per il loro Stato, che perciò essendo costretto a muoverli
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guerra , dovevano i Senesi unirsi a lui , giacché il momento era
giunto di vendicarsi dei loro nemici. Rispose il Magistrato che avreb
be proposto al Senato quanto veniva dagli Oratori per ordine del
Re referiio. poiché non era di poco momento lo invilupparsi in una
guerra, nella quale sarebbensi trovati impegnati potentissimi Stati,
e che frattanto dava ordine perché nulla mancasse di vettovaglie
all' esercito regio nel suo passaggio per lo Stato senese, e fu man
dato al Re, che allora trovavasi in Valdichiana, Lodovico Petroui
affinché referisse chiaramente le disposizioni prese dal Magistrato.
Il Re incerto se doveva portarsi coll' esercito in quel d' Arez-
zo, si diresse poi verso Siena. L' avvicinamento di una forza così
imponente verso la città teneva inquieti gli animi di coloro che
la governavano , tanto più che non mancavano i faziosi , che per
il Re parteggiassero. — Egli intanto si avanzò fino al Bozzone, tor
rente prossimo alla cittb, e stava quivi in attesa degli avvenimen
ti, ma vedendo che nell'interno della città nessuno si moveva in
favor suo, poiché i Senesi stavano in guardia, passò oltre portan
do l' esercito verso Monteriggioni sul piccolo fiume Staggia, e di
qui dopo aver dichiarata la guerra ai Fiorentini attaccò il territo
rio di Volterra, prese il castel delle Pomarance, quel di Castelnuo-
vo, ove lasciò a guardia Antonio Petrucci , diede l' assalto a Mon
te Castelli da dove fu ributtato con perdita; voleva prender Campi-
glia in quel di Pisa, ma la stagione piovosa, l'avvicinarsi dell' in
verno e le mosse del Conte d'Urbino e Malatesta da Riinini gene
rali dei Fiorentini lo consigliarono a ritornar nel senese ; occupò Ca-
stiglion della Pescaja svernando coll' esercito nelle Maremme Se
nesi vicino a Grosseto, e distendendosi fino alla fonte detta di Carlo:
così che quella campagna passò senza gravi resultati.
Se quattro erano i pretendenti all' eredità del Duca Visconti
senza che nessuno di essi affacciasse titoli legittimi, i Milanesi pre
ponderavano per il Re Alfonso; il Consiglio di quella città aveva
consegnato agli Aragonesi , che sebbene in piccol numero erano
venuti dalla Paglia sotto la condotta di Raimondo Botle, la citta
della ed il castello ; di più il partito che nel Consiglio prevaleva
in fdvor d' Alfonso spedì a lui ambasciatori, che lo trovarono nel
le Maremme Senesi ai suoi quartieri d' inverno, per stabilire le
future operazioni. Tu visitato ancora dagli Ambasciatori di Venezia
30
e di Firenze per trainai la pace; intervennero alle conferenze ancora
gli ambasciatori Senesi, ma terminarono senza pacifico resultato.
Rinaldo Orsino che sposando Caterina figlia di Giacomo d'Ap
piano. aveva ricevuto in dote il principato di Piombino vedendo cos'i
prossimo ai di lui possessi un esercito poderoso temeva di essere
assalito, perciò domandò soccorso alla Repubblica di Siena, che in
forza della raccomandigia fece partire alquante truppe in di lui
ajuto, senza tema di dispiacere al Re Alfonso: e vedendo che egli
prolungava il suo soggiorno in quei luoghi, il Magistrato prese l' oc
casione della Pasqua di Resurrezione per spedirgli ambasciatori, che
sotto l' apparenza di rendergli omaggio in quella solennità , esplo
rassero l'animo suo. Egli tenne con essi un linguaggio malizioso e
procurò d' irritai li contro i Fiorentini con asserire, che allorquando
si trattò della pace , volevano da quella esclusi i Senesi , e che a
lui offrirono somme ragguardevoli, purché si obbligasse a non soccor
rerli nella guerra che meditavano contro di loro, ma gli ambascia
tori invece di prendere sdegno per queste denunzie, ebbero ragio
ne di sospettare della di lui doppiezza, e di allarmarsi più della sua
celata ambizione che delle insidie fiorentine.
L' Orsini non aveva torto, poiché Alfonso mandava esploratori
ad esaminare il terreno verso Piombino e lo stato di difesa in cui
trovavasi quella piazza. raccomandando di considerare se l' attac
co sarebbe stato più facile dalla parte di mare o di terra ; allora
la Repubblica di Siena mandò a lui Lodovico Petroni per fargli in
tendere che qualunque tentativo contro Piombino sarebbe stata un
offesa alla Repubblica, giacché per i trattati esistenti, a cui i Se
nesi non avrebbero mancato, erano tenuti ;id opporsi a qualunque
tentativo ostile: ma tutte queste ragioni non lo distolsero dal suo
pensiero. e mosse verso Piombino coll' esorclio. Egli meditava di far
di quel luogo, che gli apriva la comunicazione col regno di Napoli
per la via di mare, la base delle sue future operazioni per la con
quista della Toscana.
Egli divisò di assattar Piombino dalla parte di terra , ma fu
ributtato dai difensori con grave perdita dei suoi, non ostante l' uso
delle bombarde che in gran quantità vi furono impiegate a battere
le mura ; riuscito vano questo tentativo ordinò che da Napoli par
tissero a quella volta delle galere , onde bloccare la piazza anche
31
dalla parte di mare. Giunte che furono si azzuffarono con quattro
navi che i Fiorentini aveano da Livorno spedite per vettovagliar
Piombino: due ne furono prese, le altre si salvarono fuggendo; né
a questo soccorso si limitarono i Fiorentini poiché spedirono ancora
dalla parte di terra delle truppe per soccorrere la piazza assediata.
Il Re che lo seppe volle tentare un nuovo assatto per la parte di
mare e di terra, prima che giungessero: onde animate le truppe,
dato fuoco atle bombarde che percuotevano le mura , le condusse
all' assalto; gli sforzi degli uni furono paralizzati datl' eroica difesa
degli altri, e mentre fieramente si combatteva da una parte e dal-
l' altra, li scorridori del Re diedero l' annunzio dell' avvicinarsi ricl
l' rsercito fiorentino ..'allora fu suonato a raccolta, prima dalla parto
di terra, e poi da quella di mare, e ridusse le sue truppe malconce
entro i trinceramenti. Due fieri assalti valorosamente respinti , la
presenza dell' esercito fiorentino, la di/Tìroltà di tirare d.i Napoli per
la via di mare le vettovaglie per le truppe, tutto ciò fece cambiar
consiglio al Re Alfonso, e renuoziando a quell' impresa ritirassi nel
dominio di Siena, e quindi prendendo la via di Civitavecchia per
mare si condusse fino a Gaeta, e quindi per terra a Napoli. Ai ter
minati pericoli della guerra subentrarono gli altri egualmente fatali
ilolla peste, che rese squallida la città di Siena in queir anno 1448,
poiché molti cittadini fuggirono per liberarsi dal contagio ; molti di
quelli che rimasero ne morirono.
Mentre queste cose accadevano, Milano rigettando tutti i pre
tendenti, procurò di riacquistare la propria indipendenza costituen
dosi a Repubblica ; i due forti consegnati agli Aragonesi tornarono
in potere del popolo , ed in tutte le città di Lombardia vi furono
rivoluzioni. I Milanesi dimandarono pace a Venezia, e per uua falsa
politica in quella circostanza seguita da quel Governo, non potero
no ottenerla. Allora lo Sforza con molt' avvedutezza si mise ai sti
pendi della Repubblica di Milano , e coir esercito passò l' Adda e
batté i Veneziani. *
Carlo d' Orleans uno dei pretendenti scende in campo, lo Sfor
za gli oppone Bartolommeo Coleoni che batte Drcsnay suo luogote
nente. La città di Pavia si era dato volontariamente allo Sforza, lo
che dispiacque ai Milanesi. Lo Sforza assedia Piacenza , la prende
a viva forza e dà un sacco orribile a quella sventurata città. Ciò
32
non ostante la stella dello Sforza rifulge, e la battaglia di Caravag-
£Ìo da lui guadagnata sui Veneziani toglie qualunque ostacolo alla
di lui ambizione. Infatti si accomoda coi Veneziani, va contro Mila
no: allora quel Governo diviene rivoluzionario, cresce l'energia del
popolo che batte lo Sforza presso Monza. Il Duca di Savoja soccor
re i Milanesi, ma le .sue truppe sono battute a Borgo Mainere dal
Coleoni: muore Francesco Piccinino; la carestia si unisce ad aggra
vare la trista condizione dei popoli, per cui nuove rivoluzioni ac
cadono in Milano, e dopo tante vicende, contro il volere di Ambro-
gio Trivulzio, lo Sforza é ricevuto dai Milanesi, proclamato Duca
dal popolo, e così si cinge la fronte del diadema di Filippo Maria
Visconti.
In mezzo a tanti contrasti la bravura, il valore, la perizia dello
Sforza rifulge. Egli giunge al suo scopo sfidando la fortuna, che a
lui sorrise. Frattanto la Repubblica di Siena erasi unita ai Vene
ziani che aveano fatto lega col Re di Napoli, mentre i Fiorentini
abbandonando la loro vecchia alleanza colla Repubblica di Venezia
s' intesero col nuovo Duca di Milano.
Moriva in quel tempo Rinaldo Orsino signore di Piombino che
per grandezza d' animo e prespicacia di mente si meritò la stima
dei suoi contemporanei ; I.t Repubblica di Siena diede disposizioni
necessario onde Caterina di lui moglie rimasta vedova conservasse
la successione conforme all' ordine legale, perché la pace della To
scana non venisse per nuove scissure ad essere turbata; ma essa
sopravisse soltanto sei mesi al marito , per cui la Repubblica di
Siena spediva a Piombino Cristofano Gabbrielli, il quale seppe man
tenere nella fede quel popolo, finché Emanuelle da Piano legittimo
successore a quella eredità venne dal reame di Napoli a prenderne
possesso.
i Veneziani avrebbero voluto che i Senesi faccsser guerra ai
Fiorentini , ma a queste impolitiche insinuazioni risposero essi di
gnitosamente , non aver motivi di turbar la pace coi loro vicini,
del che furono ringraziati non solo dai Fiorentini, ma ancora da
Francesco Sforza che valutar seppe la giustizia da cui la Signoria
di Siena era animata.
La condotta prudente dei Senesi era generalmente ammirata,
per cui l' Imperatore Federigo III. che doveva andare a Roma ad
33
incoronarsi foce intendere por meno di Enea Piccolonùni Vescovo
di Siena alla Signoria ch' egli passando avrebbe visitata la città.
Infatti qualche tempo dopo scese in Italia, e quando fu a Bologna
trovò colà gli Ambasciatori senesi ad offrirgli ospitalità. Egli giunse
in Siena l' 8 di Febbraio U'H accompagnato da Lodovico Re d' Un
gheria, da Alberto Duca d' Austria, e scortato da 3000 cavatli. Per
quanto la città fosse coperta d' abbondante neve fu ricevuto colla
meritata distinzione dalla Signoria e dal Magistrato, ed applaudito
dal popolo. Sontuosi alloggiamenti gli erano stati preparati alle case
di S. Marta. Si seppe poi che la Regina Eleonora figlia del Re di
Portogallo, all' Imperatore destinata in sposa, venuta per mare, ave
va preso terra a Livorno, ove Enea Piccolomini per commissione
dello stesso Imperatore eoo diverse Principesse di Germania erano
andati a riceverla, ed il di 14 dello stesso mese giunse in Siena e
fu dal di lui sposo incontrata fuori della Porta Camollia, ed ivi per
eternare la memoria di questo falto fu creita una colemia con ana
loga iscrizione, che conservasi ancora ai dì nostri (1). La reale .Spo
sa fu alloggiata nel palazzo del Vescovo Piccoloraini.
In queir Decorrenza erano stuti allontanati dalla citta i Genti
luomini , e quelli dell' Ordine dei Dodici , che erano atti a portare
le armi, e ciò basta a far pales« che la quiete interna non era an
cora ristabilita, e che i rancori sempre covavano noll' animo dei cit
tadini. Le donne senesi si distinsero in particolar m*do nelt' onorare
l' Imperatore, e la di lui Sposa; vien citata fra le altre certa Ba
tista moglie di Achille Petrucci, dotta nelle lettere, che pronunziò
una orazione atla presenza degli illustri ospiti, e l' Imperatore ne
fu talmente rapito, che le offriva quella grazia che fosse per diman
dargli, e non torna a lode della Petrucci l' avergli chiesto la facoHà
di portare l' abito ingemmato, lo che era dai patrii statuti proibito;
infatti per intercessione dell' Imperatore con pubblico Decreto del

(1) Questo fatto ha servito d' argomento per uno dei quadri a
buon fresco da cui sono ricoperte le pareti della 'Libreria del Duomo,
ove il celebre Pintvricchio su i cartoni del divino Raffaello ha dipinto
la storia di Enea Silvio Picculomini, che fu Pio II.
•^

Concistoro
34 venne la dimanda esaudita ; cosi fu paga la vanità delta
donna che più di una corona di lauro apprezzò le gioje e le ricche
vesti: e giacché siamo venuti su questo proposito ci sia permesso
riflettere sul predominante principio di eguaglianza, che era portato
perfin sulle vesti, Siccome li statuti limitavano fi lusso dei potenti,
e le donnesche ambizioni con prescrivere una pracmatica sul modo
di vestire. Nel fabbricato antico della citta s' incontrano non poche
abitazioni con sole due finestre per ciascun piano: in molti luoghi
é visibile che più d' una di queste casucce cadute sotto un solo
proprietario sono state riunite, livellate, ma ciò noti ostante con
servano ancora qualche segno della loro primitiva costruzione, dal
che si può dedurre che anche le abitazioni di ciascuna cVasse dei
cittadini erano subordinate ad alcune regole inalterabili, fondate
principalmente sul principio detl' eguaglianza ; ora quelle a due sole
finestre per piano erano destinate per gli artigiani, la di cui sem
plicità net vivere era determinata ancora dalla modestia e pochez
za dei mobili e supellettili che supplivano ai comodi della vita. Tutta
IH grandezza e la maestà delle arti si portava sulla fabbricazione
dei Temnj consacrati al culto religioso, e dei pubblici stabilimenti.
I ricchi e le famiglie potenti che avevano il titolo di Graudi di
Siena si fabbricavano dei palazzi che rassomigliavano a tante for
tezze capaci a difenderle nelle civili discordie che formarono il vi
zio e la vergogna dei tempi. Alcuni di questi palazzi che hanno
resistito al tempo sembrano fabbricati per l' eternita. Finché le po
polazioni furono divise fra Guelfi e Ghibelline, anche l' architettura
assunse forme proprie a ciascuno di questi partiti , talché si può
distìnguere la fazione a cui appartenevano le famiglie che quei pa
lazzi abitarono. Tal differenza ci richiama ad Una importante os
servazione, che abbiamo altrove indicata, e diciamo a noi medesi
mi , come mai in tempi in cui la eguaglianza civile era il primo
bisogno sentito in quell' epoca nelle Repubbliche Italiane, il popolo
si conteutava della semplicità della vita , e lasciava ai Grandi , ai
Gentiluomini i loro palagi, le loro castella ? La questione per noi si
scioglie col dimostrare che il popolo in Siena, ed altrove ancora, ebbe
il più gran rispetto per la legittima proprietà : solo nei casi di ri
voluzioni provocate da bisogni e da passioni esagerate si diede alle
consuete dilapidazioni. al saccheggio, ma nei casi ordinarii intese
35
equilibrare la potenta che nasce dalla ricchezza con avocare ù se
il Governo della Repubblica ; cosi il popolo non divenne schiavo dei
potenti, e le forze si mantennero in un certo equilibrio bilanciando
col potere politico, ed amministrativo, l'altro che nasce dalla pro
prietà. Di più in Siena il popolo fu geloso ancora delle capacità
intellettuali, poiché non si riscontrano uomini eminenti al maneg
gio dei pubblici affari ; anzi furono in generale guidati da persone
che mancanti della necessaria istruzione , e di una superiorità di
spirito si consigliavano colla pratica di antichi sistemi, e col senti
mento delle proprie passioni , piuttosto che colla scienza per loro
ignota del ben governare : pure ci é forza dire che i patrii sta
tuti sorti per lo più in mezzo ai clamori della Piazza . e delle
civili discordio hanno il pregio di essere in armonia col diritto na
turale, e di essere basati sopra uu principio di equita compatibile
coi tempi in cui furono foggiati ; molti di essi sopravvivendo alla
caduta della Repubblica rimasero in vigore ancora sotto il sistema
Mediceo, e furono soltanto aboliti recentemente in conseguenza dulie
grandi rivoluzioni che scossero la società in Europa ; ciò premesso
ritorneremo al subietto.
L' Imperatore Federigo colla sua Sposa , e col suo numeroso
seguito partiva da Siena alla volta di Roma ; colà fu incoronaio
colle consuete cerimonie, e di là, previo invito ricevuto dal Re Al
fonso, l' augusta brigata passava a Napoli. Quindi l' Imperatore ri
prendendo la stessa via tornava a Siena per andarsene a Venezia,
ove la Imperatrice si era diretta per la via di mare; quindi ambe
due andarono in Alemagna.
Gli Oratori senesi che in quel viaggio di Roma e Napoli lo ave
vano accompagnato referirono intorno al desiderio loro espresso dal
Pontefice, che i Senesi si astenessero dal prender parte nelle guerre
che si minacciavano. Infatti Paodolfo Contarono ambasciator di Ve
nezia, si sforzava in Siena di accendere gli animi contro i Fioren
tini: Niccolò Scorano oratore del Re Alfonso esortava il Consiglio a
volersi decidere , giacché il Duca di Calabria coll' esercito sarebbe
stato fra breve in Toscana, per cui era sua opinione non doversi
dai Senesi perdere sì bella occasione per attaccare i loro naturali
nemici; ma ciò non ostante il Senato non si lasciò convincere da que
ste lusinghiere insinuazioni, e M mantenne saldo nel sistema di pace,
36
credendolo assai più utile agl' interessi della Repubblica della guer
ra, sebbene essa avesse i suoi pnrtigiani. Mentre si turbavano le
cose di Lombardia , giunse difatti nel senese l' esercito del Re Al
fonso condotto da suo figlio Ferdinando , cui aveva dato per Men
tore Federigo Principe d' Orbino, capitano distinto di queir età. Es
so era destinato ad agire contro i Fiorentini, affinché non potessero
soccorrere in Lombardia il Duca di Milano attaccato dai Veneziani.
L' esercito del Re Alfonso direttosi nella Valdichiana assaltò e prese
il Castel di Fojano: quindi dimandava ai Senesi vettovaglie, arti
glierie, balestre ed altre armi ; il Senato, avendo sottoposta questa
dimanda at Consiglio, ottenne in mezzo a tante contrarietà e di
visione di pareri le vettovaglie per soli quindici giorni, sebbene per
evitar danni maggiori coutinuasse a vettovagliare quell' esercito
finché durarono le minacciose istanze. Il Coute Sioionetto coll' eser
cito fiorentino era da quel Duca distante solo tre miglia, ma senza
nulla intraprendere diede agio ai nemici di Volgersi liberamente
verso il Chianti, e nella marcia il Duca s' impadronì del Castel di
Rencine; dopo comparve alla Castellina, ma per mancanza assoluta
di artiglierie nou poté impadronirsene , bensì predò una quantità
di bestiame che i Fiorentini da Poggibonsi condocevano alla loro città.
Già si avvicinava l' inverno, e la campagna era passata senza
gloria, e senza importanti resultati, onde il Dueo pensò di condurre
I' esercito nclie Maremme Senesi , e quivi alloggiarlo fi i io alla ven-
tura primavera, facendo disegno di aver per la via di mare da Na
poli le vettovaglie di cui difettava ; fece ancora occupare il Porto
di Vada, lo che Simonetto avrebbe voluto impedire; infatti si mosse
colle truppe verso quel luogo, ma inteso che il Duca di Calabria ave
va con spedire soccorsi prevenute le sue mosse ritirassi senz' al-
Iro tentare. Se giudicar si deve la condotta dei Senesi in mezzo ai
danni che loro cagionavano le guerre saremmo tentati di tacciarla
di pusillanimità, mentre non si può conservare degnamente ed util
mente un assoluta nentralità, quando il proprio Stato é fatto tea
tro dfilla guerra, onde bisognava decidersi o per una parte o per
l' attra, ma in ogni caso sostenere colle armi la propria indipen
denza, perché risentire tutti i danni della guerra senza aspirare ai
vantaggi che derivar ne possono, non fu giammai sana politica; in
una parola la Repubblica abdicava queir importanza che aveva m
37
altre occasioni esercitata. Mentre si preparava in Toscana una sc-
couda campagna i Fiorentini per mezzo del loro ambasciatore An
gelo Acciaioli pausarono d' indurre Carlo VII Re di Francia a spe
dire in Italia con formidabile esercito Renato Duca d' Angiò , per
rivendicare i di lui dritti sul reame di Napoli contro Alfonso d' Ara-
gena , e come eransi obbligati a corrispondere a Francesco Sforza
ottantamila fiorini annui finché durasse la guerra, fecero altrettanto
con Renato promettendoli l' annuo assegnamento di centov enti mila
fiorini ; in oltre presero al loro soldo Mai.cello d' Appiano che era
succeduto nella Signoria di Piombino, che loro portò il sussidio di
1500 cavalli. Così la lega divenne formidabile, e sceso Renato in
Italia portò le truppe dello Sforza a più di 15,000 uomini di ca
valleria pesante , e l' armata fiorentina divenne più numerosa di
quella di Ferdinando, per cui riprese Fojano, Rencine e Vado, men
tre i Napolitani costretti a campeggiare in luoghi mal sani furono
tormentali dalle febbri maremmane, e più indebolita dalle malattie
che dat ferro.
Un grande avvenimento in quell'anno 1453 scuoteva l' Euro
pa intiera, poiché il 919 Maggio un popolo guerriero , spinto da fa
natismo politico e religioso a gettarsi dall' Oriente sulP Occidente ,
conquistò la città di Costa utinopoli ; così dopo aver distrutto l' im
pero degl' Imperatori l'aleologhi metteva il piede in Europa minac
ciando tutta la cristianità. L'.Imperator Costantmo fu l' ultimo so
vrano greco , e mentre pericolava la di lui potenza , perdevasi in
vane discussioni teologiche ; pure la sua caduta non fu senza glo
ria , ma intanto Maometto Ottomanno faceva sventolare la mezza
Luna in luogo della Croce greca sulle torri di S. Sofia. Lo spavento
che generò questa notizia fece nascere negli animi il desiderio detl.i
pace, ed ognuno si rimproverava l' errore di non aver soccorso il
caduto impero. Fu adunato ad istanza del Pontefice un Congresso
a Roma, ma le pretese esagerate prodotte da ciascuna delle parti
belligeranti resero vana per allora ilualaniluu pratica couciltatrice.
In ogni tempo l' Italia ha prodotto delle anime elevate che in
sofferenti di un giogo umiliante hanno sognato di stabilire ordini
migliori, quasi che un movimento popolare possa con un sol tratto
cancellare i vizi antichi ed i mali inveterati. Abbiamo veduto Cola
di Rienzo d' animo grande e generoso perdere nella pratica l' in-
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fluenzn che nel popolo erasi acquistati, o finir col sacrifizio della
propriiì viti ; Stefano Porcari cittadino romano meditava dopo di
lui gli stessi progetti ; egli voleva chiamare il popolo a libertà, ma
arrestato in un coi suoi compiici per orclin del Papa, confessata la
congiura furono condannati a morte, e miseramente perirono.
Mentre continuava la guerra con danno del Duca di Calabria,
i Fiorentini a misura che prendevano il di sopra facean sentire ai
Senesi che il vincitore dileggia anche i prudenti, poiché i danni ca
gionati nel territorio della Repubblica dalle truppe di Firenze non
erano paragonabili a quelli che aveva risentili dall' esercito napo
letano. Kra questo l' effetto di una politica indecisa e pusillanime,
che non aveva sodisfatto né l' uno, né gli altri : mandarono i Se
nesi Ambasciatori al Re Alfonso, al Papa, ma si avvidero in fine
che la loro nentralità era più dannosa della guerra, onde fu forza
armarsi a difesa dei proprio territorio e far lega col Re di Napoli
e colla Repubblica di Venezia , che fu conclusa il 7 di Marzo del
1453, e colla quale le parti si garantirono respettivamente per auni
dieci la integrità dei loro Stati, con obbligo alla Repubblica di Sie
na di mantenere a proprie spese in tempo di guerra a difesa del
proprio territorio 800*cavalli , ed il Re Alfonso obbligossi a tener
5D00 cavalli, 2000 fanti, e specialmente quattro galere armate a di
fesa delle coste marittime della Repubblica. I Veneziani oltre a con
fermare i patti della lega antica, chs avevano colla Repubblica di
Siena, si obbligarono dal canto loro di tener 1000 cavalli per ser
vizio della città, e fu dichiarato inoltre, che nessuna delle parti po
tesse far pace senza comprendervi le altre. In virtù di questo trat
tato fu restituito il Castel di (lavon.ano alla Repubblica di Siena,
che era stato occupato dalle truppe del Re Alfonso, che furono at
loggiate nel Castel di S. Quirico.
La lega era per parte della Repubblica di Siena semplicemente
difensiva, ma i Veneziani nulla trascurarono perché si convenisse
in offensiva, ed a tat uopo spedirono a Siena per ambasciatore un
Contarono, quale espose in Consiglio essere la Repubblica di Venezia
pronta a sostenere in qualunque modo la sua confederata: e tor
nando alla memoria le ingiurie che i Senesi avevano ricevuto dai
Fiorentini, disse esser tempo omai di vendicarle colle armi, al che
Ghiuo Bellanti rispose dignitose parole , dimostrando che ad onta
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della prudente politica della Repubblica era slata forzata a far quel
la lega a propria difesa, che l' inimicizia antica dei Fiorentini con
tro i Senesi si era in quei tempi apertamente palesata, che perciò
ad imitazione degli anteuati erano pronti a tutto sacrificare per
)' onore e per la indipendenza della patria, onde il Consiglio ordinò
al Magistrato di Balìa di provvedere ai bisogni della guerra.
Mentre queste cose si trattavano una notte una gran compa
gnia di genti fiorentine, venute per vie inusitate, comparve al Bor
go fuori della Porta Camollia a derubare le chiese, e fare oltraggi
ai pacifici cittadini : e perché non potessero essere soccorsi da quelli
della citta conficcarono una grande spranga nella Porta; tanto gli
ozi della pace avevano prevalso sopra gli usi di guerra, che in
vece di stare all' erta , le guardie poltrivano in profondo sonno :
una squadra per altro uscita da Port' Ovile attaccò così impetuo
samente quei nemici mentre incendiavano e devastavano, che eb
bero appena il tempo di porsi in salvo, dopo aver lasciato gran parte
dei loro sul terreno.
L'Ambasciatore a quell'avviso consigliò ai Senesi nna riscos
sa, e chiamato un ingegnere che trovava»! in Siena, cert' Agostino
da Piacenza, fu invitato con promessa di larga ricompensa a met
tere in uso in quella circostanza un suo segreto di cui faceva
pompa, e questo consisteva in cert' acqua artificiale, che ad imita
zione del fuoco greco , incendiava quell' oggetto che ne fosse ba
gnato. Alcuni soldati ardiii s' incaricarono dell' esecuzione, e partili
per vie indirette e non praticate si trovarono di notte alla l'orta
S. Giorgio di Firenze. che bagnata con quell' acqua ed accesa arse
di fatto. e quelle fiamme, che soltanto colf olio si potevano estin
guere, misero in grande spavento tutta la città ; i cittadini si sve
gliavano ai gridi d' allarme, che per le vie si succedevano. In altra
occasione i soldati di Siena sorpresero la fiera delt' Impruneta, pre
darono una quantità considerevole di bestiame, e fecero prigionieri
molti mercanti che si riscattarono pagando forti taglie.
Da questi fatli incominciarono le reciprochi: offese, che si svol
sero in zuffe e scaramucce con varie sorti combattate, finché es
sendosi trattata la pace in Lodi fra i Veneziani ed il Duca di Mi
lano e i Fiorentini fu conclusa il 19 d' Aprile 1454', e pubblicata il
19 dello stesso mese, e fin da quel punto cessarono le ostilità con
40
tro i Fiorentini, che sebbene avessero al loro soldo reputati ca
pitani e soldati veterani, pure i danni che risentirono da quella
ignobile guerra, furono assai maggiori dei vantaggi che potevano
sperarne, poiché se noe vi furono sanguinose battaglie che cimen
tano la vita dei soldati, le reeiprochc rappresaglie invece macchia
rono 1' onore dei Governi, ed offiesero l' interesse di cittadini.
CAPITOLO TREDICESIMO

SOJHMAHIO

Sdegno del Re Alfonso — Guerra fra Siena ed Uberto Aldo-


brandino da Pitigliano — // Petrucci, assente il Contareno, accetta
battaglia dal Conte — L'esercito Smese é disfatto — Altri disastri
dei Senesi — II Malatesta di Rinrini al servizio dei Senesi — 7 Se-
nesi battono il Costei di Sorano — Tradimento del Maialata — II
Contarenn raggiunge il Malatesta alla palude delle Brune e lo bat
te — lI Conte di Pitigliano chiede pace ai Senesi — Morte del Papa
Niccolo V. a cui succede Calisto III. — // Piccinino nelle Maremme
senesi — Gioberto da Carreggio generale di Siena — 7 più celebri
Capitani di ventura devastano il territorio Senese — La Repubblica
di Venezia dichiara ribelle il Piccinino: é battuto alla valle deW In
ferno — Si ritira verso Grosseto — // Re Alfonso soccorre per la
via di mare il Piccinino di vettovaglie — Segreti fautori del Re Al
fonso discacciati dal Consiglio — // Conte Simonetto spedito dai Fio
rentini a soccorso dei Senesi — II Correggia favoritce. la fuga di
Matteo da Capua prigioniere dei Senesi — // Correi/gia viene a Sie
na — E trafitto nella Sala di Boba — II Piccinino occupa Orbe-
tello e lo saccheggia — La Repubblica affida al Cardinale Enea Sil
vio Picco/omini le trattative col Re Alfonso — Calisto III. bandisce
la Crociata contro i Turchi — Pace convenuta a Napoli — // Pic-
cinino passa agli stipendi del Pontefice — Congiura in Siena scoper
ta — Pietro Bellanti evade dalle carceri, e co' suoi aderenti attacca
il pala2zo della Signoria — Si salvano colla fuga — Sedizioni e
supplizio dei congiurati — Altri traditori scaperti — / cittadini di
visi in quattro partiti — Morte di Calata III. a cui succede Enea
Silvio Piccolomini che assume il titolo di Pio IL — // nuovo Pon
tefice tenta invano di stabilire la concardia fra i suoi concittadini —
Segue per caso una trasformazione nella pubblica opinione — Deli
berazione che ammette i Nobili al reggimento della Repubblica —
Pio IL in Siena — Fa al concilio di Montava — Giovanni figlio di
Renato d' Angiò fa rivivere i suoi dritti sul reame di Napoli — Par
te da Genova — // Freguso fatta causa comune con Ferdinand-) tenta
42
prender Genova — Fi *' introduce con pochi Cavalieri — È ucciso
— // Duca Ciovanni sbarca sulle coste napoletane — / Feudatari
della Campania si dichiarano per la casa d' Angiò — Gli Aragonesi
sono battuti a Sarno — / Senesi sollecitati da Pio II. preponderano
per la causa di Ferdinando — Pio II. nomina cinque Cardinali in
Siena — Va a prendere i Bagni di Macereto, e quindi gli altri di
Petriolo — Sedisioni in Roma — // Papa parte a quella volta — Mu
tamenti accaduti in Siena dopo la di lui partenza — Pio II ne ri
mane offeso — Venendo da Roma va a Pienza — I Francesi sono
discacciati da Genova — Ferdinando vince il suo rivale nel regno
di Napoli — A Pio li sorride di nuovo l' idea della Crociata contro
i Turchi — Torna a riveder la patria — Parte per Ancona, quivi
muore — A lui succede Paolo II. — Ferdinando chiama a se il Pic
cinino con un pretesto — Lo fa arrestare in un col figlio, e crudel
mente morire — Morte di Francesco Sforza — Galeazza Sforza é
riconosciuto Duca di Milano — Morte di Cosano dei Medici.

JLju pace di Lodi era avvenuta senza il concorso del Re Al


fonso, che trovandosi in quella circostanza disprezzato dai suoi con
federati ne prese sdegno , tanto più che essi aveano mancato agli
obblighi della lega. I Veneziani crederono di riparare alla mancan
za accordando tre mesi di tempo allo stesso Re Alfonso a concor
rervi colla sua adesione, dopo avergli falto sentire per mezzo del
loro Ambasciatore che la necessità e la Bianchezza di una lunga
guerra gli aveva obbligati a quel passo, sebbene sapessero che egli
con grave suo dispendio preparava un nuovo esercito per spedirlo
in Toscana in servizio della lega. Non valsero queste ragioni a cal
mare il regio risentimento, che contro la Repubblica di Siena ancora
si estendeva, pure richiamò nel reame di Napoli il Duca di Calabria
coll' esercito che stanziava allora nel dominio senese. Appena cal
mate le apprensioni che da quella guerra emergevano, attri Umori
insorsero a turbare la quiete dello Stato; il Conte Aldobraudino
di Pitigliano si mostrava inquieto , raccoglieva armati nello Stato
fiorentino, ma avvertita quella Signoria per opera dell' ambasciator
Contarono, bandiva esser ribelle chiunque a quelle pratichc si fosse
prestato: allora trasferì le sue mene negli Stati della Chiesa, e fa
ceva dubitare di esser sostenuto dal Re Alfonso, senza di che non
43
sembrava possibile che competer volesse colla Repubblica di Siena ;
in fine si venne alla guerra ; vi furono reciproche offese, ed alcune
castella caddero in potere del Conte che fu soccorso di genti dall'An
guilla™ ; 1' Ambasciator Veneto Contarono mostrassi propenso per
la Repubblica di Siena, ed egli stesso comandò alcuue fortunate fa
zioni ; quindi i Senesi nominarono capitano delle lor truppe il Conte
Carlo Campobasso. e Giulio Cesare da Camerino presero ai stipendi
loro con 500 cavalli e 200 fanti : ma l' anima di quelle operazioni
guerresche era il Contareno, il quale dovendo abbandonare l' eser
cito per andare a Siena a fare una partecipazione al Governo per
parte della sua Repubblica, lasciava in sua vece Antonio Petrucci
commissario al campo, con ordini per altro di non impegnarsi in
sua assenza in fazioni importanti, e di starsene sulla difensiva. Il
Re Alfonso aveva finalmente aderito alla pace di Lodi, si era for
mata una lega generale fra i Veneziani, il Re di Napoli, il Duca di
Milano ed i Fiorentini, e vi era stata inclusa ancora la Repubblica
di Siena: il Contareno adunque era incaricato di riportarne l' at
teso assenso. In questo tempo il Pontefice desideroso di vedere ri
stabilita nna pace generale spediva un Nunzio a Siena onde con
ciliare quelle vertenze col conte di Pitigliauo: ma furono quelle pra
tiche infruttuose.
L' esercito senese era intorno a Sorano: cinque pezzi d' arti
glieria con gran fatica a traverso i mouti erano stati colà condotti
per attaccare quel castello. Il Conte di Pitigliano temendo di per
derlo decise tentar la fortuna delle battaglie ne tl' assenza del Con-
tareno; portatosi adunque coll' esercito a fronte di quello senese,
tanto lo concilò che il Petrucci trovandosi superiore di numero ,
decise uscire dagli alloggiamenti ed accettar battaglia; perciò divi
se le truppe in tre schiere , e dato il segno del combattere si az
zuffarono ferocemente ; nelle prime mosse la fortuna sorrideva atle
armi senesi, ma la infanteria nemica ristabiliva l' ordine della bat
taglia, e con un movimento di fianco sconcertò talmente la pesante
cavalleria senese, che disordinossi ; il Conte allora mossi i 600 ca
valli di Jacomo Antonio , che il Principe di Tarante aveva man
dato in di lui servizio : questi investirono talmente quelle genti
disordinate , che presto furono messe in piena rotta ; la strage fu
terribile, e gli avanzi di quell' esercito si ritirarono a Gastcl' Ottiori,
44
parte a Saturala, a Sovana, e Piancastagnajo : molti furono i pri
gionieri fatti dai nemici e tra questi fuvvi Antonio Foresta vene
ziano, che aveva combattuto con sommo valore , il quale poi fug
gendo dalla prigionia ricomparve dopo pochi giorni iu Siena. Questa
sventura andò con attre accompagnata , poiché il Conte intercettò
te vettovaglie destinate in sussidio ai castelli di Vitozzo e di Mo-
rano : una schiera di cavalli che si riuniva dopo la rotta dei Se
nesi fu sorpresa dat Conte, e dopo tiera zuffa tutti quelli che la
componevano caddero prigioni. Tutti questi disastri portarono la co
sternazione in Siena, e come suole accadere il timore magnificava
il pericolo, talché sembrava ad ognuno di veder comparire il Conte
sotto le mura della città , ma Contarono trovandosi in Senato con
una energica orazione dissipò quei dubbi, ed esortò i Senesi a di
mostrare animo grande nell' avversa fortuna , tanto più che dalla
Repubblica veneta loro confederata poteaoo sperare potenti soccorsi.
Fu dal Consiglio ordinato di fatti a Francesco Luti, che era oratore
a Firenze, di recarsi immediatamente a Venezia, mentre fra pochi
giorni attendeva Giulio Cesare da Camerino e Gioberto da Correg-
gio con le truppe, onde tentare di opporsi ai pericoli che l'impru
denza del Commissario Petrucci, e la viltà di una parte dei soldati
avevano sulla Repubblica attirati. Fu ordinato di più che quei sol
dati che erano avanzati in quella fatai giornata di Sorano fossero
provveduti d' armi e di vestimenti, cassando coloro cho erausi vil
mente comportati, e premiando quelli della terza squadra che erau
si virilmente condotti , ed in Inogo del Campobasso i Senesi con
dussero ai loro stipendi Sigismondo Malatesta da Rimini; il Campo-
basso non era al campo il giorno della battaglia , del che piena
mente giustificatosi, fu confermato nel suo posto fino all' arrivo del
Malatesta , e di più avendo inteso che i nemici avevano predato
molto bestiame nelle Maremme facendo una cavalcata verso il Monte
Argentario , vi si recò con alcune compagnie , e dopo una breve
zuffa riprese loro la preda, e fece molti prigionieri. Intanto i Senesi
eransi di nuovo riconcentrati intorno a Sorano quando giunse iu
campo Giulio Cesare da Camerino colle sue truppe, e Gioberto da
Correggio che doveva comparire molto tempo prima, di questo ri
tardo fu imputato Antonio Casini che era stato spedito dal Magi
strato a sollecitarlo, e la Repubblica di Venezia aveva spedito 1000
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cavalli e 1000 fanti guidati da Carlo Gonzng.i e Pietro Brunero :
cosi eransi equilibrate le forze della Repubblica , ma il Malatesta
non giungeva, e così erasi perduto uu tempo prezioso, mentre l' in
verno a gran passi si avvicinava. Pur non ostante trovandosi in
forze, giacché sommavano a 12,000 i soldati al servizio della Re
pubblica di Siena incominciarono colle artiglierie a battere le mora
di Sorano.
Ai primi del mese di Novembre giunse il Malatesta, ed inve
stito del comando supremo delle armi, e ricevuto lo stendardo delia
Repubblica s' incominciò ad aprir la breccia, e rovinar le torri, tal
ché quel castello poco più poteva resistere; ma le sorti di Siena do
vevano essere attristate da nuove sciagure, e quello che non avreb
be potuto la forza doveva compirlo il tradimento. Il Malatesta era
comprato dal Conte Aldobrandino. Egli vergognosamente antepose
l' oro alla fede. Quando aveva in pugno la vittoria invece di ap
profittarne fece tregua per un mese atl' insaputa del Sonato, ritirò
l' esercito, e diede tempo ai nemici di vettovagliare il castello e ri
parare ai danni cagionati dalle artiglierie. Giulio Cesare da Came
rino ebbe sentore di questo trattato , e referitolo segretamente a
Giovanni Bichi , con un pretesto tacer partire alla volta di Siena
Cristofano Gabbriclli per denunziare al Senato il tradimento del
Malatesta. A queste notizie l' imbarazzo del Senato fu grande: non
avrebbe creduto a quanto si palesava, se pure non fosse stato il
fatto confermato da persone di fede e di autorità , onde bisognò
adottare, di fronte all' evidenza, un compenso energico, ed opporre
un tradimento at tradimento, ed ordinò che trattando col torreggio
e col Gonzaga si trovasse il modo di uccidere il Malatesta, senza
di che egli sarebbe passato al nemico, ed avrebbe peggiorata d' as
sai IH condizione deh" esercito senese ; ma il tradimento aveva più
estese fila di quelle che si conoscevano, poiché il Gonzaga, in cui
prevalse più l' avarizia dell' onore, aveva fatto occupare dai nemi
ci la terra d' Orbetello, e fu fortuna che i Commissarii della Repub
blica potessero salvare le artiglierie ed i bagagli, riducendoli a Ca-
stell' Ottieri, a Sovana ed a Magliano. A quell' annunzio il Contaro
no parti immediatamente a quella volta, ed avendo saputo che il
Malatesta tentando d' impadronirsi di Saturnia con quella gente che
aveva seco lui, abbandonata la parte senese n' era stato respinto,
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e che erosi diretto verso Grosseto; chiamati a se Pietro Brunero,
Ceccone d' India, LeoucUo (Jorso, Antonio Foresta ed altri Capita-
ui, ed assicuratosi della loro fede ordinò loro di seguirlo alla volta
di Grosseto. Il Magistrato in quella confusione aveva eletto supre
mo duce delle armi Gioberto da Correggo, ed egli unitamente al
Petrucci, colle truppe rimaste fedeli, seguitavano il Malatesta che
andava predando le campagne.
Erano le cose in questa disposizione quando il Coutareno rag
giunse il Malatesta al passo del fiume o palude delle Brune vicina
a Giuncarlo. ed attaccatolo virilmente, a lui tolse tutto il bestiame
predato, e messe fuori di combattimento tre compagnie uemichc lo
fece prigioniere : il resto fuggl dallo Stato senese per ricovrarsi in
romagna. Ottenuto questo trionfo voltossi verso Orbetello (\) e rim
proverato al Gouzaga l' indegno procedere, col quale disonorando se
stesso
ga lasciava
arrecava
Orhetello,
onta atdopo
nomeaver
veneziano.
restituito
lo ai
avvilV,
terrazzani
per cuiquanto
il Gonza-
nel

sacco la soldatesca licenza aveva loro brutalmente rapito.


La Repubblica di Siena era scampata per opera principalmente
del Contarono da un pericolo che poteva cendurla all' orlo del pre
cipizio, md vi restava da vincere il nemico principale inorgoglito
dai suoi successi ; pure il Pontefice Niccolò V. per mezzo di Legati
proponeva la pace a mili fondi/ioni , ma il Senato respinse ogni
progetto di conciliazione, siccome reputava offesa e la giustizia e la
dignità della Repubblica ; e non solo il Papa , ma ancora il Duca
di Milano, il Re di Napoli e la Repubblica di Venezia esortavano
i Senesi a concluder la pace, per tema che quella guerra, lino al
lora circoscritta, potesse dilatarsi e generare nuovi motivi di discor
dia che si volevano evitare. Le truppe di Siena che erano intorno
a Sorano non si stancavano a batter le mura che già erano io
molti punti rovinate , ed una parte ancora del fabbricalo del ca
stello aveva assai sofferto per i continui colpi delle artiglierie, onde
ognuno credeva che fra poco Sorano sarebbe caduto in potere dei

(1) Di queste gesta ne parla lo stesso Contarmo nella sna storia


De Rebus iu Etruria a Senensibus gestis — .\el Sismondi poi non
troviamo alcuna menzione di questi fatti.
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Senesi : infatti il Con ir di Pitiglinno disperando omai di vincere ,
si gettò nelle braccia dei Veneziani , e spedì a Siena uno de' suoi
per nome Arzinio con salvacondotto, e lettere del Contarono a di
mandar pace. Egli prometteva a nome del suo Signore che sarebbe
stato d' ora in avanti fedele alla Repubblica, ed offriva in ostaggio
gli stessi figli del Conte.
Mentre queste cose si trattavano venne a morte Niccolò V. a
cui successe Calisto III. il di cui interesse fu quello di stabilire la
pace fra i Principi cristiani, tutto occupato di una Crociata coutro
gl' infedeli ; fu allora che l' Imperatore Federigo III. spediva a Ro
ma Enea Silvio Piccolomini , atlora Vescovo di Trieste a negoziare
l' impresa che si meditava per il ricupero di Costantinopoli. Egli
passando per Siena parlò in Senato del desiderio dell' Imperatore
di veder conciliate le vertenze fra i Senesi ed il Conte di Pitiglia.
no, e le parole di questo gran Cittadjno ebbero un influenza favo
revole alla pace. Mentre gli animi erano in queste disposizioni il
Conte Aldobrandino spediva a Siena Jncomo Orsino Prefetto di
Roma suo parente, e Lodovico suo figlio a dimandar pace , rimet
tendosi nell' arbitrio dell' Ambasciatore Veneto; accettata dai Senesi
una tal condizione, il Contareno il di 7 di Maggio U55 diede il suo
lodo che poneva il Conte Aldobrandino e suoi sotto la raccoman-
digia della Repubblica di Siena , e per tult' altro lasciava le cose
nello Stato in cui si trovavano avanti la guerra: ed i Senesi per
rispetto e dovuta gratitudine a queir uomo che tanto erasi adoprato
in favor loro, e per deferenza ai consigli dei loro confederati rati
ficarono quella pace, che se mortificava, non serviva a frenare la
tracotante ambizione del Conte Aldobrandino. Così finiva quella
guerra, che giovò soltanto a risvegliare nei Senesi l' istinto di guer
ra che una lunga pace aveva sopito. La Repubblica di Firenze al
contrario ìmmmischiata in tutte quelle guerre che illustrarono il
secolo XV aveva tanto aumentata la sua influenza da figurare fra
le principali potenze d' Itatia.
Il Re Alfonso per quanto avesse aderito alla pace di Lodi fatta
ad insaputa sua, pure non poteva nell' animo suo transigere contro
i Senesi per la poca considerazione, in cui, a parer suo, avevano
tenuto suo figlio Duca di Calabria, quando coll' esercito stanziava
nel dominio senese ; ma se fosse stato giusto, doveva piuttosto con
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siderare che la nentralità, che i Senesi vollero mantenere in quella
guerra, doveva liberarli dalla presenza delle armate belligeranti, e
che fecero assai se lo fornirono di vettovaglie, e se non si unirono
eoa altre potenze per discacciare un armata che era ai sudditi della
Repubblica assai molesta.
Le tribolazioni non terminarono alla paoe, poiché i sditati mer-
cenari che venivano licenziati dai Governi al terminar della guer
ra non lasciavano il mestiere delle armi, ed in pace volevano vi
vere del brigantaggio e della rapina, finché loro non capitasse un
padrone cui vendersi. Giacomo Piccintno erede dell' annata, e della
reputazione di Niccolò suo padre, e di Braccio fondatore di una scuo
la militare, fu licenziato dai Veneziani, che aveva servito nelle pas
sate guerre ; colla pace d' Italia egli perdeva i mezzi di esistenza,
onde riunì tutti coloro che partecipavano alla stessa sorte, e pro
miseli di condurli in un paese, ove avrebbero vissuto delie risorse
che offriva togliendo altrui quello che loro mancava. Egli aveva
nella sua mente proscelte a preferenza le Maremme senesi, che per
esser mal guardate non offrivano difesa a chiunque avesse voluto
invaderle ; si parti adunque dalle vicinanze di Brescia con 3000
cavalli e 1000 fanti, attraversò li Stati del Duca di Modena senza
incontrar resistenza, passò per Bologna, ove tentò invano di riani
mare in suo favore la fazione che altra volta avea data la sovra
nità di quella città a suo padre, ed attraversando l' Appenniuo sce
se in Toscana ; fu cortese coi Fiorentini pagando i viveri e tutto
quello di cui abbisognava, e quindi entrò nel territorio senese. La
Repubblica aveva preso al suo soldo Gioberto da Correggio, ma sic
come gl' interessi dei Governi erano ben differenti da quelli dei
venturieri, così non poteva esservi fede, ed era più facile che i ca
pitani s' intendessero fra loro, che con quelli che servivano ; infiiiti
il tradimento del Correggio per intercettate lettere si fece manife
sto , poiché Everso Orsino che saccheggiava lo Stato senese lo fa
ceva più per di lui perfida insinuazione, che per propria volontà;
lo stesso Piccinino fu da lui chiamato: costui per irovare un pre
testo al saccheggio del dominio di Siena avanzava una dimanda
per ottenere 20,000 ducati in imprestito, ma la guerra avea con
sunte le entrate dello Stata, e gran parte di quelle dei particolari,
onde gli fu falto intendere essere la Repubblica impossibilitata a
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condiscendere alla di Ini dimanda. Egli nient' altra desiderava che
questa negativa per cominciare le sue devastazioni ; anche il Conte
Everso dell' Anguillara capitano al servizio della Chiesa sotto il pre
testo di praticare i bagni di Petriolo per certa sua cura fisica ven
ne a predare nel Senese ; ed é sempre vero che la debolezza di
uno Stato risveglia l' ingordigia altrui, cosicché sembrava che tutti
i venturieri d' Italia avessero stabilito un concerto per vivere a
carico dei Senesi: essi a guisa di devastatrnel locuste si gettarono
sulla facil preda, per inaridire colle loro rapine questo misero suo
lo. In mezzo a tante angustie i Senesi ricorsero al Pontefice Cali-
sto III, dal quale riceverono speranze di soccorso : spedirono pure
Ambasciatori al Piccinino, a cui rammentarono l'amicizia passa
ta fra loro ed il di lui padre, quale avrebbero desiderate di con-
linuare col figlio: egli si mostrò grato dell'offerta, ma non erano
amichevoli i suoi progetti, poiché passate le Chiane s' impadronì del
la terra e della rócca di Cetona per tradimento di chi la guardava.
(.mix.rio da Corrcggio era per unirsi a lui secondo i segreti trat
tali preesistenti , ma i Senesi spedirono a costui Jacomo Guidoni,
che gli recava una lettera del Duca di Milano: ma più delle esor
tazioni ducali valse a stornarne il pensiero una ingente somma di
danaro che la Repubblica per mezzo del Guidini a lai spediva , e
scordate le promesse fatte al Piccinino , confermò la sua condotta
coi Senesi.
La Repubblica non aveva mancato di spedire ovunque orato
ri per dimostrare che da quel fuoco che il Piccinino accendeva,
potea nascere nuova guerra fatale alii Stati d' Italia, per lo che la
Repubblica di Venezia lo fece bandire ribelle. Intanto egli assedia
va la terra di Sarteano, i di cui abitanti, pertinaci in una eroica
difesa, giuravano di morire tutti piuttosto che mancar di fede al
la Repubblica di Siena. Le perdite sofferte in queir assedio non fu
rono poche, e lui stesso fu ferito in una gamba; disperando allora
della vittoria passò nelle maremme ; il castel di S. Casolano dei
Bagni si difese: Monte-Merano si diede a patti per salvarsi dal
saccheggio: Moutiano fu preso per assalto. Dall'altra parte le gen
ti dei Senesi guidate dal Correggio, dal Gonzaga e da Pietro Bruno-
ro fecer sosta alla terra di Mapliano , quindi si unirono coll' eser
cito mandato iu servizio dei Senesi dal Duca di Milano, e coll' altro
4
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spedito dal Pontefice di cui era generale il Conte Giovanni Venti-
miglia. Così accadde che per i soccorsi ricevuti da tante parti dai
Sanesi, si trovarono riuniti contro il Piccinino i più famosi capan
ni che uelle passate guerre avevano figurato; Corrado Foliano, Ro
berto Sanse.verino. Raimondo e Pier-Antonio da Micheletto ed altri.
Riunite queste genti vennero ad accamparsi presso la valle dell' In
ferno prossima al fiume Fiera ed a Piligliano, deliberati di attender
quivi il Piccinino. E questa una posizione formidabile, che trae il
nome dall' orrore che ispira, siccome si passa per una gola circo
scritta da due alti monti che ne rendono il passaggio tortuoso e
tetro.
Il Piccinim) conosciuta la intenzione dei nemici volle preve
nirli, e si avventurò ad attaccarli nella loro stessa posizione; es
sendo giunto improvvisamente gli fu facile sulle prime di mettere
in disordine I' esercito avversario, ma Roberto Sanseverino aven
do riuniti i suoi soldati rinfrescò la pugna, e dopo tre ore di osti
nata lotta giunse a respingere quelli del Piccinino: la notte venne
opportuna a dividere i combattenti e la mattina seguente il Pic
cinino si ritirò verso Grosseto: e conosciuto che l' esercito senese
coi confederati lo seguitavano continuò la fuga fino a Castiglion
della Pescaja; (1) quivi la carestia dei viveri poteva determinar
lo ad abbandonare l' impresa , se il Re Alfonso contro i patti esi
stenti non lo avesse sovvenuto per la via di mare di biscotto
d'orzo, e di danari per far vivere la sua gente. Quel Re aveva
omai concepito un rancore contro i Senesi, e cercava ogni mezzo
per esserli nocivo ; ma comunque fosse, il piano del Piccinino era
mancato: nella sua situazione una battaglia poco fortunata equiva
leva ad una sconfitta.
Le genti senesi con quelle della Chiesa e le sforzesche si fer
marono fra (ìiuncarico, Montepescali e Colonna per impedire al ne
mico che per la parte di terra potesse vettovagliarsi; talmente che
quella guerra sarebbe presto finita, qualora i capitani non avesse
ro per interesse proprio diprolungata. Ma non erano solo i nemici
esterni che la Repubblica doveva combattere, ve 11' erano dei più

'D Questa terra apparteneva allora al Re Alfonso.


B!
pericolosi nel seno dei Consigli, che spinti dalla loro ambizione se
gretamente pateggiavano per il Re Alfonso, quale per arrecar mole
stie
te diail'itigliano,
Senesi, prima
quindi
avea
favorito
controi loro
progetti
sollevato
del laPiccinino;
guerra delcostoro
don-

adunque furono discacciati dalie cariche che ricoprivano, ed il 6


Luglio 1455 fu dal Consiglio deliberato che soli quindici cittadini
avessero piena ed assoluta autorità e balta di. disporre della cosa
pubblica, ed il 16 di Luglio gli eletti dal Consiglio entrarono al po
tere per restarvi fino all' Agosto seguente, termine che poi fu pro
rogato fino all' Ottobre, e così fu fatto in modo, che i sediziosi non
potessero riferire ai nemici i progetti occulti del Governo. Venne
a rallegrare la città te notizia della presa dei castelli di Monteme-
rano e Montiuno nei quali il Piccinino avea lasciata guarnigione,
ed al tempo stesso i Fiorentini ad insinuazione del Papa Oliino
vollero unirsi atla difesa dei Senesi, e soldarono per loro servizio*
il conte Simonetto con alquante truppe che si unirono ai confederati.
Il Correggio frattanto sempre di dubbia fede non cessava dal
mantenere segrete pratiche col Piccinino , a cui spedì viveri in
quantità per compassione dello stato misero cui erano ridotti quei
soldati : di più egli operò in modo, che Matico da Capua compagno
del Piccinino, che poco prima era stato fatto. prigioniere, evadesse ;
in oltre tenté più volte sotto mentiti pretesti di occupar Grosseto,
lo che ottenendo, sarebbesi determinato a cambiar partito e sma
scherarsi; ed a prolungar la guerra ancora vi contribuiva la con
dotta di Giovanni De Lira spagnolo, e governatore in Toscana dei
possessi del Re Alfonso, quale non desisteva d'ai soccorrere il Pic
cinino nei suoi pressanti bisogni, siccome; il suo sovrano voleva
nuocere ai Senesi, mn in modo occulto per non urtarsi col Duca
di Milano, al quale per interesse erasi strettamente unito.
Tutio ciò poneva in apprensione coloro che regolavano i de
stini della Repubblica, e non sapeano trovare il mezzo di riparare
ai tradimenti del Correggio; pensavano che rompendola con esso
lui avrebbero aumentato il numero dei nemici: ma quello che non
poté l' ingegno venne ad offrirlo il caso. Il Carreggio con animo
di estorcere dalla Repubblica una forte somma di danaro, come
altre volte era accaduto, divisò, contro il sentimento dei suoi ade
renti, di recarsi a Siena, e vi giunse il 6 Settembre 1435. Dimau
data udienza fu onoratamente ricevuto dal Magistrato, o da quelli
di Balìa nella sala detta del Papa. e dopo aver seco loro trattato,
allorché era per congedarsi, fu trafitto da alcuni giovani usciti im
provvisamente dalla stanza della Segreteria colla spada sguainata,
ed il di lui cadavere datla finestra gettato in piazza (1) fu fatto
spettacolo orribile al popolo plaudente che vituperava il traditore.
Qual giudizio deve far la storia di questo delitto? parci doverlo qua
lificare di assassinio necessario. Sonovi certi eccessi che sebbene bru
tali, risparmiano mali assai maggiori, per cui la opinione, se non la
giustizia transige sulla loro reità. D' altronde il tradimento chiedeva
vendetta. Qnest' esempio terribile valse a mantener nella fede gli
altri capitani ; e quando si conobbero dalle deposizioni di Luca di
Parma. Cancelliere dell' ucciso, i trattati che avea coi nemici della
Repubblica, il Magistrato ebbe di che rallegrarsi, poiché conobbe i
pericoli che avevano minacciato lo Stato. La tragica fine del Cor-
reggio si può noverare colle altre del celebre Carmagnola, e di Bal-
daccio fatto uccidere dalla Signoria di Firenze.
Restava da contenere le genti comandate dall' ucciso Correggio,
mentre temer poti.vasi che all' annunzio della di lui tragica morte
dovessero sollevarsi : ma il Magistrato operò in modo per mezzo di
Giacomo Guidini che essi rimanessero tranquilli , e dando loro le
paghe ordinarie restarono al soldo della Repubblica. Al tempo stes
so i Senesi per mezzo di Giovanni Ungaro ricuperarono la terra di
('etona, ma il Piccinino per quanto ridotto a mal partito, poiché le
privazioni, e le febbri maremmane avevano assai decimato il di lui
esercito. prese ed occupò la terra e rocca d' Orbetei lo per tradi
mento di Luca Schiano (I) che con una compagnia di fauti n'era

(1) In una iscrizione che é al lato di una finestra della sala di


Rafia, e che sembra incisa nel muro con una punta di ferro, vi si legge
chiaramente: A di VI Settembre in giorno di Sabato A. D. U55 fu
morto in questo loco el traditore // nome é stato sgraf
fiato. — Vedesi ancora la porta, dalla quale improvisamente uscirono
gli armati che lo trafissero.
(1j Orbetello fu saccheggiato, incendiato dalle truppe del Picci
nino. che nemmeno risparmiarono l' Archivio municipale che fu dalle
53
a guardia, e questo (atto. per iIuauto liliale poiché nnfrancò il IV:'
ciuino, pure venne opportuno a rischiarar la mente dei Senesi che
si erano lusingati di una prossima pace. Infatti la trattava un tat
Malico Malferito di commissione del Re di Napoli, ma conobbero at
lora che in quelle pratiche si nascondeva un inganno nell' idea di
favorire il Piccinino addormentando l' attività dei di lui nemici.
La condotta del He Alfonso dispiacque ancora at Pontefice, ed
al Duca di Milano, poiché si persuasero doversi quella guerra pro
lungare ogni qual volta un Re potente prendeva apertamente la
difesa del Piccinino. Una speranza per altro venne a rianimare nei
Senesi il vivo desiderio di conciliazione, e si fu la stretta paren
tela per via di matrimonio seguita fra il Re di Napoli ed il Du
ca Sforza, poiché Ippolita di lui figlia fu sposa del principe di Ca-
pua , ed al Duca di Calabria fu promessa Lconora figlia del Duca
di Milano, per cui si poteva credere che quest' ultimo potesse dispor
re l' animo del Re Alfonso a terminare una lotta senza gloria ,
che infievoliva gli eserciti , che danneggiava le risorse delli stati ,
e profittava soltanto ai venturieri, cui non andava a genio il la
voro dei campi e l' industria delle arti. II Senato senese aJfidò
ad Enea Silvio Piccolomini la missione di portarsi a Napoli a trat
tare direttamente col Re Alfonso un accomodamento, che sperava
più dalle persuasioni, che dalla forza, e gli furono aggiunti per com
pagni Galgano Borghesi e Leonardo fienv.oglienti, quali passando per
Roma conferirono col Pontefice; questi era interessato alla pace,
per effettuare la meditata impresa contro i Turchi , la di cui cre
scente potenza incominciava a spaventare non solo la Hepubblica
di Venezia, che era la prima ad esser minacciata, ma ancora la Cri
stianità tutta.
Il Pontefice adunque unì agli ambasciatori un suo inviato che
fu Giovanni Selereo, sommo Teologo reputato in quei tempi, ma
il Vescovo Piccolomini fu obbligato a restare in Roma per otto gior
ni impedito dalla podagra ; gli altri proseguirono il cammino, e pre
sentatisi at Re esposero l' oggetto della loro missione. Egli rispo-

fiamme divorata. — Ciò si riscontra in una memoria ritrovata re


centemente nelle Stanze di qwll' ['/fizio Comunitativo.
54
se con parole di sdegno querelandosi coi Sentisi . talché ebbero a
dolersi del modo incivile con cui essi furono trattati; arrivato poi
il Vescovo Piccolomini il Re cambiò contegno e fu seco lui cortese:
ma non ostante le pratiche erano portate in lungo ; giunsero an
cora Oratori fiorentini, del Duca di Milano per il medesimo oggetto,
tanto che il Re incominciò a convincersi non potersi continuare la
indecorosa guerra che sordamente alimentava senza danno proprio.
In questo tempo la demoralizzazione vieppiù guadagnava le
truppe, per cui non solo si trascuravano tutti gli usi del campo,
e si rilasciava la militar disciplina , i soldati erano divenuti tal
mente arroganti che i magistrati delle terre e delle castella delle
maremme per sicurezza propria avevano le loro giurisdizioni ab
bandonato : al che rimediò il Senato con spedire due Commissari
affinché provvedessero il campo senese di quanto abbisognava, e così
piegati
togliere assenti
ogni pretesto
di ritornare
alla militar
all' esercizio
licenzadelle
; ed loro
ordinò
attribuzioni
a tutti gl'sotto
im-

gravissime peue mancando all' ingiunzione. Un attro pericolo mi


nacciava la quiete interna della città, ove non mancavano sediziosi
a nuovità inclinati, e che mantenendo segreti rapporti col Piccini
no, la di lui parte favorissero: tutto ciò venne palese coll' arresto
di un tat .Incomo Perugino preso at castel di Mont' Orsajo ; a capo
di quella congiura vi era Ghino Bellanti, e si trattava di dare al
nemico il Castel della Rocca-Tederighi.
In quell'anno U56 il Pontefice Calisto III desideroso di frenare
la tracotanza dei Turchi, fece bandire una nuova Crociata. Iu Sie
na la predicò un Frate Domenicano, che esortava le genti a pren
dere le armi in difesa della religione cristiana, ad elargire elemosine,
a far processioni e preci onde implorare il soccorso della Divinila.
Intanto a Napoli si continuava a trattar la pace: alle altre am
bascerie si era unito ancora Benedetto de' Medici oratore fiorentino,
e finalmente poterono convenire nelle condizioni, ed il dì 4 di Giu
gno 1 456 furono sottoposte al Consiglio della Repubblica per la san
zione: ed era stato convenuto, che il Pontefice dovesse condurre ai
suoi stipendi per un anno il Conte Jacomo Piccinino, il quale ab
bandonar dovea le terre che occupava nel dominio di Siena, e per
ciò restituire il castello e ròcca d' Orbetello, ed il Castel di Colon
ica. Convenute le basi fu definitivamente stabilita la pace , nella
55
quale oltre al Piccinino, al Pontefice, al Re Alfonso di Napoli, alle
Repubbliche di Venezia, di Firenze e di Siena, ed at Duca di Mi
lano, vi fu compreso ancora il Conte Aldobrandino di Piligliano con
obbligo di restituire il castel di Montauto at Re Alfonso, onde a vo
glia sua ne disponesse. Si obbligò il Piccinino di servire in quel-
l' anno la Chiesa o di andare at servizio del Re Alfonso, quando dal
Pontefice fosse licenziato. Per le spese della guerra fu convenuto
di far pagare 20,000 fiorini alla Repubblica di Siena, ed altrettanta
somma al Pontefice, ed il Re di Napoli si fece garante per il Picci
nino dell' osservanza dei capitoli convenuti.
Non ostante tali accordi che dovevano disanimare i faziosi, pu
re non desisterono dai loro rei conati : essi scrivevano al Piccinino
che non lasciasse Orbetello fino al mese di Settembre , poiché a
quell'epoca il Gabbrielli capitan del popolo. uomo da essi temuto
per la sua vigilanza, e per I' autorità di cui godeva, dovendo uscir
di carica, sarebbero stali in caso di ajutarlo ad entrar di notte in
città : e per mantenersi favorevole Alfonso Re di Napoli spedirono
a lui uno dei congiurati un tal Antonio Casini. Queste mene, per
quanto occulte non sfuggivano alla pubblica vigilanza, ma non era
giunto il momento di punire i colpevoli.
La Signoria fece pagare i 20,000 fiorini al Piccinino, ed essen
do scorso il termine dei quaranta giorni contemplati nei capitoli della
pace, reclamò la restituzione di Orbetello; ma egli metteva in cam
po diversi pretesti per ritardarne la consegna , ma pure non poté
esimersi da evacuare il castel di Colonna onde allontanare qualun
que sospelto. Olire a Ghino Bcllanti e Mariano Borghesi , uno dei
capi della congiura era un tal Mariano Bargagli operajo del Duomo
la Signoria lo privava di quell'impiego, per prevenire con quella
misura i Congiurati stessi esser palesi le loro trame. Tornava da
Napoli Antonio Casini: allora fu creduto necessario il di lui arresto:
e tradotto nelle carceri, e sottoposto alla tortura palesò la congiura
ed i compiici che furono arrestati ; bensì ad un Pietro Bellanti rie
sci con molta astuzia di evadere dalle carceri, e riuniti molti dei
suoi familiari ed aderenti imbrandirono le armi , e portandosi alla
porta del palazzo aveano divisato di uccidere le persone in carica
e sollevar la plebe, e rendere alla liliertà i loro compagni imprigio
nati; ma trovata ovunque v;ilida resistenza si disanimarono. ed i!
50
miglior partito fu per loro una pronta fuga. Il giorno appresso esa
minati i detenuti confessarono che le loro trame erano incominciate
fin dall' anno 1347, quando il Re Alfonso mandò l' esercito nel do
minio di Siena ai danni dei Fiorentini. Avevano quindi, secondo
le circostanze , continuato a trattare col Conte di Pitigliano e col
Corteggio, sperando che il Re Alfonso potesse inppadronirsi della
città e ricompensare i loro servigi ; in una parola essi aveano fa
vorito tatti i nemici della Repubblica.
Tanta reità doveva essere rigorosamente punita i infatti la giu
stizia procedeva, e giunto il giorno in cui dovevansi pubblicamente
leggere le sentenze, presenti i prevenuti, il popolo spingendosi avanti
per meglio ascoltare la lettura , fece nascer tumulto, ed in mezzo
alla confusione i rei si diedero alla fugaj inseguiti, vollero difender
si, per cui alcuni restarono feriti, e condotti moribondi al patibolo.
Furono decapitati Antonio Casini, Pietro Tancredi e Tommaso Nic-
«olucci : molti altri ( giacché i congiurati sommavano a quaranta )
furono più per misericordia che per giustizia confinati in alcuni luo
ghi, condannandoli in pene pecuniarie. Parve che alla pubblica
vendetta bastasse il sangue versato, e coloro che si erano salvati
colla fuga furono dichiarati ribelli e nemici della patria. Così fu
sventata e ponita quella congiura che doveva costare alla Repub
blica , qualora (osse stata pienamente compita, la perdita della li
bertà e della indipendenza per opera malvagia di traviati ed am
biziosi cittadini.
Il Piccinino indugiava ancora a consegnare Orbetello ai Senesi,
e fu necessario che il Re Alfonso a lui mandasse Maiico Malferito
per disporlo a dare esecuzione ai capitoli della pace, ed allora, seb
bene di mal' in cuore, abbandonò Orbetello e la rocca verso la me
là di Settembre, mentre i Commissari della Repubblica ne prende
vano possesso. Alcune lettere intercettate spiegarono in seguito al
Senato ed al Consiglio la titubanza del Piccinino ; quell' Antonio
Petrucci che aveva servito il Guinigi a Iucca, Filippo Maria Vi
sconti a Milano ed altri Principi , spinto da una cieca ambizione,
figlia del di lui orgoglio , aveva sempre meditato di assoggettar
la patria per mezzo delle armi straniere, senza considerare che
il più forte non sarebbesi lasciato sfuggir la preda; egli meditava
valersi del Piccinino, a cui scriveva, che la morte di alcuni congiu
57
rati non doveva impedir la impresa, poiché tanti ve ne restavano
ancora da compirla con sicurtà. Intanto armava il suo castel di Po-
Tignano mettendovi forte guarnigione di soldati venuti da Perugia.
Per tutti questi fatti il Senato nel dì 23 Ottobre 1 456 lo dichiarava
ribelle e nemico della patria, colla promessa di un premio a chi lo
consegnasse in potere della giustizia; ordinava che fosser confiscati
i di lui beni , e la fortezza di Perignano dovesse essere demolita.
Tutti questi tradimenti e congiure, sebbene fortunatamente scoperte,
misero in apprensione coloro che governavano la Repubblica, e su
scitarono sospetti fra i cittadini, e quell' anno si chiudeva con una
sciagura fatale al reame di Napoli , poiché nel mese di Decembre
orribili scosse di terremoto rovinarono numerosi castelli colla morte
di tanti infelici che furono sepolti fra le rovine.
Il nuovo anno U57 non incominciava sotto favorevoli auspici
per la Repubblica di Siena, poiché nuove fila si scoprivano di quel
la malaugurata congiura, le di cui ramificazioni erano tanto estese,
che fu prodigio la salute del governo. Nuove corrispondenze passate
fra Ghino Bellanti ed il Piccinino vennero a manifestarsi, che com-
promessero nuovi soggetti : un Filippo di Meo del Ballata venne
incarcerato , ed il 22 Marzo fu trovato morto nella sua prigione ,
quando la di lui esistenza era assai necessaria al Capitan di Giusti
zia, per ottenere da lui più estese rivelazioni, per cui puossi argui
re che per una trama occulta dei di lui compiici fosse miseramente
avvelenato ; pure nuove scoperte compromisero attri, a segno che
sette furono decapitati come rei di alto tradimento verso la patria ,
molti altri furono confmati.
Èra la citta tutta agitata da sospetti di tradimenti non tutti
ancora palesi, quando moriva Alfonso Re di Napoli, e per quanto
fosse stato tanto dannoso atla Repubblica, pure maggiori mali po
tevano attendersi dal di lui successore Frrdinando, poiché aveva di
mandato al Pontefice passo per gli Stati della Chiesa per le trup
pe del Piccinino ; faceva parte di quell' armata quell' Antonio Pe-
trucci capo della scoperta congiura, ch' era stato dichiarato ribelle
e traditor della patria, per lo che erano da temersi i di lui progetti
liberticidi, che in grau parte erano svelati. Di più venne a morte
il Pontefice Calisto, che era stato onesto difensore della Repubblica
di Siena, e fu fortuna che a lui succedesse un gran cittadino se
58
nese, poiché il Cardinale Enea Silvio Piccolomini fu nominato Pon
tefice, ed assunse il titolo di Pio II; la Repubblica a lui spediva Am
basciatori per congratularsi di sì fausto avvenimento, mentre dal
di lui patriottismo sperava quei soccorsi che la madre può da un
figlio attendersi.
Era in quel tempo la città divisa in quattro partiti, siccome i
Nove, i Dodici, i Riformatori e l' Ordine del Popolo avean formate
altrettaute fazioni senza potersi giammai fra loro intendere. I No
bili erano esclusi dalle cariche principali del Governo ; tutte queste
divisioni mantenevano una interna e continua agitazione , da cui
ne derivavano le sette, le cospirazioni, i tradimenti. Ora da alcuni
si temeva che il nuovo Pontefice appartenendo all' Ordine dei No
bili potesse tentare la riabilitazione del suo ceto ai dritti che le
passate rivoluzioni gli avevano tolto. Ma prima di progredire nella
storia ci piace di trascrivere quanto il Sismondi ci narra intorno a
Pio II. a ivi » Era questo uno dei più dotti, dei più penetranti, dei
« più atiivi uomini del suo secolo; aveva incominciato a rendersi
a celebre nel Concilio di Basilea , ove si distinse fra gli oppositori
o della Corte di Roma; l'Antipapa Felice V. lo creò Segretario, e
« lo spedì per trattare le cose sue presso Federigo III. questi lo
a annoverò pure fra i suoi Segretari, ed in appresso fra i Consul-
< tori dell' impero. L' Imperatore lo incaricò di una importante
« commissione presso Eugenio IV, ed in tal circostanza Enea Sil-
« vio si riconciliò colla Corte di Roma, e venne ammesso nel nu-
t mero dei Segretari d' Eugenio, prima di avere abdicato lo stesso
« impiego presso Felice V. Impiegato alternativamente nelle nego-
« ziazioui del Concilio, dell' Imperatore e del Papa corse più volte
« l' Europa, e si fece vantaggiosamente conoscere per la sua elo-
« quenza, la sua erudiziene, la sua destrezza nel trattare gli affari;
o Eugenio IV lo avea falto Vescovo di Trieste, Niccolò V gli diede
e il Vescovado di Siena , e Calisto III il cappello Cardinalizio. »
ll nuovo Pontefice in mezzo ancora alle gravi cure di Slato non
dimenticava la patria sua, mentre con lettere e con brevi ammo
iliva i suoi concittadini sul danno delle divisioni, e sull' ingiustizia
di escludere i Nobili dalle cariche principali della Repubblica, e ciò
non ostante vi volle assai perché fosse usata distinzione a quelli
della Famiglia Piccolomini, che essendo numerosissimi furono divisi
59
rd ascritti ai diversi Ordini o Monti, e fin anche in quello del Po
polo, ma fu negata costantemente, e con una pertinacia uon comu
ne una misura generale che riabilitasse atla partecipazione di quei
dritti tutto F Ordine dei Gentiluomini. Lo stesso Niccodemo Oratore
in Siena per il Duca di Milano esortava i Senesi a condiscendere
ai desideri espressi dal Pontefice, dimostrando esser quello il rime
dio salutare ai mali della Repubblica, mentre a quelle fatali divi
sioni dovevansi attribuire le sciagure da cui era stata colpita , e
che avevano di gran lunga minorata la di lei importanza politica;
ma a tutte queste oneste insinuazioni fu risposto che piuttosto
che dividere il potere coi Nobili , avrebbero veduta con indiffe
renza la rovina della patria e dei loro stessi figli. Tanta pertinacia
disgustò il Pontefice, il quale dovendo recarsi al Concilio di Mantova.
ove dalle Potenze cristiane dovevasi stabilire la guerra contro i Tur
chi, negò di passare per Siena, e prese la via di Perugia perrecar-
si a Firenze, ove si stava preparando uno splendido ricevimento.
L' emulazione, facile a risvegliarsi nei Senesi, operò quanto la
ragione, le preghiere del Pontefice e del Duca di Milano non avea-
no ottenuto ; fu allora che si piccarono di generosità, e seguì una
trasformazione subitanea nella opinione pubbliciì. poiché colla Dichia
razione del 22 di Gennajo 1459 fu ordinato » che i Nobili nati ed
« allevati
litati al nella
reggimento
città didella
SienaRepubblica
e vi havesson
eccettuandone
habitazione due
fusson
. ò abi-
più

« case nel modo che dal Consiglio del popolo fu-sc ordinato. Finito
a che fusse il bossolo della Signoria, che ve n' era ancora per qual-
« che anno , avendo fatta una deliberazione che nessuno di qual-
u sivoglia grado avesse ardire a penn della confiscazione dei beni
« di ragionare, tratttare , o scrivere che la trinità di quel Reggi-
« mento si dovesse alterare. (1)
Con questa deliberazione il Magistrato spediva al Pontefice Lo-
renzo di Ghino di Bartolommeo , Maestro Rartolo di Tura Bandini
ed J acomo Guidini in qualità di ambasciatori, onde esortarlo a vi
sitar la patria sua, e non a prendere a sdegno la inreverenza usa
tali ; essi lo trovarono a Perugia , e per quanto conoscesse la nul-

(1) Malavolti libro quarto della tersa Parte.


60
lità della deliberazione che gli veniva presentata acccettò l' offerta
a condizione di poter liberamente trattare col Senato. Infatti egli
si diresse alla volta di Siena ove giunse il U Febhrajo; il di lui
ingresso fu solenne, e finalmente per condiscendere ai desideri del
Pontefice fu presa dal Senato la seguente deliberazione :
« Che per far cosa grata a Sua Santità i Gentiluomini sieno
« fraternamente ricevuti ed aggregati al reggimento, e stato popo-
« lare , e a tutti gli uffici ed honori pubblici s' intendano essere
it habilitati come gli altri cittadini , a condizione , che al presente
« pacifico reggimento popolare non si muti né si aggiunga nome
« alcuno, dovendosi chiamare Reggimento, Consiglio, e Capitan di
« Popolo ; e se alcun Gentiluomo domandasse restituzione o restau-
« razione di terre , di fortezze , di rocche , o di altra cosa , che a
« lui, o ai suoi passsati dal reggimento fosse stata tolta, occupata,
« o incamerata, s' intenda decaduto dalla grazia ; che iu Consiglio
« del Popolo in numero di 250 almeno, si mettano a scontrino tutti
« i Nobili , e 33 che Daranno le più voci , s' intendano essere del
« medesimo Consiglio del Popolo e questo non s' intenda per quelli
« dieci de Piccolomiui già ammessi al Consiglio, i quali vi stleno
a com' é ordinato, e gli altri de Piccolomini debbano andare a scou
li trino come tutti gli altri Nobili ec. oc. »
Tale fu la deliberazione colla quale furono i nobili riammessi
alle cariche superiori della Repubblica, dalle quali erano stati per
tanto tempo esclusi della gelosia del popolo ; abbiamo nel trascri
verla, togliendola dal Malavolti, tralasciate alcune formule, che so-
noci sembrate superflue al merito intrinseco della questione.
La Signoria accompagnata dai Senatori presentò questo decreto
al Sommo Pontefice , e per quanto non sodisfacesse iu tutto ai di
lui desideri mostrossene contento , ed in ricompensa dell' operato
concedeva atla Repubblica in fendo il castcl di Radicofaui coll' one
re di pagare in perpetuo un annuo censo ; inoltre egli trasformò
il Vescovado di Siena in Arcivescovado, sottoponendoli i Vescovadi
di Grosseto, di Massa, di Sovana e di Chiusi. Per questi avveni
menti si fecero fuochi di gioja in città , si suonarono le campane ,
né fu tralasciata veruna di quelle dimostrazioni che servono tal
volta solianto a nascondere il vero stato della pubblica opinione ,
perché sono piuttosto comandate che spontanee.
61
Partito da Siena Pio IMI U d'Aprile, fu a Firenze ove ven
ne onorato con magnifiche feste, sebbene più addicevoli ad un con
quistatore che al Capo della Chiesa Cattolica ; egli giunse in Man-
tova il 17 di Maggio, ove' aprì il Concilio, al quale concorsero, oltre
a molti Vescovi e Prelati e Sovrani d' Italia, molti Ambasciatori di
Principi oltramontani, per trattare I' impresa contro i Turchi, che
fu difatti decisa, sebbene le promesse e le offerte ricevute non cor
rispondessero in tutto alle concepite speranze.
Terminato il Concilio circa la fine del mese di Genuajo 1459
il Pontefice fu di ritorno in Siena, nella qual circostanza investiva
dell' Arcivescovado, vacante per la morte del Vescovo Antonio Pic-
colomini, Francesco figlio di Laudomia sua sorella, maritata a Nan-
ni del Tedeschino di Sarteano , che era stato ammesso in un coi
fratelli nell'Ordine Popolare come appartenente, sebben da parte
di donna, alla Famiglia Piccolomini, onde si può dire di Pio II che
amò la patria, ma che predilesse ancora la sua parentela. — Inter
romper conviene i racconti di Siena , e per l' ordine degli avveni
menti ci occorre condurre il lettore in un altro campo.
Come abbiamo detto Ferdinando figlio naturale di Alfonso era
succeduto nel trono di Napoli , e per quanto questa elezione fosse
stata legittimata dalla nazione e dalle bolle di alcuni Pontefici pu
re trovò una forte opposizione vivente Calisto III: le differenze per
quest' oggetto insorte rianimarono il partito Angioino. Pio II non
partecipò alla politica del suo antecessore , e tutto occupato della
Crociata contro i Turchi si accostò a Francesco Sforza Duca di Mi
lano, che gli promise i suoi soccorsi a condizione che riconoscesse
Ferdinando Re di Napoli. Infatti si fece un trattato col quale si fis
sò il tributo che i Re dovevano a S. Pietro. e furono resi alla Chie
sa Renevento, Pontecorvo e Terracina.
I Baroni napoletani scontenti di Ferdinaudo affrirono la corona
a Giovanni figlio di Renato d' Angiò, che allora governava Genova.
Egli aveva accettato unicamente quel Governo per mettersi in caso
di far rivivere le sue protese sopra il Regno delle due Sicilie; co
me era naturale lo trovarono dispostissimo ad accettare le loro of
ferte; egli tentò da prima di richiamare al suo partito il Duca di
Milano figlio di quello Sforza Attendolo, che era morto sul campo
di battaglia combattendo per la casa d' Angiò, ma lo Sforza agiva
62
con doppiezza, mentre aveva accolto nei suoi Stati Pietro Fregoso
che stanco del giogo dei Francesi , che lui stesso aveva chiamati .
era fuggito da Genova. Divenuto nemico dei Francesi si accostò a
l'ordinando che lo sovvenne di mezzi, per discacciarli di colà ; ed
infatti nel Febbrajo 1459 con un'armata che avea potuto riunire
invase lo Stato; ma accadde che Fiesco compagno del Fregoso fu
ucciso da un colpo di catombrina sotto le mura della citta ; la di
lui morte avvili il partito, ed il Fregoso fu costretto a ritornare in
Lombardia.
Il Duca Giovanni tosto che ebbe allontanato il suo nemico di
chiarò ai Genovesi che egli abbandonava la loro città per andare
alla conquista dell'erudità dei suoi maggiori; ottonnc da essi die
ci galere e tre grandi vascelli da trasporto, il pagamento degli
equipaggi per tre mesi, ed un sussidio di 60,000 fiorini. Il Re Re
nato aveva fatto armare a Marsilia una flotta di dodici galere, che
mandò a raggiungere quelle di suo figlio a Genova, ed insieme fece
ro vela per Livorno. Allora il Fregoso volle tentare nuovamente la
sorte delle armi , e deliberò di dare la scalata alle mura , ma trovata
aperta la porta della Vaccheria vi s' introdusse con pochi cavalieri,
quando essendo stata chiusa la porta stessa dopo il di lui passsaggio,
trovossi separato dalla sua armata : allora tentò invano di salvarsi,
e moriva sotto i colpi dei suoi nemici. Dopo qucsta segnalata
vittoria il Duca Giovanni, che a quelle notizie era frettolosamente
tornato in Genova , ne parti di nuovo , toccò l'orto Pisano e rag
giunse le sue galere, e nell'Ottobre 1i."'9 si trovò sulle coste dei
Regno di Napoli. l'io II. vedeva in quetla guerra il sovvertimento
della sua Crociata, che era stata il sogno della sua vita, od essendo
stretUimeute unito alla Casa d' Aragona consacrò alla sua difesa
una parte di quei tesori che avea con tanta cura raccolti per la
guerra contro i Turchi. Ciò non ostante la sorda agitazione del lle-
guo si crmvrrii in aperta ribellione ; alla venuta dei Francesi molti
Baroni e diverse città si dichiararono per il Duca d' Angiò. Al
lora Ferdinaudo ricorse ai Veneziani ed ai Fiorentini per ottenere
i loro soccorsi : ma essi videro nella guerra che il suo autore Al
fonso aveva fatto ai Senesi col mezzo del Piccinino una deroga ai
trattati esistenti , e si dichiararono per il Duca Giovanni; le ri
mostranze fatte da Pio II e dal Duca Sforza in favore di Perdi
63
nando , e contro l' orgoglio e la prepotenza francese operarono in
modo che Cosimo dei Medici riesci a far revocare alla Repubblica
il decreto dei sussidj accordati al Duca Giovanni, e Firenze e Ve
nezia si dichiararono nentrali. Intanto il Duca era sbarcato felice
mente sulle coste del regno di Napoli; appena egli mosn.ossi nella
Campania, che la maggior parte di quei fendatari si dichiararono
per la Casa d' Angiò, e di successo in successo il Duca si avanzò
sulla strada di Tarante : finalmente gli eserciti dei due rivali ven
nero a battaglia. Gli Aragonesi furono inferamente rotti a Sarno:
l' esercito di Ferdinando distraito: alcuni si satvarono colla foga, e
fra questi lo stesso Ferdinando. Fra i morti fu rinvenuto Simonet-
ta da Campo San Pietro generale della Chiesa. Dopo questa segna
lata vittoria, se il Duca Giovanni si fosse portato sopra Napoli, la
guerra non sarebbesi prolungata, ma la di lui inazione diede tem
po ai nemici di riaversi ; nuovi sussidj giunsero a Ferdinando dat
Duca di Milano, e la campagna si terminò senza che la sorte fosse
decisa. L' inverno passò senza fatti : bensì Ferdiuando ebbe campo
di ristorare la di lui armata onde prepararsi agli eventi che si di
sponevano ; il Duca Sforza lo sussidiò costantemente di tutti i mez
zi di cui poteva disporre. La Repubblica di Siena non intervenne
in quella guerra, ma ad insinuazione del Pontefice, che del conti
nuato soggiorno di Siena si compiaceva, i Senesi per star pronti a
qualunque evento aveano messi in ordine 500 cavalli e 500 fanti.
Il Pontefice in quel tempo creò cinque Cardinali, fra i quali
Francesco suo nipote ( nato dalla di lui sorella e fatto Vescovo di
Siena, che poi fu assunto al pontificato sotto il titolo di Pio III ) e
Niccolò Forteguerri di Pistoja ; e siccome tutti quelli che non erano
della città furono fatti cittadini senesi insieme ai padri loro, fratelli
e discendenti, di questa cittadinanza si valsero i Forteguerri, poiché
vennero quivi a stabilirsi (4460). Il Pontefice assalito dalla podra-
ga volle tentare come rimedio i bagni di Macereto, e quindi gli al
tri di Petriolo ; ritornato alla patria gli piacque di abitare il Con
vento di S. Francesco: fu allora che per mezzo di un aggiunta alle
mura, quel Convento si trovò collocato entro il recinto della cittk
Egli profittava di quel tempo per conciliare, sebbene inutilmente.
le discordie cittadine, e avrebbe desiderato che l' Ordine dei Dodici
fosse riammesso, come gli altri Ordini, a tutti i dritti della patria :
64
ina gli convetiiii; desistere da qualunque pratica, mentre invece di
calmare si aumentavano le interne agitazioni. Egli stava sovente a
diporto presso una fonte che esisteva in quel grandioso Convento, e
quivi si dilettava riconcentrando i suoi pensieri. Èra in Siena quan
do gli giunse la notizia della rotta toccMa a Ferdiuando d'Aragona
a Sarno ; fu l' animo suo ancora angustiato dalla novella che a Ro
ma alcuni spiriti sediziosi, alla testa dei quali vi si trovava un tal
Tiburzio con certo Valeriano di lui fratello, avevano tentato di sol
levar la città col fine di liberarla dal dominio dei Pontefici. I con
giurati avevano segrete intelligenze col Piccinino, che già era en
trato coll' esercito nel dominio della Chiesa. Questa circostanza con
tribuì a sollecitare la di lui partenza ; infatti il 7 d' Ottobre egli si
trovò in Roma, ed operò che il Senatore Alessandro Piccolomini alla
testa delle truppe pontificie facesse prigioniero il Tiburzio con altri
dei principali congiurati che furono appiccati.
Pio ll era nato per casualità a Corsignano, piccola terra pres
so S. Quirico ; egli volle distinguere questo suo luogo nativo dan
doli il suo nome, e lo chiamò Pienza ; di più lo inalzò in Vescovado
riunendolo a quello di Montalcino ; ambedue queste terre furono
denominate città , ed il primo Vescovo di quella Diocesi fu Gio
vanni Cinughi : egli avrebbe voluto rivestire della porpora car
dinalizia alcuni suoi Concittadini senesi, ma lo spirito di fazione
prevaleva tanto in Siena, che ogni branca dell' umana dottrina era
in quell'epoca sacrificata, le lettere erano trascurate, li studi ne
gletti, il sapere riguardato come cosa superflua, talché, non é poco
a dirsi , egli non trovò soggetto meritevole di una tal distinzione.
Sempre propenso alla grandezza della sua famiglia combinò il
matrimonio di suo nipote Antonio con Maria figlia naturale del Re
Ferdiuando, riportandone in dote il Ducato di Melfi ; lo stesso An
tonio ottenne in seguito dal Re il contado di Celano, e l' arme della
Casa d' Aragona, rimanendo Marciano ad .Incomo , e Castiglion delia
Pescaja e l' Isola del Giglio ad Andrea di lui fratello, ambedue ni
poti del Papa.
L' ammissione dei Nobili alle cariche principali della Repubbli
ca, aveva risvegliato la gelosia del popolo a segno, che essi erano
maggiormente odiati, mentre si attribuiva al Pontefice il progclto
di anuuUarc il Reggimento Popolare : e siccome egli avea divisato
fermarsi nna parte dell'estate all'Abbadia S. Salvadorc, e
tornare in Siena; essendo per quest'oggetto in viaggio fu incontrato
in Acquapendente da .lacomci l'iccolomiui e Bartolommeo Salvimi
oratori dei Nobili senesi , quali lo pregarono a non voler promuo
vere né in Senato, né in Consiglio altre misure per avvantaggiare
i loro dritti civili, poiché non avrebbe fatto che peggiorare la con
dizione dei Nobili di fronte at Popolo, e rendersi egli stesso odioso
ai Cittadini. Al che il Pontefice rispose non essere per dimandare
alcuna innovazione a quanto era stabitito, per la che sperava che
i Senesi egualmente non fossero per domandare a lui cosa alcuna;
e quì pure ci sia permesso di osservare che le spirito di fazione é
stato sempre il verme di Siena ,_ poiché a rimirare i palagi ed i
monumenti ancora insistenti, e che portano l' arme*PÌ€colomtuea, bi
sogna convenire che Pio II fu magnificente nelle fabbriche da esso
ordinate, come fu penereso coi suoi doni ; dopo tali considerazioni
salta alla mente I' idea di quanto avrebbe in favore di Siena ope
rato, qualora i di lui cousigli non fossero stati dai cittadini disprez
zati. N'ou ostante questi precedenti fu portata in Consiglio la pro
posta di far partecipare ai Nobili il dritto di essere rappresentati
per la quarta parte in tutti i Magistrati ; la discussione servì solo
a provare l'odio scambievole delle parti, ed il 27 di Giugno U62
fu deliberato che non si potesse in alenu modo concedere ai Gen
tiluomini più di quello che gli era stilto accordato, sotto pena di
ribellione a chiunque avesse proposto il contrario: e fu ordinato che
la copia di quella deliberazione fosse spedita al Papa. Egli la rice
veva appena giunto al confine che separava lo Stato della Chiesa
da quello della Repubblica, e di certo a quella lettura l' animo suo
deve aver provato un sentimento di dispetto: pure seppe dissimu
lare, e recossi, conforme aveva divisato, all'Abbaili» S. Salvadorc,
e colà riceveva gli Oratori senesi, clic furono Guido Piccolomini, Ago-
filino Borghesi, Francesco Aringhicri e Leonardo Benvoglienti, quali
in nome pubblico lo invitarono a recarsi alla patria, scusando in
qualche modo il procedere del Consiglio, e di coloro che tenevano
il Governo della Repubblica, e dissero essere nella natura doi Go
verni pòpolari la franchezza del dire e dell' operare, per cui spera
vano che il Decreto rimessogli non avesse a minorare quell'affetto
che verso la patria aveva dimostrato. La risposta fu qual doveva
66
essere altera, poiché disse, che circondato com' era da tanti Cnrdi-
nali, da Oratori di tanti potenti Principi e Governi non erasi av
veduto della tardanza degli Oratori senesi, che era bensì sensibile
nel riscontrare in un popolo la pertinacia nei vizi antichi tanto pre-
giudicevoli alla grandezza della Repubblica; Anderemo n Pienza, dis
se in fine agli Oratori ; infatti di l1 a poco manifestatasi la peste
all' Abbadia. egli e la sua gente sloggiarono per andare colà . ove
Pio II consacrò la Cattedrale, ed abitò il palazzo che aveva fatto
espressamente fabbricare. Quindi sollecitato dai medici andò a pren
dere i bagni a Petriolo, e nel mese di Decembre 1462 tornossene
a Roma, nuovamente passando per Pienza.
In questo tempo il partito Angioino aveva in Italia perduto
terreno ; una rivoluzione accaduta in Genova aveva finito per di
scacciarne i Francesi, ed una sanguinosissima battaglia guadagnata
dai Genovesi con gli aiuti somministratili dal Duca Sforza aveva co
stretto Renato a tornarsene a Marsilia coi deboli avanzi di un armata
vinta. >cl regno di Napoli dopo una lunga campagna combattuta
in Puglia, Ferdinaudo, mediante i soccorsi ricevuti, aveva vinto pres
so alla città di Troja in una battaglia campale l' esercito di Gio
vanni d' Angiò : il Piccinino aveva finito per accordarsi collo stesso
Ferdiuando, ed aveva sposato Drusianu figlia del Duca di Milano;
a Pio II, avendo liberata la Romagna, e la Marca dai tiranni che
le opprimevano, e forzato il ribelle Sigismondo Malatesta a rendersi
a discrezione, tornò l' idea della Crociata contro i Turchi, che tan
te vicissitudini contrarie gli avean fatto sospendere. F.gli interessò
in quell' impresa Filippo Duca di Borgogna, Mattio Corvino Re d' Un
gheria , Cristofano Mauro Doge della Repubblica di Venezia. ed il
Duca di Milano che offriva di mandarvi Lodovico suo figlio.
I Fiorentini che facevano il loro commercio nel levante , col-
l' idea di non pregiudicare ai loro mercanti che abitavano a Costan-
tinopoli si ricusarono di somministrare i loro sussidi ; i Senesi offriro
no a stento G000 fiorini: altri Principi italiani ancora si mostrarono
freddi, pure il 22 di Novembre tir. .i il Papa adunato il Concistoro
fece leggere da Gregorio Lodi suo Segretario la Bolla, colla quale di
chiarava la Crociata che egli stesso avrebbe condotta in difesa del
la Cristianità contro il Turco ; dopo di che, sempre affezionato alla
patria sua non ostante gli oltraggi ricevuti, desideroso di rivederla
67
prima d'imbarcarsi per il Levante si parti da Roma alla volta di
Siena. Furono a riceverlo a Centeno gli Oratori della Repubblica,
ed il à\ H Febbrajo 146ifece il suo solenne ingresse io città; du
rante la di lui dimora egli volle render vieppiù valido col suo pon
tificate consenso un atto con cui Cosimo di Giovanni Malavolti sot
tometteva. e dava in raccomandigia alla Repubblica di Siena il Ca-
stel di Gavorrano , e quindi essendosi recato ai Bagni di Petriolo
con un Breve dichiarò che il castel di Camporselvoli , che prece
dentemente aveva dato in Vicariato perpetuo ad Jacomo e suoi
nipoti, finita che fosse la linea loro restasse al Comune di Siena ;
concesse ancora alla Repubblica il Vicariato di Fighiue, siccome essa
lo aveva posseduto senza legittimo drilto fin da quando lo liberò da
una compagnia di predatori. La Repubblica poi per mezzo del suo
Procuratore giurò di mantener fedeltà alla Chiesa, e di pagare i
censi e tributi convenuti; e siccome egli disponevasi a partire alla
volta d' Ancona, ove sì adunava l' armata cristiana che doveva im
barcarsi per l' impresa contro il Turco , cosi avanti di separarsi
dalla patria volle darle un nuovo attestato del suo affetto donan
do alla Cattedrale il Braccio destro di S. Giovan Battista, che erasi
conservato per tanto tempo in Costantinopoli. e che all' epoca del-
l' ingresso dei Turchi in quella capitale era stato con religiosa pietà
posto in salvo dalla devastazione che i Maomettani fecero nei sacri
•Tempj (1). Per sodisfare poi alla dimanda del Consiglio egli confer
mò la lega ed amicizia che da tanto tempo univa la città di Ca
stro colla Repubblica senese, ed accomia tandosi dai parenti e concit
tadini partissimo alla volta di Roma da dove andò in Ancona a sol
lecitare la spedizione; ma quivi Io attendevano altri travagli, mentre
non avendovi trovata né l' armata veneziana , né Filippo Duca di
Borgogna, né il Re d' Ungheria secondo le fatte promesse, tanto se
ne accuorò, che cadde malato; pure il 12 Agosto U64 vi giunse

(1) Pio II fece alla Cattedrale di Siena altri preziosi doni, che
per brevità storica tralasciamo di notare. — II Braccio dì S. Gio
vanni viene annualmente con certe cerimonie esposto alla pubblica
venerazione nella Cattedrale la seconda festa della Pentecoste.
6*
rnir armata Mauro Doge di Venezia . ina il Pontefice dopo pochi
giorni cessò di vivere in mezzo al compianto di tutta la cristianità.
Intorno ai pregi di questo gran Pontefice abbiamo detto abba
stanza riportando il giudizio che ue fa il Sismondi, storico che non
ha ragioni per esagerare nel bene parlando di Pontefici della Chiesa
Cattolica. ora diremo che egli fu gran cittadino inculcando sempre
la pace e la concardia civile , poiché aveva pur troppo conosciuto
che il veleno dissolvente l' energia della Repubblica consisteva nello
spirito di fazione, e nelle divisioni che la tormentavano. Egli tentò
In conciliazione dei partiti per ricondurre alla quiete interna i cit
tadini e salvare la patria da una decadenza inevitabile ; questo
pensiero eccellente dimostra che ai pregi della mente, univa gli al
tri del cuore; ma il male era troppo inveterato: gli odj, le gelosie
di casta avcano negli animi un impero che opprimeva ogni senti
mento generoso: non deve sorprendere adunque se i di lui sforzi
furono impotenti a modificare i mali che solo col tempo, e non colle
insinuazioni della prudenza potevansi guarire. Egli fu ancora di
stinto IH irrito. e le sue opere attestano del gusto squisito, e della
profondiì cognizione che egli ebbe della bella latinità (1). Appena
morto Pupa Pio si alterarono tutte le concessioni che i Nobili per
suo mezzo avevano ottenuto, e fu riservato soltanto ai Piccolomini,
non come Nobili . ma come Popolari , il dritto di essere eletti alle
cariche principali, distribuendone alcuni nell'Ordine dei Nove, ed.
altri in quelli del Popolo, e dei Riformatori. A Pio II successe Pie
tro Barbo Cardinal di S. Mauro che era stato Vescovo di Siena sotto
il pontificato d" Eugenio. egli assunse il titolo di Paolo II. La Repub
blica spediva per ambasciatori un Cerretani , un Petroni , un Ar-
ringhieri, un Luti a prestar la solita obbedienza, accompaguaudola

(I) f.'na statua di Pio II si vede nella Cattedrale di Siena fra


la serie dei Pontefici senesi, che adorna quel tempio . nella Libreria
corale si vedono dipinti dal Pinturicchio sui cartoni di Raffaello i
principali fatti della vita di questo gran Pontefice : nel secolo XIX i
Senesi per mezzo di volontarie oblazioni gli dedicarono altra statua
che fu posta in una Cappella della Chiesa cK S. Agottino, opera dello
scalpello di Giovanni Dupli:.
con In presentazione di vari iIoni consistenti in alquanti vnsi <i ar
gento con ornati d' oro, pregevoli ancora per la squisitezza del la
voro: ma quei doni non furono dal nuovo Pontefice accettati, per
cui da Roma tornarono a Siena ; un tal procedere non fu lusin
ghiero pei Senesi, poiché il rinfito del dono colpisce di disprezzo il
donatore. Èra passato da Siena Don Federigo Principe di Tarante
figlio del Re Ferdiuando. che scortato da 600 cavalli andava a Mi
lano a prendere Ippolita figlia di quel Duca promessa sposa ad Al
fonso Duca di Calabria suo fratello per condurla a Napoli. In quel
tempo il Re l'ordinando mancando alla fede si vendicava di quei
sudditi suoi , cui aveva perdonate le passate ribellioni , e ne ti.n
inol ti morire, altri perseguitare. Egli aveva chiamato pure da Mi
lano il Piccinino prendendolo al suo soldo per un anno. Con questi
precedenti il Duca di Taranto reduce da Milano ritornava in Sieiu
in compagnia d' Ippolita ; quivi riceveva dallo Sforza l' ordine di
arrestare il suo camino tino a nuovo avviso; nessuno sapeva inter-
petrare la causa di tale ingiunzione ; non si tardò a conoscere che
(•ordinando dopo aver negoziato più giorni col Piccinino intorno al
le imprese che Ungeva avere in animo, lo faceva arrestare insie
me a Francesco suo figlio , e crudelmente morire. Il Duca Sforza
non era straniero a questa orribile trama, e sentendosi prossimo
alla fine dei giorni suoi temeva che il Piccinino potesse impadro
nirsi dell' eredità sua , come egli aveva usurpata quella di Filippo
Visconti, e Ferdinando olire a macchiarsi di tanti altri delitti , coi
quati incrudelì, prestò mano a così perfida e vergognosa trama.
Il Piccinino prima del suo arresto aveva divisato di andare n
Sulmona presso Drusiana sua moglie, ma essa non lo rivide: il
Duca di Milano finse sdegno contro Ferdinando por lu morto vio
lenta del Piccinino, ma ben tosto ne seguì la riconciliazione ; frivole
apparenze sono queste dei potenti con che intendono iugauuare la
storia che svela i delitti loro; appena consumati questi tenebrosi fatli
ordinò a sua figlia, ed a Galeazze e Pandolfo suoi figli, che accom
pagnando la sposa avevano dimorato per ben due mesi in Siena a
spese della Repubblica , di proseguire il viaggio per Napoli, ove si
effettuarono li sponsali. Di li a poco Francesco Sforza Duca di Mi
lano pagava il trilmto alla natura nell' età di anni 65. Egli fu gran
capitano, astuto ed audace tanto. che dispregiando i prudenti con
70
sigli di Ciosimo de' Medici , a lui rispondeva che non amava farsi
mercante. Il Piccinino quanto lui valoroso e prode non poté giam
mai inalzarsi dal rango di venturiere ; la sua tragica tine coronò
la serie delle agitazioui e dei travagli, fra i quali era continuame».-
te vissuto.
Galeazza Sforza che militava in Francia in favore di Luigi XI,
sentita la morte del padre lasciò V esercito sotto la condotta del
Pallavicino : viaggiò sconosciuto : corse pericolo di essere arrestato
in Piemonte, ma giunse in Milano, ove sua madre Bianca Visconti
aveva tutto disposto per farlo riconoscer Duca; infatti fu ricevuto
come legittimo successore di suo padre.
Era morto a Firenze Cosimo de' Medici, che fu denominato pa
dre d.ella patria ; quella famiglia voleva fin d' allora arrogarsi il po
tere, ma Pietro suo figlio non aveva né i talenti ué l' influenza del
padre
mo , piegandosi
, per cui gli
allauomini
superiorità
di Stato
del che
suo avevano
ingegno , non
deferito
intendevano
da Cosi-

che in uno Stato libero ove tutti i cittadini erano eguali divenisse
il potere ereditario ; questa divergenza aumentò dopo la morte di
Francesco Sforza , e preparava nuove agitazioni a quella potente
Repubblica. Luca Pitti colla sua ricchezza, Diotisalvi Neroni repu
tato pei suoi talenti, Niccolò Sederini l' amico delle libertà, Angelo
Acciajoli animato da un antico rancore furono acerrimi avversarii
della Famiglia Medicea : non ostante essa colle cospicue cumulate
ricchezze, e con una politica astuta, seppe trionfare dei suoi nemici,
ed a traverso di tante vicende raggiunse il di lei scopo, mentre i
Fiorentini non seppero conservare intemerata quella libertà che ave
vano in attri tempi con tanta costanza difesa. Firenze vide in mez
zo al trambusto delle fazioni colpiti dalle proscrizioni i suoi più ri
spettabili
fortificava cittadini
sulle sciagure
, ed intanto
della patria.
l' ambizione dei Medici vieppiù si .
CAPITOLO QUATTORDICESIMO

SOMMARIO

Sotpetti dei Senesi — Duca di Calabria in Siena — Pare. —


Sarteano cospira — Lodo di Paolo II. — // Conte Niccolo dn Piti-
gliano si ribella al padre — Morte del Re Alfonso — di Piero dei
Medici a cui succede Lorenzo — Rivoluzione di VoUerra — Morte
di Paolo II. — Gli succede Sisto IV. — Lega fra il Duca di Mila
no, i Veneziani e i Fiorentini — A fronte dell' altra conclnsu fra il
Re di Napoli, il Pontefice e la Repubblica di Siena — Conte Carlo
poli
da .Ventare
a svernare
contro
nelle
la maremme
Repubblica—di Congiura
Siena — dei
Esercito
Pazzidel
contro
Re dii Na-
Me

dici — Cardinal di S. Giorgio in Siena — Nuova guerra — Geno


va si ribella allo Sforza per opera del Re Ferdinand» di Napoli —
Peste del 1478. — II Duca di Calabria batte i Fiorentini a Poggio
Imperiale — Tregua — / Duchi di Calabria e di l'rbino in Siena
— Pace conclusa a Napoli — Macchinazioni del Duca di Calabria
coi Noveschi — / Riformatori sono esclusi dal Governo — II Duca
di Calabria torna in Siena — Monte degli Aggregati — II Duca di
Calabria é richiamato a Napoli — Morte di Maometto II. — Tur
bamenti rivoluzionari in Siena — Abolizione del Monte degli Aggre
gati — Le armi di Napoli sono dal popolo atterrate — / Riforma
tori ed i Dodici tornano al potere — Sevizie contro quelli dell' Or
dine dei Nove — L' Ordine dei Nobili é riammesso a far parte del
Governo — II Duca di Calabria é battuto a Velletri dalle truppe del
Papa — Moti anarchici in Siena — Lega in favore del Duca di Fer
rara — Riunione rivoluzionaria nella Chiesa di S. Domenico — Si
forma nuova Salia — Nuove commozioni popolari — / Fuorusciti oc
cupano Monteriggioni — Trame ordite contro la Repubblica — Malfetta
Legato del Papa in Siena — / Fuorusciti abbandonano Monteriggioni —
/ Nove sono privati in perpetuo dal dritto di governare — // Senato
abolisce tutti i Monti — Nuove turbolenze — / Noveschi che erano
detenuti vengono gettati dal popolo dalle finestre del Palazzo del Po
testà — Placido Placidi, Leonardo Gucci , Antonio Bellanti vengono
decapitati nelle Rocche ov' erano detenuti — Isolamento del Governo
72
— / Fiorentini mandano truppe a sostenerlo — Settanta individui
del Monte dei Nove sono banditi dalla città — Dieta di Cremona —
Ulorte del Marchese Federigo di Mantova — Si fa la pace — sdegno di
Sisto IV. — Swa morte — Innocenza ViII gli succede — / Fuoru
sciti senesi sono sostenuti dal Re di Napoli — Sono respinti a S. Qui-
rico — Congiura scoperta — Guerra fra il Re di Aapo/t ed il Pa
pa — Ambizione di Lorenzo rie' Medici — Xuov» alterazioni in Sie
na — / Bigi — / Fuorusciti per tradimento entrano di notte in
Siena — Sono respinti — Quindici popolari sono aggiunti alla Babu
— Lorenzo Venturoni é decapitato — Riunione dei Fuorusciti in Ro
ma ad oggetto di salvare la patria dalf anarchia — Assoluzione dei
Fuorusciti — Molti non ne profittano — II Severini fuoruscito coi
suoi seguaci a Staggia — Muovono per vie non praticate verso Sie
na — Danno la scalala alle mura con successo — Cristofano di Gui-
doccio é trucidato da Camillo l'enturini — Alcuni popolari si riu
niscono in Camporeggio per respingere i Fuorusciti — Abbandonano
I' impresa — Matico l'annilini si chiude nella torre per difendersi —
Cede — È decapitato — L' Ordine dei Nove riassume il potere.

J. Senesi temendo a ragione nuovi turbamenti per le fazioni


cbe agitavano la Repubblica di Firenze , e vedendo ridarsi in To
scana taute armi , per sicurtà loro saldarono molte compagnie di
fanti e di cavalli : crebbero i loro sospetti alla notizia che il Re di
Napoli mandava Alfonso suo figlio Duca di Calabria in ajuto dei
Fiorentini. Infatti dopo insignificanti fazioni combattute senza dan
no delle parti sui confini di Toscana presso Castracaro , sorpreso
dall' inverno il Duca di Calabria ( 1467) venne amichevolmente in
Siena, e la di lui dimora in questa città gettò quei semi di discor
dia che produssero frutii centraci alla quiete dell» Toscana e lun
ghe sciagure alla città di Siena ; pure essendosi per alloca raffred
dato l' umor guerriero , fu possibile colla mediazione del Pontefice
di concludere una pace generale fra i diversi potentati d' Italia,
nella quale venne compresa ancora la Repubblica di Siena, che col
mezzo di Niccolò Severini suo ambasciatore a Roma facevala rati
ficare nel mese di Maggio 1 468, e fu allora che Paolo II fece inten
dere alla Signoria che in Sarteano si trattava di far ribellare quella
terra al dominio di Siena per darla alla Chiesa. La Repubblica vi
73
spediva sollecitamente un Commissario con fiA() Tanti, onde preve
nire 1' esecuzione della rospirazioue; sei dei principali congiurati fu
rono presi, e fu cominciata la fabbrica di ima fortezza, per tenere
in soggezione coloro che avessero voluto tentar nuovità. Nel .mede
simo tempo il Pontefice pubblicò un suo lodo intorno a certe dif
ferenze che esistevano fra la Repubblica di Siena ed il Conte Al-
dobrandino da Pingliano, quale asseriva che il defunto di lui figlio
Lodovico era stato avvelenato per ordine di tre cittadini senesi :
questo specioso lodo portava che il Conte Aldobrandino dovesse
avere per le mani del Papa 1200 ducati di camera da pagarsi in
un anno, ogni quattro mesi la rata; stabiliva che il Comune di
Siena ne dovesse pagar 1000, mentre gli nitri 200 li avrebbe per
sua liberalità pagati il Papa. Che il Comune di Siena dovesse rile
gare in un Ino.un a scelta dello stesso Papa i tre cittadini sospetti
di procurato avvelenamento. Che il Conte Aldobrandino dovesse ren
dere la libertà al ragazzo che teneva in prigione come supposto am
ministratore del veleno. Poco dopo quest' accordo it Conte Niccola
figlio di Aldobrandino si ribellò contro il padre, s' impadronì di Pi-
Ugliano; il Conte Aldobrandino si chiuse nella rócca, e si difese;
di là scriveva at Comnue di Siena, implorando soccorso d' «nmiti
che lo liberassero da quella trista condizione, ma il Capitan di po
polo, che era Leonardo Benvoglienti per tre giorni occultò la lette
ra. Intanto sfuggl l' occasione ai Senesi d' impadronirsi di Pitiglia-
no, ed il Conte vedendosi abbandonato si rese al tìglio ribelle salva
la vita propria e di coloro che lo aveano nella rocca seguito: ma
il figlio non tenne i patti, fece uccidere Pennella cugina e concu
bina del padre; come ancora il figlio che avevn di lei; il padre col-
l' esilio comprò la vita, e cosi i delitti resero più esecrabile la usur
pazione.
Dopo i narrati avvenimenti vi fu quiete in Toscana. e la Re
pubblica di Siena spese quel tempo a migliorare la propria condi
zione riformando i capitoli che aveva colle città del suo dominio,
ed intanto erano sparite dalla grande scena del mondo per scen
dere nella tomba tutti gli uomini che colle imprese , coi delitti e
colle virtù avevano il loro secolo illustrato. Èrano di questo nu
mero Alfonso di Napoli e Piero de' Medici ; la morte di quest' ul
timo avvenne nella sua villa di Cafaggiolo nei primi di Uecembre
7i
dell' anno 1569 ; suo figlio Lerenzo per quanto ;ivesse appena var
cato il suo quarto lustro fu riconosciuto dai Magistrati della Re
pubblica nell' autorità di cui avea goduto il padre. Come abbiamo
detto era pur morto Francesco Sforza ; poco dopo lui sopravvisse
Bianca Visconti sua moglie, e con tauti altri uomini celebri era pur
morto Giovanni d' Angiò e Sigismondo Malatesta. Restava Paolo II
che impetuoso di carattere, avaro, e solo curante dei propri in
teressi volle occuparsi della successione ai fendi dei Malatesta ,
che intendeva fossero alla Chiesa devoluti, per essersi estiuta col-
l' ultimo la linea legittima, e così sventuratamente trascurò gl' in
teressi della cristianità spaventata a fronte delle conquiste e dei
progressi dei Turchi. Costoro riavutisi dalla sconfitta che loro avea
data lo Scandenberg, e che costò ai Maomettani la perdita di 40,000
uomini, aveano occupato l' isola di Negropoute nell'Arcipelago, (12
Luglio 1470) e minacciavano la potenza della Repubblica di Vene
zia: così il contegno del Pontefice vivente rendeva più sensibile
la perdita del suo predecessore Pio II, la di lui politica saggia e
leate, e l' alta considerazione che seppe acquistarsi colle sue virtù
ed i suoi talenti gli aveano ancora in vita assicurato un posto di
stinto fra i più grandi Pontefici della Chiesa Cattolica.
Il primo fatto che venisse a turbare la quiete della Toscana
fu la rivoluzione di Volterra, che quel popolo pagò ben cara, per
la vendetta che ne trassero i Fiorentini. Quella città di origine an
tichissima, poiché figurò fra le principali citta etrusche, dopo tante
vicende, non potendo da se stessa tutelare la propria indipenden
za aveva unite le sue sorti a quelle della Repubblica di Firenze,
alla quale era stata ledelissima. Alfonso Re di Napoli, prima di pas
sare nelle maremme senesi aveva tentato invano d' impadronirsene,
e ne aveva perciò devastato orribilmente lutto il suo territorio.
Nell'anno 1471 accadde adunque che un tai Benuccio Capacci se
nese aveva preso in affitio un pascolo del Castel del Sasso colle
miniere dell'allume. .Queste miniere abbondantissime profittavano
tanto all' affittuario che il popolo gridò essere il contratto lesivo.
Paolo Infiltrami che ne volle sostenere la validità e la giustizia si
rese odioso al popolo. Loren/.o de' Medici ad insinuazione del Ca
pacci intervenne nella questione , ma la di lui autorità fu dal po
polo disprezzata. In fine sollevatosi in massa, invase il palazzo di
7.';
giustizia, fece in fiezzi Romeo Borbettani che volle contrastargli
l'ingresso: e trovato Paolo Inghirami nascosto in cima ad una tor
re, fu fatto morire asfittico bruciando zolfo e bitume, e quindi ne
gettarono dalle finestre il cadavere , che fu sbranato dai suoi ne
mici. Saziata la vendetta del popolo col sangue delle persone le più
odiate , incominciarono le proscrizioni : e temendo il risentimento
della Repubblica di Firenze, i Volterrani ribelli si prepararono alle
difese. Spedirono Oratori a Siena per ottener soccorso, sperando di
riaccendere gli odj antichi contro Firenze, ma i Senesi che apprez
zavano la pace ricusarono di prender parte in quella differenza,
onde i Volterrani si trovarono abbandonati a loro stessi ; non ostan
te non si ristettero da pubblicare con jattanza che essi volevano
liberarsi dalla tiraunide dei Fiorentini resa omai per loro insoppor
tabile. Intanto la Signoria di Firenze spediva a Siena Donato Ac-
ciajoli, per meglio assicurarsi della fede di quella Repubblica, e te
mendo che il Re Ferdinando di Napoli per particolari vedute volesse
soccorrere quella città ribelle, sollecitò l'invio dell'esercito contro
Volterra sotto la condotta di Federigo Duca di Urbino, vecchio ed
esperimentato capitano, accompagnato dai commissnri della Repub
blica Buongianui, Gianfigliazzi ed Jacopo Guicciardini.
La citta di Volterra era per la sua naturai posizione difficile
ad espugnarsi in tempi , in cui i mezzi d' attacco erano di tanto
inferiori a quelli di difesa: pure dopo un assedio di quaranta gior
ni i soldati dei Fiorentini vi penetrarono per la porta a Selci che
loro fu aperta da interni fautori ; misero a sacco la inconsiderata
città, e fra gli eccessi della militar licenza quel popolo fu dello sfor
tunato tentativo orribilmente punito. Lorenzo de' Medeci si trasfe
rì personalmente a Volterra a riordinarne il governo, e splendido
qual' era, fu largo di sussidi, onde riparare in qualché modo ai
danni dai cittadini sofferti, e con ordine della Repubblica fece fab
bricare una fortissima rocca accanto alla vecchia come che da quel
la intendesse minacciare la incauta citta ; la spesa occorsa fu sop
portata dall'arte della lana di Firenze; cambiati i tempi questa
rocca fu convenite in prigione di Stato. Essa accolse tant' infelici
che in questa vennero reclusi.
ll 26 Luglio 1471 mancava per subitanea morte Paolo II. Que
sto Pontefice se ha avuto qualche panegirista, nemmeno o mancato
7fi
chi abbia sottoposta la sua condotta ad una severa critica. F.uh
ebbe a successore Sisto IV da Savona Generale dell' Ordine di
S. Francesco. Èrasi ribellata la città di Spoleto: il nuovo Pontefici!
mandovvi l' esercito che la ridusse alla fede. Niccolò Uccelli erasi
impadronito della Città di Castello, e voltatevi le armi l' obbligò a
lasciarla. L' Uccelli era protetto dalla Repubblica di Firenze che vo
lendolo sostenere si urto col Pontefice. Il Re Ferdinando di Napoli
credette fortificare i propri interessi maritando sua figlia Eleonora
ad Erede d' Este Duca di Ferrara. Questi fatti parziali preparava
no nuovi turbaménti che dovevano ben presto alterare la pace
d' Italia. Fu ancora rinnuovata l' amica lega fra il Duca di Milano,
i Veneziani ed i Fiorentini , lo che feriva il Re di Napoli, che per
impedir queir unione aveva mantenuto lunghe trattative con am
bedue quelle Repubbliche con animo deliberato di disunirle e non
di contrarre seco loro alleanza ; prevenuta l' insidia da più accorta
politica , e trovatosi nelle sue speranze deluso , allora fu conclusa
fra il Re di Napoli, il Pontefice, e la Repubblica di Siena una lega
segreta che si manifestò soltanto nella circostanza in cui i Senesi
si trovarono attaccati, come in seguito vedremo. Così l' Italia divi
sa fra due interessi preparava le armi per scendere nuovamente
in campo a combattere altra guerra fraterna.
La prima scintilla di guerra si accese dal Conte Carlo da Mon
tone che primo si mosse ai danni della Repubblica di Siena. Èra
Carlo figlio di Braccio Fort«bracci , già stato Signore del Castel di
Montone nel contado di Perugia ; egli tentò invano di ricuperare
quanto suo padre aveva perduto. pur non ostante, seguito da una
schiera d'uomini arditi, dallo Stato di Perugia passò in quello di
A rezzo. e quivi unitasi a lui altra gente armata venuta dnl con
tado di Firenze, nel Giugno 1477 entrò nel dominio di Siena; de-
vastò la Val d' Orcia, prese diversi castelli, quindi tornato in V'al-
dichiana pose il campo presso Ton.ita. dato l' assalto inutilmente a
quel castello, sloggiò per andarsene verso Chiauciano. I Senesi fu
rono colti ali' improvviso , e la bramosia di pace li aveva resi in
curanti delle pratiche guerresche proprie dei popoli ambiziosi. Le
interne fazioni aveano assorbito i loro pensieri, e siccome non cer
cavano di offendere altrui, cosi speravano di essere immuni da at
tacchi stranieri. Conosciuto il loro inganno si diressero a Federigo
77
iIn Menu-feltro Duca d' Urbino. dal quale ottenncro a stento celilo
celate ; ricorsero al Re di Napoli loro alleato, che promise mandarli
soccorsi: al tempo stesso la Signoria spediva suo oratore a Firenze
Leonardo Benvoglienti per sapere se quella Repubblica intendeva
trattare i Senesi da amici, o da nemici, siccome tutte le vettova
glie necessarie ai predatori che saccheggiavano il dominio di Sie
na loro venivano da quel di Firenze , e colà erano spedite le
fatte prede. Introdotto l' Oratore atla presenza di coloro che regge
vano il governo, ed esposte con dignità le ragioni, n ebbe per ri
sposta, che per quanto la Repubblica di Firenze avesse tutto il de
siderio di conservare con quella di Siena amichevoli relazioni, puro
non poteva imporre alcuna legge al Conte Carlo , col quale inten
deva pure di mantenere amicizia, e che quanto era accaduto non
alterava le convenzioni esistenti ; questa risposta evasiva manife
stava un piano ostile ai Senesi.
Intanto le truppe che il Re di Napoli manteneva in Firenze ave
vano già avuto l' ordine di portarsi a Siena, e per quanto frappo
nessero indugio, pure vi giunsero, per lo che il Conte Carlo da Mon
tone, lasciando la Toscana si ritirò in quel di Perugia : allora i Senesi
per vendicare in qualche modo i danni e l' affronto sofferto si spin
sero verso il Castel di Montone, lo presero e lo disfecero. La Signoria
ordinava a Giovanni Bichi e Lorenzo Buoninsegni di recarsi da Na
poli a Roma a ratificare colà la lega già conclusa fra il Papa, il Re
di Napoli e la Repubblica di Siena, conforme avvenne il dì 8 Feb-
brajo 1 477. In queir anno il Re di Napoli mandava a svernare nelle
maremme senesi 8000 cavalli, e nel principio del nuovo anno 1478
accadde in Firenze uno straordinario avvenimento, per il quale poco
mancò che si cambiasse la forma di quel governo.
La famiglia Pazzi insofferente del potere arbitrario che ernnsi
arrogati quelli della famiglia Medici cospirarono contro la vita di
Lorenzo e di Giuliano. Il Salviati Vescovo di Pisa era fra i congiu
rati, ed era scelto da essi il giorno 26 d' Aprile per la esecuzione
dei loro progetti, giorno in cui per consuetudine dovevano recarsi
con pubblica pompa nella basilica di Santa Reparata i fratelli Me
dici; durante la sacra funzione ad un convenuto segnate i brandi
dei congiurati si snudarono per colpire le designate vittime; il solo
Giuliano però rimase morto : Lorenzo fu salvo, perché compita solo
78
n metà l' impresa, mancò i' animo ai congiurati, ed il popola fioren
tino accorso a sostener la parte dei Medici assicurò a Lorenzo la
vittoria. Diversi dei cospiratori caduti in potere del partito vinci
tore furono uccisi : il Vescovo Salviati fu appiccato alle finestre di
Palazzo Vecchio; ed il Cardinat di S. Giorgio Nipote di Sisto IV fu
ritenuto in prigione per essere implicato nella congiura. Per questo
fatto il Pontefice sdegnato colpiva i Fiorentini colle armi spirituali,
scomunicandoli , ed al tempo stesso unite le sue truppe a quelle
del Re di Napoli attaccava il loro territorio ; allora fu posto in li
bertà il Cardinal di S. Giorgio, che si ricovrava a Siena. Non ostan
te tali fatli importanti il dado era gettato, e le due Repubbliche ri
vali tornarono nuovamente a guerreggiar fra loro. Vennero i Senesi
a scuoprire che un tal Capitan corso che aveva in custodia il ca
stello di Castelnuovo della Berardenga trattava di consegnarlo ai
Fiorentini, per lo che Sapo Faleri cittadino Commissario di Siena
lo uccise. I Fiorentini furono soccorsi dal loro atleato il Duca di Mi
lano; dall'altra parte sbarcava a Tubinone un armata del Re di
Napoli con una gran quantità di bombarde, di spingarde, mortati,
Imbocchi, briccole e mangani, polvere e salmerie, e tutto fu diret
to verso Siena sotto buona scorta : e quindi comparvero nello stesso
Porto dieci galere che portavano altre truppe con vettovaglie per
uso dell'esercito, e così cominciò una nuova guerra propria di tem
pi in cui le operazioni debolmente spinte da capi senza genio , si
limitavano al saccheggio dei territori ed alla caduta di qualche ca
stello , se non che un fatto gravissimo occorse in Genova.
Quella interessante città mediante i maneggi ed i segreti sus
sidi del Re Ferdiuando si sottrasse al dominio dello Sforza, e Pro
spero Adorno fu nominato Doge della Repubblica che tornava ad
inaugurarsi. Galeazzo Sforza attirandosi nemici colle sue dissolutez
ze e con la sua tirannia era stato assassinato nel tempio di S. Ste
fano in Milano: suo figlio Giov. Galeazzo che fu riconosciuto Duca
di Milano, era in eia di 8 anni, per cui fu necessario nominare una
Reggenza
taglia del ; 7essa
di Agosto
tentò ricuperare
1478 perduta
quanto
dai avea
Milanesi
perduto,
nellema
golela degli
bat-

Appennini consolidò la indipendenza di Genova. Il Re Ferdinando


avea fatto sì, che sollevando imbarazzi alla Reggenza di Milano, fos-
>e impossibilitata a soccorrere i Fiorentini. Dal canto suo la Reg
79
i,'i.ii?.n viuta dai Genovesi volle vendicarsene rianimando le discor
die interne che tanto agitarono quella citta fra gli Adorni ed i l're-
vinsi. ma in fine il potere restò a quest' ultima famiglia avendo uno
di loro supplantato nella prima carica dello Stato l' Adorno che fu
costretto ad esulare imbarcandosi in una galera del Re Ferdinando
che tornava a Napoli. f
La Repubblica di Firenze, o per meglio dire i Medici erano ab
bandonati a se stessi, mentre i Veneziani erano talmente impegnati
nella guerra contro i Turchi che colla miglior volontà che avesse
ro, erano impossibilitati a distrarre le loro forze. Ad aggravare i
mali sopraggiunse la peste dell' anno U78 che fu detto essere sta
taccò
ta portataprimieramente
in Italia dui territori
una invasione
di Broscia
di locuste;
e di Mantova,
l' epidemia
si commu-
che at-

nicò alla Toscana e principalmente a Firenze e suo territorio; per


questa micidiale sventura tutti i piani di guerra per atlora rima
nevano paralizzati. Intanto i progressi dei Turchi spaventavano la
Cristianità. Il Pontefice sordo ai consigli della Repubblica di Vene
zia, e tutio occupato della guerra contro i Fiorentini era indifferente
a quella allarmante situazioni'. quasi che un segreto accordo esi
stesse fra lui e Maometto II.
Calmato il furor del flagello pestilenziale i Fiorentini spedirono
Carlo da Montone all' impresa di Perugia per fare un diversivo,
mentre si lusingavano che le truppe del Papa per difendere quella
città sarebbensi separate da quelle del He Ferdinando che stanzia
vano nel Senese: nia essendo morto il Conte Carlo il piano aborti, ed
il Papa aveva già spedita altra sua gente alla difesa di quella città.
Il Duca di Calabria partitosi per andare coll' esercito in Val
d'Elsa ed accampatosi presso il Poggio Imperiale, ove si trovava
l'esercito fiorentino lo attaccò, lo batté, e prese d'assalto il' ca
stello; ebbe suoi prigionieri il fratello del Duca di Ferrara, il fra
tello di quel di Montone, il Signor della Mirandola, il Correggici. il
Signor di Carpi, un fratello del Marchese di Monferrato, l' Oddi di
Perugia , ed in fine Costanze Sforza da Pesaro che aveva lasciato
l' esercito del l\c per andare a servire i Fiorentini. I fuggitivi si
ridussero a Poggibonsi; i prigionieri furono condotti a Siena con
tutta la preda, o le spoglie tolte al nemico. Inseguendo per la Val
d' Elsa l' esercito, rotto Matico da Capua. prese Certaldo e lo mise a
80
.sacco perché quei Terrazzani avevano ammazzati 50 dei suoi sol
dati : venne pure in potere del Duca di Calabria Poggibousi, e Colle
di Val d' Elsa, della qual terra prese possesso unitamentea Borghese
Borghesi Commissario della Repubblica senese in Dome della lega.
I Fiorentini erano stanchi di quella guerra per essi sfortunata,
per cui dimandarono una tregua di tre mesi che fu concessa; in quel
tempo il Duca di Calabria e quel d' Orbino si ridussero a Siena
dopo ave* repartite le truppe nei respettivi alloggiamenti assegna
titi nel dominio della Repubblica ; contemporaneamente passava per
Siena diretto per Roma e Napoli un Ambasciatore di Luigi XI, qua
le presentatosi alla Signoria parlò di pace, e gli fu risposto nulla
potersi risolvere su tal proposito senza il consenso dei confederati.
Giunto a Napoli, quel Re non disprezzò le parifiche proposte, ma
faceva intendere all' Inviato francese esser necessario che i Fioren
tini promotori di quella guerra accomodassero le differenze insorte
fra essi ed il Papa, e che si facessero assolvere dalle scomuniche ,
in cui erano incorsi. Da Siena furono spediti ambasciatori a Napoli
Jacomo Piccolomini, Antonio Bichi e Guido Antonio Buoninsegni. I
Fiorentini, che erano divenuti più che mai desiderosi di pace, vol
lero, che Lorenzo de' Medici andasse di persona a Napoli a trattar
la (1). Infuni giungeva colà il 18 Decembre, ed era troppo abile
negoziatore per non riescire nel suo intento ; infatli dopo lunghr*
trattative la pace fu conclusa, ed in Siena fu pubblicata il 25 del
1 180. Circa alla fidanza che ebbe Lorenzo dei Medici di porsi a di
screzione del Re di Napoli , che non era nuovo nei tradimenti, e
quando era ancor fresca la storia del Piccinino, diremo essere as
sai diverso il caso, poiché Lorenzo era soltanto rappresentante di
una potente Repubblica, e l' odio ricadeva sopra quella, e non sulla
persona, mentre tolto di mezzo il Piccinino, veniva ad essere spento
il rancore dell' animo, ed il pericolo che dalla persona sovrastava:
ebbe adunque ragione Lorenzo di non temere gli usati tradimenti

(1) il Malavolti riporta la lettera di Lorenzo de' Medici sotto la


data del 6 Decembre 1479, colla quale avvisa la sua partenza alla
Signoria di Firenze. a ivi » In questo punto mi parto per essere a
« Pisa, e di poi a Livorno secondo I'.ordine dato ec. ec. »
SI
di quel Re. poiché se anche lo avesse fatto uccidere, la sua morti;
non avrebbe cambiata la coudizione delle cose: dunque se non era
necessaria, non era nemmeno da temersi.
Non 6 da passarsi sotto silenzio che diversi storici, parlando de
gli avvenimenti politici del secolo XV, appena fanno menzione della
Repubblica di Siena, quasi che essa sia stata straniera a quelle
vicende, mentre é certo che essa vi ebbe una parte interessante o
fu tra gli anelli che contribuirono a formare la gran catrna nell.i
quale si avviluppò la politica dell' epoca : se altri Stati primeggia
rono
zarsi per
chi potenza
della guerra
e per narrata
abilità politica.
risentì ilnoumaggior
é por questo
danno,dae disprcv
n'ebbe

le più fatali conseguenze ; lo che ci résta a narrare.


Se eccettuiamo Venezia, che fece un argine alle terribili inva
sioni dei Turchi, non troviamo, é vero, niente di grande, né alcun.)
impresa degna di un gran popolo , ma invece interessi meschini .
azioni snervate d' uomini fiacchi ; quell' epoca é piuttosto memora
bile per le congiure, che sono la prova la più certa della prevalen
za della tirannide sopra le decadute libcrtà, e Siena che in mezzo
al languore dei tempi seppe mantenersi a libero reggimento, meri
ta a parer nostro di essere osservata, mentre vedremo rianimarsi
nul popolo senese la quasi spenta energia a misura che saranno le
sue libere istituzioni dal dispotismo minacciate.
Abbiamo dette che fin dall'anno H4fi Alfonso Ro di Napoli
tentato avea di assoggettare la Toscana tutta, e che in Siena alcuni
sediziosi cittadini favorivano i di lui progetti. Terminata adunqur*
la guerra, dopo di che l' esercito di suo figlio b'erdinando Duca
di Calabria, e quel d' Urbino occupavano tutto il dominio senese,
era da temersi che di riassumer tentasse i progetti che dalla fer
mezza dei cittadini erano stati sconcertati. Infatti il Duca di Cala
bria accostandosi a quelli che facevan parte dell' Ordine dei Nove,
con essi discuteva sul modo di pervenire al dominio della città: il
richiamo dei fuorusciti fatti noli' anno \ 456, per essere affeziooatis-
simi al partito regio, fu proposto come espediente che condur do-
vea at fine indicato. Non tutti por altro erano concordi in questo
sentimento, e se convenivano che per evi tare le interne discordie e
le fazioni era necessaria una forza clic imponesse ai Monti, temevano
poi che il richiamo dei fuoruscili potesse invece aumentare le ci-
R
82
vili discordie e fare abortire quei piani che meditavano. Altronde
sentivano la impossibilità di pervenire a questa misura per le vie
legali, dunque questo mezzo fu abbandonato. Allora un N'armi Pìc-
colomini con intelligenza del Duca convocando quelli dei Nove , a
cui eransi uniti dei popolari stabilirono il modo, onde fossero esiliati
otto o dieci cittadini dell' Ordine dei Riformatori, dai quali aveano
a temere una maggiore opposizione ; ma anche a questo compenso
non potévasi giungere per le vie legali , onde stabilirono di otte
nerlo colla forza. Il Consiglio informato di queste occulte trame no
minava una Balìa di quindici Cittadini, con autorità di punire se
veramente chiunque teotasse di alterare l' ordine stabilito. e la quie
te della città: ma questa precauzione non fu sufficiente tutela contro
la violenza, poiché il 12 di Giugno 1480 la mattina di buon' ora
armatisi quei dell' Ordine dei Nove e del Popolo colf ajuto delle
genti del Duca s' impadronirono della Piazza, ed invaso il palazzo
obbligarono la Signoria ad adunare il Consiglio, e postisi i congiu
rati di guardia all' ingresso face van sì che entrassero quelli del loro
partito, e respingevano i supposti contrari: e riuniti in questo mo
do 443 cittadiui, il Capitan di popolo, che era Jacomo Piccolomini,
propose che fossero esclusi dal Governo della città tutti quelli del-
l' Ordine o Monte dei Riformatori; la mozione fu sostenuta da Bor
ghese Borghesi, che in un lungo discorso enumerò i delitti, di cui
eransi resi colpevoli la Repubblica amministrando; in fine questo
partito impose che i Riformatori e loro discendenti fossero in perpetuo
alienati dat Governo, ed intanto presentò una lista di venti cittadi
ni già scelti precedentemente dell'Ordine dei Nove e del Popolo,
• I un li eletti ed approvati, avessero autorità quanto il Consiglio dui
Popolo. e quello della Campana ; il trionfo di questo partito era già
assicurato, perciò i nuovi eletti all' istante si congregarono, ed ac
cettando l' ufficio trov uronsi costituiti in potere.
Una tat rivoluzione per quanto senza effusione di sangue con
sumata, destò in città dei malumori; si udiva un contrasto di
opinioni, in mezzo al quale la verità tralnceva. Il Duca di Calabria
che aveva occultamente diretta quella trama, non volle trovarsi in
Siena il giorno, in cui dovea la cospirazione consumarsi ; egli forse
non ignorava quanto era quivi accaduto in altri tempi a Carlo IV.
o volle schivare i pericoli.
83
I Riformatori avevano temito il governo della Repubblica per
settantasette anni. Essi avevano supplantato l' Ordine dei Dodici .
ora i Nove scacciati dal potere tornavano a riassumerlo, e cosi pas
sando di fazione in fazione si riaccendevano a ciascuna rivoluziono
gli odj antichi, le persecuzioni, e le vendette individuali si compi
vano. Il Duca di Calabria che era andato a Buonconvento, ove ave
va il grosso del suo esercito, quando ebbe inteso l' accaduto tor-
nossene a Siena, Insingandosi di ottenere il dominio della città da
coloro che eransi impadroniti del governo. Infatti il di lui ingresso
fu trionfale; andogli incontro la Signoria, ed i Magistrati, ed egli di
stribuiva onorificenze a coloro che gli si erano mostrati a'mici. I De
putati di Balìa vollero riformare la loro [iurte chiamando all' eser
cizio delle magistrature 50 del Monte dei Nove. e 50 di quello del
no
Popolo,
mai erisieduto
50 dell' in
altro
carica,
dei Gentiluomini
e di questi nefrafuquelli
fatto che
un nuovo
non aveva
Ordì •

ue col titolo di Monte degli Aggregati: così le divisioni andavano


aumentandosi, poiché ogni Ordine portava interessi proprj, dritti o
privilegi eslcusivi da difendere. Furono chiamati in patria i fuoru-
sciti f.ilti nell' anno 14'i6, ed i figli di coloro che erano stati deca
pitati, furono riammessi agli onori e diritti di cittadinanza ascri
vendoli al nuovo Moute degli Aggregati. Col fine poi di lutelar la
quiete interna della città rilegarono per dieci giorni nelle respettivc
loro abitazioni quelli dell' Ordine dei Riformatori che oltrepassava
no i 45 anni d'età, e 23 individui di quell' Ordine furono confi
nati nel Regno di Napoli. Così cacciati questi dalla patria, e com
pite le vendette di fazione il Duca di Calabria governò a voglia
sua , giacché i Magistrati erano pienamente schiavi dei di lui vo
leri. La Repubblica di Firenze di quelle nuovità si allarmava, poi
ché negli avvenimenti di Siena vedeva la esecuzione di un piano
ambizioso che tendeva alla conquista di tutta la Toscana, tanto più
che le attre Potenze itatiane non erano in caso allora di opporvisi ;
ma la fortuna venne in soccorso delle minacciate libertà, poiché le
invasioni dei Turchi erano tant' oltre giunte che già minacciava
no il reame di Napoli , ed Otranto non avea potuto resistere . per
lo che il Re Ferdinando fu costretto a richiamare coll' esercito il
figlio Duca di Calabria per la difesa del Regno. Infatti il 7 di Ago
sto US0 il Duca parti da Siena lasciando in grande apprensione

tutti coloro che lo avevano favorito. e ne avcano bcu ragione. poi-
i;hò qucll' accidente imprevisto toglieva al Duca di Calabria I' im-
Pero della Toscana , e preparava delle reazioni che doveano esser
t'atali ai di lui fautori. Un Prinsivalle Gennaro gentiluomo napole
tano fu lasciato in Siena, perché avesse cura delle castella e fortez
duto
ze cheil durante
pericolo lada guerra
cui eraavea
minacciata
tolte ai l'Fiorentini.
lutita procurò
Il Pontefice
di riunire
ve-

in un sol volere i governi italiani per far argine all' invasione dei
Turchi, ed assolse i Fiorentini dalla scomunica, perdonandoli tutte
le ingiurie fatte alla Chiesa ; ed il Re di Napoli loro rcstilu'i UUte
le terre che avea conquistate durante la guerra (1). Se un caso im-
preveduto avea salvata la Toscana dal sacrifizio delle sue libertà.
un nitro caso liberava l' Italia dalla schiavitù dei Turchi , da cui
era minacciata, e questo si fu la morte di Maometto II. La Signo
ria di Siena venne in cognizione di tale avvenimento mediante una
lettera ricevuta dalla serenissima Repubblica di Venezia. I Turchi
lasciarono difatti ( 10 Settembre U81 ) Otranto, e cosi riuunziaro-
no al propetto di conquistar la Penisola. Il Re Ferdinando tosto che
ebbe in suo potere Otranto ordinava ai Senesi di restituire ai Fio
rentini le terre che per i capitoli della lega erano in loro potere
strato
venute,diedSiena
erano
intese
la Castellina,
con dispiacere
S. Polo
questa
e Monte
inaspettata
Dominici
intimazione,
; il Magi-

e non volendo né cedere ué opporsi a fronte di essa se ne appellò


iiila Sedia Apostolica; ma il lodo del Pontefice era impedito dalla
euerra che il Re Ferdinando faceva allo Stato della Chiesa, per cui
d popolo senrsc perduto il freno non solo negò la restituzione, ma
ammutinandosi
strati aderenti atminacciava
Duca di Calabria,
ferocemente
e situtii
trattava
coloro dichevendicare
eransi mo-
la

violenza per la quale i Riformatori erano stati privati dui governo,


>• come rei di Stato banditi dalla patria.
In timori li dall'aspetto rivoluzionario che presentava la città quelli
di Balìa fecero convocare il Senato, ed alle minacciose dimando del
lK'polo fu deliberata l' abolizione del Monte degli Aggregati, e quelli

(1) Colle, Poggibonsi, Monte S. Savino, Poggio Imperiale ed al


in luorihi forti del Chianti e della Val d' Elta.
85
che ne facevano parte furono distribuiti fra gli Ordini dei Nove r
quello del Popolo: e fu deciso che tutti coloro che appartenevano
a questi due Monli, e che erano stati esiliati, fossero restituiti alla
patria: ed in quanto all'Ordine dei Nobili fu rimessa nell'arbitrio
del Cardinale di Siena la facoltà di adottare quella disposizione che
a lui paresse più acconcia.
Tutte le armi ed emblemi di Napoli furono con disprezzo dal
popolo atterrate, e per questa controrivoluzione la città liberandosi
dall'influenza straniera ritornò (7 Giugno 1482) a libero reggi
mento. Passarono poi pochi giorni che il popolo riprese le armi, e
corso al palazzo pubblico, dimandò che si formasse nuova Jlalìa, e
che i Gentiluomini fossero deposti dal governo ; in quel giorno la
sedizione fu quietata, ma il dì appresso si rinnuovava con maggior
furore, ed il popolo ottenne che i più meritevoli cittadini fossero
aggiunti ai trentasei che componevano la Balìa, e che i Nobili, ad
eccezione dei Piccolomini, fossero eliminati dal governo. Una volta
sfrenata la plebe é difficile ritenerla entro i limili di moderazione,
e quelle orde di popolo minacciose che hanno trionfato, spesso dal-
l' onesto tralignano e divengono pericolose alla sicurezza dei citta
dini. Infatti il 15 di quel mese allo spuntar del sole incominciava
altro tumulto: si dimandava vendetta contro coloro che eransi op
posti at voler del popolo. Occorse adunque che da Lucio Bellanti
venne ferito uno del popolo per nome Giovanni del Balestriere, il
quale essendo caduto in terra fu ancora percosso da un attro del
Monte dei Nove: tanto bastò per accendere vieppiù l'ira popolare.
Rispettabili cittadini s' interposero per evitare l' effusione di san
gue , ma il popolo ottenne la destituzione di quelli che tenevano
atlora il Governo , e che furono rimpiazzati da quelli dell' Ordine
dei Riformatori , e da quelli dell' Ordine dei Dodici. In mezzo al
tumulto sopraggiunse l' idea di rimettere nell' arbitrio del Cardinale
di Siena la nomina di quei cittadini dei Nobili e dei Dodoci e dei
Riformatori, purché non fossero ué ribelli, né confinati, ai quali .1
lui piacesse di confidare il governo della citta. Grave ed arduo
incarico era questo, poiché il Cardinale pericolava di sacrificare l;i
sua popolarità, ed il rispetto dovato alla sua condizione. Egli inco
minciò dall' ordinare una solenne processione, cui intervenne la Si
gnoria per ringraziare la Divinila di avere ispirato i cittadini •!•
86
ritornare alla pace, alla concordia ; ma se l' intervento della religio
ne o valevole a calmare momentaneamente l' agitazione degli ani
mi, non é suscettibile a mantenere lungamente la calma quando le
ambizioni e li smodati desiderii si riaccendono ferocemente.
Seguitavano le servizio del Magistrato contro i Nove come ac
cader suole in tutte le reazioni; molti furono colpiti da pene pecu-
oiarie , ma in special modo fa aggravato Neri Placidi, e di più fu
fatto precetto ad Ambrogio Spaunocelii suo parente atlineiie non lo
ricettasse, né lo sovvenisse ué in Napoli, né in lioma, né in Valen
za, ove aveva banchi aperti : molti furono confmati, altri ammoniti.
Un tal rigore urtò tanto il .Monte del Nove che temendo maggiori
persecuzioni e rappresaglie volle tentare un atto audace e disperato:
trovatisi i Nove forti di numero presero le armi e si presentarono
a dimandar nuovità nel governo. Nei repentini mutamenti che fino
atlora erano avvenuti, vi era solo a deplorare il disordine, ma era
stato risparmiato il sangue cittadino : a farlo versare spettava ai
più audaci, siccome le pratiche dei prudenti erano omai per l'at
terazione degli animi esacerbati esaurite.
Gli Ordini del Popolo. dei Riformatori e dei Dodici si riuniro
no a far testa agli aggressori ; la plebe ancora si dichiarò contro ai
Nove, per lo che attaccati da masse imponenti si ritirarono e fe
cero testa a Postierla : ma non potendo resistere all' urto del mag
gior numero si ritirarono nelle case circonvicine , ed in specie in
quelle di Borghese Borghesi e Bartolommco Pecci per difendersi;
ma loro non valsero quegli asili, poiché abbattute dal popolo le por
te, altro scampo ai Nove non restò, oltre quello di deporre le ar
mi e darsi per vinti. Superato questo punto il popolo inferocito si
recò in massa verso il Poggio Malavolti e S. Andrea, ove si diceva
che altri dell' Ordine dei Nove ivi fortificatisi si disponevano a com
battere. Infatti erano stati soccorsi con diverse compagnie di fanti
di Prospero da Gasala venuto dalla Castellina, ma presto superate
dal furor popolare quelle deboli fortificazioni anche in quel punto
i Nove soccombettero ; il trionfo del popolo era omai completo. In
questi vari combattimenti se ,vi furono molti ferili, nessuno rima
se morto, siccome la difesa non fu né lunga, né la resistenza osti
nata; il giorno appresso, che era il 13 Luglio 1482, il Cardinale di
Siena intervenne a tratlar di pace e di coucordia, e di nuovo s in
87
cominciarono le pratiche di conciliazione fra gli esacerbati partiti.
Fu formato un terzo Monte di nomi scelti dal Cardinate e da sei
deputati eletti dalla Balìa quale fu chiamato dei Riformatori, o per
meglio dire quest' Ordine già preesistente fu rinnuovato ed accre
sciuto, talché a questo restò una maggioranza nel potere che solo
potevau bilanciare gli altri Monti insieme riuniti. L' Ordine dei No
bili che nelle varie fasi di questa rivoluzione si era astenuto da
qualunque intervento fu per volere del Cardinale riabilitato al go
verno, ed in numero di 114 furono repartiti uei diversi Monti in pro
porzioni eguali ; né a questo si limitarono le introdotte riforme, poi
ché 24 plebei furono aggiunti al Consiglio del popolo; così s'inten
deva di appagare tutte le esigenze, oprando in modo che tutti i
cittadini per mezzo dei loro respettivi Monti fossero rappresentati,
ed avessero la loro parte nel governo; ma questa forma così costi
tuita dovea essere una continua lotta di ambizioni troppo facile a
degenerare in anarchia : quanto le macchine sono più complicate
tanto più sono sottoposte ai guasti ed alle alterazioni , e tale ap
punto fu l' errore dei nostri maggiori, che mentre intendevano per
fezionare la bilancia del potere, la resero oscillante ed intricata.
Non ostante che l' agitazione rivoluzionaria si andasse calman
do, pure non passava giorno senza qualche nuovità : la plebe de-
nunziava pericoli che non esistevano; il governo incerto, debole,
perché privo della forza morale era costretto a secondare strane
pretese che si suscitavano in piazza. Fu detto che Neri Placidi era
sulle galere di Napoli che scorrevano i lidi Tirreni; fu necessario
perciò far rinchiudere nella ròcca di Montalcino suo fratello Placido
che era colà confinato, e di là poi fu trasferito in quella di Pian-
castagnajo. Furono poi ammotliii e privati di ogni utticio e di qua
lunque cuore per dieci anni trenta cittadini dell'Ordine dei Nove,
fra i quali convien citare Paudolfo Petrucci ; furono pubblicati ri
belli Antonio Bichi e Neri Placidi accagionati di essere stati i prin
cipali motori di quelle sedizioni ; in fine fu ordinato che nella nuo
va Signoria fosse aggiunto uno del popolo minuto al Capitan del
popolo, ed ai tre per ciascun Monte che doveano risiedere pei mesi
di Scitembre ed Ottobre.
Mentre questi avvenimeni accadevano in Siena ( Agosto U82)
il Duca di Calabria era entrato nello Slato Romano coll' esercito. Il
88
l'.ip.i dupo il Hi.irio gli avra opposto Roberto Malatesta distinto ca
piiano e» li costrinsi- il linea di Calabria ad accettar battaglia a
Campo Morto presso Vcllctri (21 Agosto U82 ) ; militava sotto di
lui Gian -Giacomo l'iociuino figlio di colui che Ferdinando avea
con tanta perfidia fatto perire : egli voleva in qualche modo ven
dicare la morte del padre suo ; il Mala testa affidogli il comando del-
l' ala destra, che doveva attaccar battaglia; il valore e k> sdegno
del Piccinino e dei soldati di suo padre che avevano militato sotto
le sue insegne contribuirono potentemente alla vittoria: essa fu con
trastata , ma in fine fu .completa; il Duca di. Calabria fu salvato
dai Turchi che aveva preso at suo soldo iu Otranto. Questo fatto
vieppiù
mere dall'
rassicurava
ambizione ladiRepubblica
Napoli. OradisiSiena
dissipava
che avea
ogni sempre
pericoloa da
tc-

che sembrava che tutto sorridesse alla lega dei Veneziani col Papa
contro sì potente nemico.
Se gli animi per uua parte si rassicuravano in Siena, non per
tanto si estingueva lo spirito sedizioso. Gli aderenti del Duca di Ca
labria tornarono ad esser bersaglio dei partili contrari, il popolo ri
prese lo armi, e dimandò che fossero restituiti i danari delle taglie
poste ai Riformatori all' epoca in cui essi furono cacciati dal go
verno della citta. Fu presentata un istanza alla Balta concepita in
tuono minaccioso, colla quale si dimandava che fosse fatto processo
contro coloro che ave.ano contribuito maggiormente alla cacciata dei
Riformatori, e che fossero condannati a pagare 12,000 ducati per cia
scuno, e con questo provento doversi rimborsare i Riformatori. Tre
cittadini erano specialmente invisi, e si volevano condannati. Né a
questo soltanto si limitavano le sfrenate voglie che nel popolo si
suscitavano uua dopo l' altra se non venivano dalla forza iiiirice
dell' ordine represse.
La mattinili del 28 d' Oltobre mentre il Consiglio teneva adu
nanza i faziosi si recarono in Piazza iu armi avanti il palazzo se
guiti da una moltitudine di popolo minuto gridando : Popolo! Popo
lo ! Èra loro divisamente ottenere una Batla composta tutta di po
polari escludendone affatto gli altri Ordini ; lo strepito delle armi,
quelle grida feroci misero tanto terrore negli adunati, che ben pre
sto la sala fu vuota: il Consiglio erasi senza ordine disciolto. Questo
fatto in cui mancò il coraggio civile sconcertò per altro gli amimi
89
tinati. perché loro tolse il mezzo d' imporre al Consiglio quella for
ma di governo plebea che era nella mente dei più ambiziosi creata.
Per vendicarsi del disappunto si recarono allo Spedale di S. Maria
della Scala per deporre il Rettore, che era Cino Ciuugbi, e rimettervi
Salimbene Capacci che di quella carica era stato privato; attaccaro
no quindi le case di Francesco Marreti e di Mariano Bellanti, ed am
bedue questi Cittadini furono malmenati e feriti, e le loro masseri
zie guaste e derubate. Questo tumulto era durato sei in sette ore,
e solo per stanchezza gli ammutinati si separarono. Nel dì appresso
tornarono all' attaccii, ed invasa la sala stessa del Consiglio, ed oc
cupati li scanni da molti popolari, senza legale autorità fu nominata
una Balìa di venti Cittadini scelti fra i capi sediziosi, dietro di che
trovandosi sodisfatti proruppero in feste ed allegrezze. Nella notte
i cittadini più tranquilli, e dotati di senno si radunarono onde prov
vedere contro quella usurpazione priva di ogni diritto e contraria
alle leggi. Fu inteso il Capitano Michele di Domenico detto il Possa,
quale s' incaricò colla sua compagnia di proteggere I' Ordine contro
chiunque avesse voluto turbarlo: ed adunato il Consiglio al suono
della campana appena v'intervennero soltanto 146 cittadini del-
]' Ordine del Popolo, quali annullando la Balìa illegalmente nomi
nata il giorno precedente, una nuova ne elessero di 36 individui
di quell'Ordine Popolare. Ma tutto questo era provvisorio, poiché
nei giorni appresso adunatosi nuovamente il Consiglio coll' inter
vento di 40G Cittadini d' ogni Monte confermarono la precedente
Balìa, ed in questa solenne adunanza si stabilì nuova concordi» fra
i Monti medesimi, e ciascuno giurando sopra l' immagine di un Cro-
cefisso promise di difendersi scambievolmente, e di non tentare né
meditare
cordia fu giammai
stabilita fra
alterazione
i Monti dei
alcuna
Riformatori
al governo,
dei Nove,
e così euna
del con-
Po

polo, quale sembrava che dovesse spegnere quella agitazione feb


brile e rivoluzionaria che aveva per tanto tempo turbata la quiete
interna della città.
Era sorta una lega fra il Papa, il Re Ferdinando, i Fiorentini
ed il Duca di Ferrara; l' oggetto era la difesa di quest' ultimo mi
nacciato dai Veneziani. Lo spirito inquieto del Pontefice mirava
principalmente all' oggetto di formare uno stato al di lui nipote
Riario , che voleva a qualunque costo ingrandire; in quella circo
90
stanza il Duca di Calabria che doveva andare iu Lombardia a so
stegno del Duca di Ferrara, mandato che ebbe l' esercito per mare
a Pisa , passò con poca gente in Toscana , e per il Val d' Arno si
recò a Firenze senza passare per lo Stato di Siena : quelli che go
vernavano la città temerono che al di lui avvicinarsi , potesse il
partito che altra volta avealo sostenuto far qualche dimostrazione,
per lo che si astennero da spedirli ambasciatori a complimentarlo:
egli poi mandava Aloigi da Casale suo segretario a complimentar
la Signoria, ma meglio ad esplorare lo stato degli animi , e riani
mare il di lui partito, per cui nuovi turbamenti non poteano tar
dare a manifestarsi. Infatti una turba di plebei ad insinuazione di
atcuni fomentatori di disordini del Monte dei Nove si presentò alla
Signoria per dimandare la rivoca dell'esilio di Antonio Bettanti, sen
za di che, dicevano quei furibondi che la compongano non poteva
sperarsi pace. Questa turba erasi riunita nella Chiesa di S. Dome
nico, e prima di muoversi gli ammutinati avevano giurato di es
sere uniti (ino atla morte onde ottenere il ritorno in patria dei fuo
riusciti. Questo giuramento pronunziato in su gli altari dava una
qualche consistenza a questa riunione perché assumeva il caratte
re dì una Setta , per cui la Signoria vedendo il pericolo incaricò
Bernardino Bandinelli dell' Ordine dei Nove, e Giovanni del Baruo
dell'Ordine del Popolo a proporre quello che in tal frangente aves
sero creduto prudente di oprare, pur di estinguere quel fuoco nel
suo nascere; e fu proposto ed adottato doversi nominare nuova Ba
lìa , e furono a quest' oggetto eletti dal Senato 26 dui Monte del
Popolo, e fu at tempo stesso accordato perdono a tutti coloro che
eransi in S. Domenico congregati, ad eccezione di quelli che erano
ritenuti nelle pubbliche prigioni, ed Antonio Bellanti, che era nella
ròcca di Montalcino, fu per maggior sicurta trasferito in quella di
Badicofani ; e con questi temperamenti misti fra il rigore e la dol
cezza fu per allora ristabilito l'ordine pubblico: ma travagli mag
giori si preparavano atla Bepubblica. Per mezzo di Fabio Aringhieri
giunse la notizia che dui fuorusciti , la maggior parte dell' Ordine
dei Nove, era stato occupato il costei di Monteriggioni ; propagatasi
la nuova in città nacque un nuovo tumulto, poiché il popolo prese
le armi gridando vendetta contro i Noveschi, che per loro satvezza
si nascondevano : questa volta il popolo minacciava veramente di
91
trascendere agli eccessi, e gravi fatli dai ciltadini si prevedevano.
Infatti incominciò ad insanguinarsi, ed un vilissimo plebeo per no
me Niccolò Amidei , uccise Pietro Niccolucci del Golia , ed assalito
Bartolommeo Petrucci, padre di Paudolfo vecchio di 70 anni, lo lasciò
semivivo in terra con tredici ferite che cagionarono la di lui mor
te. A fronte di questi pericoli la Balìa ordinava che molti dei prin
cipali del Monte dei Nove fossero condotti in palazzo nella sala gran
de del Consiglio, e che le c;ise loro venissero perquisite togliendone
le armi per consegnarle all' Operajo della Camera del Comune. Que-
st' operazione non passò senza disordine, poiché alcune di quelle
case furono, piuttosto che perquisite, anzi saccheggiate dalla plebe
divenuta feroce, per cui la forza pubblica era impotente a tutelare
la vita e le proprietà dei cittadini. Fatta sicura della impanità la
plebe discacciava dallo Spedale il Rettore Ciuo Cinughi conducen
dolo con gli ultri de' Nove ritenuti nella gran sala del Consiglio uni
tamente a Bartolommeo Degli Aguzzi Vescovo di Grosseto e a Nic
colò Borghesi Gonfaloniere del Terzo di S. Martino.
Per calmare quel furore la Balìa spediva a Monteriggioni, ca
stello solo otio miglia distante dalla città, Gbino di Ghino, France
sco Catasti e Fabio Bellarmati tutti dell' Ordine dei Nove, a dimo
strare a quei fuoruscili che tenevano il castello , il pericolo a cui
esponevano i ciltadini dell'Ordine loro che erano in città, e per
pregarli ad abbandonar quel luogo e così togliere il pretesto alla
sedizione, dulia quale potevano temersi atii di violenza terribili e
micidiali ; ma i fuorusciti insisterono in quella occupazione dichia
rando di voler ritenere quel castello finché non fossero stati piena
mente amnistiati. Al loro ritorno i Deputati che recavano la rispo
sta negativa furono con gli altri consegnati nella sala del Consi
glio; tre nuovi Deputati allora furono spedili per far delle indagini
sul modo con cui recuperar si potesse quel castello , ma non solo
per la sedizione, ma per altre cause ancora : questa prima mossa
manifesto più vaste piano di attacco contro la Repubblica di Sie
na, che poteva esser fomite a nuova guerra in Toscana.
Pendeva sempre avanti la Ruota di Roma la compromessa que
stione intorno al drilto di legittimo possesso per parte dei Senesi
delle castella già pertinenti ai Fiorentini , e che erano rimaste ai
Senesi in forza dell' ultimo trattato di pace. Fu in quest' occasione
92
che i Fiorentini ue dimandarono l;i restituzione. dirigendosi a Bar-
tolommeo Sozzini ambasciatore della Repubblica di Siena. In oltre
il Duca di Calabria non era straniero a queste pratiche, per cui i
Senesi vedendo crescere il pericolo mandarono il loro esercito colle
artiglierie al ricupero del castello; la previdenza fu saggia poiché
poco tempo passò, che quelle truppe doverono combattere contro
Neri Placidi venuto da Piombino a Staggia con 160 fanti, e contro
Salvano Sai vani venuto da Lucca con altri armati : furono ambe
due messi in fuga ed inseguiti fino a Staggia, ove dal Commissario
Fiorentino avevano avuto ricetto.
Il Pontefice cui stava in quel tempo a cuore la pace di Tosca
na voleva prevenire le cause di nuova guerra, che più minacciose
si palesavano, poiché quelle genti condotte da Piombino da Neri
Placidi erano un sussidio datole per ordiu del Re di Napoli, dal
quale i fuorusciti potevano sperare più potenti soccorsi, per cui il
Papa spediva sollecitamente il Cardinal Malfetta Legato Apostolico
dirigendolo alla Signoria di Firenze. Infatti o le minacce , o l' abi
lità di questo Legato furono efficaci , poiché fecero cambiar consi
glio ai Fiorentini, quali allora bandirono dal dominio della loro Re
pubblica tutti i fuorusciti senesi che vi si erano ricovrati, dietro di
che quelli che occupavano allora Monteriggioni vedendosi abbando
nati, e senza speranza di soccorso il 19 di Febbrajo U82 lo resero
ai Commissari senesi, e scortati dalla compagnia di Stefanino Moria
si ridussero nel territorio fiorentino.
Alcuni giovani senesi caldi di vendetta eransi mossi dalla citta
con animo di attaccar quei ribelli ed ucciderli alla loro uscita dal
castello, ma il caso sconcertò quel progetto, poiché non fu loro pos
sibile raggiungerli : ma l' odio popolare contro l' Ordine dei Nove
era giunto al colmo, poiché predominato da un ambizione di domi
nio esclusivo teneva inquieta la città, e minacciava la indipendenza
della Repubblica parteggiando per le influenze straniere, onde quei
giovani tornati in città senza aver potuto dare sfogo all' ira diman
darono la espulsione di quell' Ordine dal governo. Fu necessario
appagar la dimanda, ed i Nove furono privati in perpetuo del drit
to di governare ; si trattava ancora di ricominciare il processo con
tro i tre detenuti nelle rócche Antonio Bellanti, Placido Placidi, Leo
nardo Gucci; e si volevano condannati e maggiormente puniti: ma
93
il 22 di gucllo stesso mese tornava in Siena il Legato Apostolico
Cardinal Malfatta, ed egli consigliò pace fra i cittadini, poiché ave
va potuto ottenere che i Fiorentini non favorissero i fuoriesciti, ed
egli con molta ragione faceva osservare che l' esistenza di tanti
Monti era fomite continuo di civili discordie , in mezzo alle quali
le li beila pubbliche, la indipendenza stessa della patria dovevano
necessariamente perire . e consigliava la fusione di quei Monti in
un' solo , e così formare un corpo che avesse unita d' azione e di
interessi, e queste ragioni ebbero tanta potenza che il Senato il di
21 Marzo deliberava l' abolizione di tutti i Monti: e tenendo ferme
le condanne contro quelli che erano stati banditi, comprendeva nel
nuovo Monte Popolare unico anche coloro che avevano fatto parte
dell' Ordine dei Nove, ancorché privati fossero del dritto di gover
nare (1). Rimaneva allora la divisione per terzi, e così fu ordinato, che
nella elezione dei nuovi Magistrati si dovesse di questo far conto.
nurst' ordinamento era il più razionale, ma i popoli sono tenaci nei
costumi ereditati dai maggiori, ed un tratto di penna non serve a
scancellare tutto il passato, e svellere quetle radici che ripullulano
quando sono profonde.
L'anno 1482 era passato in continue agitazioni rivoluzionarie:
sotto migliori auspici sembrava che incominciasse il 14^3, poiché
per Pasqua di Resurrezione si fecero processioni: vi fu uno special

(l) Dal complesso di tante e continue agitazioni rivoluzionarie


raccontate minutamente da! Tizio, dall' Allegrutti ed altri Scrittori ,
abitazioni che portarono la depressione ora di un Monte ora di un
altro, e da cui ne derivarono incendi, saccheggi, esili, uccisioni, si
pnfi rilevare che Cino Cinuiìhi Rettore dello Spedale. per quanto ap
partenente al Monte dei Nove , pure spinto dalla invidia che a lui
destò la superiorità nelle cariche pubbliche acquistata dai di lui com
pagni fu uno dei principali fautori di tutte quelle turbolenze, e che
Antonio Bellanti, capo dei Nove, avvilito d' animo, si laccio sfuggire
il principato della città , siccome in quella occasione non seppe met
tere a profitto le forze del suo Ordinet ed i soccorsi che a lui veni
vano offerti dal Conte <f Orbino « dal Signor di Piombino. — È da
osservarsi ancora che in mezzo a tanto trambusto mcomi/iciò per la
prima volta a figurare Pandoìfo Petnicci.
94
Giubbileo accordato dal sommo Pontefice per disporre alla quiete ,
all' unione, alla fratellanza gli animi dei cittadini, ed implorare dal
la Divinità che volesse ravvedere i traviati, ma ciò non ostante la
città tornò ad essere angustiata da nuovi tumulti. Èrano stati po
sti in libertà quei detenuti che furono messi in custodia nella gran
sala del Consiglio, meno alcuni che si credevano più compromessi
nelle trame ordite contro la patria ; questi erano stati consegnati
al Potestà Antonio de' Conti di S. Martino da Padova, perchò istruis
se coatro di loro un processo. onde conoscere dalle resultanze se esi
stevano quelle congiure che erano loro addebitate dai faziosi, quando
il 30 di Marzo 1483 alcuni giovani del Monte del Popolo e dei Rifor
matori guidati da Giovanni Cecchini. Antonio Palmieri e da un Chi-
gi di Matteo, senza rispetto atle promesse ed ai giuramenti, dato di
piglio alle armi invasero il palazzo del Potestà, ed impadronitisi dei
prigionieri, contro ogni principio di umanità e di giustizia, feroce
mente vivi li gettarono dalle finestre del palazzo stesso nel sottoposto
mercato, e cos'i precipitati da tant' altezza , infranti nella caduta i
loro corpi , esalarono l' ultimo respiro fra le feroci derisioni della
plebaglia : furono di questo numero Biagio Turchi, Angelo Petrucci,
Lodovico Tondi dell' Ordine dei .Nove e Leonardo detto il Cavalli
no di quello del Popolo. Il Legato Apostolico sdegnato per queste
crudeltà che vide rinnuovarsi durante la sua dimora, volle imme
diatamente
cace ai malipartirsene
inveteratidacheSiena,
straziavano
persuasola non
misera
esservi
città.rimedio
Trista con
eilì-

dizione dei tempi, in cui gli uomini inferociti dallo spirito di fa/io
ne, bandito il rispetto dovuto allo leggi umane e divine, inventa
vano nuovi supplizi, e come se le uccisioni proditorie, i saccheggi,
le aggressioni, l' agitazione tumultuaria della piazza non servissero
a saziare l' istinto crudele, giungevano a gettare quasi per scherno
gli uomini dalle finestre dei palagi.
Commesso quel delitto i faziosi si presentarono alla Signoria a
dimandar la morte di quei tre cittadini che erano detenuti nelle
rocche di Radicofani, di Piancastagnajo e di Monticchiello; fu forza
cedere all' impeto, e data dal Potestà la sentenza di morte ( 3 Apri
le U53 ) contro Placido Placidi, Leonardo Gucci ed Antonio Bellanti
furono spediti Girolamo Bindo, Niccolò di Mona Elisabctta e Gusparn;
detto il Calvaja alle respettive rocche a far decapitare quei miseri,
95
di cui si seppe la morte più presto della condanna (1). Qualcuno
ha preteso che questi delitti fossero commessi ad insinuazioue di co
loro che governavano la città, e lo desumono dal vedere i delin
quenti impuniti: comunque sia, quando un popolo é pervenuto a
quel grado di demoralizzazione sociale é vicino at dispotismo, che
giunge per alcuni come un bene, giacché é unico rimedio, sebbene
violento, che vaglia a sanare i mali da cui é travagliata la società.
Questi fatti atroci destarono un sordo spavento nei cittadini,
per cui ne seguì una emigrazione volontaria. non solo di quelli dei
Nove, ma ancora di altre famiglie, ohe sebbene non avessero a te
mere per se stesse , erano disgustate da quel continuo disordine,
che degenerava iu n'era anarchia : molti si ridussero in Roma , ove
implorando la protezione di Papa Sisto, non che quella del Re di
Napoli e del Duca di Calabria dimandavano soccorso , per ripa-
triare sotto la protezione di leggi che tutelassero la loro vita, e le
loro proprietà. Avvedutisi di queste pratiche coloro che governa
vano la città di Siena prima fecero loro precetto di rendersi entro
un detcrminato tempo alla patria, sotto pene di confisca dei beni
contro i trasgressori, quindi si rivolsero al Pontefice per far lega
seco lui, ed esser considerati nella guerra che allora si combatteva
in Lombardia fra i Potentati italiani per la difesa di Ferrara contro
i Veneziani: ma gli Ambasciatori tornarono da Roma riportando sol
tanto le prove del disprezzo con cui erano stati ricévuti. Allora ri
volsero l'animo a collegarsi coi Fiorentini, che aderirono alle pro
poste degli Oratori senesi a condizione che loro fossero restituite le
castella della Castellina, S. Polo e Moutedominici ; la lega fu stabi
lità il 14 Giugno U83 e durar dovea per 25 anni. I fuorusciti ten
tavano ogni mezzo per ripatriare: si ridussero in quel di Perugia,
associarono della gente armata, e fra gli altri la banda di Ridolfo
Baglioni, e quindi entrarono del dominio di Siena, e fecero alto a
Saturnia. Quelli che tenevano il governo della città non erano tan
to spaventati dall' audacia dei fuorusciti, quanto dall' idea che essi
(1) La
doveano sentenza
essere di morte
sostenuti sospesa perdaalquanti
segretamente qualchegiorni fu eseguita
potente che mi-

il 13 Aprile del detto anno U53.


9S
•' di essa sono meno vantaggiose di quelle che mi erano state of-
« ferie dai nemici: io non posso né approvarla né benedirla. » II
di lui carattere impetuoso lo condusse ad un eccesso di collera ,
di cui moriva, già vecchio cadente e gottoso. Infatti quel trat
tato era confuso; nulla era stato stipulato intorno alla sorte
di Sarzana che i Fiorentini reclamavano ; i piccoli governi erano
stati tutti sacrificati all' ambizione dei più forti : la Repubblica di
Siena vi era stata compresa accordandole due mesi di tempo per
aderire alla nuova lega ; ma il fatto più importante si fu che il
Riario, nipote del defunto Pontefice, vide sparirsi tutte quelle idee
di grandezza e di potenza, per le quali lo zio erasi cotanto affan
nato. Il successore al soglio pontificio fu il Cardinale Malfetta geno
vese, quello stesso che spedito a Siena dava opera a riconciliare le
fazioni, e che se ne partiva scandalizzato di fronte agli eccessi che
sotto i di lui occhi si compirono. Egli assunse il titolo d' Innocen-
zo VIII : i Senesi spedirono ambasciatori a Roma Andreoccio Ghi-
nucci Vescovo di Sovana, Salimbene Capacci, Lorenzo Buoninsegni
e Achille de' Conti d' Elei coll' incarico di complimentare il nuovo
Pontefice , scusando al tempo stesso la inreverenza colla quale era
stato con popolare ingratitudine il suo ministero oltraggiato. Spedi
rono pure Oratori al Re di Napoli, al Duca di Milano, alla Repub
blica di Venezia onde ratificare in ciò che li riguardava la pace di
Bagnolo.
Accomodatesi ancora per opera del nuovo Pontefice le differen
ze fra gli Orsini ed i Colonnesi pareva che la Toscana dovesse go
der tranquilla i frutti di quella concordia: ma i Fiorentini, cui stava
a cuore il ricupero di Sarzana, cercarono d' intorbidarla; at tempo
stesso il Re di Napoli rotta la fede, fece prigione il Duca di Monte-
rio, e mandò l' esercito verso la città d' Aquila per ribellarla con
tro la Chiesa ; ordinò pure a Giulio Orsino, che con alcune squadre
e compagnie di cavalli prestasse mano ai fuorusciti senesi, affinché
potessero colle armi ritornare in quella patria che gli aveva ban
diti. Infatti riunirono essi una quantità di armati fra Todi, Perù-
pia ed Orvieto all' insapute del Papa, e con questi irruppero nel
lo Stato Senese, e si recarono verso S. Quirico : ma i terrazzani
non solo ricusarono di aprir loro le porto, ma respinsero gli as-
.••ulti i• he furono tentati : l' ardire dei fuorusciti venne meno. e sen
99
tendo che un esercito fiorentino si era mosso in favor dei Senesi
si ritirarono nelli Stati della Chiesa : era difficile che essi non man
tenessero occulte intelligenze coi loro aderenti che erano in città.
Infatti fu scoperta una congiura che aveano formata principalmente
un Lodovico Tolomei ed un Tommaso d'Antonio di Goro, per cui
provata la loro reità furono ambedue decapitati ; né il sangue spar
so bastava a calmare le ire delle Tazioni e la inrequieta volubilità:
dei Senesi , poiché all' epoca della estrazione dei nuovi Magistrati
che dovevano, secondo gli Statuti, rimpiazzare quelli che aveait
compito il tempo della loro residenza , vi furono uuovi tumulti di
piazza, poiché i popolari dissero esservi stata frode, e convenne per
ciò dar soddisfazione ai tumultuanti con rifare, come allora si di
ceva, i bossoli, e procedere a nuova estrazione; e senza la vicinan
za dell'esercito del Duca di Calabria, che guerreggiando contro il
Papa ed in difesa dei ribelli d' Aquilea trovavasi verso Pitigliano,
chi sa mai dove sarebbero giunte quelle maligne pretese, quelle in
discrete agitazioni, nelle quali non sapremmo se la parte maggiore
speltasse all' ignoranza o alla perfidia.
In quella guerra fra il Re di Napoli ed il Papa i Fiorentini so
stennero la parte del primo, contro il San Severino. che era gene
rale delle armi della Chiesa: e sebbene i Senesi non vi prendessero
alcuna parte , pure ora furono rampognati dai Fiorentini , ora dal
San Severino a cagione delle vettovaglie che mancando ora all' uno
ora all' altro, tutti ne attribuivano il difetto alla condotta ambigua
della Repubblica di Siena. Questa guerra fu combattuta nel modo
il più fiacco: le fazioni, i combattimenti si risolvevano colla prigio
nia di pochi, spesso non si contavano né morti, ué feriti ; sembra
che gl' Italiani avessero in quel tempo perduto l' usato valore , o
quelle controversie fmirono colla umiliazione di Buonifacio VIII, che
dopo aver fatto sollevare i Baroni Napoletani contro Ferdinando fini
per sacrificarli, come abbandonò il suo stesso 'generale San Severi
no, che con pochi cavalleggieri si rifugiò nelli Stati Veneti; e mentre
Siena sperdeva le sue forze in mezzo alle fazioni, Lorenzo de' Me
dici a Firenze sulla decadenza di quella Repubblica, e sulla corrut
tela dei ciltadini inalzava la sua famiglia a quella grandezza che
finisce per assorbire tutte le varie branche del potere: e non solo
Lorenzo de' Medici ambiva al dominio assoluto della città di Firen
100
zc, ma spingeva la sua ambizione a divenir signore di più vasto
Stato , minacciando segretamente i Governi liberi che ancor rima
nevano, ed il di lui dito non era straniero a quelle agitazioni ri
voluzionarie, che si vedevano incessantemente riaccendersi in Sie
na tosto che si credevano calmate. Egli s' incaminava verso il di
spotismo, ed una politica astuta, se non sleale, condotta con abili
negoziazioni era per lo più coronata da un favorevole successo.
La riforma dei due bossoli, lungi dat calmare le esigenze. con
tribuì invece a fomentare nuovi disordini ; i popolari si erano di
visi , tutti non vi concorsero col loro voto , onde nacque scissura
fra gli eletti alla prima estrazione, e quelli che nella seconda erano
stati portati al potere, e come allora si diceva, fra quelli del pri
mo e gli altri del secondo bossolo , che fu detto del primo e del
secondo popolo, e di quì nuove cause di scoutento, nuovi rancori;
altro infortunio si unì alle civili discordie, e si fu la peste che im
perversò nelt' anno 1485 per cui fu notevole l'emigrazione, ed il
travaglio della citth ; ma nemmeno questo flagello calmava le fa
zioni, poiché molti noliiti lasciate le loro ville, ove eransi refugiati
per sfuggire il malore, toni. i; i in città si unirono a molti popolari
e formarono un partito che fu chiamato dei Bigi, che erano quelli,
che sebbene non amici del Ordine dei Nove, pure non aveano con
tribuito alla loro cacciata : all' epoca nostra si chiamerebbe questo
il partito dei Moderati. Ma tante complicanze che sono ditlieili a
spiegarsi dovevano tosio o tardi condurre ad una reazione sangui
naria. Questa nuova setta per rendersi più formidabile seppe tirar
dalla sua parte i fuoruscili dandoli speranza di renderli alla patria,
<• combinarono che in una notte sarebbero state loro aperte le porte
Ovile e dimoiila, per le quali sarebbero entnUi in città, conforme
avvenne, e così col favore di quelli di dentro avanzatisi quei
di fuori. fecero un tumulto, che svegliando la parte avversa corse
alle armi, e scontratisi in piazza vi fu zuffa, nella quale i nuovi
venuti guidati da Niccolò di Nanni Beverini trovandosi inferiori si
ritirarono, e quindi partironsi sulla direzione del territorio fiorenti
no; per questa ritirata Cristofano di Guidoccio, capo della setta po
polare, trovatosi padrone del campo entrò in palazzo ed ottenne
che fosse creata una Dalia ili dieci cittadini tutti popolari, il di cui
primo atlo fu quello di pubblicar ribelli i loro avversari. Non pas
101
sarono due giorni che questa setta tornò a far remore. dicendo che
intese le divisioni della città le truppe fiorentine oransi accostate
ai confini dello Stato per favorire la parte dei Beverini : quest' in
ganno servì a meraviglio, poiché il popolo prese le armi uell' idea di
correre alla difesa della patria, ed intanto contribuiva ad arrestare
tutti quei cittadini che alla setta erano invisi, per cui le carceri si
empivano, e la condizione della città ad ogni momento diveniva
vieppiù trista; ed aggiunti alla nuova Balta altri quindici popolari
ne fu portato il numero a venticinque, e così il governo della cit
tà trovossi in potere di coloro, che nel permanente stato di agita
zione erano stati più arditi e più fortunati. Era necessario che que
sto nuovo governo s'inaugurasse con un atto di rigore: la giusti
zia o meglio t'arbitrio colpì un tai Lorenzo Venturi ni. ché per quanto
appartenesse at numero di quelli che l' Ordine dei Nove aveva nel
1480 cacciati dalla cinà coi Riformatori. pure per semplici sospetti
di congiure fu decapitato.
Ormai tutte quelle agitazioni avevano condono fuori della città
tanti cittadini. che tutti gli Ordini contavano i loro esuli: ogni par
tito aveva abusato della sua vittoria facendo delle vittime; ve n'era
no del Monte dei Nove, del Monte dei Dodici e di quello dei Rifor
matori, e fra questi vi si trovavano dei cittadini che per pratica di
governo lungamente esercitata in altri tempi emergevano fra gli al
tri, come Lorenzo e Guid'AntonioBuoninsegni, Niccolò Borghesi, Neri
Placidi , Mariauo Sozziui . Leonardo Bellanti , Francesco Severini.
Cresciute così il numero dui fuoruscili si riunirono in Roma ed
in Pisa, e sebbene appartenenti ad Ordini diversi, pure veden
do la condizione infelice , a cui erasi condotta la patria , fecero
abiura dei loro passati errori, e tutti convennero di adoprarsi in
modo da far cessare quello stato d' anarchia. Ma prima di perve
nire al loro intente era necessario vincere lu parte popolare che
dominava, e che di tutte faceva per consolidare nelle sue maiti quel
potere ottenuto dal caso o dalla violenza. Fu per questo che nel
Novembre del 1 486 venne confermata per sei mesi la stessa Balìa
che nel Settembre precedente era stata eletta, ordinando di più che
passati i sei mesi gli si aggiungessero altri undici individui portan
doli al numero di trentasei traiti dal primo popolo, e questi durar
dovessero al potere tinché durasse il bossolo della Signoria.
102
Questo Magistrato pensò dare amnistia ai fuorusciti, eccettuando
i figli di Niccolò Soverini e di Lorenzo Venturini : molti ripatriaro-
no, ma sembrando ad essi che quella forma di governo non desse
sufficente garanzia alla sicurezza personale, incominciarono, prima
in segreto, poi apertamente a mettere in campo delle nuovita ; im-
pegnaronsi a far tornare coloro che non avevano voluto profittare
dell' amnistia, e vedendo imminente la rovina della patria andava
no discorrendo sul modo di ripararla: ma se convenivano sul prin
cipio, era diflìcile intendersi sui mezzi, per cui le pratiche di pace
e di concordia si sperdevano nella applicazione. In fine quelli che
si mantenevano fuorusciti vedendo la impossibilità di conciliare le
opinioni. pensarono di ottenere colle armi, quanto rifiutava la ra
gione : i Se.verini fecero capo a Staggia seguiti da molti dell' Ordi
ne dei Nove, dei Riformatori e degli altri Monti , e colà andavano
ingrossandosi con quelli che tornavano da Roma, da Napoli e da al
tre parti. Mentre tutto ciò accadeva ai popolari non sembrava pos
sibile l' unione di uomini che erano stati fra loro nemici per la di
versità dei Monti cui appartenevano; ma il pericolo o la disgrazia
comune avvicina gli uomini di tutti i partili, e ritornano alle vec
chie inimicizie dopo la vittoria per contrastarsene i frutti : imito
era in quella circostanza accaduto. Fatta sosta nel castel di Stag
gia, che apparteneva allora al Comune di Firenze, e messi in or
dine, i fuorusciti che si trovavano a 12 miglia di distanza da Sie
na, accompagnati da alquanti fanti fiorentini sotto il comando di
uà tal Bruno da Cremona, e da alquanti cavalli. Il 21 Luglio 1487
mossero verso la città procedendo per vie non praticate per giun
gervi improvisi. Per quanto grande fosse lu sicurezza dei cittadini
pure in quella notte stessa ebbero sentore di quella mossa, per cui
tutti presero le armi: ma rassicurati dagli scorridori mandati a per
correre la campagna, e specialmente verso Staggia, che tornavano
senza aver veduta né incontrata gente armata cessò quel movi
mento straordinario e tutti tornarono al riposo. E per vero dire alcu
ni accidenti accaduti nella marcia avevano trattenuto i fuoruscili, (1)

(1) In mulo carico degli attrazzi che avevano preparato per at


terrare la porta erasi smarrito per la foresta: convenne rintracciarlo,
403
e questa circostanza fu la loro salute, poiche all' alba si trovarono
a porta Fontebrauda , quando nelt'interno della citta tutto era ri
tornato in quiete, e quivi ajutati da tre dell'Ordine dei Riforma
tori, coi quali avevano mantenute segrete intelligenze, poterono sca
lar le mura, ed introdursi furtivamente in città. (1) Erano alla te
sta dei fuorusciti Paolo Salvetti, Pandolfo Petrucci, Francesco Seve-
rini, Lucio Bellanti e Cantillo Ventarmi ; erano circa a trenta più
arditi che avevano scalate le mura : appena entrati con questo mez
zo in città. corsero alla porta Fontebranda, e giunti improvisamente
sorpresero le guardie, le disarmarono, le ritennero prigioniere, ed
aprendo la porta fecero sì che tutti gli altri entrassero ; tutto di
pendeva dalla sollecitudine, ed il primo successo prometteva loro
fortuna maggiore. I soldati forestieri per altro che erano in loro com
pagnia, e che non erano animati dalli stessi sentimenti dei fuoru
sciti, non vedendo muoversi alcuno in loro favore, quasi credeva
no di esser traditi ; il loro timore assalse i tre dell' Ordine dei Ri
formatori che aveano favorito la scalata, per cui di soppiatto pre
sero la porta per andarsene a Montecchio ad attendere l' esito degli
avvenimenti; le esortazioni per altro valsero a rianimare quei sol
dati dall' abbattimento in cui erano caduti ; una parte ne furono
lasciati a guardia della porta, onde conservarsi sicura la ritirata in
caso di contrario successo; salita la costa di Fontebranda e giunti
alla Croce del Travaglio si diressero verso il Terzo di Camollia, gri
dando : Popolo, Nove, libertà e pace ; i bottegari che incominciava
no ad aprire le loro taberne a quella nuovità rimanevano attoniti.
ma nessuno si opponeva, lo che era di buon augurio; percorso quel
terzo si recarono in quello di S. Martino , ed il loro numero s' in
grossava di Riformatori ; allora si divisero, ed una parte andò per
il Terzo di Città tino al Convento, oggi, di S. Maria Maddalena, al
lora di S. Marta: e chiamato da coloro che si fmgevano amici Cri-
stofano di Guidoccio. che in quel rione abitava, sollecito all' invito

ma furono perdute delle ore prima che gli emigrati potessero rimet
tersi in viaggio.
(1) La scalata segui precisamente al punto ove era il Convento
delle Mantellate di Valle-Piatta.
104
usciva dalla propria casa per correre al palazzo, unirsi ai suoi e
respingere i fuorusciti, che gli fu detto essere a porta Camollia. Egli
cadde al laccio, poiché fu da Camillo Venturini con un colpo di spa
da trafitto, e cosi il figlio vendicava su di lui la morte di Lorenio
suo padre.
Intanto riunitisi alcuni del primo popolo avevano fatto sosta
in Camporeggi ; erano soltanto circa a quaranta guidati da Bindo
Guidoccio, e risoluti di combattere si avviarono in armi verso la
piazza, ma incontratisi per via con Girolamo e con Biagio Tolomei
conobbero i particolari dell'avvenimento, e la morte di Cristofauo
li sgomentò , per cui vedendosi poco numerosi li veniva meno il
coraggio, per lo che tornarono a disarmarsi: ma fu opinione di molti
0he qualora avessero attaccato zuffa, diveniva molto incerta l' im
presa dei fuorusciti, che stanchi ed oppressi dalla fatica, seguiti da
pochi partigiaui non avrebbero potuto opporre valida resistenza
contro la furia del popolo che poteva schierarsi dalla parte di Bia
do: ma come suole accadere vinse il maggiore ardire, e I' audacia
di pochi sorprese i più. I fuoruscili avevano fatto assai: vi restava
il compimento dell' opera, che era la parte la più interessante : Mat-
teo Panuilini che era Capitan di popolo aveva fatto chiudere le por
te del palazzo, ed egli con alcuni seguaci suoi, fatta tumultuaria
mente provisione di vettovaglie si chiusero nella torre, e quivi va
lidamente per più ore si.difesero; ma in fine Matico spossato dalla
fatica si arrese a. Diario Ugurgieri ed a Massimo Massaini, due dei
Gonfalonieri .Maestri, fu disarmato coi suoi e consegnato al Potestà;
sob\ un processo che fu durissimo per le torture che dovette sof
frire. Egli era accusato di essere stato principale autore della ri
voluzione del 1482 contro i [Sovescili . e di aver contribuito alla
morte di Lorenzo Venturini che fu decapitato.
Era Matteo di maestoso aspetto : bello di forme per quanto
giunto al di lui sessantesimo anno : la di lui vita era un tessuto
di fortune e di sventure : ebbe dalla natura uno spirito intrapren
dente , ed a questo dono devesi attribuire il credito che acquistò
fra i popolari. Finalmente fu condannato a morte: la sentenza fu
eseguita in faccia alla porta del palazzo del Potestà : prima di mo
rire egli indirizzò al popolo parole generose, raccomandando la con-
cordia fra i cittadini, e quindi morì da forte.
105
Intanto fui dal 21 Luglio 1487 l' Ordine dei Nove riassumeva
il potere dello Stato dopo esserne stato privo per cinque anni, du
rante i quali perseguitato dal partito vincitore era stato l' oggetto
d'intollerabili sevizie: la cacciata per altro dei Noveschi lungi dal
portare la quiete fra i cittadini, e la pubblica prosperità, aveva
servito a vieppiù accendere quello spirito di fazione che é il prin
cipio dissolvente dell' ordine sociale : gli uomini nuovi da cui furo
no sostituiti , ora inalzati , ora depressi dalle repentine rivoluzioni
erano schiavi del proprio interesse, e poco curanti del ben pubblico,
per cui la condizione della città era divenuta assai P'ù trista. la
grandezza della Repubblica era stata abbassata ; e fu questo grave
danno , poiché la plebe che ad ogni mutamento avea sperato un
migliore avvenire, perduta la fiducia di coloro che avea stimato,
credette poter far meglio da se stessa; aspirò alle prime cariche,
le invase , e priva del soccorso dei lumi mise in pratica tutte le
aberrazioni figlio dell' idiotismo, e mentre credeva di favorire la li-
Lertà , preparava invece le catene della lirannide.
CAPITOLO QUINDICESIMO

SOMMARIO

La Sofia é disciolta — Francesco Sfanetti eletto Capitaìi del Po


polo — l'na nuova Balìa é nominata — Amnistia generale — Nuo-
va forma di Governo — \uovi turbamenti — / Monti sono soppres
si — La pubblica rappresentanza viene eletta per terzi — Vertenze
fra Ferdinando Re di \apoli ed Innocenza VIII. — Lorenzo de' Me
dici le concilia — I fuorusciti s' impadroniscono di Castelnuovo , e
tentano di entrare in Asinalunga per tradimento — Lago di Pietra
presso Castiglioni — La Sofìa é confermata in carica per altri cin
que anni — Morte di Lorenzo de' Medici — Pandolfo Petrucci —
Morte d' Innocenza VIII. — Gli succede Alessandro VI. — Pietro
de' Medici — Corto ViII vuoi rivendicare i dritti della Casa d' An-
giò sul Regno di Napoli — Lodovico il Moro ne farorisce i proget
ti — .Ambasciatori di Carlo a Siena — Truppe napoletane sbarcano
a Porf Èrcole e Talamone — Speranze dei fuorusciti senesi — Morte
di Giov. Galeazza Duca di Milano — Lotloviw il Moro s' impadro
nisce dell' Eredità — L' armata francese si avanza — Morte del Me
Ferdinando di \apoli a cui suc.cede Alfonso suo figlio — La fami
glia Medici esiliata da Firenze — L' autiyuardia francese giunge a
Siena — Arresto del Prof. Antonio da Venafro — Ingresso di Car
lo ViII in Siena — Risposta del Re alla Signoria — Ambasciatori
fiorentini a Re Carlo giungono in Siena — Partenza del Re da Sie
na — Montepulciano si ribella ai Fiorentini per darsi ai Senesi —
II Re Carlo a Roma — Condizioni della pace col Pontefice — // Re
facilmente conquista il Regno di Napoli — Partiti che si agitano in
Firenze — Lega Italiana sottoscritta in Venezia contro Francia —
II Re Carlo reduce da Napoli si ferma in Siena — Vi lascia 300
soldati francesi — Si avanza dalla parte di Pisa — L' avantiguar-
dia francese occupa Pontremoli — Si trova a fronte dei nemici alla
Chiaruola — Battaglia — L armata francese col Re si pongono in
satvo — Lucio Bellanti coi 300 soldati italiani entrano di notte in
Siena — Sedizione — / Francesi si congedano e partono da Siena
— Tentativo infruttuoso dei Fiorentini per occupar Montepulciano —
108
Lucio Bellanti e Pandolfo Petrucci sono investiti del comando delle
truppe destinate a guardia della piazza — Scorreria dei Fiorentini
verso Siena — Pratiche di Piero de' Medici fatte in Siena — Con
troversie fra Lucio Ballanti e Pandolfo Petrucci — Pericoli che mi
nacciano i Senesi — Fazioni varie — Nuova Batia — Continua la
guerra fra Pisani e Fiorentini — Nuove Leghe — Differenza a" opi
nione fra Niccolo Borghesi e Pandolfo Petrucci — La mozione di
Pandoìfo é adottata in Consiglio — Assassinio di Niccolo Borghesi
— Dispotismo ai Pandolfo Petrucci — Tragica fine del Savonarola
in Firenze — Morte di Carlo VIII. — Lodovico XII gli succede —
// De-Lign\ Capitan generale delle armi senesi — / Senesi cedono
le ragioni loro sopra Montepulciano al Re di Francia — / Francesi
comandati da Beaumont contro Pisa — II Duca Valentino dimanda
di collegarsi con Siena — Trattato di Granata — L esercito fran
cese destinato contro Napoli passa da Siena.

felici riescono nelle rivoluzioni i colpi arditi , é difficile


per altro alla parte viucitrice il consolidarsi in quella potenza, a
cui la fortuna l' ha inalzata ; l' eccessivo rigore , le persecuzioni
contro i partili vinti non sono talvolta i migliori espedienti. È iua-
raviglioso per altro il vedere come una rivoluzione cosi radicale ,
che riportava al potere uomini odiati , si compisse colla morte di
una sola persona ; convien credere che il popolo fosse stanco di quel
continuo agitarsi che per diversi anni aveva in tanti modi angu
stiati i cittadini ; Siena ha somministrato alla storia l' esempio di
una febbre rivoluzionaria che senza calmarsi rinnuovava continua
mente i suoi eccessi furibondi. Abbiamo veduto i Guelfi e Ghibel
lini, i Bianchi ed i Neri; Pistoja specialmente, Pisa e Firenze han
no avuto i loro clamori di piazza accompagnati dallo spargimento
di sangue cittadino, ma erano due partili fra loro nemici, ma nes
suna città ha avute quanto Siena tante divisioni di sette che so-
nosi lungamente contrastate il dominio , equilibrandosi in modo
che una non ha giammai potuto distruggere l' altra : tutti i Monti
ebbero i loro trionfi, le loro sconfitte , ma tutti rimasero potenti in
modo da potere aspirare dimani al possesso di quanto avevano oggi
perduto , ed a questa causa specialmente devesi attribuire la per
manente tendenza rivoluzionaria che si prolungò per tanto tempo,
409
e finché non trovossi un uomo che seppe dominare tutti i partiti
esercitando un potere dispotico. Quest' nomo talvolta é opportuno,
perché se offende le pubbliche libertà, almeno riordina lo Stato, ri
stabilisce la quiete , e se non corregge, almeno incute timore alle
menti traviate, alle ambizioni indomite. Le leggi di natura reagi
scono da se medesime, ed i popoli che fanno un abuso delle libertà
per mezzo delle politiche intemperanze favoriscono il dispotismo.
I Noveschi e fuorusciti invaso che ebbero il palazzo pubblico
s" unirono alla Signoria, che gli accolse come se fossero stati i ben
venuti , ed il primo atto concordemente stabilito fu il rinviò di co
loro che formavano allora la Balìa , e per sicurezza della Repub
blica fu dato ordine alla Signoria medesima , Gonfalonieri e Consi
glieri, che eleggessero ventotto cittadini al Governo provisiorio della
città, riservandosi a prendere ulteriori disposizioni at ritorno del
Cardinal di Siena , quale prevedendo forse maggiori clamori erasi
per tempo ritirato. a Pienza. Nella carica di Capitan del Popolo ve
niva nominato Francesco d' Andrea Manetti ; la nuova Balìa ricom
pensava la compagnia di Bruno da Verona ed il capitati Petrizza
spagnolo che avevano accompagnato i fuorusciti , e volendo esser
generosa con tutti pubblicò che intendeva rimettere e cassare le
pene di tutti coloro che erano stati ammoniti , fatti ribelli e ban
diti a qualsiasi Monte appartenessero: era questo un perdono ge
nerale che riconduceva nel seno delle famiglie tanti esseri che ave-
van provato il dolore dell' esilio , era un ristabilir la pace fra i de
solati cittadini : ma i partili non sogliono che per poco apprezzare
queste elargizioni , e l' invidia e l' ambizione ben presto tornano a
suscitare il veleno che infiamma le passioni.
Giunto in città il Cardinale di Siena , unitosi alla nuova Balìa
riformarono lo stato ordinando la divisione di tre soli Monti ; il
primo quello dei Nove, a cui fu aggiunto l'altro dei Nobili; quello
del Popolo il secondo; il terzo quello dei Riformatori, nel quale si
fondeva l' altro dei Dodici. Fu eletta una nuova Balìa composta di
ventisette individui per ciascun Monte per avere un numero com
plessivo di ciuquantuno, da durare a tuti' Ottobre, e questa nuo
va forma di governo venne approvata dal Consiglio li 27 Luglio
1487; furono restituiti i beni a coloro cui erano stati confiscati; fu
rono restituiti agl' impieghi quelli dell' Ordine dei Nove che ne era
HO
no stati cacciati nel 1 482. Ai compratori dei beni confiscati furono
rimesse le somme sborsate nella compra , solo perdettero quanto
potevano avere speso in buonificamenti. Furono in fine condannati
a leggere pene trentatre cittadini che aveano magsiiormente con
tribuito alla cacciata dei Nove : ogni altra mancanza fu rimessa.
Non era per altro abbandonata l' idea di fondere tutti i Monti,
ma frattanto poco tempo passò senza nuovi cambiamenti che por
tarono il Consiglio a 710 rappresentanti con nuove proporzioni fra
i tre Monti. Si giunse fra le incertezze atla scadenza della nuova
Baha che era stabilita al mese d" Ottobre , né era possibile che i
Nove volessero perdere i vantaggi che aveano conquistati, per cui
nuove riforme furono proposte , e la Balta fu ristretta a soli ven
tiquattro individui, quali erano segnati in una nota circolante,
quale fu approvata, intauto che Bruno da Verona occupava la piaz
za coi suoi armati iu aria minacciosa. Per questi fatti tornavano
gli animi a turbarsi in modo che nuove procelle si condensavano;
incominciarono di nuovo le persecuzioni contro le persone sospette,
molti furono dalla città allontanati, e specialmente il Monte dei Ri
formatori ero preso di mira da quelli che tenevano il Governo; al
cuni ne furono impiccati, e fra gli altri il Calvaja, che aveva con
tribuito a far tagliare la testa ai tre che erano rinchiusi nelle roc
che, cosicché le vendette incominciavano ad esercitarsi, tanto più
tirannicamente in quanto che erano state gia perdonate le offese ,
e la pena, se dovuta, veniva troppo tardi dal partito vincitore
esercitata.
Dopo tanti cambiamenti che non avevano giovato a ristabilire
la quiete e la concordia , restava un esperimento da farsi ed era
la fusione dei Monti ; questa era l' unica ancora di salvezza a cui
si appigliarono gli onesti cittadini: nell' estremo pericolo della pa
tria la loro voce fu potente. per cui furono tutti i Monti annullati
e cassati, e fu disposto che la pubblica rappresentanza fosse eletta
per terzi su proporzioni eguali , la di cui autorità durar dovesse
per cinque anni. Ma é tempo ormai di riposarci a questo punto, e
lasciare il disgustoso racconto di popolari agitazioni , di cui i no
stri maggiori ci diedero il turpe esempio, esempio terribile, poiché
ci dimostra che i partiti esercitano la più mostruosa tiraunide a
nome della libertà.
ni
Gravi divergenze erano insorte fra il Re Ferdinando di Napoli
ed Innocenze ViII ; il Pontefice timoroso cercò di calmare la collera
del Re , ma perdette tutti i vantaggi che su quel reame avevano
i di lui predecessori acquistati , poiché il Re dispose a sua vo
glia di tutti i benefizi ecclesiastici dei suoi Stati . ricusò l' annuo
tributo che si era obbligato di pagare , si rese affatto indipendente
dalla Santa Sede; allora Innocenze che sentiva la propria debolez
za gettossi fra le braccia di Lorenzo de' Medici , l' alleato di Fér-
diuando. Questo sommo politico destreggiossi con tanta avvedutez
za, che tutto occupato dei suoi interessi dinastici, piuttosto che di
quelli della Repubblica, riuscì ad ottenere alla sua famiglia l' ami
cizia di Ferdinando coi servigi resili, e quella d' Innocenzo con far
gli paura. La vanità di Lorenzo era paga, poiché Francesco Cibo
figlio dello stesso Pontefice sposava Maddalena figlia di Lorenzo e
della Clarice Orsini (Novembre 1487), ed il secondo figlio dello
stesso Lorenzo ottenne dal Pontefice il Cappello Cardinalizio, per
quanto fosse ancor fanciullo; lo vedremo più tardi Pontefice sotto
il titolo di Leone X , ed in mezzo ai grandi rivolgimenti che me
ditava Lorenzo vi era pur quello di ridurre a soggezione la Re
pubblica di Siena ; infatti gli emigrati si riunirono, come abbiamo
veduto, nel territorio fiorentino; i soldati che gli accompagnarono
avevano appartenuto all' esercito di Firenze: é chiaro adunque che
Lorenzo fomentava le divisioni e la guerra civile per intervenire
come pacificatore a tempo opportuno, e farsi pagare i servigi resi
coll' oppressione dei cittadini : ma non tutti i progetti si possono
condurre a compimento ; si suscitano talvolta degl' impedimenti ,
che ne fanno rimettere la esecuzione a più tardi tempi.
In Siena gli animi andavano calmandosi , l' ordine sembrava
rinascere : qualche disturbo ebbe il Governo a molivo del Castel
di Montauto che fu preso da una truppa di Corsi per sorpresa;
temerono i Senesi che quel fatto non fosse isolato , per cui spedi
rono Ambascia'.ori al Papa , al Re di Napoli, ed anche a Firenze,
ma nulla si verifieò di quanto aveano sospettato: il castello fu re
stituito alla Repubblica. Ma quella quiete poco durò. poiché all' al
ba del 22 Giugno 1489 una banda di fuorusciti senesi ajutati da
una truppa guidata da Cannilo Vitelli, profittando di una tempesta
orribile che imperversava, scalarono le mura di Castelnuovo Berar
denga, lontano sole otto miglia dalla città, e si resero di. quel ca
stello padroni : solleciti a questo pericolo coloro che governavano
la Repubblica spedirono armati sotto la condotta di Guido di Ca-
stell' Ottieri ad assediarli , ma non bastò questa forza ad imporre
a quei fuorusciti, per cui fu necessario spedirvi il Signor di Piom
bino generale delle armi senesi colle artiglierie per battere le mu
ra: ma il Vitelli trattando un accordo sacrificò i fuoruscili, poiché
egli coi suoi ebbe facoltà di andarsene , gli altri rimasero prigioni
e furono condotti a Siena: e per quanto l'Ordine dei Riformatori
si adoprasse in prò loro , pure i capi furono decapitati , gli altri
banditi nuovamente dalla patria; e nemmeno cessavano i Fioren
tini dall' esser molesti ai Senesi, poiché fu scorperia in quel tempo
una' congiura ; un Alino Pannilini ribelle di Siena si maneggiava
con un tal Mino di Biudo di Grazia che prometteva d' introdurre
in una notte i soldati di Firenze entro Asinalunga ; ma la morte
avvenuta di Mino Pannilini troncò la pratica incominciata ; essa
venne scoperta, ed arrestato Mino di Grazia confessò il delitto, per
cui condannato a morte subì la pena del non consumato tradimento.
Fu in quel tempo ordinata a cura di Neri Placidi e Giuseppe
Petrucci la fabbrica di un gran muro presso Castiglion della Pe-
scaja , che inoltrandosi nel mare formasse un gran lago ad uso di
conserva del pesce necessario al consumo dei cittadini ed all' in
dustria dei trafficanti ; esso fu detto Lago di Pietra. Fu necessario
dentro terra ancora sterpar macchie, tagliar bosco, superar difficol
tà ; quando venne a compimento fu reputata opera maravigliosa
da servire per tanti secoli; pure il tempo prevalse all'arte, poiché
col trascorrer degli anni il muro cedé all' impeto delle acque, ed
in oggi si ammirano soltanto gli avanzi degli impedimenti che l' in
gegno umano avea opposto alla natura. Appena risorta qualche spe
ranza di tranquillità incominciavano le arti a prosperare, poiché in
quell' epoca medesima fu incominciata dalla Famiglia Tancredi la
fabbrica del Campanile della Chiesa di S. Domenico, la di cui mole
per altezza fu (limi unii a dopo il terribile terremoto, cui andò sog
getta la città nell'anno 1798: ma quella quiete era soltanto appa
rente, poiché di tratto in tratto si scoprivano delle congiure, colle
quali li spiriti sediziosi intendevano a turbare l' ordine stabilito; fu
in conseguenza di una di queste scoperte che Giovanni di Trance
113
sco Bunninsegni gli fu per condanna tagliata la testa. I Fiorentini
non erano stranieri a queste mene, per cui la Repubblica spediva
ambasciatore a Firenze Francesco Severini, onde lagnarsi con quel
la Signoria del modo disleale con cui rispondeva quel Governo alla
buona fede dei Senesi, fomentando quelle brighe, di cui esistevano
prove evidenti.
La nuova Balìa aveva governato ormai per quatte' anni : un
anno soltanto le restava a compire in residenza; temendo a qnel-
l' epoca nuovi turbamenti , i savi cittadini pensarono di evitarli ,
confermandola per altri cinque anni : ma perché il fatto per se stes
so prudente non passasse senza qualche uuovità , si volle che il
Capitan di Popolo non fosse estratto dal bossolo della Signoria, ma
invece il Collegio di Balìa elessts a quella carica Antonio di Giovan
ni Bichi. La Repubblica si occupò di liberare la Maremma datle
masnade dei Corsi che la infestavano, per cui gran parte di quella
popolazione presa da spavento emigrava.
Moriva in Coraggi sua villa Lorenzo de' Medici, che fu sopran
nominato il Magnifico. Non si possono negare a quest' uomo sommi
pregi , ma la sua politica fu tutta dinastica , poiché mirò soltanto
ad accrescere la potenza della sua famiglia sulle rovine delle liber
tà della sua patria, che conculcò. Egli protesse le arti e le lettere,
e fu mecenate degl' ingegni che emersero durante la sua vii.i ; lo
studio della filosofia Platonica tornò a fiorire sotto la sua egida ;
egli fu zelante promotore del buono e del bello , ma dovendolo giu
dicare convien distinguere l' uomo politico, e l' uomo sociale.
Contemporaneamente passava all' altra vita il Pontefice luno-
eenzo VIII. Egli aveva prima della sua morte terminate tutte le
contese con Ferdinando di Napoli , dopo aver tentato inutilmente
di chiamare i Francesi in Italia in suo soccorso. La Bolla che re
golava tutte quelle questioni é del 4 Giugno 1492, ed il 23 del sus
seguente Luglio egli cessò di vivere. La mattina dell' 1 1 Agosto del
lo stesso anno il Conclave gli diede per successore Roderigo Borgia
nipote di Calisto III, dal quale era stato ricolmo di favori e creato
Cardinale ; egli era già noto per le dissolutezze della sua gioven
tù, ed in particolar modo era scandalosa la storia dei rapporti con
una sua amica detta Vanozia : ma se i di lui costumi erano cor
rotti, i suoi talenti erano incontrastabili, e li aveva sovente beno
8
H4
impiegati in servigio della Chiesa. Egli assunse il titolo di Ales
sandro vr.
Il periodo frattanto che ci resta a percorrere, che forse é il
più interessante di quanti ne abbiamo, sebben sommariamente, de
scritti, si allontana affatto dall' indole delle epoche passate; le liber
tà delle Repubbliche italiane si avvicinavano al loro tramonto: que
sto grande avvenimento non era casuale, ma preparato da gravi
errori, e dai cambiamenti, cui vanno soggetti i costumi; noi assi
steremo a questo grande sacrifizio , al quale ebbero gran parte li
stranieri, siccome l'Italia era omai divenuta il campo, nel quale
essi combattevano a vicenda per contrastarsene il possesso ; ma per
servire al nostro principal subietto, ci conviene parlare di un uo
mo, la di cui influenza cresceva in Siena, e che perciò dovea rap
presentare una parte interessante fra le sorti della Repubblica.
Per quanto vi fosse in città una quiete apparente, questa era la
conseguenza piuttosto della stanchezza dei cittadini, che un ritorno
alle idee più moderate. Gli uomini più non s' intendevano fra loro:
ogni questione suscitava opposizioni ispirate dall' interesse indivi
duale, col quale si sacri Bea va il pubblico bene: tutti volevano coman
dare, tutti aspiravano a ricoprire impieghi per far mercato dei loro
uffici ; le leggi se invocate a tutela del dritto, aveano in fatto per
duto il loro impero, ed i Magistrati invece di esercitar la .giustizia
favorivano la prepotenza del forte contro il debole. Se in mezzo
ad una società così corrotta sorge un uomo ardito, ambizioso che
aspiri at supremo potere, la coudizione dei tempi glie ne apre la
via ; tale si fu Paudolfo Petrucci : egli riuniva alle qualità indicate
una somma prudenzi, colla quale seppe mantenere ed accrescere
a seconda delle circostanze quella influenza che nel maneggio dei
pubblici affari erasi acquistata. Semplice di costumi, liberate all'oc
casione , affettava un rispetto per le pubbliche libertà ,' da lui in
cuore disprezzate; il di lui spirito ini riprendente lo poneva al di
sopra di tutti quelli, che nella confusione in cui erano caduti i Se
nesi , prctendevano regolare il limone dello Stato : egli ne seppe
li .ir partito per emergere , e le vicende , che in tutta Italia fatal
mente si disponevano, favorivano i di lui progetti.
Piero de' Medici era subentrato a Lorenzo nel dominio di Fi
renze, o per meglio dire nella limatura esercitata da suo padre;
i 13
lo spirito di libertà si ero infiacchito colà come in tutto le vecchie
Repubbliche italiane, per cui una trasformazione seguiva nelle idee,
nei costumi, ed invano il Savonarola tentava di riaccendere quel-
l' ardore di libertà che era presso al suo declinare. Regnava Car
lo VIII io Francia : quella nazione guerriera per indole cresceva di
forze, quanto l' Italia s' indeboliva ; sotto il pontificato d' Innocen
ze avea quel Re ricusato di soccorrere quel Papa nelle guerre che
ebbe con Ferdinaudo di Napoli , ma in seguito un bisogno d' im
prese cavalieresche si fece in Carlo sentire : egli abbracciò avida
mente il progetto di rivendicare sul Regno di Napoli i dritti .della
Casa d' Aogiò, di cui era il legittimo erede.
L' Italia vedeva il pericolo da cui era minacciata. Lodovico il
Moro Governatore di Milano tentò farli argine promuovendo una
federazione italiana contro gli stranieri; ma Piero de' Medici si op
pose per vanità a quest'unione, ed invece preferì di unirsi se
paratamente a Ferdinaudo di Napoli. I Veneziani in segreto fecero
lega con Alessandro VI , e cosi andarono disperse per la diversità
d' interessi quelle forze, che riunite potevano favorevolmente deeit-
dere delle sorti Italiane ; l' egoismo individuale fece mancare una
pratica dettata da saggia politica. Lodovico il Moro trovandosi de
luso, quasi isolato e privo d'alleanze, geloso della potenza degli
altri Stati italiani si rivolse a Carlo VIII, e dopo tanti contrasti fu
convenuto che Carlo farebbe scendere la sua armata in Itatia, per
1ll0 passo
ché il per
Ducai suoi
di Mitano
Stati. ma
si obbligava
a sovvenirlo
nonpersolo
le spese
a lasciargli
con 200,000
libero

ducati, e di rinforzare l' esercito con 500 uomini d' arme, e di ar


mare a Genova in suo servizio quanti vascelli avesse potuto. Dat
canto suo Carlo VIII garantiva a Lodovico il Moro l' autorità di cui
godeva iu Milano, ed il Ducato alla famiglia Sforza che Lodovico rap-
presentava. In fine prometteva di regalare allo stesso Lodovico il Prin
cipato di Taranto, tosto che avesse effettuata la conquista del Re
gno di Napoli. Tale si fu l' impolitico trattato che apriva di nuovo
atii stranieri la via d' Itatia.
Carlo VIII gonfio pel suo progetto spediva Ambasciatori a tutti
quei Governi italiani che erano inrcsoluti. ed il 9 Maggio del 1794
ue arrivarono quattro in Siena dimandando al Magistrato di Balìa
passo e vettovaglie per l' esercito francese, che andava a ricouqui
116
stnre il Regno dovuto al loro Monarca. Rispose il Gonfaloniere di
Giustizia, che era Bartolommeo Sozziui, che la Repubblica non tro-
vavasi in grado né di offrire , né di negare il passo a sì potente
esercito quall' era quello del Re Cristianissimo, e che avendo inte
resse a non nemicarsi veruna potenza , i Senesi si astenevano dal
dichiararsi amici e nemici ristringendosi entro i limiti prescritti
dalla prudenza. Gli Oratori sodisfatti di questa risposta se ne par
tirono alla volta di Roma, onde esplorare l' animo del Pontefice, co
me avean fatto colla Signoria di Firenze.
Si disponevano tempi procellosi pieni di calamità, onde gii ani
mi in Siena si allarmarono, temendo che i fuoruscili ne profittas
sero per far nuovi tentativi contro il governo stabilito, per cui fu
rono fatte nuove provisioni, affinché la citta e luoghi forti det do
minici fossero ben guardati e garantiti da ogni sorpresa. A questo
stato d' incertezza nuove complicanze si aggiunsero, poiché sbar
carono a Pori' Èrcole e 'Paiamone truppe napoletane comandate dal-
l' ammiraglio Don Federigo d' Aragona fratello dello stesso Re di
Napoli. Cuesto fatto poteva compromettere la Repubblica di fronte
al He di Francia, tanto più che si trovava fra quelle truppe Obiet
to Fieschi fuoruscito di Genova , quale pochi giorni prima, rotto il
confine, passava per Siena ; era suo divisamente di ridestare il di
lui partito in quell' Decorrenza portandosi verso Genova con quel-
l' armata, e togliere la sua patria at dominio dello Sforza. Infatti
rimbarcate quelle truppe , la flotta si diresse verso Porto Venere
con animo d'impadronirsi di quel punto; ma il progetto uon riesci,
per cui si ritirava a Livorno : ripreso quindi il mare tornò verso
quelle coste, e poste a terra le truppe il Fieschi si avanzò, prese
la terra di Rapale; ma Luigi Duca d' Orleans coll' armata francese
era giunto in Genova, per cui il Fieschi incontrato da quelle trup
pe fu battuto e posto in fuga ; quella spedizione aveva perduto
troppo tempo, che se più sollecitamente fosse giunta forse poteva
il piano esser coronato da felice successo.
I f uorusciti Senesi non erano senza speranze, ed al sentir que
ste vittorie dei Francesi che erano di felice augurio al Re Carlo,
hi lusingavano di ottenere il di lui favore , e col di lui appoggio
speravano di ritornare in patria per cambiarvi la forma di gover
no. Queste speranze erano divise ancora da un partito esistente in
città, composto di coloro che non aveano fiducia in chi governava
la Repubblica , ed erano questi distinti col titolo di Bigi : tali dis
sidi diedero luogo a nuovi esilj, a nuove persecuzioni.
Intanto la Repubblica faceva provista di vettovaglie, sentendo
che l' esercito francese si avanzava verso la Toscana ; in oltre si
disponeva a ricevere splendidamente Carlo VIII, ma la sua venuta
fu ritardata, poiché in Asti fu sorpresa dal vajolo, e quindi dovet
te fermarsi qualche giorno in Piacenza. Moriva in quel tempo Giov.
Galeazze Duca di Milano. Lodovico suo Zio , che avea governato
durante la di lui minorità, prese possesso del Ducato, lo che fece
supporre che egli avesse procurata quella morte per sodisfaro la
propria ambizione. Infatti ne ottenne dall' Imperatore Massimiliano
la investitura senza riguardo al figlio che lasciava Giov. Galeazzo
Sforza. Il Re Carlo imparò da questa circostanza a non fidarsi alle
promesse di Lodovico , la di cui condotta sembravagli disleale : e
siccome era vincolato in parentela col dcfunU Duca, essendo nati
da due sorelle figlie di Lodovico Duca di Savoja, fu in dubbio se do
vesse colle sue armi rivendicare i dritti della famiglia dell' estinto:
ma il Cardinale di S. Pietro in Vincola, fatale istrumento d' infiniti
danni all' Italia , abilmente lo dissuase da questo divisamente. Al
lora il Re mosse la sua armata, e varcando l' Appeonino per Sar-
zana e Pontremoli la ridusse a Pisa, che all' approssimarsi dei Fran
cesi si destava a libertà. Altri gravi avvenimenti erano accaduti;
Ferdinando Re di Napoli, grave d' età, inopinatamente moriva. Al
fonso II fu proclamato Re di Napoli , ma giungeva al potere in
critico momento. pure continuava i preparativi di difesa.
Una rivoluzione era seguita in Firenze . poiché il popolo sde
gnato contro Piero , perché aveva consegnate alcune fortezze del
lo Stato a Carlo VIII , si sollevò a nome della libertà concul
cata, e fu cacciata in bando tutta la famiglia dei Medici, per cui
quel Re sdegnato contro i Fiorentini, appena giuuto iu Pisa, ren
deva a questa città l' antica indipendenza.
Intanto che questi fatli si compivano, l' antiguardia dell' eser
cito francese composta di 10,000 persone comandata da Monsiguor
di Mont Pensier arrivava iu Siena il 19 Novembre 1.11*1. Per fata
lità alcuni di Colle ed altri di Casole aveano uccisi alcuni soldaii
francesi che marciavano isolati, per cui il Mont Pensier sdegnato te
118
mette che esistessero in Siena dei fautori del He di Napoli, e la di
lui collera si scagliò contro il Dott. Antonio Da Venafro. ( del quale
avremo luogo di parlare a suo tempo) lo fece arrestare, e lo riten
ne prigione; in seguito a questo fatto Neri Placidi ed Angelo T.m-
credi che erano tenuti come partigiani" di Napoli evasero dalla pa
tria, onde salvarsi dalle persecuzioni di cui ebbero timore. Partendo
da Siena il Mont Pensier condusse seco il prigioniero : i suoi sol
dati passando per le Maremme fecero Don pochi danni nella loro
marcia alla volta di Roma. Né a questo punto si arrestarono le se
vizie , poiché tornando da Pisa gli Ambasciatori senesi, che erano
andati colà a complimentare il Re in nome della Repubblica erano
accompagnati da due Francesi , quati presentatisi alla Signoria le
dimandarono in nome del loro Re la somma di 30,000 fiorini d' oro,
ed i Perti di mare di pertinenza dello Stato. Sotto tali auspici il
Re faceva il suo solenne ingresso in città il 2 Decembre 1494 venen
do da Firenze, ove eransi manifestati serj dispareri. Egli fu onorato,
•e condotto ali' alloggiamento apprestatogli nel palazzo dell' Arcive
scovado : il dì appresso la Signoria andò a larli reverenza , e lo
pregò a non volere insistere sulla domanda dei 33,000 fiorini. men
tre i bisogni della Repubblica non comportavano una sì grave im
posta. Il Re rispose esser grato all' accoglienza che riceveva nella
città dedita alla Vergine Maria , e che già sapeva essere i Senesi
buoni francesi, com' egli era buon senese, onde non voglio ( disse )
esserli molesto , io li condono tutto ; grata la Signoria per s'i gen
tile e cavalieresca risposta si accomiato ringraziandolo . e la citta
fu lieta e corrispose alla gentilezza degli ospiti. ll Lettore della Uni
versità dei studi, Antonio Da Venafro, fu per ordine reale reso atla
libertà , mentre la di lui innocenza fu asserita. Giunsero in Siena
un Lorenzo de' Medici di fazione contraria a Piero e sua famiglia, ed
un Guglielmo dei Pazzi, oratore fiorentino. a pagare a Carlo 50,000,
ducati in conto del donativo a cui quella Repubblica era stata tas
sata nella capitolazione fatta sotto Firenze. In oltre questi Oratori
reclamarono dal Re la restituzione della città di Pisa, e ue ripor
tarono speranze vaghe, poiché fu detto loro che ciò dependeva dat-
l' esito dell' impresa. I Fiorentini por atleo eransi mostrati non de
generi dai loro maggiori, e Pier Capponi fu buono a straniare colà
in faccia al Re i Capitoli ingiuriosi che voleva imporre alla Re
119
pubblica , ed una fiera risposta di questo cittadino sorprese il ca
valieresco Monarca. Egli tentò di rimettere in potere i Medici , ma
Piero, che erasi refugiato iu Bologna, negò di rendersi all' invito di
Carlo, poiché temette di porre iu pericolo la propria vita, e preferì
di attendere dal tempo e dalle circostanze il suo trionfo.
Dopo breve soggiorno il Re Carlo ai 4 Decembre partiva da
Siena alla volta di Roma col suo numeroso seguito. I Senesi senti
rono il bisogno di essere fra di loro più uniti , dal che dipendeva
la salute della patria , onde deliberarono il ritorno dei fuorusciti ;
vollero dare un altro reparto ai Monti formandone tre , e così fu
assegnato un terzo del governo ai Nove , un terzo ai Popolari , e
l'altro ai Gentiluomini, Dodici e Riformatori che furono riuniti in
un solo Monte , e queste previsioni furono consigliate ancora dal
Cardinale di S. Pietro in Vincola , che venuto a trovare il Re di
Francia , erasi trattenuto in Siena, ove a pace e coucordia confor
tava i cittadini , poiché il giorno appresso alla partenza da Siena
dei Francesi non era passato. senza interna agitazione per una dis
puta insorta fra Pietro Paolo Mignanelli ed uno dei Severini , alla
quale presero parte altre nobili famiglie , e poco mancò che mali
più gravi non ne derivassero.
I Montepulcianesi stanchi del giogo dei Fiorentini si ribellaro
no, per ritornare sotto il dominio dei Senesi; furono colà mandati
200 fanti da Chianciano , e Lodovico Martinozzi per Commissario ,
onde impadronirsi della fortezza e ristabilire l'ordine, quindi par
tirono a quella volta 300 soldati italiani, che la Repubblica aveva
destinati a guardia del palazzo, mentre i Deputati di Montepulcia-
no vennero a Siena a stipulare le convenzioni ( i Aprile 1495, Klif-
fetto N. 144 a 352.)
II Re Carlo era entrato in Roma , mentre il Duca di Calabria
ne usciva per attra porta. Frattanto il Papa erasi ritirato in Castel
Sant' Angelo con soli sei Cardinali, e si ostinava a non voler dare
nelle mani dei Francesi quella fortezza che riguardava come un
ultimo asilo nelle eventualità, che erano da temersi contro la sua
persona, tatché le ostilità furono sul punto d' incominciare, e due
volte le artiglierie francesi furono contro quel forte puntate: final
mente l' oscillanza del Pontefice cedette, e il dì 14 Gennajo 1795
furono stabilite le condizioni della pace. Il Re domandava che gli
120
si consegnassero le fortezze di Civitavecchia, Terracina e Spoleto,
e che Cesare Bornia figlio cT Alessandro restasse per .quattro mesi
presso l' armata francese come ostaggio , che Gem fratello di Ba-
jazette fosse consegnato ai Francesi , siccome il Re voleva valersi
di quel personaggio per le intraprese che meditava contro la Tur
chia, e che Rriconnet Vescovo di S. Malo venisse ammesso nel Sa
cro Collegio; Alessandro che non ebbe giammai scrupolo a rompere
i trattati quando la circostanza gli si presentasse opportuna accettò
queHe condizioni , ed ammise al bacio del piede il Re e tutta la
sua Corte (1).
Le truppe di Carlo si avanzavano verso il Regno di Napoli, ed
egli stesso col grosso dell' armata il 23 di Gennajo si pose in cam
mino alla volta di Napoli per la strada di Ceperano , Aquino e
S. Germano: ma appena partito da Roma, il Papa credendosi umi
liato dalla pace che avea firmata, negò la esecuzione dei patli: ma
intanto Alfonso prese da. spavento , tormentato dai rimorsi per i
delitti da lui consigliati, e quelli di cui si era reso colpevole la di
lui dinastia si sentiva inefficace alla resistenza. Infatti le truppe
scoraggiate incominciarono a sbandarsi alla sola vista delle armi
francesi, le province si sollevavano ; allora Alfonso abdicò la coro
na in favore di Ferdinando suo figlio, ma era troppo tardi, poiché
la capitale stessa tumultuava, e per quanti sforzi questo giovane
Re facesse per scongiurare la sventura che gli sovrastava, dové
cedere al fato avverso, abbandonato dalle truppe e dai suoi stessi
capitani fu costretto cercare la sua salvezza imbarcandosi il 2) Feb-
brajo por tema di esser tradito ancora da quelli che gli erano re
stati fedeli. Cos\ perdé il trono avito senza nemmeno una fazio
ne gloriosa che illustrasse la sua caduta. Colla viltà l'esercito mal
corrispose at nobile ardire da cui egli era animato. Carlo VIII fece
il suo solenne ingresso in Napoli il 22 Febbrajo , e di questo suo
trionfo ne scrisse alla Signoria di Siena , la quale però già spediva
Ambasciatori incaricati di congratularsi con S. M. di sì felice evento.

(1) Secondo le tradizioni storiche si vuole che Alessandre]avcsse


ordinato l' avvelenamento dell' infelice Beni prima di consegnarlo al
Re Carlo ; egli é certo che poco dopo moriva coi sintomi di veleno.
121
la questo tempo avvenimenti importanti erano accaduti in To
scana. I Fiorentini che avevano riconquistato la loro libertà addi
mostravano di non esserne degni , poiché tre partiti si erano for
mati. I Piagnoni guidati dal Savonarola, dal Valori, e dal Soderiui :
gli Arrabbiati diretti da Delfo Spini e da Yespucci : i Bigi affezio
nati ai Medici assenti. Questi partiti si combattevano fra loro, e
frattanto Pisa, aiutata da Carlo VIII, sosteneva contro Fiienze la
indipendenza che aveva riacquistata.
La politica degli altri Stati si modificava , poiché Lodovico il
Moro troppo tardi si pentiva di aver chiamato i Francesi in Italia.
I Veneziani all' udire la facile conquista del reame di Napoli
fatta dai Francesi si pentirono della loro inazione.
II Papa era pronto ad unirsi con chiunque si dichiarasse ne
mico ai Francesi, così in Venezia fu sottoscritta una lega contro
la Francia tra il Papa, il Re di Spagna, il He dei Romani, la Re
pubblica di Venezia ed il Duca di Milano (31 Marzo 1495 ): lo sco
po di essa era quello di riunire un armata italiana , ed impedire
il ritorno a Carlo VIII in Francia. Infatti se la lega dell'alta Italia
poteva impadronirsi di Asti, che era guardata dal Duca d' Orleans,
critica diveniva la situazione del Re e della di lui armata.
Carlo VIII col line di prevenire il pericolo, sollecito riunì il fio
re della sua armata, e lasciandone una parte a guardia del conqui
stato Regno, si apparecchiò a ritornare in Francia prima che le forze
riunite dalla lega. nella parte settentrionale dell'Italia potessero impe
dirgli il passo; avrebbe voluto abboccarsi col Papa nel suo passag
gio per Roma, ma i Consiglieri di Alessandro VI lo avevan fatto
risolvere a ritirarsi, ed a prendere la strada di Orvieto. Giunto il
Re in Siena il 13 di Giugno vi fece breve dimora, pure volle oc
cuparsi della riforma del governo della città, per conciliare le civili
discordie, giacché alcuni spiriti torbidi non desistevano giornalmente
dal fomentarle, ed aveano tentato in Consiglio di ottenere il rinvio
dei 300 soldati provisionati italiani che erano stati allontanati dalla
città ; ed a sicurezza del governo vi lasciava 300 de' suoi Francesi
sotto il comando del capitano De Tinte ville, (1) e volendo d.ue un

(1) II Sismondi aggiunge la seguente notizia: <i II Signore di Li-


gru della Casa di Lussemburgo, uno dei favoriti di Carlo VIIi *' im
122
attestato di sua predilezione alla Repubblica si obbligò alla difesa
dello Stato, eccettuandone Montepulciano. Oratori fiorentini furono
quivi a visitarlo dimandandogli la restituzione di Pisa, per lo che
gli offrivano ingenti somme di danaro, ma il trattato restò senz'ef
fetto e ne riportarono vaghe promesse. Il Re partendo da Siena ri
nunciò a passare per Firenze ; i di lui soldati bramosi di riguada
gnare la Francia s' inquietavano di qualunque ritardo. I Pisani co
mandati da Giulio Malvezzi aveano ottenuto qualche vantaggio sui
Fiorentini, ma Pier Capponi prima che terminasse il Gennajo avea
ripreso Bientina e Pontedera e tutto il territorio pisano , ad ecce
zione di Vico, Cascina e Buti ; allóra i Pisani dimandarono soccorsi
a Siena, a Lucca, a Genova : i Senesi spedirono loro alcuni uomini
d' arme , che erano al loro soldo : i Genovesi gli somministrarono
pure qualche soccorso , ma la salate. la conservazione della libertà
che i Pisani aveano riconquistata dependeva principalmente da Car
lo ViII, che esitava fra l' amicizia dei Fiorentini e la loro; ora lusin
gando gli uni, ora gli altri, mirava in sostanza ad un dominio da
cui erano minacciati tutti gli Stati italiani. Il Duca d' Orleans ri
masto in Asti manifestava apertamente le sue pretese sopra il Du
cato di Milano; Carlo VIII aveva ricusato a Lodovico il Moro il
Principato di Tarante già solennemente promesso. Le fortezze del
la Toscana erano tutte guarduie dai Francesi, non che Sarzana
e Pietrasanta pertinenti ai Genovesi : ma non ostante tutti questi
vantaggi se la lega avesse con maggior sollecitudine oprato avreb
be sicuramente raggiunto il fine che i collegati erausi proposto.

maginò di approfittare delle dissensioni che esistevano fra il Monte


del Popolo e quello dei Riformatori per ottenere la sovranità di Sie
na. In tale intrapresa lo incoraggiavano alcuni faziosi senesi , ma
non era ancora venuta la fine di Luglio che nuove sollevazioni ave
vano cacciati fuori di Siena il Luogotenente di Lign\ e tutti i Fran
cesi ». Come si vedrà nel seguito , esiste qualche discrepanza nella
esposizione di questo fatto. È vero, secondo il Pecci, che partito da
Siena il Re, Monsignor di Lignl ricevé in Concistoro per le mani di
Agostino Pini Capitan del Popolo il bastone del generalato delle trup
pe senesi , mo é vero altresì che egli si mosse per seguitare il Re e
l' esercito. •
123
Sollecito il Duca d' Orleans esciva d' Asti, e s' impadroniva di No-
vara, ma le truppe della lega ve l' assediavano. Èrano le sorti in
certe , quando il Re conobbe la necessiti! di spingersi in avanti ,
aprirsi un varco occorrendo in mezzo ai nemici , senza di che gli
sarebbe stato difficile riguadagnare le Alpi e rientrare in Francia.
L' avanguardia dell' esercito era condotta dal Maresciallo di Gié, e
da Gian Giacomo Trivulzio, che era passato ai servigi di Francia ;
avanzandosi da Pisa trovò la città di Pontremoli già occupata da
400 fanti del Duca di Milano, ma non tennero il fermo: quel paese
tornò in potere dei Francesi, quali commisero eccessi orribili contro
gli abitanti ; l' artiglieria pesante passò impunemente fra le mon
tagne , sebbene a stento trasportata per luoghi alpestri. L' armata
dei confederati si adunava presso l'arin. i sotto il comando di Fran
cesco Gouzaga Signore di Mantova, che invece di occupare Fornuo-
vo pose il campo alla Chiaruola , tre miglia al di sotto di Fornuo-
vo. Il Re giuntovi nel giorno di Domenica 5 Luglio, scoprì dall' al
tura tutto il campo nemico: le sue truppe erano inferiori in numero
a quelle degli alleati, ma più ansiose di combattere mentre chiara
si manifestava la necessità di vemre a giornata. Il successivo 6 di
Luglio si combatteva da ambe le parti cou somma bravura; lo stes
so Re corse grave pericolo di esser fatto prigioniero, ma gl' Italiani
per un corso di accidentalità riperderono i vantaggi ottenuti : la
confusione guadagnò il loro campo, ed una continua e dirotta piog
gia avea gonfiato prodigiosamente il Taro, di modo che un armata
era dall' altra separata. Il Conte di Piligliano che era prigioniero
del Re di Francia riesci a liberarsi nel tempo della battaglia, e pas
sato alla parte degl' Italiani, contribuiva ad evitare una vergognosa
fuga, animando colla sua voce e la sua presenza i soldati avviliti.
In questa memorabile battaglia i Francesi non diedero quartiere.
Nel giorno 7 il Re si accampò a Medosana , e da quivi tentò
d' intavolare accordi coi confederati , affinché lo lasciassero passa
re tranquillamente; mentre si prolungavano simili trattative, il Re
in una notte fece di nascosto partire la sua armata , ed attraver
sando luoghi alpestri e scoscesi, la condusse senza che fosse mole
stata dai nemici a Piacenza , e di là a Voghera , Tortona ; ma se
in questa ritirata i Francesi fossero stati attaccati vigorosamente ,
la loro perdita era sicura , poiché ad onta dei sforzi del Trivulzio
non reggeva l' animo loro, facile ad avvilirsi nella sventura. I con
federati avrebbero voluto tentare un colpo ardito e decisivo, al che
si opposero i Provveditori della Repubblica di Venezia dicendo: A
nemico che fugge ponti d' oro.
Dopo tante pene Carlo ViII giungeva in Asti : liberò dall' asse
dio il Duca d' Orleans che erasi chiuso in Novara , fece una pace
parziale con Lodovico il Moro , e con gli avanzi della sua armata
riguadagnò la Francia. Ora ci giova di riportare testualmente il giu
dizio dello storico Sismondi intorno ai resultati di quell'impresa:
« ivi » Questa brève spedizione del Eie di Francia, che così preci-
« pitosamente abbandonava conquiste fatte colla stessa rapidità ,
« lasciava dall' una all' altra estremità d' Itatia i semi di nuove
« guerre , di rivoluzioni e di calamità ; ed in quel modo che un
« segreto lievito d' odj e di miserie erasi sviluppato a cagione del
o suo passaggio in tutti i Principati ed in tutte le Repubbliche ,
a così un nuovo veleno , il marciume di una malattia fin' allora
o ignota si sparse dalla stessa armata francese, in seno delle fami-
« glie nel suo ritorno da Napoli. »
La discesa dei Francesi in Italia sotto Carlo VIII alterò la cou
dizione politica delli Stati , e la Toscana non differiva delle attre
province; Siena aveva parteggiato pei Francesi, e fiu d'allora si
stabilì quella mutua intelligenza, quella simpatia che fruttò ai Se
nesi i soccorsi di Francia tosto che furono necessitati ad invocarli
a sostegno di quei dritti che non poteano da se stessi difendere.
Pisa sotto la protezione dei Francesi aveva riconquistata la sua an
tica indipendenza. In Firenze gli animi erano divisi , e mentre il
Savonarola ed i suoi partigiani vedevano in Carlo VIII, l' uomo man
dato da Dio a riformar la Chiesa ed a purgar l' Italia dai mali che
l' opprimevano , gli altri partiti lo riguardavano come un nemico
del loro Stato. I Medici aveano voluto approfittare della potenza di
Carlo VIII per raggiungere il loro scopo, che era quello di assog
gettare la patria ad un dominio assoluto. Insomma la comparsa dei
Francesi avea sparso in Toscana, come altrove. nuovi semi di di
scordie che aprivano nuove vie alle ambizioni dei privati , agl' in
teressi delli Stati, per cui una nuova era politica s' inaugurava, e
si disponevano quei grandi avvenimenti che doveano nel secolo
successivo compirsi.
125
In Siena i' odio dei Riformatori contro l' Ordine dei Nove viep
più si manifestava. Infatti l' 11 di Luglio quelli impedirono le fe
ste istituite dai Noveschi per celebrare l' anniversario del loro ri
torno in patria; vi fu tumulto; il 26 di detto mese il presidio
francese dové prendere le armi per sedare altre brighe che minac
ciavano di turbare la pubblica quiete.
Èrano gli animi così concitati da odj reciproci , quando nella
notte del 28 Luglio Lucio Bollanti. alla testa di 300 soldati italiani,
che come abbiamo detto altrove erano stati spedili a Montepul-
ciano , sfasciando la Porta Tufi entrarono in citta seguiti da altra
gente a piedi ed a cavallo, e passando per S. Pietro alle Scale in
contratisi con uua compagnia di Popolari e Riformatori che veni
vano da Castelvecchio, e specialmente dalla casa Tagliacci, (1) ove
eransi congregati a cospirare contro l' Ordine dei Nove, attaccaro
no zuffa: i Popolari si dispersero, ma nuovamente riunitisi al Chias
so largo rinnuovarono la mischia: i cittadini che erano al riposo,
svegliati da quel tumulto , da quelle grida che confuse venivano
dalla strada a percuotere improvisamente il loro udito, crederono
ad una sorpresa di stranieri, per cui nella incertezza i più presi
da timore risolverono di uscire dalla città. Fu di questo numero lo
stesso Pandolfo Petrucci, che ritornò da Buonconvento, quando fu
certo che per le insinuazioni ed i savi consigli del Capitano dei
Francesi gli animi dei cittadini si disponevano a concordia ; ma
frattanto la citta rimase quasi deserta: molti l' aveano abbandona
ta spaventati dalla peste che infieriva. Ciò non ostante fu ordinata
una nuova Balìa composta di diciotto cittadini per distribuzione di
Monti, e cessò per allora quell' agitazione rivoluzionaria che fu cau
sa di tauti scandali, di tanti pericoli. Tornata in quiete la città il
Capitano che comandava il presidio francese dimandò congedo alla
Batìa, dicendo che per essere ritornati i 300 soldati Haliani, dive
niva imitile la di lui permanenza; gli fu pagata la sua provisione
e fu regalato di 500 fiorini, ed il giorno della partenza quella trup
pa venne accompagnata da Paudolfo Petrucci e da Angelo Palmieri

(1) La casa Tagliaccì era quella che appartiene adesso alla m-


bii Fanu'gìia Buonsifjnori presso S. Pietro alle Scale.
che erano di Balla, e da molto popolo che attestava a quei Fran
cesi una viva simpatia. Dopo di che la Balìa, di concerto col Sena
to , si occupò a consolidar quella pace , di cui la città momenta
neamente godeva, ammonendo i più queruli ed inquieti cittadint,
e premiando quelli che a costo dei pericoli cransi interposti per se
dare i ciechi sdegni, le ire fraterne.
Ad elettrizzare li spiriti giungeva la notizia, che avendo ten
tato i Fiorentini d' introdursi in Montepulciano a notte avanzata
con uno strattagemma, quei di Siena, scoperta la trama, li attese
ro in aguato, ed attaccando improvisamente i nemici ne fecero 350
prigionieri ; non ostante questo vantaggio nuove truppe furono di
rette a quella volta, poiché superasi che i Fiorentini concentravano
numerose forze presso at ponte a Vallano e nelle Chiane. Altri prov
vedimenti furono presi ancora per la sicurezza dello Stato e per
assicurare maggiormente la quiete interna della città. Fu pensato
doversi affidare il comando dei soldati provisionati a due cittadini,
dai quali quella forza tutrice della quiete e dell' ordine pubblico
dovesse dipendere, limitandone per altro l'autorità a tutto il mese
di Febbrajo 1 49o , e ne furono investiti Lucio Bellanti e Pandolfo
Petrucci ; quest' ultimo già cominciava ed emergere nella direzione
dei pubblici affari ; quel comando diveniva di maggiore importan
za, poiché i fuorusciti, guidati dai fratelli Luti, e da altri dell' Or
dine dei Riformatori s' ingrossavano a Poggio Imperiale , ed i Fio
rentini poi, che in quel tempo erano minacciati dalla lega degli
Orsini con Piero de' Medici, faceano credere che quelle coucen-
trazioni di forze erano suggerite dalla necessità della propria dife
sa , ma niente affolto ostili ai Senesi. Il fatto dimostrò la falsità
di tali dichiarazioni, mentre una parte di quelle truppe in una not
te si avanzarono fin presso alla porta Camollia; ma dato dalle scolte
il segno dell' allarme , furono da varie compagnie di ciltadini e di
soldati rintuzzate e poste in fuga dopo una sanguinosa fazione. Il
grave pericolo che aveano corso i ciltadini consigliò a coloro che
governavano la città misure di un rigore estremo, perciò arrestati
tutti coloro. su cui posavano gravi sospetti di ribellione, e resultan
do dal processo la loro reità furono colpiti da severe condanne, ed
un Federigo Mattioli ed un Andrea di Mejo del Portatore furono
decapitati.
127
In quel tempo Piero de' Medici mirava più che mai a ricupe
rare in Firenze la perduta autorità, p^r lo che necessitandoli di far
passare per il dominio di Siena Virgiuio Orsino che avea assolcato
con 409 uomini d' armi e 3000 fanti , venne personalmente a di
mandare alla lìalin la facoltà del passaggio : egli rammentò l' antica
benevolenza passata fra i di lui antenati e la Repubblica senese :
la dimanda venne favorevolmente accolta. Infatti quelle truppe pas
sarono presso Montepulciano, fra Chianciano, Torrita ed Asinalunga
per andare all' impresa di Cortona, che Piero non aveva potuto ri
conquistare. Per spingersi più oltre aspettava che dai Veneziaui e dal
Duca di Milano si facesse dalla parte di Bologna qualche dimostra
zione in suo favore contro ai Fiorentini. Anzi la Repubblica per
vieppiù dimostrare a Piero l'interesse che prendeva per lui, oltre
alle vettovaglie dispensate a quelle truppe dai Commissari Leonar
do Bollanti ed Antonio Bichi . gli forni due pezzi d' artiglieria ed
una quantità di archibusi che si trovavano in Montepulciano, e
poco mancò che i Senesi unissero le loro truppe a quelle dell' Or
sini ; cosi per spirito di rivalità una Repubblica prestava le sue
armi perché un bandito ritornasse a calpestare le libertà della sua
patria. Furono ritenuti meno dalla prudenza, e piuttosto dal timo
re che ai Senesi ispirava la incerta impresa di Piero. Infatti non
s' ingannarono, mentre non vedendosi secondato da coloro che ave-
van promesso di sostenerlo venne meno in lui la speranza di ri
tornare in Firenze, e ritirossi, partendo da Siena, nelli Stati della
Chiesa.
Due pericoli sovrastavano allora alla Repubblica di Siena. I Fio
rentini colle loro armi, ed i fuoruscili senesi si mantenevano sem
pre nella posizione di Poggio Imperiale, e potevano azzardare nuovi
tentativi contro la città ; l' altro si era la gara insorta fra Lucio
Bollanti e Pandolfo Peducci, quali avendo il governo della guardia
di Piazza, come abbiam detto, volevano farne istrumento per giun
gere ai loro fini; una gelosia reciproca continuamente provocava fra
loro nuovi dissidj: si accusavano a vicenda di voler consegnare la
città ai Fiorentini, ma Pandolfo giornalmente guadagnava nella in
fluenza quanto il di lui rivale perdeva. Infatti Pandolfo valendosi
di Pietro Borghesi poté strappare a Lucio il segreto di una con
giura, in cui era implicato il Capitano dei provisionati della guardia;
128
si trattava di favorire i fuoruscili, affinché ajutati dai Fiorentini,
potessero impadronirsi della citta. Una tale scoperta assicurò la vit
toria a Pa minilo. poiché denunziata alle Autorità fu ordinato l'ira-'
mediato arresto del Capitano dei provisionati, che tentò difendersi,
e ferito ancora potè rifugiarsi in palazzo; e Lucio Sellanti , che
con una pronta fuga salvò la vita, fu pubblicato ribelle e bandito
dalla patria, col premio di 500 fiorini a chi l' uccidesse. Appena que
sti avvenimenti si conobbero in Firenze , furono immediatamente
ritirate da Poggio Imperiale quelle truppe, che sempre minacciose
aveano atteso invano lo sviluppo degli intrighi che erano stati or
diti: ed essendo stati i Fiorentini con grave loro perdita battuti dai
Pisani presso il Gastci di Buti , furono costretti per questa causa
ancora a renunziare ai progetti ostili contro Siena. Rassicurati che
furono i Senesi, spedirono una parte delle lor genti verso il ponte
a Vafiano, con animo di porre l'assedio al bastione ed alla torre,
da dove i Fiorentini minacciavano Montepulciano ; ma il Savelli che
le comandava avendo inteso esser giunte nuove truppe fiorentine
a Bettolle, senza combattere, con sua vergogna ritirassi. I fnorusciti
DOU desistevano dal cercare chi desse loro ajuto per tornare in pa
tria, e mentre Vitellozzo Vitelli ordinava la sua compagnia per an
dare in soccorso degli Orsini, cui Alessandro VI avea dichiarata la
guerra. partendosi da Città di Castello fece. ad insinuazione degli
stessi fuoruscili, una cavalcata sul territorio senese, e prese a patli
S. Cascian dei Bagni, e dopo aver saccheggiato il paese (.omessene
coi suoi soldati a Città di Castello.
L'attività instacabile, la bramosia di comando stimolavano tanto
Piero de' Medici, che alla fine giunse a rianimare la lega fra il Pa
pa, il Re de' Romani, il Re di Spagna, il Duca di Milano e la Re
pubblica di Venezia , colla quale oransi obbligati ad assisterlo per
il ricupero della di lui autorità in Firenze. Giunse in Siena a ta
le effetto un Oratore della Repubblica Veneta , a dimandar passa
e vettovaglie per le genti che doveano dirigersi contro Firenze , e
l' ottennero colla promessa che loro sarebbe stato consegnato il ba
stione del ponte a Vallano. Infatti questo truppe passarono per ac-
costarsi a Firenze : ma veduto che quella 'città internamente noo
si muoveva in favore di Piero, l' Alviano che le comandava pensè-
esser prudente retrocedere e ritirarsi nelli Stati della Chiesa.
139
gna eIntanto
Francia,una
ed essendovi
tregua percompresi)
sei mesi la
eraRepubblica
stata convenuta
di Sienafra(U97)
SpaJ

per quanto la riguardava, fu dalla Balla approvata e ratificata. La


residenza della Balìa era prossima a scadere, onde veduta la con
dizione allarmante in cui si trovava lo stato politico d' Italia, coloro
che governavano furono solleciti a farne eleggere una nuova , o a
procurar la conferma di quella che risiedeva ; ma per In imperizia
della moltitudine non fu adottato alcun partito: allora il 21 Otto
bre 1497 il Consiglio fece, sebben con difficoltà, approvare una nota
di 45 cittadini, 15 per ciascun Monte, cioé del Popolo, dei Nove e
dei Gentiluomini, e con questo mezzo fu saviamente provveduto
alle bisogna.
Terribile continuava la guerra fra Pisani e Fiorentini , ed ai
vantaggi già ottenuti dai primi si aggiunse in quel tempo la rotta
dell' esercito dei secondi nella valle di S. Regolo, onde i Fiorentini
furono costretti a ricorrere all' assistenza di Luigi XII Re di I.' ran
cia, che era succeduto nel trono al defunto Carlo VIII. Luigi per la
gelosia che ebbe della potenza dei Veneziani erasi ritirato dalla lega,
ed erasi avvicinato ai Fiorentini. Dal cnuto loro i Veneziani insisteva
no presso Giovanni Bentivogli, che allora governava in Bologna, af
finché volesse attaccare da quella parte la Repubblica di Firenze:
ma veduta l' inutilità di quelle pratiche si diressero ai Senesi spe
rando che essi avrebbero abbracciato quella politica, mentre giovar
loro poteva a mantenersi il possesso ottenuto di Montepulciano; ma
quì nacquero in Siena nuove fatali discordie, che vieppiù dividen
do gli animi dei citttadiui, doveano finalmente determinare il più
tristo ad abbattere quelle libertà che alla sua ambizione erano
moleste.
Fin da quando tornò al potere l' Ordine dei Nove, Pandolfo Pe-
trueci, che a quello apparteneva, acquistò tale influenza nella Ba
lia, che dal di lui arbitrio dipendeva la soluzione delle più impor
tanti questioni. Ma non solo delle cose governativo egli disponeva,
ma il di lui giudizio era ricercato in tutte le differenze private .
talché sembrava clie tulio cedesse alla sua volontà; il sommo cre
dito, al quale egli eia pervenuto, ingelosì coloro che volevano al
meno con lui dividere il primato, e specialmente Niccolò Borghesi e
Leonardo Bellanti. Ora la dimanda dei Veneziani che mirava a tra-
9
130
scinare la Repubblica di Siena in una guerra contro i Fiorentini
era un campo ove le varie ambizioni dovevano lottare, e la diver
sità delle opinioni dovea offrir pretesto a ciascuno per combattersi
a vicenda.
Èra sentimento di Niccolò Borghesi e di tntti coloro che vole
vano attraversare la nascente fortuna di Pandolfo, che si concedes
se il passo alle truppe di Venezia, che sotto il comando del Duca
il' Urbi no , si trovavano nel contado di Perugia, con animo di es
sere così utili ai Pisani e dannosi ai Fiorentini ; Pandolfo differiva
da questo sentimento, poiché questo fatto implicava io una guerra
la Repubblica. Oltre di che per la potenza del Senato Veneto era
facile incorrere nello stesso pericolo da cui i maggiori erano scam
pati , e rammentava che senza la presa di Otranto fatta dai Tur
chi, che richiamò l' armata di Napoli nel Regno, Siena sarebbe di
venuta schiava del Duca di Calabria. Rammentava ancora che per
ottener soccorso contro i Fiorentini per il possesso di Montepulcia-
no, i Senesi avean dovuto vendere le loro libertà a Giov. Galeazze
Visconti Duca di Milano. onde reputava esser più conveniente man
tenersi in pace coi Fiorentini, e schivare nuovi pericoli. Risponde
vano gli avversari che facendo tregua coi Fiorentini era lo stesso
che sacrificare i Pisani , mentre l' espugnazione di quella piazza
avrebbe tanto cresciuto la potenza dei nemici, che sarebbe stato in
lor facoltà di portare maggiori e più terribili offese alla Repubblica
di Siena, giacché questo era l'animo loro, e l' esperienza avea di
mostrato non doversi fidare della fede di coloro che nel bisogno ave-
vau carezzati i Senesi, mentre nella prosperità li tradivano.
Per quanto le ragioni di Pandolfo fossero apprezzabili pure le
rivalità municipali trionfavano della ragione , onde Pandolfo, che
era consigliere di pace , veduto che la maggiorità inclinava per la
guerra, chiamò in città molti suoi amici ed aderenti del contado,
e mettendo a profitto le risorse del suo ingegno, della sua scaltrez
za , e gli artifizi della politica che a lui naturalmente si affaccia
vano vinse in Senato il partito di far tregua coi Fiorentini per cin
que anni , quali si obbligavano a distruggere senza intermissione
di tempo il bastione che aveano fatto fabbricare presso al ponte a
Vallano. Questa vittoria, comunque ottenuta, ingrandiva notabilmen
te la potenza di Pandolfo, come aumentava lo sdegno contro di lui
131
nei suoi avversar), specialmente in tempi io coi dalla diversila di
opinione nascevano le personali inimicizie. Niccolò Borghesi si osti
nava ad attraversare tutti i divisamenti di Pandolfo, Dé la paren
tela che passava fra loro, siccome Niccolò era suocero di tfandolfo,
mitigava i reciproci sdegni; le ire erano divenute inrecouciliabili, per
lo che uno dei due dovea nella lotta soccombere: questa sventura
colpì Niccolò Borghesi che fu fatto ammazzare da Paudolfo. Niccolò
vecchio cadente si faceva scortare da due fidi , e iu compagnia di
essi usciva appunto nel cadere del giorno dalla Cattedrale, ove era
uso a far la sua preghiera: giunti a Postierla furono attaccati dai
sgherri di Pandolfo; i due servi furono uccisi, il Borghesi mortal
mente ferito che dopo pochi dì soggiacque alla sua sciagura ( 15 Lu
glio l'i )0 ). Egli morì perdonando ai suoi nemici ; la moglie di
Pandolfo uou imitò tanta generosità, poiché vituperando suo mari
to , a lui disse che dei manti se ne trovano più d' uno, ma che
non si poteva sostituire un padre, e finché visse essa detesta M
marito. Ormai Pandolfo per giungere ai suoi fini era entrato nella
via dei delitti; Lodovico Luti profugo di Siena, fin dall'anno 1489
erasi ricovrato in Firenze : colà si era fatto distinguero pei suoi
modi gentili e per il franco parlare: nemico a Pandolfo teneva in
pubblico propositi ingiuriosi contco di lui : i suoi discorsi impru
denti nou rimasero occulti alla vigilanza del tiranno: e uon poten
doli tollerare, perché pregiudicevoli al suo credito, commise ai si
cari prezzolati di uccider Lodovico, che poco cauto fu vittima della
sua imprudenza. Egli moriva assassinato in Firenze : così Pandolfo
si vendicava di coloro, che a contrariare la sua ambizione si osti
navano.
Grandi avvenimenti eransi compili in questo tempo; i Fran
cesi. aveano perduto il regno di Napoli, che era stato ricuperato da
Ferdinando II; dopo la fatta conquista egli sposato avea Giovanna
sua zia paterna , e quindi egli moriva di consunzione in età di
anni 27.
A Firenze il credito del Savonarola cominciò ad indebolirsi.,
infine il suo partito dovette soccombere, e la vittoria restò a quel
lo degli Arrabbiati. Alessandro VI lo avea scomunicato perché pre
dicò contro la sua condotta, e quella dei suoi figli: tinalmente fu
arrestato, messo sotto processo : giudici compri e sleali lo coudau
132
narono
tro la prepotenza
a morte. edei
l' uomo
grandi,che
cheavra
aveadifeso
predicata
i dritti
la riforma
del popolo
di vitu-
con-

porevoli abusi , coi quali degradavano la condizione loro i ministri


ite.ir alUfrc , quest' uomo abbandonato da quel popolo stesso che egli
.ivea preteso
mente a Domenico
di emancipare
Buonvicini
dal e dispotismo
Silvesto MnrufK
fu bruciato
suoi discepoli
vivo, unita-
, e

così quella piazia che era stata il teatro dei loro trionfi, vide ar
dere il rogo che gli distrusse. I nemici del Savonarola ordinarono
che le sue ceneri si gettassero in Arno: pure ne furono sottratte
per essere dai suoi seguaci adorate: meschina ricompensa a'tanti
travagli , ed a sì trista fine. Il Savonarola illibato di costumi in
mezzo ad una generazione corrotta, caldo di mente, entusiaste per
uno libertà che si estingueva, fu vittima del proprio fanatismo, e
dell' altrui malvagità.
Paolo Vitelli alla testa delle truppe fiorentino, aveva ottenuto
segnalati vantaggi contro i Pisani sotto le mura stesse della città,
ma egli non volle e non seppe approfittarne, per cui cadde in so
spetto di segrete intelligenze con Piero de' Medici: così fu arrestato
a Cascina e condono a Firenze. Colà fu immediatamente sottoposto
alla tortura per strappargli la confessione dei tradimenti che gli
venivano imputati , ma egli sostenne con maschia costanza tutti i
tormenti , e non gli estorsero alcun argomento di reità ; pure fu
condannato a morte , e la seutenza fu eseguita in una delle sale
del palazzo.
Luigi XII aspirava a riconquistare i dritti sopra il Ducato
di Milano, la di cui successione spettava alla morte di Giovan
(jalcazzo Visconti. alla di lui figlia Valentiua sua ava, perciò scese in
Italia, ed unitosi ai Veneziani cacciarono da Milano li Sforza: Lo-
dovico il Moro partendo di là refugiossi in Germania. La Repub
blica di Siena, erasi confederata con Luigi Re di Francia, e la Ba
lìa avea confermato Monsig. De Lignì capitano generale delle armi Se
nesi, ad eccezione dei provisionati dulia guardia, ma non passarono
sei mesi dopo che Luigi area fbtto il suo trionfale ingresso in Mi
lano, che i Lombardi si disgustarono iL'i modi alteri e soverchiaiiti
che verso di loro usavano i Francesi. per cui ambirono di tonimi-
sotto il passato dominio: e Lodovico il Moro poté senza tauto com-
l 'Situro riconquistare il Ducato; ma per sua sventura essendo in. No
133
vara a fronte dei nemici fu tradito dai suoi Svizzeri. clie prima si
sollevarono sotto il pretesto delle paglie, quindi lo fcccr prigioniere
e lo consegnarono ai Francesi ; il Re Io faceva trasferire nella torre
di Loces, ove dopo 10 anni di prigionia finì miseramente la sua vitu.
Ricuperato che ebbe il Re di Francia il Ducato di Milano vi
mandò per Governatore Giorgio d' Amboise Cardinate di Roano; la
Repubblica di Siena gli spediva per ambasciatori Alessandro Bor
ghesi e Girolamo Sergardi ; si trattava del ricupero che i Fioren
tini reclamavano della terra di Moutepulciano: i Senesi opponevano
a quella dimanda la tregua conclusa coi Fiorentint stessi , ed il
trattato di alleanza esistente fra la Repubblica di Siena e S. M.
Cristianissima , col quale erasi obbligato a mantenere e difendere
la giurisdizione della città e Stato di Siena: ma non osi.mie que
ste ragioni gli Ambasciatori trovarono invincibile la prevenzione fa
vorevole ai Fiorentini, poiché essi avevano ajutato i Francesi nella
conquista del Ducato di Milano, talmente che reputarono prudente
di troncare ogni trattativa; il Senato allora con sua deliberazione
cedé tutte -le ragioni che i Senesi avevano su quella terra allo
stesso Re di Francia. Quel Monarca era piuttosto sdegnato contro
i Senesi, perché aveano sovvenuto di certa quantità di danaro Lu
dovico il Moro allorquando ricuperò il Ducato. AI contrario i Fio
rentini erano in tanto favore venuti presso di lui, che un esercito
francese scito la condotta di Giovanni di Beaumont fu spedito in
loro soccorso per tentare la espugnazione di Pisa ; i Senesi manda
rono Rinaldo Fuugai a complimentar quel Duca, e l' oratore fu as
sicurato della benevolenza del Re in favore della città di Siena.
Quell' esercito diede un terribile assatto a Pisa, dopo che le ar
tiglierie aveano fatta nelle mura una breccia di circa 60 braccia ,
ma pure i Pisani si difesero valorosamente, ed i Francesi. non ostan
te ripetuti sforzi, furono rigettati ; allora queir esercito, come suole
accadere in tutto le imprese sfortunate, si demoralizzò: i Guasconi
che ne facevano parte si ammutinarono, quindi minacciavano di get
tarsi a devastare il territorio senese, e la Repubblica volle allontanarli,
pagando loro 2000 ducati. Mentre questi fatti accadevano il Duc.i Va-
leutino (Cesare Borgia) figlio naturale di Papa Alessandro VI, scorre
va con altro esercito le città della Romagna, distruggendo la potenza
di quelle famiglie che col titolo di Vicarj le avevano fin allora go
13*
vernate. e riducevak? sotto il diretto dominio 'iiella Chiesa. Consi
derando adunque la Repubblica di Siena la smodata ambizione, e
la sete di dominio di costui, e vedendo al tempo stesso, sia in Lom
bardia , sia nel Regno di Napoli concentrarsi poderosi eserciti di
Francia, di Spagna, e d' Alemanna, pensarono di non farsi trovare
affatto sprovveduti negli avvenimenti eh» rHl' orizzonte politico si
disponevano, così presero ai loro stipendi il capitano Giov. Paolo
Baglioni, ed altri capitani con cavalli e fanti, e vollero in oltre as
sicurarsi ddl' amicizia dei Perugini. Il Duca Valentino non avendo
potuto espugnar Bologna rivolse il suo esercito verso la Toscana ,
ed entrò nel dominio Fiorentino. Egli avrebbe voluto spingersi fino
a Firenze per riporre in potere Piero de' Medici, che seguiva la di
lui armata, ma il Re di Francia si oppose, e fu prudenza cambiar
partito; allora si diresse contro Giacomo d'Appiano Signor di Piom
bino, e mandò a Bieca Vitellozzo Vitelli a far intendere che egli
bramava confederarsi colla Repubblica. La Balìa diede larga auto
rità a Pandolfo Petrucci , per la conclusione di un trattato. I Se
nesi furono costretti a condurre al campo del Valentino artiglierie,
munizioni, sussistenze per queir esercito. che dopo avere occupato
Sughereto. Scarlino, l' Isola dell' Elba, e di Pianosa, una parte di
esso intraprese l' assedio di Piombino, il resto si diresse verso Ro
ma per unirsi colle genti del Re di Francia comandate dat De-Au-
bigny, poiché il Papa Alessandro confederandosi colla Francia erasi
obbligato a concorrere alla conquista che Luigi voleva nuovamente
tentare del Reame di Napoli, in onta a Massimiliauo d' Austria Re
de' Romani, i .\ al Re di Spagna. Luigi XII aveva sempre macchiate
le sue azioni colla mala fede, e trafficando le sue alleanze coi Pi
sani, coi Fiorentini, col Duca 'Vatentino era pronto a tradirli tutti
qualora gli convenisse. Ora cou un trattato mostruoso stipulato a
Granata convenne di dividersi il Reguo di Napoli con Ferdinando
il Cattolico, che dal canto suo non era niente scrupoloso nella vio
lazione della fede e dei giuramenti. Egli completava il quadro, nel
quale i Borda e Luigi XII rappresentavano altrettanti giuocatori
che ponevano sul tavoliere la giustizia, la umanità, la religione, e
quasi per scherno le compromcltevano nei loro azzardi.
L' esercito francese destinato a quella conquista era passato
per la via di Siena ; la Repubblica fu tenuta a provvederlo di al
lo.n.qiamenti e di sussistenze: e fra gente d'arme e fanteria furono
circa ai 16.000, dopo di che il Magistrato regalava al Ligm 1500
ducati, per impegnarlo ad interporsi, affinché le rimanenti truppe
non passassero per lo Stato senese, e per mezzo del suo ambascia
tore a Milano Fa/io Benassai offriva al Cardinal di Roano Viceré
in Lombardia di unire a quelle truppe cento uomini d' arme, pur
ché il rimanente dell' esercito prendesse altra via. Queste pratiche
ebbero un favorevole effetto ; il resto dell' armata fu per altra par
te diretta.
Tali erano le vicende che sul declinare del XV secolo succe-
devansi, e quei straordinarii avvenimenti , altri ne preparavano, di
cui dovea il successivo esser fecondo.
CAPITOLO SEDICESIMO

SOMMARIO

Alessandro VI transita per lo Stato senese — Arezzo si ribella


ai Fiorentini — Conferenze tenute alla Magione presso Perugia — il
Duca Valentino previene con frode la congiura e fa arrestare in Si-
nigaglia i principali cospiratori — Li fa strangolare — Sdegno del
Valentino contro Pandolfo Petrucci — Impone alla Batia I' esilio di
Pandolfo, ed invade coll' armata il territorio della Repubblica — II
Petrucci parte da Siena — Sfugge per caso alla vendetta del Valen
tino — Si ferma in Pisa — Ambasciata del Re Cristianissimo che
dimanda alla Balìa il ritorno in patria di Pandolfo — La Balia I' ap
prova — Morie di Alessandro VI. — A lui succede Pio III (Fran
cesco Piccolomini) — Muore dopo 26 giorni di regno — Giulio II
viene eletto Papa — L esercito francese diretto per Napoli passa da
Siena — È disfatto al Garigliano — Pietro de' Medici vi muore an
negato — Pace di Blois — II Regno di Napoli resta alla Spagna —
/ Fiorentini ottengono dei vantaggi sopra i Pisani — Istituzione in
Siena di un Tribunale d' appello detto la Ruota — 7 Fiorentini le
vano f assedio da Pisa — L' Imperatore Massimiliano vuole scendere
coll' esercito in Italia — 7 Veneziani gli negano il passo — Giulio II
occupa Perugia, quindi Bologna — Genova si libera dai Francesi —
Poco dopo vi ritornano — La Baàa in Siena é confermata in cari
ca per cinque anni — Dispotismo di Pandolfo Petrucci — L Impe
ratore Massimiliano a Trento — Pisa dopo lunga guerra si arrende
ai Fiorentini — Lega di Cambrai contro i Veneziani — II castello
della Suvera offerto dai Senesi a Giulio II. — La Repubblica di Sie
na accede alla lega di Cambi.ai — La Signoria di Firenze disdice
ai Senesi la tregua esistente — II Pontefice interviene in quelle dif
ferenze — Alfonso figlio di Pandolfo ottiene il cappello cardinalizio
— Pandolfo malato in S. Quirico — Fi muore — Borghese di lui
figlio gli succede nell' autorità — 7 Francesi scacciati dal Ducato di
Milano — Dieta di Mantova — Firenze é minacciata — 'È occupata
doll' armata spagnola — / Medici ritornano al potere — Morte di
Giulio IL — A lui succede Leone X. — Morte di Luigi XII. — Fran
138
cesco I. suo successore — Timori nati in Siena — // Pontefice fa
vorisce F ambizione di Raffaello Petrucci detto il Castellano — In
certezze di Borghese — È abbandonato dal Da Venafro — Tenta di
eccitar la compassione in Consiglio di credenza — Indifferenza dei cit
tadini — È costretto a fuggire — II Castellano si avanza coW eser
cito — Suo ingresso in Siena — Fuoriusciti ritornati — // Cardi
no/e Alfonso Petrucci muore in carcere — TYrannta del Castellano
— Peste del 1518. — Francesco I. fa dimandare alla Repubblica
30,000 ducati.

L fati d' Italia erano già preordinati dai tempo e dalle circo
stanze : la decadenza io tutti i modi si faceva palese, poiché a mi
sura che io spirito di libertà fra gl' Italiani s' infiacchiva, subentra
va alla forza la debolezza , all' energia il languore. Quei gran ca
pitani che colle loro gesta avevano illustrate le armi erano disparsi
senza lasciare eredi degni di celebrità ; le arti stesse che nel secolo
XV avevano in Italia raggiunto la perfezione del bello , dovevano
nel successivo dar segni di decadimento, poiché le ispirazioni arti-
stiche s' infievolivano colla libertà.
Il commercio che aveva sviluppato immense risorse, allontanan
dosi dall' Italia incominciava al di fuori a crearsi altri centri. Infatti
scoperto nel U86 il Capo di Buoua Speranza dai Portoghesi le re
lazioni colle Indie si alimentarono per altra via, e le antiche dire
zioni per le nuove venivano abbandonate ; l' operosità del lavoro
che unita alle produzioni del suolo aveano fatto prosperare l' indu
stria delle arti, spariva insensibilmente per andare altrove a stabilire
la sua sede. Infatti tempo venne in cui le famiglie patrizie ripudia
rono la mercatura, scordando che gli avi loro eransi col commer
cio arricchiti ; cosicché per queste cause il XVI secolo era destinato
alla distruzione dei grandi vantaggi che sparivano colle idee ma
gnanime che aveano formato la grandezza dei secoli precedenti.
Né a tauta rovina contribuirono solamente gli stranieri colle
loro
debitare
ripetute
gli stessi
e spesse
Governi
incursioni,
liberi ma
d' Ilulia,
se ne poiché
deve più
mancò
che in
altro
essiad-il

rispetto per la indipendenza comune ; il più forte tentò sempre di


soverchiare .il più debole, e lo spirito di dominazione fu il vizio fa
139
tale di tutte le Repubbliche italiane, giacché tutte tentarono dì ac
crescere la propria a scapito dell' altrui potenza. Se al contrario
una federazione avesse garantito a ciascuna di esse la propria esi
stenza entro i limiti che il caso o la natura stessa aveale assegna
to, forse avrebbero, tutte uuite, fatto argine alle forze straniere, ed
agli attacchi delle prevalenti monarchie ; ma invece in quei tempi
di odj, di rivalità non tennero conto dei suggerimenti della sana po
litica , ed in generale quelle Repubbliche confusero la libertà colla
indipendenza , e così si disperse la grande idea nazionale quando
appunto presso le altre nazioni si coucentcava e s' ingigantiva, in
tanto che sulle rovine del feodalismo la monarchia prevaleva.
La Spagna specialmente diveniva formidabile ; il matrimonio
del Re Ferdinando con Isabella d'Aragona, riuniva in un solo Re
gno potenti Stati fin allora divisi; il gran Colombo avea nel 1492
scoperto il nuovo mondo, e I' oro dell' America aumentava la ric
chezza della Spagua. La Francia , I' Alemagna e l' Inghilterra cre
sciute in potenza si disponevano a scendere iu campo con eserciti
formidabili, contro i quali non poteano resistere quelli assai minori
dei piccoli Stati, e le migliaia incominciavano a tener luogo delle
centinaia che nelle passate guerre si contavano; cosicché l' Italia
da reina dovea divenir suddita delti Stranieri e piegar la fronte a
servitù. Ma é tempo omai di tornare al nostro principale argomento.
Mentre i Francesi restavano superiori alii Spagnoli nel Regno
di Napoli, il Duca Valentino si rivolse nuovamente verso la Tosca
na ; egli avea compito la conquista del Ducato di Urbino e di quel
lo di Camerino.
Pandolfo Petrucci che paventava per la sorte di Pisa, e per la
perdita di Montepulciano , dopo che i Fiorentini eransi confederati
col Re di Francia e col Duca Valentino, rinforzò la guarnigione di
quella terra, e soccorse i Pisani d' ingenti somme di danaro. Il l'niv
tefice Alessandro VI passava per il dominio di Siena insieme col Va
lentino e Vitellozzo Vitelli al principio di Marzo del 1501, e fu dagli
Ambasciatori senesi in Massa Marittima ricevuto e complimentato
ed essendosi in quel viaggio ritrovati insieme alla corte che segui
va il Pontefice Giov. Paolo Baglioni comandante delle armi senesi,
ed alcuni della casa Orsini , ebbero fra loro segrete conferenze , e
diedero luogo a sospettare che in quelle si tratttasse di rimettere
uo
in Firenze Piero de' Medici ; in seguito tali dubbi aumentarono, poi
ché la citta d' Arezzo si ribellava ai Fiorentini per opera di alcuni
cittadini legati in amicizia con Vitellozzo Vitelli che voleva vendicare
la morte di Paolo suo fratello. La Repubblica di Firenze vi spediva
per Commissario Guglielmo de' Pazzi, che facendo incarcerare due
cospiratori, inasprì gli animi ed indusse gli altri a sollevare il po
polo ; a sostenere quella rivoluzione vi accorse Vitellozzo colla sua
compagnia e con molti fanti ; ve ne andarono da Perugia per or
dine di Giov. Paolo Baglioni, e da Siena per opera di Pandolfo Pe-
trucci che a quella congiura aveva contribuito, e colle artiglierie
e munizioni mandate da Siena batterono la cittadella , ove erasi
chiuso il Vescovo fratello di Guglielmo de' Pazzi, per cui essa cadde
ben presto in potere di Vitellozzo.
Compiuto questo fatto con animo di porre un argine ai pro
gressi del Valentmo , s' intesero con Pandolfo Petrucci , con Paolo
Orsini, con Vitellozzo, Giov. Paolo Baglioni e Liverotto da Fermo,
e si abboccarono in luogo detto la Magione presso Perugia : ma
Pandolfo Petrucci dotato di uno spirito penetrante non intervenne
personalmente a quell' adunanza , ma vi si fece rappresentare dal
suo segretario Antonio Da Venafro ; essi stabilirono concordemente
di sostenere i Pisani contro i Fiorentini , ma l' oggetto principale
di quella lega si era di porre un argine all' ambizione del Duca
Valentino; é da osservarsi per altro, che queste pratiche offende
vano ancora il Re di Francia , perché. essendo alleato del Papa e
dei Fiorentini male avrebbe tollerato che si formassero segreti ac
cordi contro l' uno e gli altri ; tanto più che Paodolfo Petrucci in
frangeva il trattato di atleanza , col quale il Re erasi obbligato a
difendere la Repubblica di Siena ; Pandolfo voleva colla doppiezza
che era propria del suo carattere bilanciarsi da ogni parte per tra
dire poi il più debole. Al Valentino non sfuggirono quei segreti ac
cordi, e per vendicarsi ebbe ricorso alla frode che era in esso abi
tuale; egli finse di riconciliarsi coi suoi nemici, mostrò desiderio
di abboccarsi seco loro in Siuigaglia, e caddero nel laccio, poiché
giunti colà verso gli ultimi giorni di Decembre del 1502 gli fece
.urestare; Vitellozzo Vitelli e Liverotto da Fermo furono di suo or-
diue strangolati in prigione, e riteune gli altri sotto buona guardia.
Pandolfo fu .più cauto, non si recò all' invito, e salvò così la vita;
U1
non per questo potea salvarsi dalla persecuzione delio sdegnato
Valcutino : questi intimò che (osse deposta la Balla , minacciando
di entrare nel dominio di Siena coll' esercito, qualora i di lui av
visi fossero stati disprezzati ; a tale intimazione il magistrato deli
berò di spedire al Valentino Ambasciatori onde scusare la propria
condotta, e rimettersi nel di lui arbitrio, purché volesse preserva
re da qualunque danno la Città e lo Stato, lasciando che i Senesi
continuassero a governarsi nelle forme stabilite. Accettò il Duca Va
lentino questi patti a condizione che al ritorno degli Ambasciatori
fosse scacciato dalla città e mandato in esilio Pandolfo Petruccl, nel
qual caso egli avrebbe rispettata la indipendenza della Repubblica.
Fu forza obbedire : ma siccome Pandolfo si trattenne qualche gior
no senza partire dalla città, così il Valentino credendosi ingannato
entrò coll' esercito nel dominio di Siena seguito da vari fuorusciti,
risoluto di far pagare alla Repubblica 100,000 ducati che le aveva
imposto di penale per il caso di trasgressione ; prese la citta di Chiu
si, la terra di Sarteano e quella di Cetona . e volendo passare io
Val cl' Orcia occupò la ciuìi di Pienza. La Repubblica vedendb il
sovrastante pericolo spediva colà a raggiungerlo nuovi Ambascia
tori, onde giustificare la condotta della città, dimostrando la causa
del ritardo alla partenza det Petrucci esser derivata datla sistema
zione di privati interessi, mentre a lui toglievasi ogni autorità nei
pubblici affari, ed intanto si pensò a porre la città in stato di di
fesa. I cittadini erano decisi a respingere l' aggressione : fu per
ciò sospesa l' azione dei tribunali civili , ed il corso dei studi al
l'Università: il popolo si armava, e pareva ridestarsi l' antico amore
di libertà. Pandolfo finalmente per salute della patria si decise alla
partenza, ed il 18 di Gennajo dato sistema agli affari del governo,
ed ai suoi interessi accomiatossi dalla Balìa composta delle sue
creature ; usò ogui arte nelle parole per mantenersi il loro a fletto,
ed andò in esilio.
Il Pontefice fece uccidere rl Cardinale Orsini che era divenuto
suo prigioniere, il Valentino fece pure strangolare il Duca di Gra
vina e Paolo Orsini, e cosi furono per allora compite le loro vendette.
Il Valentino non era tale da perdonare la vita a Pandolfo, ma
quest' ultimo conosceva il suo antagonista , onde oltre ad essersi
premunito di uu salvacondotto rilasciatoli dal governo di Firenze
li!
per passare a Lacca , si fece nel suo viaggio scortare da un nu
mero di soldati , ed una sorveglianza attiva venne stabilita lungo
la strada che dovea percorrere. Infatti aveva ragione, poiché il Va-
lentino gli tentava la vita, e gli sgherri che doveano uccidere Pan-
dolfo furono per caso arrestati a Cascina da un Commissario di Fi
renze, per cui Pandolfo si decise per sua maggior sicurezza a fer
marsi in Pisa.
Una concentro/ione di forze alla Palombara, ove tutti i nemici
del Valentino erano convenuti , liberò lo Stato di Siena dalla pre
senza di quel mostro, poiché suo padre lo richiamò coll' armata a
Roma, senza di che egli avrebbe tentato. d' impadronirsi della citta
per estendere il suo dominio in Toscana; ma il Re di Francia che
avim penetrato i suoi ambiziosi progetti si oppose alle sue mire.
Partendo dallo Stato il Yalentino spediva a Siena per ambasciatore
Agabito de' Gherardi suo primo segretario a congratularsi col Ma
gistrato di Balta per avere , colla cacciata di Pandolfo , condisceso
alle sue brame, e volle colla Repubblica rinnuovare la capitolazio
ne, mostrandosene amico e proiettore: bensì volle che Pandolfo fos
se dichiarato fuoruscito , e con una liberalità affettuata condonò i
100,000 ducati che pretendeva dalla Repubblica a titolo di penale,
in cui era incorsa per la tardanza della partita dalla città di Pandolfo.
Non tardarono a manifestarsi in città le solite inquietezze per
effelto
tati, quando
delle rinascenti
giunse Francesco
fazioni, ed
Cardulo
erano gli
da animi
Narni Protonotaro
dei cittadini Apo
agi-

stolico , quale come Oratore del Re Cristianissimo dimandava alla


Balìa in nome del suo Re che fosse rimesso in patria Pandolfo PC-
trucci, del quale egli si era dichiarato protettore. La risposta non
fu né affermativa, né negativa: la Balìa procurò di acquistar tem
po, dicendo che mentre spediva Ambasciatori a S. M. per altri og
getti, gli avrebbe data autorità di trattar questo negozio. Poteva
temersi l' ira del Valentino, che coll' esercito si trovava intorno a
Cori, combattendo contro gli Ordini. Infatti interpellato egli provò
sdegno, ma non poteva opporsi ai voleri del Re di Francia, per cui
il Magistrate di Balìa assolse Pandolfo dalla ribellione, deliberan
do il di lui ritorno in patria. Ora conviene fermarsi a esaminare
quest' uomo sol in l' aspetto politico: all' interno doma i partili e fa
tacere le rivalità, le ambizioni, la sete di dominio, di quel domi
f4S
mo che con astuzia esclusivamente usurpa : all' estero ora proteg
ge i Pisani, ora fomenta la rivoluzione d' Arezzo, ora favorisce le
mire di Piero de' Medici, ed in fine acquista il favore di quei Fio
rentini stessi da lui offesi, ed in speciat modo del Gonfaloniere So-
derini : cospira contro il Valentino, si unisce ai di IHi nemici: que-
st' errore a lui costa l' esilio dalla patria : ma quando apparito si
crede decaduta la di lui fortuna, invece si consolida, poiché la pro
tezione del Re di Francia lo riabilita nella sua potenza. Tanti suc
cessi inalzano Pandolfo Petrucci ad un altezza non comune fra gli
uomini che emersero per politici talenti.
Il 19 Marzo 1503 Pandolfo tornava in Siena seguito da Paolo
Baglioui, poiché del Da Venafro era stato sospeso il ritorno, e mol
tissimi cittadini della fazione Novesca gli andarono incontro, ed era
accompagnato dagli Oratori del Re di Francia e da una comitiva
di cavalli e pedoni comandati dal Pochentesta, che fu nuovamente
eletto capitano dei Provisionati.
In questo tempo per opera di Filippo Arciduca d' Austria fu
conclusa la pace fra Francia e Spagna, dopo che I' Italia era stata
lungamente il teatro delle loro guerre.
Il Valentino aveva continuato con prospero successo il corso
delle sue gesta , come dei nefandi suoi delitti. Egli avea fatto as
sassinare il suo stesso fratello : ma finalmente la giustizia Divina
volle punita tanta scelleraggine, ed un tradimento preparato contro
altri ridondò a danno proprio, poiché il 18 di Agosto 1503 Papa
Alessandro VI fu colpito da improvisa morte: il Duca Cesare Bor-
gia , ed il Cardinale di Corneto furono at tempo stesso portati a
Roma moribondi da una vigna in cui doveano sedere a mensa. Il
corpo di Alessandro VI copertosi subito di nera gangrena diede mo
tivo a sospettare che il Papa, il figlio, ed il commensale fossero vit
time di un veleno per errore trangugiato : ma la robustezza del
Valentino vinse il malore, per cui al padre sopravvisse ; però dopo la
morte del Pontefice divenne un soggetto senza importanza: quel-
l' avvenimento impreveduto sopraggiunse a troncare i suoi vasti pro
getti, quando era forse per realizzarli: fu abbandonato dalle sue trup
pe mentre tentava difendersi in Castel S. Angelo; allora fu arrestato,
e sebbene comprasse in Roma la sua libertà , venne nuovamente
arrestato a Napoli e condotto in Spagna. Fuggì dalla prigione per
m
morire in Navarra combattendo da soldato. Se invece di un anima
turpe che lo condusse ai delitti i più abominevoli avessero i pregi
del cuore corrisposto a quelli della sua mente , egli sarebbe stato
quell'uomo capace di formare una potenza suscettibile di far argine
alle straniere invasioni ; la storia non può negare a lui un genio, co
me a suo padre una magnificenza non comune, ma le crudeltà, i tra
dimenti, le scostumatezze hanno. fatto dimenticare la loro grandezza.
Alessandro VI ebbe a successore Francesco Piccolomini Cardi
nale di Siena, che per onorare la memoria di Pio II suo zio assun
se il titolo di Pio III. Questo fatto produsse in Siena una sincera
allegrezza fra i cittadini , tanto più che si sentirono liberati dalle
continue minacce del Valeutino; ma quest' allegrezza fu di breve
durata, poiché il Pontefice dopo uu breve regno di 26 giorni ina
spettatamente moriva. Fu opinione di molti che per invidi.) alcuni
suoi concittadini, che erano allora al potere gli procurassero la mor
te, conoscendolo di fazione contraria a quella che allora governava:
altri sospettarono che il di lui avvelenamento fosse ordinato da Pan-
dolfo Petrucci, perché aveva preveduto di trovare nel Pontefice uu
oppositore, essendo nemico dell' Ordine dei Nove: ma quella inaspet
tata morte se fu utile a pochi, dispiacque a molti cittadini che ave
vano sperato valersi dell' autorità pontificia per frenare la prepo
tenza di chi li opprimeva. Egli ebbe a successore il Cardinal di
S Pietro ad Vinc.ula Giuliano della Rovere, nipote di Sisto IV, che
assunse il titolo di Giulio II.
Frattanto accrebbe la tristezza della città il passaggio dell' ar
mata francese sotto la condotta del Duca di Mentova, che nudava
nel Regno di Napoli a combattere contro gli Spagnoli comandati da
Consalvo di Cordova. Il Comandante di quell' armata disprezzato
dai suoi sottoposti , siccome italiano , dovette abbandonarne il co
mando ; ma l' alterigia loro fu punita con una disfatta che toccaro
no d.idi Spagnoli presso il Garignauo: Pietro de' Medici che spe
rava di salvare quattro pezzi d' artiglieria e coudurli a Gaeta si
annegò sul fiume per il soverchio peso dei fuggiaschi che si getta
rono sulla sua barca. Questo fatto fu decisivo: copri la Francia di
lutto, stabilì la sorte del Regno di Napoli, ed aumentò la influenza
spagnola in Italia (1503). Così Alfonso d'Aragona avea perduto il
Regno per la perfidia di Lodovico XII e del Re Ferdinando, quindi
U5
fra di loro si contrastarono la divisa preda, che restò alla Spagna
Moriva in queir epoca un Principe italiano Èrcole d' Est , che per
la sua abilita nelle diplomatiche negoziazioni godeva un alta repu
tazione ; gli successe Alfonso suo figlio primogenito che avea con
dotto al talamo Lucrezia Borgia figlia amatissima di Alessandro VI
e sorella al Duca Valentino.
Finatmente col trattato di Blois si fece la pace fra Ferdinando
il Cattolico e Luigi Re di Francia; quest' ultimo rinmuiò ai titoli
di Re di Napoli e di Gerusalemme, per cui il Reame restò una con
quista della Spagna. Così pacificate quelle contese, in Italia rima
neva soltanto viva la guerra dei Fiorentini coi Pisani, per fo che i
Fiorentini andavano assoldando nuove truppe condotte dai Colori
nosi e dal Savelli; i Senesi che aveano da temure, per essersi mo
strati amici ai Pisaui, ed in particolar modo Pandolfo Petrucci che
tiranneggiava allora la città , assoldarono per loro sicurezza Giov.
Paolo Baglioni eoa 110 uomini d'arme, ed alcune compagnie di
fanti. lutanto i Fiorentini avevano ottenuto qualche vantaggio, e la
terra di Librafatta era caduta in loro potere , ma i Pisani ajutati
da Bartolommeo d' Alviano, che con 300 uomini d' arme e 590 fanti
aveva militato nel Regno di Napoli, batterono i Fiorentini al fiume
Osa. In quel tempo l' amministrazione della giustizia sulù in Siena
dello riforme utili. Fino allora avevano decise le cause civili e cri
minali il Potestà , un Collaterale, ed un Assessore : fu allora ordi
nato un tribunale d' appello , composto di tre Giudici che furono
chiamati di Ruota , coll' incarico di rivedere quelle cause che la
parte soccombente non sodisfatta del primo giudizio volesse sotto
porre al secondo (1504). Il Pontefice in quell' anno stesso abusando
della sua potenza spirituale volle impiegarla a sostegno d' interessi
terreni, ed il 4 Settembre pronunziò l' interdetto contro la città di
Siena perché i Capacci ed i Giuuzzi mercanti senesi erano rimasti
debitori ai Centurioni di Genova di 6000 ducati per l' affitto tenu
to del Fieratico dell' Alberese in Maremma ; ma Pundolfo che era
uomo da non spaventarsi obbligò i Sacerdoti a celebrare ed am
ministrare i sacramenti ; i renitenti fece scacciare dalla città. In
tanto la collera pontificia si calmava, e l' interdetto fu tolto.
II Re di Francia per compenso dei falli sacrifizi andava affac
ciando ai governi d' Italia dei litoli di credito o reali o supposti ,
10
Ufi
ed alla Repubblica di Siena protestò scudi 90,000, piìi danni e pre-
liindi/i. di mi facevasi da tanto tempo creditore ; più tardi notere
mo I' nridne di un tai debito. LJ Balia rispose a S. M. che la mal-
vngilìi dei tempi , e le gravi spese a cui era stata assoggettata la
Repubblica per il passo delle truppe, aveanle impedito di sodisfare,
ma rhe qualora egli lo credesse giusto, era pronta ad estinguere
quel debito.
Mentre questo trattative avean luogo. i Fiorentini, mediante una
vittoria riportat;! alla torre di S. Vincenzo contro i Pisani, aveauo
preso il di sopra, e fu allora che il Magistrato di Balìa, ad istanza di
Pandolfo Petrucci che la dominava, deliberò doversi spedire ai Pi
sani una certa somma di danaro per istigar quel popolo alla resi-
sten/a. (Juesto contegno indispettiva maggiormente i Fiorentini con
tro Siena, e nacque contesa se l' armata vittoriosa, che già trova-
vasi in ionfini del senese, doveva portarsi a discacciare Pandolfo
Petrucci, e vendicarsi della perdita di Montepulciano, o se doveva
procedere all'impresa di Pisa: ma Pietro Sederini che prepondera
va per quest' ultimo progetto, essendo Gonfaloniere portò al gran
Consiglio la proposizione di porre alle voci 10.000 fiorini per la
guerra,
re I" attacco
ed avendo
di Pisail fupopolo
deciso.
sanzionata
Il fuoco la
contro
proposta
quella
del piazza
Gonfalouie-
inco

minciò il 7 di Settembre 1.'i05; colle artiglierie furono aperte due


brecce. ma fu tale la viltà degli assnlitori, che ricusarono di an
dare all' assalto, ed i Generali per non compromettere il decoro di
Miti, i l'armata con vergogna ricondussero le truppe negli alloggia
men! i. I ! i tale la situa2ione, quando i Fiorentini seppero che 300
ridati spagnoli della guarnigione di Piombino erano entrati in Pi
sa : a questa notizia, temendo che altri ne sopraggiungessero de
cisero di levare l' assedio.
Mentre si calmavano per quest' avvenimento i timori dei Sene
si, giunse in città Agostino Semensio ambasciatore di Massimiliano
Ke dei Romani per significare alla Repubblica che il suo Signoro
si disponeva a passare coll' esercito in Italia per prendere, secondo
il costume dei di lui predecessori, la Corona dell' Impero. Fu dat Ma
gistrato a lui risposto, che troverebbe la citta di Siena fedelissima
come egli aveva esperimentato in passato. I Veneziani per altro che
di mal occhio vedevano scendere nuovi stranieri ad alterare la
117
quiete d'Italia ricusarono di dargli il passo. La Repubblica Vencta
era allora l' unica potenza che potesse contrastare olii stranieri il
dominio d' Itatia , e perciò aveva destato 1. 1 loro gelosia : ma Lui
gi XII allarmato della preponderanza che acquistava giornalmente
Massimiliano erasi accostato ai Veneziani, mentre si limitava a dare
agli altri delle speranze per una lega contro Venezia, lo di cui basi
erano già stabilite. La iniziativa apparteneva a Giulio ll, che irri
tato contro i Veneziani, perché aveano occupate alcune citta della
Chiesa , si affaticava a Tar leghe e congiurare contro i medesimi.
nulla curando gl' interessi generali d' Italia. Oltre di che mirava ad
impadronirsi di Perugia governata da Giov. Paolo {taglioni, e di Bo
logna ch'era sotto la dominazione dei Bentivoglio ; eonfederossi an
cora colla Repubbtica di Siena, obbligandosi a difendere la città e
l0 Stato, compreso Montepulciano, e la Repubblica dal canto suo si
obbligava alla difesa degli Slati della Chiesa da qualunque attacco.
I Fiorentini pure nell' Aprile del 1506 riunuovarono per tre anui
la loro tregua con Pandolfo Petrucci , riounziando per tutto quel
tempo a far valere i loro dritti sopra Montepulciano. Intanto Giu
lio II si partiva da Roma alla testa di un armata, di cui diede il
comando al marchese di Mantova ; direttosi verso Perugia , ebbe
quella città dallo stesso Baglioni, quindi si diresse verso Bologna ;
1l Macchiavctti ambasciatore dellu Repubblica di Firenze lo raggiun
se , strada facendo , per offrirli il concorso delle truppe fiorentine
in quell' impresa, talché, e coll' armata che conduccva, e coi rinforzi
ricevuti scacciò da Bologna i Bentivogli, e quella città incorporata
fra li Stati della Chiesa perdera quei privilegi stessi , di cui sotto
il dominio della discacciata famiglia avea goduto. M)
Genova in quel tempo si liberava dalla francese soggezione,
ma frattanto la plebe trionfante saccheggiò i palazzi dei ricchi, ed
i nobili emigrarono in massa con Giov. Luigi Del Fiesco , per cui
il potere rimase al popolo. Non passò per altro gran tempo senza
nuovità , poiché Luigi XII di nuovo s' impadronì di quella città ,

(1) Per quanto nel 15H i Renlivocjli tornassero al possesso di


Bologna pure nell' anno successivo furono costretti a fuggire lascian
do la città alle vendette di Giulio II.
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cosicché epli tornò ad esser potente in Italia, per cui i Senesi to
mendo il di lui sdegno spedirono Ambasciatori per offrirgli il pa
gamento delle rate dei 20,000 ducati , di cui erano morosi. Molti
opinarono che quella somma fosse il premio della real protezione
che valse a rimettere Pandolfo Pctrucci nella primiera autorità, do
po di che il dispotismo di costui non ebbe limili, dice il Pecci. Egli
non apprezzava i nemici, opprimeva talvolta gli innocenti per inal
zare maggiormente i suoi seguaci, ed era ad un grado pervenuto,
che nulla di più mancavagli , che il titolo per essere riconosciuto
principe indipendente di Siena ; quando gli era dimostrato che le
leggi talvolta alle di lui risoluzioni erano opposte, rispondeva: Le
leggi essere sfate fatte e stabilite dagli uomini, negli uomini esser tut
ta la facoltà di poterle distruggere. Egli per quanto dotato datla na
tura di forte ingegno, e di un fermo carattere, pure il di lui spi
rito mancava di cultura : la sua educazione erasi formata fra le ci
vili discordie , e non fra i studi Itìtterarj , per cui conoscendo per
questo lato la propria debolezza ricorse all' assistenza di Antonio
Giordani Da Venafro, che abbiamo già detto Professore at Pubblico
Studio, mentre fu ancora Assessore delle Riformagioui. Quest' uomo
reputato per dottrina, era d'animo crudeTe, cosi si fece istigatore
di tutti i delitti ordinati da Paudolfo per frenare lo spirito di fa
zione, e qualche volta per opprimere l' innocenza e la giustizia. Un
consiglio segreto di tre , la di cui autorità era superiore a quella
della Balìa e di ogni altro Magistrato servi loro di efficace istru-
mento, per involare alla giustizia ordinaria i prevenuti; si puniva
no i sospetti: i tradimenti, le congiure ove non esistevano s' imma
ginavano ; i delatori erano premiati ; pur non ostante le condanne,
sebben prive di legalità. non bastavano a compire i progetti liber
ticidi, per cui ricorsero ai veleni, ai pugnali maneggiati da prezzo
lati sicari, ai trabocchetti, alle razzaje secondo l' uso di tempi bar
bari e feroci. Guai a coloro che cou detti imprudenti si palesavano
avversi a quel sistema di oppressione ; il terrore comandava ad
ogni cittadino di obbedire e tacere. Paudolfo a voglia sua delle pub
bliche entrate disponeva. e del denaro pubblico si arricchiva; egli
comprò vasti possedimenti , ed il di lui patrimonio divenne il pio.
considerevole della città. mentre in altri tempi le rendite della fa
miglia l'ctrucci non oltrepassavano i 5000 fiorini. Inoltre procurò
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ancora di fiancheggiare la sua potenza per mezzo il' illustri partuti,
maritando e sorelle e figlie ad uomini potenti ; poco mancò per al
tro che questi fini dettati dalla politica gli costassero la vita, poiché
avendo promessa in moglie Supplizio di lui figlia' a Giulio Rei-
lanti, nulla curando i patti e le promesse, la diede invece a Sigi-
smondo Chigi, perché questo, meglio dell' altro parentado a lui con
veniva. Lo sposo deluso e suo fratello Patrizio giurarono di vendi
carsi; e chiamato Pandolfo con un pretesto alle loro case erano
decisi di ucciderlo: ma prevenuto in tempo il tiranno non proseguì
il cammino e tornò alla propria abitazione ; i Bellanti scoperti emi
grarono solleciti per salvarsi ; ma frattanto é sempre vero che men
tre i tiranni minacciano l' altrui , hanno sempre da temere per la
propria vita.
L' Impera tor Massimiliano con formidabile apparato di forze
veniva a Trento ; e non ostante che i Veneziani avessero conclusa
una lega col Re di Francia, pure crederono savia politica di com
binare una tregua di tre mesi col Re dei Romani. Pandolfo intanto
nell'Aprile del 1506 aveva rinnuovata coi Fiorentini una lega per
tre anni, ed avea ottenuta da essi la condizione di non far valere
per tutto quel tempo i loro dritti sopra Montepulciauo: e non volendo
ledere i privilegi antichi dell' impero, Pandolfo si accostò ancora al-
l' Imperator Massimiliano, e spedi per ambasciatori a rappresentar
la Repubblica alla Dieta di Costanza, che fu tenuta in quel tempo,
Domenico Placidi, ed il suo intimo Antonio Da Venatro. e questi si
obbligarono in nome pubblico di pagare a S. M. 14.000 ducati; in
fatti ducati 7125 furono rimessi con lettere di cambio della Banca
Cbigi, ducati 2250 furono sborsati in Bologna da Bartolommeo Briz
zi a Cristofano Nunzio dell' Imperatore, il resto con altri pagamenti
fu estinto , cosi Pandolfo acquisissi l' imperiale favore. Per far fron
te per altro a questi ed altri impegni , siccome il pubblico Tesoro
era esausto per tante malversazioni, fu necessario vendere con li
cenza della Sedia Apostolica, e del Commissario del Monastero di
S. Anastasio il castel di Montacuto con la fortezza e suo dominio.
il Mont' Argentario . i castelli di Serpenna e di Marsiliana. La con
dotta di Pandoilo dispiacque al Re Luigi, il quale eru pure offeso
dei Fiorentini, che dopo aver sospese le loro sedizioni contro l'isa
incominciarono di nuovo ad attaccarla: ma il He di Francia, mcu
150
tre fingeva di voler sostenere la indipendenza di quella Repubblica.
negoziava coi Fiorentini per venderla: infatti la comprarono con lo
sborso di 100,000 ducati ; altrettanta somma doverono pagare al
Re Ferdinando di Spagna. onde rimuovere qualunque difiìcoltà, per
cui i Pisani privi di qualunque soccorso, abbandonati dui Veneziani
e da tutti i loro Alleati d' Italia , mancanti di tutio , e disperando
per la salute della loro patria cederono all' avversa fortuna, ed il
dì 7 di Giugno deh" anno 1509 il popolo sanzionò il trattato, che
sebbene eoo larghe condizioni, pure era l' ultimo atto della sua in-
dipendenza; il giorno successivo i Fiorentini entrarono in citta. Da
questo fatto si può argomentare che li stranieri trafficavano sulle
sventure , e sulla debolezza dei Governi italiani , i quali decaduti
dall' antica grandezza , erano mossi all' incanto dalli stranieri.
Così n.adita da tutti dovette soccombere la Repubblica di Pisa, il
di cui popolo aveva sostenuto con un' eroica costanza una guerra
per quattordici anni e sette mesi. Le famiglie più cospicue non po
tendo l' jjL'rrr all' idea della servitù emigrarono: alcune di esse si
stabitirono l< ! mezzogiorno della Francia , e per quei vincoli che
i.•raii M tumi. iti ati' epoca del passaggio di (larlo VIII molti passaro
no ati" esercito francese. e rimpiazzarono la perdita delle libertà ci
vili coll' acquisto della indipendenza delle amai (1). L' infausta sorte
di Pisa era per altro una minaccia permanente contro le suprestiti
Repubbliche.
A questo punto la storia generale d' Italia registra un gran
de avvenimento: intendiamo parlare della celebre lega di Cambrai,
colla quale ad insinuazione di Giulio II tutte le principali nazioni
d' Europa si uniremo ai danni della Repubblica di Venezia. Questo
trattato é il primo esempio di un concerto generale Europeo ten
dente a dividersi uno Stato libero, indipendente, solo perché desta

li) E da notarsi che i ultima guerra contro i Pisani fu dai Fio


rentini condotta per la prima volta colla milizia ordinata in batta
glioni : questi allora chiamavansi ordinanze: esse furono organizsate
secondo i principi esposti da Macchiavelli nel suo trattato delf Arte
detla Guerra. Questa nuova milizia si mostrò più disciplinata, e co
stò assai meno dei Venturieri.
151
va t altrui invidia ; bensì Venezia pagava il lio di una politica
egoista che quel Senato sospettoso, diUìdentu costantemente avea
seguita. Non entra nei limiti del presente compendio la narrazione
di quella lunga guerra tanto fatale a Venezia, e durante la quale
quel popolo seppe opporre la costanza nei rovesci , ed il governo
una sapienza politica uell' approfittare dei vantaggi che nelle va
rie fasi colle sciagure si avvicendarono.
La Repubblica senese vedendo giungere a si alto grazio l.i po
tenza del Pontefice Giulio II intese a rendersela favorevole, e per moz
zo di Domenico Placidi, di lei ambasciatore a Roma, gli faceva of
frire la restituzione del castello della Suvera che era nel contado
di Siena. Questa contea che in origine apparteneva atla famiglia
Ghianddroni. dalla quale discendeva Giulio II, avea subito nelle re
pentine rivoluzioni diversi passaggi: in ultimo la contea era restin.i
alla Repubblica (1). L' offerta fu accettata, ed il Pontefice spediva
a Siena Alfonso De Bianchi Protouotario Apostolico coll' incarico
di ringraziare la Balìa. Intanto volle che la Repubblica accedesse
atla lega di Cambrai coll' onere di somministrare un contingente :
al che fu supplito colla spedizione delle compagnie comandate da
Giovanni Lisio e Paolo Vitelli, che si unirono alle truppe pontifìcie.
Mentre questi fatti accadevano nuovi torbidi minacciavano la
Toscana. I. Fiorentini conservavano un rancore contro Siena per i
sussidj, di cui erano stati prodighi versò i Pisani durante la guer
ra : di più ambivano il ricupero di Montepulciauo ; la Signoria di
Firenze spediva' intanto il segretario Niccolò Macchiavelli a disdire
la tregua esistente, lo che corrispondeva ad una dichiarazione di
guerra. Il Pontefice si allarmò di questo fatto, poiché teinta, chi;
cesi
riaccendendosi
per quella lasuperiorità
guerra in che
Toscana.
avevano
potessero
in Italiu
intervenire
acquistatai l.ran-
dopo

(1) Questa notizia i. tratta dal Malvuoiti; il Sismondi smentisce


questa discendenza dicendo • « La Batia aveva riconosciuto in Giù-
« Ho li un discende/ite di qudf estinta famiglia , che portarii come
« lui lo stemma della Quercia. ma la loro ai/nazione non jmli.ixt ffua-
* si provarsi con altro, L/IU con ijuclli; della Ghianda della Howu
'Scolte Ghiande dei Ghiandaroni. »
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che erano stati vincitori dei Veneziani nella celebre giornata dì
Chiaradadda. Qualche dissapore era già nato fra il Pontefice stesso
ed il Re di Francia, per cui il primo non avrebbe veduto eoa in
differenza in Toscaua un esercito francese tanto prossimo a Roma,
per questo motivo si diede cura di sedare nel suo nascere quelle
differenze : cominciò a persuadere ai Senesi che per il bene comune
era necessaria la restituzione di Moutepulciano ai Fiorentini, e fu
la di lui influenza sì potente, che una nuova lega di 2o anni fu
conclusa fra le due Repubbliche. Siena perdé di nuovo Monte-
pulciano per opera principalmente di Pandolfo, che fingendo voler
aoccorrere quel popolo, avea in animo deciso di sacrificarlo per com
piacere al Pontefice. Di più il Pontefice col fine di distrarre i Se
nesi dall' atleanza probabile colla Francia , persuase il Governo a
confederarsi con Ferdinando d' Aragoua a difesa reciproca dei ri
spettivi Stati ; e quest' ultimo si obbligò a mantenere in autorità
Pandolfo Petrucci riconoscendolo nella qualità di moderatore della
Repubblica: questa lega fu conclusa il primo d'Ottobre 1511. L' in
stancabile Giulio ll nulla trascurava perché tutto piegasse secondo
i di lui voleri, e dopo aver punito i Veneziani, perché non avea no
voluto restituirgli Rimiui e Faenza , ora vedeva di mal occhio i
Francesi, dopo che li avea chiamati in Italia. Pacificatosi coi Vene
ziani portò la guerra contro il Duca di Ferrara. Alla presa della
Mirandola per un atlo d'impazienza volle entrare in citta mon
tando sulla breccia ; attaccò i Francesi in Lombardia ; irritato con
tro il Sederini Gonfaloniere di Firenze congiurò atla di lui roviua.
Insomma il di lui carattere irritabile intraprendente attivo palesava
un anima fiera ed indomabile. Lodovico XII per quanto pio si scan
dalizzò della condotta del Pontefice. per cui s' intese coll' Impera-
tor Massimiliano, ed ambedue insisterono per la convocazione di un
Concilio ecumenico appoggiandosi a quanto era stato stabilito in
quello di Costanza intorno alla riforma della Chiesa. In seguito al
rifiuto del Pontefice, decisero di farlo convocare dai Cardinali dis
sidenti che eransi ritirati a Milano, e fu prescelta la cittb di Pisa.
Allora Giulio II convocò altro Concilio da tenersi in S. Giovan l.a-
terano, e pubblicò un monitorio contro i Cardinali ribelli, e l' inter
detto contro Firenze, perché avea permesso l" adunanza in una città
del suo dominio. Voleva ancora far guerra contro i Fiorentini, ma
153
Pandolfo Fetrucci ebbe tauta influenza da dissuadere il Pontefice
da questa determinazione. Fu allora che Pandolfo ottenne dal Pon
tefice stesso il cappello cardinalizio per il di lui figlio Alfonso ; ma
questa fu l' ultima sodisfazione della sua vita, poiché divenuto ca
gionoso di salute incominciò a temere pei giorni suoi ; un dispia
cere da lui provato contribuì a peggiorarne la condizione , poiché
essendo stato ferito Niccola del Testa, andato il Bargello a ricono
scere le ferite, Beruadino Tancredi imputò queir assassinio alle oc
culte mene di Pandolfo ; il Bargello volle difendere la fama del suo
signore e passarono alle ingiurie , per lo che un giorno in cui il
Bargello stesso faceva la scorta a Borghese, giunto alle Logge del
Papa fu dal Tancredi ucciso , e lo stesso Borghese per salvare la
vita dovette ricovrarsi nelle vicine case. Il pericolo corso dal figlio
spaventò Pandolfo ; peggiorando la di lui salute fu dai medici con
sigliato a recarsi ai Bagni di S. Filippo, ma invece n' ebbe un ef
fetto contrano , per cui fu forza abbandonar quel luogo; giunto a
S. Onirico l'asma, di cui soffriva, cominciò maggiormente ad inquie
tarlo: fu necessario fermarsi, ed essendosi coricato, il riposo gli fu
fatale, poiché fu ritrovato morto da quelli che lo accompagnavano. (1)
Saputosi in Siena un tale avvenimento, gli amici interessati al di
lui dispotismo lo compiansero, il popolo ed i suoi nemici non ester
narono il loro gaudio, siccome educati at terrore, il di lui cadavere
portato in Siena ebbe splendidi onori funebri.
Il nome di Pandolfo Petrucci é passato alla posterità col mar
chio di tiranno di Siena : il Pecel che ne ha scritta la vita gli
attribuisce sessanta omicidi da lui ordinati: il più orribile é quello
di Niccolò Borghesi suo suocero. La storia per attro giudice impar
ziale non può negare a quest' uomo una mente elevata, una capa
cità governativa , e senza scusarne i delitti dirà , che il di lui di
spotismo fu favorito dai tempi corrotti; ed i Senesi colla deprava
zione, colla immoralità dei costuminon gli eccessi anarchici, di cui
avean dato disgustosi esempi, eransi resi indegni della libertà: e
tIuaudo un popolo disprezza le leggi umane e divine la indispen-

(\) Pandolfo era nato il 14 Febbrajo 1451, e mori il SI Maggio


1512. Il suo sepolcro esiste nei sotterranei della Chiesa dell' Osser
vanza fuori della Porta Ovile.
sablle tirannia lo punisce, e spesso l' innocente é fatto vittima delle
attrui nequizie.
Borghese Petrucci figlio primogenito di Pandolfo ereditò la gran-
deiza del padre: la Balìa lo investì del comando della guardia dei
300 fanti, di cui era Capitano il Pocoiutesta , e dei 150 cavalli
guidati da Vajauo da linola ; questa forza era una guardia Preto
riana dipendente solo dal capo del Governo, e non dagli ordini dello
Stato; la Balìa lo riconobbe como il cont inua (ore della potenza del
padre, ma il fiplio non ne possedeva i talenti : giovane e libertino
era piuttosto dedito ai piaceri della vita, ai passatempi, nei quali
amici corrotti lo coltivavano, che alle cure di Stato; in oltre egli
disprezzò i consigli di Antonio Venafro, quale conosceva che oltre
ai pericoli, contro i quali dovea lottare. era ancora minacciato da
rivalila domestiche, delle quali presto vedremo le conseguenze.
Giulio II fu felice nei suoi progetti più di quello che poteva
attendersi, poiché fatta lega con Massimiliano, coi Veneziani, e col
Re d' Aragona riesci a scacciare i Francesi dal Ducato di Milano,
che fu occupato dalli Svizzeri in nome di Massimiliano Sforza, e
Luigi XII soccombente in Itatia era attaccato dalli Svizzeri nella
Borgogna , dalli Spagnoli ai Pirenei , dagl' Inglesi sulle Coste della
Guinea, e dovette al caso la .sua salute e quella del Regno. Insor
sero delle differenze fra i confederati : essi avanzarono esagerate
pretese, e nel disaccordo che nacque, la sola mira di vendicarsi dei
Fiorentini che avevano soccorso i Francesi li tenue uniti , e nella
Dieta di Mantova fu deciso. di combatterli; a questa determinazione
contribuiva Giuliano de' Medici , che comparve colà a perorare gli
interessi della sua famiglia ed a dimandar soccorso per riacquistare
in Firenze la dispregiata autorità.
L' armata spagnola adunque che erasi concentrata in Bologna
sotto gli ordini del Viceré Don liaimondo da Cardone ed accompa
gnata dal Cardinal Medici si avanzò contro Firenze. Prato mal di
feso dal Savelli fu occupato dai nomici . ed i Fiorentini presi da
spavento, inabili a difendersi deposero il Gonfalouier Sederini . che
di notte partì nascostamene alla volta di Siena, e l'esercito spa
gnolo entrato in Firenze senza incontrar resistenza in nome della
Lega riabilitava in potere la famiglia Medicea , sotto il di cui go
verno Firenze perdette la sua libertà. Non ostante questi facili sue
155
cessi , e la prodigiosa attivila di Giulio II pure la santa Lega mi
nacciava dissoluzione; ma io fine questo Pontefice vecchio, oppres
so da tante cure che a lui toglievano il riposo, cadde malato, e
nella notte del 21 Febbrajo 1513 moriva, conservando fino all'ul
timo istante la fermezza ed il vigore dell' anima sua. (1) Egli avea
concepito il gran progetto di scacciare gli stranieri , che egli chia
mava barbari, ti all' Italia, ma ebbe il torto di chiamarvcli, e di va
lersi delle armi loro per esercitar le sue vendette.
Giovanni de' Medici nella fresca età di anni 27 fu eletto Papa
ed assunse il titolo di Leone X ; il Cardinale Alfonso Petrucci con
tribuì alla di lui elezione , e non tardò a ricevere dal di lui zelo
immeritato guiderdone. La Repubblica spediva Ambasciatori a ren
dere omaggio al nuovo Pontefice, ed altri a congratularsi colla Si
gnoria di Firenze.
Colla morte di Giulio II non cessò la guerra in Italia , poiché
i Francesi riconquistarono Genova e parte della Lombardia, finché
rotti a Novara dalli Spagnoli, quindi a Vicenza, furono costretti ad
abbandonarla. Moriva Lodovico XII ; Francesco I. suo successore era
dotato di uno spirito intraprendente e cavalieresco: infatti inaugu
rava il suo Regno colla conquista del Ducato di Milano facendo pri
gioniero Massimiliano Sforza, quindi minacciava di avanzarsi sulla
Toscana, passare a Roma, e tentare la conquista del Regno di Na
poli. Questi timori allarmarono ancora la Repubblica di Siena, poi
ché era da credersi che i fuoruscili abbracciando il partito france
se avrebbero tentato delle nuovità , e poca fiducia aveano i citta
dini in Borghese Petrucci, la di cui debolezza non poteva garantire
la quiete interna della citià e la stabilità del governo. Infatti la
Ralta fece bandire che ogni cittadino si tenesse in ordine e pronto
colle armi per accorrere ai bisogni della patria minacciata, e furo
no stabiliti come luoghi di riunione pei diversi Terzi la Postierla ,
le Logge del Papa , e la Piazza Tolomei ; queste provvide misure

(1) II Malavolti asserisce che Giulio II aveva comprata dall' Im-


perator Massimiliano la città di Siena per farne un dono al Duca
<f l'rbino suo nipote, ma questa notisia poco probabile é contradetta
dal Pecci, e da Giugurta Tommasi.
156
scoraggiarono per allora i fuorusciti , che non solo nulla tentarono,
ma anzi contro ogni aspettativa si unirono alle truppe spagnole e
presero con esse la direzione di Napoli..! Senesi crederono utile
collegarsi ooi Fiorentini e col Pontefice, al quale interessava di as
sicurarsi di questa posizione come punto intermedio fra Roma e
Firenze. Si credeva che il Pontefice dovesse transitar da Siena per
andare a Bologna, ove nel mese di Decembre 1515 si abboccò con
Francesco I; la Repubblica avea date le sue disposizioni perché
fosse ricevuto con gli onori dovuti al suo grado, ma con dispiace
re universale dei cittadini, sia atl' andata, come al ritorno, preferì
passare per "la Valdichiana. Egli sapeva che il governo dei Nove
tornava ad essere insidiato, che segrete macchinazioni lo minaccia
vano: con quel contegno egli volle manifestare il suo scontento, e
conoscendo la debolezza di Borghese incominciò a favorire l' am
bizione di Raffaello Peti.ucci Vescovo di Grosseto e Castellano di
S. Angelo, cugino di Borghese che mirava al dominio della Repub
blica. Il Pontefice vedeva in lui un più abile istrumento delle sue
vedute, che tendevano a render dipendente dai di lui voleri la Re
pubblica, siccome chiusa fra gli Stati della Chiesa e dei fiorentini,
facilmente avrebbe potuto dominarla. Senza farsi scrupolo del drit
to lo fece partire da Roma .alla volta di Siena con 2000 fanti e
200 cavalli comandati da Vitello Vitelli : già un partito gli aveva
quivi preparato la via atla usurpazione. Borghese conosciuto il pe
rìcolo avrebbe voluto prepararsi alla difesa , ma era troppo tardi :
tutto occupato dei piaceri non aveva fatto alcun conto dei consi
gli del Venafro. il quale volle prevenire ogni personal pericolo par
tendo da Siena, e quando si congedò dal suo Signore a lui disse
con ironia : Vado a Napoli a prepararvi alloggio, poiché presto colà
vi attendo; né fu possibile rimuoverlo dalla sua determinazione.
Il Castellano intanto si avanzava a gran passi verso Siena
sicuro della sua vittoria. Borghese senza consiglio abbandonato per
fino dui compagni delle sue dissolutezze ricorse alla compassione
dei suoi concittadini : adunò un Consiglio di richiesta . nel quale
parlando dei pericoli della patria , della sua personale situazione ,
dell' ingiustizia che lo minacciava intese commuovere gli animi de
gli ascoltanti , ma invece ebbe luogo di accertarsi del suo isola
mento • nemmeno una voce sorse ad appoggiare le sue istigazioni,
157
e quasi solo usciva vieppiù avvilito da queir adunanza : le sue
speranze si dilegnarono. II popolo vedeva con indifferenza cadere
un tiranno, un altro sorgere, per lo ché non era disposto ad affron
tare pericoli. Di più si sparse la voce, che le truppe dei Fiorentini
si avanzavano da una parte, ed il Vitelli coi fuorusciti dall'altra:
a late annunzio incominciò a propagarsi per le vie una sorda agi
tazione. che vieppiù costernò il prostrato animo di Borghese , per
cui riuniti frettolosamente quei mezzi che gli fu possibile, a notte
avanzata accompagnato dal solo capitano Pocointesta, e seco condu
cendo il piccolo Fabio di lui fratello, abbandonò la citta dirigendosi
alla volta di Castiglion della Pescaja, ove s'imbarcò per Napoli; tale
fu la sorte del figlio di Pandolfo, che degenere dal padre, con la in
capacità di governo, se non coi delitti, avvilì la ereditata grandezza.
Il 10 Marzo 1515 il Castellano, che cosi chiamavano Raffuello
Petrucci, non incontrando in nessuna parte la menoma resistenza
fece il suo ingresso in città , e portatosi al palazzo pubblico , ove
era adunata la Balìa s' intesero reciprocamente intorno al sistema
di governo e la politica da seguirsi, giacché qualche variazione di
forma non alterava la sostanza. La Balìa composta dei Nove , che
da tanto tempo risiedevano in carica, dovea con uua sua abnega
zione prestar mano e sanzionare qualunque abuso, ed il Castellano
seguendo lo stile dei predecessori, a nome della libertà, dominare
dispoticamente.
Il comando della guardia fu affidato al .Cavaliere Eustachio
Petrucci: furono remossi da altri impieghi coloro che potcan sup-
porsi affezionati personalmente a Borghese, e rimpiazzati dagli ade
renti di Raffaello.
Il Cardinale Alfonso che allora trovavasi in Roma non ebbe
alcuna parte alla spoliazione, anzi abbracciata la difesa del fratello
ebbe luogo di dolersene col Pontefice , dal quale separossi brusca
mente dopo un auimato colloquio, ed i rimproveri e gli amari detti
destarono I' ira pontificia.
Colla gente del Vitelli erano tornati in patria la maggior par
ie dei fuoruscili, e fra questi Leonardo Sellanti con quattro figli,
Francesco Petrucci, Niccolò De Rocchi, Pietro Borghesi, Bartolom-
meo Micheli, ed alle loro istanze fu fatta giustizia con ordinare che
fossero sciolti i sequestri dei loro beni, e la respettiva restituzione
di diritto ; e siccome il nuovo venuto ambiva popolarità , così per
allucinare le masse, egli convocò un Consiglio. dal quale il Castel
lano ebbe autorità di eleggere un Magistrato di Balìa di 90 citta
dini , 30 per ciascun Monte, ed ottenne un pubblico Decreto che
confinava per cinque anni in Sicilia i fratelli Borghese e Fabio Pe-
trucci ; e siccome il Ministro imperiale residente in Napoli si oppo
se alla partenza dei due profughi, così il Castellano ne profittò per
dichiarargli ribelli.
Anche at Cardinale Ridolfo sovrastava l' ultima sventura ; ca
duto in disgrazia di Leone X 'incautamente egli stesso ed alcuni
Cardinali suoi amici tennero in pubblico propositi ingiuriosi contro
il Pontefice ; egli dubitò della esistenza di una trama tendente ad
insidiargli la vita. Il Cardinale Bidolfo erasi allontanato da Roma ,
ma ad insinuazione del Papa fuvvi richiamato, ed invece di una
conciliazione, fu unitamente nd altri Cardinali chiuso in un carce
re. Subirono uo processo, dal quale si volle far resultare uu ten
tativo di avvelenamento sulla persona del Pontefice. Il Cardinal
Sauli fu condannato at carcere perpetuo, e poté riacquistare la li-
berta collo sborso di una cospicua somma ; altri furono condannati
a pene afflittive, e l' infelice Cardinal Ridolfo morì nel suo carcere,
ove dicesi che fosse strangolato : la catastrofe rimase avvolta in uu
profondo mistero.
Mentre questi tragici avvenimenti accadevano in Roma, il Ca
stellano in Siena procurava di consolidare l' usurpato potere , e
come sogliono praticare i tiranni, incominciò a perseguitare coloro
che alla di lui fortuna aveano contribuito ; esiliò fra gli altri Pietro
Borghesi, che rifugiatosi a Roma fu per favor del Pontefice nomi
nato. Senatore : per sospetto di congiura fece arrestare Giulio e
Guidone Pollanti. mentre Leonardo loro genitore ebbe appena tem
po di salvarsi colla fuga ; altri cittadini fece ammazzare, talché una
nuova tirannia sovrastava : a questi mali sopraggiuuse la peste che
infierì nell' anno 1518. Secondo il Tizio circa 9000 furono le vitti
me di questo morbo: la più illustre fu Giovanni Saracini, distinto
poeta, che era stato incoronato in Campidoglio. In quel tempo giun
se molesta una dimanda del Re di Francia , colla quale richiedeva
il pagamento di 30,000 ducati , cosicché per tante cause la città
era oppressa , lo spirito dei cittadini abbattuto.
CAPITOLO DICIASSETTESIMO

SOMMARIO

Carlo V He di Spagna. Imperatore di Germania — Rivalità con


Francesco f. — Condizione delle suprestiti Repubbliche italiane —
Morte di Leone X. — Della Rovere, ed il Bagliori minacciano la Re
pubblica di Siena — L esercito loro giunge a Cuna — Si ritira —
Adriano VI eletto Papa — Renzo da Ceri nemico della Repubblica
di Siena — Assalta Chiusi — Si dirige verso Torrita — Si ritira
netti Stati della Chiesa — I Senesi pagano 1 3.000 ducati a Carlo V.
— Morte di Raffaello Petrucci — Lettera diretta alla Rafia dal Duca
di Sessa — / fuorusciti senesi riammessi in patria — Francesco I.
vuole riconquistare il Ducato di Milano — Confederazione contro i
Francesi — Tradimento del Constabile di Barbone — L' armata fran
cese passa il Ticino — Morte di Adriano VI. — Clemente VII eletto
Papa — Fabio Petrucci assume il potere della Repubblica di Sie
na — Egli scontenta i suoi concittadini — È costretto a fuggire
— ATuouo ordinamento della Batta — Provvedimenti di guerra —
L' esercito francese arriva a iucca per andare atla conquista del
Regno di \apoli — Oratori senesi spediti at Duca d' Albany — Di
manda passo e vettovaglie pell' esercito — / A'oue tentano portare al
potere Alessandro Bichi — // Duca d' Albany dimanda alla Repub
blica artiglierie e 40,000 ducati — Bonnivet battuto ' in Lombardia
— / Francesi lasciano I' Italia — Vi ritornano comandati dal loro
Re Francesco I. — Battaglia di Pavia — L' armata francese é bat
tuta — Lo stesso Re fatto prigioniere — Conseguenze di questa bat
taglia — II Duca d' Albany parte colla sua truppa — I1 Capitan
Ciniglia Oratore Tmperiale a Siena — Dimanda 15,000 ducati —
Alessandro Bichi é assassinato dai Libertini — La Balìa divisa m
maggiore e minore é soppressa — Altra ne viene a quella sostituita
— Mutamenti — Agitazioni — Francesco I. é .condotto prigione a
Madrid — Ambasciatori sjiediti dalla Bafia all' Imperatore — Perì
coli da essi corsi in Genova — Lagnanze del Duca di Sessa alla Ba
tia — L' Erreru in Siena — Convenzione di Madrid — Ugo di Mon-
cada in Siena — Clemente VII favorisce i fuorusciti senesi — II
160
Palmieri denunsia la congiura — Le truppe del Pontefice entrano
nel territorio senese — Inutile assatto dato a Montalcino — L eser
cito pontificio si avanza contro Siena — Si pone a campo fuori della
Porta Camollia — Breve campagna — Le truppe pontifice sono scon
fitte dai Senesi — Trofei della vittoria — All' avvicinarsi del Bar
bone nascono tumulti in Firenze — II Barbone all' assatto di Roma
é ucciso — / suoi soldati lo vendicano — Orribile sacco di Roma
— Clemente VII si chiude in Costei S. Angelo.

Hira già sorto il genio tanto fatale all' Italia di Carlo V: erede
di vasti Regui, erasi dai Paesi Bassi, possedimenti paterni, recato
a prender possesso dei Regni d' Aragona e di Castiglia, e le Cortes
del Regno lo avevano a Vagliadolid dichiarato Re di Spagna. Egli
era nato a Guod il 24 Febbrajo 1500 da Filippo il Bello Arciduca
d' Austria. che era Tiglio dell' Imperniar Massimiliano e di Maria uni
genita di Carlo l' Ardito, ultimo Principe della Casa di Borgogna, e
fu sua madre Giovanna figlia di Ferdinando ed Isabetla d' Arago
na. Per alcuni fortunati eventi si apriva una strada a questo gio
vane Monarca per conseguire la riunione di estesi domimi. che da
Carlo M..IIMIO in poi nessun Sovrauo avea governato. Tale era la
potenza che minacciar dovea un rovescio generale nello stato poli
tico delle nazioni. L' Italia era sicuramente la parte la più incivi
lita dell' Europa, ma tormentata continuamente dalle sue divisioni
senza poter gjammai trovare un centro di unilb, erasi infiacchita,
snervata , e la sua debolezza , il suo bel ciclo , le attrattive della
fecondila del suo suolo , le sue ricchezze dovevano naturalmente
attrarre la cupidigia delti stranieri, presso i quali le pratiche guer
riere aveano resistito maggiormente alla mollezza che esalava dalle
Corti di tanti piccoli despoti che tiranneggiavano l' Italia. Le trup
pe spagnole e le svizzere erano formidabili: i Francesi fatti per la
guerra contendevano' coi rivali il primato: i popoli germanici bel
licosi per natura sovrastaci no colle loro masse imponenti: sotto il
peso di queste forze dovette soggiacere la Penisola ; essa divenne
il teatro di continue guerre, nelle quali amici e nemici ingannaro
no i creduli, oppressero i resistenti.
161
Salito al trono di Spagna Carlo V, la Repubblica , o meglio il
Castellano che la tira Diteggi a va, spedì a lui Ambasciatori per con
gratularsi dell' avvenimento , e per concludere ancora una le»;ì ,
le di cai basi erano state già negoziate in Roma coi suoi agenti
sotto
vanni gliPiccolomini
auspici delArcivescovo
Papa ; non diandò
Sienaguari
furono
che nominati
il Castellano
Cardinali,
e Ilio-

e quando alla morte di Massimiliano fu eletto Imperatore di Ger


mania Carlo V, i Senesi a lui mandarono nuovi Ambasciatori, ondo
pregarlo a voler prendere la Repubblica in sua predilezione, giac
ché sempre fedelissima si era mostrata verso l' Impero.
si presentato
Quella elezione
in concorrenza
che esclusecon
Francesco
Carlo V, I.generò
Re di [.'rancia
quella rivalità
quale era-
di

ambizioni, che costarono tanto sangue, e che produssero tante vi


cende felicissime atl' Italia.
L' eletto Imperatore diresse al Capitano di Popolo ed alla Balla
una lettera che porta la data del 24 Decembre 1520, nella quale
conferma tutti i privilegi accordati dai suoi predecessori alla Re
pubblica in attestato della sua benevolenza: ma uno Slato che era
ridotto a mendicar l' altrui protezione, com' era quasi continuamen
te accaduto alla Repubblica di Siena, non può giammai dirsi indi
pendente ; non dissimile era la condizione delle attre due Repub
bliche che rimanevano in Toscana: Firenze, spossata ddlle guerre
sostenute contro Carlo VIII, ed in ultimo contro i Pisani, avea af
fatto perduta quella influenza , per la quale era stata il centro e
l' anima di tutte le diplomatiche negoziazioni dell' epoca. La gran
dezza di Lucca era cessata con Castruccio, sebbene conservasse nel-
1' oscurità la sua indipendenza. Ora i Medici dominavano a Firenze,
i Petrucci a Siena, talché quelle città vivevano piuttosto del pas
sato che del presente: la loro esistenza la traevauo da un moto an
tico che non poteva arrestarsi in un istante, siccome lascia sempre
dietro di se un residuo di forza. La Repubblica di Venezia per
quanto spossata dopo la lega di Cambrai, pure conservava ancora
una importanza polilica che la saviezza di quel Senato aveva sa
puto gelosamente custodire. La Repubblica di Genova si manteneva
in altissimo grado col favore di Carlo V, ed il liberatore di lei An-
drea Doria avea ricevuto dal Monarca nuove distinzioni. Tale era
la condizione delle Repubbliche bupresti ti in Italia, quando venne
11
162
a morte inopinatamente Leone X appena giunto al suo 47*" anno
( 1. Decembre 1521 ). Quest' avvenimento non andò esente da fon
dati sospetti di avvelenamento : egli avea colla di lai ambizione
dato luogo a nuove guerre , né avea corrisposto a quelle idee di
pace che concorsero a farlo eleggere Pontefice.
ll Castellano, divenuto com' abbiam detto Cardinate, prima di
partire da Siena per il Conclave, onde vieppiù assicurarsi che nel
la sua assenza non fosse alterato il governo della città , volle ri
stringere il numero dei rappresentanti la Baita, e li ridusse a soli
quindici individui. Giunto a Roma egli fu informato, che Francesco
Maria della Rovere , dopo aver ricuperato il suo Stato d' Urbino ,
unitosi ai Baglioni di Perugia preparavano le armi per entrare nel
dominio di Siena : ne diede sollecito avviso alla Batia', che spedi
va Pio Tolomei e Pietro di Cristofano suoi Commissarijn Valdt-
chiana a far leva in Cbianciano, Sarteano, Chiusi e Cetona, ed in
molti luoghi del Monte Amiata di uomini atii alle armi senza "ri
correre a soldati mercenarii, ed al tempo stesso fece intendere agli
atleati fiorentini , che qualora lo Stato venisse attaccato da quelle
forze che andavano presso al confine (incentrandosi, dovessero spe
dire in soccorso di Siena il Vitelli colle sue genti; ma contro l' aspet
tativa comune Francesco Maria si diresse. coll' esercito ai danni di
Firenze, siccome voleva prima vendicarsi di un offesa ricovuta
dalla famiglia Medici, cambiare il governo di quella Repubblica , e
quindi voltar le sue armi contro Siena per stabilirvi at potere Lat-
tanzio Petrocci, che da Leone X era stato privato del Vescovado
di Sovana ; per riescire a questo suo divisamente intendeva valer
si a proposito di alquanti fuorusciti senesi che seguivano il di Ini
esercito. Piacque alla Balìa di aprir trattative con esso lui, lo che
insospettì quelli che governavano la Repubblica di Firenze in as
senza del Cardinal Giulio de' Medici, che si trattasse di un accordo
separato a pregiudizio loro : ma le pratiche intavolate essendo re
state vane Francesco Maria voltò l' esercito contro Siena, e lo con
dusse a Cuna, luogn di* i. ni i i- sole sei miglia dalla città; quivi fu sor
preso dalla straordinan» caduta di nevi, per lo che stimò prudente
tornarsene indietro, tanto più che ebbe contezza dell'avanzarsi di
Giovanni de' Medici con un corpo di Svizzeri che veniva ad attac
carlo. e lo avrebbe falto ad onta ancora delle cadute neTt
163
Dal Conclave intanto eta stato eletto Pontefice Adi.inno VT. (1)
II Cdrdioat Giulio de' Medici si trovò sopraffatto da nn intrigo più
destro, e si vide mancare quel trono che ambiva, per cui ad esso
non restava altro partito, oltre quello, di partire in tutta fretta col
Cardinal Petrucei onde provvedere ai pericoli che minacciava!)o
eguatmente e Firenze e Siena; (2) arrivati a Radictfani corsero am
bedue qualche pericolo, perché era colà precorsa la voce che fi Du
ca d' Urbiuo si fosse impadronito della citta: non era però così, mun
ire egli aveva abbandonata quell' impresa, ma un altro nemico era
sorto. Gli agenti del Re di Francia unitamente agli emigrati fioren
tini e senesi avevano persuaso Renzo da Ceri a scendere in cam
po; era da temersi che il Duca d' Urbino a lui s' unisse, e colle
truppe, di cui ciascuno poteva disporre, con. miglior successo rin-
nuovassero la mancata impresa, perciò il Cardinal de' Medici feca
in modo che il Duca d' Urbiuo fosse nominato capitau generale delle
armi fiorentine : eoa questo compenso si assicurò della fede dello
stesso Duca, del Malatesta e del Baglioui che entrarono ai stipendi
dei Fiorentini con un contratto che riguardava ancora la Repub
blica di Siena, onde la Balìa nel dì 11 Marzo 4531 approvò quella
capitazione.
Intanto Renio da Ceri entrato nel contado di Siena con 40,000
fanti e 400 cavalli seguito dai fuoruscili. assaltò la città di Chiosi
che si difese , e siccome osso mancava di artiglierie gli fu forza
ritirarsi: ma incontrata per via la compagnia de' cavalli di Vitello
Vitelli che andava da Torrita ad Asinalunga la ruppe, facendo pri
gioniere Girolamo da Pepeli che la comandava ; dopo questo van
taggio si diresse contro il castél di Torrila col fine di procurarsi le

(1) Ailriano era nato in Utrecht il 7 Maggio del 4458 da padre


fabbricatore di tappeti e di birra; Fiammingo di nazione mai era
venuto in Italia, né conosceva la lingua italiana; aveva mostrato poco
ingegno nell' educazione affidatagli del suo illuttre alunno Carlo P.
(2) // Sismondi dice , che il Cardinale Giulio de* Medici tornò
per mare a Firenze ; noi ci siamo attenuti aW opinione del Malavolti,
mentre ci sembra poco probabile che in quei tempi partendo da Homa
si preferisse un viaggio per mare.
161
vettovaglie, di cui egli difettava: ma già Guido Baglioni con atcune
truppe de' Fiorentini l' aveva occupato: mancatoli il colpo si ridus
se fin sotto le mura di Siena, ma dopo breve soggiorno, vedendo
che nessuno si moveva entro la citta in suo favore , del che era
stato lusingato, si apprese al partito di ritirarsi per non essere at
taccato, e passando per le Maremme, per ridarsi coi suoi nelli Sta
ti della Chiesa, predò il paese.
Governava a Roma in assenia del Fiammingo Pontefice, che
non erasi ancora reso alla sua residenza , un Collegio di Cardinali
che si rinnuovava ogni tre mesi, secondo il costume dslle Repub
bliche Toscane, e per timore che la guerra si riducesse nelli Stati
Ecclesiustiei aveva concluso nn alleanza coi Senesi e Fiorentini da
una parte, e con Renzo da Ceri dall' altra. D' altronde Renzo ave
va omai perduta quella reputazione, di cui godeva nelle armi, ed
i Senesi inseguendolo avevano assottigliato il di lui esercito che
lottava colla fame. e non era perciò più da temersi. Ma fra i tanto la
sua comparsa nel dominio di Siena, come la precedente del Duca
d' Urbiuo, avevano cagionato alta Repubblica ingenti spese, con.
danno della pubblica finanza, quando dietro una pressante diman
da i Senesi furono costretti a pagare all' Imperator Carlo V. 15,000
ducati per sovvenire al mantenimento dell' esercito che aveva in
Lombardia, e non passò mollo tempo che per il medesimo oggetto
Don Lopez di Scria veniva a Siena a dimandare attra comribuzio-
ue, alla quale fu impossibile soddisfare. La Balìa spediva ambascia
tori a Roma Rinaldo Petrucci e Giovanni Palmieri a scusar la ri
pulsa presso il Duca di Sessa Oratore Cesareo, ed al Viceré di Na-
IKili, raccomandando al tempo stesso al Pontefice, che volesse pro
leggere la Repubblica.
Da qualche tempo il Cardinal Raffaello Pctrucci dava segni le
tali, ma più sollucitamente di quello poteva supporsi la mal.itiia di
venne invincibile, ed il 17 Decembre 1522 moriva nella sua Villa
di Bibbiano. Egli uvea dominato la Repubblica, e sebbene rozzo di
costumi , e privo d' istruzione, pure non fu scarso d'ingegno, ed
il suo carattere inflessibile contribuì alla sua fortuna. La Balìa non
preso alcuna determinazione intorno alla successione, riservandosi
u provvedervi a migliore opportunità: intanto riceveva una lettera
direttali dui Duca di Scssa in data dell' 8 Maggio 1523, colta quale
165
invitava il Capitan di Popolo e la Balìa stessa a spedire tre citta
dini di ciascun Ordine atii a trattare negozi di grande importanza,
per conferire intorno al riordinamento del governo della Repub
blica , col fine di mantenere la sua libertà e la sua indipendenza
senza dar luogo a popolari commozioni, che le fazioni poteano su
scitare.
Era chiaro che l' Imperatore sotto le apparenze di mantener
la libertà, intendeva dettar lui stesso la nuova forma del governo,
togliendone ai cittadiui la facoltà ; il Duca di Sessa era a ciò sol
lecitato dai stessi fuorusciti , quali speravano di potere ripatriarc
sotto la protezione imperiale ; per togliere ogni pretesto la Balta de
liberò che tutti i fuorusciti potessero ritornare in patria : con tal
misura fu creduto che si potesse paralizzare il colpo ehe era stato
preparato.
Già Francesco I. meditava di riconquistare il perduto Ducato
di Milano: aveva respinto gl' inglesi ed i Fiamminghi iu Piccardia,
e riuniva una poderosa armata tra Lioue, e le Montagne del Delfi-
nato onde scendere in Italia ; così la pace di cui essa aveva alcun
tempo goduta veniva a turbarsi. I Veneziani si erano staccati dal-
l' alleanza francese unendosi all' Imperatore. Di più il 3 Agosto 1523
fu sottoscritto in Roma un trattato di confederazione fra il Papa ,
l' Imperatore, il Re d' Inghilterra, l' Arciduca d' Austria, il Duca di
Milano, il Cardinale de' Medici a nome dei Fiorentini, i Genovesi, i
Senesi e Lucchesi , il di cui scopo era quello di garantirsi contro
la invasione francese.
A peggiorare la condizione del Re di Francia sopraggiunse il
tradimento del Conteslabile di Borboue che passò alla parte impe
riale: il Re lo aveva ricolmo di favori, non ostante cospirò, e quan
do vide scoperti i suoi disegni si finse maiato; Francesco I. andò
a trovarlo colla massima fiducia, ma fu ingannato da false prote
ste di attaccamento e di devozione, poiché di l1 a poco il Rorbone
s' involò da Maulins per compiere i suoi sleali progetti. Ciò non
ostini te it 1 1 Settembre 1523 l' armata francese passava il Ticino
per incominciare una decisiva campagna, quando un accidente im-
preveduto venne a gettare il disordine nella lega che aveva preso
a difendere l' Italia dai Francesi: il H di Settembre delt'anno stes
so moriva Adriauo VI che erusi uuito all' imperatore; si apriva il
Iti
burascoso Conciavo , ove le parti avrebbero messo in opera tene
brosi intrighi per far prevalere la nomina di un Pontefice che fa
vorisse i respettivi interessi. Si disponevano tempi procellosi, poiché
oltre alla guerra che allora incominciava, le dottrine di Lutere pro
pagatesi in Gemwuia minacciavano di rompere la unità cattolica,
e già il defunto Pontefice le avea condannate con un Breve del 25
di Novembre del 1522 diretto alla Dfeta dell' Impero adunata a
Nurimberga. Erano in tal disposizione le cose quando dopo cinquan
ta giorni di continue lotte la maggiorità dei Cardinali proclamò Pon
tefici; Giulio de' Medici che assunse il titolo di Clemente VII. Le
speranze del Cardinal Colonna che era atla testa del partito impe
riale furono defraudate, ma accadde uà riawidnamento fra lui e
Giulio de' Medici, e questo fu la causa principale della sna elezio
ne.. Era naturate che il nuovo Pontefice avrebbe mirato prima di
tutto a consolidare la potenza della Chiesa, e ad inalzare la sua
famiglia; egli adunque sarebbesi gettato da quella parte che gli
offrisse maggior probabilità di pervenire ai suoi fini; così quella
stirpe di mercanti s' incaminava a quella potenza , che con una
politica seguita per qualche secolo con tanta perseveranza seppe
in fine riunire nelle sue mani.
La condizione governamentale di Siena, come abbiamo vedu
to, era precaria, perciò una soluzione era necessaria, e I' ebbe, sic
come il nuovo Pontefice si adoprò in modo, che il 29 di Decembre
1523 Fabio Petrucci il minore dei figli di Pandolfo, fuggito poco
prima da Napoli, ed al quale il Papa stesso aveva dato per moglie
Caterina figlia di Galeotto de' Medici suo parente. fu portato al po
tere, e con esso lui l' Ordine dei Nove tornò a ricoprire le cariche
principali della Repubbtica. Per sua maggior sicurezza , oltre alla
guardia che da lui dipendeva , assoldò Guido Vaina da (mola con
150 cavalli. Borghese Petrucci erasi mostrato indegno di governare
per eccesso di debolezza , così il Pontefice fece piuttosto assegna
mento sul di. lui fratello che era stato confuso nella disgrazia.
Il Dura di Sessa non fu né poteva esser sodisfatto di questa
nuovità fatla in onta sua , ma la condotta stessa di Fabio contri
buì a troncare la questione, poiché avendo incomiciato a' governar
tirannicamente, sprovvisto coni' era dei talenti del padre, non solo
disgustò colla sua mala condotta i suoi concittadini , ma ancora
167
quelli che lo avevan favonio, per cui un giorno si suscitò un tu
multo popolare: i cittadini presero le armi, e per salvar la vita Fa
bio fu costretto a fuggire : se egli avesse potuto sostenersi per due
giorni, i soccorsi che a lui venivano da Firenze gli avrebbero as
sicurata la vittoria. Questo fu l' ultimo infelice tentativo per con
servare nella famiglia di Pandoifo Petrucci un autorità che erasi
attribuita nel governo della Repubblica. La famiglia rientrò nella
privata oscurita , ed é sempre vero che una grandezza fondata
sull'oppressione non può porre profonde radici: quella di Pandoifo
non passò alla terza generazione, poiché nei di lui figli si estiuse.
Non ostante i cambiati tempi pure di tratto io tratto si riac
cendeva nei Senesi quello spirito di libertà che si credeva sopito :
essi crederono di averla dopo quel fatto ricuperata: si adunò il Con
siglio per trovar modo di poterla consolidare ; fra le altre provi
sioni fu portato il Magistrato di Balìa a 150 individui, ed essendo
stata questa rappresentanza creata il 20 di Settembre 1524 ebbe
autorità di risiedere fino al 11 Marzo 1525 prestando giuramento
di adoprar tutte le sue forze, e di esporre occorrendo la vita e gli
averi di ciascuno in difesa e mantenimento della liberta : ma un
destino avverso al meglio si opponeva, poiché un esercito francese
governato dal Duca d' Albany si avanzava verso la Toscana per
andare alla conquista del Reame di Napoli. Col fine di provvedere
ai bisogni che potevano presentarsi, la Balìa creò un Magistrato di
dieci individui che fu chiamato della guerra, con piena autorità di
disporre quanto avrebbe creduto necessario. Questi dimandarono
consiglio al Pontefice, e mandarono Orlando Marescotti per inten
dersi colla Repubblica di Firenze, e Francesco Trecerchi e Filippo
Malavolti affinché formassero due compagnie di cavalli leggeri , e
spedirono dieci capitani d' infanteria a mettere in stato di difesa
le rocche dello Stato, e provvedere tutti i luoghi forti di vettova
glie, e far si che riunir si potesse sei in sette mila uomini fra fore
stieri e statisti d' infanteria, e 200 cavalli; e non erano vani quei
timori, poiché i Senesi seppero dat Legato Apostolico avere it Duca
d' Albauy sensi ostili contro la città sapendola affezionata agl' in
teressi dell' Impero: ma seppero ancora essersi il Pontefice confede
rato coi Re di Francia, per cui spedirono Oratori a Roma pregando
Clemente VII a volere interporre la di lui mediazione presso il suo
16*
augusto alleato , affinché non arrecasse danno pila indipendenza
dello Stato. lutatito quell' esercito erasi avanzato fino a Lucca; ur-
gcmio adunque di disarmare la collera del Duca d' Albany . e sa
puto che quella Repubblica si era seco lui composta, mediante il
pagamento di 10,000 ducati spedirono per ambasciatori Antonio
De' Vecchi, che insieme a Niccolò Spannocchi, che in Lucca rappre
sentava la Reppubblica di Siena , scandagliassero l' animo di lui ;
infatti rispose alle loro dimande , che il Re suo signore persuaso
della fede dei Senesi dimandava soltanto il passo per il territorio,
e vettovaglie pell' esercito. Non tardò a giungere in Siena un Mon-
signor De la Motte, che presentando le lettere credenziali di S. M.
Cristianissima dirette al Capilan di Popolo ed atla Balìa, da queste
meglio rilevarono essere ben disposto verso la Repubblica, e tanto
bastò a calmare quell' apprensione in cui vivevano i cittadini.
Queir armata, e per i gravi avvenimenti ette succedevano in
Lombardia, e per condiscendere ai desideri del Pontefice procedeva
lentamente, ragion per cui dovette ira! tenersi per più giorni. la
questo intervallo quelli dell' Ordine dei Nove ( conoscendo troppo
tardi l' errore commesso ncll' unirsi a cacciare Fabio Peti.ucci, do
po di che il Popolo e per il numero « per la forza sevrastava nel
potere) pensarono di rimediarvi valendosi dell'aiuto del Duca d' Al
bany. Essi appoggiarono colla loro influenza un Alessandro lìichi ,
che essendo stato di Balia, emergeva sopra gli altri per capacità.
Infatti egli propose uno strattagcmma, per mezzo del quale i Nove
speravano di ricuperare col tempo il perduto potere. Egli propone
IH fusione di tutti i Monti in un solo, come era stato praticato uel-
l' anno \ 487, e mostrando la difficoltà di riunire a Consiglio la Ba
lìa per esser troppo numerosa, la fece ridurre al numero di 70 in
dividui, e chiamandola la Balìa minore, finse di lasciare all' altra
Balta detta maggiore la sua autontà. Qnest' impasto giovava alle
vedute dei Nove , siccome la Balìa dei 70 che era sola , e spesso
chiamata in quelle gravi emergenze a deliberare, si formò princi
palmente di quell' Ordine. Frattanto il Duca d' Albany chiedeva
40,000 ducati per sovvenire ai bisogni dell'armata, e non poto vasi
rifiutare quanto imperiosamente dimandava; occorse dunque pren
dere un mezzo termine ; il D' Albany abbisognava d' artiglieria: la
Repùbblica combinò di somministrargli cinque pezzi che uvea in
169
proprietà, ed al tempo stesso rimise in arbitrio del Poutefice lo sta
bilire l' ammontare della contribuzione da pagarsi at D' Albany con
animo deliberato di uniformarsi alla papale decisione, e pagare la
imposizione dopo il ricupero della sua artiglieria. Ma già fatti gra
vissimi eransi compili in Lombardia: l' armata francese comandata
da Bonuivet erasi spinta fin sotto Milano, che fu meravigliosamente
difesa dal prode capitano Prospero Colonna ; il Rorbon« passato ai
stipendi imperiali era pure venuto a combattere alla testa di trup
pe germaniche, mentre Giovanni Medici detto delle Bande Nere era
passato ai servigi di Francia. Bonuivet era stato costretto ad una
ritirata , ed al passo della Sesia era stato forilo , per cui affidò il
comando dell' armata a Bajardo che pure rimase ucciso ; i destint
non si mostravano propizii a Francesco I. poiché i Francesi dove
rono evacuar l' Itatia : ma lo spirito di rivaliti di questo cavalie
resco Monarca contro Carlo V ritemprò l' abbattuto coraggio, e ri
parando ai passati disastri con nuove risorse, un altra armata fran
cese scese in Italia : diresse il Duca d' Albany colle truppe, che ai
di lui ordini obbedivano, all' impresa di Napoli : si riaccese più osti
nata la guerra, e dopo diversi fatli il Re. che comandava in per
sona l' armata di Lombardia, si ridusse all' assedio di Pavia : i di
lui generali lo consigliavano a levarlo . ma prevalse il sentimento
di Bounivet : l' armata restò nelle sue linee , e dopo avere scara
muccialo diversi giorni con esito vario , finalmente il 25 Febbrajo
1525 venne a batl^glia. La disfatta toccata ni Francesi a Pavia é
fatto troppo noto per esimerci dal discorrerne; l' infelice Francesco I,
che vidde cadere la maggior parte dei suoi commilitoni, fu fatto
prigioniere ; il Bonnivet dopo aver tentato inutilmente di riordina
re gli Svizzeri, non volendo sopravvivere ad un disastro, di cui
egli coi suoi consigli era stato la causa principale, si gettò là ove
la mischia era più folta , e cadde ferito nel volto da più colpi di
spada: il Re stesso era ferito sul viso, il suo cavallo lo era pure,
e ciò fa fede che egli avea valorosamente pugnato. Questa batta
glia fu decisiva: il Trivulzio evacuò immediatamente Milano: i Fran
cesi sellecitamente abbandonarono tutti i punti da essi occupati sen
za aspettare il nemico che raccoglieva con un ricco bottino i frutti
della vittoria : il Duca d' Albany in conseguenza degli ordini rice
vuti colla sua truppa si ritirava.
Questo fatto memorabile atterri le Potenze italiane, giacché al
lora solamente conobbero il pericolo, da cui esse erano minacciate.
Vi sono degli avvenimenti che cambiano in un istante le sorti delle
Nazioni : la battaglia di Fa via si può riguardare siccome tale, poi
ché i destini d' Italia omai dipendevano dal vincitore. I più espo
sti al pericolo erano i Veneziani perché i più vicini, ma essi aveu-
no un armata bea disciplinata e ben pagata , e gli altri eransi
lasciati cogliere all' imprevista, e si trovavano disarmati a fronte di
un esercito poco curante della disciplina , affamato , e che aveva
contraita l' abitudine di conculcare amici e nemici, sempre dispo
sto ad abusare della forza. Nello stato di debolezza adunque in cui
si trovavano allora li Stati italiani nou avevano altro compenso
oltre quello di comprare col danaro, di cui l' armata imperiale era
bisognosa, la conservazione della indipendenza che dipendeva dal-
l' arbitrio del vincitore ; e tale fu sempre la politica dei deboli di
fronte al forte , sebbene il danaro ed i saorifizi abbiano piuttosto
servito a vieppiù adescare la sete di conquista.
In Siena ove i cittadini avevano trascorso qualche tempo in
conconlia tornarono ad agitarsi, dopo che per gli straordinari avve
nimenti che nell' alta Italia si compivano poteauo prevedersi nuo-
vità. L' Ordine dei Nove dov.eva il favore, di cui avea goduto, alla
protezione del Pontefice e del Duca d' Albaoy. Quest' Ordine fatto
potente mediante gli estranei appoggi, aveva ( come abbiam detto)
portato al potere , a cui erano pervenuti altra volta i Peti.ucci ,
un Alessandro Bichi, che emergeva nel maneggio dei pubblici
affari: egli nemico alle fazioni aveva in animo di combatterle,
di vincerle, di far rispettare le leggi, e distruggere l'idra anar
chica: ma all' ingegno superiore, all' ardire, all' ambizione di lui, si
opponevano i costumi prepotenti per invecchiati errori. il Bichi
giunto ad ottenere il primato nella patria deferiva dai consigli del-
l" Oratore fiorentino che allora in Siena risiedeva, e così era ad
debitalo di parteggiare per il Pontefice e per Francia contro l' Im
pero. Inquietava ancora l' animo dei ciltadiui la certezza che fab
bricar si doveva nel poggio di S. Domenico un castello coll' idea
di
tadini
dominare
a servitù;
da quel
essi punto
dalle colle
doglianze
artiglierie
passarono
la città,
allae cospirazione
ridurre i cit-;

sorse uua se-Ua popolare detta dei Libertini, di cui erano l' anima
un Mario Bandini giovane di alti sensi, entusiaste per la patria li
bertà, figlio di una sorella del Cardinal Giovanni Piccolomini Arci
vescovo di Siena , un Girolamo Severini' uomo d' ingegno , e che
appresso Carlo V era salito iu gran credito : lo scopo della setta
era quello di liberare la patria dalla tirannide dei Noveschi, di cui
il Bichi era riguardato il principale istrumento.
Dopo la battaglia di Pavia per sedare i clamori, e per seguire
la parte vincitrice, il Bichi si accostò a Cesare, ed inviava Amba
sciatori per stabilir trattati. Fu di fatti convenuto che la Repubblica
di Siena pagasse all' Imperatore l'i. 000 ducati d' oro. Giungevano
in Siena ad esiger questa somma deputati i Commissari imperiali
Edoardo Ribera e Carlo Gazinio ; trovati i danari che mancavano,
il Bichi stabilì il giorno ed il luogo del pagamento: i deputati. im
periali furono invitati a recarsi al palazzo Arcivescovile: i Libertini
scelsero quel momento per agire ; prese le armi commossero il po
polo eccitandolo a vendetta e libertà. Già erano contati alla pre
senza del Bichi 7000 ducati, quando giunsero a prevenirlo del pe
ricolo che a lui sovrastava per la crescente popolare agitazione
Francesco Tancredi e Bartolommeo Spinelli ; ma egli confidando
nelle guardie che lo circondavano, e pensando di aver provveduto
alla su personal difesa negò di allontanarsi da quel luogo ; ma
intanto i Libertini aveano invaso il palazzo , viuta la debole resi
stenza delle guardie si avventarono contro il Bichi ; Giov. Batiista
Fautozza lo feriva il primo con un colpo di spada alla gola, non
ostantc il Bichi caduto per terra si rialzava grondante di sangue,
quando sopraggiungendo Pietro e Gherardo Saracini con più colpi
di pugnale nel petto lo ferirono: poco sopravvisse, e prima di mo
rire il Bichi perdonava ai suoi nemici. Egli era uomo dabbene , e
divenne despota perché pensava migliorare le sorti della patria ,
persuaso che non era possibile contener le fazioni e sedar le pub
bliche discordie, se pure il potere non veniva ad esser concentrato
uello mani di un solo. Egli non macchiò la sua faina coi delitti,
che hanno reso esecrabile il nome di Paudolfo Petrucci, pure assai
diversa fu la fine di ambedue, mentre il Bichi fu trafitto dal pu
gnale che non aveva giammai usato contro i suoi concittadini. ed
il Petrucci se fu temuto, fu almeno rispettato, ed i suoi delitti re
starono impuniti.
172
Questo tragico avvenimento destò l' orrore fra gli onesti cit
tadini ; i forsennati esaltarono per l'ottenuto trionfo, e nell'ebrez
za del compiuto misfatto dimandarono ed ottennero l'abolizione del
Governo stabilito il 7 Aprile 1535, e così invece della Bana mag
giore e minore, ne fu nominata una nuova composta di 21 indivi
dui ; fu annullata la fusione dei Monti e ristabiliti quelli dei Nove,
del Popolo e Gentiluomini che si divisero il potere, mentre l' Ordi
ne dei Dodici fu aggregato a quello del Popolo, come i Riformatori
vennero fusi noll' altro dei Gentiluomini; così i Senesi crederono
di aver riconquistata sul dispotismo la loro primiera libertà, men
tre essa tornava coi vizi che l' aveano tante volte macchiata.
La nuova Balìa licenziò i provisionati della guardia di Pataz
zo, che erano invisi siccome altrettanti Pretoriani. Fu assegnata
una pensione annua di 100 scudi a Giovanui Martiuozzi, e venne
rimunerato ancora Giov. Battista Piccoloraini per essersi ambedue
adoprati a rovesciare il passato Governo, esponendo ai più grandi
pericoli la loro vita e le sostanze.
Costituita la nuova Balìa, spediva Ambasciatori a Roma, al Du
ca di Sessa , al Viceré di Napoli che era coll' esercito imperiale in
Lombardia , e mandò le credenziali a Giov. Antonio Carli de' Pic-
colomini che trovavasi in Spagna per i suoi affari mercantili, af
finché rappresentasse la Repubblica presso S. M. Cesarea, ed a tutti
gl' incaricati fu dato ordine di assumere un tuono conciliativo nel
dare avviso del cambiamento avvenuto. Nemmeno fu trascurato il
Pontefice, ad onta che avverso a quella uuovità fosse reputato, onde
si può argomentare che il nuovo Governo , mentre intendeva di
riordinare internamente lo stato a liberià, al di fuori procurava di
conciliarsi amici, convinto com' era della propria debolezza.
Se da una parte prevaleva la prudenza , dalt' altra Io spirito
di fazione, accecando le menti, ridestava quell' odio fra i cittadini
che la ragione non poto/i sopire. Contro i voleri del Duca di Sessa
i fuoruscili erano sempre l' oggetto delle persecuzioni di coloro che
governavano; il Duca stesso aveva falta seutire la sua volontà di
portarsi personalmente a Siena per conciliare gli animi. Egli mal
conosceva i Senesi, poiché tutti quelli che lo avevano tenuto,
non escluso Pio II loro concittadino, avcan dovuto riuunziarvi. In
fatti i Senesi ebbero in questa circostanza 1' audacia di deliberare,
173
che venendo solo sarebbe stato onorato , se atla testa di armati e
di fnoruscili sarebbe stato respinto ; scrissero inoltre al Viceré in
Lombardia lagnandosi del Duca di Sessa perché prendeva in sua
protezione i fuorusciti ; a tanta cecità gli spingeva l' implacabile
odio di parte! Si fecero preparativi guerrieri con .animo di difen
dersi da qualunque aggressione; fu assoldato Giulio Colonna con 80
cavalli leggeri montati alla Borgognona, ed Oltaviauo Spirito con
200 fantaccini ; furono restituite le armi già requisite ai cittadini,
ed ai bottegai ; furono portati degli nrchibusi nel palazzo pubblico,
come se couvertir si volesse in fortezza il luogo stesso destinato
all' esercizio della giustizia e della sapienza di governo , stoltezze
tutte che servivano ad agitare gli animi piuttosto che a provvede
re alla salute della Repubblica.
L' infelice Francesco I. che il Viceré aveva destinato mandare
a Napoli in luogo di custodia, era stato per ordine di Carlo V con
dotto a Portofino, e là imbarcato fu direito verso le coste di Spa
gna per essere trasferito a Madrid, cosicché dovette subire l' ulti
ma umiliazione e trovarsi alla presenza del suo rivale fortunato.
Le disposizioni erano state antecedentemente prese per farlo pas
sare da Siena, secondo il desiderio del Viceré, del Pescara, e dello
stesso Duca di Borbone, ma gli ordini supremi distrassero le loro
vedute, siccome l' Impera tare aveva tenuio nascosto coll' abituale
sua simulazione la propria volontà.
La Balla spediva atl' Imperatore come ambasciatori Girolamo
di Ghino e Girolamo Severini per congratulnrsi in nome dulia Re
pubblica dell' ottenuto trionfo, ed al tempo stesso fu raccomandato
al Severini di andare in Lombardia al Marchese di Pescar;i supre
mo Duce dell' esercito imperiale a fargli sentire, che per le ingenti
spese commesse per le vettovaglie requisite nel territorio da vari
eserciti, la Repubblica era impossibilitata a pagare la richiesta con
tribuzione, dalla quale dimandava essere esonerata. Il Severini, se
condo gli ordini ricevuti , andò a Genova aspettando di unirsi a
Ghino
ni portanti
suo Compagno
che qualora
nell'non
ambasceria,
potessero eottenere
quivi ebbe
la dimandata
nuove istruzio-
esen

zione, la Repubblica si obbligava a pngare i 15,000 ducati in Vre


rate entro diciono mesi, sempre che lo Imperatore prendesse in sua
protezione la Repubblica , e confermasse i privilegi , di cui aveva
174
goduto; ma un pericolo sovrastava a questi Ambasciatori in Ge-
uova, mentre poco mancò che non t'ossero ammazzati da Nardraw
figlio naturale di Alessandro Bichi, e da Filiziano da Grosseto ; Nar-
cliuo voleva vendicare la morte del suo autore, alla quale il Seve-
rini aveva partecipato , ma il caso fé salvi pii Ambasciatori insi
diati, e la meditata vendetta rimase priva d' effetto. Di questo fatto
ne fu dato officiale avviso a tutti gli agenti imperiali, ed allo stesso
Pontefice, perché secondo il giudizio di coloro che governavamo fa
Repubblica, stava a provare il mal. genio degli emigrati e la giusti
zia dell' infliltogli esilio dalla patria: la pena dei due autori dell'at
tentato fu aumentata colla confisca dei loro beni. Né qui si ar
restarono le persecuzioni, poiché molti altri furono esiliati; alcuni
cittadini poi, poco confidenti in quel governo,. e vedendo rinascere
col solito furore le fazioni, volontariamente espatriarono.
Il Duca di Sessa avuta cognizione del modo impolitice, co» cui
procedevano coloro che erano al governo della Repubblica fece per*
venire le sue lagnanze alla Balìa, in nome di S. M. Cesarea ; la ri
sposta fu insultante, poiché veniva a lui contestata U verità della
Commissione, per lo ché intendeva informarne direttamente l' tm-
Iieraiorr per mezzo dei di lui Ambasciatori. Stoltezza ! appena era
no passati due mesi, che passando per Siena un tale Errera spe
dito da Cesare al Pontefice, quivi si trattenne, e presentate le sue
lettere credenziali alla Balìa, le intimò in nome del suo signore di
desistere da qualunque persecuzione contro i fuomsciti. Carlo V
doveva disprezzare un Governo guidato da capi che s' ispiravano
uricamente all' ira di parte, e la di lui condotta ripugnava, uon che
«Ila sana politica, ma ben anche atla ragione. Essi senza curare i
veri pericoli della situazione generale d' Italia si perdevano in fri
vole vanita di potere , quando era tempo di pensare alla comune
salvezza.
Al suo ritorno da Roma l' Errera si dié cura di conciliare gli ani
mi, mentre il governo della Repubblica timoroso sempre di essere at
taccato
nico ed dai
A kit-Ilo
fuorusciti,
Placidi,fra
Giulio
i quali
Santi,
figuravano
Ippolito Bellarmati,
priucipalmente
GiulioDome-
Pan

nili ni e Belisario Bulgherini, assoldava nuove truppe chiamandole


da Genova , poneva in stato 'di difesa i castelli di Asiualunga , di
Pienza e Montalcino , e per guadagnarsi l' animo dell' Errera a
lui donò un» somma in danaro: fu regalato ancora Carlo Uria
agente imperiale , né furono trascurali i respettivi Segretari, affin
ché volessero scusare la Repubblica nella mente di Cesare, mentre
la Balìa agiva iu conformità dei suoi dritti e privilegi.
Fu fatta una convenzione a Madrid fra Carlo V e Francesco I,
in forza della quale il prigioniere riacquistò la sua libertà, dando
per altro due suoi figli in ostaggio finché non fossero adempiti i
capitoli della convenzione. Di questo fatto importaute Carlo V ne
dava contezza alla Balìa con lettera segnata del 26 Genoajo 1536:
ma questa pace era soltanto una tregua per aver tempo di prepa
rarsi a nuove guerre, di cui l' Italia sarebbe stata nuovamente il
miserando teatro; così iu presenza di tali contingenze il Pontefice
si confederò coi Veneziani e con Francesco Sforza Duca di Milano,
che vi concorse nello scopo di riconquistare il suo Stato, e Fran
cesco I. non tardò ad accedere a questa lega, il di cui scopo era
quello di far mettere in libertà i di lui figli contro il pagamento
di una taglia, e di far restituire a Francesco Sforza il Ducato di
Milano e la contea d' Asti, e la sovranità di Genova allo stesso Re
di Francia. Carlo V nuovamente minacciato dalle forze di nna lega
potente volle tentare di distaccarne Clemente VII, onde a lui spe
diva Ugo di Moncada; ma per quanto egli si adoprasse per secon
dare le vedute di Cesare, non gli fu possibile di stornare il Ponte
fice dell'alleanza della Francia, e tanto bastò perché Carlo V nella
sua tenebrosa e vasta mente registrasse una vendetta da compiersi
a suo tempo contro colui che osava di contrariarlo.
Ugo da Moncada passando da Siena rammentò alla Balìa esse
re nel desiderio del suo Signore che la città tornasse io perfetta
quiete, e che i cittadini deponessero gli odj scambievoli per vivere
nell' unione e nella domestica concordia, per il che conseguire era
necessario il richiamo dei fuorusciti in patria; ma la sua buona vo
lontà non fu coronata dal successo, poiché ne riportava dalla Batìa
risposte vaghe ed inconcludenti. Interessava a Carlo V di mantene
re nella sua devozione la Repubblica di Siena , siccome punto in
teressante nelle future operazioni di guerra , essendo prossimo a
Roma: lo conosceva il Pontefice, e tentò di supplantare colla pro
pria la influenza imperiale , e rovesciando dal potere la parte po
polare che teneva il governo della Repubblica intese, appoggiando
176
i fuoruscili, a far trionfare quel partito che eraglisi mostrato favo
revole. Per mezzo dei suoi alenti adunque avanzò ai fuorusciti
stessi promesse di soccorso , e questi avendo delle segrete intelli
genze con Lucio Arringhieri Cavaliere Gerosolimitano, che abitava
la Commenda di quell' ordine in S. Pietro alla Magione presso la
porta Camollia e prossima alle mura della città, concepì l' idea di
favorire l' ingresso dei fuorusciti in quel punto stesso, praticando
una via sotterranea che da un fosso delle mura medesime mettes
se ad un pozzo della Commenda. L'operazione fu condotta at suo
termine col massimo segreto ; ma non manca giammai chi preso da
tiniore e da speranza di ricompense tradisca i cospiratori ; infatti
un legnajolo che doveva procurare le scale per salire dal pozzo, de-
nunziò i suoi sospetti al Magistrato, che facendo arrestare Lucio,
ebbe da lui stesso la rivelazione della congiura, per cui fu imme
diatamente decapitato. Mancato il colpo, non per questo i fuorusciti
si disanimarono; si diressero allora ad un tal Giov. Battista Pal
mieri che comandava una compagnia di fanti al soldo della Repub
blica, e da questo ebbero promessa del concorso di questa forza to
sto che si fossero avvicinati alla città, ove intendeva introdurli per
mezzo di una fogna situata in un punto delle mura; a costui si
uni un tal Giov. Battista Della Vecchia detto Giov. Battista Fan-
tozzi , uomo plebeo che aveva nei suoi eguali numerosa clientela ,
ma ambedue non erauo sinceri , al contrario pensavano di tradire
i fuoruscili ; questi sogliono in ogni tempo appigliarsi ni partili
più disperati, siccome predomina nell' animo loro vivo il desiderio
di ripatriare. Il Pontefice non poteva supporre un tradimento; in
fatti erano stati spedili da Roma due fantaccini verso Siena , che
erano Francesco da Capua e Nardo Romano, coll' ordine di combi
nare la congiura: ma rivelata in tempo nll.i Balìa dngli autori stes
si, furono i due messi arrestati ed uccisi, ed il Palmieri ed il Della
Vecchia
mente il rimunerati
Pontefice edella
rinforzati
loro delazione.
i fuorusciti
Questo
con fatto
630 piccò
cavallimaggior-
e 7000

fanti sotto il comando del Conte dett' Anguillara, dol Conte di Pi-
tigliano, di Gentile Baglioni, e Giovanni della Sassetta, entrarono nel
dominio di Siena , e divisero l' esercito dirigendone una parte per
la via Romana, l'altra per quella delle Chiane con diversi pezzi
d' artiglieria venuti da Perugia. Quella parte che aveva presa la
177
via Romana deviando dulia strada principale a destra diede un
fiero assalto a Montalcino, che con pochi ajuti ricevuti da Siena fu
vigorosamente difeso da Marnino Finetti che era Commissario per
la Repubblica. Riescito vano quel tentativo l' esercito si avanzò
verso Siena . e giunto alla Porta Camollia fece la sua unione con
altre truppe spedite dai Fiorentini e guidate da Roberto Pucci, mu
nite pure di diversi pezzi d'artiglieria, ed occuparono tutta la li
nea dei Macciani.
I deputati alta guerra non avevano trascurato alcun mezzo per
mettere la città in stato di difesa ; avevano fra le altre fatta de
molirò il Convento di S. Maria Maddalena di fondazione di Pandolfo
Petrucci, edificato nel suburbio presso la Porta Tufi, e questo per
ché i nemici non potessero fortificarvisi ; fatta la rassegna degli uo
mini validi a portar le armi si veri fico la forza di 150 cavalli ar
mati alla Borgognona guidati da Giulio Colonna, di sci compagnie di
fanti sotto gli ordini dei capitani Gio. Maria Pini, G he cardo Saracini,
Virginio Massaiui, Sozzino Ronzi, Gio. Battista Palmieri, Enea Suc
chiili. ed altre truppe mercenarie; oltre di che il popolo era in armi,
e deciso a difendersi: quando il rombo del cannone s' intese, crebbe
in esso l' ardire: fu difficile a contenerlo, mentre voleva uscir dalle
mura a battagliare. Avevano i nemici piantate le loro artiglierie
fuori della Porta Camollia sul poggio presso al Prato, e siccome al
lora il Borgo era pieno di fabbricati , così potevano in questi co
modamente alloggiatisi. Dalla porte di Pescajn avevano collocate
alquante compagnie di 'Corsi , per garantire da quella parte il
campo da qualunque sorpresa.
I Senesi non trascurarono di ricorrere alla religione nel grave
pericolo l' da
stanza offerta
cui della
erano citta
minacciati
a Maria. eVergine
riunuovarono
loro patrona.
in quella
Essicirco-
tro-

vavansi isolati a fronte di este così poderosa, mentre non poteano


sperare alcun soccorso dalla parte imperiate che era allora scaduta
in Lombardia, ma non mancava il coraggio, di cui i Senesi hanno
sempre doto prova nei pericoli estremi.
Intanto tutti i giorni si rkmuovavano attacchi, e conoscendo i
Senesi che essendo le artiglierie piantate in alto non potevano of
fenderli nel piano si avventuravano alcuna volta a salire sul poggio,
mentre lo loro artiglierie situate in un terrazzo cho era fra la Porta
12
ed il Portone presso alle mura della città, fulminavano coloro che
combattevano dalla sommità del poggio. (1) Videro allora i nemici
essere necessario impadronirsi di quel forte, e prese le disposizioni
lo assaltarono, ma i bombardieri che lo difendevano dato il segnale
con cui chiedevano soccorso, dopo aver respinto valorosamente tutti
quelli che montando le scale si affaticavano per giungere alla som
mità , si trovarono liberati dal pericolo , poiché usciti i Senesi da
Porta Camollia attaccarono con tont' impeto gli assalitori che furo
no costretti a fuggire. I capitani nemici veduta l' inutilità dell' as
salto si risolsero ad attaccarlo colle artiglierie , che il d\ appresso
vi furono voltate per demolirlo.
Intanto le guardie che erano state mandate a Monteriggioai ,
castello della Repubblica di Siena sul confine fiorentino , con fre
quenti sortite arrestavano sulla strada contigua le vettovaglie che
passavano per il campo fiorentino, ed intercettavano talvolta le co
municazioni con danno di quell'esercito; videro allora la necessità
di fare l' assedio di quel castello, e vi furono spedite alquante com
pagnie con due pezzi d' artiglieria. Al tempo stesso Andrea Dona
che con otto galere del Papa navigava lungo la costa Tirrena, con
poca difficoltà s' impadronì dei castelli di Talamone e di Port' Èr
cole, che i Senesi non erano stati in caso di poter soccorrere; ve
duto per attro il danno che i nemici potevano arrecare alle terre
della Maremma, decisero di fare uno sforzo per liberarsi dalla pre
senza dei nemici che assediavano la loro città, ed in caso di felice
successo correre alla salvezza del dominio: onde decisero di far due
sortite simultanee, una da Porta Fontehranda guidata da Alessan
dro Politi, l'altra da Porta Camollia diretta. da Giov. Maria Pini:
era il 25 di Luglio 1526 quando accadde quel fatto memorabile.
Mentre uscivano le genti da Camollia alla spicciolata per formarsi
in battaglia dietro al terrazzo, sebbene fulminato dalle artiglierie,
il Politi per la via del Ponte a Rosajo era cimilo presso alle fonti
di Pescaja, e trovatosi a fronte dei soldati Corsi che erano a guar
dia di quel posto, aveva impegnata nna fiera zuffa, nella quale i
Senesi ottenevano qualche vantaggio: ma la posizione era bea di-

(4) Si chiama il terrazzo o forte della Cartellaceta, ora demolito.


TG9
fesa , per cui fu necessario un colpo ardito per superarla ; mfititi
spintisi avanti si aprirono il passo in mezzo ai nemici, ma non era
vinta ogni difficoltà, poiché i Corsi riunitisi ad altri dei loro, e spie
gatisi in una posizione più vantaggiosa facevan fronte: quivi si rin-
nuovò più fiera la pugna, nella quale i Corsi soccorsi da quelli del
poggio, minacciavano di respingere i Senesi: allora la campana del
Convento di S. Domenico diede il segno convenuto dell' allarme, a
cui rispose la campana maggiore del palazzo. I Corsi non s'ingan
narono prendendo quel suono per il segnale di altro attacco diret
to in altro ponto, e si affrettarono a ritirarsi: ma attraversando il
Prato furono assaliti da quelli che erano usciti da Camollia, e con tal
vigore che già i Senesi erano penetrati Gn dentro i ripari del cam
po nemico. I capitani nemici non avevano in principio dato impor
tanza a quell' allarme, credendolo uno dei solili attacchi giornalieri,
e crederono esser Giulio Romano venato alle prese con Enea Sao
chini, mentre si era spinto a fare una ricognizione verso Malizia:
ma veduti coi loro occhi i nemici nelli steccati del campo, fecero
dare all' arme, e messo prestamente in ordinanza l' esercito fiera
si attaccò la battaglia. Il popolo senese, abbattuto ogni impedimento
all' uscire, si gettò nella mischia ciecamente: l'impeto della molti
tudine é irresistibile: allora i cavalli guidati da Giulio Colonna ca
ricarono il nemico, che assalito di fronte ed ai fianchi, scompigliato
nelle sue ordinanze , per liberarsi da più orrenda strage , voltò le
spalle e si diede atla fuga. I Senesi Io inseguirono fino al Palazzo
dei Diavoli. (1) Quivi il nemico tento di far fronte, onde si appic-

(1) Crediamo che quetto sin il punto ove spiegare I' etimologia
della denominazione del Palazzo dei Diavoli non lontano dalla città, già
appartenuto alla Famiglia Turchi, per cui ti é scrìtto « Turcorum Pa-
latium ». Era questo divenuto proprietà deitu Repubblica, che vi te
neva una guarnigione; accadde adunque che quando i Fiorentini in
una delle loro scorrerie tentarono di sorprendere di notte Porta Ca
mollia, i soldati senesi di quel putta, die eransi nascosti nei sotterranei,
uscirono portando delle faci accese, colle quali spaventarono tanto i ne
mici, che credendo di essere attaccati dni demoni, si diedero a precipi
voli.
tosa Di
fuga,
questo
e tifatto
allora
ne scrisse
in poi fu
Francato
chiamatoVettori
quel luogo
a Mccoiò
Palazzo
Macchiavelli.
dei Din-
180
cò nuova zuffa, che per quanto sanguinosa, fu breve, poiché l' im
peto dei vincitori non avendo contrasto, la vittoria fu compita.
I Capitani, i Colonnelli, i Fuorusciti , i Commissari fiorentini
orano già fuggiti per mettersi in salvo nel territorio fiorentine: (1)
il resto dell' esercito si disperse affatto, e quelle compagnie che fa
cevano l' assedio di Monteriggioni vedendo tanta confusione s' uni
rono agli altri nella precipitosa fuga, lasciando uno dei pezzi d' ar
tiglieria che fu preso dai Senesi e condotto in città. Dopo la pu
gna si presentava il quadro spaventevole dei morti e dei feriti gia
centi al suolo lungo la linea della battaglia ; i feriti con cristiana
carità vennero soccorsi e condotti in Siena; le vettovaglie, i cariag
gi , le tende , i padiglioni , e diciassette cannoni la maggior parte
pertinenti ai Fiorentini, alcuni ai Perugini, furono i trofei della
vittoria. (2) Dei nemici morti fu impossibile precisare il numero,
poiché molti perirono nella fuga , ma sicuramente oltrepassarono i
1000 ; assai minore fu la perdita dei Senesi che di poco varcò i
150, fra i quali alcuni giovani appartenenti ad illustri famiglie, Sa-
raoini, Luti, Aringhieri, Buonsignori ed Allegretti. L' esercito vit
torioso rientrava trionfante in città seco recando l' insegne conqui
state, i prigioni e le prede : i cittadini esultanti salutarono i prodi
con entusiastiche acclamazioni : le feste pubbliche si succederono.
La notizia di questa disfatta giungeva al Pontefice contempo
raneamente all'altra della presa del castel di Milano, caduto in
potere decl' Imperiali. Egli ne rimase sconfortato ed atterrito. Fu
allora cho gli Agenti imperiali in Roma insieme ai Colounesi suoi
nemici alzarono lu fronte e fecero nascere tal tumulto, che giunse
ro a saccheggiarli il palazzo e la Chiesa di S. Pietro, ed egli stesso
IH.T non esser fatto prigioniere fu costretto a salvarsi nel Castel

fi) Per la fretta I' Anguillaia se ne fuggì in camicia, ed ebbe


appena il tempo per montare a cavallo.
(i) Per tramandare ai posteri la memoria di questa battaglia
con un monumento, fu edificata la Chiesa di S. Giacomo, contrada
dellu Torre, siccome accadde nel giorno, in cui la Chiesa celebra la
festa di quel Santo. Furono ancora coniate monete , la di evi effigie
si truva incisa nelle Opere del digli.
181
S. Angelo : ma tribolazioni maggiori gli restava ad affrontare, come
vedremo dal seguito delle nostre narra/ioni.
Dopo la memorabile vittoria ottenuta dei Senesi sulle truppe
pontificie, fu facile impresa il ricupero di Talaiuone e di Port' Èr
cole , che il Dona avrà quasi abbandonato , richiesto altrove per
fatti più gravi; con un colpo di mano ottennero ancora Orbetello,
vare
e cosidilapiù
Maremma
i cittadini,
fu ricorse
libera dai
al compenso
nemici. Ladi Balìa
far coniare
per non
unaaggrn-
gran

quantità di moneta di rame puro, e con questo retratto fu in caso


di sopportare tante spese.
Mentre il Borbone seguitava la sua campagna in Lombardia ,
sebbene angustiato dalla deficenza di numerario, per cui la di lui
armata si ammutinò più volte per la mancanza del soldo, il Pon-
titìce erasi deciso ad un impresa contro Napoli: le sue armate però
furono come sotto Siena sfortunate, e l' indisciplina fini di rovinare
quel tentativo; d'altronde Francesco l. aveva mancato verso il Pon
tefice a tutte le promesse. ed i Veneziani col loro solito egoismo sol
tanto di se stessi prendcvau cura, per lo che Clemente si trovò co
stretto a concludere colla parte imperiale una tregua di otto mesi,
ma egli era ben lungi dal temere il colpo che contro di lui preparava
il Duca di Borbone: infiliti il Pontefice licenziò le sue truppe quando
più abbisognava del loro concorso per la propria difesa. I soldati
imperiali in Lombardia mormoravano per la mancanza delle paghe
arretrate ; era imminente una sedi/ione che il Borbone stesso sa
rebbe stato incapace colla sua autoriia a sedare, come ultra volta
erali
terli ilfelicemente
sacco di una
accaduto:
grandeallora
capitale,
ricorse
col di
all' cui
espediente
bottino di
sarebbensi
promet-

arricchiti in ricompensa dei loro averi e dei sofferti disagi. Oltre


a questa necessita Giorgio Frundsberg che aveva grande autorità
fra quelle truppe indisciplinate . odiava la Chiesa Romana, avvele
nato toni' era dalle controversie religiose della Germania ; per que
ste cause egli si decise a marciare col suo esercito contro Roma.
Quanto Carlo V fosse addentrato in questi progetti é rimasto un ar
cano per la storia ; quello che si può con certezza asserire si é che
il Viveré, col quale aveva Clemente VII trattato, era di buona fede.
Lasciato il Ducato di Milano il Borbone attraversò li Stati di
Parma e di Modena, e si ridusse presso Bologna: il Frundsberg
m
moriva di un colpo di apoplessia fulminante mentre arringava i
suoi soldati per calmare una sedizione, di cui poco mancò che non
fosse vittima lo stesso Barbone. Pressato adunque da tante neces
sita dichiarò al Guicciardini a lui mandato dal Pontefice per trat
tare, che non poteva più a luogo contenere i suoi soldati, ed uu
messo del Viceré che veniva ad intimargli f ordine di rispettare la
tregua, corse pericolo di essere ammazzato dai fantaccini tedeschi.
ll progetto del Borbone non era pertanto facile ad eseguirsi : l' in
verno imperversava, gli Appennini erano carichi di neve, avea dei
soldati indisciplinati ed inferociti, Spagnoli, Tedeschi., ed Itatiani.
mancava di artiglierie e munizioni, sprovveduto di danari e di ma
gazzini viveva alla giornata. Egli procurava d' ingannare il Duca
d' Urbino, ed il Marchese di Saluzzo, mandando in lungo le nego
ziazioni, mentre il Papa confidando sulla buona riescita. di quelle
si dava in preda alla più cieca fiducia.
In mezzo a si grandi incertezze accadde un fatto che poteva
cambiare la situazione degli affari. Mentre l' armata del Duca d' Ur
bino e del Marchese di Saluzzo doveva acquartierarsi all' Incisa per
coprire Firenze, il popolo di questa città spaventato dai soldati che
venivano per difenderlo, come da quelli che venivano ad attaccarlo,
domandò al governo delle armi : nacque un tumulto, alla testa dei
quale si posero rispettabili cittadini, Niccolò Capponi, Matteo Strozzi,
ed il Gonfaloniere Luigi Guicciardini (1) e Pietro Salviati ; questo
tumulto divenne così potente ai gridi di Viva il Popolo! Viva la
Libertà ! che non fu possibile frenarlo ; si trattava di ristabiliro il
governo sotto le forme stabilite dal Gonfaloniere Soderini: e sicco
me il giogo dei Medici era divenuto intollerabile, si dimandava il
loro esilio: in fine la sedizione acquistò tanta forza, che quelli stessi
che 1' avevano promossa si vedeauo impotenti a dirigerla. I Car
dinali Cortona, Cibo, e Midolli. st«ti colà mandati dal Papa unita
mente ad Ippolito de' Medici, usciti poco prima dalla città per far
visita ai generali dell' esercito alleato acquartierato all' Olmo, erano
ritornati in Firenze col Duca d' Urbino, e col Marchese Saluzzo. e
1500 fanti, avanti che fossero chiuse le porte della città; queste

(1) // Fratello dello Storico.


truppe circondarono il palazzo per discacciarne gl' insorti. Il peri
colo io qualunque ipotesi era grave, poiché bisognava cadere sulla
sfrenata licenza soldatesca se le truppe superavano il popolo, o sul-
l' anarchia di piazza se il popolo era vincitore: in mezzo a tali estre
mi si presentava l' idea del Duca di Rorbone che avrebbe profittato
della confusione e dell' indebolimento delle parti avverse per op
primerle ambedue, e per dare il guasto alla città, per lo che il Guic-
ciardini s' interpose mediatore, e calmando le ire scambievoli otten
ne che gl' insorti rendessero il palazzo ai Medici, in contraccambio
di che essi promulgarono una completa amnistia . che uon fu per
altro completamente osservata.
Sebbene la rivoluzione di Firenze fosse consumata in un sol
giorno, pure fece perdere agli alleati un tempo prezioso, mentre nou
poterono attrimenti prender posizione all' Incisa, del che il Borbo
ne seppe approfittare. Infatui egli con una rapida marcia era pas
sato 1ier Val di Bagno in Toscana, ed erasi spinto verso Arezzo, ove
fu salutato dagli Ambasciatori a lui spediti da Siena , che furono
Giovan Maria Pini, Antonio Vescovi e Carlo Massaini per raccoman
dargli la città ed o/Erirgli vettovaglie: e sentito l' esito della rivo
luzione di Firenze si decise il Borbone a marciare coll' esercito ra
pidamente contro Roma , e passando coll' armata da Casteluuovo
della Berardenga, fu ristorato dai Senesi con pane e con vettova
glie di ogni genere. I malati che nou potevano seguitare l' armata
furono condotti a Siena per essere curati; avrebbe voluto ancora
che il Colonna si unisse a lui coi suoi cavalleggeri . ma gli fu ri
sposto che stante la vicinanza dell' esercito della lega quelle truppe
erano necessario alla custodia della ciità , per lo che la dimanda
nou ebbe seguito , e pressato dai suoi progetti passò oltre . senza
dare nitri disturbi ai Senesi.
ll Papa quando conobbe la immensità del pericolo commise a
Renzo di Ceri della Casa Orsini la difesa di Roma, ma privo di
truppe regolari, armò in fretta i servitori dei Prelati, ed i bottegai
e quanta gente a lui si offriva, massa irregolare che non doveva
ispirare nessuna fiducia; ma non fu coti, poiché scrisse al Conte
di Rangonc che accorreva alla difesa di Roma con 5000 fanti, che
andasse a preferenza a raggiungere l' armata della lega, ordine al
quale egli credette di non uniformarsi.
m
Era comparso in Roma un senese, certo Bartolommeo Garosi
soprannominato Brandano, il quale vaticinava pubbliche sventure:
ecco rosa ne referisce il Muratori : « Andava egli pubblicamente a
« guisa di Giona predicando che soprastava ai Romani un gran fla
ti geilo, e che perciò facessero penitenza ed emendassero i loro trop-
« pi viti e peccati per placar Dio gravemente sdegnato contro di
« loro senza risparmiare lo stesso Papa , ed i Cardinali. Non pia-
« cendo la musica di costui al Governò fu mandato il buou uomo
« a predicare in prigione ; ma dacché furono succedute le disgrazie
« di Roma. td egli ebbe ricuperata la libertà, tenuto fu per Profeta,
« senza che le sue voci avessero prodotto alcun profitto quand' era
« tempo. La verità nondimeno si é, che Brandano fu un fanatico
« pieno d' alterigia e di maldicenza ». Altri vogliono che entrato in
carcere gridasse ai prigionieri : Allegramente fratelli, poiché quando
il Papa verrà in prigione, tutti abbiamo ad uscire, lo che avvenne.
Di quest' uomo che ora per la prima volta si presenta sulla scena
avremo luogo di parlare altrove, bensì ci é piaciuto di riportarne
quivi il giudizio che di costui fa la storia; il Muratori cita il San-
sovino, il Guicciardini ed altri.
Il 5 Maggio 1527 il Borbone presentossi nei prati di Roma, e
ricevuto il rifiuto della resa, il successivo 6 condusse le(sue trup
pe all' assatto contro le mura fra il Gialiiccio ed il Vaticano, e ve
dendo che i suoi fanti tedeschi lo seguivano freddamente, prese
una scala , l' appoggiò egli stesso coatro il muro per incoraggiarli
colla propria intrepidezza: ma appena aveva incominciato a salire,
che fu colpito da una palla di moschetto alle reni, che gti passò il
fianco e la coscia destra: (1) egli spirava ai piedi di quelle mura,
dopo aver raccomandato a coloro che lo circondavano di coprire il
suo corpo cou un mantello. onde i soldati non si accorgessero della
sua morte. Traditore del suo Re per eccesso di ambizione, nato e
cresciuto nella fede cattolica condusse i nemici della sua religione
contro il Pontefice , e contro la capitale dell' orbe cattolico ; tradi
tore della sua patria, contro la quale aveva combattuto , egli me-

(1) il celebre scultore Benvenuto Celimi si vantò di aver tirato


lui ttesso quel colpo.
185
filalo avea quella fine che é grande soltanto , quando é nobilitata
dalle azioni. Ma se la morte del Borbone liberava Roma da un ne
mico, non la salvava, poiché quando i suoi soldati la conobbero rad
doppiarono di furore. Gli Spagnoli si approfittarono di alcune case
attigue alle mura per entrare in città, al tempo stesso i Tedeschi
superarono le trincere, e s' impadronirono di un baluardo; gli as
salitori avevano avuto un migliajo di uccisi, m.i questa perdita la
vendicarono sulla gioventù Romana, che nel combattere senz' espe
rienza si trovò chiusa fra gli Spagnoli ed i Tedeschi; Clemente VII
che pregava nella cappella del Vaticano, quando sentì le grida dei
soldati fuggenti ed incalzati, unicamente scortato datlo storico Paolo
Giovio, prese il corridore, che attraversando la città Leonina con
duce al Castel S. Angelo. Egli aveva veduto fuggire i suoi soldati,
ed era compreso da tal timore che giunto in fortezza non pensò a
fuggire, mentre avrebbe potuto salvarsi. Appena entrate in Roma
quelle orde feroci ( erano oltre i 49,000 uomini , giacché l' armata
strada facendo, si era ingrossata di soldati licenziali, di disertori,
di banditi e vagabondi ) si diedero subito al saccheggio. Il Borgo,
il quartier del Vaticano furono i primi ad esser devastati , quindi
il resto. Forse giammai, dice lo stesso Sismondi, nella storia del-
l' universo si troverà che una gran capitale sia stata abbandonata
a più atroce abuso della vittoria. Infatti tutti gli eccessi che dalla
malignità umana si possono immaginare vi furono commessi. La
crudeltà dei Tedeschi, l' avarizia degli Spagnoli, la libidine degl' Ita
liani non ebbero alcun freno ; i capi stessi davano ai soldati l' esem
pio dell' immanità ; i Cardinali spagnoli e tedeschi non furono ri
sparmiati, e dopo aver pagate ragguardevoli taglie por comprar la
loro salute alcuni furono battuti e scherniti, e forzati a ricomprare
coll' oro la stessa libertà, e citasi fra questi il Cardinal di Siena : le
chiese , i monumenti preziosi dell' arte furono manomessi da quei
barbari più feroci dei Vandali. l Luterani tedeschi aggiungevano
alla cupidigia il fanatismo religioso, e si sforzavano di schernire gli
arredi sacri, e tutte le vestimenta che appellano alle pompe della
Chiesa Cattolica ; ma infinitamente più avidi erano gli Spagnoli a
segno che la loro empietà, la loro ferocia incominciò a colpire i sol
dati delle altre nazioni , che saziati omai gl' ingordi appetiti inco
minciavano ad addolcirsi, e vi furono fra di loro frequenti risse,
176
mentre pii uni volevano manomettere, gli altri impedire le succes
sive esorbitanze.
Entrava quindi in Roma il Cardinale Pompeo Colonna nemico
a Clemente VII, e gonfio della umiliazione del Pontefice , faceva
mostra delle masse di coutadini dei suoi fendi, da cui era seguito.
Il Cardinale per altro fu commosso dalle miserie della sua patria,
ed il di lui palazzo servi d' asilo a tanti infelici, che dopo aver per
duto averi, dopo aver subito le torture per strapparli il segreto dei
nascondigli , fuggivano forsennati per salvare la vita. A tal punto
si ridusse Roma per la cecità di un Pontefice, e questo stato che
non ha nome, continuò per più mesi , e mentre Clemente VII era
iu Castel S. Angelo prigioniere di queste feroci belve, Carlo V or
dinava in Spagna preci sacre, onde invocare dal cielo la di lui pron
ta liberazione.
Il Rangoue era coi suoi cavalleggeri giunto fino a Ponte Sala
rio, ma sentita la sorte infelice di Roma si ritirò ad Otricoli: il Duca
di Urbino ed il Marchese di Saluzzo camminavano assai lentamen
te . mentre se al contrario si. fossero avanzati sopra Roma avreb
bero potuto liberarla da soldati che si erano staccati affatto da qua
lunque militare ufficio. ed ai quali restava il solo scopo di salvare
quanto nel sacco aveano potuto cumulare ; ma Roma non dovea
esser salva, ed agli oppressi cittadini che poterono salvare la vita
restò la miseria ed il pianto, mentre i nuovi barbari gozzovigliavano
ntir abbondanza dispregiando la stessa umanità.
CAPITOLO DICIOTTESIMO

SOMMARIO

Jppolito ed Alessandro Medici discacciati da Firenze — / Fio


rentini ristabiliscono la Costituzione del 1512. — Niccolo Capponi
Gonfaloniere — Aiuove alterazioni in Siena — Rivoluzioni e delitti
— Trentadue Cittadini dell' Ordine dei Nove uccisi — / Riformatori
al potere col Monte del Popolo e dei Gentiluomini — // Principe
d' Oranges in Siena — Clemente VII si libera dalla prigionia — L' ar
mata imperiale lascia Roma e si dirige a Napoli — Piero Colonna
contro i Senesi occupa Chiusi — II Lautrech coll' armata francese
a Napoli — Andrea Corto /ascio le acque di Napoli — L'ammira
glio Ugo da Moncada é battuto da Filippino Doria — La flotta im
periale é distrutta — Peste nell' esercita di Lautrech — Andrea Do
ria passa alla parte imperiale — // Lautrech muore di peste — /
Francesi levano F assedio da Napoli — Capitolazione di Capua — /
Senesi sorprendono i fuorusciti a lUontebenichi — Andrea Doria li
bera Genova dalla dominazione francese — Errore dei Fiorentini —
Convenzione fra Carlo V. e Clemente VII. — Trattati di Barcellona
e di Cambrai — L' Italia é tradita — Carlo V visita l' Italia — In
coronazione di Carlo V in Bologna — Colà é decisa la sorte delle
Repubbliche Toscane — II Principe d' Oranges assume il comando
delle truppe destinate contro Firenze — Fatti d arme — Assedio —
Caduta della Repubblica — Lopez de Sorto a Siena — // General
Ferrante occupa Lucignano , quindi Pienza — Sue intimazioni alla
Batia — 400 fanti spagnoli in Siena — Fi tornano pure i Noveschi
— Rivoluzione — II Ferrante colle truppe a Cuna — Soppressione
della Balìa — Ft'en creato un Magistrato di otto individui — // Mar
chese del Guasto mandato in luogo del Ferrante — Incendio nella
Chiesa di 'S. Domenico — Considerazioni — partenza delle truppe
imperiali — Duca d' Amalfi in Siena — Nuova lega fra il Pontefice,
/' Imperatore e diversi Stati italiani — Abboccamento a Ularsilia fra
Clemente VII ed il Re di Francia — Avventura accaduta al Pupa
al Costei/uccio — Carestia in Siena e saccheggi — // Duca Alessan
dro in Firenze — È ucciso a tradimento — II Cardinal Cibo tiene
188
nascosta la di lui morte — Muore Clemente VII. — A lui succede
Paolo IH. — Abolizione m Sierui della Compagnia dei Bardotti —
Carlo V a Napoli — Passa per Siena — Suo trionfale ingresso in
città — / Noveschi non trovano favore presso di lui — Congiure
contro Siena ordinate in Roma — La famiglia Salvi vuole usurpare
il potere — Girolamo Luti in Siena — Carlo V si abbocca col Pon
tefice in Lucca — lI Gravella é incaricato di riordinare lo stato di
Siena — // Duca d' Amalfi allontanato dalla città — Cambiamenti
nel Governo — Guardia spagnola introdotta in Siena — Disastri di
Carlo V. in Algeri — Riforma di Lutere in Germania — Lo Sfron
dato — Giovanni • di Luna — // Beliamoti — / Turchi prendono
Talamone e Porl' Èrcole — Pace fra l' Imperatore ed il Re di Fran
cia — Truppe spagnole inviate a Siena — / Noveschi venuti in fa
vore di Giovanni dì Luna — Gelosia del Popolo — Rivoluzioni —
Pusillanime condotta di Giovanni di Luna — Parte dalla città.

Ai tristi casi di Roma tennero dietro tanti sconvolgimenti ,


poiché la prigionia del Pontefice cambiava le sorti della famiglia Me
dici. I Fiorentini memori sempre della loro antica libertà detesta
vano il dominio dei due bastardi di quella famiglia Ippolito ed Ales
sandro tenuti da Clemente VII sotto la tutela clericale di tre Car
dinati, onde pensarono seriamente a liberarsene tosto che l'esercito
della lega ebbe abbandonata la loro citta. I Cardinali stessi senti
rono la loro impotenza di fronte alla manifestazione della pubblica
opinione, per cui senza ricorrere a misure violenti convennero coi
principali cittadini di uscir volontariamente da Firenze con Ippoli
to ed Alessandro Medici, allora minori, e i Fiorentini garantirono a
quella famiglia il possesso dei suoi beni ; così risorse la Repubblica
di Firenze, ed i Medici furono costretti un altra volta ad esulare.
Essi si diressero prima a Pisa, quindi a Lucca ; la Signoria che ave
va per tauto tempo governato addicò il suo potere, dopo aver le
galmente adunato il Consiglio dei Cento che ristabilì la Costituzio
ne popolare del 1512, ed il 21 Maggio essendo adunato il Consiglio
generale eleggeva Gonfnloniere di Giustizia Niccolò Capponi. (t) Così

(1) In questa circostanza Niccolo Machiavelli non fu eletto a


veruna carica, siccome il suo libro del Principe o lui procurato avea
tanti nemici- egli mori il 22 di Giugno 1537.
questa rivoluzione fu compita per le vie legali , e senza quei tu
multi di piazza che costumi sangue ciltadino, oltre ad incarnare ue4
popolo lo spirito anarchico.
Allontanati i pericoli della guerra esterna si ridestarono in Sie
na le civili discordie, e questa volta tanto più orribilmente, in quan
to che non una giusta causa, ma per fino un pretesto mancava al
mal fare. Ricorrendo l'anniversario della memorabil vittoria riporta
ta dai Senesi contro l' esercito collegato del Papa e dei Fiorentini a
Marciano fuori della Porta Camolini. ribolliva in quel giorno l' odio
contro i Noveschi, reputati nemici della libertà, poiché essi con Cle
mente VII erano stati i promotori di quella guerra. Alcuni spirili
torbidi e traviati, votlero celebrarla commettendo delitti, solo per
ché di viver comodamente di quel degli altri avevano desìo : l' ine
sperienza, la inconsideratezza della gioventù non é ragione valida
ad attenuare l' orrore degli assassini! che si commisero in quella
occasione : erano giovani coloro che prestarono la mano fratricida
per uccidere i loro concittadini ; ma la mente era nei vecchi , che
ambiziosi e protervi, non poteano tollerare che gli onesti avessero
reputazione e potere : il tumulto incominciò dalla festa il 25 Luglio
1527. I Congiurati appartenevano oll' Ornini dei Riformatori, a cui
si unirono non pochi plebei : le vittimi. designate a.lla loro vendetta
e.rano dell' Ordine dei Nove ; furibondi adunque si recarono alla ca
sa di Pietro borghesi che era di magistruto, e trovatolo in cantina,
ove erasi nascosto per sottrarsi a quel furore , quivi lo uccisero ;
poi ammazzarono Girolamo Borghesi, e le loro case furono saccheg
giate, come ancora l' altra di Simone Borghesi. Portatisi al palazzo
pubblico vi uccisero Pietro di Lodovico Tondi che era Gonfaloniere
di Balìa, Pietro di Filippo Tondi fu getiate nella cisterna della pro
pria abitazione. A Mariano Laudi Del Poggio, che era vecchio e cie
co, rubarono la cassa che conteneva 1500 ducati ; diverse altre uc
cisioni si compirono, e le ruberie ed il saccheggio non si limitarono
all' interno della città, mentre furono visilati ancora i possessi ru
rali, ove furono presi perfino i bestiami: altri cittadini furono ar
restati come se fatti fossero prigionieri iu guerra combattuta, e do
verono la propria libarta comprare pagando vistose multe che ve
nivano loro imposn;. Centocinquanta case di quelli dell' Ordine del
Nove, ove sapevano di far buon bottino, furono saccheggiate: per
180
le campagne il guasto durò lungamente, ad onta dei provvedimenti
presi dat Governo; trentadue furono i cittadini di quell' Ordine uc
cisi, più alquanti servi, e Carlo Piccolomiui, che pretese sedare il
tumulto ; talché con questi assassinii , con queste rapine i Senesi,
con vergogna loro , diedero all' Italia il secondo esempio del disa-
stroso sacco di Roma : quelli però erano per la maggior parte stra
nieri, ma il trovar tanta barbarie nei propri concittadini é ignomi
nia che non ha confronto.
Il giorno appresso fu adunato il Consiglio, e sebbene i cittadi
ni spaventati vi accorressero in piccol numero, fu riformato il Go
verno sostituendo all' Ordine dei Nove, che fu escluso, l' altro dei
Riformatori, e così rimase diviso fra i tre Mouti del Popolo, dei Ri-
formntori e dei Gentiluomini, ai quali furono riuniti i Dodicini. Quelli
del Vonto dei Nove furono distribuiti alcuni nel Moute dei Genti
luomini , altri in quello dei Riformatori per pareggiarli in numero
con quello del Popolo. Il Consiglio fu portato a 239 individui diviso
per Monti, e siccome imperversava la peste, per cui molti cittadini
erano assenti , fu decretato che la presenza di 150 Consiglieri ba
stava a render valide le decisioni : col fine poi di adombrare la ve
rità e togliere ai fatti compiti una qualche parte della loro atro
cità fu scritto a tutti gli Agenti della Repubblica presso le Corti
estere, che l' Ordine dei Nove aveva meritato quella punizione per
aver tentato d" introdurre i nemici in città e distruggere il go
verno popolare , onde volessero rappresentare alle autorità quanto
stava a sancire l' operato dei cittadini, che sull' Ordine dei Nove
aveano voluto vendicare il tradimento; ma queste artificiose proteste
non poteano distruggere l' orrore dei fatti, o lo sapeano quelli che
avevano assunto le redini del governo , mentre per maggior sicu
rezza si diedero ad afforzar le mura della città . e sotto le appa
renze di volersi vendicare contro il Conte di Piligliano, che aveva
preso e saccheggiato Castell' Ottieri , assoldarono alquante compa
gnie di soldati, col timore che i Fiorentini ed il Papa disapprovando
quel nuovo reggimento, volessero tentare il ristabilimento dell' Or
dine dei Nove.
Dopo la morte del Duca di Borbone era stato nominato al co
mando di quell' esercito Filiberto di Chalons Principe d' Oranges, ed
essendosi a Roma manifestata una orribil peste, conseguenza na
181
turale della riunione di tante truppe, e dei trnmbnsti che alterano
l' organismo noll' individuo nell' esercizio delle fisiche funzioni , il
Principe d' Oranges per fuggirla si ricovrò in Siena: tale fu la cau
sa apparente, ma l' oggetto vero si fu quello di assicurare la fede
della citta al partito imperiale, mentre era da temersi che dopo la
riprovevole rivoluzione accaduta potesse cambiarsi la politica del
nuovo Governo, tanto più che un nuovo esercito dalla Francia era
venuto in Lombardia a combattere sotto il comando di Lautrech;
questo condottiero era stato abbastanza fortuuato, poiché aveva oc
cupato Alessandria e Pavia, e ridotta Genova sotto il dominio della
Francia : tali successi avevano allarmato tutte le città che parteg-
giavano per l' Impero. A Siena poi crebbe il timore quando si co
nobbe esser divisamente dei Francesi occupar Milano, e quindi por
tarsi verso Roma a ristorar la causa del Pontefice, e liberarlo dalla
prigionia, in cui era dagl' imperiali tenuto, e dopo passare atla con
quista del reame di Napoli.
Pressato adunque il Principe d' Oranges fece breve dimora in
Siena, né gli fu possibile ridurre a miglior forma il Governo sorto
da una vergognosa rivoluzione, e ritornossene a Roma, ove l' ar
mata imperiale tumultuava di nuovo per la mancanza delle paghe,
e minacciava di non voler muoversi di colà se non venivano pa
gati gli arretrati. Questa fu la causa, per cui si affrettarono le trat
tative di un accomodamento col Pontefice che fu concluso il 31
d' Ottobre, ed ebbero da lui gli Imperiali 350.000 ducati, di cui il
Pontefice si obbligò di pagarne subito una parte, il resto entro tre
mesi: ciò non ostante Clemente VII, fidando poco sulla fede dei ne
mici che avean promesso di liberarlo dalla prigionia entro tre gior
ni, trovò il mezzo di eludere le guardie , e mediante un travesti
mento riesci ad evadere dal Castel S. Angelo per recarsi, come av
venne , ad Orvieto. Tosto che fu in libertà scrisse a Lautrcch per
ringraziarlo dell' opera che aveva fatto per la sua liberazione. ; lo
sollecitava per I' impresa di Napoli col desiderio che traversasse per
la Toscana, mentre egli intendeva valersi di queir esercito per ri
mettere in Firenze la sua famiglia, ed in Siena Fabio Petrucci col
Monte dei Nove : ciò non ostante il Lautrech preferì di prendere la
via delle Romagne considerandola più comoda per il trasporto del
le artiglierie, e per la provista delle vettovaglie.
192
Dopo la partenza del Pontefice da Roma l' armata imperiale
ne era uscita dirigendosi alla volta di Napoli, ma il ricco bottino,
i capitali accumulati nel sacco erano causa di demoralizzazione, di
fronte alla quale la militar disciplina non poteva esser rigorosa
mente osservata, pure erano truppe valorose, ed ormai indurite sui
campi di battaglia.
Il Pontefice per non trovarsi alla sprovista in quelle emergenze
assoldò delle truppe, e fra gli altri capitani Pirvo Colonna che van
tava dei dritti contro i Senesi, per 1o che il governo della Repub
blica ebbe fondati sospetti di qualche probabile attacco nel suo ter
ritorio; infatti egli. venne in possesso della città di Chiusi, median
te segrete intelligenze praticate con quei di dentro , ma vedendo
che i Senesi si disponevano a riconquistarla con oste poderosa, pre
ferì lasciarla volontariamente mediante una retribuzione di scudi
2000. Il Colonna condusse in salvezza coloro che aveauo dato ope
ra al tradimento.
Il Lautrech di successo in successo avea condotto la sua ar
mata sotto Napoli e ne avea intrapreso l' assedio: in quell' occasio
ne molti Signori di Napoli, si dichiararono per il partito francese,
desiderosi di scuotere il giogo degli Spagnoli. Le (lotle genovese e
veneziana dovevano chiudere il Porto per agevolare le operazioni
delt'assedio, ma Andrea Doria che comandava le galere genovesi,
disgustato dai modi alteri, con cui era trattato dai Francesi e dal
la Corte, e più ancora indispettito dal contegno che teneva in Ge
nova sua patria il governo di Francia, si teneva lontano dalle ope
razioni di guerra facendosi rappresentare da Filippo Doria suo ni
pote, che fu poi raggiunto da Pietro Lando ammiraglio dei Venezia
ni. Ugo di Moncadn ammiraglio spagnolo si lusingò di sorprendere
il Doria prima dell' arrivo del Veneziano nel golfo di Salerno, e qui
vi seguì lo scontro il 23 Maggio : ma la superiorità dei marinari
genovesi , le opportune disposizioni prese dal Doria trionfarono dei
nemici : la flotta imperiale fu distrutta , ed Ugo di Monuada pagò
colla vita il suo tentativo ; egli ferito moriva a bordo della sua na
ve ammiraglia che fu calata a fondo. Dopo questa memorabile vit
toria Pietro Lando giunse nel golfo con 22 galere veneziane, sicché
tutto arrideva all' impresa del Lautrech, ma egli mancava di ca
valleria leggera per respingere le sortite del Principe d' Oranges .
193
rolle quali egli procuravi.si i viveri, di cui difettava la citta. Frat
tanto in conseguenza dell..- privazioni del campo eravisi manifestata
orribil peste ; il calore estivo, che era eccessivo, avea prodotto fra i
suoi soldati febbri micidiali , il di cui primo sintomo era l' enfia
gione delle gambe, che poi si estendeva a tutto il corpo, e V infer
mo moriva tormentato da crudelissima sete ; così la misera Italia
era devastata dalla guerra e dalla peste.
Il Duca di Brunswich sceso in Lombardia con rinforzi per I' ar
mata imperiale esercitava crudelta da V'andali: devastava, distrug
geva i paesi, uccideva gl' inermi cittadini, quando un fatto impre
veduto venne a cangiare la condizione dei belligeranti, e produsse
la rovina dell'esercito francese. Andrea Doria, reputato giustamente
per il più grand' uomo di mare del suo secolo, come abbinai det
to , lagnavasi da gran tempo del disprezzo in cui era tenuto dai
Francesi: d'altronde egli era tenerissimo d' amore verso la patria
sua; vedendola adunque oppressa dalla tirannia francese, chiese
giustizia a Francesco l. per i suoi coucittadini, ed essendoli stata ne
gata, egli colla tlotta, che era sua proprietà , lasciando il servizio
francese, quando spirava il tempo della capitolazione, passò a quello
dell' Imperatore, dal quale ottenne vantaggiose condizioui. La par
tenza di Filippino Doria dal golfo di Napoli decise della sorte del-
l' assedio , mentre la flotta veneziana era così male equipaggiata
e priva di soldati che non poteva bloccare il porto e le coste: ed
il Lautrech , che in mezzo a grandi difficoltà aveva sostenu
to il morale dell' armata, fu lui stesso sorpreso dalla febbre pe-
stinenziale, che faceva spaventevoli progressi : il suo campo quasi
assediato dai nemici mancava di tutio, per fin dell' acqua, mentre
in Napoli tutto abondava ; finalmente il Lautrech moriva nella not
te del 15 al 16, mantenendo fino all' ultimo istante la inflessi bili tà
del suo carattere. Dopo di lui il comando rimase al Marchese di Sa-
Ioi7.o, sebbene non godesse una mititare reputazione ; questi si con
vinse della Decessità di una mirata . ma il numero immenso dei
maiati, le distanze da percorrersi la rendevano diillcilc; infatti i
Fraucesi raggiunti presso Aversa dalla cavalleria imperiale soflriro-
no nuove perdite, nuovi disastri : in Capua poi furono costretti a
capitolare abbassando le armi e rimanendo prigionieri ; così di quel-
l' esercito, il più fiorente che la Francia avesse mandato in Italia,
13
19)
pochi rividero l;i terra n;itia, perché molti mietuti dalla peste e dal
forro ncmi.ro miseramente perirono, il resto fu condotto io cattivi
tà ; il materiale dell' armata, artiglierie, equipaggi, munizioni, tutto
fu perduto. Il Marchese di Salano che era rimasto ferito, mori io
prigione; diversi altri comandanti, chiari per le loro gesta, moriro
no in questa disastrosa campagna che poneva termine alle famose
Rnnde Nere, che formate la prima volta da Giovanni de' Medici,
1 1 nasi tutte di Toscani, erano reputate la migliore infanteria di quel-
l' epoca. Il Principe d'Oranges rassicurato' colia distruzione dell'ar
mata francese, esercitò le più crudeli vendette coatro i Signori di
Napoli che eransi dichiarati per il partito Angioino, confiscò loro i
beni per pagare il soldo arretrato a quelle truppe omai avvezze
all' assassinio, alla barbarie.
Mrntre questi gravi fatti erano accaduti i fuorusciti avevano
continuamente tenuto in allarme quelli che governavano la Repub
blica; ma saputosi che buona parte di quegli emigrati erasi rifu
giata a Montebenichi, territorio fiorentino, si decisero i Senesi a com
mettere una infrazione, e con un colpo di mano impadronirsi di
quanti fossero caduti al laccio ; infatli spedirono a quella volta gen
te armata, che nella notte scalando le mura entrarono in Monle-
benichi : vi rimasero uccisi due figli di Belisario Bulgariui , vi fu
preso Ippolito Beltarmati , che condotto a Siena gli fu tagliata la
testa , e. vi ammazzarono ancora Giuliano Petrucci. Furono quin
di mandati Ambasciatori a Firenze a scusare il falto ueccssiuto
dalla presenza di quei fuorusciii che infestavano continuamente
i rimimi.
Tanti successi ottenuti da Carlo V. non avevano sodisfatto la
di lui ambizione ; egli mirava alla dominazione di tutta Italia , e
quell' avanzo d' indipendenza che a lei restava era da una rovina
totale minacciata. Firenze che a vea di receute riconquistata la sua
libertà era afflitta da orribil .peste, e dalle fazioni, per cui la emi
grazione avea cresciuta nel popolo la miseria, ed avea indebolito
iinfilo spirito che é fomite a grandezza: Clemente VII nulla tra
scurava per rialzare la potenza della sua famiglia, ed i Fiorentini
per un attaccamento che conservarono sempre verso i Francesi ,
aveano trascurato di collegarsi coll' Imperatore quando riteneva pri
gioniere il Pontefice, sicché uon potevano mai sperarselo favorevole,
193
essi ebbero il torto di aver troppa fiducia nelle promesse di Fran
cesco I. che Machiavelli, Capponi ed Alemanni avevano troppo bei»
conosciuto. A questo Re stava sommamente a cuore iti ottenere la
libertà dei suoi figli, che dopo la rottura della convenzione di Ma
drid erano rimasti in ostaggio; oppresso dai disastri ora tcoUva di
giungere al suo scopo trattando col suo fortunato rivale la pace a
Cambrai. Al tempo stesso Clemente VII trattava un alleanza col-
l' Imperatore, che premuroso di cancellare lo scandalo della di lui
prigionia, offrivagli condizioni tanto vantaggiose, che Appena poteva
sperarle
toscritto qualora
a Barcellona
il Papali 20
fosse
Giugno
stato 152'J.
vincitore;
Clemente
infattiVII
il trattato
prometteva
fu sot-a

Carlo V la corona imperiale che questi disponevasi di venire a pren


dere in Italia. Gli accordava l' investitura del Regno di J^apoli. la
facoltà di levar contribuzioni sul Clero dei suoi Slati pel solo tri
buto di una cavalla bianca. l'all' altra parte Carlo V confondendo
colla Santa Sede gl' interessi della famiglia Medici e quelli delle Po
tenze italiane prometteva a Clemente di fargli restituire Ravenna
e Cervia dai Veneziani , Modona e Reggio e Rubbiera dui Duca di
Ferrara, e di rimettere al potere in Firenze la famiglia de' Medici,
allora rappresentata dal bastardo Alessandro, mentre il Papa aveva
concesso ad Ippolito il Cappello Cardinalizio, e ad unire in matri
monio col primo la sua figlia naturale Margherita; in fine promet
teva di rimettere alla decisione di un giudice la sorte di France
sco Sforza, e del Ducato di Milano.
La notizia del trattato di Barcellona affrettò la conclusione di
quello di Cambrai, negoziato da Luigia di Savoja per it Re di Fran
cia, e da Margherita d'Austria per l' Imperatore, e con questo Fran
cesco I. sacrificò gl' interessi di tutti i di lui alleati d' Italia , dei
Veneziani, dei Duchi di Milano, di Ferrara, degli Orsini, dei Fre-
gosi, e di tutti i partigiani della Casa Agioiua di Napoli, e dei Fio-
reutini, ai quali aveva date le più lusinghiere speranze in ogni tem
po, ma specialmente durante quelle iratiative , e cosi ebbero una
soluzione falale all' Italia lutti gl' intrighi che per otto anni l' ave
vano agitata. Francesco I. vergognandosi egli stesso della sua sleale
condotta non volle neppur ricevere gli ambasciatori dei traditi al
leati, che almeno volevano dalla Real bocca ricevere un conforto
nella critica situazione, iu cui gli aveva slealmente gettati. Egli fe
196
ce loro intendere essere quella paoe unicamente un artifizio per ri
cuperare i suoi figli.
Carlo V non tardò a venire in Italia, imbarcatosi a Barcellona
nelle navi genovesi, dopo avere onorato colle distinzioni le più gen
tili Andrea Doria: sbarcò a Genova, ove ricevé i capitoli della pace
conclusa a Cambra!, e che egli ratificò circondato da una poderosa
armata, e dal prestigio del trionfo: egli comparve grande ai popoli
italiani , ma non per questo gli alleati della Francia delusi si mo
strarono avviliti , e sebbene i Fiorentini spedissero a Carlo in Ge
nova i loro Ambasciatori, pure costantemente ricusarono di trattare
con Clemente VII.
Pressato dai torbidi della Germana, e dai preparativi guerrieri
di Solimano che aveva invasa l' Ungheria, l' Imperatore voleva ad
ogni costo pacificare l' Italia, per cui fu convenuto che in Bologna
egli si troverebbe con Clemente VII per stabilire a viva voce quan
to era determinato nei loro pensieri; il Pontefice vi si recò sul fi
nire cl' Ottobre per ricevere degnamente V illustre ospite, e Carlo V
fece il suo ingresso in Bologna il 5 di Novembre 1529. Quivi fu
rono appianate fra l' Imperatore «1 il Pontefice tutte le vertenze
che esistevano con gli altri Stati e Principi italiani. Carlo V si mo
strava affabile. ed affettò generosità e giustizia fino a restituire a
Francesco Sforza il Ducuto di Milano. Dopo di che il Pontefice in
coronava Carlo V. Imperatore. La Repubblica di Siena vi mandò i
suoi Oratori che erano Giovanni Palmieri per il Popolo, Orlando Ma-
riscotti per i Gentiluomini, e Bernardino Buoninsegni pei Riformato
ri: (1) i fuoruscili dell' Ordine dei Nove ancora vi concorsero in nu
mero, e l' Imperatore diede speranze agli uni ed agli altri, ed intanto
stabiliva col Papa il loro destino; non trascurò peraltro di mostrarsi
scontento degli odj che esistevano fra i cittadini, e disse esser ne
cessario un rimedio a tanti mali. I Senesi in quel tempo avevano

(1) Nella circostanza della incoronazione di Carlo V. seguita in


fio/onna insorse una questione di precedenza fra gli Ambasciatori
senesi e quelli della Repubblica di Genova, per cui vennero alle mani,
e dice il Gigli, da cui togliamo questa notizia, che i Senesi con loro
vergogna furono discacciati dalla Chiesa di S. Petronio. Il Malavolti
perattro tace questo fatto, ma vien confermato da una Cronaca pub
blicata dal Giordani. — Bologna, Tip. della Volpe 1842.
197
affidato il comando supremo delle loro truppe ad Alfonso Duca
d' Amalfi, iotautoché ai confini di/lila Toscana andava concentran
dosi un armata composta di qnelle milizie che aveano desolato Ro
ma, Napoli e gran parte d' Italia, ed allora minacciavano Firenze,
la di cui caduta era il patto della riconciliazione accaduta in Bolo
gna fra Clemente VII, e Carlo V, ma quest' ultimo non volle esser
testimone del sacrifizio di nn gran popolo , e partendo si diresse
alla volta della Germania.
Mentre i Fiorentini si preparavano con ardore alle difese , il
Gonfaloniere Capponi procurava segretamente di trattare un acco
modamento col Papa, siccome non &' ingannava sulla futura sorte
di Firenze : ma scoperto il suo carteggio venne in diffidenza dei
Priori, fu dimesso dulia sua carica ed ebbe a successore Francesco
Carducci : però l' illustre cittadino non vide consumato il sacrifizio
della patria, mentre prima che si compisse morì di dolore.
Intanto il Pontefice incaricava delle sue vendette quello stesso
Principe d'Oranges che l' aveva tenuto prigioniere in Castel S. An
gelo, il quale partendosi da Fuligno saccheggiò Spulcio, prese Pe
rugia per capitolazione, quindi Cartona, ed obbligò i Fiorentini ad
evacuare Arezzo e tutta la Valdichiana , quindi venue a porre il
suo campo nel pian di Ripoli.
In Firenze all'ardire nvu. corrispondevano i mezzi; molti era
no gli aderenti della famiglia Mediera. Francesco Guicciardmi diser
tando dalla patria si univa ai di lei nemici, ma Francesco Ferrucci
si formava una reputazione militare, poiché uscito da Firenze ri
prendeva d' assalto Sanininiato. Il Principe d' Oranges frattanto
tentò una sorpresa usando numerose scale poste lungo le mura
dalla porta S. Niccolò fino a quella di S. Friano , ma il tentativo
andò fallito ; questi fatti valsero a rianimare il coraggio della po
polazione, che non erasi mai addestrata all' uso delle armi, tutta
occupata unicamente dell' industria e del commercio; ma questi
vantaggi erano insignificanti di fronte al grave pericolo. Le truppe
che formavano l' assedio andavano giornalmente ingrossandosi, sic
come le alleanze contratto da C'irlo V con tutte le Potenze italia
no rendevano disponibile l' esercito : at contrario i Fiorentini
non potevano sperare di esser soccorsi, perché abbandonati affatio
da tutti i loro alleati, inclusive dai Veneziani, erano rimasti soli,
reolati ;i fronte di sì potente nemico. Infatti doverono frettolosa
mente evacuare. Prato e Pistoj.i, le fortezze di Pietrasanta e Motro-
ne, e aprire \? porte ai nemici. Ci allontaneremmo di troppo dallo
scopo nostro descrivendo lo fasi del celebre assedio di Firenze, on
de ci limiteremo a dire che non mancarono gli esempi di valore e
di coraggio civile ; si vide il celebre Michel' Angelo Buonarroti di
rigerne le fortificaziom : il Ferrucci non tradì le speranze che la
patria avea su di lui concepite , ma costretto ad abbandonare la
posizione da tui occupata presso F.mpoli per osteggiare contro Vol-
ttrra . che ribellatasi atla Repubbtica erasi data ai Medici , abban
donò la linea delt' Arno che bisognava conservare e difendere. Il
Ferrucci prese Volterra e punì la ribellione , ma questo resultato
non bilanciava l' errore strategico; per ripararlo egli si spinge ver
so Gavinana. ma il Principe d' Oranges cola lo raggiunge ; venuti
a battaglia, terribile fu il conflitio: i difensori più caldi della libertti
fiorentina vi perderono la vita : lo stesso Ferrucci orribilmente fe
rito cadde prigioniero del viie capitan Maramaldo, che Unì di am
mazzarlo per vendicarsi delle ingiurie che lo stesso Ferrucci gli
aveva prodigate sotto Volterra; ma questa morte fu espiata dal-
l' altra del Principe d' Oranges ; ciò non ostante Firenze dovea
soccombere, ed il tradimento di Mdl.iU.sta Maglioni rese vana ogni
ulterior resistenza. (1) La resa della città fu deliberata, e la capi
totazione sancita il 12 Agosto 1530; le condizioni di essa, se van
taggiose in qualche parte ai Fiorentini furono derise e violate. Il
dispotismo Mediceo nelta forma monarchica fu stabilito con Ales
sandro sulle rovine di una Repubblica che per più secoli aveva
formato l' onore d' Italia, poiché coltivando le arti, il commercio e
tutti i rami dell' umano scibile divenne il ceniro della civiltà che
dall' Italia dovea propagarsi alle estere nazioni. Al pari delle sue
consorelte essa era stata turbolenta ed ambiziosa , e questi vizj
contribuirono ad indebolirla , ed a corrompere i maschi costumi e

(1) \c//e vesti drìl' estinto Principe d' Oranges fu trovato il bi


glietto , con cui il Maìatesta lo assicurava di non attaccare il suo
campo . mentre avrebbe lasciato I' assedio per andare in traccia del
/•'«Truca col fine di batterlo.
199
le virlìi degli avi, che l' avevano portata al più alto grado di opu
lenza e di grandezza. (1)
Mentre l' esercito imperiale era occupato nell' assedio di Firen
ze fu mandato a Siena Don Lopez di Scria per negoziare un ac
cordo fra quelli che governavano la città ed i fuorusciti: al tempo
stesso il generale spagnolo Ferrante, che trovavasi colle truppe in
Valdichiana, diede l' assalto a Lucignauo, e lo prese, perché gli ave
vano impedito l' ingresso , e fece intendere alla Signoria di Siena
che a lui era prescritto dall' Imperatore di alloggiare le sue truppe
in quel di Siena, onde .la invitava a passare i di lei ordini, affin
ché fosse in qualunque luogo ricevuto, e così scelse a sua residen
za la città di Pienza ; di là scriveva alla Balta , intimandole orgo
gliosamente che a lui si spedissero Commissari con pieni poteri ,
giacché il governo della Repubblica doveva esser modificato, e l' Or
dine dei Nove riammesso al potere, ed ai fuoruscili resi alla pa
tria restituir si dovevano le confiscate proprietà. — Nella uotte di
S. Martino si fece seutire una fiera scossa di terremuoto che spa
neralmente
ventò non solointeso.
i cittadini, ma ancora tutio il dominio, ove fu ge-

mente
La perentoria,
intimazionechedelalla
Ferrante
Signoriain funome
forzadicedere,
S. M. Cesarea
e la nuova
era Co
tai-

stituzione venne firmata dal Cardinal di Siena, da Lopez, dal Duca


di Amalfi, da Giov. Battista Piccolomini, da Giovanni Palmieri, e

(1) // Torninosi dice che i Senesi imprestarono dieci falconetti,


ed alcuni sagri per la espugnazione di Firenze ; il Malavolti tace
questa circostanza, ma il Guicciardini , libro XIX , cos'i si esprime ,
parlando di Alessandro Vitelli : « Avendo poche artiglierie ricercò i
<i Senesi che ne le accomodassero , i quali non potendo negare al
ii« rtefice.
esercito
e perdi ilCesare
sospetto
glidella
ajuti sua
chiesti,
grandezza,
ma per malcontenti
l' odio controdella
al Pon-
mu-

« tasìone del governo dei Fiorentini ( con i quali per I' odio comune
« contro al Papa avevano avuto molti mesi quasi tanta pace e nt-
a telligenaa.} mettevano in ordine le artiglierie , ma con quanta più
a lunghezza potevano. » II Giuvio poi dice . che Siena accomodò di
artiglierie il Principe <f Orangcs, che preso Arezso, passò nel piano
di Firenze.
200
da Antonio de' Vecchi; fu convenuto il ritorno in patria dei fuo-
rusciti , ai quali doverono essere restituiti i beni confiscati per
cause politiche, e che l' Ordine dei Nove fosse riammesso al potere
per la quarta parte, dovendosi formare una nuova lialìa di venti
individui, con facoltà al Duca di Amaltì generale delle armi, ed at
Capitan di Popolo d' intervenire alle deliberazioni ; ma il Consiglio
non approvò questa. nuova forma: la colpa del rifiuto ricadde prin
cipalmenie sopra il Duca di Amatti , che ebbe innmazione di par
tir da Siena e dirigersi verso Napoli; in sua vece si nominava Don
Lopez di Scria, che chiamò in città un Capitano spagnolo con .400
fanti. Queste nuovita per altro che erano una manifesta infrazio
ne della indipendenza della Repubblica indispettivano i cittadini ,
che vedendo ritornare in patria i Noveschi sapevano doversi atten
dere implacabili vendette quando fossero appoggiati da soldati stra
nieri. Il popolo senese erasi mantenuto bellicoso, ardite, cimentan
dosi giornalmente a combattere per le fazioni che dividevano la
città, cosi non era tanto facile impresa imporrli quanto a lui ripu
gnava. Dopo la tornata dei Noveschi lo spirito di parte vieppiù
s' infiammò: di tratto in tratto i partiti correvano alle armi: una
guerra civile erasi incarnata Del carattere e nei costumi dei Senesi,
e mentre il Ferrante eon Bernardo Malvolti, e Bernardino Buonin-
segni ambasciatori della Repubblica trattavano in Pienea il modo
di sedare i partili, e ricondurre i cittadini alla pace, ed alla con-
cordia , ebbero avviso che il 2 Geonajo 1531 , mediante una lotta
accanita, i ftoveschi erano stati .superati dal popolo, che aveva loro
tolte le armi, e molti ne aveva uccisi, fra i quali Giovanni Marti-
no/zi, per cui fu rotta ogni pratica: ed il Ferrante che aveva de
liberato partire di II a poco dal dominio di Siena, venne a porre
l' esercito a Cuna, luogo poco discosto dalla citià : e parlando agli
Ambasciatori a lui spedili dalla Repubblica , che pretendevano di
scusare il popolo aggravando i Noveschi come promotori di quel tu
muli o. dichiarò la sua ferma volontà di non voler partire finché
uon fossero calmati gli animi, e finché i Nove non fossero assicu
rati al potere, perché qucsto era il volere di Cesare, ed intanto fece
ritenere nella torre di Cuna Mario Bandini , Sozzino Severiià , ed
Achilie Salvi. Questi arresti commossero il popolo io Siena, ed adu
nato il. Consiglio generale fu soppressa la Balìa, e fu creato uà Ma
201
Bistrato di otto cittadini, due per Monte, con autorità di disporre
tutto quanto dipender poteva dalle deliberazioni del Consiglio stes
so; così la reazione aumentava di forza, e quelle misure, colle quali
il Ferrante pretendeva imporre ed atterrire, non facevan che viep
più alimentare lo spirito di sedizione. La prima cura del nuovo
Magistrato si fu quella di raddoppiar le guai.die alle porte della
clttà , ed alla custodia delle mura. Intanto dichiarava at Ferrante
conoscere che non era nella mente di Cesare il saccheggio che si
esercitava dalle truppe nel dominio di Siena, e mentre lo pregava
a rendere la libertà ai detenuti gli faceva intendere che i Senesi
non volevano a .qualunque costo alterare l' ordine stabilito. Se la
fermezza da una parte prevaleva, dall' altra reagiva il dispetto, per
cui minacciava il Ferrante di voler condurre l' esercito sotto le
mura di Siena, e manomettere tutto quanto avrebbe incontrato:
bensì avendo potuto Mario Bandini evadere calandosi per una fi
nestra della torre di Cuna, furono gli attri due posti in libertà. La
irritazione delle parti era inoltrata, quando presen tossi il Marchese
del Vasto che veniva a rimpiazzare il Ferrante, e mandatigli am
basciatori dalla Repubblica, intesero che la mente di S. M. era in
tenta al favor dei Senesi , ma che desiderava la quiete e la pace
fra i cittadini, ed a questa coudizione prometteva loro di togliergli
il peso di quelle truppe che erano nel dominio di Siena. Tali sen
timenti erano meglio espressi in una lettera diretta dall' Imperatore
alla Signoria sotto la data del 21 Febbrajo 1531. Era il Marchese
del Vasto cognato del Duca di Amallì , ed era stato generale delle
armi della Repubblica, per cui i Senesi sperarono che sarebbe stato
verso di loro più benigno del suo predecessore.
Un grave incendo si manifestò nella Chiesa di S. Domenico in
quell' anno, e nella notte precedente alla festività di S. Barbera, che
solevano quei Frati con gran pompa celebrare; esso incominciò dal
l'orchestra dell'organo, ove era stato posto del fuoco per asciugare la
parte umida e fresca per recenti muramenti: il suo progresso fu tau
to rapido, senza che fosse possibile arrestarlo, che ben presto cadendo
fu distrutta quasi tutta la volta sostenuta da travi armate. Un uomo
ardito ricoperto di panni fradici si spinse fra le fiamme, e poteva
con generai meraviglia salvare dall' incendio la Testa di S. Cateri
na togliendola dalla Cappella che é sottoposta all' organo medesimo;
la salvezza di quella preziosa reliquia fu attribuita a prodigio.
202
Da quanto abbiamo esposto resulta evidente che Carlo V, qua
lunque fosse la sorte che in futuro riserbava alla Repubblica di
Siena, egli non avea nulla trascurato per stabilire la concordici fra
i cittadini. ed estirpare le fazioni ; consigli , esortazioni, e per fino
un apparato di forze, ma non avea potuto ottenere che quelle ani
me indurite negli odj si attuassero. I Noveschi erano divenuti uu
oggetto di odio popolare e degli altri Ordini, siccome avevano ten
tato in ogni occasione di cambiare il reggimento del governo de
mocratico; sotto il Duca di Calabria, sotto i Visconti, sotto il go
verno tirannico di Pandolfo Petrucci, ed in ultimo per secondare
le vedute di Clemente VII avevano tentato sempre di appropriar
si le redini del Governo per cambiarne l' indole popolare che fin
dal secolo XII avea predominato; o fosse ambizioue di dominio, o
repugnauza ai disordini che in mezzo ai benefizi si generano sotto
il Governo del popolo, essi aveano sempre formato un partito ari-
•tocratico che tendeva alla uniBcazione dei poteri ; per queste ra
gioni uon deve sorprendere se trovarono nel partito opposto una
resistenza pertinace, che in fine doveva condurre la patria comune
at sacri tìzio della indipendenza.
Il Marchese del Vasto venuto iu città conferì col Cardinale di
Siena, e di comune accordo stabilirouo la nuova forma di governo
da presentarsi per l' approvazione al Consiglio, che era quella stes
sa convenuta con Lopez, e si verificò allora che coloro che avevano
amministrato la cosa pubblica, erano stati più solleciti del proprio,
che dell' interesse dello Stato , poiché per la prima volta avevano
dato 1' impolitico esempio di ricorrere per far danaro alla vendita
delle pubbliche entrate , per cui non pochi apppaltatori eransi ar
ricchiti ; e mettendo all' incanto gl' impieghi delle Potesterie, Vica
riati, Notariati, delle Cancellerie dei Magistrati della città, e perfino
del comando delle Rócche aveano introdotto la pratica di contrat
tazioni immorali , perché lasciano il campo libero alle male vena
zioni di coloro da cui dipende la vendita o l' appatto.
Accomodata per il meglio la condizione del nuovo .Goveruo ai
10 Aprile 1532 l' esercito comandato dal Marchese del Vasto parti
dal dominio di Siena per andare in Lombardia, lasciando segni fu
nesti di una devastazione che é inseparabile dalla lunga stazione
di un esercito straniero, e poco curante della militar disciplina. Nel
203
principio di Maggio con sodisfazione del popolo senese ntornava in
Siena il Duca di Amalfi. (1) a cui fu stabilita una pensione di 6000
scudi annui coll' onere del mantenimento della guarnigione spagno
la, che erasi ridotta a soli 100 soldati. L' Imperatore Carlo V. pri
ma di recarsi in Ungheria alla guerra che meditava contro i Tur
chi volle nuovamente abboccarsi in Bologna con Clemente VII. ed
in quella circostanza fu stabilita una lega fra il Pontefice, l' Impe
ratore e tutti i Potentati d' Italia ad eccezione dei Veneziani, e nel
la quale fu pure compresa la Repubblica di Siena eoa obbligo di
contribuire, in caso di guerra, 2000 scudi al mese. Ma la smodata
ambizione di Clemente VII non era paga ; lusingato di contrarre
un parentado, maritando una sua nipote al figlio secondo del He
Francesco , si decise , ad onta di dispiacere a Carlo V. ad uu ab
boccamento col Re di Francia che ebbe luogo a Marsilia , e dietro
il quale fu effettuato il matrimonio , e così Caterina de' Medici fu
moglie di Enrico di Francia che fu poi Enrico II.
11 Pontefice nel suo viaggio, ad onta della repugnanza che a
lui ispiravano i Senesi, non sdegnò di passare per il' loro territo
rio, ma quivi accadde un fatto disgustoso ed impreveduto : il Ma
gistrato mandò Ambasciatori al Papa per pregarlo a voler passare
per Siena : ricusata l' offerta cortese, egli preferì di fermarsi al Ca-
stelluccio, ma il Granciere che comandava -quella Ròcca ricusò di
aprire la porta ai Commissari senesi colà spedili, negando ospita
lità al Pontefice stesso quando vi giunse, per cui fu costretto recarsi
a Montepukiano. Erav.i stato chi avea messo in sospetto l' incauto
Grancere, facendoli credere che si volesse occupare quella fortezza.
Non mancarono i Commissari di scusare presso il Pontefice quel
fatto, siccome contrario affatto alla volontà del Magistrato: egli ac
cettò le scuse rispondendo: le parole sono femmine, i fatti sono maschi.
In quell' anno 1534 la città fu tormentata da terribile carestia,
per cui la plebe tumultuò : molte case furouo saccheggiate non esclu
sa quella del Duca di Amalfi, per quanto poco prima egli fosse l' ido
lo del popolo sempre incostante nelle sue predilezioni. Le opere del
Machiavelli erano divenute allora popolari in Siena, onde imbevuti

(1) Era Alfonso Piccolomini, discendente da un nipote di Pio II.


204
gli animi di certe massime, non abbastanza comprese, intendevano
i Popolari farsene scudo per ambire un potere più grande di quel
lo che godevano. Una prova evidente della corruttela , in cui era
caduta la società in Italia la troviamo ancora nei smodati desiderii
che nella plebe si destavano.
Per la prima volta, dopo i Romani, s' incominciò a propagarsi
l' idea della legge agraria: il drilto di proprietà che era stato fino
a quel punto rispettato tornò ad esser posto in dubbio sottoponen
dolo atla ceosura di principii erronei, che sogliono scaturire ogni
qual volta la società viziata e corrotta cerca un nuovo equilibrio
sulle rovine di quello che é prossimo ad un irreparabile sconvol
gimento.
In Firenze frattanto il Duca Alessandro esercitava tati crudeli
vendette contro il partito vinto , che lo stesso Cardmale Ippolito
Medici , non che tutti quelli che alla di lui potenza avevano con
tribuito, ne aborrivano; il solo Clemente si compiaceva di quet ri
gore, che secondo il suo giudizio giovava a consolidare nel potere
il prediletto suo nipote, quale agiva da tiranno; infatti ispirandosi
alle idee del terrore vedeva dei nemici in quelle persoue stesse eh*
Io aveano servito, e che erano state attivi strumenti della di lui
ambizione; così fece avvelenare il Cardinale Ippolito con Dante Ca-
stiglioni e Berlinghiero Berlingbieri che miseramente perirono men
tre s' incamiuavano alla volta di Napoli. La Storia di Alessandro
Medici non é men trista di tutti i più celebri tiranni vissuti nel
medio evo ; sembra che egli prendesse a modello un Cesare Bor-
gia, sebbene Alessandro mancasse dei talenti di cui era ricco il Du
ca Vatentioo. Intanto stava per riaccendersi la guerra fra V Impe
ro e la Francia, e Carlo V per quanto nauseato dai delitti di Ales
sandro, pure non osava contrariarlo, perché voleva da lui estorcere
danaro, e perché prevedeva, che la sua caduta avrebbe ricondotto
in Firenze quel libero reggimento che erasi pronunziato favorevole
al Re di Francia : anzi pensò per ristringere seco lui i vincoli di
parentela, esser giunto il momento di effettuare il matrimonio sta
bilito a Bologna, e non accaduto per la troppa giovinezza della fan
ciulla, fra il Duca Alessandro e Margherita i!' Austria sua figlia na
turale; gli sponsali furono celebrati in Firenze il 13 Giugno 1535.
Dopo pochi mesi di matrimonio il tiranno cadde in un laccio a lui
205
fatale che liberò Firenze da quella tirannia. Lorenzino de' Medici suo
cugino era stato ministro delle sue dissolutezze, o che fosse gelosia,
o che tanti delitti commessi avessero eccitato il suo sdegno pensò di
perdere il cugino ; senza palesare a veruno il segreto si accostò ad
un sicario per nome Scoruncuncolo, e dicendogli che era necessa
rio uccidere una persona, lo condusse una sera in casa propria, ove
aveva chiamato lo stesso Alessandro con un pretesto colpevole. Egli
era sdraiato sopra un letto, quando Lorenzino entrando gli diman
dò: Dormite? e con un colpo di spada lo feriva at petto: at tempo
stesso il sicario lo afferrò, lottarono per qualche tempo, ma in. fine
Scoruncuncolo con un colpo di coltello alla gola fin) d' ucciderlo :
se Lorenzino ebbe il coraggio di commettere un delitto, non seppe
da quello trar partito. Egli eru per dritto chiamato alla successio
ne, onde doveva appropriarsela, o chiamare il popolo di Firenze a
libertà. Egli si attenne al partito di fuggire, e più tardi fu in Ve
nezia dai sicari Medicei ucciso.
Il Cardinal Cibo che fu il primo a conoscerla tenne nascosta
per qualche giorno la morte di Alessandro. Egli prese tutte le
disposizioni per assicurare la successione a Cosimo de' Medici che
fa eletto Duca , contro il voto di un partito , alla testa del quale
si era posto il Ruscellai. I fuorusciti tìorentini tentarono di tornare
in patria a stabilirvi la Repubblica, ma sorpresi a Moutemurlo da
Alessandro Vitelli la maggior parte rimasero prigionieri, gli altri si
dispersero. Cosimo comprò quei rispettabili cittadini dai soldati: fu
rono consegnati ai carcerieri, giudicati dai Tribunali schiavi e de
voti al Duca, furono sottoposti alle più orribili torture, condannati,
e la maggior parte decapitati. Il celebre Filippo Strozzi era rimasto
in potere del Vitelli, e quando egli ebbe avviso che l' indimane
dovea essere ucciso prevenne i suoi carnefici , e si tagliò la gola
nella Clemente
carcere, dopo
VII non
avereebbe
scrino
il dispiacere
sul muro di
l' invito
trovarsi
allaalla
vendetta.
notizia

della morte violenta del nipote , mentre fin dal 25 di Settembre


1534 era morto: egli avea preveduta la sua prossima fine, e ne
aveva tenuto discorso coi suoi familiari. Predominato l' animo suo
d.'iir ambizione di render potente la sua famiglia , per raggiungere
questo scopo non guardò a sacrificare gl' interessi d' Italia tutta.
A lui succedette Paolo III della Casa Farnese , che accordò il suo
206
favore a tutti i nemici dell' estinto Clemente. — Io quel tempo fa
abotita in Siena la Compagnia detta dei Bardotti; era questa una
associazione plebea influenzata occultamente da coloro che avevano
ambizione di dominio , e che aspiravano a pervenirvi, onde si va
levano di quella Setta per far nascere tumulti secondo le circostan
ze: era insomma nn mezzo attivo di disordine. Fu ordinato adun
que che la sua insegna fosse deposta in palazzo colla comminazio
ne di pene severe qualora si fossero i Settari adunati.
L' lmperatore Carlo V. dopo le sue vittorie riportate a Tunisi avea
abbandonata l'Affrica, ed erasi recato a Napoli, ove passò tutto l' in
verno dell' anno 1535. lu qucll' epoca moriva Francesco Sforza Duca
di Milano , e la successione di quet Ducato accese nuove contese
fra V Imperatore e Francesco I. giacché ambedue se la contrasta
rono; un esercito francese a sostenere le pretese di quel Re era
sceso in Italia. aveva occupato gran porte della Savoja e la città
di Torino , per lo che Carlo V. si decise ad abbandonare il delizio
so soggiorno di Napoli per meglio provvedere alla guerra, e nel suo
viaggio passando per Siena volle qualche giorno fermarvisi. La po
polazione rese a quel gran Monarca i dovuti onori: archi di trion
fo, fuochi, e nella piazza del Duomo egli trovò una grande statua
colossale , colla quale veniva rappresentato lo stesso Imperatore a
cavallo : egli fu sontuosamente alloggiato nel palazzo di Anton-Ma-
ria Petrucci , e fu dilettevole per Carlo V. la lotta dei pugni che
fra gli altri spettaceli pubblici i Senesi in onor suo rappresentaro
no nella Piazza del Campo. (1) Sodisfatto dell' accoglienza cor
diale , con cui fu ricevuto , volle visitare i monumenti della
citta, e perfino i bottini sotterranei che servono a provvedere le
acque alla citta : egli rimase di quest' opera sorpreso, e disse che

(1) La lotta dei pugni, ossia pallonata, per la quale i Senesi eb


bero un gran trasporto, si eseguiva negli ultimi giorni del Carneva
la , e spesso il giuoco si convertiva in vera battaglia. Incominciava
con certe formalità : ìi suono delle trombe ne dava il segno : i giuo •
catori dei Terzi si colpivano, si schernivano, si rintuzzavano, final
mente la palma restava ai giostratori di quel Terzo che respingeva e
fugava quelli degli altri Terzi. ( Vedi Voi. I. di questa Storia pag. 24 )
207
Siena era più bella sotto che sopra terra. (I) I Popolari ottennero
un gran favore alla sua corte, mediante i buoni uffici del Marchese
del Vasto e del Duca di Am.ilfi, mentre quelli dell' Ordine dei No
ve, che volevano esporrli le loro ragioni per averne giustizia non
furono ricevuti. Durante fa dimora detl' Imperatore arrivò in Siena
il Cardinale di Lorena spedito dal Re di Francia n trattare un ac
cordo, ma Carlo V. rigettò qualunque proposta essendo deciso a con
tinuar la guerra. Il 20 d' Aprile 1536 l' Imperatore lasciava la cit
tà, ed il Cardinal di Lorena si dirigeva a Roma. Dopo queste parten
ze, quelli dell' Ordine dei Nove, che invece dello sperato favore, era
no stati colpiti dal disprezzo imperiale si trovarono sconcertati , e
molti di essi conoscendo di aver perduta la sperata influenza tor
narono volontariamente ad esulare : essi portarono altrove le loro
brighe, per mozzo delle quali intendevano un giorno di tornare al
potere. Infatti In Rafia fu informata da lettere spediteli da Carlo V.
che in Roma tramavano una congiura, per mezzo della quale as
sistiti da Pier Luigi Da Farnese, creato dal Papa Duca di Castro,
speravano conquistar Io statò e la città di Siena. In conseguenza
di quest' avviso il Magistrato spedì a Roma degli Agenti, onde di
scoprire la vera sorgente di questa trama, e di certo conobbe es
sere ordito dai Noveschi: allora sorse il pensiero terribile di uccide
re tutti quelli che tuttora restavano in città di quell' Ordine, ma
fortunatamente non si trovarono d' accordo sui mezzi. Un altra
causa ancora pungeva l' animo dei cittadini, fra i quali per la di
versila dei partiti non poteva esservi unione: la famiglia Salvi col
favóre del Duca di Amalfi andava giornalmente acquistando mag
giore autorità , e sostenuta da uua numerosa clientela che erasi
acquistata nella plebe aspirava al dominio; Giulio che era il mag
giore della famìglia aveva sei fratelli tutti auimosi ed esperti. I
cittadini adunque congiurarono per attraversarne le mire : ma i
Salvi vollero prevenire il loro pericolo, e presa occasione da una

(O La Repubblica a lui fece dono di una delle due copie dei li


bri corali della Metropolitana, di cui una si conserva tuttora nella
Sala detta la Sacrestia o Sala di Raffaello, /' altra fu spedita a Ma
drid e si. trova attualmente nella Chiesa delI' Escoriai.
208
briga che nacque il 9 di Ottobre 1539 fra Girolamò Spannoccbii e
Mario Cacciaguerra, accorsero in aiuto del primo, mentre gran par
te di Popolari difendeva I' altro , ed erano già le armi pronte, gli
animi accesi, quando sopraggiungendo il Duca di Amalfi colla guar
dia spagnola sedarono il Uinmito. Fu per attro opinione di molti
che senza queir intervento io quel giorno i Salvi potevano impa
dronirsi del supremo potere, superando colla forza i loro antagoni
sti: giammai si vide una città che invecchiasse nelle civili discor
die, negli odj di parte quanto Siena: essa offre alla storia uno scan
dalo inusitato, né a questo punto potevano arrestarsi i Senesi, poi
ché il male inveterato non aveva rimedio.
Tornava in Siena Girolamo Luti dell' Ordine dei Riformatori
che aveva militato nelle galere del Re di Francia: la di lui venuta
insospettì il partito imperiale , poiché essendo alii stipendi del Re
di Francia temerono essere egli un agente incaricato di trattar nuo-
vita colla Repubblica ; lo stesso Ambasciatore imperiale che era a
Roma concepì lo stesso sospetto,, poiché ordinò al Duca di Amatfi
l' arresto di Lodovico. .Questo fatto arbitrario dispiacque non solo ai
Riformatori, ma a moki Popolari ancora.
Mentre l' Imperatore si disponeva per la guerra d' Algeri, ven
ne a 1. ucc.1 onde abboccarsi col Pontefice ; in quella circostanza
molti
bievolmente,
Senesi di
ed diversi
alcuni apartiti
portarsi lagnanze
recarono contro
colà peril accusarsi
Duca di AmalH.
scam-

Carlo V. intese con disprezzo quelle contumelie, e fece loro seutire


l' inconveuienza del mal vivere dei Senesi, che perseverando nelle
loro discordie avrebbero poi liuto ogni drilto all' altrui protezione,
ma che frattanto avrebbe dati i suoi ordini al Granvella, atlineile
si fosse occupato del modo di ristabilir la pace fra i cittadini, ed
intanto spediva a Siena Francesco Sfrondato da Cremona Senatore
dello Stato di Milano, onde meglio s' informasse di quelle differen
ze. Al di lui arrivo ordinò al Duca di Anuliti che ne partisse ridu
cendosi in qualche luogo dello Stato , affinché la sua presenza in
città non togliesse la libertà alle accuse; il 27 di Novembre 1541
giungeva ancora il Granvellu, che fece convocare il Consiglio, nel
quale dopo tanti alterchi fu combinata una nuova forma di gover
no, componendolo di una fta lui di quaranta cittadini, dei quali tren
tadue ne dovea eleggere il Consiglio, riservandosi l' elezione degli
209
dotti
altri :otto
conloquesti
stessofuGranvella
stabilito ; che
altriil cambiamenti
Capitano di furono
Giustizia
purenon
intro-
do

vesse essere altrimenti un estraneo alla città, ma un Dottore sene


se da nominarsi dall' Imperatore. Dato sesto alla pubblica ammini
strazione, egli volle ingerirsi della giustizia ; e per allontanare il mai
se'me ricorse ai soliti compensi delle proscrizioni, per cui furono con
finati e banditi una quantità di cittadini, fra i quali quattro della
famiglia Salvi, un Severini , un Massaini, e dell'Ordine dei Nove
un Petrucci, Santi Borghesi, e Bellarmati: ed ai Duca di Amalfi che
trovavasi a Pienza fece intendere che partisse dallo Stato, con facol
tà a suo Figlio di restarvi colla pro visione di 120 scudi al mese.
In fine il Granvella introdusse ordini nuovi : proibì ai cittadini di
tenere armi a fuoco : ordinò che i risiedenti dovessero andare i a
abito civile : che nessuno potesse portare armi né di giorno ué di
notte. Introdusse statuti sopra lo sfoggio delle donne dandone l' ese
cuzione al Capitan di Giustizia ; altri provvedimenti di minor conto
zione
furonoindalcittà
Granvella
di una adottati,
guardia dima300
il più
Spagnoli
importante
sotto gli
fu ordini
I' iutrodu-
del

capitano Antonio Cismero, ed una lega conclusa fra la Repubblica


di Siena e Cosimo I. Duca di Firenze, trattato di cui Cos'imo volle
valersi unicamente per acquistar tempo per poi decidersi per quel
partito che meglio a lui convenisse. Il Granvella volle in fine che
fosse custodita la rócca di Port' Èrcole dalli Spagnoli, e vi mise a
guardia un Giovanni Coranza di quella nazione. La fortuna avanti
ad Algeri non arrise a Carlo V. Egli aveva voluto cou quella spe
dizione tutta generosa frenar le piraterie dei Barbareschi special
mente dirette contro i Cristiani, ma la sorte non sempre predilige le
utili e grandi imprese. Infatti appena sbarcato l'esercito sul lido affri-
cano in una notte orribile imperversò tate una tempesta da sco
raggire le anime i.. più impavide: i soldati che non avevano di che
ripararsi, nò di che mangiare attaccati dai Turchi non seppero resi
stere, e si confusero ; intantoché le navi travagliate dalla furia dei
venti andavano a rompersi incontro alle roccie, o dar nelle secche,
così in meno di un ora perirono 15 navi da guerra, e U0 da tra
sporto con 8000 soldati. Dopo un tanto infortunio l' Imperatore im-
baftatosi in una delle navi del Doria che crasi salvata , giunse
sulle coste di Spagna. Sentite queste notizie, che ben presto si di-
14
«10
vulgarono colle solite esagerazioni, il Granvclla sollecitò la di lui
partenza da Siena, onde recarsi a Madrid a trovare l' Imperatore.
L' Alemagna tutta si agitava per la riforma religiosa predicata
da Lutere; il. Re di Francia tornava nuovamente in Campo attac
cando le truppe imperiali in Borgogna, in Fiandra, ed ai Pirenei ;
la guerra si seguitava ancora in Piemonte . onde l' Europa intiera
era commòssa. L' Imperatore adunque spediva il Granvella in Ger
mania, e' passando per l' Italia, ordinò allo Sfrondato che si trovas
se io Mantova, onde conferire seco lui sulle cose di Siena. giacché
sapeva che il partito popolare, geloso di quella parte di potere che
era riservata noll' ultima riforma all' Ordine dei Nove, tornava a
tumultuare, e molti incolpavano lo stesso Sfrondato demmziandolo
come promotore di nuove sedizioni : bensì Marcantonio Panni lini
spedito dalla Balìa in quatità di ambasciatore al Granvella lo scol
pava da queste imputazioni. Il partito Popolare non essendo rie
scilo a mettere in disgrazia Io Sfrondato presso il Granvella, che
lo rimandava a Siena colla stessa autorità, tentò di ottenerne l' al
lontanamento dirigendosi a Roma agli Agenti imperiali. Infatti non
andò in longo che gli fu sostituito lo spagnolo Don Giovanni di Luna.
L' Imperatore per andare in Germania passò nuovamente in
Itatia ed ebbe- io Bologna un altr' abboccamento col Papa, ove fu
discusso il modo di calmare le differenze religiose che si stavano
trattando al Concilio di Trento; ma questa volta non si combina
rono nette idee, e si raffreddarono le loro relazioni amichevoli.
Il partito Popolare in Siena vedendosi trascurato alla Corte
di Carlo V, ove i Nove che formavano l' oligarchia della Repubbli
ca, mirisi formati numerosi aderenti, incominciarono a volgere le
loro mire verso il Re di Francia; il Bellarmati, cittadino senese, (1)

(1) Troviamo che un Bellarmati, o come altri scrivono BegUar-


mati si rese celebre nelI' arte delle fortificazioni sotto il regno di Fran
cesco /, e che Avre de Grace, città forte della Francia, fu fabbricata
secondo il piano di questo cittadino senese. . Troviamo pure che un 7Y-
burzio Spannocchi si rese celebre nell' arte medesima sotto i regni
di Filippo II. e III; egli fu dichiarato ingegnere maggiore di tutti li
Stati della monarchia spagnola, oiuf é che diverse piazze forti di Spa
gna furono sotto la sua direzione fabbricate.
21 f
aveva nell' animo di lui una grande influenza , e quando voleva
condurlo colle navi dell'Anguillare che si riunivano a Telone con l»
flotta turca comandata dat celebre Ariadone Barbarossa per andare
all' impresa di" Barcellona , con molto spirito disse at Re : Mi sona
trovato due volte o fuggire con quel Conte , non vorrei che questa
fosse la terza. Bastò questo detto a determinare il Re a renunzia-
re a queir impresa ; ma fu sventura per Siena, poiché quelle na
vi furono dirette invece verso it liltorale Tirreno, e. volendo sce
gliere un luogo opportuno a ricevere gli sbarchi dei Francesi, pre
sero
no neldi 1544
mira dei
lo stato
Porti della
di Tafomone
Repubblica,
e Portr
ed iÈrcole,
Turchie s'devastarono
impadrouiro-
il

castel di Montiano. Inoltre il Barbarossa dimandò al Signor di Piom


bino la restituzione di un tal Sinà sopranominato Giudeo^ che al
l'epoca in cui Carlo V. prese Tunisi, era stato in Piombino condotto: fu.
forza cederglielo, e senza la prescra che aveva Barbarossa di tor
nare in Levante colle "sue navi erano da temersi danni maggiori,
poiché i Senesi occupati unicamente delle loro discordie, avevano
trascurato di fortificare le loro terre. In questo mentre fu fatto un
accordo fra l' Imperatore e Francesco I. per cui cessò la. guerra, e
fu allora che il Marchese Del Guasta per alleggerire il peso al Du-
ca.to di Milau» spedi a Siena 2000 Spagnoli, e 300 celate. L' Impe
ratore fece grazia a Giulio Salvi cittadino senese, che era prigione
in Fiandra imputato di aver cospirato col Farnese ai danni della
Repubblica. Quelle truppe spagnole furono divise negli atloggiamenti
fra Chiusi, Sarteauo, e Cetona; la Balia veduto il dispendio gravis
simo che cagionava allo Stato la presenza di quelle truppe, spedi
va
tenne
ambasciatore
il richiamo;,all'
esse
Imperatore
tornaronoun
nelOrlando
Ducato Marescotti,
di Milano. Ilche
contegno
ne ot-

di Giovanni di Luna incominciava ad insospettire il partito Popo


lare: egli lusingava in tutti i modi i Noveschi con una panialità
che offendeva gli altri partili, onde il popolo si provvedeva di ar
mi, mentre gli avversarj non mancavano a loro stessi , èra quello
uno stato di reciproca diffidenza che doveva avere un terribile svi
luppo. Il dì 8 di Febbrajo 1545 essendo gli animi in quella dispo
sizione, incominciò un tumulto in Camollia : fu assalita la casa di
Girolamo Tolomei, quindi i faziosi passarono all' altra dei Tancredi,
e dopo avere ammazzati e feriti alcuni dell' Ordine dei Nove quel-
212
la turba furente si condusse alla Costarella : quindi fu assalita la
casa dei Baonsignori , ove abitavano i Trecerchi ed i Tommasi ;
presso di loro si erano ricovrati una quantità di giovani Noveschi,
perché speravano, secondo il convenuto, di esser soccorsi da una
partita dei loro, che si adunava nel terzo di Città: ma o fosse ti
more, o perché quei che la componevano fossero chiamati altrove,
per la loro mancanza quei giovani si trovarono privi di soccorso,
e per quanto si difendessero furono quasi tutti uccisi. Gli altri poi
che doveano difenderli , incontrati da una frotta di Popolari , non
ebbero miglior sorte, ed il sangue cittadino fu versato in copia da
ambe le parti. Alcuni ebbero la fortuna di salvarsi in casa di Don
Giovanni, ove eransi ricovrati molti Gentiluomini, che lo spronava
no a provvedere alla loro difesa mettendosi alla testa dei. suoi Spa
gnoli, ma la paura lo avea reso incapace di qualunque determina
zione ardita. Le campane della città suonavano a stormo, da ogni
strada a guisa di torrente sboccava il popolo in armi furibondo e
terribile; il Capitan di Popolo, che era dal partito Popolare, colla
sua autorità e col gonfalone incoraggvva quella gente ad attaccare
la guardia degli Spagnoli, ma l' ira del popolo era unicamente ri
volta contro i Noveschi, e voleva la loro morte, onde ne furono am
mazzati nelle case, nelle vie, nelle botteghe, e nei nascondigli, ove
avevano creduto salvarsi dallo sdegno popolare. Alessandro Tan-
credi, Virgilio Santi, Antonio Pini, Aunibale Martinozzi furono tro
vati sotto un letto, e quivi uccisi: ma la notte che sopraggiunse a
coprire colle tenebre tanti delitti inauditi, favorì ancora coloro, che
sebbene avidamente ricercati, pure erano sfuggiti alle gelose inda
gini , e poterono satvarsi. Allo spuntar del nuovo giorno si spar
se la voce che atcune truppe del Duca Cosimo si accostavano ai
contini del Senese: nacque il sospetto che il Duca di Luna lo aves
se chiamate, per cui il popolo di nuovo si ammutinò minaccioso in
torno alla sua abitazione: ed egli spediva ordine a Cosimo che quelle
forze fossero immediatamente ritirate, fingendo non averne bisogno,
per sedaro il tumulto. Allora fu falto intendere a Don Giovanni che
qualora volesse partire dalla città coi suoi Spagnoli poteva farlo,
che gli sarebbero resi gli onori militari, e che nulla aveva in que
sto caso da temere ; convinto della sua inferiorità Don Giovanni
lasciava Siena . dopo essersi premunito di un salvacondotto , ondo
213
potessero liberamente seco partire tutti coloro che si erano ri
fugiati in casa sua, che erano circa a cento: la partenza non fu
frastornata da tristi avvenimenti.
Saziata la sete di sangue, addolcita col trionfo quell' ira tanto
tempo repressa , il partito Popolare s' intese coi Riformatori , per
stabilire un nuovo governo , e dopo tanti pareri conclusero di at
tendere il sentimento del Marchese del Guasto, sul quale confida
vano. Intanto furono spediti ambasciatori a Roma, a Genova, e per
l' Imperatore furono eletti l' Arcivescovo di Siena , che era Monsi-
gnor Francesco Bandini, e Marcantonio Amerighi .con ordine a tutti
di dimostrare che l' insolenza dei Noveschi era stata la causa di
quella rivoluzione , e che Don Giovanni di Luna poteva evitarla ,
qualora non fosse stato per essi tanto parziale. Con questi paglia
ti vi crederono poter mitigare l' orrore che doveva ispirare l' 'atro
cita del falto. Nello svolgere la patria storia abbiamo dovuto spes
so incontrare pagine macchiate di sangue fraterno, e questo sangue
fu sparso quasi sempre per gelosia di potere che la passione pre
dominante era degli avi nostri.; essa fu che estinse la virtù nei
cuori, e nelle meati il senno, se non che restò sempre vivo negli
animi il patrio affetto, e l' amor della libertà.
CAPITOLO DICIANNOVESIMO

SOMMARIO

Tristo impressione prodotta alla Corte di Carlo V. dalla nuovi-


la della rivoluzione di Siena — Disposizioni prese — Guerra Ger
manica — Morte di Francesco I. a cui succede Enrico II. — La
guardia spagnola giunge in Siena — Vi giunge pure Don Diego Da
Mendozza — Lettera di Carlo V. alla Rafia — Muovo ordinamento
di Governo — Aumento della guarnigione spagnola — II Mendosza
vuoi fabbricare un castello — // Puliti processato per lettere anoni
me contro il Mendozza — È decapitato — Oratori tpediti dalla Ba
tia a Carlo V. per ottenere ia revoca all' ordine della fabbrica del
Castello — Parole di Carlo V. a Girolamo Tolomei — Supplica dei
Cittadini diretta a Carlo V. *— Risposta di Carlo V. ad Orlando
Malavulti -- Kuovi Ambasciatori spediti dalla Balia a Carlo V.
— Si fabbrica il Castello — / Senesi sdegnati meditano nuove al
leanze — Conferenza tenuta a Gravale — I Congiurati giungono
sotto Siena — Disposizioni dello spagnolo V Avila — Enea Piccolo-
mini — Truppe spedite dal Duca Cosimo a Siena in soccorso delti
Spagnoli — Gli Ausiliari attaccano Porta Nuova — Ad un segno
convenuto il popolo si commuove — Porta Nuova é superata dagli
Ausiliari — Li Spagnoli si ritirano in Camollia per coprire con una
linea difensiva il forte — Formano una barricata a S. Andrea —
Arrivo del Capitano Zingaro — La barricata é superata — Li Spa
gnoli obbligati a ritirarsi nel forte — II popolo invade S. Domenico
e riprende le armi che erano state perquisite — II D' Avila é co
stretto a capitolare — Parte coi suoi Spagnoli da Siena — Allegrez
za del popolo — La Repubblica di Siena si da alla parte francese —
// Castello fabbricato dalli Spagnoli é demolito — (Jratori spediti ad
Enrico lI. — Mutamenti nel Governo — Ufonsignor di Termes ot
tiene la civiltà senese — fppolito d' Est Cardinal di Ferrara Luogo
tenente in Siena di Enrico II. — Sdegno di Carlo V. — Lega di
Smalkalda — Pericolo corso da Carlo V. — Modificazione nei Con
sigli della Repubblica — Don Garzici coll' esercito nel dominio senese
— Prende ìlonticchiello — Altri Castelli si arrendono — lI Capi
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t'in Bragaglia 8 decapitato in Siena — Fazioni varie — Assedio di
Montalcino — Eroica difesa dei Monta/cinesi e della guarnigione —
Giulio Salvi. il Canonico Ottaviano suo fratello ed altri sono con
dannati a morte e decapitati per aver tentato di liberar la città dai
Francesi — Giulio III. tenta una conciliazione per far cessare la
guerra di Siena — L' armata imperiale leva i' assedio da Montalci
no — Cornelio Buglioni eletto comandante delle armi senesi — Re
clami avanzati a S. M. Cristianissima contro il Cardinal di Ferra
ra — Cade in disgrazia del suo Sovrano — Lo rimpiazza Pietro
Strozzi — Sdegno del Duca Cosimo.

Jja impressione generata dalle notizie della narrata rivoluzio


ne. fa contraria ai Popolari, ed io special modo destò orrore alla
Corte di Carlo V, ove i Noveschi avevano acquistate molte ade
renze. Le esorbitanze distruggono il diritto , e la compassione che
negli animi si sveglia per le vittime immolate dat furar dei partiti
supera la forza della ragione. Don Giovanni di Luna fu richiamata
per la debolezza di carattere in qucfa circostanza dimostrata, e
come abbiamo detto , in sua compagnia partirono da Siena molti
dei Nove , che non si credevano più sicuri.
Nei primi del mese di Marzo 1545 il Consiglio adunatosi esclu
se affatto dal governo quell" Ordine, sul quale fece cadere la respon
sabilità di quanto era accaduto; sospese l' autorità della Balìa per
ire mesi, e furono nominati nove cittadini che unitamente al Capi
tan di popolo amministrassero la Repubblica. Da Firenze Don Gio
vanni di Luna citò a comparire avanti S. M. Cesarea per esser giu
dicati diversi cittadini, fra i quali Giov. Francesco Beverini, Lodo-
vico Sergardi, Mai.cello Landucci, Giulio Cacciaguerri , Antonio De
Vecchi, ed altri, ma questa intimazione non ebbe per allora alcun
seguito.
Moriva il Marchese del Vasto, al quale l' Imperatore aveva dato
incarico di recarsi a Siena a dar ordine a quel governo in un mo
do più confacentc ai suoi desideri: invece sua ritornò il Granvella,
il quale intimò a coloro che erano stati precettati da Giovanni di
Luna di andare al confino una parte a Lucca. gli altri a Milano: e
siccome gli Ambasciatori spediti all' Imperatore erano tornati senza
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aver .ottenuto alcun vantaggio della loro missione fu spedite atl' im
peratore il Nuti a dimandar grazia pei confinati, ma lo trovarono
inesorabile.
Si combatteva allora in Germania la guerra religiosa, mentre
il Duca di S.issonin ed il Langravio sostenevano in campo la rifor
ma di Lutere che avevano abbracciata, e Carlo V. li combatteva.
Questa guerra. sembrava che acquistasse quel carattere di ostina
zione proprio del temperamento tedesco, e della natura delle guerre
religiose. Il Pontefice dar viciuo interessato in quelle questioni aveva
fornito il suo contingente, ed avea mandato al campo il suo nipote
Farnese in qualità di legato.
I Senesi adunque finché le sorti della guerra furono poco van
taggiose air Imperatore non si curarono di obbedire alle di lui iu-
timazìoni , per cui egli sdegnato, scrisse at Duca Cosimo, affinché
spingesse le sue truppe contro Siena, ma nella incertezza degli eventi
della guerra germanica nulla azzardò, sotto il pretesto di voler con
servare la sua nentralita, r.m in fine tutto arrise alla fortuna del-
l' Imperatore.
Fraucesco I. suo costante rivale moriva in ciò di 53 anni a
Ranbouillft : quest' avvenimento toglieva a Carlo V. ogni inquietu
dine. poiché non aveva luogo di temere Enrico IL che succedeva
a Francesco sul trono di Francia. Fu spinta allora con maggior vi
gore la guerra germanica , e pervenuti all' Imperatore dei rinforzi
di truppe fiamminghe, passò l' Elba, attaccò i di lui nemici, li di
sperse, e fece suo prigioniere I' Elettore di Sassonia, ed il i d'Ago
sto l' Imperatore sottoscrisse la pace di religione a Passavia. Que-
st' avvenimento decise della politica da seguirsi dai Senesi : il Duca
Cosimo spedì loro Angelo Niccolini, nò vi vollero allora grandi esor
tazioni a convincerli esser necessario ricevere in Siena la guardia
di 400 Spagnoli, conforme l' Imperatore aveva ordinato. Il 29 Set
tembre 1547 questi soldati fecero il loro ingresso in città : la Re
pubblica ottenne di pagarne solo 300, mentre gli altri restarono a
carico dell' Impero; e presentatosi Giov. Galego loro capitano at Pa
lazzo, giurò avanti al Hagistrato dei Dieci obbedienza e fedelth a
chiunque fosse proposto al governo della Repubblica. II 20 d' Otto
bre proveniente da Roma, ove era oratore dell' Imperatore, giunse
Don Diego Hurtado Da Mendozza con piena autorità di sistemare
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il governo, lauto più che egli avendo soggiornato in Siena col Du
ca di Amalfi si reputava affezionato alla città, di cui gli erano ap
pieno note le discordie civili , e le cause da cui esse derivavano.
Il di lui arrivo in città fu festeggiato in un modo splendido, e gik
alcuni Ambasciatori della Repubblica erano andati a trovarlo a Ro
ma, altri lo riceverono al confine dello Stato: al di lui ingresso poi
suonarono tutte le campane a festa : furono fatte aalve d' artiglie
ria, fuochi di gioia, suonarono tamburi e trombe, insomma i Senesi
spinsero all' entusiasmo le dimostrazioni d'effetto: ma il voto del
popolo é volubile, presto cambia quando si trova deluso nelle sue
speranze. Il Mendozza nei primi tempi non atterò per niente quel-
l' ordinamennto, lasciandolo qual era costituito, e parlando ai Dieci
congratuiavasi con essi loro , e mostra vasi sodisfatto nel trovar la
quiete e l'ordine ristabilito; egli ebbe luogo di lasciar più volte la
città per andare a Roma, al di lui ritorno riceveva sempre le stes
se prove di affetto, ed il Magistrato non mancava dimostrarglielo
con ricchi donativi : lo stesso Imperatore con una lettera diretta ai
Dieci da Augusta in data del 15 Giugno 1548 si felicitava del buon
andamento di quel governo, e raccomandava di deferire dai con
sigli del Mendozza, la di cui prudenza e destrezza l' aveva egli
stesso esperimentata nelle trattative affidategli d' importanti nego
zi. Questa lettera fu presentata da Don Diego stesso al Senato il
27 di Luglio. In altra adunanza egli parlò saggiamente, dicendo a
quel consesso che S. M. Cesarea voleva ricompensare i Senesi della
fede in ogni tempo dimostrata all' Impero, per cui intendeva con
servare quel libero reggimento, ma che per la quiete della città, e
per non allontanarsi dalla giustizia era necessario rimettere per la
quarta parte 1' Ordine dei Nove al potere: ed il Senato mostrando
una cieca deferenza a quei consigli accettò la proposta , e dichia
rava di rimettersi in tutto alla volontà di S. M. Cesarea. Il nuovo
Governo venne stabilito con una Balìa di quaranta individui, venti
dei quali eligibili dal Senato, e venti dallo stesso Don Diego, e ne
gli al.tri ufCcj furono posti altrettanti dei Nove, quanti bastassero
a supplire alla quarta parte. Non contento il Mendozza di quanto
aveva ottenuto, volle aggiungere alla Balla quattro individui col ti
tolo di Assistenti, e questo nuovo Magistrato deliberò, sebbene lo
stato fosse oberato da immensi debiti , che al donativo annuo già
219
accordato dai Dieci a Don Pingo venissero aumentati scudi 590. Da
tutto questo ai può dedurre che la fiducia dei Senesi era spinta
oltre il dovere, poiché il Mendozza aveva colla simulazione fin al
lora usata, ottenuto quanto ai predecessori suoi era stato impossibi
le; i Sanesi dimenticarono con poca avvedutezza di avere offeso un
Carlo V, ed egli era tal nomo da non scordare il passato ; maestro
nel simulare, quand' era necessario, serbava la sua vendetta a tem
po opportuno , ed era implacabile , né ammetteva generosità ; la
persona che aveva scelto a rappresentarlo, corrispondeva precisa
mente col suo carattere tenebroso, alla profonda politica del suo si
gnore (1). La potenza di Carlo V. era grande, e di fronte a quella
la Repubblica di Siena era un nulla: ma i Senesi che da tanti se
coli godevano una indipendenza garantita da tutti i di lui prede
cessori non 1' avrebbero sicuramente rinunciata dietro una sempli
ce intimazione di chi avesse voluto assoggettarli , onde se da una
parte militava la forza, dall' altra era manifesto il dritto che anima
il coraggio del debole : ripeteremo bensì che i Senesi colle loro con
tinue discordie, coi loro ripetuti mutamenti di governo aveano dato
non pochi scandali , che servir potevano a scusare l' attentato che
si volesse commettere .contro la loro indipendenza.
Tornando al Mendozza , egli dimostrò alla Balìa essere inten
zione di £. M. che fossero richiamate in vigore le provisioni adot
tate nel 1541 dal Granvella, e furono di fatti confermate, con au
torità al Mendozza stesso di modificarle ove le credesse difettose :
quivi era nascosta la mira di torre le armi ai cittadint , siccome
era detto in quelle, che non le Dotessero altrimenti portare in pub
blico : mentre queste disposizioni , che in apparenza sembravano
conciliative, si trattavano, andava giornalmente aumentando la guar
nigione spagnola, di modo che quelli che erano alloggiati nel borgo
ebbero autorità di entrare in ci ttà : allora le caserme destinate a
riceverli non eran più sufficienti a contenere l' aumento di quei sol
dati, e fu .provveduto che fossero alloggiati nel Convento di S. Do-

(i) il Mendozza oltre ad essere abile diplomatico, fu ancora di


stinto letterato di quell' epoca, ma i suoi vizi superavano i suoi pre
gi, poiché era altero, avaro, e perfido.
280
meaico, ma si parlava di erigere delle caserme in un luogo che
non fosse nel centro della città, affinché le truppe non fossero mo
leste ai cittadini , ma in fine pensò il Mendozza che fosse giunta
l'opportunità di dimandnre la fabbrica di un castello, che dalle
truppe potesse essere facilmente e cou poco dispendio guardato, di
mostrando che questa nuova fabbrica sarebbe stata per i cittadini
una garanzia , per evitare nel tratto successivo le civili discordie,
giacché era nella mente di S. M. Cesarea di. assicurare ai Senesi
la pace tanto desiderabile, e senza la quale non può sussistere la
vera libertà. Per quanto la mozione fosse presentata con sommo
artifizio, pure bastò a gettare il sospetto fra i cittadini, che si at
tentasse alla loro indipendenza: di più pervennero atla Balta delle
lettere anonime, colle quali tutta la frode del Mendozza era mani
festata : quivi era trattato di marrano ambizioso, che tentava di farsi
padrone della città, come avrebbe voluto esserlo di tutta la Tosca
na, ove il potesse. Conosciuto il fatto dal Mendozza reclamò severa
giustizia contro gli autori di quelle lettere , e nominata una Com
missione per procedere alla scoperta per mezzo d' indizi si giunse
a conoscere che un tal Tommaso Politi le aveva fatte scrivere ad
un di lui figlio naturale, onde il Politi messo sotto processo fu per
sentenza del Capitan di Giustizia decapitato. Pure questo fatto non
lavava la macchia che noli' animo dei cittadini aveva generato il
sospetto; per cui il Senato pensò di spedire a Carlo V Alessandro
Guglielmi e Lelio Pecci, onde esortarlo a voler con. qualunque altro
mezzo provvedere alla quiete della città , eccetto quello della fab
brica del castello progettato. Di più la Balìa deliberò cho ciascuno
di coloro che la componevano dovessero emettere una lista, o nota
di otio ciltadini per distribuzione di Monti per adottarsi quella che
in Consiglio avesse riportato il maggior numero di voti favorevoli,
e gli fieni dovessero investigare i modi, coi quali liberar potevansi
dal giogo, del quale era la patria minacciata. Fu vinta coi voti in
Consiglio la lista di Adriano di Galgano Fondi, ed i nominati erano
Giovanni Palmieri e Ambrogio Nuti per il Popolo , Orlando Mare-
scotti e Girolamo Tolomei per i Gentiluomini, Agostino Bardi e Ber
nardino Buoninsegni pei Riformatori, Girolamo Bandinelli e Alfonso
Cinughi poi Nove. Erano già passati undici mesi senza che gli Am
basciatori avessero potuto ottenere una imperiale determinazione:
allora si pensò di spedire Oirolamo Tolomei che raggiunse S. M. in
Augusta, ed a questo rispose, che il castello doveva edificarsi non
per opprimere, ma per conservare la libertà, e per evitare quelle
sanguinose rivoluzioni che avevano tante volte innaffiato di san
gue cittadino le vie della città, per cui era tempo. di provvedere
che ognuno potesse vivere sicuro e tranquillo sotto la tutela dulia
legge e della giustizia, senza temere di esser sopraffatto dai parti
ti e dalle fazioni nemiche a libertà. Dopo queste severe parole che
mostravano la decisa volontà dell' Imperatore , gli Otto , a cui fu
rono fedelmente riferite , vennero nella determinazione di esporre
in una supplica diretta a S. M. il sentimento universate dei citta
dini : quivi era detto che la città di Siena erasi sempre mantenuta
fedele atl' Impero. non ostante i pericoli gravi in cui era incorsa ;
dente
che l' obbedienza
che i Senesidimostrata
pentiti del agli
passato
ordininon
dì S.
erano
M. era
peruna
ricadere
prova nelle
evi-

civili discordie , mentre il savio consiglio distruggeva lo spirito di


fazione, e che null' altro desideravano se non che di vivere fra loro
in pace e concordia sotto la imperiale protezione, ma non potevano
rassegnarsi a vedere tranquillamente la erezione di un castello, che
col tempo, e non per volontà di S. M. poteva, dominando la città
colle artiglierie, imporne alla volontà pubblica e mettere a discre
zione i cittadini di chi volesse dominarli, e ridurli a servitù A pre
sentare questa supplica, firmata da oltre mille fra i più rispettabili
cittadini , fu prescelto lo storico Orlando Malavolti che partiva da
Siena il 10 Novembre 1550 per adempire al difficile incarico, e per
venuto alla presenza dell' Imperatore nel sottoporgli la supplica con
parole dettate da patrio affetto raccomandando alla imperi. il pro
tezione la devota città di Siena , lo esortava ad ordinare che non
fosse fabbricato il casteHo ; alle sue supplichevoli parole l' Impera
tore rispose : « Per quanto io posso comprendere voi credete che
a io voglia fabbricare il castello per torvi la libertà, ed io ho dise-
« guato di farlo solamente per mantenerla, non avendo alcun dub-
« bio che quella città a persuasione di molti insolenti in luogo di
« darmi ajuto cacciasse quella guardia di Spagnoli, quando io ero
• nei maggiori travagli , ma sono stato persuaso a questo solo
« dal desiderio di levare ogni pericolo che potesse nascere per
« cagione delle vostre discordie , e del venire ogni poco all' ar-
222
« mi, ed al combattere fra voi, che un» parte chiamasse ajuto da
« qualche vicino, e dandoli 1' entrata in citta fosse cagione di far
« nelo facilmente impadronire ed in qualche modo mantenervi la
a libertà e non torvelà come voi mostrate di crederlo, essendo si-
« mile ad un infermo che sempre desidera che le cose che gli sono
« dannose più che le profittevoli, ed io che rappresento il medicc-
< in questo caso non trovo il maggior rimedio al vostro mate, poi-
< ché altro modo non si trova, dopo che tanti se ne sono pensati,
< per introdurre, e stabilire in quella città la pace, la giustizia, ed
e iu conseguenza la libertà , che farvi un castello o cittadella ed
« in questo dovrebbe convenire ogni buon cittadino amatore della
« patria sua, e quando ancora si trovasse altro modo onde si po-
a tesse sperare che potesse portare il medesimo effetto, lo che io
i non credo, avrò piacere che mi sia mostrato ».
Il Mala volti era stato presentato all' Imperatore 'dal Tolomei ora
tore primitivo della Repubblica presso S. M.; quando furono conge
dilii pensarono al mezzo di proporre un rimedio salutare, che ga
stello:
rantissema la essi
quiete
nondella
avevano
città dalla
senza Balìa
ricorrere
autorità
alla dierezione
proporlo,
deloltre
ca-

di che era difficile a trovarsi ; ma se da una parie le parole im


periali avevano un impronta di verità, d.dt' altra era evidente che.
dal castello doveva sorgere la schiavitù della patria : lo sentivano
quelli proposti al governo, lo sentivano tutti i cittadini, onde furo
no fatte pubbliche preghiere per implorare dal ciclo che volesse ri
muovere da quella determinazione l' animo dell' Imperatore, ma ci6
non ostante la fabbrica del castello fu incominciata dietro pressanti
ordini dell' Imperatore stesso. Allora gli Otto senza tener conto de
gli avvisi del Tolomei sulla inconvenienza di spedire muovi amba
sciatori fecer partire otio cittadini, scelti due per Monte, onde rin-
nuovare le più vive istanze per la revoca delle prese disposizioni,
e questi furono, per l' Ordine del Popolo Tommaso Ducei e Paolo
Gherardi: per l'Ordine dei Gentiluomini Giov. Batlista Piccolominf
e Conte Achille D' Elei: per l' Ordine dei Riformatori Giulio Vieri
o Camillo Campana: per l'Ordine dei Nove Niccolò Borghesi e An
gelo Landi. Essi presentaronsi all' Imperatore in abito di lutto, pian
sero parlando delle triste sorti della loro patria, scongiurarono, ma
I' animo di Carlo V. si mostrò irremovibile, e congedandoli pronun
823
ziò questi memorabili detti : Sic volo , sic inbeo , ttat pre rottone
voluntas.
tori pensarono
Vedutadi adunque
tornare l'in inutilita
patria adei
darloro
conto
sforzi,
dell'gliesito
Ambuscia-
infelice

della loro missione, mentre sapevano in coscienza di non aver nulla


trascurato per adempirla degnamente.
Èra sì grande l' amore che i Senesi avevano per la loro antica
libertà, che quando ebbero perduto ogni speranza. quando ebbero
esaurito ogni mezzo per ottener grazia dall' Imperatore, quando si
persuasero in fine che le parole del Mendozza erano mendaci, quan
do si pentirono di essere stati troppo creduli, perché in fine sotto
il pretesto di conciliare i partiti, e di allontanare le rivoluzioni, colla
fabbrica del castello si voleva cambiare il protettorato in domina
zione, allora dimenticarono l'Imperatore e l'impero, e si volsero
a cercare altri ajuti, altre alleanze : l' interesse politico lo esigeva.
Pensarono adunque di ricorrere alla protezione del Re di Francia.
Le prime pratiche si aprirono in Roma con Mirapois Oratore france
se, coi Cardinali Tornone, Farnese, Ghisa e Ferrara; mentre quelle
trattative si facevano , il segreto era in bocca di molti , onde il
Mendozza n' ebbe qualche sentore, per cui fece carcerare nn tal Ce
sare Vaiani. sperando di ottenere da lui più certe rivelazioni, ma
fortunatamente egli non conosceva il tenor delle lettere che avea
recate, per cui, anclìe volendo, non poteva compromettere il segreta.
Intanto la cittadella fiancheggiata da bastioni si ergeva già mi
nacciosa contro i Senesi. ({) A misura che hi fabbrica progrediva
nella sua costruzione cambiava il linguaggio del Mendozza ; se pri
ma era conciliante, in seguito divenne altero, ma dall' altra parte
le aperte trattative avanzavano, ed il Cardinal Tornone era conve
nuto in Chioggia con diversi Agenti francesi, onde calcolare I' utile
che poteano ritrarre dall' armata turca, che unita a quella francese
doveano fare l' impresa di Napoli , e quivi fu deciso di soccorrer
Siena, onde liberarla dai suoi oppressori. Alcuni Senesi aduuque, fra

(I) II Sozsini nel suo Diario pone il Castello nel poggio di S. Pro
spero fra Porta Como/fìo e Fontebranda : il disegno era del Peloro
ingegnere senese. Furono ancora demolite varie torri per servirti del
materiale, lo che vieppiù dispiacque ai cittadini.
224
i quali Enea Piccolomini, Capitan Marcelle Palmieri, Amcrigo e Pter-
maria Amerighi, Giulio Vieri, Annihale Umidi e Domenico Minacci
insieme a Mario Sforza di Santa Fiora si riunirono a Grevole nella
Stato di Farnese, ove trovarono col Cardinale lo Sforza da Trivi-
nano. ed il Colonnello Girolamo Da Vecchiano di Pisa. che era con
lettere patenti del Magistrato nominato Capitano della guardia di
Palazzo di Siena: essi attestarono che oltre all'opera loro che vo
lenterosi offri vano ai Senesi, avere il Re di Francia spediti a Ro
ma più Capitani con -ordine di prestar mano a queir impresa , e
dopo avere stabilito il modo cou cui doveva essere compitai i Se
nesi contarono 4009 scudi, che divisi in otto parti , ciascuno ebbe
la sua , onde assoldare quella maggior quantità di gente che loro
fosse possibile, e per dare un colore alle pratiche furono distribui
te loro lettere patenti del Magistrato, colle quali «lavasi facoltà di as-
soldar truppe per difendere le coste dagli attacchi dei Turchi , di
cui la Repubblica di Siena avea timore.
Tutti questi accordi , e queste pratiche furono condotte eoa
tanto abilità e silenzio , che la congiura non fu scoperta ad onta
che le trattative avessero avuto luogo in Roma, in Venezia, in Fer
rara , ed in segreto fosse passato in tante bocche. Gli ausiliari la
sera del 26 Luglio 1552 arrivarono sotto le mura di Siena presso
alla Porta Nuova (1) senza che il D' Avila, maestro di campo e ca
pitano degli Spagnoli, ne avesse avuta precedente contezza. Egli
aveva tutta la responsabilità di quanto poteva accadere, siccome in
quel tempo il Mendozza era a Roma, perciò dopo essersi assicurato
del fatto mise in arme la sua truppa , e sollecitò la Balìa a man
dar bando che i cittadini non potessero uscir dalle case loro fino
alle dodici del giorno seguente ; ed affinché non fosse suonata a
stormo la campana maggiore fece guardare l' ingresso della torre
da quattro Spagnoli ; ottenne pure dalla Balla che fossero spediti
a quelle truppe alcuni cittadini per invitarle a nome pubblico a
volersi allontanare dalla città, onde .evitar nuove sciagure, al che

(1) La Porta Nuova é la Porta ora chiamata Romana, mentre


la Porta vecchia doveva estere quella che si vede al punto ora chia
mato il Ponte.
Enea Piccoromini rispose : u Cbe egli ed i suoi compagni erano ve-
* nuti per liberar la patria dalla lirannide del Mendozza, e che
« avrebbero perduto volentieri la vita piuttosto che renunziare a
e quell' impresa, sicuri che sarebbero secondati da ogni buon cit-
a tadino senese. » Allora il IV Avila volle alcuni cittadini in ostag
gio, che fece rinchiudere nella cittadella, e fra questi un Lami uc
ci. uno Sparmocelii , uu Bulgherini ; fece espellere dalla città per
mezzo dei suoi soldati molti giovani di Fontebranda perché repu
tati i più armigeri, quali furono cacciati Cuori della porta, rimedio
inefficace, .poiché essi andarono ad ingrossare i nuovi venuti; .volle
approvisionato di viveri il castello , e spedì a Firenze a chiedere
truppe in soccorso al Duca Cosiino. Infatti giunsero presso al tra
monto di quel giorno stesso 500 fanti delle truppe fiorentino co
mandati Dallr Otto Da Montauto, che furono schierati in piazza con
gli Spagnoli che erano avanzati alle guardie delle porte della cilia
ri' assai rinforzate a Porta Nuova e Porta Tuli. A notte inoltrata gli
ausiliari si avanzarono verso la città, ed erano circa i 3000 in tutti,
sebbene divisi in diversi punti : ma furono arrestati dal fuoco di
moschetteria ben nutrito degli Spagnoli, che si partiva dal terraz
zo di Porta Nuova; per cui Si ritirarono dopo avervi appiccato l' in
cendio con una quantità di fascine per forzare li Spagnoli ad ab
bandonarlo. Infatti il terrazzo fu dat fuoco consumato ; allora com
parve una face accesa sulla torre di S. Agostino: (1) al tempo stes
so la campana del Convento suonava a stormo , indizio certo che
il movimento del popolo incominciava at di dentro della città, per
coi quelli di fuori preso nuovo ardire, forzarono l' ingresso della
porta e si avanzarono verso la Piazza del Campo : più oltre non
progredirono per attendere quelli che dovevano entrare da Porta
Tufi. l Comandanti spagnolo e fiorentino sul punto di essere attac
cati in un luogo svantaggioso dai sopravvenuti e dal popolo che
tumultuava alle grida di Francia! Francia I Vittoria! e Libertà!
presero la determinazione di ritirarsi in Camollia , per difendersi

(1) Questa svelta torre di forma gotica é stata di recente van


dalicamente demolita.
15
W6
in quella posizione fino all' arrivo di nuovi rinforzi che attendeva
no da Firenze, ondo di là partirono in ordine con quattro pezzi di
artiglieria che seco conducevano; libera che fu la Piazza Enea Picco-
lomini fu a salutar la Signoria: i quattro Spagnoli che erano a guardia
dell' ingresso della torre si arresero, e furono rimandati, ed allora il
Capitan del Popolo, che era Angelo Mairi volti , fece suonare ali' ar
me la campana maggiore, ed a quel segno, distribuite al popolo che
accorreva le poche armi che si trovarono in palazzo, ed alcune al
tre portate dal Piccolomini, i cittadini si disponevano all' attacco.
Gli Spagnoli avevano fatto un riparo presso la Chiesa di S. An-
drea con delle travi, (1) e l' avevano munito di due pezzi d' arti
glieria: così dominavano una parte di quella strada ; di più aveano
occupato le case circonvicine, e tenendo il Poggio Malavolti col Con
vento e la Chiesa di S. Domenico , ove erano depositate le armi
pubbliche e private già requisite dagli Spagnoli, presentavano una
linea suscettibile di difesa, guardata alle spatlo dai Fiorentini che
erano stati collocati negli orti Malavolti. Al nuovo giorno alcuni gio
vani i più arditi che nella notte eransi riuniti in compagnia per
ordine degli Otto della guerra, incominciarono a scaramucciare coa
tro gli Spagnoli che eransi fatti forti in Camollia , ma trovate le
armi di cui erano provveduti imperfette fu forza indieteggiare, ma
supplantati da altri che sopraggiungevano con armi migliori an
dava riscaldandosi la pugna : e per difendersi dalle artiglierie en
trarono nelle case contigue, e dalle finestre continuavano un fuoco
vivissimo contro gli Spagnoli, ed avanzandosi di casa in casa per
mezzo di fori praticati nei muri interni , giunsero fino al punto
del riparo a dar sopra ai nemici. Questa lotta durò quasi tutto
il giorno del 28 Luglio , finché giunta gente fresca da Pitiglia-
uo , da Castro , e da- altri luoghi guidata dal Capitano Zingaro ,
ne mandò parte ad assaltare il Convento di S. Domenico , e con
gli altri si diresse contro gli Spagnoli che si difendevano in Camol
lia, e dato quivi un fiero assalto obbligò il D' Avila ad abbandonare
quella fortificazione, ed a ritirarsi coll' avanzo de' suoi Spagnoli nella
(1) La; alchiamavano
cittadella travata,
tempo stesso oggi si direbbe
fu abbandonato barricata.
il posto del Poggio Ma-
227
lavelti e del Convento di S. Domenico, talché tutta la difesa fu ri
concentrata nel forte ; così il popolo riprese le sue armi che erano
in quel Convento, ove gli Spagnoli lasciarono ancora una quantità.
di munizioni , e le artiglierie , il di cui acquista fu veramente op
portuno.
Liberata la città era a mezzo compito il trionfo. Il nemico en
trato nel forte attendeva di esser soccorso dalle truppe di Firenie.
che si erano avvicinate al confine, per cai i Senesr avevano interesse
a superarlo prima dell' arrivo di quelle truppe ; ma non era pos
sibile spinger con tanta sollecitudine le operazioni, siccome tutto
mancava per un assalto. onde spedirono al Duca Cosimo Calisto Ce
rini a rappresentargli che la insolenza dei soldati spagnoli era di
venuta intollerabile, e che la disperazione aveva mosso i Sanesi a
tentar quella fazione , che perciò non volesse disturbarla quando
eran per compirla, tanto più che intendevano serbar sempre la loro
fede all' Imperatore. Il Duca rispose che per mezzo di uo suo Am
basciatore avrebbe fatto intendere la mente sua; infatti spediva a
Siena Ippolito da Correggio, il quale dimostrando al Magistrato che
il Duca amava di mantenere coi .Genesi amichevoli relazioni fn rin-
nuovato la capitolazione, che altro non era se non che la conférma
di quella che precedentemente esisteva, ed in oltre si stabiliva che
le truppe del Duca dovessero partirsi dalla fortezza con tutti gli
onori di guerra, tamburi battenti, bandiere spiegate, cavatli. equi
paggi ec. Che la Repubblica dovesse licenziare tutti i capitani e
soldati stranieri, tosto che la fortezza fosse demolita. Che la Repub
blica dovesse continuare nella fede verso il sacro romano Impero
come in passato, così essa dovesse mantenere il suo libero reggi
mento, con altri articoli di minor conto, che per brevità non ripor
tiamo. Poneva in fine in piena facoltà del D' Avila l' accettare o ri
gettare quella capitolazione, ma non pertanto la politica del Duca
Cosimo era perfida, poiché mentre impiegava le sue truppe per op
primere i Senesi, vantava voler mantenere con essi la sua speciosa
nentralità. Questo trattato fu stipulato il 3 d'Agosto del 1562.
Il Mendozza saputa a Roma l' accaduta rivoluzione, e vedendo
che non poteva far conto sulle truppe del Duca Cosimo, knpegua-
gnava Ascanio della Cornia, che trovavasi verso il confine senese,
a volare in soccorso dei Spagnoli che erano chiusi nel castello ; in
228
fatli egli entrò nel dominio tentando di prendere la citta di Chiusi,
ma con sua vergogna ne fu ribattato, e non avendo ricevuto altri
danari dal Meiuloz/a si diede coi suoi a devastar la campagna.
Di questo falto la Repubblica portò lagnanza at Pontefice per mez
zo del di lei Anjbasciatore a Roma, il quale riportava dat Pontefice
stesso assicurazioni amichevoli, siccome era suo interesse di man
tenere in quiete la Toscana.
Veduta adunque il l)' Avila la impossibilità di esser soccorso,
ed incominciando a mancar di vettovaglie si vide obbligato ad ac
cettar la capitolazione. Infatti egli volle a preferenza consegnare il
forte al Lansach, che era arrivate da Roma in Siena pochi giorni
prima , quale a nome di S. M. Cristianissima suo signore lo resti
tuiva formalmente alle Autorità della Repubblica.
Il D' Avila coi suoi Spagnoli, e con le truppe del Duca parti
rono da Siena li 5 Agosto 1352.
I Magistrati ed il popolo avevano passati dei giorni in un an
cia terribile: era stato versato del sangue cittadino durante gli osti
nati combattimenti: maggiori sacrifizi avrebbe prodotto l'assalto che
fu risparmiato, onde la gioia dei cittadini fu immensa ., essi erano
superbi del trionfo ottenuto, e non pensavano che giammai un Car
lo V. lasciò invendicato le offese. Oltre di che egli aveva stabilito
di abbattere quel resto di libertà che avanzava all' Italia, e il sa-
erifizio doveva compiersi.
La Repubblica di Siena era l' ultimo propugnacolo di quelle li
bertà, poiché traversando tante interne agitazioni, e tauti pericoli
erasi serbata line a quell' epoca quale espressione vivente di quei
Municipi! , sui quali erasi fondato il sistema politico italiano : ma
V ultim' ora suonava, e Siena esser dovea l' onorato sepolcro di tan
ti passata grandezza. Quando il Magistrato vide il pericolo da cui
era minacciato non ebbe altro compenso oltre quello di gettarsi nel
partito francese: ma l' esempio della Repubblica di Firenze abban
donata e tradita da Francesco I. era un fatlo recente che provava
doversi fare debole assegnamento sulla fede francese, pure la ne
cessita é tal legge che non dò luogo a consiglio ; é bensì vero che
il carattere dei Senesi per la volubilità, ed il facile entusiasmo mol
to si avvicinava al francese, assai più che a quella gravita spagnola,
• all' avarizia con cui quella nazione erasi resa esosa ai cittadini di
229
ogni ceto e condizione. Il castello venne per pubblico decreto de
molito dalle fondamenta. e cosi disparve per allora quel simbolo di
schiavitù. Si riscontra però sempre che l' unità dei Valeri si poté ot
tenere in Siena soltanto a fronte dei gravi pericoli che minacciaro
no la libertà. (I) I Porti pure pertinenti alla Repubblica furono ri
cuperati : solo Orbetello rimase in potere degli Spugnoli per colpa
del Commissario senese, che non seppe trarre tutto il partito che
avrebbe potuto dallo scoraggimen to di quella guarnigione. Compite
queste imprese era necessario riformare nuovamente il governo, ed
il Pontefice Giulio III per mezzo del suo Legato Cardinal Migna-
nelli cittadino senese, faceva conoscere il desiderio che fosse mante
nuta inalterabile la concordia fra .i cittadini , onde fu congrega
to il Senato, e prima d' ogni altra cosa furono nominati quattro
Ambasciatori coll' incarico di andare presso S. M. Enrico II. Re di
Francia a ringraziarlo per la cooperazione, colla quale aveva con
tribuito a liberare la Repubblica dalla servitù ; furono eletti sedici
cittadini che col Cardinal Mignanelli , col Vescovo Tolomei e Mou-
signor di Termes formulassero una nuova costituzione, ed il 19 Set
tembre 1552 proposero at Senato che alla Balla dei quaranta altra
ne fosse sostituita di sedici cittadini da eleggersi dal Magistrato, i
quali insieme alla Signoria, Gonfalonieri, e Capitan di Popolo for
manti in. tatto il numero di 33 voci aver dovessero la stessa au
torità della precedente Balìa ; questo nuovo ordinamento fu appro
vato, e lo intitolarono per gli atti : // Capitoo di Popolo e Reggici
della Repubblica di Siena.
Intanto il Termes che aveva ottenuto la civiltà senese aveva
spedito lo Sforza da Trivinano con 1500 fanti e 100 cavalli , per
tentare l' impresa di Orbetello, ma non fu possibile condurla a buon
fine, perché quella guarnigione fu soccorsa di quanto abbisognava
per la difesa dalle navi del Doria, per lo che lo stesso Termes an
dando in Maremma, ordinò che fossero fortificati Grosseto, Caparbio,

(1) II Malavolti dice o .Si dié principio a disfare quella parte di


« Castello che era verso la città , lasciando V altra parte della mu-
v« ficaio
ragliapochi
castellana,
anni prima.
insieme Dad un baluardo che la fiancheggiava, cdi-
230
Montepescali , Portercole ed altre terre per salvarte dalle scorrerie
degli Spagnoli. Infatti essi vollero tentare il ricupero di Portercole
guidati da certo Capitan l'accechin. ma colti iu una imboscata dat
Capitai! Pier' Antonio Corso che era a guardio di quet Porto, furo
no messi iu fuga e molti uccisi , e 'fra gli attri lo stesso Capitauo
spagnolo.
Enrico II. Volendo essere rappresentato in Siena , che aveva
accolta sotto la sua protezione . nominò suo Luogotenente Ippolito
d' Est Cardinal di Ferrara: la Repubblica spediva a lui le sue con
gratulazioni coi sinceri attestati del di lei gradimento per mezzo
di Giovanni Placidi. Il Cardinale arrivò in citta verso i primi gior
ni di Novembre, e fu salutato dal popolo con segni di allegrezza.
Egli recava alla Signoria le offerte le più lusighiere per parte del
Re che era chiamato a rappresentare.
Tostò che venne a cognizione dell' Imperatore Carlo V. quanto
in Siena era accaduto ne provò sdegno: ma più del fatto punge-
vali I' animo la tendenza favorevole verso la parte francese che
omai
mentonei"vendicarsi
Senesi manifesta
, ma le condizioni
si spiegava,
in ed
cuiavrebbe
ritrovavansi
voluto glinelaffari
mo-

della Germania lo distolsero da quell' idea.


Era stata combinata una lega fra i Principi protestanti a Smal-
kalda ; non solo ricusarono di riconoscere l' Interim pubblicato dallo
stesso Carlo V. per trattare una pacificazione, ma protestarono cou-
iro le decisioni del Concilio di Trento : di più Maurizio di Sassonia
erasi ribellato all' Imperatore per unirsi ai Protestanti e ad Enri
co II. di ti. mei. i: e dopo aver disperse alcune truppe imperiali erasi
con una rapida marcia spinto colla sua armata sopra Inspruch, e
senza l' ammutinamento accaduto fra le sue truppe, egli avrebbe
fatto prigioniero colà lo stesso Carlo V, che malato per la gotta ,
dovette frettolosamente partire, portato in lettiga dai suoi servi. Tuli
avvenimenti furono propizi ai Senesi perché gli diedero tempo di
ristringere i vincoli di amicizia e d'alleanza col Re di Francia, e
prepararsi ad affrontare le gravi eventualità che minacciose insor
ger poteano.
Aveva la Repubblica due Cousigli: uno detto Generale, V altro
del Popolo ; una deliberazione vinta in un Consiglio doveva quindi
essere approvata dull'ultro: non era ruro il caso, iu cui nascessero
«31
delle collisioni fra i due Consigli. lo che ritardava la spedizione de
gli affari: fu proposto adunque al Senato ad insinuazione del Car
dinal di Ferrara e di Monsignor di Termes di fondere in un solo
questi due Consigli , e che il voto di 300 Consiglieri convalidasse
qualunque deliberazione. Fu proposto in oltre che alla Signoria ,
Gonfaloniere, e Consiglieri del Capitan di Popolo, che formavano il
Magistrato detto del Concistoro, dovessero essere aggiunti venti cit
tadini da eleggersi dal Senato: che queste autorità ( fra le quali ri
partir si doveva il potere, separando il deliberativo dall' esecutivo )
dovessero risiedere per un certo determinato tempo, e quindi pro
cedere a nuova elezione. Questa proposta fu approvata dal Senato
e dal Consiglio , siccome togliendo affatto la distinzione dei Monii.
aveva il vantaggio di spegnere fra i cittadini quelle gare , quelle
divisioni, dalle quali erano sorte tante guerre civili, tante sciagure.
Il primo Capitan di Popolo eletto sotto questa nuova forma di go
verno fu un Giulio Salvi. Quel rimedio salutare ai tanti mali che
aveano oppressa la patria giungeva tardivo, ma sempre a proposi
to, per lo che era desiderabile che divenisse permanente, poiché nel
la costanza delle forme consiste la forza dei governi , mentre li
spessi cambiamenti ne debilitano, e ne rendono incerta l' azione.
Le sorti della guerra germanica tornarono a palesarsi più fa
vorevoli a Carlo V, e fu allora che egli ordinò a Don Pedro di To-
ledo Viceré di Napoli di muovere un forte esercito ai danni di Sie
na: infatti le truppe si avanzarono sotto gli ordini di Don Garzia
suo figlio, mentre il padre passava a Firenze a conferire col Duca
Cosimo per renderlo vieppiù favorevole alla causa imperiale, per la
quale egli preponderava. Don Garzia, invadendo il dominio della Re
pubblica dalla parte della Valdichiana, con poca difficoltò s' impa
dronì di Lucignmio, Torrita, Asinalunga, Scrofiano, Montefollonica.
Pienza, ed essendo stato raggiunto dagli Spagnoli sbarcati a Livor
no colle navi del Doria, e dalle truppe di Ascauio della Coruia ni
pote del Papa, minacciava di avanzarsi contro Siena, quando per
la morte avvenuta di suo padre in Firenze fu costretto lasciare
l'esercito che rimase inoperoso. I Senesi misero a profitto quell'in
tervallo per aumentare le loro opere di difesa, ed in pochi giorni
sorse un bastione sul poggio presso al Prato fuori della Porta Ca-
mollia, ove altra volta erausi accampati i soldati di Clemente, ed
233
al quale lavorarono con emulazione i cittadini sotto l" iusegua della
rispettiva Contrada, ed al tempo stesso per togliere ogni comodiiiì
di alloggiamento al nemico, qualora si avanzasse, furono rovinate
tulle le case del Horgo.
Intanto il Termes reclutava soldati nello Stato 4' Urbiuo e nelle
Marche, e ue dava il comando ad Aurelio Fregoso.
Ricominciate le operazioni di guerra Don Garzia ebbe il castel
di Monticchiello, ove il Bagliòui dopo avere esaurite le monizioni, ed
essersi .per più giorni validamente difeso , fu costretto a rendersi
coi suoi a discrezione.
L'esercito di Don Garzia a sufficienza provveduto d' artiglie
rie si componeva di truppe spagnole, tedesche, ed italiane, ed a
lui interessava l' acquisto di quel castello, per non lasciarsi alle
spalle un luogo forte, nel quale riunendosi nuove truppe, potevano
colle sortite inquietarlo alle spalle.
Se la perdita di Monticchiello spaventò quelli dei castelli circo
vicini come Montisi, Trequauda, Petrojo. Castel .Mutio, S. Giovau
•d' Asso, che si arresero al nemico, la perdita del tempo che fu im
piegato in quelle operazioni dié campo ai Fraacesi di aumentare le
fortificazioni di Moutalcino. Pure I' esempio sia iu bene , come in
male porta sempre i suoi effetti : il Capitai) Bagaglia del Monto
S. Siivi no veduto lo scoraggimento e la resa di quelle terre, invece
di pensare alla difesa delle altre che aveva a guardia, Asciano, Ba-
polano, le Serre, Armajolo, Poggio S. Cecilia; le mise a sacco, come,
e peggio di quauto avrebbe operato il nemico, per cui fu in fine ar
restato e condotto a Siena, ed ebbe colla morte il gastigo dovuto al
suo tradimento. Mentre da tali sciagure era colpita la Repubblica,
a Piombino, provenienti da Napolij sbarcarono Spagnoli ed Italiani
per unirsi a 4000 Tedeschi ed occupare tutta la Maremma ; accad
de adunque che avendo distaccati 800 di quei Tedeschi per scor
tare un convoglio di vettovaglie che da Giuncarico venivano spe
dite al campo , caddero in una imboscata preparatali da Cornelio
Boiiinogli generale della Maremma, e dopo fiera pugna quei Tede
schi sorpresi furono rotti completamente, poiché 500 rimasero mor
ti, gf! altri furono fatti prigionieri, ed il Bentivogli si valse oppor
tunamente di Joro per afTrcttare le fortificazioni di Grossi.io. Il re
sto di quell' esercito preso da tiinor Iuoico sloggiò , e dopo avera
233
errato per qualche giorno si riunì al corpo principale sotto Mou-
talciuo. Questa città prossima a Siena, facilmente poteva esser soc
corsa, ed era forte per la sua elevata posizione , aveva solide mura
ed un castello che la difendeva , .con varie fortificazioni ed alcuni
bastioni che erano stati aggiunti ; poteva per altro esser battuta
dal prossimo monte detto Osticcio. (1) Comaudava la guarnigione,
composta di circa 2000 fanti, Girolamo Orsino, ed alla sua compa
gnia erano unite le altre di Mario Sforza, del Conte Camillo Marti-
neniio, dei Moretto Calabrese, di Giustiniano da Falza, e di Faustino
da Perugia: gli abitanti aveano prese le armi e mostravano ardore
per la difesa. i nemici ne incominciarono il blocco il 27 Marzo
1553; Don Garzia si collocò coi Tedeschi e gli Spagnoli alle coste
delle Benduccie : il Conte di S. Fiora al poggio dell' Osliccio , ove
fu piantata una batteria di 6 pezzi: altra ne stabilirono i Tedeschi
alla Mortaceta, e gl' Italiani ed i Fiorentini fnrono collocati dal pog
gio dei Scopeti fino al monte Calbello. Stando l' armata nemica così
disposta tentò diversi assalti che furono valorosamente respinti;
il Don Garzia prese il partito di batter la muraglia colle artiglierie
per aprire una breccia: il fuoco fu aperto il 2 d'Aprile (giorno di
Pasqua ) e continuò fino al tramonto del sole (2) senza arrecare al
tro danno che la ferita ad un braccio dell' Orsino , cagionata da
una scheggia sbalzata dal muro. Veduta adunque l' inutilità di quel-
l' attacco Don Garzia cambio il suo piano attaccapdo il baluardo
di S. Martino, e volle abbattere la rocca per mezzo delle mine. (3)

(\) Brandano aveva predetto ai Montalcinesi che si guardassero


dal monte il più vicino. Infatti gli Spagnoli profittarono del Monte
Viticcio per piantarvi una batteria che batteva la città e che pro
dusse la rovina di più .contrade.
(2) lI Malavolti nota con somma precisione che furono tirate 515
cannonate: da ciò si può dedurre quanto in quei tempi I' arte della
moderna guerra fosse incipiente.
(3) Crediamo essere. questo il luogo per referire che I' inventore
delle mine fu Giorgio da Siena, così chiamato dal Garzoni: secondo
altri Francesco Giorgi celebre pittore e scultore senese; questa in
venzione fu poi applicata all' arte della guerra per I' espugnazione
delle piazze da Pietro Navarro.
234
Mentre all' esito di questi latori si attendeva, seguivano fiere sca
ramucce fra Implorali e Senesi: in una di queste fu ferito Ascanio
della Cornia generale dell' infanteria italiana, che si fece trasporta
re a Perugia, e fra le fazioni giornaliere che accadevano é da no
tarsi una scorreria verso Batignano, luogo che fu preso dagl' Impe
riali, e quindi ricuperato da Bentivogli coll' uccisione di tutti quei
soldati che vi erano restati a guardia. Il Papa Giulio andò in fu
rore per la ferita riportata da suo nipote, e fece proibire l'espor
tazione di qualunque genere dal territorio di Perugia ; i soldati
francesi tolsero agl' Imperiali quaranta some di vettovaglie destinate
pel campo, talché per queste cause incominciò l' esercito a provare
delle privazioni; ma erano da temersi i tradimenti poiché molti sol
dati che militavano fra le truppe imperiali avevano relazioni e pa
rentele con alcuni che erano al servizio della Repubblica in Montal-
cino. Infatti un sergente di Giovanni Vitelli aveva un fratello sotto
le insegne di Alessandro Vitelli che serviva nel campo imperiale :
lusingato il sergente dalla promessali ricompensa, essendo di guar
dia ebbe la chiave della porta, di cui mandò al fratello l' impronta
ricavata sulla cera. Inoltre s' introdusse iu Montalcino un bombar
diere a dimandar servizio mostrandosi scontento degl' Imperiali :
venne ricevuto : e dava giornaliere prove di fedeltà ammazzando
con ogni colpo che faceva dalla rocca qualche soldato nemico; con
questo contegno aveva in mira di meglio ingannare, mentre erasi
colà introdotto per inchiodare tutti i pezzi tosto che sentisse alla
porta gridare : Impero ! Impero ! ed a tale effetto aveva dei stili
il' umilio cucili nella sua veste. Fabbricata in Montepulciano la
chiù ve che dovea aprire la porta, e venuto il giorno in cui cadeva
Li guardia al sei gente colla sua squadra, esso nella notte mandati
i soldati at riposo, mise in sentinella un suo servo che era al fat
to della .congiura , e dato il segno convenuto agl' Imperiali, dispo-
nevasi ad aprire la porta : quando sopraggiunta un' insolita ronda
a quella guardia, il comandante di essa venne in sospetto del ser
gente, e prevenutone l' Orsino vi si recò egli stesso, ma già il
sergente temendo giustamente di essere scioperto dal suo servo si
faceva per mezzo di una corda calare dalle mura, quindi sorpreso
il servo confessò la congiura colle sue particolarità, per cui arre
stato il bombardiere, e sottoposti ad un giudizio furono ambedue
appiccati ai merli della rocca.
235
In Siena i cittadini non erano tranquilli. poiché alcuni animi
torbidi ed indiscreti avrebbero voluto ora liberarsi dai Francesi co
me eransi salvati dalli Spagnoli ; n' ebbero sentore il Cardinal di
Ferrara ed il Termes: temerono ancora che il Capitan di Popolo nou
fosse straniero a questa congiura, e fu preceduto a diversi arresti
nei quali fu compreso lo stesso Capitan di Popolo cui fu dato
per successore Marcelle. Tegliacci. Intanto le operazioni contro Mou-
talcino procedevano, e preparata la miua verso la rocca vi fu ap
piccato il fuoco: ma l' esplosioue produsse maggior danno agl' Im
periali ammazzandone alunni , che alle mura che non crollarono ,
siccome quei di dentro avcau praticati dei fossi per contromina che
ne disturbarono l' azione, onde il Don Ga'rzia disperando di prender
Moatalcino con la forza, tentò di averlo per la fame, e lo strinse
talmente coll' assedio che era impossibile agli assediati procurarsi
al di fuori le vettovaglie.
Un armata francese scendeva in Italia per tentare l' impresa
di Napoli tante volte progettata, per lo che il Pontefice fu mosso
ad interporsi fra le parti per arrestare l' effusione del sangue, ed i
danni di una terribil guerra. Spediva perciò il Cardinal Semioncta
a Siena per trattare una sospensione di armi fra gl' Imperiali •ed
i Francesi durante le trattative, ma non essendo stata possibile una
conciliazione, il Cardinal Sermoneta tornava a Roma , e la guerra
continuò.
Terminato il giudizio di quelli che furono arrestati per ordine
del Cardinal di Ferrara, e comprovata la loro congiura di voler li
berar la città dai Francesi, furono condannati alla morte come rei
d' atto tradimento Giulio Salvi gia Capitano di Popolo, il Canonico
Oltaviano suo fratello, il Canonico Gismomlo Vignali, e Giov. Batli
sta suo fratello detto lo Spaventato, e furono decapitati il 12 Giugno
1533. Quindi il Cardinal di Ferrara che era stato prima a Firenze
a conferire col Duca Cosimo , parti da Siena alla volta di Viterbo
accompagnato dagli eletti Enea Piccololomini •delle Papesse, (.invaii
Batlista Piccolomini, Bernardino Buoninscgni e Mario Agazzari colà
chiamati da Giulio III. per trattare un accomodamento . che era
diflìuile in quel tempo a combinarsi , mentre l' esaltazione da una
parto, la piepotenza dall'altra predominavano le idee: oltre di. che
si Irattuva non solamente della guerra di Siena, ma degl' interessi
836
di due potenti Monarchi , ciascuno dei quali mirava ad esaltar la
propria grandezza, per cui i pacifici progetti del Pontefice doveva
no nudar falliti : ma una circostanza proprizia liberò per allora il
territorio di Siena dalla presenza dei suoi nemici. L' impresa con
tro Napoli andava effettuandosi, per cui ordini imperiali prescrisse
ro .a Don GarzU di abbandonar la Toscana per andare colle sue
truppe a difendere il Reame. Già l' esercito che faceva l' assedio di
Montalcino aveva molto sofferto per le perdite fatte nei continui
combattimenti, e perché nel campo erasi manifestata una malattia
per la quale i Tedeschi particolarmente che n' erano attaccati mo
rivano in 24 ore, quando uua mattina, era il 15 Giugno, si videro
da Siena dei grandi fuochi sulla direzione di Montalcino: era quello
il segnale della partita degl' Imperiali ; questa notizia , confermata
più tardi dai messi, destò nel popolo indicibile allegrezza; l'armata
imperiale erasi diretta verso le Chiane per passare il ponte Bute-
rone e così evacuare , come avvenne, tutte le terre e castella che
aveva nel dominio di Siena occupate. Il Conte di Gajazzo, che era
prigioniere degl' Imperiali , si salvò per opera generosa di Ascanio
della Cornia: egualmente Giovanni Piccolomiui che era condotto pri
gioniero alla coda di quell' esercito gli fu dato di nascondersi e fug
gire , e tornò incolume alla . patria ; altri prigionieri ancora furo
no con diversi strattagemmi liberati, e fra questi Adriano Baglioui,
Giov. Battista Castelli bolognese, e più tardi Clemente da Trivia-
no; così ebbe fine quella campagna che aveva destato nei cittadi
ni tanti timori, mentre contribuì a maggior gloria delle armi senesi
e della popolazione di Montalcino. (1)

• (1) Da un prezioso manoscritto inedito che contiene la Storia di'


Montalcino, opera del Dati. Giulio Canali, e che persona rispettabile
che lo possiede ce lo iia favorito, si rilevano minute particolarità in
torno all' assedio , quali abbiamo trascurato di notare seguendo la
brevità che ci siamo prefissi ; diremo bensì che quei fatti ridondano
ad onore dei lUontalcinesi , quali soffrirono con eroica annegatone
tutti i disastri dell' assedio: lavorarono non escluse le donne alle for
tificazioni senza curare i pericoli, e si batterono contro i nemici va-
lorosatTìente: ed in una circostanza in cui temettero che F Orsini vo
lesse capitòlare , dichiararono di volersi piuttosto seppellire sotto le
237
Torrnnndo da Viterbo il Cardinal di Ferrara , trovò in Siena
gli animi agitati, poiché i quattro Segreti avevano ad insinuazione
del Termes contìnnti quattro cittadini reputati i più sediziosi. Que
sta misura di rigore aveva indispettito tutta la popolazione che in
cominciava ad essere scontenta della presenza dei Francesi , come
lo era stata altra volta degli Spagnoli : cosi é da notarsi che m.il
tollerava li stranieri, mentre abbandonata a se stessa/siccome irre
quieta, tornava alle fazioni, alla guerra civile: infine fu lo stesso
Cardinal di Ferrara imputato di aver dato quell' ordine prima della
di lui partenza per Viterbo. Intanto si ordinava che tutti i castelli
del dominio si mettessero in stato di difesa, e specialmente Gros-
seto, Port' Èrcole, Móntalcino, Chiusi, Sarteano, Casole, Monteriggio-
ni ed altri per star parati alle future contingenze.
Frattanto veniva il tempo che la residenza della Signoria do
veva rinnuovarsi nei modi e nelle forme stabilite coll' ultima rifor
ma; nacque disparere nel Consiglio sulla durata della nuova resi
denza, e sarebbe nato qualche tumulto senza la prudenza del Car
dinale e del Termes che colle loro esortazioni richiamarono i citta
dini alla pace ed alla quiete: cosi si vede che le private ambizioni
non tacevano di fronte ai pericoli della patria, e per maggiore scia
gura. non mancavano cittadini che per tentata ribellione, essendo
fuorusciti, come un Marcelle Griffoli e Francesco Montucci, alimen
tassero quei dissapori colle loro attive corrispondenze. Ciò conosciu
tosi furono i due perturbutori della pubblica quiete chiamati in
Siena , e muniti di salvacoudotto si costituirono in carcere , per
far giudizio sulla loro condona che pretendevauo giustificare.
L' armata francese condotta dal Principe di Salerno arrivò a
Port' Èrcole; quivi sbarcato il Principe si recava a Siena da dove
poi ripartiva seco conducendo il Termes, ed unitosi all' armata turca
andarono <ill' impresa dell' Isola di Corsica, essendo stato ogni altro
attacco contro il regno di Napoli sospeso; nell'assenza del Termes
fu investito del comando supremo delle armi senesi Goniclio Ba-

rovine della patria che cedere a fronte dei nemici della Repubblica
Senese. Quella generazione rivendicò nobilmente i torti degli avi che
cagionarono la celebre battaglia di Montaperto.
238
elioni. Questa disposizione destò tanto dispetto nel Duca di Somma.
abizioso di quel comando, che accostatosi ad Andrea Landucci e
Marc' Antonio Amerighi diressero al Re di Francia uno scritto, in
cui la condotta del Cardinale era altamente biasimata ; intercetta
la loro corrispondenza coll' arresto dt Giovan Maria Benedetti che
la recava. furono carcerati i due cittadini senesi, mentre il Cardi
nale provocava presso il Senato un inchiesta , per giustificare le
di iui azioni appresso al Re di Francia suo signore: ed é da notarsi
che i Francesi stessi Tenuti in Siena eransi divisi nei partiti che
agitavano i cittadini, ed avverte molto a proposito il Malavolti di
cendo che la malattia dei Senesi era contagiosa, siccome attacca
va tutti quelli che gli avvicinavano. Quel nuovo processo ritardò
la spedizione del precedente, (i) e mentre gli animi si perdevano
in queste piccolezze, fiera si apprestava la guerra contro Siena, a
Napoli , ed a Milano. Èra giunto l' istante della vendetta terribile
di Carlo V, ed i Senesi avevano più che in altri tempi necessità
dei soccorsi, per tentar di salvare la loro periclitante libertà.
Siamo giunti alla seconda guerra di Siena, a quel periodo che
meriterebbe, per il grande interesse che presenta. una minuta de
scrizione, ma senza dipartirci dalla consueta brevità procureremo
narrarne accuratamente le fasi principali.
Cosimo I. aveva compromessa la sua neutralità, con tratti di
nera perfidia verso i Senesi. e verso il Re di Francia, poiché. aveva
somministrato soccorsi di ogni genere ai loro nemici, e contro ogni
dritto aveva occupato Lucignàno che apparteneva al dominio se
nese; non fu straniero alle mene rivoluzionarie che da Giulio Salvi
erano state ordite, ma tosto che fu levato dagl' Imperiali l'assedio
di Montalcino, egli conobbe la falsa posizione in cui trovavasi, per
ciò si affrettò ad accordare la restituzione di Lucignano; ma frat
tanto egli noti poteva mantenersi sul trono a dispetto dell'odio dei
suoi sudditi senza essere spalleggiato da estera potenza, onde gli

(1) Marcella Grifloli e Francesco Montucci durante il loro pro


cesso evasero dalle carceri e furono calati dalle mura tra Fontebran-
da e Porta a Laterino coli' aiuto di un soldato, Cosimo di Prato, che
fu poi fatto appiccare.
239
era impossibile di conservarsi nentrale tra la Francia e l' Impero,
quando una circostanza sopraggiunse a risvegliare tutto il di lui
sdegno contro i Senesi, ed a toglierlo da qualunque incertezza. Per
diversi intrighi 'della Corte di Francia, nei quali ebbe parte la stes
sa Regina Caterina de' Medici cugina germana di Cosino. venne in
disgrazia il Cardinal di Ferrara : i di lui nemici rappresentarono
non essere egli uomo di guerra e non adatto alle circostanze, per
cui il Re Cristianissimo destinò d' inviare a Siena Pietro Strozzi
che fu poi Maresciallo di Francia. Egli apparteneva a quella fami
glia di Firenze bandita dalla patria per essere nemica ai Medici. II
di lui genitore il celebre Filippo Strozzi erasi tagliata la gola nella
carcere quando seppe che venduto dal Vitelli, di cui era prigionie
ro, al Duca Cosimo dovea essere ucciso; prima di morire aveva
evocata la vendetta contro i suoi nemici , scrivendo nel muro

Exoriare atiquis nostria ex ossibus ultor


Virg. En. lib. IV.

Molti rispettabili e saggi cittadini adunque aveano preveduto essere


pericoloso per la Repubblica l' intervento dello Strozzi, poiché avreb
be indotto Cosimo a decidersi per la parte Imperiale. e dichiararsi
apertamente nemico della Repubblica appoggiandosi al capitolo della
lega, nel quale era detto « che la città di Siena non dovesse ricet
tare né favorire sudditi ribelli e nemici del Duca stesso » e rammen
tavano che la fiera inimicizia fra Firen/e e Siena era nata appunto
anticamente per aver voluto giovare ai fuoruscili Fiorentini, e spe
cialmente a Farinata degli Uberti. Questa savia previsione si av
verò col fatto.
Pietro Strozzi era valente cavaliere, era bello di forme, grande e
robusto di persona, aveva ancora la reputazione di abile capitano,
e col fatto la giustificò. Egli giunse in Siena ai primi di Genna-
jo 1553 munito di patenti amplissime di S. M. Cristianissima, e
gli fu dato alloggio nel palazzo di Ambrogio Spannocchi. L' esule
fiorentino sitibondò di vendetta contro il Duca Cosimo si apparec
chiava al cimento, nel quale dovea con nuove glorie illustrare mag
giormente se stesso, e la sua famiglia, sebbene lo sorti della guerra
sempre incerte, in fine a lui non arridessero; la fortuna che avea
240
seguito i suoi stendardi, come meglio vedremo, nel momento deci
sivo li abbandonò: ma le sventure come i felici successi sono co
muni ai piU gran capitani , ed una battaglia perduta , se talvolta
decide delle sorti delle Nazioni, non per questo smentisce la gran
dezza d' animo di colui che la comandò.
CAPITOLO VENTESIMO ED ULTIMO

SOMMARIO

Stato delle fortificazioni di Siena — Disposizioni dello Strozzi —


Si reca con Enea Piccolomini a fare f ispezione dei luoghi forti del
dominio — II Duca Cosimo unisce agl' Imperiali le sue truppe — Ne
assume il comando supremo il Duca di Marignano — Si concentra
no verso Poggibonsi — Con una rapida marcia tenta il Marignano
una sorpresa notturna contro Siena — li impresa fallisce per I' ener
gia del popolo che la respinge — Lo Strozzi ritorna sollecito in cit
tà —'II Marignano si da a devastar campagne e ad espugnar coltelli
— Stringe la città d' assedio — Varie fasi dell' assedio Messo — Fa
zione di Chiusi gloriosa per le armi franco-senesi — // Cardinal di
Ferrara parte da Siena — Lo Strozzi colle truppe esce da Siena ed
elude la vigilanza del Marignano — Si spinge verso la Lunigiana —
Si unisce ai rinforzi spediti dal Re di Francia, e torna incolume in
Siena — Continua I' assedio — Le truppe assedianti esercitano inau
dite barbarie contro i villici .— Lo Strozzi medita un diversivo —
Esce colI' armata da Siena — Si spinge in Valdichiana con animo
di portar la guerra verso Firenze — II General Monluc é investito
del comando delle truppe che rimangono a guardia della città — //
Marignano colla maggior parte delle sue truppe seguita lo Strozzi
— Lo raggiunge — Battaglia di Marciano fatale allo Strassi — Non
ostante questa sciagura i Senesi deliberano volersi difendere fino agli
estremi — II Monluc* cade gravemente matato — Le donne senesi la
vorano alle fortificazioni della città — Lo Strozzi da Montalcino vie
ne in Siena — Cacciata delle bocche inutili — Stato infelice della
citici — Ostinazione dei cittadini — Lo Strozzi torna a Montalcino
— Gì' Imperiali tentano un attacco notturno — Sono respinti — La
fame prevale al valore — Si aprono trattative per la resa — Le
condizioni sono da prima respinte perché ignominiose — Morte di
Enea Piccolomini in Montalcino — Morte di Giulio HI. — Sospen
sione delle ostilità — Capitolazione e resa della città — Desolante
partenza di molte famiglie senesi che seguono il Monluc e le truppe
francesi — Vanno con Mario Bandirai a stabilire la Repubblica di
16
J42
Siena in Mo/Ualcino — // Marignano con parte delle truppe impe
riali va alla espugnazione di Porl' Èrcole — Marcella II. é eletto
Papa — // Monluc va a visitarlo a Roma — Breve regno di questo
Pontefice — A lui sucre/le Paolo IV. — Carlo V. nega di ratificare
la capitolazione di Piena — Le promesse sono violate, la libertà estin
ta — Filippo lI. succede nel trono a Carlo V. — Cede la città di
Siena e suo dominio at Duca Cosimo — Caduta dell' effimera Repub
blica senese in Montalcino.

si vede da lungi poiché essa é edificata sopra emi-


nente collina : il di lei fabbricato é ineguale , e scosceso iu molti
punti . le sue strade anguste e tortuose le diresti fatte per le
guerre civili, poiché le frequenti volute, gli angoli, li spessi vicoli
facilitano internamente le difese e le offese ; essa ha una cinta di
mura di solida costruzione. nella circonferenza di miglia sci circa
fiancheggiate da spesse torri; la principale di esse era allora la Ca
stellacela prrsso porta Camollia ; un baluardo era presso atla porta
1.aterina, ove le mura formano un angolo ; un altro baluardo pres
so la porta S. Viene. Un bastione era stato eretto dai cittadini al
luogo detto il Prato, ove altra volta erausi accampate le truppe di
Clemente VII, ed era questa un' opera avanzata. Oltre di che di
verse porte orano munite di merlati antiporti, che ancora si con
servano, e chi' ue difendevano l'ingresso: durante l' assedio furono
Iuji stabilite alcuno batterie in diversi punti per rispondere al fuo
co dei nemici, ma l' opera di difesa la più importante era quella
parte di castello che guai.da la Pescaja, che edificato dalli Spagnoli
non era stato demolito all' epoca della loro cacciata ; non ostante
lutto ciò si può dire che Siena ( parlando sempre in relazione dei
tempi e detla condizione dell' arte militare ) fosse assai più forte
per le accidentalità che presenta il terreno io molti punti, che per
le sue opere di difesa.
Lo Strozzi assumendo il comando della guarnigione si dié cura
di visitare tutte le fortificazioni, ma i primi provvedimenti da lui
adottati, lungi dall' appagare il desiderio dei cittadini diedero luo
go a sospetti: egli era fiorentino, tanto bastava allora a generar dif-
fideoza nei Senesi ; infatti egli affacciando ragioni di economia iu
243
cominciò a licenziare dei soldati, mentre era necessario assoldarne
dei nuovi ; vero é che il Cardinat di Ferrara erasi fatto abbagliare
dalle lusinghe e dalle carezze del Duca Cosimo, e questa forse fu
la causa della trascuranza di quegli ordini che servono a garanti
re la sicurezza di una città minacciata. Fu per duo trascurata la
guardia del bastione al Prato: pure lo Strozzi lasciando al coman
do delle truppe Cornelio Buglioni, si recò in compagnia di Enea
Picrolomini Commissario generale della Repubblica a fare la ispe
zione di tutti i luoghi forti del dominio. Intanto la concentraziooe
di numerose truppe aveva luogo ai confmi presso Poggibonsi , ed
il Duca Cosimo sdegnato per la presenza dello Strozzi in Siena de
liberava nell' animo suo intorno ai mezzi per opprimere la Repub
blica di Siena, perciò s' intese con Carlo V. L' alleanza fu convenu
ta, e Cosimo s' incaricò di supplire a tutte le spese di quella guerra,
perciò univa le sue truppe a quelle imperiali, e ne affidavano il
supremo comando al Marchese di Mariguano, prima conosciuto col
nome di Gian Giacomo Medici , dipoi sotto quello di Castellano di
Musso. Era questi uno dei generali i più esperimentati di quell' epo
ca: si diceva parente ai Medici di Firenze, soldato ardito. intrepido
e d' animo crudele; tale era l'uomo a cui un Carlo V. ed il Duca
Cosimo affidavano la esecuzione delle loro vendette.
Il Marignauo adunque appena ebbe assunto il comando rid
l' esercito imperiale intese profittare dell' asseiHta dalla città dello
Strozzi, della spensieratezza in cui si viveva in Siena, e spingendo in
avanti le sue truppe si lusingava con una sopresa notturna impa
dronirsi della clttii. e con pochi sacrifizi finire una guerra appena.
incominciata. Infatti avendo tenuto occulto il suo progetto, una sera
ad onta di una dirotta pioggia che cadeva fece inaspettatamente
partire da Poggibonsi la sua truppa, quale verso le ore 7 si trovò a
Porta Camollia. I forti erano senza guardia e furono immediatamente
occupati dai nemici ; quindi si stabilirono a S. Croce, al Sepolcro,
all'Osteria del Sole. (1) Era il 26 di Gennajo 1553. Don Ippoiito

( I ) Qi4esli luoghi fuori della porta Camollia furono demoliti du


rante I' assedio ; S. Croce era un oratorio; il Sepolcro era un o*p»'-
aio per i Pellegrini ch* passavano per andare- a Terra Sunta.
Mi
d' Est vivendo in sicurtà si trovava al ballo, quando fu prevenuto
del sovrastante pericolo, al quale non voleva neppur credere: ma
intanto le Autorità della Repubblica che non s' ingannavano fecero
dare il segno dell' allarme colla campana maggiore a cui risposero
quelle delle chiese della città. Il popolo era occupato nelle baje car
nevalesche, ciò non ostante non mancò a sé stesso, poiché corse alle
armi, ed animato da Cornelio Coglioni, e dai più arditi cittadini si
recò alla difesa delle mura; ma frattanto i nemici fonavano l'in
gresso di Porta Camollia, e senza una valida opposizione si poteva
temere che rinforzati con.tinuamente potessero superare quel punto,
da cui dipendeva la salute della città, perciò ai mezzi tentati dai
nemici, i cittadini e le truppe opposero un eroica resistenza; lungo
ed ostinato fu il combattimento, ove molti perdettero la vita, ma
in One i nemici vedendo l' inutilità dei loro sforzi desisterono dal-
l' attacco, e così l' energia ed il coraggio dei cittadini salvarono per
allora le sorti della Repubblica. Dopo il fatto il Cardinal di Ferrara
si rassicurò, mentre erasi talmente lasciato dominar dalla paura,
che le esortazioni dei più rispettabili cittadini appena vatsero a trat
tenerlo in città, giacché egli erasi risoluto a partire. I Senesi peral
tro superato il pericolo pensarono at modo di prevenire i successi
vi ; si organizzarono iu milizie attive , e la gioventù del rione di
Fontebranda fu divisa io tre squadre, e ciascuna venne affidata al
comando di un caporale. Furono stabiliti dei corpi di guardia e rin
forzati i punti che più interessavano per la difesa: furono in ol
tre creati tre colonnelli nno per Terzo: Scipione Chigi per quello di
Città , Andrea Trecerchi per quello di S. Martino, e Girolamo Span-
uocchi per Camollia, e questi nominarono dei capitani per formare
le compagnie. Fu ancora creato un Consiglio di otto cittadini per
distinzione di Monti, detto della Guerra, con autorità di durare iu
carica per due mesi.
Si trovavano allora ul campo nemico 6000 fanti italiani, 500
Spagnoli e 200 cavalli: questo numero aumentò progressivamente
fino
glieria.
a 24,000
Al nuovo
fantigiorno
e 1000
adunque
cavalli venne
provveduti
in cittàdi unsufficiente
Araldo latore
arti-

di una lettera del Duca Cosimo diretta al Concistoro, e colla quale


offriva pace ai Senesi a condizione che volessero liberarsi dalla op
pressione dei Francesi a lui nemici , ed a questa non fu risposto
2ir,
subito per l'assenza dello Strozzi, ma più tardi i Senesi fecero inten
dere al Duca Cosimo la loro sorpresa nel trovarsi attaccati a men-
« tre vivevano sicuri all' ombra di un trattato di amicizia, che egli
« il primo infrangeva ; che in quanto ai Francesi egli s' inganua-
< va, mentre essi erano in Siena per difendere e non per oppri-
« mere i cittadini, e che confidenti in Dio, nella protezione del Re
« di Francia, nella giustizia della causa, e nelle armi loro, spera-
« vano di render vane le minacce dei nemici , le di cui pretese
e essendo inragionevoli, per questo speravano che il Serenissimo
« Duca si appiglierebbe a miglior consiglio. »
Sotto la impressione di un attacco inatteso e non provocato la
risposta • dei Senesi non poteva essere diversamente concepita. ll
Duca Cosimo aveva prima sguainata la spada, aveva aggredita
l' ambita preda , ed in mancanza della sperata vittoria offriva pa
ce. Una tale politica ha della perfidia ; bensì é da notarsi che par
lando della oppressione francese trascurò di nominare lo Strozzi:
forse un sentimento d' orgoglio a lui impose una tal riserva, e forse
aveva nella sua mente preveduta la risposta dei Senesi. Essi avreb
bero detto : a Se lo Strozzi era un profugo fiorentino, ora appar-
« tenere ad altra nazione, e riconoscere in lui non un suddito del
« Duca, ma un generale di Francia » per cui i Senesi ricevendolo
non infrangevano i Capitoli della lega.
Nella notte del 99 sentito il corso pericolo in tutta fretta tor
nava in Siena lo Strozzi : egli chiamò subito truppe da tutte le
parti del dominio in soccorso della città, ed intanto furono scoperti
due fiorentini, che introdottisi dal campo nemico in città ne esplo
ravano gli andamenti interni onde referirli : furono arrestati, e com
provata la loro condizione di segreti emissari furono appiccati , ed
i loro cadaveri esposti alle finestre del pubblico palazzo. Al campo
nemico giungevano continuamente dei rinforzi, per lo che il Mari-
gnano vedendo la impossibiiità di prendere d' assalto la città ben
guardata dalle truppe e dai cittadini, cambiò il suo piano, e si die
de a devastar le campagne, e ad «spugnar castelli col fine di vin
cere l'ostinazione dei Senesi colla fame. Il primo ad esperimentar
la ferocia del suo carattere fu il castel dell' Ajuola, il quale abbenché
si rendesse a patti ne fece impiccare i difensori ; quelli di Scope
to, delle Tolfe, della Chiocciola provarono la stessa infelice sorte,
246
talché il feroce Marignano incominciava la guerra con un sistema
di terrore ; quindi ebbe i Castelli di Leccete, Monistero, Vitignano,
Ancajano e Mannoraja, ed ovunque ordinò le stesse esecuzioni. Ai
suoi soldati era lecito qualunque eccesso, cos'i non limitandosi alle
prede del bestiame tuti* devastavano ed incendiavano. Di fronte
a nemici cosi terrihili trista diveniva la condizione dei Senesi, tanto
più che incerti erano i vantaggi che sperar potevano dai soccorsi
stranieri, poiché tanto il Re di Francia quanto lo Strozzi erano ani
mali da interessi proprj, da fini particolari : il primo era il conti
nuatore dei progetti del padre controlla potenza di Carlo V: il se
condo voleva vendicare sulla famiglia Medicea la morte del padre,
tornare in Firenze , e prevalere sopra i di lui nemici. Infatti tro
viamo che il Re Cristianissimo scriveva allo Strozzi : t Averlo a
Siena spedito per i fatti suoi » e nella lettera del 7 Marco < 554 che
fu intercetta, Pietro rispondeva al gran Costabile di Francia: a Sua
Mania ci scrive che non ci tiene qua per li fatti nostri, ma per li
propri, et reliqua. » Queste poche parole bastano a decifrare la si
tuazione delle cose, intanto che avvenimenti della più alta importanza
si disponevano, e dall' incominciato assedio atti destini dipendeva
no, che sebbene appellassero principalmente alla Repubblica di Sie
na, pure potevano espandere la loro influenza sopra più gravi in
teressi. 1 Senesi adunque intesero [.rofittare di questa situazione,
« noi vi troviamo sufficiente argomento da giustificare il loro
procedere. D' altronde oaa suprema necessità li aveva comandato
di abbandonare la parte imperiale per rifugiarsi sotto la protezio
ne del Re di Francia, ed il mantenimento della loro indipendenza
era il motore che li spingeva alla difesa ; le mura della città era
no la loro tribuna, dalla quale intendevano sostenere a prezzo del
sangue loro un dritto ereditato dai maggiori e sancito dai secoli,
e che Ja forza e la conquista soltanto potevano contrastarli. I ne
mici lavoravano alacremento a costruire bastioni, trincere, e pun
tare artiglierie , per k' che furono ben presto in caso di aprire il
fuoco contro la città, e specialmente contro il muro di S. Prospero
dalla parte di Pescaja. Fino al 30 Marzo erano stati tirati dai ne
mici 260 colpi di cannone, lo che era in quei tempi un fuoco tan
to nulrito, quanto ai giorni nostri sembrerebbe fiacco. Le artiglie
rie della citta rispondevano al fuoco nemico , e con spesse sortite
2*7
i Senesi procuravano di frastornare le opere dei nemici, e spesso
poterono ritorre loro le prede di bestiame che andavano facendo,
ed era questo un gran sussidio che per le future contingenze del-
l' assedio procuravano atla desolata ctub.
Lo Strozzi che mostrava un attività indefessa aveva mandato
in Valdichiana Paolo Orsini con ordine di attaccare colà i nemici
ovunque li avesse trovati : ma o fosse tradimento o viltà , contro
gli ordini ricevuti abbandonò Torrita e si ritirò ; allora Pier Maria
Amerighi Commissario della Montagna ebbe l' ordine di riunire quan
te truppe avrebbe potuto, e di portarsi verso Chiusi, ove avrebbe
incontrato i nemici. Infatti Ascanio della Cornia che trovavasi in
quei luoghi tentava l' animo del Castellano per comprarlo e valersi
di un tradimento per venire io potere di quella rocca senza altri
sacrifizi oltre lo sborso di una somma. La custodia di quel luogo
forte era affidata a Santaccio da Pistoja: egli mantenendosi fedele
alla Repubblica aveva prevenuto di queste pratiche lo Strozzi, dal
quale ebbe ordine di continuarle maliziosamente mostrandosi pro
penso al tradimento, in conseguenza di che Sautaccio fece credere
al Della Cornia essere pronto a consegnarli la rocca, e stabilirono
il giorno del Venerdì santo; ma non ostante queste convenzioni il
Delta Cornia aveva concepito qualche sospetto di falsità , per cui
si mosse con 3000 fanti e 150 cavalli, forza da lui creduta suffi
ciente per .sostenersi in qualunque evento. Intanto i Francesi ave
vano disposte due imboscate fra Chiusi e Chianciano e specialmente
in luogo detto Monte Venere: di più, nei fossi che circondovano la
rocca avevano appianati i loro archibusieri coll' ordine di far fuoco
contro i nemici quando si presentassero ; ed ecco che 400 soldati
imperiali condoni dal fratello di Santaccio comparvero per entrare,
secondo il convenuto, nel forte ; intantoché Ascanio colta sua gente
si avanzava per sostenerli in qualunque evento . egli aveva gin
oltrepassata la prima imboscata quando inaspettatamente si trovò
attaccato di fronte ed alle spalle ai gridi di Francia ! Franata '
Carne ! Carne ! al tempo stesso gii archibusieri usciti dai fossi da
vano addosso ai 400 imperiali. Qnest' atiacco così combinato cblio
il suo pieno c.ffulto : gl' imperiali furono rotti, bensì orribile fu il
macello, siccome ostinata la resistenza ; vi moriva Ridolfo Baglioni
prode capitauo al servizio imperiale, e lo stesso Ascanio della Cor
24*
nia fu fatto prigioniero : la sorte stessa parteciparouo quei pocoì
che poterono scampare la vita; (i insegue di fanteria e 2 di ca-
vftHeria furono i irofei di questa vittoria, che costò cara ancora ai
Francesi giacche l' incendio di due barili di polvere cagionò la mor
te a molti di loro. Latore di questa fausta unti/in fu il Capitan Si-
viglia che giunto a Siena, quando fu alla Croce del Travaglio op
presso dalla stanchezza del rapido cammino il cavallo che montava
gli cadde e morì. Dato l' annunzio della vittoria, il popolo prorup
pe in segni di gioja , ma tutto ciò non bastava a salvar Siena.
Giungevano più tardi i capitani fatti prigionieri in quetla gloriosa
fazione ; il Della Coruia che era nipote del Papa , ed Èrcole della
Penna suo cognato furono alloggiati in alcune stanze del palazzo
dei Salimbeni ( ora Dogana ) ed il capitin Bragaglia del Moute San
Savino disertore dell'esercito francese, e noto per tanti assassina
commessi fu appiccato alle finestre del palazzo pubblico : gli altri
prigionieri, che erauo circa a 350 furono messi in custodia nei sot
terranei di S. Francesco : le insegne e gli stendardi totii ai nemici
furono dallo Strozzi donati alla .Repubblica.
Continuava I" assedio della città e seguivano giornaliere fazio
ni eoo varie sorti: i ragazzi di Siena erano più che altri divenuti
audaci: sprezzavano i pericoli, si avventuravano ad uscir di città
per andare n dileggiare i nemici, ed in mancanza di armi li attac
cavano a furia di sassi: ma accadde un giorno che uno di essi fu
preso e rimandato ai suoi col naso tagliato; quest'esempio valse
a frenare gli altri. Cessale le esultanze all' entusiamo subentrava
nei cittadini l' abbattimento all' aspetto di tante sciagure. Rrandano
eoe era in Siena declamava nelle piazze le sue fatidiche contume
lie esclamando: << O Siena io vedo i tuoi guai, ma non posso ri-
« mediarvi. Dio é troppo adirato loco per la tua superbia e vana-
« gloria: Siena li annunzio la tu;i caduta.» E siccome era tenuto
dal popolo per profeta , cosi erano creduti simili presagi avversi
alle sorti della patria.
Gl' imperiali frattanto attaccarono il forte di Belcaro prossimo
alla città : era difeso da uu tal Duca Beaufort con soli otto com
pagni : essi ricusarono di arrendersi. per cui vi furono voltate le
artiglierie, ed una palla di cannone tolse la testa al Duca: allora
i soldati si arresero alii Spagnoli salve le persone. Questo castello
249
piacque
biliva il soo
tanto
quartier
al Marignano
generaleper
; quindi
la suagl'amena
Imperiali
posizione
occuparono
che vi Pog
»ta-

gio al Vento, Ravaociano, la Certosa, l' Osservanza, i Vignaui e Ma


lizia, talché la città si trovò circondata dai nemici che si stabilirono
nelle più acconce posizioni, e da per tutto costruirono gabbionate,
trincere e batterie. I cittadini frattanto non stavano inoperosi, poi
ché appena le artiglierie oemiche riescivano a smantellare quatche
opera di difesa essa risorgeva, e tatti gareggiavano nello sfidare i
pericoli, e nella operosità del lavoro. Giornalmente accadevano scon
tri nei pressi della città, giacché con frequenti sortite i Senesi pro
curavano disturbare i nemici , ed il 24 Febbrajo accadde presso
Helcaro che una compagnia senese composta di giovani di Salicot-
to, e comandata dal capitano Alessandro Ugolini diede sopra ad
una compagnia di Spagnoli che scortava i muli carichi di oggetti
spettanti at Mari tiinino : ad onta della resistenza i nemici furono
vinti, ed il loro stesso capitano che era Toto di Mariotto fu ucciso,
ed i muli col bottino rimasero in potere coi Senesi. In questa fa
zione si distinse principatmente un tal Bernino di Frontebranda ,
che per diversi colpi di mano contro i nemici si formò la reputa
zione di uomo ardito ed intrepido.
Tornando al prigioniere Ascanio della. Cornia convien dire, che
tentato avea di evadere, giucché per maggior sua comodità eragli
stato assegnato un nuovo alloggio nel palazzo Spannocchi; veduto
adunque che contar non potevasi sulla data fede, fu trasferito uni
tamente al Della Penna nel forte di Port' Èrcole, e colà furono at
tentamente guardati.
Continuavano le offese e le difese con reciproca ostinazione,
quando il Marignano informato che al Bagno a Macereto eranvisi
riuniti numerosi i fuggiaschi villici con quella maggior quantità di
bestiame vaccino che avean potuto salvare, il 13 Maggio vi man
dò due compagnie lusingato dalla speranza di poterei facilmente
impadroniro di quella preda: ma lo Strozzi informato di quel mo
vimento faceva partire il capitano Bartolommeo da Pesaro con la
sua Bcllarmati
lio compagnia,conche 500
strada
fantifacendo
delle battaglie
fu raggiunto
, e dadalGiovanni
capitanoBenti-
Atti»

vogli con la sua compagnia di cavalli, ed incontratisi con li Spa


gnoli gli circondarono: allora i nemici rifugiaronsi in un casolare
250
coll' idea di potervisi difendere, quando il fuoco si manifestò in que-
si' asilo, e fu si rapido per il vento che imperversava, che li Spa
gnoli per quanto si adoprassero non poterono estinguerlo , onde
quelli che si diedero atla fuga furono uccisi, gli altri morirono fra
le fiamme. Intanto dalla ostinazione si passava ad esercitare atti
di ferocia: il Harignano vedendosi contrariato vie più incrudeliva,
per lo che li Spagnoli fatti timorosi anche per i disastri cui erano sta
ti soggetti dichiararono al loro capo, che avrebbero abbaudonato il
campo, qualora non dovessero rispettarsi gli usi della buona guer
ra. Non ostante i successi ottenuti dai Senesi lo Strozzi si persua
deva della pochezza dei mezzi di cui poteva disporre per tentare
più rilevanti imprese, onde non si stancava a chiedere alla Fran
cia dei necessari rinforzi, ed al tempo stesso nominava altri sei ca
pitani, che furono Girolamo Carli Piccolomini, Auuibale Umidi, Giu
lio Gallerani , Marcelle Palmieri , Nicoodemo Forteguerri e Littorio
Umidi gentiluomini senesi, ai quali diede i danari occorrenti per as-
soldar compagnie. Gl' Imperiali dal canto loro aveauo occupato Ar-
majolo ove crudelmente uccisero uomini, donne, vecchi e fanciulli,
e quanti vi si trovarono; poi ebbero Rapolano di cui abbatterono le
mura , e così le devastazioni nemiche si estendevano sopra larga
sfera. In Siena, ove gli animi dei cittadini erano contrastati fra la
speranza ed il timore in mezzo a continui allarmi, tenevano gli oc
chi rivolti allo Strozzi, dal quale speravano la loro salvezza; il Car
dinal di Ferrara timoroso e negletto s' inquietava della parte umi
liante a cui era ridotto, per lo che si decise alla partenza ; il sal
vacondotto che dimandò al. Duca Cosimo gli fu ricusato, e per tor
nare a Ferrara fu obbligato a far capo a Pesaro. Per scortarlo Uno
a Buonconvento lo Strozzi fu costretto ad uscir di città con tutta
la cavalleria, e gran parte dell' infanteria, e la imponenza di que
ste forze trattenne forse i nemici dal tentare un colpo di mano.
Si sapeva già che gli apprestati rinforzi spediti dal Re di Fran
cia, partendo dalla Mirandola si erano direni alla volta della To
scana, ed il Marignano poteva fare dai suoi occupare alcuni punti
interessanti nella Lunigiana ed impedirne l' avanzamento, onde lo
Strozzi volle prevenirlo : ma l' impresa era difficile poiché il suo
avversario era vigilante, ed egli pure attendeva un rinforzo/ii 8000
Spagnoli che doveva eoudurli Doa Giovanni di l.um ; ia questa
dubbia situazione lo Strozzi non mancò di antiveggenza , e senza
palesare ad alcuno il suo progetto fece preparare del biscotto, fece
caricare cento bestie da soma con polvere, corde, scale, ed uu pon
te di legname affidandone la condotta a 400 contadini , e la sera
del 23 di Giugno col favor della notte usci lui stesso da porta Fon-
tefaranda con questo treno, e con dei compagni bene in ordine, si
diresse verso il Ponte allo Spino: passò presso ("asciano e per Casole,
di là si spinse con una rapida marcia a Pontadera, ove arrivava
inaspettato ed improvviso. Quindi passò l' Arno, occupò Cascina, e
quindi volle trar vendetta di un tradimento di quella popolazione,
verso la quale egli era stato inoffensivo : era di colà partito quando
fu informato che quelli del paese avevano uccise alcune celate, e
che fatti prigionieri i capitani Teofilo Galcagno e Gabbi.ielle Taglia
ferro li avevano mandati a Pisa : sdegnato per questo fatto ordinò
te
ad laalcune
terra compagnie
passando acheIH tornassero
di spada indietro,
lutti i cittadini
occupassero
ad eccezione
ostilmeu-

delle donne e dei fanciulli. Infatti quei miseri subirono questo bar
baro, sebben meritato. rigore. e Dell' eccidio gl' innocenti forse pa
garono
se in avanti:
la penafudovata
ben ricevuto
ai rei. dui
Dato
Lucchesi
questo che
terribile
somministrarono
esempio si spia-
alla

sua truppa le vettovaglie, per lo che ad essi promise di farli resti


tuire dopo la guerra il castel di Montecarlo, che erali stato tolto
dai Fiorentini, e dopo essersi riunito coi rinforzi che incontrò, feli
cemente retrocedendo per la via che avea percorso nell' avanzarsi
tornò a Casole, e cresciuto bensì notabilmente il suo esercito inco
minciò a mancar di viveri, per cui quei soldati che erano svizzeri,
guasconi ed italiani incominciarono a sbandarsi dirigendosi per al
tre vie, chi verso Siena, chi per errore verso Roma: pure egli tra
versò la Maremma senz' altri accidenti , e l' armata si ridusse in
colume in Siena il 12 di Luglio.
Il Marignauo fin da quando fu informato della partenza dello
Strozzi da Siena mise in armi il suo campo e lo seguitò per più
giorni: ma o fosse timore o calcolo non volle attaccare il suo ne
mico , conforme avrebbe desiderato il Duca Cosimo , anzi si ritirò
da Pescia, e fu sul punto di abbandonare anche Pistoj.i, per lo che
teme vosi a Firenze, ma quando colà si seppe che lo Strozzi era
tornato coi suoi in Siena, il Duca Cosimo si rassicurò. Il Marignano
«52
frattanto ricomparve co' suoi 14000 uomini e 700 cavalli nelle vi
cinanze di Siena; si (ermò al Bozzone, fece dare il guasto a tutto il
panie, cavalcò la strada che conósceva ad Asciano, e quindi passò
nella Strada Romana, e di là girò per andare a Fontebecci su quel
la Fiorentina.
L' operazione strategica dallo Strozzi era stata compita con
somma abilità e destrezza, bensì le compagnie dei Senesi avevano
inolio sofferto per la celerità dei movimenti, ad eccezione peraltro
di quella del Forteguerri : é però da lamentarsi che noll' assenza del
Marignano i Senesi non avessero intrapreso qualche azione rilevan
te contro quella poca truppa che era rimasta a guardia dal campo,
che facile sarebbe stata una sorpresa , dal che derivar ne poteva
un gran vantaggio rendendo libera una strada , onde trasportare
dalla Maremma in città dei grani, ma da essi nulla fu tentato;
oonvien credere che mancasse o l' ardire o il consiglio in chi co
mandava. Lo Strozzi dopo «ver dato atcuni ordini a Roberto suo
fratello, che aveva rinvestito della qualità di Luogotenente durante
la sua assenza ritornò a Buonconvento ove seguiva la conccntra-
sione di quelle compagnie che eransi sbandate ; esse furono dirette,
appena riunite, verso Siena.. Se da una parte la fortuna aveva ar
riso atlo Strozzi, dal!' altra egli aveva di che dolersi, poiché altri
rinforzi che dovevano sbarcare' a Viareggio non erano comparsi,
poiché le navi che li conducevano furono ritardate più di quaran
ta giorni impedite dalla flotta del Doria; di più il Priore Strozzi
fratello di Pietro che doveva protteggerue la navigazione con due
galere che seco aveva, ebo« un terribile scontro colle navi nemiche
e miseramente vi periva: la perdita del fratello arrecò dolore a Pie
tro ed a tutti i suoi amici. Mentre queste triste vicende accadevano
sbarcava a Scarlino con dieci compagnie di Francesi ed i Tedeschi
di Giorgio di Ruchord il generai Biagio di Mouluc , che Enrico II.
mandava a comandare in Siena, mentre Io Strozzi sarebbesi im
pegnato al di fuori in fazioni importanti , al che poteva aspirare
mediante l' aumento delle sue forze. Era il Honluc generale distin
to, uomo di cuore, d' animo gentile, affdbile nei modi, onesto di ca
rattere : la di lui presenza fu tal voi la salutare a Siena , poiché i
snoi consigli furono dettati da triti Gni. Egli ne assunse la tutela,
e se non potè salvarla almeno ne compianse l' infausta sorte. I Se
253
nesi a lui corrisposero con sincerilé d' affetto: ebbe amici di cuore
e riportò stima dalla generalità dei cittadini.
Non vi era tempo da perdere: le forze si bilanciavano, la guer
ra doveva riaccendersi cori maggior vigore che mai ; infatti attac
cati gl' Imperiali a Monistero ed a Sant' Abondio perderouo quelle
posizioni, ed ivi furono crudelmente uccisi dai Francesi tutti quanti
i malati ; i nemici tentarono riprenderle ma furono ributtati: bensì
il giorno appresso (era il U Luglio) gl' Imperiali occuparono tutte
le case del Comune di S. Apollinare : i Francesi si misero in bat
taglia, e dopo un fuoco che durò più di tre ore obbligarono i ne
mici ad evacuarle; le perdite di quelle fazioni furono sensibili da
ambe le parti, ma assai maggiori quelle degl' Imperiali.
Ormai lo Strozzi si credeva abbastanza forte per tentare un
azione decisiva. Egli meditava di portar la guerra contro Firenze:
se felice l' esito, discacciarne i Medici, e cambiare i destini della sua
patria. Egli sottopose il suo piano all' esame del Mouluc, il quale
sebbene trovasse da lodare la generosità e l' ardire , pure non po
teva approvarne il concetto, siccome sembravati incerto nell' esito,
difficile nell' esecuzione : di più conosceva l' avversario , col quale
dovea lottare , né s' ingannava attribuendoli quelle doti che costi
tuiscono un gran capitano. Pure prevalse nell' animo dello Strozzi
lo spirito di vendetta: le segrete intelligenze che manteneva coi
malcontenti di Firenze Unirono per abbagliarlo: egli decise avven
turarsi alla sorte di una battaglia , dopo aver passato in rivista
l' armata andò a campo fuori di citta : erano più di 1000 cavalli
• con uomini benissimo armati con lance e casacche di drappo, bel
lissima l'infanteria composta d'uomini di nazioni diverse, ma in
generate ben formati, alii di statura e di contegno marziale : que-
st' esercito dopo la rivista fece di sé bella mostra attraversando la
ci uà per andare fuori della Porta Ovile. Gl' Imperiali furono solle
citi ad evacuare la posizione dell' Osservanza e di tutti i luoghi
adiacenti prima di essere atiaceli ; ma invece allo spuntar del nuo
vo giorno l' esercito girò verso Porta Nuova , e quivi si unì colle
artiglierie e coi somieri carichi di scale, zapponi e pale, e con quat
tro compagnie di guastatori : quiudi incominciò il movimento di
partenza dirigendosi alla volta d' Asciano per la via di S. Piero a
Paterno per entrare in Valdichiana.
m
II Monluc restava a comandare iu Sieoa eoa soli 2000 fanti e
100 cavalli , debole forza qualora i cittadini nou avessero diviso i
pericoli e le fatiche della guerra coi soldati. Lo Strozzi giunto col-
l' armata in Valdichiana occupò Marciano , Fojano , e quindi si di
resse verso Arezzo ; ma il Marignano che aveva penetrato il piano
del suo avversario, vide esser giunto il momento decisivo e si ri-
solse a seguirlo ; riconcentrata la sua armata cominciò il suo mo
vimento: passando la Valle dell' Ombrone si ridusse at Ponte a Le
vane. Lo Strozzi sentito l'avanzamento del suo avversario invece
di portarsi contro Arezzo ritornò a Fojauo, e quivi o fosse malizia o
sventura prese fuoco un deposito di polvere, per cui morirono cir
ca 50 Francesi , e Scipione Ballati eoa Domenico da Monticchiello
rimasero vittima di quest' infortunio. Ad accrescere lo sdegno dello
Strozzi si uni ancora la resistenza che tentarono di opporrli quelli
del paese, per cui preso a forza il castello ordinò che fossero pas
sati a fi/ di spada tutti i soldati che vi si trovavano; eravi Car-
lotto con 50 celate: la stessa infelice sorte incontrarono gli abitanti,
e circa 500 furono le vittime di questo massacro. Il Marignano era
distante soltanto tre miglia da Fojano, o che nou volesse o non po
tesse non soccorse quella terra, bensì volle osare una rappresaglia
contro Marciano, ove lo Strozzi aveva lasciato Mario Sforza, Nicco-
demo Antoni.Ili e Marcelle Palmieri colle loro compagnie, ma soste-
nuti dallo Strozzi opposero valida resistenza, per cui la vittoria in
quel giorno rimase indecisa ; vi perirono fra una parte e l' altra
più di 1000 utmini. 200 furono i feriti, fra i quali Aurelio Frego-
so. Dopo questo fatto d' armi gì' Imperiali si ritirarono per prendere
una posizione vantaggiosa sopra certe colline, nei di cui declivio
scorre ignobile il torrente detto Scannagallo : Marciano sul!' alto di
un poggio colla sua corona di merli signoreggia il terreno ineguale
che gli é sottoposto ; l' esercito dello Strozzi era schierato siri piano,
e non lieve danno riceveva dal continuo tirare delta artiglierie ue-
miche; così le due armate erano a fronte, e disposte a battaglia
re. Le truppe imperiali comandate dal Marignano, mediante i rin
forzi giuntili da Firenze sommavano a 30,000 uomini, 1000 caval-
leggeri e 200 uomini d' arme: di più egli era meglio dello Strozzi
provvisto di artiglierie, e con questa forza il Marchese si decise fi
nalmente di venire a giornata ; era il 2 Agosto 1554: egli dispose
255
tutto il suo esercito in battaglili: lo Strozzi accettò la sfida dell'av
versario e vennero a quella fiera pugna che doveva decidere delle
sorti della Repubblica di Siena. Noi togliamo la descrizione di quella
memorabil battaglia da Gabbriello Chiabrera che la descrisse io una
sua prosa sulla vita di Gio. Giacomo Medici, il di cui originale ma
noscritto si conserva in Torino. a Pensava lo Strozzi di tirarsi il
a nemico appresso , onde Siena avesse agio di riempirsi di vetto-
« vaglie, e anco la moneta di pagar sue genti gli falliva ; talmente
« che dovendosi disfare l' esercito egli non rifiutava di avventurar
a la battaglia: dunque sull' alba del giorno secondo d' Agosto inviò
« le genti schierate per lì colli che menano a Fojano, ed allora il
< Medici dichiarò sua volontà e decise di combattere ; egli aveva
ii in arme 2900 Spagnoli, di Tedeschi 4000, e 6000 Italiani, di ca-
< valli leggeri 1200, e 200 uomini d' arme (a seconda della rela-
« zione del Sozzini, e di altri il numero dei combattenti era assai
« maggiore ). Lo Strozzi vedendo muovere l' inimico cessò di mar
« ciare , e rivoltosegli incontro , colla fantenteria egli se li si ade-
« guava, ma della cavatleria era minore il suo numero. Squadronò
« tutti gli soldati in quattro parti secondo le nazioni che lo servi.*
« vano. Al centro destro allogò i Tedeschi, loro a lato i Grigioni,
et poscia i Francesi , al sinistro corno gl' Italiani. La cavalleria di-
«. rettamente formella contro i cavalli imperiali. Il Medici fece tre
a squadre, una di Tedeschi, la seconda di Spagnoli, la terza d' Ita-
« liani ; alla porte sinistra stavano i Cavalieri. Egli posesi al collo
« la cornetta arnese' di Generale, e faceasi vedere tutto giocondo ;
« il campo ove doveansi far prove di valore e di ventura era sì
n fatto: Marciano era per fronte ai Francesi, Lucignano alle loro
« spalle , e Fojano sul fianco sinistro ; il paese distinto di colline
« agevoli, sovra esse le quali ordinati ambedue li eserciti, nel bas-
« so fondo una valle , e per lo lungo di lei correva un fosso dai
« paesani appellato Scannagalli .... Gli eserciti erano a fronte, e
« primamente aflroutarousi le cavallerie ; la francese poco coraggio
a mostrò, anzi dopo leggero contrasto misesi in sconfitta, e la impe-
« riale correva per la campagna senza scorta. Lo Strozzi tsaminan-
« do lo stato in che si trovava, come gran cavaliere accordossi colla
o necessità , e propose di combattere coi nemici pedoni anziché i
a cavalieri vittoriosi tornassero ad affrontarlo. Commise per tanto
236
« che si varcasse quel fosso, et esegnivàsi con prontezza ed ardì-
« mento : allora il Medici comandò ai suoi che fermi aspettassero
« di qua dal fosso, e lasciò che i capitani trascorressero incorag-
• giaudo le squadre, ed egli postosi atla testa dei Tedeschi .... I
a Francesi salivano la riva. la prima maneggiaronsi le armi eoa
• forza di mano e di animo singolare, ma poi piegarono i Grigioni,
« e indi i Francesi , e finalmente ognuno si diede alla fuga. Lo
<t Strozzi meno non venne delle sue schiere per alcun modo, e so
« stenne vivamente le sue speranze: generale e soldato sugli estrc-
« mi pericoli, ferito nella mano e nel fianco non leggermente, e sot
ei to gli si uccisero due corsieri , e sforzandosi di riannodare in
e alcuna parte le genti disperse, videsi abbandonato ec. » La de
scrizione poi che ne fa il Sozzini in qualche parte differisce. Egli
dice : ir Appiccatisi gli Spagnoli a combattere con gl' Italiani del
a campo francese , li Spagnoli incominciarono ad esser sopraffatti,
« e stmilmente l' attra infanteria combatteva valorosamente, e ar
ni rivando la cavalleria imperiale coi 200 uomini d' arme, l'Alfiere
« generale della cavalleria francese voltò le spalle con lo stendar-
a do e si dette a fuggire; e così tutta la cavalleria lo seguì, eccet
li to che le cinque compagnie vecchie : quale Alfiere era stato pre-
« sentato il giorno avanti dal Marchese di dodici fiaschi di stagno
« pieni di scudi d' oro, sotto nome di tribbiano ; e glieli portò un
a villano chiamato Matico Lodola accompagnato da più soldati ; il
« quale Matico dopo la guerra mi confessò il lutto, perché non lo
buisce
ii credevo
a vilta
». Talché
, ma a latradimento.
fuga della Locavalleria
Strozzi francese
ferito fu non
costretto
l' attri-a

ritirarsi a Lucignano, e di là passò a Montalcino. Prima di lascia


re il campo chiamò a sé Clemente Corvara , e mostrandoli le sue
ferite gli disse, essergli forza di andare a medicarsi, ma che perciò
uon si sbigottisse ed attendesse a combattere; infatli il Corvara
non .mancò a sé stesso , poiché dopo aver riportate diciotto ferite
restò prigione , indi morì ; fra i morti si trovò pure il Colonnello
Chiaramente. (1) L' esercito francese fu inferamente rotto: perdette

(1) Cipiace di riportare alcuni versi che tuttora si cantano dai


campagnoli nei dintorni di ScannagaUo. Noi U togliamo dalI' Assedio
857
cinquanta insegne di fanteria, cinque stendardi di cavalli, e cinque
cannoni. Vi morì Giovanni Bentivogli, Antonio Galeazzo, e tutti i
capitani ed ufficiali della fanteria italiana; dei Svizzeri pochi ne
morirono , ma assai dei Grigioni e Guasconi , insomma dal campo

di Siena di Alessandro Bulgarini, quale referisce essere stati raccolti


dal Chiarissimo Avv. Panichi ed a lui trasmessi.
O Pio^c Dirozzi , perché ti spogliasti
Dell' u.uw grossa che a Fojan mandasti?
Aveva già cominciato il movimento di ritirata , quando cambiò
H consiglio datoli dal Monluc.
Almen se te ne stavi alla. vedetta ,
Sarebbe costa allo Spagnol la fretta.
Santa Vittoria eoa nome più vero
Siena avria fatto in fiorentin sentiero.
Eravi un tempio presso che deserto, riedificato col disegno del-
F Ammirato sotto Cosimo I. che fu dedicato a Santa Vittoria.
Meglio do' vili cavalli di Franza.
Le nostre donne fecero provauza.
La fame , la sete
La rabbia tedesca,
E del Marii'nano
Per Cosimo l' esca ,
Ci fer sparpagliti
In diversi siti
Pel rombo storditi ;
Col ferro , co' piedi.
Caduti nel fosso
Ci vennero addosso ,
Che l' acqua ftou corse
Se rossa non era.
O Piero di Strozzi
Ferito nel fianco
Da palla nimica
Fra gli urgli e singhiozzi
l>' amara fatica,
Morire volevi
E non il potevi ec.
17
25S
francese mancarono 12,000 uomini fra morti e prigionieri. La cam
pagna, dice il Botta, rimase coperta di morti, di feriti, di sangue,
d' insegne e d' armi a Scannagallo.
La dolorosa notizia fu recata in Siena da Enea Piccolomini. Lo
Strozzi fu creduto morto: l' animo dei cittadini ne fu contristato:
le lacrime in alcuni non bastavano allo sfogo del dolore; in attri
destava ira la viltà mostrata dalla cavalleria francese, mentre le
donne senesi che aveano seguito l' esercito eransi distinte per am
mirabile intrepidezza. (1) Fu poi uno spettacolo lacrimevole il ve
der quivi condotti tanti feriti, tanti soldati mutilati che ne fu' pieno
lo Spedale, la Chiesa, ed in fine languivano per le strade fra i la
menti del dolore ; scena terribile che svela tutti gli orrori della
guerra.
Entrato il Marchese 'di Marignano nel castello di Marciano vi
trovò alcuni gentiluomini fiorentini fatli ribelli del Duca Cosimo, e
quelli fece tosto decapitare. Oppressi i cittadini dalla sopraggiunta
sciagura invece della sperata salvezza adunarono il Consiglio in
mezzo a triste impressioni ; lo scoraggimento si leggeva in tutti i
volti : gli animi erano penetrati dal più vivo dolore per la sconfit
ta di quella florida armata che aveano i cittadini veduta , e sulla
quale posavano tante speranze. Lo Strozzi stesso che aveva pagato
col suo sangue l' errore della sua intrapresa , il crescente pericolo
ora per essi oggetto di rammarico; gli sguardi erano tutti diretti
verso il Monluc che comparve a risvegliare gli spiriti prostrati, na
scondendo il suo interno affanno. Egli aveva antecedentemente pre
veduta la rotta dello Strozzi, ed avea mandato un suo fido a con
sigliarlo ad una ritirata notturna, ma un lui Tommaso Del Bene,
dal quale lo Strozzi molto deferiva, gli aveva falto cambiar consiglio.
In queir adunanza fu deciso adunque di mandare a Roma a
cercare in imprestito dei danari di cui tanto abbisognava la Re-

(1) In alcuni quadretti incassati nei piedistalli o colonnette di le


gno che fiancheggiano I' altare nel tempio di S. Vittoria tono dipinte
alcune fasi della battaglia, e si veggono più donne armate, lo che, in
sieme ad una tradizione costante prova avere esse preta uno parte
attiva nella battaglia.
259
pubblica, e di spedire al Re di Francia oratore con la infausta no
tizia della perduta battaglia di Marciano, per cai senza un nuovo
efficace soccorso la citta sarebbe stata costretta ad aprir le porte
ai nemici, lo che repugnava ad ogni cittadino senese, mentre cia-
' scuno era deciso a difendere fino agli estremi la libertà, confidando
negli aiuti di S. M. che aveva dimostrata tanta benevolenza verso
la sua fedele citta. Non ostante, lo spavento era sì grande per le
notizie che giungevano vieppiù esagerate dalla fama, che sarebbesi
la città vuotata di gente se il Magistrato con un bando non ne aves
se fatto chiuder le porte, e vietata l'uscita a chiunque non fosse mu
nito di un lascia-passare. Era da credersi che l'esercito vittorioso
tornando verso Siena ne avrebbe vieppiù stretto l' assedio , per
cui si temeva la mancanza delle vettovaglie, che già cominciavano
a scarseggiare; adunque fu ordinato che tutti i grani, tutte le prov
viste in
dotti cheSiena.
si trovavano
Furono fatte
nei luoghi
pubbliche
prossimi
preghiere
alla cittìì
onde fossero
implorare
iutro-
in

tanta miseria la protezione del cielo, e fu portata a processione la


Madonna del Duomo. '
Gli avanzi dell' armata francese si riunivano in Montanino ,
Chiusi, e Monticchiello, e per ordine dello Strozzi fu arrestato l' Al
fiere della cavalleria francese che avea volte le spalle di fronte at
nemico invece di combattere. e fu spedito sotto buona scorta in Fran
cia perché fosse giudicato: regalò ancora generosamente i soldati che
lo aveano preso ; si seppe poi che in pena del suo tradimento fu
pubblicamente impiccato.
Per maggiore sventura il Monluc, uomo prudente ed avvedu
to che con tanto ardore ed affelto aveva abbracciata la causa dei
Senesi cadde gravemente malato, per cui lo Strozzi da Montalcino
providde che tornasse in Siena da Roma il Lansach per rimpiaz
zarlo in caso di morte, ma presso Cuna fu la di lui scorta attac
cata dagl' Imperiali e dal Marignano, ed egli stesso falto prigioniero
ed inviato a Firenze, ove restò durante la guerra.
Non per tanto il coraggio dei Senesi si smentiva , anzi riani
mavasi maggiormente dopo le prime impressioni alla vista del pe
ricolo : lavoravano alle fortificazioni e gentiluomini e gentildonne ,
bottegai e contadini : erano indefessi alla fabbrica di un forte in un
poggetto poco di la dal Convento di S. Chiara, come alle fortifica
260
zioni creite alle porte S. Vione, Tufi e Portanuova, ai baluardi del
Laterino e quello dei Tufi, ed alle trincero del forte della Cnstel-
laccia pre o porta Camollia: le donne specialmente erano le più ani
mate, le più attive. Ci piace di riportare quanto dice di loro il
Mouluc nei suoi Commentari ( Dalla traduzione dell' originale fran
cese di Vincenzio Pitti, Firenze, Stamp. Sermarelli 1630. ) a Tutti
« questi poveri abitatori senza provar dispiacere o dolore del do
te versi mandar giù le case loro furono i primi a metterci ni. mo :
« corse ognuno a travagliare ne mai n' era manco di 4000 perso
ci ne a lavoro : e mi fu mostrato da gentiluomini senesi un gran
u numero di gentildonne, che portavano il corbellino in capo pieno
« di terra. Non sarà mai vero , matrone senesi , che non viva la
a fama vostra, mentre il libro di Monluc bara vita, perché in ve
« rità di vita, e di lode immortale voi sete degne, se giammai don-
« ne ne furono Al principio della generosa risoluzione 'che questo
a popolo fece di difendere la sua libertà, tutte le matrone di Siena
« si compartirono in tre schiere : della prima era capitanessa la
« Sig. Forteguerri che era vestita di pagonazzo, e tutte quelle che
« la seguivano slmilmente avendo un abito a guisa di ninfe suc
« cinto mostrando gli stivaletti ; la seconda era la Sig. Piccolomini
« vestita d' ermisino incarnato, e la sua truppa colla medesima li
ti vrea ; la terza la Sig. Livia Fausti vestita lutta di bianco come
Q ancor la sua comitiva, con la insegna bianca ; nelle loro insegne
« vi erano ingegnose imprese: io vorrei aver pagato gran cosa ed
« averne memoria. Questi tre squadroni erano composti 'di 3000
« matrone gentildonne e cittadine. Le armi loro marretti, pali, cor-
e belile fascine, e .con simili arnesi fecero la lor rassegna (il Bot
ta dice il 17 Gennajo 1853 ) ed andarono a cominciar le fortifica
« zioni. Monsignor di Termos. il quale me l' aveva raccontato più
« volte, perché io quivi non ero ancor giunto: asseriva non aver
« mai veduto in sua vita cosa più bella. Vidi io le loro bandiere,
a esse di poi ; avevano una canzone composta in onor della Fran-
« eia, questa cantavano quelle donne nell'ambre alla loro fortili-
v cazioni. Vorrei che mi fosse costata il miglior cavaflo ohe io ab-
« bia per averla per metterla qui. E poiché sono per onorar don-
« ne tali , voglio che quelli che verranno dopo di noi ammirino
« I' animo ed il valore di una fanciulla sencse , la quale ( ancora
261
a che bassamente nata ) pure nel più onorevole grado merita di
« re,
essercheposta.
nissuno,
Io avevo
sotto fatto
gravissima
un ordiue
pena;quando
mancasse
creato
di andare
fui Dittato-
alla

a guardia ciascuno la volta sua. Questa giovinetta, vedendo mata


« to un suo fratello, al quale a far la guardia toccava, pigliò il suo
oi morione, et in testa sei pone ; i calzoni suoi, e un colletto di bu-
« falo ; e colla labarda sul collo se ue va al corpo di guardia, pas
te sando all'ora che leggendosi il ruolo, sentì nominare il fratello:
« fece la sentinella il suo spazio di tempo, senz' esser conosciuta,
« sino a che il giorno comparve, che risaputosi fu rimandata a ca
ci sa con molt' onore ; e il dì dopo desinare il Sig. Coruelio me la
a mostrò. o
Gl' imperiali erausi divisi in tre campi, uno era a Porta nuo
va, l' altro al Palazzetto, ed il terzo a Camollia. I Senesi facevano
continue sortite di giorno e di notte con vario successo , e cosi
mantenevano vivo il morale della popolazione , ma quando giunse
la nuova che il Mariguano, partitosi con quelli del campo di Porta
nuova, aveva preso Monteriggioni, e che il capitano Giovanni Zeti
che lo guardava erasi reso a patti senza combattere, allora gli spi
riti i più confidenti incominciarono a temere l' esito infelice di quel
la guerra.
Le privazioni incominciavano ad essere sensibili : mancava il
vino, la carne fresca era rara. i prezzi dei commestibili andavano
alle stelle: in mancanza di molini, che erano stati tutti guastati
dai nemici, supplivano i cittadini per macinare il grano, con delle
macchinette che facevano poco lavoro : le malattie infierivano, e in
tutta la città Incominciava a palesarsi lo squallore e la miseria :
l' uva fresca costava tre soldi il grappolo ; i capponi lire dodici il
paro : le galline lire sette il paro, ma era difficile il trovarne.
Tornava in Siena da Mont alci no Pietro Strozzi con Monsignor
De Sii va venuto da Roma, con Monsignore Arcivescovo Bandini, ed
altri Gentiluomini senesi: ma presso Siena furono attaccati: la scor
ta gli difese, ma senza i soccorsi mandati dalla città all' annunzio
del pericolo potevano tutti essere o morti o prigionieri.
A consiglio di .Monsignor De Silva spedito dal ile Cristianissi
mo ad infonder nuovo coraggio nei Senesi s' incominciò per la scar
sezza dei viveri a pensare di togliere dalla città almeno la metà
262
delle bocche inutili , e cos'i aver comodo di prolungare la difesa
fino all' arrivo di soccorsi che il Re medesimo prometteva di spe
dire a nuova stagione. Il Governo creò uu Magistrato di quattro
cittadini per distribuzione di Monti, onde provvedere a questa mi
sura. Quanto fosse terribile quest' idea servirà considerare che le
Iwrsone colpite erano appunto quelle che maggiormente reclamano
dalla società un soccorso, come i vecchi, le doupe, i fanciulli; vero
e che lo spavento avea condotto in città dalle campagne una gran
quantità di persone che non avevano alcun mezzo di sussistenza,
ma era sempre un tratto inumano il discacciarli quando alle porte
stesse potevano incontrare la morte. Quelli che presiedevano at go
verno della Repubblica avevano fatto bandire l'obbligo ad ogni cit
tadino di denunziare i refusati che aveano ricovrato; in seguito
fu fetta ad essi intimazione perentoria di abbandonare la città ; il
giorno in cui si riunirono per uscire dalla porta che era loro in
dicata sembravano tante vittime destinate al supplizio, e spettacolo
straziante era il vedere donne , vecchi e fanciulli che piangendo
abbandonavano il loro asilo per mettersi a discrezione di soldati
crudeli. Questo per altro non era che il preludio di altre scene più
desolanti ancora che accader doveano, ma frattanto bastò questa
a decidere i quattro Deputati alla cacciata delle bocche inutili a
riammare I' affidatoli incarico non reggendo l' animo loro atla vista
di tanta desolazione. Mario Donati Cavaliere di Rodi fu l'unico che
volesse assumerlo , e convien credere che il suo cuore non fosse
accessibile alla pietà, alla compassione. Aumentando la carestia fu
ordinata la partenza dalla città dei miserabili , cui mancavano i
mezzi di sussistenza, scegliendo quelli che non erano validi a por
tar le armi, e nemmeno atii a lavorare alle fortificazioni. Gettiamo
uu velo sopra questa tragedia, e consideriamo soltanto a quali estre
mi può pervenire un popolo geloso della sua libertà e tutio inten
to a conservare i dritti ereditati dagli avi. Uscite dalla città quelle
genti affamate imploravano dai Demici pietà, misericordia, ma nou
vatse loro il pianto, poiché impeditoli il passo rimasero lungamen
te a languire sulla strada esposti allo scherno, ed al ludibrio della
soldatesca licenza ; quatcuno poté nella notte satvarsi fuggendo ,
molti furono uccisi mentre le sentinelle nemiche si facevano giuoco
di quelle vite. Non ostante sì tristi spettacoli non si arrestò a que
263
sto punto la terribile misura ; lo Spedale avco esauriti in servizio
delle truppe e dei cittadiui i viveri che con sollecita cura aveva
radunati ; per provvedere alla mancanza dovette discacciare i tro
vatelli ; 250 di quest' infelici nati per effetto d' inconsiderate pas
sioni ne furono scelti dai 6 ai 10 anni di età, e furono collocati en
tro le ceste portate dai somieri ; alquante donne doveano veglia
re alla loro custodia, per essere trasferiti in Maremma ; una scor
ta ancora fu destinata a tutela del loro libero passaggio. Intanto
questo convoglio uscito da Porta S. Marco in mezzo ai pericoli era
si avanzato lungi dalla città, quando s' imbatte in una imboscata
di Spagnoli: la scorta fu superata, ed i nemici crudeli colle .irmi
tagliarono le funi delle some, ed intanto i bambini cadevano mise-

ramante al suolo calpestati e feriti: molti ne morirono, e quelli clic
rimasero salvi furono il giorno appresso esposti fuori della Porta Fon-
tebrancla, nel luogo ov' é consueto farsi mercato degli umiiiali neri:
colà abbandonati, la morte sola li trovò. (1) Scipione Venturi allora
Rettore dello Spedale protestò che a qualunque costo non avrebbe
permesso la partenza di altri trovatelli affidati alla sua custodia.
Lo Strozzi unitamente ad Enea Piccolomini, ed all'Arcivescovo
Piccolomini partirono da Siena , e senza gravi accidenti tornarono
a Montalcino. Casolo intanto cadeva in potere degl' Imperiali, Mon-
terotondo fu preso per assalto, i difensori furon passati a lìt di spa
da. Altri bambini di Spedale dai 10 ai 15 anni furono cacciati; in
contrando i nemici a S. Reina vennero spogliati delle vesti, e mezzi
nudi poterono riguadagnare la Porta Ovile, da dove erano usciti:
il Rettore si dimesse. Il Governo fece bandire che tutti i cittadini
non esclusi gli ecclesiastici andassero a lavorare alle fortificazioni,

(1) n Sozzini nel suo pregievole Diano, cosi si esprime raccon


tando l' abbandono dei trovatelli fuori di Porta Fontebranda « ivi » la
a mattina li putti avanzati alla strage erano tutti dove si fa all' an-
9 no il mercato dei porci tutti a diacere per terra con grandissime
a strida e lamenti. Era la più gran compassione a vederli feriti e
o percossi, che avriano fatto piangere un Nerone, ed io avrei pagati
o 23 scudi a non gli aver visti, che per tre giorni non pussevo nù
a mangiare né bere, che prò mi facesse. »
2G4
ed Ambrosio Spannocchi fu dichiarato ribello e parteggiatore de-
degl' Imperiali. Lo spinito pubblico era rinvigorii* dalla speranza
che la cilià sarebbe stata sollecitamente soccorsa per opera del He
Cristianissimo. Dicevasi che si adunava a Parma un nuovo eser
cito destinato a liberare Siena dalT assedio: lo sapeano gl' Imperia
li, per cui spingevano le loro operazioni per tentare d' impadronirsi
della città prima dell' arrivo di quelle truppe. Già tutte le posizio
ni vautaggiose che la dominano erano in loro potere , talché ne
possedevano i pressi , e la stringevano da tutte le parti : vol
lero adunque tentare una scalata. Infatti il 24 di Decembre pas
sata mezza notte, di due ore, e per conseguenza la notte del Nata
le si accostarono a Porta Ovile, a Porta Nuova, a l'orta Tufi ed a
S. Marco: per tutio fu dato l' allarme* ma il vero attacco era diret
to alla cittadella ed ai forii di Porta Camfillfa , ov' erano io quella
notte a guardia colle loro compagnie i capitani Battolo m m co da Pe-
saro, e Lelio Placidi coi Senesi; si accostarono i nemici alle mura
colle scale così tacitamente, che quei di dentro se ne accorsero sol
tanto quando fu ammazzata la sentinella. Si diede alle armi, ma
intanto i nemici erano penetrati e sempre ne veniano, per lo che
i Senesi, che per una ispirazione del Monluc, ristabilito in salute ,
erano stati posti al forte della Castellacela, ripiegandosi sulle trin
ci.re di ritirata si battevano valorosamente e facevano argine agl'in
vasori che gridavano: Palle Palle ! Carne Carne1 La campana mag
giore dava il suono .dell' allarme . e tutti i cittadini, lasciato il ri
poso , correvano alle mura ; i più vecchi non rimasero oziosi ,
ed incoraggiavano i più giovani : le donne stesse imbrandivano le
armi. Il Monluc accorse ove il pericolo era maggiore, ed i suoi Fra-
cesi gridando Vive le fìoi giungevano alle trincero. e fra gli uni e
gli altri fecero tale strage degF Imperiali, che spavantati dalle loro
perdite e dal numero dei difensori che comparivano, cominciarono
a ritirarsi. lasciando il terreno ricoperto dei loro cadaveri ad onta
che molti ne fossero stati trasportali. Anche i Tedeschi che assa
lirono la cittadella furono 'respinti con gran loro perdita, e così la
ciltà fu salva dal grave pericolo che l' avea minacciata: ma la com
pagnia dei Senesi che intrepidamente sostenne nella sorpresa il pri
mo urto dei nemici ebbe gli onori di quel Catto. Fu veduto allora
che il forte della Castellacela era la chiave della citta, per cui fu
rono quivi raddoppiate le opere di fortificazione e le guardie.
265
Erano ginnti al campo Imperiale altri 25 pezzi d' artiglieria e
numerosi rinforzi, perciò era da temersi che altre fazioni avrebbe
ro tentato contro gli assediati, che vivevano sempre nella speranza
di esser soccorsi dai Francesi. Incominciarono gl' Imperiali con par
te di quelle artiglierie a batter le mura di Porta Ovile che erano
le più solide della città, perché fabbricate per ordine di Pio II ; e
da
to di
Ravacciano
S. Francesco,
pure ove
furono
morirono
voltati diversi cannoni
cittadiniverso
che lavoravano
il Couven-

alle fortificazioni: ad onta di tanti disagi, di tanti pericoli la gio


vialità, lo spirito dei Senesi non si smentiva ; la gioventù volle da
re uno spettacolo al Monluc nella piazza del Campo , ove si fece
una giuocata di pallone, ed una giostra di pugni. I Francesi stessi
stupivano nel vedere tanta allegria in mezzo a tonta miseria , ed
il Monluc disse che non avea mai veduta gioventù più di quella
coraggiosa ed àrdita, al che qualcuno di essi rispose : Se siamo tanto
arditi battendosi fra noi, considerate cosa saremo nel? estremo peri
colo della patria contro i nemici nostri.
Intanto accadevano giornalmente avvisaglie e scaramuccia fra
gl' Imperiali ed i Francesi , che costavano sempre del sangue ad
una parte ed all' altra; ad accogliere i feriti non bastava lo Spe
dale, ve n' erano nelle chiese e nelle case : la carestia si faceva oguor
più sentire, giacché il Marignano faceva impiccare quanti villici o
speculatori che attratti o dal guadagno o dall' affetto per i Senesi
tentavano d' introdurre dei viveri in città; i loro cadaveri appesi
sulle forche venivano esposti alla vista dei cittadini, ai quali tutto
mancava, (i) non ostante i mezzi artificiali ritrovati per macinare
il grano in mancanza di mulini. il resultato era insufficiente a fronte
del bisogno. Mancava il combustibile, ed ogni altra materia da ar
dere : erano. stati bruciati mobili ed affìssi delle case, dei palazzi,
e pertìn delle chiese. I cattivi cibi, le erbe crude mangiate aumen
tavano giornalmente il numero dei malati e dei morti : si vedeano
per le pubbliche vie cittadini pallidi e scarni che per saziare la
fame usavano violenza contro chiunque recasse palesemente qual-

(1) Gli Storici sono d'accordo nell' asserire che dalle"campagne


senesi fra i morti ed i fuggiti mancarono circa a 100,000 contadini.
266
che vivanda: si rinauovavano così continue; lotte, nelle quali re
stava al più forte l' oggetto contrastato ; il continuo tuonar delle
artiglierie, li spessi gridi d' allarme aumentavano lo spavento, e più
tetra rendevano la scena desolante.
Erano a sì trista coudizione pervenute le sorti dei Senesi ,
quando il 1. Febbrajo 1554 giungeva uu messo del Duca con let
tere amorevoli per la Repubblica, in cui si diceva che quella guer
ra era accaduta per avere uccettato Pietro Strozzi suo ribelle, ma
che era pronto a trattare accordo direttamente col governo. A tal
effetto S. M. Cesarea ed il Re Cristianissimo aveano deputati in Ro
ma i respettivi negoziatori , ed in quanto a lui sceglieva il Papa
Giulio III, che perciò invitava la Repubblica a nominare uu rap
presentante, al quale avrebbe accordato salvacondotto per passare
liberamente dal campo per andare a Roma senza conferire collo
Strozzi a Montalcino, per lo che gli Otto della guerra ed il Gover
no deputarono Ambrosio di Quiriuo Nuti, e per segretario Marc'An-
touio Placidi, ed il 4 successivo venuto il salvacondotto promesso,
partirono alla volta di Roma. Al loro ritorno, che accadde pochi dì
appresso, passarono per Houtalcino : venuti in città si adunò il Con-
cistoro che deliberò mandarli a Firenze a trattar col Duca, ma le
offerte da lui fatte altro non erano che tranelli per divertire, e per
scandagliare l' animo dei cittadini, e riaccendere fra loro le antiche
discordie ed affrettare con questo mezzo. la caduta della città, per
cui caddero le speranze che i cittadini avean concepite di prossi
ma pace. Continuava la cacciata delle bocche inutili, ed il 24 Feb
brajo furono inviate fuori di Porta Camollia 400 fra donne e fan
ciulli, che uscivano singhiozzando e piangendo. Questa volta gli
Spagnoli stessi ne sentirono compassione, e distribuirono del pane
a quella gente affamata.
Era il Nuti tornato a Roma , oltre di che il Concistoro aveva
nominati tre negoziatori che si trovavano colà, ed erano il Cardi
nat Miguanelli, Pier Antonio Pecci, ed Amerigo Amerighi: tornato
il Nuti nuovamente a Siena fu adunato il Consiglio, e quivi prese
a parlare, ed espose tutte le pratiche da lui fatte a Montalcino
collo Strozzi , a Belcaro col Marignano , ed a Roma .con gli Agenti
reali e con Sua Reatitudine, e dalle sue deposizioni resultò che il
Papa erasi dichiarato contrario alla città di Siena : che gli Agenti
8fi7
imperiali dimandavano che la città si rendesse a discrezione, ed a
tal effetto chiedevano che fosse inviato un foglio colle firme in bian
co per scrivervi le condizioni che ad essi piacesse. Allora s' intese
nel Consiglio un fremito universale, e fu esclamato ad alta voce:
Prima morir tutti con F arme in mano che scendere a sùnil viltà ;
e dopo tante preposte fu deliberato che si nominassero quattro Am
basciatori per distribuzione di Monti, e che fossero autorizzati a
trattare col Duca di Firenze, o con chi facesse d' uopo, e conclu
dere un accordo che salvasse la città dal sacco , dall' esterminio
della roba, della vita, e dell' onore. Dallo spoglio dei voti restarono
nominati, per il Popolo Alessandro Guglielmi : pei Gentiluomini Gi-
rolamo Halavolti : pei Riformatori Scipioue Chigi : pei Nove Girola-
rao Bandiuf Ili.
La rovina della patria era preveduta dai più, non ostante che
il Monhic si studiasse di confortare gli animi e di spingerli ad una
costante difesa. Una palla di cannone aveva abbattuta la balzana
situata nella torre del Mangia : questa circostanza per quanto ca
suale aveva contribuito a contristare gli animi di coloro che sono
predominati più dai pregiudizi che dalla ragione ; ma pure le spe
ranze dei Senesi erano tutte rivolte al cielo, ed al patrocinio di Ma
ria Vergine, alla quale nuovamente e con fervore sincero ricorsero
ordinando pubbliche preci, affinché volesse salvarli in tanto infortu
nio : il pericolo comune riunisce gli animi. Allora troppo tardi pen
titi i cittadini piangevano le passate discordie, e si perdonavano le
reciproche offese ; un popolo ridotto a tanta tribolazione é degno
di compianto, ma il debole non lo trova nei suoi nemici.
Gli Ambasciatori prima andarono a Belcaro a conferire col Mar
chese di Marignano, quindi partirono per Firenze, luogo destinato
per le conferenze, ed erano premuniti di salvacondotto per andare
e venire ogni qual- volta loro occorresse.
Un altra sciagura colpiva la città, poiché moriva in Montalcino
Enea Piccolomini : egli era stato valoroso e prode , colpito da im
menso dolore per le sciagure della patria sua, logro dalle fatiche e
dagli affanni ancor giovane lasciava la terra col desiderio di liberar
la patria dal giogo che a lei volevasi imporre. I cittadini compian
sero quella morte che fu reputata una nuova «pubblica disgrazia.
Gli Ambasciatori giunti in Firenze dimandarono udienza dal
268
Duca , ma non gli fu accordata : doverono formulare in scritto le
loro dimaude, che consistevano nella conservazioue della libertà, e
nella partenza degl'Imperiali dal dominio, colla restituzione di tutti
i luoghi occupati. Fu loro risposto che dovessero allontanare tulii
i Francesi, che dovessero rimettere a S. M. Cesarea l' onore oltrag
giato, e ritornare sotto la sua protezione colla promessa che non
sarebbe altrimenti fabbricato il castello. Conosciuta questa diman
da, e dopo deliberazione presa in Consiglio fu data facoltà agli Am
basciatori di rispondere al Duca , che i Francesi avrebbero abban
donato la città e suo dominio, sempre che ucl1' accordo fosse salvo
l' onore della Repubblica : che in quanto all' onore di S. M. Cesarea,
non sapeva il Governo in che l' avesse offeso, mentre i Senesi eran-
si trovati costretti a difendersi dopo di avere esaurite tutte le pra
tiche conciliative, ma che per mostrare che essi volevano spegnere
quella guerra per la salute della Toscana, e forse dell' Italia tutta
eteggevano per arbitri della questione il Poutefice, i Veneziani, ed
il Duca di Ferrara. Queste condizioni nou furono accottate perché
il Pontefice era moribondo, e perché non era decoro il compromet
tere al giudizio degli arbitri l' onore di S. M. Cesarea. In una pa
rola prima si era tentata la fabbrica del castello per dominare i
Senesi, ora si voleva. che si rendessero a discrezione. Gli Ambascia
tori non mancarono a se stessi, e dimostrarono in un modo evidente
il dritto della Repubblica, ma la forza é un giudice inesorabile.
Il Monluc che tanto affetto aveva mostrato verso i Senesi per
gratitudine lo aveano ammesso alla cittadinanza senese; (1) quando
adunque fu discussa in Senato l' ultima proposta del Duca , egli
prese a parlare, siccome ne aveva il dritto, e consigliò la investi
gazione da farsi dei commestibili e viveri che restavano ancora alla

(1) Alcuni pretendono che fosse nominato Dittatore della Repub


blica, lui ttesso lo dice nei suoi Commentar*', ma né il MalavoUi, né
H Sozzivi che é accuratissimo nel tuo Diario ne fanno menzione. Al
tronde non troviamo atti da constatare questa Dittatura, siccome la ca-
pitolaùone, come vedremo, fu trattata e convenuta dietro deliberazioni
del Senato degli Otto della guerra, e del Consiglio di richiesta, che
fu tempre richiamato a deliberare; la di lui iìiflema bensì fu grande,
e per il grado di cui era inveitilo, e per I' onestà di cui diede prova.
269
città, e qualora si verificnsse che durar potessero per la sussistenza
stenza,
dei cittadini
siccome
e delle
a quell'
truppe
epoca
a tutto
eranoaprile
sicuri
eglii soccorsi
opinava francesi,
per la resi-
di

cui parlava una lettera dello Strozzi da Mon taluino che era stata
letta. Nel caso contrario poi asseriva non essere intenzione del Re
suo signore ridurre la città atl' ultimo esterminio , sebbene essa
avesse in ogui modo a temere la vendetta di Carlo V, che perciò
avrebbe lasciato in facoltà dei cittadini il provvedere come meglio
avrebbero creduto alla loro salvezza. Questo consiglio fu accettato,
e prima di separarsi vollero gli adunati accordare la cittadinanza
senese a Cornelio Bentivogli in attestato di gratitudini;.
Le astinenze, le privazioni avevano sfigurate le fisonomic dei
cittadini : il pallore ora dipinto nei loro volti : molti morivano di
stento : tanta miseria poneva il popolo alla disperazione ed era da
temersi un ammutinamento, per cui il Monluc fece condurre alcu
ni pezzi d' artiglieria presso la loggia degli ufGziali della mercan
zia ( oggi Casino dei Nobili ) per contenere i malcontenti, ed evita
re nuove collisioni fra i cittadini.
fu spedito nuovamente Alessandro Guglielmi a Firenze con
amplio mandato di negoziare un accordo come meglio si volesse o
si potesse per la salvezza di Siena, setto la condizione della nullità
del trattato qualora fosse soccorsa durante le trattative.
Gli Spagnoli che erano a campo attorno alla città vi rimanda
vano tutti quelli che ne volevano uscire dopo aver loro tagliato le
orecchie ed il naso. talché rientrando facevano con quelle mutilazioni
uno spettacolo disgustoso e compassionevole : ia seguito presero il
compenso d' impiccarli.
Venne a morte il Pontefice Giulio III. Egli erasi mostrato con
trario ai Senesi, ed i ciltadini non ne provarono rammarico.
Ecco il prezzo a cui erano i generi al primo Aprile 1555: Vino
scudi 30 d' oro la soma — Olio scudi 7 d' oro lo stajo — Cappo
ni scudi 7 d' oro il pajo — Galline scudi 5 d' oro il pajo — Car
ne salata soldi 50 la libbra — Formaggio soldi 70 la libbra — Pic
cioni lire 13 il pajo — Ova soldi 20 la coppia (1) ed era fortuna

(1) Togliamo queste notizie dal Diario del Sossini, e ci spiace


870
poterne trovare specialmente per comodo dei malati. I cavalli, i
muli, e per fino i cani erano stati mangiati. A questo punto cede
il coraggio il più impavido. Di più i cittadini aveano perduta ogni
fede sui sperati soccorsi , e vedendo prossimo un accomodamento,
molti cittadini fidandosi poco alla generosità di Carlo V, ed alle lu
singhe del Duca di Firenze realizzavano quel più che potevano, de
cisi di partire con le truppe francesi ; essi preferivano il volontario
esilio alla temuta schiavitù ; così d.dF avvilimento rinasceva in mol
ti l' ardire, e l' entusiasmo della libertà fortificava una lusinghiera
speranza.
Finalmente il 20 d' Aprile fu pubblicata nel campo imperiale
la sospensione delle ostilità, siccome per gli accordi di già stipulati
era cessata la guerra combattuta. Ritornarono gli Ambasciatori da
Firenze, ed ecco il testo della Capitolazione che aveano convenuta ;
noi la togliamo dallo storico Malavolti a ivi « Perché chiaramente
« apparisca a tutto il mondo e specialmente ai Principi d' Italia
« la mente e volontà di S. M. Cesarea essere stata sempre di con-
« servare e quietare la città e Repubblica di Siena, al quale eflct-
« to l' Illustrissimo ed Eccellentissimo Sig. Duca di Firenze si é
« contentato di concedere la comodità di molte spedizioni per tutti
« quei Principi e per quelle parti che gli Oratori ed Agenti di essa
« Repubblica hanno dimandato, non ostante che sia sempre cono-
« scinto, come ora maggiormente si conosce per i capitoli da loro
oi proposti non essere stato procacciato per altro che per dilatare il
« negozio ed in effetto aumentare la rovina e distruzione pubblica
a e privata di detta città , però volendo per benefizio e salute di
« quella por fine a tante dilazioni perniciose, sapendo cosi essere la
« volontà di S. M. per benignità e clemenza sua solita condescenderà
a alle infrascritte condizioni e capitoli , i quali S. E. ha mandati
a agli Oratori di detta Repubblica.
a ART. 1. Contenterassi la Cesarea Maestà ad accettare la città
« e Repubblica di Siena sotto la sua protezione e defensione e del

che manchi il presso del pane ; é da supporsi che la carne fresca


mancasse affatto.
271
« sacro Romano Imperio, relassando ed in quanto facci di bisogno,
« di nuovo concedendo la libertà alla città e Repubblica predetta.
« Ani. 2. Rimetterà e perdonerà S. M. a tutti li cittadini e
a abitatori di quella città e a qualunque persona di qualsivoglia
a stato, grado o condizione o dignità, eccetto a ribelli de' .Regni e
« Stati di S. M. Cesarea, e della Maestà del Serenissimo Re d' In-
« ghilterra e dell' Eccellenza dell' Illustrissimo Signor Duca, ogni e
t qualunque oflensione e pena, ancorché di ribellione incorsa tino
« al giorno che sarà fermata la presente capitolazione, scancellan
« do ogni colpa, e restituendo ciascuno dei predetti nel suo pristi-
« no stato : con ampia e generale assoluzione di quanto si preten
« desse fino al detto giorno, e con la restituzione e conservazione
a di tutti e ciascheduni lor beni stabili e mobili, regioni ed azioni,
a eccetto le robbe mobili predate fino al dì sopraddetto.
a Ani. 3. Possiuo i particolari cittadini ed abitatori partire di
a quella ed andare e tornare con le loro famiglie e robhe , a lor
<t piacere ancora in compagnia delll Agenti francesi del Re Cristia-
<t nissimo, che ora ed atlora in Siena si troveranno; ai quali cit-
ei tadini ed abitatori non si possino dimandare danni o spese fatte
« nella guerra presente : e quanto a quelli che souo prigioni di sol-
« dati, si farà ogni favore possibile sopra le lor taglie, e slmilmente
a agli altri prigioni del Senese.
a AHI. i. Debba la città e Repubblica predetta accettare la
a guardia conveniente di quella nazione e numero che da S. M.
a sarà giudicata necessaria, e opportuna alla conservazione di detta
« città e Repubblica , secondo le condizioni dei tempi ; e si debbi
« pagare da S. M. per impotenzia della Repubblica.
« Ani. 5. Contenterassi ancora S. M. di non restaurare , o di
» nuovo fare Castello alcuno in città seuza consenso e volontà di
« detta Repubblica e del suo Consiglio ; e si guasteranno li forti ,
• ogni volta che sarà finita' la guerra, o prima se sarà espediente.
« ART. 6. Avrà S. M. per quiete, sicurtà e beneficio di detta
« città e Repubblica, salva la detta libertà, piena e libera autorità
a e potestà di riforma ed introdurre nella detta città e Repubblica
« quel modo e forma di governo, che a quella parrà conveniente,
« stando fermo il compartimento di tutti i lor Monti, i quali deb-
« bino partecipare delli uffizii ed* ordini di detto governo, e stante
272
a fermo il Magistrato delli magnifici Signori e Capitano del Popò-
« lo : nella qual riformazione ancora S. M. avrà considerazione
« delli privilegi ed entrate e terre di detta citta e Repubblica, se-
« condo che le parrà espediente; salve sempre le ragioni del Sa-.
a ero Romano Impero.
« ARI. 7. Lascerannosi uscire da detta città gli agenti , capi-
a tani, officiali e soldati e qualsivoglia servitore del Re Cristianis-
« simo dr qualunque nazione, grado o stato sieno (eccetto i ribelli
a come di sopra ) de' Regni e Stati di Loro Maestà Cesarea e Re-
ie gia, e di S. £. senza alcun impedimento, liberamente con tutte
« le loro insegne spiegate, armi, danari, e robe private, e passare
« per lo sanese, o per lo dominio di S. E. per quella via che più
« piacerà a loro salvi e sicuri.
ir Ani. 8. Fatta la capitolazione si Rimuoveranno le condizioni
a ed articoli della confederazione con S. E. e della Repubblica nel
« modo e per quei tempi che saranno d' accordo.
a Consegnata la presente capitolazione il secondo di Aprile
a 1555 ai Magnifici Sigg. Girolamo di Messer Ghino i Messer (jiro-
« lamo Mula volti, Messer Alessandro Guglielmi, e Messer Scipione
a Chigi ambasciatori della Repubblica di Siena, per me Bartolom-
a meo Concino Segretario di S. E. in Firenze, in casa che si dice
« de Pitti, per testimonianza delle quali cose, e di suo comanda
« mento mi sono sottoscritto

BARTOLOMMEO CONCINO Segretario

In mezzo a tanta miseria una consolazione ebbero i cittadini


senesi nell' udire esaltato al Soglio Pontificio il Cardinal Cervini di
Montepulciano, da parte di donna di sangue senese, che assunse il
titolo di Marcelle II ; (1) dopo un anno che tacevano, fu quello il
primo giorno che le campane della città suonarono a festa, ma era-

(1) II Cardinale Cervini era stato il primo dei tre Legati spe
diti daì Pontefice a rappresentarlo al Concilio di Trento , quivi so
stenne con energia e dottrina teologica la purità della. Cattolica fede.
e. I' autorità Pontificia.
273
vi ben altro da lacrimare. Il destino della patria era ormai deciso;
i Francesi si disponevano a partire : molte famiglie senesi erano
pronte a seguirli per liberarsi dalle sevizie degli Spagnoli e delle
truppe imperiali; e siccome quella partenza racchiude la catastrofe
dell' assedio , così ci piace di trascrivere il quadro che ne fa lo
Stesso Monluc nei suoi Commentari a ivi » (1) Uscirono du Porta
« Nuova il Sig. Cornelio ed il Conte di Gajazzo Beativogli armati
« e colla picca sul collo camminando di pari ; una truppa di nr
« chibusieri veniva lor dietro, e dopo loro due capitani che guidu-
« vano la testa delle picche ; fra le quali vi era de Corsaletti buon
it numero, e nel mezzo alle picche le bandiere piegate ed alzate,
« e alla coda delle picche il resto degli arcliibusiori. e due capita-
« ni alla coda loro. Il Sabato io avevo mandato a pregare il Mar
ce chese che volesse far quest' onore alle matrone e fanciulli che
a uscivano con esso noi, di prestarci 40 o 50 muli di quelli della
« sua munizione, ed egli il concesse, e prima che noi uscissimo li
« fece consegnare ai Senesi, i quali vi fecero salire le donne attem-
« pate con alcuni fanciulliui sopra il ginocchio. Tutti gli altri an.
« davano a piedi, fra i quali più di 100 fanciulle che seguitava-
« no it padre la madre loro : donne che portavano delle culle en-
« trovi i lor bambini in capo ; ed avreste veduto moltitudine d' uo-
« mini che tenevano da una mano la lor figliuola . e dall' ath. i la
u moglie , e furono annoverate più di 800 persone fra uomini ,
a donne e fanciulli. Io avevo veduto un lacrimoso spettacelo nel
a mandarne le bocche inutili , ma io vidi ben atiivi !. mia miseria
« nella dipartita di quelli, se ne veninno con esso noi, e di quelli
a che rimanevano; mai in vii. i mia ho veduto una separazione co
«a sibilo
si dolorosa,
stento,edpur
ancorché
tuttaviai nostri
doleva soldati
loro infinitameiUe
avessero patito
quella
ogni sepa-
pos-

a razione, e di non aver potnto salvar la libertà a quel popolo. Ed


a io ancor più che non potei veder senza lacrime si fatta calami-
« Ià. increscendomi forte di quella gente, che sì fervida si era mo-
« strula per mantener la libertà sua oc. o
Emigrarono in quella circostanza 242 famiglie nobili e 135 po
polane : in città rimasero appena 6000 cittadini. Fra le famiglie no

'!} Questo accadeva li 21 Aprile /5.VJ'.


274
nobili si citano, Bandirti, Spannocchi, Cacciaguerra, Nuti, Landucci,
Amerighi , Vajari , Zuccautini. Molti andarono raminghi dispersi in
varie parti: i più rifugiaronsi a Montalciuo, ove ricevendo cordiale
espitatità pretesero far rivivere un simulacro della Repubblica se
nese. Colà stabilirono il governo popolare che in Siena era caduto,
e conservando sempre l' antica divisione per Monti, elessero Mario
Bandini a Capitan di popolo, e Giulio Vieri Gonfaloniere. Fu nomi
nata una Balìa che fu chiamata dei Difensori delta Libertà e Re
pubblica di Siena ; rimunerarono in qualche mondo i Montalciuesi
delle spese e dei pericoli , cui andavano soggetti per l' accordata
ospitalità. (1) Lo Strozzi ed il Bentivogli riunirono quella maggior
quanlità di truppe che fu loro possibile, per difendere ancora i luo
ghi forti del dominio che presentavano una difesa contro l' esercito
imperiale, ma la speranza dei Senesi era maggiormente alimentata
dai soccorsi che il Re di Francia prometteva, convinti che quel Mo
narca non potesse dimenticare i patimenti da essi sofferti , e che
non avrebbe abbandonata alla soggezione spagnola una città che
con tanta ostinazione aveva difesi i propri dritti, e gl' interessi fran
cesi. La guerra fra la Francia e la Spagna infieriva ancora, e non
ostante i disastri accaduti in Toscana, le sorti potevano cambiare.
L' esercito imperiale aveva fatto il suo solenne ingresso in Sie
na dopo la puriita dei Francesi e degli esuli : li stemmi di Fran
cia furono abbatiati , le fortificazioni smantellate. II Marignauo era

(1) Crediamo dover notare fra gli altri il seguente documento:


« A dì 7 Settembre 1555. Al Nome eterno del glorioso Iddio, et de
« la sua gloriosa Vergine Madre ; gt Illustrissimi Signori Capitan di
a Popolo et Deputati alla difesa della libertà della Repubblica di Sie-
o no residente in Montalcino convenuti e congregati loro solito nu-
« mero sufficiente per le cose pubbliche da espedirsi e trattarsi per
o P ampiezza della loro autorità servate le cose da servarsi, motu
a proprio, attesa la fedeltà di Montalcino e suoi Montalcinesi insieme
« al disagio e spesa che le si da continuamente , deliberiamo , omis-
« sii eie. . . Li sia concesso tenere in perpetuo due dei loro figliuoli
« m Sapienza senza pagamento alcuno dovendo godere quello che
« godono gli altri che pagano, né posscndovi stare clie fino a ciwpte
a anm per uno. »
275
stato alloggiato nel palazzo Papeschi al Chiasso largo. Il Ducfa di
Firenze, al quale le spese di quella guerra erano gravose, istigava
il Marignano a volerla sollecitamente finire colla espugnazione dei
luoghi che ancora resistevano. Infiliti egli si decise di recarsi con
tro Port' Frcole con 7000 fanti fra Spagnoli e Tedeschi, che furo
no sostenuti dalla parie di mare da 40 galere del Doria. Coman
dava colb Flaminio Orsini cognato di Piero Strozzi: la guarnigione
era francese e decisa a difendersi, ma essendo stata attaccata quel
la piazza per la parte di mare e di terra, e battuta da formidabi
li artiglierie fu costretta ad arrendersi, e quelle truppe in forza della
capitolazione, furono imbarcate nelle navi del Doria per essere tra
sferite in Piemonte. Lo Strozzi fu richiamato in Fraucia , ed andò
ad imbarcarsi a Civitavecchia. Il Monluc volle trasferirsi a Roma :
colà visitò il Pontefice Marcello II. che lo riceveva con affabilità e
distinzione, e per quanto sofferente per mal ferma salute, pure s' in
teressò visibilmente at racconto di tutte le fasi dell' assedio. Il Mon
luc per altro parlando agli amici suoi vaticinò prossima la fine del
Pontefice : egli non s' ingannava, poiché dopo pochi giorni di regno,
moriva. Riuniti i Cardinali in Conclave gli davauo per successore
Giovan Pietro Caraffa Teatino, che assunse il titolo di Paolo IV: egli
fu tutto propenso a formare ai Caraffa suoi nipoti uno stato in cui
regnar potessero.
Era giunto in Siena il Conte Sforza di S. Fiora a prendere il
comando delle truppe, che dovevano formarne la guarnigione; la
prima sua cura si fu quella di ordinare il disarmo dei cittadini. Il
Duca Cosimo vi mandò pure il Niccolini a riordinare lo Stato, giac
ché era tutio confusione: '1; il Duca di Firenze mirava ad otteaere il

(1) Ecco la nota dei nomi di coloro che doveano formare la nuo
va Ral'ia nominata dal Duca Cosimo : pel Popolo, Alessandro Gugliel
mi. MUSSHÌHÌ. Scipione Verdelli, Camillo Campana e Lattanzio Doni.
Pe* i Gentiluomini, Mariano Sozzini, Marcantonio Cinuzzi. Orlando
Marescotti, Ambrosio Spannoochi e Conte Camillo d' Elei. Per i Ri
formatori, Camitlo Biringucci, Scipione Chigi , Marcello Tegliani ,
Francesco Sozzita e Ferrando Benvoglienti. Per i Xuoe. Marcantonio
Borghesi, Giro/amo di Chino Bandinelli, Alessandro Bulgarini, Giulio
Santi e Bernardino Francescani. Cancellerie e Segretario Camillo
Celsi. ( Vedi Sozzini ) — Trovasi una variante ad una nota del Pecci.
276
dominio di Siena in ricompensa delle spese, dei sacrifizi e dei te
sori da lui prodigati in quella guerra, ma ben presto si dileguaro
no le sue illusioni , poiché Carlo V. negò di ratificare la capitola
zione fatta in suo nome . ed investì del dominio della citta e sta
to di Siena suo figlio Filippo erede presuntivo del trono, ed intanto
spediva Don Francesco di Toledo ad organizzare uu governo civile
e militare. Il Duca Coslmo tardi si avvidde di essere stato sopraf
fatto da una politica perfida, ma volle per atlora dissimulare, e chiu
se ncll' animo suo ogni risentimento. Moriva frattanto in Siena ai
i Ottobre 1553 Francesco di Toledo, a cui successe nel governo
iiella città Francesco di Mendozza Cardinale di Burgos, la di cui
inesperienza negli affari di Stato doveva rendere più trista la con
dizione di Siena. Infatti quanto conciliante erasi mostrato il suo
antecessore, altrettanto egli si mostrò severo: persepuitò i cittadini
che supponeva amici dei Francesi , empiva le carceri di detenuti ,
proibiva l'adunanza del Consiglio del popolo, ordinava doversi eleg
gere i Magistrati dal Concistore!, riorganizsava i Segreti della Balìa
incaricandoli di sentenziare contro i detenuti , talché questo siste
ma di tenebrosa inquisizione non ammetteva appello: stabilì un suo
Consiglio privato composto del Conte di S. Fiora, del Colonnello Gi-
rolnmo da Pisa, del Villanuova Capitan di Giustizia e di Ferdinan-
ilo Alvarez, e costoro consultava nella spedizione degli affari.
La i.ittii era squatlida: i ricchi erano cadati in povertà per i
fulti sacrifizi : i cittadini aggravati da forti imposte erano costretti
ad alloggiare nelle loro case i soldati, che fatti arroganti, ogni ec
cesso era ad essi permesso : il commercio e l' agricoltura affatto
languivano : le campagne erano deserte, e ovunque si vedevano le
tracce di una guerra di devastazione, che ogni risorsa avea distrut-
t.'ì. per cui l' emigrazione giornalmente per tanti mali aumentava.
Tale era la condizione di Siena sotto la spagnola dominazione.
Erano in tale stato le cose quando un fatto inaspettato soprag-
giuuse a risvegliare l' attenzione dell' Europa : Cario V. addicò la
corona dei suoi regni in favore di Filippo II. suo figlio primogeni
to. Quel gran politico aggravato dalla sua stessa grandezza si riti
rò nel Convento di S. Giusto, ove li 21 Settembre 1558 moriva,
dopo aver preferito ai suoi vasti progetti di dominazione univer
sale la pace del Chiostro. 1l suo successore continuò la guerra eoa
277
tro la Francia, alla quale erasi unito il Pontefice Paolo IV. Il Duca
Cosimo sempre intento all' acquisto di Siena, credé giunto il mo
mento di pervenire ai suoi fini, e minacciò di unirsi ai uemici delta
Spagna ; pure le armi di Filippo furono fortunate alla celebre bat
taglia di S. Quintino tanto micidiale alla Francia. (1) Ciò non ostan
te, o che volesse ricompensare il Duca Cosimo dei fatti sacrifizi. o
che cercasse di non aumentare i suoi nemici, siccome era stanco di
quella guerra, col trattato del mese di Luglio 1559 Filippo II. fece
formale cessione della città e stato di Siena al Duca di Firenze, ri
servandosi i possedimenti di Talentone, Port' Èrcole, Monteargenta-
rio, S. Stefano, che uniti alla città d' Orbetello formarono lo Stato
detto dei Presidii sotto la diretta dipendenza di Filippo IL Siena
trovossi pertanto separata dalla sua naturale comunicazione col
mare, colla quale avea tanti secoli il suo commercio alimentato, ma
in fine cessava la detestata dominazione spagnola, e sebbene i Se
nesi spogliati dalla conquista perdessero tutti i loro antichi privi
legi , la loro libertà , e la loro indipendenza , pure ritennero come
un vantaggio il passare sotto il dominio del Duca Cosimo, a cui
erano stati dalla Spagna vendutr. Intanto a minaccia permanente
contro lo spirito turbolento dei Senesi il Duca ordinò la fabbrica di
una fortezza quasi nel luogo istesso scelto dal Mendozza, e dalla
quale si può dominare colle artiglierie quasi intiera la città : il
progetto liberticida venne sollecitamente compito, (2) e l' oppres
sione dalla forza garantita.
Impegnati a descrivere le triste vicende di Siena abbiamo do
vuto tacere intorno ai Senesi rifugiati in Montartcino: ora diremo

(1) Alla battaglia di S. Quintino comandava la parte spagnola


Emanuelle Fìliberto di Savoja sommo politico e guerriero. Alla pace
di Cateau Cambresis rivendicò tutti i tuoi Stati che erana dalle ar
mate francesi occupati. Egli consolidò la potenza dei Principi Sa
baudi, ed i di lui successori si valsero ad ingrandire lo Stato dalla
parte del Pò e renderlo italiano, mentre finché fu ristretto alla Sa
voja avevano procurato di estenderlo dalla parte del Rodano.
(5f) Questa fortezza che esiste ancora fu convcrtito in luogo di
delizia ad uso di pubblico passeggio sotto il felice regno di Leopol
do I. Esistono pure le caserme ov' è alloggiata ? I. e R. Guarnigione.
27R
che essi nulla avcano trascurato' per la difesa dei loro diritti: ave
vano spedito lo Spannocchi alla Corte di Francia per affrettare l'in
vio dei promessi soccorsi , che mai giungevano. Il Bentivogli che
comandava quelle truppe che aveva potuto riunire dopo la par
tenza dello Strozzi erasi inteso col Duca di Ferrara, di cui era sud
dito, affinché dimandasse a Filippo II. il possesso di Siena, al qua
le il Duca stesso ambiva: avevano trattato col Pontefice Paolo IV,
ma uon ostante tutte queste pratiche. il loro sacrifizio dovea com
pirsi. la loro sorte era decisa. Infatti l'i galere di Francia sotto il
comando di Averardo di San Sulplizio comparvero a bocca d'Om-
brone coll' ordine d' imbarcare tutte le truppe francesi che ancora
si trovavano nel Senese; allora si dileguarono affatto negli esuli di
Montalcino tutte le concepite speranze ; il loro abbandono era sta
to convenuto nella pace conclusa fra la Francia e la Spagna a Ca-
teau Cambrésis ; di più il Vitelli aveva ricevuto l' ordine di espugnar
quel luogo, qualora i Senesi si fossero ostinati nella resistenza. e già
non 7 compagnie e 200 cavalli si era mosso per effettuare l' impre
sa. Allora vedendosi abbandonati da tutti col pericolo di accendere
una guerra di troppo sproporzionata, disperanti di soccorso. senti
rono gli esuli la necessità di cedere. per lo che spedirono Marcello
Palmieri, Roberto Sergardi. Francesco Bellanti e Cesare Tolomei at
TUica Cosimo coll' incarico di presentargli la loro volontaria sotto
sta
missione
condizione
: le condizioni
potesserofurono
attendersi.
le piùpoiché
vantaggiose
furono che
riammessi
in quella
in tri-
pa

tria, ristabiliti negli 'onori ed abilitati agt'impieghi: i seguestri ai


loro beni furono tolti; l' [strumento di capitolnzione porta la data
del 31 Luglio lo.'JD .' Vedi Archivio di fiaba lib. o. rlclibcr. del 12
Agosto 1559. a e. 106. e 107.: (i; Questo fu l' ultimo atto di uu

(1) Gli esuli senesi refugiati in Montalcino avevano battute mo


nete rf oro . d' argento , e di rame , i/uii/t ebbero il loro corso finché
la nuova Bada, che era stata eletta in Siena , divenuta schiava del
Duca Cosimo con editto del 14 Agosto 155!) fé per conseguenza po
steriore di 14 giorni alla caduta della Repubblica eretta in Montal
cino ) a nome del Serenissimo Duca. stabiliva il valore delle diverse
moni.te, e colpiva d' anatema quelle battute in Montalcino. consei.van-
tlone il valor nominale fino a tutto il successivo mese di Settembre.
\ Vedi Porri Miscellanee Seaesi ,.
279
governo che in mezzo alle grandi vicissitudini di queir epoca tene
brosa erasi mantenuto indipendente per quattr' anni, ed aveva da
quel monte in mezzo al suo isolamento attirato l' attenzione delle
grandi Potenze: ratificato dalle p.irti il trattato, Alessandro V.m-
nocci de Biringucci ultimo Cupiian di Popolo di quell' ctTìmera Re
pubblica consegnava Montidcino .itio spagnolo Gnevara, che in no
me del suo Signore ne dava il possesso al Niccoli ni per il I MIC i
COMINO. talché gli esuli resistendo tinché ad essi fu possibile lascia
rono alla storia l' esempio di una rara costanza, ed a Montalciuo é
rimasto il vanto di avere accolto l' ultimo anelito della libertà se
nese. Spenta affotto ogni indipendenza di stato libero, i poU.nii se
dotti dall' oro e dagli onori salutarono in Sien.t il Ducale governo ;
la Repubblica visse nella mente del popolo , finché il sistema Me
diceo colle arti dolla politica , col tempo e coll' oppressione nesci ,
non che a sopprimere ogni avanzo di libertà, ma a far dimenticare
ai Senesi perfin la storia del passato : così alle agitazioni dei parti
ti e delle sette . ed ai tumulti succedettero la quiete dei sepolcri ,
la schiaviti!.

tt.NK ULL SKCOMH) tii ULTIMO VOLUME.


VOLUME PRIMO
Pagina t'erio Errori Correzioni

391• 7 Grossi gonfi


33 35 diminuita dominata
atta nota dette Serre e di Rapotano dette Serre a Rapotano
ivi ivi ottennero
detta città ottenne
31 IO di essa
» M di cui di tui
M 14 ci basta ci giova
74 i Pori' Ovile Porta S. Viene
HO i preceduta presieduta
M 39 Tagìiagozzo Tagtiarono
IM sette settanta
m si scosse si svegno
ni 30 Essa Finppo
13» temuto tenuto
IS6 39 Sasso-forte Sasso-ferrato
tu se a Lucca Da Lucca
I8(-. il rmnuovavano rinnuovano
331 17 catnvata cottivata
335 t di Roma d' Avignone
M Vat di Pisa Vat di Pesa

VOLUME SECONDO
Pagina t'erio Errori Correzioni

8 13 Secoto XIV Secoto XVI


55 13 dat di tui sposo dat di tei sposo
MI 7 fiume Fiera fiume Fiora
' ivi 32 e 35 quatora i capitani non aves quatora i capitani non l' aves
sero per interesse propno sero per interesse proprio pro
diprotungata tungata
95 50 det net
(Sii 1I dal det
174 96 ta di tui ta di cui
181 3 ottenuta dei Senesi ottenuta dai Senesi
191 3 neir individuo dett' individuo
Mi SO in segreto it segreto
•ìU 33 sopresa sorpresa
151 9 quindi quivi
453 23 poicàé percàé
•J"i 38 17 Gennajo 1853 17 Gennajo IJjj

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